Autoriparatore

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Autoriparatore

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Silvano Lazzaroni

Il manuale dell’elettrauto e dell’autoriparatore

Tecnologie elettriche ed elettroniche applicate ai veicoli a motore

editrice san marco

Nuova edizione rivista, aggiornata e ampliata: Gennaio 2008

Un sentito ringraziamento alle seguenti Ditte per la preziosa collaborazione e l’ampio e aggiornato materiale tecnico messo gentilmente a disposizione: Audi, BMW, Bosch, BrainBee Automotive, Champion, Citroën, CZ-Dynamic, CZ-Sincro, Delphi, Exide, FIAT, General Motors, Land-Rover, Lumileds, Magneti Marelli, Mercedes, MES-DEA, Mitsubishi, NGK, Nissan, NTK, Opel, Osram, PCB-Technologies, SKF, Studio A.T.A.C. e Soc. Electricitè de France, Toyota, VDO, Volkswagen.

Con la collaborazione della Redazione e dei Consulenti della CESM.

Stampa:Castelli Bolis Poligrafi che s.r.l. - Cenate Sotto (BG)

Copertina:Studio Vavassori - Bonate Sotto (BG)

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Printed in Italy

ISBN 978-88-8488-069-7

TUTTI I DIRITTI RISERVATI© 2008 Editrice San Marco S.r.l., Bergamo Ponteranica

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Ristampa

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3Presentazione

Nell’opera l’autore rielabora la lunga esperienza come docente di tecnologia presso i corsi professionali diurni, come docente di autronica presso i corsi di aggiornamento serali per autoriparatori e come collaboratore di un’importante rivista tecnica del settore.L’intento del testo è formativo. La situazione attuale vede una continua e velocissima evoluzione delle tecnologie nella costruzione delle autovetture e questo rende rapidamente obsolete le conoscenze. Senza un aggiornamento continuo e costante, dunque, risulta diffi cile operare. Questo testo, pertanto, proprio per come è concepito e strutturato, può essere utilizzato nei corsi di formazione di base e per la riqualifi cazione professionale, oltre che rappresentare un valido strumento di consultazione.Il manuale è aggiornato alle più innovative applicazioni sui moderni tipi di autovetture e prende in considerazione il problema dell’inquinamento atmosferico, della sicurezza passiva ed attiva, dell’antifurto, del condizionamento ecologico e della diagnosi.Nel testo è dunque presente una parte teorica relativa ai fondamenti dell’elettrotecnica, dell’elettronica, della motoristica e della fi sica di base e una parte applicativa che affronta il problema degli alternatori, l’avviamento, i sistemi di accensione ed iniezione elettronica per benzina e Diesel, la climatizzazione, i sistemi antifurto, l’autoradio, i sistemi di sicurezza attiva e passiva. Sono inoltre presi in considerazione le procedure di diagnosi ed i nuovi sistemi di comunicazione tra le centraline elettroniche attraverso le linee CAN “Controller Area Network” (Rete Locale tra Calcolatori).Il taglio dato dall’autore è quello di selezionare gli argomenti più importanti e più interessanti dell’autoriparazione, senza tuttavia perdersi in approfondimenti complicati e troppo specifi ci che esulano dal campo di intervento del meccanico e dell’elettrauto.Il risultato è un testo chiaro, di facile comprensione e alla portata di chiunque abbia intenzione di dedicarsi allo stimolante mondo dell’autoriparazione.Il volume è corredato da numerose illustrazioni, grafi ci, tabelle, fi gure e schemi elettrici eseguiti dall’autore stesso e da numerose fi gure fornite dalle case costruttrici, che consentono di sviluppare in senso applicativo le acquisizioni concettuali.Il testo, pertanto, risulta uno strumento utile sia agli studenti dei corsi di motoristica e di elettrauto, sia a coloro che già operano nel settore, ma che intendono rimanere aggiornati sull’argomento, riprendendo in considerazione le nozioni fondamentali ed i principi di funzionamento dei sistemi a gestione elettronica.

Vittorio OcchiDocente di Tecnologia e Autronica

PRESENTAZIONE

5Capitolo 1

1. FONDAMENTI DI ELETTROTECNICA

Composizione della materiaLa materia è composta da piccolissime particel-le dette molecole. Ogni molecola è composta da particelle ancora più piccole e indivisibili dette atomi. Ogni atomo è composto da un nucleo e da corpuscoli che vi ruotano intorno, detti elettroni. Gli elettroni hanno carica elettrica negativa, mentre il nucleo, composto da protoni, ha carica elettrica positiva. In fi gura 1.1 è rappresentato un atomo di elio; come si potrà vedere, il nucleo è composto da particelle positive (protoni) e da particelle elet-tricamente neutre (neutroni). Un atomo che ha un numero di elettroni non corrispondente al numero di protoni nel nucleo, perché ha acquistato o perso un elettrone, si defi nisce ione. Uno ione sarà posi-tivo se manca di elettroni, mentre sarà negativo se avrà acquistato elettroni. Gli ioni tendono sempre a ritornare allo stato neutro. Il nucleo è indivisibile e costituisce la parte più pesante della materia. È difficile pensare a come sia composta la materia, ma se ci immaginiamo un nucleo come quello del-l’atomo di elio grande come un pallone da football, gli elettroni saranno grandi come un pisello e ruote-ranno intorno al nucleo a circa 3 km di distanza. La massa di un protone o di un neutrone è 1837 volte più grande di quella di un elettrone. Gli elettroni, essendo piccolissimi, possono passa-re da un atomo all’altro anche all’interno dei corpi solidi; in questo caso il materiale viene defi nito conduttore. Naturalmente i nuclei non si spostano altrimenti si avrebbe lo spostamento della materia stessa. All’interno dei gas o dei liquidi lo spostamen-to dell’atomo è possibile. Gli elettroni sono invece vincolati all’atomo nei corpi solidi isolanti. I materiali conduttori sono in genere i metalli.

La corrente elettricaSi defi nisce corrente elettrica un fl usso di elettroni all’interno di un materiale. La corrente può essere elettronica se lo spostamento è di soli elettroni (solidi conduttori), mentre può essere ionica se si spostano anche i nuclei (gas e liquidi).

Il generatore elettricoLe cariche elettriche di segno contrario si attrag-gono, mentre le cariche dello stesso segno si re-spingono. Il generatore elettrico è un sistema che, vincendo le forze di attrazione tra cariche di segno contrario e le forze di repulsione tra cariche dello stesso segno, separa le cariche elettriche negative da quelle positive. Quando la separazione avviene in un corpo solido metallico, allora il generatore sposta semplice-mente gli elettroni da un terminale (detto polo) all’altro. Il generatore strappa gli elettroni dalle orbite degli atomi del polo positivo e li spinge sul polo negativo.

Fig. 1.1 - Atomo di elio: n) neutroni; p) protoni; e) elettroni.

Fig. 1.2 - Ione di litio.

Fig. 1.3 - Generatore elettrico.

6 Capitolo 1

Senso convenzionale della correnteCollegando i poli di un generatore ad un utiliz-zatore con dei conduttori metallici, gli elettroni si mettono in moto verso il polo positivo (+), attraversando l’utilizzatore e creando un fl usso. Fin dai primi esperimenti di elettrotecnica si era pensato all’esistenza di cariche elettriche di se-gno contrario e si era fi ssato, per convenzione, che la corrente andasse, nel circuito esterno al generatore, dal polo positivo al polo negativo (come se fossero le cariche positive a muoversi anziché quelle negative). Oggi, anche se la convenzione resta, sappiamo che in realtà nel circuito sono gli elettroni a muoversi in direzione contraria.

Movimento della corrente e resistenza elettricaI materiali, anche se conduttori, oppongono sempre una certa resistenza al passaggio della corrente. Le diffi coltà incontrate dalla corrente di elettroni lungo il percorso dipendono da di-versi fattori. In primo luogo, la struttura molecolare del ma-teriale (diversa da un materiale all’altro, vedi fi gura 1.5), obbliga gli elettroni a percorsi più o meno tortuosi. Diremo più resistivo il materiale più diffi cile da attraversare (fi g. 1.5 parte centrale) e indiche-remo con ρ (leggi “ro”) la resistenza specifi ca o resistività tipica del materiale. La diffi coltà del percorso può aumentare se la sezione di passaggio delle cariche si stringe (vedi fi gura 1.5 in basso) e, naturalmente, se il percorso si allunga. Gli elettroni tendono a respingersi ed a circo-lare sulla circonferenza esterna del conduttore (effetto pelle).

Si può quindi affermare che la diffi coltà totale o resistenza R di un circuito dipende:• dalla struttura interna del materiale ρ in

modo direttamente proporzionale;

• dalla lunghezza del circuito l in modo diretta-mente proporzionale;

• dalla sezione di passaggio S in modo inver-samente proporzionale.

Si potrà scrivere:

Resistenza in funzione della temperaturaI materiali metallici generalmente aumentano di resistenza all’aumentare della temperatura ed hanno, quindi, un coeffi ciente α positivo; vengono defi niti materiali PTC (coeffi ciente di tem-peratura positivo).

Fig. 1.4 - La corrente va dal polo positivo al polo negati-vo. G) generatore; U) utilizzatore; F.e.m.) forza elettro-motrice; I) corrente elettrica.

Fig. 1.5 - Resistenza di un conduttore in funzione di resistività e sezione.

R=Sρ ⋅ l

7Fondamenti di elettrotecnica

Conoscendo il coeffi ciente α di un materiale e la sua resistenza R1 ad una temperatura T1, si può calcolare la sua resistenza R2 ad una temperatura T2 con la seguente formula:

Alcuni materiali hanno invece un coeffi ciente di temperatura α negativo e vengono defi niti materiali NTC (coeffi ciente di temperatura negativo, vedi fi g. 1.6). Vengono spesso usati per compensare le variazioni di resistenza introdotte nei circuiti dai materiali metallici oppure come sensori di temperatura, nei circuiti elettronici di control-lo (iniezioni, accensioni, ecc.).

Materiale Resistività Ω · mm2/m Coeffi ciente di temperatura α

Argento 0,015 0,0038Rame elettrolitico 0,016 0,0042Alluminio 0,027 0,0043Ferro (in fi li) 0,13 0,0045Ferro con 3,5% di silicio 0,5 0,0011Acciaio con 1% di carbonio 0,153 0,0045Tungsteno 0,051 0,0042Zinco 0,06 0,0038Nichel 0,12 0,006Platino 0,103 0,0035Piombo 0,198 0,0043Argentana 0,35 0,00017Nichelina 0,4 0,0001Manganina 0,4 0,00001Costantana 0,5 0,00002Nichel-cromo 1 0,00005Carbone per spazzole 20 ÷ 70 0,0004

Tab. 1.1 - Tabella della resistività e del coeffi ciente di temperatura.

Resistenza Resistività Lunghezza Sezione

Simbolo R ρ l S

Unità di misura Ohm (Ω)

metro (m) mm2

Tab. 1.2 - Tabella dei simboli e delle unità di misura.

Legge di OhmCollegando un utilizzatore (ad esempio una lampada) ai poli di un generatore (vedi fi g. 1.7), si crea un circuito elettrico. Nel circuito esterno, il generatore spinge la corrente dal morsetto po-sitivo verso la lampada. La corrente percorre la resistenza del fi lamento e rientra nel gene ratore attraverso il polo negativo.

Fig. 1.6 - Diagramma resistenza temperatura per un materiale NTC.

Ω ⋅ mmm

2

R =R T T2 1 2 1⋅ + ⋅ −( )⎡⎣ ⎤⎦1 α

8 Capitolo 1

Nel circuito interno, il generatore spinge la corrente dal polo negativo al polo positivo, at-traverso la sua resistenza interna. Supponendo trascurabile la resistenza dei fi li di collegamen-to e la resistenza interna del generatore, la corrente I nel circuito dipende dalla resistenza R della lampada. La corrente è tanto più piccola quanto più è grande la resistenza del circui to (si dice che è inversamente proporzionale). La corrente è invece tanto più grande quanto più è grande la forza elettromotrice del gene-ratore (si dice che è direttamente proporzio-nale). La f.e.m. del generatore corrisponde (sommata alle cadute di tensione interne) alla differenza di potenziale elettrico tra i suoi poli V.

La legge di Ohm, per il circuito esterno alla batteria, si esprime quindi con la seguente relazio-ne:

dove I indica la corrente, V indica la differenza di potenziale tra i morsetti e R la resistenza del-l’utilizzatore. I si misura in ampere, V si misura in volt e R si misura in ohm. La legge di Ohm può servire anche per ricavare la resistenza oppure la forza elettromotrice:

Circuito in serieDue o più resistenze si dicono collegate in serie quando la fi ne di una è collegata con l’inizio dell’altra e, quindi, sono attraversate dalla stessa corrente. Nel circuito di fi g. 1.8 la corrente circolante si calcola con la seguente legge di Ohm.

Su ciascuna delle due resistenze avremo una caduta di tensione e in particolare:

(come viene indicato dallo stru-mento inserito).

Lo strumento inserito nel circuito è un multimetro digitale che, in questo caso, viene usato come voltmetro.

Il collegamento del voltmetro nel circuito va effettuato in parallelo, come indicato in fi g. 1.8.La somma Vab + Vbc sarà = Vb; avremo infatti:

Fig. 1.8 - Esempio di un circuito con due resistenze in serie.

I=VR

R=VI

V=R I⋅

IVbR

VbR +R

12 V4 +2

12 V6

2 At 1 2

= = = = =Ω Ω Ω

Fig. 1.7 - Legge di Ohm per un circuito elettrico.

Vab R I 4 2 A 8 V1= ⋅ = ⋅ =Ω

Vbc R I 2 2 A 4 V2= ⋅ = ⋅ =Ω

Vb Vab Vbc 8+4 12 V= + = =

9Fondamenti di elettrotecnica

Questa legge vale per tutti i circuiti e si può affermare che:

in un circuito elettrico chiuso, la somma delle cadute di tensione equivale sempre alla f.e.m. del generatore (per circuiti con un solo generatore).

Circuito in paralleloSi dice che due o più resistenze sono collegate in parallelo quando hanno tutti i terminali di inizio collegati tra loro in un unico nodo (a) e tutti i terminali fi nali collegati in un unico nodo (b) come mostrato in fi g. 1.9. Le resistenze sono sottoposte alla stessa tensione e vengono attra-versate ciascuna da una diversa corrente (I1, I2, I3).Calcoliamo la corrente I1.La tensione Vb = Vab.

La corrente I2 si calcola nello stesso modo:

La corrente I3 si calcola con:

La corrente totale It entrante nel nodo A dovrà essere uguale alla somma delle tre correnti uscenti dallo stesso nodo:

Se la corrente totale è 2,4 A, la resistenza totale del circuito deve essere:

Se Rt è 5 Ω, signifi ca che le tre resistenze (R1, R2, R3) in parallelo introducono nel circuito una resistenza totale da 5 Ω. La resistenza equivalente alle tre si può calcolare con la seguente formula:

La formula si adatta al calcolo della resistenza equi-valente parallelo di più resistenze aggiungendo al de-nominatore della frazione tanti (1/R) quante sono le resistenze in parallelo.

ReostatiIn alcune applicazioni possono servire delle resisten-ze variabili manualmente per regolare la corrente in un circuito. Vengono costruite in genere avvolgendo

Fig. 1.9 - Esempio di un circuito con resistenze collegate in parallelo.

IVbR

12 V10

A11

= = =Ω

1 2,

IVbR

=12 V15

A22

= =Ω

0 8,

IVbR

12 V

A33

= = =30

0 4Ω

,

I I +I +I 1,2+0,8+0,4 2,4 t 1 2 3= = =

R =1

1R

1R

1R

1110

115

130

eq

1 2 3

+ +=

+ += 5Ω

RVbI

12 V A

tt

= = =2 4

5,

Ω

Fig. 1.10 - Circuito con resistenza variabile (reostato).

10 Capitolo 1

un fi lo di materiale resistivo (nichel-cromo, costantana, ecc.) intorno ad un nucleo di supporto isolante (ceramico), oppure riportando delle piste di materiale resistivo su delle piastre di sup-porto ceramiche o plastiche. Collegando la batteria ai terminali A e C (vedi fi g. 1.10) si potrà variare la corrente I, spostando il cursore lungo la resistenza. In questo caso il reostato è usato come resistenza variabile. Il reostato viene sempre usato in serie ad una resistenza (di minimo) per evitare cortocircuiti ai capi del generatore.

PotenziometriCollegando i terminali A e B alla batteria (come rappresentato in fi g. 1.11), pos-siamo ricavare tra A e C un circuito a tensione variabile. In questo caso si dice che il reostato è usato come potenziometro. La batteria, le resistenze, le resistenze variabili ed i potenziometri vengono rappresentati negli schemi elettrici con appropriati simboli.

Esempio di un circuito a corrente variabileCon il cursore tutto spostato a sinistra (vedi fi g. 1.12), la resistenza inserita Rv è = 0. La corrente nel circuito sarà:

Con cursore tutto spostato a destra, la resistenza Rv inserita è 8 Ω. La corrente nel circuito sarà:

Nel circuito, spostando il cursore C, si potrà variare quindi la corrente da un minimo di 1 amper ad un massimo di 3 amper.

Esempio di un circuito a tensione variabileQuando il cursore C è in b, la tensione Vu sarà 12 V (fi g. 1.13). Spostando il cursore C da b ad a si ot-tiene una tensione di uscita Vu variabile da 12 a 0 V.

Proviamo insieme a calcolare la tensione di uscita nelle situazioni estreme e cioè con cursore C in b oppure in a.

IVR

VR +R

12 V

At 1 v

= = =+

=4 0

IVR

VR +R

12 V

At 1 v

= = =+

=4 8

IVR

VR +R

12 V

12 V

circa 0,012 At 1 ba

= = =+

= =10 1000 1010Ω Ω Ω

Fig. 1.11 - Esempio di un circuito a tensione variabile.

Fig. 1.12 - Esempio di un circuito a corrente variabile tramite reostato.

Fig. 1.13 - Esempio di un circuito a tensione variabile tramite potenziometro.

11Fondamenti di elettrotecnica

La corrente I circolante nel circuito è sempre la stessa perché la posizione del cursore non incide sulla resistenza totale inserita nel circuito. La tensione Vu si potrà calcolare molti-plicando il valore di Rca (Rca è la resi-stenza inserita tra il punto c ed il punto a) per la corrente che la attraversa ed in particolare, con cursore in b:Vu = Rca · I = 1 KΩ · 0,012 A = 12 V.Se la resistenza Rca è = 0 perché il cur-sore è in a, avremo:Vu = Rca · I = 0 Ω · 0,012 A = 0 V.Se la resistenza Rca inserita fosse 500 Ω (cursore a metà potenziometro), avrem-mo che:Vu = Rca · I = 500 Ω · 0,012 A = 6 V (1/2 della tensione di batteria).

Codici colore delle resistenzeLe resistenze elettriche (soprattutto quelle montate sui circuiti elettronici) vengono contrassegnate con delle bande (4) colorate che permettono (vedi fi gura 1.14) di risalire al valore ohmico delle stesse. Ogni colore corrisponde ad un numero da 0 a 9. Il colore della terza banda (moltipli-catore) stabilisce le decine, centinaia, migliaia, ecc. L’ultima banda indica la tolleranza del valore (errore possibile rispetto al valore nominale indicato dalle bande precedenti).

Analisi di un circuito elettricoIl circuito in fi g. 1.15 rappresenta un im-pianto di illuminazione ed in particolare l’alimentazione di un faro abbagliante da 55 W. La corrente assorbita da questa lampada è di circa 4 A (3,92 A a 14 V) e, come si vede nel disegno, essa attraver-sa, prima di giungere alla lampada:• l’interruttore di avviamento;• l’interruttore luci;• la centralina di derivazione contenen-

te le valvoline di protezione (fusibi-li).

Il disegno rappresenta per semplicità uno degli impianti più comuni e conglo-ba in un unico componente l’interruttore luci ed il devioguida-sgancio. Ognuno di questi componenti può introdurre delle resistenze di contatto e, di conseguen-za per la legge di Ohm, delle cadute di tensione. Nell’esempio in fi g. 1.15 il tester inserito in parallelo sulla lam-padina segna 10 V; ciò signifi ca che, a motore spento, la tensione in partenza

Fig. 1.14 - Colori per riconoscere il valore di una resistenza.

Fig. 1.15 - Analisi di un circuito di illuminazione abbagliante.

12 Capitolo 1

(V di Batt.) è di 12 V e si ha una caduta di tensione di 2 V lungo il circuito. All’operatore spetta il compito di individuare quale dei componenti l’impianto introduce tale caduta ed intervenire riparandolo o sostituendolo. Il sistema più logico di procedere per tale ricerca è di testare cia-scun componente in serie alla lampada inserendovi il tester in parallelo. La prima prova consi-ste nel controllare che la massa giunga alla lampadina senza introdurre cadute di tensione. Per far questo basterà spostare direttamente sul polo negativo della batteria, il morsetto del tester che in fi gura è collegato al punto n. 10. Se la tensione indicata dal tester sale a 12 V allora la caduta di tensione è dovuta al tratto di circuito che va dal polo negativo della batteria (1) al morsetto negativo della lampadina (11). Se la tensione indicata dal tester non varia (rimane 10 V), si procede con la prova successi-va.Si sposta il morsetto positivo del tester dal punto n. 9 al n. 8; se la tensione indicata varia da 10 a 12 V allora la caduta di tensione è dovuta al tratto di circuito dalla centralina di derivazione al morsetto positivo della lampada.Se la tensione indicata dallo strumento rimane invariata, allora si procede con la prova successi-va. Si sposta il morsetto positivo del tester dal punto n. 8 al punto n. 5 all’entrata della centralina di derivazione.Se la tensione indicata varia da 10 a 12 V, allora la causa va ricercata nella centralina di deri-vazione. In questi casi, se non basta una semplice pulizia dei morsetti di ingresso e uscita e dei contatti di innesto del fusibile a lama, si sostituisce la centralina di derivazione.Se la tensione rimane invece costante, si procede spostando il morsetto positivo del tester più a monte e così via fi nché la tensione non passerà da 10 a 12 V.Il sistema appena descritto per la ricerca del guasto si applica ovviamente non solo ai circuiti di illuminazione, ma è valido per tutti i circuiti elettrici.Le cadute di tensione sono tanto più elevate quanto più corrente circola nell’impianto considera-to. Ecco perché i circuiti a forte intensità di corrente devono avere morsetti di sezione adeguata, perfettamente puliti e collegati.

Lavoro elettrico e legge di JouleIl lavoro compiuto dal generatore per separare le cariche elettriche e spingerle nel circuito ester-no, si trasforma in calore lungo il percorso a causa delle resistenze elettriche (che potremmo immaginare come un attrito elettrico) intrinseche dei conduttori.Il lavoro che un generatore è in grado di svolgere è: • direttamente proporzionale alla forza elettromotrice V (più è alta, più aumenta la tensione

e cioè la forza con la quale le cariche elettriche, separate dal generatore, tendono a ricongiun-gersi);

• direttamente proporzionale alla corrente I (più è alto il fl usso di corrente, maggiore è il nu-mero di elettroni che attraversano il circuito e che quindi lavorano);

• direttamente proporzionale al tempo t.

È intuitivo che maggiore è il tempo di funzionamento del generatore, maggiore sarà il lavoro da questo svolto. Potremo quindi affermare:

L = V . I . t

L’unità di misura del lavoro è il joule (1 J = 1 V . 1 A . 1 s).Il passaggio di una corrente attraverso un conduttore produce calore.Il calore è una forma di energia così come lo sono l’energia elettrica o l’energia meccanica.L’energia ed il lavoro sono in sostanza la stessa cosa. In natura esistono varie forme di energia e ciascuna si può trasformare in un’altra; ad esempio, si può trasformare l’energia meccanica in elettrica, l’energia termica in meccanica o in elettrica, l’energia elettrica in meccanica o in termica, ecc.Ogni volta che si trasforma un’energia o un lavoro da una forma all’altra, si perde sempre una parte dell’energia sorgente e non si riesce mai ad ottenere il 100% della trasformazione, ma si hanno delle perdite. Le perdite si trasformano in calore; ad esempio, negli organi meccanici l’at-trito è una delle cause di perdita d’energia sotto forma di calore.In fi g. 1.16 è rappresentato un generatore che alimenta un circuito contenente un motore elettri-co. Il generatore, lavorando, produce energia elettrica o lavoro elettrico ed alimenta il motore, il

13Fondamenti di elettrotecnica

quale produce movimento mecca-nico e quindi trasforma l’energia elettrica in meccanica.Se poniamo ad esempio l’energia elettrica del generatore uguale a 100, il motore produrrà, nella migliore delle ipotesi un lavoro meccanico uguale a 80.La corrente, attraversando il generatore, i fi li ed il motore, produce calore che si disperde nell’aria. Visto che in natura nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma, il lavoro in partenza (generato) dovrà essere uguale alla somma del lavoro prodotto dal motore più le perdite. Il lavoro perso per riscalda-mento nei conduttori si defi nisce effetto Joule ed è direttamente proporzionale alla resistenza elettrica dei conduttori ed al quadrato della corrente.

L = V . I . t = R . I . I . t = R . I² . t

1 joule = 1 Ω . 1 A² . 1 sL’unità di misura del calore è la caloria.Una caloria corrisponde a 4184 joule e un joule corrisponde a 0,000239 cal.

Potenza elettricaLa potenza è un concetto abbastanza intuitivo; possiamo senz’altro affermare che un motore a scoppio è tanto più potente quanto più breve è il tempo impiegato per compiere un determinato lavoro.Ad esempio, se dovessimo spostare di 1 km 300 quintali di materiale impiegheremmo molto meno tempo con un autocarro da 300 CV che con un motocarro da 30 CV.Possiamo affermare che la potenza è inversamente proporzionale al tempo impiegato per com-piere un determinato lavoro.Possiamo scrivere:

da cui si ricavano le seguenti formule con le quali si calcola la potenza elettrica:

L’unità di misura della potenza è il watt.1 W = 1 V . 1 A 1 W = 1 Ω . 1 A²1 W = 1 V² / 1 Ω1 W = 1 J / 1 s

Densità di correnteLa densità di corrente in un conduttore è data dal rapporto tra la corrente che lo attraversa e la sua sezione e si indica con la lettera greca δ.

(unità di misura A/mm²)

In fi gura 1.17 sono rappresentati due conduttori parallelepipedi, dello stesso metallo che hanno la stessa sezione e la

Fig. 1.16 - Lavoro elettrico ed effetto Joule.

P=Lt=

V I tt

⋅ ⋅

P=VR

2

P R I2= ⋅

Fig. 1.17 - Confronto tra le superfi ci laterali di due conduttori aventi la stessa sezione e la stessa lunghezza.

δ = IS

14 Capitolo 1

stessa lunghezza e che, quindi, avranno anche la medesima resistenza elettrica:

Se percorsi dalla stessa corrente I, produrranno la medesima quantità di calore per effetto Joule:

L = R . I² . t

Il calore prodotto dai conduttori viene smaltito attraverso le superfi ci laterali a contatto con l’aria. Il conduttore che avrà meno superfi cie laterale, subirà quindi il maggiore innalzamento di temperatura.

Proviamo per esempio a effettuare il calcolo delle superfi ci (disperdenti) laterali dei parallelepi-pedi in fi g. 1.17.

Conduttore n. 1 Conduttore n. 2

Sezione = 10 mm . 10 mm = 100 mm² Sezione = 1 mm . 100 mm = 100 mm²

2 .10 mm . 10 mm = 200 mm²4 . 10 mm . 100 mm = 4000 mm²

4 . 1 . 100 mm = 400 mm²2 . 100 mm . 100 mm = 20000 mm²

Tot. superfi cie disperdente = 4200 mm² Tot. superfi cie disperdente = 20400 mm²

Il conduttore n. 2 ha una superfi cie disperdente maggiore rispetto al conduttore n. 1, come dimo-stra la tabella, pur avendo entrambi la stessa sezione di passaggio per la corrente. Costruendo i conduttori in piattine si possono ottenere quindi maggiori dispersioni di calore e si potranno quindi trasportare maggiori correnti rispetto a conduttori di pari sezione ma di forma cilindrica. Purtroppo, la costruzione dei conduttori in piattina è limitata alle situazioni nelle quali sia possi-bile sagomare i conduttori dell’impianto. La piattina non permette, infatti, di ottenere conduttori con curve strette e inoltre non è fl essibile. I conduttori in assoluto più usati, per ragioni di duttilità e per la facilità di cablaggio, sono quelli a forma cilindrica in trecciola di rame e isolati in PVC (materiale plastico).L’innalzamento di temperatura dei conduttori, dovuto a forti correnti, non è compatibile con i materiali isolanti di cui i conduttori sono rivestiti (smalti o materiali plastici).

Le forti temperature possono danneg-giare irreparabilmente un conduttore, facendo fondere o addirittura bruciare il rivestimento isolante e provocando cortocircuiti.Nella tabella 1.3 sono fi ssate le sezioni minime per i conduttori in funzione del-le correnti da trasportare.

FusibiliNegli impianti elettrici si usano delle protezioni contro i sovraccarichi o i cortocircuiti, che vengono introdotte in serie nel circuito da proteggere. L’impianto dell’auto viene suddiviso in sezioni, ciascuna delle quali è protetta da una valvolina o fusibile. Il fusibile viene attraversato dalla stes-sa corrente del circuito che deve pro-teggere ed in cui è inserito.La sezione, la lunghezza ed il mate-riale con cui viene costruito il fusibile sono tali da produrre un riscaldamento

RS

= ⋅ρ l

Sezione del fi loS = mm²

Correnteampere

Densità di correnteδ = A/mm²

0,5 3 6

1,0 6 6

2,5 15 6

4,0 22 5,5

6,3 31 4,9

10,0 42 4,2

25,0 75 3

63,0 126 2

100,0 172 1,72

Tab. 1.3 - Tabella delle densità in funzione delle correnti.

15Fondamenti di elettrotecnica

maggiore e più veloce rispetto al fi lo di rame del circuito. I materiali di cui è costituito il fusibile sono di solito leghe di stagno e piombo e, in quelli a lama, zinco. La temperatura di fusione del fusibile va da 270 °C a 320 °C ed è di molto inferiore a quella di fusione del rame (1080 °C). Ne risulta che, oltre un determinato valore di corrente I di taratura, si raggiunge presto la temperatura di fusione del fusibile che, interrompe così il circuito. Esistono varie forme e dimensioni di fusibili per auto; tra le più usate vi erano quella cilindrica e quella a lama. Il fusibile a lama ha sostituito tutti gli altri tipi per le sue migliori caratteristiche d’intervento e per il suo migliore innesto nel circuito.

Tipi di fusibiliOltre ai fusibili a lama (a ponte o baionetta) esistono tutta una serie di fusibili di tipo diverso quali quelli ci-lindrici in vetro (rapidi), a cartuccia, a fi lamento, mini a ponte, maxi a ponte, maxi a lama con occhielli, ecc. Nei circuiti di potenza a forte assorbimento di corrente, sono sempre più usati i maxi fusibili a lama a ponte. Solitamente i fusibili più grossi si trovano in apposite scatole di derivazione nel vano motore vicino alla batteria. Nelle scatole di derivazione in abitacolo vengono usati per lo più fusibili a lama a ponte normali o mini. In fi -gura 1.19 sono rappresentati alcuni tipi di fusibili uti-lizzati su auto europee. In fi gura 1.20 sono illustrati i fusibili per le auto di fabbricazione europea con le relative dimensioni.I fusibili giapponesi sono di forme e dimensioni diver-se. Eccone alcuni esempi in fi gura 1.21.Purtroppo anche i codici colori-corrente non sono gli stessi (vedi tabelle 1.6 e 1.7).

Carico L (mm) Colore3 A 17 verde

8 A 25 nero

16 A 25 verde

25 A 25 nocciola

40 A 25 rosso

Tab. 1.4 - Codici colore per fusibili cilindrici.

Fig. 1.18 - Fusibile cilindrico.

Corrente Colore 1 A nero

2 A viola

4 A rosa

5 A beige

7,5 A marrone

10 A rosso

15 A azzurro

20 A giallo

25 A bianco

30 A verdeTab. 1.5 - Tabella dei colori per fusibili a lama.

Fig. 1.19 - Fusibili in vetro, a nastro e di potenza per auto europee.

16 Capitolo 1

Fig. 1.20 - Fusibili per auto di tipo europeo (Mini a norme SAE J2077, Uni a norme SAE J1284, Maxi a norme SAE J1888).

Valvole automaticheLe valvole automatiche trovano impiego in circuiti che possono assorbire correnti di spicco notevoli o forti correnti improv-vise quali quelle assorbite da motorini elettrici. Ad esempio il motorino alzavetri assorbe forti correnti in caso di blocco. Il blocco totale o parziale (vetro ghiacciato, pre-senza di un braccio durante la risalita) provoca un forte assorbimento di cor-rente da parte del motorino. In questo caso, il circuito va interrotto solo momentaneamente e poi ripristina-to. Le valvoline automatiche si prestano a questo servizio (funzione salvamo-tore). Oltre a proteggere il motorino proteggono anche i circuiti elettronici temporizzatori ed antischiacciamento che governano l’inserzione di questi utilizzatori. Dalla fi gura 1.22 si potrà notare come le dimensioni di un’interruttore automa-tico (o valvola automatica) siano simili a quelle di un relè.

Corrente Colore20 A giallo30 A verde40 A arancio50 A rosso60 A blu70 A beige80 A bianco100 A viola

Tab. 1.6 - Tabella dei colori per fusibili maxi a lama.

Corrente Colore20 A bianco30 A rosa40 A verde50 A rosso60 A giallo80 A nero100 A blu

Tab. 1.7 - Tabella dei colori per fusibili giapponesi.

Fig. 1.21 - Fusibili giapponesi di tipo a cartuccia.

Fig. 1.22 - Utilizzo di valvoline automatiche (Nissan).

17Capitolo 2

2. ELETTROSTATICA

Campi elettriciPonendo due piastre metalliche di superfi cie S paral-lele tra loro alla distanza d e collegando ciascuna ai morsetti di un generatore, si ottiene un circuito come rappresentato in fi g. 2.1.Alla chiusura dell’interruttore, il circuito viene percor-so, per un brevissimo periodo, detto transitorio, da una corrente e tra le piastre si instaura una differenza di potenziale che arriva ad uguagliare quella del ge-neratore. Il generatore sottrae gli elettroni alla piastra collegata col morsetto positivo e li spinge sulla piastra collegata al polo negativo. Le piastre si caricano con una certa quantità di cariche fi nché la differenza di potenziale tra di esse non ha raggiunto la tensione del generatore. Le forze di attrazione tra cariche di segno opposto fanno sì che, all’apertura dell’interruttore, le cariche si mantengano sulle piastre, conservando così la dif-ferenza di potenziale in valore uguale a quella del ge-neratore anche dopo la disinserzione di quest’ultimo. Il sistema è quindi in grado di mantenere accumulata una certa quantità di carica elettrica e si defi nisce condensatore.Tra le piastre vi è una zona di spazio che è soggetta a forze di natura elettrica e che viene defi nita campo elettrico.

Distribuzione delle cariche elettricheLe cariche elettriche si distribuiscono sulla superfi cie elettrizzata in modo uniforme se questa è piatta, mentre si concentrano sulle punte se la superfi cie non è piatta (vedi fi g. 2.2). Indicando con Q la quantità di cariche distribuita sulla superfi cie e S la superfi cie della piastra, potremo ricavare la densità di carica o induzione D che si misura in coulomb/m².

Quantità di carica accumulataMisurando il tempo di scorrimento della corrente e l’intensità di corrente stessa si potrà calcolare la quantità di carica accumulata sulle piastre.Una corrente (I) di 1 ampere per un tempo (t) di 1 secondo accumulerà sulle piastre una quantità di carica (Q) di 1 coulomb.

Q = I . t 1 C = 1 A · 1 sec

Interponendo un materiale conduttore tra le piastre, (isolato in modo che non metta in cortocircuito le pia-stre) si ottiene un leggero aumento della capacità del condensatore. La corrente che serve per caricare le piastre dura più a lungo. Interponendo tra le piastre un materiale isolante, si è scoperto che si ottiene un forte aumento della capacità (C) di accumulare cariche elettriche (Q).La caratteristica dell’isolante da interporre tra le piastre è specifi ca di ogni materiale e viene defi nita costante dielettrica ε.

Fig. 2.1 - Accumulo di cariche sulle piastre di un con densatore.

Fig. 2.2 - Distribuzione delle cariche elettriche su superfi ci di forme diverse.

18 Capitolo 2

L’elemento costruito quindi con due piastre separate da un materiale (detto dielettrico) prende il nome di condensatore e viene defi nita capacità l’attitudine di questo all’accumulo di cariche elettriche. La capacità si misura in farad.

Relazione tra capacità, quantità di carica e tensione elettricaCaricando un serbatoio da 100 litri con aria a pres-sione di 1 Atm, il numero di litri d’aria che esso potrà contenere sarà pari al suo volume interno (100 litri). Supponendo di comprimere altri 100 litri di aria all’in-terno del serbatoio, la pressione dell’aria interna sale circa a 2 Atm; comprimendo altri 100 litri a 3 Atm e così via.All’apertura del rubinetto del serbatoio, si otterranno 100 litri di aria se il serbatoio era carico a 2 Atm, 200 litri se era carico a 3 Atm, ecc. La quantità d’aria che si può ricavare è quindi direttamente proporzionale alla pressione (P) di carica ed alla capacità (C) del serbatoio:

Q = C . P

È la pressione della pompa che spinge ed accumula l’aria nel serbatoio.È la tensione che spinge ed accumula cariche elettri-che nel condensatore. Paragonando la quantità d’aria nel serbatoio alla quantità di carica elettrica (Q), la capacità del serbatoio alla capacità elettrica (C) e la pressione di compressione alla tensione elettrica (V), possiamo scrivere:

Q = C . V

dalla quale si ricava:

Capacità di un condensatoreLa capacità di un condensatore ad armature piane è inversamente proporzionale alla distanza tra le piastre (d), direttamente proporzionale alla superfi cie delle piastre (S) ed è direttamente proporzionale alla costante dielettrica (ε) del materiale tra le piastre (vedi fi g. 2.5).

Per ottenere grandi piastre con spazi ridotti, molti tipi di condensatore vengono costruiti con piastre avvolte. Il materiale dielettrico deve essere ridotto in sottili fi lm prima di essere interposto tra le piastre. La picco-la distanza tra le piastre permette di ottenere grandi capacità. Tuttavia, non è possibile scendere sotto lo spessore compatibile con l’isolamento necessario per la tensione di esercizio del condensatore. Un condensatore che deve funzionare, ad esempio a 1000 V, dovrà avere tra le piastre un materiale in gra-do di sopportare tale tensione.

da cui:

coulomb = farad . volt (Q = C . V)

Fig. 2.3 - Comportamento dei diversi materiali tra le piastre e costante dielettrica.

Fig. 2.4 - Confronto tra un circuito pneumatico ed uno elettrico.

Fig. 2.5 - Capacità di un condensatore in fun-zione della superfi cie e della distanza tra le piastre.

CQV

1 C1 V

1 A 1 s1 V

1 s1

(1 farad)= = = ⋅ = ⋅ =Ω

CS

d= ⋅ε

ε = ⋅ = ⋅ =C dS

F mm

Fm2