Autonomia, Competenze e Curricoli

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degli ANNALI della PUBBLICA ISTRUZIONEIL LABORATORIO DELLA RIFORMA

AUTONOMIA, COMPETENZE E CURRICOLIa cura di ELENA BERTONELLI e GIAIME RODANO

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IL LABORATORIO DELLA RIFORMA

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AUTONOMIA, COMPETENZE E CURRICOLIa cura di ELENA BERTONELLI e GIAIME RODANO

1Estratti degli Annali della Pubblica Istruzione n. 1-2, 3-4, 5-6/1999con un primo documento del Gruppo di studio tecnico ministeriale su saperi e competenze

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Direttore responsabile: ANTONIO AUGENTI

Registrazione presso il Tribunale di Firenze con decreto n. 1935 del 17 giugno 1968

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on posso non ringraziare la Casa editrice Le Monnier per la tempestivit e la cura con cui ha seguito - in occasione delle Giornate nazionali dellautonomia - la pubblicazione di questo corposo estratto. I primi tre testi che vi sono contenuti sono gi editi, essendo usciti durante il 1999 in appositi dossier degli Annali della Pubblica Istruzione1. I primi due dossier costituiscono la testimonianza completa dei lavori svoltisi al convegno di Frascati, Denire le competenze per la scuola dellautonomia, organizzato nel marzo 1999 dal Cede e dal Coordinamento per lautonomia. Il terzo dossier documenta a sua volta in modo puntuale unaltra importante iniziativa di carattere nazionale, vale a dire il Seminario di Bologna, Quali competenze per i nuovi curricoli?, curato nel maggio 1999 dallassociazione Progetto per la scuola e dal Forum delle associazioni disciplinari. Per memoria, ricordo rapidamente qui di seguito i nodi problematici emersi in quelle due occasioni. Al centro del Convegno di Frascati il tema in discussione stato quello di una denizione condivisa del concetto di competenza. In primo luogo, esso stato analizzato in rapporto ai suoi connotati disciplinari e/o alla sua valenza trasversale; in secondo luogo, sono state prese in considerazione le sue relazioni con i livelli formativi che gli allievi devono raggiungere, anche tenendo conto del contesto dellambiente socio-culturale di riferimento. La nozione di competenza stata inne valutata sia in rapporto a una sua immediata ricaduta professionale, sia rispetto a una sua pi mediata e comprensiva dimensione teorico-pratica. Il Convegno di Bologna ha invece esplorato le relazioni tra competenze e nuovi curricoli. Anche qui sono emersi alcuni nodi concettuali forti. Ricordo laccento posto sulla centralit della didattica attraverso la essibilit, sul conseguente, incisivo cambiamento delle prassi di valutazione e inne la non lieve questione di quelli che ormai cominciano a essere da pi parti chiamati i nuclei fondanti dei saperi disciplinari.

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Il testo pubblicato nel quarto dossier invece ancora inedito. Esso rappresenta un primo contributo di riessione del Gruppo di studio2 - costituito presso il Coordinamento nazionale dellautonomia nel luglio 1999 - intorno ai temi sollevati nei due convegni appena menzionati. Intorno a tale contributo si gi aperto un confronto di merito. Esso destinato ad allargarsi progressivamente in modo da coinvolgere lampia pluralit di soggetti - a partire dalle scuole impegnate nella sperimentazione della normativa transitoria del Regolamento dellautonomia - chiamata a collaborare al complesso lavoro di ricerca e di elaborazione dei nuovi curricoli. Giuseppe Cosentino *

* Direttore generale per lIstruzione Classica, Scientica e Magistrale, Coordinatore nazionale per lautonomia. 1. Cfr., per i primi due dossier, Annali della Pubblica Istruzione, n. 1-2, 1999 e n. 5-6 1999. Per il terzo dossier cfr. invece Annali della Pubblica Istruzione, n. 3-4, 1999. 2. Ai lavori del Gruppo di studio tecnico su saperi e competenze, costituito con d.c.m. 12 luglio 1999, hanno partecipato Renato Ano, Elena Bertonelli, Liliana Borrello, Lucia Ciarrapico, Anna Rosa Cicala, Silvio Criscuoli, Chiara Croce, Elisabetta Davoli, Antonio dItollo, Mario Fierli, Piero Floris, Marta Genovi de Vita, Raffaele Iosa, Mario C. Maviglia, Sergio Neri, Carlo Petracca, Filomena Rocca, Giaime Rodano, Anna Sgherri, Michele Tortorici.

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IL LABORATORIO DELLA RIFORMA

AUTONOMIA, COMPETENZE E CURRICOLI

SOMMARIO

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PER UNA NOZIONE CONDIVISA DI COMPETENZA * da Annali della Pubblica Istruzione 1-2/99 Giuseppe Cosentino, La nuova scuola di fronte al tema delle competenze ................................. Livia Barberio Corsetti, Il regolamento dellautonomia: prove di nuovo diritto ......................... Benedetto Vertecchi, Per una riorganizzazione dellofferta formativa ........................................................... Roberto Maragliano, Consapevolezza dei saperi e losoa della reticolarit ................................................ Elena Bertonelli, Il padroneggiamento delle conoscenze .................................................................... Franco Frabboni, Disciplinarit e trasversalit: sapere, comprendere, inventare ...................................... Lucio Guasti, Un curricolo centrato sul signicato .........................................................................* Convegno di Frascati (marzo 1999) sezione a cura di Elena Bertonelli e Giaime Rodano. 3 8 13 22 29 35 46

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Saul Meghnagi, La conoscenza in situazione concreta .................................................................................... Giaime Rodano, La giornata di Frascati: sintesi dei lavori .....................................................................

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DEFINIRE LE COMPETENZE PER LA SCUOLA DELLAUTONOMIA * da Annali della Pubblica Istruzione 5-6/99 Anna Maria Ajello, Le competenze nella scuola dellautonomia: la prospettiva psicologica ................... Laura Goggi, Competenze e metacognizione tra assunti e artefatti ........................................................... Concetto Martello, Aspetti teorici e metodologici del dibattito attuale: obiettivi e saperi ........................... Franca Talone, Progettare una valutazione efcace ...................................................................................... Anna Maria Matricardi, Competenze di alunni, competenze di insegnanti: alcune riessioni .............. Giancarlo Mori, Percorso formativo e competenze: unesperienza di ricerca didattica .............................................................. Nicola Serio, Una didattica orientata alle competenze ..................................................................... Gabriella Di Francesco, Il concetto di competenza nel nuovo ordine del discorso sulla formazione .......... Domenico Chiesa, Le competenze tra scuola e professione ....................................................... Nicola Sacco, Le competenze fra scuola e professione ............................................................................ Aldo Tropea, La competenza tra scuola e lavoro .....................................................................................

69 76 82 86 90

97 102 107 113 118 122

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* Convegno di Frascati (marzo 1999) sezione a cura di Filomena Rocca.

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QUALI COMPETENZE PER I NUOVI CURRICOLI? * da Annali della Pubblica Istruzione 3-4/99 Rossella DAlfonso, La giornata di Bologna: quali competenze per i nuovi curricoli? ....................... Adriano Colombo, Le associazioni disciplinari per la riforma della scuola ................................................ Anna Rosa Guerriero, Per un curricolo di educazione linguistica .................................................. Adriano Colombo, Per un curricolo nazionale di italiano .......................................................... Franca Quartapelle, Lucilla Lopriore, Per un curricolo di lingua straniera ............................. Luigi Brasini, Ernestina De Masi, Patrizia Di Loreto, Curzia Marchi Trevisi, Maria Vittoria Massidda, Valentina Montel, Luigina Moro, Maria Teresa Parodi, Silvia Pugliese Jona, Carla Romagnino, Vanna Rossetti Gnocchi, Per un curricolo sperimentale delle discipline scientiche e in particolare della sica ................................................ Giuseppa Mauro, Fabio Olmi, Per un curricolo sperimentale delle discipline scientiche e in particolare della chimica .......................................... Harry Manelli, Elide Catalfamo, Clementina Todaro, Per un curricolo sperimentale di scienze della natura ............................................................................ Anna Maria Arpinati, Per un curricolo di matematica ........................................................................ Giulio Ghidotti, Maurizio Gusso, Fabrizio Polacco, Per un curricolo di storia ................................................... Franco Paris, Per un curricolo di losoa ................................................................................ Elide Sorrenti Nocentini, Per un curricolo di diritto e di economia ......................................................

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* Convegno di Bologna (maggio 1999) sezione a cura di Rossella DAlfonso.

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Giuseppe Staluppi, Per un curricolo di geograa ............................................................................. Maurizio Della Casa, Per un curricolo di educazione musicale ......................................................

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COMPETENZE E CURRICOLI: PRIME RIFLESSIONI * a cura del Gruppo di studio ministeriale Parte prima: per una nozione condivisa di competenza ........................................................................ 1. La risorsa umana come risorsa strategica 2. La didattica fondata sulla acquisizione delle competenze come snodo cruciale della formazione 3. Linscindibile connessione tra conoscenza e competenza: le competenze come utilizzazione e padroneggiamento delle conoscenze 4. Le competenze tra evoluzione storico-sociale e istanze motivazionali 5. La certicazione delle competenze: la ricerca di un equilibrato rapporto tra la complessit del processo formativo e la valutazione puntuale del suo esito Parte seconda: dalle competenze ai nuclei fondanti ................................................................ 1. Il valore formativo delle conoscenze 2. Per una possibile denizione di nucleo fondante Parte terza: la costruzione dei curricoli ........................ 1. Il riordino dei cicli: una struttura organica innervata da curricoli progressivi 2. Nuovi curricoli e nuclei fondanti 3. Per un possibile percorso di costruzione dei curricoli 4. Per un possibile percorso di apprendimento 5. Curricoli e apprendimento: un nesso inscindibile Conclusione ............................................................................ Imparare a imparare come competenza delle competenze248 244 242

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* Roma, Ministero della Pubblica Istruzione (gennaio 2000) sezione a cura di Elena Bertonelli e Giaime Rodano.

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PER UNA NOZIONE CONDIVISA DI COMPETENZA

Sezione a cura di Elena Bertonelli e Giaime Rodano

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LA NUOVA SCUOLA DI FRONTEAL TEMA DELLE COMPETENZE

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di Giuseppe Cosentino

1. LA COMPETENZA COME SNODO DI SISTEMA

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ellintreccio di iniziative in corso nel cantiere-scuola si comincia a individuare con sufciente chiarezza il lo rosso che le riconduce tutte nellalveo di un progetto sostanzialmente coerente e unitario. In sostanza, questo disegno si congura come il tentativo ed la prima volta che accade nella storia del nostro paese di mettere in rapporto aree formative tra loro da sempre separate quali quella scolastica, quella professionale, quella postscolastica e universitaria. Non si tratta per di unadesione acritica per ansia di nuovismo a questo o quel modello doltralpe o doltre oceano. Si tratta al contrario di fare nalmente i conti con un impianto scolastico che rivela apertamente i suoi limiti, sia sul terreno della formazione dei nostri giovani, sia su quello di un loro inserimento nellambito della societ civile e del mondo del lavoro. Le ipotesi per costruire un collegamento compiuto e articolato tra sistemi nora sostanzialmente impermeabili luno allaltro sono ormai in campo da tempo. Tra le soluzioni previste, una a p p a re particolarmente significativa: quella, appunto, che tende a stabilire una rete capace di connettere scuola, formazione e lavoro attraverso lo scambio non episodico, n marginale di crediti certificati in grado di capitalizzare tutte le

Direttore generale per lIstruzione Classica, Scientifica e Magistrale, coordinatore nazionale per lautonomia.

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esperienze a cui un individuo pu accedere nellarco della propria esistenza di studio e di attivit. Non a caso, cominciano a essere numerose le norme legislative che contengono riferimenti, diretti o indiretti, alla nozione di competenza. Ben noti sono i richiami contenuti nella disciplina del nuovo Esame di Stato o dellinnalzamento dellobbligo, come quelli previsti nel Regolamento dellautonomia didattica e organizzativa. Merita per di ricordare anche altri atti e leggi signicativi. In primo luogo, il Patto per lo sviluppo e loccupazione del 22 dicembre 1998, che rilanciando e approfondendo i temi dellAccordo per il lavoro del 24 settembre 1996 assume tra laltro limpegno di istituire lobbligo di frequenza ad attivit formative no a 18 anni. Questo adempimento stato successivamente onorato nellarticolo 68 della legge n. 144 del 17 maggio 1999, nel quale appunto esplicitamente si dice che le competenze certicate in esito a qualsiasi segmento della formazione scolastica, professionale e dellapprendistato costituiscono credito per il passaggio da un sistema allaltro. Va inoltre ricordata la legge 196 del 24 giugno 1997 (Norme in materia di promozione delloccupazione), che affronta i temi della formazione professionale nel quadro dei nuovi rapporti tra Stato e Regioni. Essa disciplina tra laltro il rapporto tra apprendistato e formazione professionale, la riordina e la valorizza anche attraverso la pratica dello stage, contemplando al tempo stesso la possibilit che le regioni e/o le province svolgano attivit di formazione professionale pure in convenzione con istituti di istruzione secondaria. poi in via di conclusione liter procedurale del Regolamento che attua larticolo 17 della legge 196. In esso, si prevede non solo la denizione dei criteri e delle modalit di certicazione delle competenze acquisite per assicurare la omogeneit delle certicazioni su tutto il territorio nazionale e il loro riconoscimento in sede di Unione europea, ma anche listituzione del Libretto formativo del cittadino per documentare il curriculum e le competenze acquisite, nonch la validit dei crediti formativi riconosciuti nella formazione professionale ai ni del conseguimento di un titolo di studio o dellinserimento in un percorso scolastico. In un tale complessivo contesto la certificazione delle competenze si presenta dunque come uno snodo decisivo. In realt, proprio una certicazione siffatta diventa lo strumento essenziale, la vera e propria articolazione operativa, attraverso cui non solo si pu garantire sia con lo scambio dei crediti, sia con le cosiddette passerelle la effettiva mobilit dei giovani allinterno del sistema scolastico, ma si pu favorire altres il raccordo tra sistemi diversi e, in prospettiva, lo stesso decollo di un portfolio delle competenze di valenza europea. Dalla processuale messa a regime di un simile progetto ci si attende una serie di risultati tra di loro strettamente collegati, a cominciare come si

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diceva dallattivazione di un rapporto nalmente organico (e virtuoso) tra formazione scolastica e formazione professionale e tra queste e il mondo della societ civile e del lavoro. Pensiamo poi al superamento dellirrisolto limite di fondo del nostro sistema scolastico, che ancora oggi nisce per sacricare strada facendo, ma soprattutto nella fascia det compresa tra i 14 e i 16 anni det una quota inaccettabile (pi di un terzo) di ogni generazione giovanile. Pensiamo inne alladeguamento del sistema italiano ai migliori standard CEE e al suo inserimento a pieno titolo in quel concerto delleducation europea nel cui ambito si giocano non poche delle grandi scommesse dellimminente millennio.

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2. UNA RICERCA A PI VOCISe le cose stanno cos, risulta evidente che la questione delle competenze si pone come uno degli elementi costitutivi della riforma della scuola italiana. Da quanto si detto si intravede infatti che esiste una oggettiva connessione di questo tema con la piena attuazione dellautonomia, con la riessione sui saperi e con il compimento della struttura ordinamentale prevista dal riordino dei cicli. Al tempo stesso, vuoi per motivi di natura politica, vuoi per ragioni dordine culturale e organizzativo, la soluzione delle questioni implicate dal complessivo processo di rinnovamento, pur tra loro strutturalmente correlate, richiede una diversicazione nei tempi di adempimento, nelle modalit operative, nei soggetti da coinvolgere. Occorre cio prevedere un percorso che proceda lungo binari in qualche modo paralleli, ma pur sempre intersecati da veri e propri snodi problematici, i quali possano agire da puntuale collegamento. In questo modo, verrebbero salvate sia le esigenze speciche dei vari problemi sul tappeto, sia la necessit che quanti sono a vario titolo impegnati nelliter innovativo non perdano di vista il senso complessivo dellintera operazione, sia inne lurgenza di cominciare a rispondere ad alcune esigenze pi ravvicinate. appunto nel novero di queste ultime che ci sembra vada collocata la questione delle competenze. Affrontare da subito e operativamente un tale tema (gi maturo, come abbiamo visto, a livello legislativo) comporta difatti lindubbio vantaggio di cominciare a fornire alle nostre scuole, ormai impegnate nella sperimentazione dellautonomia, utili suggestioni anche in vista della prospettiva di fondo del riordino ordinamentale e del rinnovamento di programmi e curricoli. Come noto, il lavoro dei cosiddetti saggi si concretizzato in due documenti, teso il primo a individuare le conoscenze fondamentali per lapprendimento dei giovani nella scuola dei prossimi decenni, il secondo i contenuti essenziali per la formazione di base. Entrambi i testi segnalano

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in forma pi o meno esplicita lesigenza di denire quei saperi in senso lato, quei valori, quelle conoscenze che possono oggi, coniugati tra loro, costituire gli assi portanti di una nuova enciclopedia. Essi si congurano cio come una sorta di telaio mobile e/o se si vuole di essibile rete sui quali saranno chiamate a disegnarsi e ad articolarsi in un contesto di dialettiche interrelazioni la trama e le maglie concettuali dei saperi specici e delle singole discipline. A loro volta, gli artt. 12 e 13 del Regolamento sullautonomia didattica e organizzativa disciplinano modalit di sperimentazione e di ricerca metodologica della fase transitoria che andr dalla pubblicazione in Gazzetta Ufciale del Regolamento no alla sua piena attuazione. Per quanto riguarda la sperimentazione, lart. 12 prevede fra laltro la possibilit di compensazioni fra le discipline [...] entro il 15 per cento del loro monte orario annuale. Lart. 13 prevede poi che le scuole possano contribuire a denire gli obiettivi specici di apprendimento di cui allart. 8, riorganizzando i propri percorsi didattici secondo modalit fondate su obiettivi formativi e competenze. Al ministero della Pubblica istruzione attribuito il compito di favorire la raccolta e lo scambio di tali ricerche ed esperienze. Porre mano a una procedura tanto delicata che con il richiamo allart. 8 del Regolamento immediatamente pregura gli scenari della scuola prossima ventura non con tutta evidenza cosa da affrontare alla garibaldina. Si tratta difatti di unoperazione ardua e complessa; rimane pertanto difcile immaginare che possa essere affidata sia allo spontaneismo diffuso della scuola, sia alla elaborazione di pochi esperti nel chiuso di qualche stanza ministeriale. Appare indispensabile invece che la ricerca comune sul tema coinvolga unampia e qualicata pluralit di soggetti, in grado di fornire, in tempi ragionevolmente rapidi, un quadro di riferimento riconoscibile e riconosciuto attraverso lindividuazione di parametri e di paletti largamente condivisi. La via maestra sembra dunque quella di sollecitare un articolato lavoro dquipe capace di far interagire non solo studiosi qualicati, dirigenti e ispettori del Ministero, ma anche associazioni professionali e disciplinari nonch le scuole storicamente pi pronte e attrezzate sul terreno della sperimentazione. appunto in questottica che vanno letti i Dossier sulla questione delle competenze che vengono pubblicati a partire da questo fascicolo degli Annali della Pubblica Istruzione. Il primo di tali dossier rende conto di una parte certamente rappresentativa della giornata di studio che per iniziativa del CEDE e del Coordinamento nazionale per lautonomia del M.P.I. si tenuta a Villa Falconieri lo scorso 5 marzo sul tema Denire le competenze per la scuola dellautonomia. Alla testimonianza di questo momento di riflessione dallinput per cos dire pi istituzionale si affiancher nel prossimo dossier quella della voce di numerose Associazioni disciplinari che su invito di Progetto per la scuola si sono incontrate a Bologna l8

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maggio in occasione del seminario Quali competenze per i nuovi curricoli?. Seguir poi un terzo dossier con i contributi della giornata di Frascati curati sia da esponenti di Associazioni professionali, sia da docenti e da dirigenti scolastici impegnati in signicativi percorsi sperimentali. Il panorama che in tal modo viene offerto ai lettori ben lungi ovviamente dal voler essere in qualche modo esaustivo. I Seminari di Frascati e di Bologna costituiscono, in ogni caso, due momenti a loro modo emblematici del dibattito che, intorno al tema dei saperi e dei curricoli, in corso in varie sedi e a vario titolo nel mondo della scuola e non solo in esso. Con questi Dossier degli Annali intendiamo offrire dunque uno strumento e unopportunit di pi, con laugurio che pure su questa rivista possa ulteriormente allargarsi e denirsi una discussione alta e, al tempo medesimo, concreta su un nodo problematico al cui positivo scioglimento afdato non poco del futuro del nostro sistema formativo.

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D IL REGOLAMENTO DELLAUTONOMIA: PROVE DI NUOVO DIRITTO

di Livia Barberio Corsetti

1. DALLA CULTURA DEL SAPERE ALLA CULTURA DELLA COMPETENZA

Consigliere di Stato, capo ufcio legislativo ministero della Pubblica istruzione.

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el discutere il quadro giuridico allinterno del quale si colloca largomento di questa giornata tenter, da un lato, di focalizzare i riferimenti normativi e, dallaltro, di ragionare ad alta voce sullevoluzione generale del diritto che ha reso possibili i cambiamenti in corso. In controtendenza rispetto alla sua intera impostazione, mirata ad attribuire a regioni ed enti locali tutte le competenze e le funzioni compatibili col quadro costituzionale, la legge 59/1997 ha invece affrontato allart. 21 il tema dellistruzione in chiave di decentramento di funzioni alla scuola. Il successivo D.Lgs. 112/1998, redatto in adozione della stessa legge 59 e costruito dai suoi originari estensori con modalit che avrebbero del tutto vanicato la logica derogatoria dellart. 21, stato a essa ricondotto con interventi sul testo che, pur mantenendo sostanzialmente inalterato il quadro iniziale, hanno attribuito a regioni ed enti locali alcuni specici poteri, legati essenzialmente allassetto territoriale dellofferta formativa. Nel frattempo la legge e il regolamento sugli esami di maturit, con lintroduzione di una terza prova scritta costruita dalla commissione sul percorso concreto della classe, hanno cominciato a

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delineare gli spazi di unautonomia delle scuole non pi circoscritta alla mera dimensione organizzativa. Il Regolamento dellautonomia chiude il cerchio e denisce la scuola del futuro, attribuendole caratteristiche di autonomia funzionale, ovvero di unautonomia che trova la sua ragion dessere nello specico compito cui preposta: un compito, cio, che non di per s riconducibile a una qualsiasi delle funzioni generali di governo del territorio proprie delle autonomie locali. Il Regolamento segna la transizione dalla cultura del sapere, che malgrado quanto si cercato di fare negli ultimi anni, seguita a misurarsi in termini di quantit e vastit dei contenuti appresi e a concepire quindi lapprendimento come un avere alla cultura della competenza, che non pretende di negare il sapere, ma vuole calarlo in un apprendimento concepito come crescita dellessere. In quanto tale, il Regolamento costituisce uno dei segni pi evidenti che nel nostro paese, in questo momento storico, in atto anche una profonda trasformazione del diritto. Esso, pur nelle resistenze che nascono da una cultura millenaria, tende sempre di pi ad abbandonare la rigidit dei formalismi tradizionali per divenire strumento essibile di regolazione di rapporti sostanziali. Una riessione su questa trasformazione del diritto non quindi inutile nel momento in cui ci si accinge ad accompagnare lattuazione delle nuove regole che governeranno i processi di apprendimento negli anni a venire. Linsofferenza che si avverte in tutti gli ambienti per le espressioni del diritto che ritardano o impediscono la trasformazione del Paese ha le sue radici nei profondi rivolgimenti verificatisi nella societ degli ultimi tre decenni. Abbiamo assistito in tutti questi anni al sorgere di nuovi bisogni, allabbattimento dei vecchi pregiudizi, alla nascita di nuovi problemi spesso misurabili solo su scala mondiale e, non ultimo, allo spostamento dal sud al nord del mondo di masse umane alla ricerca di una speranza di vita. Mentre nei tribunali si discuteva di vecchi diritti e obsoleti doveri, tutti costruiti sui tempi di una societ preindustriale e riferiti a spazi e conni definiti; mentre il Parlamento approvava ancora leggi incentrate solo sul problema delle competenze intese come estensione del potere esercitabile, la societ ha trovato nuovi ritmi, non pi scanditi dai naturali cicli del giorno e della notte, del succedersi delle stagioni e delle et, ha scoperto lo spazio planetario, la realt virtuale, lannullamento delle distanze e ha manifestato una crescente insofferenza per le trappole, gli intralci, i formalismi, lirresponsabilit diffusa nellamministrazione pubblica.

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2. CONCILIARE NORME E REALTFaticosamente, perch il procedimento di aggiornamento del diritto caratterizzato da complessit e da lentezze, il diritto si messo in marcia

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per riconciliarsi col reale. Il Regolamento dellautonomia si iscrive in questo processo che oggi tutti gli operatori della scuola sono chiamati a portare a compimento. Proprio nel Regolamento, e specicatamente nel suo art. 13, va vista la ragione del seminario di Villa Falconieri. Questa giornata di studio costituisce un preciso segnale: la riforma non si contenta di essere proclamata, come accaduto in altri casi, ma vuole da subito essere attuata. Il problema , in estrema sintesi, cosa dire alle scuole, che peraltro ove lo volessero potrebbero fare da sole, in merito al loro potere di riorganizzare i percorsi didattici deniti dagli attuali ordinamenti degli studi secondo modalit fondate su obiettivi formativi e competenze. Perch necessario occuparsene? Essenzialmente per evitare che la transizione verso il nuovo si trasformi in confusione e anarchia. Tecnicamente non esiste nessun dovere giuridico di dare denizioni ulteriori. Potremmo lasciar fare. Esiste per un preciso dovere (un esempio tipico dei doveri connessi alla funzione di governo del sistema ai quali lo Stato, attraverso lart. 1 della L. 59 e lart. 8 del regolamento ha riaffermato di non volersi sottrarre) di supportare e accompagnare lattuazione della riforma. Esiste cio un forte interesse giuridico a ricondurre loperazione, quanto pi possibile, a una uniformit di interpretazione e allelaborazione di regole e modalit attuative chiare, che nella loro semplicit possano essere accettate e condivise come modelli generali. Occorre, in altre parole, fare uno sforzo ulteriore per chiarire progressivamente le nuove relazioni che lautonomia disegna afnch esse, da paradigmi di diritto normato divengano, per successive approssimazioni e mediazioni, paradigmi di diritto vissuto. Il diritto infatti, contrariamente a quanto avverte la generalit delle persone, non nisce con le leggi e i regolamenti, ma sincarna nei comportamenti, dai quali dipende in ultima analisi la sua effettivit. Il vero pregio dellart. 21 della L. 59/1997 e del Regolamento sullautonomia didattica e organizzativa quello di intervenire sulle relazioni giuridiche societ-educazione-sviluppo e insegnamento-apprendimento liberandole dalle logiche che le volevano codicate nei minimi particolari e ingessate nei tempi e nelle modalit per attribuire loro capacit di adattamento alle nuove esigenze della societ e dei singoli. Si tratta sempre, e dobbiamo esserne consapevoli, di diritto, ma di un diritto che non pretende pi di cristallizzare la relazione, bens contiene al suo interno elementi di essibilit che consentono, sul presupposto della validit della relazione fondamentale dovere di educare/diritto alleducazione di aggiornare costantemente la relazione stessa, rinnovandone metodi e contenuti. bene qui ricordare che il diritto non precede mai le evoluzioni della realt sociale, ma le registra, le interpreta, le ssa in regole che trovano la loro positiva sanzione nelladesione spontanea dei destinatari. Esso rara-

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mente innovativo in senso proprio e nella maggior parte dei casi non inventa regole, ma coglie il bisogno di regole espresso dalla societ, esprimendo il frutto di una mediazione tra spinte di innovazione e di conservazione. Quando la mediazione riesce, il diritto esprime il massimo di innovazione tollerabile in una societ in un tempo determinato. Tutto ci che pretende di inventare e sancire oltre la mediazione tollerabile diventa oppressione oppure resta inapplicato. Ci sono molte disposizioni che mi piace denire profetiche, disseminate nel nostro ordinamento, che non hanno mai trovato applicazione. Prendiamo ad esempio lart. 82 del Testo unico dellistruzione, tratto dallarticolo 11 della L. 845 del 21 dicembre 1978, che prevedeva per coloro che avessero (sbaglio, che abbiano, perch si tratta di norma vigente) conseguito una qualica mediante la frequenza di formazione professionale o direttamente sul lavoro, la possibilit di accedere direttamente alle diverse classi della scuola secondaria superiore. Aggiunge invero la norma secondo le modalit previste dal relativo ordinamento. E poich linnovazione stata avvertita come insostenibile, le modalit non sono state mai denite. E pur avendo lordinamento una norma che istituzionalizzava i crediti formativi e i passaggi dalluno allaltro sistema, abbiamo dovuto riscrivere tutto daccapo nella attuale riforma. Facciamo un altro esempio. Il vecchio regolamento di contabilit delle scuole prevede la possibilit che esse facciano investimenti nanziari, contraggano mutui, acquistino beni mobili e immobili di ogni specie e natura. Era troppo per quel tempo. Le istruzioni applicative hanno quasi subito ridimensionato le pretese degli innovatori che predisposero il testo.

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3. LA NECESSIT DELLA MEDIAZIONECredo che tutti noi ci auguriamo che non resti solo una profezia quanto stato scritto nel Regolamento dellautonomia, che pur tra mille distinzioni accoglie esigenze e richieste provenienti dalla scuola e dalla societ intera. Dal punto di vista della interpretazione e dellattuazione ci si deve per rendere conto che, nel caso dellautonomia, esiste anche un altro rischio. La nuova pedagogia delle competenze potrebbe infatti arenarsi in un dibattito scientico elevato che riuti tempestive mediazioni che consentano lazione diretta degli operatori di prima linea: i protagonisti di un dibattito scientico sono infatti quasi sempre restii a cristallizzare nel diritto risultati parziali e non ancora del tutto sperimentati. In proposito si deve ricordare che il diritto esprime anche il frutto della mediazione tra la scienza e il sentire sociale e che la societ, nei settori che pi colpiscono la vita delle persone, non sempre disposta a metabolizzare risultati scientici sosticati.

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Ci vuol dire che nellattuazione della norma, che di per s esprime e denisce la mediazione, la scienza deve farsi umile e accettare i limiti imposti dalla mediazione stessa. In altri termini occorre trovare il coraggio di attestare il proprio lavoro sul livello medio tollerabile, indipendentemente dallevoluzione del pensiero e dagli approfondimenti del dibattito che solo lentamente condurranno alla maturazione che consente di fare ulteriori passi. Le critiche sono inevitabili e arriveranno puntuali. Chi non ha il coraggio di accettarle, di scontarle in partenza, meglio che rinunci a lavorare in quel mondo delle relazioni concrete che il diritto, i cui operatori sanno che non vedranno mai, in tutta la loro vita, un provvedimento perfetto.

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PER UNA RIORGANIZZAZIONE DELLOFFERTA FORMATIVAdi Benedetto Vertecchi

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1. VERSO UNA NUOVA FASE NELLO SVILUPPO DELLA SCUOLA

Universit di Roma, presidente del CEDE.

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l grande processo di scolarizzazione che ha costituito un aspetto caratterizzante della storia del Novecento pu considerarsi concluso, almeno nei paesi industrializzati. Non che non vi siano ancora bambini e ragazzi privati di quellistruzione che molti ordinamenti costituzionali considerano un diritto, ma tale condizione si rivela pi come conseguenza di patologie sociali variamente collegate ai modelli di sviluppo prevalenti nei singoli paesi, che come manifestazione dellinsufcienza, almeno da un punto di quantitativo, dellofferta educativa della scuola. vero invece che la quasi totalit dei bambini e dei ragazzi ha potuto fruire delleducazione scolastica per un numero progressivamente maggiore di anni, no a congurare una condizione modale nella quale la scuola rappresenta una dimensione che qualica in modo determinante lo scorrere dellinfanzia e delladolescenza. Ma proprio perch fruire delleducazione scolastica costituisce oggi una condizione modale, occorre rivedere molte categorie interpretative che hanno esaurito la loro validit. Per cominciare, si molto attenuata la relazione fra accesso allistruzione e mobilit sociale ascendente, facendo decadere la componente dinamica che ha soste-

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nuto in maggior misura la crescita della scolarizzazione. Le aspettative di status collegate allistruzione potevano, infatti, avere consistenza n quando parti pi o meno grandi della popolazione restavano escluse dalla scuola, mentre hanno poco senso nel quadro attuale, in cui fruire di un periodo prolungato di educazione scolastica costituisce la condizione normale per la generalit dei bambini e dei ragazzi. In altre parole, la scuola cresciuta per la pressione di una domanda sociale espressa dalle famiglie, il cui intento era di assicurare alla generazione successiva condizioni di esistenza migliori. Fin quando lofferta di istruzione stata inferiore alla domanda, o lha rincorsa per adeguarvisi, il compito della scuola risultato facilitato, perch poteva fare afdamento su motivazioni positive, che sussistevano indipendentemente dalla qualit del servizio offerto. A dar conto dello sviluppo della scuola bastavano i dati descrittivi del numero degli allievi iscritti alle singole classi, o che conseguivano i diversi titoli di studio. evidente tuttavia che al venir meno, o anche solo allattenuarsi, delle motivazioni esterne ha corrisposto una progressiva difcolt dei sistemi scolastici a riorganizzare lofferta di educazione. Il sistema scolastico italiano ha avuto uno sviluppo molto simile a quello degli altri paesi industrializzati, anche se, in una prima fase, la sua crescita quantitativa stata pi lenta. Le difcolt che oggi occorre affrontare sono in larga parte comuni a quelle che si riscontrano in campo internazionale, con alcune connotazioni speciche, che riguardano soprattutto la limitata disponibilit delle risorse conoscitive necessarie a sostenere lattivit degli insegnanti e, pi in generale, lorganizzazione delle scuole. A tale limitata disponibilit dovrebbero porre rimedio le iniziative in atto per migliorare la qualicazione iniziale del personale ed adeguarne con continuit le competenze professionali, per ridenire il prolo dei dirigenti scolastici, per incoraggiare linnovazione didattica e organizzativa delle scuole, per promuovere pratiche impegnative di autovalutazione. Un contesto favorevole allincremento della cultura relativa alleducazione scolastica offerto da provvedimenti normativi come la riforma degli Esami di Stato, il prolungamento dellobbligo scolastico, lavvio del Servizio Nazionale per la Qualit dellistruzione. Per comprendere le direzioni che sta assumendo lo sviluppo della scuola non basta tuttavia approfondire la conoscenza che si riferisce alle condizioni del suo funzionamento in Italia. Occorre tener conto delle tendenze che si manifestano nei paesi con i quali sono pi intense le interazioni politiche, culturali, sociali ed economiche. Leducazione , infatti, un grande problema nazionale, ma i dati di tale problema sono in gran parte deniti a livello internazionale. E ci non tanto perch anche leducazione interessata ai processi in corso di integrazione sovranazionale (in primo luogo, quella fra i paesi dellUnione europea), ma soprattutto perch le condizioni quotidiane di vita, n dai primi giorni di vita del bambino, subiscono gli

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effetti omologanti di modelli sovranazionali. Oggi i bambini, i ragazzi, i giovani dei paesi industrializzati si assomigliano molto pi di quanto si potesse pensare ancora pochi decenni fa: fruiscono delle medesime cure, si nutrono in modi molto simili, indossano pi o meno gli stessi capi di vestiario, assistono agli stessi spettacoli e cos via. Si creata una cultura sovranazionale che caratterizza larga parte dei comportamenti dellinfanzia e delladolescenza. Si deve tener conto (non necessariamente per accoglierle) delle tendenze emergenti, se non si vuole cadere in unastrattezza progettuale che condurrebbe leducazione ad una contrapposizione sterile nei confronti della realt contemporanea. Ci che vero per i bambini e per i ragazzi altrettanto vero per gli adulti. Si assiste a cambiamenti profondi nei comportamenti collettivi che presentano implicazioni culturali. Per una larga parte della popolazione, la triade che per un lungo periodo di sviluppo della scuola ha rappresentato un riferimento sicuro (leggere, scrivere, far di conto) non pi cos importante: non si scrivono lettere ma si telefona, non si legge il giornale ma si ascoltano i notiziari alla radio o alla televisione, non si eseguono operazioni ma si usa un piccolo apparecchio per il calcolo. Sarebbe un errore considerare questi mutamenti in chiave moralistica, come un segno di decadimento culturale. Di fatto, certi fenomeni sono in atto, che li si desideri o no. invece importante stabilire quali conseguenze derivino per la scuola dai nuovi comportamenti sociali. La prima, e pi evidente, unattenuazione dellimmagine classica della scuola, come luogo in cui si consegue lalfabetismo. Non che questa immagine abbia perso validit, ma ha perso levidenza che le derivava dal rinforzo sociale. Occorre perci individuare le condizioni che consentono di ricreare unimmagine della scuola che fruisca di un positivo rinforzo sociale. da notare che, n quando limmagine della scuola stata strettamente collegata alla domanda sociale di alfabetizzazione, lidea di scuola ha fruito dellalone positivo dellidea di progresso. Quella che occorre ripristinare dunque la convergenza fra lidea di scuola e quella di progresso, rendendo evidente come allattenuazione del credito sociale, riferito alla comune disponibilit di un repertorio culturale di tipo alfabetico, corrisponda il ricrearsi di fratture nella popolazione che proprio lo sviluppo della scuola poteva far pensare che fossero state superate. In un certo senso, il rischio che le societ industrializzate si trovano di fronte di una regressione dellassetto sociale alle condizioni precedenti la grande scolarizzazione, caratterizzate da una minoranza favorita e da una maggioranza sostanzialmente esclusa dai processi di comunicazione culturale. Che questo non sia un rischio prospettato solo a ni dialettici dimostrato dai molti dati che si vengono accumulando circa le tendenze recessive in atto per ci che riguarda la cultura alfabetica. Sono noti i dati della prima ricerca sulla competenza alfabetica della popolazione adulta in un congruo numero di paesi industrializzati promossa dallOcse; entro il 1999

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saranno resi noti i dati relativi ad una nuova ricerca che ha coinvolto un secondo gruppo di paesi, fra i quali lItalia. Non si pu non essere preoccupati nel constatare lemergere di una nuova forma di analfabetismo di massa, che si differenzia da quello originario per il fatto che coinvolge soggetti che, negli anni dellinfanzia e delladolescenza, hanno fruito di un periodo considerevole di educazione scolastica. Per esempio, negli Stati Uniti, dove il fenomeno particolarmente evidente, il periodo di educazione scolastica mediamente fruito dalla parte di popolazione adulta (quasi un quarto) che appare incapace di utilizzare le competenze alfabetiche per formulare o acquisire un messaggio di circa dieci anni. Per quanto possa sembrare azzardato prospettare uno scenario a partire da una estensione lineare della tendenza alla regressione della cultura alfabetica nella popolazione, difficile rimuovere limmagine di un quadro sociale nel quale ad una minoranza alfabetizzata si contrapponga una maggioranza incapace di partecipare ai processi di comunicazione culturale. Assisteremmo al consolidarsi di un nuovo mandarinato, che avrebbe in comune con quello classico la padronanza dei repertori culturali simbolici. La competenza alfabetica diventerebbe prerogativa degli strati superiori della popolazione, in grado di assumere decisioni che hanno il loro fondamento in una conoscenza di tipo formale, veicolata da simbolismi alfabetici. Il resto della popolazione fruirebbe di una strumentazione comunicativa di livello simbolico sempre pi povero e generalmente rivolta pi a condizionare i comportamenti (specialmente quelli di consumo), che a sollecitare la comprensione. Nelle condizioni attuali, ladeguamento alle nuove esigenze della proposta di educazione scolastica non pu prescindere da unanalisi che prenda in considerazione i cambiamenti culturali che investono il mondo adulto. Va ricomposta la scissione che ha visto nelleducazione scolastica una fase di accumulazione caratterizzata da esigenze culturali indipendenti rispetto a quelle dominanti nella societ adulta. Del resto, fa parte della comune esperienza constatare quanto poco resti, anche dopo un breve intervallo di tempo, di ci che stato appreso a scuola. Per gran parte degli apprendimenti che si presentano come acquisizione di informazioni loblio interviene non appena venga meno la circostanza esterna che funge da rinforzo provvisorio (per esempio, la necessit di sottoporsi ad una prova). Se si chiedesse ad un campione della popolazione adulta di stilare un catalogo dei contenuti dellesperienza scolastica, molto probabile che si otterrebbero elenchi molto stentati, almeno nei settori in cui determinati apprendimenti non siano entrati a far parte di un repertorio culturale collegato alla professione. Eppure, constatare tale perdita di informazioni non di per s una ragione sufciente per valutare negativamente il prolo culturale di un soggetto adulto. Lascia invece perplessi lemergere di altri aspetti carenti del

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prolo culturale, che si riferiscono allassenza o alla limitata disponibilit delle condizioni necessarie per operare culturalmente, ossia di un repertorio di elementi simbolici profondamente interiorizzati, che assuma valore regolativo di comportamenti ulteriori: in breve, un prolo culturale si qualica per le competenze che lo costituiscono. Va notato che le competenze non rappresentano un risultato diretto dellapprendimento, ma si costituiscono attraverso un processo ricco di opportunit di apprendimento. In altre parole, le competenze non sono di per s un contenuto dellattivit della scuola, anche se tale attivit apprezzabile solo a condizione che conduca allacquisizione di competenze. Denire il quadro delle competenze desiderate equivale pertanto a rendere esplicito il criterio di valutazione dellattivit scolastica, senza tuttavia determinarne i contenuti n le scelte organizzative e didattiche. Nel corso del Novecento laccumulazione delle conoscenze si caratterizzata per una progressiva accelerazione. Ci ha prodotto per la scuola conseguenze importanti: la prima la precariet dei proli culturali deniti in base ad un elenco determinato di conoscenze, derivante dal fatto che simili denizioni corrispondono ad una sistemazione concettuale di tipo sincronico, la cui validit si mantiene per tempi progressivamente pi brevi; nel corso dellesperienza scolastica di una leva di popolazione si rende necessario intervenire pi volte per adeguare lofferta distruzione al mutamento del quadro culturale; vi sono aspetti del quadro culturale che mantengono pi a lungo la loro validit, e aspetti che la vedono rapidamente decadere; un quadro culturale denito tramite competenze ha una stabilit maggiore rispetto ad uno che contenga un catalogo di conoscenze (come nel caso dei programmi di insegnamento di derivazione ottocentesca); controproducente per la scuola la rincorsa delle novit che emergono nel quadro culturale, se tale rincorsa ha lo scopo di costituire nuove sinossi da assumersi come programmi per la didattica. Resta sempre, infatti, uno scarto di tempo sfavorevole per la scuola, se non altro perch produrre tali sinossi unoperazione necessariamente complessa; la dinamicit del quadro culturale contemporaneo produce una continua ristrutturazione degli ambiti della conoscenza, producendo sia aggregazioni, sia disaggregazioni che era difcile prevedere. Voler assicurare la presenza delle conoscenze che derivano da tali processi pu portare ad una frammentazione della proposta didattica incompatibile con lesigenza di assicurare linteriorizzazione necessaria per il radicarsi di competenze. Intervenire sulla cultura della scuola per soddisfare alle esigenze di educazione della societ contemporanea richiede, per le ragioni che sono state indicate, che si stabilisca un equilibrio fra esigenze diverse, e contrastanti, se considerate in una logica interpretativa derivata dalla consuetudine. Da

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un lato c, infatti, unesigenza di stabilit della formazione, che pu essere assicurata da un repertorio di competenze. Dallaltro c la dinamicit del quadro culturale, del quale si deve tener conto per non porre la scuola fuori del tempo. In mezzo c lattivit educativa: per costituire un prolo culturale occorre che almeno alcuni riferimenti siano stabili, ma perch il prolo sia apprezzabile occorre anche che sia in grado di comprendere la realt contemporanea. Per una lunga fase dello sviluppo dei sistemi scolastici, il ritmo delle trasformazioni che interessavano il quadro culturale non stato tale da impedire che si potesse progettare, con un certo anticipo, il percorso che avrebbe condotto una leva di popolazione no allet adulta. Questa condizione ha favorito scelte uniformi, che hanno portato allo sviluppo di sistemi pi o meno centralizzati. Ne derivato un vantaggio evidente sul piano della omogeneit organizzativa della scuola, ma anche un irrigidimento interpretativo della cultura, che si trovata costretta entro gli schemi costituiti dalle materie di insegnamento. Queste ultime hanno nito con laccreditarsi come articolazioni del sapere cui corrisponde una intrinseca necessit, facendo perdere di vista la loro origine, che va piuttosto collegata ad esigenze organizzative. Ci non vuol dire che non sia possibile articolare la conoscenza in campi funzionali allorganizzazione dellapprendimento nella scuola (o discipline); vuol dire per che si deve essere consapevoli del carattere utilitaristico delloperazione che si sta effettuando e che occorre precisare qual il criterio in base al quale si procede allarticolazione (per afnit, per contiguit, per la condivisione del metodo di ricerca eccetera).

2. UN QUADRO DI RIFERIMENTO PER LA CULTURA DELLA SCUOLA molto improbabile che le diverse esigenze prima prospettate possano trovare composizione in un sistema centralizzato. Non un caso, quindi, che la questione delle competenze e della delineazione di un nuovo quadro di cultura sia emersa con evidenza nel contesto di autonomia delle scuole che si sta precisando. Proprio in un contesto di autonomia possibile, infatti, conciliare condizioni che altrimenti sarebbero apparse incompatibili. In particolare, necessario intervenire in tre direzioni: la prima consiste nel denire le competenze necessarie per caratterizzare positivamente il prolo culturale della popolazione e nellarticolare tali competenze al ne di distribuirne lacquisizione nel percorso evolutivo scolastico, distinguendo anche fra competenze generali, ossia libere da determinazioni settoriali (competenza lessicale; competenza linguistica attiva parlare, scrivere e passiva ascoltare, leggere; competenze inferenziali; competenze percettive, operative e motorie). Le competenze generali vanno afancate da competenze concorrenti, che si riferiscano agli apporti di competen-

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za propri di determinate articolazioni della conoscenza, e quindi di derivazione disciplinare o pluridisciplinare. La denizione delle competenze generali e concorrenti assicura lunit del sistema scolastico: spetta perci al governo assumerne la responsabilit. Nella definizione delle competenze concorrenti potrebbero essere impegnate apposite commissioni composte da esperti di settore. Un requisito comune alle competenze generali e a quelle concorrenti di consentire la verica obiettiva del loro conseguimento da parte degli allievi. In un secondo momento, anche a partire dai dati ottenuti attraverso le rilevazioni campionarie, si pu pensare di stabilire livelli standard per ciascuna competenza. La precisazione di standard un passaggio necessario per favorire lo scorrimento degli allievi tra indirizzi diversi del sistema scolastico e fra il sistema scolastico e altre opportunit formative (formazione professionale, ma anche istruzione di livello terziario); la seconda direzione consiste nelloffrire alle scuole una sintesi periodica (potrebbe essere a cadenza biennale) per ci che riguarda i processi di trasformazione culturale. questo un compito che non pu che essere assolto da unistituzione di alto prolo scientico (per esempio, in Italia, lAccademia dei Lincei). Scopo della sintesi periodica, che potrebbe assumere la forma di Indicazioni per le scuole sullo stato e levoluzione della cultura e della scienza, dovrebbe essere assicurare la continuit tra elaborazione culturale e scientica e offerta di contenuti attraverso listruzione scolastica. Le Indicazioni d o v re b b e ro rendere esplicito il modello di cultura che meglio corrisponde alle esigenze di comprensione del reale nel mondo contemporaneo. Questa soluzione consentirebbe di interrompere la condizione di ritardo cronico che la cultura della scuola (espressa tradizionalmente attraverso i programmi di insegnamento) ha presentato rispetto al mutare e allaccrescersi dei quadri della conoscenza. Inoltre, non sarebbe necessario procedere, per la fase transitoria, ad una revisione dei programmi di insegnamento, per il fatto che essa avverrebbe nel tempo per la necessit di adeguare linsegnamento alle competenze e ai nuovi scenari culturali proposti nelle Indicazioni. Ma presenterebbe anche il vantaggio di impegnare la comunit scientica nella individuazione di linee sulle quali sollecitare lattenzione del sistema scolastico. Le Indicazioni potrebbero proporre temi da privilegiare nelle iniziative di aggiornamento del personale della scuola, oltre che da offrire ai corsi universitari istituiti per la prima formazione degli insegnanti; inne, si devono favorire interpretazioni operative, in termini di progettazione didattica, delle indicazioni fornite tramite la definizione delle competenze e la sintesi periodica relativa al quadro delle conoscenze. Tali interpretazioni potrebbero essere proposte dalle scuole, da universit e altre istituzioni di ricerca, da associazioni professionali, da imprese, in breve da chiunque debba, o voglia, contribuire ad incrementare la qualit delleducazione scolastica.

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3. CHIOSA DIALETTICA E METODOLOGICA scontata larbitrariet nellindividuazione delle competenze generali, cos come scontato che in qualche misura vi sia arbitrariet nella denizione delle competenze concorrenti. ugualmente discutibile la separazione delle competenze in insiemi distinti, dal momento che tra le competenze generali, cos come fra quelle concorrenti, possibile individuare non poche intersezioni, che a loro volta potrebbero congurarsi come aree di competenza relativamente autonome. opportuno perci dar conto delle ragioni della scelta effettuata, premettendo che la denizione di un quadro di competenze unoperazione prima di tutto culturale, per il fatto che non risponde ad una logica di necessit, ma di preferibilit. Al medesimo criterio sembrano ispirarsi molti documenti di organismi internazionali (dallUnesco allOcse), che nel denire il prolo culturale sulla base del quale impostare i loro programmi di attivit pongono lenfasi su concetti come quello di consapevolezza democratica, di capacit di comprensione del cambiamento eccetera. Generalizzando, si potrebbe affermare che il prolo culturale che di volta in volta viene denito si caratterizza per una marcata storicit, ed assume rilevanza per il fatto di costituire una sintesi aggiornata degli elementi che consentono di realizzare quelladattamento alle condizioni di vita che ha rappresentato, nel percorso evolutivo umano, la struttura portante delleducazione. Se si riprende, per interpretarlo allinterno della societ italiana, il medesimo approccio denitorio seguito dagli organismi internazionali citati, il quadro di competenze precedentemente indicato potrebbe considerarsi funzionale ad una nozione di cittadinanza propria di un paese democratico ad elevato sviluppo economico e sociale, che voglia valorizzare la propria eredit culturale come elemento distintivo nel confronto con altri paesi, anche al ne, nella prospettiva di processi di integrazione sovranazionale, della conservazione dei tratti originari di identit. Le competenze generali costituiscono la struttura portante del prolo di un soggetto colto. Per questa ragione, la prima delle competenze indicate quella lessicale. Largomento il seguente: ipotesi: ad un lessico pi esteso corrisponde una maggiore possibilit di pensiero; riferimenti problematici: vari segni indicano che le societ cosiddette di massa stanno subendo una regressione orientata al modello-limite della neolingua orwelliana, caratterizzata da un lessico sufciente ad esprimere bisogni di base, ma incapace di esprimere giudizi e sentimenti; ipotesi subimplicata a): leducazione pu costituire il fattore di contrasto della tendenza naturalistica alla forma di regressione indicata; ipotesi subimplicata b): lincremento del lessico costituisce un criterio di valutazione della qualit delleducazione; evidenze: la distribuzione dei livelli della competenza lessicale positi-

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vamente correlata al livello degli apprendimenti. La varianza nei risultati di apprendimento spiegata per una parte signicativa dai livelli della competenza lessicale ; inferenza: se si eleva il livello della competenza lessicale (una indicazione di standard potrebbe spingere in tale direzione), si consegue un miglioramento della qualit dellistruzione. Argomenti non dissimili potrebbero essere sviluppati con riferimento alle altre competenze generali indicate. Emergerebbero, con ogni probabilit, varie sovrapposizioni. Cos, per esempio, ci si pu attendere che un livello pi elevato della competenza lessicale si associ con livelli ugualmente elevati della competenza verbale attiva e di quella passiva, nonch delle competenze inferenziali e di quelle operative, motorie e percettive. Ci porterebbe a concludere che la competenza culturale fondamentalmente unitaria e che risulta articioso il tentativo di scomporla. Si pu anche concordare con questa conclusione, che per ininuente ai ni della denizione di un quadro di competenze. Quel che si sta cercando di comporre non uninterpretazione, per cos dire, losoca della cultura, ma un modello empirico, suscettibile di sostenere unattivit complessa, com quella educativa. Le interpretazioni dinsieme sono certamente ricche di suggestioni, ma povere di implicazioni operative. C invece bisogno di interpretazioni, sia pure imperfette, a partire dalle quali sia possibile spingere i comportamenti in direzioni desiderate. come dire che la denizione delle competenze utile se si pone come criterio non tanto dal punto di vista della coerenza del costrutto formale, ma del riscontro dellefcacia dellattivit che si in grado di sviluppare. In altre parole, un modello empirico pu tollerare un certo grado di contraddizione, a condizione che contenga le cautele che servono per rivelarla. Per questa ragione, occorre pervenire ad una denizione di competenze che lasci sempre trasparire una strategia di verica. Indicazioni suggestive possono sollecitare laffettivit, ma non lefcacia dellazione educativa. difcile evitare che unaffettivit positiva, non sostenuta dalla capacit di operare coerentemente, si trasformi, prima o poi, in negativa, dando luogo a disaffezione, frustrazione, scissione tra lessere e il voler essere: uno scenario affettivo non inconsueto nella vita della scuola. La scelta a favore di un modello empirico risponde allesigenza di evitare rigidit interpretative non funzionali al processo di riforma in corso. Bisogna evitare sia che linseguimento di una coerenza denita solo formalmente si trasformi nellimmediato in un fattore di rigidit, sia che, in prospettiva, da tale inseguimento conseguano contraddizioni assai maggiori di quelle che potrebbero essere lamentate in relazione ad un modello empirico. questa una ragione che suggerisce la via delle modiche nel processo, piuttosto che quella di un passaggio che non preveda un tempo intermedio in cui le decisioni possano subire adattamenti.

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CONSAPEVOLEZZA DEI SAPERIE FILOSOFIA DELLA RETICOLARITdi Roberto Maragliano

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i si chiede un intervento sul metodo e cercher, nei limiti del possibile e delle mie competenze, di attenermi al tema. Intendo sfiorare (pi che trattare in modo disteso) tre nodi: il cambiamento di scenario, per ci che attiene ai ussi di comunicazione centro-periferia; lintreccio fra competenze, saperi, discipline scolastiche; le scelte da effettuare, per dar corpo al processo di definizione-articolazione delle competenze. bene che avverta subito: pi che soluzioni, che non ho, intendo proporre interrogativi. Una pi attenta formulazione dei problemi in gioco pu infatti rappresentare un passo in avanti, relativamente ad un territorio che ancora attende una cartograa attendibile.

Universit di Roma.

1. DAL CASTELLO ALLA RETEEcco, questo che ho appena enunciato , a mio avviso, laspetto pi delicato della faccenda. Cio il fatto che passando, come stato detto, dalla scuola delle conoscenze a quella delle competenze, o, se vogliamo esprimere il movimento in un altro modo, transitando dalla logica centralistica (del castello) a quella dellautonomia

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(della rete), inevitabilmente ci vengono a mancare alcuni degli strumenti e delle pratiche che fin qui hanno assicurato (nel bene come nel male) il governo dei processi scolastici (ed analogo discorso si potrebbe fare per altri soggetti istituzionali investiti, in questi anni, da un analogo processo: partiti, sindacati, aziende pubbliche, amministrazioni locali, industrie culturali, ecc.). Altri strumenti, che diano corpo a pratiche nuove, coerenti con lo scenario scolastico che si sta prospettando, ancora non li abbiamo: disponiamo solo di alcune intelaiature formali, come avviene per il tema che ci si trova qui a discutere (le competenze), non ancora dotato di un sostegno concettuale forte; e non ci conforta una geograa dei nuovi strumenti e dei nuovi attrezzi di governo che riduca i dubbi su che cosa fare e come farlo. Ma una cosa mi sembra il caso di mettere in evidenza: e cio che questi strumenti, quandanche li avremo, non potranno funzionare come hanno funzionato quelli che abbiamo usato n qui. Cosa intendo sostenere? Che occorrer prepararci (e preparare la scuola) ad elaborare il lutto del programma, vale a dire lo smarrimento provocato dalla scomparsa di un elemento (concettuale ed operativo) n qui considerato strategico ed ineliminabile, in quanto organico, appunto, ad una struttura centralistica. Attenuandosi questa struttura, lo strumento (la forma) programma viene meno. Di qui il lutto, che accomuner centro e periferia. Per favorire una reazione costruttiva (lelaborazione del lutto, dicevo) e quindi marcare il signicato del cambiamento, dobbiamo fare di tutto perch le tavole delle competenze si presentino e vengano usate come qualcosa di assolutamente nuovo, di irriducibile a dei programmi camuffati. C un punto che mi preme mettere in evidenza e che contrassegna fortemente, io credo, questo passaggio di prospettiva. Lo chiamerei dellesercizio dellambiguit. Cercher di chiarirlo. Lambiguit un tratto che direi siologico, per un sistema centralistico. Qui essa svolge un ruolo non secondario, non di deviazione, ma di conferma dellimpianto istituzionale, agendo in funzione del mantenimento dei ruoli e delle prerogative dei diversi organismi implicati (centrali, intermedi, periferici). Dentro gli spazi della scuola centralistica e burocratica, quella che desidereremmo lasciarci alle spalle, le direttive possono (talvolta sembra che debbano) essere dotate di ampie sfumature (al limite dellambiguit), in modo da favorire per un verso un ampio confronto interpretativo da parte della periferia e garantire per un altro verso che il centro e gli organismi intermedi possano comunque fornire linterpretazione corretta delle direttive stesse, dando uniformit allattuazione operativa delle diverse letture. Dentro a questo gioco, un ruolo decisivo svolto da quella che chiamerei filosofia della testualit: un testo normativo, emanato dal centro, viaggia no alla periferia, scendendo i diversi gradini della gerarchia, e si

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arricchisce lungo questo itinerario di un variegato repertorio di interpretazioni, molte delle quali ne evidenziano e ne ampliano gli elementi di ambiguit; ma questa ermeneutica collettiva trova un limite nella prerogativa, che resta solo e soltanto del centro e delle sue dirette emanazioni, di fornire, denitivamente, linterpretazione corretta. Ne viene che ogni partecipante al gioco pi che chiedersi cosa intenda dire quel testo portato a chiedersi cosa il Ministero abbia voluto intendere con esso, e il tutto finisce quando il centro emana i suoi chiarimenti in proposito, vincolanti per lazione. Non voglio dilungarmi su tale punto: per credo che a nessuno sfugga la vischiosit perversa di un simile meccanismo. Vischiosit che ha contraddistinto anche la stesura, la circolazione, linterpretazione e lattuazione dei programmi didattici negli ultimi ventanni, diventati con il tempo sempre pi enciclopedici e anche ambigui, ma contemporaneamente sottoposti al vincolo (epistemologico prima che pratico) della congurazione (centralistica) delle cattedre e delle pratiche del reclutamento. Cambiando lo scenario, e inevitabilmente perdendo il centro questo suo ruolo (mi si perdoni lespressione forte: ricattatorio) di continua riduzione dellambiguit di direttive nate e volute come ambigue, ruolo che assicurava la sua posizione superiore, cambia, non pu non cambiare, la congurazione delle direttive, che diversamente da quelle tradizionali, dovranno risultare, adesso, essenziali e molto chiare, il meno possibile segnate da ambiguit. Dalla losoa testuale si dovrebbe passare ad una losoa della reticolarit, il che vuol dire: nodi essenziali, una gran quantit di connessioni, ed un signicato inteso come risultato di un processo collettivo, non pi come emanazione di chi questo processo governa dal centro. Perch questo avviene, o meglio dovrebbe avvenire? Per una ragione molto semplice: perch, nel nuovo contesto che stiamo costituendo, non ci sar, se non in minima parte, il ritorno al centro, dopo la fase di interpretazione della direttiva, essendo questa direttiva, dovendo essere un orientamento per decisioni a carico delle scuole autonome, decisioni delle quali le scuole porteranno buona parte della responsabilit, di fronte alle loro utenze prima che di fronte allamministrazione. Dove voglio approdare, con questo ragionamento? Se volete, alla considerazione banale che ho gi anticipato. Cio al fatto che la scrittura delle competenze non potr essere intesa come una ristesura dei programmi. Mettere al posto del paragrafo sulla rivoluzione francese un elenco di competenze che documentino il dominio della materia rivoluzione francese sarebbe come rifare i programmi, quindi riconfermarne la logica (negando quella dellautonomia didattica e culturale delle scuole). Credo invece che le tavole delle competenze dovrebbero essere elaborate in modo tale

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da risultare assolutamente chiare, consentendo nello stesso tempo un ampio ventaglio non di interpretazioni quanto soprattutto di decisioni da parte delle scuole, includendo fra queste quella relativa al contesto (anno e periodo dellanno) entro il quale includere la trattazione degli argomenti considerati in linea con le speciche competenze. Ci spiega perch, a mio avviso, queste competenze dovrebbero essere in buona parte di tipo trasversale (e terminali per i diversi cicli) e per la parte restante di tipo pluri o macro-disciplinare (consentendo queste, alle scuole, di progettare aggregazioni originali di temi e di pratiche professionali da parte dei docenti).

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2. PER UNINTEGRAZIONE DELLOTTICA DISCIPLINARESul versante delle discipline, inutile nasconderlo, si giocher buona parte delle sorti dellautonomia didattica delle scuole. Qui bisogna evitare di dividersi tra disciplinaristi e a-disciplinaristi, quasi fosse un esercizio salottiero, o una sorta di referendum sulle idee bislacche di questo e quel pedagogista di corte. Il problema ben pi serio e complesso. La discussione in atto da due anni sui saperi non ha approdato n doveva farlo ad una lista di discipline garantite, ma servita ad aumentare la consapevolezza collettiva in merito a: il fatto che oggi le societ fanno enormi investimenti sulla conoscenza, attenuando il carico di esclusivit n qui riconosciuto alla scuola nella riproduzione dei saperi; il fatto che, nel nuovo scenario della societ della conoscenza, la scuola non pu esimersi dal dialogare con il mondo circostante, anche e soprattutto attraverso le forme e i contenuti dei saperi di cui i giovani sono portatori (prima dicevo dal castello alla rete: e questo vale anche per il nuovo regime dei saperi scolastici); il fatto che occorre creare le condizioni perch maturi un nuovo ordinamento del sapere scolastico (non impresa, questa, che possa essere totalmente afdata ad un Ministro, come sembrano credere gli ingenui o i malpensanti; ma chiaro che, allo stato attuale, non pu nemmeno essere appaltata agli accademici di professione, a loro volta lacerati basta leggere i quotidiani per rendersene conto! dalla difcolt di dare una risposta credibile alla versione domestica dello stesso tipo di problema, vale a dire il ripensamento radicale dei tempi e dei contenuti dei curricoli); il fatto che lingresso negli spazi scolastici di risorse strumentali (i computer e le connessioni di rete) non addomesticabili con luso delle tradizionali categorie libresche (e disciplinari) sta di fatto aprendo nuove prospettive al ripensamento collettivo della mappa dei saperi scolastici (e, su questo

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fronte, la vita quotidiana della scuola offre pi materia di elaborazione di quella che viene a galla con le prese di posizione dei matres penser dei quotidiani). Come portare a sintesi questi elementi di problematizzazione? forse il caso di dire, come sembra credere qualcuno, che le discipline vanno abolite? Sarebbe sciocco sostenerlo. Mi sembra che anche questa questione sia di ben altro spessore. Si tratta, io credo, di aiutare la scuola a prendere coscienza del fatto che le discipline sono una delle forme della riproduzione sociale del sapere, ma non lunica. Possono e debbono mantenere la loro importanza. Ma a patto che nella loro congurazione sia previsto uno spazio da dedicare al loro inquadramento concettuale, e quindi storico. A patto, cio, che si prenda atto del carattere inevitabilmente parziale delle loro ottiche, e si lavori ad intrecciarne i rapporti con altre forme (anche quelle pi mondane) di riproduzione del sapere. A patto, insomma, che si trovi il coraggio di uscire da una visione puramente accademica (il pi delle volte autoreferenziale) delle cosiddette materie. Operazioni, queste, che risulteranno pi agevoli in determinati settori e meno in altri: pi facili, per intenderci, nellambito delle lingue straniere, rispetto al quale la societ ha nel suo complesso una sua idea di competenza, meno nellambito dellitalianistica e della storia letteraria nazionale, settore nel quale la riconoscibilit sociale delle competenze (laddove non coincide con quello che sostengono gli italianisti dellaccademia) appare assai pi sfumata; pi facile nel campo della storia delle idee o della storia materiale (dove le prospettive sovranazionali risultano pi facilmente riconoscibili e quindi traducibili in competenze), meno nella tradizionale storia diplomatica (dove lorizzonte nazionale fa velo allindividuazione di una prospettiva europea); e cos via. Su tale versante, collegato ad un complesso lavoro ancora tutto da sviluppare di ri-mappatura disciplinare, leditoria (scolastica e no, cartacea e no) potrebbe svolgere un ruolo determinante, diverso per da quello n qui esercitato. In caso contrario, questa zona del territorio scolastico, alla quale sono stati garantiti il mantenimento e in non poche occasioni lo sviluppo di una logica virtuosa di mercato, rischierebbe di diventare un ostacolo al cambiamento. Anche qui, dunque, le direttive centrali dovranno essere poche ma chiare, tali insomma da favorire autonomia e inventivit. Volendo schematizzare il campo di problematizzazione che si va delimitando, potrei dire che nella scuola circolano e in vario modo si concretizzano, oggi, due tipi di sapere: quello ricettivo-riproduttivo e quello produttivo. Larticolazione delle discipline, in buona parte la congurazione dei programmi, ma soprattutto il parco dei libri di testo danno legittimit al primo tipo di sapere. Il secondo invece, peraltro sempre pi importante, si trova ad essere drammaticamente sprovvisto di strumentazioni. Col libro si pro-

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muove la lettura e la riproduzione dei contenuti delle materie. Ma con che cosa si promuove lattivit di scrittura, di calcolo, di progettazione, di realizzazione? In che cosa e come una scuola istruzionalistica viene bilanciata da una scuola costruzionistica? Cosa dovrebbero fare autori ed editori per promuovere questo bilanciamento? Quali strumenti si chieder a loro di mettere a punto? Propongo un esempio di semplice identicazione, ma che rimanda ad un ambito complesso, ancora insufcientemente sondato. Scrivere al computer non equivale a scrivere con carta e penna. Il cambiamento non riguarda solo lefficacia della produzione scritta, ma coinvolge in primo luogo la sua qualit: la macchina mette in luce, infatti, il problema dellediting, cio del trattamento di un testo in vista della sua resa pubblica, secondo prospettive che nessun manuale cartaceo riuscito n qui a grammaticalizzare (e probabilmente mai potr grammaticalizzare compiutamente). Sul versante della produzione scritta impossibile far combaciare una pratica didattica avanzata con una materia scolastica, tantomeno con una confederazione di materie (che sarebbe difficile costituire e far funzionare ) . Problemi linguistici (di correttezza, propriet, pertinenza, ecc.), problemi storici e geograci (relativamente ai molteplici modelli di produzione testuale), problemi estetici e tecnici (di messa in forma testuale, e di confronto fra chirografia, stampa, scrittura digitale), problemi economici (di propriet autoriale) andrebbero affrontati congiuntamente, allinterno di uno scenario dentro il quale alla produzione di scrittura sia garantita lopportunit di uscire dalle secche di uno sterile ricalco di forme solo ed esclusivamente scolastiche ( a dir poco sconfortante, a questo proposito, lattuale movimento di opinione pubblica, meglio dei promotori dellopinione pubblica, in difesa del tema!). Insomma, non c difesa intelligente della prospettiva disciplinare che non si misuri con questi argomenti: come dar conto non solo dei contenuti di una disciplina (o di un aggregato disciplinare), ma anche dei modi che ne caratterizzano larticolazione e la mobilit; come (e attraverso quali alleanze) garantire ad una prospettiva disciplinare il compito di formare abilit e competenze di produzione che siano socialmente riconosciute; come integrare lottica disciplinare dentro un sistema che equilibri i modi dellapprendimento formale con quelli dellapprendimento informale; come contribuire ad una nuova logica di sistema, disegnando collettivamente una mappa dei saperi degni di essere accolti nella scuola, che risulti coerente con la domanda collettiva di formazione; come far intrecciare cognizione e consapevolezza, la promozione di valori e lo sviluppo degli strumenti per una loro concettualizzazione-discussione-attuazione.

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3. LA LOGICA DELLE COMPETENZE NELLA SCUOLA DELLAUTONOMIAEsprimo qui alcune essenziali considerazioni conclusive, relativamente alle possibili vie da seguire per dar corpo alla scuola dellautonomia didattica, e, al suo interno, alle molteplici prospettive collegate allaffermazione della logica delle competenze. Le intendo esprimere in modo secco, contando di averne precedentemente prospettate le ragioni fondanti. Capovolgere limpostazione tradizionale che proietta la funzione-formazione secondaria su quella primaria, e impegnarsi a considerare, se non tutta (ma presto sar cos), buona parte della scuola come ambiente che svolge la funzione primaria di dar senso, coerenza, praticabilit, consapevolezza ai saperi dei ragazzi. Puntare, nella denizione delle competenze, su due insiemi: quello delle competenze trasversali (i saperi di produzione di cui parlavo prima); e quello delle competenze relative ad aggregati (non rigidamente ssati) di discipline, depurate, queste ultime, delle molteplici incrostazioni accademiche che tuttora le caratterizzano.

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IL PADRONEGGIAMENTODELLE CONOSCENZE

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di Elena Bertonelli

1. VERSO LINTEGRAZIONE DEI PERCORSI FORMATIVI

Gruppo nazionale Autonomia, ministero della Pubblica istruzione.

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on sono poche le norme approvate di recente che contengono riferimenti, diretti o indiretti, alla nozione di competenza: tutte queste norme non si limitano a pregurare, ma di fatto cominciano a sancire lesistenza di un nuovo sistema formativo. In estrema sintesi, si pu dire che tale sistema trova il proprio fulcro nella capi talizzazione delle varie esperienze di istruzione, educazione e formazione di cui ciascuno riesce a fruire durante la propria esistenza di studio e di lavoro. Lo snodo decisivo consiste allora nella certicazione delle competenze, che appunto consente la mobilit allinterno del sistema le cosiddette passerelle , il raccordo tra sistemi diversi e la circolazione dei titoli in Europa. Le connessioni tra un quadro strutturale cos ampio e innovativo e i problemi pi specificatamente tecnici della didattica non sono per n evidenti, n facili da realizzare. Si tratta tuttavia di un problema chiave, con il quale occorre misurarsi. Gli aggiustamenti e le riforme parziali imposti dalle grandi trasformazioni sociali, politiche, culturali ed economiche operatesi negli oltre settantanni che ci separano dal 1923, ci hanno consegnato una organizzazione formativa che ha

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perso progressivamente quella compatta logica di sistema che (nel bene e nel male), sorreggeva con forza lasse gentiliano. Ne risultata una coesistenza, nella nostra attuale organizzazione degli studi, di parti profondamente riformate e di parti neanche sfiorate dalla innovazione; di settori proiettati in avanti e di settori ancorati al passato; di laboratori aperti al nuovo e di aree arroccate attorno alle prassi tradizionali. La lunga consuetudine a convivere con un impianto degli studi cos divaricato e, per cos dire, rappezzato ha abituato un po tutti a rivolgere scarsa attenzione al quadro generale e alla sua coerenza interna. Pensiamo ad esempio alle tante polemiche sollevate dai processi di riforma in corso. Non poche critiche di autorevoli opinion makers sembrano derivare proprio dalla disabitudine diffusa a pensare che un progetto formativo tale perch portatore di una ratio complessiva; a loro volta tante preoccupazioni diffuse nella scuola sono causate dallabitudine consolidata a considerare questa o quella parte piuttosto che il tutto. Non a caso, sia queste critiche (di sapore spesso nostalgico), sia queste preoccupazioni (frutto di un sentire circoscritto non di rado alla propria diretta esperienza personale) niscono al dunque per occultare puntualmente le esigenze pressanti a cui lodierno contesto appare incapace di dare risposta: a cominciare da quelle migliaia e migliaia di giovani che ogni anno vengono precocemente espulsi dalla scuola. In realt un progetto formativo che pretenda di essere organico non solo deve consentire una lettura trasparente delle sue finalit educative e dei suoi tratti generali, ma deve anche esplicitare le scelte istituzionali e politico-sociali, nonch i riferimenti teorico-culturali che lo ispirano. Ma lorganicit di progetto si coglie (e si misura) soprattutto nel fatto che ogni sua parte contribuisce a denirne lassetto generale. Il sistema formativo integrato ha lambizione (e, a mio giudizio, ha tutte le carte in regola) per presentarsi appunto come un progetto organico. Ma se questo vero, diventa allora indispensabile che i vari elementi che lo costituiscono siano tra loro strettamente collegati: a cominciare da quella nozione di competenza che, per non vivere come un momento accessorio, va strutturalmente inserita allinterno del rapporto insegnamento-appprendimento, nel cuore stesso della scuola.

2. LA COMPETENZA NEL RAPPORTO INSEGNAMENTO-APPRENDIMENTOSenza una diffusione capillare in tutto il sistema di una prassi didattica fondata sulle competenze, si rischierebbe di avere di esse una visione del tutto riduttiva, limitata magari al solo settore della formazione professionale e ai suoi diretti rapporti col mondo del lavoro. Ma in tal caso, la capitalizza-

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zione di tutte le esperienze formative postulata dal sistema integrato risulterebbe una mera petitio principii, perderebbe molta della sua ragion dessere, congurandosi al dunque non come il compiuto e coerente superamento di un sistema da troppo tempo in sofferenza, ma come lennesimo aggiustamento di una sua parte. Qual , in buona sostanza, il nocciolo del sistema formativo integrato, la sua primaria nalit? A me sembra che si concentri in unidea forte, ormai largamente enuciata anche dal legislatore: lidea, cio, che occorra sostenere ogni allievo sulla via del raggiungimento del successo formativo; che si debba garantire a ciascuno oltre il diritto allo studio anche il diritto allapprendimento. Raggiungere un tale obiettivo comporta la necessit di una radicale svolta sul terreno delle metodologie didattiche. Queste devono essere in grado di affrontare sul serio i nodi irrisolti e solo apparentemente antitetici della dispersione e dellinnalzamento del livello complessivo degli studi. Soltanto cos si pu pensare di adeguare la scuola italiana sia alle esigenze ormai consolidate della nostra democrazia, sia a quelle sollecitate dal nuovo contesto europeo. Ebbene, crediamo che una svolta metodologica di questa portata renda in qualche modo irrinunciabile la diffusione di una prassi didattica fondata sulle competenze. Che il rapporto dellinsegnamento con lapprendimento debba mutare nel passaggio da un impianto selettivo a un impianto orientativo sembra una considerazione del tutto ovvia. In realt, gli anni che ci separano dallorganico progetto di selezione di gentiliana memoria, ci hanno abituato a negare una tale ovviet e a convivere cos con una patente antinomia: quella tra i metodi che sono mutati solo parzialmente e le inedite esigenze imposte dalla scolarizzazione di massa. Nel contesto di un mutamento che voleva essere radicale, ed invece rimasto incompiuto, la dispersione ha nito per essere per il surrogato un po listeo della tradizionale selezione. Il problema cui siamo oggi di fronte allora proprio quello di trasformare sino in fondo il rapporto tra insegnamento e apprendimento in modo da essere pienamente coerente con un impianto che, cogliendo progressivamente le vocazioni, le potenzialit e le stesse difcolt di ogni giovane, riesca a condurlo al traguardo di uno specico successo formativo. Ma un sistema scolastico, che sostituisca compiutamente lo strumento della selezione con quello dellorientamento, non davvero praticabile senza un salto di qualit sul terreno della didattica. Direi anzi sommessamente che, nel nuovo contesto del sistema formativo integrato, proprio la didattica acquista un ruolo e un peso specico sinora sconosciuti. Se non altro per il fatto che essa dovr investire tutta la scuola, comprese le sue parti strutturalmente meno predisposte allaccettazione della metodologia.

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3. IL NUOVO RUOLO DELLA DIDATTICADicevo che un sistema formativo tale se al suo interno tutto si tiene. Era nella logica e nei riferimenti teorico-culturali del vecchio sistema la drastica sottovalutazione della didattica. Nella lunga fase di transizione che stiamo ancora attraversando, tale sottovalutazione ha alimentato lantinomia di cui dicevo: una antinomia, tra laltro, davvero onerosa per gli insegnanti, i quali come hanno potuto e senza troppi riconoscimenti ne hanno sopportato il peso, svolgendo per decenni unindispensabile funzione di supplenza. Nella logica del sistema integrato che la logica della generalizzazione, articolata e non gerarchica, del successo formativo la didattica invece chiamata ad assumere un ruolo di primissimo piano nella funzione docente. Ma qual questo ruolo peculiare? Quello di un insegnamento che si fa carico dellapprendimento, secondo i tempi e ritmi di ciascuno. Non a caso, uno dei cardini dellautonomia sancito con chiarezza dal nuovo Regolamento costituito proprio dalla possibilit di adottare percorsi personalizzati. Rendere concrete queste esigenze comporta chiarezza rispetto ai traguardi che il processo formativo si pregge in ogni sua parte. E si tratta di una chiarezza di impegni rigorosi validi tanto per chi insegna quanto per chi impara. Mettiamoci nei panni di un docente: se provassimo a denire questi traguardi, dovremmo forse identificarli con il mero possesso di determinati contenuti disciplinari, con il bagaglio di un certo numero di conoscenze? Io credo di no, soprattutto se ci che ci si deve attendere dal processo formativo quel sapere critico in grado di sostanziare lintelligenza duttile e la learning ability richieste dalla complessit della societ conoscitiva contemporanea. Dovremmo dire allora che quei traguardi non sono le conoscenze, bens la loro utilizzazione teorica e pratica in un contesto storico. E cosaltro la competenza se non proprio questa capacit di utilizzare e di padroneggiare una conoscenza no a farne anche il punto dorigine e di generazione di una spirale virtuosa di altre conoscenze e competenze? Ma se questa una possibile denizione di competenza ne discende che tale denizione valida per ogni segmento formativo e per ogni ambito disciplinare: per il greco come per leconomia aziendale, per laccoglienza alberghiera come per la losoa, per lelettrotecnica come per leducazione allimmagine, per il s e laltro come per la filologia romanza. valida insomma per la scuola come per la formazione professionale, per luniversit come per le esperienze di lavoro. Ogni acquisizione teorica ha difatti implicazioni pratiche e ogni abilit pratica ha un riscontro teorico. Mi pare di poter affermare che il ragionamento, per cos dire induttivo, condotto sin qui approdi a una denizione preliminare di competenza dal

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taglio pragmatico. In ogni caso, mi sembra che essa non entri in rotta di collisione n con le diverse articolazioni dellattuale dibattito pedagogico, n con la ricerca in corso sui saperi essenziali.

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4. DALLE COMPETENZE AI NUCLEI FONDANTILa denizione di competenza qui rapidamente delineata la competenza come utilizzazione e padroneggiamento della conoscenza ha difatti quel carattere di essibilit che ne permette la circolazione in tutto il sistema formativo. Questa denizione consente, in primo luogo, di superare la tradizionale dicotomia tra sapere e saper fare e di superare quindi anche il consolidato pregiudizio che la competenza possa riguardare solo le qualiche professionali. In secondo luogo, pu aiutarci a sciogliere il nodo del rapporto tra competenze trasversali e competenze disciplinari, nel senso che queste ultime costituiscono, a un tempo, il necessario presupposto e la naturale verica delle prime. In realt, non si abbattono i rigidi steccati oggi presenti nella scuola rinunziando al possesso degli statuti, dei linguaggi formalizzati e dei contenuti delle attuali discipline, che in ogni caso non si pu certo dimenticarlo costituiscono il patrimonio dato della nostra storia e della nostra identit culturale. La questione invece quella di favorire una acquisizione dei contenuti in termini cos strutturali da permettere la permeabilit, la reciproca interrelazione, la valenza generativa delle discipline. Che poi il modo di consentire ai giovani di stare dentro, di interpretare le continue trasformazioni dei processi della conoscenza. Sciogliere questi nodi sembra offrire a sua volta una duplice opportunit. Se i contenuti cessano di essere il mero ne del percorso didattico e divengono invece il crogiolo in cui si formano le competenze i contenuti stessi non potranno non perdere quella caratteristica di enciclopedico ed esaustivo dispiegamento che li ha sinora caratterizzati. Al contrario essi verranno quasi naturalmente a dover essere rivisitati secondo la chiave di quei nuclei fondanti e di quelle categorie costitutive che, mentre rispecchiano dinamicamente gli statuti disciplinari, ne consentono il necessario collegamento. Non si tratta, va da s, di una impropria bignamizzazione dei contenuti, ma di una loro ristrutturazione in termini di essenzialit e di trasversalit. Al tempo stesso non si deve, con un atteggiamento giacobino, ignorare che ogni riforma pu aspirare ad avere successo solo se pu contare sulladesione e sul consenso di quanti vi vengono direttamente coinvolti. La denizione preliminare e pragmatica di competenza, qui pur sommariamente delineata, offre anche un indubbio vantaggio. Un vantaggio per cos dire tattico. Ma mi domando se pu mai esistere una strategia senza tattica.

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Qual questo vantaggio? appunto il vantaggio di fornire da subito alla scuola, quale oggi , loccasione di cominciare a misurarsi con le profonde trasformazioni dellepistemologia contemporanea, senza perdere il patrimonio culturale e professionale sino a oggi consolidato e senza arroccarsi in una stanca cristallizzazione di questultimo o peggio in una sua riverniciatura gattopardesca. Mettiamoci di nuovo nei panni di un docente. Abituarsi via via a considerare le conoscenze come uno strumento per formare le competenze il che non signica, si badi bene, declassare o peggio eliminare i contenuti ma semplicemente servirsene in modo diverso solleciter gli insegnanti a individuare proprio negli statuti, nei linguaggi e negli oggetti delle discipline quei nuclei fondanti, quelle categorie costitutive, quei momenti pi incisivamente formativi in grado di favorire la costruzione di quel sapere criti