Autarchia e innovazione nella costruzione della città ......mento. Un solaio simile al tipo STIMIP...

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DOSSIER: I BORGHI RURALI AGORÀ n. 44/2013 - 25 - Autarchia e innovazione nella costruzione della città rurale dell’ECLS I l 20 ottobre 1940 segna una data fatidica per la storia della architettura, quanto meno per il capitolo di essa scritto in Sicilia. In quel giorno infatti si diede avvio alla costruzione della “città rurale”, ossia il modello di insediamento ideato da Edoardo Caracciolo per la riqualificazione delle aree rurali dell’isola. L’avvio di una trasformazione territoriale su vasta scala destinata, almeno nella mente dei suoi ideatori, ad un radicale cambiamento della struttura economica e sociale è senz’altro un evento di rilievo, soprattutto se localizzato in una regione votata alla conservazione dello status quo, come la Sicilia. L’economia delle aree rurali siciliane, all’epoca, aveva un’imposta- zione di tipo latifondistico (coltivazione di tipo estensivo con contratto a gabella), che veniva additata dagli studiosi del settore come principale causa dell’arretratezza della regione. Il governo fascista, dopo varie esitazioni e false partenze, avviò l’ assalto al latifondo, nell’adunata del luglio 1939 a Roma, vale a dire un gigantesco intervento di ristrutturazione socio- economica. Con la legge n. 1 del 2 gennaio 1940 l’Istituto Vittorio Emanuele III per il Bonificamento della Sicilia, fondato nel 1925 per dare atto al programma di bonifica integrale, venne trasformato in Ente per la Colonizzazione del Latifondo Siciliano (ECLS) e affidato alla guida di Nallo Mazzocchi Alemanni. Questi decise di adottare come modello la città rurale di Edoardo Caracciolo e ne avviò la costruzione con una solenne cerimonia, svoltasi contemporaneamente in tutti i siti interessati, in quel fatidico 20 ottobre 1940, di cui si è detto. Caracciolo individuava due elementi essenziali nella natura della città: la residenza e le attrezzature di servizio. Nella prima categoria rientravano tutti i tipi residenziali, nella seconda tutte le altre costruzioni necessarie allo svolgimento delle attività umane. Mentre nelle aree urbane convenzionali queste attività sono sovrapposte e reci- procamente intrecciate, il Caracciolo le immaginò separate fisicamente, oltre che concettualmente: la residenza, costituita da piccole case unifamiliari sparse nel territorio, con il loro podere di pertinenza; le attrezzature di servizio, concentrate in una serie di borghi rurali, dislocati con frequenza assegnata. La costruzione ideale di Caracciolo si inserisce in quel florido alveo della cultura occidentale che intende la città come non-luogo, in cui riscoprire il rapporto tra l’uomo e la natura, dalla Garden City di Ebenezer Howard (1898) sino alla Broad Acre City di Frank Lloyd Wright (1932). Ma il paragone più fruttuoso può essere condotto con Les Trios éstablishments Humains di Le Corbusier (1945), in cui il bilanciamento del rapporto economico tra la città esistente, le aree industriali e quelle per lo sfruttamento agricolo, è analogo a quello ipotizzato dal Caracciolo per la Sicilia, con distinguo e differenze di cui si dirà. L’ECLS provvide quindi a calare il modello teorico delineato da Edoardo Caracciolo in varie aree latifondistiche, “conche di spighe arse dal sole, senza né alberi né case, dove l’uomo si fa ombra da solo” (cfr. Maria Accascina, I borghi di Sicilia, in «Architettura», anno XX, fascicolo V, maggio 1941). In circa due anni di attività vennero costruite 2.684 case coloniche e tredici borghi rurali, distribuiti in varie provincie; le attività vennero poi sospese per l’incrudimento delle attività belliche. I borghi erano formati dalla chiesa, la scuola, la Casa del Fascio, l’ufficio postale, la stazione dei carabinieri, l’ambulatorio medico, la rivendita di di Vincenzo Sapienza Veduta di Borgo Cascino (Enna)

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  • DOSSIER: I BORGHI RURALI

    AGORÀ n. 44/2013 - 25 -

    Autarchia e innovazione nella costruzionedella città rurale dell’ECLS

    Il 20 ottobre 1940 segna una datafatidica per la storia dellaarchitettura, quanto meno per ilcapitolo di essa scritto in Sicilia. In quelgiorno infatti si diede avvio allacostruzione della “città rurale”, ossia ilmodello di insediamento ideato daEdoardo Caracciolo per lariqualificazione delle aree ruralidell’isola. L’avvio di una trasformazioneterritoriale su vasta scala destinata,almeno nella mente dei suoi ideatori,ad un radicale cambiamento dellastruttura economica e sociale èsenz’altro un evento di rilievo,soprattutto se localizzato in una regionevotata alla conservazione dello statusquo, come la Sicilia.

    L’economia del le aree rural isiciliane, all’epoca, aveva un’imposta-zione di tipo latifondistico (coltivazionedi tipo estensivo con contratto agabella), che veniva additata daglistudiosi del settore come principalecausa dell’arretratezza della regione. Ilgoverno fascista, dopo varie esitazionie false partenze, avviò l’assalto allatifondo, nell’adunata del luglio 1939a Roma, vale a dire un gigantescointervento di ristrutturazione socio-economica. Con la legge n. 1 del 2gennaio 1940 l’Istituto Vittorio

    Emanuele III per il Bonificamento dellaSicilia, fondato nel 1925 per dare attoal programma di bonifica integrale,venne trasformato in Ente per laColonizzazione del Latifondo Siciliano(ECLS) e affidato alla guida di NalloMazzocchi Alemanni. Questi decise diadottare come modello la città ruraledi Edoardo Caracciolo e ne avviò lacostruzione con una solenne cerimonia,svoltasi contemporaneamente in tutti isiti interessati, in quel fatidico 20 ottobre1940, di cui si è detto.

    Caracciolo individuava due elementiessenziali nella natura della città: laresidenza e le attrezzature di servizio.Nella prima categoria rientravano tuttii tipi residenziali, nella seconda tutte lealtre costruzioni necessarie allosvolgimento delle attività umane.Mentre nelle aree urbane convenzionaliqueste attività sono sovrapposte e reci-procamente intrecciate, il Caracciolo leimmaginò separate fisicamente, oltreche concettualmente: la residenza,costituita da piccole case unifamiliarisparse nel territorio, con il loro poderedi pertinenza; le attrezzature di servizio,concentrate in una serie di borghi rurali,dislocati con frequenza assegnata. Lacostruzione ideale di Caracciolo siinserisce in quel florido alveo della

    cultura occidentale che intende la cittàcome non-luogo, in cui riscoprire ilrapporto tra l’uomo e la natura, dallaGarden City di Ebenezer Howard(1898) sino alla Broad Acre City di FrankLloyd Wright (1932). Ma il paragonepiù fruttuoso può essere condotto conLes Trios éstablishments Humains di LeCorbusier (1945), in cui il bilanciamentodel rapporto economico tra la cittàesistente, le aree industriali e quelle perlo sfruttamento agricolo, è analogo aquello ipotizzato dal Caracciolo per laSicilia, con distinguo e differenze di cuisi dirà.

    L’ECLS provvide quindi a calare ilmodello teorico delineato da EdoardoCaracciolo in varie aree latifondistiche,“conche di spighe arse dal sole, senzané alberi né case, dove l’uomo si faombra da solo” (cfr. Maria Accascina, Iborghi di Sicilia, in «Architettura», annoXX, fascicolo V, maggio 1941). In circadue anni di attività vennero costruite2.684 case coloniche e tredici borghirurali, distribuiti in varie provincie; leattività vennero poi sospese perl’incrudimento delle attività belliche. Iborghi erano formati dalla chiesa, lascuola, la Casa del Fascio, l’ufficiopostale, la stazione dei carabinieri,l’ambulatorio medico, la rivendita di

    di Vincenzo Sapienza

    Veduta di Borgo Cascino (Enna)

  • beni di prima necessità, il più delle voltearticolati intorno ad una piazza.

    È del tutto evidente che, al di là dellalimitatezza dei fondi destinati agliinterventi ed alle difficoltà legate alcontemporaneo svolgimento delleattività belliche, la città rurale delCaracciolo costituiva una diminutiorispetto ai modelli analoghi. La celebreCarta di Atene (1933) su cui Le Corbusierad un decennio di distanza avrebbemodellato i già citati “tre insediamentiumani”, condensava le attività del viverein quattro categorie: abitare, lavorare,circolare e ricreare il corpo e lo spirito.La città rurale di Edoardo Caraccioloera carente in almeno due di talicategorie: la circolazione era esclusiva-mente pedonale, un anacronismo giàall’epoca; la dotazione di servizi era cosìstriminzita, da non lasciare spazio adalcuna attività di svago.

    Malgrado il sostanziale fallimentodell’operazione intrapresa dal governo

    fascista, insuccesso che verrà bissato dallaRiforma Agraria avviata nel decenniosuccessivo, la componente edilizia, cioègli edifici realizzati, costituiscono unlascito rilevante; un patrimonio il cuireimpiego potrebbe essere una cartastrategica nel rilancio dell’economiadelle aree agricole interne della Sicilia,e ciò anche in considerazione dellaelevata qualità architettonica ecostruttiva dei borghi. Essi infatticostituiscono un documento ancora benleggibile dell’architettura del ventennio,nella sua accezione antiurbana, vistoche, il mancato impiego, li ha preservatida trasformazioni o manomissioni.

    Oltre la cifra architettonica vannotenute in considerazione le numerosesingolarità costruttive che licaratterizzano.

    «In merito [ai borghi] ritengo farvipresente che gli edifici, improntati allamassima semplicità, debbono sottostarealle leggi ed ai regolamenti vigenti sui

    materiali da costruzione; ed inparticolare dovrà essere esclusa laadozione del cemento armato e ridottoal minimo indispensabile l’impiego dialtri materiali metallici» (cfr. lettera diaffidamento dell’incarico per borgoGiuliano). Questa frase, estratta dallalettera inviata dall’ECLS all’architettoGuido Baratta, progettista di borgoSalvatore Giuliano, sito nei pressi di SanTeodoro, illustra sinteticamente la cifracostruttiva degli edifici checompongono i borghi. La necessità diescludere, o limitare fortemente,l’impiego di acciaio (sia come profilatipesanti che come barre per l’armaturadel calcestruzzo) discende dal regimeautarchico che vigeva in Italia già dal1937, quando la Società delle Nazioniaveva imposto un ferreo embargo perritorsione contro la campagna militarein Etiopia.

    Questa necessità, che caratterizzò lavita del paese per circa un decennio,

    La Città Rurale (Edoardo Caracciolo, 1939).I tre insediamenti umani (Le Corbusier, 1945).

    casa colonica

    città esistente

    borgo rurale

    Immagini tratte da Centri Rurali (Guido Mangano, 1937).

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  • ebbe una notevole influenza sull’im-magine del costruito: sbalzi e pensilinedovevano essere eliminati, il tetto a faldedoveva essere preferito alla terrazzapiana, il portico non andava impostatosul sistema trave-pilastro, ma piuttostosull’arco (realizzabile in muratura).

    Tutto ciò ebbe come conseguenza ilripiegamento verso il vernacolo dellatradizione costruttiva popolare.Quanto fosse imposto dalle necessitàpiuttosto che dettato da una libera sceltanon è dato saperlo. Borghi e case ruralierano destinati ai braccianti dellatifondo, la classe collocata al gradinopiù infimo della scala gerarchica dellasocietà di allora. Che i progettistichiamati ad operare per questi siesprimessero con un linguaggiosemplice, scevro da ricercatezze e diimmediata comprensione era forsenell’ordine delle cose. Tuttavia varilevato che Guido Mangano, ultimodirettore dell’Istituto Vittorio EmanueleIII per la bonificamento della Sicilia, nel’37 aveva provveduto a pubblicare untesto divulgativo intitolato Centri Ruraliche avrebbe dovuto fornire un supportofigurativo ai progettisti della città rurale.Le immagini proposte attingono a pienemani dal repertorio del linguaggio delModerno: volumi lineari, sviluppo inverticale, sbalzi pronunciati … Una lineaperaltro già sperimentata con successoper le Case del Balilla, per le ColonieMarine e per gli altri edifici del genere.

    Questi spunti così estremi, comedetto, non vennero colti, e ugualmentenella costruzione della città rurale èpresente il profumo della modernità,che pervadeva ineluttabilmente queglianni. Infatti nel contrasto tra tradizionee modernità, conservazione ed

    innovazione, si gioca a ben guardare lacifra di quell’epoca, con innegabilerilevanza anche nel settore delletecnologie edilizie.

    Il contributo più significativodiscendente dall’autarchia nel settoredelle costruzioni attiene alla tecnica perla formazione dei solai. Infatti la penuriadi acciaio contribuì allo sviluppo di unsistema innovativo, frutto dell’italicainventiva, per rifarsi ad una espressionedel tempo. Si allude qui all’introduzionedel solaio “senza armatura provvisoria”(indicato con l’acronimo SAP), brevettodalla RDB di Piacenza. Esso è formatoda travetti preassemblati fuori opera,solidarizzati da una caldana incalcestruzzo, gettata in opera. Ciascuntravetto si compone, a sua volta, dipignatte in laterizio, munite di variescanalature per l’alloggiamentodell’armatura. Grazie alla collabora-zione della pignatta alla statica delsolaio, ottenuta sagomando la cartellasuperiore con il caratteristico intrecciodi setti e nervature, si aveva unconsistente risparmio di armatura. Aquesto andavano aggiunti i vantaggidiscendenti dalla più rapida esecuzionedei lavori e dall’economia sulle opereprovvisionali. Nei borghi di Sicilia questotipo di solaio risulta impiegato solo peruna parte delle realizzazioni, inpercentuale inferiore rispetto a quantoaccadeva in altre circostanze analoghe,forse per difficoltà di approvvigiona-mento. Un solaio simile al tipo STIMIPsi riscontra a borgo Fazio; in esso itravetti sono formati da una Y inlaterizio, con la sagomatura per favorirel’alloggiamento dei tondini in acciaio;la forma dei bordi consente altresìl’appoggio di due tavelline in laterizio,

    una al lembo inferiore ed una a quellosuperiore, per ottenere l’elemento dialleggerimento.

    A fronte di queste innovazioni, siriscontrano soluzioni più conservative,come nel caso di borgo Cascino, in cuiorditura e tessitura dell’orizzontamentosono formate da travi in legno usoFiume e da tavoloni. La scelta, purconsentendo un elevatissimo risparmiodi acciaio, si è rilevata ampliamentedeficitaria sotto il profilo delladurabilità. Infatti nella ristrutturazionedel borgo, condotta verso la metà deglianni ’50, si procedette al loro rinforzoe, in certi casi, al completo rifacimento.

    Se nel campo degli elementiorizzontali si riscontra una certamodernità, come si è visto, nonaltrettanto può dirsi in merito allecaratteristiche della chiusura verticale,il più delle volte costituita da uninvolucro in muratura portante. L’operamuraria è probabilmente il magisteropiù conservativo dell’interaapparecchiatura di fabbrica. Lenumerose sperimentazioni architet-toniche, succedutesi in Sicilia nelle varieepoche storiche, dal barocco al liberty,dagli accademismi eclettici alla nuditàrivoluzionaria del moderno, sisostanziano in ultima analisi in intoste edammusi; ossia muratura (realizzatasempre e ovunque nella medesimamaniera) e volte reali (costruite secondoun numero abbastanza limitato diapparecchi).

    Neanche il tragico terremoto diMessina del 1908 era valso a scardinarequesto sistema così refrattario alleinnovazioni. Il Regio Decreto n. 193 del18 aprile 1909, recante Norme tecnicheper le riparazioni e le ricostruzioni (…)

    Solaio di borgo Fazio, Trapani.Solaio di borgo Caracciolo, Maniace.

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  • nei comuni colpiti dal terremoto”, puòessere considerato a ragione la primanorma che affronta l’argomentosecondo un’impostazione positiva emoderna; ossia indicando le regoledell’arte per ottenere edifici capaci diopporsi alle forze sismiche conmaggiore efficacia. Molti dettami dellalegge, un po’ per ragionevole timore,un po’ per buon senso, trovaronoapplicazione su un comprensorio benpiù vasto rispetto a quello dichiaratosismico dalla norma, invero piuttostolimitato. Per esempio l’articolo 10, concui si vietava l’utilizzo di elementispingenti, trova riscontro in tutti gliedifici costruiti dopo il 1908, e sancì neifatti la scomparsa della volta muraria.

    Viceversa, alle prescrizioni il cui ossequioera legato all’impiego del calcestruzzo,si fece un ricorso assai limitato. È il casodell’articolo 7, con cui si imponeval’uso di una struttura intelaiataautonoma, o quanto meno inglobataall’interno della muratura ordinaria. La“muratura confinata”, direttaconseguenza di tale prescrizione, venneimpiegata soltanto nelle provincie diMessina e di Reggio Calabria. Ladiffidenza nei confronti del calcestruzzoarmato, al di là delle contingenzeimposte dall’autarchia, va certamenteimputata sia a motivi soggettivi, qualila scarsa inclinazione dell’isola alleinnovazioni, che a difficoltà oggettive,cioè la limitata presenza di professionisti

    in grado di effettuare il calcolo staticodegli elementi resistenti. Per cui gli edificicontinuarono ad avere un involucroverticale in muratura portante inpietrame (listato o meno) eorizzontamenti costituiti da solai inlaterocemento, almeno sino agli anni’50 del secolo scorso.

    Nella lettura dei tipi muraririscontrabili nei borghi rurali di Sicilia sipuò rilevare un’ampia varietà, datadalle differenti aree di costruzione,poiché in ciascun caso si riscontral’impiego della pietra locale con latessitura congruente alla forma edimensione degli elementi lapidei.

    Volendo tracciare una schematiz-zazione di massima si possonodistinguere due tipi murari, quelli inconci squadrati e quelli in pietrameinforme. I primi più diffusi nella Siciliaoccidentale, mentre i secondi comuninelle province centrali ed orientali,entrambi ben conosciuti dalle rispettivemaestranze, in quanto storicamenteradicati. Per cui nel palermitano si vadai conci semisquadrati in pietra tufaceadi borgo Borzellino, a quelli segati inpietra “longa” di borgo Schirò e inpietra arenaria a borgo Fazio;nell’ennese si trova utilizzata la pietracalcarea informe; nelle aree meridionaliè impiegato pietrame di pezzaturaminuta; nelle aree etnee le muraturesono in pietra lavica, in elementi informio in blocchi semisquadrati. Il tipo dimalta più diffuso era, all’epoca, lacosiddetta “malta comune”, confe-zionata utilizzando 0,33 volumi di calcein pasta (calce spenta) ed uno di sabbia,impastati con 300 litri d’acqua (cfr.Analisi dei Prezzi, borgo Caracciolo,voce 73, archivio ESA).

    Borgo Caracciolo (Bronte).

    IMMAGINI DI ALCUNI TIPI MURARI

    Borgo Fazio (Trapani).

    Borgo Borzellino (Palermo).

    La chiesa di borgo Rizza (Carlentini). La chiesa di borgo Lupo (Mineo).

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  • Soluzioni con un più elevato tassodi innovazione sono riscontrabili nelleapparecchiature di fabbrica delle chiese.A parte alcune eccezioni, in esse lastruttura portante è costituita da unateoria di telai in calcestruzzo armato,tamponati con robusti setti in muratura,che contribuiscono alla stabilità, graziealla loro elevata rigidezza. Si tratta di

    una tecnologia abbastanza ricorrenteall’epoca per risolvere volumi di grandidimensioni. La soluzione ha anche unavalenza estetica in quanto i ritti, chesporgono rispetto al filo della muraturadal lato interno o da quello esterno,scandiscono lo sviluppo della fabbricae le danno ritmo. Una applicazione deltutto singolare di questo procedimento

    Chiesa di borgo Petilia (Caltanissetta).

    costruttivo si riscontra a borgo Petìlia,in cui la chiesa è a pianta centrale. Ipilastri definiscono quindi un volumecilindrico e terminano in una robustatrave ad anello posta alla sua sommità.Il solaio piano di copertura, da essasupportato, è nascosto dall’interno daun soffitto in canne e gesso modellatosecondo la geometria tradizionale dellacalotta lunetta, sottolineando ancorauna volta l’inestricabile intreccio trainnovazione e tradizione.

    La torre littoria di borgo Cascino (Enna). Disegno di progetto e rilievo.

    Torre littoria: ripresa fotografica.

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  • Il calcestruzzo armato è usato conestrema parsimonia anche per laformazione dei portici. Questi sonoelementi molto ricorrenti nei borghi.Una così diffusa presenza, piuttostoscollata dalla tradizione architettonicasiciliana, si deve probabilmente al volersirifare ad immagini tipiche della pianuraPadana e del Veneto, che costituivano,e costituiscono ancor oggi, il modelloarchetipico dell’Italia rurale. Perminimizzare o evitare del tutto l’impiegodi barre di armatura in acciaio, l’arco ola piattabanda vengono preferiti allatrave retta e, come sostegni verticali,vengono disposti corposi elementi inmuratura, piuttosto che slanciati pilastriniin cemento armato. Nei disegni diprogetto di borgo Cascino per attenersimaggiormente alle necessità dell’autar-chia, le arcate sono completate convolte reali a crociera, che però nonvennero realizzate.

    La sequenza di questo andamentoaltalenante, tra l’innovazione e laregressione, potrebbe ancora prose-guire. I campanili per esempio, elementipreminentemente conservativi, sia dalpunto di vista filologico che simbolico,sono realizzati attingendo allatecnologia piuttosto innovativa, visto

    che gran parte di essi presentano unaintelaiatura in calcestruzzo armato,perlomeno in corrispondenza della cellacampanaria. A borgo Schirò accadeancora di più se si pensa che la cuspidedorata, che ricollega il volume svettantee la chiesa stessa alla tradizione dellebasiliche romaniche, deve la suacolorazione ad un rivestimento inmattonelle in ceramica. Più tradizionalila soluzione percorsa a borgo Giulianoin cui la cuspide del campanile, e lecupolette che concludono le cappellelaterali della chiesa, sono rivestite conscaglie in ceramica policroma, poste inopera a corsi concentrici.

    Altri elementi verticali sono le torriLittorie, piuttosto frequenti nei borghidell’ECLS. Esse si collocano in un terrenointermedio tra la retorica ampollosa ela sperimentazione tecnologica. Così,mentre la torre con arengario di borgoBorzellino tende verso il primo aspetto,quella di borgo Cascino è più legata alsecondo, essendo un camufflage delserbatoio per la distribuzione dell’acquapotabile. Il rilevante carico della riservaidrica e le esigenze tecnologiche per lasua corretta conservazione, rendononecessaria l’adozione di alcuniaccorgimenti piuttosto avanzati dal

    punto di vista tecnico, come l’impiegodi un solaio nervato interamente inCAO e la formazione di un doppioinvolucro per proteggere il serbatoiodalle dilatazioni termiche. Fra l’altrol’elemento non si sottrae al compito dirisolvere la composizione del borgo,infatti, pur mancando in essa l’arengario,la finitura in pietra in vista e il bassorilievo in facciata, ne fanno un elementodi interesse. Analogo discorso vale perl’arcone trionfale che marca l’ingressoa borgo Bassi, che cela al suo internoun serbatoio per l’acqua potabile.

    Pure negli elementi di finitura èpossibile riscontrare soluzioni alquantodifferenti. Senz’altro innovativi glisguinci a sagoma sfuggenti di borgoRizza, più aderenti alla tradizione icornici e davanzali in mattoni (borgoBonsignore e borgo Lupo); anche sebisogna rilevare che si tratta di unatradizione non siciliana, essendo ilmattone poco diffuso nell’isola.Un’altra soluzione degna di nota è lacappuccinesca in tegole di ceramicaverdi e gialle di largo utilizzo a borgoFazio: una soluzione antica, ma resafresca ed attuale dalla scelta nei materiali.A borgo Fazio peraltro la composizionedel fronte finestrato è abbastanza

    Borgo Fazio (Trapani): Progetto del borgo. Lo stato attuale (si noti la composizione “libera” della facciata).

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  • singolare, se si considera il muro curvosul retro del corpo binato delle bottegheper gli artigiani in cui Luigi Epifanio, ilprogettista, disegna una facciata libera,di lecorbuseriana memoria. Ov-viamente, date le caratteristiche delmateriale con cui egli si trovava adoperare, la muratura, la fenêtre enlongueur, è stata tagliata in verticale,anziché in orizzontale. Ma la soluzionepiù interessante è senz’altro quella postain essere per il rivestimento degli edificiangolari a borgo Caracciolo: bugne apunta di diamante, in perfetta sintoniacon l’archinvolto della antistante duceadi Nelson. Questi però, anziché essererealizzati in pietra concia, sono formatida lastre in “pietra artificiale” (leggasicalcestruzzo) confezionati a pièd’opera, da inglobare nell’opera

    muraria. La concezione del manufattoli assimila ai moderni componentiprefabbricati, tanto che essi sono dotatidi gancio per la movimentazione,annegato nel getto. Lo stesso vale pergli archi di ingresso. Uno di essi è statoricostruito in una piazza della vicinaManiace, recuperando i pezzi tra lemacerie del borgo, demolito dalle ruspedel duca, quando questi ne ritornò inpossesso nel dopoguerra.

    Come già accennato nel corso dellatrattazione la cerimonia del 20 ottobre1940, a cui si faceva riferimento inapertura, può essere consideratal’ennesima conferma del gattopardescoepitaffio «bisogna che tutto cambi perchétutto rimanga com’è», lanciato sulleaspirazioni di rinnovamento nell’isola,e non solo. La città rurale di Edoardo

    Caracciolo fu una delle pagine piùrappresentative di quell’enormeracconto di sogni, speranze, lacrime edelusioni che fu la riforma agraria inSicilia; un romanzo sul quale non èancora stata segnata la parola fine. Quelche ne resta oggi sono una serie diborghi, più o meno abbandonati, piùo meno cadenti, la cui salvaguardiadovrebbe essere considerata unapriorità. La cifra architettonica che essiesprimono, non indifferente se siconsidera che per la loro progettazionevennero chiamati in causa una schieradi giovani progettisti di belle speranze(per molti di loro realizzate) daGiuseppe Marletta a Francesco Fichera,da Edoardo Caracciolo a Luigi Epifanio;il giusto connubio tra il professionista el’erudito, architetto e l’urbanista, ilrazionalista ed il tradizionalista.

    In queste poche pagine si è cercatodi dimostrare che al valorearchitettonico dei borghi va aggiuntala testimonianza costruttiva che essirendono, essendo un repertorio dellesoluzioni a cui si ricorreva per farearchitettura, in tempi di autarchia.

    Il bugnato di rivestimento e i conci degliarconi di ingresso.Borgo Caracciolo (Bronte); progetto del borgo.

    Il disegno di progetto di Borgo Cascino (p. 29,in basso a sn.) appartiene all’Archivio Marlettadella ex Facoltà di Architettura di Siracusa.Il disegno di progetto di Borgo Caracciolo (p. 31,in basso a sn.) appartiene all’Archivio Ficheradel Dipartimento di Architettura di Catania.Le altre immagini sono tratte da testi giàpubblicati o sono elaborazioni dell’autore.

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