Aurora · 2019-11-13 · nacce dei potenti, non piegando mai la coscienza, come ha fatto...

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www.diocesicaltanissetta.it facebook.com/AuroraCaltanissetta PERIODICO DELLA DIOCESI DI CALTANISSETTA anno XI · n. 10 - Dicembre 2017 Direttore responsabile Giuseppe La Placa di Giuseppe la Placa È DIO... E MI ASSOMIGLA! I nvitato dai suoi com- pagni di cella a scrive- re qualcosa sul Nata- le, Jean-Paul Sartre accon- sentì immediatamente. Per quei detenuti cristiani, che come lui – in quel Natale del 1940 – erano nel carcere nazista, il filosofo ateo scrisse una stupenda riflessione assumendo il punto di vi- sta di Maria, colei che aveva appe- na dato alla luce il Bambino Gesù, e come ogni madre, con tenerezza, si era messa a contemplarlo. «Cristo è suo figlio – scrisse il fi- losofo – carne della sua carne e frut- to delle sue viscere. Ella lo ha porta- to per nove mesi e gli darà il seno e il suo seno diventerà il sangue di Dio. Ella sente insieme che Cristo è suo figlio, il suo piccolo, e che egli è Dio. Ella lo guarda e pensa: “Questo Dio è mio figlio. Questa carne divi- na è la mia carne. Egli è fatto di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Egli mi assomiglia. È Dio e mi assomi- glia!” . Nessuna donna ha avuto in questo modo il suo Dio per lei sola. Un Dio piccolissimo che si può prendere tra le braccia e coprire di baci, un Dio tutto caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e che vive». Natale, scriveva Benedetto XVI, è «fermarsi a contemplare quel Bam- bino, il Mistero di Dio che si fa uo- mo nell’umiltà e nella povertà». È questa la notizia più bella e più scandalosa, la più commovente e più scioccante che riceviamo a Na- tale: Dio si è fatto uomo. L’Immen- so, il Totalmente Altro, si è fatto ab- bracciare. L’Onnipotente si è fatto fragile, impotente. L’Infinito è “fini- to” in una culla. L’Invisibile è diven- tato palpabile. Il Tutto si è abbrevia- to nel frammento, l’Irraggiungibile si è reso avvicinabile e perfino vul- nerabile. È il fascino del Natale. Un fasci- no che si fa adorazione e contem- plazione: Dio che si lascia alle spal- le la sua gloria per farsi racchiudere nell’umanità tenera e fragile di un Bambino: «Perché la debolezza di- venisse forte – scriveva Agostino – la fortezza si è fatta debole». È il fasci- no adorante di quel mirabile scam- bio che cancella l’incolmabile di- stanza tra il Dio eterno ed infinito e la contingente finitezza dell’uomo. Un Dio che diventa figlio degli uo- mini, affinché gli uomini diventino figli di Dio. Un Dio che – come un ramoscello nuovo, sano e nobile – innesta la sua divinità nella natura umana, riannodando quel legame della figliolanza divina, lacerato dal peccato dell’uomo. È il fascino del Natale. Un Dio che si fa uomo, rimanendo Dio, che av- volto in fasce e deposto in una man- giatoia, mantiene intatta la sua glo- ria. E in questo contrasto tra gloria e povertà, in questo inestricabile im- pasto di profumo d’incenso e odore di stalla, è tutta la magia del Natale. Ma la contemplazione di un Dio che si fa bambino non è un senti- mento effimero, che si esaurisce nella contemplazione e nell’intimo del nostro animo. Il mistero del Na- tale – aggiungeva il papa emerito – «è soprattutto accogliere ancora di nuovo in noi stessi quel Bambino, che è Cristo Signore, per vivere del- la sua stessa vita, per far sì che i suoi sentimenti, i suoi pensieri, le sue azioni, siano i nostri sentimenti, i nostri pensieri, le nostre azioni. Ce- lebrare il Natale è quindi manifesta- re la gioia, la novità, la luce che que- sta nascita ha portato in tutta la no- stra esistenza, per essere anche noi portatori della gioia, della vera no- vità, della luce di Dio agli altri»... per potergli anche noi assomigliare. Buon Natale! EDITORIALE Buon Natale ai cercatori Aurora l Registrazione del Tribunale di Caltanissetta n. 202 del 29-12-2006 - Redazione: Via Cairoli, 8 - 93100 CL - Poste italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27-02-2004 n. 46) art. 1, comma 2 e 3, CNS/Sud 2 - Caltanissetta In caso di mancato recapito inviare al CPO di Caltanissetta per la restituzione al mittente previo pagamento della tariffa resi Cari Amici, una stagione del nostro Museo, fe- conda per noi che l’abbiamo agita e vissuta, volge al termine, ma vo- gliamo che ciò avvenga nel modo ‘gentilmente’ propositivo che l’ha contraddistinta in questi anni. Nel raccogliere l’eredità del prezioso “scrigno di bellezza” , con- segnato alla sua cura da S.E. Mons. Mario Russotto, Francesca Fian- daca ha subito individuato la rotta del suo agire: non semplicemente “promuoverlo” verso un pubblico più ampio, bensì farne conoscere e amare l’enorme patrimonio cu- stodito nelle sale, racconto della cultura del nostro territorio, capo- volgendo l’ottica e rendendo il pubblico, soprattutto quello meno avvezzo alla frequentazione del museo, protagonista di esperienze di qualità. Lo ha fatto spalancandone i Un anno al Museo ricordando Francesca a cura dello Staff del Museo Diocesano Segue a pagina 3 ISTITUTO TEOLOGICO Il Card. Amato inaugura l’Anno Accademico al “Guttadauro” FRANCESCA FIANDACA Il ricordo di una donna di alto spessore umano e culturale VOCAZIONI Una famiglia cristiana racconta la chiamata del proprio glio TELETHON Andrea e Flavia promuovono la donazione del sangue servizio a pagina 2 servizi a pagina 4-5 servizio a pagina 8 servizio a pagina 10 B uon Natale a voi, cercatori di gioia nelle notti oscure, nelle prove dure. Buon Natale a voi, cercatori di pane mendicanti di lavoro, trovatori di fame. Buon Natale a voi, cercatori di affetto nei crocicchi di attese di mani mai tese. Buon Natale a voi, cercatori di Dio camminate la vita nell’oblio dell’io. Buon Natale a voi, cercatori di amicizia tessete relazioni nella via della giustizia. Buon Natale a voi, cercatori di pace non piegate la coscienza e fate il cuore audace. Buon Natale a voi piccoli, bambini di ogni età che giocate la vita con letizia e umiltà. Buon Natale a voi, contemplatori di stelle sognatori di Dio, del mattino sentinelle. Buon Natale a voi, seminatori di amore che nel perdono custodite il dolore. Buon Natale a voi, testimoni di speranza nel silenzio eloquente, con coraggio e costanza. Buon Natale a voi… MARIO RUSSOTTO Vescovo

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www.diocesicaltanissetta.it facebook.com/AuroraCaltanissetta

P E R I O D I C O D E L L A D I O C E S I D I C A L T A N I S S E T T A

anno XI · n. 10 - Dicembre 2017Direttore responsabile Giuseppe La Placa

di Giuseppe la Placa

È DIO... E MIASSOMIGLA!

Invitato dai suoi com-pagnidicellaascrive-re qualcosa sul Nata-

le, Jean-Paul Sartre accon-sentì immediatamente.Per quei detenuti cristiani,

che come lui – in quel Natale del1940 – erano nel carcere nazista, ilfilosofo ateo scrisse una stupendariflessioneassumendoilpuntodivi-sta di Maria, colei che aveva appe-nadatoalla luce il BambinoGesù, ecome ogni madre, con tenerezza, siera messa a contemplarlo.

«Cristo è suo figlio – scrisse il fi-losofo–carnedella suacarnee frut-todelle sue viscere. Ella lohaporta-to per nove mesi e gli darà il seno eil suo seno diventerà il sangue diDio. Ella sente insieme che Cristo èsuo figlio, il suo piccolo, e che egli èDio.Ella lo guardaepensa: “QuestoDio è mio figlio. Questa carne divi-na è la mia carne. Egli è fatto di me,ha i miei occhi e questa forma dellasua bocca è la forma della mia. Eglimi assomiglia. È Dio e mi assomi-glia!”. Nessuna donna ha avuto inquesto modo il suo Dio per lei sola.Un Dio piccolissimo che si puòprendere tra le braccia e coprire dibaci, un Dio tutto caldo che sorridee respira, un Dio che si può toccaree che vive».

Natale,scrivevaBenedettoXVI,è«fermarsi a contemplare quel Bam-bino, il Mistero di Dio che si fa uo-mo nell’umiltà e nella povertà».

Èquesta lanotiziapiùbella epiùscandalosa, la più commovente epiù scioccante che riceviamo a Na-tale: Dio si è fatto uomo. L’Immen-so, il Totalmente Altro, si è fatto ab-bracciare. L’Onnipotente si è fattofragile, impotente. L’Infinito è “fini-to” inuna culla. L’Invisibile èdiven-tatopalpabile. Il Tutto si èabbrevia-to nel frammento, l’Irraggiungibilesi è reso avvicinabile e perfino vul-nerabile.

È il fascino del Natale. Un fasci-no che si fa adorazione e contem-plazione: Dio che si lascia alle spal-le la sua gloria per farsi racchiuderenell’umanità tenera e fragile di unBambino: «Perché la debolezza di-venisse forte–scrivevaAgostino– lafortezza si è fatta debole». È il fasci-no adorante di quel mirabile scam-bio che cancella l’incolmabile di-stanza tra il Dio eterno ed infinito ela contingente finitezza dell’uomo.Un Dio che diventa figlio degli uo-mini, affinché gli uomini diventinofigli di Dio. Un Dio che – come unramoscello nuovo, sano e nobile –innesta la sua divinità nella natura

umana, riannodando quel legamedella figliolanza divina, lacerato dalpeccato dell’uomo.

Èil fascinodelNatale.UnDiochesi fa uomo, rimanendo Dio, che av-volto in fasceedeposto inunaman-giatoia, mantiene intatta la sua glo-ria. E in questo contrasto tra gloria e

povertà, in questo inestricabile im-pasto di profumo d’incenso e odoredi stalla, è tutta la magia del Natale.

Ma la contemplazione di un Dioche si fa bambino non è un senti-mento effimero, che si esauriscenella contemplazione e nell’intimodel nostro animo. Ilmistero delNa-

tale – aggiungeva il papa emerito –«è soprattutto accogliere ancora dinuovo in noi stessi quel Bambino,che è Cristo Signore, per vivere del-la sua stessa vita, per far sì che i suoisentimenti, i suoi pensieri, le sueazioni, siano i nostri sentimenti, inostri pensieri, le nostre azioni. Ce-

lebrare ilNataleèquindimanifesta-re lagioia, lanovità, la lucecheque-sta nascita ha portato in tutta la no-stra esistenza, per essere anche noiportatori della gioia, della vera no-vità,della lucediDioagli altri»... perpotergli anche noi assomigliare.Buon Natale!

L ʼ E D I T O R I A L E

Buon Natale ai cercatoriAuroral’

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Cari Amici,unastagionedelnostroMuseo, fe-conda per noi che l’abbiamo agitae vissuta, volge al termine, ma vo-gliamo che ciò avvenga nel modo‘gentilmente’ propositivo che l’hacontraddistinta in questi anni.

Nel raccogliere l’eredità delprezioso“scrignodibellezza”,con-segnatoallasuacuradaS.E.Mons.Mario Russotto, Francesca Fian-dacaha subito individuato la rottadel suo agire: non semplicemente

“promuoverlo” verso un pubblicopiù ampio, bensì farne conosceree amare l’enorme patrimonio cu-stodito nelle sale, racconto dellacultura del nostro territorio, capo-volgendo l’ottica e rendendo ilpubblico,soprattuttoquellomenoavvezzo alla frequentazione delmuseo,protagonistadiesperienzedi qualità.

Lo ha fatto spalancandone i

Un annoal MuseoricordandoFrancesca

a cura dello Staffdel Museo Diocesano

Segue a pagina 3

ISTITUTO TEOLOGICO

Il Card. Amato inaugural’Anno Accademicoal “Guttadauro”

FRANCESCA FIANDACA

Il ricordo di una donnadi alto spessore umanoe culturale

VOCAZIONI

Una famiglia cristianaracconta la chiamatadel proprio Zglio

TELETHON

Andrea e Flaviapromuovono ladonazione del sangue

servizio a pagina 2 servizi a pagina 4-5 servizio a pagina 8 servizio a pagina 10

Buon Natale a voi, cercatori di gioianelle notti oscure, nelle prove dure.Buon Natale a voi, cercatori di panemendicanti di lavoro, trovatori di fame.Buon Natale a voi, cercatori di affettonei crocicchi di attese di mani mai tese.

Buon Natale a voi, cercatori di Diocamminate la vita nell’oblio dell’io.Buon Natale a voi, cercatori di amiciziatessete relazioni nella via della giustizia.Buon Natale a voi, cercatori di pacenon piegate la coscienza e fate il cuore audace.

Buon Natale a voi piccoli, bambini di ogni etàche giocate la vita con letizia e umiltà.Buon Natale a voi, contemplatori di stellesognatori di Dio, del mattino sentinelle.Buon Natale a voi, seminatori di amoreche nel perdono custodite il dolore.Buon Natale a voi, testimoni di speranzanel silenzio eloquente, con coraggio e costanza.

Buon Natale a voi…

� MARIO RUSSOTTO

Vescovo

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L ʼ A U R O R AN. 10 - Dicembre 2017

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L’IstitutoTeologico“Mons.G.Gut-tadauro” ha lontane radici, anche sela sua fondazione come Istituto teo-logico pastorale risale al 7 giugno1981 e la sua affiliazione alla Pontifi-cia Facoltà Teologica di Sicilia al 13febbraio 1986. Infatti il Vescovo Gut-tadauro,alquale l’Istitutos’intitola, lofondò pochi anni dopo il suo ingres-sonelladiocesi,nel1859,conilnomedi “Accademia di San TommasoD’Aquino”.Ne affidò la cura al sacer-dote Giuseppe Francica Nava, dive-nutopoi, nunzio apostolico aBruxel-

les, Cardinale e Arcivescovo di Cata-nia.Durante la seconda guerramon-diale, tuttiglialunniditeologiadelse-minario di Palermo trovarono acco-glienzanel seminarionissenoevi se-guirono i corsi di teologia e di filoso-fia. Questo cammino sereno e sicuroebbe il suo sussulto tra gli anni ses-santa e gli anni settanta con la famo-sacrisidel‘68eilvescovoMons.Fran-cesco Monaco dovette allontanareparecchi alunni dal seminario e av-viare i pochi superstiti alla PontificiaFacoltà Teologica dell’Italia Meridio-

nale, presso il Collegio San Luigi deigesuiti, a Napoli. Nel 1974 il vescovoMons. Alfredo Maria Garsia riaprì ilCorso Teologico, chiedendo ai sacer-doti Antonio Giliberto e Cataldo Naroche dessero un’impostazione, model-lata sullo stile delle Facoltà Teologicheeimpostatasuunanuovafisionomiadiservizio per tutta la diocesi. Fu riaper-to il Corso Teologico nel 1975 e doposei anni fu fondato l’Istituto TeologicoPastorale “Mons. Giovanni Guttadau-ro” che doveva avere due fini fonda-mentali: la formazione dei futuri pre-sbiterielaformazionepermanentedelclero. Inquestosolcocontinua tutt’og-gi il percorso dell’Istituto, corroboratodapubblicazioniedalla rivista“Gutta-dauro”, fondatanel 2000.

Istituto Teologico Diocesanodi Enzo Spoto

di Giuseppe D’Anna

Nell’Audiutorium delSeminarioVescovile, ilCard. Angelo Amato,

Prefetto della Congregazione perle Cause dei Santi, ha inauguratol’anno accademico dell’Istitutoteologico “G. Guttadauro” conuna riflessione sul tema “Santitàe Teologia”, la qualità teologicadella santità. La separazione traquesti due aspetti ha creato diffi-coltà e distorsioni: si tratta diconsiderare il valore della con-giunzione. Se è lecito ridimen-sionare l’opinione di F. M. Lèthel(«solo i santi sono teologi»), piùfruttuosa sembra la pista indica-ta da von Balthasar: «La vera teo-

logia è quella dei santi».Il cardinaleAmato,pugliesedi

Molfetta e salesiano, richiaman-do le canonizzazioni recenti hainsistito sul carattere esigentedella santità vista non come unsemplice fatto di pietà popolare.Tale santità, radicata nel Trinità enella Chiesa una e santa, ha unadignità ed un’efficacia sociale: isanti sono benefattori dell’uma-nità. La Chiesa riconosce, attra-verso un processo e una valuta-zione teologica, l’eroicità del-l’esercizio delle virtù teologali ecardinali; un’eroicità realizzatacon frequenza, facilità e disinvol-tura; uno stile esistenziale che lirende segno della presenza delSignore. La metamorfosi dellebeatitudini realizza una scientiaamoris, una teologia sapienziale,con una forte spinta missionariae conunaproficuaaperturaa tut-te le culture.

La prolusione rappresentanella vita dell’istituto teologicoun momento di riflessione a par-tire da un tema che segna la vitadei credenti oggi. Attraverso ilpercorso accademico, le iniziati-ve culturali, le ricerche e le pub-blicazioni, l’istituto vuole avviaregli studenti e la Chiesa locale al-lo studium come fatica, zelo, ri-cerca, stile esistenziale. Non sitratta di sapere di più. Ci sono al-cuni che amano sapere solo persapere, diceva San Bernardo diChiaravalle: è turpe curiosità. Al-tri desiderano conoscere per es-sere conosciuti: è turpe vanità.Altri vogliono sapere per vende-re la loro scienza, ottenere onori,gloria: è puro profitto. Altri vo-gliono sapere per edificare: que-sta è carità.

Santità eTeologia

Il santo è come unanello dʼoro che valenel primo secolo, nel

ventunesimo secolo e valesempre. Egli ha molto da

dire anche oggi”“

«Il Santo non ha età»Al termine del ritiro predicato ai preti della Diocesi,il Card. Angelo Amato ha risposto adalcunedomande

a cura della Redazione

Per i nostri lettori pubbli-chiamo quattro rispostedel Prefetto della Congre-

gazione per le Cause dei Santi.

Eminenza, perché per la cano-nizzazione di una persona biso-gna attendere i miracoli, non c’èforse un’enfasi sulle opere piut-tosto che sulla grazia?

Che cos’è un santo? Un santo ècolui che vive, in modo eroico ilVangelo. La tradizione della Chie-saha interpretatoquestavita eroi-ca del Vangelo attraverso le virtù.Le virtù sonodegli abiti che la gra-zia o la natura, dona alla personaumana per sviluppare le sue po-tenzialità: mi riferisco alle virtùteologali. Queste sono doni che ilSignore ci dà nel Battesimo. Fede,Speranza e Carità non sono virtùcostruite da noi, ma sono donidello Spirito Santo. Questi vengo-no poi interpretati nella praticadella vita del santo attraverso levirtù cardinali che richiedono an-che la nostra partecipazione, at-traverso l’uso della nostra volon-tà. Queste sono: la prudenza, lagiustizia, la fortezza, la temperan-za e altre virtù come la pazienza,la povertà, la castità, l’obbedien-za, la disponibilità... Tutte questealtre virtù umane hanno fonda-mento sulle virtù teologali. Unsanto è colui che coniuga le virtùnella realizzazione delle opere dimisericordia, attingendo anchealle virtù che vengono dal di fuo-ri della fede teologale. Una causa

di canonizzazione ha due fasi:quella delle virtù appunto, che ri-guarda l’accertamento che il Ser-vo di Dio le abbia vissute eroica-mente, e quella del miracolo, cheè il sigillo di Dio sulle nostre con-siderazioni umane.

Allora il miracolo diventa ne-cessario; è la voce di Dio che sug-gella il nostro giudizio, che vienerafforzato dal giudizio di Dio.Questo vale sia per la beatifica-zione sia per la canonizzazione.C’è però un’eccezione: il martirio.Il martire per la beatificazionenon ha bisogno del miracolo, maper la canonizzazione sì.Si parla di scomunica dei mafio-si, e in Vaticano c’è una com-missione che si è espressa in talsenso. Nelle carceri tuttavia, inconseguenzadiciò imafiosinonsi accostano più ai sacramentiperché si sentono esclusi e il nu-mero di partecipanti alle cele-brazioni e ai colloqui personaliè drasticamente sceso. Dov’è lamisericordia tanto decantata?

Inquesti ultimi tempi abbiamochiarito l’identità di Cosa Nostradal punto di vista religioso. Primasi credeva che gli aderenti fosserocristiani un pochettino sfasati;adesso abbiamo capito che CosaNostra è un’ideologia statica eidolatrica dal punto di vista teori-co. Occorre poi verificare i singo-li casi, persona per persona. Que-sto dipende dalla prudenza e dal-la sapienza dei vescovi locali, daiparroci e dai cappellani, che co-noscono le persone e che posso-no farsi tramite presso vescovi,presso i teologi, ma occorre averechiaro che l’ideologia mafiosa è

un’ideologia idolatrica come ilpaganesimo dei primi secoli.

Altro è invece il giudizio sullesingole persone, questo è il com-pitodei cappellani, che si esprimenell’illuminare le coscienze sullalibertà della loro adesione. Loroforse hanno aderito senza pen-sarci, oppure per interesse, madevono mettersi davanti alla real-tàdei fatti che si trattadiuna ideo-logia della spietatezza, i cui idolisono il denaro e il potere.Eminenza, che senso ha oggiproclamare un santo che ha vis-suto lontano dal nostro tempo?Queste procedure non dovreb-bero accelerarsi, per fare sì chela proclamazione sia data den-tro un tempo ristretto, rispetto aquella comunità, a quell’am-biente di un dato periodo stori-co?

La santità è la vita inCristo nel-lo Spirito Santo. Ciò può essereapplicato al secolo IV comeanchead oggi. Santi come San Paolo,San Tommaso D’Aquino, San-t’Agostino, San Bonaventura, SanFrancesco, sono santi datati chein quanto santi sono di una con-temporaneità straordinaria. Ilsanto non ha età, è come un anel-lo d’oro che vale nel primo seco-lo, nel ventunesimo secolo e valesempre. Questi hanno da diremolto oggi, perché il santo hasempreunaparola.Siccomeèunaparola evangelica vissuta, è unaparola di contemporaneità e su-pera le altre parole.Eminenza, circaalcune figuredisacerdoti il cui operato rimaneconosciuto solo agli occhi diDio, quanto noi dobbiamo at-

tendere alla pubblicità, alla co-municazione di quello che è lafigura di un sacerdote e quantodobbiamo stare vigilanti suquello che il Signore opera permezzo di loro, soprattutto nellamemoria della gente?

Credoche siaunadomandaunpo’ complicata a cui è difficile ri-spondere. Dipende dalla cono-scenza e dall’esemplarità, e perl’esemplarità bisogna riconoscerenon c’entra la scienza. Noi abbia-mo per esempio grandi santi cheerano semplici questuanti, sem-plici, che non avevano studiato esapevanosolo l’AveMaria, ilPadreNostro e si sedevano in cappellaper la Messa. Nient’altro. Eranoperò esemplari da tutti i punti divista: dal Vangelo ai buoni consi-gli, e insegnavano le dottrine aibambini.

Non c’è bisogno dunque dellagrande scienza, perché un qual-siasi vice parroco faccia più benedi San Tommaso D’Aquino adesempio. Noi abbiamo grazie aDio santi coltissimi e santi incolti,ma tuttihannovissutononunavi-ta ordinaria, ma straordinaria.Quando il Papa Giovanni Paolo IIparlava della “misura ordinaria”della vita cristiana, voleva dire in-dicare proprio una vita straordi-naria nell’ordinario, nella feriali-tà.

La santità travalica la nostramediocrità, per questo i santi atti-rano per la loro straordinarietà.Essi provocano stupore ammira-zione, provocano imitazione se-quela eprovocanoorazione inter-cessione; sono appunto dellecreature straordinarie.

INAUGURAZIONEANNO ACCADEMICO

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di Crispino Salvatore Sanfilippo

“Fortezza,miniera, riser-vatezza”, sono i trespunti a partire dai

quali il Vescovo ha offerto ai fedelisommatinesi la sua riflessioneomiletica in occasione della festadella Patrona Santa Barbara.

Guardando all’immagine dellaSanta, il Vescovo, come emblemadella fortezza ha indicato la torre.L’agiografia, in una delle sue ver-sioni, ci racconta che in quella tor-re Barbara fu rinchiusa dal padreDioscoro,per la suabellezza,per lasuadisobbedienza, per la sua fede.Nella vita della giovane Barbara, latorrecostituirà l’iconadellasuavir-tù, la fortezza appunto. Questa, haspiegatoMons.Russotto, sièmani-festata nella forza della resistenza,nelnoncederemai alla resa, nean-che dinanzi a calunnie e pesantiminacce. Richiamando il concettomoderno di resilienza, il Vescovohaaffermatochenonbasta resiste-re alle avversità, ma occorre averela capacità di vincerle: «È l’intelli-genza del cuore che ci consente dinon arrenderci alle prove, alle dif-ficoltà, alle minacce della vita, madi saperle vivere, vincendole». Inquesto modo, con l’esempio dellafortezza vissuta da Santa Barbara,ciascuno può resistere e vincere leproprie difficoltà, le minacce e lecalunnie ricevute, e citando SanPaolo il Vescovo ha ribadito che

l’unico modo di vincere il male èseminargli dentro il bene. Soprat-tutto nei momenti della prova, incui la solitudine di fronte al male èl’unica compagna che si ha. Pro-priolì, inquelmomento,occorreri-mettersi alla volontà di Dio per ri-manervi attaccati fino alla fine, co-me fece Gesù nel Getsemani e poisulla croce. Infatti «Gesù è l’esem-pio più alto della fortezza. E allorail martire è il testimone credibile,vero, che segue le orme di Gesù fi-no a dare la vita per la verità, mo-strando la fortezza dinanzi allemi-nacce dei potenti, non piegandomai la coscienza, come ha fatto

Barbara,neanchedinanziasuopa-dre».

Unpastoreconosce lesuepeco-re e sa bene come rivolgersi ad es-se.Ecosì, ilVescovoha indicatonelpotere la torre dei deboli, il loroscudo utilizzato per compiere ilmale, senza comparire, perfetta-mente in linea conunostilemafio-so. È proprio dinanzi a questi falsiforti che bisogna far valere la veraforza che vienedalla speranza cro-

cifissa e risorta, senza paure e in-fingimenti. Come i martiri. «Solo iforti – infatti – sanno vincere le av-versità».

L’altra icona legata a Santa Bar-bara, utilizzatadalVescovo, è lami-niera. Tanti comuni della Diocesisono di tradizione mineraria, vi èanche un Villaggio a Caltanissettanatoproprioper ospitare iminatorie le loro famiglie. Sommatinoèunodiquesti e inpassato la sua ricchez-za – ma anche la sua disgrazia – ar-rivò dalle miniere. Il Vescovo, sim-bolicamente, ne ha indicato due ti-pologie: la primaè «quella subdola,che scava nei bassifondi della mal-vagità,cheèanchestupiditàpiùbe-cera». Purtroppo nella sua storiaSommatinoha incontratomomen-ti di disgregazione, sociale e religio-sa. Non a caso il Vescovo ha volutoporre laprimaUnitàpastoraledellaDiocesi proprio a Sommatino, peraiutarla a crescere nell’unità e nellacomunione di intenti.

L’altro tipo di miniera indicatodal Vescovo è quella «che SantaBarbara vuole che noi frequentia-mo:quellaminierachesiamochia-mati a scavare nel nostro cuore».Quella del silenzio, del raccogli-mento, dell’essere senza apparire;è la miniera dell’interiorità. Scava-re questa miniera costituisceun’azione inversamente propor-zionalealleminacceeallecalunnieche si possono ricevere, come feceSanta Barbara nella sua torre. Inquesto tipo di miniera si ha tempoe possibilità di attingere alla fede.«Dovremmo allora di più riscopri-re inquesto tempodichiacchiere ilvalore del silenzio. In questo tem-po incui si vive soloper ciò cheap-pare, l’essenza nella sobrietà dellavita».

Conseguente al concetto di for-tezza e diminiera interiore, è il ter-zo spunto proposto dal Vescovo: lariservatezza, secondo le agiografieuna delle virtù più rilevanti di San-ta Barbara, che fu testimone veradellapropria fedemasenzanessu-na vana manifestazione. Non si è

mai messa in mostra, non ha maidesiderato nulla se non di entrarecon gioia alla festa di nozze con ilSignore, quale vergine saggia cheha saputo attendere lo Sposo.

Nella sua umiltà, mostrata da-vanti alle angherie del padre, Bar-bara è stata innalzata, come dice ilVangelo, in una logica assurda perl’uomomanonperDio.La riserva-tezza è stata indicata dal Vescovocome laviaper l’esaltazione inDio.Una pratica da apprendere, viveree insegnare, secondo i parametridel Vangelo. E ha concluso: «Que-sto vorrei allora auspicare a tuttivoi, figlioli amatissimi: perché se avolte vi bastono, è perché vi amo.LaSacraScritturaci insegna,nelLi-bro dei Proverbi, che un padre chenon usa il bastone non ama i suoifigli. Allora questo vorrei conse-gnarvi: possiate imparare la virtùdella riservatezza, nel nascondi-mento della fede vissuta che brillaper la nostra testimonianza, nonper le nostre parole. Che possiatevivere la dimensione della minieradel cuore, come pozzo abissale diinteriorità e incontro con Dio. Chepossiate trovare, nella fede, la forzadella resilienza, la capacità cioè divincere il male con il bene, di su-perare tutte le prove e le avversitàdella vita, facendo della fortezza lavostra virtù.

E allora davvero sarete devoti diSantaBarbara.Ealloradavveroda-rete gioia a Santa Barbara e con leiai Santi del cielo».

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Possiate imparare la virtù della riservatezza, nel nascondimento della fedevissuta che brilla per la nostra testimonianza, non per le nostre parole. Possiatevivere la dimensione della miniera del cuore, come pozzo abissale di interioritàe incontro con Dio. Possiate trovare, nella fede, la forza della resilienza, lacapacità cioè di vincere il male con il bene, di superare tutte le prove e leavversità della vita, facendo della fortezza la vostra virtù.

(Dallʼomelia di Mons. Mario Russotto)

Il martire è il testimonecredibile, vero, chesegue le orme di Gesùfino a dare la vita per laverità, mostrando lafortezza dinanzi alleminacce dei potenti

«Solo i fortisanno vincere»Sommatino. IlVescovo indicaS.Barbaramodellodi fortezza, silenzio e riservatezza

battenti, facendone un polo di ri-ferimento culturale, eclettico e se-duttivo,unluogodavisitare,cono-scere, e dove voler tornare. E lo hafatto anche percorrendo stradeinesplorate.ChidiVoiconaffettoeinteresse ha seguito il Museo, ri-corderà certamente l’atmosferagioiosa dell’Happy hour di solida-rietà a cui siete stati invitati nellesale del Palazzo Vescovile, per so-stenere ‘insieme’ il progetto di re-cupero del giardino dimenticatodietro l’abside della chiesa di San-ta Croce alla Badia. Non benefi-cenza,maun’iniziativa il cui spiri-

to etico, far fronteall’emergenzadichi è emarginato aiutandolo a in-contrarsi, a conoscersi, a superarel’isolamento sociale e a renderecon la dignità del proprio lavorogradevolieaccoglienti i luoghidel-la comunità in cui vive, destò l’in-teresse di organi di stampa locali enazionali. Voucher per dar lavoroaidisoccupatidelquartiereperchériportassero in vita spazi per i gio-chi dei bambini del quartiere.

Perché ricordare tutto questo.Perchésappiamochenelcuoredelnostro‘Direttore’,inrealtà lanostraguida, alla quale con amicizia ecuore siamo stati accanto, con laquale progettavamo, concertava-

mo,sognavamoanchealungasca-denza, urgeva il propositodipren-dersicuradelquartierediSanGiu-seppeedellaProvvidenza. Loave-va individuato comesedediun la-boratorio di falegnameria, realiz-zato, ma desiderava fare di più.

È per questo che Vi proponia-mo di vivere la mostra sul pittorenisseno Vincenzo Roggeri, cheFrancesca Fiandaca ha scelto diproporre alla Diocesi per celebra-re il decennale della morte diMons. Giovanni Speciale, anchenel Suo ricordo.

Giovedì 28dicembre e giovedì 3gennaio, dalle ore 16.00 alle ore20.00, lo Staff del Museo ha predi-

sposto quattro turni di visite allamostra,guidatedagiovanivolonta-ri esperti e competenti, richieden-do ai visitatori maggiorenni il con-tributo di un’offerta libera che saràinteramentedestinata alle necessi-tà della comunità della parrocchiadiSanGiuseppeedellarettoriadel-la Provvidenza, come era nelle in-tenzioni del nostro Direttore.

Vorremmoche ciascuno, comegià accaduto nel passato, si la-sciasse coinvolgere e in famiglia,tragliamici,nei luoghidi lavoro, insenoagliOrdiniprofessionali eneiClub service, si facesse protagoni-sta nel far conoscere l’iniziativa eaiutarci a darle corpo.

Un anno al Museo ricordando Francescadalla pagina 1

Page 4: Aurora · 2019-11-13 · nacce dei potenti, non piegando mai la coscienza, come ha fatto Barbara,neanchedinanziasuopa-dre». Unpastoreconoscelesuepeco-reesabenecomerivolgersiades-se.Ecosì,ilVescovohaindicatonel

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a cura della Redazione

Nella sua omelia tenutaalla celebrazione ese-quiale, il Vescovo Ma-

rio Russotto ha tenuto a sottoli-neare l’importanza di fissare losguardo, durante la nostra vita,alle cose invisibili piuttosto cheaquelle visibili, indicando quellecome vera via per raggiungerel’eternità. “Le cose invisibili” so-noproprioquelle che sono ricer-catedallanostra fede, al di làdel-la nostra conoscenza sensibile.

In questa ricerca ha inqua-drato la figuradiFrancescaFian-daca, votata per stile di vita acontemplare l’invisibile attra-verso la ricerca del sápère, no-nostante le avversità della vita.

Continuando, il Vescovo hadetto che «Le angustie della vita,le sofferenze, fisiche e morali,non riescono ad ottenebrarequella speranza e quella luce digioia che arde come lampadanel nostro cuore». Inquesto sen-so il Vescovo ha sottolineatol’importanzacheciascunodinoiriveste per le persone che incon-tra nella propria vita, lasciando

in esse un’orma indelebile, co-me ha fatto Francesca Fiandaca,la quale «ha realizzato questocapolavoro, che è la sua vita, e loha realizzato senza ricerca di va-nagloria, di protagonismo, di vi-sibilità. […].

Io stesso ho celebrato i fune-rali della sua mamma, e poi,quando già lei viaggiava da Mi-lano a Caltanissetta, per curarequel male terribile, ecco che an-che il suo caro sposo, Michele,viene colto dallo stesso male. Elei faceva forza a se stessa di-menticando le sue fisiche soffe-renze, mettendo sempre in se-condo piano la sua persona, peressere sostegno di quell’amatosposo al quale si era legata conun amore fedele, delicato, pre-

muroso, incrollabile. E lo ha ac-compagnato e sostenuto fino al-l’ultimo respiro. E lei, sopravvis-suta a quei giorni, ha continuatoad essere forte, della forza croci-fissa del Cristo in cui ha semprecreduto, per essere sostegno econforto dei suoi due figli: Simo-na e Daniele».

Tracciandone la figura, il Ve-scovo ha fatto emergere l’eleva-to spessore culturale della pro-fessoressa, e l’uso pedagogico ecomunicativo che lei ne facevacon chiunque incontrava: «Èstata la prima donna presidentedel Rotary Club, e ha voluto da-re vita a una rivista culturale,“Incontri”, e quel titolo lo ha vo-luto perché segnava il suo mododi essere e di porsi nell’incontrocon gli altri, il suo modo di abi-tare questa città e di vivere le re-lazioni. […].

I giovani sono stati sempre alcentro del suo cuore: anche in

questi anni, come direttrice delMuseo Diocesano del nostro Se-minario Vescovile, ha promossoe portato avanti tanti giovani, havoluto che giovani laureati fa-cessero delle esperienze al Mu-seo, ha aperto il nostro MuseoDiocesanoalla città facendone ilpolo culturale, il faro di irradia-zione, di dialogo, di incontro;perché quello scrigno di bellez-za continuasse a raccontare lemeraviglie di Dio e dell’uomoche collaborano insieme, perrendere questo mondo semprepiùungiardinodi dialogo, di pa-ce, di confronto, di solidarietà».

Avviandosi alla conclusionedell’omelia, il Vescovo ha volutosottolineare la difficoltà avutanel disporre la successione di p.Speciale al Museo Diocesano.Haspiegato chevide in lei laper-sona giusta e, facendo una scel-ta “controcorrente”, l’ha nomi-nata Direttrice.

Divenuta direttrice nel 2011,Francesca ha voluto aprire ilMuseo Diocesano a cittadini eturisti. Sarebbe impossibilericordare tutte le iniziative da leipromosse: tratterò soltanto quellea cui abbiamo lavorato insieme eche riflettono i suoi mille pregi.Nel marzo 2013 Francesca haindetto con lungimiranza la

Giornata delle Donazioni,un’occasione in cui molti privati,fiduciosi nel suo operato, hannodonato opere d’arte e libri alMuseo e alla Biblioteca delSeminario.Dal settembre 2013, con la mostraSignumCrucis, il Museo si èmesso in linea con le iniziativedell’AMEI, promuovendo ogni

anno le Giornate Nazionali deiMusei Ecclesiastici e ospitando leriunioni del coordinamentoregionale, fino a organizzare unconvegno interdiocesano nel2014.Francesca sapeva dire sempre lacosa giusta, rassicurando tutti etrovando l’intesa con ogniinterlocutore. Questa sua dote l’ha

resa la prima promotrice dellaRete Museale Culturale eAmbientale del centro Sicilia,sempre pronta ad accoglierne glistimoli e a suggerire percorsi dacondividere, comeMusei inpiazzanel 2014, ogni anno laGiornata delle Famiglie al Museorivolta ai bambini, laVia dei Fratinel 2017. Francesca, grazie al suoaffettuoso modo di porgersi, hasaputo costruire attorno a sé uno“Staff” in cui ognuno era parte diun ingranaggio che ha resopossibile la promozione delMuseo.Ricca della sua raffinata cultura,

È stata l’anima del Museo DiocesanoNumerose iniziative promosse sotto la sua direzionedi Luigi Garbato

FRANCESCA FIANDACA

Francesca ha saputovolgere il suo sguardosulle cose invisibili; nellasua forza di affrontarequesto avanzare del maleè stata esempio dipacatezza, di consegnatafede, con quel suo sorrisoappena accennato

Francesca mia amatissima, sonoqui a raccontare della nostra amici-zia,unlungointensoininterrottoab-braccio che avrei voluto non finissemai. Non voglio farlo con retorica,vogliofarloconlanaturalezzaelade-licatezza che sono sempre state lanostra forza.

Ieri è stata inaugurata la mostradelRoggeri a cui tanto tenevi, il gior-no precedente pregavo in chiesa aituoi funerali, circondatadauna follasinceramente commossa silenziosaimpietrita. Ho attraversato questigiorni come in una bolla, sentendo-mi talvolta una nota stonata. Da og-giinizialafatica.Inquesteultimeset-timane,quandotornavoacasadopoavere trascorso con te pomeriggi supomeriggi, parlando, ascoltandoci,cercando di mettere all’angolo le re-ciproche paure, accarezzavo con il

pensiero la nostra vita. Da quel lon-tanissimo anno in cui, giovani uni-versitarie, scegliemmo di preparareinsieme l’esame di glottologia. Ave-vamofrequentato lo stesso liceo,ne-gli stessi anni, ma fin lì era stato soloun incontrarsi nei corridoi, lo scam-biodi pocheparole.Dopoquell’esa-me, invece, capimmodi avere trova-to entrambe la sorella che, figlieuni-

che, non avevamo. La nostra è stataun’amicizia autentica, quella chemette l’altro al centro dei tuoi pen-sieri,inunarelazioneaffettuosaede-licata chenonpretende, dona. Sem-pre pronte a sostenerci, confortarci,ascoltare. Abbiamo condiviso tutto.Se avevamo da fare delle scelte e ciassalivanoidubbi,avevamobisognodi sapere l’unacosanepensasse l’al-tra.Eranoconfronticostruttivi,robu-sti, schietti. Tucercavi lamia“intelli-genza delle cose”, io la tua capacitàdi analisi.

“Sempre insieme sempre accan-to”, forti del nostro intenderci senzaparole, di quel capirsi senza doversispiegare, abbiamo affrontato prove,coltivato interessi anche quandomettersi in gioco ci spingeva in spazipoco familiari. Ho gioito delle tuesoddisfazioni, sofferto per le tue an-

sie, e tu per me. Quanto tempo, tal-volta ancheal telefono, adascoltare ituoi scritti, discutere i tuoi interven-ti… lo facevi persino per la presenta-zione delle tragedie greche, quandosapevamo entrambe che era solo unrassicurante rito. Quante tue espres-sioni,quantigestimitornanoinmen-te,ilbrillioargutodeituoiocchiquan-do ti incuriosivo o divertivo, il motoistintivo e involontariamente vezzo-so della mano pronta a schermare iltuobelsorriso.Osservareognigiornola tuasorridentepacatezzae insiemela forza e la tenacia del tuo spiritoguerriero che non arretrava mai, lagenerosità, la cura, la grazia, il corag-gio, l’ansia di bellezza è stato un pri-vilegio e una scuola. Non credo diaver tradito la nostra intimità, ho so-lo raccontato unpo’ di noi.

Angela Giunta

«Sempre accanto, sempre insieme»

Prima donnaPresidentedel Rotarydi Valerio Cimino

L’impegno continuo esilenzioso, la discrezione ela dolcezza sono i tratti che

hanno contraddistintol’esperienza rotarianadiFrancesca.È stata la primadonna ad essereeletta presidente del Club inunRotary che solo dapochi anniprimaapriva le porte alcontributo essenziale delladonna.Nonun traguardoma ilnaturale risultato del suo lavoronel club.Era entrata nel club il 19dicembre 2002 e, pochimesidopo, aveva coordinato larealizzazionedel primonumerodella rivista “Incontri”pubblicata nelmaggio del 2004.Una rivista di cui è stata l’animaeil “braccio operativo” sin dalprimonumero eper i 27successivi nell’arcodi 14 anni. Iltitolo era stato scelto persottolineare l’apertura ad apportidi personalità esterneperraccontare il territorio, un“luogo” culturale aperto aculture diverse.Nell’anno 2005-06ho avutol’onore di averla nelmioconsiglio direttivonel ruolo divice presidente edi condividereilmomentodella sua elezionealla carica di Presidente, il 15dicembre 2005, incarico cheavrebbe assuntonel 2007.«L’essenzadel Rotary – avevadetto nell’assumere lapresidenza –nonè l’appariremal’essere, l’agire, e in questadirezione intendooperare nelclubper realizzare progetti chefanno fronte anumerosiproblemi umanitari».Dopol’annodi intenso impegno comepresidente ha continuato alavorare per il Club, sostenendogli amici che l’hanno succedutanella presidenza e ricoprendo,con grande spirito di servizio,altri incarichi comequello diconsigliere, prefetto e disegretario.In occasionedel decennale dellarivista aveva voluto lapubblicazionedi un volumespeciale che, attraversounaselezionedelle centinaia diarticoli pubblicati, fosse un«exemplumdi undisegno ampioe articolato e contribuiscano adefinire l’identità delNisseno e afar crescere l’orgogliodell’appartenenza». Il club la hainsignita per 4 volte della PaulHarris Fellow, importantericonoscimento rotariano. Loscorso giugnoha voluto dedicareun riconoscimento analogo inmemoria delmarito ing. prof.MicheleRiggi.Duepersone cheaccomunonel ricordo affettuosoenella speranza cristianadipoterli un giorno ri-incontrare.

«La sua vita: un capolavoro»Francesca Fiandaca è statadonna di alto spessoreumano e culturale conlo sguardo verso l’invisibile

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di Silvia Pignatone

Chi ha conosciuto France-sca, come insegnante,come collega, come stu-

diosa, come amica, come direttri-ce del Museo Diocesano conservadi lei un ricordononsolopersona-le, ma per così dire “collettivo”.

«Aveva il cuorenegli occhi», co-sì scrive Diego, ieri suo alunno edoggi professore a sua volta. Fran-cesca è stata unadonnadi cultura,di onestà intellettuale e correttez-za fuoridal comune.Donna forteetenace nelle sue tormentate espe-rienze di vita, ferma e dolce nellostesso tempo. Mai fuori luogo ofuori posto, mai sopra le righe ma“sempre sul pezzo” in ogni circo-stanza della sua vita familiare, la-vorativa, sociale.

Vogliamo provare a ricordareFrancesca a scuola, nel suo amatoLiceo, Francesca non “una” inse-gnante ma “la” insegnante del Li-ceo Classico.

Alcuni alunni la chiamavano la“Dike”, riconoscendole una dellevirtù umane più alte, la giustiziaappunto. Perché rigorosa, esigen-te, generosa nel dare e nell’offrirecontenuti alti e complessi, in gra-do di valorizzare gli sforzi e l’im-pegno, di supportare e sostenere,riconosceva a ciascuno il merito.Davailgiustoeanchequandoque-sto “giusto” non era lusinghiero opositivo, la relazione tra lei docen-te e l’allievonon venivamaimeno,perché Francesca per prima cosaguardava alla persona, non certoalla ricchezza del sapere, e questoi ragazzi lo coglievano sempre.

Nelle tante testimonianze deisuoi ex alunni presenti nei social,quello che colpisce è che France-sca sapeva trasmettere tenerezza,

pur senza mai prodigarsi in ester-nazionipiùomenomelliflue. Scri-veLuana: «Quantevoltecihames-so il braccio sulla spalla! Era auto-revole, si faceva ascoltare e rispet-tare. Quando entrava lei nessunopiù fiatava.Ma la suadolcezzama-terna superava tutto senzaeguali».

Il latino ed il greco li insegnavacon passione, con foga, con tra-sporto. Ma non era mai esercizioretorico, mai pedanteria o altro ri-spetto alla vita: «Con quel tuo mo-

do di fare del latino e del greco uninsegnamento di vita» (Samuela).

La virtù greca, ilmos maiorum,erano le lenti con cui insegnava aisuoi ragazzi a leggere il presente,ad essere nel mondo, quello di og-gi, con coraggio. Per Francescal’insegnamentoeraunapassioneemissione e Roberta, guardandouna vecchia foto del viaggio scola-stico in Grecia ritrova «l’amore peril sapere, la serietà, la generosità eil tuo sorriso che ci dicevadi anda-re avanti, sempre. Con ostinazio-ne».

Ha costruito con tantissimialunni un rapporto personale cheèandatobenoltre laesperienza trai banchi di scuola, perché ne se-guiva i passi, le scelte, le difficoltà.

Lorenzoha fatto in tempoadir-le quanto fosse a lei debitore in re-lazione alle sue scelte di vita e diimpegno, Luana scrive: «Ci ha in-segnato ad essere liberi, ma primadi tutto ci ha insegnato a vivere e afarlo onestamente»; Roberta: «Mi

hai dato coraggio per affrontaretutte le difficoltà del cammino cheavevo intrapreso»; Selene: «Grazieper avermi incoraggiata nelle scel-te più importanti».

Francesca aveva la straordina-riacapacitàdiguardarenegliocchie di tirare fuori il meglio di ognu-no,unaveraepropriacapacitàma-ieutica: socraticamente aiutava apartorire la verità presente in ogniuomo.

«Un’anima bella. Un sorrisogentile, uno sguardo severo e pro-tettivo» (Verdiana), un incontroprivilegiato anche per chi non èstato suo alunnodirettamente,maha incontrato Francesca al labora-torio teatrale e ricorda, come De-nise, che «ha lasciato orfane le no-stre rappresentazioni, ma non “vuote” le nostre menti che semprele saranno grate». Come Luigi cheha lavorato al Museo DiocesanoconFrancesca.Lachiamava“prof”anchesenoneramaistatasuapro-fessoressaedi lei scrive: «Era l’uni-ca dello staff del Museo alla qualedavo del lei, ma al contempo eraanche la persona con la quale ave-vo maggiore confidenza».

Si stava bene con Francesca, silavorava bene con lei, per noi tuttisarà indimenticabile la eleganzaconcuiparlavadiEuripide,diOra-zio, di Saffo e li faceva diventaremaestri di vita. «Aveva il cuore ne-gli occhi».

ha promosso ogni anno laGiornata dellaMemoria comeoccasione di riflessione umana eculturale sulla Shoah, ma ancheincontri culturali, presentazioni dilibri, concerti e l’annualeappuntamento con l’introduzionealle tragedie greche rappresentatea Siracusa.ConFrancesca ilMuseoèstatosenzadubbio il principalepoloculturaledel centroSicilia.Nellesue sale sonostateallestitemostrestraordinarie, daMatthias Stomernel 2012alPresepeartisticonel2013,dallo scenograficoPresepediCartadiVitoD’Annanel 2014alla

preziosaCollezionedi ceroplasticanel 2015,daiPersonaggi delPresepeNapoletanonelNatale2015all’Invisibilecontemporaneonel2016, finoaquest’ultimamostra suVincenzoRoggeri. Si sono registratedecinedimigliaiadi visitatori(10.000 solonel 2015!),ma ilMuseohaanchesaputoaprirsi all’esterno,con ilMuseoDiffusoVincenzoRoggerinel 2013econ ilprogetto“MuseoDiffuso”cheprevedevaincontri e concerti nelleparrocchie.Francesca con generosità hapromosso nell’estate 2015 unhappy hour di beneficenza perraccogliere fondi che sono stati

destinati all’acquisto di materiali evoucher per mettere in moto unmeccanismo virtuoso: dare lavoroad alcuni abitanti del quartiereSanta Croce che lavoro nonavevano, per recuperare parte delgiardino “dimenticato” dellachiesa e farne uno spazio per igiochi dei bambini del quartiere.IlMuseonegli ultimi due anni haaccolto con entusiasmodiversiprogetti di alternanza scuolalavoro; nella primavera 2016hapromossoun laboratorio difalegnameria alla Provvidenzacoinvolgendonumerosi soggetti.Nel settembre 2017ha guidato il

recuperodella tradizionedelfischietto raffigurante SanMichele,incoraggiandone la realizzazionedaparte di artigiani locali.Da questa veloce cronaca emergechiaramente che Francesca è statal’anima del Museo Diocesano:sperava che il Museo potessecamminare sulle proprie gambe,al di là delle persone. Hacontinuato fino all’ultimo aseguire alcuni progetti, come ilrifacimento delle didascalie, ilrestauro di alcune opere e ilrecupero di altre, una mostraartistica già in fase di discussioneper il 2018. Francesca ci mancherà

molto e niente sarà più comeprima. Per chiunque prenderà ilsuo posto, Francesca sarà unottimo esempio, così come lo èstata in vita. Io da lei ho imparatomolto, prima come persona e poicome direttrice del Museo, e perquesto le sarò sempre grato.

«Onesta eintelligente»di Emanuele Limuti

Francesca è stata testimoneviva delle espressioni miglioridell’essenzaumana: l’onestà, vis-suta come naturale quotidianitàe in ognimomento, l’intelligenzalucida e acuta che consentiva diintrattenere un dialogo senzapossibilità di equivoci o frainten-dimenti, la cultura classica raffi-nata, vastaeprofondacherende-va assai gratificante la sua com-pagnia, la serenità d’animo checonnotava ogni suo atteggia-mento, la grande disponibilità adare il suo contributo alle perso-ne e alla collettività come valoreposto a fondamento della legitti-mazione di ciascuno a stare nel-la società e rivendicare il rispettoe la solidarietà reciproci, l’attac-camento al suo lavoro, specie co-me Direttrice del Museo Dioce-sano, svolto conamorepuntuali-tà eprecisione. Insommauncro-giuolo di qualità, tutte compre-senti nella stessa persona comedifficilmente accade.

Tutto questo aveva avuto lasua proficua sperimentazione inun inedito rapporto con la Scuo-la Forense Nissena “G. Alessi”, dicui mi onoro essere Presidente.

Con lei abbiamoscritto e alle-stito opere teatrali per la Fonda-zione, che abbiamo portato in-sieme nei vari teatri della Sicilia.

Ricordo “Cicerone”, tutto inlingua latina, dove lo stile cicero-niano, strutturalmente comples-so, è stato reso da Francesca ac-cessibile al grande pubblico sen-zasnaturarlo.L’operasaràprossi-mamente pubblicata integral-mente.

Epoi “LeMille eunanottedeldiritto”, in lingua araba e indifesadeidiritti delladonna,dove il suocontributo fu essenziale nellostudio e nella fruizione teatraledel Corano.

Eancora“IlFabbricanted’im-mortalità”, opera che tocca mol-teplici problemi di grande attua-lità come la clonazione e le sueimplicazioni etiche, il rapportotra scienza e libertà, la condannadi ogni fondamentalismo, la tol-leranzacomevalore fondantedelvivere civile e del rispetto reci-proco, il dubbio come metodoscientifico e filosofico per il pro-gressodellaconoscenza,edaltro.

Questi temi, Francesca, ha in-trodotto e commentato nella suapregevole prefazione all’operadalla quale traspare chiaramentela costante ispirazione religiosa ela sua fede, solida ma non bigot-ta o chiusa.

Perché Francesca era ancheuna persona moderna, in gradodi capire ed affrontare con com-petenza e con passione le piùscottanti problematiche chestanno sotto i nostri occhi.

La sua scomparsa è stata unagrande perdita per me, per laScuola Forense, per la Città e pernoi tutti.

Probabilmente la Prof.ssaFrancesca Fiandaca non sa-rebbe stata d’accordo che

dopo la sua morte qualcuno scrivessesu di lei, esaltando la sua capacità diessere a serviziodegli altri.Nongradi-va apparire mai lei, maestra e inse-gnante. Io, però, sento il dovere di ri-conoscerle quello che lei è stata pertutta la comunità.

HoconosciutoFrancescaFiandacain un conteso associativo, lei delegataprovinciale dell’AIRC, io rappresen-tante dell’ASISBI. Il contesto era quel-lo del Progetto Agorà (anni 90), trentaassociazioni circa che si confrontava-no per sostenere assieme l’idea di ser-vizio per la città. La sua sensibilità al-l’impegno civile e sociale era del tuttoevidente. Il suo impegno in campo so-cialeepoliticoèstato intenso,nontan-to perché abbia ricoperto ruoli e inca-richi diretti, ma perché ha fatto politi-canel sensopiùaltodel termine. Si di-

mostravadisponibilecontuttiealtem-po stesso naturalmente autorevole.Impegnata sempre in prima persona,propositiva nelle idee e sempre pron-ta a dare una mano a testimonianzache tutto quello che si diceva potevarealizzarsi. Il suo rispetto per gli altri laportava ad includere tutti, trovando inognuno quella risorsa che consentivadi costruire la rete. Rispettosa di tuttima ferma nelle proprie posizioni esemprepronta amettersi indiscussio-ne. È stata coinvolta nell’impegno perl’AIRCperpiùdi trent’anni; chi l’haco-

nosciuta inquelcontesto le riconosce-va il dono dell’accettazione che noneramairassegnazionemavogliadian-dare avanti sempre e comunque.

Ha servito la res publica minor,Caltanissetta, e la res publica maior,l’umanità, attraverso gli insegnamen-ti degli autori latini e greci perché pergenerazioni i suoi studenti hannoma-turato una coscienza civile responsa-bile ed una attenzione all’altro da sé,che fosse tale per pensiero, condizio-ni economiche e capacità.

Carlo Campione

A servizio dell’umanità

«Aveva il cuore negli occhi»Nelle testimonianze sui social dei suoi alunni del LiceoFrancesca è “la” Prof., la “Dike”, “un’anima bella”

Ha costruito con tantissimi alunniun rapporto personale che è andatoben oltre la esperienza tra i banchidi scuola, perché ne seguiva i passi,le scelte, le difficoltà

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Mons. Mario Russotto, Ve-scovo della diocesi nissena, l’8Dicembre scorso ha inauguratola 13a Mostra dei Presepi Arti-gianali presso la biblioteca “L.Scarabelli” di Caltanissetta, or-ganizzata dall’AssociazionePresepisti Nisseni con il suoPresidente Geom. Marco Ar-chetti.

Una manifestazione checoinvolge da ben 13 anni l’inte-

ra città. Quest’anno sono 26 ipresepi esposti, ciascuno diver-so dall’altro nel suo genere. Allacerimoniaeranopresenti ancheil Sindaco della città Dott. Gio-vanni Ruvolo, l’Assessore Dott.Carlo Campione, l’Assessore al-la Cultura della città di Cremo-na Dott.ssa Barbara Manfredi-ni, la Presidente dell’Opera Pia

della Carità di Catania Dott.ssaSpartà, personalità istituzionalie tantissimi cittadini.

Il Presidente dei PresepistiNisseni, Marco Archetti, ha rin-graziato tutti i presenti: «Il Pre-sepe–hadetto–ci ricorda lana-scita di Gesù e questo è di gran-de importanza inunmondodo-ve il consumismo rischia di na-

scondere la vera essenza delNatale.Ogni famiglia, a cui è ca-ro il Presepe e tutto quello cheesso rappresenta, ne allestiscauno in casa, affinché questa no-stra bella tradizione, sia tra-mandata alle future generazio-ni».

Per coloro che volessero visi-tarli, i presepi rimarranno inmostra fino al 7 gennaio 2018.L’evento è stato allietato dall’As-sociazione musici “Piazza Me-dievale” di PiazzaArmerina cheha offerto agli intervenuti allacerimonia di inaugurazioneuno spettacolo meraviglioso.

di Luciano Calabrese

«L’ottavo giorno primadelle kalende di gen-naio è nato il Cristo a

Bethlehem, in terradiGiuda».Co-sì si legge in un documento roma-no del 354, il Cronografo, conte-nente l’attestazionepiùanticadel-la celebrazione del Natale di GesùCristo otto giorni avanti al primogiorno (kalende) di gennaio, il 25dicembre. Poco prima, il Crono-grafo annotava: «Ottavo giornoprima delle kalende di gennaio:Festa del Sole invitto», riferendosialla festa dei pagani per il Solstiziod’inverno. Dal momento che ilVangeli sembrano disinteressati arendere nota la data della nascitadi Gesù, si deve concludere che ladata del 25 dicembre sia soltantoconvenzionale e scelta dallaChie-

sa per cristianizzare una festa pa-gana? Davvero i Vangeli non rife-riscono alcun dato utile a tal ri-guardo? SanGirolamo (IV sec.), inun’omelia sul Natale, segue un ra-gionamento diverso, riconoscen-donelperiododel Solstizio, quan-doilsoletornaadesserepiùsplen-dente, una confermadaparte del-la creazione al fatto storico dellanascita di Cristo al 25 dicembre:«Perfino lacreazioneda ragionealnostrodire». Idaticronologicipre-senti nel Vangelo secondo Lucapotrebbero sembrare completa-mente autoreferenziali, chiusi al-l’interno della vicenda che egliracconta. Al v. 26 del I capitolo, in-fatti, l’evangelista annota che l’An-gelo Gabriele recò l’annunzio aMaria al sesto mese. Sesto rispet-to a quale? Il riferimento è al pre-cedente annunzio dello stessoMessaggero a Zaccaria, sposo di

Elisabetta la quale, «dopo queigiorni concepì» (v. 24). Quali gior-ni? Quelli del servizio di Zaccariaal Tempio. Poco prima, lo stessoscrittore sacro aveva fornito un’al-tra informazione che, alla luce dialcuni studi, riassunti nel 2000 dalprofessorFederici(30giorni,n.11)risulta, in modo sorprendente, diordinetemporale.Zaccariaappar-teneva alla classe sacerdotale diAbia (v. 5). Questa, secondo il Li-bro delle Cronache 24, 7-18, eral’ottava delle 24 classi che due vol-te l’anno servivano presso gli alta-ri del Tempio. Nel 1958, il profes-sor Talmon, dell’Università Ebrai-ca di Gerusalemme, nell’artico-lo The Calendar Reckoning of theSect from the Judean Desert.Aspects of the Dead SeaScrolls, inScriptaHierosolymitana,vol. IV, , riusciva a ricostruire l’or-dine dei turni delle classi sacerdo-tali al Tempio. Questo ha permes-so di individuare i periodi dellaclasse di Zaccaria: il primo dall’8al 14 del terzo mese del calenda-rio e il secondodal 24 al 30 dell’ot-tavo mese, corrispondente circaall’ultima decade di settembre. Secosì stanno le cose, le coordinatetemporali fornite da Luca trovanoun ancoraggio principale da cuiprendono lemosse: l’ultimadeca-de di settembre. La Tradizione li-turgica orientale, che celebra ilconcepimento del Battista al 23settembre, sembra confermare la

lettura di tali dati. Riempiendo,perciò, i riferimenticronologici lu-cani con le date che derivano datali studi e dalla Tradizione litur-gica cristiana a cosa si giunge?

«Al tempo di Erode, re dellaGiudea, c’era un sacerdote chia-mato Zaccaria, della classe diAbìa, e aveva in moglie una di-scendente di Aronne chiamataElisabetta. […]MentreZaccariaof-ficiava davanti al Signore nel tur-no della sua classe (l’ultima deca-de di settembre), secondo l’usanzadel servizio sacerdotale, gli toccòin sorte di entrare nel tempio perfare l’offerta dell’incenso.

Compiuti i giorni del suo servi-

zio, tornò a casa. Dopo quei gior-ni Elisabetta, sua moglie, concepì(gli ultimi giorni di settembre) e sitenne nascosta per cinque mesi(finoa febbraio). […]Nel sestome-se (l’ultima settimana di marzo),l’angelo Gabriele fu mandato daDio inunacittàdellaGalilea, chia-mata Nazaret, a una vergine, pro-messa sposa di un uomo della ca-sa di Davide, chiamato Giuseppe.La vergine si chiamava Maria […].L’angelo le disse: “Non temere,Maria, perché hai trovato graziapresso Dio. Ecco concepirai un fi-glio, lo darai alla luce e lo chiame-raiGesù”. […] Inquei giorni (finedimarzo) Maria si mise in viaggio

Gesù è natoil 25 dicembre?Appunti di storia e teologia

diCalogeroDello Spedale Alongi

Il Teologo, l’evangelista Gio-vanni, quest’anno sarà il no-stro compagno di viaggio in

tutti imomenti di formazione spiri-tuale chehaprevisto il VescovoMa-rioper lanostra famigliadiocesana.

Le prime due scene di Vangelomeditate, percorrono gli inizi dellavita di Gesù. Da una parte le nozzedi Cana: «Che ho da fare con te, odonna?Nonè ancora giunta lamiaora». Domanda e risposta che, ilVescovo ha spiegato, non sono ri-chiesta di una grazia da parte diuna madre verso il Figlio, disinte-

ressatoe forseper tanti anchesgar-bato, ma conferma di un inizio disegnichemanifestano lavolontàdiGesù di dare da subito gloria al Pa-dre.Dall’altra parte la chiamatadeiprimi discepoli del Maestro di Na-zareth. Una marcia in più, hannoavuto i giovani, con l’icona biblicache è anche l’icona scelta per il Si-

nodo sui giovani. Lo scambio sec-co e diretto di due domande: «Checosa cercate?»; «Maestro dove abi-ti?» e la proposta: “Venite e vedre-te», sono i termini di un’alleanzache si farà intimità, amicizia, fra-ternità, testimonianza, raccontodigenerazione in generazione. Que-st’anno, inoltre, un’ulteriore carat-

teristica connota le Lectio. In pre-parazione alla Missione Diocesa-na dei giovani che si avvierà nel-l’ottobre 2018, nell’anno in cui nu-merose coppie di sposi si stannoformando per tenere nelle parroc-chie i percorsi matrimoniali e altrigiovani siprepareranno, con lado-vuta formazione spirituale ma an-che umana, alla missione; il Ve-scovo, stravolgendo i soliti schemidelle Lectio, ha voluto, subito do-po averci spezzato la Parola, darevoce all’unica risposta a quel Dioche tutti chiama, ancora oggi,mentre il cuore sembra più durorispetto ai secoli passati. Una cop-pia di sposi ha parlato agli sposi,

due giovani seminaristi hannoparlato ai loro coetanei, lascian-doci riflettere su una risposta nonsolo spiegata e meditata, ma vis-suta. Proprio queste testimonian-ze hanno stimolato la nostra vitaper una vocazione, quella al ma-trimonio che è culla delle altre vo-cazionieal sacerdozio, culladiDioche si trasmette a tutti noi attra-verso le nostre labbra e mani. Ap-profittiamo delle tante domandeche spesso ci sentiamo rivolgerenelle nostre parrocchie. Quantedomande ci fanno, una sola rispo-stadiamo: «Ègiunta la Suaora, an-diamo e vediamo dove abita Gesù,solo così si vive il Vangelo».

Giovani e famiglie “a scuola” dal Vescovo

Il Vescovo inaugura mostra di presepi artigianali

«Un presepe per ogni famiglia»di Marco Archetti

IN DIOCESI

Page 7: Aurora · 2019-11-13 · nacce dei potenti, non piegando mai la coscienza, come ha fatto Barbara,neanchedinanziasuopa-dre». Unpastoreconoscelesuepeco-reesabenecomerivolgersiades-se.Ecosì,ilVescovohaindicatonel

L ʼ A U R O R AN. 10 - Dicembre 2017

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Per cinque giorni la Setti-manaSantadiCaltanisset-ta è stata presentata inuna

vetrina mondiale in occasione delIII°Congresso InternazionalechesiètenutonellacittàdiMurcia inSpa-gna, dal 8 al 12 di novembre scorsoe che ha visto la partecipazione diillustri relatoriprovenientidadiver-se parti del mondo: Arequipa (Pe-rù), Popayan (Colombia), Lisbona(Portogallo), Caltanissetta (Italia),Siviglia, Cartagena,Granada, Valla-

dolid, Caravaca De La Cruz e Mur-cia, città ospitante dell’importanteevento. Gerlando Gianni Taibi, in-vitato come relatore dal Presidentedel Cabildo Superior de CofradiasdiMurcia,D.RamonPerezSancha-Parra Servet e dal Presidente dellaUniversità Cattolica San Antonio diMurcia, D. Josè Luis Mendoza, inrappresentanza dell’Italia, ha tenu-to una relazione dal titolo: La cruzen la Semana Santa de Caltanisset-ta. La relazione è stata successiva-mente ripetuta nella città di Carta-gena.

Particolarmente emozionato,Gianni Taibi all’ingresso della ban-diera nazionale con relativo inno.

verso la montagna e raggiunse infretta una città di Giuda. Entratanella casa di Zaccaria, salutò Eli-sabetta. […] Maria rimase con leicirca tre mesi (fino a giugno), poitornò a casa sua. […] Si compiro-no per lei i giorni del parto (ag-giungendo i rimanenti 6mesi ai tretrascorsi conElisabetta, si giunge adicembre).Diedealla luce il suo fi-glio» (Lc 1-2). La liturgia cristianafa memoria proprio in quei mesidegli eventi del Vangelo: il 23 set-tembre il concepimento di Gio-vanni, il 25 marzo quello di Gesù,il 24 giugno la natività del Battistae così il 25 dicembre il Natale delSignore.

ge in Cielo, per tutta l’eternità. Nonpuò essere attivata dal solo parroco,o da pochi,ma è frutto di una comu-nità orante e di almeno 168 persone(24 ore per 7 giorni), di cui ognuna siimpegna per un turno di un’ora diadorazione alla settimana, per ri-spondere alla parola di Gesù: «Nonavetesaputovegliareneancheun’oracon me?». L’Adorazione Perpetua cifa già sperimentare qui in terra quel-lo che è il nostro destino ultimo. Vi-vere in eterno alla presenza del no-

stroDioeSignorecosìcomevediamodescritti gliAngeli e i Santidavanti al-l’Agnello nel libro dell’Apocalisse.Questa stessagioiaèdataachi si ren-de disponibile a diventare un anellodi un’incessante catena di preghiera.Varie Parrocchie italiane hanno giàfatto l’esperienza e ne hanno trovatoun grande beneficio, in Sicilia attual-mente sono 20 le parrocchie dov’èpresente una cappella dell’Adorazio-ne Eucaristica Perpetua e 15 dov’èquella dell’Adorazione Eucaristicadiurna (una a Mussomeli ed una aCaltanissetta);intuttal’Italiaceneso-no oltre settanta, incluse alcune cap-pelle di ospedali. In una parrocchiaimpegnata su tanti fronti èpossibilee

necessario conciliare l’azione pasto-rale con un’esperienza contemplati-va, e Marianopoli, che non ha la pre-senza di una comunità religiosa, inquesti giorni coglie già il gusto di unapreghieracontinuaeforte.Possocon-fermare che il coraggio di intrapren-dere tale iniziativa, non facile (a volteaccompagnata da incomprensioni ecritiche) porta ad una crescita perso-naleedegli stessiparrocchiani, comeloro stessi mi raccontano, e l’adora-zione notturna, quella più difficile epesante risulta essere la più bella incontinuità con tutte le notti della sto-ria della salvezza dove l’uomo si tro-va faccia a faccia con il Signore inun’intimità divina.

A Marianopoli il 03 Dicembre èstata inaugurata dal Vicario Genera-le, Mons. Giuseppe La Placa, la Cap-pella dell’Adorazione EucaristicaPerpetua, sita a lato della chiesa ma-drepressol’anticoOratoriodelSS.moSacramento.InquestoperiododiAv-vento e in diversi periodi forti del-l’anno, il SS.mo Sacramento è solen-nementeespostoper24oreal giornosenza interruzione e in un continuosilenzio. Questo tipo di preghiera ri-chiamala lodeincessantechesisvol-

Perché l’adorazione perpetua?di Bernardo Briganti

La SettimanaSanta nissenanel mondo

diCalogeroCaputo

In occasione del decimo an-niversario della morte diMons. Giovanni Speciale (31

luglio 2008), si è aperto un ciclo dimanifestazioni programmate dalSeminarioVescovile in suamemo-ria. Lo scorso 6dicembre, presso ilMuseo Diocesano “Mons. G. Spe-ciale”, ha aperto questa serie dieventi l’inaugurazione di una mo-stra di opere d’arte, oli su tela digrande valore artistico, di Vincen-zo Roggeri, celebre artista-pittorenissenodel XVII secolo, la cui figu-ra è stata probabilmente oscurata,e quindi presto dimenticata. Lamostra espone, oltre alle tele cu-

stodite al Museo, dipinti del Rog-geri abitualmente collocati in altrisiti.Lamanifestazionehaavutoini-zio con il saluto da parte del Retto-re del Seminario don Alfonso In-cardonachenel suodiscorso inau-gurale, ha anche ricordato congrande commozione la compiantadirettrice del Museo la prof.ssaFrancesca Fiandaca, che è scom-parsa prematuramente qualchegiorno prima: «Nonostante la suamalattiaha continuatoa svolgere ilsuo lavoro e mi ha collaborato congrande entusiasmo alla prepara-zione di questa mostra». Presenteanche il Sovraintendente per i be-ni culturali l’Arch. Vincenzo Caru-so; a presentare il Roggeri e le sueopere è stato S.E.R. il Vescovo

Mons. Mario Russotto che, da nonesperto e critico d’arte – come si èdefinito –, ha saputo tracciare conmaestria i tratti principali dello sti-le pittorico dell’artista e la profon-da spiritualità che fuoriesce dallesue opere: «I volti delle sue Ma-donne sono ovali e raffinati, ricchee adornate le vesti dei suoi perso-naggi, e la presenza di rossi intensiè un altro elemento dello stile delpittore nisseno».

MUSEO DIOCESANO. Inauguratala mostra su Vincenzo Roggeri

di Rosanna Zaffuto Rovello

ÈtempodiNatale.Levetrinesonopienedi stelleedi lu-ci scintillanti, i mezzi di

comunicazione ci trasmettonocontinuamentel’immaginediBab-bo Natale con il costume rosso e lalunga barba bianca; ed in ogni ca-sa si prepara un albero di Natale,grande o piccino, sotto cui si am-mucchiano i pacchetti dei doni.

La tradizione dell’albero di Na-tale viene dal nord Europa, perchènelle notti più lunghe dell’invernoboreale l’abete illuminato da tantefiammelle riportava la speranzadella luce che sarebbe presto ritor-nata. In Italia la prima ad addob-bare un albero di Natale fu la regi-na Margherita nella seconda metàdell’Ottocento al Quirinale, e da leila moda si diffuse velocemente intutto il paese: l’albero di Natale èuna delle poche tradizioni stranie-re ad essere arrivate in Italia primadelladiffusionedeimezzidi comu-nicazione di massa. Nei primi annidel Novecento gli alberi di Natalehanno conosciuto un momento digrandediffusione, diventando gra-dualmente quasi immancabili nel-

le casedei cittadini sia europei chenordamericani, sino a che, dopo laseconda guerra mondiale, il feno-meno ha acquisito una dimensio-ne commerciale e consumisticasenza precedenti, che ha dato luo-go allo sfoggio della creatività e so-prattutto alla nascita di una vera epropria industria dell’addobbo.

Deriva dall’Europa settentrio-nale anche la tradizione di BabboNatalechecon la suaslitta caricadidoni e condotta dalle renne volan-ti, fa il giro del mondo nella nottedel 24 dicembre e porta i regali atutti i bambini.

Così la notte di Natale è diven-tataunanottedimagia, quasi di fa-vola, e l’iconografia delNatale èdi-ventatauniformenelmondo indu-strializzato e consumista.

E Gesù Bambino dov’è?Per quanto ci si sforzi di ricono-

scere elementi cristiani in questetradizioni natalizie (l’albero di Na-tale, simbolo del legno della CroceGloriosa, Babbo Natale in realtà èSan Nicola, vescovo di Bari) dob-biamo renderci conto che lo spiri-todelNatalesièannacquatoequa-si sparito in quest’ultimo secolo.

Eppure le tradizioni italiane ci

consegnano dei segni e dei simbo-li che sono molto ricchi di signifi-cato e ci riportanoal sensoverodelNatale.

Al primo posto, il Presepe, larappresentazione della nascita diGesù in unamangiatoia, circonda-to dai pastori, secondo l’intuizionedi San Francesco a Greccio. Da al-lora si diffuse l’usanza di ricostrui-re la scena evangelica dell’adora-zione dei pastori con le sacre rap-presentazioni del Presepe Vivente,(che hanno ripreso vigore negli ul-timi anni in moltissime località si-ciliane) oppure per mezzo di figu-rine, di gesso, di cartapesta, oggianche di plastica.

Nel passato fare il Presepe in ca-sa eraun rito familiare: si sgombra-va una intera stanza per far posto amontagne di carta, a cieli stellati, apastori cheattratti dal richiamode-gli angeli si volgevanoverso la grot-ta dove erano Giuseppe e Maria, ilbue e l’asinello. Solo a mezzanottedel 24 nella mangiatoia si ponevaGesù Bambino. Certo la tradizionedel Presepe sopravvive ancora oggiinmolte famiglie,ma le suedimen-sioni si sono ridotte, viene relegatoin un angolo, o posto addirittura aipiedi dell’albero di Natale che tro-neggia in tutto il suo splendore.

Una tradizione ricca di signifi-cato e di religiosità era la devozio-ne dei Bambinelli di cera: dentrouna teca, adornato di fiori di cartao di stoffa, Gesù Bambino addor-mentato dentro una culletta, occu-pava un posto d’onore nel salottodelle famiglie benestanti.

Nei secoli passati, però, in Sici-lia pochi si potevano permettere, icostosi Bambinelli di cera o ancheun Presepe di creta o di gesso. Ilsimbolo più diffuso del Natale era-no le figuredde: gli altarini posti neivicoli e nelle piazzette al cui inter-no era posta una ingenua stampadella Natività. Gli abitanti del vico-lo facevano a gara per adornare lefigureddedimurtidda, arance,me-leecollanedinespoled’inverno, inmodo da creare un trionfo di colo-ri intorno all’immagine sacra. Ledonne del vicinato si radunavanoper cantare lanovenae si diffonde-va la nenia malinconica e dolcedella zampogna. E il sentirsi piùbuoni, più aperti all’accoglienza ealla generosità, non era uno slogantelevisivo, ma era il risultato di unavita più semplice e di una religiosi-tà più genuina.

Il senso del Natale nei segnie nei simboli della tradizione

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di Sergio e Simona Criscuoli

Siamo Sergio e Simona Cri-scuoli, siamo sposati da 23anni,entrambi impiegatied

abbiamo 5 figli: Matteo 22 anni,Ester21anni,Andrea19anni,Chia-ra 14 anni e Daniela di 9 anni.

Abbiamo sempre vissuto all’in-ternodellaChiesa(iofrequentavolaparrocchiadiSantaFlaviaeSimonaquella di San Paolo) e abbiamo ini-ziato, all’età di 14 anni, il camminoneocatecumenale.

Ci siamo conosciuti nel 1990 aseguitodellaGMGdel 1989 tenuta-si a Santiago di Compostella e nelmese di novembre ci siamo fidan-zati.

Nel1994abbiamodecisodi spo-sarci, consapevoli del nostro limiteedellanostra assoluta incapacitàdidonarsiediamarel’altrosenzal’aiu-todel Signore, e lo abbiamo fatto fi-dandoci e credendo che Dio avevadei progetti per la nostra vita.

Abbiamovolutovivereunmatri-monio aperto alla vita, consapevoliche la vita è un dono di Dio. Il Si-gnorecihadonato6 figli (unagravi-danza si è interrotta).

Il Signore ci ha fatto capire chenon potevamo delegare il compitodi trasmettere la fede ai nostri figlisoltantoallaparrocchia,macheerasoprattutto nostro compito.

In questo ci è stato di aiuto nonsolo la partecipazione alla liturgiaeucaristica,ma,ancheesoprattutto,la liturgiadomenicaledellacelebra-zionedelle lodi con tutta la famiglia.

La liturgia èmolto semplice: do-poaver letto i salmi, si leggeunapa-roladelVangelo epoiognuno, libe-ramente, dice quello che gli è pia-ciuto. Quindi il papà aiuta i figli a

comprendere la Parola, si fanno lepreghiere, ci si scambia la pace e siconclude con la benedizione fattadal papà a ciascuno dei figli.

Abbiamo vissuto tutto questo inmezzo a mille difficoltà e alle rilut-tanze da parte dei nostri figli, so-prattutto durante l’età adolescen-ziale; ma mai ci siamo arresi, con-sapevolichelatrasmissionedellafe-de è una cosa seria. Così, come ab-biamo impostoai nostri figli adan-dareascuolaquandononvolevano,o li abbiamo obbligati ad assumerelemedicinequandoeranomalati, liabbiamo invitati “caldamente” adandare amessa oapartecipare allaliturgiadellelodi.Questoperchéan-

che noi, nelle nostre famiglie d’ori-gine, avevamo vissuto la stessaesperienza e, crescendo, abbiamosperimentato che era stata fonda-mentale per la nostra crescita spiri-tuale.

In questo contesto familiare èmaturata la vocazione di Andrea.

L’annoscorso,subitodopol’esta-te, inuna convivenza con la sua co-munità, ha manifestato la sua di-sponibilità ad entrare in seminarioper diventare sacerdote.

All’inizio la notizia ci aveva unpò presi di sorpresa, anche perchéci aveva comunicato che avrebbeintrapreso subito questo percorso,ma in fondo era una cosa che ciaspettavamo e che desideravamo:è come se lo avessimo sempre sa-puto.

Inoltre lasuaserenitàelasuade-terminazione , ci hanno convinto el’11 novembre dello scorso anno loabbiamo accompagnato in Semi-nario. La scelta di Andrea ha aiuta-to anche gli altri nostri figli a porsidegli interrogativi su quella che è laloro vocazione.

Quello che noi, come genitori,continuiamo a fare giornalmente èaffidare al Signore la vita dei nostrifigli,chiedendoGlidiaiutarliacom-prendere quella che è la loro voca-zione,consapevolicheciòchecido-na la vera gioia è fare la volontà diDio.

L ʼ A U R O R AN. 10 - Dicembre 2017

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Ogni vocazione nasce dallaTrinità e dalla coscienza dellacreazione e della redenzione:ogni cristiano è un vocato, unchiamato, perché creato da Dio,pensato con un progetto di figliodi Dio mediante il battesimo findall’eternità, redentodaGesùCri-sto con una vocazione santa, gra-zie all’azione continuadello Spiri-to Santo.

«LaChiesa,nelpiùprofondodisé,haunadimensionevocaziona-

le implicita già nel suo significatoetimologico: “assemblea convo-cata” da Dio. La vita cristiana par-tecipa a sua volta a questa stessadimensione vocazionale che ca-ratterizza la Chiesa. Nell’animo diogni cristiano risuona sempre enuovamente quel “seguimi” diGesùagli apostoli, checambiòpersempre la loro vita (cfr. Mt 4, 19)».(Benedetto XVI).

Il Concilio Vaticano II affermache«Ildoveredipromuoverelevo-

cazioni sacerdotali spetta a tutta lacomunitàcristiana,cheètenutaadassolvere questo compito anzitut-to con una vita perfettamente cri-stiana» (Optatam totius, n. 2).

La vocazione non è frutto di unprogettoumanoodiun’abile stra-tegia organizzativa. Nella sua re-altà più profonda, è un dono diDio, un’iniziativa misteriosa eineffabile del Signore, che entranella vita di una persona sedu-cendola con la bellezza del suoamore, e suscitando di conse-guenza un donarsi totale e defini-tivo aquesto amoredivino (cfr. Gv15, 9.16). Bisogna tenere semprepresente il primato della vita del-

lo spirito come base di ogni pro-grammazione pastorale. È neces-sario offrire alle giovani genera-zioni la possibilità di aprire il pro-prio cuore a una realtà più gran-de: a Cristo, l’unico che può daresenso e pienezza alla loro vita. Bi-sogna vincere l’autosufficienza eandare con umiltà dal Signore,supplicandolo di continuare achiamare molti. Ma allo stessotempo il rafforzamento della vitaspirituale attraverso la preghieradeve portare tanti giovani a iden-tificarsi sempre più con la volon-tà di Dio e a offrire una testimo-nianza più nitida e trasparente difede, di speranza e di carità.

VOCAZIONI Un dono di Diodi Cataldo Amico

Lavocazionedi nostro figlioun dono per tutta la famiglia

di Giuseppe Provenzano

Mi chiamo Giuseppe Pro-venzano,ho41annieso-no di Santa Caterina Vil-

larmosa; il Signore compie vera-mente meraviglie, rendendosipresente nella mia vita in modosorprendente.

Mai avrei pensato d’intra-prendere una simile storia, maDio nella sua infinita misericor-dia e bontà ha dischiuso un nuo-vo sentiero…

La mia esperienza cristiana,volendola fissare in un “tempo”,inizia nel 2011 a Medjugorje, do-ve sono andato grazie all’invitoche mi ha fatto il mio amico Bia-gio. In quella settimana ho com-preso l’importanza della santaMessa, dell’adorazioneEucaristi-ca, dellapreghierae inmodopar-ticolare la recita del santo Rosa-rio; fin dall’inizio ho provato unbenessere spirituale indescrivi-bile.

Da quel momento in poi Diosi fa compagno intimo nella miavita. Solitamente l’ho sempre la-sciato lontano dalle mie vicende

umane, ma oggi Lui è venuto abussare alla mia porta: «Ecco, iosto alla porta e busso, se qualcu-noode lamia voce edapre la por-ta, io entrerò da lui, e cenerò conlui ed egli con me». (Ap 3,20)

Questa prima esperienza cri-stiana di conversione mi ha por-tato a riflettere in modo nuovo: lamia storia personale e quella chesi muoveva intorno a me, assu-meva un volto del tutto inedito. IlSignore ha compiuto meraviglieravvivando in me un dono pre-ziosissimo: la fede inLui.Daque-sto momento iniziano a piovere i“Suoi segni” e grazie alla guida dipadre Vincenzo Valenza, sonoriuscito a comprenderli come ta-li. Questi segnimi hannoportato,il 4 ottobre del 2014 a varcare lasoglia del seminario, intrapren-dendo un serio cammino voca-zionale.

Dal mio ingresso sono tra-scorsi tre anni e voglio dirvi chesono felicissimo di seguire le or-me di Gesù, che fino ad oggi, gra-zie anche ai formatori del semi-nario, mi fa comprendere di con-tinuare su questa via.

«Sono felice diannunciarviche hoincontratoDio»

diGiuseppeLicciardi

Il prossimo Sinodo dei Vescovisaràdedicatoaigiovani.Lapa-rola del Vangelo è per tutti e la

sfida – la grande domanda – che laChiesa accoglie, con questo Sinodo,èquella di interrogarsi su comeapri-re strade nuove al dialogo con i gio-vani e al tempo stesso, attraverso diloro, strade nuove per il Vangelo.

A questa domanda intende ri-spondere il Cammino Regionale in-trapresodagliUffici di PastoraleGio-vanile e Vocazionale.

Per questo motivo, a Caltanisset-ta,pressoilSeminarioDiocesano,neigiorni 17/18novembre scorsi, si è te-nuto un Laboratorio di Studio per le

Equipes diocesane di Pastorale Gio-vanile e Vocazionale sul tema: Inascolto di Dio e in ascolto dell’uomo;unabellaesperienzadi comunioneedi condivisione.

Padre Emanuele Marigliano,priore al Monastero Cistercense diPra’dMill (Cuneo)ciha indicato iBa-gagli per il viaggio. Primo bagaglio,Untelescopioperalzarelatestaecon-tare le stelle. Poi, La Parola di Dio. Ilpellegrino russo scriverebbe: «I mieibeni terreni sono la bisaccia sul dor-so conunpo’ di pan secco e nella ta-sca interna del camiciotto la SacraBibbia».La testimonianza di Giusep-pe.ComeGiuseppe,capacididiscer-nimento; ciò che è generato dalla vi-ta èbenedizione, inogni caso. SiamofiglidiunPadrechesioccupaesipre-

occupa di noi. Don Giuseppe Fau-sciana,parrocoadEnna,ePadreNel-loDell’Agli, psicoterapeuta, ci hannoparlato de I nostri compagni di viag-gio.Siamochiamatiadaccompagna-re i giovani, un accompagnamentopersonale e con linguaggi nuovi.

Tre sono, infine, le parole chiavechedevonoorientare l’impegnodel-la Pastorale Giovanile e Vocazionale:sinodalità,discernimento,accompa-gnamento. Tre parole che permetto-no di accogliere la complessità delreale, la pluralità delle esperienze edeicammini, labellezzadei riflessidiluce.

La Sicilia al Sinodo

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di Giuseppe La Placa

Il 31 luglio 2008, saranno giàpassati 10annidallamortediMons.GiovanniSpeciale.Pa-

dre e maestro per tanti presbiteri ealunni formati nel Seminario dio-cesano, Sacerdote profondamenteinnamorato del suo ministero, uo-mo di notevole spessore culturale.Autoreecuratoredidiversepubbli-cazioni, a lui si devono la Bibliote-ca del Seminario e il Museo dioce-sano, fiori all’occhiello della pre-senza culturale della Chiesa nisse-na sul territorio.

In occasione della festa dell’Im-macolata Concezione, ho volutoriascoltare alcune riflessioni di p.Speciale, attingendo ad uno deisuoi interventi durante un Corso diaggiornamento del clero. In unaimmaginaria intervista postuma,gli ho posto alcune domande.P. Speciale, quali sono le immagi-ni della Madonna più presentinelle chiese della nostra Diocesi?

Delle immagini della Madre diDio presenti nella nostra diocesipossiamo distinguere due filoni:quello che si rifà alle verità teologi-che e quello legate alle devozionipraticate dal popolo cristiano, frut-to della presenza degli ordini reli-giosi, che le inculcarono e dellemissioni popolari che le ravvivaro-no.

Sono quattro le immagini ma-riane, legate alle verità teologiche,che si riscontrano nella iconografiamariana della Diocesi nissena:l’Immacolata, l’Addolorata, l’an-nunciazione, l’assunzione. Le im-magini dell’Immacolata e dell’Ad-dolorata sono presenti nella totali-tà dei comuni del territorio, l’an-

nunciazione e l’assunzione si ri-scontrano nella maggior parte.Come viene raffigurata nell’ico-nografia statuaria presente inDiocesi l’Immacolata Concezio-ne, equal è il significato teologicodi queste raffigurazioni?

Le statue dell’Immacolata van-no da quella più antica del sec.XVII, argentea, che si trova nellacattedrale, a quella indorata, delsec. XVIII, nella chiesa madre diSan Cataldo a quelle dei Biancardi,del sec. XIX, presenti in vari comu-ni della Diocesi.

L’iconografia dell’Immacolata è

quella postridentina: Maria è raffi-gurata sul globo terrestre e ha sottoi piedi il serpente e la falce di luna.

Sola e trionfante, si innalza so-lenne e umile, protesa in alto, conle movenze di una colonna tortileche sembra immergersi nel cielo.Le suebraccia o si stringono in am-plesso sul petto o si uniscono dol-

cemente in preghiera. È un’imma-gine, questa, cheha lontane tutte lediscussioni sul peccato originale enon è sfiorata dalle diatribe dei la-bisti e dei sinelabisti, accese primadella proclamazione dommaticadell’immacolato concepimento. Èla Vergine, sicura e libera, tutta perDio e tutta in mezzo al suo popolo,immaginedi santità e idealedi ognibellezza interiore.

Le braccia protese in amplessorichiamano l’amplesso dell’amoreallo Spirito Santo, di cui Maria è lasposa, manifestano l’abbraccio ditenerezza e abbandono a Dio, che

l’ha eletta e amata.Così canta una strofe della po-

polare coroncina all’Immacolata,dello stellario: «O concetta imma-colata, fosti eletta dal gran Padre,del Suo Figlio degna madre, fra leamate la più amata».

Maria è l’amata di Dio. È perquesto che intercede per il suo po-

polo e le sue mani si stringono insupplicepreghiera,perché l’Imma-colata, regina vittoriosa e madreamabile, non dimentica i suoi figli,che sollevano verso di lei i loro oc-chi «gementi e piangenti in questavalledi lacrime».Maèanche l’idea-le di bellezza del femmininopiù al-to. Non è a caso l’epiteto marianopiù significativodatodalnostropo-polo è stato quello di bedda matri.La bellezza in questa sempliceespressione diventa un assolutocompleto e insuperabile, fascinosoe trascinante.

Aquestabeddamatri,all’Imma-colata, si ispirarono associazionifemminili, quali le Figlie di Maria,che l’idealedellapurezza,dellaver-ginità e la gioia dell’amare Dio sep-peroadditare comeperfezionedel-la donna.Oltre alle statue, abbiamo ancheesempi iconografici pittorici nel-le chiese della Diocesi?

L’iconografia dell’Immacolata,nella Diocesi, è in genere statuaria.Abbiamo due esempi pittorici diparticolare significato: la paladiVi-to d’Anna nella chiesa dell’Imma-colata di Serradifalco e quella diTommasoPollace, nella chiesama-drediSantaCaterina,malealtreso-notuttestatue.LapaladiVitoD’An-na, nei suoi colori fulgidi, nell’at-mosfera radiosa manifesta la cer-tezza della verità mariana, profes-sata dal nostro popolo ancor primadella definizione dommatica di PioIX. La pala di Tommaso Pollace aSantaCaterina è un’ecodella devo-zione popolare che s’appuntò nellacontemplazione diMaria Immaco-lata. Sono presenti nel quadro tan-ti segni delle litanie, segni che sonogioielliappuntatisuunmantoidea-le e invocazioni elevate con cuoreestasiato: la stelladelmattino, la ro-sa mistica, la torre di avorio.Perché le statuedell’Immacolata,quando venivano portate in pro-cessione,venivano rivestite di unmanto regale?

Nellasolennitàenellaprocessio-ne annuale, queste statue venivanorivestitediungranmantoregalechericopriva tutto il simulacro. Il man-to, però, non era solamente segnodella regalità, proclamataper lama-dre del Signore, ma aveva un signi-ficatopiùprofondo, che sottolinea ilrapporto di Maria con Dio. Il mantoera un richiamo alle parole del pro-feta Isaia: «La mia anima esulta nelmio Dio, che mi ha vestito della ve-ste della salvezza» (Is. 61,10-11). Ilmanto come segno della grazia, co-me manifestazione di quelle paroleche l’angelo le aveva detto nell’an-nunciazione: «Lo Spirito Santoscenderà sudi te, sudi te stenderà lasuaombralapotenzadell’Altissimo»(Lc 1, 34-35).

L ʼ A U R O R AN. 10 - Dicembre 2017

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La solenne definizione del dogmadell’Immacolata Concezione da partedi Pio IX l’8 dicembre 1854, è il risulta-to di un lungo processo dove conflui-scono tre forze portanti: il popolo cri-stiano con il suo sensus fidei, i teologicon la soluzione dei nodi dottrinali e ilmagistero della Chiesa che si pronun-cia in forma definitiva. Quando Mariafu chiamata a diventare Madre del Fi-glio di Dio, lo Spirito Santo la santificòprimacheLuiprendessedimora inLei.La liberò daogni colpa, affinchépotes-

se essere levata al di sopra di ogni ma-le, e Lui potesse abitare santamente inLei.

Una storia che da sempre ha avutocomeunicaprotagonistaMaria.Diver-se nel tempo sono state le interpreta-zioni fatte dai teologi, i quali, dovendoconsiderare due dottrine, da una parteil peccato originale, d’altra la necessitàdella redenzione, non sapevano comecongiungerli alla Madre Immacolata.

I Frati Domenicani insieme agliAgostiniani ritenevano che, l’atto co-

niugale, inficiato dalla concupiscenza,non era senza peccato, quindi non po-tevagenerareunacreaturasenzacolpa.Il nodo teologico viene sciolto in etàscolastica dal concetto di redenzionepreservativa,dal francescanoGiovanniDuns Scoto, il cui merito è aver legatol’Immacolataalla soteriologia.PerSco-to l’Immacolata concezione non è dainterpretarecomeun’eccezioneallare-denzionediCristo,macomeuncasodiperfetta e più efficace azione salvificadell’unico mediatore.

Tota pulchra es Maria sine maculadi Rafael Rivera

Ri...vestitad’argentodi Gaetano Canalella

L’8Dicembre1987, ilVesco-voMons.AlfredoMariaGarsia,di veneratamemoria, pronun-ciandol’omeliadurantelaSan-ta Messa Pontificale così siesprimeva: «Lo scorso anno civide stretti attorno all’immagi-ne della nostra Immacolataspogliata dei suoi ornamenti,umile nella sua veste di legnogrezzo. Quest’anno ce la ritro-viamo nello splendore dellavestenuovachel’amoreelade-vozionedei fedelihannogene-rosamente ricomposto. Sianorese grazie aDio». Sonopassa-

ti trent’anni,maancoravivo ri-mane tra i fedeli nisseni il ri-cordodi quello sfregio alla sta-tuadell’Immacolata,conil fur-to sacrilego del suo rivesti-mento d’argento cesellato,consumatosi nella notte tra il20 e il 21 novembre 1986. Unagrande commozione e ungrande sdegno pervasero icuori dei nisseni allo spargersidella notizia in città. Avvertitodal Parroco Can. Rosario Sal-vaggio, ilvescovo,dibuonmat-tino, si recò in Cattedrale perconstatare il fatto e dopo di luinumerosissimi fedeli che manmanovi accorrevano, tra lacri-me e preghiere.

Nella seratadidomenica10maggio 1987, al termine dellaGiornatadellaGioventù, lasta-tua dell’Immacolata, dopo ilrestauro della veste argentea,eseguito a Palermo dalla DittaScafidi e Amato, ha fatto ritor-no in Cattedrale, partendo inprocessionedallachiesadiSanMichele. Mons. Garsia, allapresenza di una enorme folla,l’ha accolta solennemente, re-citando una bellissima pre-ghiera dal lui composta per lacircostanza. In essa, tra l’altro,cosìdiceva:«AveMaria…Ilpo-polo cristiano di Caltanissettasi stringe attorno alla tua im-magine restaurata e, oggi, piùbella che mai. …Oggi tutti sia-mo pieni di esultanza e il no-stro cuore è ricolmo di gioia».E proseguiva pregando per igiovani, le famiglie, per la cittàe per tutti i suoi problemi.

L’Immacolatala Bedda Matri

LʼIMMACOLATA

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di Piero Cavaleri

Sono certo che il 13 novem-bre di quest’anno passeràallastoriadelcalcioitaliano

come il giorno della “grande delu-sione”.Dopooltre sessantaanni,uncampionato mondiale di calcio sa-rà giocato senza la nazionale italia-na,inpassatogiàquattrovoltecam-pione del mondo. Tutti convengo-no che peggio di così non potevaandare.Èstatapropriouna“grandedelusione”! E non solo per gli ap-passionati di calcio. L’evento, tutta-via, è pur sempre una buona occa-sione per riflettere. Non tanto suitravagliatidestinidelcalcioitaliano,chedi certonon sono innostropo-tere, quanto piuttosto sulla non in-frequente esperienza della “delu-sione”, che findapiccoli fa capolinonella nostra ordinaria quotidianità.Nell’infanzia iniziano a deluderci icompagni di gioco, poi gli amoriadolescenziali, gli amicidel cuoreei parenti più fidati, poi ancora i col-leghi di lavoro, senza parlare delpartner che ci siamo scelti o dei fi-gli che abbiamo tanto atteso o del-lacarrieraper laqualecisiamotan-to sacrificati. L’esperienza della de-lusione si rivela presto una fedelecompagnache,comeun’ombra in-separabile, ci insegue in ogni mo-mentoe inogniambitodellanostravita. Ma cos’è la delusione? Qualisonoledinamichepsicologichechela producono?Comecadiamonel-le sue dolorose trappole? In chemodo possiamo liberarcene? Ri-spondere a questi interrogativi puòaiutarci a stare bene con noi stessi,a migliorare la qualità dei nostrirapporti congli altri, a saperaffron-tare nel modo migliore gli inevita-bili “scacchi” che all’improvviso cifrustrano. Partiamo dalla conside-razionepreliminare che la delusio-ne fa parte integrante della vita e

che rimanere prigionieri di essanon serve a nulla. Poi soffermia-moci a considerare che più elevatesono le nostre aspettative, spessonutrite oltre ogni oggettivo reali-smo, e più cocenti e dolorose sa-ranno lenostredelusioni. Sia che sitratti di una persona, dalla quale ciattendiamo amore, comprensione,aiuto, sia che si tratti di un partico-lare evento, da cui facciamodipen-dere importanti aspetti dellanostra

vita,ladelusioneciferiscenellapro-porzione in cui abbiamo investitoaspettative infondate. Una primaregola, dunque, consistenelprova-re ad essere quanto più possibile“realistici”, ponendoci nei confron-tidipersoneedavvenimenticonunsano ed equilibrato distacco, senzaidealizzare troppo, senza ignorarefrettolosamente i limiti che accom-pagnano ogni essere umano. Spes-so i nostri bisogni, i nostri desideri,

i nostri progetti ci condizionano atal punto da non vedere con sere-na obbiettività gli altri, finendo co-sì per “proiettare” su di essi le no-stre arbitrarie egratuite aspettative.L’immancabile trappoladelladelu-sione,nellaqualepoicadiamo,nondipende dagli altri, ma dalla nostrascarsa lucidità,dallanostrasuperfi-ciale tendenza a non tenere in suf-ficiente conto i limiti o le differenzealtrui. Cosa fare una volta caduti inquesta trappola?Comeusciredallasua prigionia? Ogni delusione è unpo’ come un “microlutto”. A morirequi è qualcosa o qualcuno in cuiavevamo intimamente creduto esperato. Come ogni esperienza dilutto, anche la delusione va attra-versata,vaelaborataesuperata.Co-me nel lutto, occorre andare oltre.

Fermarsi a “ruminare”, rimestarenel passato, guardare indietro, nonci aiuta. Serve soloa farci tantoma-le, a renderci ancora più prigionie-ri di personeo eventi chenon sonopiù in nostro potere o, forse, non losonomaistati.Unasecondaregola,allora,è“nonruminare”,provareadandare oltre la delusione senza ri-manerne impigliati, senza darle ilpotere di compromettere le nostrepotenzialità, il nostro futuro. Comequando si elabora un lutto, è fon-damentale prendere atto che, no-nostante tutto, la vita continua econtinuano ad essere per noi di-sponibili tante risorse, tante pre-senze positive, tante preziose op-portunitàdacoglierealvolo.Si trat-ta di saper reagire, di saper espri-mere quella che gli psicologi chia-mano“resilienza”,cioèlacapacitàdirispondere alle avversità della vita,alledifficoltàchesembranoschiac-ciarci, alle delusioni che sembranostroncare tutte le nostre speranze.Difronteadogni“scacco”,possiamoiniziare sempre una nuova partita,abbiamo il potere di ricominciared’accapo, possiamodarci unanuo-va possibilità, possiamo ancora“perdonarci” per avere sbagliato econcederciulterioriopportunità. Sitratta di riuscire, con lenostre forzee con l’aiuto degli altri, a riorganiz-zarelanostravita,asapertrarreele-menti positivi da situazioni negati-ve, ad attivare ilmeglio delle nostrepotenzialitàper fronteggiareavver-sità solo in apparenza insormonta-bili. Inogni tempoed inogni luogo,l’essere umano ha saputo superarele tragedie più immani imparandoa trasformare ogni vincolo in unapossibilitàdievoluzione,ogniosta-colo in una opportunità di crescita.La terza regola, per concludere,consiste per intero nel trasformarei lacci della delusione in preziosespinte di rinascita.

L ʼ A U R O R AN. 10 - Dicembre 2017

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Padre Arcangelo Tummi-naro eranato aResuttano il 21marzo 1932 da Salvatore e Lo-renza Miserendino. Bettezza-to a Resuttano da Padre Co-stantino Alberti (di cui, in se-guito, è stato viceparroco per13 anni), ha ricevuto il sacra-mento della Cresima dal Ser-vo di Dio Mons. Giovanni Ja-cono nel 1941.

Ordinato Sacerdote il 29giugno del 1957, fino al 1961 èstato vicario collaboratore aVallelunga e dal 1961 alla Ma-drice di Resuttano. Nel 1974Mons. A. Maria Garsia lo hanominato Arciprete parrocodella Madrice di Resuttano,incarico che ha mantenuto fi-no al 2007.

Sin dai primi anni di sacer-

dozioaderìallaSpiritualitàdelMovimento Pro Sanctitatefondato da Mons. GuglielmoGiaquinta.Nella suapastoralesi ispirò sempre alla spirituali-tàdelMovimento, cercandodirealizzare nella comunità par-rocchiale lo stile e l’ideale del-la Chiesa del Cenacolo.

È stato tra gli ideatori delperiodico “Comunità in Cam-

mino” e dell’’Associazioneculturale In Itinere.

Nel corso del suo ministe-ro sacerdotale ha promossonumerosi gruppi di formazio-ne e catechesi, di volontariatoe di impegno missionario, haincentivato le attività del-l’Oratorio parrocchiale; ha ri-lanciato la vita delle Confra-ternite di San Giuseppe, del-l’Addolorata e del SS. Sacra-mento aprendole al ramofemminile.

Il 12 dicembre 2017, dopouna lunga malattia, è tornatoalla Casa del Padre.

Un modello di pastore e sacerdotePadre Tumminaro è tornato alla Casa del Padrea cura della Redazione

La grandedelusioneUna spinta per rinascere

È fondamentaleprendere atto che,nonostante tutto, la vitacontinua e continuanoad essere per noidisponibili tante risorse,tante presenze positive,tante prezioseopportunità da cogliereal volo

La mia storia ha iniziato ainteressare sempre piùdopo che un mio post è

cominciato a circolare su Face-book nelle scorse settimane. So-no Flavia, una ragazza nissena di32 anni, affetta daTalassemia In-termedia e in questo periodo misto sottoponendo a trasfusionedi sangue ogni tre settimane perportare avanti la mia secondagravidanza.

Miomarito,Andrea, è ricerca-tore Telethon presso l’IstitutoSan Raffaele Telethon per la Te-rapia Genica (SR-Tiget) di Mila-no, città in cui viviamo dall’ini-zio degli studi universitari,ma inrealtà siamo entrambi originari

di Caltanissetta: ci siamo cono-sciuti 16 anni fa tra i banchi discuola del Liceo Classico “PietroMignosi”.

L’interesse per la nostra storiaprobabilmentenascedauntemache ci accomuna: la donazione.Andrea, lo scorso 17 dicembre èstato ospite presso la trasmissio-ne “Quelli che il calcio” su Rai2in occasione della maratona Te-lethon per sensibilizzare alle“donazioni” per la ricerca. L’in-tento del mio post su Facebook,che ad oggi ha raggiunto più di450 condivisioni e oltre 1000 li-ke, era ringraziarepubblicamen-te i donatori di sangueperché, senon fosse per loro, io non potrei

portare nel mio grembo un’altravita, correrei troppi rischi a cau-sa della mia patologia. Il loro ge-sto, quindi, racchiude qualcosadi veramente prezioso: il sangue

donato non salva soltanto dellevite, ma è portatore di vita!

Vorrei che tutti sapessero lagioia che si prova a ricevere unregalo così bello: il sangue non si

può produrre in laboratorio, mapuò essere solo raccolto attra-verso la generosità delle perso-ne. Ultimamente si sentonosempre più spesso appelli percercarenuovi donatori di sanguema io voglio innanzitutto ringra-ziare chi dona, perché con il lo-ro gesto permettono a me e amoltissime altre persone (anchecon patologie diverse dalla mia)di condurre una vita normale.

Mi è sembrato doveroso scri-vere quelle parole. Spero, nelmiopiccolo, di aver fatto qualco-sa di utile, sensibilizzando nuo-ve persone alla donazione.

Vorrei anche dare testimo-nianza del fatto che di fronte al-la malattia non bisogna mai ar-rendersi: oltre a mamma sonounagrandesportiva, amo ladan-za, svolgo una vita tutto somma-to normale e ho imparato a ge-stire e convivere con la Talasse-mia senza permetterle di abbat-termi.

Flavia Spagnolo

«Sono affetta da talassemia e aspetto il secondo figlio»Flavia e Andrea dai banchi del “Mignosi” a “Quelliche il calcio” per raccontare il miracolo dellʼamoree incoraggiare la donazione del sangue

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di Eugenio Guccione

Da qualche anno soffianofunesti venti di guerrasull’umanità, che rischia

di estinguersi, per causa propria, inuna conflagrazione universale. Ilmondo è nelle mani di irresponsa-bili, i quali scherzano con il fuoco.Costoro non si rendono conto del-l’incendio che, da un momento al-l’altro, potrebberoprovocare. Inunoscenario, turbato in maniera tragicadal terrorismo dell’Isis, il ruolo diprotagonisti è svolto da due Capi diStato che occupanoposizioni politi-che ideologicamente agli antipodi:Kim Jong-Un, guida suprema dellaRepubblica Popolare Democraticadella Corea del Nord, di fatto unaferrea dittatura; e Donald Trump,presidente degli Stati Uniti d’Ameri-ca, espressione della più stabile de-mocraziaesistentesulla faccia terre-stre.

Non è affatto un conflitto tra dueforme di governo contrarie e incon-ciliabili, bensì lo scontro di due uo-mini, caratterialmente simili, che,affetti da allucinazione di onnipo-tenza, pretendono emergere perdettare le regole di comportamentoagli altri Paesi. Il primo vuole, aqualsiasi costo, crearsi uno spaziocome potenza nucleare, il secondolo contrasta in nome dei valori e deipopoli dell’Occidente. Da qualchesettimana Trump, fedele alla paroladata ai suoi elettori d’origine ebrai-ca, si èaccollatoancheunaltrogros-so impegno, ossia quello di trasferi-

re l’ambasciata americana da TelAviv a Gerusalemme, riconoscendocon tale decisione la Città Santa co-me capitale d’Israele.

La tensione, intanto, è semprepiù alta. Si è spostata dall’area «Co-readelNord-Usa»allavastazonadelMedio Oriente, laddove la reazionedei palestinesi contro il presidenteamericano è stata immediata e pe-sante. Essi reclamano Gerusalem-me - la cui estensione occupa il luo-go sacro della Spianata delle Mo-schee - come capitale dell’ambitoStato. Gli ebrei, per la loro parte, daoltre tremila anni considerano Ge-rusalemme la loro capitale religiosaepolitica, le cui radici affondanonelRegno di Israele del re David e nelRegno ebraico degli Asmonei. Ma,indipendentemente dalle loro più omeno legittime ragioni, la decisionedi Trump, «elettoralistica» nell’odo-

re e nel sapore, non può non essereritenuta, almeno oggi, affrettata,inopportuna e imprudente. In unmomento in cui la Terra e la stessaAmerica sono dilaniate da una «ter-za guerra mondiale a pezzi» e dallescellerate iniziative di Kim Jong-Unè quanto mai pericoloso buttare al-tra benzina sul fuoco.

Il dittatore nordcoreano non de-siste dal suo folle tentativo. Potrebbeanche approfittare della debolezzadell’Occidente, aggravata da altrecrisi. Egli è cocciutamente intenzio-nato a sfidare le potenze internazio-nali e, prima fra tutte, gli Stati Uniti.Si diletta a giocare con i missili, cosìcome i bambini si divertono con la

fionda a fare giungere il tiro del sas-solino il più lontanopossibile.Certo,non dispone dei mezzi per vincerel’ardua gara. La sua macchina mili-tare, nel complesso, è sgangherata enonriesceagarantire il governo.Eglinonè ingrado,per l’inefficienzadel-la sua classe dirigente, di ergersi nelconsessodeiGrandi. Si esercita, gra-zie a una tecnologia missilistica im-portata, a mostrare i muscoli. Il sa-trapo dal «volto infantile», tuttavia,può solo fare e farsi del male. E ba-sterebbe anche un imprevisto inci-dente, fuori dello stesso programmanucleare, a scatenare un cataclisma.Donald Trump, a sua volta, per no-stra fortuna, è incastrato in un siste-madicontrolli enonpotràmaipren-dere iniziative personali. Ma, qualo-ra la situazione dovesse precipitare,l’apparatopoliticoemilitarestatuni-tense non potrebbe non mettere inatto adeguati contraccolpi.

I ripetuti allarmi e le esortazionialla «saggezza e alla prudenza» delPontefice sono, purtroppo, «vox cla-mantis in deserto». Non sono rece-piti dalle orecchie di Kim e Trump,nonché di molti altri Capi di Stato,schierati come in concerto a loro fa-vore o contro. La visione di PapaFrancescoèrealistica.Egli,massimaautorità morale dei nostri tempi, è aconoscenza, più di chiunque, dellagrave situazione in cui versa l’uma-nità. E ciò, per le informazioni a luiprovenienti dalla retemondiale del-le Diocesi e delle agenzie diploma-tiche della Santa Sede. Sulle suespalle pesa il senso di responsabili-tà di essere investito da una missio-ne apostolica senza confini e senza

distinzione di stirpe e di colore. Eglinonpuòenondeve starsenezitto. E,da buonpastore, insiste sulla neces-sità della preghiera filtrando la suapreoccupazione tramite parole difede e di speranza in un Dio miseri-cordioso, incline a correggere prov-videnzialmente le scelte sbagliatedegli uomini e a permettere, mal-grado tutto, la vittoria del bene.

La stragrande maggioranza degliStati vive ancora allo stato di natura,analogo a quello descritto da Tho-mas Hobbes per gli uomini primiti-vi, tra i quali si sarebbe scatenata laguerra di tutti contro tutti (bellumomniumcontraomnes) eogniuomosi sarebbe comportato da lupo nei

confronti del proprio simile (homohomini lupus). E solo il recuperodella ragione li avrebbe spinti a unaccordo per stabilire la pace e sal-varsi la vita. Così per gli uomini, an-che per gli Stati. L’assenza della ra-gione genera il delirio del potere.Don Luigi Sturzo, per il quale il 24novembre scorso si è chiusa la fasediocesana del processo di beatifica-zione e di canonizzazione, ammet-teva la possibilità di un superamen-to della belligeranza tra gli Stati. Edera solito esprimere il suo pensierotramite il seguente sillogismo: «l’uo-mo, per sua natura, è un essere ra-zionale; la guerra, di per se stessa, èun fenomeno irrazionale; l’uomo,sviluppando la sua razionalità, èportato di conseguenza a ripudiarela guerra». Parole di un ServodiDio,che, sacerdote, si dedicò alla politi-ca per amore del prossimo e per larealizzazione del Bene Comune.

di SalvatoreFalzone

Un uomo politico, Giorgio LaPira, a metà del NovecentoriflettevasulneonatoStatodi

Israele. Il sindaco di Firenze invitava anutrire «la speranzapaolina della “pie-nezzadelle genti” edella “pienezzade-gli ebrei”» (lett. del 21 sett. 1964). Il suodiscorso teneva conto pure della “pie-nezzadeipalestinesi”.Eglieraconsape-vole della complicata geopolitica delVicino Oriente e avvertiva la rivelazio-nediDioperorientalemviamcomedo-noper tutti ipopolichesiaffaccianosulMediterraneo.

Nel suo carisma politico si innesta-vano tre visioni. Egli recepiva l’imma-gine storica della sua Sicilia, come pic-colo continente aperto; influiva la suacittà natale – Pozzallo – posta vicino almare; poi, la città degli studi: Messina,punto d’incontro fra isola e penisola.TrasferitosiaFirenze,LaPirarilanciò lacittàdelRinascimentoqualeculladiunnuovo umanesimo per le nazioni.

Volle unire le città per unire le na-zioni; dalla base delle comunità, in-cluse quelle in odor di comunismobianco, si protendeva verso l’alto del-le democrazie liberali. Egli era pureispirato da una visione escatologicadella storia da testimoniare nelle offi-

cine, nelle case, negli uffici, nelle cam-pagne.

L’altravisioneglieraderivatadaldi-ritto romano. Il rapporto con la civiltàclassica aveva trasmesso a La Pira ilsenso della vocazione universale del-la civitas humana e il senso della ro-

manitas, come polo di aggregazionedelle etnie e delle civiltà. Qui il contri-buto dell’Europa occidentale in favo-re dei popoli e delle Chiese d’Oriente,balcaniche o arabe; in breve per occi-dentalem viam assimilare un’alta sa-pienza giuridica.

C’è infine un’altra visione che deri-vava dalla fede cristiana. In La Pira siconsolidava il concetto di una Palesti-na come culla abramitica di civiltà, re-ligioni ed etnie; c’era di mezzo la visio-ne euro-atlantica, emersa nel secondodopoguerra. Una Gerusalemme chegiunge a piena maturità sociale, èquantosalterebbevia,ignorandolosta-tus giuridico, sancito dal diritto inter-nazionale,per lacittàdelle tre religioni.

Un titanismo statunitense, centratosugli interessi economici angloameri-cani,minalasolidarietàatlantica;lapo-licy di Donald Trump non si conciliacon gli orientamenti internazionali perun’equa politica in Terra santa, anchese si attendono tempimaturi per vede-re Israele riconosciuto in pieno sensopolitico dal suo alleato americano.

L ʼ A U R O R AN. 10 - Dicembre 2017

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DIRETTORE RESPONSABILE

Giuseppe La Placa

REDAZIONE

Crispino Sanfilippo - Andrea Miccichè

TELEFONO

0934 21446

SITO WEB

www.diocesicaltanissetta.it

PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE

Salvatore TirritoCuria Vescovile Caltanissetta

STAMPA

Tipolitografia Paruzzo - Caltanissetta

Accogliererichiamal’esigenzadiampliare le possibilità di ingressolegale,dinonrespingereprofughiemigrantiverso luoghidove liaspet-tano persecuzioni e violenze, e dibilanciare lapreoccupazioneper lasicurezza nazionale con la tuteladei diritti umani fondamentali. LaScrittura ci ricorda: «“Non dimen-ticate l’ospitalità; alcuni, pratican-dola, hanno accolto degli angelisenza saperlo». (Eb 13,2).

Proteggere ricorda il dovere diriconoscere e tutelare l’inviolabiledignità di coloro che fuggono daunpericolo reale in cerca di asilo esicurezza, di impedire il loro sfrut-

tamento. Penso in particolare alledonne e ai bambini che si trovanoin situazioni in cui sono più espo-sti ai rischi e agli abusi che arriva-no fino a renderli schiavi. Dio nondiscrimina: «Il Signore protegge lostraniero, egli sostiene l’orfano e lavedova» (Sal 146,9).

Promuovere rimanda al soste-gno allo sviluppo umano integraledi migranti e rifugiati. Tra i moltistrumenti che possono aiutare in

questo compito, desidero sottoli-neare l’importanzadi assicurareaibambinieaigiovanil’accessoatut-ti i livelli di istruzione: in questomodo essi non solo potranno col-tivare e mettere a frutto le propriecapacità, ma saranno anche mag-giormente in grado di andare in-contro agli altri, coltivando unospirito di dialogo anziché di chiu-sura o di scontro. La Bibbia inse-gna che Dio «ama lo straniero e gli

dà pane e vestito»; perciò esorta:«Amate dunque lo straniero, poi-ché anche voi foste stranieri nelpaese d’Egitto» (Dt 10,18-19).

Integrare, infine, significa per-mettere a rifugiati e migranti dipartecipare pienamente alla vitadella società che li accoglie, in unadinamica di arricchimento reci-proco e di feconda collaborazionenella promozione dello sviluppoumano integrale delle comunitàlocali.ComescriveSanPaolo:«Co-sì dunque voi non siete più stra-nieri néospiti,masiete concittadi-ni dei santi e familiari di Dio» (Ef2,19).

Migranti e rifugiati in cerca di pace“Quattro parole” dal Messaggio del Papa per la 51a giornataMondiale per la Pace

Kim e Donald: dueuomini affettida allucinazionescherzano col fuocoe lʼumanità rischia

Saggezza e prudenzaper evitare la guerra

Giorgio La PiraPer orientalem via

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