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AUGURI Con il 2018 si conclude per Itaca il biennio di esclusione dai benefici dei contributi all’editoria per la stampa diffusa anche all’estero; esclusione determinata da una norma assurda della nuova Legge entrata in vigore poco più di un anno fa. Abbiamo accettato la scommessa di andare avanti ugualmente, nonostante le infinite difficoltà. E a ciò si unisce ora la minaccia dei nuovi governanti di ridurre del 75%, nei prossimi tre anni, i contributi alla stampa italiana diffusa all’estero. Come sarà allora per questo giornale il 2019? Non lo sappiamo. Dipenderà dai nostri lettori, dai nostri abbonati, da chi vorrà unirsi a noi in Calabria, in Italia, all’estero, per mantenere vivo questo filo, esile, ma che fa della nostra regione un mondo senza confini. A tutti l’augurio di un anno felice 2 Un cronista da “terza pagina” 3 Il futuro prossimo venturo 8/9 MondoPeperoncino Venticinque anni piccanti 4/5 Ninì Sapone artista e collezionista affascinato dalla magia del Presepe 6/7 La ‘piazza’ di Mimmo Rotella tra “strappi” famosi e opere inedite 10 Un calabrese ‘testa dura’ al vertice del Parlamento australiano 11 In ricordo di Padre Rocco Benvenuto 12 Saluti da San Giovanni in Fiore La Calabria nel mondo il mondo della Calabria PERIODICO TRIMESTRALE - ANNO X - N. 44 - Novembre/Dicembre 2018 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abb.to postale D.L. 353/03 (conv. in L. n. 46 del 27/02/2004) art.1 comma 1 C/RM/25/2017 In caso di mancato recapito inviare al CMP - via Affile 103 - Roma per la restituzione al mittente previo pagamento resi

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AUGURICon il 2018 si conclude per Itaca il biennio di esclusione dai benefici dei contributi all’editoria per la stampadiffusa anche all’estero; esclusione determinata da una norma assurda della nuova Legge entrata in vigore

poco più di un anno fa. Abbiamo accettato la scommessa di andare avanti ugualmente, nonostante le infinite difficoltà.E a ciò si unisce ora la minaccia dei nuovi governanti di ridurre del 75%, nei prossimi tre anni,

i contributi alla stampa italiana diffusa all’estero. Come sarà allora per questo giornale il 2019? Non lo sappiamo.Dipenderà dai nostri lettori, dai nostri abbonati, da chi vorrà unirsi a noi in Calabria, in Italia, all’estero,

per mantenere vivo questo filo, esile, ma che fa della nostra regione un mondo senza confini.A tutti l’augurio di un anno felice

2 Un cronista da“terza pagina”

3 Il futuroprossimoventuro

8/9 MondoPeperoncinoVenticinqueanni piccanti

4/5 Ninì Saponeartistae collezionistaaffascinato dallamagia del Presepe

6/7 La ‘piazza’di Mimmo Rotellatra “strappi” famosie opere inedite

10 Un calabrese‘testa dura’al vertice del Parlamentoaustraliano

11 In ricordodi Padre RoccoBenvenuto

12 Saluti daSan Giovanniin Fiore

La Calabria nel mondoil mondo della Calabria

PERIODICO TRIMESTRALE - ANNO X - N. 44 - Novembre/Dicembre 2018 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abb.to postale

D.L. 353/03 (conv. in L. n. 46 del 27/02/2004) art.1 comma 1 C/RM/25/2017In caso di mancato recapito inviare al CMP - via Affile 103 - Roma

per la restituzione al mittente previo pagamento resi

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ANNO XI - n.44 - Novembre/Dicembre 2018 2 ANNO XI - n.44 - Novembre/Dicembre 2018 3

S tiamo vivendo unarivoluzione scientificae tecnologica di enorme

portata. Siamo sommersi ognigiorno da notizie che promettonoviaggi interplanetari e catastrofiterrestri, intelligenze artificialiche ruberanno il lavoro agli umani,clonazioni di varie specie animali,invenzioni spesso improbabili.C’è grande curiosità sul futuroprossimo perché siamo ormaiconsapevoli di vivere un’epocadi trasformazioni rapide e profonde,grazie a un progresso che anno dopoanno cresce, accelera, arricchiscela nostra quotidianità. Allo stessotempo, stiamo perdendola capacità di immaginare e, forse,anche di sognare. A differenzadi quanto è accaduto per secoli,con la mitologia, la letteratura,la cinematografia di fantascienzasembra che oggi l’uomo abbiameno possibilità di esercitarela fantasia.Tutto è già stato realizzato?Nessuna ispirazione per un nuovoJules Verne, che viaggiava in altrimondi e al centro della Terrasenza scomodarsi dal suo studio,o per un altro Asimov,le cui profezie letterarieispirarono davvero gli scienziati?

Intanto sappiamo che oggi quasinulla è impossibile. Basta la giustadose di risorse finanziariee il genio dell’essere umano.Per dar conto di queste incredibilitrasformazioni, con il giornalistae scrittore Francesco De Filippo,negli ultimi tre anni ho esploratoil mondo della ricerca scientifica

e il risultato di questo lungoe interessante viaggio è un libro,edito da Giunti pochi mesi fa:Prossimi umani.Sia io sia De Filippo non siamoscienziati, ma da sempre ci animala passione di interpretare la realtà

e il presente con il patrimoniodella cultura e della scienzaper poi raccontarli con obiettivitàe - speriamo - profondità.Qualche anno fa, quindi,ci siamo chiesti: cosa vedràun bimbo nato nel 2018 nell’epocadella sua maturità?Come sarà il mondo fra venti anni?Questo orizzonte temporaleè la misura giusta per seguiretracce di futuro attendibilie verificabili, per non caderenella trappola del sensazionalismoe della “futurologia”.Abbiamo poi individuato trediciscienziati ed esperti che, in tutti

i campi della ricerca, ci potesserospiegare le novità prossimeventure.Gli intervistati ci hanno raccontatocome, a differenza del passato,è finalmente possibile costruireoggetti e materiali “atomo peratomo”; analogamente, sappiamooperare sul DNA con operazionidi “taglia e cuci” personalizzate;andremo su Marte (fra non menodi 20 anni) ma intanto lavoranolì per noi dei robot esploratori;riusciremo presto a fareil download dell’attivitàdei neuroni su un computer…

Notizia dopo notizia, emergesicuramente l’ottimismoe l’entusiasmo degli scienziaticoinvolti.Ma sarebbe ingenuo sottovalutareanche certi timori, alcuni dei qualisollevati anche dai nostri primilettori e da quanti abbiamo avutol’occasione di incontrare nellepresentazioni del libro.I cambiamenti, specie se prossimi,generano prima curiositàe poi allarme.Rischiamo davvero di perderequalche grado di umanitànell’utilizzare, per esempio,esoscheletri o nell’essere indotti

a orientare la nostra esistenzasecondo le indicazionidi un algoritmo?Riusciremo a trovare soluzionivalide allo sfruttamentodel pianeta che ci ospita?I nostri interlocutori sono statidisponibili e chiari, segnoche anche la comunità scientificaha ormai intenzione di comunicarecon la collettività in modo piùcomprensibile e divulgativorispetto al passato.Ogni incontro ci ha arricchitoe non sono mancate alcunedifficoltà.

ma ci rincuora sapere che sonoin tantissimi a essere indignati.Sotto la sua guida, il contributoitaliano ai progetti sulla StazioneSpaziale Internazionale (ISS)è stato palese, soprattutto graziealla presenza di SamanthaCristoforetti e di Luca Parmitanoe con gli esperimenti che hannoportato avanti.Nel libro abbiamo inseritoun capitolo anche su UmbertoGuidoni, primo astronauta europeoa “vivere” nella ISS: con lui,oltre che di quantistica e gravità,abbiamo sforato nella fantascienzaed è stato utile per capire le teoriepiù ostiche. Un ostacolo, in questo lavoropreparatorio, ha riguardatola presenza femminile.Lungi dal voler rispettarele “quote rosa”, ci siamo tuttaviaresi conto che la presenzadi donne in ruoli apicalidella ricerca nel nostro Paeseè davvero esigua.Abbiamo però imbarcatonel progetto Marina Cobal,responsabile di uno dei progettipiù importanti del Cern di Ginevra;una fisica che conosce perfettamenteil più grande acceleratore almondo - quello che ha permessola scoperta del bosone di Higgs– e, come tutti, è riuscita a spiegarequeste meraviglie con semplicitàe passione.Il nostro libro ha un taglionettamente informativo(non ci sono equazioni né grafici)e, soprattutto, è un librodi domande. Non solo quelle danoi formulate per gli esperti.Dalla carrellata di notizie, spiegazioni,prospettive si avverte la rapiditàdello sviluppo e ci si accorgeche qualche finestra sul futuroha uno spiraglio già aperto.

Mi ha colpito molto la chiarezzadi Roberto Cingolani, direttorescientifico dell’Istituto Italianodi Tecnologia: in meno di un’oraci ha permesso di riempire paginee pagine di previsioni su un futuromigliorato dall’industriaecosostenibile e dall’ausiliodei più avanzati umanoidie degli esoscheletri più sofisticati

di cui è inventore. In altri casi,gli incontri sono stati più lunghi:Edoardo Boncinelli, genetistae profondo conoscitore dell’uomo,ci ha regalato tanto tempo,consigli e ci ha permessodi guardare lontano senza perderedi vista la nostra identità.Abbiamo poi intervistato il fisicosperimentale Roberto Battistonnel monumentale quartiergenerale dell’Agenzia SpazialeItaliana di cui è stato presidentefino al 6 novembre scorso:la sua destituzione per spoilsystem ci ha molto colpito,

Edoardo Boncinellifra i massimi genetisti a livello mondiale,biofisico, divulgatore.Ha lavorato al CNR, ha diretto la SISSAdi Trieste e il laboratorio di biologiamolecolare del San Raffaele a Milano

Umberto Guidoniè stato il primo astronauta europeoin missione nella Stazione spazialeinternazionale dove, da fisico, ha condottoesperimenti tecnico-scientifici.Insignito di tre medaglie dalla NASA.È stato parlamentare europeo e si occupadi divulgazione per i lettori più giovani

Marina Cobalfisico sperimentale, è responsabiledel progetto Atlas del Cernper l’Istituto Italiano di Fisica Nucleare;insegna a Udine e a Trieste,ha fondato la Scuola di Introduzionealle Energie Rinnovabili

Roberto Battistonfisico, insegna Trento e coordinadiversi gruppi di ricerca di base e applicata.Guida con il Premio Nobel Samuel Tingl'esperimento per la ricerca di antimateriasulla Stazione spaziale internazionale.Fino a novembre 2018 è stato presidentedell’Agenzia Spaziale Italiana

Maria Frega, sociologa e scrittrice Francesco De Filippo, giornalista e scrittore

ILFUTUROprossimo venturoUna riflessione a più voci su quale sarà, potrebbe essere,la nostra vita fra venti anni. Abbiamo chiesto a Maria Fregadi raccontarci come è nata l’idea di andare a sentire, assiemea Francesco De Filippo, da scienziati ed esperti, cosa ci attende.Uno scenario che non sarà per nulla paragonabilea tutto quanto è avvenuto in oltre due millenni di storia

Maria Frega

Sopra, Pippo Rizzo, Treno notturno in corsa, 1926e LHC, l’acceleratore di particelle del Cern di Ginevra

PERIODICO TRIMESTRALEAnno XI- n. 44 - Novembre/Dicembre 2018Registrazione n. 2/08Tribunale Palmi (RC) del 17.01.2008Iscrizione al ROC n. 29583 del 25.05.2017Associato FUSIEPOSTE ITALIANE S.p.A.Spedizione in A. P. D. L. 353/03 - conv. in L. n. 46del 27/02/2004 - art. 1 comma 1 C/RM/25/2017

ITACA Via Oreste Regnoli 8 - 00152 Roma [email protected]@gmail.com

Antonio MinasiDirettore responsabile

Maria Frega Sito WebAssunta Orlando InviataGiuseppe Antonio MartinoMaurizio Minasi Diffusione

ESTEROBerenice Vilardo BruxellesGiuseppe Scigliano HannoverSaverio Mirarchi MontrealMaria Teresa Tortorella MontevideoMartino Princi AdelaideAntonio Mittiga Sydney

Grafica Roberta Melarance

Stampa - Albano Laziale (RM)

Per ricevere ITACA a casaGentile Lettore, se desideri ricevere a casa, in omaggio,il prossimo numero di ITACAinvia la tua richiesta [email protected] desideri ricevere a casa 4 numeri annualifai una libera donazione aItacaMondoVia Oreste Regnoli 8 - 00152 Roma

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*comunicando preventivamente alla Redazione qual è la tua città di residenza

Emanuele Giacoia

U n adorabile caratteraccio quellodi Domenico Zappone, giornalista,scrittore dalla penna lieve ma anche

dissacrante, una sfrenata fantasia.Non è più con noi da oltre 40 anni, e dallasua Palmi, la Palmi di Cilea, Manfroce, Repaci,e di Domenico Zappone, certo, ma la suamancanza, e specie in tempi superficialicome questi, dove il sapere è messo quasiall’ultimo posto, si fa sentire e forte. Lo conobbi in Rai, a Cosenza, nella davveromitica Via Montesanto.Era collaboratore del Giornale Radio,ma un collaboratore non certo di notiziecomuni. Non faceva telefonate, come gli altricorrispondenti: le notizie le mandava perposta, e devo dire che negli anni ‘60-‘70le sue buste arrivavano con puntualitàin 24 ore, eppure non esisteva l’orgiaelettronica che permette di ricevere newso altro in tempo reale. Mimmo Zappone ci inviava pezzi che eranoletteralmente da “terza pagina”:raffinati quadretti umani, tra personaggi,artigiani, curiosità, costume, tradizioni,cultura, con la sua penna inimitabile.Tutto ciò che scriveva era ricchissimodi particolari, arguzie, e fatti curiosi,e tutto sempre godibile da leggereo da ascoltare per radio.Indimenticabili momenti di vitadomestica, di usi locali, e poi stranee fantastiche storie.Ricordo per esempio un articolosu un venditore di angurie, che diventava –attraverso il suo scritto – una speciedi eroe omerico, che d’estate dissetavala gente con le sue fette d’anguria fresca,sepolte dal ghiaccio.Oppure di quell’anziano signore di Palmicon all’occhiello della giacca sempreuna fresca margherita.Scoprì che nel risvolto portava una fialettacon l’acqua, dove immergeva il gambo.Era incredibile a dirsi, ma era l’omaggioalla Regina Margherita.Oggi noi al massimo ricordiamo la pizzache porta il nome della sovrana. Altri tempi.La sua fantasia e il suo inimitabile stileerano al servizio di grandi quotidiani, riviste,dal Il Tempo a Il Giornale d’Italia,dal Giornale dell’Emilia al Piccolissimodi Trieste.Fra i suoi scritti (a parte i romanzi) feceil giro del mondo, e senza bisogno di Facebook,un incredibile e struggente racconto:il sacrificio d’amore di un pescespada;arpionata la sua compagna, si fececatturare dai pescatori della Costa Viola,tra Bagnara, Scilla e Palmi, per viverela stessa sorte amara. Divenni suo amico e ammiratore.In Rai a Cosenza arrivava sempre bussandocol suo bastone a una delle portedella redazione.

Era leggermente claudicante, perchédurante la seconda guerra mondialefu ferito a una gamba.Battendo sul vetro ci trovò in festa un giorno,era il lontano 7 aprile del 1963: erano natii miei due gemelli, Riccardo e Valerio.Dovevo correre subito in clinica per vederei bambini e lui volle assolutamente seguirmi.Purtroppo la madre superiore permisesoltanto a me una brevissima visita.Col carattere che aveva ci voleva pocoa fargli salire la mosca al naso, ed ebbeperciò un lungo battibecco con la suora.Mi promise che avrebbe fatto un articolodi fuoco contro le religiose che prestavanoservizio nella clinica, definendole

“teste di pezza”. Non lo scrisse mai.Sono stato molte volte da lui a Palmi,accolto sempre con grande calore in famiglia.Era un perfetto anfitrione, a tavola allegroe con lui sempre lunghe conversazioni,mangiando sontuose parmigianedi melenzane.Si parlava di letteratura, e del nostro amorecomune per Dino Buzzati, e del suoDeserto dei Tartari.Scrisse tantissimo, e fu più volte premiato,ricevendo anche critiche assai favorevoliper le sue opere. Il suo romanzo breve Le cinque fialemi colpì molto: un racconto amaro,che approfondiva il triste destino

di un uomo malato che intuiva di nonriuscire più a guarire.Forse autobiografico per la profondasofferenza interiore che gli provocavala sua menomazione, che influivasul suo carattere certamente, dolcissimoma improvvisamente bruscoe poco incline a concedere amicizia.Mi raccontava del suo curriculum scolastico,che lo vide rinunciare a proseguiregli studi di Giurisprudenza a Messina,per motivi economici familiari,di quando dunque si adattò a conseguireil diploma magistrale e insegnarealle elementari.Poi eccolo, con tenacia e sacrificio,laurearsi a Catania in Lettere, la suaprofonda vocazione. Uomini davvero d’altri tempi, e nell’accezioneseria, concreta di questo modo di dire.Di recente a Reggio Calabria, promossadall’associazione culturale “Anassilaos”e con il Comune e la Biblioteca De Nava,la conversazione del professorSantino Salerno sul tema “DomenicoZappone, malinconico e imprevedibilecavaliere dell’assurdo”.Conoscendolo, nulla di più appropriatoper descrivere Mimì!Nei commenti ai suoi scritti si è sempresottolineato della forte attrattivadi Alvaro per esempio, e quel comunerimpianto per un mondo in cuil’uomo credeva nelle favole e avevaun altro cuore.

E, aggiungo, sempre sullo sfondodi luoghi e paesaggi reali ma avvoltiin un’aria da leggenda, nei qualisi muovono personaggi verima sospesi e indecifrabili nel tempo,come i vecchi saggi che a San Lucasiedono sui gradini della chiesa,come di un aeropago greco.Eccolo parlare della madre di Alvaro,presente con i suoi schivi silenzie le sue sibilline allusioni, oppuredel famoso brigante Musolinoche in preda alle sue fantasticherie(era chiuso in manicomio) attendevalì l’arrivo di una nave.Insomma tra realtà e affabulazione,tra ironia e partecipazione emotiva,un mondo apparentemente lontano,eppure a noi così vicino e caro.

StorieCosì

Domenico Zappone

Domenico “Mimmo” Zappone era stimato e apprezzato negli ambienti giornalisticiche contavano. Nel 1957 aveva vinto, ex aequo con Umberto Saba, alla memoria, ilPremio Cinzano, prima e unica edizione, per il bellissimo articolo apparso sullaterza pagina del Giornale d’Italia - allora prestigiosa e autorevole testata - in cuiraccontava l’incontro con la madre di Corrado Alvaro, ignara della morte del figlio.Un riconoscimento memorabile perché Zappone aveva sgominato concorrentifamosi. Sull’onda del successo Zappone andò a Roma.Ma fu una stagione breve. Con il suo carattere fiero, probabilmente finì conl’autoemarginarsi. Tornò, dopo quella fiammata di gloria, nella sua amata-odiataPalmi. Disincantato. Restarono le collaborazioni con le terze pagine dei quotidiani nazionali, il lavoro discrittore, le collaborazioni con le case editrici. Calabria nostra, esemplare antologiaper le scuole medie, edita da Bietti nel 1969, resta forse il frutto più maturo diquesto periodo. A un certo punto nella vita di Mimmo prese il sopravvento il silenzio. Lui lo scelseper sempre. Era il 5 novembre 1977.

Un cronistada “terza pagina”

Domenico Zappone, al centro,fra il poeta Giovanni Ciavannie il giornalista Franco Escoffiera un convegno di letteraturadel 1967

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esponesse le testimonianze raccolte: nacque, co-sì, nel 1997 in via Filippini il Museo del Prese-pio, cui erano anessi un archivio, una bibliotecae un laboratorio per quanti volessero apprenderel’arte presepiale.I figli Adriana e Gianni, per dare un seguito con-creto all’opera di divulgazione dell’arte presepia-le promossa dal padre, immaturamente scompar-so nel 2008, ne hanno donato al Museo diocesanola straordinaria collezione personale, nucleo es-senziale del Museo del Presepio di via Filippini.Tra le opere donate risaltano le statuine in cerami-ca dei fratelli Allegra di Reggio Calabria e quellein terracotta di Giuseppe Pesa di Seminara, i ma-nufatti in cartapesta di scuola siciliana del maestroAntonino Indovina datati al 1860 circa, le fanta-siose composizioni di Francesco Scarlatella diCaltagirone, i gruppi ispirati al Settecento napole-tano opera del maestro Antonio Greco di Castel-lamare di Stabia e Antonio Malacario di Boscotre-case, quelli in cartapesta di scuola leccese di Mar-co Epicochi, le pregevoli creazioni di Alberto Fi-nizio ed una, in particolare, di Adelma Rita Giani,i presepi bergamaschi in gesso, quelli liguri in ce-ramica policroma verniciata a fuoco opera di DeliaZucchi e, ancora, le composizioni lignee di Karl eHeinrich Demetz di Ortisei in Val Gardena. Ad es-si si aggiungono alcuni Presepi dal mondo, manu-fatti in materiali e tecniche diversi, provenienti daEuropa, Africa, Asia e Americhe. Alla Collezioneappartiene il Presepe meccanizzato di Ninì Sapo-ne, ricostruito dal nipote Maurizio De Marco tra-ducendo un bozzetto del maestro e impiegandoavanzate tecnologie elettroniche: esso racconta,nell’alternarsi delle fasi del giorno, il passaggiodella Cometa e la nascita del Salvatore, tra mirabiligiochi di luce ed effetti scenici.

Una Collezione sempre attuale In attesa di poter disporre di spazi museali ade-guati per poter valorizzare e rendere fruibile nelsuo insieme la Collezione di presepi, una selezio-ne di opere è attualmente esposta nel complessodel Seminario Regionale, presso l’Istituto Supe-riore di Scienze Religiose a Reggio Calabria, e ilPresepe meccanico riallestito nella chiesa delSanto Cristo a Reggio Calabria.Ci si potrebbe chiedere quali siano le ragioni chemotivano l’interesse del Museo diocesano perl’arte presepiale: aldilà del pregio artistico e dellaqualità estetica delle singole opere, ciò che assu-me significato è che attraverso queste sacre rap-presentazioni si rivela e si esprime in modi e lin-guaggi straordinariamente efficaci, proprio per-ché popolari, la storia della Salvezza.Nel caso della Collezione di presepi “Ninì Sapo-ne” il compito di “far parlare” le opere è affidatonon tanto e non solo all’allestimento quanto all’at-tività didattica che i Servizi educativimuseali han-no posto in essere da subito attorno ai gruppi pre-sepiali esposti. Essi propongono alle scuole diogni ordine e grado, ma anche a bambini, giovanie adulti appartenenti a comunità parrocchiali, mo-vimenti ecclesiali e associazioni culturali la visitaguidata e l’attività Viaggio nel Presepe: un’espe-rienza didattica attorno al tema della Natività diGesù, tradotto e reinterpretato nelle iconografie,

forme, materie e tecniche più svariate, come benesemplificato nei gruppi presepiali recentementeacquisiti. In particolare, nel caso dei bambini ilViaggio nel Presepe ruota attorno al Presepe mec-canizzato di Ninì Sapone: qui essi ascoltano il rac-conto del sacro evento attraverso le parole dei Van-geli dell’Infanzia di Luca e di Matteo, rapiti dalsuccedersi delle fasi del giorno, in un’alternanzadi giochi di luce ed effetti sonori che dagli educa-tori museali è sottolineata illustrando il significatosimbolico dei singoli personaggi, dei colori usati,delle attività manuali illustrate e così via. Statuine e gruppi presepiali propongono un itine-rario che, partendo dalla Calabria, attraversa levarie regioni d’Italia, giunge al Trentino AltoAdige e poi, ancora, si trasferisce nel resto d’Eu-ropa e nei continenti extra-europei: preziosa oc-casione per illustrare il tema sacro del Natale, tra-dotto e reinterpretato nelle iconografie, forme,materie e tecniche più svariate.La ricchezza della Collezione consente di illustra-re come l’evento della Natività di Gesù sia reso e

tradotto, anche attraverso velati simbolismi, nellediverse situazioni rappresentate (mestieri e attivi-tà manuali ormai scomparsi, i personaggi tipicidella tradizione presepiale calabrese, il Presepecontadino nell’interpretazione del napoletano Al-berto Finizio, quello regale e fantasioso di mani-fattura inglese o, ancora, il Presepe Masai, soloper citare alcuni esempi). In particolare, affasci-nano e rapiscono la fantasia di grandi e piccini iPresepi dal mondo i quali, con la diversità dei lorotratti fisiognomici o, ancora, dell’abbigliamento,offrono tangibile prova dell’universalità del mes-saggio cristiano. LaCollezione di Presepi “Ninì Sapone” arricchi-sce il patrimonio d’arte del Museo diocesano,testimoniando il valore del Presepe, la sua artee il fascino che da esso promana a quanti sianointeressati ad esserne non solo destinatari, maanche continuatori e promotori.

*Direttore del Museo diocesano“Mons. Aurelio Sorrentino” di Reggio Calabria

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N el 2012 il Museo diocesano“Mons. Aurelio Sorrentino” diReggio Calabria ha ricevutoun’importante donazione: statui-

ne e presepi appartenuti ad Antonio Sapone,detto Ninì, uno dei più sensibili maestri prese-pisti italiani. Nato a Bianco (RC) nel 1942, Ninì fin da ragaz-zino si dedicò alla realizzazione di presepi, cheprogettava e realizzava impiegando materialidiversi: la figlia Adriana racconta che “i suoipiccoli tesori prendevano forma in vasi, cocci,giare, televisori, conchiglie, tazze e nei caratte-ristici bomboli (recipienti adoperati in Cala-bria per tenere l’acqua al fresco), trasformati,dalla sua pazienza certosina e dal suo estro, inautentici capolavori”.Fu l’incontro con Vito Marinelli ad iniziarlo aisegreti della meccanica e dell’elettricità, spin-gendolo ad abbandonare la staticità delle statuinee dei paesaggi per dar vita ai primi pastori in mo-vimento e alla conseguente animazione sceno-grafica del contesto. Ne nacque il capolavoro diNinì Sapone, l’opera che per anni ha affascinatoe catturato l’attenzione di bambini e uomini diogni età, il Presepe meccanizzato: “ecco l’arro-tino che mola la lama, il fabbro che batte il ferrosull’incudine, il monaco che suona la campana,la donna che sbatte i panni, il pescatore che gettala lenza, il vasaio che gira il tornio, il contadinoche zappa, le pale del mulino che girano, le porteche sbattono, tutto diventa elemento portante diquel villaggio millenario che, animandosi, si tra-sforma per incanto in un vero e proprio gioiellotecnologico, un presepe meccanizzato dall’invi-diabile suggestione”.Tappa fondamentale nella vita artistica di Ninì,che amava definirsi l’ “artigiano del presepe”, fuil sodalizio con don Matteo Plutino che nel 1981lo avvicinò all’Associazione Italiana Amici del

Presepe, dando luogo a una Sezione reggina che,dopo la scomparsa del sacerdote, fu a lui dedicata. Spiega la figlia Adriana: “Fare il presepio, ha si-gnificato per Ninì vivere in un incantesimo, inuna magia, in una dimensione in cui ti senti dis-armato da tutti gli orpelli che l’esistenza non tirisparmia e in cui la tua anima inquieta sa tro-vare la vera pace. Curvo per ore su un coccio, unquadro, un guscio di noce o un bombolo, davaforma a montagne, cavità, casolari, stradine, inrecipienti troppo piccoli per le sue grosse mani,ma non per la sua ingegnosità, rendendo palpa-bile il suo anelito di promozione e salvaguardiadel culto del presepio”. Alla creazione personale di presepi egli affiancònegli anni la ricerca di statuine e presepi per ar-ricchire la propria collezione, documentando usi,costumi e tradizioni del Natale legati non solo al-le varie regioni d’Italia, ma anche ai Paesi euro-pei ed extraeuropei. In tal modo, il maestro ma-turò l’idea di dotare la città di Reggio Calabria diuna struttura museale privata, che riunisse ed

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Ninì Saponeartista e collezionistaLucia Lojacono* affascinato dalla

magia del Presepe

Nella foto grande Ninì Sapone (1942/2008) con uno dei presepi della sua collezione

Sopra, alcuni personaggidel presepe meccanizzato da lui creato

Sopra, Niño Jesus, bottega spagnoladel secondo decennio del secolo scorso.Accanto, la grotta della Nativitàdel presepe meccanizzato di Ninì Sapone

In basso a sinistra,polittico in legno di Karl Demetz (2002)della Val Gardena e sotto,presepe ispirato al ’700 napoletanodi Antonio Malacario

REGGIO CALABRIA Le molte sorprese del Museo Diocesano “Mons. Aurelio Sorrentino”

Pregio e fascino di una recente donazioneal Museo diocesano di Reggio Calabria:la Collezione di presepi “Ninì Sapone”

Presepein terracottadi Alfonso Pisacane(2005)

L’arttivitàdidattica dei Servizi Educativi

I naugurato il 7 ottobre 2010,il Museo diocesano

“Mons. Aurelio Sorrentino”di Reggio Calabria, occupail pianterreno del Palazzoarcivescovile costruitoalla fine del Settecentoaccanto alla Cattedraledi Maria SS.ma Assunta.Il percorso narrativo che guidal’esposizione è organizzato

“in modo da poter comunicareil sacro, il bello, l’antico,il nuovo”, attuando l’obiettivoprioritario di restituire all’operaesposta la memoria dellasua funzione originaria, in mododa farne emergere i significatisimbolici, la sua valenzadi segno, facendo salvi, peraltro,i nessi altrimenti perduticon la comunità religiosa cui essaappartenne e con lo spazio sacroper il quale fu realizzata.Il Museo documenta,in particolare, le distinte identità,storica e religiosa, delle antichesedi episcopali di Reggio Calabriae di Bova, fuse nel 1986.Le opere sono accolte in spazitematici dedicati, tra gli altri:ai Frammenti della memoria,ove sono marmi sei-ottocenteschiappartenuti all’antica Cattedrale);al Tesoro delle Cattedrali,ove si espongono pregevoliargenterie sacre databilitra Cinque e Novecento;alle insegne checontraddistinguono la dignità

e il ruolo del vescovo, ove risaltail ruolo dei singoli prelatiin qualità di committenti di opered’arte dal Quattrocento ad oggi;al rapporto tra Arte e devozione,con suppellettili e vestiliturgiche appartenute alleconfraternite reggine,e tra Arte e cultodei Santi, con pregevoli reliquiarie corredi di immagini sacre.

Tra le opere più significativeesposte sono: la Resurrezionedi Lazzaro attribuita al pittorenapoletano Francesco De Mura,allievo di Francesco Solimena(terzo decennio sec. XVIII);l’Ostensorio raggiato disegnato

dal polistenese Francesco Jeracenel 1928, in occasione delCongresso Eucaristico regionalesvoltosi a Reggio Calabria;il settecentesco Reliquiarioa braccio di San Giovanni Theriste,le cui reliquie furono consegnateda Apollinare Agresta, abatedel monastero italo-greco di Stilo,a monsignor MarcantonioContestabile, vescovo di Bovadal 1669 al 1699; il Bacolopastorale di mons. Antoniode Ricci, arcivescovo di Reggio

Il Museo diocesano “Mons. Aurelio Sorrentino”

dal 1453 al 1490, opera in argentoe smalti di scuola napoletana;un Crocifisso in avoriodonato alla Cattedraledall’arcivescovo AlessandroTommasini (1818-1826);pregevoli manufatti tessiliappartenuti alla Confraternitadell’Immacolata nella chiesadella SS. Annunziata e,tra essi, un parato nobilein broccato di seta, operadi manifattura lionese(secondo quarto sec. XVIII).

[email protected] - www.museodiocesanoreggiocalabria.it

Sopra, portico d’ingresso del Museo.Accanto, Francesco De Mura (sec. XVIII), Resurrezione di Lazzaro

Sotto, da sinistra,Ostensorio raggiato di Francesco Jerace (1928), Bacolo pastorale di argentiere napoletano (sec. XV), Pianeta di manifattura lionese (1735 circa)

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“Le opere selezionate sono oltre 160,di cui 30 inedite – scrivono gli espertidel Rotella Insitute, il curatore Germano Celante la direttrice Antonella Soldaini – e vannoa comporre sei grandi “insiemi-manifesto”,ognuno incentrato su una delle tecnicheche l’artista ha sperimentato e il cuipunto di partenza è sempre la rielaborazionedel poster pubblicitario” strappatoe trasposto sulla tela.

IL PERCORSO ESPOSITIVOe il “GLOSSARIO” DI ROTELLA

Davanti al primo insieme-manifesto,composto di 47 décollages realizzati trail 1953 e il 1963, “si afferra – spiegala direttrice Soldaini – tutta la potenzialitàdi questo procedimento; la loro ideazioneprende avvio dalle strade di Romae dal cartellone pubblicitario. Fra tuttele immagini è la figura di Marilyn Monroeche, per il suo potenziale erotico,segnerà l’intero percorso dell’artista”. Si passa quindi ai retro d’affiches, realizzatitra il 1953 e il 1961, così chiamati per l’utilizzodel retro dei manifesti strappati.

Verranno negli anni successivi gli artypos,fogli di carta utilizzati per le provedi stampa e scartati, che Rotella trasformain opere d’arte.Dal 1980 si apre la stagione dei blanks,una serie di poster incollati uno sull’altro,l’ultimo coperto da una velina di coloreomogeneo, con cui “per la prima volta l’artistamette in discussione la fiducia che i manifestipubblicitari veicolavano durante gli annicinquanta e sessanta”.Si chiude con le pitture e sovrapitture,prodotte tra il 1984 e il 1995: “un ritornoal colore con il pennello”, fino agli ultimidécollages degli anni novanta e duemila.

POETA MUSICO E PROFETA

Dadaismo, surrealismo e ready-made, pop art,espressionismo astratto americano:Rotella ha lambito tutte le correnti artistichesenza mai esaurirsi in alcuna.Esporrà nei templi dell’arte, dal Centre Pompidoudi Parigi al Museum of Modern Art di New York,e Berlino, Ginevra, Londra, ovunque. Arteesprimerà sulla tela ma anche nei suoi“poemi fonetici”, in cui incrocerà parole, suoni

urbani, ritmi e percussioni. E non mancanoin mostra a Roma testimonianze, documenti,lettere, registrazioni.Ne emerge l’infinità di rapporti con i protagonistidel panorama culturale del XXI secolo:Lucio Fontana, Alberto Burri Gérard Deschamps,Christo, il suo grande amico e critico PierreRestany e tanti altri ancora.La mostra si completa con una sezionecinematografica e la serie dei Replicantidel 1990: “Dieci elementi in porcellana – spiegail curatore Celan – alludono a un’umanitàridotta a replicante di se stessa e senza

più sentimenti, come quella segnatadalle guerre in corso nel mondo”.Profeta.Cristiana Collu, direttrice della GalleriaNazionale d’Arte Moderna e Contemporanea,ha voluto con tenacia questo evento:“Anche il rapporto di Picasso con l’Italiafu controverso e molte furono le criticheprima della definitiva consacrazione.Ma alla fine vincono, perché sono inafferrabili,la loro illuminazione li accompagna,segnano “strappi” e “scarti” irreversibili”,commenta Collu.Per chiudere con un messaggio al genio:“Che peccato non averti conosciuto”.

re 2018

l 7 ottobre Mimmo Rotella avrebbespento le sue cento candelinee per l’occasione due mostre ne onoranol’indiscussa grandezza: lo omaggiala Calabria, nella sua Catanzaro, pressola “Casa della Memoria” in vico delle Onde,dove Mimmo vide la luce nel 1918e che lui stesso volle trasformare in museo.

E lo celebra la Galleria Nazionale di arte modernae contemporanea di Roma dove è in mostra,con la Fondazione che porta il suo nomee il Mimmo Rotella Institute, la più completae “scientifica” delle retrospettive dal titoloMimmo Rotella Manifesto. Raccontarlo è impresa non facile, tanto densadi storie, viaggi, colpi di scena è stata la suaesistenza, conclusasi a Milano nel 2006.Ma se c’è un luogo dal quale partire percomprenderne le sfumature è di certola sua Calabria.Ci visse poco, a Catanzaro, ma le suggestioni diquella terra – per sua stessa ammissione – lecercherà fino alla fine.Sono i colori e le stoffe della casa-laboratoriodell’infanzia, con la mamma Teresa, modista

intenta a disegnare cappelliper le eleganti signoredel capoluogo.Sono i miti della Magna Graecia.È la sala cinematograficadi Catanzaro, dove andràa pescare sogni, scappandodi casa a soli sei anni per pascersi di storiee di stelle, tra Keaton e Chaplin e un Macistedi celluloide.Sognava Hollywood Mimmo.Meglio, sognava i sogni.Ed oggi le sue opere campeggianonelle fastose residenze di divi come Johnny Deppe George Clooney, Al Pacino e Versace.Una delle sue creazioni, “Untitled”,due anni fa è stata battuta all’asta a Londraper 900.000 sterline.

DALLA CRISIALL’ILLUMINAZIONE “ZEN”

Da Catanzaro agli States: è nel 1951 cheuna borsa di studio lo porta all’Universitàdi Kansas City, nel Missouri, dove nel 1952terrà la sua prima esposizione americana,ma presto tornerà a Roma.

La fiamma creativa gli cova dentro e saràuna crisi a farla esplodere: “Non volevo piùdipingere – ricorda in una intervista rilasciataal critico Enrico Giustacchini – ero giuntoalla conclusione che tutto ormai, in pittura,fosse stato fatto. Una mattina del ’53,mi trovavo nel centro di Roma, e osservavoi muri completamente tappezzati di manifestipubblicitari lacerati. Ciò mi colpì moltissimo,e pensai: ‘Ecco le nuove immaginiche io devo dare al pubblico’. Nessunoaveva mai fatto questo. Così è nato il décollage:è stata una sorta di… illuminazione zen”.Nasceva quel giorno, Mimmo Rotella,con il suo “strappo d’arte” che era“strappo politico”: stracciava via i manifestidai muri, lungo le strade e nelle piazze romane,e li portava sulle sue tele.Non a caso tra i suoi amici c’era quel LucioFontana che tagliava le tele perché dietro

le cose, e dietro quel tempo, c’era moltoaltro da rivelare.“Strappare i manifesti dai muri – dirà ancoraRotella – è l’unica rivalsa, l’unica protestacontro una società che ha perso il gustodei cambiamenti”.Istrione ed eccentrico: tornato dagli States,i suoi cappelloni bizzarri e il suo accentocalabrese ispireranno l’indimenticabilepersonaggio di Un americano a Romainterpretato da Alberto Sordi.Fuori dalle convenzioni: lui che conosceràil carcere, accusato per droga; lui che a 72 anni,a Mosca per una mostra, amerà e sposeràla bella Inna, nonostante i suoi 27 anni.NUn amore vero, fino alla fine, da cui nasceràla figlia Ighnessa, Asya, oggi presidentedella Fondazione Rotella.

LA MOSTRAE GLI “STRAPPI” D’AUTORE

La Fondazione, assieme al Mimmo RotellaInstitute, ha inaugurato a Roma la mostra,visitabile fino al 10 febbraio, che più di ognialtra offre opere, storie, testimonianze in gradodi restituire la poliforme attività del maestro.“Mimmo Rotella Manifesto” il titolodell’allestimento nel Salone centraledello Gnam trasformato per l’occasionein una “piazza”, a richiamare gli spazi urbanie creativi di Rotella.

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ALLA GALLERIA NAZIONALE D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA DI ROMA

Mimmo Rotella Manifestola più completa ricognizione scientificamai realizzata a cento anni dalla nascita del poliedricoartista nato a Catanzaro e scomparso dodici anni fa

Antonietta Catanese

LA‘PIAZZA’DIMIMMO TRA “STRAPPI”FAMOSIE OPERE INEDITE

Strappare manifesti dai muriè la sola compensazione, l’unico mododi protestare contro una societàche ha perduto il gusto del cambiamentoe delle trasformazioni favolose.Mimmo Rotella

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coltivazione dei peperoncini,sugli aspetti medici e sulle diverseutilizzazioni a partire da quellegastronomiche”.Dopo il convegno un buffet conle specialità piccanti di Calabria,preparate dagli chef dell’Accademia.E anche con le pizze alla ndujapreparate da Francesco Matellicanidel Movimento Pizzaioli Italiani.La visita si è conclusa con unapasseggiata nel centro storicodi Diamante e una sosta sulLungomare per degustare i gelatial peperoncino di Ninì Belcastro.“Una esperienza importante”,ha detto alla fine della giornatail Presidente Monaco.“Un passo avanti nei rapportidi amicizia e di collaborazionecon la Cina, un Paese che è al primoposto nel mondo per la produzionedi peperoncini”.Un passo avanti che si aggiungeal lavoro fatto negli ultimi annicon i cinesi della provincia di Chaouqui.Con loro è nata una “alleanzamondiale”, la “World Chilli Alliance”,un’associazione che promuovela cultura piccante in tutti i cinquecontinenti. Con un direttivo di cinque“specialisti” della cultura piccante

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Dall’Accademiadel peperoncino alla WorldChilli Alliance

D opo il venticinquennaledel Festival, arriva nel 2019il venticinquennale

dell’Accademia. Il Festival si è fatto laprima volta nel 1992 e solo due annidopo è nata l’Accademia.Il ricordo è ancora vivo fra i socifondatori che quasi si commuovonoripensando ai primi passidell’Associazione.“C’erano stati già due festival, ricchidi successo. La manifestazioneriscuoteva grandi consensi dalpubblico e dalla critica. La Raie i quotidiani nazionali si eranooccupati della nostra festa piccante.In molti ci volevano dare una mano efu necessario costituire un organismostabile. Per superare la provvisorietàdel comitato spontaneo e soprattuttoper raccogliere i fondi necessariall’organizzazione”. Dopo mille discussioni e mille progettinacque l’Accademia del peperoncino.Un’Associazione dal nome importantesi disse allora “quasi a voler riscattarel’umiltà di un prodotto che al suoarrivo in Italia era stato amato

dai contadini del Sud e mal visto,se non disprezzato, dalle classinobiliari e anche dal clero”.I primi infatti lo vedevano come“disturbo” all’equilibrio delle pietanzee la Chiesa con Josè Da Costa lo avevabollato come “suscitatore di insanipropositi”.Fu Accademia dunque, pensandoa un’Associazione di ambito localeo al massimo di ambito regionale.Ma non una giusta interpretazionedei tempi e della situazione.Pochi anni e il successo su scalanazionale portò i promotori davantial Notaio per modificare lo statutoe dar vita alla “Accademia italianadel peperoncino” ripensata comeun’Associazione nazionale con la sedein Calabria e tante “delegazioniaccademiche”, come vere e proprie“succursali” su tutto il territorionazionale. Qualche anno ancorae il successo fece pensare a una nuovamodifica statutaria sotto la spintadi molti che la volevano trasformarein “Accademia internazionaledel peperoncino”.Ci furono grosse discussioni ma allafine si decise di non fare ulteriorimodifiche. Si disse che la Calabriae l’Italia non potevano “arrogarsi”un ruolo internazionale consideratal’esperienza e la storia di tanti altripaesi più ricchi di storia e tradizionilegate al peperoncino. Unicaconcessione la possibilità di creareanche all’estero “delegazioniaccademiche”. Senza un ruoloorganizzativo ma solo con funzioni“di rappresentanza”. Più di venti anni dopo il successo delFestival richiamerà a Diamante grossiproduttori provenienti dalla Cina.Con loro nel 2016 nasce la “WorldChilli Alliance” un’Associazioneinternazionale nella quale l’Accademiaè protagonista. Ma questa è una storiaancora tutta da scrivere.

Da Chaouquia GuizhouL’amiciziacon la Cina

D opo i cinesi di Chaouqui cheper due anni sono venutial Festival del peperoncino,

sono arrivati i Cinesi di Guizhou.Il 15 Dicembre scorso l’Accademiaha ospitato nella sede di Diamanteuna delegazione cinese con ventiproduttori di peperoncino guidatida Long Changchun, membrodel Comitato permanente del partitoprovinciale di Guizhou.I produttori erano tutti della cittàdi Zunyi famosa per la produzionedi specialità di peperoncino biologicopresenti anche nei mercati di mezzaEuropa.La delegazione è arrivata a Diamantealle 11 di mattina ed è ripartitaalle tre di pomeriggio.Per l’occasione la sede nazionalesi è vestita a festa. Sono stati allestitiquattro tavoli rotondi con una metàdestinata agli ospiti e l’altra a unamostra di varietà di peperoncini

originari di tutti i paesi del mondo ecoltivati nel centro sperimentaledell’Accademia intitolato a MassimoBiagi.Dopo il benvenuto del presidente EnzoMonaco e del vice Sindaco diDiamante Franco Maiolino, ha presola parola il Prof. Bruno Amanteadell’Università Magna Graeciadi Catanzaro, presidente del comitatomedico dell’Accademia.Il prof. Amantea ha parlato di“Peperoncino e salute” accogliendouna specifica richiesta delladelegazione cinese con i produttoriche negli ultimi tempi stannoapprofondendo questo argomento.Nelle conclusioni il rappresentantepolitico Long Changchun ha mostratovivo apprezzamento per il lavorosvolto dall’Accademia e ha auspicatorapporti sempre più stretti coni produttori della Provincia di Guizhou.In un colloquio privato col presidenteMonaco ha chiesto la disponibilitàdell’Accademia per l’organizzazionedi corsi di formazione especializzazione per giovani cinesi.“In pratica - ha detto Long Changchun- chiediamo all’Accademia di ospitareuna ventina di giovani cinesiper uno scambio di esperienze sulla

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Venticinqueanni piccanti

L’Accademia del peperoncinofesteggia il venticinquennale.La storia dell’Associazione.I rapporti con la Cinae tante iniziative in programma

Un albo nazionaleper gli chef piccantiG li chef devono diventare gli ambasciatori del peperoncino. Per questo

devono conoscerlo e saperlo utilizzare al meglio nelle loro pietanze.Per raggiungere questo scopo nel mese di Novembre scorso l’Accademia haorganizzato il primo corso per l’assegnazione del titolo Chef peperoncino.Il corso è durato un’intera giornata con una pausa a mezzogiorno curata dalMovimento Pizzaioli Italiani, dedicata alla pizza piccante.Le lezioni sono state tenute dallo chef Enzo Grisolia, direttore del corso, dalProf. Enzo Monaco Presidente dell’Accademia, dal prof. Bruno Amantea

dell’Università Magna Graecia di Catanzaro e da Giancarlo Suriano titolaredell’Azienda Suriano di Amantea. Nel corso della giornata i corsisti, guidati dal Prof. Bruno Amantea, hanno vi-sitato il campo catalogo “Peperoncino dal mondo”, annesso all’Accademia.A conclusione della giornata ai corsisti è stato rilasciato un diploma di par-tecipazione e l’autorizzazione ad utilizzare il logo Chef peperoncino.“L’iniziativa, ha detto Enzo Grisolia, ha la finalità di valorizzare l’utilizzazionedel peperoncino in cucina sfruttando a pieno non solo la piccantezza dei frut-ti ma anche i profumi e gli aromi che caratterizzano le centinaia di varietà col-tivate in tutto il mondo”.

Per il prossimo anno altri corsi saranno organizzati in tutta Italia con la col-laborazione delle “Delegazioni accademiche”. Finalità dichiarata, la costitu-zione di un Albo nazionale con tutti gli “chef piccanti”.

UNA MONTAGNA DI REGALI Per conoscere l’Accademia

“Tanti amiciPic, per il venticinquennale”. Si chiama così la campagnapromozionale che ha finalità di avvicinare all’Accademia un gran

numero di “amici” per coinvolgerli nelle “attività piccanti” e poi farli diven-tare soci Accademici. L’iniziativa è pensata per i giovani e per tutti quelli chenon conoscono la storia e le virtù del peperoncino. Soprattutto per quelliche non conoscono da vicino il lavoro dell’Accademia. Con soli 30 euro i nuovi “AmiciPic” ricevono una montagna di gadget: latessera di “AmicoPic 2019”; l’adesivo per l’auto; la nuovissima AgendaPic2019; la pubblicazione “Peperoncini i magnifici dieci” con le schede e isemi dei dieci peperoncini più famosi; uno scaldanduja in ceramica con unaconfezione di nduja di g. 100; l’originale “Penna spargipeperoncino” checonsente di portare sempre con sé il peperoncino preferito. E in più tutti glisconti e le agevolazioni di cui godono gli Accademici. Per aderire basta consultare il sito dell’Accademia www.peperoncino.orgnella sezione Shop/Adesioni.

in rappresentanza dei cinquecontinenti. Per l’Europa il presidentedell’Accademia del peperoncinoEnzo Monaco; per gli USA Dave DeWittdell’Università del New Messico,il più grande esperto di peperoncinodel mondo; per l’Asia Li Dejian titolaredella Dezhuang, azienda leadermondiale nella trasformazionedei peperoncini; per l’AustraliaBeatrice Gasparotto e per l’AfricaBeatriz Mario Chaguala.Un’associazione nata con l’obiettivodi promuovere scambi e collaborazionie favorire una cultura internazionaledel peperoncino.Un organismo senza scopo di lucro,che vuole creare una comunità globaleper supportare la ricerca,la coltivazione, la produzione,la lavorazione, la distribuzione,

la promozione e il consumodella “spezia piccante”. Richiamandolo storico ruolo che ha svoltofin dall’antichità assieme al suolungo viaggio dall’America latinafino all’Europa e poi in Asia lungola via della seta.“Il peperoncino”, ripetono i fondatoridell’Associazione, “è legato a moltiaspetti della nostra quotidianità:agricoltura, gastronomia, ambiente,governo, scienze, tecnologia, arte,cultura, sviluppo economico,industrializzazione e salute. I valorifondamentali da difendere sono quindil’ambiente, un bene da salvaguardareanche per le generazioni future;la cooperazione per colmare il vuotodi informazioni fra realtà locali e globali;la costruzione di una comunità capacedi farci sentire al centro dell’universo”.

La delegazione cinesevisita il centro storico

di Diamante

Foto al centro, da sinistraFrancesco Matellicanidel Movimento Pizzaioli Italiani

Lo chef Vigrì durante la sua lezione

Foto ricordo dei corsisti chef

Nelle due foto in basso,con Enzo Monaco Long Changchunalla guida della delegazione cinese

Il prof. Bruno Amanteadell’Università

Magna Graecia di Catanzarodurante la sua relazione

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Importantepunto di riferimentoper i devoti all’esteroha contribuito nel nomedi San Francescoalla loro unioneannullando ogni distanza

Assunta Orlando

S e n’è andato all’improvvisolasciando un vuoto incolma-bile in chi l’ha conosciuto e

apprezzato come religioso, amicofraterno e studioso instancabiledella vita di San Francesco.Considerato lo “storico” dell’Ordi-ne dei Minimi cui apparteneva, ne-gli anni in cui era Correttore Provin-ciale e Rettore del Santuario di Pao-la, dal 2007 al 2013, è stato unapreziosa guida per l’unione dei de-voti calabresi nel mondo e ha con-tinuato a esserlo fino all’ultimo,quando stava già preparando unprogramma che gli era stato richie-sto dall’Australia per le celebrazio-ni del prossimo evento: il V Cente-nario della Canonizzazione di SanFrancesco.È grazie al suo impegno nell’avvici-nare tutti e stabilire concreti colle-gamenti tra il Santuario di Paola ele Comunità all’estero, se è statopossibile realizzare tanti eventi chehanno lasciato un segno indelebilenella storia di quelle comunità chel’hanno accolto con caloroso affet-to in occasione delle visite effettuate

per le celebrazioni in onore di SanFrancesco. Argentina, Australia,Brasile, Canada, Stati Uniti, sonostate le mete dei suoi viaggi per in-contrare i devoti calabresi oltreo-ceano e a ognuno ha lasciato un ri-cordo di affetto, come s’intuisce

dalle testimonianze raccolte allatriste notizia della sua improvvisa eprematura scomparsa. Per la vicinanza a P. Rocco, che èstato sempre guida impareggiabilenel cammino percorso per unire idevoti calabresi nel mondo, ho dif-ficoltà ad esprimere tutto il cordo-glio provato per la grande perditasubita. Con lui viene a mancarequel fermo e sicuro punto di riferi-mento che ci ha fatto sentire piùforti nella devozione verso il nostroSanto di Calabria. Con il suo grande carisma ha sapu-to parlare al cuore di tutti, facendo

sentire a ognuno d’essergli vicino edato sempre quel conforto spiritua-le che ha profondamente aiutatochi attraversava momenti difficili. Padre Rocco mancherà molto allaFondazione San Francesco da Pao-la nel mondo e a tutti i devoti all’e-

stero che lo hanno conosciuto e so-lo il conforto di sapere che ora è piùvicino al nostro San Francesco ci dàla speranza che continuerà a gui-darci nel cammino, con lui intrapre-so, per creare una solidale e frater-na unione anche con i fedeli dellenumerose parrocchie dedicate aSan Francesco di Paola, presenti al-l’estero a iniziare dalla Cattedraledi Pelotas, in Brasile.Lo aveva particolarmente colpitoaver appreso notizie di questa Cat-tedrale e il contatto stabilito trami-te un’amica di Porto Alegre, tantoda riportare nel suo blog sul Quoti-diano del Sud le ricerche storiche,che come consueto lui sempre con-duceva su tutto ciò che riguardavaSan Francesco, compresa la devo-zione popolare con cui il Santo è ve-nerato. Molto interessante trovò l’i-scrizione che si legge nella cupoladella cattedrale di Pelotas: SancteFrancisce protege ac defende hanccivitatem tuam (“San Francescoproteggi e difendi questa tua cit-

tà”) che ha ispirato il te-ma delle celebrazioniper il bicentenario della

cattedrale. Con infinita gratitudine

per tutto il suo appoggionella missione di unione

dei devoti, promettiamoora a padre Rocco che con-

tinueremo quel camminoprevisto nel progetto, par-

tendo proprio dal collega-mento con Pelotas nell’anno

del V Centenario della Cano-nizzazione.

Troviamo conforto in quantodetto da Monsignor Luigi Ren-

zo, vescovo di Tropea, nell’ome-lia della cerimonia funebre a Piz-

zo: “Abbiamo perso un sacerdotee un amico, ma abbiamo acqui-

stato in cielo qualcun altro a cui ri-volgerci” e la nostra fede ci fa cre-dere che così è.

Un ricordo incancellabileA vviare un dialogo con i lontani dalla propria terra e farli sentire vici-

ni nel nome del Santo Patrono di Calabria, era lo spirito della mis-sione con cui padre Rocco ha affrontato i lunghi viaggi che lo hannoportato presso le Comunità oltreoceano. Testimone di tanti incontri coni nostri corregionali all’estero, ho vissuto e condiviso la loro stessaemozione in occasione di eventi straordinari, così com’è stato il pelle-grinaggio in Australia del Sacro Mantello. Un evento, considerato “sto-rico” per tutta la Comunità calabrese che vi risiede e il significato del-l’evento è racchiuso nelle parole di padre Rocco che affermava:“Quello stesso mantello che ha congiunto la sponda della Calabria conquella della Sicilia, ora idealmente congiungerà la terra calabra a quel-la australiana”. E da Melbourne sono arrivati i primi messaggi di cordoglio espressialla notizia della prematura scomparsa di padre Rocco, che era entratoa far parte, nel cuore di tutti, della grande famiglia del Calabria Club,considerato “il luogo di San Francesco in Australia”.“Aspettavamo Padre Rocco - riferisce, a nome di tutti, Sam Sposato,presidente del Club - per la prossima Festa di San Francesco dedicataalla celebrazione del V Centenario della canonizzazione ed eravamo inattesa di fare insieme un programma. Ora siamo addolorati, costernatie non possiamo credere che non sarà più con noi dopo averci regalatocosì tanto nel realizzare il nostro più grande desiderio: quello di poteravere la Sacra Reliquia. Non è stato facile, ma sappiamo e abbiamomolto apprezzato tutto il suo impegno nell’ottenere i vari permessi,superando con infaticabile risolutezza tutti gli ostacoli pur di far senti-re noi, che siamo così lontano, più vicini al nostro Santo e alla terradove siamo nati. “Dopo quell’evento padre Rocco ha continuato a starci vicino in altrieventi per noi importanti, come l’istituzione degli Araldi di SanFrancesco e il rito dell’accensione della lampada votiva, così comequello che si celebra a Paola ogni anno in occasione della Festa dimaggio. “La sua affettuosa partecipazione ha dato più significato a tali eventi ecome poter dimenticare i tanti momenti trascorsi insieme! Le celebra-zioni quotidiane presso la sala del Club o nella cappella di SanFrancesco che ci vedeva raccolti nella preghiera con profonda devozio-ne e confesso, anche affascinati dalle omelie di P. Rocco che sapevacollegare le parole del Vangelo alla nostra realtà. E ancora il suo saperrendere lieti quei momenti, tutti insieme al Club o a casa dei moltiamici che facevano a gara a invitarlo. “Sempre pronto ad aiutarci con i suoi preziosi consigli, a farci da guidain tante occasioni, a consolarci nei momenti del bisogno, era diventatouna persona di famiglia e la frase: “Per me era come un figlio” ripetutain questi giorni da chi lo ha sempre ospitato a casa propria durante isuoi soggiorni a Melbourne, detta con voce rotta dal pianto, fa capirequali sono i nostri sentimenti per lui. Padre Rocco, era per noi tutti un caro fratello, un grande amico chelascia un profondo vuoto nella nostra comunità. Il suo ricordo rimaneindimenticabile. Siamo orgogliosi d’averlo conosciuto e grati a SanFrancesco per averlo portato da noi in Australia”.Altre testimonianze sono giunte dall’Argentina, Brasile, Canada,Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e tutti esprimono il valore e la sen-sibilità di P. Rocco, come uomo religioso e studioso.

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A rrivammo nella “sua” Melbourne nell’e-state del 2003: io giornalista in missio-ne con la Consulta regionale per l’emi-

grazione calabrese, guidata dall’indimenticatomeridionalista Pasquino Crupi. Lui il navigatosenatore venuto da lontano. Giovanni Sgròaveva da poco dato alle stampe il volume nelquale si era meglio raccontato: MediterraneanSon, Memoirs of a Calabrian Migrant.Me lo do-nò, con il suo sorriso sornione e quello sguardoche guizzava, vergandoci sopra la sua stima ela sua amicizia.Della sua storia mi parlò, a lungo, nella halldell’albergo australiano dove alloggiavamo, equella intervista fu conservata negli archivi diPasquino Crupi. Dalla sua Seminara al “terriblejourney” della partenza per l’Australia, la storiadi Giovanni è un incredibile “romanzo”. Una sto-ria di raro coraggio. “Fino alla fine – disse escrisse Sgrò – ben consapevole del “prezzo dapagare per non essere stato uno Yes man”.Raccontare Giovanni Sgrò è impresa ardua, mairresistibile. Farlo con le sue parole – riportatenella sua biografia – ne restituisce il piglio bat-tagliero e fiero. Quello che porterà l’imbianchi-no di Seminara sugli scranni più alti del parla-mento australiano.Prima di emigrare da Seminara a 21 anni, Gio-vanni aveva vissuto l’infanzia e la giovinezza inuna casa della quale egli, con poche parole, de-scrive povertà e semplicità: era «composta dauna camera, sopra, dove si mangiava e dovedormivano i genitori, e dietro la porta il lettinodi mia sorella, da una terrazza di circa tre metri,e da una cucina a fianco, dove si faceva tutto.Sotto c’erano due camere, la camera di dietro,se possiamo chiamarla camera, serviva per te-nere l’olio, olive, patate, legna, l’asino, la ca-pra, galline ed ogni tanto conigli, per dare unpo’ di carne alla famiglia. Nella camera davantic’era un letto con due “trispole” e quattro tavo-le sopra, con il materasso cucito a mano e riem-pito di foglie di granturco, in questo letto dormi-vamo io con due miei fratelli». Subito dopo la seconda guerra mondiale, persfuggire a quella povertà, erano in molti a lascia-re la Calabria. Tuttavia la sua partenza, nel 1952,

non fu una libera scelta: «Partire per l’Australiaè stato uno scioc (sic) per me. Un anno prima sene era parlato in casa, che sarebbe stato buonose uno dei figli emigrasse, però se n’era parlatoper il Canada, l’Australia non era mai entratanella discussione».Quel continente lontano alla fine sarebbe statoscenario di una vita avventurosa, raccontata nel-la prima edizione del suo “Australia per forza eper amore”, (Qualecultura/Jaca Book nel 1995).Non partì, come molti, per raggiungere un fami-liare già emigrato ma, come egli stesso raccon-ta, lasciò l’Italia «con un contratto di lavoro perdue anni» che, in realtà, gli garantiva ben poco.Giunto a destinazione fu portato nel centro diaccoglienza e addestramento dei migranti di

Bonegilla, un’ex base dell’esercito australianodella seconda guerra mondiale dove, fino al1971, sono stati accolti oltre 300.000 migranti. Arrivò in quel campo proprio quando i migrantiitaliani e tedeschi stavano organizzando una ri-volta che portò allo scontro con la polizia, an-che se poi, come egli racconta, portò anchequalche frutto. Dopo Bonegilla, che lo segnerà per sempre, il 4luglio 1952, fu mandato a lavorare come imbian-chino a Cobram, sul fiume Murray al confine traVictoria e New Wales.Nella nuova sede, lui e un suo amico, Armando,lavorarono in una parrocchia della chiesa cat-tolica: «Nel contratto di lavoro c’era scritto chedovevamo lavorare 40 ore la settimana per cin-que giorni, però il prete ci faceva lavorare seigiorni, incluso il sabato. Quasi tutti i sabati adArmando lo faceva lavorare da imbianchino, ame mi portava a circa quaranta miglia da Co-bram, in un altro paese, dove sua mamma esua sorella abitavano in una grande proprietà.[…] Io ed il prete andavamo il venerdì sera, cosìsabato mattina, a buon’ora, eravamo pronti alavorare. Il mio lavoro era di pulire la merdadella galline, che puzzava. Il prete, che era piùforte di me, lavorava più di me».Il lavoro era molto e Sgrò si sentiva spessosfruttato, tanto che decise di trasferirsi in città,dove cominciò a inserirsi nel mondo politico: «AMelbourne mi trovavo bene, ero contento con illavoro, ho cominciato a farmi un po’ di amici, illavoro andava bene, cominciavo a fare lavorettiper conto mio, partecipavo alle riunioni del sin-dacato, che si tenevano ogni mese, ed è statoproprio questo periodo che mi sono interessatoun pochino di più della vita pubblica. Certo l’i-nizio è stato Bonegilla – sottolinea Sgrò - da lìho cominciato a capire che tanti politici e gover-ni trattano la gente come niente, specialmentese questa gente sono emigrati come eravamonoi, però né a Bonegilla né a Cobram mi era sta-ta data, oppure c’era, l’opportunità di farequalcosa, a Melbourne sì».Nella capitale dello stato di Victoria fece amiciziacon la famiglia Gilles che, di fatto, lo avrebbe av-viato all’impegno politico. Decise di iscriversi al partito comunista. Da quelmomento era un militante e non sarebbero man-cati i guai: quando tentò di far visita alla mammamalata in Italia, gli fu negato il visto di rientro inAustralia. Ci riuscì successivamente, per il viag-gio di nozze con la sua Anna Foster, di originescozzese, e grazie all’impegno del deputato Gor-don Munro Bryant, dell’Australian Labor Party,che lo convinse ad aderire al partito laburista. «L’On. Bryant ed il suo partito hanno lottato perme, per avere la cittadinanza, senza nessun suc-cesso, per 15 anni. Solo quando i laburisti hannovinto le elezioni del 1972, il Ministro dell’Emi-grazione di allora, Al Grassby, del Governo La-burista, ha organizzato una cerimonia al Muni-cipio di Coburg, il 26 marzo 1973, per darmi lacittadinanza australiana, e a nome del governoe dell’Australia si è scusato per le calunnie e leingiustizie che io ho dovuto subire».L’impegno politico di Sgrò continuò negli annied egli si rese anche artefice di una manifesta-zione all’interno del Parlamento, nel giorno diinsediamento della legislatura, per la costru-zione di una scuola. Quell’audace impresa in-dusse i governanti conservatori, avversari, a di-chiararlo indesiderato nelle aule parlamentari.

Paradossalmente, da allora, maturò la sua can-didatura al Parlamento. Così ricorda: « Dopo tre mesi di lotta tra le cor-renti del partito, ho vinto io. Tanta pubblicitàsulla stampa, dato che è stata la prima volta cheun italiano veniva preselezionato per un seggioal Parlamento».La sua antica contestazione, però, non era statadimenticata e una mozione vietava il suo ingres-so in parlamento a meno che non avesse pre-sentato scuse ufficiali.Quando l’allora Presidente del Senato, Mr. Fry,gli fece notare che, per quella mozione e pureletto con la maggioranza assoluta, non potevagiurare, il neo senatore non rinnegò il suo ope-rato e accettò di chiedere scusa solo ad una con-dizione: che fosse riconosciuta l’importanza so-ciale del motivo che lo aveva spinto alla protestain Parlamento. All’inaugurazione della legislatu-ra, dopo che il Presidente lesse la dichiarazione

con lui concordata, «ufficialmente l’imbianchi-no Giovanni Sgrò è diventato Onorevole».Mai domo, Sgrò chiese subito di pronunciareuna parte del suo intervento in aula in italianoe, davanti ad un nuovo diniego, non si arrese,ma affermò «che in Australia ci sono quattro mi-lioni di emigrati di tutte le parti del mondo, equeste persone sono state emigrate e dimenti-cate, ed il mio motivo è di dare a queste personeun senso di partecipazione, e in più per far co-noscere alle autorità australiane che l’Austra-lia, con i suoi 16 milioni di abitanti, è una nazio-ne multiculturale». Solo quando la sua testar-daggine di calabrese ebbe la meglio iniziò il suodiscorso: «non ho potuto controllare le lacri-me… per la prima volta dentro un parlamentodove si parla inglese, e questo non vale solo perl’Australia, ma pure per l’Inghilterra, l’Ameri-ca, il Canada ed altri paesi, una parte del discor-so è stato pronunciato oltre che in inglese an-che in un’altra lingua».Sgrò divenne il paladino di tutti gli emigrati,non solo italiani. E non si fermò: promosse l’a-pertura al pubblico degli austeri giardini delParlamento della Victoria che, per 150 anni,avevano ospitato solo cerimonie ufficiali: gra-zie alla «calabresità, di avere la testa dura ionon ho ceduto e la festa si è svolta con grandesuccesso. Alla festa ho invitato il Console Ge-nerale di Melbourne Dr. Antonio Provenzano, equando lui ha dichiarato la festa aperta, la ban-da Vincenzo Bellini ha cominciato a suonarel’inno italiano e quello australiano, tante per-sone hanno cominciato a gridare “Viva l’Ita-lia”, come pure tanti […] per non imbarazzare

me ed altri parlamentari che erano lì, gridarono“Viva pure l’Australia». Un anziano emigratocalabrese, Rocco Schirripa, scrisse per quelgiorno due poesie, Calabria nei giardini delParlamento e Elogio a un calabrese. Con la vittoria del partito Laburista e la forma-zione del governo, nel 1982 Sgrò diviene Sena-tore di maggioranza, ma resta critico, anche coni compagni: «Avendo contatto con la gente e co-noscendo i loro bisogni volevo aiutarli al piùpresto possibile. I miei colleghi erano più teorici;io mi facevo guidare dalle cose pratiche».Nel 1984, durante una conferenza sul multicul-turalismo, avrebbe infine acceso i cuori. E vinto:nel 1985 il “ribelle” diveniva Vice Presidente delSenato, e solo per un gioco di numeri mancavala poltrona più alta. Una nomina – osteggiatapersino dai colleghi – con la quale il Governo ri-conosceva tuttavia, e finalmente, il ruolo di tuttigli emigrati nel tessuto sociale dello Stato: «Ho

dimostrato alla Commissione di presiederemolto meglio di qualcuno con tanti titoli e contante lauree».Da Vice Presidente Sgrò lavorerà bene, e acco-glierà, a nome del Governo, personalità illustri diogni nazionalità, tra cui Oscar Luigi Scalfaro, fu-turo presidente della Repubblica italiana. Fedele a sé stesso, il Senatore. Fino alla fine.Come quando si oppose alla proposta del Mini-stero delle Finanze di vendere la Banca di Stato,fondata 150 anni prima, perché in grave deficit.E fu forse per quell’opposizione che nel 1991 ilPartito Laburista non lo inserì nelle liste eletto-rali: «Il sistema parlamentare è un sistema pie-no di burocrazia. Io sono entrato con l’idea diun rivoluzionario – scriverà Sgrò – e mi credevoche entrando con il potere del Parlamento cam-bio tutto. Non è stato così. Però essendo parla-mentare ho avuto l’opportunità di utilizzarel’apparato del Parlamento e del Governo peraiutare migliaia di elettori».Un articolo su Il Mondo (The Italo-AustralianNewspaper), il 22 novembre 1991, ne annuncia-va la definitiva uscita dalla scena politica: «Si av-vicina inesorabilmente per Giovanni Sgrò il gior-no in cui dovrà lasciare le auguste aule parla-mentari del Victoria. Alle prossime elezioni, in-fatti, il suo nome non figura tra i candidati delPartito Laburista per il “Legislative Council.Uscirà con lui dalla scena parlamentare statale– riconoscerà Il Mondo – un personaggio di in-solito stampo, un laburista di temperamentomediterraneo, di quelli che, forse, non si trovanopiù nemmeno in Italia».

MELBOURNE

Scelse di fare il discorso di investitura in lingua italiana perchéquel giorno non era Giovanni Sgrò, ma tutti gli stranieri in Australia.Il Mondoscriverà di lui: “un laburista mediterraneodi quelli che, forse, non si trovano più nemmeno in Italia”

Nell’agosto 2014, l’on. Marco Fedi,eletto nella circoscrizione Estero,alla presenza del leaderdell’Australian Labor Partye di un membro dell’opposizione,on. Daniel Andrews, ha consegnatoa Giovanni Sgrò una targadella sezione interparlamentaredi amicizia Italia-Australia, riconoscendolo«Protagonista e originale interpretedel multiculturalismo in Australia.Impegnato da sempre nella promozionedei diritti dei lavoratori migranti»

Sgrò giovanequando partì

Un calabrese‘testa dura’al vertice del parlamentoaustraliano Antonietta Catanese

In ricordodi Padre RoccoBenvenuto

IL SUO ULTIMO LIBRO

“L o storico dell’Ordine attualmente più importante, per livello eper quantità di studi che ha fatto e che continua a fare, e per la

ricerca e la raccolta delle fonti originali” è la frase pronunciata dall’Ar-civescovo di Reggio Calabria, monsignor GiuseppeMorosini, nel presentare il curatore del libro. Una verità e un titolo ben meritati da padre RoccoBenvenuto per tutto l’impegno impiegato semprecon scrupolosa attenzione nell’approfondire la ri-cerca di tanti aspetti poco noti della vita del San-to. Un impegno dovuto, come lui affermava, allagratitudine che nutriva per il Santo. L’ultima pubblicazione - Vita del Glorioso Pa-dre San Francesco di Paola - frutto di un inten-so lavoro di ricerca, riporta la più antica bio-grafia su San Francesco, scritta da un anoni-mo calabrese. Copiata nel convento dei Mi-nimi a Corigliano nel 1560, ora si trova inSpagna, conservata nella Biblioteca Uni-versitaria di Barcellona. Il volume curato da padre Rocco, co nrre-dato da una traduzione in italiano che ren-de più facile comprendere il linguaggiousato in vernacolo, svela degli inediti etraccia la realtà sociale esistente in Calabrianell’epoca aragonese. Quest’opera resta l’ultimo e prezioso regalo dello storico e studiosoche ha dedicato la sua vita a cercare ciò che non si conosce sulla vitadel Santo Patrono della Calabria.

Page 7: AUGURI - feditalcalabresi.it · AUGURI Con il 2018 si conclude per Itacail biennio di esclusione dai benefici dei contributi all’editoria per la stampa diffusa anche all’estero;

Saverio Basile

A gli inizi del secolo scorso, per i calabresi,Napoli era ancora la capitale del Mezzo-giorno, dal momento che vi si andava e

veniva con molta facilità, nonostante i trasportifossero antiquati e precari. A Napoli, si andava da tutte le parti della Cala-bria, per frequentare l’università, per accompa-gnare i congiunti che s’imbarcavano per leAmeriche su traballanti piroscafi, ma si andavapure per tutta una serie di rapporti commercia-li, che i calabresi tenevano con i grossisti diPiazza Mercato. I benestanti ci andavano addi-rittura due-tre mesi all’anno, per sfuggire allarigidità dell’inverno o alla noia alienante dellaprovincia, mentre le mogli approfittavano diquesti soggiorni per rifarsi il “guardaroba” epoi tornare in paese a ostentarlo. Intanto nonperdevano l’occasione, uomini e donne, per ri-trovarsi la sera al Salone Margherita, in Galle-ria, per gustarsi Scarpetta o Maldacea. “Napoliè un’altra cosa!” sosteneva donna Amalia Lo-pez, nobildonna di alto casato, mostrando conorgoglio le foto che la ritraevano avvolta in unaelegante coda di volpe bianca.“Gli aristocratici di un tempo – diceva – andava-no a Napoli anche per farsi fotografare comemio fratello don Ciccio, che faceva eseguire lesue fotografie esclusivamente dal rinomato ga-binetto fotografico del cav. Achille Mauri, in viaChiaia 247”.

A darci conferma di questo collega-mento tra la Calabria e Napoli sono inumerosi epistolari che di tanto intanto vengono alla luce: per esem-pio, quello di don Antonio Oliverio,medico condotto di vecchio stampoe il prof. Mariano Magrassi, urolo-go, direttore della Prima Clinica

Universitaria; tra il prof. Gaspare Oliverio,archeologo di fama internazionale e i profes-sori De Petra, Sogliano e Olivieri, dell’AteneoNapoletano; tra il comm. Salvatore Perri, rap-presentante di società di navigazione e OscarCosulich, titolare dell’omonima compagnia diNavigazione F.lli  Cosulich. E questa era un ti-po di corrispondenza non solamente profes-sionale, ma investiva pure i rapporti con le fa-miglie e le persone, per diventare quindi unrapporto commerciale e umano nello stessotempo. Napoli era, dunque, veramente ed ef-fettivamente nel cuore di tutti i calabresi cheidealizzavano perfino i suoi vicoli e che cantic-chiavano le sue mille canzoni.A questa tendenza non poteva sfuggire nem-meno un paese interno, arroccato sulle mon-tagne, come San Giovanni in Fiore, che conta-va un nutrito nucleo di frequentatori fissi dellacittà partenopea.Non a caso le indicazioni urbane che ricordanoNapoli erano tante: dal “Caffe Bella Napoli” al-la “via Napoli Piccolo”, alla trattoria “Zi’ Tere-sa” alla pizzeria “Gennariellu”. Era un modoper riproporre una piccola vita di Napoli, cheesercitava sui compaesani una suggestiva illu-sione. Ma c’era chi Napoli, l’aveva ancora dipiù nel sangue e questo per una maggiore fre-quentazione dovuta agl’inevitabili rapporticommerciali, come Ippolito De Paola, commer-ciante di cappelli e filati, morto qualche annofa all’età di 80 anni.A ogni ritorno De Paola portava, invariabilmen-te, le novità della moda, le curiosità del tempo,le primizie in campo dolciario e alimentare, iprimi miracolistici “ricostituenti” e, tante, tante

altre cose, magari piccole, che potevano destaresorpresa e ammirazione tra i clienti del paese. Così sono in tanti a ricordarsi gli artistici “bril-locchi” di corallo di Torre del Greco, le caloscedi gomma, le ghette di panno o la pasta “Fi-lippone” comprata nello stabilimento d’origi-ne; gli estratti di brodo conservati dalla Cirio

particolare intuito del nostro commerciante-viaggiatore, riportano stampigliate la dicitura“Saluti da San Giovanni in Fiore”, “Un pensieroda San Giovanni in Fiore”, “Auguri da San Gio-vanni in Fiore”, hanno suscitato un comprensi-bile interesse tra gli amatori delle testimonian-ze del passato. La presenza in negozio di quellecartoline dimostrava la pignoleria di un carat-tere curioso, attento anche ai piccoli mutamen-ti della società del tempo. L’ambizione eraquella di legare il nome del proprio paese adun messaggio che le “Regie Poste” avrebberoportato nel mondo in una sorta di poetica pub-blicità affidata a scene d’amore.A schizzi di moda o semplicemente a belledonne, raffigurate con lo stile dell’epoca, in

una cornice di soffusa ingenuità chestrappa pure un sorriso se guar-

data con gli smaliziatiocchi di oggi. Sicché di

fronte a poche linee deidisegnatori di moda (Cal-

derara, Nanni, Colombo,Zandrino, Corbella, Marini e

Bert e altri) che abbozzava-no il volto e le sinuosità di un

corpo femminile, si coglie lospirito della moda come parte-

cipazione a una società che rin-nova i suoi canoni e si apre alla

fruizione di un bene riservato apochi privilegiati.

Vien da pensare ai giovani di allora cheguardando quelle cartoline stabilivano

un pur esile collegamento con un altromondo più appetibile, ma lontanissimo;

alle loro inappagate aspirazioni soffocatedalla mentalità chiusa e inattaccabile di

una società che non si apriva oltre le esigen-ze della sopravvivenza.

ANNO XI - n.44 - Novembre/Dicembre 2018 12

(quando la “capitale” del Sud era Napoli)Il filo diretto Napoli San Giovanni in Fiore lo teneva Ippolito De Paola, un commerciante

di cappelli e filati assai raffinato. Aveva un vezzo particolare: inviava dal suo paese cartoline di Napoli. Alcune sono qui riprodotte. Sono qualcosa di più di una semplice testimonianza della bellé-epoque

in vasetti di maiolica o “l’emulsione Scott” e l’o-lio di fegato di merluzzo, noti ricostituenti pre-sentati insistentemente dai giornali illustratidell’epoca. Ippolito de Paola portava tutto que-sto per distribuirlo agli amici e ai clienti, in un’o-pera d’involontaria “réclame” e propaganda.

Abbiamo ritrovato in casa De Paola, anche unaricca e originale collezione di cartoline belle-époque – prezioso fondo di magazzino del suonegozio della “Fontanella” – e da cui emerge lafloridezza e la spensieratezza di quelle classifacoltose vissute tra la fine dell’Ottocento e iprimi del Novecento. Le cartoline che, per un