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VoI. XXXIV - N. 1-8 ATTI E MEMORIE DE '%1 , SOCI ETA TIBURTINA DI STORIA E D'ARTE GIÀ ACCADEMIA DEGLI AGEVOLI E COLONIA DEGLI ARCADI 5IBILLINI TIVOl,I N ula sca. d81lA Società in ViU" à'EsIII

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VoI. XXXIV - N. 1-8

ATTI E MEMORIEDE

'%1

,SOCIETA TIBURTINA DI STORIA ED'ARTE

GIÀ

ACCADEMIA DEGLI AGEVOLIE

COLONIA DEGLI ARCADI 5IBILLINI

TIVOl,I

N ula sca. d81lA Società

in ViU" à'EsIII

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IL DIALETTO TIBURTINO

PPI::NA TORNATO dalla guerra, ]914-1918,volsi i miei studi al dialetto tiburtino,con l'intendimento di svolgere via viaUll 'indagine al fine di rilevarne e fer·marne le caratteristiche più salienti inun momento in cui, esulato verso lecontrade più eccentriche di Tivoli, anodava con la vecchia generazione sper­

dendosi o ibridamente trasformandosi nel linguaggio, più pre·suntuoso che corretto, del nostro popolo.

Per il metoùo della trattazione, nell'intento anche di metetere il dialetto in relazione con la lingua a scopo didattico,mi giovai del manua]etto di A. Prati che un pregevole lavorodel genere compose per i dialetti Valsuganotti.

Il dialetto tibnrtino deriva dal latino suburbano che siparlava in Tibur, diverso già dal latino urbano di Roma, nellastessa misura forse dci due dialetti odierni, risentendo noimaggiormente l'influsso della Sabina: e al latino converrà ri­chiam.arsi spesso per la spiegazione e l'intelligenza dei feno­meni fonetici e morfologici più caratteristici.

FONOLOGIA

1. - Nel dialetto ricorrono tulti i suoni della lingua ita·liana: nondimeno esiste una palatale che non ha riscontronella lingua, ed è la se (ehe noi segnamo s-C) delle parole

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74 IGINO GIORDANI

niseiunu • nessuno; trascilmni - a carponi, strisciando; euri­scenza • COlI licenza (cll-m licentia) ecc.: uu suono cioè interomedio tra l'se e il c molli. Per questo SUOlIO e per certe con­sonanti doppie durissime, anche neHa grafia fonetica il dia·letto finché è possibile si distingue dalla lingua. Es. gghjer­dusu - smorfioso.

Accanto alla sud_detta palatale propria del parlare tibur­tino esiste, rara, la c molle come nell'italiano.

Un altro suono carallcristi<:o è una gutturale intermediatra la c e la g, la cui fonazione non è possibile rappresentare.Es. lu IDeo, lu focu ecc. elle non è precisamente la g di « luo­go » e la c di « fnoco »). Cosi un'intermedia tra t e d, p e bnon rappresentabile.

VOCALI

2. - Le vocali sono cinque anche in dialetto, con pro­nunzia aperta e stretta per l'e e 1'0: ma non sempre alle vo­eali dell'italiano falIllo corrispondenza le stesse nel dialetto,notando come questo manifesti una ~enerale tendenza ai tonipiù scuri, aUe vocali riò cupe.

Es. pérgula . pergola (dove l'o s'oscura in lt e l'è in é).

Nota: nel dialetto nostro tutte le paTelle finiscono in vo­cale e in dò si diversifica notevolmente dalla lingua.

Vedremo in seguito, nelle f1<! 8·j,oni, come spesso una slesavocale colorendosi diversamente assume diverso significato. Laparola legge ha l'e chiaro o scuro a seconda delle frasi: es.nOlt capisce lèp;ge, invece: chi commanna fa légge.

3. - La vocale a ha molta resistenza, cioè molto di radosi lascia sostituire da altre vocali.

S'aggiunge in principio di parola a tutte le voci compostecon re = ri o re. Es.: arevotà - rivoltare; areccogghje . rac­cogliere; areggirafore . imbroglione; arepperizzicasse - arorampicarsi.

Per analogia: arerivà . arrivare; arrobbà • rubare; uriz­zassc - alzarsi.

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IL PI"-LLn:o TIBIJHTlNP 75

Quale desinenza della la declinazione ricorre anche indialetto: es. la. liva. - l'oliva. Quale desinenza del neutro plu.rale ha resistito in lIn maggior numero di voci che in ita­Iiano: le perzica • le pesclle; le sorvora - le sorbe; le prorlca.. le susine; le cera.sa . le ciliege; le ficora • i fichi; le mela ­le mele; le pera· le pere; le bricocula. • le albicocche; le le·vela - gli oliveti; l'orta· gli orti; le prata - i prati; le cenl.i·nara - le centiuaia; le mazza - le viscere; le letta· i letti; levarneLla - le soltane; le tetta . i tetti; le strcppara - gli ster·l~ari ecc. Un fenomeno a11alogo si verifica nel vernacolo ne­chese che aice pure: le mela, le pera, le pesca ecc.; nelI' ita.liano antico: campora, ramora, pratora e in molte voci del·l'uso quotidiano deUa lingua: ossa, anella, eorna ecc.

L'a ossi tona vale quale useita nei verbi della la coniuga­zione: sbuidà • vuotare; arrebbodà - avvolgere; lu,và • lavare;a.r<~uticà • rovesciarc; arecciaccarià • ripassare la vigna dopola vendemmia; striculà • fregare, strofinare; aref01lTlà - rimet­tere il fondo (ai recipienti di vino) ecc.

L'a atona cade in .~!ardl~ - asfalto; si coiora in o nellecomposizioni con aggettivi possessivi: càsoma - casa mia;màmmota • niamma tua (rumeno: mama ta ~ mamina tua;casa ta - la casa t.ua); socer01TUl . la snOl".era mia; figghjorna. mia figlia; ziuta • tua zia; twrota • la tua nuora; ecc.

4. - La vocale e ha due suoni: <'.hiuso c aperto, per iquali non sempre corrisponde all'italiano, tendendo come fudetto a incupirsi. Es.: vén.tu - "en to; conténtu • coll'tento;cipré.~.~u • ciprèsso; béllu • bello; pét'tu - petto cee. Feno­mellO questo che rientra per ragioni analogiche nella leggedi digradazione vocalica che spiegheremo. Per ora notiamola differenza col dialetto romano, il quale tende invece adallargare (san Piètro, e noi: san Piétru).

Il vario colorarsi nei sinonimi o nelle flessioni di unastessa voce corrispon.de a diverse significazioni. Es.: lo tè ­lo tiene; lo té • lo ti.eni; lo bè - il bene; lo bé - il bere; issuci vè • esso ci viene; tu ci vé - tu ci vieni ecc.

Come l'a, anche l'e si apre m o nelle voci femminili cheaggiungono l'aggettivo possessivo: mogghioma - mia moglie;

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76 IGINO GIORDANI

soroma (da .mrorema) • mia sorella; mentre, pcr le analogie,chc studieremo, tra i ed u., neHe maschili, si aculizza in i:pàritu (patritu) • tuo padre; fràtitlL - tuo frateno.

Per analogia pure si ha re in sillaba che precede unauscita hl c, invece che l'i, in molti casi: stregne • string,e;vence . vincc; spegne - spinge (mentre se l'uscita è i si ha~trigni, vinci, spigni - stringi, vinci, spingi).

La particella ri imlicante ripetizione, nei composti, di­vieue re (ed è preceduta, come s'è visto da un a): arevenutu• rinvenuto; arennnammitu - rimblimbito; areccoghje • rac­cogliere; arefi(Jrasse • riluttare.

Varianti isolate: càmmora - camera; vel~ardì . venerdì;Teruni - Torrioni.

L'e ossitona vale quale uscita nei verbi della 2° coniu­gazione: vedè • vedere.

5. ~ L'i è vocale aCI!ta, molto tenace, che generalmenteresiste tauto in posizione atona quanto in posizione t(;mi~a;

c in dialetto spesso assorbe anche altre vocali.Per il fenomeno di digradazione voealica o di semplice

analogia si sostituisce alla vocale e chiusa, nella penultimasillaba delle parole u~centi in i o u (analogamenle a quantoopera l'u. rispetto al piil debole D). ~S.: bP.llizzi • hellezze(sing. bellezza); velirm . veleno; vilu • velo; repijghi - ripie­ghi. Per tale ragione tutti i nomi ad esempio, che in linguaescono in etto cambiandosi "l'o desinenziale in u, si risolvonoin ittlt: l'alittu. paletto; carittu· earretlo; mcrlittu· merletto;viculittU • vicoletto; e nelle fless~j,oni quando la desinenza sia iod ti: vin·1Lu - vendono; bivu . hevono; scignu - scendono;tigni. tingi; si • sei; stritti - stretti; friddu . freddo.

Assorbe l'e anche in molte desinenze femminili pluralidella la declinazione: le fra~li • le fragole; le frunni • lefronde; le casi - lc case; le cianchi . le gambe; le scarpi .le scarpe.

Notare: velignà . vendemmiare; gnisciunu • nessuno.Sostituisee l'o in conunìdo . comodo, e derivati.L'i selllivocale, sviluppatasi innanzi alla voc. e nel vol.

gare italiano dalla lingua latina, manca in talulle voci dia-

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Iettali che restano perciò l)iil vicine al latino: pede . picde;levitn . lievito; manera • maniera; lettera. letticra; biandera. bandiera (neUa quale voce si p 'ò anche vede~c una traspo­siziollc dcUa vocale); dece - dicci (lal. decem, rUlllCllO zece);fele • fiele; mele· miele; mete· mietere; gnente • niente;sete - siete; té - tieni; vè - viene; ecc.

Si sviluppa sporadicamente in alcuni termini, come: pri.maviera; rivierì; sbucià ecc. Notare. spidu • spiedo; spina­tora • spianatora; aremanì • rimanere; schina - schiena.

Accentato vale quale mcila della 4" coniugazione: fernì- finire; accivì . discutere; addormì - dormire.

Si sopprime nella preposizione in, anche nei composti.Es.: 'n sinu • in seno; 'n gred.eflza - in credito; gnostro • in·chiostro; stilutore - istitutore; 'n Cocerinu . in Colsereno (eon.trada di Tivoli); 'n salata· iJ1salata; 'mmerno - inverno; la'Merzata • la Inversata.

G. - L'o ricorre per lo plU con pronunzia chiusa, ap.punto pcr il carattere del dialetto tiburtino: pochi sono inOlni con pronunzia aperta.

Quale uscila del singolare dei nomi della 2" declinazionenon esiste che in pochc parole importate piil recentemente:lu trono • il trono; lu moro . il moro; popoln (che \'iene usa tocon certo sapore di ricercatezza rom.anescamente: ar popolo •al popolo); pummiaoro • pmnodoro; cazzimpp.ri.n . intblgolodi olio e sale; stommico - stomaco; commido - comodo; loco- luogo, o avverbialm.611te lì eCC. mentre di regola si oscurain u: bonu· buono; reazzu • ragazzo. Spesso, atono, si oscurain u anche nel corpo della parola: bettula - bettola; nnttula. pipistrello; pergula • pergola; faula o fàbula - iahola ecc.òoè in parole sdrucciole in cIIi è notevole il ricorrere dellaterminazione ula - ola (per analogia zigula, parola di nonchiaro significato che entra in una cantilena detta durante ilgiuco del crocò, di cui parleremo).

Per la regola di analogia, già rilevata per altre vocali,in una parola l'o della penultima sillaba di solito in posi­zione tonica, si oscura in u quando la desidenza sia u: lu tra.furu • il traforo; lu connuttu • il condotto; lu funnu • il

77l'L DI no l'IO L1'Il1'INO

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7. - L'u pel carattere proprio del nostro dialetto è tavocale prevalente, perché la più oscura. Già a proposito del.l'G, si è notaio come questa vocale sia sostituita assai spesl'oo,tanto in posizione tonica quanto in posizione atona, eh infine sia nella massa fonetica, dalla u. 111 generale, sono in ule desinenze italiane iu o (sostantivi e verbi) come in u sicolorano tante sillabe, per il fenomeno fonetico più volte ac·cennato: cannuni • cannoni; furuni (nella frase furuni fu.runi, certo dal latino fur - ladro) • sospettosamente, di sop·piatto, nel camminare; figghjmni. filii mi . i figli miei!!;sucerutu - tuo suocero; fussi • fosse; sprefunnu . precipizio;cazzuni • calzoni; canagghjuni • canaglioni; ecc.

Per queste uscite in uni è il caso di richiamare la sortedella terminazione italiana one, la quale àiviene o tronca nel

fondo; lu munllU . il lllondo; lu vulu . il volo; pulu (nellafrase i a pulu • perdere la partita, rimaner pulito); ccc.

Fanno eccezione quei termini che dall'o breve latina svioluppano in italiano il dittongo no: bonu . buono; sonu •suono; tronu . trono; focu . fuoco; cocu . cuoco; però l'oè chiusa.

Forse per analogia: pocu . poco; pont . povero.

La tendenza dialeuale a troncare, smozzicare le parolequi si presenta nella ricca categoria delle uscite italiane i...one, accorciate in o chiuso: tentazziu' . tentazione; a<:klu­cazzio' . educazione; precissio' . processione ece. Per analo.

gia: gghjo' (da gghjone) - giìl. Tutte queste parole (comepure tutte le altre parole tronche) quando il ritmo del di­scorso lo esiga, si completano con un'enclitica: ne. Tentaz­zione; anda brutta precissione! Oh! elle brutta processione!

Per anomalìa alcune volte 1'0 sostituisce la vocale piùforte u: Loda . Lucia; politu . pulito; torchino - turchino;focile - fucile; Longa - lunga ecc.

Sostituisce l'e in càmmora - camera; sorviziu (anche .~e"·

viziu) - servizio, mentre precissio' da processione.

Oscurandosi o schiarendosi esprime, come l'e, le varia·zioni della flessione: cògghjo (;olgo; c6gghji - cogli.

78 IGINO (;Il>RDANI

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CONSONANTI

singolare, torna piaull, ma con un oscuramento in Il, nel plu­rale 'n ginocchiuni - in ginocchioni.

Cosi si condensano in una u le uscite (ono) della 3a persopi. dei verbi: vinnu . vendono; bi1lu - b 'Vono; léggiu . leg­gono; moru . muoiono; fugghju - fuggono; fernisciu - fini­scono; ecc.

Ecce.zioue notevole è loeo . in quel luogo, pura voce lu­tina. Così pure: popolo, commiclo, morgio • grosso sasso;sergio - selcio; baramoscio, bobbo . spauracchio per bambini;cucciulotto o cuctjiulabreo - si dice dei ro:r.zi abitanti scesidalle montagne e quindi per stupido c malvestito; (J,breo •ebreo ecc. voci, cioè importate. Si dice pure Gesù Cri:ito ­Gesù Cristo.

B. - Ali contrario <l'altri dialetti, il tiburtino rivela unanotevole tendenza a raddoppiar consonanti, e non solo nellamassa fonetica, ma anche in principio, sì da comporre talorasuoni così duri che la comune grafia non è sufficiente araI"l'l'esentarli. Tra i suoni piìl duri sono le gutturali.

Figghju - figlio; piggio' . pigione; gghjo ppe de ssa - giùper di lì; gghjacculi - legami per le some; aremmonnà - sbucociare; conzoluzzio' - consolazione; ecc.

Invece il doppio r dell'italiano viene ridotto appena aun semplice r: tera - terra; guera . guerra; TeTltni - Torrioni.

9. - B. Molti esempi si possono cogliere nel nostro (lia­h~tto di quel fenomeno comune alle parlate romanze, di con­fusione, originata da differenziazione di pronunzia, verso ilIn secolo, tra belI: fabula . favola; sporberà - spolverare;abbiasse - avviarsi; arebbodà - avvoltar~, avvolgere; la bali.scia - valigia; nel chiamare o' Loci' - o Lucia; sbodà . svol.tare; la sbodata delle carrozze· WlO svolto di una strada tib.;resbigghjasse - risvegliarsi; sbelà (la brascia) • svelare, sco­prire (la brage); contrario: arebbelà - coprire; sbaporà .svaporare ecc.

Tale confusione è più facile coglierla nel parlare deivecchi.

Nota; freve - febbre.

79lL PIAI.ETTO TIHL-RTINO

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H. - D. Sul lÌ basterà dire che spesso VIene confusocol t senza regola costante.

lO. - C palatalc o molle, ha generalmente un suono in­termedio Jra l'.~c (moHe) e il c (moUe): Coscerinu . Colse­reno; gni.sciunu - IlflSSunO.

leT': GI01UlANIso

12. - G illtervoea.1ico spesso cade: fraule . fragole; reaz­%u .• raguzzo (e llerivati; reazza, reazziulI, reazzacciu); preu·lese (da pregulese) • pergolesc; streaccia • stregaccia.

Iniziale di parola, davanti a r e specialmente al nesso ran,cade: ranu • grano; ranturcu • granturco; ranaru • granaio;ranina • grandine; ranlle • grande; ranfìa - granfia; rillu •grillo; ratta' • grattare; rossu· grosso; 'fotte - grotta (cantina).

ECl~ezioni: granatu . granato;G duro gutturale, nel dialetto, per lo più, si raddoppia:

agghjo (da aggio) • ho.Interviene così a ndforzare l' i - j (innanzi a vocale) ag­

ghjutalu. • aiutalo. In g duro doppio pure per l'analogia colcaso preeedcnte si riduce il gl molle: coggh}e - coglie; mog·ghje - moglie; figghju • figlio; agghju - aglio; cordogghju ­~01'dog1io; rattat;tugghja • ragazza glia. E per analogia eg aIemodificazione subisce l seguito da i vocale: veggigghia - vi·gilia; Cuntigghjolu - Ql1intiliolo (località presso Tivoli); ecc.

I suoni gua glie ecc. spesso divengono va, ve, ecc.: vardà .guardare; vardùmu • guarùiano; vastà - guastare; ecc. Ana·logamente: t'arzò - garzone; valle - gallo; mentre vernice di­viene guernice o (juernicie.

Da svelto si ha sguerdo; da svizzero sguizzero.I suoni chia, chie in prin~jpio dì 'parola divengono gghja ~

gghiède - chiedere; gghjodu • chiodo; gghjaru - chiaro; pari­menti la semplice g dolce di gghjelatu • gelato; gghjenlusu (?). smorfioso; gghjenneru1Uu • mio genero; gghjettà • get.tare; ecc. Gghiommeru (glommero) . gomitolo; ogna • un·ghia; sergio - selcio.

Spesso, come avviene tra suoni d'una stessa classe {one­tica, viene confuso con c e non è sempre possibile cogliert"l'esatto suono nella pronunzia delle parole, anche perché dei

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IL paLETTO' Il UI I, O

due suoni affini (c e g) si forma come s'è detto, di solito, unsuono intermedio che si sottrae aHa rappresentazione grafica.

Talora però si ha una vel:a sostiluzione: asciuccà. .asciugare.

13. - L: ne" nesso ali: l diviene r (si rola.rizza): ardu •alto; snwrdu - smalto; .~ardu • salto; pardone da paletot, pron.paltò; al'dare - altare; ecc. in eui si può nolare il trapassodella dentale t in d.

Negli altri nessi avanti a t spari e: VOla - volta (verbo);arevodà - rivoltare; cotu • calto; accotu- accolto (ini nato);mudu - molto (frequente: saccio mudu io • so molto !).

Da caldo si ha callu (assimilazione); curiscelLza • conlicenza; poscinu • pulcino; Pusciltdla • Pulcil1ella. Cordo •colto (nel giuoco delle « palline l)~ è importato dal roma·nesco còrto.

Ma al talora subisce la stessa trasformazione che in fran­cese cambiandosi in ali. .(autre • altro; ha.ut - alto): scauzzu •scalzo; causciSCIl (a cavalluccio).

]4. - M assimila la labiale Hl tammorelln - tamburello;la V in Sammaleriu - San Valerio; Mesti - Vesta; masl:ia (astio)- smania, angoscia.

15. - N con dentale dà nn.: 'ntcnne • intendere; peno

nulu - pendolo (a pennuluni - penzolante); COnnuttu • con·dotto; confonnp. • confondere; asconnarella (a) • il nascon­

dere (giuoco).[uv iniziale di parola diventa mm: mmece - invece; amo

mità - invitare; IIlmerno - inverno; Mmer,~ata • !nversata (con­tra<la); mmfmtà. - inventare; mmidia • invidia; rnmidiusu ­invidioso; mmiscà - inviscare, e qualche altro: in essi, in eon·formità di quantCJ s'è detto sull'in (iniziale di parola) la iscompare.

16. - S: rs spesso si assimilano in s.~ (sempre negl'infi.mtl dei riflessivi): levasse • levarsi; arebbodasse . avvoltarsi;oppure divengono ,.z: parzu - parso; curzu • corso; burza •borsa; perzica - pesca.

6.

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METATESI

NEOLOGISMI

IGINO GIORDANI82

21. - È comune nello spostamento dell'r e l: drento •dentro; crapa • capra; corvatta • cravatta; streppara - ster·

18. - V tn pOSIZIOne atona, intervocalico, pesso cade:Gill-anll.i - iovannl; giucni - giovini; tau.la • tavola (c'è unritornello nel giuocare all'altalena che comincia: santaulasantaula); caula • cavola; Tiuli • Tivoli; Tiulisi • Tivolesi;cauli· cavoli. In posizione tonica c'è beatu (o bitu) e beuta- bevuto, bevuta; bausu o baosa - bavoso, bavosa.

19. - Z, piìl frequente che neUa lingua perché spessorÌcorre in luogo di s, ed è dura. Diverza gente· diversa gente;le tre perzo' divine· le tre persone divine; alz si assimila -inazz: a%zasse - alzarsi; cazzuni, cazzette - calzoni, calzette. Siraddoppia frequentemente: addugazzio' - educazione; colaz·zio' • colazione.

17. - T spesso viene confnso con cl: lede· le ali; 1nLUlu

- molto.

St - ss nelle forme verbali: vedissi • vedesti. C'è pozzi ­possa; l'assogna - da la sugna. La terminazione scio: fcni-seio. finisco; capiscio . capisco; spariscio. parisco.

20. - Per lo plU non presentano in dialetto una formafissa, difformandosl variamente da hocca a bocca: notevole èperò che conservano l'o dcsiJumziale italiana, non c endo an­COl'a stati assimilati.

Riportiamo qualcuna delle svariate forme dei più comunineologismi: l'onise • l'omnibu~; lotonobile • l'automobile; ta­lefino • telefono; rioprano • areoplano. Il cinematografo... :che non diviene il cillelIUltografo nella bocca del popolo?

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IL DIAU:TTO T1BURTlNO 83

pari; streppigna o streppia • stirpe; prubbico pubblico;drottina . dottrina; crompà . comprare; fernì . finire; cropì'" coprire; frabbica . fabbrica; .~truppiu • storpio, ecc.

ASSIMILAZIONE

22. - 1"7' z ;;::: zz: CWl;zuni . calzonl; n + d =nn: merenna- merenda; m+b=mm: comm(Jtte . combattere; gl (rIolce)= ggh: cogghje • coglie; li (vocale) = ggh: ogghju - olio;st=ss (nei verbi): 8ghjamissi " chiamasti; rs=ss (nei verhi):levasse· levarsi; lz=zz: azzasse • alzarsi.

Nota: pe da' bu.lla (per dar bnrla).

PERDITA DI SUONI

23. - Vedemmo "oIta per voIta vari casi. Per es. l avantia t, vota - volta; rossu " grosso; beuta - be"llt8; scanagghjà. scandagliare; scadalcttll " scaldaletto. Si odono frasi come:non .~e le ò venne " non se le vnol vendere; l'cmmaria o"

l'Ave Maria.

RAFFORZAMENTO

24. - Rafforzamento o raddoppiamento di consonanti fre·quentissimo: addueazzio' . educazione; lo bbe . il bene; ten"dazzio' . tentazione; avvanzu " avanzo; accapugghjo' • perdi giù; arettummulatelu (notare: l'accento!) ifa arettummulàche ricorda il capitombolare (arettummulas.~e)ma in dialettoè anche transitivo: acquandn • a lln tratto; relloggiu - orologio.

SVILUPPO DI SUONI

25. - Abbiamo visto un'a protetica con vocaboli cominocianti per re (arefiatà " rifiatare). Nota: areriva' • raggiun.

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TRONCAMENTO E fU O

MORFOLOGIA

28. - Nel dialetto tiburtino rimane vivo il genere neutro.Si tratta d'un fenomeno singolare interessantissimo, sfug­

gito all'attenzione anche di coloro che più particolarmentes'occupano dello studio del nostro ùialetto.

IGINO CIORDA:"I84

gere, arrivare; uno pedde filu - assolutamente; sbarattà (oscacchià) - barattare o spicciare di monete); carapislà - calopestare; sgarafignu - graffio; surchià - succhiare; rescoslu ­riscosso; aropri' - aprire; s hiuppeì . scoppiare.

26. - l\'lolle le parole troncate, accorciate, ma semprein vocale: tULli gl'infiniti dei verbi (sprefibbià rompe!. i ilcollo; aremcmì - rimanere; scrive - scrivere); le parole inzi,orie: ,~trltzzio' - istruzione.

Tutte però indistintamente le parole tronche (ossitone),quando la cadenza ritmica della Irase lo riehieda, per spe­eiali appoggiature della parlata tiburtina, possono essere col­mate dall'enclitica ne (verosimilmente la ne latina).

Lu si vist!/' mo' - l 'hai visto adesso; si vistu mone? sì ono?; none . no!; Chi? o chine?; ondo' • dove?; oppure:andOJ~e?; tre - lrene; tu - lune; si • sine (spesso si sentesine, sine? - si sì); lo vo' - lo vuoi, o lo vone?; comm'è •com'è, o cOTnm'ene?; a dCl sludiane se vo passane, none no' ­hai da studiare se vuoi passare, no, no! ...

2i. - Da una rapida disamina dei più notevoli fenomenifOlletici deJ dialetto, passiamo alle differenze morfologichele quali, se non soo né numerose né rilevanti rispetto alledesinenze, sono ilJ"e~ caratteristiche ri petto alle fle.'ì8ioni,consistenti spc"so, come vcJr(}mo, in ùeterminate colorazionidi tono varianti coi generi e le p~rsone. Anche per la mor­fologia occorre limitarsi alle discrepanze più eviclcnU tra linogua e dialetto, proponenclocì in seguito di fornire un 'idea piìlprecisa col trascrivere dei brani dialettali. E cominciamo conl'articolo.

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Il DIALETTO TlB RTlNO 85

Il popolo tiburtino, dal dissolvimeuto del linguaggio la·tino, ha serbato l'uso, il senso vivo di uno dei tre generi deinomi, ncHa lingua italiana scomparso: il neutrO.

Dico ,iI senso, lo spirito, non solo qualche JIlU'ola, comcin rumçno, f,ome in molti dialetti; c si manifesta con formeproprie, come in latino, neUa coneordanza elei pronomi di.mostrativi e ndl uso dell'articolo (antico pronome).

Citerò nlolti esempi.maRchile femminile neutroquissu quessa quessoquillu quella quellolu la lo

E si diee difatti: che bOTHL gigghju quissu; quissu non èmal'alleva.tu, in cui è nsata la voce quissu perché riferita a unsostantivo maschile, figghju. Così: qU('~sa è 'na spariata" trat·tandosi d'un femminile.

Ma invece il tiburtino p dire: « Questo che dici tU»,cioè « questa cosa - id • hoc latino» un neutro insomma, siesprime così: quesso che dici tu; e non, qllissu, che vorrebbeintendere « quella persona)) di genere ma1!chilc. Altri esem­pi: Che vQrrissi 'nlenne co quCS,H}? Quesso è quello che mevolì. dì? Quesso non me capàcit(L (persual'le). Quesso tel/. èbonu e quello dell'atri no'?

Ma Yi sono anche sostantivi di genere neutro vero e pro­prio, coi qualli i pronomi e l'articolo concordano rigorosa­mente seeondo la norma latina. AJ es.: bene, male, sale ecc.eéc. QuinùiabhiaulU: « Quesso è 10 bene che mc va'? )).Mentre con U11 sostantivo ma.schHe si sarebbe dovuto dire,ad es.: « Ql1k'llJ è Iu reazzu teu? l).

Sicché 'li dice: quesso be!lC, perchl~ neutro, accanto aquissu rea·zzu maschile.

Eyidentissimo poi è il neutro nell'uso dell'arlieolo (de­rivato da llll pronome). Es.: lu pemmlu, lu gghjènneru (ge­nero) di g. m.; la corogghja, la tignarìa (testardaggine) dig. f.; ma, lo bè • lo nene, lo pà • lo pane, lo prenlese, lostruttu d~ venerdì sanw... lo .frìuu, lo sangue pi.stu, lo feru,lo rame, lo ran(.urco ecc. ecc. di g. n. Oppure: lo sì volutnco le mani tei (questa cosa· id - l'hai voluta ...); e jnvece:

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lu sì arrettumulata lu biunzu? Lo vo' lo pa'? La vo' lulèvitu? Lo si dittu tune! Lu sì gghiamatu tune! (in cui quellu si riferisce a persona di g. m.). Lo sète gghiettatu lo sp-me?Nei quali esempi apparisce chiaro com il primo lo è veropronome neutro, il seconòo articolo.

Èssote Iu rappagghiu. rea - ssote lo fìln tcu. Così: lusaccu dello rana (non dellu ram~). Areès.~o la quino,tu (co­gnato), areèssote lo pepe - Areèssote lo teu (rieccoli il tuo, lacosa tua, tuam); sò spicciati li biunzi: areèssote lu tca . Lovidi mo? (vedi ora ciò?) e Lu 11idi ma? (v~ai ora lui ?).

Si hanno sfumature :!ppena lIwertibili, che rivelano sen­sibilità finissima, per cui uno stesso termine, ilI varie acce­..:ioni, assume per il tiburtino diverso gener~. Per esempio, sedico: lo lum.e (appena tJistu lo lume, se ne sò scappati) in­dico: (( la luce l), « il chiarore»; invece; lu lume è la lam­pada, il lnme. Così.: lo fem indica il metallo, il ferro; luferu 1m utensile di ferro (lu fcru da cazzetta, da stiru, daspanne (spandere) ecc.). Ancora: lu prcciuttu è l'intero pro­sciutto; lo prescinttu è l'affettato, una parte. Lo stesso dicasidi lu merluzzu e lo merluzzu cee.

Come in latino, gli avverbi uSllti sostantivamente sononomi neutri; quindi nel dialetto tiburtino si osserva la con­cordanza di cui parliamo. Si dice, per es. lo gghione (il giù,la parte della easa sotterranea, o più bassa) e non lu gghionc;lo fare è il fuori, la campagna e non lu fore.

E come in latino, wlli gl'io6n'ti dei verbi, sostantiva­mente adoperati, sono sentiti come neutri. Es. lo mèdc (ilmietere), lo veligr';") lo piove, lo cammillà, l'arcccUu:ca.rià(quesso non sc gghjama arecciaccarià), lo s pelluccà (invecelu 5]>elluccu). Qne to non è campà, fmteUn. - Co lo gghjac­chiarà e co lo piagnc gghjemo 'nnanzi (invece co lu pianta).- Co lo isse a.rrepperizzichenno s'è squartatu lu varnellu. .Lo ride de quella sera e pò non più.

Altri neutri sono gli aggettivi nsati isolatamente, comesostantivi, a designare la qualità astra la; tal quale come inlatino (pulchrum . il bello; bonum - il buono). E si ha: lobellu (invece lu bellu indica la persona maschile bella); lodoce; lo serinu; lo ruscill; lo verde; lo friddu; lo callu; ecc.

86 1 I O GIORDAI'iI

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1 , DI.U.ErrO TIBUIITiNO 7

c arti-

neulro

loquestoquessoquellostesso'sso'sto

sopravvive sentitoscomparso (tranne

questaquessllquella.stessa'ssa'~·ta

fem.w.iIJ.ile

la

(cotesto)( questo)

luquistu (questo),quissu (cotesto)quillu ( quello)stissu'8SU

'stu

ART.

l'HON.

Coneludendo: nel dialetlo tiburtinospontaneo, lo spirito del genere neutro,in erte tracce) nella lingua italiana.

Raccogliamo in uno specchio le voei pronominalicolari per i tre generi:

ma6chilc

ES. COMP. èceolu èecola èccoloès.çolu èssola èssoloèllolu èllola èllolo

Diamo qualche esempio specialmente p~r mostrare l'usodene forme accorciate 'SSft, 'stu. Sso ranu de chi ène? - Ssureazzu a chi è figghiu? • Stu eirehiu; sto tunnu; stu strace' €

pisu • Che lo vo' sto pii? - '5su eucciulabrèo eh~ vò? . '5somenacciu che te ne falw? - Qncss'è lo dor.e? (non quiss'è... ) •Non lo sbazziclÌ ss'ogghju - Questo se gghiama parlà ciuvile ­A1ldovello lo ra.nu? Essolo, /1on lo vidi? - Andovellu lu rap­pagghju meu? Essolu, non fu vidi? - l,o filll? Èssote/o!

Nel plurale, il neulro non ha forma propria, ma si cou­{oude col maschile.

Adunque i neutri, veri neutri, si possono raccogliere inquatlro categorie: la primll comprende i sostantivi neutri, l~

altre tre vari parti a~l discorso usat~ sostantivamonte. J so­stantÌ\ri neutri più comuni sono: lo bè (lo ben-e); lo male;1'0gghju; lo vinu; lo lattc; l'acitu; lo mèle; lo fèle (è a.maruwme lo fèle); lo sale; lo pepe; lo san/{ue; lo subbrimatu;lo vcli.nu; l'arze,dco; lo riobba.rbu; lo filll; lo surfu; lo mer­luzzu; lo salame; (vogghio lo sala.me. Lu salame è scurtu;lu serno tagghiatu. tuttu); lo frittu; lo ve,ntmmc; lo struUu(lo stl'uttu de venardì santu); l'untu; lo lardu; lo sfardu; lobrec<:he; lo petrogghio; lo fume; lo caciu; lo preulese; lomoscatu; lo pizzutcUo; lo zi.bibbn; lo cesa.nese; l'alea.ticu

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(quess'è alleaticll); lo ranu, lo rantuTcu, l'orzu, lo (eru, lorame, lo stagnu, lo piunlimu e altri metalli, lo scrittu, lo stam·palu, lo seme, lo pp-sce (con significato collettivo, lu pescemerito a un pesce), lo basilicu, lo tr{)smarinu, lo sugu, ecc.

Se bene si consideri, questi nomi potrebbero raccogliersiin categorie inàicanti ciascuna un ordine >eeiale di cose.

La seconda categoria è degli aggettivi sostantivati. St'abbadà lo vccinu e lo lontanu (altra cosa: lu vecinu). Da' lobiancu; lo rusc;,u, lo torchinu; e lo giustll..

Terza quella degl'infiniti verbali sostanlivi.

Ultima quello degli avverbi usati sostantiva mente. Es.:lo megghio e lo peggiu; lo pocu e l'assai; lu fure e lo gghiorte;lo de piune e lo cle minrt (forme avverbiali: così lo de giustu).

Si potrebbero addurre altri esempi. Per ora basti l'averrilevata questa meravigliosa c.flratteristi~a residua della lin­gua latina.

29. ~ Oltre alla forma di neutro, vero e proprio, sen­timento ed espressione, esposto, il dialetto tiburtino presenta,come la lingua italiana, lllolte voci, variamente dai gram­matici designate; gen.ere m É.$lo, irregulari, rwmi sovrabbon­danti, ecc., le quali ono effettivamente antiche parole digenere neutro sopravvissute sporadiche fra la gran turba deinomi comuni.

In italiano abbiamo: anello, plurale anella; curno, corna;fio, fiJ.a; cervella.; ossa; tcmpora; ece.

Nel dialetto 111 <'-Opia è ma~giore perché oltre a possedere,foggiate secondo le proprie leggi fonetich , tutte le parolesopra indicate della lingua, si hanno pluraH neutri evidenti:come era del resto anche nell'antico italiano (pratora, eam­pora. « L'angel di Dio che le peccata leva l), Dante. {( Cheprima avea le ramora. sì sole - Dante - le divine qlUldrel­la J) ecc.).

Del dialetto le voci più noie, ùerivate da neutri o for­matesi per anal(}gia, sono: le pera; J.c bricocula; le ficora.;le cerasa; le pronca; le perzica; le perruzzella; « giocà a ca·stelletta »; le leveta; l'orta; le prata; le centirw.ra; le mig-

88 ICI~O GIORDANI

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IL DIALETTO 'FIn\;' '0 89

ghiara; le rubbia; mc s'areuticano le mazza; le varnell(L;le letta ccc.

Maschili al singolare, hanno desinenza propria, ma ar­ticolo femmini~e al plllrale, come avviene in altri dialetti, initaliano e in alcune lingue neo-brine, tra cui il Homeno(es.: cornul-il corno, maschile; prende articolo e desinenzafemminile al pI.: coarnele; nwrul·la mela, merele).

sing. lu, "" il, lo la = la lo = il, loplur. li = i, gli le = le (manca)

L'articolo neutro si usa innanzi a nomi neutri, suddivi­sihili in quattro categorie: l) sostantivi neutri: lu bé = il he­ne, lo ranu = il grano; 2) aggettivi sostantivi (neutri anchein latino): lo biarI.Cu, lo giusw = il bianco, il giusto; 3) in­finiti verbari sostantivi (come in latino): lo piagne e lo ride =il piangere e il ridere (invece lu piantu masch.); 4) avverhiusati sostantivamente: lo pocu, lo gghione = il poco, il giù(i sotterranei).

Al plurale il neutro si conIonde col maschile.

Nota III.. L'articolo si usa anche con pronomi interorogativi: Lu che? = che?; li chine = chi? (pI.).

30. - RTICOl.O DETERMINATO:

neutrofemminilemasehile

;.

31. - ARTICOLO Il\·DETER1\1rNATO nlaschiIe; u(n), n' ~n

un, uno; femminile: 'na. = una, un'. Esempi del ulaschile:ha da esse u' stupidu! Un pezzu d'omo.

D:ritanti a ocaIe: n'arberu = un alhero.

Al maschile, per solito, davanti a consonante, quando sul­l'articolo non s'appoggi, per enfasi o per cadenza, la ....oce,esso si riòuce a un suono nasale indistinto, collegato stretta­mente alla parola seguente: 'n tipaccitt = un tipaccio; nirucom·e 'ntìz:zu = nero come un tizzo.

Al femminile: 'Ila vòta=una volta; 'n'areppeccita.=unaistupidita; 'na lengua! = una lingua!

32. - PREPOSIZIONI ARTICOUTE. Poco da rilevare. Ma­schili: deLLu, aUu, collu, nellu, ecc.; femminili, eome in ita·

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33. _. FENOMENO DEf"LA .RADAZ.lONE VOCALICA. Questo fe·nomeno di fonetica che si riscontra in tutte le flessioni (de.clinazione e coniugazione) è basato slùla legge costante di ana­logia per cui a un'us<:ita in i o in Il, corrisponde sempre unincupimen,to di vocale nella sillaba precedente all'uscita stes­sa, secondo questa norma: se la vocale è una e o llna o, al.lora è (aperta) si muta in é (chiusa), é (chiusa) si muta ini, ò (aperta) si mnta in 6 (chiusa), 6 (chiusa) s'oscura in u.Inalterate restano a e i.

La regola vale anche reciprocamente, con mirabile pre­cisione, nel senso che se l'uscita il in a e in e o in o i tonidella sillaba precedente si chiariscono risalendo dall'Il, all'6,dall'o all'ò, ùall'i all'é e dall'é all'è.

È una dipendenza della sillaba penultima dalla vocale(colore) desinenziale; un vero gioco di riflessi che si scam­biano le vocali desinenziali con l'e e l'o preeedenti. E cioè:in sede desinenziale ,l, e i oseurano; a, e, o sehiariscono lasillaba antistante.

E spieghia\Uo meglio con esempi questa mcravigliosa al­ternativa, queto equilibrio singolare di tonalità, chiedendovenia se, quale m'al)parisl'.e, rappresento il fenumeRo c nimmagini pittoriehe. Non hall forse le vocali una specialerispondenza di coluri nella fantasia di ciascuno?

Esempi: nòva) novu; bellezza, bellizz;' . le bellezze; iogghièdo - io chiedo; tu I4ghiedi - tu chicdi ; io [Iiégo - io piego;lu pijghi - tu pieghi; ZIUZIl" zozza . sudiciu, sudicia; urem­manna, aremmunni - monda, sbuccia e sbucci; ru,sciu, l'oscia .rosso, a; zeppa, ziP1JU - zeppa, zeppo; micchétta, micchittu ­piceoletta, o; fronna" frunni . fronda, frollde; stretta., strittu .stretta; issu, essa. - esso, a (masch. femIn. neutro); remessa,remissu • rimessa, o; niru, nera· nero, a; piru, pera - pero, a;w vedo, tu vidi, issu vede, nui vederno, vui lJedete, issi vulu.

Invece: micca, miccu . piccola, o; calda, callu, - calda, o;dove i e a non mUlano; sbuida, sbuidu • vuota, o; la vocale

liano: neutri: dello, alo, nello, ecc. (collo vinucommatte collo male = combatte col male).

90 H;I,NO GIORDANI

col vino;

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di qualche parola degrada per lre gradi: tossa, fossu, fussu •fossa; e altri che vedremo.

Solo tenendo pre~ente qUeRta legge fonetica, ci si può

rendere ragione dei mutamenti a cuì va soggetta una parola(sostantivo, aggettivo o verbi) nelle fletisiolli del dialetto tibur·tino. Talora inoltre l'influsso dclla desinenza si spinge anehealla quart'ultima sillaba: soccrutu (o stretta), socerota (la

prima o larga) in cui si hanno due mutamenti.

91

plurale in e e

femminili, e Il

IL DIALErro rIllURl'lNO

34. - l a DECLINAZIONE. Singolare in a,

spesso in i tanto per i maschili quanto perper pochi neutri.

Es.: urdiga, ordighc • ortica, ortidle; carosa" carose (almasch. per la legge di gradaz. voc. carUSll, carusi) - rasa, e;

col plur. in i: frnnna, frunni • fronda, e; casa, casi (aregghie­tevine a le casi vostre - riandatevene alle case vostre); ci(lnca,cia,nch~ (tosc. cianca, arcaico zanca) . gamba, ei la mea, lemei . la mia, 'mie; sea, sei - sua, sue; bellezza, bellizzi • bel·

lczza, e; comune la frase: le 7 bellizzi (reminiscenza delle

antiche sette meraviglie del mondo l); vacca, vacchi - vacca,vacche; la mani (!), le ma,ni - la mllliO; 'n mani lnea! . in

mano mia! i QTa fa al plur. OTa: so' ddo OTa - sono due ore;le quarant'oTa..

Al plurale rien,lrano tra i femminili della 1-, i nomi cosìdetti di genere misto (antichi neutri) le letta, l'orta - gli orti;le [)Tonca, le ficora e gli altri che si pos~ono vedere nel pun·to 28 che riguarda il genere neutro.

Tali desinenze si mutano in o, nei nomi c,he entrano in

composizione con un aggettivo personale: mammola - m.ammatua; casota • casa tua; sOTota (sora tua) . tua sorella; soce·

Torna, - mia suocera; ziotna, • zia mia; nOTota, - tua nuora; non­noma - nonna mia; figghjOlna, - mia figlia. Invece in quina.tema· mia cognata, l'a, si muta in P-.

Quest'uso va scomparendo, specie nei plurali, di cui po·chi esempi restano; ed è notevole che sia riservato quasi esclu­sivamente a termini indicanti, insieme alla casa, una paren­

tela, come i più <'.ari, i più vicini e i più personali. Al plu.

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rale si ha ziote o ztome . ZIe tue, ZIe mie; sorote, sorome •le tue, le mie sorelle; figghjote o figghjome . tue, mie figlie;e qua1ch'altro.

OSSERVAZIONE. Anche i nomi della 3' declinazione desiognllnti una parentela, entrando in composizione con un agget­tivo possessivo, (,Almbiano la e in o o la lasciano invariata ~e

femminili; la mutano in i se maschili; mogghjorna - mia mo·glie; nepòterna - mia nepote; pàritu. (più raro p(itritu) . tuopadre; fra,titu • tuo fratello (Ja frater).

35. - 2~ DECLI AZfO .. Singolare in U; plurale in i: car­neru, caTneri • carniera; retrippiu (dal]'antico it. ritreppio:piega, basta, delle vesti).

I nomi in co formano il plurale in chi: medicu, medi.chi • medico; cerusicu, cerusichi . chirurgo. Crego fa Greggi,comune nella parlata tiburtin3 perché dà il nome a una notalocalità, per Cassiano.

Anche qui si notino i nomi in composizione con aggettivipossessivi: figghjutu, figghjuli - il tuo, i tuoi figli; socerutu,socerota - il tuo, la tua suocera; gghjénnerumu, gghjénnerutu- il mio, il tuo genero.

Ma inveee di maritumu si ha maritimu . mio marito, pflranalogia con pàrìtu.

36. - 3" DECLINAZIONE. Singolare in e plurale in i. Miei·diante, micidianti . omicida j serepante. screpanti • vanesio,presuntuoso nel vestire.

L'uscita ore, sempre per la f"-sposta legge di mlalogia, di.viene al plurale uri; e quella in one, che, comc s'è visto, s'ae­corc~ia d'ordinario in o, diviene uni: areggimtore, areggira..turi - raggiratorc; 'rtdavagghjo, 'nciavagghjuni - balbuziente.

Queste due categorie di nomi costituiscono un bell'esem·pio della triplice cligradazione vocalica cui abbiamo accennatO.Rs.: 'rurugghjorta (o aperta femminile sin~olare), intrugliuna,fa al femminile plor.ale 'ntrugghjont! (o chiu.a) e al maschileplurale oscura l'o stretta in 'ntrugghjuni. Come si vede levarie accezioni vengono e'l'presse da diverse colorazioni, quasicorruscazioni della vocllle.

ICII"O CIORDANI92

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AGGETTIVI

Da patrignu si ha patréumu, mio patrigno; da matregna,.matréoma, mia matrigna (non mo.treuma per la legge notaeli analogia).

I nomi composti sono spesso, come in italiano, invaria­bili: 'ntronareeehie.

93fL DIALETTO TIUURTINO

37. - POSI'HVr, Per gli aggettivi valgono ~c regole deiso tantivi, ma in essi più notevole risulta l'applieazione dellalegge eH analo~a, per la quale i maschili e i plurali, appuntoper la loro uscita in u o in i, si esprimono, con toni più cupi,mentre i femminili sono contrassegnali dalle vocali aperte.Citeremo alcuni esempi, mostrando nelle trasformazioni dalfemminile al maschile la digradazione verso i colori più scuri:.stretta, strittu., stritti, stretto; nòva (o aperta), IWVU e navi(o chiusa), nuovo; fredda, fredde, fTidclu, friddi, freddo;stroppia, struppiu, storpio; gghjerdosa, gghjerdusu, smorfio­so; presciulo.sa, presciulusu, frettolosa; pora, poru, povero;eiafregna, eiafrignu, inetto; bl/usa, bausu, bavoso.

In qualche aggettivo la u resiste e non si muta in o alfemminile forse percll~ originariamente nella forma, diremodebole (femminile) era già Il (non o); jJaceutu, paccuta, gros­so, erto, un bell'aggettivo che ha una risonanza greca (pa­ehutes vuoI dire in greco, il nostro paccutezza, grossez~a spes­sezza e pachus, grosso, massiccio!); spusa, spusu, sposo.

OSSERVAZIONE SUl.LE DECLINAZIONI. C'è da osservare unaspecie di dativo etico: si bonll, a mamma; P, Zu baramocioquissu a pupa.ILe, a papà; ve' ecco (l to.ta. Anche il dialettonostro ha nomi usati solalllenttl al singolare o al plurale:'nfantigghjule (da infans, ('pi:lessia dei bambini); ciurli, ca­pelli (disvregia Livo); biculi, maccheroni; sgaruzzi, frutta sec­che a pezzi; eia/rocca, naso enorme o a bitorzoli; 'nfrelleghe,furie, fisime; frascarelli, pasta p;raUata; controeolla, mossaper sorprendere alle spalle o ai fiancbi, aggiramento; san­taula, altalena ecc. Li Fe.mdini (da infantili), Asilo infantile.

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'NDUVINA 'NDU INARELLU

(Indo\'inello)

S'areppcrizzica suppe li muntic s'arettummula pe le l(~veta;

scote si.nende 1'archi alli puntie va fiarènnose gghjo l'e le prata.Quanno gnaulelmo se fionna a lo scuruzicchia., fratelli, come 'tincu nirue sprefonnennose drent' a 'gni furuva de serera, senza rcspiru.

rcrì'l"o Clmm N194

38. - COMPARATIVI E SUPERLATIVI. Per i comparativi nullaai notevole: piu', più; minu, meno.

Pcr i superlativi relativi noleremo come, sovente, per una

contusione comune ai dialetti, si elevino al grado superlativode'i sostantivi: lu piu' soma·TU che corre è lu rneu; lo piu'vinu megghjo è lo scu, ecc.

I superlativi assoluti nella forma is.~iln(), come tanli altridialetti, in tiburtino non esistono: si sostituiscono con varieIOJ:Ul.azioni, specialmente ripetizioni e accrescitivi, e il popololi esprime pili che altro con gli occhi, con la mimica, coltono esagera lo della voc.e: è propiu bellu, è bellissimo; m·Ìccumiccu o micchittu, piccoJi.ssimo; zittu ziu:u, furuni funmi,assai di oppiatto ; ranne e rossu, uomo maturo; zuzzu balur·du, sudici -imo; vecchiu CliCCU, vecchissimo; verde come 'nraganu, verdissimo; straccu mortu, stracchissimo; tincu niru,nerissimo di persona; gelosa freìcica, gelosissima; chiotto chiot.to, mogio mogio; fracidone, roso cIai mali; zuzzulardone, spor.cissimo; un pezzu de cristialwne che l~e facca doa de mene.

E nel pronunziare tali E'-spressioni si prolunga la quan·tità delle sillabe. Longa longa} lo,u:lanu londanu ... si sentequell''!) e quell'a trasciuata per tre quatt.ro tempi ordinari.

Il dialetto passa e si trasforma: non bastano questi ap­punti per darne un 'idea; cominciamo col trascrivere qualchebrano dialettale caratteristico.

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(1) Angelo elello. Quell'a Dio è un caso di dativo elico; éle . avete;ène • è.

39. - DIMOSTRATIVI. Nel dialetto tiburtino, come s'è glarilevato, hanno, al pari dell'articolo (che deriva del resto dalpron. dimostrativo) una forma propria per il genere neutro.

40. - RELATIVI. Che, il quale, i quali, la quale, ecc. dicui, a cui, ecc. Es.: lu vardialllL che la figghja s'è maritfLtaa qui.natAll/- . il 6'lJardiano la cui figlia s'è maritata al tuocognato.

95

E lu dia,vulu qlLissu, scommetto,sarvenno a Dio l'angel'ellctto (l).Drento fugghjetevine: ete vistu comm'ene...e anduvineteci mo' sacche d'ene.

IL DIAL"'ITO I1BURrINO

In/lsd,ile femminile neutro

Quistu questo questa questo(stu) (.sta) (sto)QuisSll . cotesto quessa quesso(ssu) (ssa) (sso)Quillu • quello (raro: llll) quella quello

Le forme accorciate si accompagnano a un nome, sonocioè aggettivi: ssa sagnelica! - buona a nulla che sei, oppure:cotesta insulsa; SSIl lerjll! - frivolo che sei, cotesto vanesio.

Le forme complete valgono; ma più di rado, anche qualiaggettivi; e possono essere rafforzate da varie locuzioni:quissll èsso - cotesto; quistu ècco - questo qui.

Neutri: sso pesce . uotesto pesce; sto vinu; quesso è lobène che me vou? (vogliono); CJu.ello 'nze gghiama vive •quelJo non si chiama vivere.

Davanti a vocale s'elidono: st'aremmammilu! - rimbam­bito che sP.i, oppure questo rimbamhito.

41. - INTERROGATIVI. Chi? o chine?; quclle?; che? ochenc? Possono prender l'articolo: li, chi? - quali?; lu quale?,ecc., come in francese leqfl,(~l?, lequels?, ecc. - Portame lopane; lo che?

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45. - PRONOMI PERSONALI. Varianti: nui, noi; tJui, voi.Le forme monosillabiche possono aggiungersi per ragioni di

'M. - J UMfi:RAI.I. Urm, mIO (isolato: altrimenti un 'n);femminile 'na, una; doa (e dòva), do' se accompagnato: do'cia/rigni, due inetti; tre o trene; sei (e stretta); dèce; unici;dudici; tridici; quinici; ~ìdici; diciassette; dicidotto; vinti;tJintidoa; ... ce'~tu; docentu; secentu; domi/a, le migghiara.Per iperbole: dece centu!

NOTA. Conviene sempre richiamarsi alla legge d'analogia,spiegata, per intendere i mutamenti di vocale di alcuni nu­merali; es.: dùdici, per dodici, in cui la o si è oscurata in ua Illotivo dell'uscita i.

42. - Gli altri aggettivi e pronomi che maggiormentedifferiscono dalle forme italiane, sono: l'invariabile arula (o'nda), deformazione forse di quantl/.S: anda reazzu, O and(tche reazzu, che ragazzo!; arnIa la rànina, quanta grandine;anda sa che d'era, cos'era!; anda da ,che ommini (homin Jche uomini!; qua o qualche, qualche; quadu,~u o quaedunu,qualcuno; chinea (invariabile), chiunque; niciunu o gni.~unu,

nessuno (o chiascuuo l); gnente, niente. Es.: gnisunu (l lecasi sei, ciascuno a casa sua!; qua magabonno, qualche va­gabondo; chinea se sia, chiunque sia.

Usatissima l'espressione per omo; es.: dèce per omo,dieci per uno.

IGINO GIORDA:"!96

43. - POSSESSIVI. Di notevole c'c che gli aggeuivi mioe tuo coi nomi indicanti parentela e col nome casa (quantoè più vicino a ciascuno, più caTO secondo l'espressione ome­rica) si pospongono e si fondono, con le forme encicliche rnu

per meu; ma per mia; tu (teu)j ta (tea); mi (mei); ti (lei).Es.: pàrimu o pàtrimu, mio padre, che ricorda strana·

mente il patcr mu dei Greci; màmmoma o màoma, mia ma­dre, a cui fa riscontro il mama ma dei Romeni; nepotema;s()ceroma; càsota, caSa tua; mogghiota; figghiuti, i figli tuoi;ziuti, i tuoi zii; gghjennerumu, mio genero.

Seu, suo, i usa anche per loro: se n'arcgghjiru a li sitisei. Si dice: "UI vigna della mea - una vigna mia.

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7.

VERBI

97IL DJALETIO TIIIURTINO

47. - AUSILIARI. Il verbo è.sse, essere, è nsato l!emprequale ausiliare in luogo di avè, aver~, neUa prima e secondapersona singolare e plurale ùel passato prossimo: io so 'ntisuvllÌ sete 'ntisll>, io ho, voi avete sentito; io so' tricatu, tu sitricatu, issll> ha tricatn, io ho tardato, ecc.

I verbi italiani che esigono l'ausiliare c.ssere lo hannoanche in dialetto: issi ci so' iti, ci sono andali; per quanto8i senta pure àu stati, àu it-i, hanno.

46. - Si possono ritrovare le solite coniugazioni: stri.culà, stropicciare; arespelluccà, l'antico « spilluccare» consignificato di ripassare l'oliveto quanrlo già ne fu raccoltal'oliva; conzapè, sapere; 'ntenne, intendere; accivì, arrivare,ricordando che le forme ossitone possono essere colmate dal.l'enciclica ne (striculàne, fernine, ecc.).

L'imperfetto deriva dall'uscita latina abamus, ebamus,ecc. la desinenza emmio e nella seconda p1urale èvvio; ilfuturo da (a) bo l'uscita fortem.cnte gutturale agghjo cheestende, per analogia, a tulte le coniugazioni (è un tempopoco usato, sostituito di solito dal presente).

La prima e terza singolare iId passato remoto sono eguali.Nelle proposizioni ipotetiche è solita la confusione fra con·dizionalc e congiuntivo: se ci gghjeria io ci lo diccrìa, seci andassi io glielo direi; così lo patisce.~sivo vui e alloravedevvio (qui ve.devvio, veùevate, imperfetto indicativo) e al.lora vetreste.

cadenza il solito suffisso ne: amene?, a me?; tune, tu; ecc.Ci e vi non variano innanzi ad altro pronome: vi Uo so dittu,ve l'ho detto; vi Ilu sete fiaratu, l'avete vreso d'assalto.

TI pronome di terza per~lOna issu, es. o, ha anche unaforma per il neutro: issu, essa, esso (m.f.n.): è qzdssu luvarzò? Non è issu . è cotesto il garzone? - 'on è esso. È quessolo sale? Non è esso (sale è di genere neutro).

A lui, a lei, a loro, si dice: ci. Es.: ci lo sete areittu?,l'avete ridetto a lui, a lei, a loro?

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FuLuro: saragghio, sarà, sarà; saremo, sarete, sal'au..

Si odc talora, con certo sapor di ricereatezza, senno che,essendo che. Le voci monosillahiehe possono colmarsi con ne:tu sine, tu sei.

Passato remoto: fu, fussi, fu; fùssinw, fùssivo, furu.

Congiuntivo. Imperfetto: jusse, lussi, fusse; fùssimo, fùssivo,jùsseru.

Condizionale: saria.. sarissi, .!aria; saressimo, saressivo, sa·rianu.

rCINO GLOIW "r98

Nel piuccheperfetto indicativo e congiuntivo si usano disolito le voci del verho èssc: se lu fusse scarporiw, se l'avessiestirpato.

In luogo di eSse si usa spesso stà, stare (vezzo eomune amezza Italia): 'na vòta ci stea, c'era una volta. Eccone laconiugazione:

Indicativo. Presente: lO SO", tu sì, ù;Stl è; semo, sete, so (oSOllnu o sou).

Imperfetlo: era (e larga), èri (e stretta), èra; emmio, evvio,eranu.

41. - Avè, avere.

Indicativo. Presente: io agghio (o ogghio) , tu à, issu à; nuiaverno (o èmo), vui avete (o ète), issi au. [Interessanteil confronto col rumeno; il quale presenta analoga duoplicità (Ji forme nella coniugazione del .verho IL aveà, ave·re, nel plurale: avem (o am), ahhiamo; aveti (o ati),avete; au, hanno; analogia che vale a darci qualche ideadelle deformazioni del parlar popolare latino].

Imperfetto: avca (èa), avì (ì), avea (èa); avemmio (èmmio),avevvio (èvvio), aveanu (èanu).

Futuro: averagghio (aragghio) , averà (arà), averà (arà); ave­remo (aremio), averete (arete), averau (arau).

Passato remoto: avì (ì) o ebbe, avissi (issi), avì; avessimo(ès imo), avessivo (èssivo), aviru (o ;,ru o ibberu).

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49. - Nella flessione verbale occorre tener presenti lenorme della gradazione vocalica (v. 31). Da corro avremo peresse curri (corri).

Congiuntivo. Lnperfetto: parlcsse, parli.~si, parlesse; parles­simo, parlessivo) parlisseru.

Più ehe perfetto: fusse parlatu, ecc.

Condizionale: parlerìa, parlerissi, parteria; par1cressimo, par·leressivo, pOTlerìanu.

99DIALETTO TIDURTINO

La CONIUGAZIONE. Discrepanze notevoli.

Indicativo. Presente: parlémn, parlete, parlanu. Imperfetto:parléa, parlì, parléa; parlemmio) parlevvio, parleanu.Passato remoto: parlà, parlissi, parlà; parlèssimo, par·lèssivo, parlaru (nu). Più che pedeUo: era parlatu, èri,èra; èmmio, èvvio, eranu ...

Esempi d'altre coniugazioni:

Scegne, scendere.Scegno, seigni, scegne; sccgnemo, scegnetc, scignu (nu).Scegnca, sccgnì, scegnea; scegnemmiu) scegnevvio, scegnèanu.Scegnì, scegnissi (scesi, scendesti), ecc.Scintu, sceso.Palogno, ungere.Palogno, palugni, palogne.Palognì (unsi); paluntu (unto); ZUZZlt paluntu, unto bisunto.

Passato prossimo: So avutu (o so utu, o so' autu), ecc.

Congiuntivo. Imperfetto: a'vP-sse (o é.~se), a1)i.~,~i (o is.~i), avesse(ésse)j avessimo (èssimo), avesstvo (èssivo), avissiru (is­siru).

Più che pedetto: fusse avutu ecc. (èsse autu).

Condizionale: a1)erìa (aria), averi,~si (arissi) , averìa (arìa);averemmio (averes imo o aressimo), llvp.ressivo (aressivo) ,averianu (arìallU).

Nei tempi composti dunque l'ausiliare di ~Olil() ~ p.sse.

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50. - VERBI Jmu;COLARl.

AVVERBI, PREPOSIZIONI, ECC.

De, di, si riduce spesso Il 'e: lu monnezzaar'e Carlandi,l'immondezzaio di Carlandi; pe dde filu, assolutamente;

ItlNO GIORDANIl

Tutte le voci tronche o monosillabiche possono colmarsicon l'enel. ne. Talora per il ritmo l'accento viene spostatodalia e naturale: vatt'a gghjctt'aU'acidu (invece di gghjettà,gettar-); vatt'a là squàrta.

Accivì, arrivare (non pùzzo accivì); accogghje, infettare;accòtu.

Ainasse, affrettarsi (freq. aìnate, ainemoci, ccc.).

Bé (béve), bere. P.p.p. bitu o beutu. Futuro beràgghjo.BiDà (francese bifJp,r) , metter sigilli (alle porte).Bisognà, bisognare; bigna o migna, bisogna.Capà, scegliere, sbucciare.Capì, (da capere), entrarci.Còce, cuocere; coci, cos.1ì, cottn.Cùgghje, cogliere; cogghjì, colsi; cotu, colto.Di, dire; dici, dieiru, disse, dissero; dittu o 'ittu, detto (fre­

quente l'intercalare: dice unu, eh? f).Gghjempì, empire.I (latino ire), andare: vagghjo, va, va, gghjemo, gghjete, vau,

vado ecc.; gghjeragghjo, andrò; vagghja, vada; gghjerìa,gghjeressimo, andrei, andremmo.

Levasse, levar i; lède, lèvati.Resci, uscire; rèscio, esco; rescilu, uscito.Sallì, salire; sallo, salgo; sallì, salii.Sapè, sapere; saccio, so (sacGio mutu, so molto!).Sentì, sentire; 'ntisu, sentito.Spegne, spingere; spegni, spintl/. (in molte volli sinonimo di

smorzà, spegnere).Tègne, tingere: idem:Volè, volerc; vogghjo, voglio; volì, volli; volutu c vorzutu

(presente indicativo anche ogghjo: perdo e ci ogghju là').

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IL DIM RTINO 101

finendc e sinende, insino; 'ntreminli, mentre; benanche, ben­ché; aquandu, quand'ecco.

Pe dda bbulla (per dar burla), per iscberz:o; de sererao a galippe, in fretta; ecco, qui; èsso, eostì; èllo, colà; donde:èssolu, èccoln, èllolu, eceolo qui, costì, lì; così, co-:ì (di cosavicina a chi parla); sosi (vicino a chi ascolta); così (lontana);ahibbò, ohihò; all'inzecca, a indovinare, a casacelo.

51. -- NOMI PROPRI, ecc. 'Ndrca; Franciscu; 'Ntogno;Cengio; Giuacchinu; Zinvnro.~a, Sinforosa; Zozza, Chel,uc·cia; Mirirda, Matilde; Miaso, Diagio (anche Biaso); Felippo;Luisci.

I soprannomi vari e pittoreschi, diveni da contrada acontrada (nella Cittadella, per es., COllIe osservò E. Petroe­chi, derivano da animali), nelle vecchie generazioni sostitui­vano addirittura il cognome.

I nomi di contrade sono: Citadclla , Cittadclla, l'a,rx ti·burtina; Li Ciaci, S05ii (editori imperiali); Carapo'; eoce­rinu, Colsereno; Me'mmagghjura (strana deformazione dì ViaMaggiore; la v, e le labiali in genere, si mutano talora in m,come in: Mesti, Vesta; 'Nza Ma~erifl., San Valerio); Scanna­fossu; Viscu Marzu (Vic:us Marzi), Vicolo Marzi; Mmersata,Inversata; Reseraggh.iu, Riserraglio; Teruni, Torrioni, ecc.

APPENDICE

52. - Accanto alle denominazioni dei trastulli pUl co­muni riporto le cantilene che spesso ]c accompagnano, ancheper integrare con qualche esempio di parlar {am'gliar latrattazione teorica, notando come esse, se possono avere qual­che valore folkloristieo, sono ben povera cosa quanto a con·cetto, nesso e ritmo.

Cucciulapennacalla callamitti la sellaalla cavalla,

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Coccia pelatasenza capillitutta la notteci canta li rilli.

Rèsci rèsci corna,che mamma te l' ha ittuva a zompà soprà lu tittu.

Si cant" alla chiocciola (cianunaruga) perché cavi la test"dal guscio.

Zigula vecchia . zigli,la nòvachi te l' ha fatta. la, camiciola?Me l'ha fatta· zì Peppe meuva girenno . pe lu l'revupe lu Trevu'; c la Regginazigula vecchia . 'gni matina.

IGINO r;IORDANI

la cavallaè de lu recucciulapcnnave' a me.

Oppure:

Oppure:

Coccia pelatamagna la crapabeve lo vinuspazza.camminu.

Rillu, grillo; coccia, testa; cmpa, c"pra. Si canta ai ra­gazzi rasati da poco.

Cucciulapennave' a 1ne

che te do'pa' c rePO,' e ree la regginacucciulapennapiccinina.

Sono i richiami cantati dai bambini le sere estive allccucciulapenne (lucciole) perché si lascino prendere.

102

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Così diccndo fa un numero con lc dita.li punito tira a indovinare; se non riesce, l'altro continua:

103lL DIALETTO TlBURTIJI;O

Cazzularittutira spaghittu:damme 'n zordope fa colazzi6!Seta setòlala pappa e W. bru.ciolalo vino a lu bocaleda' da bbe' a cardinale,cardinale non lo vò',da' da bbe' a Nicolò

Fussi dittu (per es.) doaficcatélle '11 golacavallu mcu mazzittue cavallu dcllu papaqua.nte curna ci ha la crapa?

Si canta accompagnando in cadenza il tira e molla deidue fili che attraversano il crocrò, un disco di latta spizzatoa mo' di sega all'orlo.

Trevu, Trivio (contI'ada tihurtina); così la Reggina.Tenendosi a cavalcioni sul dorso del compagno, vinto in

gioco, e colpendolo con la IDaliO, si dice:

Piripiri boccia . scarica la bocciala boccia e lu barilepa' e ciccia - pa' c cic io.

Boccia, bottiglia.A caulla (a cavallo), a eavalluccio, il vincente, picchiando

sulla schiena del compagno che ha iI dorso curvato e gli occhibendati, interroga:

Bu, bu)quante corna sta qU4SSU?

Motteggiando un lavoratore della lesina (in dialetto sub·hia dal latino subl.l.la):

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Giocando con bottoni.

Zipidizzì - zipidizzàva' a la catà.

Si canla quando piove. Nell'imminenza della pioggia,si dice:

IGINO C:IOIlDANI

Piove piove . rè.~ce lu solesta,tt'a lettu. . e non te mòve.

Nicolò lo butta VUl

da' da bbe' a Signoria.Signoria sta a cacàpia la zappa • e falla rizzà.

Cosi canlano i bimbi in giro a

(( '" color che vannocon cosa in testa non da lor saputase non che i cenni altrui sospicciar fanno l),

Acquarella non venìche se piovi - te faccio morì.Pisu, piumte - te' lu pisuc nze lu. sente.

104

Dante assisté a questi trastulli di bimbi fiorentini che glisuggerirono la similitudine.

Pei soldati che partono:

A la guera a la guemse magna e se bbeve e se dorme pe tèra.

Altri giochi: nasconnardla, a nascondersi; rùzzica, a ruz­zola; pizzarda, trottola; una varietà: lu piccularellu; tlLschiz~

(cilindro di sambuco tagliato tra due nodi, accomodato perlancio di pallottole di stoppa); sardalaguardia, salto; lizza,che si chiude col tirilò; pallina, con pollottole di pietra (ri.corre spesso nel giuoco il còrdo e bu.ca, còlto e buca); san·tau1a, altalena; cauciciu, cavalluccio (affine a caulla), ecc.

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IL DI.\LEl'TO TlOURTI '0 105

« La buona norma dialeuica, di valersi del dialetto perinsegnare la lingua, fu meSSa in uso dall'Italia assai presto,e a ciò si deve se, prima ancora che cominciasse .fra noi lostudio scientifico dei parlari del popolo, la nostra letteraturalcssicale s'era di già arricchita cl 'un cospicuo Il.o.Dlf'.rO di vo­cabolari dialettali)l. Queste parole premett a il Monaci altrattatello di A. Prati per l'insegnamento rlella lingua nei Co­muni Valsuganotti.

Il dialetto nostro milllca d'una graUlIllatichethl e d'unlessico, che molto gioverebbero anche nelle scuole per lo scopodal Monaci e pr 80. Gioverebbero inoltre a fermare i feno­meni dialettali e i costrutti sin tattici che si vanno perdendoe trasformando, al contatto della lingua, ibridamente; sì chemi pare sommamente necessario uno studio che fissi i residuidel vero dialetto costituenti come gli ultimi segm d'una vitaoriginale volta al tramonto.

ICINO GIORDANI