Aspetti giuridici del crowdfunding · Equity Crowdfunding e diritto dell’intermediazione...

98
Aspetti giuridici del crowdfunding

Transcript of Aspetti giuridici del crowdfunding · Equity Crowdfunding e diritto dell’intermediazione...

Aspetti giuridici del crowdfunding

SPONSORED BY

3Aspetti giuridici del crowdfunding

Introduzione

Gian Domenico Mosco

La nuova regolamentazione dell’Equity Crowdfunding

Il quadro regolamentare di riferimento

Roberta Mangione

Equity Crowdfunding e diritto dell’ intermediazione finanziaria

Casimiro Antonio Nigro

Equity Crowdfunding e diritto societario

Interventi

Claudio Di Falco

Tecniche di protezione dei crowdfunders (investitori non professionali): limiti e prospettive di tag-along e diritto di recesso

Alessandro Portolano

Le regole di condotta applicabili a banche e imprese di investimento nell’ambito della disciplina in tema di Equity Crowdfunding

Tavola rotonda: Equity Crowdfunding, effettiva opportunità di patrimonializzazione per le imprese?

Francesca Brunori

Piccole imprese e mercato dei capitali. L’opportunità del Crowdfunding

Sommario

6

6

18

18

28

38

38

50

66

67

4Aspetti giuridici del crowdfunding

Luca Enriques

La disciplina italiana uccide il Crowdfunding nella culla? Leonardo Frigiolini

Il ruolo delle SIM e l’ importanza di un unico sostegno multidisciplinare allo startupper

Salvatore Rizzo

Equity Crowdfunding: i possibili rischi di compliance per gli intermediari

Martina Tambucci

Il ruolo degli intermediari tradizionali e degli investitori professionali nell'Equity Crowdfunding

Bibliografia

Autori

Centro Ricerca LUISS Dream

Unicaseed

we are nois3. Digital Design Thinking.

Thank you

72

76

79

89

93

94

95

95

96

97

5Aspetti giuridici del crowdfunding

Aspetti giuridici del crowdfunding

Gian Domenico Mosco +

TRACK CURATOR:

6Aspetti giuridici del crowdfunding

La nuova regolamentazione dell’equity crowdfunding

Gian Domenico MoscoCentro di Ricerca LUISS DREAMDiritto e Regole per Europa Amministrazione e Mercati

1.L'equity based crowdfunding rappresenta, lungo una

strada ideale che si muove dal modello donation-based,

prosegue con quello reward-based e avanza ancora con il

lending crowdfunding, la tappa più avanzata dello scontro,

ben messo in evidenza da Daniela Castrataro, tra i caratteri

di spontaneismo e flessibilità quanto a partecipazione,

condivisione e credibilità convalidata dal basso che

caratterizzano il crowdfunding come fenomeno del web 2.0; e

quelli di ponderazione degli interessi e di rigidità delle regole

propri dei mercati finanziari.

Per una società, rivolgersi via internet tramite un portale a

una massa di persone con l'obiettivo di raccogliere capitali

volti a finanziare un'iniziativa imprenditoriale non è soltanto

chiedere aiuto sulla fiducia a dei sostenitori. Chi risponde

partecipa infatti alla società e ai suoi benefici (possibili) e rischi

(sicuri) e diviene pertanto un investitore da tutelare sia quando

accede al mercato dei capitali, sia una volta divenuto socio della

"emittente".

In questo scontro tra territori concettualmente opposti, la

nuova regolamentazione italiana dell'equity crowdfunding

rappresenta dunque una sorta di artificiale faglia di

7Aspetti giuridici del crowdfunding

Sant’Andrea tra web 2.0 e ordinamento dei mercati finanziari,

che non può che rivelarsi ad alto rischio sismico.

2.La regolamentazione ha origine, come è noto, nell’ottobre

2012 con il decreto legge Crescita-bis (d.l. n. 179/2012,

convertito nella legge n. 221/2012) che ha cercato di favorire

a livello normativo il rilancio competitivo del nostro

sistema imprenditoriale attraverso numerosi interventi

per l’innovazione e il finanziamento delle PMI; tra questi,

un'articolata disciplina delle start up innovative, società di

capitali nuove o di recente costituzione il cui oggetto sociale

riguarda almeno in prevalenza prodotti o servizi innovativi ad

alto valore tecnologico e soddisfa altri requisiti indicati dalla

legge.

Per promuovere le start up sono state introdotte agevolazioni

di vario tipo – lavoristiche, fiscali, di semplificazione – relative

all'accesso al credito e all'internazionalizzazione nonché

deroghe al diritto societario e a quello fallimentare. Infine,

anche rivedendo il diritto dell'intermediazione finanziaria e in

connessione con una parte importante delle deroghe al diritto

delle società, è stata disciplinata la raccolta di capitali di rischio

destinati alle start up innovative tramite portali on line.

A fine giugno 2013 la Consob ha emanato un regolamento in

materia di “raccolta di capitali di rischio da parte di start up

innovative tramite portali on-line” (delibera Consob n. 18592

del 26 giugno 2013), completando la nostra disciplina normativa

dell’equity crowdfunding, la prima divenuta operativa a livello

mondiale.

La regolamentazione del fenomeno non è quindi di carattere

generale, ma riguarda solo le start up, e tra queste solo quelle

8Aspetti giuridici del crowdfunding

qualificabili innovative.

Attualmente, dunque, il crowdfunding è soggetto a un doppio

regime regolatorio: per l'equity crowdfunding rivolto alle

start up innovative valgono le norme introdotte dal Crescita-

bis e dal regolamento Consob; a tutta la restante parte del

fenomeno, compreso l'equity crowdfunding non rivolto alle

start up innovative, continuano ad applicarsi le regole ordinarie

di volta in volta rilevanti. Riguardo a quest'ultime emerge

in genere, e così nel caso di iniziative volte a far affluire

via internet alle imprese capitale di rischio, la difficoltà di

stabilire quali siano quelle concretamente applicabili, spesso

del resto di grande complessità e onerosità, non affrontabili

dagli attori del movimento crowdfunding se non snaturandosi

per trasformarsi in intermediari professionisti. Si genera

pertanto un forte rischio di concreta impossibilità d’uso

dello strumento o almeno di una sua marginalità, costretto a

sopravvivere all'interno dei coni d'ombra, dubbi e pericolosi,

della regolamentazione finanziaria.

Se la mancanza di regole specifiche risulta, paradossalmente,

un fattore non di libertà ma di limitazione, l'intervento

del legislatore, anche se arrivato molto presto, va valutato

positivamente forse – ed è un secondo paradosso – proprio per

il suo principale limite, che è quello della ristrettezza del suo

campo d'applicazione.

La raccolta tramite portali può rappresentare, infatti, un nuovo

e importante canale di finanziamento delle PMI, specialmente

ma non esclusivamente in fase di avvio dell'attività, se quel

che più dovrebbe contare è la novità del progetto, non del

soggetto impresa. Si è scelto invece di regolamentare solo la

raccolta relativa a start up innovative, che per quanto definite

legislativamente in termini laschi rappresentano solo una

percentuale minima delle circa 3.800.000 PMI italiane, al 95%

micro imprese con meno di dieci dipendenti (fonte: UE, Scheda

9Aspetti giuridici del crowdfunding

informativa SBA 2012). La percentuale, considerate le circa

1.300 start up innovative esistenti (v. tabella 1), è oggi di circa lo

0,03%. Ricordo, d’altro canto, che attualmente ci sono in Italia

circa 1.400.000 società di capitali e che spazio per un’apertura

del loro capitale c’è sicuramente, considerato che s.r.l. e s.p.a.

hanno una compagine sociale assai ristretta, spesso pari o

inferiore alle tre unità e solo eccezionalmente superiore alle 5

unità (v. tabella 2). Se ciò è certamente una grave incongruenza,

ancor più in questi tempi di recessione, la scelta si rivela però

opportuna per sperimentare sul campo la regolamentazione

di un fenomeno che è obiettivamente difficile disciplinare

con equilibrio, come dimostra lo stesso ritardo della SEC nel

dare attuazione e concreta operatività al JOBS Act approvato

nell'aprile 2012 dal Congresso USA.

In altre parole, una disciplina destinata a un micro settore può

essere un utile banco di prova per la regolamentazione del

fenomeno, con rischi di fallimento ancora complessivamente

limitati. E il nostro intervento legislativo appare importante,

in chiave non necessariamente solo positiva, anche per il

regolatore europeo, considerato che all'inizio di questo mese di

ottobre la Commissione ha avviato una consultazione pubblica

sul crowdfunding come forma alternativa di finanziamento

per le start up e, in generale, per le PMI, con l'obiettivo di

definire una possibile regolazione ottimale del fenomeno, che

solo a livello europeo può evitare distorsioni nel ricorso allo

strumento – e alla concorrenza – dovute alla localizzazione

dell'iniziativa.

3.Legislatore e Consob si sono trovati a dover ricercare

quell'equilibrio nella disciplina normativa del fenomeno al

quale accennavo poc'anzi e che è richiesto, evidentemente, per

sciogliere al meglio la potenziale antitesi "web 2.0 vs mercato

10Aspetti giuridici del crowdfunding

finanziario", che vuol dire assicurare a un tempo semplicità al

quadro regolatorio e la dovuta tutela all'investitore raggiunto

tramite web.

Mi limito qui a delineare quello che a me pare sia l'approccio

complessivo della nuova disciplina normativa.

La regolamentazione si occupa, da un lato, della gestione

dei portali per la raccolta di capitale di rischio delle start up

innovative, sul presupposto che a essa si applicherebbero

altrimenti – almeno nella più parte dei casi – le norme del TUF

su servizi e attività d'investimento, anche promossi e collocati

a distanza; dall'altro lato, delle offerte al pubblico effettuate

tramite i portali, avendo a mente la disciplina del TUF sulle

offerte al pubblico di sottoscrizione e vendita.

Con riguardo alla disciplina TUF delle offerte al pubblico, la

nuova disciplina normativa semplicemente impedisce che

quelle tramite portali possano riguardare strumenti finanziari

per un corrispettivo nel complesso pari o superiore a quello

che, determinato dalla Consob, esclude l'applicazione delle

norme sulle offerte pubbliche del TUF ai sensi del suo art. 100,

comma 1, lett. c), limite che per il regolamento emittenti è di 5

milioni di euro.

In altri termini, si sfrutta la fascia ordinaria di non rilevanza di

un’offerta al pubblico ai fini TUF senza fare nessuno “sconto”

e rendendo anzi applicabile alle offerte tramite portali oneri e

obblighi nuovi e specifici.

D’altro canto, in questo modo si delimita anche il campo di

applicazione dell'intera disciplina, impedendone l'applicazione

alle raccolte on line particolarmente grandi, ma non a quelle

di medie dimensioni (l'ammontare complessivo superiore a 5

milioni di euro è significativamente maggiore del milione di

dollari posto come soglia massima dal JOBS Act USA).

Nella specifica disciplina delle offerte tramite portali, due

11Aspetti giuridici del crowdfunding

previsioni assumono particolare rilievo e lasciano al tempo

stesso perplessi:

• la necessità, ai fini del perfezionamento dell'offerta,

che una quota pari almeno al 5% degli strumenti

finanziari offerti sia sottoscritta da investitori

professionali, fondazioni bancarie o incubatori di

start up innovative (che, attualmente, sono sedici:

tabella 3);

• il diritto "a termine" di tag along – co-vendita della

partecipazione – o di recesso degli investitori non

professionali nel caso di trasferimento del controllo a

terzi da parte dei soci che lo detengono.

Per quanto riguarda la gestione dei portali, il nuovo art.

50-quinquies del TUF, introdotto dal decreto Crescita-

bis, la consente solo o a imprese di investimento e banche

autorizzate ai relativi servizi di investimento; o a soggetti,

presumibilmente espressione della cultura crowdfunding, che

devono però: a) iscriversi in un apposito registro tenuto dalla

Consob, nel quale in una sezione speciale sono annotati anche i

gestori "di diritto" che ne facciano richiesta; b) trasmettere gli

ordini di sottoscrizione (e vendita) esclusivamente, di nuovo, a

sim e banche.

Quest'ultima condizione rompe l'unitarietà dell'operazione,

revocando in dubbio la possibilità di ricondurre l'attività

dei gestori “non professionali” tra i servizi e le attività di

investimento definiti dall'art. 1, comma 5, TUF. Dubbi superati

dal legislatore – credo correttamente, alla luce dell’art. 1,

comma 5, lett. e (ricezione e trasmissione di ordini) – che ha

però al tempo stesso escluso l’applicazione delle norme del TUF

su servizi e attività d'investimento per i soggetti iscritti nel

registro avvalendosi della facoltà d'esenzione lasciata agli stati

membri dall'art. 3 della direttiva Mifid 2004/39/CE.

12Aspetti giuridici del crowdfunding

Si è creata in questo modo una netta spaccatura tra i gestori:

• le banche e le sim, già abilitate a prestare servizi

d'investimento, possono di diritto gestire un portale

previa annotazione nella sezione speciale del registro.

A essi si applicano interamente e senza eccezioni

le norme del TUF di derivazione Mifid sui servizi

d'investimento, fermo il principio di proporzionalità,

poiché gestiscono l'intero processo di raccolta on

line dei capitali che configura, secondo la Consob,

quanto meno la prestazione di servizi d'investimento

di tipo esecutivo; in più devono tener conto degli

obblighi informativi previsti per gli altri gestori dal

regolamento crowdfunding;

• agli altri gestori non si applicano invece le regole del

TUF sui servizi d'investimento, ma specifiche regole

di condotta contenute nel regolamento Consob, fermo

restando che non possono perfezionare gli ordini da

soli e dunque gestire integralmente la raccolta.

Con riguardo all'attività di perfezionamento degli ordini che

le banche e le sim ricevono dai gestori “non professionali”,

il regolamento Consob ha in via di principio confermato

l'applicazione a essa delle disposizioni del TUF sui servizi di

investimento, ma l'ha esclusa quando gli ordini siano inferiori

a determinate soglie da essa individuate, piuttosto basse (qui

distinguendosi all’inverso dalla legge USA).

Questa ulteriore distinzione lascia perplessi, poiché l'attività di

perfezionamento o non integra mai un servizio d'investimento

(e per il regolamento, ancora una volta credo correttamente,

non è così) o l'esclusione sotto soglia comporta un'ulteriore

ipotesi di esenzione dalla Mifid, non prevista dalla direttiva.

È assai dubbio che il legislatore nazionale possa prevedere una

nuova esenzione e per di più possa farlo attraverso una fonte

13Aspetti giuridici del crowdfunding

normativa secondaria. Ma se anche tutto ciò fosse considerato

possibile, resterebbe comunque il fatto che sotto questo aspetto

il regolamento – nonostante qualche intelligente sforzo di

mascheramento giuridico basato sulla diversa modulazione

dei rapporti negoziali tra investitore, portale, intermediario

– disattende il nuovo art. 50-quinquies, comma 2, TUF, in

violazione, allora, dello stesso principio di gerarchia delle fonti.

4.In definitiva, a me pare che la regolamentazione primaria

e secondaria abbia fatto prevalere la logica del mercato

finanziario e della sua regolamentazione, ma che sia evidente

lo sforzo di tenere presente i caratteri del web 2.0.

La nuova regolamentazione ha inoltre cercato di non

impedire le operazioni di raccolta più grandi, ma di escludere

dal nuovo regime normativo solo quelle particolarmente

rilevanti rispetto all'uso concreto del crowdfunding (alle quali

continuano ad applicarsi le regole ordinarie), al tempo stesso

delineando anche all'interno della disciplina un ulteriore

doppio binario con meno oneri per gli ordini singolarmente

più piccoli. Segnalo peraltro che l'emittente che si rivolge a un

portale iscritto nella sezione ordinaria del registro potrebbe

limitare l'entità degli ordini effettuabili ricalcando le soglie

del regolamento, escludendo così ex ante in via generale

l’applicazione della Mifid.

Si è però realizzata una miscela normativa di oneri e obblighi

sia ordinari, sia specificamente semplificati rispetto a quelli

ordinari, sia "nuovi", nel senso che non ve sono di ordinari,

nel complesso forse più complicata che capace d'assicurare

effettiva tutela all'investitore non professionale.

Un limite che poteva risultare meno evidente se si fosse

puntato sull’auto regolamentazione dei vari soggetti coinvolti,

14Aspetti giuridici del crowdfunding

specie delle start up innovative e dei gestori dei portali

diversi da banche e sim, e sul rispetto del principio comply or

explain già applicato dal TUF alle società quotate con riguardo

all’adesione a un codice di comportamento in materia di

governo societario (art. 123-bis, comma 2, lett. a).

In questo modo sarebbe stato anche possibile muoversi con

più coraggio verso la cultura del web e del crowdfunding,

rispetto alla quale lascia in particolare perplessi la necessità di

coinvolgere in ogni caso nell'operazione intermediari abilitati e

investitori professionali, specie nel caso di questi ultimi senza

vantaggi sicuri per gli investitori non professionali.

5.Certo criticare è facile, scrivere le norme molto più difficile,

soprattutto in un campo di particolare complessità, segnato da

esigenze tra loro opposte, qual è quello in esame.

Mi sembra dunque che la regolamentazione sia oggi da valutare,

pur con i suoi limiti, in termini nel complesso positivi, ma che

sarà presto necessario perfezionarla sulla base dell'esperienza

e renderla fruibile da tutte le PMI che vogliano realizzare nuovi

progetti imprenditoriali.

Quel che è certo è che sarebbe un peccato, non solo per le

imprese, se l'equity crowdfunding si rivelasse semplicemente

un ennesimo tentativo fallito di sostenere lo sviluppo

imprenditoriale. •

15Aspetti giuridici del crowdfunding

Fonte:Nostra elaborazione su dati infocamere, 2013 - 2014.

Forma giuridica Numero start up

S.r.l. 1.040

S.r.l. Semplificata 55

S.r.l. Con socio unico 75

S.r.l. A capitale ridotto 12

Società cooperativa 21

S.p.a. 24

Totale al 18 ottobre 2013 1.227

Totale al 6 gennaio 2014 1.508

Tabella 1Diffusione delle start up innovative dal 18/11/13 e a oggi

Tabella 2Numero Soci S.r.l. e S.p.a.

Forma giuridica Numerosità dei soci

1<X≤3 4≤X≤5 4≤X≤5 X≥10 TOTALE

Società per azioni 16.469 6.934 5.027 5.605 34.035

Quota % sul totale 48,39% 20,37% 14,77% 16,47% 83% sul totale delle non cessate

Società a respon-sabilità limitata

858.454 147.766 45.521 15.315 1.067.056

Quota % sul totale 80,45% 13,85% 4,27% 1,44% 92,12% sul totale delle non cessate

Fonte: Infocamere, 2013

16Aspetti giuridici del crowdfunding

Fonte:Infocamere, 2014

Regione Valore

Friuli Venezia Giulia 2

Lazio 2

Lombardia 4

Marche 1

Piemonte 2

Sardegna 1

Sicilia 1

Trentino Alto Adige 1

Veneto 2

Totale al 6 gennaio 2014 16

Tabella 3Riepilogo sulle società iscritte alle sezione degli incubatori certificati

Riferimenti

• MinisterodelloSviluppoEconomico, Rapporto Restart

Italia della task force sulle start up, 11 settembre 2012,

http://www.sviluppoeconomico.gov.it/images/stories/documenti/

rapporto-startup-2012.pdf.

• Consob, delibera n. 18592 del 26 giugno 2013 recante

il regolamento sulla raccolta di capitali di rischio da

parte di start-up innovative tramite portali on-line ai

sensi dell'articolo 50-quinquies e dell'articolo 100-

ter del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e

successive modificazioni.

17Aspetti giuridici del crowdfunding

• Consob, Comunicazione n. 0066128 dell'1° agosto

2013 riguardante lo svolgimento da parte di banche

e imprese di investimento dell'attività di gestione di

portali on line per la raccolta di capitali per le start

up innovative.

• Consob, Guida “Equity crowdfunding… Cosa

devi assolutamente sapere prima di investire in

una 'start-up innovativa' tramite portali on-line”,

http://www.consob.it/main/trasversale/risparmiatori/investor/

crowdfunding/index.html.

• CommissioneEuropea, Consultazione

pubblica sul crowdfunding,

http://ec.europa.eu/internal_market/consultations/2013/

crowdfunding/index_en.htm.

• Assonime, Circolare 30 ottobre 2012, n. 29 e circolare

6 maggio 2013, n. 11.

• Infocamere, Start-up innovative,

http://startup.registroimprese.it/.

18Aspetti giuridici del crowdfunding

Equity Crowdfunding e diritto dell’intermediazione finanziaria

Roberta MangioneLUISS Guido Carli

1.L’idea di fondo sulla quale si è sviluppato il fenomeno

dell’equity crowdfunding è quella di creare una forma

alternativa di finanziamento per le aziende proveniente

“dal basso” – ossia da una folla di potenziali investitori che

investono esigue somme di denaro nel capitale di rischio delle

piccole e medie imprese – attraverso l’utilizzo di piattaforme

web che mettono in diretto contatto i finanziatori con i soggetti

finanziati.

Il nostro legislatore ha mostrato una particolare attenzione

all’evoluzione del suddetto fenomeno al punto da

regolamentarlo con l’introduzione nel TUF di una disciplina

relativa all’attività di gestione di portali per la raccolta di

capitali per le start-up innovative e all’offerta al pubblico

effettuata tramite i suddetti portali.

Com’è noto, l’attività di gestione dei portali online è riservata

a due categorie di soggetti: i) le imprese di investimento

e le banche autorizzate ai relativi servizi di investimento

(c.d. gestori di diritto), ii) i soggetti iscritti in un apposito

registro tenuto dalla Consob, a condizione che questi ultimi

trasmettano gli ordini riguardanti la sottoscrizione degli

strumenti finanziari rappresentativi di capitale esclusivamente

19Aspetti giuridici del crowdfunding

alle banche e alle imprese di investimento e che non detengano

somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza di terzi.

È evidente che la scelta operata dal legislatore è nel

senso di escludere che i gestori diversi da quelli di diritto

possano svolgere l’attività di raccolta e sottoscrizione in

maniera del tutto autonoma, essendo necessario nella fase

di perfezionamento degli ordini il coinvolgimento degli

intermediari abilitati (banche e imprese di investimento) il cui

ruolo è differente a seconda che l’investitore intenda impiegare

una somma superiore o inferiore alle soglie individuate dal

regolamento sul crowdfunding01.

La distinzione tra le due categorie di gestori assume rilievo con

riguardo alla disciplina applicabile allo svolgimento dell’attività

di gestione del portale. L’art. 50-quinques del TUF, infatti,

dispone che i gestori iscritti nel registro della Consob sono

esentati dall’applicazione della relativa disciplina (artt. da 21

a 25-bis del TUF) e da quella della promozione e collocamento

a distanza dei servizi e attività di investimento e strumenti

finanziari (art. 32 TUF) avendo invece l’obbligo di applicare

nei confronti degli investitori le specifiche regole di condotta

stabilite dal regolamento sul crowdfunding.

Al contrario, i gestori di diritto applicano le disposizioni

dettate dal TUF in materia prestazione di servizi e attività di

investimento e la relativa disciplina di attuazione, che peraltro

non contengono alcuna disposizione specifica in materia di

raccolta di strumenti finanziari emessi da start-up innovative

tramite portali online.

La presa d’atto delle peculiarità che caratterizzano le

operazioni di equity crowdfunding ha spinto l’Autorità di

vigilanza a imporre anche ai gestori di diritto l’applicazione

delle regole di condotta di cui agli artt. 14, 15 e 16 del

regolamento02 sul crowdfunding ampliando, in tal modo, lo

“scalino normativo” tra i gestori di diritto e gli altri gestori

derivante dalla normativa primaria. Uno scalino ancora

01. L’ar t. 17, comma 4, del regolamento sul crowdfunding ha stabilito che qualora gli ordini impartiti dagli investitori siano inferiori a euro 500 per le singole offer te o euro 1.000 per gli ordini complessivi annuali effettuati da persone fisiche e a euro 5.000 per le singole offer te o euro 10.000 per dini complessivi annuali effettuati da persone giuridiche, le banche e gli intermediari che ricevono gli ordini di sottoscrizione dal gestore del portale non applicano le disposizioni previste dalla parte II del TUF e relativa disciplina di attuazione.

02. V. Comunicazione Consob n. 0066128 del 1° agosto 2013.

20Aspetti giuridici del crowdfunding

più ampio sussiste del resto nell’ipotesi di investimenti

inferiori alla soglia stabilita nell’art. 17 del regolamento sul

crowdfunding, in quanto per i gestori di diritto non è previsto

un regime di esenzione dall’applicazione della disciplina sui

servizi e le attività di investimento simile a quello previsto gli

intermediari abilitati che perfezionano gli ordini “sotto soglia”.

È auspicabile un intervento di uniformazione delle discipline

volto quantomeno a ridurre le profonde differenze di disciplina

normativa a oggi esistenti.

Peraltro, la nuova regolamentazione – che si applica

esclusivamente alle offerte al pubblico condotte attraverso

portali online aventi a oggetto strumenti finanziari emessi da

start-up innovative di importo complessivo non superiore a 5

milioni di euro – prevede per il perfezionamento dell’offerta

la sottoscrizione di almeno il 5% degli strumenti finanziari

da parte di investitori professionali, fondazioni bancarie o

incubatori di start-up innovative.

Nella bozza di regolamento predisposta dalla Consob per la

consultazione l’obbligo di sottoscrizione era una condizione

per l’ammissione dell’offerta sul portale e non per il suo

perfezionamento. Lo scopo era quello di tutelare la folla di

investitori al dettaglio attraverso l’intervento di operatori

esperti che, prima di procedere alla sottoscrizione del

capitale, avrebbero valutato la profittabilità del progetto

innovativo realizzando in tal modo una forma di garanzia

per i piccoli investitori. L’attuale formulazione della norma

a seguito della consultazione, che prevede l’intervento

degli investitori professionali solo come condizione per il

perfezionamento dell’offerta, capovolge questo meccanismo:

saranno eventualmente gli investitori professionali a poter

beneficiare della “percezione” della pluralità degli investitori

inesperti rispetto a quel determinato investimento. Ma se è

così, occorrerebbe domandarsi quale sia in concreto l’utilità

21Aspetti giuridici del crowdfunding

dell’obbligo ai fini della tutela degli investitori. Inoltre, com’è

stato notato, considerato che l’ammontare medio della raccolta

di capitale online varia da 100 mila euro a 1 milione di euro,

un investimento del 5%, che andrebbe da 5.000 a 50.000 euro,

esulerebbe dallo stesso profilo operativo degli investitori

professionali [Piattelli, 2013].

2.Lo schema disegnato dal legislatore per la raccolta di capitali

effettuata tramite portali online gestiti da soggetti iscritti

nel registro della Consob prevede un “dialogo” a più voci

tra le start-up innovative (emittenti), il gestore del portale

online iscritto nel registro Consob, le banche e le imprese di

investimento, gli investitori; dialogo nel quale però non tutti

devono necessariamente interloquire tra loro.

Le start-up innovative.

Le start-up innovative sono società di capitali o cooperative

di nuova costituzione che non sono quotate su un mercato di

capitali o su un sistema multilaterale di negoziazione e che

operano in settori innovativi e tecnologici, anche a vocazione

sociale, individuate sulla base di particolari requisiti stabiliti

dalla legge e iscritte in una sezione speciale del registro delle

imprese.

L’emittente che intende effettuare un’offerta tramite il

portale online deve fornire al gestore tutte le informazioni

riguardanti l’offerta (secondo lo schema previsto dall’allegato

3 del regolamento sul crowdfunding) affinché quest’ultimo

possa renderle disponibili agli investitori sulla piattaforma

web. In realtà, il regolamento non disciplina (né impone)

l’instaurazione di un accordo tra questi due soggetti, ma è

22Aspetti giuridici del crowdfunding

difficile immaginare la prestazione di un servizio da parte del

portale in mancanza di un accordo negoziale con l’emittente.

Il regolamento sul crowdfunding, peraltro, dispone che

l’emittente è l’unico soggetto responsabile della completezza e

veridicità dei dati e delle informazioni fornite al portale e che

le informazioni concernenti l’offerta non sono sottoposte ad

approvazione da parte dell’Autorità di vigilanza.

Peraltro, la società emittente deve aprire, presso la banca o

la sim incaricata di eseguire il perfezionamento degli ordini,

un conto indisponibile sul quale il gestore provvederà a far

confluire la provvista necessaria al perfezionamento degli

ordini di adesione all’offerta.

Il gestore iscritto nel registro della Consob.

Il gestore del portale iscritto nel registro della Consob procede

alla pubblicazione dell’offerta sul portale che, ai sensi dell’art.

1, comma 5 del TUF, è una piattaforma web che ha come finalità

esclusiva la raccolta di capitali di rischio da parte delle start-

up innovative. La normativa secondaria impone ai gestori

di rendere disponibili agli investitori le informazioni che

riguardano la gestione del portale, in generale l’investimento in

start-up innovative e la singola offerta.

I gestori sono obbligati a comportarsi con diligenza, correttezza

e trasparenza. Inoltre, devono comunicare agli investitori le

informazioni relative alle offerte fornite dall’emittente in

maniera chiara, corretta e non fuorviante affinché questi ultimi

siano in grado di effettuare consapevoli scelte di investimento

astenendosi, peraltro, dal formulare raccomandazioni

riguardanti gli strumenti finanziari offerti online.

Quest’ultima disposizione, in realtà, mal si concilia con la su

richiamata regola della responsabilità esclusiva dell’emittente

per le informazioni sull’offerta fornite al gestore. Infatti,

23Aspetti giuridici del crowdfunding

l’obbligo di fornire informazioni chiare, precise e non

fuorvianti non avrebbe ragion d’essere se il gestore dovesse

limitarsi a trasferire pedissequamente le informazioni fornite

dall’emittente sulla piattaforma senza effettuare alcuna

verifica delle stesse. Se così fosse, potrebbero esserci notevoli

conseguenze per il gestore nel caso in cui si verificasse una

perdita dell’investimento dipendente dalla diffusione di

informazioni incomplete, non corrette o fuorvianti.

Una volta pubblicata l’offerta sul portale, il gestore riceve

gli ordini di adesione dagli investitori e li trasmette a un

intermediario abilitato da esso prescelto, che si occupa di

curarne il perfezionamento.

Appare corretto ritenere che l’attività svolta dai gestori dei

portali iscritti nel registro tenuto dalla Consob sia qualificabile

come “ricezione e trasmissione di ordini” e, pertanto,

rientri nel novero dei servizi e delle attività di investimento

disciplinati dal TUF.

Com’è noto, il TUF pone una riserva di attività per l’esercizio

professionale nei confronti del pubblico dei suddetti servizi

esclusivamente in capo ai soggetti autorizzati dalla Consob

e dalla Banca d’Italia03. In merito a quest’ultimo profilo si

osservi come, nel caso del crowdfunding, il gestore del portale

iscritto nel registro tenuto dalla Consob, pur non essendo

un intermediario autorizzato, svolge l’attività di raccolta e

trasmissione di ordini.

In realtà, il fondamento giuridico dell’attività condotta dai

portali deve ricercarsi nel meccanismo di esenzione facoltativa

stabilito dall’art. 3 della MIFID04.

Si tratta, a ben vedere, di una disposizione che rimette agli Stati

membri la possibilità di escludere l’applicazione della disciplina

MIFID sui servizi di investimento per i soggetti che svolgono

esclusivamente l’attività di ricezione e trasmissione di ordini,

non detengono fondi o titoli appartenenti ai clienti e che,

03. Oltre alle banche e alle sim anche le società di gestione del risparmio (SGR), le società di gestione armonizzata (SGA), le società finanziarie di cui all’ar t. 106 TUB, gli agenti di cambio, i consulenti finanziari, le società fiduciarie iscritte in una sezione speciale dell’albo delle SIM e le società di gestione dei mercati regolamentati, possono prestare attività e servizi di investimento seppur con alcune restrizioni.

04. La Consob, nelle valutazioni all’ar ticolato del Regolamento afferma che “ l’attività resa dal gestore è riconducibile alla ricezione e trasmissione di ordini in esenzione facoltativa rispetto all’applicazione della direttiva MIFID”.

24Aspetti giuridici del crowdfunding

nell’ambito della prestazione di tali servizi, sono autorizzati

a trasmettere gli ordini soltanto agli intermediari abilitati a

condizione che le attività di tali soggetti siano regolamentate a

livello nazionale.

Le banche e le imprese di investimento.

L’art. 17 del regolamento dispone che le banche e le imprese

di investimento che ricevono gli ordini dal gestore del portale

– probabilmente sulla base di un preventivo accordo con

quest’ultimo – ne curano il perfezionamento raccogliendo

le somme corrispondenti all’ammontare del valore degli

strumenti finanziari in un conto indisponibile a favore

dell’emittente. Relativamente alla fase di esecuzione degli

ordini, la stessa norma introduce poi un regime differenziato a

seconda dell’ammontare degli ordini di adesione all’offerta.

Per gli investimenti al di sopra della soglia indicata nel

regolamento la Consob, avendo ravvisato una particolare

esigenza di tutela dei clienti (need of protection) ha optato per

l’applicazione da parte degli intermediari abilitati del quadro

di disposizioni del TUF che regolano la prestazione dei servizi

e delle attività di investimento. A tal proposito, si osservi che

per individuare le regole che i soggetti abilitati sono tenuti a

rispettare per il perfezionamento degli ordini, occorrerebbe

specificare la tipologia di servizio di investimento che viene

prestato.

Com’è noto, la disciplina sui servizi e le attività di

investimento prevede una serie di obblighi informativi e di

comportamento in capo all’intermediario nonché la necessaria

contrattualizzazione del rapporto intercorrente con il cliente.

Il “recupero” delle regole MIFID nell’ultimo segmento di

operatività dell’equity crowdfunding, dunque, comporta una

modifica del ruolo dell’intermediario che, lungi dall’essere

un mero esecutore degli ordini, assume una funzione attiva

25Aspetti giuridici del crowdfunding

nel processo di formazione della volontà degli investitori

rispetto alle scelte di investimento. Peraltro, la necessità di

instaurare un rapporto diretto con il cliente se da un lato è

in linea con le logiche di tutela dell’investitore che si trova

in una posizione di “intrinseca debolezza”, dall’altro finisce

per allungare la “filiera” dei rapporti relativi alle operazioni

di equity crowdfunding – dovendo i clienti intrattenere un

rapporto sia con l’intermediario abilitato sia con il gestore –

con significative conseguenze in termini di complicazione dei

procedimenti.

Diversa è invece l’ipotesi in cui il portale trasmette un ordine

inferiore alle soglie determinate dal regolamento in quanto

l’intermediario lo esegue direttamente, verosimilmente

non instaurando con l’investitore alcun rapporto negoziale.

A tal proposito, la stessa Autorità di vigilanza ha affermato

che in caso di investimenti inferiori alle soglie previste

dal regolamento “le banche e le imprese di investimento si

limitano a curare la fase esecutiva e di regolamento degli

ordini trasmessi dal gestore del portale, il quale resta l’unico

interlocutore dell’intermediario che riceve gli ordini”. Del resto,

la funzione propria del servizio di ricezione e trasmissione

di ordini è quella di “evitare” che i clienti entrino in contatto

con il soggetto al quale vengono trasmessi gli ordini avendo

già instaurato un rapporto con il raccoglitore di ordini05.

Inoltre, il prospettato meccanismo di operatività dell’equity

crwodfunding risponde a una logica di semplificazione e

snellezza delle procedure che favorisce la diffusione dello

strumento a tutto vantaggio delle imprese start-up innovative.

Diversamente da quanto potrebbe affermarsi per l’ipotesi

“sopra soglia”, sembra corretto ritenere che l’attività di

perfezionamento degli ordini “sotto soglia” esercitata

nell’“ultimo miglio” di operatività del meccanismo dell’equity

crowdfunding dalle banche e dalle imprese di investimento

non sia qualificabile come servizio di investimento ai sensi del

05. Secondo la Consob “l’intermediario che presta il servizio di ricezione e trasmissione di ordini tiene in via diretta i rapporti con gli investitori e sceglie un proprio l’intermediario negoziatore a cui trasmettere gli ordini ricevuti dai propri clienti. Questi ultimi non entrano in rapporto con l'intermediario negoziatore”, v. Comunicazione Consob del 19 ottobre 1999, n. DI/99076449. Tale orientamento è stato in seguito ribadito dalla stessa Autorità nella Comunicazione del 27 giugno del 2002, n. DIN/2045433.

26Aspetti giuridici del crowdfunding

TUF. A ben vedere, infatti, la disciplina di derivazione MIFID sui

servizi di investimento non prevede alcuna ipotesi di esenzione

per gli investimenti che siano al di sotto di un determinato

ammontare che possa in qualche modo giustificare la

disapplicazione delle regole del TUF senza incidere sulla

qualificazione giuridica (servizio di investimento) dell’attività

svolta dalle banche e dalle sim. Un ulteriore indizio a conferma

di un tale assunto deriva dalla circostanza che la Consob, con

specifico riferimento alla raccolta di capitali tramite portali

gestiti direttamente dalle banche e dalle sim, ha espressamente

vietato l’applicazione delle suddette soglie di esenzione e

ha, nel contempo, ribadito che “tenuto conto che l’attività di

gestione di portali online implica la prestazione di servizi di

investimento quantomeno di tipo <<esecutivo>>, le banche

e le imprese di investimento sono chiamate ad osservare

le pertinenti disposizioni dettate dal TUF e della relativa

disciplina di attuazione06”.

Probabilmente, l’impossibilità di estendere le soglie di

esenzione dall’applicazione della disciplina sui servizi di

investimento anche alle banche e alle sim che gestiscono

direttamente i portali deriva dal fatto che i servizi da esse

prestati abbiano natura giuridica di servizi di investimento e,

pertanto, a essi si applica tout court la relativa normativa.

Gli investitori.

Si osservi infine che tutti gli investitori (diversi dagli investitori

professionali), prima di aderire alle singole offerte sul portale

sono obbligati a compilare un questionario comprovante la

comprensione delle caratteristiche essenziali e dei rischi

principali connessi all’investimento in start-up innovative e

a dichiarare di poter sostenere economicamente l’eventuale

perdita dell’investimento.

Nella successiva fase del perfezionamento, però, soltanto

gli investitori che abbiano effettuato investimenti per un

06. V. Comunicazione Consob n. 0066128 del 1° agosto 2013 e le “istruzioni per l’uso” dell’equity crowdfunding nella sezione “investor education” del sito www.consob.it .

27Aspetti giuridici del crowdfunding

ammontare superiore alle soglie stabilite nel regolamento

dovranno instaurare un rapporto diretto con l’intermediario

vigilato che è, come già ribadito, soggetto all’applicazione della

disciplina sui servizi e sulle attività di investimento. Pertanto,

gli investitori sono sottoposti al procedimento di “profilatura”

mediante il quale gli intermediari abilitati raccolgono

informazioni relative all’esperienza in materia di investimenti

dei singoli clienti ai fini del c.d. giudizio di adeguatezza o

appropriatezza delle operazioni da questi ultimi disposte. •

28Aspetti giuridici del crowdfunding

Equity crowdfunding e diritto societario

Casimiro A. NigroLUISS Guido Carli

1. Introduzione.

Come è normale, nella fase attuale il crowdfunding è

stato oggetto di analisi principalmente, ed in effetti quasi

esclusivamente, nella prospettiva del diritto dei servizi di

investimento.

Ove allo stesso fenomeno ed alla relativa disciplina domestica

si guardi dal punto di vista del diritto societario, emergono,

d’altra parte, altre criticità che non possono essere trascurate

o sottovalutate (soprattutto ove si consideri che, per quanto

consta, la forma organizzativa prescelta dalla stragrande

maggioranza delle start-up innovative iscritte nell’apposita

sezione del registro delle imprese è la società a responsabilità

limitata).

Sono due i profili su cui ci si intende soffermare: la deroga

al divieto di offerta al pubblico vigente per le quote di

società a responsabilità limitata (art. 2468 c.c.), di cui non

sembra possibile fare a meno di evidenziare la conclamata

asistematicità; e la nozione di «strumenti finanziari» rilevante

ai fini del Regolamento (art. 1, lett. h) del Regolamento), di cui si

sottolineerà la parziarietà.

29Aspetti giuridici del crowdfunding

2.La deroga all’art. 2468 c.c.

L’art. 26, comma 2, del noto Decreto Legge Sviluppo-bis

(appresso, DL 179) prevede che «l’atto costitutivo delle start

up innovative costituita in forma di società a responsabilità

limitata può creare categorie di quote di diritti diversi e, nei

limiti imposti dalla legge, può liberamente determinare il

contenuto delle varie categorie, anche in deroga a quanto

previsto dall’art. 2468, commi 2 e 3, del codice civile».

Il legislatore ha così inteso rendere più flessibile la disciplina

della quota di società a responsabilità limitata, sia consentendo

la modulazione del relativo contenuto, sia soprattutto – per

quanto qui interessa – consentendo alla legge statutaria di

prevedere che le quote possano formare oggetto di offerta al

pubblico.

Premesso che è certamente difficile spiegare la coesistenza

di un divieto (generale) e di una deroga (speciale), perché

«[o] il divieto ha un senso, e allora non si capisce perché la

deroga a favore di imprese più rischiose. O non ha senso e

allora si dovrebbe aprire a tutte le srl la possibilità di accedere

direttamente al mercato dei capitali» (Enriques), le numerose

problematiche che si accompagnano alla scelta di superare il

divieto di cui all’art. 2468 c.c. non possono essere taciute né

sottovalutare.

Problematiche, queste, che per vero non sembrano dipendere

dalla disposizione di cui all’art. 2468 c.c., e che sembrano

essere, invece, funzione della complessiva disciplina del

tipo e, quindi, ove non appositamente derogata mediante

l’introduzione di una specifica regolamentazione di fonte

privata, della disciplina applicabile alla start-up innovativa

costituita in forma di società a responsabilità limitata.

Basti infatti notare, in termini davvero essenziali (anzi, fugaci),

30Aspetti giuridici del crowdfunding

come il regime domestico della società a responsabilità limitata

(ma ciò vale, con alcune precisazioni che qui non è possibile

svolgere, anche con riferimento ai corrispondenti tipi sociali di

altre giurisdizioni) sia informato all’idea che tale tipo societario

è destinato a servire le esigenze di un ristretto numero di soci,

con tendenziale propensione alla cogestione ed altrettanto

tendenziale attitudine al monitoraggio dell’operato altrui.

È per questo motivo che la disciplina della start-up innovativa è

ineluttabilmente destinata a rivelarsi inadeguata. In mancanza

di una massiccia contrattualizzazione della disciplina dei

rapporti sociali e dell’organizzazione societaria, in una

crowdfunding-backed firm organizzata in forma di società a

responsabilità limitata accadrebbe inevitabilmente che:

• per un verso, gli investitori non godrebbero di quelle

protezioni che invece il regime normativo inerente

ad altri tipi societari appresta proprio al fine di

neutralizzare i rischi correlati alla interazione tra una

moltitudine di investitori e un gruppo di “gestori del

patrimonio altrui”; e

• per altro verso, attribuirebbe al singolo crowdfunder

diritti sicuramente eccessivi, sproporzionati

in astratto e potenzialmente suscettibili di

essere in concreto pretestuosamente piegati a

fini ostruzionistici, e perciò idonei ad incidere

sulla gestibilità, ancor prima che sulla gestione,

dell’impresa “comune”.

Qualche esemplificazione, per quanto banale ed

approssimativa, potrebbe giovare. Due esempi in particolare –

ma potrebbero farsene numerosi – valgono a chiarire i termini

del problema.

Si considerino, infatti:

31Aspetti giuridici del crowdfunding

a. la circostanza in cui il fondatore dell’impresa abbia

appreso di una nuova opportunità di affari e decida

di appropriarsene, dunque sfruttandola per il proprio

personale tornaconto anche quando questa presenti

“commercialmente” affinità notevoli con l’attività

svolta dalla crowdfunding-backed firm;

e, d’altra parte,

b. lo scenario in cui il titolare di una quota infinitesimale

della stessa crowdfunding-backed firm intenda

“infastidire” il gestore dell’impresa avvalendosi – id

est, abusando – delle prerogative attribuitegli dalla

disciplina sui diritti individuali di informazione

dei soci ovvero addirittura esperendo l’azione di

responsabilità nei confronti degli amministratori.

Ecco, il mero cenno a tali scenari induce il dubbio che la scelta

del legislatore non sia stata ottimale, anche se a prima vista

vincoli normativi di derivazione comunitaria (segnatamente,

la disciplina sul capitale legale minimo) ne hanno sicuramente

limitato la libertà di azione.

Certo è che alle poche osservazioni che precedono non può non

seguire il modesto ma – si ritiene – doveroso suggerimento

ai consulenti legali di guardarsi bene dal consigliare ai propri

clienti di consentire alla società a responsabilità limitata di

“incontrare” il pubblico diffuso dei risparmiatori in mancanza

di una profonda e radicale rimodulazione, per via contrattuale,

del relativo regime di fonte codicistica.

3.Strumenti finanziari partecipativi emesse dalle società a responsabilità limitata.

Altra questione che vale la pena di considerare è quella che

32Aspetti giuridici del crowdfunding

emerge dalla definizione di «strumenti finanziari» rilevante ai

fini dell’applicazione del Regolamento.

A mente dell’art. 1, lett. h), del noto Regolamento si ha che

«[…] si intendono per […] “strumenti finanziari” le azioni

o quote rappresentative del capitale sociale previste dal [DL

179], emesse dalle start-up innovative oggetto delle offerte al

pubblico condotte attraverso portali».

Pur in mancanza di un vincolo legislativo esplicito od implicito,

la Consob ha deciso di limitare l’attribuzione dello status di

securities negoziabili sui portali di equity-based crowdfunding

alle sole azioni e quote.

È bene precisare che alcun limite espresso in tal senso è

rinvenibile nell’articolato legislativo. L’unico luogo in cui,

nel corpo dell’articolato legislativo, è fatto riferimento ad

«azioni» e «quote» in termini letteralmente analoghi

a quelli riscontrabili nella definizione regolamentare di

«strumenti finanziari» è rappresentato dalla disposizione con

cui il legislatore aveva identificato uno dei requisiti necessari

affinché un’impresa possa godere dello status di «start-up

innovativa» al fine di godere di un trattamento normativo

privilegiato.

Ma è dubbio che tale disposizione possa dirsi davvero rilevante

nell’ottica che qui interessa.

Le disposizioni recanti la disciplina relativa ai portali, come

pure quelle relative alle offerte, non contengono d’altra parte

alcun riferimento a specifiche tipologie di strumenti finanziari.

Invero, nel corpo di tali disposizioni, i termini «quote» ed

«azioni» mai sono impiegati dal legislatore.

Il legislatore ha invece impiegato formule più generiche,

che non precludono alcuna soluzione in punto di definizione

del tipo di securities negoziabili on line, con il solo limite –

33Aspetti giuridici del crowdfunding

peraltro in termini assoluti anch’esso discutibile – che si tratti

di strumenti finanziari volti alla raccolta di capitale di rischio:

riferimento è di volta in volta fatto, così, alla «raccolta di

capitali di rischio tramite portali on line»; alla «facilitazione

della raccolta del capitale di rischio da parte delle start-

up innovative»; ovvero addirittura alla mera «raccolta di

capitali».

Difficilmente, d’altra parte, potrebbe ritenersi decisivo il

riferimento a generiche esigenze di protezione dell’investitore,

poiché la circostanza che l’investitore possa sottoscrivere

«azioni e quote rappresentative del capitale sociale […] emesse

dalle start-up innovative» non è a priori di per sé elemento

capace di assicurare al sottoscrittore una tutela maggiore

rispetto a quella di cui questi avrebbe beneficiato se oggetto

dell’offerta fossero stati “altri” strumenti finanziari.

E va da sé che, nel parlare di “altri” strumenti finanziari, si

intende far riferimento agli strumenti finanziari di cui all’art.

26, comma 7, DL 179, secondo cui «l’atto costitutivo delle

società di cui all’art. 25, comma 2 […] può altresì prevedere, a

seguito dell’apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera

o di servizi, l’emissione di strumenti finanziari forniti di diritti

patrimoniali od anche di diritti amministrativi, escluso il voto

nelle decisioni dei soci ai sensi degli articolo 1479 e 2479-bis

c.c.».

La disciplina regolamentare sembrerebbe perciò porsi in

sensibile contrasto (non con la lettera, ma più probabilmente)

con lo spirito della disciplina di fonte primaria. Legittima

infatti il dubbio che sia pervenuto a scelte contraddittorie la

considerazione della circostanza che, proprio all’indomani del

riconoscimento in favore delle imprese costituite in forma di

società a responsabilità limitata della possibilità di emettere

strumenti finanziari partecipativi, l’Autorità deputata a

definire le correlate regole di implementazione della normativa

34Aspetti giuridici del crowdfunding

primaria abbia scelto di escludere tali securities dalla nozione

di “strumenti finanziari” rilevante ai fini della applicazione del

regolamento.

4.Gli strumenti finanziari partecipativi quali strumenti finanziari negoziabili on line?

Come già era accaduto per la società per azioni, la scelta del

legislatore di consentire alle società a responsabilità limitata

sembra in ultima analisi finalizzata a (o potrebbe essere

comunque utilmente sfruttata per) agevolare l’incontro tra

“capitale” e “imprenditoria” attraverso securities la cui

modulabilità contenutistica dovrebbe consentire di far fronte

ad esigenze finanziarie diverse e variabili nel tempo e nello

spazio.

Ci si chiede, allora, quali potrebbero essere stati i vantaggi

scaturenti dall’ipotetico accoglimento di una più lata nozione di

strumento finanziario ai fini dell’applicazione del Regolamento.

Dal momento che, proprio per effetto delle nuove disposizioni

legislative, alla costituzione della start-up innovativa in forma

di società a responsabilità limitata può pervenirsi senza il

reperimento di alcuna provvista finanziaria (come noto, è oggi

sufficiente 1 euro), dovrebbe apparire oltremodo chiaro come

l’esigenza dell’imprenditore incorporante non sia quella di

“cedere” lo status di socio a terzi estranei, con tutti i rischi di

ingerenza (anche pretestuosa) nella governance dell’impresa

che potrebbero derivarne; ma sia, piuttosto, quella di entrare in

contatto con dei finanziatori in grado di apportare utili risorse

finanziarie all’impresa.

Gli strumenti finanziari partecipativi (diversamente dalle

«quote») risulterebbero allora certamente più idonei a

soddisfare le dette esigenze, anche perché – ed in tal modo

35Aspetti giuridici del crowdfunding

il cerchio sembra chiudersi in termini tutto sommato logici

– dei primi e non delle seconde il diritto positivo consente

di modificare la legge di circolazione (sempre che si ritenga

di applicare per analogia la pur lacunosa e perciò incerta

disciplina degli strumenti finanziari partecipativi emettibili

dalle società per azioni e quindi, nella specie, la disposizione di

cui all’art. 2346, comma 6, c.c.).

5. L’opportunità di regolare il contenuto di azioni e quote negoziabili sui portali.

Ove pure motivata in ragione di supposte esigenze o finalità di

tutela dell’investitore, la scelta della Consob di qualificare come

strumenti negoziabili on line esclusivamente talune tipologie di

securities – si è detto: «azioni» e «quote» – non si risolve, di

per sé, in una mitigazione dei rischi naturaliter correlati ad un

investimento.

Ciò vale, in particolare, sia con riferimento al momento

dell’effettuazione dell’investimento, quando il problema

riguarda il tipo di presidi necessari per consentire

all’investitore di assumere una decisione informata; sia con

riferimento al momento del concreto ed effettivo godimento dei

diritti incorporati in tali securities, quando il problema deriva

dalla configurazione dei relativi contenuti patrimoniali ed

amministrativi.

Tali rischi, dunque, non dipendono dal tipo di strumento

finanziario, ma piuttosto dal relativo contenuto. Si intende

cioè dire che, stante la possibilità di modulare il contenuto

sia delle «azioni» e delle «quote», sia degli strumenti

finanziari partecipativi, la tutela dell’investitore e quindi,

successivamente, del socio, non dipendono dal nomen iuris

impiegato per designare le securities negoziabili, ma piuttosto

– in una prima fase – dalla capacità del sistema normativo

36Aspetti giuridici del crowdfunding

(nel suo complesso) di mettere l’investitore nella condizione

di investire consapevolmente; e – in una seconda fase – dalla

configurazione (innanzitutto) dei diritti patrimoniali.

Ben avrebbe perciò fatto il legislatore o, per esso, la Consob

a prediligere una soluzione meno formalistica di quella

in fine adottata, dirigendo gli sforzi di regolamentazione

verso un approfondimento degli incentivi economici che

l’ordine di soddisfazione dei financial claims associati alle

diverse tipologie di strumenti finanziari, e non invece meri

nominalismi, è meglio in grado di effettivamente (ma non

perciò solo sempre e comunque perfettamente) assicurare.

6.Conclusioni.

Ci si augura che, pur se nello spazio di poche pagine, possa

dirsi riuscito il tentativo di delineare, per sommi capi, il

quadro di regole di diritto societario (e, soprattutto inerenti

al tipo società a responsabilità limitata, quale forma ad oggi

“prevalentemente utilizzata per l’incorporazione di start-up

innovative) la cui considerazione agevolmente pone in evidente

rilievo la problematicità delle principali questioni scaturenti

dalle scelte effettuate dal regolatore domestico.

Questioni che – con l’occhio incuriosito e compiaciuto dello

studioso che si appresta ad esaminarle più approfonditamente

– appaiono per vero assai più numerose ed intriganti di quelle

di cui qui, in ossequio a date esigenze organizzative di celerità

e semplificazione del ragionamento svolto, si è scelto di

accennare.

Questioni che – ed è ciò che più conta all’indomani dell’entrata

in vigore di una regolamentazione a lungo attesa perché,

si diceva, avrebbe posto il nostro paese in una posizione di

invidiabile primazia regolamentare – non sono però facilmente

37Aspetti giuridici del crowdfunding

risolvibili senza una revisione, all’occorrenza anche radicale, di

momenti topici della disciplina primaria e/o secondaria. •

38Aspetti giuridici del crowdfunding

Tecniche di protezione dei crowdfunders (investitori non professionali):

Limiti e prospettive di tag-along e diritto di recesso

Claudio Di FalcoCleary Gottlieb Steen & Hamilton

Introduzione

La protezione dei soci di minoranza di una società di capitali,

in particolar modo se quotata in un mercato regolamentato, è

una delle principali finalità del diritto societario e del diritto

del mercato mobiliare. Tale protezione può assumere forme

e spiegarsi mediante tecniche normative diverse. Talvolta

il legislatore attribuisce al singolo socio di minoranza (o,

per prevenire abusi, a soci di minoranza che rappresentano

una certa quota del capitale sociale) diritti esercitabili nei

confronti della società. In altri casi, il legislatore impone degli

obblighi agli azionisti di maggioranza volti a proteggere i soci

di minoranza (ad esempio, tramite la disciplina dell’offerta

pubblica d’acquisto obbligatoria).

Il legislatore del c.d. Decreto Crescita01 e la CONSOB,

regolamentando l’offerta al pubblico di strumenti finanziari

di start-up innovative02 mediante portali, hanno perseguito

tale finalità attraverso strumenti che possono adattarsi alle

peculiari caratteristiche di tali società che, pur non essendo

01. Decreto legge 18.10.2012, n. 179, convertito con modificazioni in legge 17.12.2012 n. 221.

02. Le società di cui all’ar ticolo 25, comma 2 del Decreto Crescita. 03. Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, come successivamente modificato. L’ar ticolo citato è stato inserito nel TUF dal Decreto Crescita. 04. Regolamento CONSOB 26.06.2013 n. 18592.

39Aspetti giuridici del crowdfunding

quotate, si sono rivolte al pubblico indistinto e possono

pertanto avere un numero elevato di azionisti di minoranza. In

particolare, la disciplina contenuta nell’articolo 100-ter, comma

2 del TUF03, come attuato dall’articolo 24 del Regolamento

Crowdfunding04 condiziona l’ammissibilità dell’offerta di

azioni o quote di una start-up innovativa all’attribuzione, da

parte dello statuto della start-up stessa, di un diritto di recesso

o di co-vendita (tag-along) ad alcuni soci di minoranza in

determinate circostanze.

Nelle pagine che seguono si cercherà di ricostruire, nei limiti

inevitabilmente succinti del presente contributo, la fisionomia

di tali diritti: il diritto di recesso ed il diritto di co-vendita (o

tag-along). Il lavoro è organizzato come segue. Il § 2 descrive

l’ambito applicativo della disciplina in esame, le finalità di

politica legislativa ivi sottese ed il presupposto dell’esercizio

dei diritti in questione (i.e., che si verifichi un cambio di

controllo della start-up). Il § 3 tratta brevemente della verifica

del rispetto di tale disciplina. Il § 4 e il § 5 affrontano le

criticità connesse alla previsione, rispettivamente, del diritto

di co-vendita e del diritto di recesso, soffermandosi su alcune

possibili soluzioni.

Crowdfunders e cambio del controllo della start-up: policy e disciplina

L’articolo 100-ter, comma 2 del TUF, introdotto dall’articolo 30

del Decreto Crescita 2.0 dispone:

«La Consob determina la disciplina applicabile

alle offerte [al pubblico condotte esclusivamente

attraverso uno o più portali] al fine di […] tutelare

gli investitori diversi dai clienti professionali

nel caso in cui i soci di controllo della start-up

innovativa cedano le proprie partecipazioni a terzi

40Aspetti giuridici del crowdfunding

successivamente all’offerta».

In attuazione di tale delega legislativa, l’articolo 24, comma 1,

lettera a) del Regolamento Crowdfunding prevede che:

«Ai fini dell’ammissione dell’offerta sul portale,

il gestore verifica che lo statuto o l’atto costitutivo

dell’emittente preveda:

a) il diritto di recesso dalla società ovvero il diritto

di co-vendita delle proprie partecipazioni nonché le

relative modalità e condizioni di esercizio nel caso

in cui i soci di controllo, successivamente all’offerta,

trasferiscano il controllo a terzi, in favore degli

investitori diversi dagli investitori professionali o

dalle altre categorie di investitori indicate al comma

2 che abbiano acquistato o sottoscritto strumenti

finanziari offerti tramite portale. Tali diritti

sono riconosciuti per il periodo in cui sussistono

i requisiti previsti dall’articolo 25, commi 2 e 4,

del decreto e comunque per almeno tre anni dalla

conclusione dell’offerta».

Giova, innanzitutto, puntualizzare l’ambito di applicazione

soggettivo delle richiamate disposizioni onde chiarire i

soggetti protetti da tali norme. Si tratta dei soci di una

start-up innovativa: (i) di minoranza; e (ii) che non siano

clienti professionali o, per via del richiamo al comma 2

dell’articolo 24 del Regolamento Crowdfunding, fondazioni

bancarie o incubatori di start-up. Nel senso che i beneficiari

delle protezioni di legge siano soci di minoranza milita,

conclusivamente, la circostanza che l’esercizio dei diritti in

questione presuppone l’esistenza di un socio di controllo.

Quanto ai clienti professionali, si tratta di: (a) quelli indicati

nell’Allegato 3, punto I del Regolamento Intermediari: banche,

SIM, assicurazioni ed altri investitori c.d. istituzionali; e (b) i

clienti professionali pubblici di diritto, di cui all’articolo 2 del

41Aspetti giuridici del crowdfunding

decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze dell’11

novembre 2011 n. 236: i.e., Governo e Banca d’Italia.

Presupposto per l’esercizio del diritto statutario di recesso o di

co-vendita è il trasferimento della partecipazione di controllo

della start-up (c.d. cambio di controllo). La disposizione sembra

perseguire una duplice finalità. In primo luogo, ed anzitutto,

essa mira a far sì che il c.d. premio di controllo pagato

dall’acquirente al socio di controllo della start-up possa essere

in qualche modo “condiviso” anche dai soci di minoranza:

finalità la cui realizzazione, come si noterà, consegue pressoché

automaticamente dall’esercizio del diritto di tag-along e,

invece, piuttosto difficilmente dall’esercizio del diritto di

recesso. In secondo luogo, la previsione di diritti di exit dalla

compagine societaria è altresì volta a rimediare alla prevedibile

carenza di un mercato liquido in cui il socio possa rivendere la

propria partecipazione a seguito del cambio di controllo.

La previsione del recesso o del diritto di co-vendita in statuto

si atteggia, per la start-up, come un’alternativa: l’offerta sul

portale sarà cioè ammissibile se almeno una di tali clausole

sia contenuta nello statuto. Nulla sembra ostare, tuttavia, alla

previsione statutaria congiunta ed alternativa del recesso o del

tag-along: in tal caso, sarebbero i soci di minoranza a decidere

se vendere la propria partecipazione al terzo o chiederne la

liquidazione.

Verifica del gestore

Il primo profilo di interesse della norma riguarda la modalità

attraverso la quale si prevede la tutela dei crowdfunders. Al

fine di obbligare il socio di controllo della start-up a fornire

uno strumento di tutela ai soci di minoranza, si è onerato il

gestore del portale di un controllo sullo statuto della società.

Il gestore, infatti, dovrà accertare che lo statuto della start-up

abbia previsto, al verificarsi di un determinato evento, il diritto

42Aspetti giuridici del crowdfunding

di recesso o di co-vendita.

La tortuosa fisionomia della norma riflette il difficile equilibrio

perseguito, in questa materia, dal legislatore tra, da un lato, la

volontà di incentivare il capital-raising delle start-up - che non

vengono assoggettate alla vigilanza della Consob (ed infatti,

i destinatari del Regolamento Crowdfunding sono i gestori

dei portali, e non gli emittenti) – e, dall’altro, le istanze di

protezione degli azionisti di minoranza.

La verifica che il gestore dovrà effettuare al fine di ammettere

l’offerta sul portale appare di natura meramente formale: il

gestore potrà quindi limitarsi a verificare che un diritto di

co-vendita o di recesso esista in statuto e che ne sia regolato

l’esercizio, senza essere tenuto a valutazioni di merito sul

contenuto di tale diritto, sui profili operativi e procedurali

inerenti il suo esercizio e sulla idoneità dello stesso a garantire

le esigenze di tutela dei soci di minoranza. Infatti, nessun

vincolo è imposto all’emittente nella definizione delle modalità

e condizioni dell’esercizio del diritto di co-vendita o recesso

previsto in statuto. Pertanto, è possibile che la ratio di tutela

della norma venga vanificata nel caso dello statuto di una

start-up che, pur rispettando formalmente il requisito per

l’ammissione dell’offerta sul portale, prevede modalità e

condizioni di esercizio del diritto di co-vendita o di recesso

che rendano difficile o improbabile l’esercizio del diritto. In

tal senso, sarebbe auspicabile che – ove si diffondesse un

mercato significativo di offerte su portali di crowdfunding – gli

operatori sviluppassero una prassi di mercato tesa a rendere

effettivi gli strumenti di tutela previsti dalla disciplina.

Il diritto di co-vendita

Lo statuto della start-up può anzitutto prevedere, quale

“rimedio” per il cambio di controllo della società, un diritto di

co-vendita in favore dei soci di minoranza diversi dai clienti

professionali, dalle fondazioni bancarie o dagli incubatori

43Aspetti giuridici del crowdfunding

di start-up. Si tratta, semplificando, del diritto potestativo

di tali soci di vendere la propria partecipazione al terzo che

abbia formulato un’offerta di acquisto avente ad oggetto la

partecipazione del socio di controllo; la vendita dai soci di

minoranza al terzo avverrà sulla base dei termini e delle

condizioni che il terzo si è impegnato ad applicare al socio

di controllo stesso, così consentendo ai soci di minoranza di

beneficiare del c.d. premio di controllo.

Parte della dottrina, icasticamente, parla di un diritto di

“accodamento”, volendo con ciò intendere che i soci di

minoranza si “accodano” al socio di controllo nella vendita

delle partecipazioni.

In dottrina e nella prassi non vi è unanimità di vedute sulla

collocazione sistematica più opportuna per una clausola di

tag-along: secondo alcuni, infatti, si tratterebbe di clausola

da inserire non in uno statuto ma, più opportunamente, in un

patto parasociale. Tuttavia, anche prescindendo dal merito di

tali discussioni (a tacere d’altro, così facendo si priverebbe la

clausola dell’efficacia erga omnes propria degli statuti sociali),

appare comprensibile la scelta operata dalla CONSOB, che, in

alternativa, non avrebbe potuto imporre ai soci della start-

up di stipulare un patto parasociale contenente una clausola

di tag-along, quanto meno alla luce delle rilevanti difficoltà

applicative di una tale soluzione che avrebbero frustrato la

ratio del Decreto Crescita e le istanze di semplificazione nella

raccolta del capitale ivi sottese.

Come noto, il contenuto del diritto di co-vendita è solo

“socialmente” tipico e, quindi, la sua modulazione è rimessa

alla prassi ed alla negoziazione delle parti. L’effettività del

diritto di co-vendita è indissolubilmente legata ai suoi profili

operativi e procedurali. In concreto, affinché il socio di

minoranza possa utilmente esercitare il proprio diritto di co-

vendita, lo statuto dovrà puntualizzare: (i) l’obbligo per il socio

di controllo di informare tempestivamente i soci di minoranza

di aver ricevuto un’offerta, specificandone provenienza,

44Aspetti giuridici del crowdfunding

termini e condizioni (i.e., prezzo, condizioni sospensive, ecc.);

(ii) un congruo termine entro il quale i soci di minoranza

potranno eventualmente accettare l’offerta.

È evidente, ad esempio, che la previsione di modalità

inadeguate di comunicazione delle condizioni dell’offerta o di

un termine per l’esercizio del diritto troppo breve inciderebbero

negativamente sull’effettività della tutela fornita dal diritto

di co-vendita. In definitiva la mera previsione di un diritto di

co-vendita e delle relative modalità di esercizio, disgiunta da

una verifica della loro idoneità a garantire un effettivo esercizio

del diritto, non appare sufficiente per garantire un’adeguata

protezione dei soci di minoranza.

Sarebbe allora auspicabile lo sviluppo di una prassi di mercato

volta a individuare il contenuto minimo che una clausola di tag-

along debba avere per garantire una tutela effettiva ai soci di

minoranza di una start-up.

Ad esempio, tale clausola “standard” potrebbe richiedere

che la comunicazione ai soci di minoranza debba contenere

almeno indicazione: (i) dell’identità del terzo offerente, (ii)

del prezzo di acquisto da questi offerto (che chiaramente deve

essere il medesimo per il socio di controllo e i crowdfunders),

(iii) delle modalità di pagamento del prezzo, (iv) dell’esistenza

di eventuali garanzie, (v) della partecipazione a cui si riferisce

l’offerta, (vi) della data prevista per il perfezionamento

del trasferimento. Inoltre, tale clausola standard dovrebbe

prevedere che venga assegnato un termine congruo (compreso,

ad esempio, tra 10 e 20 giorni lavorativi) entro cui i soci di

minoranza potranno esercitare il diritto.

Infine, quanto alle modalità di comunicazione ai crowdfunders

dell’offerta del terzo, le società emittenti potrebbero

permettere ai soci di registrare un proprio indirizzo di

posta elettronica sul sito delle società, al fine di ricevere

tempestivamente la comunicazione dell’offerta del terzo.

45Aspetti giuridici del crowdfunding

Tag-along a durata limitata

L’articolo 24, comma 1, lettera a) del Regolamento

Crowdfunding prevede che il diritto di tag-along (o, in

alternativa, di recesso) sia riconosciuto per il periodo in cui la

start-up conserva i requisiti normativi della fattispecie previsti

dall’articolo 25, comma 2 del Decreto Crescita e, in ogni caso,

per un periodo di almeno 3 anni dall’offerta.

Si tratta di un periodo verosimilmente più breve di quello

necessario ad una start-up per cominciare a generare utili. Ad

esempio, nei business plan di operazioni di venture capital,

in molti casi i primi utili sono attesi non prima del quarto o

quinto anno successivo all’investimento. Assumendo che la

società abbia promosso un’offerta nell’anno di sua costituzione

(T0) e che l’investimento genererà utili non prima del quinto

anno di vita (T+5), la “caducazione” dei diritti delle minoranze

intorno a T+3 si tradurrebbe nella strutturale impossibilità,

per le minoranze stesse, di condividere un possibile premio di

controllo: è improbabile, infatti, che il controllo della start-up

sia trasferito prima di T+3, quando cioè l’investimento non ha

ancora iniziato a generare utili.

Anche tale esito, che indubbiamente indebolisce l’effettività

dei diritti riconosciuti ai crowdfunders di minoranza, potrebbe

essere contrastato dall’emersione di best practice volte a

pattuire statutariamente una durata maggiore del diritto di

co-vendita: ad esempio, ancorandolo alla durata del business

plan della società o al raggiungimento di un risultato in utile da

parte della start-up (ad esempio, prevedendo che, anche oltre il

terzo anno, il diritto permanga fino alla chiusura dell’esercizio

successivo al primo esercizio concluso con un utile).

Tag-along e successivi trasferimenti azionari

Il tenore letterale dell’articolo 24, comma 1, lettera a) del

46Aspetti giuridici del crowdfunding

Regolamento Crowdfunding induce a dubitare dell’applicabilità

del diritto di tag-along anche a beneficio di chi ha acquistato da

un crowdfunder, e, quindi, non in sede di offerta sul portale.

Al riguardo, deve premettersi che il caso discusso appare

abbastanza remoto: poiché, per definizione, le azioni o quote

di una start-up non possono essere quotate né in un mercato

regolamentato né in un sistema multilaterale di negoziazione

(si veda l’articolo 25, comma 2 del Decreto Crescita), dovrebbe

ipotizzarsene un trasferimento successivo all’offerta sul

portale che avvenga tra privati e fuori mercato affinché il

caso prospettato possa verificarsi. Evento possibile ma non

probabile, anche perché si stima che circa l’85% delle start-

up siano costituite in forma di s.r.l., il che rende ancora

più articolato ed oneroso l’eventuale trasferimento della

partecipazione.

Il dubbio sull’applicabilità del diritto di tag-along anche a

favore del socio di minoranza che non abbia acquistato la

partecipazione nell’offerta sorge in ragione della lettera della

norma ricordata: essa si applica, infatti, soltanto in favore di

investitori che abbiano acquistato o sottoscritto strumenti

finanziari «offerti tramite portale». L’acquirente “secondario”,

che abbia acquisito la partecipazione non tramite portale ma

dall’investitore che a sua volta ha acquistato tramite portale,

potrebbe dunque essere escluso dal beneficio del diritto di co-

vendita.

L’interpretazione proposta, sebbene conduca ad esiti non

appaganti in punto di tutela degli investitori, appare tuttavia

conforme alla lettera della norma. Anche in tal caso, appare

auspicabile l’emersione di best practice volte a rimediare in via

statutaria a questa lacuna: lo statuto della start-up potrebbe

puntualizzare che il diritto di co-vendita spetta a tutti i soci di

minoranza diversi dai clienti professionali, indipendentemente

dalla modalità di acquisizione della partecipazione.

47Aspetti giuridici del crowdfunding

Il diritto di recesso

In alternativa al diritto di co-vendita, quale ulteriore “rimedio”

per reagire al cambio di controllo, lo statuto della start-up può

riconoscere ai soci di minoranza il diritto di recesso. Valgono

per il diritto di recesso le considerazioni sopra svolte in

merito alle modalità per garantire una tempestiva e completa

informazione al socio di minoranza e un termine congruo

per l’esercizio del diritto. Inoltre, anche in questo caso, si

tratta di un diritto “a tempo determinato” che lo statuto è

tenuto a riconoscere per un periodo non superiore a 3 anni (si

v. “Diritto di co-vendita –Tag-along a durata limitata”, sopra,

per la discussione di tale profilo ed una possibile soluzione

che può essere adottata anche rispetto al diritto di recesso).

Analogamente, valgono anche per il recesso i dubbi espressi

in relazione all’applicabilità del diritto di tag-along a soci che

non abbiano acquisito la partecipazione «tramite portale» (si

v. “Diritto di co-vendita – Tag-along e successivi trasferimenti

azionari”, sopra).

Un profilo particolare relativo alla tutela fornita da un diritto

statutario di recesso è relativo alla efficacia di tale strumento

al fine di permettere che ai crowdfunders venga fornita la

possibilità di “condividere” il premio di controllo riconosciuto

al socio di maggioranza.

La valorizzazione delle partecipazioni oggetto di recesso

segue criteri analoghi, sebbene non identici, per le società

a base azionaria e le società a responsabilità limitata. Da un

lato, le azioni oggetto di recesso sono valutate in base alla

«consistenza patrimoniale della società e delle sue prospettive

di reddito, nonché dell’eventuale valore di mercato» (articolo

2427-ter, comma 3, codice civile in materia di s.p.a.). Dall’altro,

le quote sono rimborsate sulla base del valore del patrimonio

sociale, determinato «tenendo conto» del valore di mercato

(articolo 2473, comma 2, codice civile in materia di s.r.l.).

48Aspetti giuridici del crowdfunding

In entrambi i casi il criterio di valutazione è dato dalla

consistenza patrimoniale della start-up che si determina,

anche o prevalentemente, sulla base del valore di mercato della

partecipazione. Un’analisi, anche di superficie, di tali requisiti

induce a rilevare come si tratti di criteri particolarmente

penalizzanti nel caso di start-up: dati i requisiti normativi

di tale figura, è verosimile che il relativo patrimonio sociale

sia modesto ed il valore delle partecipazioni sociali non

particolarmente elevato. In ogni caso, anche ipotizzando che

la valorizzazione segua criteri particolarmente favorevoli

ai soci recedenti, si dubita che essa possa consentire loro

di “condividere” in qualche modo il premio di controllo:

i.e., è verosimile che il valore di recesso unitario sarà

tendenzialmente (ed ampiamente) inferiore al prezzo unitario

pagato dal terzo per il pacchetto di controllo.

È auspicabile che, anche in questo caso, in analogia con

quanto descritto sopra in relazione al diritto di tag-along, le

prassi di mercato intervengano a “correggere” le possibili

disfunzioni di un’applicazione solo formale dei requisiti del

Regolamento Crowdfunding. Ad esempio, gli statuti di start-up

potrebbero prevedere che la partecipazione del socio recedente

in caso di cambio di controllo venga valutata alla luce del

prezzo di vendita offerto per la partecipazione di controllo.

Tecnicamente, la legittimità di una simile clausola statutaria

farebbe leva sull’articolo 2427-ter, comma 4, codice civile in

materia di società per azioni, ritenuto applicabile anche alle

società a responsabilità limitata dalla dottrina maggioritaria

(almeno, pacificamente, nel caso in cui l’autonomia privata

adotti criteri di valutazione più favorevoli per il socio

recedente): tale norma consente allo statuto di prevedere

che la valorizzazione della partecipazione oggetto di recesso

avvenga sulla base di «altri elementi suscettibili di valutazione

patrimoniale». Il prezzo offerto dal terzo al socio di controllo

ben potrebbe essere ricompreso tra tali «altri elementi».

Seguendo tale approccio si eliminerebbe la disparità di

49Aspetti giuridici del crowdfunding

trattamento tra soci di start-up che abbiano optato per

l’inserimento del tag-along in statuto e soci di start-up che

abbiano invece optato per la previsione del recesso. •

50Aspetti giuridici del crowdfunding

Le regole di condotta applicabili a banche e imprese di investimento nell’ambito della disciplina in tema di equity crowdfunding

Alessandro PortolanoChiomenti Studio Legale

1.Considerazioni preliminari

Il fenomeno del crowdfunding è tipicamente inteso come un

modello di raccolta di fondi alternativo rispetto agli strumenti

di finanza convenzionale, caratterizzato dall’impiego di

moderne tecnologie informatiche e retto da dinamiche

collaborative, alle quali non è estranea una componente lato

sensu di partecipazione della collettività a talune forme di

impresa societaria.

Sotto tale profilo, pertanto, il fenomeno reca in sé un

potenziale effetto di “disintermediazione” dei canali

tradizionali dell’intermediazione bancaria e finanziaria.

La visione “tipica” del fenomeno evoca uno scenario di

immediatezza e semplicità dell’investimento, nell’ambito del

quale il potenziale investitore idealmente accede ad un portale

online dal proprio computer, si informa sui progetti di sviluppo

presentati da una molteplicità di operatori e seleziona, anche

con una certa volontà di “condivisione” o “partecipazione” (e,

dunque, non solo per finalità di mero investimento finanziario)

51Aspetti giuridici del crowdfunding

l’impresa in cui intende investire. In questo scenario

semplificato, dal momento dell’individuazione dell’opportunità

di investimento si giunge quindi all’“acquisto” con un “click”,

da parte dell’investitore, di una quota del capitale dell’impresa

selezionata; tale acquisto è successivamente perfezionato –

sempre in questa immagine un po’ oleografica del fenomeno

– con il versamento dell’importo corrispondente in favore

dell’impresa stessa, non molto diversamente da quello che

accade in una normale transazione di e-commerce, dove al

più, al momento del pagamento, l’acquirente è reindirizzato

su un’apposita pagina web per l’istruzione dell’operazione

di pagamento, in modo tale da concludere in pochi secondi

l’intera operazione di investimento.

Le considerazioni di seguito svolte intendono evidenziare che lo

scenario sopra delineato rappresenta un’ipotesi eccessivamente

semplificata – verrebbe da dire naif – rispetto a quanto

previsto dalla normativa in materia di equity crowdfunding; o

quantomeno che detto scenario, pur cogliendo indubbiamente

alcuni aspetti del fenomeno in discorso, come risultanti

dall’analisi della relativa disciplina di settore, non riesce a

rappresentarne tutti i profili, anche applicativi.

Dall’analisi della predetta disciplina si evince infatti che gli

attori “tradizionali” dell’intermediazione finanziaria (in

particolare, banche e imprese di investimento) continueranno

verosimilmente a svolgere un ruolo molto significativo

nell’ambito delle attività connesse al fenomeno in questione,

potendosi realizzare soltanto in misura ridotta quell’effetto

di “disintermediazione” tipicamente collegato alle attività di

crowdfunding.

Tale conseguenza, peraltro, è già esplicitata nelle previsioni

di cui all’art. 50-quinquies del Testo Unico della Finanza (di

seguito, il “TUF”) e al Regolamento CONSOB n. 18592 del 26

giugno 2013 (di seguito, il “Regolamento”), nella misura in cui

52Aspetti giuridici del crowdfunding

dette disposizioni impongono comunque il coinvolgimento

di un intermediario abilitato alla prestazione di servizi di

investimento ai fini del perfezionamento e dell’esecuzione

delle operazioni di investimento concluse tramite il portale,

anche nell’ipotesi in cui il portale stesso sia gestito da soggetti

(diversi dalle banche o dalle imprese di investimento) iscritti

nell’apposito registro tenuto dalla CONSOB (di seguito, i

“Gestori Autorizzati”).

Fin qui, quindi, si tratta di poco più che ovvietà, se si legge la

disciplina in argomento.

E tuttavia, quel che si vuole rimarcare, in questa sede, è che

in molti scenari astrattamente ipotizzabili gli intermediari

“tradizionali” – vale a dire, banche e imprese di investimento

abilitate alla prestazione di servizi di investimento –

potrebbero svolgere un ruolo ben più rilevante di quello

comportante la mera “esecuzione” delle operazioni

concluse dall’investitore; ruolo che potrebbe spingersi fino

al doversi astenere dal dare esecuzione a un’operazione pur

autonomamente valutata dall’investitore nella sua interazione

col portale, con ovvie conseguenze, rispetto a quell’immagine

idealizzata e semplificata dell’investimento della specie.

Le affermazioni sin qui svolte si basano essenzialmente

su alcune considerazioni, di seguito riassunte, relative alla

qualificazione delle attività prestate dalle banche e dalle

imprese di investimento nell’ambito delle attività di equity

crowdfunding e degli strumenti finanziari emessi da start-up

innovative.

a. Gestione di portali on-line e prestazione di servizi di

investimento: cenni sul tema delle regole di condotta

e delle valutazioni di adeguatezza e appropriatezza

In primo luogo, deve osservarsi che l’attività di gestione di

portali online per la raccolta di capitali di rischio da parte di

53Aspetti giuridici del crowdfunding

start-up innovative (come noto regolata, a livello primario,

dagli artt. 50-quinques e 100-ter del TUF e, a livello secondario,

dalle previsioni del Regolamento) appare rientrare, almeno

in astratto, nell’ambito di applicazione delle norme del TUF e

relative misure attuative in materia di servizi di investimento.

Tale qualificazione emerge con sufficiente chiarezza dalla

disciplina positiva sopra richiamata.

In particolare, l’art. 50-quinquies del TUF dispone che

l’esercizio dell’attività di gestione dei portali è riservato

alle banche e alle imprese di investimento “autorizzate alla

prestazione dei relativi servizi di investimento”. Ancora, con

la Comunicazione n. 0066128 del 1 agosto 2013 (di seguito, la

“Comunicazione dell’1 agosto 2013”), la CONSOB ha chiarito,

con riferimento all’attività svolta dalle banche e imprese di

investimento che svolgono attività di gestione dei portali (di

seguito, i “Gestori di Diritto”), che “l’attività di gestione di

portali on line implica la prestazione di servizi di investimento

quantomeno di tipo ‘esecutivo’”. Non meno chiaramente, la

CONSOB ha altresì osservato, con riferimento ai gestori dei

portali diversi dai Gestori di Diritto, che “l’attività del portale

è riconducibile alla ricezione e trasmissione di ordini in

esenzione facoltativa rispetto all’applicazione della Direttiva

MiFID, come previsto dall’art. 3 della citata Direttiva”01.

Con riferimento alla disciplina generale delle regole di condotta

applicabili agli intermediari nell’ambito della prestazione dei

servizi e delle attività di investimento, si ricorda brevemente,

nel limitato spazio qui a disposizione, come il contenuto di

siffatti obblighi di condotta si atteggi diversamente a seconda

del servizio di volta in volta effettivamente prestato (oltre

che, naturalmente, della tipologia di clienti a cui il servizio è

offerto).

In particolare, in caso di prestazione dei servizi di consulenza

e gestione di portafogli, gli intermediari sono tenuti, come

01. L’ar t. 3 della MiFID prevede quanto segue:

“1. Gli Stati membri hanno la facoltà di non applicare la presente direttiva alle persone rispetto alle quali essi sono lo Stato membro d'origine che:

• non sono autorizzate a detenere fondi o titoli appartenenti ai clienti e che per questo motivo non possono mai trovarsi in situazione di debito con i loro clienti, e

• non sono autorizzate a prestare servizi di investimento, tranne la ricezione e la trasmissione di ordini in valori mobiliari e quote di organismi d'investimento collettivo e l'attività di consulenza in materia di investimenti relativa a tali strumenti finanziari, e

• nell'ambito della prestazione di tali servizi sono autorizzate a trasmettere ordini soltanto a:

i. imprese di investimento autorizzate ai sensi della presente direttiva,

ii. enti creditizi autorizzati ai sensi della direttiva 2000/12/CE,

iii. succursali di imprese ...

54Aspetti giuridici del crowdfunding

noto, a “profilare” il cliente e ad effettuare il c.d. “test di

adeguatezza” in relazione all’operazione da realizzarsi o

suggerita all’investitore; in caso di prestazione dei servizi

di investimento c.d. esecutivi (i.e. diversi dalla consulenza e

dalla gestione di portafogli) gli intermediari, pur non essendo

obbligati ad effettuare il predetto test di adeguatezza, sono

comunque tenuti alla profilatura del cliente, nonché ad

effettuare il diverso test di “appropriatezza”.

Le due valutazioni – di “adeguatezza” e “appropriatezza” –

sono profondamente differenti per contenuti e finalità.

Nel primo caso, infatti l’intermediario è tenuto a raccogliere

un set più completo di informazioni dal cliente (ad es.,

anche sulla situazione finanziaria dell’investitore e sui

suoi obiettivi di investimento); nel secondo caso, invece, è

sufficiente raccogliere un set significativamente più ridotto di

informazioni (in particolare, sulla conoscenza ed esperienza

dell’investitore in relazione al tipo di strumento finanziario

oggetto dell’operazione).

Ancor più significativamente, qualora sia richiesto

all’intermediario dalla normativa di effettuare il predetto test

di adeguatezza e quest’ultimo si concluda con esito negativo, è

previsto che lo stesso intermediario non possa procedere con

l’esecuzione dell’operazione valutata inadeguata in relazione

al singolo cliente; di contro, qualora l’intermediario sia tenuto

ad effettuare soltanto un test di appropriatezza e quest’ultimo

abbia esito negativo, l’investitore può comunque eseguire

l’operazione, previa necessaria informativa in relazione

all’esito negativo della valutazione di appropriatezza condotta

dall’intermediario.

Dunque, dalla qualificazione dell’attività prestata da un

intermediario in termini di consulenza seguono conseguenze

molto rilevanti, di per sé idonee a mettere in crisi il paradigma

di semplicità dell’investimento tramite portali online.

di investimento o di enti creditizi che sono autorizzati in un paese terzo e che sono tenuti ad ottemperare e ottemperano a norme prudenziali considerate dalle autorità competenti almeno altrettanto rigorose quanto quelle stabilite nella presente direttiva, nella direttiva 2000/12/CE o nella direttiva 93/6/CEE,

iv. organismi d'investimento collettivo autorizzati in vir tù della legislazione di uno Stato membro a vendere quote al pubblico, nonché ai dirigenti di siffatti organismi,

v. società di investimento a capitale fisso, quali definite all'ar ticolo 15, paragrafo 4 della seconda direttiva 77/91/CEE del Consiglio, del 13 dicembre 1976, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all'ar ticolo 58, secondo comma, del Trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa, i cui titoli sono quotati o negoziati in un mercato regolamentato in uno Stato membro,

...

...

55Aspetti giuridici del crowdfunding

b. La natura “illiquida” degli investimenti in quote di

start-up innovative

Gli strumenti finanziari emessi da start-up innovative

costituiscono, per espresso riferimento normativo nel

Regolamento, investimenti di natura illiquida02.

Come noto, la CONSOB ha dedicato particolare attenzione alle

regole di condotta applicabili alla distribuzione di prodotti

illiquidi, attraverso l’adozione, tra l’altro, della Comunicazione

n. 9019104 del 2 marzo 2009, vero convitato di pietra della

disciplina dell’equity crowdfunding, nell’ambito della quale

(come già nell’ambitodella procedura di pubblica consultazione

tenutasi in vista della definizione delle disposizioni in

questione) non è mai richiamata.

La Comunicazione sui prodotti illiquidi non si propone

di introdurre nuove norme o nuovi obblighi in capo agli

intermediari, enucleando piuttosto, almeno nella prospettiva

dell’Autorità, meri criteri applicativi delle regole generali e

dei doveri posti in capo agli intermediari dalla normativa –

regole generali che dunque, come tali, appaiono poter trovare

applicazione anche al caso di specie.

Ben si comprende, allora, come la situazione possa cominciare

ad apparire più complessa rispetto alla prospettiva – anche un

po’ romantica – dell’investitore che “clicca” su un apposito

pulsante (quasi una sorta di “mi piace”) all’interno di una

pagina web e acquista, in questo modo, titoli rappresentativi del

capitale di una start up innovativa.

Nella Comunicazione sugli illiquidi, infatti – anche con

riferimento alle valutazioni di mera appropriatezza – la

CONSOB ha sottolineato che, nella prestazione di servizi aventi

ad oggetto strumenti finanziari di siffatta natura, “dovranno

essere tenute in debito conto le peculiari caratteristiche dei

02. Nell’ar t. 15 del Regolamento si prevede infatti che il gestore debba fornire agli investitori le informazioni relative all’investimento in strumenti finanziari emessi da star t-up innovative riguardanti, tra l’altro, il “rischio di illiquidità”. Inoltre, nell’Allegato 3 al Regolamento – contenente le “informazioni sulla singola offer ta” che devono essere pubblicate dal gestore sul portale – è previsto l’inserimento di un disclaimer volto a chiarire che “l’investimento in strumenti finanziari emessi da star t-up innovative è illiquido e connotato da un rischio molto alto”.

a condizione che le attività di tali persone siano regolamentate a livello nazionale.

2. Le persone escluse dall'ambito d'applicazione della presente direttiva a norma del paragrafo 1 non godono delle libertà di prestare servizi e/o di effettuare attività di investimento o di stabilire succursali previste, rispettivamente, dalle disposizioni dell'ar ticolo 31 e dell'ar ticolo 32.”

...

56Aspetti giuridici del crowdfunding

prodotti illiquidi […] raffrontandole al grado di conoscenza

finanziaria ed esperienza del cliente e verificando l’effettiva

capacità di quest’ultimo di comprenderne gli specifici profili di

rischio”.

Va da sé che la effettiva applicabilità degli obblighi di cui alla

Comunicazione sugli illiquidi andrà approfondita, caso per

caso, con riferimento a tutti gli obblighi in questione (andrebbe,

ad esempio, verificata la possibilità concreta di applicare gli

obblighi di trasparenza nella fattispecie in esame).

c. La portata “espansiva” della nozione di consulenza

Nella Comunicazione sui prodotti illiquidi la CONSOB ha anche

affermato che “non è escluso, in via astratta, che i servizi di

collocamento o ricezione e trasmissione ordini (o di esecuzione

di ordini o negoziazione per conto proprio) siano posti in essere

senza essere accompagnati da consulenza. Tuttavia, nel caso,

l’intermediario deve approntare meccanismi (contrattuali,

organizzativi, procedurali, e di controllo) per rendere effettiva

la conformazione dei propri collaboratori e dipendenti a

contatto con la clientela a predefiniti modelli relazionali, nel

presupposto che, di fatto, vista l’ampia nozione di consulenza

resa dal legislatore in attuazione delle fonti comunitarie, può

risultare elevato (specie quando si utilizzino forme di contatto

non ‘automatiche’) il rischio che l’attività concretamente svolta

sfoci nel presentare un dato strumento finanziario come adatto

per quel cliente, integrando così la ‘consulenza in materia di

investimenti’ ”.

La nozione di consulenza, nell’accezione accolta dall’Autorità di

Vigilanza di settore, ha dunque una portata significativamente

pervasiva; essa può venire in rilievo, almeno in astratto, in ogni

occasione di interazione “personalizzata” tra intermediario

e cliente, soprattutto nell’ipotesi della prestazione di servizi

aventi ad oggetto strumenti finanziari c.d. “illiquidi”.

57Aspetti giuridici del crowdfunding

La posizione di cui sopra era stata d’altra espressa dalla

CONSOB già in esito alle consultazioni condotte in occasione

del recepimento della MiFID nel 2007; essa è stata quindi

concretamente applicata dalla Consob in sede ispettiva e cià

sia nella tornata di accertamenti ispettivi di vigilanza c.d.

“conoscitivi”, condotti all’indomani del recepimento della

MiFID, all’incirca nel biennio 2008/2010, sia nel corso degli

accertamenti condotti successivamente, cui sono anche seguiti

procedimenti e provvedimenti sanzionatori fondati anche

sul mancato rispetto delle regole di condotta proprie della

prestazione del servizio di consulenza, con riferimento a talune

fattispecie che l’Autorità ha ritenuto di ricomprendere nella

predetta nozione “ampia” di consulenza.

2.Le regole di condotta applicabili alle banche e alle imprese di investimento nell’ambito dell’equity crowdfunding

I brevissimi e necessariamente parziali cenni in materia di

regole di condotta sopra riassunti consentono di mettere in

luce come si possa determinare una diversa configurazione

delle regole di condotta applicabili alle banche e alle imprese

di investimento – con differenti conseguenze applicative e

interpretative – a seconda dei contesti in cui può venire in

rilievo la prestazione di servizi di investimento da parte delle

stesse in relazione alle quote / azioni di start-up innovative.

Anche la CONSOB, peraltro, è risultata abbastanza chiara sul

punto, avendo osservato, nella Comunicazione dell’1 agosto

2013, “che l’attività di gestione di portali on line implica la

prestazione di servizi di investimento quantomeno di tipo

‘esecutivo”. La CONSOB ha dunque espressamente riconosciuto

che il rapporto tra intermediario e cliente può diversamente

atteggiarsi a seconda delle attività in concreto prestate dalla

58Aspetti giuridici del crowdfunding

banca / impresa di investimento a beneficio del cliente, con

la conseguenza che il servizio prestato dall’intermediario

non deve essere necessariamente ricondotto alla categoria

dei servizi di natura esecutiva (i.e. collocamento, ricezione e

trasmissione di ordini, etc.).

In linea con quanto sopra, la CONSOB ha altresì osservato che

“i gestori di diritto potranno prescegliere le concrete modalità

di svolgimento della propria attività, graduando l’applicazione

delle regole di condotta in ragione dei tipi di servizi di

investimento effettivamente prestati nei confronti della

clientela e della tipologia di investitori serviti”.

Questa formulazione normativa, tuttavia, segna anche un

limite per gli intermediari, i quali dovranno necessariamente

prestare particolare attenzione al modello di business e

organizzativo adottato nella prestazione del servizio e,

soprattutto, al grado di “personalizzazione” del rapporto

intrattenuto con l’investitore. Non è infatti escluso, a tale

riguardo, che l’attività dell’intermediario possa tradursi, in

punto di fatto, in un’attività di consulenza (soprattutto nella

sua accezione ampia), che richieda l’effettuazione di una

valutazione di adeguatezza ai sensi della disciplina sopra

richiamata.

Peraltro, nel documento di consultazione emanato con

riferimento al testo del Regolamento, la CONSOB aveva già

chiarito che nella relazione con l’intermediario “si applicano

le regole dettate dal Tuf sullo svolgimento dei servizi di

investimento (in particolare, l’investitore sarà opportunamente

profilato e assistito dalle regole di appropriatezza o di

adeguatezza a seconda del tipo di relazione che instaurerà con

l’intermediario)”.

Ove possano ravvisarsi elementi di personalizzazione di tale

rapporto, sussisteranno verosimilmente gli estremi per la

59Aspetti giuridici del crowdfunding

prestazione del servizio di consulenza e, quindi, per ritenere

sussistente in capo al relativo intermediario l’obbligo di

effettuare una valutazione di adeguatezza dell’operazione da

realizzare, previa acquisizione delle informazioni richieste

dalla normativa, con il conseguente divieto di effettuare la

medesima operazione in caso di giudizio di inadeguatezza.

a. Alcune ipotesi esemplificative di contatti

“personalizzati” tra cliente e intermediario, con

conseguente (possibile se non probabile) prestazione

del servizio di consulenza.

Fermo restando che i predetti temi si pongono tanto con

riferimento all’ipotesi di portali gestiti da “gestori di diritto”,

quanto con riferimento a portali gestiti da “gestori autorizzati”

(diversi, quindi, da banche e imprese di investimento), si

osserva come, in tale ultimo caso, la concreta natura della

relazione tra gli intermediari coinvolti e l’investitore potrebbe

essere influenzata da almeno due fattori.

Rileverebbe infatti, al riguardo, innanzitutto l’individuazione

dell’intermediario esecutore, tenuto conto che la normativa

sembra lasciare aperta la possibilità che a svolgere tale ruolo

sia un intermediario con cui l’investitore intrattiene già un

rapporto contrattuale. La CONSOB ha osservato, in esito alla

consultazione sui contenuti del Regolamento, che è rimessa alla

discrezionalità ed alla libera autodeterminazione dei gestori

la scelta in merito alla banca o all’impresa di investimento cui

trasmettere l’ordine, fermo restando l’obiettivo di evitare una

eccessiva frammentazione delle sottoscrizioni.

Possono quindi immaginarsi situazioni in cui l’investitore

intrattiene già un rapporto a carattere anche personalizzato

con l’intermediario esecutore dell’operazione su quote/azioni di

start-up innovative (magari essendo già stato anche “profilato”

da tale intermediario), ovvero sia stato indirizzato al portale

60Aspetti giuridici del crowdfunding

proprio dall’intermediario con cui egli intrattiene il rapporto,

che svolge altresì, con riferimento a tali operazioni, il ruolo di

esecutore dell’ordine.

Verrebbero altresì in rilievo, con riferimento alla

caratterizzazione della relazione tra intermediario e cliente, le

modalità attraverso le quali l’ordine impartito potrebbe essere

gestito ed eseguito. Come osservato anche dall’ABI nell’ambito

della procedura di pubblica consultazione, il Regolamento,

una volta stabilito che l’ordine debba essere trasmesso ad

un intermediario per l’esecuzione, non definisce le effettive

modalità di contrattualizzazione e perfezionamento del

medesimo. Se può darsi il caso in cui l’operazione si perfezioni

esclusivamente in modalità informatica, non può peraltro

escludersi che, in altri casi, l’investitore venga invitato a recarsi

(o volontariamente si rechi) presso il proprio intermediario di

fiducia, o si avvalga altrimenti dei relativi servizi.

Nei casi menzionati, ove intervengono contatti personalizzati

tra intermediario e cliente ed ove i prodotti oggetto delle

operazioni siano di natura illiquida, diventa elevata la

possibilità che l’attività sia qualificata come prestazione del

servizio di consulenza.

Possono inoltre prospettarsi una molteplicità di ulteriori

situazioni in cui possa assumere rilievo il rapporto

“personalizzato” tra investitore e intermediario e, in

particolare, in cui quest’ultimo potrebbe anche essere

tenuto ad effettuare una valutazione di adeguatezza rispetto

all’operazione effettuata dall’investitore.

In primo luogo, come anticipato, può darsi che l’investitore

arrivi ad interfacciarsi con la piattaforma sulla scorta di una

relazione già esistente con una banca o un intermediario: in

una prima ipotesi, può immaginarsi che l’ordine impartito

faccia seguito a raccomandazioni personalizzate rivolte –

61Aspetti giuridici del crowdfunding

nella fase che precede l’accesso dell’investitore al portale –

dall’intermediario (che poi si renderà “esecutore” dell’ordine) al

cliente nell’ambito della prestazione del servizio di consulenza.

Il riferimento potrebbe essere, in particolare, a quei fenomeni

di consulenza c.d. “olistica” prestata da intermediari operanti

nel settore del private banking e, soprattutto, nei confronti dei

c.d. high net e ultra high net worth individuals, nell’ambito

della quale è frequente che l’advice fornito dall’intermediario

si estenda a tipologie di strumenti tra loro significativamente

diversificate.

L’intermediario esecutore, inoltre, potrebbe anche stipulare

accordi di natura commerciale con i gestori dei portali, in forza

dei quali sia stato individuato come intermediario esecutore

di tutti gli ordini impartiti attraverso un determinato portale

ovvero degli ordini impartiti in relazione ad una determinata

categoria di strumenti tramite il portale medesimo.

Nell’ambito dell’attività di gestione di portali da parte di

gestori diversi dai “gestori di diritto”, un’ulteriore ipotesi in

cui possano venire in rilievo elementi di personalizzazione

del rapporto tra intermediario ed investitore, con conseguente

possibile applicazione delle regole in tema di consulenza e di

adeguatezza, è quella in cui si preveda che l’ordine impartito

tramite il portale venga perfezionato mediante i canali

“tradizionali” di intermediazione finanziaria (es., sportello

della banca, ecc.).

b. Operazioni sotto soglia

La complessità della relazione tra intermediari ed investitori

può anche apparire ulteriormente incrementata ove ci si

soffermi a considerare la disciplina delle operazioni c.d.

“sotto soglia” – vale a dire, le operazioni che non superino

determinate soglie quantitative, individuate nel Regolamento

e distinte a seconda che l’ordine sia impartito da una persona

62Aspetti giuridici del crowdfunding

fisica o da una persona giuridica – per le quali è prevista la

disapplicazione delle regole di condotta di cui alla Parte II del

TUF e alle relative disposizioni di attuazione da parte degli

intermediari “esecutori”.

Sotto un primo profilo, infatti, ci si può domandare se,

nell’ipotesi in cui l’investitore che dispone l’ordine sia

già cliente dell’intermediario (i.e. sia quindi già stato

profilato da quest’ultimo), si applichi comunque l’esenzione

dall’applicazione delle regole di condotta di cui si è detto.

La risposta a tale quesito parrebbe dover essere negativa, in

considerazione del rapporto – necessariamente personalizzato

– già sussistente tra il cliente e l’intermediario esecutore, che

obbligherebbe quest’ultimo al rispetto delle regole di condotta

previste per lo svolgimento di rapporti di siffatta natura (i.e.

regola di adeguatezza).

Di contro, nell’ipotesi in cui l’investitore disponga l’ordine

tramite il portale, sulla base di una raccomandazione fornita

nell’ambito della prestazione di un servizio di consulenza

su base occasionale da parte dell’intermediario che sarà

poi l’esecutore dell’ordine, l’esenzione per l’intermediario

esecutore dal rispetto degli obblighi di condotta di cui alla Parte

II del TUF sembrerebbe poter trovare invece applicazione, alla

luce di un’interpretazione letterale della norma di cui all’art. 17

del Regolamento.

Le osservazioni di cui sopra in merito alle operazioni “sotto

soglia” dovrebbero peraltro essere valutate anche su un

piano più generale, con particolare riferimento al tema della

compatibilità della previsione di un’eccezione “de minimis”

con le disposizioni della Direttiva MiFID, considerato che tale

Direttiva non sembra contemplare una simile eccezione.

c. Evoluzione della normativa MiFID

Giova infine svolgere alcune considerazini in merito alle

63Aspetti giuridici del crowdfunding

possibili evoluzioni della normativa MiFID in materia di

servizi di investimento e ai possibili impatti sulla normativa in

materia di equity crowdfunding.

Come anticipato, per espresso riconoscimento della CONSOB,

l’attività svolta dai gestori registrati di portali online (diversi

dai Gestori di Diritto) ricade nell’ambito dell’esenzione

facoltativa dall’applicazione della MiFID di cui all’art. 3 della

Direttiva medesima; tale esenzione, in particolare – che ha

carattere facoltativo per ciascuno Stato Membro – interessa i

soggetti che (i) non siano autorizzati a detenere fondi o titoli

della clientela, (ii) non siano autorizzati a prestare servizi di

investimento, tranne la ricezione e trasmissione di ordini in

valori mobiliari e quote di organismi d'investimento collettivo

e la consulenza in materia di investimenti relativa a tali

strumenti finanziari, e (iii) nell’ambito della prestazione di

tali servizi, possano trasmettere ordini unicamente a soggetti

autorizzati – per quanto qui d’interesse, tra l’altro, a banche e

imprese di investimento – a condizione che le relative attività

siano regolamentate a livello nazionale.

Nella proposta di Direttiva che dovrà sostituire la MiFID

formulata dalla Commissione Europea (c.d. “MiFID II”) si

prevede di mantenere la suddetta esenzione facoltativa,

introducendo al contempo, all’art. 3, talune modifiche

concernenti i requisiti che gli Stati Membri devono prevedere

per lo svolgimento delle attività dei soggetti in esame. In

particolare, la possibilità di ricadere nell’ambito dell’esenzione

ex art. 3 sarebbe condizionata, secondo quanto previsto nella

MiFID II, a che l’intermediario presti necessariamente (anche)

il servizio di consulenza in materia d’investimenti. In tale

prospettiva, quindi, il gestore di portali online, per poter

ricadere nell’ambito applicativo dell’esenzione in discorso,

dovrebbe prestare nei confronti degli investitori (anche) il

servizio di consulenza, con conseguente applicazione delle

relative regole di condotta.

64Aspetti giuridici del crowdfunding

Tuttavia, deve altresì rilevarsi come nel documento approvato

dal Parlamento Europeo il 26 ottobre 2012, che incorpora gli

emendamenti proposti da quest’ultimo al testo della Proposta

MiFID II, la norma di cui all’art. 3 sia stata modificata in una

direzione che risulta maggiormente in linea al testo attuale

della MiFID. Nel documento approvato dal Parlamento

Europeo, infatti, è prevista la possibilità che anche un soggetto

autorizzato esclusivamente alla prestazione del servizio di

ricezione e trasmissione ordini su iniziativa del cliente – e,

quindi, anche non in abbinamento al servizio di consulenza

– ricada nell’ambito applicativo della predetta esenzione

facoltativa.

Sotto altro profilo, si ricorda che, nella proposta relativa alla

MiFID II, viene imposto agli Stati Membri l’obbligo di prevedere,

per i soggetti che svolgono attività in regime di esenzione

facoltativa, requisiti almeno analoghi a quelli stabiliti

dalla Direttiva medesima per gli intermediari abilitati alla

prestazione di servizi di investimento, per quanto concerne,

in particolare, (a) condizioni e procedure di autorizzazione e

vigilanza continua, (b) norme di comportamento e (c) requisiti

di carattere organizzativo (nonché la necessaria adesione a uno

schema di tutela degli investitori o, in alternativa, la stipula di

una polizza di assicurazione professionale).

3.Conclusioni

In conclusione, è possibile ipotizzare che le regole di condotta

di derivazione MiFID (e, segnatamente, le regole che

impongono l’effettuazione di una valutazione di adeguatezza

dell’investimento) continueranno a conservare un ambito

applicativo rilevante in relazione alle attività di raccolta ed

esecuzione degli ordini aventi ad oggetto strumenti finanziari

emessi da start-up innovative e offerti tramite i portali online

appositamente costituiti.

65Aspetti giuridici del crowdfunding

Tale impostazione, peraltro, appare in linea con le previsioni

che si stanno delineando in sede di revisione della

Direttiva MiFID, ove appare confermata (se non addirittura

rafforzata) la scelta di sottoporre i soggetti che prestano

servizi di investimento in regime di esenzione facoltativa

a regole di condotta e requisiti organizzativi / autorizzativi

sostanzialmente equivalenti a quelli applicabili alle imprese di

investimento. •

66Aspetti giuridici del crowdfunding

Francesca BrunoriConfindustria

Tavola Rotonda:

Equity Crowdfunding, effettiva opportunità di patrimonializzazione per le imprese? Alla tavola rotonda hanno partecipato esperti del mondo finanziario, industriale e accademico.Considerata la difficoltà di riprodurre efficacemente in forma scritta gli interventi, si è preferito chiedere ai partecipanti di riassumere il loro pensiero in un autonomo contributo.

Luca EnriquesLUISS Guido Carli

Leonardo FrigioliniUnicasim

Maria MazzzarellaCONSOB

Salvatore RizzoBanca Interprovinciale Modena

67Aspetti giuridici del crowdfunding

Piccole imprese e mercato dei capitali. L’opportunità del crowdfunding

Francesca BrunoriConfindustria

Per il sistema produttivo italiano, indebolito da una lunga

crisi che ha riportato i valori di PIL, produzione industriale,

occupazione e investimenti indietro di diversi anni, tornare a

crescere è un obiettivo non più rinviabile.

Ma per finanziare la ripresa, assicurando che alle imprese

affluiscano i mezzi finanziari necessari per programmare i loro

piani di sviluppo, il credito bancario non è più sufficiente.

Il perdurare della stretta creditizia ha sottolineato l'esigenza di

sviluppare canali finanziari alternativi. Esigenza che, già prima

della crisi, era resa evidente dalla fragile struttura finanziaria

delle imprese italiane, in particolare quelle di piccole e

medie dimensioni, notoriamente sottopatrimonializzate ed

eccessivamente dipendenti dal credito bancario.

Vanno dunque lette in chiave positiva le importanti novità che,

di recente, hanno riguardato lo sviluppo dei mercati dei capitali

e degli strumenti alternativi di debito.

Sono in particolare degne di nota: la costituzione del Fondo

Italiano d'investimento, che rappresenta una quota importante

del mercato del private equity nel suo segmento di attività

68Aspetti giuridici del crowdfunding

(Expansion) e investe anche in fondi di venture capital;

la nascita del mercato Aim-Mac, che nel 2013 ha varato

numerose nuove quotazioni di imprese, mostrando una vitalità

sorprendente; il progetto Elite di Borsa italiana, che mira ad

accompagnare le PMI più strutturate verso i mercati dei capitali;

il lavoro del tavolo "Più Borsa", composto da Consob, Borsa

Italiana, e dalle associazioni di banche, intermediari finanziari

e investitori e che si pone l'obiettivo di definire strumenti e

semplificazioni regolamentari idonei a favorire la quotazione

delle small caps; la recente riforma di cambiali finanziarie e

obbligazioni che, sebbene abbia avuto sinora effetti limitati,

rappresenta comunque una rilevante opportunità per le

imprese italiane (sono peraltro attesi annunciati dal piano

Destinazione Italia, ulteriori interventi volti a favorire l'utilizzo

di tali strumenti).

La disciplina dell’equity crowdfunding rappresenta un

importante tassello di questo ampio quadro e, a dispetto delle

criticità regolamentari messe in evidenza anche in occasione

del Convegno di oggi, una positiva novità per il sistema

italiano.

Un motivo di particolare interesse risiede nella circostanza

che, mentre le altre possibilità d’accesso al mercato dei

capitali e agli strumenti finanziari alternativi appaiono

concretamente disponibili solo per le PMI più strutturate,

l'equity crowdfunding è, invece, alla portata delle imprese di

dimensioni minori.

Proprio in considerazione delle potenzialità dello strumento

occorre quindi interrogarsi, oltre che sulle debolezze della

disciplina regolamentare, anche sulla scelta del decreto legge

179/2012 (cosiddetto decreto Crescita-bis) di limitarne l'utilizzo

alle sole start-up innovative e sociali.

In proposito, va innanzitutto sottolineato come nella

69Aspetti giuridici del crowdfunding

definizione di start-up innovativa scelta dal decreto si annidi

il rischio di un effetto distorto. Da un lato, infatti, la disciplina

appare così stringente da poter escludere imprese che, pur

non soddisfacendo tutte le condizioni poste dal decreto, siano

comunque realmente innovative. Dall’altro lato, non vi è

certezza che le barriere all'ingresso pongano del tutto al riparo

dal pericolo che siano considerate innovative imprese che non

lo sono affatto.

Solo una più approfondita analisi delle circa 1200 start-up al

momento iscritte nell'apposita sezione speciale del registro

delle imprese - che richiederà però ancora del tempo -

consentirà di capire se i timori sui limiti della disciplina sono

giustificati.

Quanto alla scelta di indirizzare la nuova disciplina alle sole

start-up innovative, comunque definite, va rilevato che,

volendo circoscrivere l'ambito di applicazione della stessa

disciplina, la limitazione introdotta appare giustificabile

in considerazione dell’importanza dei settori tecnologici e

innovativi, che sono quelli sui quali occorre puntare per il

rilancio del sistema economico.

Inoltre, è verosimile che concentrarsi sulle imprese innovative,

per quanto esposte a profili di rischio persino maggiori delle

altre nuove imprese, rappresenti una forma di garanzia per gli

investitori. Le condizioni previste per classificare un'impresa

come innovativa e la presenza di investimenti in ricerca e

sviluppo assicurano sulla presenza di un valore sottostante che

giustifica l'assunzione del rischio connesso all'investimento nel

capitale.

In via generale, va tuttavia rilevato come, proprio ai fini del

rilancio del sistema economico, sarebbe stato preferibile

estendere il più possibile la nuova disciplina, per esempio,

prevedendone l'applicazione a tutte le start-up, ovvero, ancora

70Aspetti giuridici del crowdfunding

meglio, a tutte le PMI che realizzino progetti innovativi.

Il numero delle start-up innovative già iscritte nella sezione

speciale del registro delle imprese, infatti, per quanto

interessante e segno di un dinamismo che lascia ben sperare,

configura comunque un fenomeno ancora di nicchia.

Ciò detto, trattandosi di una nuova esperienza da analizzare

e misurare con precisione, appare comprensibile che, tra

l'esigenza di promuovere lo sviluppo del sistema produttivo e

quella tutelare gli investitori e i loro risparmi, abbia prevalso

quest'ultima.

La prima fase di applicazione della disciplina andrebbe

tuttavia considerata come una sperimentazione, terminata

la quale valutare, alla luce dei risultati ottenuti, sia modifiche

regolamentari, sia interventi sul decreto Crescita bis per

estenderne la portata.

In tema di risorse strumenti per promuovere le start-up

innovative, alcune considerazioni merita un'altra delle novità

introdotte dal DL 179/2012. Quest'ultimo, infatti, non si è

occupato solo della raccolta di capitali, ma anche dell'accesso

al credito, che resta comunque determinante per qualsiasi

PMI e che nel caso delle start-up è reso ancor più problematico

dall'assenza di una storia aziendale consolidata.

In particolare, il decreto ha previsto, per le start-up innovative

e per gli incubatori di impresa, un accesso gratuito e

semplificato al Fondo di Garanzia per le PMI.

Il Fondo è uno strumento pubblico essenziale per favorire la

concessione di credito alle imprese minori. Presta garanzie e

controgaranzie a copertura di tutte le tipologie di operazioni

finanziarie e a beneficio delle PMI di tutti i settori economici.

Si tratta di garanzie di grande valore per gli istituti creditizi.

Essendo prestate dallo Stato assicurano il cosiddetto effetto di

71Aspetti giuridici del crowdfunding

"ponderazione zero" ai fini dell'Accordo di Basilea: consentono

cioè alle banche di non accantonare capitale a fronte della

quota di finanziamento garantito, con evidenti effetti sia sulla

disponibilità, sia sul costo del credito.

L'importanza del ruolo svolto dal Fondo è testimoniata dai dati

sul suo utilizzo: nei primi nove mesi del 2013 i finanziamenti

garantiti sono stati circa 51mila per oltre 7,1 miliardi.

Il decreto ministeriale che ha attuato la sopra citata previsione

del decreto Crescita-bis ha previsto che la garanzia del Fondo,

venga concessa alle start-up innovative e agli incubatori

di impresa a condizioni di particolare favore: la copertura

del Fondo può essere concessa fino all'80 per cento del

finanziamento sottostante, fino a due milioni e mezzo di

importo garantito, e soprattutto, senza alcuna valutazione del

merito di credito dell'impresa.

In altri termini, le start-up innovative sono garantite dal

Fondo in modo sostanzialmente automatico. Si tratta di una

forte agevolazione, in funzione da luglio 2013, dalla quale potrà

derivare un deciso stimolo alle banche affinché finanzino tali

imprese promuovendone lo sviluppo.

Nel complesso, il decreto Crescita-bis ha delineato un'insieme

integrato di strumenti finanziari che potrebbe concretamente

favorire lo sviluppo di nuove imprese tecnologiche, così come

una maggiore apertura dei mercati dei capitali a vantaggio delle

imprese minori. Occorrerà tuttavia, come detto, monitorare il

funzionamento delle nuove misure per verificarne l'efficacia e

valutare eventuali correttivi. •

72Aspetti giuridici del crowdfunding

La disciplina italiana uccide il crowdfunding nella culla?

Luca EnriquesLUISS Guido Carli

In queste brevi note cercherò di evidenziare quanto il

legislatore italiano e l’autorità di vigilanza abbiano “elevato

l’asticella” rispetto agli interventi minimi che sarebbero stati

necessari per favorire l’accesso all’attività di gestione di portali

a soggetti specializzati e con strutture di costo meno pesanti di

quelle proprie dei soggetti abilitati, e dunque per promuovere

quanto possibile il crowdfunding in Italia. Nel compiere questo

tipo di scelte, tra l’altro, l’ordinamento italiano probabilmente

si pone in contrasto con il principio di proporzionalità imposto

dalla giurisprudenza europea in materia di libera circolazione

dei servizi, perlomeno limitatamente alle attività di

crowdfunding non coperte dalla legislazione europea derivata

in materia di servizi di investimento e offerte al pubblico.

Un intervento legislativo in materia di crowdfunding era

necessario esclusivamente per consentire la gestione di portali

a soggetti diversi da SIM e banche, perché a queste ultime

erano riservate l’attività di raccolta di ordini nonché quella di

promozione e collocamento a distanza ai sensi dell’art. 32, TUIF

e del reg. Intermediari della Consob.

I passi necessari e sufficienti erano due. Anzitutto,

limitatamente all’attività avente a oggetto strumenti finanziari

(e non di prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari:

a quelli infatti non si applicano le norme europee in materia di

73Aspetti giuridici del crowdfunding

imprese di investimento e di offerte al pubblico e dunque non

vi era bisogno di alcuna modifica della normativa primaria),

si sarebbe potuta sfruttare l’esenzione, fino a quel punto non

utilizzata, prevista dall’art. 3, par. 1, della direttiva MIFID a

favore dei meri raccoglitori di ordini, imponendo il ricorso

a banche e SIM (nei limiti in cui l’attività avesse ad oggetto

strumenti finanziari) per l’esecuzione dei relativi ordini.

Naturalmente, si sarebbe dovuta dettare una regolamentazione

della relativa attività (v. art. 3, par. cit., in fine), ma i margini

di discrezionalità nel fissare il livello della relativa “asticella”

erano ampi, essendo necessaria e sufficiente la presenza

di una regolamentazione, non già di una regolamentazione

equipollente a quella prevista per le banche e per le imprese di

investimento.

In secondo luogo, si sarebbero dovuti esimere i gestori di portali

dalla disciplina, puramente interna, dell’offerta a distanza (art.

32, TUIF), che riguarda anche i prodotti finanziari in genere.

Nessun intervento sarebbe stato necessario per esimere

dalla disciplina dell’offerta al pubblico le operazioni volte a

raccogliere meno di cinque milioni di euro, da essa già esenti.

Le scelte effettuate dal nostro legislatore primario sono

andate in direzione molto diversa. In primo luogo, si è creata

una figura specifica ma pur sempre regolata e soggetta ad

autorizzazione di gestore di portali; quindi, si è riservata

l’attività di offerta al pubblico mediante portale a favore del

solo equity crowdfunding (escludendo i titoli di debito) da parte

di start-up innovative (gli emittenti, incidentalmente, di gran

lunga più rischiosi). Inoltre, si è vietato (almeno formalmente) il

crowdfunding per importi superiori ai 5 milioni (in realtà, nulla

vieta, al di sopra della soglia, di usare i portali e altre forme di

offerta).

Ancora, si è deciso di applicare la regolamentazione dell’attività

74Aspetti giuridici del crowdfunding

di gestione dei portali anche a quella relativa a offerte aventi a

oggetto prodotti finanziari (diversi dagli strumenti finanziari),

che a rigore sarebbero esenti dalla disciplina europea. Infine, si

è introdotta una disciplina delle offerte sotto i cinque milioni

(altrimenti del tutto esenti), tra l’altro senza neppure rispettare

il vincolo europeo che imponeva di esentare totalmente le

offerte al pubblico di importo inferiore ai 100.000 euro.

La Consob ha contribuito ad appesantire il quadro normativo

con ulteriori scelte restrittive, a cominciare dalle norme in

materia di accesso al registro dei gestori di portali, le quali si

discostano poco da quelle in materia di accesso all’albo delle

SIM (e richiedono dunque agli interessati di sostenere costi

particolarmente elevati, soprattutto in ragione delle consulenze

legali e aziendali necessarie per portare a termine con successo

il procedimento).

Inoltre, l’autorità di vigilanza ha previsto per l’esercizio

dell’attività di gestione dei portali regole di condotta nei

confronti degli investitori, pur più leggere, ma sempre onerose,

in particolare per i rischi di responsabilità civile che ne

conseguono. In aggiunta a ciò, si è configurato un rapporto

contrattuale (o perlomeno un fascio di obblighi di condotta

verso l’investitore) necessario tra aderente all’offerta (che

come tale dà un ordine al gestore) e intermediario abilitato

all’esecuzione del relativo ordine, senza che ciò sia richiesto

dalla disciplina europea né dalla struttura dei rapporti tra i

diversi soggetti coinvolti.

In effetti, se, in generale, tra il cliente che conferisce ordini

a un soggetto abilitato alla raccolta ordini e l’intermediario

incaricato da questi di eseguirli non si crea, come pare pacifico,

un rapporto contrattuale, perché deve prevedersi la sussistenza

di un rapporto nel caso in cui il raccoglitore di ordini sia un

soggetto diverso da un soggetto abilitato? Si dirà: per meglio

tutelare il cliente. Ma intanto preme aver messo in luce che

75Aspetti giuridici del crowdfunding

l’instaurazione ex regolamento di questo rapporto non è una

scelta necessitata.

Da quanto sopra si evince anche che non ha merito chiedersi se

l’esenzione prevista dal regolamento per i clienti che investono

meno di cinquecento euro sia coerente con la normativa

primaria ed europea: se l’assoggettamento parziale alla

disciplina MIFID è frutto di una scelta interna “volontaria” e

se la disciplina primaria è, al riguardo, priva di elementi che

impongano un’applicazione indifferenziata, allora rientrava

nella discrezionalità dell’autorità di vigilanza la scelta di

applicare quelle norme al di sopra di una determinata soglia.

L’unico limite era costituito dal principio di ragionevolezza.

Tutto quanto detto fin qui a proposito della facoltà per il

legislatore italiano di dettare una disciplina quasi solo esimente

dell’attività di gestione dei portali da parte di soggetti diversi

dalle banche e dalle imprese di investimento è destinato a

perdere attualità ove venisse confermata nell’attuale versione

la disciplina europea dei mercati di strumenti finanziari

destinata a sostituire la MIFID: verrebbe infatti meno

l’esenzione che oggi consente ai gestori di portali di operare

al di fuori delle norme sui servizi di investimento. Dunque,

è molto probabile che, se mai saranno autorizzati gestori di

portali “non di diritto”, questi saranno tenuti a trasformarsi

in SIM, con i costi che ne conseguono, a partire da quando la

disciplina post-MIFID entrerà in vigore. •

76Aspetti giuridici del crowdfunding

Il ruolo delle SIM e l’importanza di un unico sostegno multidisciplinare allo startupper

Leonardo FrigioliniUnicasim

1.Occorre anzi tutto interrogarsi sull’interesse delle SIM a

svolgere sia l’attività di perfezionamento degli ordini ricevuti

dai portali, sia quella di gestire direttamente questi ultimi.

Le due attività hanno riflessi differenti sulla redditività

dell’intermediario.

La prima è strettamente connessa alla messa in vetrina del

progetto sul portale e dunque risulta remunerata in seno alle

commissioni di intervento a carico della startup “inserzionata”

(success fees).

La seconda, invece, è un’attività di mera ricezione e

trasmissione di ordini e andrà ancora ben verificato quale tipo

di impegno graverà complessivamente sull’intermediario.

Le indicazioni di Consob sull’argomento lasciano intendere

a carico dell’intermediario un’attività ben più articolata che

la semplice gestione cronologica dell’ordine ricevuto e la sola

necessità di applicare la Mifid e/o procedere agli adempimenti

previsti dal d. lgs. 231/07 e successive modificazioni e

integrazioni, lascia presupporre che la classica fee di intervento

77Aspetti giuridici del crowdfunding

compresa tra 5 e 10 euro per ciascun ordine ricevuto possa

non bastare. D’altro canto su un versamento di 500 euro

non si potranno certamente applicare oneri che alla fine

rappresentino il 10% del capitale investito!

ABI sta lavorando sulla possibilità di effettuare convenzioni

ad ampio spettro tra le banche aderenti e i Portali, affinché il

correntista di una qualsiasi banca convenzionata possa accedere

attraverso la propria banca all’acquisto di azioni o quote di

startup innovative pubblicate su portali terzi. A parere di chi

scrive, vi sarà nuovamente una discriminazione tra un portale

“ordinario” ed uno “speciale” in quanto quest’ultimo potrà

operare in modo privilegiato sullo “scambio di ordini” banca

terza/intermediario Portale, in virtù delle semplificazioni

previste dallo stesso d. lgs. 231/07 tra controparti qualificate

soggette a Vigilanza da parte di Consob e Banca d’Italia (fino ad

immaginare partnership tra Portale di intermediario e soggetti

Vigilati in ambito UE dato il regime di Vigilanza equivalente in

seno alla Comunità Europea).

2.È opportuno, inoltre, riflettere sugli obblighi gravanti sui

gestori di diritto, anche alla luce della necessità sottolineata

da Consob di tener conto delle prescrizioni contenute negli

articoli 14 e seguenti del regolamento crowdfunding. Il discorso

è complesso. Le prescrizioni di cui agli artt. 14, 15, 16 del

regolamento 18592/13 sono piuttosto severe, forse anche più

delle prescrizioni derivanti dal 16190/07 in sede di applicazione

della MiFid.

L’art. 14 in particolare prevede disclosures su molti elementi

afferenti a chi gestisce il portale, quali attività lo stesso svolge,

come sono gestiti gli ordini, quali sono i costi, quali le misure

per ridurre il rischio di frode, le misure per il rispetto della

Privacy, la gestione dei conflitti di di interesse, la trattazione

78Aspetti giuridici del crowdfunding

dei reclami, l’eventuale ricorso a procedure di risoluzione

stragiudiziale delle controversie. A questo si aggiungono le

prescrizioni di cui all’art. 15 con i richiami ai rischi delle startup

con specifico riferimento al rischio di perdita del capitale, di

illiquidità, di divieto della distribuzione di utili, al rischio di

perdita degli eventuali benefici fiscali se concessi, alle deroghe

al diritto societario, alla struttura di un business plan, ai diritti

spettanti all’investitore quali recesso e revoca.

L’art. 16 rimanda poi alla scheda di ogni singola offerta nella

quale il documento “principe” è il c.d. “allegato 3” una sorta di

“mini prospetto informativo” di cinque paginette in formato

A4, esercizio comunque non facilissimo da rispettare visto che

l’esaustività dei prospetti informativi a volte non consente di

andare sotto le 500 pagine per le quotate …

3.È a mio avviso fondamentale il metodo di approccio al

crowdfunding. Occorre creare una “filiera multidisciplinare”

che aiuti lo startupper ad accedere a tale strumento di mercato

con modalità “unitaria e chiavi in mano” senza la necessità

di doversi industriare a fare tutto da solo. Gli startupper che

partecipano ai convegni mostrano spesso desolazione di fronte

a norme cogenti, processi formali robusti, difficoltà oggettive.

Non è pensabile che singoli professionisti si offrano di

accompagnare lo startupper dall’assessment iniziale al funding

fatturando separatamente le proprie prestazioni e consegnando

nelle mani del “prossimo step” il malcapitato imprenditore.

Serve una filiera che dia rassicurazione all’imprenditore

garantendo tutti gli steps del processo ad un costo chiaro

trasparente e sostenibile. Solo così si accrescerà anche la

reputation degli operatori di filiera che con ciò diventeranno

sempre più indispensabili per chi si avvicinerà a questo nuovo

strumento innovativo. •

79Aspetti giuridici del crowdfunding

Equity Crowdfunding: i possibili rischi di compliance per gli intermediari

Salvatore Rizzo Banca Interprovinciale Modena*

L’esame della normativa recentemente introdotta deve

preliminarmente muovere dalla constatazione del fatto che

il legislatore con tale regolamentazione (art. 50 quinquies

Tuf) ha introdotto una nuova attività “in regime di riserva”

la cui collocazione sistematica, all’interno del Testo unico

della finanza, può risultare perlomeno sovrabbondante. Una

possibile lettura giustificativa di simile scelta, va individuata

nell’attribuzione alla Consob del compito di provvedere alla

definizione della disciplina di secondo livello (avvenuta tramite

il Regolamento 18592 del 26 giugno 2013) e, indirettamente,

nella espressa previsione per cui intermediari vigilati – banche

e sim – possono assumere la veste di “gestori di diritto” di tali

portali on line per la raccolta di capitali in favore di start up

innovative ex art. 30, co. 2 d.l. n. 179/2012.

Un primo profilo di criticità può essere identificato proprio

in questa qualifica “di diritto” riconosciuta agli intermediari

finanziari i quali, secondo il disposto dell’art. 30 del d.l.

179/2012, per il sol fatto di essere autorizzati alla prestazione

dei servizi di investimento possono assumere la veste di gestori

di detti portali. E’ difficile comprendere la connessione che

viene instaurata tra l'autorizzazione degli intermediari alla

prestazione dei “relativi servizi investimento” e la gestione

di diritto di simili portali. In altri termini, non è chiaro se sia

sufficiente la mera autorizzazione ad un qualsiasi servizio di

* Le opinioni sono personali e non riferibili né riconducibili all'intermediario.

80Aspetti giuridici del crowdfunding

investimento perchè l'intermediario possa – di default – essere

di diritto autorizzato anche alla gestione di detti portali oppure

se sia necessario che ricorra il legame con un ben definito

servizio di investimento (nel qual caso credo che il più coerente

potrebbe essere quello del collocamento, ex art. 1, co. 5 lett.

c-bis Tuf). Probabilmente la gestione dei portali avrebbe potuto

essere classificata - più coerentemente - in termini di mero

servizio accessorio, ex art. 1, co. 5 decies Tuf.

Ciò precisato, dal punto di vista di un intermediario finanziario

interessato a simile iniziativa, la questione principale risiede

nel valutare se per esso sia più rischioso assumere la veste

di gestore di un portale on line rispetto al ruolo di “mero

perfezionatore” degli ordini di sottoscrizione dei terzi

interessati ad investire nel capitale di rischio di start up.

A mio parere, pur con tutti i limiti derivanti dall’assoluta novità

della normativa in commento, ritengo che la seconda soluzione

sia da preferirsi; infatti, un primo ostacolo per l’assunzione

della gestione di simili portali è di ordine propriamente

economico/organizzativo, oltre che di compliance normativa.

La realizzazione e la gestione – eventualmente anche per

il tramite di società controllate – di portali determina

l'emergere di una serie di oneri economici (dalla piattaforma/

infrastruttura informatica, ai fornitori, alla definizione di

un assetto regolamento, alla realizzazione di idonei presidi

controllo interno) certamente significativi.

Simili “cosi di struttura” è assai verosimile che difficilmente

verrebbero “coperti” - nel breve e nel medio termine -

dalle commissioni che il gestore potrebbe percepire da ogni

investitore (ex art. 14, co. 1 lett. d)) e – probabilmente (il punto

non è trattato nel Regolamento in modo esplicito) – da ogni

start up proponente il proprio progetto sul portale.

In secondo luogo, un ulteriore ostacolo all'assunzione da

81Aspetti giuridici del crowdfunding

parte di banche/sim della gestione di simili portali può

essere individuato nella già accennata corposa, quanto

articolata, attività di verifica e controllo, sia ex ante che ex

post, incombente sul gestore nella conduzione delle offerte

per il tramite di portali. Attività che, volendo effettuare

un parallelismo con la vigente disciplina delle operazioni

di appello al pubblico, consente di qualificare il relativo

esecutore (il gestore, appunto) come un vero e proprio

gatekeeper, un guardiano posto a presidio della correttezza

e della coerenza delle informazioni rese al pubblico degli

investitori “sollecitato”. Indicative in questa prospettiva sono

le prescrizioni ex artt. 13 (in materia di obblighi del gestore

e relative regole di condotta), 15 (in materia di informazioni

relative all'investimento in start up innovative) e 16 (in materia

in formazioni da rendere relativamente a singole offerte); in

tutti i casi vengono previsti importanti obblighi di condotta e

verifica (ex ante) a carico del gestore funzionali ad assicurare la

preliminare verifica ed il controllo delle informazioni resa dalla

start up.

A queste preliminari attività viene, poi, ad aggiungersi per il

gestore il dovere di provvedere alla redazione di un documento

riepilogativo dell’offerta, redatto in conformità con quanto

prescritto dall'All.to n. 3 del citato Regolamento, il quale, a mio

avviso, replica al proprio interno – seppur in una scala ridotta

e maggiormente semplificata – la struttura di un vero e proprio

prospetto informativo, ex art. 94 e ss Tuf.

L'attività a carico del gestore non si limiterà alla sola fase di

avvio dell'offerta ma, al contrario, si esplicherà anche dopo

la chiusura della stessa a seguito della totale sottoscrizione

delle azioni/quote offerte. In questi termini, infatti, vanno

intese le attività di verifica ex post di cui all'art. 24, co. 1 del

Regolamento, relativo alla verifica della previsione all'interno

dello statuto della start up di espresse clausole disciplinanti

il diritto di recesso in favore degli investitori in ipotesi di

82Aspetti giuridici del crowdfunding

trasferimento del controllo dell’emittente subito dopo la

chiusura dell'offerta, nonché per un arco temporale di ben 3

anni dalla conclusione della stessa, nonché l’ulteriore attività,

ex art. 24, co. 1 lett. b) e co. 2, avente ad oggetto la verifica

della ricorrenza (anche dopo l'offerta) – di patti parasociali tra

i soci dell’emittente e, da ultimo, l'accertamento – ai fini del

“perfezionamento” dell'offerta – dell’avvenuta sottoscrizione

di almeno il 5% del capitale da parte di investitori professionali

(banche, fondazioni, incubatori di start up).

Ebbene, tutte queste attività – evidentemente volte ad

assicurare la massima tutela possibile dell’investitore, in

ragione della particolarità ed aleatorietà dell'investimento

proposto – si pongono come oneri niente affatto secondari sia

per un gestore “ordinario” sia per un intermediario finanziario

“gestore di diritto” di portali, tenuto conto, in particolare, delle

possibili e potenziali responsabilità che potrebbero sorgere

per il gestore – in termini di oneri risarcitori - nei confronti

dei terzi investitori, in caso di successiva scoperta della non

coerenza ed attendibilità delle informazioni pubblicate sul

portale. Il rischio di esporsi a simili responsabilità, oltre

a significativi rischi reputazionali, rappresentano forti

disincentivi per l'avvio di simili iniziative.

Un'ulteriore riflessione deve essere condotta circal'art. 24,

co. 2 del Regolamento nella parte in cui subordina il buon

fine dell'offerta al pubblico tramite portali on line alla

sottoscrizione di almeno il 5% delle azioni/quote offerte da

parte di investitori professionali (banche, fondazioni bancarie

o incubatori di start up). Non si comprende per quale motivo

sia stata inserita simile previsione posto che la buona riuscita

di simile iniziativa non è certo riconducibile né ricollegabile

all’ingresso di simili soggetti. Parimenti, risulta difficile

comprendere se detta adesione debba essere preliminare

o se, invece, possa intervenire in qualsiasi momento,

finanche all'ultimo istante, assicurando il “perfezionamento

83Aspetti giuridici del crowdfunding

dell'offerta”. Quest'ultima considerazione, a ben riflettere, non

è secondaria posto che se l'investimento del 5% del capitale

della start up viene effettuato da un investitore professionale,

quale ad esempio una banca (addirittura, per complicare

le cose, dalla medesima banca gestore “di diritto”), in fase

di avvio dell'offerta è evidente che tale informazione può

produrre degli effetti notevoli sulle successive decisioni di

investimento dei terzi interessati i quali, nonostante i presidi di

trasparenza imposti al gestore e le ulteriori cautele imposte agli

intermediari perfezionatori, potrebbero in concreto fondare la

propria valutazione nella semplice ma concreta considerazione

per cui se vi ha aderito una banca allora l’investimento deve

essere profittevole.

Probabilmente, nella prospettiva di meglio tutelare gli

investitori non professionali sarebbe stato preferibile che, oltre

alla previsione in favore dei soci diversi da quelli di controllo

di un diritto di recesso (way out) in caso di trasferimento

del controllo societario della start up, ex art. 24, co. 1, lett.

a) del Regolamento, simile diritto fosse stato previsto

anche e soprattutto nell'ipotesi ulteriore in cui l'investitore

professionale (non di controllo) – dopo il “perfezionamento

dell'offerta” – arrivi a cedere la propria partecipazione.

Infine, non deve essere dimenticato un terzo profilo di criticità,

anch'esso foriero di possibili complicazioni per una banca / SIM

gestore di diritto di simili portali; intendo riferirmi all’esigenza

di assicurare il pieno rispetto e la conformità operativarispetto

ai doveri imposti dalla vigente disciplina antiriciclaggio,

sia in termini di identificazione ed adeguate verifica delle

proprie controparti nonché in termini di tracciabilità dei flussi

finanziari.

Il rischio che simili iniziative siano utilizzate come canali

alternativi per reintrodurre nel circuito economico proventi

illeciti è certamente rilevante.

84Aspetti giuridici del crowdfunding

La dichiarata preferenza per l’assunzione da parte degli

intermediari del ruolo di meri perfezionatori di ordini non

significa, tuttavia, che in questa diversa veste gli stessi non

siano esposti a rischi e ad inconvenienti potenzialmente

pregiudizievoli. Al contrario, anche in questo caso, gli

intermediari sono esposti a rischi notevoli – ma che, per

un certo verso, meglio conoscono e per i quali – in potenza

- dovrebbero ormai essere meglio attrezzati per ridurne

l'eventuale impatto negativo. Penso evidentemente a rischi di

natura reputazionale, ai rischi di frode, ai rischi legali connessi

ad esiti infausti dell'investimento effettuato dagli investitori.

Il primo aspetto da definire concerne proprio la necessità

di inquadrare correttamente l’attività che - a termini di

Regolamento – viene richiesta agli intermediari vigilati.

Ebbene, dalla lettura del Regolamento – sub artt. 16, co. 1 in

tema di informazioni sulle singole offerte, 17, co. 2 in tema di

obblighi relativi alla gestione degli ordini, art. 25, co. 1 in tema

di costituzione della provvista e diritto di revoca – ricorre

frequentemente l'indicazione delle banche e/o delle sim a cui

sono trasmessi gli ordini per il relativo “perfezionamento”;

espressione quest'ultima, tanto generica quanto foriera di

potenziali rischi e fraintendimenti.

L'identificazione dei rischi insiti in tale attività presuppone

la corretta qualificazione dell'attività svolta e, quindi, quale

sia il servizio di investimento effettivamente prestato

dell'intermediario. Che le banche e sim nel momento in cui

curano detto perfezionamento stiano esercitando i propri

servizi investimento non credo che possa essere messo

in discussione; a scanso di equivoci lo stesso art. 17, co. 3

del Regolamento dispone che: “le banche e le imprese di

investimento che ricevono gli ordini operano nei confronti

degli investitori nel rispetto delle disposizioni applicabili

contenute nella parte III del testo unico e nella relativa

disciplina di attuazione”. In altri termini, risultano pienamente

85Aspetti giuridici del crowdfunding

applicabili le “ordinarie” regole di condotta previste dal Tuf e

dal Reg. Interm.

Si tratta, dunque, di valutare a quale servizio di investimento

è in concreto riconducibile questa attività di perfezionamento

degli ordini. L'alternativa è tra la classificazione di detta attività

nell’ambito del servizio di mera esecuzione di ordini, ex art.

1, co. 5 lett. b) Tuf, nella specie si tratterebbe di execution

only, ex art. 45, co. 6 Reg. Interm. o, in alternativa, nel diverso

e più ampio – sotto il profilo degli obblighi di condotta e di

trasparenza – servizio di collocamento, ex art. 1, co. 5 lett.

c-bis) Tuf.

L’adozione della prima opzione comporterebbe una sicura

limitazione dei rischi legali, reputazionali incombenti sugli

intermediari. Questi, infatti, sarebbero sollevati, in modo

più o meno ampio, dal dovere di conoscere il proprio cliente

e, di conseguenza, dal dovere di valutare l'adeguatezza/

appropriatezza degli ordini disposti rispetto alla sua

complessiva situazione finanziaria, alla propensione al

rischio, agli obiettivi di investimento, all'esperienza in

materia di investimenti del risparmiatore. In altri termini, gli

intermediari si limiterebbero ad eseguire l’ordine “secco” del

cliente - previa sottoscrizione di un contratto quadro - senza

effettuare valutazioni ulteriori (anche se simile condotta

dovrebbe poi essere letta alla luce dei criteri generali di

condotta di cui all’art. 21 Tuf).

Tale classificazione, tuttavia, non ritengo che possa essere

del tutto condivisa; ove il legislatore e l'Autorità di vigilanza

avessero voluto qualificare, in questi termini, l'attività

dell'intermediario – proprio in quanto già prevista e regolata

- non avrebbe dovuto fare altro che dirlo in modo esplicito.

Inoltre se effettivamente l'attività dell'intermediario deve

essere qualificata come di “mera esecuzione” degli ordini,

allora non avrebbe molto significato l’art. 17, co. 3 del

86Aspetti giuridici del crowdfunding

Regolamento per cui le banche e le imprese di investimento che

ricevono gli ordini devono operare nel rispetto delle ordinarie

previsioni del Tuf e Reg. Interm.

Ne deriva che questa attività di “perfezionamento” degli

ordini da parte di banche/sim debba essere inquadrata come

un“collocamento” presso la clientela di strumenti finanziari (le

azioni e le quote di srl della start up); collocamento che, di fatto,

viene effettuato contestualmente ad un'attività promozionale

promossa dal gestore del portale. È, infatti, innegabile che la

banca/sim conclude un accordo preliminare con il gestore del

portale e con la stessa emittente funzionale a regolare l’attività

di offerta al pubblico delle azioni/quote partecipative, con la

novità rappresentata dal fatto che l’attività “promozionale”

verrebbe posta in essere dal gestore. È altrettanto innegabile

che la collocazione sistematica dell'art. 100 ter Tuf permette

di affermare – senza particolari perplessità – che si sta

discutendo di operazioni di offerte al pubblico di prodotti

finanziari riconducibili nella definizione ex art. 1, co. 1, lett t)

Tuf.

Ove si condividesse simile interpretazione, risulta chiaro che la

banca/sim incaricata di assicurare il “perfezionamento” degli

ordini assume un ruolo ed una portata – sotto il profilo dei

rischi potenziali - ben differente. Ricorrendo simile fattispecie,

infatti, la banca/sim sarebbe tenuta ad adempiere a tutta un

serie di imponenti ed assai pervasivi obblighi di disclosure

nonché a rispettare ben precisi canoni di condotta in favore

degli investitori, non potendosi limitare ad effettuare un mero

rinvio all'informativa presente sul portale predisposta dal

gestore, ex art. 15 del Regolamento e dal relativo Allegato n. 3.

Al contrario, come ben hanno indicato i passati scandali,

in simili circostanze gli intermediari sono gravati di una

responsabilità – discendente dalla loro insita qualifica

di intermediario professionale – certamente in grado, in

87Aspetti giuridici del crowdfunding

potenza, di incidere in modo significativo sulle future scelte

degli investitori terzi potenzialmente interessati. La banca

ha il dovere di ben conoscere i prodotti che colloca (pur non

avendo concorso alla definizione – anche solo in parte –

della documentazione di offerta posta a corredo) così come

deve ben conoscere e valutare la situazione complessiva

del cliente, ivi inclusi i suoi obiettivi di investimento e di

propensione al rischio tollerato. In questi esatti termini

va intesa la Comunicazione n. 0066128 del 1° agosto 2013

con la quale l'Autorità ha chiarito che gli intermediari

devono rivolgere massima attenzione alla prestazione di

un'efficace informazione agli investitori sulle caratteristiche

dell'operazione proposta facendo espresso rinvio alle

informazioni ex artt. 14, 15 e 15 del Regolamento.

Ove, dunque, si optasse per un simile approccio, i rischi per

gli intermediari sarebbero, verosimilmente, quelli “classici”

connessi con la prestazione dei servizi di investimento;

dall'altro lato, però, la probabilità che tali rischi arrivino a

concretizzarsi in richieste di risarcimento danni da parte

degli investitori in capitale di rischio di start up innovative

risulta essere molto elevata. Quest'ultimi, infatti, anche

per una semplice valutazione di opportunità e convenienza,

ove volessero promuovere un'azione risarcitoria a seguito

della perdita dell'investimento in azioni/quote partecipative

di start up, certamente preferiranno agire contro la banca

“perfezionatrice” dell'ordine piuttosto che contro il gestore

del portale o nei confronti degli amministratori della start

up medesima. Non fosse altro che per la maggiore solvibilità

dell’intermediario rispetto ad altri soggetti.

Simili rischi risultano, infine, amplificati anche in ragione della

particolare natura illiquida degli strumenti finanziari offerti

giacchè gli stessi non sono negoziati su mercati regolamentati o

piattaforme alternative, né la normativa in commento nulla ha

disposto circa la regolamentazione di una sede di negoziazione.

88Aspetti giuridici del crowdfunding

L’accennata condizione di illiquidità degli strumenti finanziari

offerti pone l'ulteriore quesito se a carico degli intermediari

perfezionatori degli ordini vengano ad operare le disposizioni

di cui alla Comunicazione Consob n. 9019104 del 2 marzo

2009 in materia di obblighi di comportamento in caso di

collocamento/offerta di prodotti finanziari illiquidi, da ultimo

integrata dalle linee guida dell’ESMA del dicembre 2012;

ovvero, se gli intermediari siano tenuti a prestare il servizio

della consulenza in materia di investimenti (ove evidentemente

autorizzati), in conformità con l'interpretazione estensiva

adottata dall'Autorità di vigilanza in relazione a detto servizio

di investimento.

Ritengo che la risposta a tale ultima questione debba essere

affermativa, anche solo in una prospettiva prudenziale; ciò

in quanto l'obiettivo fondamentale è assicurare un'adeguata

informativa funzionale all'assunzione di ponderate e

consapevoli scelte di investimento in strumenti finanziari che,

come nel caso di specie, risultano indubbiamente connotati

da un profilo di rischio particolarmente elevato. Così facendo,

ove si operasse in modo corretto e conforme alle disposizioni

di vigilanza, l'intermediario perfezionatore degli ordini

sarebbe in grado di governare i rischi insiti in simili iniziative

esattamente alla pari degli ulteriori (e noti) rischi a cui è

esposto nell'ordinaria e tradizionale attività finanziaria. •

89Aspetti giuridici del crowdfunding

Il ruolo degli intermediari tradizionali e degli investitori professionali nell'equity-crowdfunding

Martina TambucciConsob

La scelta operata dal legislatore del Decreto Crescita-Bis è

andata nella direzione di non riconoscere l’esercizio dell’attività

di intermediazione al fine del finanziamento delle sole start-

up innovative, nella forma dell’equity-crowfunding, al di fuori

della costituzione di una piattaforma web a ciò appositamente

dedicata.

Lo stesso legislatore ha poi assegnato un ruolo rilevante agli

intermediari finanziari tradizionali (banche e imprese di

investimento), sia consentendo loro di esercitare l’attività di

equity-crowfunding senza richiedere un’autorizzazione ad hoc,

bensì come una sorta di estensione dei servizi di investimento

alla cui prestazione sono già autorizzati, sia prevedendo

che essi intervengano a valle dell’incontro fra proponente e

aderenti alla campagna per il finanziamento nell’ambito di una

piattaforma non gestita da un intermediario autorizzato. In tale

ultimo ruolo, in particolare, si apprezza la funzione di garanzia

che tali soggetti svolgono rispetto al corretto adempimento

delle prestazioni, contanti contro azioni o quote nel capitale

delle società finanziate. Inoltre, essi fungono da filtro

necessario al fine di evitare le frodi vere e proprie (utilizzo dei

fondi raccolti per finalità illecite) e di assicurare la restituzione

90Aspetti giuridici del crowdfunding

del contante nel caso di revoca dell’adesione all’offerta, recesso,

fallimento della campagna per mancato raggiungimento

dell’obiettivo prefissato.

Ancora diverso è il compito assegnato all’investitore

professionale, che in prima battuta il legislatore ha inteso

utilizzare quale ulteriore presidio di tutela nei confronti degli

investitori retail: questi ultimi, che non dispongono in proprio

degli strumenti necessari onde valutare la validità del progetto

della start-up innovativa vengono posti in condizione di

beneficiare delle valutazioni condotte su base maggiormente

professionale da parte di tali soggetti (free-riding consentito).

Non è da escludersi, peraltro, l’intento secondario del

legislatore di incentivare la presenza di tali soggetti nel capitale

delle start-up, per il contributo benefico che essi possono

apportare in termini di coinvolgimento nella gestione della

società in cui hanno investito. Da questo punto di vista, fra

l’altro, la presenza di investitori professionali potrebbe essere

la chiave di volta per la soluzione dei problemi di governance

che si pongono a causa del significativo allargamento della

base azionaria della start-up finanziata, come risultante della

sollecitazione effettuata con le potenzialità del web.

Con il vincolo rappresentato dalle previsioni della normativa

primaria, la Consob, nel regolamentare la figura dei gestori di

piattaforme di equity-crowdfunding diversi dagli intermediari

tradizionali, si è orientata nell’ottica di approntare una

disciplina essenzialmente volta a tutelare l’investitore retail,

prendendo a riferimento la disciplina vigente (in applicazione

della direttiva MiFID) per quanto attiene alla prestazione di

servizi di investimento. Ciò appare in primo luogo coerente con

l’esenzione prevista dall’articolo 3 della direttiva MiFID e tiene

conto della direzione in cui si sta andando con la sua revisione.

Le modifiche proposte in ambito europeo al citato articolo 3

sono infatti volte a richiedere agli Stati membri di applicare

ai soggetti esentati, che non eseguano direttamente gli ordini

91Aspetti giuridici del crowdfunding

ricevuti dalla clientela ma li trasmettano ad intermediari

autorizzati, un regime analogo a quello dettato dalla direttiva

MiFID per quanto riguarda l’autorizzazione e la vigilanza

continuativa nonché le regole di condotta riferibili ai soggetti

vigilati.

Con il Decreto Crescita-Bis è stata inoltre attribuita alla Consob

la potestà regolamentare di prevedere misure idonee ad

assicurare la sottoscrizione di una parte delle offerte promosse

per il tramite di portali di equity-crowdfunding da parte di

investitori professionali o particolari categorie di investitori.

La Consob ha quindi previsto che le offerte debbano essere

sottoscritte, nella misura minima del 5%, da parte di investitori

professionali, fondazioni bancarie e incubatori di start-up

innovative.

Rispetto a tale soluzione si paventa il rischio che la mancata

adesione di investitori professionali possa comportare un

elevato grado di fallimento delle campagne di raccolta di

fondi o che ci possa essere un comportamento opportunistico

da parte degli investitori professionali, avendo gli stessi la

possibilità di aderire all’offerta una volta note le adesioni degli

investitori retail.

A tale riguardo si evidenzia in via preliminare che, anche

in considerazione delle argomentazioni portate in sede di

pubblica consultazione, la Consob ha fissato una soglia di

investimento minimo piuttosto bassa (5%) e ha allargato la

platea a fondazioni bancarie e incubatori, per loro natura

potenzialmente più interessati a tali forme di investimento.

L’autorità ha inoltre previsto che la verifica del ricorrere

della predetta percentuale minima di sottoscrizione possa

avvenire, da parte del gestore del portale, successivamente alla

conduzione dell’offerta e ai fini del suo perfezionamento, ma

che non rappresenti invece una condizione di ammissibilità

92Aspetti giuridici del crowdfunding

dell’offerta. Vi è da osservare, da una parte, che il valore

segnaletico che il legislatore ha inteso attribuire alla

sottoscrizione da parte degli investitori professionali rimane

fermo in quanto all’investitore è noto ab initio che l’offerta

non andrà a buon fine senza che vi sia stata l’adesione anche

dei suddetti particolari investitori. D’altra parte non si ravvisa

il rischio che l’effetto segnaletico possa agire, a contrario,

in favore dell’investitore professionale, perché appare poco

realistico che un investitore professionale possa propendere

per l’investimento in una start-up innovativa solo sulla base

della valutazione di un significativo apporto di finanziamenti

da parte della platea dei piccoli investitori. Peraltro, qualora

l’offerta alla folla non sia del tipo con obiettivo di raccolta

prefissato bensì del tipo “prendi tutto”, la quota del 5%

potrebbe essere maggiore di quella stimabile in via iniziale e

richiedere quindi un contributo ancora maggiore, in termini

assoluti, da parte degli investitori professionali.

Non ultimo, occorre considerare che l’incentivo più grande per

gli investitori professionali ad aderire alle iniziative di equità-

crowfunding è rappresentato dalle agevolazioni di tipo fiscale

per investimenti in start-up innovative, che il legislatore ha

inserito tra le misure atte a favorire il fenomeno. •

93Aspetti giuridici del crowdfunding

Bibliografia

C. S. Bradford, CrowdfundingandtheFederalSecuritiesLaw, in

Columbia Business Law Review, 2012, pp. 1 ss.

A. Bollettinari, Ilcrowdfunding:laraccoltadelcapitaletramite

piattaformeon-linenellaprassienellarecentelegislazione,Il

nuovodirittodellesocietà, 2013, fasc. 2, pp. 9 ss.

G. Ferrarini, Icostidell’informazionesocietariaperlePMI:

mercatialternativi,«crowdfunding»emercatiprivati,Analisi

giuridicadell’economia, 1/2013, pp. 203 ss.

E. Fregonara, Lastartupinnovativa.Unosguardo

all’evoluzionedelsistemasocietarioedelleformedi

finanziamento, Milano, Giuffrè, 2013.

M. Maltoni, P. Spada, L'impresastartupinnovativacostituitain

societàaresponsabilitàlimitata, in www.cavererispondere.it.

A. M. Lerro, Equitycrowdfunding.Investireefinanziare

l’impresatramiteinternet, Milano, Il Sole-24Ore, 2013.

U. Piattelli, IlcrowdfundinginItalia.Unaregolamentazione

all’avanguardiaoun’occasionemancata?, con l’Introduzione di

Daniela Castrataro, Torino, Giappichelli, 2013.

M. Pinto, L’equitybasedcrowdfundinginItaliaaldifuoridelle

fattispecieregolatedal“DecretoCrescita”, in Società, 2013, pp.

818 ss.

94Aspetti giuridici del crowdfunding

Autori

GianDomenicoMosco, professore ordinario di Diritto

commerciale nell’Università Luiss Guido Carli di Roma,

direttore del Centro di ricerca Luiss Dream

RobertaMangione, dottoranda di ricerca in Diritto ed impresa

nell’Università Luiss Guido Carli di Roma

CasimiroA.Nigro, dottorando di ricerca in Diritto ed impresa

nell’Università Luiss Guido Carli di Roma

AlessandroPortolano, partner dello studio legale Chiomenti di

Roma

ClaudioDiFalco, of counsel dello studio legale Cleary Gottlieb

Steen & Hamilton LLP di Roma

FrancescaBrunori, Credito e Finanza, Confindustria

LucaEnriques, professore ordinario di Diritto commerciale

nell’Università Luiss Guido Carli di Roma

LeonardoFrigiolini, presidente e amministratore delegato di

Unicasim s.p.a.

MartinaTambucci, Divisione strategie regolamentari, Consob

SalvatoreRizzo, responsabile Compliance/Area Controlli, Banca

interprovinciale spa di Modena

95

LuissDream,DirittoeRegoleperEuropaAmministrazione

eMercati, è il nuovo centro di ricerca del Dipartimento di

Giurisprudenza diretto dal prof. Gian Domenico Mosco.

L’acronimo Dream, che può essere anche letto come

la corrispondente parola inglese, testimonia, per la

sua derivazione, la volontà del Centro di occuparsi di

regolamentazione e giustizia con un occhio rivolto all’Europa,

l’altro ai mercati ed entrambi alla fase della messa in atto

delle regole e della complessiva attività della pubblica

amministrazione; per ciò che evoca, una concezione del diritto

come fattore capace di contribuire a immaginare e disegnare lo

sviluppo economico e sociale del Paese.

L'Equity Crowdfunding è uno specifico campo di ricerca del

Centro.

Aspetti giuridici del crowdfunding

Sito Web http://ricerca.giurisprudenza.luiss.it/centri-di-ricerca/luiss-dream

Email [email protected]

96Aspetti giuridici del crowdfunding

97

SPONSORED BY

Aspetti giuridici del crowdfunding

98Aspetti giuridici del crowdfunding