ASPETTI DEL PARLATO MONOLOGICO: UNA RICERCA EMPIRICA
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Fakultt fr Bildungswissenschaften Facolt di S cienze della Formazione Facult de Scienza dla F ormazion
LIBERA UNIVERSIT DI BOLZANO FACOLT DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE
Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria
ASPETTI DEL PARLATO MONOLOGICO: UNA RICERCA EMPIRICA
Tesi di laurea in: DIDATTICA DELLA LINGUA MADRE II
Relatore: presentata da: Prof. Silvia Dal Negro Giuseppe Natale matr. 4048
Sessione: Invernale ( III ) Anno Accademico: 2007/2008
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Ai miei genitori per i valori cristiani
a cui mi hanno educato
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PREMESSA
La lingua un qualcosa di fluttuante, inafferrabile, un sistema aperto in
continua evoluzione, e per questo uno degli argomenti di studio pi ostici e allo stesso
tempo accattivanti. Potremo definirlo un sistema dinamico legato indissolubilmente alla
dimensione spazio/temporale, in senso diacronico ( il presente legato al passato da cui
proviene ) e in senso sincronico ( in simultanea col tempo presente ); sempre pronto ad
adeguarsi alle mode, alle scoperte, alle innovazioni. Un fiume in continuo movimento, che
non conosce soste, in ogni istante pronto ad ospitare nel suo letto neologismi, modi di
dire, forestierismi, termini e locuzioni in stretto rapporto con i tempi ecc. Di conseguenza
il linguaggio, espressione personale e soggettiva della lingua, deve essere visto in
rapporto a queste continue variazioni.
Dal punto di vista socio-antropologico, esso studiato come mezzo di
comunicazione, come strumento di scambio di pensieri, di idee ecc.; senza dubbio una delle
prime necessit delluomo. In ogni dove, in ogni tempo, in ogni latitudine non esiste
popolo che naturalmente non abbia sviluppato un proprio linguaggio, un proprio modo
di esprimersi per farsi capire, per capire. Non staremo qui ad elencare date e luoghi
geografici, n a individuare archetipi, n ci metteremo alla ricerca di ceppi linguistici, o
quantomeno ad intentare uno studio filologico su testi. Il nostro sar uno studio
riguardante il linguaggio in una delle sue espressioni pi comuni e allo stesso tempo
inusitate: il monologo. Comune perch crediamo ogni essere vivente almeno una volta
nella vita abbia avuto un dialogo con se stesso, abbia parlato da solo come si suol dire.
Inusitato perch, tranne per fini di ricerca, difficilissimo se non improbabile trovare
persone che parlino di s senza ottenere risposte, confessarsi come in una seduta psicolo-
gica davanti ad un pubblico uno o plurimo di ascoltatori.
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Noi abbiamo provato a fare questo: abbiamo chiesto alle persone di parlare di
s, di raccontarsi, aprire il proprio bagaglio di ricordi, di scene di vita, di sensazioni tenute
dentro; ma non per curiosit, ma per analizzare il modo in cui lo facevano. Abbiamo cio
analizzato luso che si fa del linguaggio verbale. Per le grosse difficolt che si incontrano
in una simile ricerca, abbiamo ristretto il campo dazione a due variabili che vedremo nel
corso della trattazione. Cosa abbiamo cercato dal modello che ci siamo costruiti?
Ovviamente il linguaggio, il loro particolare linguaggio. Se vero che oggi, in Italia, la
parlata nazionale sta prevalendo sui dialetti, producendo una sorta di uniformit
soprattutto tra i giovani, anche vero che la globalizzazione e lapertura delle frontiere
sta producendo leffetto opposto: la trasformazione della lingua nazionale che ogni giorno
si arricchisce di termini nuovi, modi di dire e schemi sintattici inusitati. I nostri dizionari,
le nostre grammatiche hanno bisogno di un aggiornamento continuo e costante per stare
al passo con i tempi e rispondere alle esigenze di studenti, studiosi o di chi si occupa di
lingua. Ci si rende conto, dunque, quanto sia difficile impostare un lavoro sul parlato che,
essendo una variabile diacronica, varia nel tempo, nello spazio e a seconda del contesto.
Stabilite modalit e tempi e coscienti delle difficolt che troveremo lungo il
nostro percorso, incamminiamoci nel sentiero della ricerca, oggi tanto auspicata in tanti
campi soprattutto delle scienze e delluniversit in genere. Ricerca come sinonimo di
dinamicit, di scoperta quotidiana, di progressivo miglioramento delle potenzialit umane:
e il linguaggio una scoperta quotidiana, una peculiarit delluomo, il quale oltre a
poterlo utilizzare, ha la facolt di poterlo studiare in una dimensione metalinguistica. E il
mezzo di comunicazione per eccellenza, in esso possibile rintracciare tanta parte del
vissuto, della provenienza, delle abitudini umane.
Facile qui laggancio allantropologia e alla sociologia; in epoche recenti si
parlato di carattere sociale della lingua, non ultimo Ferdinand de Saussure, riconosciuto
come il fondatore della linguistica teorica. Questi consider la lingua il prodotto di
relazioni allinterno di una comunit asserendo che > ( Berruto, 1980: p. 28 ) La lingua immersa in un contesto
socio-culturale e da esso trae le sue caratteristiche formali e terminologiche. Per questo
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motivo, la nostra ricerca dovr fare i conti con il vissuto dei parlanti, con le esperienze,
con la loro et, con il contesto in cui sono immersi, con larea geografica di appartenenza.
Insomma la nostra ricerca dovr fare i conti con quelle variet proprie del
linguaggio dette variet situazionali che attengono > ( Ivi: p. 13 )
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CAPITOLO I
1. METODOLOGIA E STRUMENTI 1.1.1 Descrizione esperimento ( luoghi tempi strumenti )
Lo studio qui presentato rientra nellambito della ricerca e si inquadra in quel
settore dindagine chiamato ricerca sul campo, dove i dati raccolti saranno trattati in
funzione qualitativa e quantitativa. Il nostro oggetto danalisi riguarda principalmente il
dato registrato, nello specifico il linguaggio, il modo despressione di una particolare
categoria di parlanti. A tal fine sono state effettuate registrazioni libere, non strutturate,
quelle che in Pedagogia sperimentale sono dette Interviste libere o non direttive, in cui
lintervistato ha la possibilit > ( S.Mantovani,
1998: p. 52 )
Mettendo da parte il contenuto del messaggio, del dato a noi interessa studiare gli
aspetti linguistici: la situazione comunicativa in cui inserito, le variazioni legate ad alcuni
parametri, i tratti caratteristici e le modalit pi frequenti nella costruzione degli enunciati.
Un simile lavoro richiede la scelta di una ricerca centrata sulla quantit e sulla qualit:
acquisizione e analisi del dato.
Di centrale importanza sono le fasi di acquisizione e del trattamento del dato che
implicano una serie di scelte che vanno dai supporti e gli strumenti di rilevamento da
utilizzare alle metodologie da adottare. Essendo la nostra una ricerca fondata principal-
mente sul dato linguistico e finalizzata allanalisi di esso, abbiamo cercato di attenerci il
pi possibile ai suggerimenti che ci provenivano dagli studi sulla ricerca in linguistica. Uno
di questi riguarda proprio le fasi iniziali sulle quali Turchetta mette laccento forte, quando
asserisce che: >
Infatti, in questa fase si effettua > ( 2000: pp. 76-77 ) e una tecnica piuttosto che unaltra pu incidere sulla quali-
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t del dato in modo determinante.
Gli strumenti e le modalit di rilevamento rientrano nella tecnica di rilevamento e
costituiscono la base del nostro lavoro; essi saranno trattati nel paragrafo successivo. Un
supporto piuttosto che un altro, stato dimostrato, pu determinare la qualit del dato e di
conseguenza lanalisi di esso. Il nostro iniziale problema ha riguardato, perci, il come
procedere, successivamente alla selezione e alla scelta dei soggetti. Questi ultimi sono stati
ragguagliati sul fine della ricerca e messi in grado di enunciare in assoluta libert. La
nostra presenza, talvolta ci siamo accorti, ha rappresentato un ostacolo o quanto meno un
disagio per il parlante; per cui ci siamo chiesti se fosse stato meglio lasciarli soli o essere
presenti. La presenza dellintervistatore pu altres incidere sulla qualit del dato, si pu
causare il blocco dellintervistato qualora questi voglia trattare di un argomento personale
ed evita di farlo per pudore o per vergogna, incespica nelle parole, accusa vuoti di memoria
dovuti al cambio repentino del discorso e quantaltro.
Carla Bazzanella, a questo proposito, parla di >, per
cui > Questo vale sia per il
parlato dialogato sia per il parlato monologico di cui ci occupiamo; in entrambi i casi,
comunque, avvalersi del cosiddetto paradosso preferibile e > ( Bazzanella, 2007: p. 92 ) anche se la presenza dellosservato-
re rischia di inquinare il dato oggettivo. Allintervistato stato fatto sottoscrivere il
compromesso di far finta di essere solo, di stare a parlare con se stesso, avendo di fronte a
s il registratore e il Sottoscritto a cui stato richiesto lintervento in alcune occasioni di
difficolt nella prosecuzione.
Ad ognuno degli intervistati stato illustrato lo scopo della ricerca, si garantito
lanonimato nel momento del trattamento dei dati, si lasciata la massima libert
nellesposizione dellargomento. Questultimo ( anche se trascurabile e non oggetto di
studio ) ha riguardato quasi sempre il vissuto, le esperienze di vita, gli eventi che hanno
segnato in qualche modo la memoria di chi li ha narrati positivamente o negativamente.
Dunque si fatto appello alla memoria, al ricordo di episodi e situazioni passate ( recenti o
remote ), e si tralasciato il momento attuale, la realt presente condivisa da un gruppo di
intervistati, come vedremo, e solo accennata da alcuni.
Non ci soffermeremo sulla questione, ma rimandiamo per gli approfondimenti al te-
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sto di Zuczkowski1, che in Strutture dellesperienza e strutture del linguaggio ( cit. ) parla di
rappresentato e di incontrato, temi di psicologia che rimandano alla percezione del
mondo nel momento in cui lo si osserva e qualora lo si voglia ricostruire con la memoria.
Di conseguenza la maggiore o minore durata del testo, quanto la sua corposit ( nel nostro
caso della registrazione sbobinata ) collegata al vissuto dei parlanti, alla loro capacit
mnemonica, allargomento trattato, alla loro personale propensione allesposizione orale.
Talvolta abbiamo affrontato inconvenienti di tipo tecnico come la ripresa di una
registrazione dopo linterruzione causata dal passaggio di un veicolo rumoroso, o di una
telefonata urgente ricevuta, che hanno provocato la perdita del filo del discorso e si
dovuto azzerare la precedente per una nuova registrazione. Conseguenza che ci ha portato
a ottenere un prodotto diverso da comera stato pensato prima dellinterruzione. In altri
casi si dovuto invitare lintervistato a parlare a voce pi alta, di non prendersi pause
troppo lunghe, di rispettare un tempo minimo di enunciazione di almeno 4-5 minuti e cos
via.
Insomma, una ricerca che ha necessitato di unaccorta preparazione degli strumenti
e dei soggetti in considerazione, della messa a punto delle metodologie e delle tecniche di
rilevamento. Nel fare ci, abbiamo constatato lestrema complessit di un simile lavoro
dove nulla pu essere lasciato al caso ma va ponderato accuratamente.
Tempi
Le registrazioni, a intervalli pi o meno lunghi, sono state effettuate tra il mese di
maggio 2007 e il mese di luglio 2008. La maggiore o minore distanza temporale tra una
registrazione e laltra stata dovuta alle esigenze dei parlanti, alla loro disponibilit in
taluni momenti che non coincideva con quella del sottoscritto o viceversa.
1 Spesso la psicologia, come la sociologia e altre discipline che trattano del vissuto socio-psichico delluomo entrano in contatto con la linguistica. Ne parla lautore del testo citato, che prima dellanalisi dei vari tipi di frase, dedica i primi capitoli alle nozioni di psicologia inerenti al linguaggio. Quello che a noi interessa laccenno alle motivazioni che spingono i parlanti a trattare un argomento piuttosto che un altro, alla scelta di episodi piuttosto che altri. Non essendo motivo della presente trattazione, ci limiteremo alla citazione di alcuni passi che inquadrano largomento, per chiarire i due concetti sopra riportati. A proposito dellenunciazione libera, il parlante si rif a due contenitori: Incontrato e Rappresentato: > ( 1995: p. 29 )
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Luoghi
I luoghi delle registrazioni hanno interessato due aree geografiche lontane per
distanza chilometrica, per lingua, per cultura: lAlto Adige e la Campania. In stretta
dipendenza con let dei parlanti, i luoghi dellindagine sono stati scelti tenendo conto della
comodit, cercando di ridurre al minimo i fattori di disturbo influenzanti gli intervistati. Ci
siamo trovati, pertanto, su una panchina o nelle aule della Libera Universit di Bolzano
presso la facolt di Scienze della Formazione Primaria di Bressanone o in un cortile della
provincia di Caserta.
A volte siamo riusciti a trovare un posto riparato quanto possibile dai rumori, altre
volte no e come abbiamo gi detto, questo ha provocato alcuni inconvenienti.
Strumenti
Per la raccolta dei dati ci siamo avvalsi di un registratore audio mp3, di un block
notes, di un lapis, di un Personal Computer. I testi verbali, una volta acquisiti, sono stati
digitalizzati e trasformati in file mp3 in modo da essere fissati su software e trattati n
volte a seconda delle esigenze.
Come si diceva precedentemente ( Cfr. pp. 5-6 ) gli strumenti di rilevamento del
dato sono di fondamentale importanza. In base al tipo di ricerca essi devono essere in
grado di fornire le informazioni che a noi interessano per poter essere trattate in maniera
ottimale.
1.1.2 Caratteristica dei parlanti: le variabili
Si parler piuttosto delle parlanti, per via del fatto che la ricerca ha riguardato il
sesso femminile, il cui modo di parlare, secondo alcuni differisce in modo significativo da
quello degli uomini. Divise in due gruppi, secondo let e larea geografica, le prime
( Gruppo I ) sono studentesse universitarie dellAlto Adige ( fascia di et 20-23 ) le seconde
( Gruppo II ) sono casalinghe o pensionate della Campania ( fascia di et superiore ai 60
anni ). Il legame tra le parlanti nei due gruppi riguarda, inoltre, il grado di istruzione, per
cui per le prime si parler di laureande, per le seconde di donne che posseggono come titolo
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di studio la III media. Nella tabella 1 riportato il quadro riassuntivo della divisione
secondo le variabili.
Le parlanti del primo gruppo ( 8 in totale; da R1, R2 R8 ) hanno la particolarit
di essere legate tra di loro da amicizia; lo stesso non si ha nel II gruppo ( 3 in totale; da R9
a R11 ) dove la conoscenza tra le parlanti ridotta allinformalit.
Da questo punto in poi, pertanto, si parler delle parlanti nello specifico e ci si rife-
rir ad esse con le sigle alfanumeriche con cui sono identificate ( R1, R2, R3. )
Tabella 1
Sesso Gruppi Et delle
parlanti
Area geografica Ragione sociale
I 20-23
Trentino e Alto Adige
Studentesse
Donne II 60 Campania Casalinghe
/Pensionate
Abbiamo scelto la variabile et per il fatto che >; limportanza data
dal fatto che > ( Berruto, 1980: cit. 128-129 ). Questi,
insieme ad altri fattori, rappresentano la materia di discussione in La variabilit sociale della
lingua ( Berruto, Op. cit. ); nel testo si tratta delle cause ( relative al contesto, allet, al
gruppo sociale, al sesso ecc. ) modificanti il linguaggio. Tra queste, ci appare dobbligo
citare altres la variazione in rapporto al sesso; se ne parla nellultimo capitolo in cui si
riportano le asserzioni di alcuni sociologi e linguisti.
Pi interessante delle altre ci apparsa quella formulata da Jespersen che tra le
nostre registrazioni ha ritrovato numerosi riscontri. La nostra ricerca, a riprova di quanto
detto, ha interessato classi di parlanti femminili lontane per luogo geografico e per livello
culturale che ci ha permesso di effettuare uno studio particolareggiato su fenomeni
circoscritti ad alcune variabili suscettibili di comparazioni. Jespersen dice che
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grossolane e volgari e preferendo espressioni pi fini e indirette; amano peraltro liperbole
e lintensificazione delle sensazioni [ ] Nella costruzione della frase, lasciano molto pi
spesso che non gli uomini la sintassi interrotta. >> Meno riscontri ha avuto e anche meno
daccordo ci ha trovato, invece, lasserzione secondo la quale: > ( Ivi, pp. 135-136 ) Dalla lettura delle registrazioni riportate in allegato e dalle
nostre disquisizioni in merito, ci possiamo facilmente contraddire.
La variabile area geografica, che chiameremo diatopica, ci riporta a differenze nelle
espressioni e nei modi di dire, oltre che allintonazione e alla pronuncia. Si rimanda ancora
agli studi di Berruto2, nei quali si sviluppa il rapporto che lega le variazioni linguistiche dei
parlanti di unarea geografica specifica inseriti in gruppi sociali differenti. Lappartenenza
al gruppo sociale e al gruppo etnico rappresenta un micro sistema inserito in altro micro
sistema che larea geografica. E questa una delle variet funzionali-contestuali pi
discusse e studiate con la quale dovremo confrontarci.
1.1.3 Convenzioni di trascrizione
> ( Cavinato, 1989: p. 3 ) come ha affermato qualcuno. Tradurre il suono in
grafo necessita di una codifica approntata secondo regole fisse ed efficaci, per lappunto
dobbiamo affidarci alle convenzioni. Il prodotto della nostra ricerca il dato reale, cio
quelle informazioni > ( Baz-
zanella, 2007, cit.: p. 90 )
La fase di archiviazione dei dati segue la prima fase che abbiamo chiamato di
raccolta dei dati, cos come leggiamo in Turchetta ( cit.: p. 83 ); questa fase, >, richiede >. E di estrema importanza la scelta dei segni convenzionali e della
messa a punto della strategia trascrittiva che si intende seguire; ci sono parametri, vedre-
2 > Tale condivisione strettamente legata allambito geografico, come detto successivamente: > ( Op. cit. pp. 87 e 89 )
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mo nel corso della trattazione, che differenziano il parlato dallo scritto, per cui nel
momento della trascrizione necessario stabilire delle regole, scegliere quale sar la
metodologia di traduzione e attenersi scrupolosamente ad essa. Nel parlato entrano in gio-
co fattori che possono sembrare intraducibili in segno grafico; il linguaggio
accompagnato da gesti, smorfie, pause, sorrisi, insomma da una serie di elementi rientranti
nel campo della pragmatica e della comunicazione non verbale. Gli studi a cui rimandiamo
e a cui ci siamo rifatti sono quelli di Levinson3 sulla pragmatica e sullo studio delle variet
delle situazioni comunicative verbali e non verbali.
Nello specchietto sottostante sono riportati una serie di segni convenzionali dei
quali ci siamo serviti per tradurre quelle espressioni che vanno al di l del regolare modo di
comunicare. La scelta stata arbitraria e non rimanda a nessuno studio precedente
riguardante largomento.
Segno Significato
- Brevissima incertezza tra una parola e laltra - Pausa breve ( 1-3 secondi ) + - Pausa mediana ( 3-5 secondi ) ++ - Pausa lunga ( pi di 5 secondi )
- Incertezza. Emissione di un suono non riconoscibile con nessun grafema. - Strascico sulla lettera in fondo alla parola. - Sorriso ? - Parola/e incomprensibili i.d.i. - Intervento dellintervistatore
I primi quattro segni riguardano unincertezza dovuta alla mancanza o allesauri-
mento di argomento, che pu essere variabile nella durata. Spesso la pausa, solo quando
mediana o lunga, seguita dallintervento dellintervistatore. Un silenzio prolungato in-
dice di indecisione, di difficolt nella prosecuzione, sopperito dalla nostra presenza che
dunque ha svolto la funzione di supporto.
3 Tra le definizioni che Levinson d della pragmatica, secondo le caratteristiche linguistiche, strutturali ecc. ci parso opportuno riportare la definizione che rimanda al contenuto del messaggio linguistico, con le sue incongruenze o anomalie come detto nel testo. Per lo studioso, la pragmatica > ( 1985: p. 27 ) Queste cause non linguistiche sono le espressioni di cui si parla, che necessitano di una traduzione segnica e di una interpretazione, quello che facciamo nel presente paragrafo.
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Con il simbolo abbiamo voluto significare quei suoni disarticolati o incompresi-
bili che molto di frequente vengono tradotti con segni tipo mmhh hhh emhhh e che
rimandano al mondo dei fumetti.
traduce il suono prolungato della sillaba in coda alla parola; lo abbiamo chiamato
strascico perch la sillaba finale viene prolungata nel suono prima di trovare il filo
conduttore che lega quello che si sta dicendo con quello che si vuole dire successivamente.
Non raro incontrare casi del genere nelle nostre registrazioni:
in R1
- avevo presentato domanda per + e per insegnante tecnico-pratico nelle scuole superiori
- e lambiente della scuola, comunque difficile, difficile, pesante, per comunque molto gratificante; e.. mi sono trovata bene, ho lavorato con persone che che mi stimav che mi stimano ancora oggi in R3 - me li cantavan dietro perch se non riuscivo a veder tutto rimanevo male. Dicevano be.. stiamo in vacanza bisogna anche esser contenti di quello che abbiamo e.. e anche divertirsi. In R4
- E.. e infatti mi piacerebbe andare qui per e dovrei.. convincere il mio ragazzo perch da sola non ci vado, e magari vado un altro anno e cos via.
Le quali espressioni solitamente riempiono un vuoto tra un enunciato e laltro o tra
proposizioni dello stesso periodo che altrimenti andrebbero riempite da una pausa.
Capita che gli enunciati vengano interrotti da un sorriso o una risata per una battuta
o per una cosa detta per attirare lattenzione su un fatto che si ritiene umoristico o
divertente. Come si noter dagli allegati, anche questo evento ha avuto un suo riscontro
significativo e labbiamo tradotto con la faccina che ride .
Il punto interrogativo ci servito, invece, per significare una nostra difficolt nel
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tradurre la parola detta; capitato, pur se in rare occasioni, che anche lascolto ripetuto di
alcune espressioni non ci ha permesso di individuare il termine usato dalla parlante, per cui
abbiamo lasciato lincertezza.
Con la sigla i.d.i. si riconosce lintervento esterno dellintervistatore nel momento in
cui lintervistato mostra indugio o una difficolt significativa nel proseguire il discorso;
quindi lo troviamo spesso dopo una pausa forte o dopo una vistosa difficolt nel trovare le
giuste parole. Si reso necessario, pertanto, uno stimolo che permettesse di allacciarsi
allargomento interrotto o trattarne uno nuovo. Gli interventi variano da soggetto a
soggetto; numerosi in alcuni, assenti in altri. A tal proposito specifichiamo che il
sottoscritto condivide con le parlanti del primo gruppo la realt universitaria; ha vissuto
con loro giornate di studio e di svago che gli ha permesso di intuire quali fossero i
momenti in cui cera maggiormente bisogno di uno stimolo o un input per aprire alcuni
discorsi o di stimolare la parlante a proseguire o a cambiare il suo discorso. ( Cfr. in
allegato; R5 dice: >
p. VIII ) Proviamo a darne qualche esempio:
in R4:
- anche perch ero in una classe sempre [ i.d.i. ] o esatto, ognuna eh non c [ i.d.i. ]
in R1
- E poi una cosa che qui non mi piace, essendo abituata al.. al clima del mare, al caldo e la temperatura temperature forse un po troppo esagerate per noi + [ i.d.i. ]
In R3 - non.. veniamo solo a fare delle belle cose ma facciamo qualcosa che ci serve, im-
pariamo qualcosa. + [ i.d.i. ]
In R6 - cercher io di non essere una maestra come le maestre che mi hanno affiancato
nel ruolo di tutor, durante il periodo di tirocinio. + [ i.d.i. ]
In ultimo ci sembra doveroso giustificare la mancanza delle parole del Sottoscritto
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durante i suoi interventi. Abbiamo preferito non riportare il cosa dicesse lintervistatore
per alcuni motivi legati al fine della ricerca, alle situazioni con cui ha avuto a che fare di
volta in volta, a motivi di natura tecnica.
In primo luogo, trattandosi di monologo, riportare le parole di in interlocutore
sarebbe suonato pi come una deviazione verso il dialogo di cui noi non ci occupiamo. Per
cui abbiamo cercato di dare il pi possibile lidea di una situazione in cui il messaggio fosse
trasmesso in modo unidirezionale. In secondo luogo, per il fatto che lo stimolo esterno non
stato necessario per tutte le registrazioni e per una questione di uniformit abbiamo tra-
lasciato. In ultimo, per motivi tecnici: la voce dellintervistatore non chiara, proferita in
modo bassissimo che ne impedisce lascolto e riportarla in alcuni casi e tralasciarla in altri
non ci parso opportuno.
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2. ANALISI DEGLI STRUMENTI
1.2.1 Analisi degli strumenti e delle modalit di raccolta dati
Un registratore audio digitale mp3, un block notes, un lapis, un Personal Computer
sono stati gli strumenti da noi utilizzati, come gi detto precedentemente ( Cfr. p. 8 ).
Strumenti utilizzati sempre pi di frequente per le ricerche sul campo, soprattutto i
supporti elettronici e telematici che permettono di memorizzare la voce tale da poter essere
analizzata in maniera duratura e trattata numerose volte.
Attraverso la trasformazione dei file audio in mp3 riusciamo a utilizzare i dati a
nostro piacimento senzalcun rischio di alterare loriginalit del linguaggio. Oggi la ricerca,
la scuola, la pedagogia in generale si aprono sempre pi alla tecnologia laddove ci si rende
conto che essa pu avere un ruolo fondamentale, determinante in alcune scelte.
La registrazione audio digitale permette di fissare su supporti magnetici le
informazioni che raccogliamo; lascolto e il riascolto dei testi permette di cogliere tante
piccole sfumature che di per s sono impercettibili se ascoltate in tempo reale. Le
operazioni di raccolta e di sbobinatura gi descritte nei precedenti paragrafi, sono divise in
fasi in cui ognuna necessita di strumenti e modalit di codifica. Potremo sintetizzare il tut-
to come da tabella sottostante:
FASE DESCRIZIONE STRUMENTI
Raccolta dati Le parlanti, ragguagliate Registratore audio mp3
sul fine della ricerca, decidono un tempo di preparazione prima di iniziare a parlare, variabile
da soggetto a soggetto. Largo- mento libero, scelto da loro in quel momento ed enunciato in un
luogo aperto ( solo in un paio di oc- casioni si registrato in un luogo chiuso ) avendo di fronte lintervista- tore e il registratore.
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Archiviazione dati I dati raccolti sono trasformati in Registratore audio mp3 ( trasformazione in digitale e trasferiti sul Computer. Personal Computer digitale e sbobinatu- Le registrazioni vengono riascoltate Block notes
ra ) N volte e sbobinate su file Word; su Lapis e gomma cancell. un block notes annotiamo i punti meno
chiari, lasciati in bianco sul foglio e su cui ci si deve ritornare. La fase di sbobi- natura effettuata successivamente alla scelta delle modalit e dei segni conven- zionali.
Elaborazione e analisi Sbobinate le registrazioni, si stampa il file Foglio Word stampato dei dati su supporto cartaceo e si lavora allanalisi Penna dei testi trascritti. Lapis e gomma cancell.
1.2.2 Analisi del contesto extralinguistico
Le nostre parlanti provengono da una realt condivisa, quella universitaria dellAlto
Adige, nel primo caso, e quella ambientale ( stessa localit ) nel secondo caso. La vita
quotidiana, il contatto con i propri simili con i quali si condividono usanze, tradizioni,
luoghi, abitudini segnano il personale modo di parlare; vanno cio a caratterizzare
lespressione linguistica ( fonetica e accento ) e gli argomenti degli enunciati di parlanti di
una specifica area geografica pi o meno vasta. Al proprio vissuto si rimanda ogni qual
volta si voglia dire qualcosa, si spinti a raccontare a ruota libera e si attinge nei cassetti
di informazioni note, condivise.
Dal macro-contesto, in cui possiamo far rientrare grosso modo tutto ci che
abbiamo detto pocanzi, scendiamo al micro-contesto situazionale, allhic et nunc, meglio
identificato come contesto denunciazione comune. Il racconto necessariamente comporta
luso di termini che rimandano a nomi familiari di persone, di luoghi, di localit, di
situazioni, di spazi, di tempo, dati per scontati e che implicano la conoscenza condivisa con
linterlocutore ; chi ascolta sa il parlante a cosa si riferisce perch ci che esso enuncia > ( Serianni Antonelli, 2006: p. 51 ) Tale situazione
comunicativa un concetto complesso nel quale racchiusa la sintesi del significato di mi-
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cro-contesto. In essa si chiarisce innanzitutto la > dove la > ( Berruto, 1980, cit. p. 153 )
Una divisione rigida qui non pu essere pensata: le nostre parlanti, anche se non si trovano
in un contesto che richiede un particolare linguaggio, hanno di fronte un registratore e
sicuramente attingono al loro repertorio linguistico migliore. Diremo che siamo sulla linea
di confine che separa il formale dallinformale; pur non rischiando una bocciatura ( come
nel caso di un esame ) o una brutta figura ( un discorso pubblico, una comunicazione a un
gruppo di persone, una spiegazione in classe ecc. ) le parlanti cercano di porre la maggiore
attenzione possibile al loro discorso e allo stesso tempo di controllare alcune espressioni
che in una tipica situazione informale non disdegnerebbero. Facendo questo, e sapendo di
essere ascoltate esse finiscono per inquinare il loro usuale modo di parlare. Questo va
inevitabilmente a scapito dellanalisi finale, fondata a questo punto su due fondamentali
compromessi: 1) la parlata che andiamo ad analizzare ai limiti dell informale 2) Le
parlanti fingono di essere da sole e hanno il tempo, anche se minimo, di preparare un
argomento da enunciare.
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CAPITOLO II
1. IL PARLATO
2.1.1 Tratti caratteristici del parlato Se ci spingessimo indietro negli anni per ricercare la bibliografia inerente alle ri-
cerche in campo linguistico tese alla codifica delle norme che regolano scritto e parlato, un
posto di primo piano spetterebbe ai testi di Berruto degli anni 70. La Sociolinguistica
( 1974 ) si presenta come un manuale in cui sono messe a punto le basi per una nuova di-
sciplina: definizioni, strumenti di analisi, forme di analisi, termini, metodologie. Un testo
pionieristico seguito da altri dello stesso autore negli anni successivi, fino ad anni recenti,
che segna lavvio di una rinnovata linguistica e a cui spesso siamo ricorsi nel presente lavo-
ro. Sono gli anni in cui la Sociolinguistica e la Psicologia cominciano a porre sempre
maggiore attenzione al parlato da sempre trascurato e messo in una posizione subalterna
nei confronti dello scritto.
Pi recente invece il saggio di Nencioni Italiano scritto e parlato ( 1989 ) che ci aiuta
a sistemare alcune definizioni riguardo litaliano parlato. La particolarit sta nel fatto che
lo studioso si serve di definizioni negative per affermare e per mettere a confronto parlato
e scritto; ma sono vagliate anche le varie forme di parlato che riguardano specificamente
ci di cui si tratta nel presente lavoro.
1. Litaliano parlato non , hic et nunc, lopposto diametrale dellitaliano scritto [ ] 2. Litaliano parlato non lopposto diametrale del dialetto, perch questo, sebbene sia prevalentemente e istituzionalmente parlato, una parlata geograficamente italiana, ma locale [ ] 3. Litaliano parlato non sidentifica con litaliano regionale, perch questo pu essere tanto parlato che scritto [ ] 4. Litaliano parlato non sidentifica con litaliano settoriale, perch questo dispone di lessici essenzialmente diversificati e specifici per quante sono le variet [ ] 5. Litaliano parlato non sidentifica col cosiddetto italiano popolare ecc. ( pp. 235-236 )
Quello che a noi interessa soprattutto la conclusione a cui Nencioni arriva, quando
dice che
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t, visivit, prossemicit ), dal concorso dellinterlocutore uno o plurimo, dalla tecnica e
regia del colloquio, dagli scopi ed effetti perlocutivi. >> ( Ivi, p. 238 ) Il riconoscimento e
lo studio di tali condizioni, ha permesso di inquadrare e selezionare le varie forme di
parlato in base alle situazioni in cui viene proferito, agli intenti, agli attanti che
intervengono nella comunicazione e che ci riallacciano agli studi precedenti di Berruto.
Vedremo nei successivi paragrafi, nello schema approntato da questultimo come sia
possibile osservare questa divisione; il parlato viene considerato in funzione di alcuni
parametri legati al contesto di enunciazione, agli scopi, alla maggiore o minore formalit
della comunicazione.
I rimandi agli studi sullargomento ci sono dobbligo per chiarire i termini entro cui
far rientrare la nostra ricerca e per poter analizzare i testi adeguatamente. Il parlato, ed il
parlato colloquiale di giovanissime studentesse universitarie e di casalinghe prive di
istruzione scolastica superiore, loggetto del nostro studio; noi, oltre allindividuazione
delle linee di confine che lo separano dallo scritto, ci occuperemo della situazione comuni-
cativa in cui abbiamo racchiuso la nostra ricerca, che si differenzia da innumerevoli altre.
Anzitutto differenziamo il parlato dallo scritto; sono essi i mezzi comunicativi per
eccellenza che luomo ha a disposizione per scambiare idee e pensieri con i suoi simili.
Diversi per articolazione e strutturazione, sono contrassegnati ognuno da caratteristiche
messe a punto e consolidate gi da qualche lustro. Una delle definizione pi felici, di cui ci
serviamo per riassumerle un po tutte, la troviamo in Bazzanella ( 2001: p. 12 ) dove si
afferma che >. Nell immediatezza si ritrova la
caratteristica fondamentale del parlato: pensato e prodotto allistante; ad esso si
accompagnano una serie di elementi, appunto tratti, che > ( Ivi: p. 13 )
I cosiddetti tratti caratterizzanti il parlato, che si vuole duso comune, sono stati
fissati in alcuni punti cos riassunti: a) mezzo fonico-acustico; b) contesto extralinguistico
comune; c) competenza di parlante ed interlocutore/i.
Il primo punto qui ci sembra dobbligo approfondire ed quello inerente il mezzo
utilizzato, uno dei tratti pi visibili e importanti di divisione tra scritto e parlato. In esso
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sono ascritti 4 micro-tratti che schematicamente possono essere cos riassunti:
a) La minima possibilit di pianificazione, che consiste nella difficolt di pre-organizzarsi il proprio turno, o intervento orale, in tempo reale, man mano cio che si parla. [ ]
b) Limpossibilit di cancellazione. Si pu modificare esplicitamente quello che si gi
detto, con unautocorrezione; ma non si pu veramente cancellare come nello scritto [ ]
c) La non permanenza, o evanescenza del messaggio orale. Il parlato infatti non la-
scia traccia fisica ( a meno che non venga registrato ), e si affida quindi esclusivamente alla memoria. [ ]
d) Lincidenza dei tratti prosodici o soprasegmentali, in particolare dellintonazione, ed
il ricorso frequente a mezzi paralinguistici [ ] ( Ivi, pp. 15-17 )
Notiamo come al punto c) venga affermato che il parlato non gode della
permanenza a meno che non venga registrato. Ne abbiamo parlato nellanalisi degli
strumenti di registrazione del precedente capitolo. Ma anche negli altri 3 punti le nostre
registrazioni trovano puntuale conferma: gli improvvisi cambi di argomento, il massiccio
utilizzo di termini prosodici e di pause, le autocorrezioni, la scarsa coesione del testo, la
frammentariet ci portano ad analizzare i testi seguendo regole particolari.
La nostra indagine ha riguardato pi che altro le modalit di organizzazione del
discorso, non toccando questioni fonetiche: dunque struttura dellenunciato, schemi
sintattici codificati e personali, ripetizioni, tempo di ripresa del discorso, pause ecc.
Al secondo punto dei tratti situazionali del parlato messi a punto da Carla Bazzanel-
la vi il contesto; pi particolarmente il contesto extralinguistico comune. A questo si lega
luso dei deittici, dei quali tratteremo nei paragrafi successivi e il quale utilizzo ha permesso
al Sottoscritto, che condivide la realt universitaria con le parlanti del I Gruppo, una
immediata codifica.
Il nostro discorso non si dilungher sulle caratteristiche del parlato, ormai conosciu-
te, ma si focalizzer su alcune di esse.
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2.1.2 Parlato colloquiale come variet dellitaliano neo-standard
Focalizzeremo la nostra attenzione su una delle variet di parlato: il cosiddetto
parlato-parlato. Dire parlato-parlato significa non avere di fronte a s un foglio scritto o
una sistemazione testuale precedente; dire parlato-parlato significa concentrare lattenzio-
ne sul mezzo utilizzato, essere inseriti in un dialogo, in un discorso, in un monologo,
trasmettere e ricevere messaggi vocali, o trasmettere soltanto come nellultimo caso; ma di
questo si parler pi avanti.
La variet di italiano parlato colloquiale quella che Berruto definisce >
( 2000: pp. 24-25 ) Va, dunque, ben distinto dallitaliano neo-standard, di cui come si dice
nel titolo ne una variet, nonch dallitaliano duso comune tra i giovani, il cui linguaggio
negli ultimi tempi, sempre pi rapidamente si sta ritagliando la sua fetta di importanza
nellevoluzione dellitaliano colloquiale4.
Del neo-standard, il colloquiale ha > frammista ad altri
tipici dellitaliano popolare e come abbiamo detto della lingua dei giovani. Facciamo
rientrare le nostre registrazioni, dunque, nella variet di italiano colloquiale, anche se con
le dovute cautele, in quanto riconosciamo nei tratti linguistici distintivi delle parlanti le
caratteristiche di questo idioma. Nella dimensione diafasica berrutiana il colloquiale
descritto come una variet composita, che si adegua alle situazioni, infatti una > Inoltre > ( Ivi: p. 139 ) Le no-
stre parlanti adeguano il loro modo di parlare quotidiano, ad una situazione alla quale
sono state invitate a partecipare, ecco perch latto comunicativo che ci hanno prestato
oscilla tra il formale e linformale.
4 In Serianni-Antonelli ( cit: p. 64 ) detto che >
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Varie sono le definizioni proposte dai linguisti per identificare la lingua odierna,
miscela sempre pi ricca di forestierismi, modi di dire, neologismi legati alle mode, alla
tecnologia, alla vita nel gruppo dei pari. E lera di Internet, basta un click, una connessione
via cavo per contattare tutto il mondo, per scambiarsi pensieri, catturare espressioni,
termini ad effetto magari costruiti artificialmente senzalcuna base etimologica. Oggi
senzaltro pi semplice entrare in contatto con gente di diversa cultura nel nostro Paese,
che porta con s il tratto caratteristico del suo Paese; gli scambi culturali sono
frequentissimi i quali inevitabilmente vanno a ripercuotersi sul linguaggio.
Il caso pi evidente lo si riscontra nella lingua dei giovani, per i quali si parlato della
nascita di un nuovo idioma e tra i vari studi in riferimento interessantissimo quello
curato da Lavinio e Sobrero, La lingua degli studenti universitari ( 1991 ) dove largomento
trattato in modo puntuale ed esauriente e dal quale abbiamo attinto vari saggi. Questo
nuovo idioma presenta caratteristiche sintattiche e morfologiche fuori dalle norme ma
talmente comuni, in uso presso tanta parte dellodierna giovent da dover essere studiato e
tenuto in considerazione. Berruto nel definirlo dice essere un insieme di:
costrutti, forme e realizzazioni che non erano presentate nel canone ammesso dalle grammatiche e dai manuali [ ] forme e realizzazione del linguaggio popolare o familiare o volgare, oppure regionali, e quindi da evitare nel ben parlare e scrivere
( Ivi: p. 62 ) Dunque un linguaggio da studiare perch esiste, ma da escludere come possibile
nuovo idioma regolato da norme grammaticali canoniche. Lincontenibilit della lingua, la
sua forza dinamica non permette di arginarne le modificazioni, quantanche appaiono
negative. Infatti > ( Ivi: p. 63 ) e non rimane altro da fare che prenderne
atto.
Marazzini parla di italiano delluso medio > che identifica come
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questo italiano delluso medio, in sostanza comune e colloquiale, diversamente dallo
standard, accoglierebbe fenomeni del parlato, presenti magari da tempo nello scritto, ma
generalmente tenuti a freno dalla norma grammaticale, che ha sempre tentato di
respingerli ed marginarli. >> Un > che riguarda > ( Marazzini, 1998: pp. 412-413 )
Le caratteristiche salienti di questo idioma sono riassunte in 11 punti che riportiamo
integralmente nel sottostante specchietto:
1) lui, lei, loro usati come soggetti;
2) gli generalizzato anche con il valore di le e loro;
3) diffusione delle forme sto e sta;
4) tipo ridondante a me mi;
5) costrutti preposizionali con il partitivo, alla maniera francese ( > )
6) ci attualizzante con il verbo avere e altri verbi ( > )
7) dislocazione a destra o a sinistra, con ripresa del pronome atono ( > )
8) anacoluti ( nel parlato ): >
9) che polivalente con valore temporale, finale, consecutivo ;
10) cosa interrogativo al posto di che cosa;
11) Imperfetto al posto del congiuntivo e condizionale nel periodo ipotetico dellirrealt. ( Ivi: p.
413 )
Uno dei punti pi interessanti da notare, perch ha trovato un riscontro seppur
parziale nelle nostre registrazioni, quello riguardante laferesi degli aggettivi
dimostrativi questo e questa. Parziale per il fatto che, come vedremo successivamente
le nostri parlanti non ne fanno uso, se non due di loro appartenenti a due gruppi differenti.
Oltre a ci, Marazzini include tra le caratteristiche del nuovo idioma lutilizzo di lui,
lei, loro usati come soggetto; gli generalizzato anche con il valore di le e loro; ci attualizzante
con il verbo avere e altri verbi; dislocazioni a destra o a sinistra con ripresa del pronome
atono. Caratteristiche anchesse non rare nei testi a nostra disposizione, che ritornano, con
percentuali di frequenza differenti, per cui in alcuni casi confermeremo la regola
provandola, in altri ascriveremo le anomalie tra le eccezioni.
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2.1.3 Il parlato colloquiale come variet diamesica Lasse diamesico, secondo Berruto ( 2000: vd. p. 22 ) lasse orizzontale che
differenzia la comunicazione in base al mezzo utilizzato. Nel nostro caso ci collocheremo
in pieno nel quadrante destro, lungo lasse diamesico che individua il parlato-parlato;
nella parte bassa dove si riconosce la parlata spontanea, senzalcun testo di riferimento n
la bench minima pianificazione di sorta, in un contesto ai limiti tra il formale e linformale
per le questioni gi note.
Il linguaggio orale, cio la trasmissione a voce di un messaggio, ottenuto grazie ad
un mezzo fisico ( la voce ), segna in diamesia uno dei punti di maggiore distanza tra scritto
e parlato. Sar bene, per ogni lavoro di tal genere, premettere le capacit comunicative dei
parlanti o del parlante, se cio dotato della facolt di parlare e se conosce il linguaggio
richiesto. Le nostre parlanti posseggono questa capacit e sono di madre lingua italiana nel
primo caso, dialettofone nel secondo.
Nello schema della pagina successiva, con il cerchietto rosso abbiamo individuato la
posizione delle nostre registrazioni seguendo le indicazioni berrutiane. Si noter che
siamo collocati pienamente nel quadrante che individua la situazione del parlato-parlato ma
in un punto marginale dellasse diafasico, che individua cio i registri e i sottocodici
utilizzati nella comunicazione. Lapparente situazione informale in cui ci troviamo non
deve indurci in errore ma considerare oggettivamente la situazione comunicativa in cui le
nostre parlanti sono immerse e la cura che riservano alla loro esposizione. Esse sono
consapevoli di cosa stanno facendo ( enunciare per fini di ricerca ) e possono regolare il
loro modo di parlare e quindi alterarlo; il registro utilizzato, pertanto, oscilla tra il
colloquiale e il gergale che sconfina in alcuni casi in espressioni non del tutto spontanee ma
controllate, forse volte a dare unimmagine positiva di s e non sfigurare davanti alle altre
studentesse. La loro parlata potrebbe essere ricondotta al linguaggio utilizzato nellambito
della realt universitaria.
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SCHEMA ADATTATO DI BERRUTO
Lo schema di Berruto, pubblicato la prima volta nel 1987, ancora oggi un valido
punto di riferimento per chi studia le variet linguistiche. Labbiamo utilizzato per i fini
della nostra ricerca adattandolo alle nostre esigenze.
Asse diamesico
ScrittoScritto Parlato-Parlato
3. it. Parlato colloquiale . Asse diafasico 4. it. Regionale popol
5. It. Gergale trascurato
1. It. Standard letterario 2. It. Neo-standard
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2. IL MONOLOGO
2.2.1. Testualit e organizzazione del discorso
Ci addentriamo ora nello studio dei testi. La vera difficolt del nostro lavoro,
trattando di monologo, risiede nel numero di testi bibliografici a disposizione, molto meno
numerosi di quelli riguardanti il dialogo. Ci forse dovuto al fatto che il monologo pu
essere visto come una forma di enunciazione non sempre libera e spontanea ma quanto
meno frutto di una minima preparazione precedente, mentre il dialogo rispecchia pi
fedelmente i canoni della parlata spontanea e si presta ad unanalisi qualitativa pi aderente
al vero. Tratteremo, ad ogni modo, largomento tenendo in considerazione gli studi in
merito e tentando un confronto tra le varie forme di espressioni orale.
Chiarito il divario che separa il testo parlato da quello scritto e collocati i nostri testi
nelle parlate monologiche libere in situazione semi-informale, scendiamo ancor pi nel par-
ticolare definendo i termini di divergenza tra parlato monologico e parlato dialogico. Nel
primo caso il testo ha un intento espositivo e linformazione data in modo uni-direzionale
( la lettura delle notizie al telegiornale, una rubrica radiofonica, la spiegazione di un testo
di letteratura o come nel nostro caso lenunciazione di argomenti di carattere
autobiografico ecc. ) nel secondo caso c uno scambio di informazioni che presuppone la
presenza di due o pi interlocutori e il grado di informalit pu essere pi elevato.
Diremo che stimolazione e pianificazione sono due dei tratti di massima divergenza
tra monologo e dialogo. Chi parla e ha di fronte un ascoltatore invia e riceve dei segnali
significativi, effettua una comunicazione bi-direzionale con scambio di ruoli tra emittente e
ricevente con la conseguenza che il testo dialogico che ne viene fuori sar caratterizzato da
forte frammentariet, digressioni, cambi di registro. Proviamo a mettere a confronto una
parte di testo/monologo scelto tra uno delle nostre parlanti e una parte di testo/dialogo
quale pu essere una conversazione tra due amici:
quandero piccola sognavo di diventare una cantante famosa la musica infatti sempre stata la mia passione. Ricordo che passavo le ore intere a ballare nella mia camera cantando a squarciagola tu, i testi di tutte le canzoni che mi venivano in mente. Da, dai cartoni animati, per esempio adoravo Cristina DAvena, che allepoca per me era davvero un mi-
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to ai pi svariati cantanti di musica italiana ad esempio Jovanotti, Laura
Pausini cera un gruppo i Neri per caso. Adesso non, nemmeno esistono pi, credo allepoca ricordo che mi piacevano tantissimo. Alle scuole medie poi, imparai a suonare il flauto traverso e il pianoforte addirittura perch ero cos convinta che sarei diventata una cantante che appunto pensando al fatto che se avessi imparato a suonare qualche strumento avevo qualche possibilit in pi. E poi mi piaceva lintonazione della mia voce e tuttoggi mi piace la mia voce. C stato un periodo che addirittura volevo farmi insegnare da mio padre a suonare la chitarra visto che la suona ormai da anni lui. Anche se in realt mio padre ha sempre voluto che io diventassi uninfermiera + pi insisteva su sta cosa e pi sapevo che non sarebbe mai successo, nel senso che.. ho sempre.. il mio carattere mi ha sempre portato ad essere + diciamo un po ribelle ecco! ( Cfr. R2 p. )
P1 a che ora c la partita? P2 al solito orario Gigi! P1 eh lo so, non ricordo aspetta il telef. Se riesco a toglierlo dalla giacca! Pronto si.. ascolta ti richiamo io va b? Ora non posso scusa sono pieno fino alla testa! P2 Donne? P1 Macch! Ah, mi dai una sigaretta? P2 toh. Ci vediamo davanti al bar della stazione allora? P1 Lora? P2 Alle due, alle due! Ahi! P1 Che c? Che hai fatto? P2 Il dito nel nel P1 Aspetta, fammi vedere P2 Niente, non niente dai. P1 Allora vengo con Paolo, ti secca? P2 Ma, fai tu! P1 Piove? P2 Due gocce, niente di preoccupante.
( il dialogo stato registrato a Trento, di nasco- sto tra due amici )
Il primo testo riguarda una nostra parlante in esame ( R2 ); in esso si nota che
> e dove >
( R.Bozzone Costa, 1991: pp. 126-127 ) Si veda come nel primo caso il testo, pur con le sue
parti vuote ( pause, indugi ecc. ) si segua una coerenza argomentativa. Quando si parla dei
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gusti musicali, il discorso segue un certo ordine espositivo, o cerca di seguirlo, ha una sua
coerenza, e nel momento in cui si passa a dire altro, si usa il connettivo poi ( alle scuole
medie poi imparai a suonare il flauto traverso e il pianoforte ) che ci riallaccia al nuovo
argomento.
Cosa che non si pu certo dire per il testo successivo dove impossibile capire
il discorso se non si conosce il contesto, se non si presenti nel momento dellenuncia-
zione e se non vengono esplicitati alcuni momenti. Il testo estremamente frammentato e
i cambi di argomento sono frequentissimi e repentini. Ad esempio: dove s fatto male il
dito P2? Lo sa lui e laltro parlante perch entrambi si trovano in quella particolare
situazione in quel momento e non hanno bisogno di specificarlo ad altri.
Quello che manca nel monologo il cosiddetto botta e risposta, il feed-back: le no-
stre parlanti hanno dovuto inventarsi largomento, trattarlo cos come le veniva
nellistante dellenunciazione, senzalcun altro stimolo se non la propria memoria. Chiaro
che questaspetto va a influenzare la durata del testo il quale pu essere brevissimo nel caso
del monologo e lunghissimo nel caso di una piacevole conversazione. Se non si hanno
argomenti da trattare ci si blocca, si moltiplicano le pause e le ridondanze; non impresa
semplicissima stare davanti ad un registratore per 6, 7 o 10 minuti e parlare di s e della
propria vita; lo hanno provato le nostre parlanti che in taluni casi si sono mostrate
entusiaste di cimentarsi in una simile operazione:
Sono 7 minuti e 34 secondi che parlo e non mi sembra vero, perch la prima volta che parlo cos tanto, cos come se e forse ce nera bisogno. Grazie alla persona che mi ha fatto fare questa cosa, perch ogni tanto si ha bisogno di parlare con se stessi, perch si parla sempre con gli altri ma alla fine non si dice mai veramente quello che si pensa ( Cfr. R7 )
Significative, a nostro giudizio, sono le ultime parole di R7 quando afferma che si
parla pochissimo con se stessi e non si dice mai veramente quello che si pensa. Se scorria-
mo i testi delle nostre registrazioni, ci rendiamo conto come questa affermazione trovi con-
ferma nel momento in cui ci siamo trovati a cassare alcuni nomi di persone verso le quali
ci si rivolgeva in modo poco simpatico, o espressioni non proprio ortodosse.
Ma troviamo anche casi opposti, di difficolt nella prosecuzione del discorso e quindi
un evidente imbarazzo palesato con delle pause o dei segnali, detti segnali discorsivi che
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studieremo pi avanti:
comunque alla fine mi sono trovata bene; passer ancora qui credo anni, parecchi anni di della mia vita, per un indomani credo di.. spero, di tornare a casa e + niente [ i.d.i. ] ( Cfr. R1 )
Uno studio interessante sullorganizzazione del monologo, in particolare del > prelevato da campioni di lezioni e conferenze in ambito
accademico, stato affrontato da Monica Berretta. Dallanalisi delle nostre registrazioni
emersa una certa similarit con le conclusioni alle quali la Berretta giunge. Innanzitutto i
nostri testi condividono la > con i testi analizzati, legata al
contesto; ci aspettiamo, dunque, che essi siano caratterizzati da > ( M. Berretta, 1984: p. 239 ) Riportiamo
qualche frammento di registrazione per dare lidea di quanto abbiamo riscontrato. Ad
esempio in R4 ed R11 le riprese anaforiche evidenziate in grassetto, sono pi evidenti.
R4
- Mi piacerebbe comunque tornare in Spagna bella, bellissima; poi abbiamo visto tra laltro,
una Spagna in miniatura no, c anche unItalia in miniatura che non ho mai visto, a Rimini e infatti magari questestate e e c praticamente questo questo posto dove ci sono delle case costruite pi.. case piccoline, casette, fatte ognuna su.. su uno stile delle diverse regioni della Spagna: casa catalana, casa basca
R11
- Per mio marito un tipo che non mi ha fatto mai mai mai andare a fare delle gite delle gite delle passeggiate. E un tipo molto riservato, dipinge tutto il giorno, gli piace dipingere i quadri; io ho lavorato in 3M, lui maresciallo dellAeronautica per abbiamo avuto due bei figli [ ] Lunica pecca dei miei figli che non si trovano con nessuna donna non si trovano con nessuna donna, sono un poco sfortunati nel campo amoroso.
Fenomeno, questo, riscontrabile sia tra le parlanti del I sia tra quelle del II Gruppo.
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R3
- laltra mia sorella, eh da poco si trasferita, per cui mi dispiaciuto un po perch comunque pi lontana, poi lei fa un lavoro dove lavora molte ore, cos, quindi non che ha la possibilit di venire a trovarci. Adesso per incinta anche lei, e quindi a casa e quindi ogni tanto si fa sentire, poi ha molto tempo libero, quindi ci chiede sempre: cosa hai fatto? Posso venire a pranzo?
R6
- Sono una ragazza di 22 anni, vivo in Alto Adige, in provincia di Bolzano
precisamente frequento il quarto anno della facolt di Scienze della Formazione, con indirizzo.. Scienze della Formazione Primaria. Per la scuola primaria per lappunto.
R10
- Io glielho fatto con tutto il cuore perch era.. era come un ragazzino, era si poteva
tenere, era un vecchietto proprio a modo. Mai un.. ha spostato con la bocca, mai stato scostumato. Lo lamava lo lavavamo come un bambino proprio
Abbiamo scelto, invece, queste parti di R3, R6 ed R10 per mettere in evidenza un
altro aspetto caratteristico del monologo: il mutamento di pianificazione. Nella prima si
danno tante informazioni staccate luna dallaltra nello stesso enunciato, ognuna
evidenziata in grassetto. Nella seconda si nota lultima parte dove evidentemente la
specificazione per la scuola primaria voleva essere detta appena dopo lesplicazione della
facolt frequentata, infatti si chiude con la locuzione per lappunto che conferma una cosa
gi detta e ripetuta. Nellultima la mutata pianificazione si ritrova nelluso verbale, attivo in
partenza, passivo successivamente: io glielho fatto con tutto il cuore e poi era come un
ragazzino, era.. si poteva tenere.
Queste le caratteristiche generali che possono essere ricondotte al monologo, la cui
struttura sintattica a noi interessa individuare e studiare. elementi linguistici e pragmatici
pi ricorrenti in esso, i modi di dire, le particolarit. Il primo tratto che andiamo ad
analizzare sar la costruzione degli enunciati.
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31
2.2.2 Costruzione degli enunciati ( Dislocazioni Frasi scisse - Segnali discorsivi Deittici ) Dal Dizionario di linguistica ( G.L. Beccaria, 2004: pp. 281-282 ) abbiamo attinto la
definizione di enunciato che pu risultare non chiarissima e facile da confondere con i
concetti di frase o di proposizione. Si definisce enunciato una > Dunque una unit che va a formare
un corpo pi ampio qual la frase, ma che nasconde linsidia del significato che pu
trovarsi anche nel contesto e non essere esplicitato dai parlanti.
Una caratteristica degli enunciati verbali si ritrova nelluso di elementi non
strettamente linguistici, che vanno cio, al di l del linguaggio verbale vero e proprio, e
presuppongono la conoscenza di regole pragmatiche. Qui entrano in gioco la mimica, la
gestualit, le pause, le ripetizioni, il corpo di elementi cio che caratterizza in modo
significativo il parlato dialogato o monologico che sia.
Ma partiamo dallinizio; abbiamo parlato di enunciato: secondo studi accreditati, il
parlante italiano medio usa costruire i suoi enunciati secondo una regola fissa,
posizionando ad inizio frase il soggetto seguito dal predicato verbale e dalloggetto,
secondo lo schema:
S + V + O
Dove con O rappresentiamo varie espansioni o complementi del verbo.
Riportiamo in queste pagine lapertura di tutte le parlanti per confrontarlo con la
formula e ci accorgiamo come grosso modo le parlanti in avvio seguano lordine non
marcato delle parole. In taluni casi, come in R1, R3, R4, R8, R9, R10, unavverbiale
temporale precede il soggetto perch si vuole ancorare il discorso nel tempo; ma appena
dopo ecco ritornare la sequenza S+V+O.
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32
R1
[ ESPANS. TEMP. DEL VERBO + SOGG + VERBO + O ] - Allora, esattamente quattro anni fa, mi sono diplomata.. perito chimico.. e ho frequentato
due anni di.. di universit alla facolt di Farmacia
R2
( da piccola ) [ SOGG/APPOS. + VERBO + O ] - Dunque, quandero piccola sognavo di diventare una cantante famosa la musica
infatti sempre stata la mia passione.
R3 ( nella.. ) [ ESPANS. DI LUOGO DEL VERBO + SOGG + O ]
- Allora, la mia famiglia, in casa ci siamo io, il mio pap e mio fratello e viviamo assieme e mio fratello pi piccolo va alle superiori.
R4
[ ESPANS. TEMP. DEL VERBO + SOGG + VERBO + O ] - Allora e quandero in quarta in quarta liceo, sono andata a a Barcellona in gita,
e ho trovato una realt che completamente diversa dalla mia, che vengo da un paesino di montagna abbastanza chiuso
R5 [ O + SOGG + VERBO + O ]
- Allora ti racconto un po il mio percorso scolastico. Allora, ho fatto le elementari a Laives e dal.. 90 al 96 e cinque anni belli e brutti
R6
[ SOGG + VERBO + O ] - Sono una ragazza di 22 anni, vivo in Alto Adige, in provincia di Bolzano precisamente
frequento il quarto anno della facolt di Scienze della Formazione, con indirizzo.. Scienze della Formazione Primaria.
R7 [ SOGG + VERBO + O ]
- Eh fare monologhi non proprio il mio forte, perch di solito io non parlo molto ma penso molto.
R8
[ ESPANS. TEMP. DEL VERBO + SOGG + VERBO + O ] - Allora luned mattina son partita alle 6.. e mezza da Canazei per andare a far tirocinio,
perch io devo far tirocinio..
R9
[ ESPANS. TEMP. DEL VERBO + SOGG + VERBO + O ]
- Allora nel 1964 sono espatriata dallItalia, mi sono recata in Isvizzera
-
33
R10
[ ESPANS. TEMP. DEL VERBO + SOGG + VERBO + O ] - Un giorno arrivata una zia.. che suo fratello era caduto. E mi interpell co come
nipote.
R11
[ SOGG + VERBO + O ]
- Ho conosciuto mio marito quando avevo ventidue anni siamo stati fidanzati due anni e tutto andava bene, felici e contenti.
La nostra prima osservazione si appunta sul segnale dapertura, che 7 casi su 11
allora e di cui parleremo pi avanti ( Cfr. p. 38 ).
Ci che distingue, spesso in maniera vistosa, il parlato spontaneo da quello
strutturato ( quello letto o in qualche modo pianificato ) la sintassi. La formula a tre
termini sopra riportata, nel corpo del testo frantumata, smontata e costruita secondo
criteri altri che possibile verificare gi in questi esempi: per cui abbiamo le dislocazioni ( a
destra o a sinistra ), la frammentariet che spezza di continuo lordine della frase. Avremo
di fronte, allora, un mosaico ( il discorso ) dove i tanti pezzi da mettere insieme ( gli
enunciati ) sono disposti e strutturati diversamente da quanto ci aspetteremmo per un
testo ben pianificato, rispettoso delle regole di coesione e di coerenza ( vd. C.Andorno,
2003: pp. 17-25 ).
Nella definizione di enunciato riportata a pg. 31 si dice che esso racchiuso tra due
segni di interpunzione forti o da pause importanti e non detto che in esso venga
esplicitato un significato. In questi primi esempi riportati non vi la prova di quanto
diciamo, in quanto il parlante, almeno in avvio, cerca di definire per bene il suo argomento,
di essere chiaro per far si che il suo discorso venga compreso successivamente. Ma se
andiamo a ricercare parti di discorso nel corpo dei testi, facile rendersi conto di come ci
trovi puntuale conferma.
R1 dice:
- E.. il lavoro che faccio mi piace, anche se per la mia et e.. ho dovuto superare diversi
ostacoli..
-
34
In R11 troviamo vari enunciati in un solo periodo: - Mi piace tanto vedere la televisione, seguo molte puntate, anche con i.. lamenti di
mio marito e dei miei figli, per lunica nostra soddisfazione, vedere.. telenovele, vedere film e cos passano le nostre giornate e serate.
In R1 lespressione ho dovuto superare diversi ostacoli un enunciato che, pur
sintatticamente corretto, vale solo se legato al prima e al dopo del discorso: coerente al
tema ma non coeso, sintatticamente slegato. che la parlante sta affrontando, ed
comunque > ( G.L. Beccaria, 2004: Cfr. p. 28 )
In R11 i lamenti di mio marito e dei miei figli come lunica nostra soddisfazione sono
enunciati staccati dallintero periodo ma pur sempre enunciati.
Si detto, inoltre, che lenunciato pu non avere un senso compiuto, dunque com-
portarsi come una proposizione secondaria che ha valore solo se legata a qualcosaltro:
R6 dice: - Eh perch mi sono accorta che molto spesso, anche se non ti capita comunque di
fare effettivamente linsegnante di sostegno, le informazioni che ti vengono data durante i corsi e quello che si studia, quello che si impara comunque molto utile
Il perch, in questo esempio, ha valore testuale; non introduce una subordinata
vera e propria, apre lenunciato ed chiaramente legato a qualcosa precedente e se non
viene agganciato ad esso, il senso della frase non verr mai colto.
In R7 lenunciato un inciso:
- Ieri sono tornata ad essere una studentessa normale, non che prima non fossi una studentessa normale, ma prima almeno avevo un un minimo di incarico, ero rappresentante del Consiglio di facolt
I discorsi delle nostre parlanti, dunque, si allineano alquanto fedelmente alle norme
generali che regolano il monologo e costrutti particolarmente fuori dagli schemi non ne
abbiamo trovato. Tutto ci che pu essere analizzato lo vediamo in dettaglio nei paragrafi
successivi, iniziando dal fenomeno della dislocazione per poi spostarci sulluso e la frequen-
-
35
za dei termini e dei modi di dire.
Le dislocazioni Cos come si legge in Lorenzetti5, le dislocazioni a destra o a sinistra rientrano tra i
fenomeni pi comuni riguardo la sintassi della frase. Le dislocazioni a sinistra, sono
costrutti tra i pi usati nellitaliano colloquiale e hanno la funzione di collocare lelemento
della frase, che ha funzione di topic, in prima posizione, scalzando il posto che solitamente
occupato dal soggetto. Nelle frasi:
R6
- dellAlto Adige mi piace lordine, mi piace il rispetto delle regole, la pulizia
R7
- a me non si possono riciclare le cose, perch io sono una persona originale
in prima posizione viene messo lelemento che si vuole risaltare e che abbiamo
marcato: nel primo caso la zona geografica di riferimento, nel secondo caso se stessi.
Unico caso di dislocazione a destra si ritroverebbe in R2; qui, a differenza degli
esempi precedenti, si nota che in prima posizione c un pronome che anticipa il termine su
cui si vuole mettere laccento che noi abbiamo scritto in parentesi quadra. Usiamo il condi-
zionale per il fatto che in effetti una dislocazione vera e propria non ; abbiamo inserito ap-
positamente tra parentesi quadra il termine che mancava per esserlo. Questo per chiarire
quanto detto e mettere in relazione i due tipi di dislocazione.
R2
- La suona ormai da anni lui [ la chitarra ]
5 > ( 2002, pp. 83-84 )
-
36
Pur essendo dei costrutti abbastanza in uso nellitaliano colloquiale, le dislocazioni
non hanno trovato altissime percentuali di frequenza nelle nostre registrazioni.
Frasi scisse o segmentate
Cos come si legge in R.Bozzone Costa ( cit.: p. 153 ) le frasi scisse sono un
costrutto che >
Anchesse molto presenti nellitaliano neo-standard, in certa letteratura e sulla stampa, non
hanno trovato unalta frequenza tra le nostre parlanti. Solo in R3, in due circostanze, ci
imbattiamo in frasi del genere, dove si tende a marcare limportanza di un predicato, nel
primo caso studiare e nel secondo caso vedersi accompagnato dal verbo nodale potere.
In entrambi i casi il valore semantico dei periodi di segno negativo con > ( Ivi: p. 153 )
R3
- Non che studi moltissimo, per gli vengono le cose cos.
- Non che potevamo vederci spesso
- Sono molto impegnata anchio, quindi non che riesco poi molto.
Sullargomento interviene Lorenzetti che considera le frasi scisse essere >. A livello sintattico il costrutto si caratterizza
per la divisione della frase in due parti dove > ( cit: p. 85 ) e da cui possibile estrapolare la formula:
Neg + Essere + Che
che confrontata con i nostri unici tre esempi viene rispettata appieno.
-
37
I segnali discorsivi Un discorso a parte sar fatto per i cosiddetti segnali discorsivi; chiarire il concetto a
cui si legano e dare una definizione di essi dobbligo in virt del fatto che sulla loro
funzione e importanza sono stati affrontati diversi studi. Numerosissimi ed estremamente
vari, i segnali discorsivi svolgono pi funzioni allinterno di un enunciato: servono da
demarcativi, da connettivi, da enfatizzatori, da persuasori ecc. Ci viene in soccorso ancora
una volta una felice definizione di Carla Bazzanella che definisce > ( 1995: p. 225 ) che sintetizza il nostro discorso.
Pi volte la studiosa si occupata dellargomento, come anche in 2001, Op. cit. : pp. 145-
174, e ha offerto interessanti contributi alla sistemazione e alla classificazione di questi
elementi, che spesso sono trascurati perch considerati ininfluenti ai fini di unanalisi della
struttura del linguaggio.
Ci sembra opportuno affidarci alle sue parole nella parte in cui trattiamo dei fattori
influenzanti luso di tali segnali. E stato riscontrato che essi non vengono usati a caso, ma
presentano una frequenza legata ad alcune variabili; infatti > Il loro valore puramente riempitivo, per cui > e > ( Ivi, pp. 228 e 230 ) Come prova di ci che asseriamo
prendiamo alcuni esempi dellutilizzo di insomma sia esso usato da introduzione o da
epilogo allenunciato.
R3 - son convinta che se uno non.. non fa le cose che gli piacciono, non coltiva i propri interessi,
e nella vita sar sempre scontento insomma
-
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R5 - viviamo in un certo lussoanche perch se dopo ci mettiamo a parlare con gente che
abita anche in altre citt del Nord, per ci sonodiverse discrepanze insomma R7
- insomma, sono un po infognata, per ce la si pu fare
R8 - insomma visto che c la possibilit di questo amico che mi impresta le chiavi di casa
La funzione a cui chiamato generalmente si riconduce a quella di segnale riduttore
o modificatore della forza dellenunciazione ( R.Bozzone Costa, cit: pp. 135-136 ); nei nostri
esempi, invece, sembra essere usato per riassumere largomentazione. La variabile et in
questo caso restituisce un risultato significativo: su 18 casi solo uno si registra tra le par-
lanti del II Gruppo. Lo stesso si pu dire per va b, usato 9 volte in totale e sempre dalle
parlanti del I Gruppo. Questultimo segnale, al contrario del precedente, privilegia
essenzialmente la posizione iniziale ed ha > (
Ivi: p. 135 )
in R7:
- Va b, cosa ci volete fare!
In R8
- ho detto: va b vado anchio
Nellanalisi dei segnali discorsivi, la nostra attenzione si appunter su alcuni di essi,
sui pi ricorrenti; terremo come riferimento la tabella riassuntiva dei dati quantitativi
( Cap. III, par. 3.1.1. p. 61 ) Iniziamo dai segnali di > che >, tra i quali primeggia, almeno nei testi a
nostra disposizione, allora. In 7 casi su 11 le parlanti hanno usato questo termine per
avviare il discorso; una percentuale altissima anche in virt del fatto che tra gli altri
segnali di presa di turno considerati nel testo della Bazzanella figurano eh e dunque
entrambi usati una sola volta ciascuna dalle nostre parlanti per introdurre il discorso.
Ritornando ad allora, la sua funzione introduttiva pressoch lunica che gli si pos-
-
39
sa attribuire ( vd. Bazzanella, 1995, cit: p. 233 ), quindi lo troviamo sempre ad inizio
enunciato; se ne contano 28 in totale, con il picco massimo in R8 in cui ricorre 14 volte.
Anche qui la variabile et confermata: in un solo caso su 7 allora usato come segnale
introduttivo da una parlante del Gruppo II.
Il segnale pi frequente eh seguito dallo strascico della voce. Ma non come
segnale di presa di turno, nei quali compare solo una volta ( in R8 ), quanto come segnale
di inizio enunciato. Nella tabella delle frequenze dei termini compaiono, in corrispondenza
a questo tipo di segnale, dei valori zero che si spiegano nella misura in cui abbiamo
considerato il segnale solo se seguito dallo strascico. Ma come si pu osservare dalle
registrazioni in allegato, tutte le parlanti ne fanno uso almeno una volta. Ben 32 volte
usato da R1, 18 volte da R5. Vediamone alcuni esempi:
R1:
- E allet di diciotto anni sono sono venuta su, e a 1200 chilometri di distanza da casa mia. e stato difficile soprattutto il primo mese
R3:
- Eh poi sempre, vuole sempre giocare, scherzare cos solo che molto pi forte di me e quindi mi riesce sempre a bloccarmi, a fermarmi, non mi lascia andare se devo andare in camera.
R4:
- Eh sono stata una settimana, cinque giorni, per penso di non essermi mai divertita cos tanto eh durante quel periodo, diciamo. Anche perch ero in una classe di tutte donne, tutte sai tutte
R10:
- E .. un giorno non era neanche la mia giornata, dissi adesso mi prendo il lavoro a uncinetto e vado da zio Giorgio gli faccio un poco di compagnia e mi metto a lavorare.
Nei segnali cosiddetti riempitivi si fanno rientrare espressioni del tipo ehm, mm, che
noi abbiamo reso con il simbolo e che hanno la funzione di > e
-
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sono > ( Ivi: p. 234 ) Ricorrono con una discreta frequenza
( 45 volte in totale ) e la funzione che svolgono qui non pu essere ricondotta a quanto
dicevamo pocanzi, per il fatto di trovarci in monologhi dove la parola non ha necessit di
essere mantenuta, sempre nelle mani di una persona. Al limite verr considerato come
riempitivo di un momento di vuoto in cui si pensa a come procedere. Per questo motivo,
pi che un segnale generico a noi parso una caratteristica verbale di alcune parlanti, del
loro abituale modo di esprimersi: in R2 ritorna 15 volte, in R6 ed R9 5 volte, nelle
rimanenti con una frequenza trascurabile.
Tra i genericismi pi usati, invece, che per un certo verso svolgono funzione di
riempitivo, c tipo che insieme a del tipo e del genere sono i pi ricorrenti nel parlato
dialogato e monologico riferito a situazioni o a persone. Noi aggiungeremo ricorrente
maggiormente nelle parlate giovanili di una certa area geografica: la conferma la troviamo
nella frequenza del termine che compare esclusivamente tra le parlanti del I Gruppo,
influenzato dunque dalla variabile diatopica e da quella generazionale. Lo troviamo in:
R4 :
- poi magari fare i che ne so, tipo un tour per le varie citt.
- La sera, cio tipo una sera ci han lasciato andare in discoteca
- mi ha colpito tantissimo lacquario che c a Barcellona, mhan detto che quello di Genova tipo il triplo
R5 :
- Tra trentini e altoatesini ci sono delle enormi differenze. Cio, tipo noi ragazze altoatesine abbiamo pi la testa tra le nuvole.
R8
- Questestate spero di laurearmi a luglio, non so se ce la far, penso di no, non lo so andr a
rompere un po il prof e.. tipo in questi giorni che non ci sono esami.
Si fanno rientrare altres nei segnali discorsivi e svolgono diverse funzioni a seconda
delluso, lavverbio indicativo ecco e il verbo diciamo; questultimo si caratterizza per il
> ( Ivi: p.
250 ) Entrambi si prestano ad un utilizzo pi frequente nel dialogo, soprattutto ecco, ma che
-
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ricorrono nel monologo in maniera significativa. Il primo ricorre per una bassissima e
quindi trascurabile percentuale; il secondo, completamente assente tra le parlanti del II
Gruppo, usato da 4 parlanti su 8 del I Gruppo con una percentuale di frequenza non
altissima. Le funzioni possibili che pu svolgere sono di indicatore di parafrasi, indicatore
di correzione, indicatore di esemplificazione ed ha un uso prevalentemente fatico,
segnalatore di incertezza o di difficolt di formulazione. ( vd. Ivi: pp. 248-251 ).
R2
a) mio padre ha sempre voluto che io diventassi uninfermiera + pi insisteva su sta cosa e pi sapevo che non sarebbe mai successo, nel senso che.. ho sempre.. il mio carattere mi ha sempre portato ad essere + diciamo un po ribelle ecco!
b) se penso a quei tempi mi vien da ridere nel senso che erano tempi spensierati in cui spess.. uno immagina che anche limpossibile pu succedere. Poi poi col passare del tempo appunto il sogno.. diciamo cos eh, questo sogno svanito
R4
a) si vede che abbiamo fatto un po di un po di rumore cos, il giorno dopo volevan mandarci via dallalbergo cosa che ci ha lasciato un po cos.. hh.. il nostro professore andato gi lui a parlare, diciamo ha messo a posto le cose
b) a dir la verit ero andata in Austria in terza media, per in Austria si, a Salisburgo e.. era
bello mio Dio, era la prima volta che stavo via a dormire. Per niente di di entusiasmante diciamo.
R5
a) ho avuto occasione di conoscere la realt della Versilia, quindi mi ero molto attaccata alla Toscana oppure anche alla realt della Pianura Padana in quanto c mia zia che ci abita, quindi ero spesso gi, avevo gli amici gi. Per dopo.. diciamo che sono maturata e considero molto pi importante lAlto Adige..
b) allinizio spinta dalla mia insegnante di italiano avevo scelto per il liceo classico solo che
dopo solo che dopo.. avevo.. diciamo visto da vicino che questa scuola non mi piaceva per i personaggi che cerano
R6
a) a dir la verit, ho scelto Scienze della Formazione Primaria un po anche proprio per questo
motivo, perch pensavo di avere quindi una.. diciamo una.. formazione piuttosto completa, che andasse un p in tutti gli ambiti.
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b) le informazioni che ti vengono date durante i corsi e quello che si studia, quello che si impara comunque molto utile per affrontare anche i vari problemi che ci sono in una classe diciamo cos normalmente, anche con i bambini tra virgolette normali, non solamente con quelli problematici
La prima cosa da notare la concordanza verbale di diciamo, il cui tempo coincide,
come per gli altri sintagmi verbali che fungono da segnali discorsivi, con il momento in cui
viene proferita lenunciazione. ( Ivi: p. 251 ) Per questo motivo, il tempo verbale pu essere
solo lindicativo presente. Non infrequente inoltre, lutilizzo correlato di diciamo con altri
segnali, come ad esempio cos che si registra in R2 b) ed R6 b).
Per quel che riguarda la funzione allinterno della frase, troviamo diversi usi: in R2
a) diciamo ha funzione attenuativa, cos anche in R4 b); in entrambi i casi gli aggettivi
ribelle ed entusiasmante sembrano ridursi di intensit accostati al segnale discorsivo. In
altri casi, che poi sono i pi numerosi, diciamo usato invece come segnalatore di incertez-
za o di difficolt; cos in R4 a) cos in R6 a ) e b), ma anche in R2 b) pu essere conside-
rato indice di incertezza.
Deittici
Pi volte abbiamo parlato, nel corso della trattazione, di contesto e di tratti
situazionali. Gli elementi pi strettamente legati al contesto sono detti deittici e sono una
peculiarit esclusiva della comunicazione verbale. Infatti, chi scrive non detto si trovi
nello stesso luogo e nello stesso momento di chi ascolta e non necessario che lo sia. In un
dialogo o in unenunciazione ( libera come nel nostro caso ) linterlocutore deve trovarsi
nello stesso posto e nello stesso momento dellenunciatore; deve condividere cio il
contesto. Nel testo di Carla Bazzanella ( 2001 )6, pi volte da noi utilizzato in questo lavo-
ro, la funzione del contesto posta come secondo punto del paragrafo riguardante i tratti
situazionali e dove possibile trovare rimandi agli studi pionieristici di Malinowski su
6 > Il rimando al contesto extralinguistico, si dice, dovuto alla > ( Ivi, pp. 18-19 )
-
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questo tema ( vd. Ivi: pp. 36-37 ).
Abbiamo gi distinto il macro dal micro-contesto: una cosa appartenere ad una
regione, essere abitante di una citt, altra cosa lambiente in cui si vive, le amicizie, il
momento in cui si parla, come si parla solitamente in una data situazione quotidiana e le
differenze tra i modi di comunicare tra gli abitanti di una stessa citt possono essere
vistosissime. Ci riferiamo a questultima situazione quando parliamo di contesto, che
presuppone la conoscenza da parte di chi parla e di chi ascolta soltanto, come nel caso del
monologo, di una serie di elementi legati alla temporalit, alla spazialit, alle persone.
Latto comunicativo avviene cio, in un contesto denunciazione comune, dove > ( Ivi, p. 18 )
Linsieme di questi elementi rientra nella categoria dei deittici e si legano non solo al
tempo e allo spazio ( allhic et nunc ) ma ad una serie di caratteristiche del parlante: al suo
modo di esporre, alla gestualit, alle pause che presuppongono altres una conoscenza
condivisa con chi ascolta7. Questo, ad esempio, ci ha permesso di interpretare i sorrisi,
anche se appena abbozzati, oppure una cosa detta dalla parlante che si riferiva a quel mo-
mento specifico e in nostra assenza non avremo mai potuto fare.
Ecco, va tutto bene, ma delle frasi che sto dicendo di pi, per autoconvincermi, penso perch a parte questa musica or orripilante [ poco distante due ragazzini ascoltano una musica dal telefonino ] che non ascoltavo neanche quando avevo cinque denti in pi ( Cfr. R7 )
In ogni dialogo o monologo sono presenti elementi deittici, termini che rimandano
al gi noto, a quellinsieme di informazioni che parlante e ascoltatore conoscono e che ri-
guardano le persone ( nei nomi e nei pronomi ), lo spazio ( avverbi di luogo ), il tempo (
avverbi di tempo ) e sono slegati dalle variabili diastratiche, diatopiche generazionali8 ecc.
Come gi detto nel I Capitolo, la condivisione del contesto situazionale con le parlanti del I
Gruppo, cio la realt universitaria, ha permesso al sottoscritto di decodificare pi
7 I deittici sono tra gli elementi del discorso pi studiati in linguistica. Oltre ai testi da noi citati, rimandiamo ad altri lavori in cui possibile ritrovare ulteriori approfondimenti: C.Bazzanella ( cit. 2007 ), C.Andorno ( La Grammatica italiana; Linguistica testuale: 2003 ), L.Vanelli e L.Renzi ( 1995 ). 8 Sulla questione della variabilit della lingua e dei fattori che maggiormente influenzano il suo utilizzo, rimandiamo ai lavori di G. Berruto ( cit: 1980 ) e di C. Bazzanella ( cit: 2007 ), dove possibile avere un quadro completo delle principali variazioni linguistiche. Nella presente trattazione abbiamo messo a fuoco solo due di esse, perch due sono le variabili considerate, per cui parliamo di variet diatopica legata al luogo geografico e di variet generazionale legata allet delle parlanti.
-
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agevolmente i loro testi e di poter attingere al gi noto... Alcuni nomi di persona o di
professori ( che abbiamo ritenuto opportuno omettere )
lultimo anno siamo andati a Roma che stata la gita pi bella di t di tutto.. di t.. di tutti gli anni scolastici. Infatti oggi a [ pronuncia il nome di un professore ] a Educazione .. ho riportato la gita a Roma perch stata un.. unesperienza emotiva forte e bella. ( Cfr. R7 )
e poi gli istanti citati in quel momento, le indicazioni di luogo ( guarda l o eccomi qui )
erano elementi condivisi dalle due parti in causa. Non sempre, invece, si conoscevano le
persone citate dalle parlanti del II Gruppo.
Tabella 2 PARLANTE LUOGO TEMPO PERSONE
R1
passer ancora qui credo anni, parecchi anni di della mia vita
esattamente quattro anni fa, mi sono diplomata
ho dovuto rinunciare alla mia famiglia, che comunque vedo soltanto tre volte allanno, ho dovuto rinunciare ai comunque.. ai miei amici, che non vedo pi, i miei amici dinfanzia, le persone con cui comunque sono cresciuta
R2
/
non credo siano tempi felici quelli in cui viviamo oggi
E poi mi piaceva lintonazione della mia voce e tuttoggi mi piace la mia voce.
R3
durante la mia vita penso sempre al lavoro, poi al di fuori comunque io faccio volontariato
laltra mia sorella, eh da poco si trasferita, per cui mi dispiaciuto un po
poi lui sempre, vuole sempre giocare, scherzare cos solo che molto pi forte di me
-
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R4
Sono arrivata l e e cera diciamo il mondo no! A differenza di quello di quello che.. che c che c da me
era una delle prime volte che tornavo a quellora
andando in camera si vede che [ noi ] abbiamo fatto un po di un po di rumore cos, il giorno dopo [ loro ] volevan mandarci via dallalbergo
R5
Anche l abbiamo avuto diverse espe- rienze fuori dallAlto Adige
Qualche ricordo che ci avevo in mente e in quelloccasione siamo andati a vedere praticamente tutti i monumenti pi impor- tanti di Roma
noi ragazze altoatesine abbiamo di pi la testa tra le nuvole
R6
Mi piacerebb a volte si, sinceramente mi piacerebbe spostarmi, preferirei vivere in, effettivamente in Italia, tra gli Italiani
Per vedremo insomma, adesso termino questanno i corsi e cercher di laurearmi entro luglio
cercher io di non essere una maestra come le maestre che mi hanno affiancato nel ruolo di tutor, durante il periodo di tirocinio
R7
avevo un privilegio e mezzo legato a questa carica, che era quello di poter fare le stampe in ufficio studenti
Ieri sono tornata ad essere una studentes- sa normale
fare monologhi non proprio il mio forte, perch di solito io non parlo molto ma penso molto
R8
va b ho detto vado di punto fatto vado in gi, faccio 5 metri faccio 5 metri e mi tro non c pi la strada
luned mattina son partita alle 6.. e mezza da Canazei
in questi giorni che non ci