ASKING ABOUT ART

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asking about art Francesco Nordio Emilio Vavarella Quali sono le strategie che seguite, quali sono i risultati conoscitivi che ottenete e qual è il valore culturale del vostro lavoro? Come si fa arte oggi? Come si costituisce il processo di creazione artistica in riferimento al vostro lavoro? Quali ne sono le costanti e le variabili, e quanto tali fattori sono imposti o spontanei?

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A CURA DI: Emilio Vavarella, Francesco Nordio --- Tutto il materiale di cui la pubblicazione è composta è stato raccolto nel secondo semestre dell’anno accademico 2011/2012. --- ARTISTI INTERVISTATI: Roberto Fassone, Nina Fiocco, Riccardo Giacconi, Teresa Iannotta, Clio Kraskovic, Alessandro Laita, Anna Longo, Corinne Mazzoli, Gianandrea Poletta, Luca Pucci, Giuliana Racco, Chiaralice Rizzi, Claudia Rossini, Sottobosco, Elisa Strinna, Chiara Trivelli, Valerio Veneruso, Serena Vestrucci. --- PUBBLICAZIONE INDIPENDENTE - Progetto grafico: Alberto Casagrande

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Francesco NordioEmilio Vavarella

Quali sono le strategie che seguite, quali sono i risultati conoscitivi che ottenete e qual è il valore culturale del vostro lavoro?

Come si fa arte oggi?

Come si costituisce il processo di creazione artistica in riferimento al vostro lavoro?

Quali ne sono le costanti e le variabili, e quanto tali fattori sono imposti o spontanei?

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A cura di: Emilio Vavarella, Francesco Nordio

Progetto grafico: Alberto Casagrande

Tutti i diritti dei testi e delle immagini sono riservati agli autori.

Un ringraziamento speciale a: Prof. Angela Vettese, Prof. Cornelia Lauf, Mara Ambrožič e Corinne Mazzoli.

Tutto il materiale di cui la pubblicazione è composta è stato raccolto nel secondo semestre dell’anno accademico 2011 – 2012.

asking about art

Pubblicazione Indipendente con il patrocinio di Università Iuav di Venezia

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Il progetto Asking About Art nasce nel secondo semestre dell’anno accademico 2011– 2012, quando io e Francesco Nordio ci siamo trovati a frequentare il laboratorio di Arti Visive tenuto da Cornelia Lauf all’Università Iuav di Venezia. Fu lì, in una delle prime lezioni, che ci venne mostrata una foto della copertina delle Vite dei più famosi pittori, scultori et architetti di Giorgio Vasari, un’immagine così evocativa che diede inizio a quella serie di avvenimenti e discorsi che hanno portato alla realizzazione di questo progetto. Sospetto che il motivo per cui quel libro mi colpì fosse legato al fascino sempre attuale di una perlustrazione inaspettata del mondo dell’arte ed all’indiretta domanda che portava con sè: ci sarebbe oggi bisogno di qualcosa di simile? Cominciai a parlarne con altri studenti; le prime risposte che mi vennero date furono altalenanti. Da un lato vi era interesse e curiosità, dall’altro i dubbi si incentravano sulla necessità di realizzare questo lavoro. Ho poco interesse riguardo il dibattito sulla presunta necessità pratica di un lavoro artistico. Si dovreb-be obiettare che sono il valore e l’importanza dell’inutilità pratica ad andare ridiscussi. Probabilmente l’umanità deve più ad una classe di liberi pensatori, disoccupati, che ad una massa di occupati a tempo pieno. L’attenzione va dunque spostata su un altro piano: che tipo di ricognizione artistica intraprendere?Le ricognizioni generali sullo stato attuale dell’arte sono, oramai, parecchie; l’idea viene continuamente aggiornata, riproposta, e spesso con discutibili risultati. Resta l’utopico desiderio ricor-rente di molti progetti incompiuti, alcuni idealisti, altri faraonici.

Introduzione

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Parlando con Francesco si è ipotizzato di invertire la prospettiva lavorando su ciò che, di più vicino a noi, ci incuriosiva: il panora-ma artistico dell’Università IUAV di Venezia. Predisponendo una metodologia compilativa ispirata ad un approccio sistematico ed enciclopedico, affascinante nella sua impraticabilità, la metico-losa indagine ha preso il via in modo da acquisire un suo carat-teristico valore artistico e sociale. Dopo un primo contatto con ex studenti del Corso di Arti Visive che si sono particolarmente distinti in questo campo, si è deciso di chiedere loro come si fa arte oggi, così da poter comporre, tramite una raccolta delle loro risposte, un frammentato panorama di convinzioni, prese di po-sizione e punti di vista. Frammentato non perché il lavoro manchi di coesione, ma poiché, con questo tipo di ricerca, non si ha la presunzione di fornire un quadro completo. L’obiettivo è stato quello di perdere di vista il nostro percorso per scoprire nuove prospettive, ascoltando i dubbi degli altri nella curiosa ricerca di qualche certezza. Per la scelta degli artisti ci siamo ovviamente basati sui nostri criteri personali, ma ci siamo anche affidati alle opinioni di professori e assistenti che avevano personalmente conosciuto o lavorato con questi ex-studenti. Con la curiosità di entrare nel micro-universo di ciascun artista, ma senza la possibilità di incontrare tutti di persona, abbiamo trovato nella posta elettronica una buona alternativa. Non abbiamo raccolto le risposte di quelli che non ci sono piaciuti. Ciò nonostante la lista da noi compilata e presentata nel libro è manchevole ancora oggi di diversi nomi, quindi se non ci sono, può anche darsi che non li abbiamo incontrati. A ciò va aggiunto che la curiosità, motivo per cui abbiamo deciso di intraprendere questo progetto, ci ha portato, nel corso di quest’anno, a vivere all’estero (in Israele e Turchia nel mio caso ed in Belgio nel caso di Francesco), rallentando la conclusione del progetto. Penso che per un artista gli ostacoli e i rallentamenti assumano sempre un senso profondo se visti da una angolazione diversa. La storia stessa del nostro corso di laurea è quella di un super-amento creativo degli ostacoli; e che può, a ragione, divenire motivo d’orgoglio. Una scuola d’arte è certamente fatta di strutture, burocrazia, relazioni di potere, ma anche di artisti, ed in tal senso deve mantenersi fluida e dinamica. Tanto gli artisti che la compongono, che l’hanno frequentata, o che vi insegnano quanto l’istituzione stessa, dovrebbero affermare sempre con forza che l’arte è un ambito del sapere e non un vezzo, e che una scommessa su met-

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odologie, tempi e luoghi può anche aiutare a immaginare cosa il futuro abbia in serbo per noi.In questo periodo di grandi cambiamenti ci si è a ragione inter-rogati sul destino delle Università; specie nel nostro Paese, dove le fondamenta del sistema dell’istruzione sono quanto mai corrose. L’Università in quanto istituzione sta mutando in tutto il mondo, sotto pressioni economiche, possibilità di e-learning ed autoformazione, crisi generali ed il dirottamento dei fondi verso ricerche capaci di generare profitti velocemente rendicontabili. In questo orizzonte incerto il contributo degli artisti e delle nuove generazioni si rivela ancora più prezioso, e bisogna necessaria-mente ascoltare la loro voce. Gli artisti sono sempre stati maestri della metamorfosi, sanno affrontare meglio di chiunque altro l’incertezza, l’errore, l’instabilità ed il fallimento. Per questo sono convinto che costituiscano un immenso potenziale per la nostra società. Ma tornando al caso specifico di Venezia, il decennale del corso di laurea magistrale in Arti Visive è stato da poco salutato ed omaggiato con la bella pubblicazione Visual Arts at IUAV 2001-2011. In quel contesto ci si era chiesto cosa dovrebbe essere una scuola d’arte, e la parola era stata data ai professori. E gli studenti? Perché non ascoltare cosa loro hanno da dire? Noi l’abbiamo fatto e abbiamo tracciato la nostra mappa. Spero vi guidi in un viaggio interessante.

Emilio Vavarella

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Un primo aspetto da considerare è che sia io che Emilio siamo due artisti: questo progetto nasce infatti come invito a tentare modalità di dialogo ed interazione tra artisti ed a sperimentare dinamiche di autogestione critica, teorica e curatoriale.In questo libro abbiamo quindi posto l’accento su quello che gli artisti hanno da dire, sull’interesse che possono suscitare le loro idee ed i loro discorsi, lasciando che le immagini e le opere costruisca-no un percorso parallelo invece che protagonista, come solita-mente avviene. Agli ex studenti che hanno intrapreso la strada della teoria e della curatela abbiamo posto le stesse identiche domande, senza nessuna distinzione e senza nessuna modifica, lasciando a loro il compito di stabilire e gestire eventuali definizioni, differenze e distanze disciplinari.Questo libro è una raccolta di interventi da parte degli ex studenti del corso di laurea triennale e magistrale di Arti Visive dello I.U.A.V. che hanno riscosso più successo. Si tratta quindi di un momento di elogio e celebrazione di un corso di laurea rivolu zionario, che crede ad un taglio multidisciplinare, all’affian-camento della pratica laboratoriale agli studi teorici, e che crede alla formazione di intellettuali più che alla formazione di “creativi” o di “esperti”.È però un elogio che, in questo periodo, non può che avere un sapore un po’ amaro dal momento che il corso di laurea magi strale sta subendo continui ridimensionamenti ed il corso triennale è ormai quasi irriconoscibile (a causa principalmente dei cambiamenti imposti dalle politiche dell’istruzione degli ultimi

“Create, artist, do not speak.” This speech has been made to us all too often by people who claim to speak for us, think for us and act for us: politicians, intellectuals, industrialists, teachers, art critics and others. And we have always been betrayed. I create, I think and I speak.

Asger Jorn

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governi). Leggere questo libro può servire a soddisfare una curiosità in merito alle singole figure, ma può anche fungere da introduzione e piccola panoramica su una fetta dell’arte contem-poranea emergente in Italia.Questo libro è però anche una trappola: abbiamo posto agli ex studenti delle domande che sembrano molto aperte, molto

“facili”; un artista abituato a parlare quotidianamente del proprio lavoro ci giocherà abilmente e molto volentieri, potrà tirare fuori dal cappello le proprie frasi ad effetto più riuscite, le proprie trovate più brillanti, le citazioni preferite ed il proprio humour più agile. Però sono anche domande spinose, che toccano temi particolarmente delicati e che si insinuano in mezzo ad alcune delle contraddizioni sulle quali il mondo dell’arte sembra reg-gersi, ma restando in bilico. Di fronte a queste domande, ogni silenzio ed ogni elusione diventano facilmente eloquenti. Scrivendo questo voglio soltanto indicare che accanto ad una let-tura spensierata-divertita e ad una lettura meravigliata-sognante di questo libro (letture che comunque consiglio vivamente) è possibile anche un’attenta lettura critico-investigativa in grado di stimolare un’ampia gamma di riflessioni.Dopo aver letto il materiale posso affermare che l’esperimen-to ha ottenuto risultati eccezionali: le domande hanno, come previsto, aperto un ventaglio estremamente ampio di riflessioni e discorsi molto complessi e di enorme interesse. Tali discorsi sono stati condensati dagli ex studenti in poche righe, facendo intuire molto in merito alla loro formazione, al loro orizzonte culturale, alle loro posizioni private ed alle connessioni tra questi aspetti e la loro pratica artistica.

Francesco Nordio

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1.Come si costituisce il processo di creazione artistica in riferimento al vostro lavoro?

Quali ne sono le costanti e le variabili, e quanto tali fattori sono imposti o spontanei?

2.

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4.

3. Quali sono le strategie che seguite, quali sono i risultati conoscitivi che ottenete e qual è il valore culturale del vostro lavoro?

Come si fa arte oggi?

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Roberto FassoneFaccio quello che mi emoziona e poi chiedo a mio fratello.

1. Ludica/ Meta/ Retorica/ Vincoli 2. Amici/ Amore3. 28 4. Deleuze & Guattari/ Terzo Paesaggio/ Courier New/ Titoli in

Latino/ Scritte Fiche/ Deleuze & Guattari/ Ripetizione/ Giochi di Parole/ Metafore/ Istruzioni/ Animali veri e finti/ Copia e incolla di scambi di mail.

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1.1

Per Te

(2011)

La Castiglia

photo by

Francesca Morra

1.3

OTTO (ala anona oro osso osso oro anona ala)

(2010)

Fond. Bevilacqua la Masa

photo by

Riccardo Banfi

Roberto Fassone è nato nel 1986 a Savigliano. Nelle sue performance ha: evitato di parlare male di chiunque per 3 mesi, suonato in una band che non faceva musica e svolto una lezione senza la R. Ha frequentato i corsi di Arti visive alla Fondazione Ratti di Como e alla Fondazione Spinola Banna. Si è laureato allo IUAV realizzando un gioco in grado di generare istruzioni. È stato selezionato per la residenza RESò meet-up. Vive ad Asti.

1.2

A funny way to teach English to my stunning six years old cousin, Mila

(2011)

La Castiglia

photo by

Francesca Morra

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Nina FioccoIl mio processo di creazione s’interessa del tempo e del luogo. Non è mai uguale e porta con sé le regole imposte a ogni singo-lo lavoro da questi fattori contingenti. Ha spesso a che fare con un movimento al fine di ridurre una distanza. Nessuna costante e solo variabili. Anzi, interesse per le variabili.La parola strategia non mi piace. Quindi non ne uso. Mi interesso dell’arte come presenza, della presenza come movimento e del movimento come politica.

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2.1

Uno di sei tentativi di far sembrare bastardo un cane di razza

(2011)

Still da video

2.2

More palms at north east. foreign elements in domestic landscape

(2011)

La Castiglia

photo by

Francesca Morra

2.3

Beati coloro che senza aver visto crederanno

(2011)

Documentazione

di un’azione.

Nina Fiocco (Feltre 1985). Studia Storia dell’arte a Milano e Marburg (Germania), storia dell’arte latinomericana a Monterrey (Messico) e si laurea in Progettazione e Produzione delle Arti Visive pres-so lo Iuav di Venezia. Nel 2009 inizia a lavorare come artista e da allora espone presso istituzioni italiane ed estere. Nel 2011 è stata artista in resi-denza presso la fondazione Bevilacqua la Masa di Venezia con Nicola Turrini. Attualmente sta lavorando al progetto Monte Grappa a Chipilo (Messico) grazie all’invito di Magnolia de La Garza (Museo Tamayo – Città del Messico) e a un finan-ziamento Movin’Up (Gai).

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Qualche anno fa ho lavorato ad una tesi su Italo Calvino, e credo di essere rimasto legato al suo modo di concepire il compito della letteratura, cioè come un impegno costante, un continuo

“gioco sulla pelle propria” per tentare di situarsi sempre ai limiti del linguaggio e del dicibile. Non si tratta di un’impresa colossale e rivoltosa, piuttosto di uno sforzo continuo e preciso. Credo sia pericoloso oggi dimorare completamente nei linguaggi che ci vengono proposti: i processi del senso devono essere sempre esaminati con cautela, poiché esso può facilmente divenire una violenza, una forzatura. Spesso è utile rapportarsi alla propria lingua come ad una lingua straniera, sorprendersi, lavorare per una lettura di sbieco.Walter Benjamin scriveva che “ogni lingua comunica se stessa”: il linguaggio può essere considerato la forma più antica di archivio che l’uomo abbia istituito. Credo quindi sia molto fertile studiare le tracce nascoste, latenti o marginali che le pratiche del linguaggio possono rivelare. Queste tracce sono effettivamente residui dei percorsi—sempre accidentati—che i linguaggi compiono attraverso le società e i tempi. Il linguaggio è sempre tradizionale, in quanto, proprio per la sua essenza di archivio, è intrinseca in sé la tradizione—cioè la trasmissione—del passato.Uno degli interessi centrali del mio lavoro recente riguarda le forme narrative e, in particolare, la produzione dei contesti e delle dinamiche che circondano gli aspetti performativi intrinseci nelle forme narrative. Uno strumento importante per tale pratica è lo studio degli eventi attraverso un “paradigma indiziario”, così come lo ha definito Carlo Ginzburg. Un paradigma che, cioè, invece di basarsi su macro-costruzioni storiche, parta da tracce marginali, secondarie, e sviluppi una linea narrativa a partire da dettagli e indizi micro-fattuali.

Riccardo Giacconi

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3.1

In thin air (Santa Caterina)

(2009)

installazione sonora (organo

da chiesa, nastro adesivo)

3.3

L’altra faccia della spirale #4

(2010)

Inchiostro su carta

24,5 x 34,5 cm

3.2

Il vendicatore

(2011)

performance per burattini,

eseguita da Giacomo Onof-

rio (dettaglio)

Riccardo Giacconi ha studiato arti visive presso l’Università IUAV di Venezia, la UWE di Bristol e la New York University. Ha completato una residenza annuale presso l’ENSBA di Lione e preso parte alla sezione Résonance della Biennale di Lione del 2011. Nel 2011 è stato fra i finalisti dell’Ariane De Rothschild Prize e ha svolto una residenza a Viafa-rini, Milano. Ha presentato i suoi film in diversi festival, fra cui il Torino Film Festival (2011) e il FID Marseille (2011). Nel 2007 ha co-fondato il collettivo Blauer Hase con cui cura la pubblicazione periodica Paesaggio.

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L’unico modo di fare arte oggi per me è con umiltà e coraggio. seguendo il mio istinto, lavorando moltissimo a progetti spesso piccoli ma nei quali credo fortemente. un’idea, un’opera d’arte che stimola in me una riflessione, a volte perfino la frase di una canzone. Il processo creativo per me nasce da una suggestione e sboccia veloce e dirompente. Mi interrogo ogni giorno sul valore culturale di quello che faccio e la verità è che devo ancora trovare una risposta. Ma è in questa tensione continua che trovo la mia spinta.

Teresa Iannotta

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4.1

Quiet is the New Loud

(2010)

Hotel MariaKapel, Hoorn

(NL), guest curator Teresa

Iannotta

4.2

(Vielen) Dank für die Glückwünsche

(2011)

di Wolfgang Wirth and

Klaus Bock. Progetto per il

WvWdW Festival presso

Nac Foundation.

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4.3

Windows 2009

(2009)

a cura di Teresa Iannotta

e John Colenbrander.

Installazioni site specific

nelle finestre di studi e

appartamenti a Rotterdam

Dopo la laurea presso lo IUAV ha completato la sua educazione con internship presso due enti non-profit di New York, l’ICI e il Public Art Fund, e con il corso CECAC, promosso dalla Fondazione Ratti e Comune di Milano. Dal 2003 lavora come collaboratrice del GAI di Padova e dell’Ufficio Progetto Giovani. Dal 2009 gestisce insieme a quattro artisti il project space Sils a Rotterdam. Nel 2010 è stata selezionata come guest curator presso lo spazio Hotel MariaKapel a Hoorn (NL). Oltre all’attività curatoriale indipendente lavora come consulente per la Fondazione NAC di Rotterdam.

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Il processo di creazione artistica, inteso nella sua forma proget-tuale ed organizzativa, nasce da un bisogno di condivisione e comunicazione, in riferimento ad una specifca realtà o collettività. Tra i fattori costanti vi sono le modalità di approccio, che cercano sempre di riflettere una specificità locale, l’intento di dar luce ad una pluralità di voci, il tentativo di mantenere aperto un ampio ventaglio di interpretazioni e possibilità, stimolare nuove rifes-sioni e punti di vista. Questi elementi contribuiscono a creare l’apparato di elementi “imposti”, nel senso di elementi impre-scindibili, ma sono altresì presenti e necessarie anche le compo-nenti variabili, che a seconda del progetto e delle figure coinvolte svolgono un ruolo più o meno signifcativo. I risultati conoscitivi che si ottengono non sono mai ipotizzabili a priori: tralasciando l’arricchimento personale, il fine ultimo di un progetto artistico, a mio avviso, dovrebbe essere l’arricchimento collettivo più che quello personale.

Clio Kraskovic

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Clio Kraskovic è nata a Fiume nel 1986. Ha studiato Arti Visive presso la NABA di Milano e l’Università Iuav di Venezia dove ha conseguito la tesi triennale nel 2005 e, presso il medesimo ateneo, ha conseguito la laurea magistrale in Progettazione e Produzione delle Arti Visive. Ha collaborato con la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, la Fondazione Bevilacqua la Masa di Venezia, la Biennale di Venezia, il Museo Revoltella di Trieste, il Teatro La Fenice di Venezia e il Teatro Miela di Trieste.

5.3

Foto dell’inaugurazione della mostra MMIX. Illustrazione e fumetto a confronto

(2009)

Spazio espositivo

dell’Accademia di Belle Arti

di Bologna

5.2

Unf(o)unded

(2011)

Casa di Ludovico Ariosto

Ferrara

5.1

Feel free to take one

(2011)

Common Ground: Projects

for the Lagoon, Fondazione

Bevilacqua La Masa, Venezia

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Non credo nella creazione ma nell’evoluzione. Io non posso creare né generare. Preferisco pormi in un processo critico nei confronti di ciò che mi sta attorno. Essendo un processo critico evolutivo vi sono solo variabili che si manifestano nel momen-to della crisi. Lo studio di tali variabili è un fattore costante ed imposto dall’urgenza della realizzazione formale di un “lavoro artistico”. Non vi sono strategie. Perché non esiste uno scopo predeterminato. Il mio obiettivo non è quello di produrre un pro-dotto artistico, ma di rispondere ad un’urgenza disinteressata. In questo modo ciò che faccio è dettato dal diletto. I risultati sono il lavoro, e sono quindi gesto critico. Io oggi cerco di essere presente al mondo usando il lavoro al servizio della mia ricerca critica. L’oggetto finale di questo processo è la sua testimonianza.

Alessandro Laita

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6.1

Una Battaglia (A Battle)

(2011)

Stampa su carta

di cotone; cornice di legno

6.2

Untitled

(2011)

Polaroid cancellate.

20 polaroid; cornice di legno

nero

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6.3

These things I do, and shall do, if I can, are no longer, or are not yet, or never were, or never will be, or if they were, if they are, if they will be, were not there, are not here, will not be here, but elsewhere

(2011)

Installazione.

Alessandro Laita vive e lavora a Venezia.Ha conseguito la laurea triennale in Arti Visive presso l’Uni-versità IUAV di Venezia, specializzandosi successivamente in Progettazione e Produzione delle Arti Visive presso il medesimo istituto. Partecipa a diverse collettive in Italia e all’estero, esponendo in sedi quali la Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Monfalcone, Fondazione March di Padova, Viafarini di Milano, Fondazione Spinola Banna di Torino, Careof Milano.Nel 2010 è in residenza presso gli atelier della Fondazione Bevilacqua la Masa (VE) e nello stesso anno, in occasione dello Steidl Book Prize, presenta al Folkwang Museum di Essen il libro “Live in the house and it will not fall down” (assieme a Chiaralice Rizzi, con cui condivide lo studio). Nel 2011 segue il workshop tenuto da Italo Zuffi a Careof ed è selezionato per la mostra annuale della Fondazione Spinola Banna. Nel 2012 lavora come assistente alla didattica di Lewis Baltz presso l’Università IUAV di Venezia; da luglio a dicembre 2012 è stato in resi-denza presso Villa Straeuli a Winterthur (CH).

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1. Non mi occupo di creazione artistica ma seguo un processo che si può definire creativo nella ricerca filosofica. Esso consiste nello sforzo di mettere in discussione le nozioni date per acquisite e nella ricerca di una maniera originale di pensare, capace di ris-pondere ai problemi più attuali della nostra epoca.

2. Le costanti sono rappresentate per le regole della disciplina e per l’esistenza di concatenamenti logici necessari, le variabili sono quelle che è necessario saper inserire nei punti giusti in base a problemi specifici. Ciò che è imposto e il minimo comun denominatore necessario a far comprendere le idee, è un concatenamento collettivo che si tratta di mettere in variazione e sul quale ci si deve innestare.

3. L’arte si fa come si è sempre fatta. La creazione consiste, ed è sempre consistita, in una modificazione dei rapporti reciproci tra uomo, natura e cultura con mezzi ogni volta adeguati all’organiz-zazione dei rapporti esistenti, ovvero alla condizione storico- sociale specifica.

Anna Longo

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Sono da poco dottore in filosofia estetica all’Université Paris 1 – Panthéon Sorbonne, vivo e lavoro tra Parigi e Venezia. Ho frequentato il biennio specialistico allo IUAV tra il 2004 e il 2006, dopo la laurea ho lavorato per la galleria Artericambi di Verona, dove ho avuto la possibilità di curare diverse mostre di giovani artisti. In seguito ho vinto una borsa di dottorato presso il SUM e ho instaurato una cotutela di tesi a Parigi. Attualmente sto lavorando a un progetto editoriale.

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7.1

Il divenire della Conoscenza

(2013)

A cura di Anna Longo

e Roberto Masiero

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La mia pratica artistica nasce come sfogo, urgenza e unico mezzo effettivo di espressione in mio possesso. Il percorso di studi all’interno di istituzioni artistiche mi ha condotto ha pensare che fare arte forse significhi essere parte di un grande gioco di ruolo nel quale l’aspirante artista viene addestrato a seguire regole, istruzioni, percorsi obbligati. All’interno di questo scenario ho sviluppato la tendenza alla costruzione di immaginari estremi e corrotti, che facessero da sfondo e che ben identificassero la mia idea di un futuro senza speranza, apocalittico; con molteplici media, dal libro al video, dalla scultura all’installazione effimera, rappresento realtà distorte, situazioni estreme a volte popolate da eroi, pronti a rischiare la vita per propagare la propria cultura, altre volte invece ciò che traspare è la paura di un futuro arido nel quale l’uomo è assente.Essere influenzabile, manipolabile, mutevole, è la condizione in potenza per la realizzazione di ogni mio singolo lavoro, per questo i progetti collettivi hanno avuto ruolo fondamentale nel mio percorso permettendomi di avviare uno studio sull’influenza artistica e sul flusso di contaminazione delle idee che avviene all’interno di un gruppo; chi fa arte oggi dovrebbe sviluppare una propensione al contagio, lasciarsi infettare dai bacilli dell’ar-te, subire e mettere in mostra le conseguenze.

Corinne Mazzoli

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8.1

L’Influente

(2012)

Libro d’Artista

#1 di 4

17x23 cm

8.2

La Sindrome di Cassandra

(2010)

Installazione composta da:

Video1’37’’, Fotomontaggio,

Poster 50x70, Cartoline

11X15,5 cm, 2010

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8.3

Baton Sinister: or how subultures could forge transversal heroes

(2011)

Installazione,

dimensioni variabili

all’interno della mostra

Baton Sinister

Palazzo Contarini Corfù,

54^ Esposizione Internazi-

onale d’Arte di Venezia,

Padiglione Norvegia.

Corinne Mazzoli, nata a La Spezia il 12 luglio 1984, si laurea nel 2008 all’Accademia di Belle Arti di Firenze, conseguendo un diploma di Laurea Magistrale nel 2012 in Progettazione e Produz-ione delle Arti Visive presso la facoltà IUAV di Venezia. Vive e lavora tra Venezia e La Spezia.

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Il lavoro, nel mio caso, si costituisce attraverso un lento processo di sintesi e di eliminazione del superfluo. Parto da stimoli diversi ed eterogenei: esperienze biografiche, letture, oggetti quotidiani che nella mia percezione (anche a livello ingenuo) si configurano come salienti. Cerco poi, di ricondurle ad un punto che per me è importante. È un processo che richiede tempo ma che mi per-mette di esplorare la molteplicità delle realtà in cui viviamo.C’è poi il problema del linguaggio, che è il vero problema della creazione e che, penso, non deve mai essere dato per scontato ma sempre messo in discussione nelle scelte che danno forma al lavoro.I fattori imposti non esistono, di per se. Ma io personalmente mi pongo numerosi limiti nel lavoro, servono a dare forza alle idee.Dare un giudizio di valore al proprio lavoro è difficile. Credo però che la ricerca linguistica e l’efficacia del proprio messaggio presso il pubblico siano due metri validi per misurare il valore culturale. Sono due fattori a volte discordanti e un buon lavoro dovrebbe credo riuscire a coniugarli.Personalmente mi piace uni-re elementi apparentemente molto distanti tra di loro, credo che il ponte che si crea tra due cose che solitamente non si toccano permetta di rileggere entrambe sotto una luce nuova.Oggi, si fa come si faceva ieri e come si farà domani. Tuttavia esiste uno zeitgeist e penso che sia responsabilità degli artisti tenerne conto, per non scadere nella retorica e per dare vita ad un lavoro che sia testimone del presente e che immagini il futuro.

Gianandrea Poletta

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9.1

Moonwalk

(2012)

Nike Air Vortex, dildo a

motore elettrico.

Dimensioni ambientali.

Premio Stonefly.

Fondazione Bevilacqua La

Masa.

9.2

Felix Baumgartner

(2013)

Mixed Media.

Mirror Project, Barriera.

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9.3

Underpass, Project for an Ambiental Sculpture

(2011)

Mixed Media

Nato a Mestre nel 1984. Studia all’Università Iuav di Venezia, dove nel 2009, si laurea in Progettazione e Produzione delle Arti Visive, frequenta diversi work-shop presso la Fondazione Spinola Banna di Torino tenuti da Jorge Peris, Milovan Farronato, e l’associazione Penso Con Le Mie Ginocchia. Sempre nel 2009 lavora in collaborazione con Jorge Peris in una mostra/evento collaterale della Biennale di Venezia. Nel 2012 è artista in residenza presso la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia. Nello stesso anno crea Supermarket, evento sull’editoria artistica e cura la mostra Record in collaborazione con GUM Studio. Nel 2013 realizza la sua prima mostra personale presso lo spazio di Barriera a Torino, a cura di Cripta 747. Il suo lavoro muove da una riflessione sullo spazio scultoreo come ambiente vivo, che diventa a volte spazio mentale e intimo a volte spazio sociale e culturale.

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Luca Pucci1. Per me con il confronto, sì 2. La vita di certo 3. Imposto non va bene4. Centrale è il progetto 5. Non so, dipende dal caso6. Massimo7. Meglio rispondere domani

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10.1

Pinotto (2011)

foto di Alice

Mazzarella.

All’interno di

Lonely (2012) installazione ambientale e

libro d’artista

10.2

Pinotto 2 (2011)

foto di

Alice Mazzarella.

All’interno di

Lonely(2012) installazione

ambientale e libro d’artista

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10.3

Pinotto 3 (2011)

foto di Alice Mazzarella.

All’interno di Lonely (2012) installazione ambientale e

libro d’artista

Nato ad Assisi il 10 marzo 1984, vive e lavora ad Assisi. Nel 2007 consegue il diploma accademico presso l’Accademia di Belle Arti di Perugia. Nel 2011 consegue il Diploma di Laurea Specialistica in Produzione e Progettazione delle Arti Visive presso la Facoltà di Design e Arti dello Iuav di Venezia. La sua ricerca artistica è focaliz-zata sulla casualità, che viene restituita attraverso video, installazioni e performance nel tentativo di esplorare le possibilità di trasgressione.

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One of the main areas of interest of my work is the different socio-political roles and rules of language use (spoken and written) in specific historic or contemporary contexts. In recent years, I have focused particularly on subsistence-related questions, such as labour, housing and migration. My projects often link personal narrations, culled through research and interviews, to greater and more complex situations. These connections surface through visual, audio and lin-guistic associations which consequently create an oscillation between micro and macro contexts (from individual to collective experience). I am interested in using and modifying existing forms of communica-tion and, at times, I produce works in the form of series or editions (books, magazines, postcards); other times, I create installations or public interventions aimed at instigating reflections on new ways of thinking and resisting the limitations imposed by rules. Thus, I do not stick to any specific medium, yet choose forms which are consonant with the research I am carrying out. In this sense, then, it is the way of investigating and rendering visible or tangible the questions that come to the surface which are the “invariables” (though these con-tinuously evolve and, therefore, vary) and the form and medium are the “variables”. The kind of art I am interested in is one that opens up questions rather than attempt to give answers.

Giuliana Racco

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11.1 Cover of “In Attesa di...”

(2009)

20 x 28 cm

fotonovela, 44 pp.

edition of 1000

in collaboration with

Matteo Guidi

curated by Caterina

Benvegnù within the

context of Art Waiting

Room,

Fondazione March,

Padua,

photo by the artist

11.2 Silence is Golden

(2009)

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11.3 My Invisible Years

(2003 – 2007)

4’ video, CVs on A4

paper, UV lamp, dim.

variable

Giuliana Racco was born in Toronto in 1976. She received her BFA degree from Queen’s University in Canada. After two years of working and travelling through Asia, she moved to Eu-rope in 2002 where she soon after completed a Masters degree in Visual Arts at the IUAV Univer-sity in Venice. She has worked as a teacher and assistant professor in visual arts workshops and participated in residency programs at various art institutions, including the Fondazione Bevilacqua La Masa, Casino Luxembourg and the Jerusalem Centre of Visual Arts).

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Il mio lavoro cerca sempre di porsi in termini di necessità, ovvero capire cosa significa fare qualcosa in un dato momento. I fattori che decidono del mio lavoro sono tanti, tra gli altri: capire come esprimere la soggettività dell’opera, qual è il mio rapporto con le immagini, capire come il prossimo progetto si relaziona a quelli passati, fuggire la spettacolarizzazione, praticare il rifiuto, ridefinire i problemi ogni volta daccapo attuando una costante autocritica, creare istanti, “formule per uscire nel giorno”. La mia pratica procede trovando un metodo per far parlare i materiali che ho lavorando sulla loro struttura, soffermandosi su questioni formali e concettuali in modo che la mia ricerca personale crei uno spazio per porre delle nuove domande tentando di trasportare la mia idea verso ambiti sempre differenti. Partecipando del mondo in modo attivo, creando qualcosa e non solo appropriandosi di qualcosa di già esistente, lottare con le idee cui siamo legati rendendosi conto che l’arte non deve essere soltanto una riflessione dell’io dell’artista perché, in quanto produttore di cul-tura, il suo lavoro dovrebbe creare un percorso di senso e contribuire in qualche modo a creare opere un po’ meno luminose, un po’ più inquiete.

Chiaralice Rizzi

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14.1

Live In The House and It Will Not Fall Down

(2010)

Libro

In collaborazione con

Alessandro Laita

14.2

Nell’attimo che non si aggiusta ma sopravvive lucente mentre scappa

(2007 – 2009)

stampa a getto d’inchios-

tro su carta baritata,

45x40 cm ciascuna

14.3

A Perfect Commotion

(2011)

Fotoincisione (1 di 5),

50x70cm,

Collezione della

Fondazione Fotografia

di Modena

Nasce a Como nel 1982 e vive a Venezia da allora.Nel 2009 consegue presso lo I.U.A.V. di Venezia la laurea specialistica in Progettazione e produzi-one delle arti visive.Dal 2010 lavora presso lo stesso istituto come collaboratrice alla didattica per i corsi di Antonello Frongia, Lewis Baltz, Adrian Paci.Per ulteriori informazioni: www.chiaralice.com

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Solitamente l’idea per un’opera mi viene guardando. Andare alle mostre, guardare la tv, sfogliare cataloghi e riviste, navigare nel web, passeggiare: sono tutte azioni che compio per nutrire gli occhi, deve essere un allenamento quotidiano e rigoroso. Tra le tante idee, quelle che decido di attuare sono quelle che mi ricordo al mattino perché le ho persino sognate la notte, e per cui sono disposta a passare ore insonni e preoccupazioni. Anche perché da quel momento il mio sguardo sarà concentrato in funzione di quell’opera. Poi parlo dell’idea a qualcuno di fiducia, cioè una persona paziente e preparata con cui posso confrontarmi, ne parlo per giorni per dare la struttura all’opera. Successivamente ne parlo con altre persone, meglio se non sono del “mondo dell’arte”, per avere ulteriori spunti. Faccio un sacco di ricerca su opere di altri artisti che hanno lavorato sullo stesso argomento o con una forma che mi interessa per quell’opera specifica.La decisione finale è la classica intuizione che rende l’opera “rotonda”, per cui tutto gira ed è giustificato: finché non ce l’ho tutto quello con cui ho a che fare diventa un’ipotesi per l’opera, è abbastanza frustran-te perché è una ricerca ossessiva. Non lascio nulla al caso, tutto ha un motivo razionale, anche la dimensione e il colore della cornice. Alla fine il risultato è un compromesso tra l’idea in testa e la disponiblità economica, che quando è scarsa è un valido aiuto per creare un’opera asciutta e intensa. Finire un’opera è come avere un orgasmo: quel momento in cui sei totalmente appagata e sei consapevole di aver raggiunto il culmine,

Claudia Rossini

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e subito dopo sai che puoi avere altri orgasmi e magari più belli ancora. Quindi non è tanto cosa conosco, ma non averne mai abbastanza, e la piacevole sensazione che ti rimane addosso. Quando presento l’opera, non pretendo di dare piena soddisfa-zione al pubblico, ma di aiutarlo a costruirsi il percorso per raggiungerla, che gli piaccia o meno l’opera. Però non deve es-sere il mio stesso percorso, il mio contributo è quello di indicare il bivio. Creare un’opera e mostrarla è una pesante responsabilità, perché modelli la materia del mondo e il pensiero delle persone. Come si è sempre fatta. Con passione, disciplina e studio. Non c’è “l’arte”: c’è un campo vastissimo in cui è difficile delimitare le sfumature tra le materie creative, che sono comunque sempre pensiero in forma visiva, sonora, scritta. Per quanto riguarda me, quello che faccio è guardare.

Claudia Rossini nasce nel 1986 a Ponte dell’Olio, attualmente vive a Venezia. Consegue il diploma presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia e la laurea in Arti visive presso lo IUAV. Tra le prime mostre la Collettiva dei giovani artisti della Fonda-zione Bevilacqua La Masa nel 2008 e tra le ultime Collect the WWWorld alla House of Electronics Arts di Basilea nel 2012. Sotto lo pseudonimo di Yamada Hanako lavora sulla relazione tra il luogo comune e l’esotico nell’immaginario collettivo.

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13.2

Yamada Hanako, Cruise in Venice (de-tail)

(2008)

digital print, cm 150x200,

courtesy of Jarach Gallery

13.2

Yamada Hanako, Hic requiescet corpus tuum

(2011)

9 volumes each 99 pages,

2011 – in progress,

courtesy of Jarach Gallery

13.3

Yamada Hanako, N-tupla (detail)

(2009)

website and

lightboxes, variable

dimensions,

2010 – in progress

courtesy of Jarach Gallery

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La nostra è una ricerca, non teorica, sulla possibilità di attivare processi partecipati di creazione di senso. Nel nostro lavoro ci interessa riuscire a produrre processi di cooperazione, creare un contesto ideale, dove, artisti, progettisti, istituzioni e cittadini lavorino insieme ad obiettivi ogni volta diversi e specifici. Per esempio alcuni progetti, come ShowDesk e KnowHow, le mostre, le edizioni e da poco anche L!brer!a sono direttamente rivolti agli artisti, ai curatori e a chi produce e si sta formando in ambito culturale. Altri progetti hanno invece coinvolto le città e gli abitanti, in formati di natura pubblica, come ad esempio Metti in rete i desideri a Caru-gate (Mi) e il recente Reporting via Piave a Mestre (Ve). Siamo un “ser-batoio di pensiero” che, da una parte sperimenta formati e ragiona sul progettare condividendo competenze e contenuti, e dall’altra impara facendo con un’attenzione particolare alle risorse, cercando di proporre grandi esperienze anche senza grandi economie. Una costante è sicuramente l’interdisciplinarità, la quale è anche uno dei fattori spontanei essendo un gruppo composto da persone provenienti da ambiti diversi. Tra i fattori imposti ci sono sicuramente la situazione politica del paese in cui operiamo, la realtà dei finanzia-menti pubblici in materia di politiche culturali e la contorta regolamentazione del settore non profit, per non parlare dell’idea di Cultura che gli ultimi Governi hanno avuto.Il nostro modo di operare si specifica di volta in volta in funzione del contesto. Sottobosco sviluppa processi allargati e collaborativi, la strategia è quella di lavorare sempre insieme mettendo al centro le

Sottobosco

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differenze, in questo modo i risultati sono inevitabilmente conoscitivi e non tendono a creare delle tautologie. Quello che ci interessa più che i singoli risultati specifici è condividere i conflitti, mettere in rete competenze e cooperare alla realizzazione di progetti eterogenei; dare spazio, promuovere e sostenere le innovazioni in ambito di progettazione e produzione culturale; generare dinamiche di apprendimento, formazione, informazione, scambio e confronto. Produrre.Il valore culturale del nostro lavoro invece non è un dato endogeno, non possiamo misurarlo noi stessi. Come si è sempre fatta.

Sottobosco è un progetto di condivisione, nato nel 2009, finalizzato alla creazione di una piattaforma indipendente per la progettazione culturale. Un modo di pensare, di progettare, di stare insieme e di produrre. Un’organizzazione orgogliosamente non profit che produce cultura senza scendere a compromessi. Un incubatore di idee e buone pra-tiche che agisce in modo cooperativo, lavorando sul campo: tra arte e vita quotidiana, in stretto contat-to con i contesti, gli artisti e i cittadini. Uno spazio multifunzionale a Venezia.

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15.1

ShowDesk Roma

(2011)

Gli artisti di Roma si

presentano.

Incontro a cura di

Sottobosco per

Reading Room #9,

Nomas Foundation,

Roma,

21 – 22 aprile 2011

15.2

Spazio di Sottobosco

(2011)

Un’immagine

dell’esterno dello

spazio di Sottobosco,

quartiere Piave,

Mestre (Ve)

15.3

Il team di Sottobosco

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Solitamente l’idea per un’opera mi viene guardando. Nel mio lavoro confluiscono vari fattori. Oltre ad interessi per-sonali ed intuizioni, il contesto in cui mi trovo od in cui vado ad intervenire, produce un suo considerevole peso. A fasi di ricerca, in cui prendo in esame la realtà fisica, sociale e politi-ca del luogo che mi circonda,si alternano fasi di attesa, in cui elaboro e mi approprio degli elementi raccolti. Ed in questa fase solitamente che prende forma l’idea che mi porterà all’opera. Le costanti nel mio lavoro si possono riscontrare nel metodo di ricerca e nell’interesse per alcune tematiche quali, per esempio, il rapporto tra l’uomo ed il dato naturale, tra arte mercato e politica, o verso le dinamiche culturali che vengono a generarsi con lo spostamento transnazionale di beni e persone. Le variabili si possono riconoscere nei diversi medium utilizzati. Per ogni progetto scelgo un medium in par-ticolare, traendo ispirazione dal contesto o dal soggetto che desidero rappresentare, a cui sento più affine un determinato linguaggio. Naturalmente alcuni medium tornano, come per esempio il video. Più che parlare di fattori imposti parlerei di fattori condizio-nanti, quali il budget o la natura del luogo in cui il lavoro prende vita, che possono portare a ridimensionare e adattare il progetto,sempre per con la volontà di non modificarne la natura e non perdere la spontaneità dell’intuizione. Il princi-pale motivo per cui faccio arte per curiosità, per desiderio di conoscenza. Ciò che amo di più è quando un progetto mi

Elisa Strinna

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porta ad affrontare un lato del mondo che ancora non conosco, a me ignoto. Il percorso che mi porta all’opera diventa così un processo di conoscenza, un viaggio da cui uscire arricchita e che attraverso l’opera desidero restituire. L’opera quindi come risultato e come strumento attraverso cui sviluppare e coltivare le proprie facoltà ed incrementare la propria consapevolezza del mondo. In questo senso dedico diverso tempo alla creazione di un lavoro, per fare esperienza della realtà con cui mi vado a confrontare, perché questa possa trasparire nell’opera e arrivare a chi la fruisce. La mia strategia è quella di vivere in modo ricettivo, affrontare ogni opera come un piccolo passo oltre i miei limiti. Purtroppo oggi molta arte più che rispondere a reali esigenze espressive condizionata dalle dinamiche del mercato. Non credo ci sia una formula per risponde a questa domanda. Credo per ci possano essere delle coordinate che aiutano a definire l’ambito di in-tervento. Penso che l’artista non sia estraneo alla realtà che lo circonda ma debba interagire con essa. Forse possiamo chie-derci di cosa abbiamo bisogno. Provare a chiederci di cosa ha bisogno la società in cui viviamo, come relazionarci ad essa per meglio comprenderla, nelle sue potenzialità e nelle sue profonde contraddizioni, nel desiderio di oltrepassarle o semplicemente esprimerle attraverso i nostri lavori.

Nasce a Padova nel 1982. Dopo essersi diplomata all’Accademia di Belle Arti di Bologna si laurea in Produzione e Progettazione delle Arti Visive allo Iuav di Venezia (2010). Nel 2012 stata invitata alla Biennale di Taipei, Taiwan, nel 2011/2012 ha vinto la XIII ed. del Movinup, programma di sostegno alla mobilità degli artisti italiani nel mondo, finan-ziato dal ministero per i Beni e le Attività Culturali. Nel 2010/2011 vince la II Edizione di 6ARTISTA. Nel 2010 partecipa al XVI Corso Superiore di Arti visive alla Fondazione Ratti di Como, (Hans Haacke visiting professor). Nel 2009 partecipa al workshop di Peter Friedl alla Fondazione Spinola Banna per l’arte. Tra tra il 2008/2009 residente presso gli studi d’artista alla Fondazione Bevilaqua la Masa di Venezia.

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16.1

La ragazza mela

(2011)

Video SD,

Still da video 16 min.

16.2

Sinfonie Sismiche

(2009)

Organo ,210 x 60 x 70 cm

legno, plastica, ferro, carta.

Eppur si muove / And Yet

it moves, Palazzo Ducale,

Genova.

Photo © Danilo Correale

16.3

The Artist’s Profession

(2012)

Incontri internazionali d’arte,

Roma.

Still da video HD, 18 min, in

loop

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75

Il mio lavoro dipende dal contesto in cui mi trovo ad agire. Solitamente si tratta di aree “marginali”, piccole comunità che vanno scomparendo, saperi e tecnologie considerati obsoleti.Come prima fase del lavoro c’è una vera propria ricerca sul cam-po, questo permette di socializzare i saperi, quindi individuare un dispo sitivo atto a innescare un processo di partecipazione che valorizzi le risorse locali. Una pratica immersiva quindi, che implica un periodo di gestazione a diretto contatto col contesto prescelto. Il mio lavoro come autore si limita all’individuazione del dispositivo, da cui scaturisce una narrazione reale. Le storie si costruiscono da sole. Sono vere. A una prima fase di ricerca, segue dunque il coinvolgimento di terzi, quindi una fase di elaborazione e realizzazione condivisa. Infine c’è l’inaugurazione. Dato il carattere performativo assunto da tutto il processo di realizzazione dell’opera intesa come storia originale e vera, la cura della documentazione resta, nel mio lavoro, un problema aperto. Il valore culturale che attribuisco a tale pratica risiede nel suo essere un esperimento di libertà, nell’approccio e nella messa in discussione del dato reale, sia esso storico che contingente. Libertà nel manipolare il dato reale implica conoscenza e cura del nostro ambiente, inteso nel suo senso più ampio come ciò a cui apparteniamo e che ci appartiene. Sottraendosi al mercato, e stando in mezzo alla gente.

Chiara Trivelli

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76

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77

17.1

Colloid Thruster. L’opera come macchina.

(2010 – 2011)

Re-enactement di una tesi,

foto d’archivio.

17.2

NETEGIHISTINI (5 3 8)

(2008 – 2010)

Rebus in curdo pubblicato in

Turchia.

17.3

Co De Ros. Appunti per un percorso sonoro.

(2011)

performace & audio walk,

prove generali, Alta Valle

Camonica (Bs).

Foto di Igor Verdozzi.

Nasce a Terni nel 1979. Nel 2007 si laurea in Storia dell’arte contemporanea presso l’Università La Sapienza di Roma. Nel 2011 consegue una secon-da laurea in Progettazione e produzione delle arti visive presso l’Università Iuav di Venezia.Ha esposto a Venezia, Roma, Parigi, Berlino, Belgrado, Istanbul e in Messico.Nel 2011 è stata selezionata come giovane artista per il programma di residenza della Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia.

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Vivendo.Sicuramente il desiderio costante di compiere esperienze catar-tiche mi porta a riflettere, e di conseguenza a produrre.L’aspetto lo-fi di determinati media (come ad esempio il video o le registrazioni audio) è decisamente ciò che più m’interessa poiché in esso risiede genuinità così come la si ritrova in ciò che viene captato e memorizzato attraverso l’immaginario collettivo.Con tutto, soprattutto con i soldi.

Valerio Veneruso

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18.3

3472530633 – Seimila Frammenti di Vite

(2004 – 2012)

Raccolta di otto anni di

trascrizioni di SMS ricevuti

Dimensioni variabili

18.1

Reaching up

(2009)

stampa diretta su plexi-

glass

retroilluminato

50cmX50cm

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81

18.1

Un, due, tre, stella!

(2008)

performance

Quattro compressori, 70m

di tubo, sistema di chiavette,

sei palloni gonfiabili del dia-

metro variabile da 1 a 2 metri

Artista visivo e grafico freelance opera nel campo delle arti esplorando diversi linguaggi: dalla perfor-mance alla grafica vettoriale, dal video alle installazioni. Nasce a Napoli il 9 novembre del 1984, nel 2008 si laurea in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli con una tesi sulla catarsi, tem-atica principale della sua ricerca artistica. Nel 2009 inizia a frequentare l’indirizzo di Arti visive presso lo IUAV di Venezia, per poi laurearsi nel 2012 presentando un libro d’artista. Vive e lavora a Mestre (VE). Nel 2012 ha creato l’identità grafica (manifesti 70 x 100) dell’evento Performing Iuav, presso il Chiostro dei Tolentini, Venezia, a cura di Cornelia Lauf e Angela Vettese, ha partecipato alla mostra collettiva “Fine corsa – mostra laboratori Iuav”, Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia ed è stato selezionato per la residen-za artistica Soluzione di viaggio inibita, presso le stazioni di Venezia Santa Lucia e Mestre, a cura di Lucrezia Calabrò.

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Io non lavoro mai seduta. Alle volte cammino avanti e indietro. Il più delle volte il mio lavoro entra ed esce dal letto. Non nasce da nessu-na cosa in particolare. Mi chiedo cosa succederebbe se ora scrivessi stando a letto. Poi però penso che sarebbe troppo semplice, e che quindi è meglio rimanere al tavolo. Fondamentalmente questa è la maniera con cui mi muovo: guardo ciò che ho e cerco un modo per complicare la nostra relazione. Mi piacciono i coriandoli perché per farli funzionare devi mandare tutto all’aria. Penso che se si crede che non si debba poi fare molto per fare arte, un giorno smetterà di funzionare. Non so neanche io come si faccia. In fondo è solo una questione di punti di vista e pro-babilmente da un’altra parte sta andando tutto bene. Magari lo stes-so sole che ho visto quattro ore fa e che non vedo più, ora fa caldo a te. Mi sono sempre chiesta perché i film fanno piangere e le mostre no. Ho letto che fino all’Ottocento la gente sapeva piangere davanti ai quadri. Quindi, prima dell’avvento delle immagini in movimento. E poi cosa è successo? Vado a farmi una passeggiata: una cosa tra le cose. Come se tutti i giorni della vita dovessero avere un senso.

Serena Vestrucci

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19.2

Monocromi scontati

(2011)

Acqua, tempera, plexiglas,

metallo, 15 x 21 x 6 cm

ognuno, cinque settimane.

Vista dell’allestimento alla

Fondazione Bevilacqua

La Masa, Palazzotto Tito,

Venezia.

19.1

Ti lascio metà fogli da collage

(2010)

Fogli da collage, 18 x 24 cm,

40 minuti

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19.3

Chi riempie paga e i cocci sono suoi

(2011 – 2012)

Ceramica dipinta cava

all’interno, metallo e/o car-

ta (nel caso in cui l’opera

venga venduta), 58 cm di

diametro, nove mesi

Nata a Milano, il 21.02.1986. Ha conseguito nel 2009 il diploma presso l’Accademia di Brera di Mi-lano. Nel 2008 si trasferisce a Berlino, dove vive due anni. Qui collabora con il centro non profit 91mQ Art Project Space fino al 2010, anno in cui decide di iscriversi al corso di laurea specialistica diProgettazione e Produzione delle Arti Visive presso l’Università IUAV di Venezia. Attualmente ha appena concluso l’anno di residenza presso gli atelier della Fondazione Bevilacqua La Masa.

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Emilio Vavarella nasce a Monfalcone nel 1989. Ha studiato presso il DAMS di Bologna, la Bezalel Academy di Tel Aviv e la Bilgi Uni-versity di Istanbul. Attualmente è iscritto al corso di laurea spe-cialistica in Arti Visive all’Università IUAV di Venezia. Il suo lavoro è basato su questioni di filosofia politica e potere tecnologico contemporaneo e si focalizza sull’estetica dell’errore, la sogget-tività, l’identità mediata ed il controllo sociale. Ha partecipato a mostre collettive, conferenze e festival in più di dieci Paesi tra cui: 96ma Collettiva Giovani Artisti (Venezia); FONLAD – Digital Arts Festival (Portogallo); Video Art Festival Miden (Grecia); COLLISION 19: COmpress/DECompress (Boston); New Frontiers, PAC – (Balti-mora). Recentemente è stato selezionato per il Premio Lapsus alla Fondazione Studio Marangoni, Mediterranea 16 – Young Artists Biennial e il GLITCH Festival di Dublino

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Biografie degli Autori

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Francesco Nordio nasce a Mestre nel 1989. Studia Arti Visive e dello Spettacolo all’Università IUAV di Venezia e al Sint Lukas University College of Art and Design a Bruxelles, Belgio. È iscritto al corso di laurea specialistica in Teatro e Arti Visive, all’Università IUAV di Venezia. È interessato non tanto a produrre opere d’arte, quanto a compiere operazioni culturali che lavorino concreta-mente su e con la cultura e la realtà. Il valore di tali operazioni è nei loro effetti, considerati da un punto di vista più ampio possi-bile. Partecipa a collettive ed eventi: Con la cultura non si mangia (Bologna), The Ecology of Mind. Punti di Ancoraggio (Mestre), Venice Art Night 2012. Si occupa anche di ideazione e organiz-zazione di mostre, eventi e lectures come Malinteso (Mestre), Don’t make Art! (Venezia) ed About Culture. A proposal for a revolution, Università Sint Lukas (Bruxelles).

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Biografie degli Autori

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Introduzione

Anna Longo

Roberto Fassone

Corinne Mazzoli

Nina Fiocco

Gianandrea Poletta

Riccardo Giacconi

Teresa Iannotta

Clio Kraskovic

Alessandro Laita

Indice

23

23

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23

23

23

23

19

05

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Luca Pucci

Giuliana Racco

Chiaralice Rizzi

Claudia Rossini

Sottobosco

Elisa Strinna

Chiara Trivelli

Valerio Veneruso

Serena Vestrucci

Biografie degli Autori

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