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Incontro al Capitolo Generale Straordinario sulle Costituzioni - Pag. 1 a 23
INCONTRO CON I FRATI CAPITOLARI OFMCONV CAPITOLO STRAORDINARIO SULLE COSTITUZIONI
30 LUGLIO 2018 - Nemi (Rm) Verbiti, Via dei Laghi bis n. 52, Nemi, RM, Italia.
Lodi, riflessione, tempo personale. Pomeriggio: riflessione, Eucaristia.
ASCOLTO, DIALOGO, DISCERNIMENTO, DECISIONE Tre atteggiamenti da far maturare
per discernere e decidere per il vero bene comune
Mattino
1. Non ho potuto dire di no a questo invito. Prima di tutto per l’affetto e la
gratitudine che ho per la mia famiglia francescana. E poi perché si tratta di un
momento storico e solenne nella vita dell’Ordine, ed è bello far parte della storia.
Questo invito però, oltre alla gioia di poter stare con i frati e condividere almeno
alcuni passi di un cammino così importante, ha generato anche la
preoccupazione di capire bene che cosa avessero in mente coloro che mi hanno
invitato. Quali fossero le loro aspettative, le preoccupazioni o il loro desiderio nel
chiedermi questo contributo.
2. Riflettendo su tutto questo mi pare di aver compreso che nel contesto solenne del
Capitolo generale straordinario, si voglia offrire una giornata di riflessione (nel
cronogramma pubblicato nella pagina web si parla di “ritiro”: in che vuol dire
tempo per ritornare dentro di sé, fare spazio e deserto, ascoltarsi, ascoltare Dio e
gli altri attraverso cui Dio parla) ai partecipanti a questa assemblea. Intendo
“ritiro” non nel senso di dover necessariamente toccare “temi spirituali”, ma in
questo caso piuttosto aiutare a rivedere gli atteggiamenti di fondo con i quali si è
giunti qui, e specialmente favorire atteggiamenti di ascolto reciproco, dialogo,
discernimento in vista delle scelte finali, che come si può immaginare, tante
conseguenze avranno per la vita dell’Ordine e di ciascun frate, per la teoria e la
prassi della formazione, per il vissuto francescano nelle diverse Circoscrizioni e
anche per il dialogo tra le diverse culture presenti nell’Ordine.
3. Il mio contributo dunque lo considero come un’occasione per offrire spunti (per
altro non nuovi od originali) per riflettere come, cioè con quale stato d’animo,
predisposizione interiore, si è arrivati qui e soprattutto su come favorire il
dialogo tra i frati, in vista del discernimento e delle decisioni da prendere.
4. La mia riflessione si servirà di quattro termini che la guideranno e che fanno
parte del nostro vissuto quotidiano e su cui probabilmente abbiamo ampiamento
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riflettuto in tante occasioni. Si tratta: dell’ascolto, del dialogo, del
discernimento e della decisione. Forse l’unica novità si può trovare nel fatto
che adesso sono riflessioni rivolte a noi e ci vengono proposte in un contesto
molto specifico come è questa assemblea. Le domande di fondo sono: siamo
capaci di ascoltare, dialogare, discernere e decidere con una certa maturità e
libertà umana e spirituale?
5. Dietro ciascuno di questi termini vi sono realtà complesse e intessute del vissuto
di ciascuno di noi che ce le rende più o meno gradevoli o sospette, illuminanti o
minacciose, noiose o interessanti, facili o difficili. Ciascuna di esse come
sappiamo è in stretta relazione e interdipendenza dalle altre. Questo è il motivo
per cui, sebbene possono essere approfondite singolarmente esse fanno parte di
un processo. Alla decisione, che si vuole ponderata e mossa dal desiderio di
bene, infatti si arriva dopo aver percorso tutto il cammino. Le scorciatoie,
per quanto allettanti, sappiamo che generano sovente – anche nelle nostre
fraternità - conflitti, insoddisfazioni, chiusure, guerre piò o meno silenziose.
Per essere più concreto su questo punto mi riferisco al fatto che se si decide
senza aver dialogato, ci sentiamo defraudati di un aspetto importante e
certamente aderiremo con minor entusiasmo e partecipazione a quanto deciso.
Anni di ricerca sociale indicano che i gruppi (di lavoro, di vita, di ricerca etc.)
dove c’è maggiore partecipazione nel prendere le decisioni sono quelli che le
attuano con maggiore incisività ed entusiasmo. All’opposto, nei gruppi dove le
decisioni sono prese solo dall’alto o comunque imposte, si mostra una minore
convinzione nell’attuazione e nella perseveranza. L’effetto “coinvolgimento
decisionale” è un fatto ben conosciuto nelle dinamiche psicosociali ma anche
nella concretezza della nostra realtà fraterna seppure questa dinamica implichi
altri elementi importanti di cui dobbiamo tenere conto, come la scelta
vocazionale, la ricerca della volontà di Dio, l’obbedienza, l’efficacia della preghiera
nel chiedere luci allo Spirito Santo etc.
6. Il processo decisionale di cui ho fatto menzione prima, si attiva sempre nel
nostro modo di prendere decisioni, anche quando non ne siamo consapevoli.
Arriviamo alla decisione perché abbiamo raccolto (attraverso la percezione
immediata o la riflessione) dei dati sulla realtà (esterna o interna a noi) li abbiamo
elaborati, anche attraverso il dialogo (esterno o interno a noi) ne abbiamo
soppesato le implicazioni e il loro peso specifico in relazione alla decisione finale.
Queste dinamiche che si potrebbero considerare molto “laiche” non sono estranee
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né a noi come religiosi né alla vita delle nostre comunità religiose. Evidentemente
in questo processo, come vedremo più avanti, non tutto sempre fila liscio o è
così “teoricamente” lineare. Esiste il “fattore umano” cioè le implicazioni e il
rumore di fondo e il disturbo del processo che per varie ragioni è presente nella
nostra vita, che porta a decidere non per il vero bene ispirato al vangelo o per
quanto sia veramente utile, ma per quando può “attirarci emotivamente o
intellettualmente”, è ciò non necessariamente è guidato da scelte evangeliche o da
un processo di rielaborazione critica ma piuttosto da fattori emotivi
(simpatie/antipatie/pregiudizi/schemi mentali, gusti personali etc.) non sempre
individuabili a prima vista.
7. Oggi assistiamo frequentemente a queste dinamiche nel mondo dei new media,
dove il fattore emotivo ed aggressivo congiuntamente ad aspetti irrazionali gioca
un ruolo preponderante nell’espressione di sé e nelle decisioni. I pericoli del fake
news, del trolling e del hate speech sono ben conosciuti, in qualche modo e
con le dovute differenze, possono farsi presenti nella nostra vita, non solo digitale,
ma anche relazionale face to face e nella vita di comunità fraterna.
8. In una parola sto dicendo che il processo decisionale e le strutture che lo
compongono hanno implicazioni di tipo antropologico (la struttura del
comunicare, le dinamiche personale di chi comunica e di chi ascolta il
messaggio). Su questo punto mi soffermerò maggiormente, perché si tratta di un
aspetto che ha importanza, sebbene abbastanza conosciuto e dunque non
bisognoso di particolari spiegazioni.
9. Inoltre, è necessario dare il giusto peso a implicazioni spirituali e teologiche: la
nostra fede nasce dall’ascolto della Parola, e dal dialogo che si stabilisce tra noi e
Dio che si manifesta nella storia. Tali dinamiche, con la loro dimensione dialogica
(Come ascoltare? Come aprirsi al dialogo con Dio?) si riversano nel nostro agire
ecclesiale in vista del discernimento. Infine, non si può ignorare la presenza
attiva dell’ispirazione francescana che ci accomuna, dove pure è presente il
tema dell’ascolto e del dialogo, del discernimento e della decisione
10. È risaputo che nella “costruzione” della Regola, San Francesco mette in atto
un metodo di riflessione, ascolto, discernimento e decisione che mantiene ancora
il suo valore. Ad esempio, nella Lettera ad un Ministro dice: “Riguardo poi a tutti i
capitoli della Regola che trattano dei peccati mortali, con l’aiuto del Signore, nel
Capitolo di Pentecoste, raccolto il consiglio dei frati, ne faremo un Capitolo solo
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in questa forma: Se qualcuno dei frati avrà peccato etc.” e più avanti dice: “E
queste e tutte le altre cose, che sono ancora poco chiare nella Regola, sarà vostra
cura di completarle, con l’aiuto del Signore Iddio (Lettera a un Ministro FF 234-
239)
11. In un altro momento della sua vita, san Francesco ci mostra un processo di
discernimento che lo coinvolge e dove egli attiva l’ascolto e il discernimento di
altri. L’oggetto in questione è se deve continuare con la predicazione e ritirarsi
nella contemplazione: “Fratelli - domandava - che cosa decidete? Che cosa vi
sembra giusto? che io mi dia tutto all'orazione o che vada attorno a predicare? (…)
Incaricò, dunque, due frati di andare da frate Silvestro, a dirgli che cercasse di
ottenere la risposta di Dio sulla tormentosa questione e che gliela facesse sapere
(…) Questa stessa missione affidò alla santa vergine Chiara: indagare la volontà di
Dio su questo punto..” (Legenda Maggiore, Cap. XII, FF. 1205).
12. Non c’è vero dialogo senza un reale ascolto dell’altro e il discernimento non
può essere fatto con serietà senza prima aver valutato gli elementi emersi dal
dialogo. Infine, la decisione, se vuole essere matura, abbastanza libera e
soprattutto ispirata alla ricerca del vero bene personale e comunitario, deve
arrivare dopo un processo di autentico ascolto e dialogo e dopo aver fatto
discernimento alla luce della Parola di Dio e nel nostro caso della Regola e della
tradizione francescana. Infine, dialogo e discernimento deve essere illuminati da
un atteggiamento di preghiera. Per questo, anche nella preparazione remota di
questa assemblea opportunamente si è chiesto di inserire nella Liturgia delle Ore,
proposta a tutto l’Ordine l’invocazione a Dio per “scoprire più profondamente
l’identità francescana e impegnarsi per la missione nella Chiesa”.
13. IL NUOVO TESTO DELLE COSTITUZIONI1
13.1. Prima di addentrarmi nel tema che ci occuperà stamattina: la riflessione
sull’ ascolto e sul dialogo, vorrei offrirvi una veloce presentazione di come questi
quattro termini (cioè ascolto, dialogo, discernimento e decisione) sono stati
1 Nelle Costituzioni del 1983, si parla di dialogo solo al n. 87 § 2. Per suscitare e conservare il senso di collaborazione e responsabilità tra i singoli frati, si favorisca in tempo e modo opportuno un dialogo di informazione e consultazione tra i frati, sia nei capitoli e Definitori che nei colloqui familiari e personali. Si parla di ascolto solo in vista delle ammissioni (professione, diaconato etc.) . Al n. 8 - § 1. Nell’adempimento del proprio ufficio i Superiori siano docili alla volontà di Dio in spirito di carità e di servizio; ascoltino volentieri i frati, anzi promuovano la loro collaborazione per il bene della fraternità e della Chiesa. Non c’è la parola discernimento. La parola “Decisione” solo 3 volte, quando si parla di “decisione “del guardiano
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affrontati nel nuovo testo delle Costituzioni. A mio giudizio vi sono interessanti
spunti di riflessione per tutti.
13.2. Ciò che si nota a una prima lettura, rispetto al testo delle Costituzioni
precedenti del 1983, è la significativa presenza di questi termini, seppure usati in
contesti diversi che vanno dalla formazione dei frati, al capitolo conventuale al
discernimento sulle forme di povertà.
13.3. Questa constatazione non fa che evidenziare una constatazione evidente
per tutti: rispetto alle Costituzioni di 30 anni fa, sono cambiate molte cose nella
Chiesa, nell’Ordine, nel mondo. Nella Chiesa2: nel modo di percepire e
presentare sé stessa nella metodologia dell’annuncio evangelico, nei problemi che
ha dovuto e deve affrontare, nel rapporto con il mondo. La presenza di tre Papi
(san Giovanni Paolo II, Papa Benedetto XVI e Papa Francesco) ciascuno con il suo
specifico magistero, il peculiare stile pastorale (si veda ad es. il vocabolario
preferito da Papa Francesco: “chiesa in uscita, misericordiosa, dei poveri etc..”) le
indicazioni per il cammino della Chiesa e i gesti “pastorali” di ciascuno, ha
influito nel nostro modo di percepire la Chiesa e percepirci come Ordine nel
contesto della Chiesa. Nell’Ordine, con la significativa apertura missionaria e la
presenza in nuovi continenti della nostra famiglia francescana conventuale e lo
spostamento della “bilancia vocazionale” a favore dell’Africa, dell’Asia,
dell’America Latina. Anche nella nostra vita comunitaria, nei capitoli conventuali,
provinciali e generali si è maturata la percezione che le decisioni dei frati sono
frutto di un processo condiviso, non nel senso banale di una “democrazia” che
annullerebbe il significato dell’autorità dei Ministri e guardiani, ma nel senso di
un discernimento comunitario illuminato dalla Parola e dalla preghiera e
finalizzato all’agire bene e per il bene nel contesto della nostra vocazione
2 Cfr. I documenti utilizzati per il nuovo Testo delle Costituzioni : CCEO—Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium (1990) CIC—Codex Iuris Canonicis (1983) CV—Caritas in Veritate, Lettera Enciclica del Papa Benedetto XVI DV—Dei Verbum, Costituzione Dogmatica del Concilio Vaticano II EG—Evangelii Gaudium, Esortazione Apostolica del Papa Francesco EN—Evangelii Nuntiandi, Esortazione Apostolica del Papa B. Paolo VI LG—Lumen Gentium, Costituzione Dogmatica del Concilio Vaticano II NAe—Nostra Aetate, Dichiarazione del Concilio Vaticano II NMI—Novo Millennio Ineunte, Lettera Apostolica del Papa S. Giovanni Paolo II OT—Optatam Totius, Decreto del Concilio Vaticano II RM—Redemptoris Missio, Lettera Enciclica del Papa S. Giovanni Paolo II PC—Perfectae Caritatis, Decreto del Concilio Vaticano II SC—Sacrosanctum Concilium, Costituzione del Concilio Vaticano II VC—Vita Consacrata, Esortazione Apostolica del Papa S. Giovanni Paolo II VD—Verbum Domini, Esortazione Apostolica del Papa Benedetto XVI
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francescana. Permettete dunque una nota statistica, molto artigianale, ma che
può esserci di aiuto:
- La parola Ascolto ha nelle nuove Costituzioni circa 12 presenze3. E’ chiaro che
le N.C. non si propongono il compito di tematizzare il concetto e la prassi
dell’ascolto. I numeri che ne trattano utilizzano la parola e il concetto
specialmente in riferimento all’ascolto in vista di ammissioni, voti, ordinazioni,
erezione e soppressione delle case etc. Sono specialmente due numeri (43 §4;
93§4;) che mi ampliano il significato del concetto di “ascolto” nella direzione della
riflessione che stiamo facendo:
- 43 §4. Inoltre, il Capitolo conventuale programmi occasioni di ascolto, preghiera e
riflessione sulla Parola di Dio e tutta la fraternità condivida ciò che la Parola ha
ispirato ad ognuno.
- 93 §4. I frati, in ascolto e in dialogo con gli uomini fra i quali vivono.
Questi due numeri posso essere tematizzati intorno all’ascolto della Parola di Dio,
all’ascolto reciproco su ciò che la Parola suggerisce, all’ascolto degli uomini
fra i quali si vive, suggerendo l’atteggiamento di apertura, conoscenza attenta
delle situazioni, delle persone, dei loro percorsi etc. Il tema dell’ascolto
reciproco troverà maggior elaborazione più avanti nel concetto di discernimento
e dialogo.
13.4 La parola “Dialogo” ha nelle nuove Costituzioni dieci presenze4. Vi sono
però indicazioni interessanti. Soprattutto nel numero 119§2, dove si parla della
missione apostolica dei frati e del carisma francescano che si arricchisce
attraverso il dialogo e il processo di inculturazione:
119 §2: La missione apostolica dei frati nel mondo comporta un forte impegno di
azione pastorale nelle chiese particolari e la condivisione del carisma francescano,
che si arricchisce attraverso il dialogo e il processo di inculturazione.
3 Nelle nuove costituzioni Ascolto è considerato spesso sinonimo di “consulenza”: dovere dei Ministri, Custodi, Guardiani, 13,1; prima di erezione, divisione, unione, fusione, soppressione di Provincia e Custodia generale, 32,1; prima di soppressione di Custodia provinciale, 32,5; del Capitolo conventuale, prima di erezione e soppressione di casa filiale, 33,3; gli interessati, prima di soppressione di Convento, 33,4; l’Ordinario del luogo, prima di soppressione di Convento, 33,4; al Consiglio locale OFS, prima della nomina dell’assistente spirituale, 74,3; alle commissioni pastorali dai Ministri e Custodi, 112,2; del parroco prima della nomina del vicario parrocchiale, 118,4; del Convento, prima di professione temporanea, 154,2; del Definitorio provinciale o custodiale, prima di dimissione di un professo temporaneo, 160,2; dei formatori, per la proroga della professione temporanea, 161,2; del Convento, almeno prima di ammissione all’ordinazione, 170,2; 4 I numeri delle N. C. che parlano di “Dialogo”: fraterno, 54,4; fra culture, 55,2; e l’effettiva comunicazione, 56,2; in Capitolo conventuale, 57,4; con coloro fra i quali i frati vivono, 93,4; con le persone di altre culture, confessioni cristiane e religioni, e con i non credenti, 102,3; interreligioso e la preparazione dei missionari, 122,1; la formazione permanente dei missionari, 122,2; fra Ministri, Custodi, Guardiani, formatori, formandi, 132,1; e l’animazione vocazionale, 139,3;
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L’invito che le Nuove Costituzioni fanno a tutti i frati è quello di aprirsi al
dialogo fra di loro, al dialogo fra le culture dove si trovano a vivere la loro
vocazione francescana. Oggi si preferisce parlare di multiculturalità e
interculturalità5. Come si sa, la variazione terminologica supporta il cambio da
un’idea di fede non ancora incarnata e “come sospesa in una condizione di
astrattismo. Come disse il card Ratzinger: non esiste una fede priva di cultura. Solo
la potenziale universalità di ogni cultura, che la costituisce in una radicale apertura
- secondo Ratzinger – la sospinge verso il superamento della categoria di
inculturazione pensata come trapianto. Il punto di incontro è per tutte le culture
nell’apertura alla verità che appartiene universalmente all’identità e unità
antropologica”6. Inculturazione: annuncio e inserimento del vangelo e del
cristianesimo nelle varie culture. Questa terminologia ha trovato spazio nel testo
delle N.C. come riflesso della riflessione all’interno della Chiesa, della cultura in
generale e del nostro Ordine.
13.5. La terza parola su cui concentro l’attenzione è il “Discernimento “è
presente nelle nuove Costituzioni ben 20 volte7 (se si conta anche il verbo
discernere) Un vero record! In generale il termine viene riferito al “discernimento
vocazionale o delle vocazioni”, al discernimento circa la gestione dei beni
temporali o in vista della soppressione di una Provincia; oppure nel contesto di
una valutazione (discernimento delle iniziative da prendersi da parte della
comunità) e dell’attività missionaria. In modo speciale tre numeri possono essere
qui riconsiderati in relazione alla nostra riflessione. Si tratta dei numeri 10 §1;
23; 56 §3.
10. §1. Con il voto di obbedienza, sull’esempio di Gesù Cristo, i frati si affidano alla
volontà di Dio, vivendo secondo la sua Parola. Per questo si sottomettono
all’autorità della Chiesa e ai Ministri, Custodi e Guardiani, e partecipano
attivamente al discernimento fraterno nei momenti di preghiera e negli incontri
comunitari, per attuare lo spirito evangelico.
5 MAURIZIO GRONCHI, A proposito di inculturazione e interculturalità in La Rivista del Clero Italiano 5(2018) 350-363. 6 GRONCHI, o.c., 357
7 Discernimento: e l’obbedienza, 10,1; comune sui beni, 14,3; sulle nuove forme di povertà, 23; per favorire lo spirito fraterno, 56,3; in Capitoli, 57,1; comunitario in Capitoli conventuali, 57,3; per le iniziative dei frati, 58,1; per la mobilità dei frati, 92,2; e la trasformazione missionaria, 94; assicurare un numero sufficiente di frati qualificati, 115,3; per rispondere alla chiamata ad andare presso altre culture e nuovi ambiti sociali, 121,2; vocazionale, 128,2, 128,3, 128,4; e l’animazione vocazionale, 139,3; nel seminario minore, 142,2; nel postulato, 143,1; nel noviziato, 148; verificato nel post-noviziato, 158; per l’ordinazione, 167;
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23. Avendo il Serafico Padre costituito la sua fraternità nella Chiesa soprattutto come
testimonianza di povertà evangelica, si adoperino i frati a fare discernimento e
adottare nuove forme di povertà adatte ai tempi e ai luoghi. Spetta,
successivamente, ai Capitoli prendere una decisione circa queste nuove forme.
56 §3. Al fine di far crescere lo spirito fraterno, i frati cooperino nel
discernimento della volontà di Dio attraverso la preghiera, la valutazione
dei cambiamenti in atto nella Chiesa, nell’Ordine e nella società,
l’attenzione ai segni dei tempi. Ricordino, poi, che devono mettere in pratica le
decisioni dei Capitoli e dei Ministri, Custodi e Guardiani, ai quali spetta guidare e
animare la fraternità.
Questi tre esempi collocano il discernimento fraterno, in primo luogo in un
contesto di preghiera, lo scopo è quello di “Attuare lo spirito evangelico”. Dunque,
un discernimento che tocca il cuore della nostra vocazione. La seconda
sottolineatura si riferisce al “discernimento circa nuove forme di povertà”,
leggendo i segni dei tempi e il contesto di vita. Ritornerò più avanti sul concetto di
“segni dei tempi” quando rifletterò maggiormente sul discernimento.
La terza prospettiva, indicata nel n. 56 §3, parla del discernimento finalizzato a
far crescere lo spirito fraterno. Tale discernimento è sostenuto dalla preghiera,
dalla valutazione dei cambi nella Chiesa, nell’Ordine e nella società, in una parola
“attenzione ai segni dei tempi”.
In sintesi: credo che in questi veloci riferimenti ad alcuni numeri delle Nuove
Costituzioni si trovi esplicitata l’idea del processo di discernimento (di cui uno
degli elementi importanti è il dialogo tra i frati) fondato solidamente
nell’atteggiamento della preghiera (poiché non si tratta solo di valutazione delle
opportunità o vantaggi o di fatti psicologici o sociologici come farebbe qualsiasi
gruppo laico) ma piuttosto del desiderio di comprendere cosa il Signore vuole da
noi. Oltre alla preghiera, il contesto è quello dell’incontro fraterno; infine vi è la
lettura attenta della realtà e dei segni dei tempi secondo tre prospettive: la
Chiesa, l’0rdine e il mondo. In conclusione, mi pare di poter dire che il
“discernimento” è la chiave di interpretazione del rinnovamento stesso delle
Costituzioni ma anche la prospettiva dinamica di lettura e forse anche un metro
di giudizio sulle stesse. Ma queste sono opinioni personali.
Incontro al Capitolo Generale Straordinario sulle Costituzioni - Pag. 9 a 23
14. Riprendo adesso le fila mia riflessione con alcune considerazioni circa i due
elementi iniziali del processo: ascolto e dialogo, preparati e favoriti dal silenzio.
In primo luogo, credo sia utile riproporre le “regole del dialogare” senza dubbio
conosciute ma non per questo meno attuali o utili:
1. Silenzio interiore ed esteriore.
2. Attenzione e ascolto reale
3. Riformulazione di quanto l’altro mi ha detto
4. Esposizione del proprio pensiero (si critica l’idea non la persona).
5. Condizione di un ascolto costruttivo: chi parla non è mio nemico.
14.1. Silenzio interiore ed esteriore per favorire l’ascolto:
Più che commentare in modo solo teorico questi sei punti per un ascolto e
dialogo fruttuoso, vorrei metterli in relazione con la situazione concreta in cui ci
troviamo partecipando a questa assemblea capitolare. Inizio con uno slogan a
effetto che è stato utilizzato in uno dei video- spot offerti ai frati per illustrare il
rinnovamento delle Costituzioni, sulla pagina web dell’Ordine: “Troppe parole
generano chiasso. Troppo poche parole generano malintesi”. Si fa menzione del
silenzio, interiore ed esteriore. Che abbiamo bisogno di silenzio esteriore è
cosa evidente per tutti, mentre può essere utile dire qualche cosa sul silenzio
interiore. Sappiamo che la nostra mente lavora costantemente (compreso quando
dormiamo) ed è abbastanza difficile fare un “silenzio interiore assoluto”. Vi
possono essere dei “rumori di fondo” che disturbano un vero ascolto dell’altro e il
dialogo fraterno. Di cosa di tratta? Il “rumore” interno che può disturbare il
nostro silenzio e il nostro ascolto si chiama in termine tecnico “schema mentale
e stereotipo culturale”. Sono dei modi abbastanza cristallizzati nel nostro
processo di pensiero e molto spesso automatici e non del tutto coscienti, che
possono certo essere utili per affrontare la realtà (ad esempio: quando
incontriamo una persona per la prima volta mettiamo in atto alcuni schemi
mentali e conseguenti comportamenti che permettono di gestire la situazione), ma
possono anche bloccare il nostro modo di entrare in relazione con gli altri e la
realtà e deformarla.
Volendo essere più specifici e applicando questi concetti alla nostra situazione, si
potrebbe ipotizzare che siamo venuti qui con alcuni schemi mentali o forse
stereotipi che potrebbero non favorire il dialogo.
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a) Ad esempio, se coltiviamo più o meno consciamente lo schema mentale di
natura conflittuale con la dinamica “vincitori-vinti,” il dialogo è vissuto
come una ricerca di segnali per catalogare gli interlocutori fra quelli che sono
“dalla mia parte” e quelli “che sono dalla parte degli altri”. Questo schema
mentale impedisce e frena notevolmente la possibilità di ascoltare gli argomenti di
quelli “dell’altra parte” e non permette una valutazione realmente critica delle
proprie posizioni.
b) Un ulteriore esempio di schema mentale è quello che cataloga l’altro in base a
stereotipi: gli italiani sono così, i latino-americani in questo modo, gli africani
vanno in questa direzione, gli slavi fanno sempre questo, gli asiatici pensano in
questo modo etc.… Questo schema mentale stereotipato mette barriere
all’effettiva capacità di ascolto, perché in realtà non ascolto quando viene
veramente detto, ma ascolto tutto filtrandolo con la mia immagine mentale
della persona che parla. In definitiva identifico in modo univoco e forse rigido la
persona e con l’idea o l’opinione espressa, mentre sarebbe utile mantenere la
stima reale della persona anche se le sue idee non necessariamente sono
condivisibili a mio giudizio, oppure ho altri punti di vista.
14.2. Da che cosa è generato uno schema mentale o un pregiudizio?
Lo schema mentale (è una struttura più generale, mentre il pregiudizio è più
puntuale, specifico su una persona in particolare o su un suo atteggiamento, o
idea o modo di comportarsi) sono generati dall’ambiente culturale dove si vive e di
cui si ereditano gli stereotipi (ad esempio rispetto alle altre culture che vivono
nell’Ordine). L’origine geografica, la sedimentazione del vissuto religioso con le
proprie tradizione e caratteristiche e accenti, il vissuto personale francescano in
quella specifica nazione (America latina altra in Africa o Centro Europa o in Italia)
o cultura possono favorire in me schemi e pregiudizi nei confronti di altri o
generarli negli altri. A tutto questo si aggiunge la storia personale, sociale ed
ecclesiale e la storia come frate minore conventuale (formatori e tempi di
formazione, ambiente et.). Questa riflessione nasce dall’esperienza che ho avuto
occupandomi di formazione nell’Ordine prima come formatore e poi come
Segretario generale per la Formazione.
Ritornando al nostro tema iniziale, il pregiudizio (non nel senso morale del
termine ma in quello psicologico-esistenziale, quindi può anche esistere in modo non
chiaro alla mia coscienza) può rendersi evidente in tre stereotipi che qui indico in
modo rigido solo per esemplificarli:
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1. Che non è opportuno modificare niente nelle Costituzioni. Che in definitiva non
sono state realmente migliorate; che così si mette in pericolo la nostra vita
francescana; il futuro dell’Ordine (pregiudizio del “sempre si è fatto così”).
2. Oppure posso pensare che è troppo poco quello che è stato fatto; poco coraggioso
e non attuale ecclesialmente e francescanamente. Non è in sintonia con i tempi.
Non riflette ad esempio la novità portata da Papa Benedetto e Papa Francesco
(pregiudizio del “siamo sempre in ritardo sui tempi”).
3. O infine si può pensare che tutto questo lavoro non inciderà realmente nella vita
dei frati e dell’Ordine (pregiudizio di Qoelet “tutto è vanità”).
Cosa possiamo fare di fronte a un pregiudizio o a uno schema mentale?
La prima cosa da fare è quella di rendersi conto del proprio schema mentale
riguardo a questo evento e metterci in ascolto dei nostri schemi mentali, con
onesta, per poterli tener presenti al momento del dialogo, della decisione e poter
veramente ascoltare l’altra persona senza muri.
Qualche domanda può aiutarci: cosa mi preoccupa del nuovo testo delle
Costituzioni: la solidarietà che deve esserci nell’Ordine? la collaborazione,
l’esercizio dell’autorità in relazione all’autonomia dei capitoli provinciali,
conventuali? Il ruolo e la formazione dei fratelli religiosi? Il futuro della facoltà
teologica, le strutture e prassi formative etc.?
Il lavoro di ascolto porta a voler capire l’altro e camminare insieme in un
cammino di discernimento ed eventualmente in vista di una
“negoziazione”8 in vista del bene comune.
14.3. I punti 3-5 delle Regole del dialogo ci ricordano: Riformulazione di quanto
l’altro mi ha detto, Esposizione del proprio pensiero (si critica l’idea non la persona).
Condizione di un ascolto costruttivo: chi parla non è mio nemico, sono indicano i
passi ulteriori da farsi dopo un ascolto attento e un dialogo aperto. Spesso i filtri
che abbiamo nell’ascolto (coscienti e incoscienti) non ci aiutano a capire
veramente cosa l’altro ha detto, ma percepiamo o selezioniamo la sua opinione in
base ai nostri possibili preconcetti o schemi mentali. Per tanto è una cosa
importante allenarci a riformulare con parole nostre quanto l’altro ha detto e
favorire così una comprensione maggiore (l’altro ha possibilità di ascoltare e
8La “negoziazione”, nel contesto di questa riflessione significa mettersi nel punto di vista dell’altro per accoglierne gli elementi positivi che posso condividere e che dialogano con quelli da me proposti e che non intaccano sostanzialmente la mia soluzione al problema.
Incontro al Capitolo Generale Straordinario sulle Costituzioni - Pag. 12 a 23
valutare se è stato compreso appieno. Questo esercizio aiuta a non fondare il
dialogo su falsi concetti, su idee distorte del pensiero dell’altro.
Un passo decisivo è quello di separare le posizioni delle persone, le loro idee
dalla loro persona. Soprattutto nel nostro contesto è chiaro che siamo una
comunità di fratelli e il dialogo anche critico o con diverse prospettive non può
essere mai un motivo di conflitto, separazione, lotta o esclusione dell’altro.
Avere idee differenti, anche su temi importanti come la vita francescana, il modo
di realizzarla ed esserle fedeli, sono posizioni legittime. Le persone che parlano ed
espongono il loro pensiero lo fanno con la convinzione di offrire prospettive buone
e di valore che possono aiutare tutti a migliorare. Pertanto, non si tratta di far
prevalere la propria idea (dato che tutti cerchiamo il bene) ma di voler accogliere
con onestà posizioni differenti dalle mie, valutarle possibilmente senza pregiudizi
e insieme tentare un cammino di discernimento che possa mettere in risalto la
positività delle posizioni per una decisione migliore.
Alcune domande per la riflessione personale e di gruppo:
1. Come valuto a livello personale e della mia esperienza comunitaria l’ascolto
e il dialogo?
2. Posso individuare eventuali schemi mentali e/o pregiudizi che condizionano
il mio processo di discernimento?
3. Valuto me stesso e la mia comunità fraterna nell’uso delle “Regole del
dialogare”.
Incontro al Capitolo Generale Straordinario sulle Costituzioni - Pag. 13 a 23
POMERIGGIO: DISCERNIMENTO E DECISIONE
Riannodo la riflessione di stamane sul “processo del decidere”, ricordando gli
elementi che lo compongono: ascolto, dialogo, discernimento, azione-decisione. La
parola ispiratrice è quella di Gesù nel vangelo di Matteo: “Quando si fa sera, voi
dite: bel tempo perché il tempo rosseggia; e al mattino: oggi burrasca
perché il cielo è rosso cupo. Sapete dunque interpretare l’aspetto del cielo
e non sapete distinguere i segni dei tempi?” (Matteo 16,2‐3). Gesù ci esorta ad
“interpretare” i segni dei tempi, ci porta alla riflessione sul “Discernimento”. Non
mi interesso del discernimento sociologico, psicologico e neanche del
discernimento morale, seppure necessario, quanto di quello spirituale.9
1. Il discernimento: un tema antico ritornato di attualità.
Papa Francesco, facendosi eco del Concilio Vaticano II, chiede alla Chiesa di
camminare spedita nel discernimento alla luce della Parola di Dio per
lasciarsi interrogare dalla storia e dalla Parola e poter scegliere il vero bene10. Egli
stesso nella Evangelii Gaudium ha offerto questa prospettiva: «Ciò che intendo
offrire va nella linea di un discernimento evangelico. È lo sguardo del discepolo
missionario che si nutre della luce della forza dello Spirito Santo» (EG 50) e più
avanti continua «Esorto tutte le comunità ad avere sempre vigile capacità di
9 M. COSTA, «L’arte del discernere: premesse, criteri, regole», in Credere oggi 22 (2002) pp. 51 ss. 10 «È dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sul loro reciproco rapporto. Bisogna infatti conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo nonché le sue attese, le sue aspirazioni e la sua indole spesso drammatiche» (GS 4).
Incontro al Capitolo Generale Straordinario sulle Costituzioni - Pag. 14 a 23
studiare i segni dei tempi» (EG 51). Nell’Instrumentum Laboris pubblicato a fine
giugno, in vista del prossimo Sinodo dei Vescovi di ottobre su “I giovani, la fede e
il discernimento vocazionale”, si fa un’ampia a articolata riflessione sul tema del
Discernimento (vedi il n. 2 “guardare le dinamiche sociali e culturali in cui siamo
immersi con lo sguardo del discepolo”; il n. 82 su “maturazione delle fede e dono
del discernimento”; i nn. dal 106 al 119 dedicati al discernimento vocazionale; il
n. 128 “accompagnamento nella lettura dei segni dei tempi; il n. 138: “Il
discernimento come stile di una Chiesa in uscita”). L’invito a “studiare i segni dei
tempi” dobbiamo farlo nostro come Ordine, come comunità francescana, come
singoli, per camminare con la Chiesa, nella Chiesa, per la Chiesa.
1.1. Da dove nasce la necessità del discernimento11? Ciascuno di noi è
chiamato a sviluppare l’atteggiamento di discernimento cioè integrare nella vita
spirituale personale e comunitaria e nell’attività pastorale la lettura della realtà
alla luce della Parola di Dio, (intesa non solo come Scrittura) attraverso la quale
il Signore ci parla. Si tratta di cogliere nelle vicende della comunità francescana
una «storia di salvezza» che avanza. Bisogna anche imparare a interpretare le
«tensioni» che si possono verificare nel cammino fraterno, tra persone e comunità,
tra istituzione e carisma, tra aggiornamento e inculturazione, tra tradizione e
attualizzazione, come occasione per capire cosa fare per seguire davvero la
volontà di Dio e rispondere alle sollecitazioni dello Spirito Santo. Insieme
dobbiamo capire cosa fare e avere una luce che ci aiuti in questa scelta.
Appunto questo è il discernimento, per poter agire per il bene, secondo Dio.
Il discernimento si fa nel dialogo tra la nostra realtà quotidiana con la
Scrittura12, con la persona di Gesù, con la sua morte e risurrezione, con la
11 Maurizio Costa, L'arte del discernere: premesse, criteri e regole in Credere Oggi n. 127 (2002) 5-10. “Credo sia importante tenere presente la distinzione tra discernimento spirituale e discernimento morale. Anche se è facile identificarli – perché ambedue comportano la ricerca, la conoscenza e la scelta della volontà di Dio da parte dell’uomo e la decisione per essa –, si danno differenze sia ex parte obiecti, cioè a partire dal livello in cui collochiamo e cerchiamo la volontà di Dio (= se a un livello generico e in generale valido per tutti e noto a tutti dalla Scrittura, per lo più parliamo di discernimento morale; se lo collochiamo più al livello più esistenziale e personale, tenendo conto dell’esperienza concreta, parliamo per lo più di discernimento spirituale), sia ex parte subiecti o del metodo, della via che si segue per arrivare a conoscere la volontà di Dio (se attraverso le mozioni, parliamo di discernimento spirituale; se piuttosto attraverso la ragione e le facoltà naturali, parliamo di discernimento morale.” 12 Giuseppe Bellia, «Che cosa fare»? (…) la Scrittura, anche se contiene tutto quello che serve per discernere nelle varie situazioni esistenziali il volere di Dio (2Tm 3,16), deve essere sempre interrogata con timore e tremore. L'atto del discernere, come si è tentato di mostrare, è un'esigenza della fede e consiste in quella gioiosa attitudine all'ascolto del discepolo che ricerca con vigile desiderio la sempre nuova volontà di Dio, avendo coscienza di vivere, di operare e di esistere in lui (At 17,28), perché Cristo vive ormai nel discepolo (Gal 2,20). Strumento insostituibile di questa attitudine relazionale è la disciplina nell'uso della sacra pagina che conduce gradualmente il credente ad acquisire una costante disposizione al dialogo interiore con il suo Dio facendo di ogni scriba un discepolo che, in ogni tempo, trae dal suo tesoro «cose nuove e cose antiche» (Mt 13,52), perché la Parola non cessa mai di parlare”. In Credere oggi 22 (2002)34-35.
Incontro al Capitolo Generale Straordinario sulle Costituzioni - Pag. 15 a 23
presenza dello Spirito Santo, con la voce del Magistero, con la Tradizione
francescana: la Regola, le Costituzioni, ma anche scrutando il nostro mondo
interiore di sentimenti e affettività, così che possiamo mettere insieme l’ortodossia
(retto conoscere), l’ortoprassi (il retto agire) ma anche il retto sentire, l’ortopatia.
Tale riflessione, applicata alla vita cristiana e francescana, ci aiuta a comprendere
e interpretare secondo Dio. Fare discernimento come singoli e come comunità è
certo una conquista, ma prima di tutto è un dono di Dio, un carisma (1 Cor
12,10), dove lo Spirito Santo ha un posto speciale. Egli ne è il principio costitutivo
(Rm 8,2.9-11.15) e la norma del nostro agire (Rm 8,2.4-5.9)13.
1.2. Per una lettura dei “segni dei tempi”:
Nel testo del vangelo di Matteo che ho citato pocanzi, si usa l’espressione “segni
dei tempi” (Mt 16, 2-3) “Sapete dunque interpretare l’aspetto del cielo e non
sapete interpretare i segni dei tempi?” È chiaro che Gesù non si riferisce alla
meteorologia ma alle realtà umane, quotidiane o nuove, per interpretarle. Si tratta
anche di una interpretazione teologica della storia. Nelle realtà umane ed
esistenziali il cristiano è invitato a riconoscere i segni delle realtà divine.14 Si
tratta del Regno di Dio che pur essendo realtà escatologica è già in mezzo a noi e
si sta realizzando (Mt3,2). È stato il santo Papa Giovanni XXIII che l’ha usata
come espressione e come metodo di lavoro (vedi Pacem in Terris) per poi essere
ripresa da Paolo VI ( Ecclesiam Suam e dal Concilio nella Gaudium et Spes (
GS11): “E’ dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di
interpretarli alla luce del vangelo”.(..) “E’ dovere di tutto il popolo di Dio, dei pastori
e dei teologi, con l’aiuto dello Spirito Santo ascoltare, discernere e interpretare i vari
linguaggi del nostro tempo per saperli giudicare alla luce della Parola di Dio”.
Verso una definizione di segni dei tempi:
Con lo scopo di applicare alla nostra realtà francescana e al momento storico
che si sta vivendo qui, mi sembra utile dedicare qualche parola alla definizione
del concetto di “segni dei tempi”. Seguendo l’insegnamento Conciliare si possono
riconoscere due significati particolari ai segni dei tempi: il primo evidenzia come
“Cristo e la Chiesa siano nel mondo i segni di Dio”. Orientano la storia in modo
escatologico e danno significato al divenire storico. Il secondo ci dice che i segni 13 Cf. M. COSTA, «L’arte del discernere, O.C. 51 ss. 14 Cfr. Francesco Iannone, Per una rinnovata lettura ecclesiale dei segni dei tempi in Credere Oggi 37(5/2017) n.22, 85-97.
Incontro al Capitolo Generale Straordinario sulle Costituzioni - Pag. 16 a 23
dei tempi sono anche i fatti storici o le aspirazioni degli uomini che determinano il
progresso dell’umanità o orientano verso forme di vita sempre più umane”.15
I segni dei tempi sono eventi storici e quindi di una portata significativa
nell’evolversi dei tempi. Punti di riferimento senza i quali la storia e cultura di un
popolo non sono pienamente comprensibile. Devono poi essere universalmente
conosciuti. Cioè capaci di catalizzare un segno di unità delle varie componenti
umane al di là di interessi privati e in vista del bene dell’umanità intera. Inoltre,
chi fa parte della comunità cristiana deve poter leggere una presenza
particolare di Dio.
Criteri per una lettura ecclesiale:
Quali potrebbero essere i criteri per una lettura ecclesiale dei “segni dei tempi” e
che possiamo applicare anche alla nostra situazione specifica? Vi sono criteri
Generali: essi raccolgono il consenso universale, promuovono la dignità
dell’uomo e affermano la giustizia. L’uomo è messo nella condizione di vivere una
vita più umana.
Ve ne sono altri più specifici e legati alla nostra esperienza di fede:
- la glorificazione di Cristo (Gv 16,14)
- l’edificazione della Chiesa (Ef 2,22)
- la ricapitolazione di ogni cosa in Cristo (Ef 1,10)
Esempi di criteri generali e specifici possono essere: la mutata condizione
femminile, la sensibilità ecologica, impegno verso i poveri, la dignità della
persona umana, riconoscimento della libertà religiosa, ricerca della pace
universale.
Ora “L’attenzione ai segni dei tempi deve restare come un compito permanente
della comunità cristiana, di ogni singolo credente e di ogni uomo, perché attraverso
essi è possibile percepire quanto di bello, buono e vero Dio compie ancora oggi nella
storia insieme con gli uomini”. 16 Queste indicazioni mi paiono pertinenti anche
nella lettura della nostra realtà francescana.
La storia, e quindi anche la nostra storia come Ordine, è il luogo costitutivo della
rivelazione, della consapevolezza e della percezione ecclesiale Il Beato Papa Paolo
15 Iannone, o.c., 90-91. 16 Iannone, o.c., 94.
Incontro al Capitolo Generale Straordinario sulle Costituzioni - Pag. 17 a 23
VI diceva nel 1969 durante una udienza generale17.: “Il mondo per noi diventa
libro (…) Ecco: facciamo attenzione. Noi possiamo passare dalla posizione di
semplici osservatori a quella di critici, di pensatori, di giudici (…). E per noi cristiani
questo atto riflesso è necessario, se vogliamo scoprire «i segni dei tempi»; perché
come insegna il Concilio (Gaudium et spes, n. 4), l’interpretazione dei «tempi», cioè
della realtà empirica e storica, che ci circonda e ci impressiona, deve essere fatta
«alla luce del Vangelo». IL Papa riafferma il carattere ecclesiale del
discernimento, che deve prendere le mosse da una fede vissuta della
comunità.
Condizione è la comunione ecclesiale tra i suoi membri. La cura della
“comunione” diviene servizio di discernimento. I segni si scrutano per la Chiesa,
nella Chiesa, per la fraternità francescana nella fraternità francescana.
1.3. Come sappiamo se stiamo «scegliendo secondo Dio»?
Cono riferimento più specifico al cammino della fraternità francescana
conventuali, possiamo chiederci come sappiamo se stiamo “scegliendo secondo
Dio”? Dio ci ha fatto conoscere la Sua volontà attraverso la Sua Parola, i
comandamenti, il Magistero della Chiesa, la nostra Regola e la tradizione
francescana, insieme alla possibilità di utilizzare la nostra ragione ma anche il
nostro cuore. E qui entra la necessità di purificazione. Al proposito permettete
una citazione un po' lunga che prendo in prestito da una relazione sul
discernimento comunitario fatta al Congresso dei Teologici Italiani nel 2005:
“Movimento di purificazione: attenzione alle motivazioni profonde. Il discernimento
comunitario incontra sulla sua strada diversi ostacoli. La Didachè pone la questione
di quali siano i veri interessi e lo scopo che stanno alla base, dato che incidono sul
17 Paolo VI, UDIENZA GENERALE, mercoledì, 16 aprile 1969:” Il mondo per noi diventa libro. La nostra vita, oggi, è assai impegnata nella continua visione del mondo esteriore. I mezzi di comunicazione sono così cresciuti, così aggressivi, che ci impegnano, ci distraggono, ci distolgono da noi stessi, ci svuotano dalla nostra coscienza personale. Ecco: facciamo attenzione. Noi possiamo passare dalla posizione di semplici osservatori a quella di critici, di pensatori, di giudici. Quest’attitudine di conoscenza riflessa è della massima importanza per l’anima moderna, se vuole restare anima viva, e non semplice schermo delle mille impressioni a cui è soggetta. E per noi cristiani questo atto riflesso è necessario, se vogliamo scoprire «i segni dei tempi»; perché come insegna il Concilio (Gaudium et spes, n. 4), l’interpretazione dei «tempi», cioè della realtà empirica e storica, che ci circonda e ci impressiona, deve essere fatta «alla luce del Vangelo». La scoperta dei «segni dei tempi» è un fatto di coscienza cristiana; risulta da un confronto della fede con la vita; non per sovrapporre artificiosamente e superficialmente un pensiero devoto ai casi della nostra esperienza, ma piuttosto per vedere dove questi casi postulano, per il loro intrinseco dinamismo, per la loro stessa oscurità, e talvolta per la loro stessa immoralità, un raggio di fede, una parola evangelica, che li classifichi, che li redima; ovvero la scoperta dei «segni dei tempi» avviene per farci rilevare dove essi vengono da sé incontro a disegni superiori, che noi sappiamo cristiani e divini (come la ricerca dell’unità, della pace, della giustizia), e dove un’eventuale nostra azione di carità o di apostolato viene a combaciare con una maturazione di circostanze favorevoli, indicatrici che l’ora è venuta pei- un progresso simultaneo del regno di Dio nel regno umano
Incontro al Capitolo Generale Straordinario sulle Costituzioni - Pag. 18 a 23
contenuto. Quali sono gli interessi reali? A quale immagine di Chiesa sono legati?
C’è il rischio che interessi reali, magari in contrasto con una corretta ecclesiologia,
vengano spiritualizzati, rivestiti di volontà divina per potersi affermare. Occorre un
cammino di purificazione, che porti a guardare nella stessa direzione, ad avere le
stesse intenzioni e gli stessi interessi, maturati nell’apertura al mistero di Dio.
Un altro ostacolo è dato dalla concezione democratica, che porta a ragionare in
semplici termini di maggioranza-minoranza. A questi ostacoli potremmo
aggiungerne molti altri; quello che va evidenziato è la necessità di lasciarsi
purificare il cuore per ricercare insieme le vie della volontà del Signore”.18
È un itinerario valido per tutti che però deve poi trovare la necessaria
attuazione nel singolo e nella comunità cristiana). La Chiesa, attraverso la voce
del Magistero e della sapienza che viene dallo Spirito, avanza nello stesso
cammino. Ancora, possiamo applicare alla nostra situazione di Ordine quando
afferma Maurizio Gronchi19, riflettendo sull’esercizio del discernimento: «Il
discernimento pastorale, dunque, è un percorso che si svolge attraverso il
dialogo, in un clima di fede e di preghiera (…) Il suo obiettivo è una leale ed
equilibrata comprensione della propria realtà, per crescere nel bene e maturare
nella vita cristiana(…) »20.
1.4. Caratteristiche del discernimento comunitario
Il primo passo del discernimento comunitario fraterno a cui siamo chiamati come
Ordine è avere coscienza e volontà di appartenere ed essere corresponsabili della
vita della comunità fraterna. È il fondamento della «ecclesiologia di
comunione», che non vale solo per i laici ma che deve fondare i rapporti tra di noi
frati. La Chiesa, come ci dice san Paolo, è un corpo con molte membra che hanno
funzioni diverse. Al centro di tutto c’è lo Spirito Santo che suscita ministeri, li
unifica e dirige (Lumen Gentium 7.13.32). Insieme, nella corresponsabilità, si deve
instaurare il rapporto tra di noi e tra noi e gli altri cristiani. Il discernimento
comunitario «si avvale innanzitutto della lettura del contesto in cui ci si colloca, ma
insieme del superamento dell'orizzonte puramente organizzativo di una presenza al
18 PRASSI SPIRITUALE DEL DISCERNIMENTO COMUNITARIO, Relazione svolta al Congresso nazionale dell’Associazione Teologica Italiana, Padova, 8 settembre 2005 19 Maurizio Gronchi, presbitero della diocesi di Pisa, è professore ordinario di Cristologia alla Pontificia Università Urbaniana in Roma, consultore della Congregazione per la dottrina della fede e della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi. Si prende cura pastorale di persone con disabilità fisica, psichica e socialmente svantaggiate 20 M. GRONCHI, «L’esercizio del discernimento: indicazioni dottrinali recenti», in L’Osservatore Romano, 13 marzo 2017, p. 6
Incontro al Capitolo Generale Straordinario sulle Costituzioni - Pag. 19 a 23
mondo, che non riduca il mistero cristiano alla prassi, per quanto rinnovata21.» Ecco
perché è così importante il clima di preghiera che deve ospitare il discernimento,
per non ridursi a un decidere cosa fare sullo stile delle riunioni aziendali. Esso si
«applica all’interno della comunità credente in vista della ricerca e delle mediazioni
migliori perché, nella legge della carità e nel rispetto dei diversi carismi, essa possa
articolarsi e crescere in vista del Regno»22. La Chiesa, e anche il nostro Ordine, nel
suo atteggiamento costante di discernimento è invitata a individuare e sostenere i
carismi e i ministeri che sono presenti al suo interno, per poter realizzare sempre
meglio la sua missione di annunciare il Vangelo e vivere la carità. Senza voler
certo manipolare o forzare i concetti, ritrovo in questo alcune indicazioni presenti
nel testo delle Nuove Costituzioni, ad esempio al n. 56 § 3 (vedi pg. pg. 6)
2. Alcuni principi del discernimento pastorale
Papa Francesco nella Evangelii Gaudium23 indica quattro principi che sono
guida al discernimento pastorale. Sono stati ripetutamente citati e applicati a
varie situazioni e anche nel contesto di questa nostra riflessione essi offrono una
grande luce.
2.3. Primo principio: il tempo è superiore allo spazio (EG 222)
La nostra vocazione francescana, sebbene possegga nell’idea germinale di san
Francesco, e nello sviluppo storico del francescanesimo, l’itineranza come
elemento caratterizzante, ha in concreto al suo interno nel nostro contesto un
forte principio spaziale “legato al convento” e dentro al convento al nostro ruolo, al
servizio che offriamo tanto da avere il rischio di trasformarlo nel “mio territorio,
nella mia autorità”. Nato come servizio alla comunità, rischia di trasformarsi in
dominio. Inoltre, le nostre stesse tradizioni “nazionali” in relazione al
francescanesimo vissuto, sebbene siano una ricchezza e siano legittime, possono
divenire una “chiusura” quando non si confrontano con le spinte dinamiche a cui
l’Ordine è sottoposto dall’avanzare della storia. Siamo invitati a una visione di
Chiesa e Ordine che non sia solo quella geografica o istituzionale, ma piuttosto
dinamica e dialogica, un popolo che cammina, una storia che ci precede e ci
segue. Siamo chiamati a iniziare processi nel contesto della nostra vita fraterna.
In questo senso le Nuove Costituzioni possono essere una buona occasione per
21 Cf. A. BIANCHI, «Esperienza pastorale e discernimento. Criteri, difficoltà, frutti» in Credere Oggi 22 (2002) pp.109-120 22 R. FISICHELLA, Quando la fede pensa, Piemme, Casale Monferrato 1997, p. 161. 23 Cf. EG 222-237.
Incontro al Capitolo Generale Straordinario sulle Costituzioni - Pag. 20 a 23
favorire tali processi di nuova prospettiva ma nella salvaguardia di quanto ci
viene consegnato dalla tradizione dell’Ordine.
2.4. Secondo principio: l’unità prevale sul conflitto (EG 226)
L’esperienza ci dice che andiamo d’accordo con chi ci assomiglia e la pensa come
noi. Mentre con chi ha gusti e pensieri diversi dai nostri può nascere il conflitto.
Anche l’Ordine, come la Chiesa, come la società, vive al suo interno dei conflitti.
Constatiamo che anche nelle nostre Circoscrizioni vi sono comunità con conflitti
permanenti tra frati, tra ministri e frati, tra frati e laici. I motivi sono vari. Vi sono
implicate le persone e gli stili relazionali. A volte sono dovuti ad aspetti marginali
(lo stile di relazione, le parole usate, una mancanza di cortesia, pazienza, e
amabilità), altre volte sono coinvolti altri aspetti: il servizio di cui si è incaricati, la
gestione economica, la struttura del lavoro pastorale e gli orari etc. Una via
possibile di soluzione è quella di accettare il conflitto, riconoscerlo, affrontarlo e
farne un elemento per un ulteriore passo in avanti. Non si tratta di far finta che
tutto vada bene e neanche vedere tutto in negativo, ma cercare di trovare il
punto di unità, valorizzando ciò che unisce in vista del bene, piuttosto che
concentrarsi su ciò che divide. Su tutto deve prevalere il desiderio di fare
emergere il senso di fraternità, unità nella differenza, cercando proprio nella
passione per incontrare il Signore un punto di convergenza. Insomma, far
emergere in conflitto, affrontarlo ma anche cercare una soluzione attraverso la
ricerca degli elementi di unità e sintesi dei vari apporti, perché il messaggio
evangelico possa farsi strada.
2.5. Terzo principio: La realtà è più importante dell’idea (EG 231-233)
Come cristiani e francescani siamo spesso in tensione tra l’ideale (cristiano,
francescano) che ci ha attratti e ancora ci attrae e che per noi è una persona e ha
il nome di Gesù Cristo, interpretato e offerto a noi da san Francesco, e la realtà
del vissuto quotidiano della fede che ci riporta sulla terra. Nella concreta vita
della comunità è importante avere un ideale di vita condiviso, che ha il potere di
non farci fermare, di stimolare il desiderio di migliorare, di crescere. D’altra parte,
non si può vivere sulle nuvole o solo sognando ideali, ma bisogna fare i conti con
la realtà concreta senza tuttavia «chiuderci» solo in quello che si vede, quello che
c’è, senza vivere la tensione dialettica con quell’ideale che ha il potere di attrarmi,
di scomodarmi. Come frati siamo chiamati a mettere in dialogo queste due
Incontro al Capitolo Generale Straordinario sulle Costituzioni - Pag. 21 a 23
dimensioni: l’ideale e il reale. Partendo dall’Ordine come è oggi e come vorremo
che fosse, dalle persone con cui viviamo, partendo dalle nostre comunità concrete
con le loro luci e ombre, dobbiamo percorrere un cammino di cambiamento.
2.6. Quarto principio: il tutto è superiore alla parte (EG 234)
Questo principio vuole trovare l’equilibrio tra universale e particolare. La
tentazione di chiudersi nella piccola realtà locale è sempre forte. Nel nostro
Ordine si avvertono talvolta tensioni tra progetto delle comunità e il progetto
della Circoscrizione, tra progetti della Provincia e proposta dell’Ordine, tra
proposte dell’Ordine e la chiamata della Chiesa. Siamo chiamati a ricordare che la
«particolarità» non può essere a scapito dell’universalità o una chiusura rispetto
al cammino della grande comunità della Chiesa e dell’Ordine. È un problema che
si vive per altro nelle realtà diocesane nella tensione tra progetto parrocchiale e
proposta diocesana.
3. I passi del discernimento: Riconoscere, interpretare e scegliere
Le indicazioni che Papa Francesco ci ha offerto per il discernimento
comunitario sono utili per leggere la nostra realtà francescana e cercare insieme
nuovi cammini che ci facciano crescere nella comunione, nella carità e nella
testimonianza della nostra fede. I tre momenti caratteristici del discernimento
sono: Riconoscere, Interpretare e Scegliere. Siamo tutti chiamati, nel contesto
della nostra vocazione, a fare questi passi per poter meglio rispondere alla
chiamata di Dio, costruire e far crescere la nostra famiglia francescana e
soprattutto rimettere al centro della nostra vita il Signore Gesù.
Riconoscere: Il lavoro sulle Costituzioni e la riflessione che ne è scaturita nelle
comunità dell’Ordine, ha avuto il merito di orientare la riflessione e far emergere
modi di vedere e vivere la vocazione francescana e la tradizione dell’Ordine.
Sono stati messi in luce aspetti che erano sottotraccia e che avevano bisogno di
essere valorizzati, conosciuti, valutati criticamente. L’apporto delle Circoscrizioni
ha avuto questo scopo: dare una visione poliedrica del vissuto dell’Ordine. In
Assisi nel settembre del 2015 ha avuto luogo l’incontro di quelle che vengono
chiamate le “nuove comunità nell’Ordine”, dove lo stile di vita, la proposta e la
testimonianza possono ben descrivere il desiderio di nuovi cammini e nuove
risposte. In quella occasione, facendo sintesi delle varie esperienze ascoltate
scrivevo: “nel ricercare le caratteristiche di una rinnovata identità francescana,
Incontro al Capitolo Generale Straordinario sulle Costituzioni - Pag. 22 a 23
dobbiamo pensarla e ricercarla in una prospettiva più sinfonica che monotonale.
Dobbiamo comunque anche fare lo sforzo di trovare elementi strutturali comuni che
siano alla base di tutte le esperienze, per poterli poi rilanciare come caratteristica di
una identità rinnovata” (R. Carboni, Risonanze e riflessioni sulle esperienze, Assisi
01 ottobre 2015).
Interpretare: questa è una assemblea autorevole e un’ottima occasione non solo
di incontro e di scambio su un testo tanto importante per la vita dell’Ordine come
le nuove Costituzioni, ma è anche la possibilità di far emergere insieme quei
cambiamenti che in questi 30 anni dalle precedenti Costituzioni sono emersi nel
cammino dell’Ordine in relazione alla realizzazione della sua vocazione fraterna,
del lascito di san Francisco e di quanto la Chiesa ci ha chiesto e ci chiede. Si è
chiamati (anche se questo sarà il compito del capitolo generale ordinario) a
capire come il Signore ci parla attraverso la storia concreta, i segni che va
spargendo sul nostro cammino e quali sono le prospettive future per il nostro
Ordine.
Scegliere: il lavoro di raccolta dei dati e della loro interpretazione sfocia in fine
nella decisione. Si tratta di tradurre in azione e decisione ciò su cui si è
riflettuto, meditato, fatto discernimento. Questo naturalmente si applica non solo
a questo aspetto specifico (testo delle Costituzioni) ma in ogni situazione della vita
in cui siamo chiamati a scegliere e operare.
Conclusione
Riprendo le motivazioni iniziali di questa conversazione: ho voluto offrire spunti
per un “ritiro”, forse non nel senso classico del termine ma nella sua radice di fare
silenzio, ascoltare il Signore e ascoltarsi. Voleva essere un invito a rivedere gli
atteggiamenti di fondo con i quali si è giunti qui, e specialmente aiutare a favorire
atteggiamenti di ascolto reciproco, di discernimento - atteggiamenti che nascono
dall’ascolto del vangelo e della nostra spiritualità francescana - in vista della
decisione finale. Le decisioni che prenderete avranno tante conseguenze per la
vita dell’Ordine e di ciascun frate, per il cammino formativo, il vissuto
francescano nelle diverse Circoscrizioni, l’inserimento e il servizio alla Chiesa
locale e universale, per il dialogo tra le culture presenti nell’Ordine. Ho parlato
dell’ascolto attento e del dialogo, del discernimento in vista della decisione. In
primo luogo, per cercare di avvicinarci alla complessità del processo del decidere
Incontro al Capitolo Generale Straordinario sulle Costituzioni - Pag. 23 a 23
che non può mai essere superficiale o solo emotivo o solo razionale, ma è una
convergenza di fattori che si connettono tra loro e portano alla decisione in vista
del vero bene. Questo processo ha bisogno di essere costantemente illuminato
dalla Parola di Dio e dalla presenza della Spirito Santo che ci aiuta a vedere
altre prospettive e farci superare la tentazione di un processo basato solo sulle
capacità umane.
Concludo con la preghiera al Signore per invocare il dono del Discernimento:
Creati da Dio Padre, Creatore di tutte le cose, e chiamati da Gesù Cristo per essere suoi apostoli e testimoni in tutto il mondo,
ci impegniamo con la grazia dello Spirito Santo a discernere e a cercare la volontà di Dio,
affinché tutta la nostra vita e tutto il nostro agire corrispondano sempre più alla nostra chiamata.
Fiduciosi nell’aiuto di Dio chiediamo da lui il dono del discernimento
per poter vivere davvero l’amore più grande. Amen.
Alcune domande per la riflessione personale e di gruppo
1.Considero il processo del discernimento che attua nella vita personale e comunitaria e lo rileggo alla luce dei principi offerti da Papa Francesco: tempo-spazio, unità-conflitto, realtà-idea, tutto-particolare. 2.Rifletto sul concetto di “segni dei tempi” ascoltando cosa mi dice al proposito il cammino e la vita dell’Ordine in questi 30 anni.