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http://www.artribune.com/2012/07/la-curatela-in-tre-mosse/#comments Page 1 of 4 18/08/2012 19:03 PM Ai Weiwei a Documenta 12 La curatela in tre mosse Scritto da Alfredo Cramerotti | martedì, 17 luglio 2012 · 3 commenti artribune.com La produzione culturale svolge sempre più spesso un ruolo di avanguardia nel processo di comprensione del mondo. Solo cinquant’anni fa, i meccanismi economici costituivano il riferimento principale per valutare la nostra esperienza di membri di una determinata società (sia in termini di conformità che di antagonismo). Oggi, parametri come il successo economico e il benessere non sono più sufficienti per comprendere fenomeni come lo “scontro di civiltà”. Dobbiamo riconsiderare i nostri riferimenti in termini culturali ed estetici. È significativo che le aziende reinvestano parte dei profitti in progetti artistici con l’obiettivo di creare una “cultura” in grado di viaggiare al di là delle dinamiche nazionali e del valore economico: un modo per fidelizzare il cliente dotato di enorme potenziale. In questo contesto, il lavoro del curatore o quello dell’editore assume particolare rilevanza, poiché non solo media il lavoro del produttore artistico/culturale e lo contestualizza in un quadro più ampio, ma genera le condizioni per la sua sostenibilità, defininendone l’importanza sociale e politica. Tre concetti sono importanti per comprendere la curatela contemporanea (e futura): partecipazione, tempo e slittamento (di prospettiva e di comprensione). PARTECIPAZIONE Come curatore e direttore, sono responsabile del programma di un’istituzione britannica finanziata con fondi pubblici. Ero scettico sul format “mostra”. Pensavo che un libro, ad esempio, sarebbe stato uno strumento più pratico ed efficiente per contenere e diffondere la conoscenza. Dopo anni di discussioni ed esperienze, mi sento di affermare che le mostre funzionare come un prezioso luogo ospitante per la conoscenza. Ma molto dipende dal modo possono in cui vengono presentate. Un evento artistico, nella sua forma ideale, dovrebbe permettere al “lettore” di costruire la propria storia a partire dal materiale offerto. Questo succede raramente, e includo nella critica anche il mio lavoro artistico e curatoriale. In ogni caso, le mostre leggono le cose in modo differente rispetto alla sensibilità mainstream, e invitano lo spettatore alla co-lettura. Tuttavia, è importante non trasmettere al visitatore o lettore qualcosa che assuma il valore di una dichiarazione. Siamo tutti qui perché ci sono cose che vogliamo dire ed evidenziare. Ma il trasferimento di conoscenze a un soggetto “non riconosciuto” può risolversi in una sorta di propaganda inversa. Un pubblico diventa partecipe quando è libero di aggiungere qualcosa alla narrazione offerta da un’opera. Come membro del pubblico, vorrei poter analizzare la relazione tra “quello che è successo” e la sua rappresentazione, che si tratti di una videoproiezione o di un articolo su un quotidiano. Non c’è gap tra produttore e audience, perché ognuno è a conoscenza di qualcosa che l’altro non sa. La consapevolezza è l’essenza della partecipazione. Se un’opera d’arte – o un progetto curatoriale – deve provare qualcosa, è che non c’è bisogno di colmare il divario: è una condizione normale e non un elemento da correggere. Qual è lo scopo della partecipazione nel fare arte e curarla? Permettere ai partecipanti (artisti e pubblico) di condividere la conoscenza allo stesso

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Ai Weiwei a Documenta 12

La curatela in tre mosse Scritto da Alfredo Cramerotti | martedì, 17 luglio 2012 · 3commenti artribune.com

La produzione culturale svolge semprepiù spesso un ruolo di avanguardia nelprocesso di comprensione del mondo.Solo cinquant’anni fa, i meccanismieconomici costituivano il riferimentoprincipale per valutare la nostraesperienza di membri di una determinatasocietà (sia in termini di conformità chedi antagonismo). Oggi, parametri comeil successo economico e il benessere nonsono più sufficienti per comprenderefenomeni come lo “scontro di civiltà”.Dobbiamo riconsiderare i nostririferimenti in termini culturali edestetici. È significativo che le aziendereinvestano parte dei profitti in progettiartistici con l’obiettivo di creare una“cultura” in grado di viaggiare al di là

delle dinamiche nazionali e del valore economico: un modo per fidelizzare il cliente dotato di enorme potenziale.In questo contesto, il lavoro del curatore o quello dell’editore assume particolare rilevanza, poiché non solo media illavoro del produttore artistico/culturale e lo contestualizza in un quadro più ampio, ma genera le condizioni per lasua sostenibilità, defininendone l’importanza sociale e politica.Tre concetti sono importanti per comprendere la curatela contemporanea (e futura): partecipazione, tempo eslittamento (di prospettiva e di comprensione).

PARTECIPAZIONECome curatore e direttore, sono responsabile del programma di un’istituzione britannica finanziata con fondipubblici. Ero scettico sul format “mostra”. Pensavo che un libro, ad esempio, sarebbe stato uno strumento più praticoed efficiente per contenere e diffondere la conoscenza. Dopo anni di discussioni ed esperienze, mi sento di affermareche le mostre funzionare come un prezioso luogo ospitante per la conoscenza. Ma molto dipende dal modopossonoin cui vengono presentate. Un evento artistico, nella sua forma ideale, dovrebbe permettere al “lettore” di costruire lapropria storia a partire dal materiale offerto. Questo succede raramente, e includo nella critica anche il mio lavoroartistico e curatoriale. In ogni caso, le mostre leggono le cose in modo differente rispetto alla sensibilità mainstream,e invitano lo spettatore alla co-lettura.Tuttavia, è importante non trasmettere al visitatore o lettore qualcosa che assuma il valore di una dichiarazione.Siamo tutti qui perché ci sono cose che vogliamo dire ed evidenziare. Ma il trasferimento di conoscenze a unsoggetto “non riconosciuto” può risolversi in una sorta di propaganda inversa.Un pubblico diventa partecipe quando è libero di aggiungere qualcosa alla narrazione offerta da un’opera. Comemembro del pubblico, vorrei poter analizzare la relazione tra “quello che è successo” e la sua rappresentazione, chesi tratti di una videoproiezione o di un articolo su un quotidiano. Non c’è gap tra produttore e audience, perchéognuno è a conoscenza di qualcosa che l’altro non sa.La consapevolezza è l’essenza della partecipazione. Se un’opera d’arte – o un progetto curatoriale – deve provarequalcosa, è che non c’è bisogno di colmare il divario: è una condizione normale e non un elemento da correggere.

Qual è lo scopo della partecipazione nelfare arte e curarla? Permettere aipartecipanti (artisti e pubblico) dicondividere la conoscenza allo stesso

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Carsten Höller – Double Carousel with Zöllner Stripes –Enel Contemporanea 2011

Louise Bourgeois, Untitled, 2004, courtesy Hauser & Wirth

livello, in modo reciprocamentevantaggioso? Non è facile mettere inpratica un disegno del genere. Perraggiungere un punto in cui tutticondividano allo stesso livello, potrebbeessere necessario più di quanto arte eletteratura siano in grado di fare.Potrebbe volerci del tempo, moltotempo. Per arrivare alla vera conoscenzadell’altro dobbiamo ottenere un accesso.Aprire varchi e partecipare allaproduzione culturale e al discorso;trovare una chiave, e forse ce ne vuolepiù d’una. Ma la passione è una. IritRogoff parla di passione come mezzoprincipale per ottenere l’accesso. Lapassione per qualcosa è ciò che libera ilpotenziale nello spettatore e nelproduttore.La necessità può essere un altroelemento chiave. Necessità sociale, piùche fisica. La spinta a superare i valori

dell’ambiente in cui siamo cresciuti. La questione dell’accesso non può essere separata da quella dei “cancelli” e deiloro custodi. Jeremy Rifkin fa l’esempio del libro come metafora della politica del “gatekeeping”: chiunque puòscrivere un libro (ammesso che abbia accesso ai mezzi per farlo) ma si imbatterà nel primo “gatekeeper”, la casaeditrice o il venditore online che è in grado di distribuirlo. Una volta superato il primo, c’è un secondo “gatekeeper”,l’editore/addetto al marketing. Potrebbe non garantire l’accesso al libro per qualche ragione (economica oideologica) e quindi bloccare l’accesso. Se passasse il secondo livello, il nostro autore ne troverebbe un terzo: ilrecensore/critico, che potrebbe non recensire il libro, negandogli un potenziale pubblico.

Funziona così, nell’editoria. Casi isolatidi blogger di successo e di lavori“scoperti” online sono eccezioni alleregole e non (ancora) la prova del lorosovvertimento. Curiosamente, questeconsiderazioni sono contenute in unlibro. Per Rifkin stesso, dunque, lametafora non funziona. Che dire alloradella curatela delle mostre? Sono“gatekeeper” o punti d’accesso? Michiedo, nel caso dei curatori e dellacuratela, quale ruolo possa utilizzare lapassione per forzare quel cancello. Equale possa sfruttare la necessità.

TEMPORitardare o anticipare l’atto delladecodifica dell’informazione puòcondurre alla riappropriazione di alcuniaspetti della vita quotidiana. Essereattivi e coinvolti tramite l’arte in unamodalità non sincronica è un attod’impegno critico piuttosto che un atto

cognitivo. Ad esempio, leggere un vecchio quotidiano può realmente scatenare un brivido, facendoci sentire come la

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Olafur Eliasson, Your Rainbow Panorama (2011)

storia – intesa come storicizzazione dei fatti e delle opinioni attraverso l’output dei media mainstream – sia uncostrutto in progress.Riesco a prendere parte a questo processo solo se decido di acquisire una certa distanza e usare questo “gap” permettere in dubbio e ricostruire i suoi processi. Qui la curatela può essere molto efficace, proponendo narrazioni cheabbraccino questa distanza spazio-temporale e prendano in considerazione una lettura artistica della realtà. Ciò che èstato detto, fatto o pensato viene messo in una prospettiva più ampia, facendo spazio alla possibilità di un “pensierolaterale”. Questo livello di pensiero informa e ci dà indizi su cosa fare dopo, piuttosto che su cosa è stato fatto.

Se penso alla realtà del mondo come auna serie di eventi costruiti, possoreinventare la mia realtà di tutti i giorni.Leggerò ogni paesaggio, fatto osituazione come se si trattasse diun’opera d’arte.Mostrare un’immagine che non rivela ilsuo contenuto, ma si riferisce a qualcosache è fuori dall’inquadratura, o nonmostrare alcuna immaginecontemporanea allo spettatore, sonoentrambe risorse curatoriali. Èimportante lasciare aperta la possibilitàdi vedere qualcosa di diverso in ciò cheviene detto: proporre una selezione dipossibili letture. Interpretare la vita

non è una questionenon-in-tempo-realedi fabbricare (il presente), documentare

(il passato) o immaginare (il futuro), ma sposare una fra le tante possibilità della consapevolezza; essere consapevolidell’essenza della partecipazione.Cominciamo ad avvicinarci al cuore della nostra realtà non quando la rappresentiamo (o assorbiamo la suarappresentazione), ma quando la consideriamo come una possibilità fra tante. Solo quando mi confronto con lapossibilità, posso provare a cambiare ciò che è importante (per me). Se, come pubblico interessato, accettiamol’opportunità di “sviluppare” un determinato argomento nel tempo, come parte della nostra stessa storia, attiviamo unprocesso di testimonianza e diventiamo “spettatori”.Accettando la relatività del tempo, abbraccio l’idea che la vita non è tanto quello che sono, ma ciò che diventerò.Nessuno possiede il tempo, né può disporne; possiamo soltanto abitarlo pienamente. In questo momento, mentreleggete queste parole, io il vostro tempo. La realtà di oggi non è un fatto da comprendere ma piuttosto unsonoeffetto da produrre, all’interno del quale io e voi siamo immersi.

SLITTAMENTO (DI PROSPETTIVA, DI COMPRENSIONE)Consideriamo il ruolo del curatore come fornitore di servizi all’interno dell’industria culturale. L’artista accetta lasfida di confrontarsi con le comunità, siano esse fisiche o incorporee, presenti, passate o future, usando una varietà dimetodologie. Il curatore s’impegna nella creazione di un progetto interdipendente che riguarda pubblico, artisti,opera e media. Questo può concretizzarsi in una mostra, un festival, un convegno o altre “piattaforme” in cui ipubblici hanno un reale e complesso controllo sui contenuti. I punti di vista di curatori, artisti e produttori verrannomessi alla prova, sovvertiti e usati “contro di loro”.

Lo spettatore, il lettore o l’ascoltatorevalutano ciò che sono chiamati a vedere,leggere o sentire. Sono scettico suiprogetti curatoriali dove scorgo unaposizione autoriale che esclude lo spazioantagonista. L’intervento curatoriale nonsolo deve sollevare domande, ma ancheabitare il problema ed essere efficace

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Ma farsi venire qualche ideanuova, no? E invec ...

Bye Bye Ai Weiwei. Anzi,arrivederci

Ai Weiwei. Il Braveheartdell'arte

Ai Weiwei: l’est al nord

Yayoi Kusama, Accumulationsculptures, 1950

nella sua definizione. Un buon metodoconsiste nel decentralizzare il campod’indagine, facendo slittare le ideeattraverso molteplici confini, fisici emetaforici.Un approccio fruttuoso è espandere iconfini dell’arte, introducendo un altrosistema. Si tratta di forzare le barriere aldi là delle .comfort zoneSia i curatori che gli artisti intenzionati alavorare in maniera efficace ilconpubblico, piuttosto che il pubblico,persi troverebbero in una posizione piùrilevante se cercassero la collaborazionecon altri sistemi di una determinatasocietà, piuttosto che attenderel’opportunità ad hoc lavorando soloall’interno del mondo dell’arte.

 

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