Artigianato 58

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Italian Magazine about crafts

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COMITATO D’ONORE

MINISTERO INDUSTRIACOMMERCIO E ARTIGIANATOClaudio Scajola (Ministro Attività Produttive)

CASARTIGIANIGiacomo Basso (Presidente)Nicola Molfese (Direttore Generale)

C.L.A.A.I.Salvatore Luca (Vicepresidente Vicario)Marco Accornero (Segretario Nazionale)

C.N.A.Ivan Malavasi (Presidente)Giancarlo Sangalli (Segretario Generale)Giovanni Morigi (Pres. Settore Artig. Art.)Walter Ferracci (Segr. Settore Artig. Art.)

CONFARTIGIANATOLuciano Petracchi (Presidente) Guido Bolaffi (Segretario Generale) Raffaele Masprone (Resp. Artigianato Artistico)

FEDERAZIONE NAZIONALE ARTIGIANATO ARTISTICOLamberto Mancinelli e Antonio Parrucca

Gilda Cefariello GrossoLuciano Marziano Maria Luciana Buseghin

Alabastro di VolterraIrene TaddeiBronzo del veroneseGian Maria CologneseCeramica campanaEduardo AlamaroCeramica di AlbisolaRoberto CostantinoViviana SivieroCeramica di CaltagironeFrancesco JudicaCeramica di CastelliVincenzo Di GiosaffatteCeramica di DerutaNello ZenoniCeramica di Grottaglie Ciro MasellaCeramica di LavenoMarcello MorandiniCeramica di NoveKatia Brugnolo

Ceramica di PalermoRosario RotondoCeramica di Vietri Sul MareMassimo BignardiCeramica faentinaTiziano DalpozzoCeramica piemonteseLuisa PerloCeramica sesteseStefano FollesaCeramica umbraNello TeodoriCotto di ImprunetaStefano FollesaCristallo di Colle Val d’ElsaAngelo MinisciFerro della BasilicataValerio GiambersioFerro di AsoloStefano BordignonGioiello di VicenzaMaria Rosaria PalmaIntarsio di SorrentoAlessandro Fiorentino

Legno di CantùAurelio PorroLegno di SaluzzoElena Arrò CerianiLegno della Val d’AostaFranco BalanMarmo di CarraraAntonello PellicciaMarmi e pietre del trapaneseEnzo FiammettaMarmo del veroneseVincenzo PavanMosaico di MonrealeAnna CapraMosaico di RavennaGianni MorelliMosaico di SpilimbergoPaolo CorettiOro di ValenzaLia LentiPeperino Giorgio BlancoPietra di ApricenaDomenico Potenza

Pietra di FontanarosaMario PagliaroPietra di LavagnaAlfredo GioventùPietra lavicaVincenzo FiammettaPietra lecceseLuigi De LucaPietra SerenaGilberto CorrettiPizzo di CantùAurelio PorroTessuto di ComoRoberto De PaolisTravertino romanoClaudio GiudiciVetro di AltareMariateresa ChiricoVetro di EmpoliStefania VitiVetro di MuranoMarino BarovierFederica Marangoni

COMITATO TECNICO E CORRISPONDENTI PER LE AREE ARTIGIANE

Tavolini in rattan di Ugo La Pietra, 1998, Edizioni Galleria Colombari.

Small rattan tables by Ugo La Pietra, 1998, Edizioni Galleria Colombari.

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For a few years now, examples of Applied Arts within the Art Systemhave become a growing trend. It is a well-known fact that in the pastthe Art System has always tried to prevent this intrusion by classifyingseveral art forms as Minor Arts. Hence, Minor or Decorative Arts havelong been practised within a separatesystem, receiving the support of the ArtSchools distributed on the territory. However, this sector, which is still oftenidentified as the sector of Applied Arts,has now long been deprived of specificplaces where to teach and promote them(institutions, museums, informationand most of all schools are lacking).Therefore, many artists-cum-craftsmenattempt to join the Art System, oftenwith great difficulty. The Art Systemhas been trying to keep its distance.

It allocates exhibiting areas to worksthat are half way between Art and Applied Arts. Exhibition centreslike the one in Bologna and Milanmostly host these exhibitions. This is partly done to please a growingnumber of galleries displaying modern and antique collections that do not disdain to show the works of artists from the 20s and 30s that worked in the Art sector and in the field of Applied Arts, next to Mollino and Ponti. This is alsodone to support the stimulus comingfrom a by now obsolete field whereartists that are mostly interested in pioneering new solutions are becoming increasingly focused on the Art System. This has originatednew contaminations. What’s more, of late many artists-cum-ceramists

Arte e Arte Applicata

EDITORIALE

di Ugo La Pietra

Arts and Applied Arts

Un fenomeno che da alcuni anni sta crescendo in modo sempre più evidente è la presenza di pezzi di Arte Applicata all’interno del Sistema dell’Arte.Si sa che in passato il Sistema dell’Arte ha sempre cercato di frenare questa invadenza, utilizzando una definizione che poneva tante esperienze “artistiche” all’internodella cosiddetta Arte Minore. Così, per molto tempo, l’Arte Minoreo Decorativa si è mossa nel contesto di un proprio sistema, alimentato dagli Istituti d’Arte distribuitiuniformemente sul nostro territorio.Ma da troppi anni quest’area, che spesso viene ancora definita di ArteApplicata, non ha più un suo territorioin cui può essere coltivata (mancanoistituzioni, musei, informazione e soprattutto strutture didattiche), così molti artisti-artigiani, spesso con grandi sforzi, cercano di passareall’interno del Sistema dell’Arte. Quest’ultimo tenta di mantenere le distanze e apre, soprattutto

all’interno delle Fiere, come quelle di Bologna e Milano, degli spazi peresporre opere che si collocano a metàstrada tra l’Arte e l’Arte Applicata. Ciò avviene in parte per accontentareil crescente numero di gallerie di modernariato che non disdegnanodi affiancare a Mollino e Ponti artistiche negli anni ’20 o ’30 operavano sia nell’Arte che nell’Arte Applicata, in parte per cercare di assecondare le spinte che provengono da un’areadisciplinare ormai decaduta,all’interno della quale gli operatori,

soprattutto quelli più impegnati nella ricerca, guardano con crescenteattenzione al Sistema dell’Arte.Assistiamo in questo modo a nuove forme di contaminazione e non è difficile rilevare come, in questi ultimi tempi, soprattuttomolti artisti-artigiani ceramistiabbiano aggiunto alle loro capacitàfattuali nuovi contenuti e una sempremaggiore dose di concettualità, così come ormai molti artisti stanno ritrovando il gusto e il piacere del “fare”, attraverso l’elaborazione e la trasformazione della materia.Segnali verso una concezione non più elitaria dell’arte, per la rinascita di quell’idea aperta e diffusa che nel passato vedeva la presenza di diverse esperienze artistiche, le cosiddette Arti, distinte solo per i procedimenti tecnici e i materialiusati? È troppo presto per dirlo!Anche perchè quel poco che resta delle Arti Applicate e dell’ArtigianatoArtistico sembra non volerabbandonare la propria specificità.

have added new subjects and a moremarkedly conceptual structure to their work, in addition to their actual skills. Many artists are also retrieving the pleasure of “creating” through moulding and transforming matter. Is this a tell-tale sign of a different art conceptthat is no longer elitist and thatprivileges instead the rebirth of a moreopen and widespread idea whereby in the past different art forms, the so called Arts, lived side by side and whose distinctive marks were only represented by the adoption of different techniques and materials? It is too soon to tell! Because whatever is left of Applied Artsand Artistic Handicraft does not seem to want to give up the specific featurespertaining to each of the two sectors.

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MOSTREdi Bianca Maria Zetti Ugolotti Sassi in grès per narrare

la nascita della vitaLe ceramiche di Alfredo Gioventù illustrano la fiaba “Il castagno”, scritta da Mario Lodi per la Galleria d’Arte Moderna di Genova.

Mai gli “altri” avevano osato tanto.Leo Lionni non li aveva presi sul serio, gli aveva messo occhi e baffi e li aveva imprigionati in un bel libro destinato ai bambini. Italo Zetti li aveva a lungoaccarezzati, prima di inciderli in grandi tavole xilografiche e mutarli in colorati mandala su cuimeditare (“ci sono cose venute da lontano”, diceva...); altre volte,invece, ci si divertiva, e in tempere ed acquerelli li trasformava in buffi ometti, dolmen, pesciolini, aquiloni colorati. Dal canto suo Bruno Munari, in un certo suo libriccino che sembra un invito a fare altrettanto, scientemente li aveva raccolti in tante cassettine da collezione come insetti pietrificati. Però nessuno, proprio nessuno,prima di Alfredo Gioventù, aveva pensato di farli letteralmentegalleggiare come foglie sull’acqua.Molto più di un gioco. A parte la palpabile raffinatezza della materia ceramica, che Alfredo è riuscito a portare al massimo delle sue incredibili potenzialitàmimetiche, i suoi “Sassi galleggianti”,oltre che essere tanto “veri” da confonderci, sono un poeticopromemoria, un accumulo di esperienze sentimentali e visive,una tangibile sintesi di quanto di buono e di bello c’è in natura,soprattutto in “quella” natura di Sestri Levante che lo ispira e commuove quando se ne sta in rivaal mare fra sole, sabbia, vento, relitti di mareggiate, gusci vuoti di conchiglie, residui di piastrellelevigate dalle correnti. L’antico alunno di Mario Lodi

certo imparò da lui che migliormaestro della Natura non c’è. Come un marinaio che, al ritornodalla pesca, rovescia in grandi ceste il bottino rimasto impigliato nelle reti, così Alfredo dispone ordinatamente sugli scaffali, accanto a colori minerali ed argille, quanto ha raccolto nelle sue passeggiate: mazzi di canne e fili d’erba, foglie, ricci di castagno, rametti di varie specie dal sinuosoandamento che più l’hanno colpito, e che poi avrà cura di levigare e rendere candidi per uniformarli alle tonalità discrete che preferisce.

Entrano anche questi elementi, così come sono e senza ulteriorimanipolazioni, nel linguaggio poetico di questo singolare artista. Oggetti in grès, porcellana, o in unacombinazione fra i due materiali,grezzi o rivestiti da una caratteristica“tenera” vernice cerulea (il céladon);vasi, pannelli, ciotole o gli altricontenitori grandi o piccoli che escono dalla sua bottega recanol’inconfondibile impronta del suo“stile”. Un artista, Gioventù, che riunisce in sé la consapevolezzadi un mestiere artigiano che dura da millenni e che nei millenni

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In questa pagina:“Elfo del castagno”, vaso scultura

in grès porcellanato con impressioni di foglie, smalto tenmoku e legno,

illustrazione in IV di copertina.

On this page:“Chestnut Elf”, glazed stoneware vase sculpture decorated with leaf

impressions, tenmoku enamel and wood. Picture featured on the back cover.

si è costantemente arricchito, con una sensibilità ed una cultura molto attuali; per questa particolarità le sue ceramiche hanno potuto illustrare questa fiaba, la cui tramanarra della meraviglia di una naturache contiene in sé il segreto della vita e della bellezza. Ora il maestro e l’alunno si rincontrano. Mario Lodi, che durante la sua storica esperienza didattica ha fatto dell’osservazione della natura uno strumento fondante, è stato incaricato dal Settore Musei di Genova di scrivere una favola ispirata al quadro “Il castagno”, di AntonioDiscovolo, esposto alla Galleriad’Arte Moderna di Genova Nervi. L’occasione per presentare questa singolare opera è stata l’inaugurazione della nuova Galleria d’Arte Moderna nella giornata dedicata ai bambini. La sensibilità dell’anziano maestro,che ancora custodisce nel suo cuorelo stupore dei bambini davanti alle meraviglie del mondo, ha dato vita all’ultima di una lunga serie di opere letterarie che, partita da “Bandiera” nel 1956, ha introdotto nella didattica un’impostazionepedagogica nuova e alternativa. Il libro (coll. “Sogno intornoall’Opera”, m&m MaschiettoEditore, FI) e le opere di Gioventù,dopo essere stati presentati al PoloMuseale d’Arte Moderna di Genovainsieme alla collezione di disegni“Alberi, i bambini non fanno niente per caso”, sono stati espostiallo Spazio Nibe di Milano e presso la galleria TerreRare e la libreriaGiannino Stoppani di Bologna.

Nella pagina a fronte: “Mattoni”: “..e formarono altri mattoni vivi con i quali potevamoinventare forme diverse”. Grès porcellanato con impressioni di foglie.

On the opposite page:“Bricks”: “..and they made additional live bricks that we could use to invent different shapes”.Glazed stoneware with leaf impressions.

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Left and clockwise:“Floating stones”: “I then started

darting light sparks at her..”. Installation made using real stones and floating

stoneware replicas.“Transformation”: “Dancing made us increasingly

beautiful, smoother and lighter”. “Transformation 1”,

a stone split by ice; “Transformation 2”,

a stone smoothed by water; “Transformation 3”,

a stone eaten away by the sand. Enamelled stoneware sculptures.

Da sinistra e in senso orario:“Sassi galleggianti”: “Io allora cominciai a lanciarle scintille di luce..”.Installazione con sassi veri e copiegalleggianti in grès. “Trasformazione”: “E nella danza diventammo sempre più belli, lisci e leggeri”. “Trasformazione 1”, il sasso spaccato dal ghiaccio; “Trasformazione 2”, il sasso levigato dall’acqua; “Trasformazione 3”, il sasso consumato dalla sabbia. Sculture in grès e smalti.

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Stones to portray the origin of lifeAlfredo Gioventù’s ceramic stonesillustrate the fairy tale “The chestnuttree”, written by Mario Lodi for Galleria d’Arte Moderna, Genoa.

Nothing of the kind had ever beenattempted before. Leo Lionni had nottaken them seriously. He had furnishedthem with a pair of eyes and a moustache.He had then locked them inside a nicechildren’s book. Italo Zetti had long toyedwith the idea, before engraving them on large xylographic tables and turningthem into colourful mandalas to ponderupon. At times instead, he had played with them, using tempera colours and watercolours to transform them into funny looking little chaps, dolmens,tiny fish or bright kites. For his part, Bruno Munari had knowingly grouped

“Onde di sabbia”: “Lì c’era il vento chegiocava con la sabbia creando intorno a lui piccolissime dune del deserto..”. Grès e legno levigato dal mare.

“Sand waves”: “There the wind was playing with sand, creating tiny desert dunes around him ..”.Stoneware and wood smoothed by the sea.

them into several different collectors’ caseslike fossil insects in a booklet that is like an invitation to do the same. However,nobody before Alfredo Gioventù had ever thought to make them literally float on the water like leaves. In addition to the palpable and sophisticated quality of stoneware, whose extraordinary mimicpotential Alfredo has managed to bring to the apex, his “Floating stones” look so “real” that they are almost misleading.But they are also a poetic memorandum, a collection of emotional and visualexperiences and a tangible synthesis of the best and most beautiful naturalfeatures, representing most of all “that”particular natural landscape, which is Sestri Levante. The place is a source of inspiration and emotionswhenever he stands by the seashore in the sun and with the wind blowing, surrounded by sand, flotsam and jetsam

cast up from the sea, empty shells and tile debris smoothed by the riptide.Mario Lodi’s old pupil certainly learntfrom him that Nature is man’s bestteacher. Like a sailor that empties the catch entangled in the net into large baskets, Alfredo tidily arranges on the shelves the things collected duringhis walks: those elements also become part of this unusual artist’s poetic style, simply as they are and unadulterated.Now the teacher and the pupil are meeting again. Genoa-based SettoreMusei asked Mario Lodi to write a fairy tale inspired to the painting “The chestnut tree” by Antonio Discovolo. The painting is exhibited at Galleria d’Arte Moderna, GenoaNervi. Throughout his teaching career, Mario Lodi used the observation of nature as an indispensable tool. This peculiar work was presented during the inauguration of the Galleriad’Arte Moderna on children’s day. The old teacher’s sensitivity, which stillretains the amazement of a child before the marvels of the world, has resulted in a work that is the latest in a series of books (volume 2, collection “Sogno intorno all’Opera”, m&m Maschietto Publishing, Florence). The collection started back in 1956 with “Bandiera”, introducing a new and alternative pedagogic approach to teaching.

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MOSTRE di Ugo La Pietra Ad Arte

Il Palazzo dei Congressi di Darfo Boario Termeha ospitato nello scorso mese di marzo la Prima Biennale delle Arti Applicate, un’interessante selezione nazionale di opere di Artigianato Artistico di eccellenza.

La Biennale delle Arti Applicate “Ad Arte” vuole essere un’occasione che si pone in modo esplicito come momento di sperimentazione e di ricerca rispetto alle presenze deliberatamente commerciali. Tutto ciò nella speranza di far crescere i valori e i significati di una disciplina(quale quella relativa alla progettazionedell’oggetto in rapporto all’ambiente)che di fatto non ha aree di ricerca; la mostra cerca di mantenere, con lapresentazione di prototipi, un aspettosperimentale, attraverso l’impegno di una serie di progettisti (architetti,designers, artisti, artigiani) selezionatitra coloro che, per propria natura,hanno una evidente predisposizionealla ricerca. Le opere esposte sonoportatrici di alcuni valori legati direttamente alla poetica dei variautori, ma superano anche di fatto le fittizie separazioni tra artigianato e design; esse hanno in comune alcuni punti: ricerca e progettazionedell’oggetto in rapporto all’ambiente e alla storia; definizione di oggettid’uso che possono essere messi in produzione ma che, nello stessotempo, mantengono le virtualità che sono proprie dell’oggetto d’arte;esplorazione dei punti di conflitto e di sovrapposizione delle due discipline,arte e design, per verificare se sono ancora attuali le ragioni storico-culturali che portarono alla loro separazione; riferimenti alla tradizione e, nello stesso tempo,atteggiamenti carichi di imprevisti e di azzardi. Questa mostra si colloca inuna situazione sociale e culturale come la nostra, in cui rare sono le occasionidi ricerca e sperimentazione, mettendo in rilievo, quindi, la mancanza di strutture culturali

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Nella pagina a fronte, dall’alto:l’allestimento della mostra nel nuovo Palazzo dei Congressi, a cura di Ad Arte, Primo Osservatoriosull’Artigianato Artistico; “Bijoux” di Flavia Santori.

In questa pagina, dall’alto e da sinistra: “Vaso con radici” di Tarshito con Francesco Ventura; “Portatore. Acquario” di Tonino Negri;“Cristallo” di Claudio Tiozzo.

in grado di riempire il vuoto che si è creato negli ultimi cinquant’annitra la cultura del progetto e le risorse del territorio. Dopo il convegno“Fatto ad Arte”, che organizzai in Triennale nel ’96, e il Premio Cittàdi Todi in questi ultimi anni sono successe ben poche cose. A tutt’oggisono poche le persone e le struttureche si stanno interessando ad un’areaculturale e produttiva come quelladell’Artigianato Artistico, spessodimenticata, disprezzata, confusa tra le pieghe dell’arte o del design. Ancorain modo troppo solitario dirigoD’Artigianato, l’unica rivista nazionalesull’argomento, come coordino l’unicoDipartimento sulle Arti Applicatepresso l’Accademia di Belle Arti di Brera e, come Presidente, il primo e unico Osservatorio sull’ArtigianatoArtistico, attivo a Monza da diversianni, grazie soprattutto alla volontà,capacità ed entusiasmo di Raffaella e Francesca Fossati. Mi piacerebbeavere qualche compagno di strada! Le rare figure di teorici che sembranointeressarsi all’argomento azzardanouna parentela con il “craft” europeo e così lasciano “per strada” tutto il patrimonio del nostro artigianato di qualità, che di fatto è ancora attestato all’interno delle cosiddette aree omogenee di tradizione. Aree,comunque, che potrebbero svilupparsie quindi confrontarsi con esperienze internazionali, se ci fosse un’attivitàconsapevole attraverso il proficuo contatto con la cultura del progetto.Nella nuova sede del Palazzo dei Congressi di Darfo Boario Termesono state presentate circa 120 opere.La mostra è stata un’ampia rassegnadi autori che, su invito, esponevano un loro oggetto rappresentativo.

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In questa pagina, dall’alto e da sinistra: “Profili” di Di Bonti e Da Boit, Ceranima;

“Spugna” di Fernando Perrone;“Birillo” di Gianmaria Colognese;

“Turibolo” di Ulisse Poli, realizzato da Mario Enrico Prandini;

“Bustier per Grace” di Roberto Bottazzi;“Pitintenghen, scacciapensieri”

di Fabio Peloso.

Nella pagina a fronte, dall’alto:“Saturno” di Lucia Angeloni;

“Corona” di Valerio Gaeti; “Ritorno a Olympia” di Marco Silombria.

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Biennial exhibition of Applied ArtsPalazzo dei Congressi at Darfo BoarioTerme hosted the First Biennial exhibitionof Applied Arts in March this year, a national selection of excellent Artistic Handcrafted products.

The Biennial exhibition of Applied Arts“Ad Arte” focuses on research andexperimentation. The works chosenovercome the fictitious separation betweenhandicraft and design and also share some common features: objects designed inrelation to history and to the place wherethey were conceived; defining objects thatcan be mass produced while retaining theirartistic features; investigating differencesand similarities between art and design inan attempt to assess whether the historicaland cultural reasons responsible for theirseparation are still pertinent; referring to tradition while also maintaining an element of unpredictability and risk. The purpose of the prototypes displayedwas to retain an experimental approachwithin a context where research andexperimentation are a rare occurrence.It also highlighted the lack of structuresaimed at filling a widening gap betweendesign and the resources of the territoryover the past fifty years. At present,Artistic Handicraft still only attracts a small number of aficionados. Indeed, this art form is often neglected, disdained and obscured by art and design. So farI am still the only one in charge of the onlydomestic magazine on the subjectand I alsocoordinate the one and only Department of Applied Arts at the Brera Academy. I also chair the one and only Observatory on Artistic Handicraft. The observatory is based in Monza and has been up andrunning for several years now. I wouldvery much like to share my experiencewith someone else! The very few theoriststhat seem to be showing an interest in the matter have tentatively suggested an affinity with European arts and crafts.But in so doing, they are neglecting ourquality arts and crafts heritage as a whole,which is in fact still very much establishedin those areas where tradition is alive and where there is scope for development.What’s more, profitable interaction withthe design sector would present those areaswith the opportunity to compareexperiences with the international scene.

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Tra le diverse iniziative culturali ed espositive che hanno interessato la città di Genova eletta a CapitaleEuropea della Cultura 2004, è da segnalare la mostra d’arte “Idem:l’oggetto del desiderio” che,nell’ambito della rassegna “MeDesign- Forme del Mediterraneo”, ha presentato un’originale collezionedi specchi. È forse per la loro naturadi oggetti ambigui e pieni di fascino, capaci di accogliere e rimandareimmagini le quali si caricano di nuovisignificati, che molti artisti hannoprodotto opere in cui lo specchio, che non è soltanto un elemento da collocare tra i tanti complementid’arredo di cui si sono occupati il designer e il decoratore, ha un ruoloda protagonista. Così la mostraraccoglie opere di: Abramovic,Ambrosini, Andolcetti, Baj, Caminati,Carrega, Cavaliere, Ciaccio,Dellepiane, Duchamp, Everart,Ferrarazzo, Flamminio, Gartner,Genovesi&Andriolo, Ghiglione,Giovanelli, Gualco, Hans-Hermann,Kolar, La Pietra, Marchegiani,Manfredi, Mulas, A. Oberto, M.Oberto, Orlandi, Piccari, Pistoletto,Pozzi, Pretolani, Rizzoli, Serge III,Skuber, Vautier, Viola. Alle operesono stati affiancati pensieri sullo specchio, espressi dagli stessiautori e da altre personalità che, a vario titolo, si sono confrontate con questo oggetto dalla forteambiguità visiva e metaforica.

“Uno specchio che non rispecchia così ho chiamato all’inizio questo buco colorceleste ma molta pazienza e molto doloremi vennero accordati ed iniziò un pocoa diventarmi chiaro: gli uomini sonospecchi che tutto rispecchiano.” Hans Arp

L’oggetto del desiderioLo specchio come protagonista indiscusso in un’originale rassegna di opere ospitata dalla storica galleria genovese di Caterina Gualco.

MOSTREdi Caterina Gualco

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“…Ho praticato il “falso” come metodo,tra snaturamento e tautologia, nella speranza di riuscire a cogliere ciò che mi sembrava intravedere, attraverso una mediazione - uno ‘specchio’- che mi permettesse di scorgere un reale non toccabile, non misurabile, non percorribile …”

Alik Cavaliere

“Il mio cuore è uno specchio spezzato…” Tomaso Kemeny

“Qualche volta è il caso che gioca un suo ruolo: ho trovato un giorno uno specchio incrinato e mentre stavo per toglierlo dalla cornice, sono statocolpito dalla sua bellezza. È nato così il periodo degli “specchi”, che ho elaborato usando variprocedimenti: frantumando lo specchio a colpi di martello, graffiandolo con la punta di diamante (…) oppure riducendolo a piccoli frammenti.”

Enrico Baj

“Lo specchio serve per farsi la barba, ma io non mi faccio più la barba.”

Ugo Carrega

“Specchio: sedersi davanti ad uno specchioe guardarsi per 4 ore sperando di cambiare.”

Ben Vautier

“Mi guardo ma non mi vedo”Aurelio Caminati

“Gli uomini allo specchio. Lo specchio li guarda. Si raccolgono. Con cura, come se si annodassero la cravatta, compongono i loro tratti. Insolenti, seri e coscienti della propria apparenza, si voltano per affrontare il mondo.”

Rrose Sélavy

“L’arte è lo specchio della mia anima.” Hans-Hermann

Nella pagina a fronte, dall’alto:specchi di Ben Vautier e di Jiri Kolar.

In questa pagina, dall’alto: specchi di Mauro Ghiglione,Berty Skuber, Anna Oberto.

On the opposite page, from the top:mirrors by Ben Vautier e di Jiri Kolar.

On this page, from the top: mirrors by Mauro Ghiglione,Berty Skuber, Anna Oberto.

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“… Nel riconoscere l’impossibilità e nel sentirmi nella colpa che l’impotenzainsinua perpetro la sostituzione, il travestimento, il trucco. E non importa specificare chi si traveste,chi si sostituisce, chi si trucca. “È appesouno specchio alla parete opposta, ed ella non vi fa caso, ma vi fa caso lo specchio” dice Kierkegaard…”

Elio Marchegiani

“La sottrazione dell’immagineIl perpetuare del desiderioL’alterità idealizzata.” Jacques Lacan

“Vedere nello specchio ‘l’immagine che appare solo per il lampo di un istantenel vuoto del verbo essere’ (Lacan) e poi si eclissa…” Vittoria Gualco

“Se penso mi specchio (se scrivo mi nascondo).” Sandro Ricaldone

“Vedo un labirinto, vedo il meccanismodell’amore e la modificazione della morte, vedo infiniti occhi vicini che si fissano in me, ed i miei occhi che si perdono in loro, vedo il mio volto e i loro volti, vedo l’unità riflessa nel rispecchiamento di noi, attraverso lo scambio dei doni del rituale, delle nostre essenze. Il cerchio è chiuso, all’infinito.”

Anna Oberto

“… Voglio un teatro che ritorni allacentralità dei personaggi. Voglio specchiarmi nella loro umanità.Cerco me stesso e trovo voi.”

Mario Bagnara

“…mise la freccia accostando in corsia di emergenza. Lucidò le lenti e inclinò lo specchietto verso i suoi occhi per averepiena coscienza di ciò che riflettevano: l’Arte è una frustrazione dimenticataper la gioia di doverla fare ogni giorno.”

Antonio Flamminio

Dall’alto e da sinistra:specchi di Federico Piccari, Enrico Baj, Martino Oberto, Serge III, VittoriaGualco.

From the top and fropm the left: mirrors by Federico Piccari, Enrico Baj, Martino Oberto, Serge III, Vittoria Gualco.

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Dall’alto:specchi di Alik Cavaliere, PierreGiovannelli, Ugo La Pietra.

From the top: mirrors by Alik Cavaliere, PierreGiovannelli, Ugo La Pietra.

The object of desireThe mirror is the undisputedprotagonist in an original collection of works hosted by the historicalGenoese gallery of Caterina Gualco.

Among the different cultural and display initiatives which have beenheld in the city of Genoa, electedEuropean Capital of Culture 2004, the art exhibition entitled “Idem: objectof desire” is certainly worth a mention.Within the scope of the collection“MeDesign – Shapes of theMediterranean”, it has unveiled an intriguing collection of mirrors.Perhaps it is because of their ambiguityand seductive nature, able to welcomeand reflect images redolent of new meanings that many artistshave produced works where the mirror,not simply an element among the manyfurnishings with which the designersand decorators have engagedthemselves, is the protagonist. So the exhibition gathers works by:Abramovic, Ambrosini, Andolcetti,Baj, Caminati, Carrega, Cavaliere,Ciaccio, Dellepiane, Duchamp,Everart, Ferrarazzo, Flamminio,Gartner, Genovesi&Andriolo,Ghiglione, Giovanelli, Gualco, Hans-Hermann, Kolar, La Pietra, Marchegiani, Manfredi,Mulas, A. Oberto, M. Oberto,Orlandi, Piccari, Pistoletto, Pozzi, Pretolani, Rizzoli, Serge III, Skuber, Vautier, Viola.Beside the works are placed musings on the mirror, expressed by the same artists and by otherpersonalities who, in different ways,have confronted themselves with this object of strong visual and metaphorical ambiguity.

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MOSTREdi Massimo Struffi Da Mastroianni in poi

Un grande scultore e un’Accademia di Belle Articoinvolti in una mostra promossa, nel mese di febbraio,dalla Fondazione Umberto Mastroianni di Arpino,presso la Villa Comunale di Frosinone.

La medaglia nell’arte e l’arte della medaglia vengono concepiteentrambe come “figlie di un diominore” dalla quasi totalità di quanti s’interessano a quel mondo vasto e tempestoso che da sempre è stato il “fare artistico”. Considerate quasiesclusivamente dalla numismaticaautentiche opere d’arte, le medaglie e l’arte di realizzarle hanno originiantichissime e nella storia hannosommato in loro moltissimi e diversivalori e significati: linguistici, legali,artistici, ritrattistici, relazionali,simbolici, religiosi, diplomatici ed anche... scaramantici. Al di là delle loro dimensioni ed usi, ci si trovaspesso ad ammirare, e non soltanto nei musei specializzati, autenticicapolavori di stiacciato, di altorilievo o bassorilievo firmati dai più grandimaestri del passato e contemporanei e da intere famiglie di veri e propriincisori medaglisti. Ogni iniziativa che tenda a diffondere la conoscenza e l’apprezzamento di questa specialeforma d’arte deve essere sostenutaperché le medaglie sono veri e proprimultipli d’arte, che hanno dato vita a favolose collezioni in tutto il mondo.Vincenzo Dino Patroni ha volutointitolare questa mostra, con feliceintuizione, “Da Mastroianni in poi”, e la Fondazione Umberto Mastroianniha dato il suo patrocinio, soprattutto per sostenere l’iniziativadell’Accademia di Belle Arti di Frosinone - Cattedra di PlasticaOrnamentale - per la valorizzazione dei lavori dei giovani allievi. Docenteprestigioso, artista notissimo in Italia e all’estero, che alla medaglistica ha dedicato tutto se stesso con unapluripremiata attività professionale

ed un’apprezzata attività didattica,Dino Patroni ha guidato gli allievidell’Accademia alla progettazione,modellazione e rifinitura di medaglied’arte. Si sono potute in questo modo comprendere le tante difficoltà da superare e le raffinate tecniche da acquisire per poter operare in quest’arte ed apprezzare il talentoed i sacrifici dei giovani che in essa si cimentano. Occorre ricordarel’importanza che Mastroianni dava alla medaglistica e quanto questogrande artista abbia mirabilmente realizzato; i suoi lavori in mostrahanno testimoniato tale interesse e la sua straordinaria capacità di creare monumentalità e movimento ancheall’interno di piccole dimensioni.

Lo storico dell’arte Floriano De Santi,Direttore della Fondazione, a proposito di queste giovani promessedell’arte nel frusinate, che hannoesposto i loro pregevoli lavori di medaglistica effettuati, in soli treanni accademici (dal 2002 al 2004), sotto la guida di Patroni, così ha scritto in catalogo: “...si può affermare che nei grandi come nei piccoli eventi del processo figurativo e non figurativo ciò che interessa sottolineare è la presenza dell’artistaattraverso la sua investitura simbolica e che quindi il valore-segno non si tradurrà nella semanticità dell’opera, ma nel suo essere dentro l’opera stessa, nell’essere il segno-simbolo, la fattualità dell’arte e della scultura”.

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Nella pagina a fronte:opera di Sara Di Domenico.

On the opposite page:work by Sara Di Domenico.

In questa pagina, dall’alto e da sinistra: opere di Patrizia Santoro, Ilaria Rizzi,Vincenzina Della Corte e Roberta Angeli.

On this page, left and clockwise:works by Patrizia Santoro, Ilaria Rizzi,Vincenzina Della Corte and Roberta Angeli.

From Mastroianni onwardsIn February this year Villa Comunalein Frosinone hosted an exhibitioninvolving a renowned sculptor and an Academy of Fine Arts.Fondazione Umberto Mastroianni at Arpino promoted the event.

Medals in fine arts and the art of creating medals are both regarded as “children of a lesser god”.Numismatics virtually considers themto be veritable works of art. Medal and the art of medals have ancientorigins, taking on different qualitiesand meanings through time. Dino Patroni is a renowned artist bothin Italy and abroad. He has devoted his successful a multi-awarded career to medal engraving and to a remarkableteaching activity, teaching the studentsattending the Academy of Fine Arts of Frosinone the art of designing,moulding and decorating art medals.Art historian and Director of Fondazione Umberto MastroianniFloriano De Santi sponsored the event.With reference to the young white hopesexhibiting the works created from 2002to 2004 under Patroni’s supervision, he wrote: “… the small eventsconnected both with the figurative and non figurative process exemplifythe symbolic presence of the artist insidehis works. Hence, the value-sign of his work is not semantic, actinginstead as an intrinsic quality, as a sign-symbol, as the factuality of artand sculpture”. The young artistsdisplayed their works together with a number of works by Mastroianni,whose art epitomizes his ability to create monumentality and movementwithin small-scale works of art.

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Di maggior pregio il contenitore o il contenuto? Questa è la domanda, inevitabile,che ci si pone visitando il Museodell’Arte Vetraria di Altare. Ha infatti trovato, finalmente, la sua collocazione definitiva la raccolta, ricca di oltre 2.000 pezzi,che documenta la produzione di Altare. La deliziosa Villa Rosa, una palazzina realizzata in purissimo stile Liberty nel 1906,acquistata nel 1992 dal Ministeroper i Beni Culturali, dopo un iter che è iniziato molti anni prima, con la dichiarazione del vincolo da parte delle Belle Arti nel 1986, è stata riportata ai suoi antichisplendori grazie a un attento e curatissimo lavoro di restauro,durato diversi anni, sotto la guidadella Sovrintendenza per i BeniArchitettonici e il Paesaggio della Liguria. La Sovrintendenza ha quindi realizzato uno dei suoi fini privilegiati, cioè il recupero e soprattutto il riuso di benimonumentali, evitando che l’edificiocadesse in un totale abbandono o, peggio, fosse oggetto di una frammentazione proprietariache ne avrebbe facilmente e drammaticamente snaturata e violata la struttura. Inoltre la destinazione ben definita e di altissimo livello culturale ha fornito un ulteriore motivo a un intervento che dota l’intera Val Bormida di un’istituzione di livello internazionale. Villa Rosa è stata voluta da Monsignor Bertolotti (1842-1931) per la sorella Rosalia, dalla qualederiva la denominazione

Il Museo del Vetro e dell’Arte Vetraria AltareseIl recupero di un monumento per mettere in mostrauna storia antica: la lunga tradizione artigianale e artistica di Altare nella lavorazione del vetro.

MUSEIdi Mariateresa Chirico

della palazzina; il progetto è operadell’architetto Nicolò Campora,assai attivo in quegli anni nel savonese e particolarmentesensibile al nuovo stile architettonico.

La seconda metà del XIX secolo e i primi anni del XX secolo sono per Altare un periodoeconomicamente fiorente, tanto è vero che oltre a Villa Rosa sorgono

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Villa Agar, sempre su iniziativa di Monsignor Bertolotti, progettatadall’altro importante architettosavonese, Alessandro Martinengo, e un teatro per la SocietàFilodrammatica, che mostravaun’elegante e raffinata facciata in stile Liberty di cui si ha notizia,purtroppo, solo da materialid’archivio, poiché la struttura è stata completamente snaturata.Massicci sono stati gli interventi di consolidamento delle strutture,ma ciò che oggi certamente affascinadi più è l’armonioso splendoredecorativo: all’esterno, dai cornicionialle decorazioni delle finestre, dalle ringhiere alle modanature e ai decori a stucco, tutti gli elementihanno riacquistato la morbidaeleganza delle origini, comprese le parti in pietra, realizzate con una pietra arenaria tipica della zona, friabile e quindi facile da lavorare, ma che altrettantofacilmente subisce i guasti del tempo. Anche l’interno, una volta conclusitutti i lavori di impiantistica, ha riacquistato un’incredibilefreschezza: gli intagli lignei delle boiseries, lo splendido camino,le decorazioni a ghirlande, i fiori e le trecce in cartapesta dipinta,gli affreschi dei locali ripresi dai motivi dei caloriferi, le vetrate a piombo e quelle decorate con pellicole dipinte costituisconoun unicum e una giustificatasoddisfazione per l’ISVAV (Istituto per lo Studio del Vetro e dell’Arte Vetraria), che ha creduto nel progetto e ha spinto l’AmministrazioneComunale ad agire in sinergia

Nella pagina a fronte:Villa Rosa, sede del museo. In questa pagina, dall’alto e da sinistra: alzata per frutta, vetro bianco soffiato astampo (gentile concessione di M. Grenni);bottiglia “Guglielmo II”, inizio XX secolo,Società Coop. Artistico-Vetraria di Altare; “Rettile” di Costantino Bormioli, anni ’30.

Opposite page:Villa Rosa, which is home to the museum.This page, top and left:fruit stand, mold-blown white glass (courtesy of M. Grenni);bottle “Guglielmo II”, early 20th century,Società Coop. Artistico-Vetraria, Altare;“Rettile” by Costantino Bormioli, 1930s.

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con la Sovrintendenza, sostenendoun’impresa senza dubbio onerosa per l’impegno economico e per la durata della realizzazione.Questo delizioso gioielloarchitettonico, leggermente rialzatorispetto al piano stradale da alcunigradini d’accesso dalle formearrotondate, che si articola su due piani oltre a quello terreno,suddiviso in sale di non grandidimensioni, è divenuto la sede del Museo dell’Arte Vetraria, finoallo scorso autunno ospitato presso il vicino Oratorio di San Sebastiano. La cittadina di Altare, che sorgeall’incontro delle Alpi con gli Appennini alle spalle di Savona,vanta una lunga tradizione nel “farevetro”, che risale al XII secolo. La posizione strategica di transitodal mare all’entroterra, la ricchezzadi manto boschivo, indispensabileper fornire combustibile peraccendere i forni, alcuni privilegilegislativi e doganali sono senz’altro gli elementi basilari che hanno favorito l’affermarsi di questa attività, dai profiliparticolari e ben definiti: Altare,infatti, è sinonimo di vetro d’uso. Con questo materiale da sempresono stati realizzati i più svariatioggetti, utili per soddisfare le esigenze della vita quotidiana,dall’acchiappamoscheall’acchiappapesci, al tiralatte, agli espositori per dolci, e poi bottiglie, bicchieri, piatti,alzate, ma anche sofisticatiapparecchi per la farmochimica. Gli abilissimi maestri, che costituivano i “monsù”, cioè i signori della popolazione

locale, hanno diffuso la propria arteben oltre i confini della piccolalocalità: infatti gli Statuti dell’ArteVetraria, datati 1495, che regolavanonon solo l’attività dei vetrai ma l’intera comunità che ruotavaattorno a loro, permettevano di accogliere forestieri con i qualicondividere l’arte di fare vetro e ai vetrai, pur con precisi vincoli, di lasciare il paese e trasferirsialtrove, portando ovviamente con sé i segreti di una lavorazione tanto complessa quanto raffinata. Così vetrai altaresi sono documentatiin molti Paesi europei fin dal XVIsecolo, e anche presso cortiimportanti: Bernardo Perrotto(1619-1709), per esempio, è ospitatodal Re Sole, che gli concede privilegi per realizzare la sua straordinariainvenzione, vale a dire la colatura del vetro in lastra per fare gli specchi.In un inevitabile alternarsi di periodidi fiorente splendore e altri di crisi, che contraddistingue lo scorrere dei secoli, Altare vive un momento di particolare importanza quando nel 1856 viene costituita la SocietàCooperativa Artistica-Vetraria di Altare (SAV), che dà nuovoimpulso alla produzione vetraria e nuovo benessere alla comunità. La maggior parte dei reperti che compongono il patrimonio del Museo risalgono alla produzione

della SAV, che ha chiuso l’attività nel 1978, non essendo più in grado i maestri vetrai di sostenere la concorrenza della produzioneindustriale. Peculiarità del vetro di Altare è quella di essere “bianco”,come è definito nel gergo locale,vale a dire incolore. Grazie alle caratteristiche della materia prima, dotata di un’alta percentuale di potassio che rende il materiale moltoresistente, il vetro altarese viene sìsoffiato a bocca in stampi di legno,ma viene anche decorato con incisioni – tecnica importata dai boemi fratelli Schmid agli inzidel XIX secolo – e con molature. Le piccole sale del Museo ospitanosolo una selezione della raccolta, una parte della quale verrà mostrataa rotazione. Tra i più suggestivi pezzi, collocati in un’imponentevetrina lignea degli inizi del secoloscorso, i “Giganti del vetro”,colossali contenitori di parecchi chili ciascuno, uno dei qualipresentato all’EsposizioneInternazionale di Torino del 1911. In altre sale anche oggetti realizzaticome pezzi unici in colorazionibrillanti e audaci dai maestriCostantino (1876-1934) e Cimbro(1880-1961) Bormioli, veri creativi e sperimentatori sia nelle forme sia nelle tecnologie.

“Giardiniera” di Costantino Bormioli, inizi XX secolo.

“Giardiniera” by Costantino Bormioli,early 20th century.

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The Museum of Glass and the Art of glassmaking of AltareThe refurbishment of a monumentenhances Altare’s ancient history: its longstanding artistic glassmakingtradition.

A collection of over 2,000 piecesattesting Altare’s production is nowpermanently on show at Villa Rosa, a wonderful Liberty building.Monsignor Bertolotti had it built for his sister Rosalia in 1906. Architect Nicolò Campora was in chargeof the project. The building has nowbeen restored to its former glory thanksto a painstaking refurbishment project.The harmonious decorative splendour on the outside of the building is coupledwith the freshness of the interiors, whichare characterized by striking features,such as richly carved wooden panels, a wonderful fireplace, wreath decorations,colourful papier-mâché flowers and braids, the frescos decorating the various rooms and the radiatorsdecorated with similar patterns, the plumb glass windows and thewindows decorated with painted films.The end result was a source of greatsatisfaction to ISVAV (Institute for the Study of Glass and of the Art of Glassmaking), which believed in the project, prompting the TownCouncil to work in partnership with the Superintendency. This lovely piece of architecture is arranged on two levels besides the ground floor and it is divided into average sized rooms. The buildingnow hosts the Museum of Glass. Up until last year the Oratory of SaintSebastian had been home to the museum.

Altare is a small town that is locatedwhere the Alps and the Apennines meet at the back of Savona. It prides itself on a longstandingglassmaking tradition that goes back to the 12th century. The town serves as a strategic passageway from the searight to the mainland. Rich woodland,which provides wood-fuel for lightingkilns, coupled with some legislative and customs privileges are the basic factorsbehind this thriving activity, which presents some very specific and well defined features: in fact Altarehas become synonymous with glass. The most different items have been madeusing this material, ranging from usefuleveryday products to sophisticatedmachines, which are employed in thepharmaceutical and chemical industry.Skilful craftsmen, the so-called “monsù”,namely the rulers of the local population,spread their art well beyond the borders of this small town. Indeed, otherglassmakers from Altare are also knownto have worked elsewhere in Europe since the 16th century and for importantcourts, like the court of the Sun King.The year 1856 marked an importantmilestone for Altare, as that was the timewhen Società Cooperativa ArtisticaVetraria of Altare (SAV) was established.Its activity continued through to 1978.Most of the show-pieces on display actuallydate from that production. The peculiarfeature of Altare’s glass is that it is “white”,namely colourless, as it is called in the local jargon. The features of the raw material, which is rich in potassium, make glass very strong. The glass is blown into wooden mouldsbut it is also etched and cut. The small rooms of the Museum only hosta small selection of items included in the collection, part of which will bedisplayed in rotation. The “Giants of glass” are among some of the mostcharming works. They are displayedinside a majestic wooden case. These hugecontainers weigh several kilos and one of them was displayed at the InternationalExhibition in Turin in 1911. Other unique items that were decoratedin bold colours by master Costantino(1876-1934) and Cimbro (1880-1961)Bormioli, two veritable pioneers both asregards the exploration of new shapes andtechnologies, are on show in other rooms.

Dall’alto:grande vaso da esposizione, 1911; grande vaso blu con coperchio di Costantino Bormioli, XX secolo; vaso scanalato, inizi XX secolo.

From the top:large exhibition vase, 1911;large blue vase with lid by CostantinoBormioli, 20th century;grooved vase, early 20th century.

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PREMI E CONCORSIdi Lea Di Muzio (Architetto Coordinatrice di Koinè-Ricerca)

La casula Si è conclusa con grande successo di pubblico l’XI edizione di Koinè, rassegna di arredi liturgici e componenti per l’edilizia di culto, che ha indagatoorientamenti e tendenze nel design dell’abito sacro.

Tema monografico dell’edizione2005 di Koinè è stato “La Casula”,già affrontato in una delle primeedizioni della rassegna. L’iniziativa ha dato forte impulso al rinnovamento della produzione di abiti liturgici, uno dei segmenti di mercato più significativi della manifestazione fieristica. È pertanto sembrato opportunoriproporre il tema per fornire nuovistimoli ai produttori del settore.Privo da sempre di riferimenti nel campo della liturgia e di rapporti di scambio con le figure dotate di capacità innovativa nel campo della creazione di nuovi modelli e in quello dell’arte tessile, il mondodella produzione di paramenti ha trovato nell’evento un importantemomento di incontro coi designers e i liturgisti per avviare una stagionedi profondo rinnovamento, come giàè avvenuto per l’architettura sacra. In Koinè non è stato coinvoltosoltanto chi progetta il tessuto o confeziona l’abito liturgico ma anche chi lo indossa, il sacerdotequindi, che rappresenta per larassegna fieristica il visitatore e per i produttori il potenziale acquirente.La mostra sulla casula si è articolatain varie sezioni: uno spazioimportante è stato destinato al concorso a cui hanno partecipato i più affermati artisti tessili italianiche hanno presentato manufattiinteramente tessuti a mano. Il vincitore della Mostra Concorso è stato un frate, Padre Vittorio Busetdi Montecchio Maggiore (VI), il cui manufatto è stato premiato sia per la qualità materica e sartoriale che per la brillantezza dei colori. Al manufatto di Cristina Busnelli

di Bassano del Grappa (VI) è statoattribuito il secondo premio per l’alto livello tessile ottenuto confibre policrome diverse. Interessanteè parsa l’invenzione dello scollo che sottolinea la morbidezzadell’insieme. Terzo classificato è stato il manufatto della triestinaAgnese Pecorari, premiato “per l’originalità della decorazione che si propaga su tutta la superficie della casula, ottenuta con la tecnica della stampa (a riserva e pittura)”. Buona è risultata la vestibilitàdell’abito. Data la pregevolezza dei manufatti pervenuti, la giuria ha deciso di assegnare due menzionispeciali a Federica Vignaga con la Casula e a Marisa Bronzini,produttrice di fama internazionale.All’area fuori concorso è statainvitata una importante fashiondesigner, Nanni Strada, che haportato il suo contributo di idee

a un settore che necessita di stimolied innovazioni. La sua casula, che si rifà all’origine medievale dell’abitoliturgico ma è realizzata con le più avanzate tecnologie tessili e di confezione, vuole proporre un linguaggio formale che si adeguialla nuova realtà della Chiesasecolarizzata. L’evento è statoarricchito dalla partecipazione diimportanti scuole d’arte tessile chehanno lavorato sulla progettazionedel tessuto e sulla ricerca dei filati.La loro creatività nella ricerca di materiali innovativi, di interventi(tagli, sovrapposizioni, trafori, ecc.)di accostamenti cromatici, ha notevolmente contribuito a consolidare il prestigio dellamanifestazione. Il primo premio è andato all’Istituto Statale d’Arte“G. Sello” di Udine mentre il secondo all’Istituto Statale d’Arte “P. Selvatico” di Padova. L’Istituto

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In queste pagine: alcune delle vesti liturgiche esposte alla mostra-concorso “La Casula” in occasione di Koinè 2005.

On these pages: a few of the liturgical vestments exhibited at the “The Chasuble" show-competition,held as part of Koinè 2005.

Statale d’Arte di Gorizia “MaxFabiani” ha ricevuto il terzo premio.In un’area fuori concorso granderilievo è stato dato ai produttori di abiti liturgici che si sonocimentati con nuovi modelli, diversida quelli che solitamente appaiononei patinati cataloghi. La rassegna internazionale Koinèsi svolge a Vicenza ogni due anni.Koinè Ricerca, la sezione dedicataalla ricerca, elemento centrale della manifestazione, offre al mondoproduttivo del settore un contributodi idee e proposte innovative graziealla presenza costante di architetti,designers e liturgisti.Giuria di Koinè RicercaMons. Arch. Giancarlo Santi, presidente Comitato Scientifico;Mons. Guido Genero, liturgista;Dott.ssa Doretta Davanzo Poli, docente di Storia del Costumeall’Università di Venezia;Dott.ssa Bonizza Giordani Aragno,storica della Moda e del Costume.

The chasubleThe 11th edition of Koinè concludedafter a great reception by the public. The exhibition of liturgical furnishingsand elements for religious buildings also explored today’s directions and trends in religious vestments.

The monographic theme of Koinè 2005was “The Chasuble”, an issue that has already been approached in one of the first editions of the exhibition. Koinè this year did not focus simply onthose who design or produce liturgicalvestments, but also on those who wearthem – the priests. The chasuble showwas organised in a number of sections: a significant area was dedicated to thecompetition, in which Italy’s mostrespected textile artists participated,creating entirely hand-woven garments.The winner of the show competition wasa monk, Father Vittorio Buset, whoseproposal was chosen for its high quality

material and sartorial work, and for the brilliance of its colours. Second prize went to Cristina Busnelli,for the refined textile effect achievedusing different polychrome fibres. The third prize went to the entry by Agnese Pecorari, selected for theoriginal decoration across the entiresurface of the chasuble, achieved with a special printing technique. Given the overall high quality of the entries,the panel also awarded two specialmentions, one to Federica Vignaga and one to internationally renownedproducer Marisa Bronzini. The prominent fashion designer NanniStrada was also invited to participatein the events surrounding thecompetition. The event also involvedthe participation of major textile artschools working in fabric designand yarn research. Their creativitysignificantly contributed to the prestigeof the initiative.

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Dai più si è intuito, sia pure in modoconfuso ma sostanzialmente corretto,che nel complesso mondo dellecelebrazioni liturgiche rinnovate dal Concilio anche le vesti potevanogiocare un ruolo positivo o negativo.L’intuizione tuttavia non è stataelaborata a sufficienza né ha trovatomodo di esprimersi se non in formeiniziali. Da parte dei liturgisti italiani,infatti, l’attenzione per le espressioniartistiche coinvolte dalla liturgia si è a lungo mantenuta a livelliminimi e non ha saputo interpretarele istanze di rinnovamento vagamentesentite dal clero. Il settore dellaproduzione, da parte sua, abituato ad immettere sul mercato modelli e stilemi nei quali le variazioni erano minime e i mutamentilentissimi, si è limitato a rilevare il cambiamento senza interrogarsi sulsuo significato e le sue motivazioniprofonde. Privo da sempre

di riferimenti nel campo della liturgiae di rapporti di scambio con le figuredotate di capacità innovativa nel campo della creazione di nuovimodelli e nel campo dell’arte tessile, il settore della produzione italiana si è dimostrato incapace di avviare una seria stagione di rinnovamento,paragonabile a quella avviata nel campo dell’architettura e della musica sacra. Un segnoevidente della situazione di sostanziale stasi nel rinnovamentodella produzione delle vesti liturgicheè dato dalla quasi totale mancanza di letteratura e di documentazione al riguardo. Sulla base di questeconsiderazioni si è mosso il concorsoorganizzato nell’ambito di Koinèsulla casula, che si è proposto di stimolare il mondo dellaproduzione dei paramenti sacri conidee artisticamente e tecnicamenteinnovative chiedendo ai partecipanti

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Vesti liturgiche:le tendenze attuali Un contributo alla ricerca di soluzioni innovative alla base del concorso sulla casula, bandito in occasione dell’XI edizione di Koinè e volto a stimolare il settore dei paramenti sacri.

PREMI E CONCORSIdi Giancarlo Santi(Architetto e Monsignore, Presidente del Comitato Scientifico di Koinè Ricerca)

Negli anni post-conciliari (cioè dal 1965 ad oggi) per quantoriguarda le vesti liturgiche sonoemersi nel clero italiano, in modo del tutto informale, atteggiamentinuovi ed è innegabile che, nello stesso periodo, vi sia stata anche una certa evoluzione dei tipi e dei modelli delle vesti stesse. In un primo arco di anni,dall’immediato dopoconcilio a tutti gli anni settanta, si è notato un diffuso atteggiamento di “disagio”nei riguardi delle vesti tradizionali e nei riguardi di quelle antiche in genere. Non sono mancatiatteggiamenti di radicalesecolarizzazione che hanno portatoalla messa in discussione dei paramenti stessi. In una secondafase, che possiamo far iniziare con gli anni Ottanta, superato il momento iniziale dell’attuazionedella riforma liturgica, si è assistito al definitivo assestamento nella sceltadella casula e nell’abbandono dellapianeta, al riemergere di attenzionenei riguardi del patrimonio storicodei paramenti guardati ora con minore sospetto che negli anniprecedenti, all’elaborazione di nuoveproposte, sempre nella linea dellamassima semplificazione (che rasenta la stilizzazione) come lo “stolone”, in sostituzione di stola e casula.Sempre in questo periodo si assiste a un ritorno di attenzione e di favorenei riguardi delle vesti di “qualità”,compresa la decorazione intesa insenso “simbolico”. In sintesi si puòdire che negli anni post-conciliari la grande maggioranza dei sacerdotiitaliani, nel conteso della riformaliturgica, ha espresso un certodesiderio di rinnovamento anche nel campo delle vesti e dei paramenti.

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vengono celebrati e il senso dellavita cristiana in cammino lungo il corso dell’anno liturgico. Riguardo al colore delle sacre vestisi mantiene, con pochi cambiamenti,l’uso tradizionale.La materiaPer la realizzazione delle vesti sacre,oltre alla stoffe tradizionali, si utilizzano fibre naturali comepure fibre artificiali, purchérispondenti alla dignità dell’azioneliturgica. La riforma liturgica ha

portato in linea di principio ad unasostanziale liberalizzazione per quantoriguarda la materia per la confezione delle vesti liturgiche.La formaLa casula è una sorta di mantello che può avere varianti nella forma.Essa, infatti, può essere semicircolare o “a mantello”; di forma ellittica e ridotta ai lati, detta “medioevale”; di forma ellittica, ulteriormenteridotta ai lati, ma che conserva sempre l’aspetto di un mantello.

Nella pagina a fronte: casula di Padre Vittorio Buset, I premio.In questa pagina, dall’alto: casula di Cristina Busnelli, II premio; casula di Agnese Pecorari, III premio.

On the opposite page: the chasuble by Father Vittorio Buset, 1st prize.This page, from the top: the chasuble by Cristina Busnelli, 2nd prize; the chasuble by Agnese Pecorari, 3rd prize.

di dare un contributo alla ricerca di nuove soluzioni che possano legare creatività artistica e praticaliturgica. Per ottenere risultatirealisticamente stimolanti per la produzione, anche se nonimmediatamente trasferibili sul mercato, non è stata richiesta ai creativi l’ideazione di nuovimodelli di casule ma l’interpretazionedei modelli esistenti. Nella stessalinea, e cioè per ottenere propostedotate del massimo realismo possibile e per evitare nel contempoelaborazioni arbitrarie o di tiposperimentale, è stato vincolante ai finidel concorso, oltre al riferimento ai modelli esistenti, anche il riferimento ai colori canonici. Un ampio allegato al bando, di cui qui di seguito riportiamo una sintesi, ha fornito ai concorrenti estese informazioni riguardanti i modelli stessi, i colori e le decorazioni.I simboli, i segni, le immagini e le figurazioniLa bellezza e la nobiltà delle vesti si devono cercare e porre in risalto più nella forma e nelle materie usate, che nella ricchezza dell’ornato.Non è più accettabile la stancaripetizione di iconografie scontate,come monogrammi, croci, calici, ecc.e il ricorso ad elementi inseriti, comenel caso dei cosiddetti “stoloni”, che sono ulteriori decurtazionipraticistiche di una veste nobile già di per sé essenziale. La sensibilitàattuale suggerisce di allargare la ricerca ai nuovi materiali e tessuti, nonché alle proposte che uniscano qualità e dignità.Il coloreLa differenza dei colori nelle vestisacre ha lo scopo di esprimere, anchecon mezzi esterni, le caratteristicheparticolari dei misteri della fede che

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Liturgical vestments:current trendsThe competition to define a newchasuble, officially opened in concurrencewith the XI edition of Koinè, and intended to stimulate new ideas in the sacred vestments sector, lays the foundations for innovation.

During the post-conciliatory years (from1965 to date), new attitudes towardsliturgical vestments arose among the Italian clergy, and we have alsowitnessed some degree of evolution in the types and models of vestmentsthemselves. In the immediate post-conciliatory period and throughout the1970s, there was a widespread feeling ofunease regarding the use of traditionalvestments, and there were even radicalinstances of secularisation, bringing the very existence of these vestmentsthemselves into question. Subsequently,during the 1980s, opinions definitivelysettled in favour of the chasuble,abandoning the planet, and there was a rekindled interest in the historicalheritage of liturgical vestments and thedevelopment of new ideas, in a strictlysimplified key. In short, we could saythat during the post-conciliatory years,most of the Italian clergy has expresseda certain desire for renewal in theliturgical vestments used. By and large,it was perceived that in the complexcontext of the Council’s renewed liturgy,the vestments themselves can play eitherpositive or negative role. This perceptionwas, however, not sufficiently expandedupon, neither by the majority of Italianliturgists, nor by the vestmentproducing sector. The competition for anew chasuble, organised in concurrencewith Koinè, was based on theseconsiderations. To achieve realistically

stimulating results for production, albeitnot transferable directly to the market,designers are not asked to create newmodels of chasuble, but, rather, toreinterpret existing ones. An extensiveannexe to the announcement of thecompetition (of which we have includeda summary below), provides participantsample information regarding models,colours and decoration.Symbols signs, images, figurations.The beauty and nobility of the vestmentsmust be expressed more in the forms and materials used, than in the richnessof the decorations. The hackneyedrepetition of clichéd iconography is no longer acceptable, as is the recourseto the inclusion of additional elements,such as the so-called ‘orphreys’, whichare but a further impracticality in anoble vestment that is in itself alreadyessential. The current mood suggestswidening our research into newmaterials and fabrics.

ColourThe differences in colour in sacredvestments serve to express the particularcharacteristics of the mysteries of the faith celebrated, and to convey an impression of Christian life as it proceeds through the liturgical year.Traditional colours, with only a few changes, will continue to be used for sacred vestments.MaterialsIn addition to traditional fabrics, both natural and man-made fibres may be used in the creation of sacred vestments, providing that they are appropriate for the dignity of the liturgical rite. ShapeThe chasuble is a form of cloak, and mayassume a variety of different shapes. It may be semicircular, known as a ‘cloak’shape, elliptical, with shortened sides,known as a ‘medieval’ shape, or it may beelliptical with further shortened sides.

In questa pagina: casula di Marisa Bronzini, menzione speciale.

This page: the chasuble by Marisa Bronzini, special mention.

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Le foto che si pubblicano qui accanto sono state eseguite dal mio assistente, dottor ClaudioPaolinelli, lo scorso mese di novembre a Kecskemét,all’International Ceramics Studio.Nella mia missione in Ungheria,volta allo studio per il catalogo e la mostra della maiolica italiana al Museo delle Arti Applicate di Budapest e per organizzare a Pesaro una mostra delle ceramichedel tempo del re Matteo Corvinoritrovate negli scavi al Castello di Buda, ho chiesto di conoscere il centro di Kecskemét. Esso permette a ceramisti di tutto il mondo di confrontarsi, di ritrovarsi insieme in una specie di villaggio globale, molto benattrezzato per la libera ideazione,realizzazione e produzione di ceramiche d’arte. Vi abbiamoincontrato ceramisti statunitensi, finlandesi, ungheresi, inglesi, ed era già tempo d’inizio inverno.Paul Soldner era appena partito.Attrezzato per accogliere artisti di tutto il mondo, organizzato per simposii di carattere tecnologico e artistico, l’International CeramicsStudio è anche centro espositivo,museale, di vendita delle opere eseguitevi dagli artisti. Se ne vorrebbe uno analogo anche in Italia, ma da noi è così difficileproporlo, per la nostra tipica mentalità individualista: mentre ce ne sono un po’ dappertutto nel mondo da Occidente ad Oriente. Ne vado proponendo uno io al Barco Ducale di Urbania, l’antica Casteldurante, in fase di grandi opere di restauro. Spero che l’idea si faccia strada.

Da Kecskemét un’idea per UrbaniaIn Ungheria un centro di incontro e scambio culturale per ceramisti di tutto il mondo è l’esempio di una stimolante realtà di cui in Italia si avverte la mancanza.

CERAMICAINTERNAZIONALEdi Gian Carlo Bojani

From Kecskemét an idea for UrbaniaIn Hungary, a centre acting as a meeting ground for ceramists comingfrom all over the world affords them the opportunity of exchanging ideas. Italy lacks a similar structure.

On my mission to Hungary I asked to visit Kecskemét’s centre. The purpose of my mission was to study the catalogueand the exhibition of Italian majolicas on display at the Museum of AppliedArts in Budapest and to organize an exhibition in Pesaro of ornamentalchina dating from King MatteoCorvino’ age that was found during the excavation work of Buda’s Castle. The centre presents ceramists coming from all over the world with

the opportunity of exchanging ideas in a kind of global and fully equippedvillage, allowing them to design and produce ceramics in total freedom. The International Ceramics Studio is fitted to assist artists from around the world. It also hosts technology and art symposiums while also actingas an exhibition centre, as a museum and as a shop selling the works created by the artists. Similar centres can be found a bit everywhere around the world. I have submitted the same idea in Italyat Barco Ducale, Urbania, the ancientCasteldurante, which is currentlyundergoing large-scale renovation work.However, our typically individualisticmentality is a hindrance to theimplementation of this type of project. I hope that the idea will gain ground.

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Il Marchese di Ibañez è seduto da alcuni anni all’esterno dellafabbrica di porcellane di Sargadelos,piccolo paese della provincia galizianadi Lugo, nella parte nord occidentaledella Spagna. Il Marchese ha lo sguardo assorto, come se stessemeditando, in attesa di scrivere con la sua penna d’oca. Nulla lo distrae: è indifferente alla folla di auto e di persone che vengono a visitarela fabbrica; non concede un sorriso a quelli che si fanno fotografare con lui, per portare a casa un ricordo.Neppure la pioggia galiziana, che gli scorre addosso per buonaparte dell’anno, scalfisce la sua imperturbabilità. Sembra che il Marchese sappia molto benequal è il compito che gli è statoassegnato: testimoniare il legame tra il passato e il presente, ribadire,con la sua immagine, che la storia e la memoria sono importanti come il presente ed il futuro. Passato e presente, d’altronde, sono due polia cui non si può fare a meno di riferirsi parlando di Sargadelos.L’attuale Sargadelos è preceduta,storicamente, da importanti esperienze nel campo della

La porcellana di SargadelosPassato e presente del Gruppo Sargadelos, che dal 1804 in Galizia produce originali porcellanedalla forte connotazione segnica, nell’esperienza di una ceramista italiana.

PROGETTI E TERRITORIdi Gabriella Sacchi

lavorazione e della progettazioneceramica. Dal 1804 al 1875 nella località di Sargadelos era stataattiva la fabbrica di porcellana fondatada Antonio Raymundo Ibañez, quel“Marchese di Sargadelos” che oggi, in forma di scultura ceramica, opera dell’argentina Vilma Villaverde,accoglie fuori dalla fabbrica maestranze e visitatori. Attualmentequella fabbrica viene giudicata come una delle prime imprese capitalisticheindustriali della Spagna, perchè avevaabbandonato i modi di lavorazionetradizionali a favore della produzionein serie. L’esperienza di Sargadelos

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Nella pagina a fronte, dall’alto: “Marchese di Sargadelos”, scultura di Vilma Villaverde;“La Vecchia fabbrica di Sargadelos”, incisione; sede del Seminario di Sargadelos.

On the opposite page, from the top: “Marquis of Sargadelos”, sculpture by Vilma Villaverde;“The Old factory of Sargadelos”, engraving;seat of the Seminary of Sargadelos.

In questa pagina, dall’alto:un momento degli

“Incontri estivi di Sargadelos”; servizio di piatti con decorazione Rueta,

servizio da caffè Pomba; complesso industriale di O Castro.

On this page, from the top:a moment of the

“Summer Meetings at Sargadelos”; dinner set with Rueta decoration;

coffee set by Pomba; industrial complex of O Castro.

aveva ispirato, nel 1947, la creazionedi una fabbrica di porcellane nellalocalità di O Castro de Samoedo, vicino a La Coruña e, nel 1955,quella di una fabbrica di porcellanein Argentina, a 100 km da BuenosAires. Sempre in Argentina un gruppo di esiliati politici galizianiaveva dato vita ad una istituzione,chiamata “Laboratorio di forme”, che aveva lo scopo di occuparsi di progettazione e disegno e di ricreare imprese di prestigio del passato. L’obiettivo era quello del recupero della memoria storicadimenticata, ma il tutto con unaproiezione verso il futuro, finalizzataallo sviluppo produttivo e culturaledella Galizia. Negli anni seguenti in Spagna nacquero la casa editriceEdiciòs do Castro (1963) e il MuseoCarlos Maside (1970), dedicato ai movimenti rinnovatori dell’artegaliziana. Infine, sempre nel 1970, in collaborazione con la fabbrica di ceramica del Castro, si recuperòanche l’attività di produzione ceramica a Sargadelos. Oggi il Gruppo Sargadelos, che comprende le fabbriche del Castro e di Sargadelos, è una attività produttiva che dà lavoro a trecento impiegati e che realizza circa un milione e mezzo di pezzi di porcellana all’anno. Nella cerchiadei ceramisti, o dei progettisti,Sargadelos è conosciuta, oltre che per le porcellane, come luogodove, in estate, è possibile fare un’esperienza di incontro e di lavoro.Dal 1972, infatti, si svolgono nella fabbrica gli “Incontri estivi di Sargadelos”. Sono anch’io una ceramista e, nell’agosto 2004, ero presente a Sargadelos come artista

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Da sinistra:“Ramo verde” e “Colomba di pietra”

di Luis Seoane.

From left:“Green branch” and “Stone Dove”

by Luis Seoane.

invitata a frequentare un seminarioestivo. L’esperienza, sia dal punto di vista umano che professionale, è stata molto interessante.Chi partecipa al seminario ha infatti la possibilità di incontrare e confrontarsi con persone diverse

per provenienza, età e formazione,oltre all’opportunità di lavorare all’interno della fabbrica utilizzandomateriali d’alta temperatura. Questi materiali, per le loro caratteristiche tecnologiche,costringono a riflettere su problemi di tipo progettuale e al confronto tra le proprie metodologie e quellesuggerite dalla situazione concreta. Si organizzano, inoltre, incontri e tavole rotonde con artisti e personaggi del mondo del design.Un altro elemento che qualifica positivamente la permanenza a Sargadelos è la visita guidata allafabbrica, finalizzata alla conoscenzadella sua “filosofia”, delle tecniche di produzione e dell’organizzazione.La visita al Museo Carlos Maside al Castro, le attività culturali

organizzate nell’auditorium, la scoperta della ricca attività editoriale rappresentano infatti, per gli ospiti della fabbrica, la testimonianza viva di quanto la forte carica ideale dei fondatori non sia mai venuta a mancare. Inoltreè durante la visita ai vari reparti dellastruttura produttiva che ci si rendeconto della complessità del lavoroceramico, anche se industrializzato, e della quantità di operazioni che,comunque, esigono l’intervento e l’abilità della mano dell’uomo. A questo proposito occorre dire che la ceramica di Sargadelos, dal punto di vista tecnico ed estetico,presenta delle caratteristiche inconfondibili. Per quanto riguardal’aspetto tecnico si tratta di porcellanala cui temperatura di cottura

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Dall’alto:candelabro a cinque braccia

di passata e moderna produzione.

From the top: five-branch candelabra

of historical and modern production.

è intorno ai 1.400°. I pezzi, sia oggettid’uso che decorativi, sono in unprimo tempo progettati e realizzaticome prototipi. Questi servono poi per costruire gli stampi da cui si ricavano i pezzi finalizzati alla produzione. La parte decorativa è realizzata tramite “mascherine” e colori sottosmalto aerografati che,ricoperti di cristallina, ben sopportanole alte temperature. Alcuni pezzi decorati con colori che, come il rosso, non possono resistere alle alte temperature, dopo la cristallinaturasono sottoposti ad un’altra cottura a 800°. Dal punto di vista estetico le forme degli oggetti e le decorazionisi riferiscono, in alcuni casi, alla cultura della Galizia: si tratta di stilizzazioni di motivi architettonicidella regione o di richiami a elementidella civiltà contadina, marinara o della vita culturale galiziana. In altri casi forme e decori voglionoessere un palese tributo alle avanguardie artistiche del ’900: i riferimenti all’arte di Picassoo di Mirò non sono omaggi formali ma il riconoscimento del ruolo storicoe sociale che le nuove estetiche hannoavuto nel secolo scorso. Visitando la fabbrica si constata di trovarsi in un piccolo mondo dove tuttii problemi inerenti la progettazione,la produzione e la conduzione tecnologica, vengono risolti da maestranze interne alla fabbrica.Infine alcune ultime annotazioni sugliaspetti commerciali della produzione di Sargadelos, aspetti che, ancora una volta, rivelano l’originalità della fabbrica galiziana. Il GruppoSargadelos vende buona parte della sua produzione in Galizia:girando per la regione fa un certoeffetto constatare come non ci siaattività commerciale o famiglia galiziana che non usi la ceramicaprodotta a Sargadelos. Così comestupisce il gran numero di visitatori,spagnoli e stranieri, che si reca a visitare le fabbriche e fa una sostanei loro punti vendita per portarsi a casa una porcellana. Un’altra partedella produzione viene venduta attraverso le nove gallerie gestite in franchising o le sei che la fabbrica

possiede nelle maggiori città spagnole, di cui la primaè stata inaugurata nel 1970 a Barcellona. Nel 1995 ne è stataaperta una anche a Milano, al numero 16 di via Spallanzani:visitarla può essere l’occasione per immergersi nella storia diSargadelos e nella cultura galiziana e per conoscere una produzione che ha saputo creare un equilibrio tra la cultura locale e il mondo.

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The porcelain of SargadelosPast and present of the SargadelosGroup, which has been producingoriginal porcelain since 1804 in Galicia with a strong identity, in the opinion of an Italian ceramist.

The Marquis of Ibañez has beensitting for a number of years outsidethe porcelain factory of Sargadelos, a small town in the Galician provinceof Lugo, in the north west of Spain.He has an engrossed look, nothingdistracts him: he is indifferent to the bustle of cars and people who come and visit the factory. Not even the Galician rain, whichpours down on him for a good part of the year, affects his composure. It seems as if the Marquis knows just what his role is: to bear witness to the link between the past and present, two considerations which one cannot but refer to when talking about Sargadelos. The current Sargadelos has evolved,historically, from immenseexperience in the field of designingand producing ceramics. The porcelain factory established by Antonio Raymundo Ibañez, that “Marquis of Sargadelos” had been active from 1804 to 1876 in the area of Sargadelos. Today, in the guise of a ceramicsculpture, it welcomes skilledcraftsmen and interested visitors from afar. The factory is considered to be one of the first capitalistindustrialist enterprises of Spain,because it had abandoned traditionalworking methods in favour of massproduction. Today the SargadelosGroup, which includes the factories of Castro and Sargadelos, is a businesswhich gives employment to threehundred people and produces a million and a half pieces of porcelain a year. In the world of the ceramistsSargadelos is also known as a placewhere, since 1972, it has been possibleto meet and work. I too am a ceramist, and in August 2004 I wasin Sargadelos as an artist invited to attend a summer seminar. The experience, from the personal and professional point of view,

was very interesting. Those who took part in the seminarhad the opportunity to comparethemselves with people with differentbackgrounds, age and training in addition to the chance to workwithin the factory, using hightemperature materials which, because of their technological features, you are forced to reflect on problems of design and comparison between onesown methods and those posed by the actual situation. Meetings and discussions are organisedwith artists and exponents of the design world. Another element which positivelyenhanced my stay at Sargadelos is the guided visit of the factory, aimed at getting to know its “philosophy”, the productiontechniques and organisation. The ceramics of Sargadelos has someunique features. It is porcelain that is baked at around 1.400°. The pieces, both practical and decorative objects, are firstdesigned and produced as prototypeswhich serve to create the moulds. The decorative part is produced by “masks” and airbrushed coloursunder varnish which, coated with crystalline, can well support the high temperatures. Aesthetically the shapes of the objectsand decorations refer, in some cases, to the Galician culture, in others the shapes and décor aspire to be a clear tribute to the artisticstate of the art of the 20th century. The Sargadelos Group sells a goodpart of its production in Galicia.Another part of the production is sold through the nine franchisedgalleries or the six galleries which the factory runs in majorSpanish cities. In 1995 one was opened in Milan, at 16 via Spallanzani: to visit it can be an opportunity to immerse oneself in the history of Sargadelos and in the Galicianculture and to become acquainted with a method of production which has the knowledge and skill to create a balance between local and international culture.

Elementi modulari geometrici Mod. C.

Geometric modular elements Mod. C.

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L’artigianato orafo lombardoDalla lavorazione classica del Gallaratese alle più aggiornate tecniche dell’argenteria milanese,una storia gloriosa fra tradizione e rinnovamento.

PROGETTI E TERRITORIdi Simona Cesana

L’arte del metallo prezioso in Lombardia storicamente affondale sue radici nell’epoca romana ed ancora prima, con la creazione di opere che in misura decisivahanno concorso a far la storia delle arti italiane. Attualmente la produzione orafa lombarda si concentra soprattutto in tre aree: quella delle storichebotteghe milanesi e le aree di Gallarate e della Lomellina.Le botteghe di MilanoMilano già nel XIV secolo è patriadelle botteghe orafe. Trasmessa per generazioni, l’arte orafa milaneseè una realtà vivace che parte dalle prime botteghe di via degli Orafi (oggi via Orefici),arrivando oggi agli oltre 300laboratori artigiani che fanno di Milano uno dei principali centriitaliani del settore. Le più importanticase orafe milanesi traggono la loro fama dalla tradizione: è il caso di Buccellati, un marchio che ha attraversato secoli di storiadiventando il riferimentofondamentale per l’evoluzione di quest’arte. Un esempio classico di bottega attiva fin dai primi annidel Novecento è quella di Cesare De Vecchi, nel cuore di Milano,specializzata nella produzione di gioielli in oro e platino, realizzabilianche su disegno del cliente.Ogni pezzo è creato con la maestria e la cura che contraddistinguonol’artigianato di alta scuola.La produzione milanese è oggi caratterizzata da una gioielleria classica e moderna, spesso d’avanguardia: Milano,capitale della moda e dunque centro

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che in alcuni casi ha portato a progettare e realizzare alcunecollezioni d’eccellenza. Vale la penacitare due esperienze, molto diversetra loro, che riassumono in manierasignificativa la ricerca sul rinnovamento dell’arte orafa.Una è quella di Guido Guzzi,giovane orafo di Villasanta che infonde nelle sue opereun’autentica energia creativa e l’altra è quella di Roberto Bottazzi,giovane talento monzese che mutua

nevralgico di sperimentazione, lo è anche per quanto riguarda l’arte orafa. Già a partire dagli anni ’50, Milano imprime un gustoparticolare al gioiello, integrando alla tradizione le influenze stilisticheinternazionali. A partire da questoperiodo il gioiello viene pensatocome oggetto a sè, svincolato dal suo legame con l’abito: bastipensare alla produzione di grandicase orafe milanesi, come ad esempioPomellato, per cui la semplicecollana diventa occasione per esprimere un modo di essere che riassume tutta l’eccellenza di quest’arte. Una concezione che,soprattutto e significativamente a partire dalla fine degli anni ’60, ha visto nei gioielli non più l’espressione dello sfarzo,bensì monili da utilizzare in modofantasioso, alla portata di un pubblicoil più ampio possibile. L’attenzione,tipica della cultura milanese, al mondo della pubblicità e del marketing, ha imposto questecreazioni a livello internazionale: le grandi case orafe milanesi, aprendo negozi monomarca nelle più importanti città, sono diventate un punto di riferimento essenziale per la cultura del “bello”. La realtàattuale dei giovani artisti-artigianiorafi è spesso quella di produrre la gioielleria classica per altre aziendeo di farsi carico di una parte della produzione commissionata ad altri artigiani. Il lavoro per contoterzi garantisce ai giovani orafi la sicurezza di una base economica, e questa offre loro la possibilità di una sperimentazione individuale,

In questa pagina, dall’alto e da sinistra:di Cesare De Vecchi spilla “Alba” in oro giallo e bianco con diamanti taglio brillante e perle coltivate a Koja (Foto Sorrentino); fasi di lavorazione orafa tipica dell’area della Lomellina: esecuzione della montatura, scelta e incassatura delle pietre sul gioiello (immagini fornite dal Centro Servizi per l’Arte Orafa di Mede Lomellina).

On this page, from the top and from the left:by Cesare De Vecchi “Alba” brooch in yellow and white gold with brilliant cut diamonds and Koja-cultured pearls (Photo by Sorrentino); gold workmanship typical of the Lomellina area: execution of the mounting, selection and setting of gems on the jewel (pictures supplied by Centro Servizi per l’Arte Orafa of Mede Lomellina).

Nella pagina precedente:di Mario Buccellati bracciali rigidi,ispirati agli anni ’70, realizzati in oro giallo a lastra forata(Foto Giorgio Majno).

On the previous page:by Mario Buccellati rigid, 1970s inspired bracelets in yellow gold pierced sheet (Photo by Giorgio Majno).

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dal mondo della moda e della musica il suo linguaggiocreativo, realizzando accessori che si integrano al corpo umano,protesi che trasmettono le inquietudini e le lacerazioni del vivere contemporaneo. Accanto a queste figure di artisti-artigiani va segnalato l’apporto offerto a quest’arte da designers e progettistiche, in varie occasioni, si sonoconfrontati con il settore del gioiello.Esempio simbolo è quellodell’argenteria De Vecchi, guidatadall’architetto e artista Gabriele, che ha sviluppato una collezione di gioielli che non sono solo dei raffinati oggetti preziosi, ma diventano progetti che suggeriscono una possibilità di interazione fisica ed emozionaleper chi li indossa. Da segnalareanche la spinta che, negli ultimi anni,le scuole e le università stanno dando alla formazione di giovaniprogettisti del gioiello: l’Accademiadi Brera, il Politecnico e l’IstitutoEuropeo di Design di Milano, per esempio, hanno inserito tra i loro piani formativi corsi e seminari dedicati all’arte orafa.L’oro del GallarateseL’arte dell’oreficeria a Gallaraterisale ai tempi dei Visconti e degli Sforza, quando i mercantitrafficavano in tessuti laminati in oroe argento lavorato. La lavorazioneclassica, tipica dell’area gallaratese, è rappresentata dall’assemblaggiodegli “stampati vuoti”, ed è dettaanche oreficeria “a peso”. Il metallo utilizzato è essenzialmentel’oro, che in rari casi è accoppiato alle pietre preziose,

Dall’alto: di Mario Buccellati anelli in oro bianco,oro giallo e brillanti e esclusivo braccialeideato per Gabriele D’Annunzio in argento foderato d’oro, tutto sforato a rametti, decorato con rubini e foglie di zaffiri incisi (Archivio Buccellati).

From the top: by Mario Buccellati rings in white gold,yellow gold and diamonds and exclusivebracelet designed for Gabriele D’Annunzio in silver lined with gold, entirely pierced withsmall twigs, decorated with rubies and leavesof incised sapphires (Archivio Buccellati).

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mentre è decisamente più diffusal’incastonatura di pietre semipreziose.Attualmente la produzione consistesoprattutto in orecchini, ciondoli,anelli e i laboratori, quasi tutti di piccole dimensioni, con non più di 5 addetti e con il fondatore cheancora svolge un ruolo importantenell’azienda, a volte si avvalgono di collaborazioni esterne condisegnatori e progettisti specializzati. Questi piccoli laboratoritestimoniano una realtà vivace, dovela ricerca e il design offrono nuovispunti all’arte orafa tradizionale.L’oro della LomellinaNei primi anni ’50 a MedeLomellina, area essenzialmenteagricola, nasce per opera di alcunidipendenti di imprese della vicinaValenza il settore orafo. Le prime botteghe di fattosvolgevano un’attività contoterzista per le più importanti impresevalenzane, da cui hanno derivatoanche il tipo di lavorazione, con combinazioni di oro bianco e oro giallo, platino e molte pietre.La tipologia è costituita soprattuttoda anelli, orecchini, bracciali sempre con grande attenzione al design e all’inserimento di pietrepreziose. Rispetto alla produzionevalenzana, ricca di diamanti, l’arte orafa medese si caratterizza per la lavorazione dell’oro con una peculiare attenzione al progetto e all’inserimento di pietredure tagliate in modo particolare.Questo tipo di attenzione consenteagli orafi medesi di affermarsi sul mercato con prodotti di ottimaqualità, seppur con prezzi non eccessivamente impegnativi.

Nella pagina a fronte, dall’alto:anelli di Anna Bossi e Pigi Vanetti,

esempio di lavorazione orafa gallaratese;gioielli-scultura di Guido Guzzi

(Foto Appiani).

On the opposite page, from the top:rings by Anna Bossi e Pigi Vanetti,

example of the Gallarate gold; jewels-sculpture by Guido Guzzi

(Photo by Appiani).

In questa pagina, dall’alto e da sinistra:di Roberto Bottazzi “Bracciale per Grace”, realizzato in argento sbalzato a mano per Grace Jones, e “Cerniera”, collier in argento lavorato a mano; di Gabriele De Vecchi anelli che si modificano col movimento, “scoprendo” diamanti preziosi all’interno (Foto Leo Torri).

On this page, from the top and from the left:by Roberto Bottazzi “Bracciale per Grace”, created in hand-embossed silver for Grace Jones,and “Cerniera”, necklace in hand-worked silver; by Gabriele De Vecchi rings which are transformed with movement, “uncovering” precious diamonds inside (Photo by Leo Torri).

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Gold craftwork in LombardyFrom the traditional workmanship of Gallarate gold to the most up-to-date techniques of Milanesesilverware, a glorious traditionbetween history and renewal.

The art of precious metal in Lombardyhas its historical roots in the Romanera and before, with the creation of works of art which, in a tangibleway, has created the history of Italianarts. Presently, gold production in this region is concentratedin three main areas: the historicalMilanese workshops and the areas of Gallarate and Lomellina.The Milanese workshopsHanded down from generation to generation, Milanese gold art is a thriving presence which beginswith the first workshops of via degliOrafi (now via Orefici), to arrivetoday to over 30 craftwork laboratoriesmaking Milan one of the leadingItalian centres of the sector. The most important Milanese goldcompanies derive their success fromtradition: this is the case for Buccellati,a brand which, across the centuries,has become the essential benchmark for the development of this art. A traditional example of an activeworkshop since the beginning of the 20th century is that of CesareDe Vecchi specialized in the productionof gold and platinum jewellery. The great Milanese gold companies,having single brand shops in majorcities, have become a paragon for the culture of the “Beautiful”. The current activity of young

goldsmith artists-craftsmen is oftenthat of producing traditional jewelleryfor other companies or craftsmen.Work for third parties guaranteesyoung goldsmiths the security of an income, and this offers them the opportunity to experiment as individuals. Two cases, significantmarkers in the search for the renewalof gold art, are worth mentioning.One of these is Guido Guzzi, a younggoldsmith of Villasanta who brings an authentic creative energy to his workand the other is Roberto Bottazzi,another young talented goldsmithfrom Monza, who is inspired by the world of fashion and music.Alongside these artists-craftsmen is the input offered to this art by designers who, on various occasions,have involved themselves with the jewellery sector. Symbolic exampleis the silverware crafted by De Vecchi,under the guidance of the architectand artist Gabriele.Gallarate goldJeweller’s art at Gallarate dates backto the times of Visconti and Sforza

when the merchants traded in textilesplated with wrought gold and silver.The traditional workmanship, typicalof the Gallarte area, is represented inthe assembly of the “empty pressings”.The metal used is essentially goldwhich, in rare cases, is coupled withgems, while setting of semi-preciousstones is substantially more widespread. Lomellina goldThe gold sector, in the essentiallyagricultural area of Mede Lomellina,was established at the beginning of the Fifties by a small number of employees of companies from near by Valenza. With respect to the production of this town, rich in diamonds, gold art from Mede is characterized by the workmanship of the gold with a particular attention to design and insertion of hard stones cut in a special way. This type of detailingallows Mede goldsmiths to carve out a name for themselves on the marketwith excellent quality products, with no exorbitant price tags.

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Per leggere con attenzione il lavoro progettuale di Giusto Bonanno, in relazione ai suoi oggetti nati da un processodi riciclo, dovremmo far riferimentoa diversi esempi storici.Tutti sanno che la capacità di rileggere un oggetto d’uso reinventandolo con nuove forme e significati è un’operazione esteticache risale ormai alle lontane operedadaiste di Duchamp. Ma forse il riferimento storico più adeguato per iniziare a collocare il lavoro di Bonanno è quello delle esperienze che Charles Jenckse Nathan Silver presentarono nel loro libro “Adhocism” del 1972.“Adhocismo è: usare lo spazzolinoper pulire la macchina da scrivere,usare un coltello come cacciavite, un cacciavite come cesello, un cesello come pugnale. Adhocismo è: l’abusare di tutto, o l’approfittare del fatto che ogni oggetto ha più modi di essere utilizzato. L’adhocismo viene consideratoeccentrico, provvisorio, usa le coseattraverso i clichèes e i sottosistemidel passato mentre gli altri usano i clichèes nel modo predeterminatoe così sono noiosi”. La lezione di Jencks e Silver vuole farci notarecome tutti preferiscono la stabilità, la perfezione, l’armonia e la consistenza: in questo modo,secondo i due autori, tutti “distruggono il passato, mangiano i propri antenati e negano i mutamenti”.La teoria adhocista ci invita a rifiutare il bulldozer e la fornaceper i rifiuti, “strumenti barbarici”,

Giusto Bonanno Le opere di un designer siciliano: oggetti che ripropongono nuove funzioni attraverso un processo creativo che mantiene i valori industriali a fianco di manifestazioni artigianali.

AUTORIdi Ugo La Pietra

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poichè le persone civilizzate non bombardano le reliquie dei loro antenati, ma le scavano.L’uomo civilizzato esaltato dai teorici dell’Adhocismo è un archeologo, proprio comeBonanno che da anni realizzaopere fatte di recupero e reinvenzione.Oggetti che ripropongono nuovefunzioni in un processo creativoche mantiene valori industriali afianco di manipolazioni artigianali.Ma a questo processo creativo di Bonanno (si pensi a tutte le sue opere realizzate con l’uso del “bidone industriale”), occorreaggiungere una componente abbastanza rara all’interno del mondo del design: l’ironia.Oggi che finalmente i designers si possono chiamare “dottori”,appare importante dover entrare all’interno di questa disciplina con animo leggero.E Bonanno, con le sue opere, sembra volerci invitare a sorridere:di fatto poter sorridere di qualcosao di qualcuno è sempre stata unapratica salutare in qualsiasi campo.Così, attraverso questi oggetti,Bonanno ci invita a guardare con meno seriosità la crescita di questo nuovo settore artistico, e pare voglia inoltre comunicarciun suo atteggiamento non troppo coinvolto nella professione.Professione, o meglio professionalità, che comunqueemerge e si esprime anche nel modo con cui presenta i propriprogetti: attraverso disegni perfettamente eseguiti al computere prototipi tecnicamente perfetti.

Nella pagina a fronte, dall’alto: “Goccia”, portaombrelli per gocce di pioggia;“Mezzodìluce”, lampada da tavolo.

On the opposite page, from the top: “Goccia”, umbrella stand for rain drops; “Mezzodìluce”, table lamp.

In questa pagina, da sinistra e in senso orario: “Tourbine”, carrello avvolgitubo da giardino;

“Bidongrille”, forno-grill trasportatile da giardino;

“PietradiLuna”, lampada da terra;“Gaslamp”, lampada da terra.

On this page, from the left and from the top,in a clockwise direction:

“Tourbine”, hose-winder trolley for gardens; “Bidongrille”, portable garden oven-grill;

“Pietradiluna”, ground lamp; “Gaslamp”, ground lamp.

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in their book “Adhocism” in 1972. “Adhocism is: using a brush to clean the typewriter, using a knife as a screwdriver, a screwdriver as a chisel, a chisel as a dagger.Adhocism is: to misuse everything, or take advantage of the fact that eachobject can be used in different ways.Adhocism is considered eccentric,transient, it uses things through the clichés and subsystems of the pastwhile others use the clichés in a pre-ordained manner

and are therefore boring.” The civilized human being elevated by the theories of Adhocism is an archaeologist, just like Bonannowho, for years, has produced work made of recycled goods and re-invention. Objects which re-propose new functionsin a creative process which maintains industrial values alongsideartisan manipulation. But to this creative process of Bonanno(we think of all his work producedwith the use of the “industrialdustbin”), we need to add a ratherrare component within the world of design: irony. And Bonanno with his work, seems to want to make us smile: in fact to be able to smile about something or someone has always been a healthy thing in any area. And so, throughthese objects, Bonanno invites us to look at the development of this newartistic sector with more humour, and seems to want to communicate his ambiguous involvementin the profession. Profession or better

still professionalism, whichin any case emerges and expresses itselfin the way he presents his designs: through perfect computer designs and technically perfect prototypes. The finished pieces upset our balance,the new types (“Bidondolo”) and the description of the object (“the bench for tired people uponwhich the goat lives and the passer-byrests”) are elements which show the possibility of operating in the design overcoming and contradicting our certainties.

I pezzi finiti rompono il nostroequilibrio, le nuove tipologie(“Bidondolo”) e la descrizione dell’oggetto (“la panca per gentestanca su cui la capra campa e il viandante si accampa”) sono elementi che dimostrano la possibilità di operare nel progetto superando econtraddicendo le nostre certezze.Creazioni che mantengono la memoria di alcune parti perchènon esiste una ragione economica,nè etica, nè sociale per distruggerequalcosa che viene consideratoobsoleto.

Giusto Bonanno The work of a Sicilian designer: objects that re-propose new functionsthrough a creative process which maintains industrial valuesalongside craftwork expressions.

To interpret Giusto Bonanno’s designwork with care, in relation to his objects made from a process of recycling, we must make referenceto different historical examples.Everyone knows that the ability to re-interpret a useful object, re-inventing it with new shapes and meanings is an aesthetic activity,which dates back to the distantDadaist work of Duchamp. But perhaps the historical referencemost appropriate as a starting pointfor the work of Bonanno is that of the work that Charlets Jencks and Nathan Silver presented

In questa pagina dall’alto:“Bidondolo”, panca; “Molly”, lampada a saliscendi.

On this page and from the top: “Bidondolo”, bench;“Molly”, up and down lamp.

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In questa pagina, da sinistra e in senso orario: “Bidolò”, poltrona;“Travasi”, lampada da tavolo portafrutta;“Diletto”, tavolo da notte per dormire, letto da giorno per mangiare; “Bidoccia”, doccia portatile per esterni.

On this page, from the top and from the left,in a clockwise direction: “Bidolò”, armchair; “Travasi”, fruit bowl table lamp;“Diletto”, night table for sleeping, day bed for eating;“Bidoccia”, outdoor portable shower.

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FIERE E SALONIdi Veronica Gramegna MiArt

Si è conclusa l’8 maggio, con un bilancio positivo sia per numero di visitatori che per volume totale di affari,la decima edizione di MiArt, Fiera Internazionale d’Arte Moderna e Contemporanea.

Dall’ingresso alla Fiera di PortaMetropolitana fino al Padiglione 11,dove quest’anno si è tenuta MiArt, unpercorso di grandi sculture di artisticontemporanei internazionali ha introdotto i visitatori nel clima di quella che può essere definita la piùcompleta mostra-mercato d’arte sulterritorio italiano. Le 224 galleriepresenti hanno allestito i loro standsu una superficie espositiva di circa10.000 metri quadrati netti, divisa in tre settori principali: Moderno,Contemporaneo e Anteprima.Mentre le prime due sezioni sono state rispettivamente riservatealle gallerie che ospitavano opere dal primo Novecento agli anni ’60 e opere degli ultimi decenni, il settore Anteprima è stato dedicato alla presentazione di artisti emergentiunder 35. Grande successo hariscosso la sezione speciale Art & Coche, presente dalla scorsa edizione, ha confermato l’interesse degliacquirenti nei confronti di quest’areache approfondisce la linea di confinetra arte e design. La fiera è stata alcentro dell’attenzione del capoluogolombardo e delle sue istituzioni e si è confermata come l’eventoculturale cittadino più importante del mese di maggio. Interessantee fitto il calendario di eventiorganizzati per l’occasione, tra cui i due incontri internazionali“Da est a ovest da nord a sud - Sguardo sulle Biennali del futuro -Creatività giovane a confronto” e la giornata di studio “Strategie e politiche di acquisizioni nei museiitaliani e stranieri”. Per i collezionistie gli amanti dell’arte l’appuntamentocon la prossima edizione di MiArt è fissato dal 30 marzo al 2 aprile 2006.

MiArtThe tenth edition of MiArt, the International Trade Fair of Modern and Contemporary Artregistered a positive outcome both in terms of visitors turnout and volume of business. The fair ended on May 8.

Several important contemporarysculptures by international artists led the visitors from the entrance at PortaMetropolitana through to Pavilion 11.MiArt is the most comprehensive art trade fair in Italy. It included three main sections: a Modern, a Contemporary and a Preview section, which focused on up-and-coming artists aged under 35. Art & Co, a special section on the borderline between art and design, was a roaring success. The trade fair was the most importantcultural event in town in May.Collectors and art connoisseurs will have the opportunity to attend the next edition of MiArt from March 30 to April 2 2006.

Dall’alto:/From the top:“Untitled”, M. Klimas, gall. Suzy Shammah;“Bambina 2”, M. Combariza, gall. Archesia.

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FIERE E SALONIdi Veronica Gramegna MiArt

Si è conclusa l’8 maggio, con un bilancio positivo sia per numero di visitatori che per volume totale di affari,la decima edizione di MiArt, Fiera Internazionale d’Arte Moderna e Contemporanea.

Dall’ingresso alla Fiera di PortaMetropolitana fino al Padiglione 11,dove quest’anno si è tenuta MiArt, unpercorso di grandi sculture di artisticontemporanei internazionali ha introdotto i visitatori nel clima di quella che può essere definita la piùcompleta mostra-mercato d’arte sulterritorio italiano. Le 224 galleriepresenti hanno allestito i loro standsu una superficie espositiva di circa10.000 metri quadrati netti, divisa in tre settori principali: Moderno,Contemporaneo e Anteprima.Mentre le prime due sezioni sono state rispettivamente riservatealle gallerie che ospitavano opere dal primo Novecento agli anni ’60 e opere degli ultimi decenni, il settore Anteprima è stato dedicato alla presentazione di artisti emergentiunder 35. Grande successo hariscosso la sezione speciale Art & Coche, presente dalla scorsa edizione, ha confermato l’interesse degliacquirenti nei confronti di quest’areache approfondisce la linea di confinetra arte e design. La fiera è stata alcentro dell’attenzione del capoluogolombardo e delle sue istituzioni e si è confermata come l’eventoculturale cittadino più importante del mese di maggio. Interessantee fitto il calendario di eventiorganizzati per l’occasione, tra cui i due incontri internazionali“Da est a ovest da nord a sud - Sguardo sulle Biennali del futuro -Creatività giovane a confronto” e la giornata di studio “Strategie e politiche di acquisizioni nei museiitaliani e stranieri”. Per i collezionistie gli amanti dell’arte l’appuntamentocon la prossima edizione di MiArt è fissato dal 30 marzo al 2 aprile 2006.

MiArtThe tenth edition of MiArt, the International Trade Fair of Modern and Contemporary Artregistered a positive outcome both in terms of visitors turnout and volume of business. The fair ended on May 8.

Several important contemporarysculptures by international artists led the visitors from the entrance at PortaMetropolitana through to Pavilion 11.MiArt is the most comprehensive art trade fair in Italy. It included three main sections: a Modern, a Contemporary and a Preview section, which focused on up-and-coming artists aged under 35. Art & Co, a special section on the borderline between art and design, was a roaring success. The trade fair was the most importantcultural event in town in May.Collectors and art connoisseurs will have the opportunity to attend the next edition of MiArt from March 30 to April 2 2006.

Dall’alto:/From the top:“Untitled”, M. Klimas, gall. Suzy Shammah;“Bambina 2”, M. Combariza, gall. Archesia.

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