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Artificia Siciliae

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Artificia SiciliaeArti decorative siciliane nel collezionismo europeo

a cura diMaria Concetta Di Natale

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In copertinaMaestranze trapanesiTrionfo di Apollo, fine del XVII secoloPalermo, Fondazione Whitaker

Art DirectorMarcello Francone

Progetto graficoLuigi Fiore

Coordinamento redazionaleEmma Cavazzini

RedazioneElisa Bagnoni

ImpaginazioneSerena Parini

Ricerca iconograficaPaola Lamanna

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazionescritta dei proprietari dei dirittie dell’editore

© 2016 Osservatorio per le ArtiDecorative in Italia “Maria Accascina”- Dipartimento Culture e Società, Università degli Studi di Palermo

© 2016 MondoMostre, Roma

© 2016 Gli autori per i loro testi

© 2016 Skira editore, MilanoTutti i diritti riservati

ISBN: 978-88-572-3247-8

Finito di stampare nel mese di novembre 2016a cura di Skira, Ginevra-MilanoPrinted in Italy

www.skira.net

È singolare che negli anni sessanta dello scorso secolo Francis Haskell nella sua opera fondamentale Patrons and Painters. A Study in the Relations Between Italian Art and Society in the Age of the Baroque (Yale University Press, New Haven-London 1966 e 1980; ed. it.: Mecenati e pittori. Studio sui rapporti tra arte e società italiana nell’età barocca, Sansoni, Firenze 1985), relegando l’in-tero meridione d’Italia nell’ambito di uno scenario di provincia, ricordasse solamente la Sicilia per un unico caso illustre, la straordinaria quadreria messinese di don Antonio Ruffo, principe della Scaletta: “un’isola chiusa, una cittadella della cultura europea nell’acqua morta del senescente impero spagnolo”.

Oggi sappiamo invece che la realtà era tutt’altra e ben diversa.

L’ininterrotta ricerca d’archivio condotta – lungo le tracce di una nobilissima tradizione – sulle fonti più disparate ha portato negli anni a un giro sempre più vasto di conoscenze e di approfondimenti di cui si sono avvalsi soprattutto gli studi di storia delle arti in Sicilia, e con essi, per ovvia e naturale conseguenza, quelli sulla committenza e il collezionismo isolani. Consultate con reverente meticolosità, le carte – corrose sì ma preziose – ieri come oggi continuano a dipanare e rendere piùnitida l’immagine di realtà ormai perdute per sempre,ma ancora desumibili da un’attenta riconfigurazione deicontesti (storico, socio-politico, economico, religioso) dacui esse hanno tratto origine.

Contrariamente all’opinione diffusa sino a qual-che tempo fa di un’isola segregata e ritagliata entro i suoi confini naturali al centro del Mediterraneo, sono state le carte a restituirci in tutta concretezza una Sicilia

aperta, cosmopolita e multietnica, da sempre confine e baluardo al tempo stesso, ultimo fronte tra Cinque e Seicento della compagine imperiale asburgica, scalo e approdo irrinunciabile, tappa intermedia e d’obbligo tra Europa, Africa e Oriente. Il segreto dell’isola stava e sta proprio qui, tutt’uno con la sua magia; non a caso la sua attrattiva avrebbe trovato da sempre forza e consistenza in quella disponibilità al confronto, nel rapporto talora non facile ma costante tra genti diverse per provenienza e credo religioso, nella mediazione tra culture proprio per quel suo essere da sempre crocevia di traffici e con-tese lungo le rotte mediterranee.

Le medesime che, in una con i commerci e gli scambi di derrate e merci di pregio (tra queste non ul-timi i libri), avrebbero agevolato i contatti e con essi la circolazione di idee finendo poi col determinare veri e propri codici comportamentali e di costume o – sotto altri aspetti – l’affinamento del gusto grazie soprattutto alla capillare distribuzione di manufatti e oggetti d’arte ancor più apprezzati, negli ambienti delle grandi corti d’Europa ma non solo, per la loro eccellente fattura.

Nella ricercatezza dei materiali (sempre più rari e preziosi, meglio se esotici), nel loro strabiliante ap-parire, nell’artificio tecnico per come elaborato sino al limite dell’incredibile dalla mano provetta dell’artefice, si concretizzava in bottega, previa formale commessa, l’esecuzione di opere di straordinaria singolarità con l’intervento preliminare (ormai appurato e risaputo) di un artista ideatore, un architetto o un pittore (spesso e l’uno e l’altro e per giunta di grido) su ordine specifico di facoltosi committenti, non sempre a dir vero provvisti di quella sensibilità pretesa quanto meno dall’eccezionalità

Premessa

A cura diMaria Concetta Di Natale

Coordinamento tecnico-scientificoSalvatore Anselmo

Comitato scientificoMaria Giulia AurigemmaDora Liscia BemporadIvana BrunoRaffaele CasciaroRosanna CioffiMaria Concetta Di NatalePierfrancesco PalazzottoMassimiliano RossiMaurizio VitellaAlessandro Zuccari

Ringraziamentidottor Pietro Alagnaarchitetto Luigi Biondodottor Enzo Braidottoressa Maria Enza Carollodottoressa Giovanna Cassatadottoressa Evelina De Castroprincipe Michel de Lignedon Nicola Gagliodottor Gianni Giordanodottor Girolamo Gabriele Guadagnaarchitetto Giuseppe Ingagliosignor Ettore Magnodottor Giuseppe Maranghisacerdote Giuseppe Pacesignor Salvo Paganomonsignor Filippo Sarullodottoressa Daniela Scandaliatodottoressa Grazia Spampinatodottor Mario Tavelladottor Giuseppe Tirennaingegner Nino Vicari

Crediti fotografici

© 2016. Foto Scala, Firenze:pp. 242, 247-248

© 2016. Foto Scala, Firenze/bpkBildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlin: p. 69

© 2016. Foto Scala, Firenze – suconcessione del Ministero per i Beni, le Attività culturali e del Turismo: pp. 71, 74

© 2016. © Photo Josse/ScalaFirenze: p. 67

© Fabrique d’èglise de laCollégiale Sainte_wandru, Mons: p. 64

© KIK-IRPA, Bruxelles: p. 186

© Patrimonio Nacional: pp. 124,126-135

© The Pierpont Morgan Library,New York: p. 66 a sinistraArchivio dell’Ufficio Diocesano per i Beni Culturali Ecclesiastici di Piazza Armerina: p. 42Archivio Ufficio Beni Culturali Diocesi di Catania: p. 100Asbl Fonds Château de Beloeil: p. 166Basilica dei Santi Pietro e Paolo,Luxeuil-les-Bains: p. 65 in bassoCattedrale di San GiovanniEvangelista, Besançon: pp. 65 inalto, 72 in altoCattedrale di San Salvatore,Bruges: p. 72 in bassoMichele Crispo: pp. 21, 44, 52,106, 118 in altoFondazione Biblioteca di viaSenato, Milano: p. 217Fondo “Accascina”, BibliotecaCentrale della Regione siciliana“A. Bombace”, Palermo: p. 182Foto Enzo Brai, PubblifotoPalermo: pp. 14, 19 in alto, 22,25, 27, 31-32, 33 in alto, 35-38,41, 43, 47, 53, 148, 150 a destra,

151, 160-161, 164, 180-181, 226 in alto, 227, 228 a sinistra e a destra, 229, 230-231, 233-234Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, Palermo/Gero Cordaro: pp. 154, 159, 218Girolamo Gabriele Guadagna: pp. 39, 46, 51, 62, 75, 90, 92-95, 97Jörn Günther Rare Books: p. 66a destraKHM-Museumsverband: pp. 102,105, 107, 108-110, 112-117, 118 inbasso, 119-120Hugo Maertens, Bruges:pp. 171-172, 175, 179Ettore Magno: p. 40Alessandro Mancuso: pp. 142-143Museo Diocesano, Palermo:pp. 76, 216Museo Regionale “AgostinoPepoli”, Trapani: pp. 26, 111,158, 203Museo RegionaleInterdisciplinare, Messina:pp. 140, 149, 155The Nelson-Atkins Museum ofArt, Kansas City, Missouri/PhotoJamison Miller: p. 68Pierfrancesco Palazzotto: pp. 196,198-199, 201, 204-205, 207-208,210-211, 213-215Luc Schrobiltgen, Bruxelles:pp. 168-169, 170, 173-174,176-178, 183-185, 187Studio Fotografico FilippoVinardi: pp. 16, 23, 28-30, 49-50,80, 83, 104, 146, 150 a sinistra,152, 156-157, 222, 235-238

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viene ricostruita da Iolanda Di Natale, che si distingue quale originale rappresentante di una delle famiglie del-la borghesia di origine britannica trapiantata in Sicilia e che riesce a raccogliere un’importante collezione, ancora una volta, di coralli trapanesi del XVII e XVIII secolo che ancora oggi si può indagare nella sua articolata, varia e ricca interezza.

Specifici saggi di Bettina Schindler e di Sophie Bonetti illustrano emblematici restauri scientifici esem-plificativi di manufatti decorativi. È, infatti, ormai fi-nalmente acclarata l’estensione dell’applicazione dei criteri del restauro scientifico anche alle opere d’arte decorativa, come dimostrano i casi prescelti.

Importanti novità documentarie sono raccolte in un’apposita appendice, curata da Salvatore Anselmo, che, grazie alle ricerche mirate per il presente lavoro di studiosi diversi, fornisce importanti e inedite notizie su committenti, artefici e opere d’arte decorativa. Tra que-sti quelli individuati da Alberto Mannino, come la com-missione all’argentiere palermitano Salvatore Langella del busto reliquiario di santa Vittoria, verosimilmente proprio quello oggi al Museo Diocesano di Agrigento, e da Ciro D’Arpa come l’inventario del 1720 di don Giu-seppe Branciforti.

Tutte le figure dei collezionisti indagati nei saggi del volume, o altrimenti noti, o emersi dalle ricerche d’archivio, sia siciliani, sia presenti in Sicilia, sia co-munque raccoglitori di opere d’arte decorativa prodotte nell’isola, sono stati selezionati e schedati singolarmente nell’apparato finale del volume, vero specialistico dizio-nario del collezionismo siciliano dovuto a Rosalia Fran-cesca Margiotta. Vengono qui raggruppate per la prima

volta illustri figure non solo di potenti, ma soprattutto di raffinati cultori d’arte, come gli Aragona Tagliavia, i Colonna, i Moncada e i Ventimiglia, articolate in schede biografiche redatte scientificamente sulla base di fonti sia edite sia inedite, per un’intrigante consultazione che apra a nuova divulgazione e più ampia conoscenza di personalità del passato dalla rara e raffinata sensibili-tà nei confronti di un’arte isolana che si distingue per opulenza e sfarzo.

Maria Concetta Di Natale

Sommario

Orafi, argentieri e corallari tra committenti e collezionisti nella Sicilia degli AsburgoMaria Concetta Di Natale

“Ultra vestimenta seu ornamenta ecclesiastica que etiam dedi eidem ecclesie”Tracce di un’eredità palermitana dell’arcivescovo Jean de Carondelet (1520-1544)Giovanni Travagliato

La camera delle meraviglie di Pietro Agostino maestro razionale del Regno di SiciliaAntonino Giuffrida

Eccellenze seriche. Manufatti tessili di committenza vescovileMaurizio Vitella

Coralli trapanesi nella Wunderkammer del castello di AmbrasSergio Intorre

Le rotte del corallo. Carichi preziosi dalla Sicilia al monastero de las Descalzas Reales di MadridLucia Ajello

Prima e dopo la collezione Ruffo: qualche appunto sulle grandi committenze di arti decorative a Messina e nella Sicilia orientale tra la fine del Cinquecento e gli inizi del SettecentoGioacchino Barbera

Coralli, ori, pietre preziose e argenti nella collezione del principe Antonio Ruffo della ScalettaSalvatore Anselmo

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“Plus curieux que beaux”.Artifici di corallo per Claude-Lamoral I, terzo principe di Ligne e viceré di SiciliaFrancesco Gabriele Polizzi

Una cronistoria rivisitata: i preziosi stucchi sacri di Giacomo Serpotta a Palermo e il ruolo della committenza laica devota tra Sei e SettecentoPierfrancesco Palazzotto

Euphrosyne Whitaker e il collezionismo di fin de siècle in Sicilia.Preziosi d’arte in corallo dal trapaneseIolanda Di Natale

Le arti decorative: compatibilità e incompatibilità tra materiali nei manufatti polimaterici.Riflessioni sul restauroSophie Bonetti

Esecutori e committenti. Una simbiosi nell’arte decorativa trapanese tra il XVII e il XVIII secolo per tecniche di costruzione innovativeBettina Schindler

Documenti inediti per le arti decorative in Sicilia dal XVI al XVIII secoloa cura di Salvatore Anselmo

Dizionario per il collezionismo in SiciliaRosalia Francesca Margiotta

Bibliografiaa cura di Cristina Costanzo

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Giovanni Travagliato

Jehan (o Jean) de Carondelet nasce a Dôle, in Franca Con-tea, nel 1469 da Jehan senior e Marguerite de Chassey1 e muore a Malines, capitale dei Paesi Bassi borgognoni, nel 1544, per cui la promozione alla sede metropolitana di Palermo (1519) – suggerita a Leone X dallo stesso re di Sicilia e neoeletto imperatore del Sacro Romano Im-pero Carlo V d’Asburgo – e la conseguente ordinazione episcopale lo raggiunsero già quasi cinquantenne.

Malgrado l’età, la distanza e gli importanti impe-gni ecclesiastici e politici già assunti in patria non gli permettessero lo spostamento in Sicilia, tuttavia con-servò la guida della Chiesa palermitana fino alla morte e, avvalendosi della propria influenza all’interno della corte, sulle principesse reggenti Margherita d’Austria e Maria d’Ungheria e sullo stesso giovane imperatore Car-lo, sostenne la difesa dei diritti della stessa per quasi un quarto di secolo (ottenendo l’aggiunta nel 1523 dei sei canonici regi di San Giovanni degli Eremiti; l’istituzione nel 1525 del Tribunale della Visita2; la consacrazione della cattedrale e del suo nuovo altare maggiore nel 1536 – occasione per la quale a mio parere poté commissiona-re e inviare il ricco ornamentum tradizionalmente noto come “paliotto Carondelet” –; la riaffermazione nel 1529 e nel 1540 del ruolo di Metropoli in risposta alle pretese del vescovo suffraganeo di Agrigento) mediante un pro-tector ac superintendens (tale Gerardo, canonico teologo di Bruges) e vicari e/o procuratori generali (Guglielmo Pitir o Petit, Giovanni Sanches, ciantro del Capitolo pa-latino palermitano poi vescovo di Cefalù; Girolamo Ter-mine, decano del Capitolo metropolitano; il domenicano maltese fra Alberto de Nasis, vescovo titolare di Nicopoli [†1531]3; Francesco Tocio4; Florent Coquerel o Quoquerel da Amiens, arcivescovo di Sorrento)5.

Propongo di seguito al lettore solo una selezione significativa degli incarichi espletati dal nostro: dal 1491 è canonico nella collegiata dei Santi Pietro e Guidone di Anderlecht e in quella di San Gudula in Bruxelles; dal 1493 – o 1503 – decano della chiesa metropolitana di

Santo Stefano a Besançon, come altri della sua famiglia, e cancelliere perpetuo di Fiandra; nel 1497 è canonico a Mons e maestro delle richieste ordinarie del Gran Con-siglio di Malines e nel 1504 è il terzo consigliere eccle-siastico dello stesso consiglio; presidente del Consiglio di Bruxelles, Praeses primarius Consiliorum Belgicorum presso Carlo V; membro dal 1508 e direttore dal 1522 del consiglio privato di Margherita d’Austria e dal 1531 al 1540 presidente del Consiglio di Stato dei Paesi Bassi per Maria di Ungheria, entrambe reggenti dei Paesi Bassi e della Franca Contea; è tra i tre plenipotenziari alla conferenza di Breda nel 1525 e portavoce dell’imperatore agli Stati Generali nel 1531; inoltre, dal 1528 abate com-mendatario di Santa Maria in Montbenoît succedendo al fratello Ferry che ne aveva fatto ricostruire il coro6; prevosto di San Donaziano di Bruges (il XXXVIII nella cronotassi, seguito dal cugino Claude), Santa Valburga di Furnes e San Piato di Séclin; fondatore e benefattore post mortem nel 1547 dei collegi di San Donato e Santo Spirito, nell’Accademia di Lovanio7.

Esperto in diritto civile e canonico, protettore di Erasmo da Rotterdam8 e amante delle arti, il suo pas-saggio per i luoghi legati ai molti incarichi dalle ricche prebende è costantemente segnato da un’illuminata committenza artistica: in una delle vetrate istoriate sti-listicamente definibili di transizione tra gotico e rina-scimento (n. 11 o SIV) – quella con la Pentecoste – poste tra coro e transetto della collegiata di Santa Valdetrude di Mons, datata al 1511-1512 e attribuita a Nicolas Rom-bouts che avrebbe disegnato i cartoni e ai vetrai locali Claix e Antoine Eve (fig. 1), compare il nostro prelato in-ginocchiato, accompagnato dal Battista come protettore, mentre venera la Madonna col Bambino e san Donato/Donaziano (a sinistra), san Giovanni Evangelista e santo Stefano Diacono (a destra), mentre sul timpano troneg-gia la Trinità tra angeli musici e, in basso, il suo stemma inquartato sotto galero, ma con croce astile episcopale accollata e l’iscrizione “ioannes / carondelet / archie-

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“Ultra vestimenta seu ornamenta ecclesiastica que etiam dedi eidem ecclesie”Tracce di un’eredità palermitana dell’arcivescovo Jean de Carondelet (1520-1544)

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pisc. / panormitanus”, che pone la datazione certamente post 1520, più precisamente tra il 1520 e il 15249.

Anche la stessa chiesa di San Donato di Bruges (1541), la certosa di Scheut10, il priorato di Bois-Seigneur-Isaac11 e la collegiale dei Santi Pietro e Guidone di An-derlecht presso Bruxelles12 riceveranno in dono vetrate istoriate dal nostro o dalla sua famiglia.

Alle due cattedrali di Besançon, rispettivamente dedicate a Santo Stefano e San Giovanni Evangelista, invia dalle Fiandre nel 1539 “deux ornements complets de velours cramoisi à fleurs d’or, dont les bandes et or-frois brodés en or raprésentaient l’histoire de saint Jean l’Evangéliste, et celle de saint Etienne”13, cioè “six chapes, deux chasubles, quatre tuniques, six parements d’aubes, six manipules, quatre étoles, six “galeas” et quatre collets […], le tout à partager entre le deux cathédrales”14 (fig. 2); dopo la rivoluzione francese, i ricami dei parati, staccati dal supporto originario probabilmente usurato e rimonta-ti su un baldacchino, furono notati nel 1869 dal cardinale Jacques Mathieu arcivescovo metropolita di Besançon, che ne dispose il recupero. All’interno delle stesse chiese si realizzeranno, grazie a un suo legato testamentario di milleseicento franchi15, nel 1549, “quinquaginta complec-tente sedilia superiora pro dignitatibus, personatibus, et canonicis, cum aliis inferioribus pro capellanis, et canto-ribus”, in cui si vedono “insignia Carondeletorum cum cruce Archiepiscopali super scutum eminente, quod indi-cat, cura, et impensa eiusdem Domini […] hunc chorum […] in hanc formam fuisse adornatum”16.

Gli stalli corali in questione, “de belles formes en noyer, dont les sculptures raprésentaient la suite de nos évêques”17, dopo la conquista francese e la demolizione del tempio nel 1674, furono ceduti dal Capitolo bisun-tino all’abbazia benedettina dei Santi Pietro e Paolo di Luxeuil-les-Bains18 (fig. 3).

Manoscritti liturgici splendidamente miniati riferibili al prelato sono il Messale Carondelet della

cattedrale di Tournai (Bibl. A 14), scritto e miniato a Bruges19, e il Libro d’ore, dal 1910 alla Morgan Library & Museum di New York (Ms. M.390, nell’Ottocento in col-lezione Hasenclever), anch’esso miniato verosimilmen-te a Bruges dal Maestro di Sir George Talbot intorno al 1500 o post 1519 (presenti ben otto stemmi episcopali del committente in bordatura e uno entro iniziale alle cc. 13v, 29v, 53v, 61v, 69v, 122v, 123r, 133v, 169v)20 (fig. 4). Recentemente (2013), presso la Jörn Günther Rare Books, è andato in vendita un importante manoscrit-to denominato Gros-Carondelet Hours, verosimilmente confezionato a Bruges e legato al nostro21 (fig. 5).

Tra i numerosi ritratti che immortalano le fattez-ze dell’arcivescovo in diversi momenti della sua vita22, è celeberrimo quello del Dittico Carondelet, realizzato nel 1517 – comunque entro settembre, quando egli partì per la Spagna al seguito del nondum imperatore Carlo – da Jan Gossaert, influenzato da Dürer e dalla pittura italiana, che l’artista contribuì a far conoscere nei Paesi Bassi, e acquisito dal Louvre a Valenciennes nel 1847 dalle collezioni di Luigi Filippo d’Orléans (inv. 1442-1443)23. Sul recto delle due piccole tavole centinate, il pittore raffigura – in un felice compromesso tra grazia italiana e verismo francese – un prelato quasi cinquan-tenne, non ancora promosso alla cattedra palermitana, sobrio e riflessivo, vestito di nero con soprabito foderato di pelliccia, a mani giunte – luminose come il viso e ornate di almeno due anelli – in preghiera di fronte alla Madonna col Bambino (fig. 6), mentre nel verso dipinge un’eccezionale Vanitas, un teschio in trompe-l’œil dalla mandibola staccata che allude alla decomposizione24, e lo stemma familiare (arma: d’azzurro, alla banda d’o-ro accompagnata da sei bisanti dello stesso disposti in orlo, tre in capo e tre in punta) appeso e sormontato dalle iniziali “IC”, entrambi entro nicchie. Le immagini, come se fossero state concepite per un uso commemo-rativo post mortem, sono accompagnate da iscrizioni di volta in volta di carattere esplicativo (“representacion de messire jehan carondelet hault doyen de besançon en son eage de 48 a<ns>. fait l’an 1517. iohannes melbodie pingebat”)25, invocativo-devozionale (“mediatrix nostra que es post deum spes sola tuo filio me representa”), afo-ristico-didascalico (“facile contemnit omnia qui se semper cogitat moriturum. hieronymus 1517. <mors> matura”)26, tutte in scrittura capitale epigrafica tranne la citazione dalle Epistolae di san Girolamo che è in gotica libraria.

Un secondo ritratto del medesimo pittore, data-to 1527, riconosciuto da James Weale27 in una tavoletta della collezione Moritz Ritter von Gutmann di Vienna

1. Bottega di Claix e Antoine Eve su disegno di Nicolas RomboutsVetrata “Pentecoste”, 1511-1512Mons, collegiata di Santa Valdetrude

2. Manifattura fiammingaParati ricamati di Jean Carondelet, 1539 circaBesançon, cattedrale di San Giovanni Evangelista (dalla cattedrale di Santo Stefano di Besançon)

3. Pierre Petitot e Guillaume ChenevièreStalli corali lignei, 1549 circaLuxeuil-les-Bains, basilica dei Santi Pietro e Paolo (dalla cattedrale di Santo Stefano di Besançon)

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er e Delogu proprio con il nostro arcivescovo, mentre un probabile committente o acquirente parrebbe oggi identificarsi in quell’Antonio Siciliano, ciambellano del duca di Milano Massimiliano Sforza, nel 1513 in missio-ne presso Margherita d’Austria nei Paesi Bassi, quando avrebbe acquistato il Dittico Doria Pamphilj, opera degli stessi pittori35.

Recano l’impronta di grandi artisti del calibro degli scultori Jean Monne36 (Dôle) e Michel Scherrier37 (Besançon e Bruges)38 anche i monumenti funerari fa-miliari: quello del fratello Ferry (“ab ipso ferrico prius constructum” – come recita l’epigrafe – e collocato in Santo Stefano di Besançon, ma dedicato da Jean “sua impensa translatis ossibus”, quindi traslato in San Gio-vanni Evangelista, nella cappella del Santo Sudario, insieme alla celebre pala di Fra Bartolomeo e Mariotto Albertinelli, 1512, raffigurante la Madonna in gloria con santi e donatore39), quello dei genitori (“impensa sua – del medesimo figlio Jean – ex veteri aede huc translatis” nel coro della collegiata di Notre-Dame a Dôle), oltre che, ovviamente, il proprio (in San Donaziano di Bruges, trasportato nell’odierna cattedrale di San Salvatore dopo la demolizione napoleonica dell’antica chiesa)40.

Lo Scherrier realizzerà, in particolare, i gisant in alabastro dei due fratelli, in cui è evidente l’influenza del Rinascimento italiano41: entrambi sono raffigurati dor-mienti, distesi con la testa sorretta dal braccio sinistro e un libro sacro stretto nella mano destra, in sontuosi abiti pontificali e indossanti le insegne legate al loro status (abate l’uno, vescovo l’altro), come l’anello pontificale, la mitria e, il solo Ferry, il baculo pastorale (figg. 11-13).

Come la casubula dell’arcivescovo riprodotta nel rilievo funerario rimanda strettamente, e in particola-re la colonna centrale, ai ricami reali dei citati parati di Besançon, così le mitrie sul capo di entrambi – del tipo definito “mitria preziosa”, riprodotte in dipinti e sculture tra la metà del XV e il primo quarto del XVI secolo, ma di cui esistono esemplari reali come quella detta “di Leone X” nel tesoro di San Lorenzo a Firenze (manifattura fiorentina, primo quarto del XVI secolo; fig. 14)42 – hanno strettissime affinità con quella esposta nel tesoro della cattedrale palermitana, nella tradizione locale per secoli menzionata come dono del Carondelet insieme a un paliotto, accomunati dalla presenza di per-line, che studi recenti hanno ridimensionato o negato, sulla scorta di motivazioni di diverso genere.

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– acquistata nel 1908 a Londra e già nella collezione di Francis Baring – (attualmente al Nelson-Atkins Museum of Art di Kansas City)28, ove si vede il prelato sessantenne con un libro sacro tra le mani (iscrizione esplicativa: “d. jo. carondelet, archiep.i panor.ni prepo. ec. s. don. brugen.”; fig. 7), aveva come pendant di sinistra il San Donaziano, oggi conservato nel Musée des Beaux-Arts di Tournai, mentre un terzo, databile intorno al 1507-1508, già nella collezione Léopold Hirsch di Londra29, è oggi esposto al Toledo Museum of Art, nell’omonimo centro dell’Ohio, donato da William E. Lewis30.

Merita qualche breve cenno anche il ritratto, do-vuto verosimilmente a Bernard van Orley e databile tra il 1520 e il 1530, conservato nell’Alte Pinakothek di Mo-naco, proveniente dalla collezione di Sulpiz Boisserée a Colonia31, già noto come opera di Quentin Massys32 (fig. 8). Sul lato interno della tavoletta di destra di un dittico, di fronte a una Madonna col Bambino, il nostro prelato è raffigurato in abito corale con breviario tra le mani all’interno di un ambiente le cui pareti sono tappezzate con pannelli di stoffa o cuoio recanti tra motivi fitomor-fi, reiterato, il proprio stemma episcopale inquartato en-tro robbiane; è ben visibile, appeso sul muro a sinistra, un quadretto centinato con il Battista e l’Agnus Dei, eletto a personale patrono (iscrizione antica sul verso,

riguardante la data di morte, apposta quindi successiva-mente e non dal pittore, morto due anni prima: “ob. a.° a na. 1543 / feb. 7 a. etatis 76 / nudum completus”). Un ritratto di tal genere poteva benissimo essere inviato alla lontana Chiesa palermitana, e non escludo che ciò – at-tuato o meno – non fosse nelle intenzioni del Carondelet.

Il Segard avrebbe inoltre identificato il nostro prelato anche nei panni del San Luca ritrae la Vergine, opera autografa di Jan Gossaert, già nella cattedrale nella Národní Galerie di Praga (1515)33 e oggi in collezione privata, che la moderna critica dice dipinta per la cap-pella della corporazione dei pittori nella cattedrale di San Rombout a Malines34 (fig. 9).

Persino la committenza e l’arrivo in Sicilia del cosiddetto Trittico Malvagna della Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis (fig. 10), oggi unanime-mente attribuito al medesimo pittore fiammingo con la collaborazione di Gerard David (Madonna, Bambino e teste delle sante vergini), forse realizzato a Bruges poco dopo il 1511 (i Progenitori dipinti sulle facce esterne de-gli sportelli laterali citano esplicitamente una xilografia di Dürer edita in quell’anno), prima che se ne docu-mentasse dalla Barricelli l’acquisto a Messina ai primi del Seicento da parte del barone del Mojo Pietro Lanza di Trabia, erano stati messi in relazione da Friedländ-

4. Maestro di Sir George Talbot (attr.)Libro d’ore Carondelet, 1500 circa - post 1519New York, The Morgan Library & Museum, Ms. M.390 Acquistato da J. Pierpont Morgan (1837-1913) nel 1910

5. Miniatore di BrugesGros-Carondelet Hours, 1475-1485 circaGià in vendita presso la Jörn Günther Rare Books

6. Jan GossaertDittico Carondelet, 1517Parigi, Musée du Louvre

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7. Jan GossaertRitratto di Jean de Carondelet, 1527Kansas City, The Nelson-Atkins Museum of Art

8. Bernard van OrleyRitratto di Jean de Carondelet, 1520-1530Monaco, Alte Pinakothek

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nessun intervento di restyling fosse stato effettuato e che le condizioni conservative potessero essere pressoché identiche alle attuali, tranne che per i campanelli alle estremità dei fanoni, oggi perduti.

A proposito del secondo, sontuoso, arredo liturgi-co, noto come dono del Carondelet nel 1527 già ai tempi della regia visita di De Ciocchis49, a partire dagli studi di Claudia Guastella e Maurizio Vitella, si è considerato co-me accorpamento – effettuato secondo Mongitore dalle monache del locale monastero di San Vito per volontà o comunque sotto il governo dell’arcivescovo Giacomo Palafox (1677-1684) – di un “frondaglium impernatum seu raccamatum pernis” con un “pallium ex brocato riczo, cum otto columnis ex serico biloso carmesino adornatum perlis, cum insigniis fabricae Ecclesiae fode-ratum tela incarnata”, esistenti e censiti rispettivamente nell’ultimo ventennio del XVI e nel primo decennio del XVII secolo, in occasione delle regie visite di Francesco Del Pozzo e Filippo Jordio50. Per la verità, Vitella datava invece al primo trentennio del Cinquecento – cioè entro gli anni di episcopato del nostro – alcuni elementi, come i sette pannelli della parte inferiore, in cui è riprodotto un modulo a maglia chiusa derivato da tessuti italiani del XV secolo51.

E invece, da nuovi ritrovamenti documentari, vie-ne fuori che il frondaglium ricamato con girali fitomorfi,

uomini dal copricapo orientale e simbolici unicorni fino-ra letti come leoni era già un paliotto – seppur danneg-giato da un uso secolare – nel 1646: “un palio impernato in menzo dello quale vi è una Madonna Assunta con un Patre Etterno di sopra et sei angioli attorno la Madon-na, et ad uno delli quali ci manca la testa e li braccia ad un altro manca un braccio, alla Madonna manca la corona, con detto palio quattro quatrette di argento con li soi sancti ingastati, cinque rosuni con alcune pietre, et altre ne mancano, cinque aquile a le quali mancano alcuni pietri et ingasti et allo palio mancano moltissime perne”52 (fig. 15).

Lo stesso Jordio aveva peraltro individuato un pre-sunto stemma Carondelet “in campo petroso quaedam vulpis depicta”53 (riferibile piuttosto come “parlante” alla locale famiglia De Vulpis, attestata certamente in città agli inizi del Cinquecento), mentre sappiamo dalle indagini del canonico Francesco Marchese presso il Ca-pitolo di Besançon54 e da altre fonti iconografiche che il prelato dopo l’elezione e l’ordinazione episcopale armas-se un inquartato (il primo e quarto di rosso, all’aquila bicipite spiegata d’oro lampassata rostrata e membrata d’azzurro – forse con l’intento di fondere gli emblemi della città e della Maramma della cattedrale di Palermo –, il secondo e terzo di Carondelet55) su un paliotto di damasco azzurro ancora integro, mentre frissa – ovvero

Dopo aver ricordato le principali committenze arti-stiche familiari e personali del prelato in terre di Franca Contea e Fiandra, sostenuti da una frase contenuta nel suo inedito testamento (“volo et ordino ulterius ut per exequutores meos fundetur in ecclesia mea Panhormi-tana aliqua missa seu alia fundatio perpetua usque ad summam quingentorum aut sexcentorum ducatorum monete Regni Sicilie semel quemadmodum dicti mei exe-quutores comminato consilio videbunt melius convenire secundum / consuetudinem et naturam loci ultra vesti-menta seu ornamenta ecclesiastica que etiam dedi eidem ecclesie forma valoris septingentorum aut octingentorum ducatorum”43) con cui egli stesso fa esplicito riferimento a oggetti (vestimenta, ovvero parati sacri, e non meglio specificati ornamenta) già donati alla Chiesa palermita-na mentre era in vita o elencati precedentemente nello stesso documento, proviamo a ricostruire un’ideale ere-dità locale dello stesso, nella speranza che nuovi apporti documentari facciano luce sulla questione. È del tutto improbabile – o quantomeno sarebbe sconveniente per il personaggio – che il cospicuo appannaggio percepito nei lunghi anni del suo episcopato siciliano sia servito solo a finanziare opere in terre lontane; che neanche uno dei suoi ritratti fosse destinato ad avere un posto nella galleria degli arcivescovi, ordinata successione dei pastori paler-mitani, predecessori e successori, allestita nella sacrestia della cattedrale e più tardi nei saloni dell’arcivescovado; che egli non abbia mai chiesto in tanti anni ad artisti del suo entourage un trittico portatile o una più grande pala d’altare che racchiudesse le proprie devozioni private, da condividere e raccomandare al clero e ai fedeli affidati al suo ministero; che non abbia ricambiato generosamente missive e doni ricevuti dalla Sicilia.

Per quanto riguarda il ricco copricapo liturgico, esso è così descritto nell’agosto del 1848 dal canonico tesoriere della cattedrale don Salvatore Mancino: “<nu-mero> 525. una piccola cassettina foderata di pelle, ove dentro esiste un’altra mitra / col fondo di riccamo liscio d’oro rabiscata di perle fine con diverse pietre false, ed imposte di smalto celestino del fù Monsignor Carando-letti, con due cadute osiano pendenti riccamate pure di perle, metà delle perle di detti pendenti servirono per ristaurarsi il palio riccamato pure in perle; nella mitra vi sono diverse perle mancanti”44.

Nel 2001, in occasione della mostra “Splendori di Sicilia”, Roberta Civiletto lo studiò dal punto di vi-sta tecnico, datandolo alla prima metà del XVII secolo ma annotando l’impossibilità di una dettagliata lettura costruttiva del tessuto di supporto al ricamo, proprio

per la fitta campitura di questo45; la presunta datazione tarda del tessuto e il raffronto stilistico tra le placchet-te traforate d’argento ornate di smalti color turchese e vetri colorati – applicate sulla bordatura del perimetro di base, sulle colonne centrali perpendicolari e, simme-tricamente, nelle due facce della mitria – con analoghi decori in opere certe o attribuite dell’orafo e sacerdote don Camillo Barbavara (la versione realizzata, difforme dal primitivo disegno di progetto46, della manta per la Madonna del Vessillo di Piazza Armerina, 1628-1635; il calice compiuto per la cattedrale di Palermo mentre era tesoriere il canonico don Giovan Battista La Rosa e Spatafora, ante 1637; l’ostensorio di San Matteo oggi conservato nella Galleria Regionale della Sicilia di Pa-lazzo Abatellis, terzo decennio del XVII secolo), hanno indotto Maria Concetta Di Natale a ipotizzare la modi-fica e l’arricchimento della mitria di Carondelet, con l’aggiunta delle placchette smaltate e gemmate, da parte del Barbavara, su committenza del cardinale arcivesco-vo Giannettino Doria47.

Nel 1646, a un secolo dalla morte di Carondelet e a soli quattro anni dalla morte di Doria, in occasione della consegna tra il sacrista passato don Giuseppe Frazzetta e il successore don Giovanni Ariano, nel relativo inven-tario di paramenti e iugalia argentea, è così descritta: “una mitria con perne alla quale mancano moltissime perne et particularmente alcuni fili intieri; a detta mi-tra pietre n. 50 <annotazione a margine: Nota che una pietra è levata e conservata> et otto campanelle”48; cita-zione che lascia, tuttavia, spazio all’ipotesi di studio che

9. Jan GossaertSan Luca ritrae la Vergine, 1515Già Praga, Národní Galerie, oggi in collezione privata

10. Jan Gossaert e Gerard DavidTrittico Malvagna, post 1511Palermo, Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis

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11. Michel ScherrierTomba di Ferry Carondelet, 1543Besançon, cattedrale di San Giovanni Evangelista

12. Michel ScherrierTomba di Jean Carondelet, ante 1544Bruges, cattedrale di San Salvatore

13. Mausolée de Monseigneur Jean de Carondelet, ante 1544Litografia di A. Ancot su disegno di J. Gailliard, tratta da J. Gailliard, Inscriptions funéraires et monumentales de la Flandre Occidentale […], I, Bruges 1861, tav. VII

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fregi, ricami –, già ai suoi tempi staccati da una “ca-subula […] foderatam tela viridi” a lui riferita, erano ormai riportati su un nuovo parato ternario “matisato cum insigniis ecclesiae”; sappiamo infine di un secondo paliotto serico “bombosini bilosi cremesini” dell’arci-vescovo fiammingo, già ricamato “cum figuris misterii Virginis Matris Mariae”, i cui ricami sono confluiti in una nuova “capilla ex brocato elaborata, et auri ad in-star panni rubei”56.

Un ulteriore inventario del marzo 1571, redatto dai marammieri don Giovanni Bellavia e don Federico Sabbia, aggiunge ancora un parato ai preziosi doni del nostro: “Item una cappa di tila di argento foderata di raso torchino di Lucca guarnita circumcirca di frinzi di oro et sita bianca con lo frixo et cappello de raso di lo quondam reverendo Ioanni Carandolet olim arciepiscopo di Palermo quali frixo era ala cappa di villuto carmixino di alto abaxo. Item una cappa di villuto carmixino d’alto

14. Manifattura fiorentinaMitria di Leone X, primo quarto del XVI secoloFirenze, tesoro di San Lorenzo

15. Maestranze fiamminghe e sicilianePaliotto Carondelet, particolare, 1536 circaPalermo, tesoro della cattedrale

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abaxo foderata di sita torchina quali era in Tesauro nella quale si ci ha fatto lo frixo et cappello di tila di oro fode-rato di terzanello carmixino et circumcirca ditta cappa et frixo di una parte et laltra cum sua frinza de oro et sita carmixina et ditto capello tutto guarnito circumcirca di frinza di oro et sita carmixina di la quale cappa si li levao lo frixo et cappello quali li misero a la cappa di tela d’argento supra descritta”57.

Ancora, Mongitore in aggiunta a Pirri testimonia ai suoi tempi l’esistenza di “nonnulla sacra ornamenta in Ecclesia Cathedrali gentilitiis eiusdem tesseris insigni-ta”58 e ricorda come riferibile a un intervento del gover-no Carondelet (iscrizione: “reverendiss. dominus ioannes carandolet burgundus archiepiscopus panormitanus hanc aquam, quae in usu esse desierat, repurgato rivo, et novo addito fonte, ad sacram virginis aedem reduxit die i maii xv ind. mdxlii”) la bonifica dell’acqua scaturente da una delle due fontane (la seconda si riferiva all’arcivescovo Giacomo Lomellino, 1571) nel chiostro davanti alla chiesa dell’antico cenobio benedettino di Santa Maria delle Gra-zie fuori Palermo (già cistercense intitolato San Nicolò de Kurkuro)59, nonché in altre sedi la fondazione – dietro la cattedrale – del monastero minimo femminile dei Sette Angeli, con monache provenienti da quello benedettino di San Giovanni all’Origlione (documenti a firma del vicario generale pro tempore degli anni 1532, 1539, 1541)60, e di quello femminile di San Benedetto a Ciminna (1538)61.

L’interesse per l’arredo della medesima chiesa delle Grazie aveva già portato, con atto del 30 gennaio

1540, il reverendo Guglielmo Petit, procuratore dell’ar-civescovo, a commissionare all’intagliatore di origine iberica Diego Gutierrez candelieri e croci d’altare lignei (“paranza undi manca”) e altri piccoli lavori62.

Concludo con una suggestione: è di questi giorni il restauro presso il laboratorio del Museo Diocesano della tavola dipinta raffigurante Santa Cecilia o Santa Barbara (fig. 16), opera a mio parere da ricondurre a Cristoforo Faf-feo (ultimo quarto del XV secolo) ma finora variamente attribuita, da Antonello Crescenzio a Riccardo Quartararo a Nicolò da Pettineo – o da Randazzo o da Catania –, a Quartararo e da Pettineo in collaborazione, e datata alla fine del XV o agli inizi del XVI secolo, contestualizzata tradizionalmente nella cappella di Santa Cristina della cattedrale; opera che respira di quel fenomeno che Vin-cenzo Abbate ha definito in più occasioni “congiuntura flandro-iberica”, in quanto entrambi i caratteri vi sono chiaramente leggibili, insieme a esplicite citazioni umbro-toscane, di Melozzo e Antoniazzo63.

L’edificio turrito che sta alle spalle della santa, talmente imponente e protagonista nell’economia del dipinto da far pensare appunto a un’identificazione del soggetto femminile in santa Barbara, ha strettissime analogie con un donjon vallone esistente ancora oggi: il castello di Crupet (o Cruppey) presso Namur (fig. 17), che diviene proprietà della famiglia Carondelet post 1537 con un Jean “chevalier, seigneur de Solre-sur-Sambre, Harvengh, Merlain, etc.”64, omonimo del nostro, secon-do marito di Anna de la Loye.

16. Cristoforo FaffeoSanta Barbara, ultimo quarto del XV secoloPalermo, Museo Diocesano

17. Castello Carondelet, XIII-XVI secoloCrupet

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1 Per notizie sulla famiglia si ri-manda ad vocem Carondelet, in F.A. Aubert de La Chesnaye-De-sbois, Dictionnaire de la nobles-se, contenant les généalogies, l’histoire et la chronologie des familles nobles de France, l’ex-plication de leur armes, et l’état des grandes terres du royaume aujourd’hui possédées […], III, Paris 1771 (II ed.), pp. 516-528.2 F.M. Stabile, Palermo, in Storia delle Chiese di Sicilia, a cura di G. Zito, Città del Vaticano 2009, pp. 579-663, in part. p. 620. Su questo ufficio del foro episcopale palermitano si rimanda ai se-guenti contributi: M.S. Messana, Rito ordinario e rito sommario nei tribunali ecclesiastici in Si-cilia, e M. Messina, Gli archivi dei due uffici della Magna Curia Archiepiscopalis di Palermo: l’Of-fizio della Gran Corte Arcivesco-vile e il Tribunale della Visita, in Storia & Arte nella scrittura. L’Ar-chivio Storico Diocesano di Pa-lermo a 10 anni dalla riapertura al pubblico (1997-2007), atti del convegno internazionale di studi (Palermo, 9-10 novembre 2007), Santa Flavia (Palermo) 2008, pp. 111-140 e 201-246.3 G.M. Pio, Delle vite de gli huomini illustri di S. Domenico seconda parte […], Pavia 1613, libro IV, col. 157; V.M. Fontana, Sacrum theatrum dominica-num, Roma 1666, parte I, p. 248; G.F. Abela, Malta illustrata […], a cura di G.A. Ciantar, Mal-ta 1780, libro III, notizia I, p. 55.4 A. Mongitore, Palermo divoto di Maria Vergine, e Maria Vergine protettrice di Palermo, I, Paler-mo 1719, p. 363.5 R. Pirri, Sicilia sacra disquisitio-nibus et notitiis illustrata […], III ed. a cura di A. Mongitore e con aggiunte di V.M. Amico, 2 voll., Palermo 1733, I, coll. 188-196.6 M. Gachard, ad vocem Jean Carondelet, in Biographie na-tionale, III, Bruxelles 1872, coll. 348-350; L. Jadin, ad vocem Carondelet (Jehan ou Jean de), in Dictionnaire d’histoire et de géographie ecclésiastiques, Paris 1949.7 J.P. Jacquemart, Architectures comtoises de la Renaissance. 1525-1636, Besançon 2007, pp. 18-20, 267-268.8 P.G. Bietenholz, T.B. Deutscher, I. Guenther, C.F. Gunderson, Contemporaries of Erasmus: a biographical register of the Re-naissance and Reformation, voll. 1-3, pp. 17, 69, 94, 123, 157, 271-273, 291, 309, 327, 367, 401.9 Y. Vanden Bemdem, Les vitraux de la première moitié du XVIe siècle conservés en Belgique, fa-sc. 1, La collégiale Sainte-Wau-dru de Mons, Namur 2000 (Cor-pus vitrearum Medii Aevi. Belgi-

que, V), pp. 183-203; Y. Vanden Bemdem, Le vitrail sous les Ducs de Bourgogne et les Habsbourg, in Liber amicorum Raphaël de Smedt, II, Artium Historia, a cu-ra di J. Van Der Auwera, Leuven 2001, pp. 19-46, in part. p. 35.10 Y. Vanden Bemdem, Les vi-traux…, 2000, p. 197.11 R. Pède, Vitraux d’hier et d’au-jourd’hui du Prieuré de Bois-Seigneur-Isaac, in Le miracle du Saint Sang: Bois-Seigneur-Isaac 1405-2005, atti del convegno (Belgio, 13-14 maggio 2005), a cura di J.M. Cauchies, Berlin 2009, pp. 299-306, in part. p. 302.12 J.M.C. Helbig, Une Ancienne verrière de l’église Saint-Pierre d’Anderlecht, Antwerpen 1942, passim; Y. Vanden Bemdem, Les vitraux…, 2000, p. 197.13 Cfr. A. Guenard, Besançon: description historique des mo-numents et établissements pu-blics de cette ville, Besançon 1860, p. 65.14 J. Gauthier, Inventaire som-maire des Archives Départe-mentales antérieures a 1790 […]. Seconde partie. Archives Ecclésiastiques - série G., Cha-pitre de Besançon, Délibérations capitulaires du 5 octobre au 24 novembre 1540, I, Besançon 1900, p. 132.15 J. Gauthier, Inventaire som-maire…, 1900, p. 136.16 Cfr. Epistola responsiva Re-verendissimorum Dominorum Decani Maioris, Capituli et Ca-nonicorum Sanctae Metropoli-tanae Ecclesiae Bisuntinae ad Franciscum Marchese […], Pa-normi, Apud Angelum Felicella MDCCXVI, in ASDPa, Archivio Capitolare, n. 27 (già XXV), c. 3r. 17 Cfr. A. Guenard, Besançon…, 1860, p. 66.18 M.P. Morey, Le Guide du vo-yageur et du baigneur à Luxeuil, Luxeuil 1873, p. 53.19 L. Fourez, Le missel de Jean II de Carondelet, in “Scriptorium”, XXIII, 1969, 2, pp. 272-275; M. Smeyers, scheda n. 09 (fig. 68), in Flemish Illuminated Manu-scripts: 1475-1550, a cura di J. Van der Stock, Ghent 1996; A. Dupont, J. Pycke, D. Vanwijn-sberghe, Le missel Carondelet des Archives et bibliothèque de la Cathédrale de Tournai (B.C.T., manuscrit A 14 A), in Archives et manuscrits précieux tournai-siens, I, Tournai, Louvain-la-Neuve 2007, pp. 7-48.20 L.M.C. Randall, Medieval and Renaissance Manuscripts in the Walters Art Gallery, II, France, 1420-1540, Baltimore 1989, pp. 351, 499, 507; R.S. Wieck, Pain-ted Prayers: the Book of hours in Medieval and Renaissance Art, New York 1997, n. 69.

21 B. Brinkmann, De Gros-Caron-delet-Stundenbuch, Sonderkata-log, 391, Auktion, Montag 21. Mai 2011, Ketterer Kunst, Hamburg, Hamburg 2012; H. Wijsman, Les Heures Gros-Carondelet ven-dues à Hambourg: informations supplémentaires sur le manu-scrit, in “Biblioblog”, giugno 2012 (consultabile online sul sito www.libraria.fr/en/blog/les -heures -gros -carondelet-vendues-à-hambourg-informa-tions-supplémentaires-sur-le-manuscrit); Discoveries from the Past: A Selection of Illuminated Manuscripts - Miniatures - Ear-ly Printed Books, Stalden 2013 (Brochure, 13), n. 22.22 Sarebbe interessante passare in rassegna tutti i dipinti, ma in questa sede ci limiteremo a citare, oltre a quelli del Mabuse e di Van Orley: uno già attribu-ito a Van Cleve nella collezione Duchatel (A. Segard, Jean Gos-sart dit Mabuse, Bruxelles-Paris 1923, p. 105), oggi invece unani-memente riferito a Vermeyen, al Brooklyn Museum di New York, e la sua ritenuta copia di Jan van Scorel ai Musées Royaux des Be-aux-Arts de Belgique a Bruxelles (H.J. Horn, Jan Cornelis Verme-yen. Painter of Charles V and his conquest of Tunis. Paintings, etchings, drawings, cartoons & tapestries, I, Doornspijk 1989, p. 8 e note 61, 63, pp. 64-66).23 F. Villot, Guide through the galleries of paintings of the Im-perial Museum of the Louvre, Paris 1855, pp. 330-331, nn. 277-278. 24 K. Cohen, Metamorphosis of a Death Symbol. The Transi Tomb in the Late Middle Ages and the Renaissance, Berkeley-Los Ange-les 1973, p. 86 e nota 7. 25 Ricordo che il dipinto in que-stione e quello di un Benedetti-no, entrambi al Louvre, sono gli unici due ritratti firmati dell’ar-tista fiammingo tra quelli noti, e l’unico datato.26 N. Schneider, Still life, Köln 2003, p. 77. 27 W.H.J. Weale, Notes on various works of art of the Archbishop John Carondelet. Portraits, in “The Burlington Magazine”, XVI, 1909, pp. 341-343, 346.28 B. Dunbar, German and Ne-therlandish Painting 1450-1600: The Collection of the Nelson-Atkins Museum of Art, Washing-ton, D.C. 2005.29 A. Segard, Jean Gossart…, 1923, pp. VII, 9, 27, 72, 105-117, 176-177, 181, 183.30 Man, Myth, and Sensual Plea-sures: Jan Gossart’s Renaissance. The Complete Works, catalogo della mostra (New York, The Metropolitan Museum of Art, 6 ottobre 2010 - 17 gennaio 2011),

a cura di M.W. Ainsworth, New York 2010, pp. 18, 78, 243-245, 252, n. 39.31 P. Eikemeier, Alte Pinakothek München. Erläuterungen zu den ausgestellten Gemälden, Mün-chen 1983, pp. 371-372.32 W. Cohen, Studien zu Quint-yen Metsys, Bonn 1904, p. 86.33 A. Segard, Jean Gossart…, 1923, pp. 41-42.34 Man, Myth…, 2010, pp. 131-139.35 W. Friedländer, Die Altnieder-ländische Malerei, VII, Berlin 1926, pp. 19-27, 150; R. Delogu, La Galleria Nazionale della Si-cilia, Roma 1962, pp. 44-45; A. Barricelli, La pittura in Sicilia dalla fine del Quattrocento alla Controriforma. Storia della Sici-lia, X, Napoli-Palermo 1981, p. 35; L. Collobi Ragghianti, Dipinti fiamminghi in Italia. 1420-1570, Bologna 1990, p. 106; V. Abbate, Il palazzo, le collezioni, l’itine-rario, in G.C. Argan, V. Abbate, E. Battisti, Palermo. Palazzo Aba-tellis, Palermo 1991, pp. 96-98; T. Pugliatti, Pittura del Cinquecento in Sicilia, II, La Sicilia occiden-tale. 1484-1557, Napoli 1998, p. 291; F. Campagna Cicala, La cul-tura pittorica nella Sicilia orien-tale, in Vincenzo degli Azani da Pavia e la cultura figurativa in Sicilia nell’età di Carlo V, catalo-go della mostra (Palermo, chiesa di Santa Cita, 21 settembre - 8 dicembre 1999), a cura di T. Vi-scuso, Palermo 1999, p. 131. Tra gli studi più recenti si segnala: M. Wynn Ainsworth, M. Faries, Jan Gossaert’s Malvagna Triptych, in La peinture ancienne et ses pro-cédés. Copies, répliques, pasti-ches, La peinture ancienne et ses procédés. Copies, répliques, pa-stiches, atti del XV colloquio del “Laboratoire d’Étude des Œuvres d’Art par les Méthodes Scientifi-ques” (Bruges, 11-13 settembre 2003), a cura di H. Verougstrae-te, J. Couvert, Leuven 2006, pp. 138-149. 36 J. Theurot, Le chantier de Notre-Dame de Dole (Jura) au début du XVIe siècle, in “Revue de l’Art”, n. 110, 1995, pp. 66-73.37 J. Gauthier, Les initiateurs de l’art en franche-Comté au XVIe siècle, in “Bulletin de la Société des Beaux Arts”, XVIII, 1893, pp. 609-625, in part. p. 613. Si veda inoltre R. Bartalini, Su Simone Mosca, Jean Mone e la tomba di Ferry Carondelet, in “Pro-spettiva”, n. 71, 1993 (1994), pp. 53-58.38 Trascrizione delle epigrafi ed essenziali informazioni su com-mittenza e collocazione dei mo-numenti in Epistola responsiva Reverendissimorum Dominorum Decani Maioris, Capituli et Cano-nicorum Sanctae Metropolitanae

Ecclesiae Bisuntinae ad Franci-scum Marchese […], Panormi, Apud Angelum Felicella MDCCX-VI, in ASDPa, Fondo Capitolo Cat-tedrale, n. 27 (già XXV), cc. 2r-7v.39 A. Chastel, La pala Caronde-let di Fra Bartolomeo (1512): la crisi della pala mariana italia-na agli inizi del Cinquecento, Roma 1989, passim; si accenna alla committenza dei fratelli Ca-rondelet in B. Agosti, Artisti spa-gnoli e fonti italiane, in Norma e capriccio. Spagnoli in Italia agli esordi della maniera moderna, catalogo della mostra (Firenze, Galleria degli Uffizi, 5 marzo - 26 maggio 2013), a cura di T. Mozzati, Firenze 2013, pp. 156-167, in part. p. 165, e R. Bartalini, Le occasioni del Sodoma: dalla Milano di Leonardo alla Roma di Raffaello, Roma 1996, pp. 65-67.40 Purtroppo, i lavori di restau-ro che interessano il presbiterio dell’odierna cattedrale di San Salvatore di Bruges hanno impe-dito la visione diretta dell’opera e la sua riproduzione fotografica a colori. La litografia che mostra il monumento funebre ancora in San Donato, prima dello smem-bramento e dell’odierna colloca-zione nel deambulatorio di fron-te le cappelle di Santa Caterina d’Alessandria e di San Giuseppe, è tratta da J. Gailliard, Inscriptions funéraires et monumentales de la Flandre Occidentale avec des données historiques et généalogi-ques […]. Arrondissement de Bru-ges, I, Bruges 1861, pp. 42-43, tav. VII. La tavola XXXI dello stesso volume mostra i tre “stalles en bois devant le mausolée du dona-teur Jean de Carondelet”, mentre apprendiamo da altra opera del Gailliard (Éphémérides Brugeoi-ses où relation chronologique des événements qui se sont passés dans la ville de Bruges, depuis les temps les plus reculés jusqu’à nos jours […], Bruges 1847, p. 115) che i sedili, “où se plaçaient les prètres qui concouraient aux cérémonies de la messe”, erano stati donati dal nostro nel 1540, che all’interno della lunetta del monumento funebre era rappre-sentato “le dernier jugement: on y voyait en effet le juge suprème les bras étendus entre deux figu-res agenouillées” e che sempre il prevosto Jean Carondelet aveva dedicato all’antica cattedrale “un très-beau vitrail, peint en 1541” (ibid., p. 125).41 L. de la Brière, Dépêches de Fer-ry Carondelet, Procureur en Cour de Rome (1510-1513), in “Bulletin Historique et Philologique du Co-mité de Travaux Historiques et Scientifiques”, 1895, pp. 98-134.42 E. Nardinocchi, L. Sebregondi, Il Tesoro di San Lorenzo, Firenze 2007.

43 Cfr. ASDPa, Fondo Capitolo Cat-tedrale, n. di corda 35ter, Capitula privilegia et iura Reverendissimi Capituli Ecclesiae Panhormitanae totius Regni Siciliae primariae, cc. 151v-164v, in part. cc. 153r-v. Trattasi solo di uno stralcio dell’ultimo testamento del presu-le, celebrato in partibus Germanie presso gli atti di notar Rubert Ters Todi di Bruges o Malines (?) in da-ta 10 maggio 1550, e delle moda-lità di attuazione delle sue ultime volontà in favore della Chiesa pa-lermitana, trascritti dopo qualche tempo in un cartulario.44 Cfr. ASDPa, Capitolo, Inventa-rio della Cattedrale di Palermo, nn. di corda 251 e 251bis, non cartulati.45 R. Civiletto, M.C. Di Nata-le, scheda n. 29, in Splendori di Sicilia. Arti Decorative dal Rinascimento al Barocco, ca-talogo della mostra (Palermo, Albergo dei Poveri, 10 dicembre 2000 - 30 aprile 2001), a cura di M.C. Di Natale, Milano 2001, pp. 569-570.46 G. Travagliato, Appendice do-cumentaria. Nuovi documenti a completamento della biografia di don Camillo Barbavara e G. Tra-vagliato, Un primo ornamentum manierista per l’icona medievale della Madonna del Vessillo, in La Madonna delle Vittorie a Piazza Armerina dal Gran Conte Rugge-ro al Settecento, catalogo della mostra (Piazza Armerina, Museo Diocesano, 21 dicembre 2009 - 27 febbraio 2010), a cura di M.K. Guida, Napoli 2009, pp.130-132, 162-163. G. Travagliato, Signa vetusta manent: le Maculaturae miniate, il Tabulario, i disegni di progetto ritrovati (secc. XII-XVIII), in Signa vetusta manent. Inter-venti di conservazione e restauro su materiale codicologico musi-cologico archivistico e librario dei secoli XII-XVIII (2004-2014), catalogo della mostra (Piazza Armerina, Museo Diocesano, 24 settembre - 26 ottobre 2014), a cura di G. Travagliato, Caltanis-setta 2014, pp. 9-23.47 M.C. Di Natale, Gioielli di Sici-lia, Palermo 2000 (II ed. 2008), pp. 132; M.C. Di Natale, Oro, ar-gento e corallo tra committenza ecclesiastica e devozione laica, in Splendori di Sicilia…, 2001, pp. 39-40; M.C. Di Natale, Ori e argenti del Tesoro della Cat-tedrale di Palermo, in M.C. Di Natale, M. Vitella, Il tesoro della Cattedrale di Palermo, Palermo 2010, p. 75.48 Cfr. ASPa, Notai defunti, Giu-seppe Sauli, st. II, n. 3736, cc. 97 e sgg. Per l’inedito documen-to cfr. la scheda di A. Mannino nell’appendice documentaria, infra, con trascrizione integrale.49 G.A. De Ciocchis, Sacrae Re-

giae Visitationis per Siciliam […] Acta decretaque omnia (1743), Palermo 1836, p. 72.50 C. Guastella, scheda n. 21, in Federico e la Sicilia: dalla terra alla corona, catalogo della mo-stra (Palermo, Real Albergo dei Poveri, 16 dicembre 1994 - 30 maggio 1995), a cura di C.A. Di Stefano, A. Cadei, M. Andaloro, 2 voll., Siracusa-Palermo 1995, II (Arti figurative e arti suntua-rie), pp. 123-133, in part. p. 125; C. Guastella, scheda n. VII.7, in Nobiles officinae. Perle, filigrane e trame di seta dal Palazzo Reale di Palermo, catalogo della mo-stra (Palermo, Palazzo dei Nor-manni, 17 dicembre 2003 - 10 marzo 2004; Vienna, Hofburg, Schweizerhof, Alte Geistliche Schatzkammer, 30 marzo - 13 giugno 2004), a cura di M. An-daloro, 2 voll., Catania-Palermo 2006, I, pp. 470-477; M. Vitella, I manufatti tessili della Cattedrale di Palermo, in M.C. Di Natale, M. Vitella, Il Tesoro della Catte-drale…, 2010, pp. 112-114. 51 Cfr. Ibid., p. 114.52 Cfr. ASPa, Notai defunti, Giu-seppe Sauli, st. II, n. 3736, cc. 97 e sgg. Per l’inedito documen-to cfr. la scheda di A. Mannino nell’appendice documentaria, infra, con trascrizione integrale.53 Cfr. ASPa, Conservatoria di Re-gistro, n. 1330, c. 8v, citato in C. Guastella, scheda n. 21, in Federi-co e la Sicilia…, 1995, II, p. 123.54 Epistola responsiva…, MDC-CXVI, cc. 2r-7v.55 Blasonatura, in G. Travagliato, Lo stemma e l’opera d’arte. L’aral-dica come scienza ausiliaria per lo studio delle arti decorative in Sicilia, tesi di dottorato di ricerca in Storia dell’Arte Medievale e Mo-derna in Sicilia (XV ciclo), Univer-sità degli Studi di Palermo, 2003, p. 86, in corso di pubblicazione, dove sono, tra gli altri, raccolti e descritti gli stemmi degli arcive-scovi palermitani. Si veda inoltre G. Travagliato, Arti decorative di committenza arcivescovile nel Tesoro della Cattedrale di Paler-mo, in “OADI. Rivista dell’Os-servatorio per le Arti Decorative in Italia”, n. 7, giugno 2013 (DOI 10.7431/RIV07072013, consul-tabile online: http://www1.unipa.it/oadi/rivista/).56 Cfr. ASPa, Conservatoria di Registro, n. 1330, cc. 8v-10v, documenti citati in C. Guastel-la, scheda n. 21, in Federico e la Sicilia…, 1995, II, pp. 123-125.57 Cfr. ASPa, Notai defunti, Giu-seppe Morello, st. I, n. 7022, cc. n.nn. Per la trascrizione integra-le del documento cfr. la scheda di A. Mannino nell’appendice documentaria, infra.58 Cfr. R. Pirri, Sicilia Sacra…, 1733, I, col. 195.

59 Ibid.; A. Mongitore, Il Palermo d’oggigiorno, o sia Topografia si-cola storica della città di Paler-mo […], Palermo 1873 (Bibliote-ca Storica e Letteraria di Sicilia, a cura di G. Di Marzo, vol. XIII, terzo della seconda serie), p. 194.60 A. Mongitore, Istoria del Ven. monastero de’ Sette Angioli nel-la città di Palermo, dell’Ordine delle Minime di S. Francesco di Paola […], Palermo 1726, pp. 38, 64, 88.61 V. Graziano, Ciminna. Memo-rie e documenti, parte III, cap. 3, Ciminna 1911, ed. a cura di F. Brancato, Ciminna 1987, p. 229.62 G. Mendola, Maestri del le-gno a Palermo tra tardo Gotico e Barocco, in Manufacere et scolpire in lignamine. Scultura e intaglio in legno in Sicilia tra Rinascimento e Barocco, a cura di T. Pugliatti, S. Rizzo, P. Rus-so, Catania 2012, pp. 143-195, in part. p. 156.63 M.C. Di Natale, Capolavori d’Arte del Museo Diocesano di Palermo, in Capolavori d’Arte del Museo Diocesano. Ex sacris imaginibus magnum fructum…, catalogo della mostra (Palermo, Museo Diocesano, 1998), a cura di M.C. Di Natale, Palermo 1998, pp. 61-63; M.C. Di Natale, Il Mu-seo Diocesano…, 2006, p. 54; T. Pugliatti, Pittura del Cinquecen-to…, 1998, pp. 41-45; V. Abbate, La cultura figurativa a Palermo e in Sicilia e la congiuntura flan-dro-iberica nell’età di Ferdinando il Cattolico, in Matteo Carniliva-ri, Pere Compte. 1506-2006. Due maestri del gotico nel Mediterra-neo, catalogo della mostra (Noto, Palazzo Trigona, maggio-luglio 2006), a cura di M.R. Nobile, Pa-lermo 2006, pp. 37-46 e relativa bibliografia. Le considerazioni a restauro ultimato sono confluite in G. Travagliato, Un’iconografia “trasfigurata”: da Santa Cecilia di Riccardo Quartararo a Santa Barbara di Cristoforo Faffeo, in G. Travagliato, M. Sebastianelli, Da Riccardo Quartararo a Cristoforo Faffeo. Un capolavoro del Museo Diocesano di Palermo restaurato e riscoperto, Palermo 2016 (Mu-seo Diocesano di Palermo. Studi e restauri, 9, collana diretta da P. Palazzotto), pp. 13-44.64 Cfr. S. Bormans, Seigneuries féodales de l’ancien pays de Lié-ge, ad vocem “Crupet”, in “Bul-letin de l’Institut Archéologique liégeois”, IX, 1868, pp. 243-247, in part. p. 245. Si veda inoltre V. Morysse, Genealogie des Seigneu-rs de Crupet, in La Seigneurie de Crupet, in “Crup’Echos, Recueil spécial 10 ans”, n. 40, 1996, pp. 55-56.