Articolo - La Scuola Raccontata Al Mio Cane

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La scuola raccontata al mio cane.

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Il CIS della Calabria ha promosso “La scuola raccontata al mio cane”

Negli accoglienti locali della libreria Culture, promosso dal Centro Internazionale Scrittori della Calabria si è effettuato un incontro avente per oggetto il testo di Paola Mastrocola, pubblicato nel 2004 e successivamente nel 2011, “La scuola raccontata al mio cane”, libro nel quale l’autrice tratteggia con vigore e ironia la situazione della scuola italiana, raccontandola con felice invenzione letteraria al suo cane, Perry Bau.

Ha introdotto i lavori Loreley Rosita Borruto, presidente del Cis della Calabria, cui ha fatto seguito la relazione di Maria Quattrone, già Dirigente Scolastico del liceo classico Campanella di Reggio Calabria.

Paola Mastrocola, prima di essere una scrittrice, divenuta famosa negli ultimi anni, è innanzitutto un’insegnante di lettere in un liceo torinese, un’insegnante, peraltro innamorata del suo mestiere. Ha scelto tale professione per scelta convinta, innamorata com’è della sua disciplina e in particolare la letteratura italiana, ma anche delle letterature straniere.

Rimasta lontana dalla scuola nel corso della sua vita per ben due volte per impegni universitari, quando vi è ritornata nel 1998 ella si è ritrovata immersa in un mondo profondamente cambiato. Autonomia, recuperi, accoglienza, POF, progetti, moduli, percorsi sono le parole chiave della nuova scuola che ad un esame generale sembra ormai – sostiene la Mastrocola – avere trascurato e abdicato alla sua funzione che in primis è quella di trasmettere contenuti.

La scuola di oggi – ella dice – è una scuola che , aboliti gli esami di riparazione, attraverso i recuperi non educa i giovani al senso di responsabilità, in quanto i ragazzi sanno che alla fine – in una ottica di indulgenza e benevolenza generale- saranno, comunque, promossi . Si assiste, inoltre, nella scuola a una miriade di progetti: ogni cosa dall’educazione stradale all’educazione alimentare, tutto è progettabile e l’insegnante che non si adegua a tale logica si sente un troglodita.

“Il mio mestiere – dice la Mastrocola in una intervista in cui si ribadisce il leit motiv del libro – era insegnare letteratura, cioè trasmettere un po’ dell’immenso patrimonio di libri e di idee che sopravvive attraverso i secoli per la nostra ricchezza, individuale e collettiva. Si tratta anche di richiedere uno sforzo di applicazione e di concentrazione, si trattava di richiedere lo studio. Ora la letteratura è stata relegata a uno spazio minimo nella scuola, perché ritenuta difficile, lontana e poco utile. La scuola chiede altro ai suoi insegnanti: chiede di alleggerire i contenuti, di divertire i ragazzi e attrezzarli a usare gli strumenti multimediali. E’ una scuola pericolosamente e completamente conforme alla società, , non le oppone nulla, la asseconda e diventa una specie di parco giochi o immenso spazio spettacolare. Lo studio non esiste più, nessuno lo prevede e lo richiede - Ecco perché ho perso il mio mestiere”.

La materia di scottante attualità è trattata con uno stile ora leggero e ironico, ora serio, ora proclive all’umorismo, sempre comunque incisivo ed efficace. I genitori, purtroppo, non richiedono altro alla scuola se non evitare che sia turbata la spensierata serenità dei ragazzi .La scuola che essi vorrebbero – sostiene ironicamente la Mastrocola – è la scuola del Sorriso permanente e sono pronti a trasformarsi nei peggiori nemici degli insegnanti.

Ma quale potrebbe essere la soluzione? La soluzione – conclude la Mastrocola – sta in un’ utopia , l’utopia ,come ella scherzosamente la definisce, della scuola in una stanza. Una stanza che è una

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sorta di tana in cui studenti e/o docenti potrebbero rifugiarsi dopo l’orario curricolare per meditare, leggere, riflettere su ciò che si è sentito al mattino, magari scrivere, in poche parole ricuperare una dimensione in cui ritornino la riflessione, l’applicazione, la concentrazione, l’impegno, lo studio, l’unico strumento che può assicurare la trasmissione alle giovani generazioni e ai posteri dell’immenso patrimonio di idee che gli avi e la tradizione ci hanno consegnato.

E quindi ella auspica, in conclusione, che né la famiglia né la scuola abdichino alla propria funzione, ma si riapproprino del proprio ruolo e dell’autorità che ne deriva.

Alla relazione ha poi fatto seguito un ampio e partecipato dibattito.

Tra gli intervenuti le docenti Cammarata Annaida e Claudia Neri che hanno rilevato come la visione della scrittrice sia piuttosto parziale e non del tutto aderente alla realtà . Infine, la prof. Francesca Messineo già dirigente tecnico del Miur ha evidenziato come la scuola di oggi sia sicuramente cambiata rispetto a quella di ieri, ma queste trasformazioni spesso siano state superficiali e poco o malamente si sia provveduto a delle serie strategie di reclutamento e formazione del personale docente.