ARTICOLO COMMEMORATILO · 2019. 9. 13. · canzoni, di arie, di cantate per una o più voci, che...

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Transcript of ARTICOLO COMMEMORATILO · 2019. 9. 13. · canzoni, di arie, di cantate per una o più voci, che...

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    COMITATO INTERNAZIOilSlALE PER LE ONORANZE

    AL MUSICISTA '-'''•-

    L U I G I R O S S INEL TRICEN TENARIO DELLA MORTE

    ARTICOLO COMMEMORATILODI

    A L B E R T O G H I S L A N Z O N I

  • Luigi Rossi, o De Rossi, pugliese di Torremaggiore,dev'esser senz'altro annoverato tra i grandi musicistiitaliani, conduttori e rappresentativi dello stile e degliorientamenti della prima metà del Seicento: Monteverdi,Frescobaldi, Carissimi e Cavalli.

    Il suo nome, la sua opera, caduti in un oblìo di oltredue secoli, proprio per la torpida trascuranza di noi ita-liani, furono per la prima volta rievocati cent'anni fada un francese, il Castil-Blaze. Più di recente, due illu-stri storiografi, Romain Rolland e Henri Prunières, nefecero oggetto di appassionate indagini e di fervida esal-tazione, mentre il nostro Alberto Cametti riusciva a rin-tracciare negli archivi romani importanti dati biografici,e Alfred Wotquenne editava un catalogo tematico ditutte le composizioni accertate. Il Rolland concludeva ilsuo studio con queste parole :

    « È per noi un atto di giustizia riparare tale oblìo1 in-giurioso, e far rivivere il ricordo di questo grande artistaitaliano, che fu il primo fondatore dell'opera in Francia.A misura che lo si conoscerà meglio, apparirà come unodei maestri più importanti della storia della musica dram-matica nel XVII secolo ».

    Oggi finalmente, nell'imminente circostanza del tri-centenario dalla morte (19 febbraio 1653), un Comitatodi concittadini, presieduto dal Sindaco, e di pei=,onalitàitaliane e francesi della cultura e dell'arte, ha deciso difarne conoscere la vita, di riesumarne e collezionarne lecreazioni sparse nelle biblioteche d'Europa, quasi tutte inmanoscritti.

    Nell'assenza di documenti delle parrocchie di S. Ni-cola Matrice e di S. Maria della Strada, distrutti conmolti edifìci di Torremaggiore dai funesti terremoti delluglio 1627 e del 1638, soltanto dall'atto di morte noisappiamo che Luigi Rossi, figlio di Donato, vide la lucein quella terra tra gli ultimi mesi del 1597 e i primimesi del 1598, ed ebbe sei fratelli : Dionisio, Giovan Tom-maso, Giulio Cesare, Felice Antonio, Giuseppina e GiovanCarlo.

    Torremaggiore era allora feudo della nobile famigliaDe Sangro, e vien fatto di supporre che per interessa-mento di qualcuno degli esponenti di tale famiglia, Luigifanciullo, dotato di bella voce e di qualità musicali ecce-zionali, sia stato inviato o condotto a Napoli per istruirsialla scuola d'un vecchio e celebre maestro franco-nammingo di Valenciennes, Jean de Macque, che era statoallievo del non meno celebre Filippo de Monte, e che,

    dopo un breve soggiorno a Roma, nel novembre 1586,si era stabilito a Napoli, organista nella chiesa dellaS. Annunziata, quindi organista nella cappella reale, e,dal 1599, dopo la morte del titolare Bartolomeo Roy,maestro direttore della predetta cappella.

    In un manoscritto conservato nel British Museum diLondra, autografo giovanile di Luigi, contenente can-zoni, arie e frammenti di Monteverdi, Peri e De Macque,abbiamo notizie delle condizioni della sua vita napoli-tana. Vi si legge:Libro di Canzone francese del Signor Gioanni DemaqqueChe fu maestro di Luigi Rossi sfortunatoE sfortunato fu da quando naqquePoiché 14. anni in corte è statoNepur un mezo grosso mai a acquistato...Questo libro lo fece fare il duca di Traetta, per me, Luigi

    Rossi.

    In tale stato di miseria egli dunque ebbe a formarela sua educazione letteraria e musicale, diventando tut-tavia ben presto valorosissimo cantante, abilissimo esecu-tore sull'organo, sul cembalo, sul liuto, facile ed estrosocompositore.

    A quel tempo, ormai da un secolo, le città e le terred'Italia erano percorse, invase da un capo all'altro, dafrancesi, fiamminghi, spagnoli, tedeschi, cosicché diven-nero centri delle più varie confluenze di sensibilità, dimode, di gusti, di tecniche artistiche, che i nostri compo-sitori rapidamente assimilavano, fondevano e riplasma-vano a loro modo, forgiando tipi e modelli affatto origi-nali e seducenti. Napoli era allora un fervido ambientemusicale; basterebbe ricordare l'attività che vi svolseun madrigalista della forza del principe Carlo Gesualdodi Venosa, che accoglieva nel suo palazzo i musici piùinsigni, i cantanti e gli strumenti più raffinati, di cui Sci-pione Cerreto nella sua Prattica musica vocale e stru-mentale (Napoli, 1601) ci ha lasciato un lunghissimoelenco. Istanze nuove fermentavano là, come ovunque.Il contrappuntismo, gloria dell'età rinascimentale, si an-dava dissolvendo, trasformando. Alle quattro, cinque, seivoci cantanti i Madrigali, si preferiva ora la loro esecu-zione affidata ad un unico virtuoso solista, accompagnatodagli accordi del liuto o della chitarra spagnola; si pre-ferivano le canzonette e le villanelle napolitane col lorofare spigliato, vivo e popolaresco; le stesse celebrate« Arie di Firenze », nel bell'ambiente meridionale, si am-

  • morbidi vano, si arrotondavano, assumevano un tono piùcaldo e sensuale.

    A un certo momento, nel 1020 o poco appresso, Luigisi trasferisce a Roma, e viene assunto come musico dalcoetaneo Marcantonio Borghese, principe di Sulmona eGrande di Spagna, che dallo zio, papa Paolo V, avevaricevuto in dono il sontuoso palazzo di Campomarzio,presso Ripetta. Vivendo e lavorando ora in così nobileambiente, egli s'innamorò della giovane e attraente Co-stanza da Ponte, arpista al servizio di Camilla Orsini,moglie del Borghese. Essa abitava là di fronte col padreAgostino, con la madre Vittoria Ximenes e coi fratelliMarc'Antonio, Rodolfo e Paolo, anch'esso arpista valen-tissimo, passato poi alle dipendenze della corte imperialedi Vienna. Il matrimonio fu celebrato il 3 luglio 1627nella vicina parrocchia di S. Lorenzo in Lucina e ce nerimane il documento. La dote di Costanza fu d'un mi-gliaio di scudi, da ri{evarsi dai beni parafernali dellamadre, proprietaria di due vigneti non lontani da Roma.Luigi rimase per quasi tutta la sua vita a convivere coni suoceri e i cognati, dimostrando per essi l'affettuositàpiù premurosa.

    A trentacinque anni, il i° aprile 1633, assunse le man-sioni di organista nella chiesa di S. Luigi dei Francesi conquattro scudi di stipendio mensile. In seguito venne coa-diuvato, e spesso sostituito nei periodi di assenza, dalproprio fratello, di lui assai più giovane, Giovan Carlo,che venuto a Roma da Torremaggiore, diventò ben prestorinomato virtuoso di arpa a tre registri e buon composi-tore. La prima sostituzione la fece due anni dopo, nel1635, quando Luigi e Costanza furono invitati a Firenze,ed essa tenne, alla presenza di quella famiglia granducale,applauditi concerti.

    Il genio fecondo di lui profondeva nel frattempo intutti i saloni aristocratici dell'Urbe decine e decine dicanzoni, di arie, di cantate per una o più voci, che desta-vano l'ammirazione non soltanto di prelati, di artisti, didame, di nobili italiani e stranieri per la plastica e com-mossa vena lirica, ma pur anche di dotti musicisti emusicologi, quali Pietro della Valle, Severo Bonini, G. B.Doni, Pietro de' Bardi, che lo menzionano a modellonei loro scritti, rilevandone la ricchezza del sentimento ela estrosa versatilità degli schemi costruttivi, impiegati ingeneri affatto nuovi di musica. Luigi infatti, anziché dedi-carsi ai tipi sacri o profani più tradizionali, aveva prefe-rito aderire alle tendenze, ai gusti, alle mode più recenti, lianticipava addirittura segnando ovunque la sua improntageniale. Ed ecco che sue composizioni incominciano anchead apparir manoscritte, insieme a quelle dei più famosisuoi immediati predecessori e coetanei, in collezioni ele-gantemente fregiate, come quella dedicata al nobile Fi-lippo del Nero, e rimastaci nella biblioteca del Conserva-torio di Bologna. La cantata composta per deplorare laeroica morte del re di Svezia Gustavo Adolfo a Lùtzen

  • gli spettacoli che associavanotra loro in un vincolo, in unreciproco innesto originalissi-mo e variamente dosato, mu-sica e poesia nella cornice discenografie, di balli e di mac-chinismi maravigliosi.

    Ecco dunque il nuovo

  • Minuta di una lettera di Mazarino al Cardinale Barberini suL. fiossi. La Regina, dice il Mazarino, l'aveva « desiderato contal passione... per la sua insigne virtù e buone qualità », ch'eglirestò, quasi nascosto, al servizio privalo di lei fino al settem-bre 164.9. (Parigi, Arck. del Min. d. Aff. Esteri. Fr. 211, f. Sj)

    Barberini le sue musiche e la protezione della sposa edel fratello Giovan Carlo. A quest'ultimo i suoi preziosianelli ed il cembalo; alla suocera tutti i suoi abiti perdividerli tra i cognati Da Ponte; ai figli del defunto fra-tello Dionisio 200 scudi; 200 scudi ai fratelli Giulio Ce-sare e Felice Antonio; zoo scudi all'altro fratello GiovanTommaso e alla sorella Giuseppina dimoranti in Puglia;al celebre sopranista Marcantonio Pasqualini lasciavaquadri di valore, all'abate Manfroni l'edizione delle poe-sie latine di Urbano Vili, ad Anna Maria Manfroni una.chitarra spagnola, ecc. Tutto il restante patrimonio do-veva spettare « alla dilettissima moglie ». Ma, grazie aDio, il pericolo fu scongiurato; Luigi si ristabilì, e fu pre-sto in grado di dedicarsi alja composizione d'un'opera:II Palazzo incantato d'Atlante, che un abile letterato,organizzatore e diplomatico, monsignor Giulio Rospi-gliosi (che fu poi, dal 1667 al 1669 papa col pome diClemente IX) aveva tratto dall'episodio all'Orlando Fu-rioso, in cui la bella Angelica, prigioniera nel palazzo delmago, viene infine liberata. Libretto estremamente di-luito in un prologo e tre lunghi atti con ventiquattro per-sonaggi, cori, ballerini e via dicendo. Il cardinal Antoniosi consacrò all'allestimento di questo nuovo spettacolo contale impegno, da dimenticare persine i maggiori impegnidel suo ufficio. Le spese delle scene, delle macchine, deicostumi, dei cantanti, dell'orchestra superarono gli otto-mila scudi! Tutta Roma era in curiosa attesa della primarappresentazione, che, non senza incidenti per la granressa del pubblico, ebbe luogo domenica 22 febbraio1642, con repliche sino al 4 marzo, cioè alla fine di car-nevale.

    L'esame dello spartito, che ci rimane in tre copiemanoscritte con leggere varianti, due nel fondo barbe-riniano e una nella biblioteca chigiana, ci manifesta chel'impostazione complessiva dell'opera non si distacca daltipo allora corrente. Tuttavia, nel caleidoscopico avvicen-darsi di scene con personaggi sempre diversi, che can-tano recitativi lunghissimi, si avverte come il genio del

    compositore non si limiti ad abbandonarsi alla fascinosaspontaneità del suo fluire melodico soltanto nelle arie, neiduetti e terzetti prestabiliti in forme chiuse dalle strofettedel testo, ma senta il bisogno, non appena ne intravedela possibilità, di animare il recitativo stesso con inflessionivocali calde e appassionate. La trattazione dei cori è an-cora nel tradizionale stile madrigalistico, ma lavoratasino a dieci voci, con originale varietà di ritmi, di colori,di effetti. L'orchestrazione, per quanto non risultino pre-cisati i singoli strumenti, è tracciata qua e là, per esem-pio nei balli, con grande ricchezza di parti.

    E non ci deve stupire se il tono prevalentemente serioe le sette ore di durata della « commedia » — come al-lora si diceva — l'abbia fatta giudicare da Ottaviano Ca-stelli « longa e lacrimevole », e dal sig. De Lionne, inuna lettera a Mazarino : « La despence en est belle et lapièce merveilleusement bien chantée, mais elle ne laissepas d'étre extrémement ennuyeuse parce qu'elle est toutesérieuse et il n'y a rien d'entremeslé... ».

    Per mio conto, pur riconoscendo che la natura delRossi tendesse più al serio, al lirismo commosso e gen-tile, che non all'aperta comicità ridanciana, non osereiaffermare che tutte le pagine di quest'opera siano soloelegiache e monocordi. Anche se non vi esiste il legametematico unitario, così caro ai critici imbevuti delle teoriedel Musikdrama ottocentesco, vi esiste un clima musicalecomplessivo ed organico, dato proprio dallo stile generaledel lavoro, dalla personalità del compositore.

    Il successo fu pieno, tanto che sappiamo che il cardi-nal Antonio volle condurre il Rossi, uno dei maggioriinterpreti, il Pasqualini, e il cav. Panico ad un grandebanchetto offerto dai Sacchetti al Principe Langravio, almarchese di Pomar, al conte di Novellare, e ad altri no-bili, e li fece sedere al loro fianco.

    La successiva assenza di Luigi da Roma, dal novem-bre 1642 al novembre 1643, ci fa supporre che sia statoinvitato proprio da qualcuno dei grandi principi tedeschiper farvi conoscere le ammirate sue musiche.

    Al 29 luglio 1644 la morte di Urbano Vili e l'ele-zione di Innocenze X portò il sopravvento del partitofilospagnolo dei Parafili e il crollo della ventennale po-tenza dei Barberini, rappresentanti della corrente filo-francese. Un seguito di azioni giudiziarie intentate perilleciti arricchimenti con conseguenti sequestri, confischedi beni e minacciati arresti obbligò per primo il cardinalAntonio, e poi il cardinal Francesco e don Taddeo conla sua famiglia, ad emigrare in Francia, chiedendo ospi-talità e protezione all'amico cardinal Mazarino. I Barbe-rini furono solennemente ricevuti a Parigi l'u gennaio1646.

    Giulio Mazarino frattanto, educato da giovane nel-l'ambiente artistico romano, appassionatissimo di musicae di spettacoli, già collaboratore del cardinal Antonio inquelle imprese, pervenuto alla massima carica politicanel regno di Francia, aveva incominciato sin dal 1643ad attirare nell'ambiente parigino comici, cantanti, com-positori italiani per farvi apprezzare le loro nuove crea-zioni e la loro arte. Naturalmente tutto questo dovevaanche servire ai suoi precisi obiettivi politici.

  • Antonio Barberini, accompagnato, tra gli altri, anchedall'abate Buti, suggerì di chiamare i suoi artisti predi-letti: Luigi Rossi e Marcantonio Pasqualini.

    Luigi lasciò Roma nel marzo 1646; a metà giugnogiungeva a Parigi con l'incarico di musicare una nuovaopera, che fu l'usatissima favola d'Orfeo, rielaborata alibretto dallo stesso Buti. Fu scritturata in Italia una lun-ga serie di eccellenti cantanti col Pasqualini e Atto Me-lam alla testa, i quali raggiunsero alla fine dell'anno lacapitale francese. Luigi aveva seguito nel luglio la cortenella residenza estiva di Fontainebleau, ove nei quoti-diani trattenimenti e concerti fece senz'altro estasiare isovrani e i nobili presenti col suo canto e con le sue arie,entrò in dimestichezza con i musicisti francesi ThomasGobert, Charles Dassoucy, Pierre de Nyert.

    Era già innanzi con la stesura della musica deH'Or/eo,allorché, da una lettera vergata a Roma il i° dicembredall'abate Elpidio Benedetti per il cardinal Mazarino,apprende la straziante notizia della morte quasi repen-tina della moglie Costanza. L'impegno per l'imminenterappresentazione dell'opera non gli consentì neppure diconcentrarsi nel suo lutto e di sfogare la piena del suodolóre. La regina Anna, entusiasta del nuovo genere ita-liano di spettacoli, non intendeva che la data della primarappresentazione fosse protratta oltre il carnevale, con-siderando la quaresima tempo di stretta penitenza; vennequindi fissata al sabato 2 marzo 1647, con repliche alladomenica 3 marzo e al martedì grasso 5 marzo. Il primoministro in persona controllava di continuo la costru-zione delle macchine, l'allestimento delle scene, dei co-stumi, le prove dei cantanti, senza lesinare nelle speseche salivano di giorno in giorno... Le lettere di unodegli interpreti, Venanzio Leopardi, al duca di Modena,ci testimoniano la febbre di tali preparativi, poiché —scrive tra l'altro — « l'Or/eo sarà opera, sì per la ric-chezza degli abiti, della musica e macchine, la più bellache habbia vista la Francia e, quel che più diletta, visono da un Maestro Ballarino Italiano composti otto bal-letti d'ogni genere ballati da otto maestri principali diParigi. La Regina, senza voler sentire difficoltà, la vuolein quattro giorni, benché ancora non sono date tutte leparti. Si fatica nelle prove giorno e notte ».

    La sera della prima rappresentazione, la folla degliambasciatori, dei residenti, dei nobili, delle personalitàall'ingresso della sala destinata nel Palais Royal era tan-ta, che, nonostante le disposizioni date, molti furono rin-viati alle sere successive. La confusione e il vociare con-tinuo infastidirono la regina, che seduta tra i due figli,il principe di Condé e Mazarino, attendeva con impa-zienza l'inizio per potersi ritirare presto e attendere al-l'indomani mattina alle sue divozioni. Finalmente tra gliapplausi scroscianti, le esclamazioni di ammirato stu-pore, l'esecuzione ebbe luogo per la durata di ben seiore. Dopo le repliche della domenica e del martedì grasso,passata la quaresima, le esecuzioni furono riprese il 25aprile e in due giorni successivi, in omaggio alla reginad'Inghilterra. Era stata stabilita l'ultima replica al 6maggio, ma, a richiesta generale, si dovette ripetere ilgiorno 8.

    ORPHEET R A C I -

    C O M. E D I EE N MVS.IQVE.

    A P A R I S,Chez S E B A S T I E M CRAMOISY,Imprimcur

    ordinairc du Roy.

    M. DC. XLVII.

  • mese dopo, la regina Anna, sempre ammirata di lui « perla sua insigne virtù e buone qualità » lo fece richiamarea Parigi, assai probabilmente per comporvi nuove operesuggerite al Mazarino anche dall'abate Buti. Sempre sottol'impressione dolorosa della perdita della sua Costanza,Luigi, prima di ripartire, volle stendere il 9 dicembre,di suo pugno, un altro testamento lasciando ogni avereai fratelli e parenti, con particolare riguardo all'amatis-simo fratello Giovan Carlo. Consegnato il documento il17 al notaio Pacichelli, si rimise in viaggio e fu ospiteancora una volta della corte di Francia. Ma la situa-zione politica era peggiorata. L'opposizione al Mazarinomontava paurosamente e tutti gli argomenti erano buoniper critiche, per calunnie, per libelli sarcastici; così an-che YOrfeo e gli spettacoli degli artisti italiani venneroattaccati con violenza per le spese esorbitanti (si parlòdi 500 mila scudi!), per le pretese immoralità. Anche ilpartito nazionalista e antiitaliano affiancava quest'azione.Per il momento si rinviò quindi ogni iniziativa operistica,e Rossi si limitò a far eseguire in concerti le sue musicheda virtuosi francesi, tra cui il de Nyert, mademoiselleHilaire, la giovanissima De Varennes, prendendo perla loro grazia e la loro finezza tale ammirazione, da as-serire — secondo quanto scrisse Charles de Saint-Evre-mond —

  • Estratto dalla riv.imita " IL M E Z Z O G I O R N O , , - Rome. • Gennaio 1953 - Anno li - ti. 1