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LUDOVICO ARIOSTO Immagini di un letterato rinascimentale Tiziano, Ritratto di uomo (Ariosto?), 1512, Olio su tela, Londra, National Gallery

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LUDOVICO

ARIOSTO

Immagini di un letterato rinascimentaleTiziano, Ritratto di uomo

(Ariosto?), 1512, Olio su

tela, Londra, National

Gallery

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Un ritratto, una personalità

Se fosse davvero Ariosto il cortigiano ritratto

in quel quadro, troveremmo assonanze ben

precise con la personalità del poeta

ferrarese, così come oggi – dopo aver

superato la tradizionale immagine di un

poeta “estraneo” alla realtà, svagato, perso

nelle fantasie di eroi, maghi e grifoni – i critici

più attenti hanno delineato.

Fra i critici a cui dobbiamo – più di altri – la restituzione di

un’immagine nuova su Ariosto vi è Lanfranco Caretti,

che ha dedicato al poeta e alle sue opere lunghi anni di

studio.

Per il Caretti Ariosto è un attento e sagace osservatore

della realtà del suo tempo, seriamente implicato in essa. Un

uomo tutt’altro che astratto e evasivo: un uomo dotato di

moralità raccolta e schiva e di un sentimento critico e

lungimirante dell’esistenza. Molto simile dunque,

nonostante certe disvianti apparenze, al suo grande

contemporaneo fiorentino, al ‘realista’ per definizione N.

Machiavelli.

Il ritratto di TIZIANO ritrae un

gentiluomo, forse Ludovico

Ariosto.

Un giudizio critico per avviare

la conoscenza della personalità

artistica di Ariosto.

Cfr. Manuale pag. C237 «Per approfondire la figura e l’opera di A., il miglior punto di

partenza è costituito da L. Caretti, Ariosto e Tasso, Einaudi

1961». Una parte di questo saggio vi è proposto nei materiali

online digilibro («Umanità dell’Ariosto»).

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Forse Ariosto…

La tradizione identifica nell’uomo del ritratto

Ariosto. All’epoca di questo ritratto il poeta

aveva circa 35 anni. L’amicizia di Ariosto e

Tiziano è ricordata dal Vasari, nella biografia

del pittore:

«Fece in quel tempo Tiziano amicizia con il divino Messer

Lodovico Ariosto, e fu da lui conosciuto per eccellentissimo

pittore, e celebrato nel suo Orlando furioso: Tizian, che onora

non men Cador che quei Venezia e Urbino …(XXXIII, 2)»

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Un poeta sì, ma dentro la realtà

Dal saggio di L.

Caretti (1961)

«L’Ariosto mostrava infatti di voler trarre partito da qualsiasi situazione, propizia o

avversa che fosse, per indagare più da vicino la natura degli uomini, e la verità

del proprio tempo, con spirito quanto mai penetrante ed acuto. Egli infatti

sapeva, come i suoi contemporanei Machiavelli e Guicciardini che la conoscenza del

mondo si può attuare ovunque la sorte ci collochi, tra i potenti come tra gli umili, nelle

città come nelle campagne, nelle corti come nei mercati, nei traffici o negli ozi della

pace come negli orrori o nelle violenze della guerra. Da qui quella singolare e

ammirevole forma di adattamento, erroneamente interpretata come acquiescenza

morale».

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Un disegno di Tiziano

Ingrandimento fotografico del disegno eseguito dal Tiziano

per la stampa del Furioso del 1532 in cui il poeta è ritratto

di profilo.

La cornice che lo circonda, ornata di delfini e panoplie, è

una xilografia incisa per la stessa occasione sempre su

disegno del Tiziano.

Ritratto di Ludovico Ariosto

di Settimio Buzzoni(Ferrara 1879-1960)

Fotografia su carta, mm 580x540

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Delineare un ritratto dell’uomo Ariosto? Semplice, basta leggerlo!

Sat. I 217-31

Io son de dieci il primo, e vecchio fatto

di quarantaquattro anni, e il capo calvo

da un tempo in qua sotto il cuffiotto appiatto.

La vita che mi avanza me la salvo

meglio ch'io so.

Sat. VI 232-38

Alla morte del padre e de li dui

sì cari amici, aggiunge che dal giogo

del Cardinal da Este oppresso fui;

che da la creazione insino al rogo

di Iulio, e poi sette anni anco di Leo,

non mi lasciò fermar molto in un luogo,

e di poeta cavallar mi feo:

vedi se per le balze e per le fosse

io potevo imparar greco o caldeo!

Così scrive al cardinale Ippolito:

N’ho voluto dar aviso a vostra excellentia, alla quale

non voglio già dar ricordo di quello che debbe fare,

che non so io; pur la certifico che né al bosco, né

dentro alle terre, né serrato in le case nessuno in

questo paese è sicuro da li homicidi et assassini (1).

Hora, se a tanti mali non si piglia riparo, dubito che

non solo li viandanti et homini del paese che vanno a

lavorare fuore non saranno sicuri, ma né noi officiali

anchora saremo sicuri ne le terre e ne le rocche (2).

(1) Lettera 84, 5-6

(2) Lettera 87, 3-4

Nele “Satire” Ariosto ripensa e narra in versi i momenti

salienti della propria vita, senza nascondere l’ombra dei

propri crucci, i turbamenti della propria coscienza mortificata,

e soprattutto il peso avvilente di un’esistenza

necessariamente servile.

Le “Lettere” rivelano un Ariosto curioso e acuto

annotatore di fatti e di persone, per indagare da

vicino e capire i pensieri e le passioni degli uomini e

il significato degli avvenimenti del proprio tempo.

Online tutte le satire – Manuale C224 Online tutte le lettere – Manuale C223

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Un autoritratto letterario

vv. 157-162

Mio padre mi cacciò con spiedi e lancie,

non che con sproni, a volger testi e chiose,

e me occupò cinque anni in quelle ciancie.

Ma poi che vide poco fruttüose

l'opere, e il tempo invan gittarsi, dopo

molto contrasto in libertà mi pose.

*E’ dedicata all’amico P. Bembo, in merito all’educazione

dell’amatissimo figlio Virginio.

vv. 199-210

Mi more il padre, e da Maria il pensiero

drieto a Marta bisogna ch'io rivolga,

ch'io muti in squarci et in vacchette Omero;

truovi marito e modo che si tolga

di casa una sorella, e un'altra appresso,

e che l'eredità non se ne dolga;

coi piccioli fratelli, ai quai successo

ero in luogo di padre, far l'uffizio

che debito e pietà avea commesso;

a chi studio, a chi corte, a chi essercizio

altro proporre, e procurar non pieghi

da le virtudi il molle animo al vizio.

Dalla Satira VI*

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… in città si conservano ancora i versi delle

sue Satire…

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PERCORSI

Biografia

Opere

Ferrara: la città degli Este

Il legame con Ferrara e con la corte

Le Rime

Le Commedie

Le Satire e le Lettere

Orlando furioso

- Un best-seller del ‘500

- Immagini dal capolavoro

- Il testo integrale, online

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Biografia

La famiglia e gli anni

dei primi studi a Ferrara

Dall’esordio a corte

a funzionario degli Estensi

Il ritorno a Ferrara e la morte

Gli anni del Furioso e della Garfagnana

La casa museo oggi e la Biblioteca Comunale

“Ariostea”

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Ferrara

Durante il ‘400 e i l ‘500 Ferrara, la capitale del Ducato

d’Este, era uno dei principali centri culturali ed artistici del

Rinascimento italiano.

Gli Estensi, che qui iniziarono la loro ascesa politica con

Obizzo d’Este nel 1259, tra la metà del ‘300 e i primi del

‘400 avevano esteso il loro dominio anche ai territori di

Modena e Reggio.

La famiglia paterna di Ariosto, di cui alcuni membri si erano

stabiliti a Ferrara già nel XIV sec., proveniva dal castello

bolognese di Riosto, dal quale prende il nome (oggi vicino

a Pianoro).

Cfr. Manuale pag. C20 e C106

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La mappa della città

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Ferrara, 1490

Xilografia “Alzato di Ferrara” (Modena, Biblioteca Estense)

Cfr. le mura; a dxt il Duomo; a snx il castello estense; in basso un

corso d’acqua con imbarcazioni.

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DUOMO DI FERRARA

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Il legame con Ferrara e con la corte

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Dalla vita di Ariosto emerge con forza un profondo

legame con Ferrara: un legame biografico, affettivo,

esistenziale, ideologico.

Così nella Satira VII, 148-50

“Da me stesso mi tol chi mi rimove

de la mia terra, e fuor non ne potrei

viver contento”.

La città è il centro

- degli affetti familiari e delle amicizie

- di una tradizione letteraria con cui il poeta si sente

solidale

- di una corte intorno a cui egli gravita per tradizione

di famiglia e per libera scelta, pur non avendo

rapporti sereni con essa.

La corte gli offre:

- un impiego

- uno stato sociale

- relazioni intellettuali

- un pubblico di élite per la propria

opera

MA NON gli riconosce:

- il ruolo di specialista della parola

poetica e fantastica

LO CONFINA

-nel ruolo di cortigiano, allontanandolo

da Ferrara nelle vesti di:

a) Emissario con il cardinale

IPPOLITO a Roma

b) Funzionario con il duca ALFONSO

in Garfagnana

…e di poeta / cavallaro mi feo … Sat. VI 237-8

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Il legame con Ferrara e con la corte

2/2

Solo tenendo conto di questo complesso

rapporto con la corte e con la tradizione poetica

ferrarese si può comprendere l’intera produzione

di Ariosto (che non è solo il capolavoro del

Furioso).

Un rapporto che da un lato è di solidarietà, ma

dall’altro è anche di attrito; da un lato è adesione

ideale, dall’altro è disincanto lucido e realistico.

Continuerà sì l’opera di Boiardo, ma la rinnovò

profondamente: interruppe infatti

l’immedesimazione fra LETTERAT. FERRARESE

E CORTE ESTENSE; NON scelse più

l’idealizzazione della corte estense

rappresentandola coma depositaria di valori

cortesi.

Ariosto OPERA UNA DISTINZIONE fra la

corte “storica” e la corte “fantastica” narrata nel

poema; solo in quest’ultima possono regnare i

puri ideali del poeta.

La polemica anticortigiana – presente nel

Furioso – continua, anzi con più violenti

accenti nelle Satire.

Statua di Ariosto, a

Reggio Emilia

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La famiglia

e gli anni dei primi studi a Ferrara Figlio primogenito di Nicolò Ariosto e di Daria Malaguzzi Valeri, Ludovico nasce a Reggio Emilia l’8 settembre del 1474.

Primogenito di una famiglia destinata a divenire assai numerosa (ben 9 fratelli, fra cui Gabriele, paralitico).

Il padre, di origini ferrarese (ma il cognome rinvia all’area bolognese: RIOSTO), è capitano di guarnigione al servizio degli

Estensi: una carriera molto faticosa, per i numerosi trasferimenti richiesti per il lavoro, per la precarietà della sua funzione

(più spia che diplomatico), per il compenso poco soddisfacente. Infatti se nel 1481 con la famiglia si trasferì a Rovigo, per

curare là gli interessi estensi, solo l’anno dopo – a motivo della vittoriosa avanzata veneziana – ancora un trasloco

fortunoso a Reggio, presso i parenti Malaguzzi.

Ludovico ha 10 anni quando (finalmente) giunge a Ferrara, la città che resterà il legame più forte per lui. Il motivo del

trasferimento è il nuovo incarico del padre, un incarico – questa volta – di prestigio: tesoriere generale delle truppe. Sono gli

anni dei suoi primi studi a Ferrara: studi regolari di grammatica, proseguiti sotto la guida di umanisti importanti (fra cui Luca

Ripa).

Cinque anni più tardi (1489) ancora un cambio di lavoro per il padre e quindi un cambio di città: Modena, capitano di

guarnigione. Ma questa volta il 15enne Ludovico poté restare a Ferrara, presso parenti, per poter continuare gli studi

all’Università. Tutto bene, se non fosse che il padre lo aveva costretto a seguire la facoltà di giurispudenza proprio perché

un domani potesse seguire le sue orme.

Ludovico non amava gli studi di diritto. Solo a 20 anni ottenne dal padre il consenso per potersi dedicare a quelli

letterari. Sarà di fatto la sua vocazione! Tuttavia è bene anticipare che quella preparazione di base nello studio del diritto gli

tornerà molto utile, quando di lì a poco il destino lo chiamerà a sostituire il pater familias.

E’ il 1493 il suo “battesimo” letterario (non ha ancora 30 anni): in questo anno figura nel gruppo degli organizzatori

degli spettacoli teatrali della corte estense (è bene anche qui anticipare che Ariosto fu un profondo conoscitore della

commedia classica e la rinnovò, inaugurando la prima commedia moderna in lingua italiana).

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Dall’esordio a corte a funzionario

degli Estensi

Sempre al 1493 risale la sua prima composizione (perduta però): Tragedia di Tisbe. Contemporaneamente

inizia il sua apprendistato poetico, in latino, accompagnato da un frate agostiniano.

Nel 1498 è fra gli stipendiati di corte, pur senza incarichi di rilievo. Sono gli anni in cui si dedica alla

filosofia (sptt neoplatonica, Platone e Ficino) e intesse relazioni importanti, in ptc con P. Bembo (che proprio

in quegli anni a Ferrara componeva gli Asolani).

Ma nel 1500 la morte del padre rende improrogabile la necessità per Ludovico di recare alla sua famiglia il

suo soccorso economico: come per lunghi decenni lo erano stati i suoi avi, così ora lui – pur non motivato –

si ritrovò funzionario degli Estensi.

Primo incarico: tre anni a Canossa, come capitano di guarnigione.

Secondo incarico: nell’autunno del 1503 è fra i “familiari” del cardinale Ippolito d’Este, fratello del duca

Alfonso. La sede di servizio è però Ferrara. Amareggiato per la sua condizione di “cortigiano”, tuttavia L. trae

positive esperienze dalle missioni in cui viene coinvolto: a Bologna, nel 1506; a Mantova, nel 1507; nel 1509

e 1510 a Roma, presso Giulio II (incarico diplomatico difficile: far da paciere fra gli Estensi, filofrancesi, e il

fautore della “Lega santa”; stabilire nuovi accordi per la valle di Comacchio; la scomunica papale al duca

Alfonso conclusasi con una drammatica fuga); nel 1513 ancora a Roma come diplomatico accreditato per la

nuova elezione di papa Leone X.

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Gli anni del Furioso e della

Garfagnana

Nell’aprile del 1516 a Ferrara esce la prima edizione del Furioso, al quale L. vi attendeva fin dal 1505.

Seguirà un lavoro di integrazione e di revisione linguistica fino al 1532, quasi fino alla fine della sua vita.

Nel 1517 la svolta: il cardinale Ippolito deve recarsi in Ungheria, per raggiungere la sede vescovile di Agria

(oggi Eger). Ariosto si oppone (tante le motivazioni, non ultime l’amore per una donna). Il duca Alfonso decide,

fortunosamente, di assumere L. fra i propri stipendiati, esentandolo da incarichi gravosi e lasciandogli l’agio di

coltivare i suoi studi.

Nel 1520 porta a termine la sua terza commedia e l’anno dopo esce la seconda edizione del Furioso.

Nel febbraio del 1522 nuovamente per L. ritornano le difficoltà: è nominato governatore della Garfagnana, il cui

capoluogo è Castelnuovo, all’epoca regione semiselvaggia e sede del presidio estense. Un paese sconvolto dal

brigantaggio e dalle frequenti liti fra fazioni avverse. L. poeta, scrittore, commediografo, “politico” per necessità

e controvoglia, si dimostrò all’altezza della situazione. Con dignità e spt con grande senso di umanità assolve al

suo compito: lo testimoniano le lettere di quegli anni.

A maggio del 1525, appena gli fu possibile rinunciare all’incarico, rientrò nella sospirata Ferrara.

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Il ritorno a Ferrara e la morte 1/2

Ritornato definitivamente in città si occupa della spartizione del patrimonio di famiglia e

acquista una “parva domus”, che diviene per lui il simbolo della tranquillità conquistata con

il proprio lavoro.

La celebrità (dovuta alla diffusione del Furioso: le edizioni clandestine sono una conferma

indiretta del successo) e una condizione economica sufficientemente agiata (tanto da poter

vivere di rendita) gli permettono di rifiutare la nomina ad ambasciatore di Ferrara alla

corte di papa Clemente VII. Non rinuncia però alla vita pubblica, ma in Ferrara (è magistrato

fra i Dodici Savi) per potersi dedicare interamente all’attività letteraria: per il carnevale del

1528 compone la sua ultima commedia, La lena.

Nel 1531 si manifestano i primi sintomi di una devastante malattia allo stomaco, ma le

riconoscenze pubbliche non mancano. A Correggio il marchese di Vasto lo accoglie con

grandi onori e gli assegna una pensione annua di 100 ducati d’oro.

Tutto si dedica alla “parva domus” e al Furioso: ad ottobre del 1532 esce la terza e

definitiva edizione. L’ultima “missione” è presso Mantova, per rendere onore all’imperatore

Carlo V.

Il 6 luglio 1533 la malattia, peggioratasi irreversibilmente, lo conduce alla morte.

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Il ritorno a Ferrara e la morte 2/2

La casa di Ferrara, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita dedicandosi alla

terza e definitiva edizione dell’ Orlando Furioso

Dal 1801 il suo corpo è tumulato nella sala maggiore della Biblioteca Ariostea di

Ferrara

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Casa di Ludovico Ariosto

Sulla facciata, scolpita su una lunga fascia di cottoa ornamento del muro di entrata, il Poeta mantienel’iscrizione preesistente, il distico dettato da Dionigidell’Aquila per Bartolomeo Cavalieri: "Parva, sedapta mihi, sed nulli obnoxia, sed non / sordida,parta meo, sed tamen aere domus"(La casa èpiccola ma adatta a me, pulita, non gravata dacanoni e acquistata solo con il mio denaro).

Al primo piano è sistemato un piccolo museodedicato al grande poeta. Vi sono conservati ilcalco del suo calamaio, la sua sedia e moltemedaglie che lo rappresentano, fra cui quellarinvenuta nella sua tomba nel 1801. Nel piccolocorridoio centrale è conservata la preziosa edizionedell’O.F. illustrata da Gustave Doré nel 1881.

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DOVE SI TROVA A FERRARA

LA CASA DI ARIOSTO

Via Ariosto, 67

- 44100 Ferrara

Orario:

feriale 10.00-13.00 / 15.00-18.00; festivo 10.00-13.00

- Chiuso Lunedì - Aperto lunedì dell'Angelo

Giorni di chiusura annuali: 1 e 6 Gennaio, Pasqua, 1

Novembre, 25 e 26 Dicembre

Ingresso: gratuito

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La casa museo, oggi.

Oggi grazie allo sforzo congiunto dell’Assessorato alle Politichee Istituzioni Culturali, dei Civici Musei di Arte Antica e dellaCircoscrizione Giardino Arianuova Doro, dopo il completamentodel restauro architettonico curato dal Servizio Beni Monumentali,questa "piccola casa" e i suoi cortili vengono restituiti, anche conil concorso dell’Agea, al loro antico ruolo di luoghi d’arte e dicultura. Le sale al piano nobile propongono, grazie ad unall’allestimento curato dai Musei Civici di Arte Antica, unaricostruzione storico evocativa dell’assetto realizzato inoccasione delle Celebrazioni per i Centenari Ariosteschi del1875 e del 1933, attraverso cimeli e pregevoli edizioni delleopere del Poeta.

Link al museo

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Ancora dalle SatireSatira III, vv. 40-57

Chi brama onor di sprone o di capello,

serva re, duca, cardinale o papa;

io no, che poco curo questo e quello.

In casa mia mi sa meglio una rapa

ch'io cuoca, e cotta s'un stecco me inforco

45 e mondo, e spargo poi di acetto e sapa,

che all'altrui mensa tordo, starna o porco

selvaggio; e così sotto una vil coltre,

come di seta o d'oro, ben mi corco.

E più mi piace di posar le poltre

50 membra, che di vantarle che alli Sciti

sien state, agli Indi, alli Etiopi, et oltre.

Degli uomini son varii li appetiti:

a chi piace la chierca, a chi la spada,

a chi la patria, a chi li strani liti.

55 Chi vuole andare a torno, a torno vada:

vegga Inghelterra, Ongheria, Francia e Spagna;

a me piace abitar la mia contrada.

Visto ho Toscana, Lombardia, Romagna,

quel monte che divide e quel che serra

60 Italia, e un mare e l'altro che la bagna.

Questo mi basta; il resto de la terra,

senza mai pagar l'oste, andrò cercando

con Ptolomeo, sia il mondo in pace o in guerra;

e tutto il mar, senza far voti quando

65 lampeggi il ciel, sicuro in su le carte

verrò, più che sui legni, volteggiando.

Il servigio del Duca, da ogni parte

che ci sia buona, più mi piace in questa:

che dal nido natio raro si parte.

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BIBLIOTECA

ARIOSTEA

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BIBLIOTECA COMUNALE

ARIOSTEA Nel 1801 la tomba di Ludovico Ariosto dalla sconsacrata chiesa di S. Benedetto in Ferrara

fu trasferita nella Biblioteca Comunale Ariostea, per volere del napoleonico Miollis, che è

ubicata nel Palazzo Paradiso, residenza trecentesca degli Estensi.

Su un alto basamento in marmo policromo si ergono quattro colonne dai capitelli corinzi e al

centro del frontone si trova una nicchia che contiene il busto in alabastro del poeta. Sopra

è un coronamento classicheggiante con grappoli di frutta che pendono ai lati e, al vertice,

uno scudo con disegnato lo stemma gentilizio. Si innalzano sulle due colonne più esterne

due piccole statue rappresentanti la Poesia e la Fama. Il monumento presenta una

decorazione "eroica-romantica", con angeli e putti, fiamme e faci e fiori e drappeggi, in un

gusto scenografico e antiretorico; l'armatura sul lato destro è un'allegoria della poesia

epica. Tutto l'affresco, eseguito fra il 1803 e il 1806, è opera del pittore Giuseppe Santi.

La biblioteca è di notevole interesse storico-artistico in quanto non solo custodisce

manoscritti, incunaboli e cimeli dell'Ariosto, ma reca al suo interno altre opere preziose

come lo Scalone d'onore ed il teatro Anatomico del XVIII sec. e la Tomba dell'Ariosto dipinta

dall'Aleotti nel XVII sec.

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Trasporto delle ceneriDisegno a penna eseguito per volere di un generale bonapartista, in occasione del

trasporto delle ceneri del poeta, raffigurante il corteo dei soldati francesi recanti

l’urna e, sullo sfondo, il Palazzo Municipale ed il Castello.

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Il Furioso: un best-seller del XVI sec.

Cfr. Manuale pag. C235 Il Furioso ottenne vasta e

sorprendente popolarità fin dalla prima edizione…

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Best-seller. PERCHE’?

Il poema di A. costituisce un significativo caso nell’editoria del ‘500,

per la quantità di edizioni stampate e per la loro diffusione in Italia e

in Europa, fra tutti i ceti sociali.

Venezia (che nel ‘500 era il principale centro editoriale europeo,

tanto da produrre per l’esportazione) registra la più alta

concentrazione di edizioni (superando Milano, Torino, Lione…)

L’opera viene presto tradotta in francese (1543, a Lione), in inglese

(1591, a Londra).

L’opera veniva stampata in formati diversi: nei formati minori (in 12°

e in 24°) per un pubblico più “popolare”; nei formati più grandi (in 8à

e in 4°) – con raffinate illustrazioni – per un pubblico più selezionato.

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Immagini dal capolavoro

Astolfo sulla luna: illustrazione di G. Dorè

per l'edizione francese del 1879 dell'«Orlando furioso»

Il mago Atlante si dirige verso il suo castello

cavalcando l'ippogrifo: illustrazione di G. Dorè

Angelica e Medoro: olio su tela di Lorenzo Lippi

(Firenze 1606 - 65) - cm 173x238 – Dublino, National

Gallery of Ireland

La pazzia di Orlando, incisione del 1604

Giovanni Boulanger, Orlando impazzito per amore,

1650-1652

J. A. D. Ingres, Ruggero che libera Angelica, 1819

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Astolfo sulla luna : illustrazione di

Gustav Dorè

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Il mago Atlante si dirige verso il suo castello

cavalcando l'ippogrifo : illustrazione di Gustav Dorè

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Angelica e Medoro

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La pazzia di Orlando, incisione del

1604

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Giovanni Boulanger, Orlando impazzito per

amore, 1650-1652

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Ruggero che libera Angelica di J.A.D.Ingres, dipinto nel 1819, raffigura una

scena dell'Orlando Furioso in cui Ruggero, a cavallo di un Ippogrifo.

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Si apriva un anno fa a Reggio una grande mostra dedicata alla fortuna dell’Orlando

furioso. Era un modo per festeggiare il poeta a 540 anni dalla sua nascita. TITOLO

DELLA MOSTRA: L’ORLANDO FURIOSO: INCANTAMENTI, PASSIONI E FOLLIE.

L’ARTE CONTEMPORANEA LEGGE L’ARIOSTO (link)

La bellissima opera è l’unica di arte antica ad essere stata scelta dal

curatore Sandro Parmiggiani come punto iniziale di una grande mostra

che celebra il genio visionario di Ludovico Ariosto

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«I personaggi dell’ “Orlando Furioso”,

le imprese di valorosi cavalieri, la

passione per Angelica che diverrà poi

follia d’amore, rivivono idealmente a

Palazzo Magnani di Reggio Emilia nella

grande mostra che intende rileggere e

reinterpretare in chiave contemporanea

l’immaginario ariostesco, carico di

suggestioni e connessioni di evidente

attualità». segue