[Arena Leonardo v] Buddha(Bokos-Z1)

66
ENCICLOPEDIA TASCABILE, IL SAPERE. Leonardo Vittorio Arena. Buddha. Premessa. Nella fruizione di una biografia del Buddha si devono tener presenti alcuni punti, per evitare equivoci e inquadrare correttamente l'argo- mento. L'esistenza del personaggio è un dato storico, ma quasi ogni altra in- formazione in merito dovrebbe essere, come minimo, sottoposta al beneficio del dubbio. In effetti, i singoli eventi sono filtrati da una fitta nebbia di leggende; né è possibile eliminare completamente le vistose intrusioni di elementi magici e fiabeschi. Non è sufficiente espungere i vari resoconti di miracoli o di azioni prodigiose: l'agiografia fa quasi ovunque capolino, alterando le linee della prospettiva storica. Si consideri anche che le fonti, tutte dal Canone buddhista, sono, ol- treché partigiane, molto posteriori rispetto agli awenimenti. A com- plicare il quadro, inoltre, le più antiche non sempre appaiono le più attendibili. E lo stesso Buddhismo delle origini, inestricabilmente connesso alla figura del suo fondatore, potrebbe essere stato molto diverso dai suoi ulteriori sviluppi, canonici e scolastici. Questa possibilità, del resto, è tranquillamente ammessa dagli storici. La presente awertenza preliminare va tenuta in considerazione. Non disponiamo delle «dirette» parole del Buddha -, il quale, come altri grandi della storia, non scrisse mai nulla -, ma soltanto di trascri- zioni. Così, ci affideremo al Canone, compilato in una lingua che non era quella dell'Illuminato: un ulteriore elemento che non agevola la rico- struzione storica. Tuttavia, malgrado certe riserve, una biografia del Buddha possiede un innegabile, e notevole, valore didattico. Pur non disponendo di dati «certi», nell'ambito della realtà storica, possiamo attingere pre- ziosi insegnamenti dallo stile di vita del Maestro, per poi utilizzarli nella nostra realtà psichica, nel contesto delle molteplici attività quo- tidiane. Storia di una nascita n tempo, i luoghi e i nomi E impossibile determinare con precisione la data di nascita del Bud- dha. Secondo la maggior parte degli storici, sembra la si debba indivi- duare intorno alla metà del VI secolo a.C., verso il 563, in ossequio alla cosiddetta «corretta cronologia di Ceylon». Una tradizione meno at- tendibile, invece, la colloca un secolo prima, intorno al 624. Di recen- te sta prendendo piede una «cronologia breve o indiana», che postici- pa tutti gli eventi della vita del Maestro di ben 115 annil. Quanto al luogo di nascita, si tratterebbe di Kapilavatthu, la capitale della Repubblica aristocratica dei Sakiya (o Sakya; sanscrito: C, àkya)2. Secondo gli archeologi indiani, la città era situata a circa 200 chilome-

description

study on buddha

Transcript of [Arena Leonardo v] Buddha(Bokos-Z1)

  • ENCICLOPEDIA TASCABILE, IL SAPERE. Leonardo Vittorio Arena. Buddha.

    Premessa.

    Nella fruizione di una biografia del Buddha si devono tener presentialcuni punti, per evitare equivoci e inquadrare correttamente l'argo-mento. L'esistenza del personaggio un dato storico, ma quasi ogni altra in-formazione in merito dovrebbe essere, come minimo, sottoposta albeneficio del dubbio. In effetti, i singoli eventi sono filtrati da una fittanebbia di leggende; n possibile eliminare completamente le vistoseintrusioni di elementi magici e fiabeschi. Non sufficiente espungere i vari resoconti di miracoli o di azioniprodigiose: l'agiografia fa quasi ovunque capolino, alterando le lineedella prospettiva storica. Si consideri anche che le fonti, tutte dal Canone buddhista, sono, ol-trech partigiane, molto posteriori rispetto agli awenimenti. A com-plicare il quadro, inoltre, le pi antiche non sempre appaiono le piattendibili. E lo stesso Buddhismo delle origini, inestricabilmente connesso allafigura del suo fondatore, potrebbe essere stato molto diverso dai suoiulteriori sviluppi, canonici e scolastici. Questa possibilit, del resto, tranquillamente ammessa dagli storici. La presente awertenza preliminare va tenuta in considerazione.Non disponiamo delle dirette parole del Buddha -, il quale, comealtri grandi della storia, non scrisse mai nulla -, ma soltanto di trascri-zioni. Cos, ci affideremo al Canone, compilato in una lingua che non eraquella dell'Illuminato: un ulteriore elemento che non agevola la rico-struzione storica. Tuttavia, malgrado certe riserve, una biografia del Buddha possiedeun innegabile, e notevole, valore didattico. Pur non disponendo didati certi, nell'ambito della realt storica, possiamo attingere pre-ziosi insegnamenti dallo stile di vita del Maestro, per poi utilizzarlinella nostra realt psichica, nel contesto delle molteplici attivit quo-tidiane.Storia di una nascita

    n tempo, i luoghi e i nomi

    E impossibile determinare con precisione la data di nascita del Bud-dha. Secondo la maggior parte degli storici, sembra la si debba indivi-duare intorno alla met del VI secolo a.C., verso il 563, in ossequio allacosiddetta corretta cronologia di Ceylon. Una tradizione meno at-tendibile, invece, la colloca un secolo prima, intorno al 624. Di recen-te sta prendendo piede una cronologia breve o indiana, che postici-pa tutti gli eventi della vita del Maestro di ben 115 annil. Quanto al luogo di nascita, si tratterebbe di Kapilavatthu, la capitaledella Repubblica aristocratica dei Sakiya (o Sakya; sanscrito: C, kya)2.Secondo gli archeologi indiani, la citt era situata a circa 200 chilome-

  • tri da Benares e corrisponderebbe all'attuale Piprv (per ulterioridettagli, si veda il capitolo Intrighi di corte). La trib dei Sakiya,vassalla del re dei Kosala e non molto importante, era stanziata in unterritorio coincidente con l'attuale zona di confine tra l'India e il Ne-pal, situata alle pendici dell'Himlaya. Quanto alle origini del Buddha, per smentire una tradizione moltodiffusa va subito sottolineato che questi non era affatto figlio di un re,bens del rja Suddhodana, capo o presidente in carica della Repub-blica dei Sakiya: quindi, proveniva dalla casta guerriera (khattiya; san-scrito: k:sha~riya). Poich la famiglia paterna era legata al clan dei Go-tama, nei testi antichi lo si chiama generalmente con questo nome. Tuttavia, gli vennero attribuiti anche altri appellativi. Il primo Sid-dhattha (sanscrito: Siddhartha), vale a dire colui che ha raggiunto loscopo (oppure: colui il cui oggetto la perfezione) - si tratta forsedel nome che gli fu imposto alla nascita. Un altro , per l'appunto,Buddha, che significa illuminato o risvegliato, e pot essereimpiegato soltanto in seguito all'attingimento del nibbna (libera-

    I La questione stata riaperta da una serie di articoli di P. H. L. Eggermont sulla ri-vista Persica tra il 1965 e il 1979. H. Bechert lo ha subito appoggiato; cfr. The Date ofthe Buddha riconsidered, in Indologica Taurinensia, 1982 (10), pp. 29-36. Tuttora ilproblema molto dibattuto. 21 termini e i nomi propri vengono riportati in lingua pli, a meno che non sia diver-samente indicato.

    zione). Il Maestro venne anche chiamato Sakyamuni (il saggio ol'asceta dei Sakya), Tathgata (forse: colui che arrivato [a coglierela realt] cos com') e Bhagavant (Beato). Dopo queste indicazioni preliminari, occupiamoci ora delle variecircostanze della nascita.

    Concepimento e profezie

    My, la madre del Buddha, era la moglie favorita, nonch cugina,del rja Suddhodana. Il suo nome, che significa illusione, potrebbeavere una valenza simbolica. Si narra che un giorno, mentre era gi gravida dell'illustre rampollo,la donna fece un sogno: un elefante bianco scendeva dal cielo per de-porle in grembo un fiore di loto, penetrando, infine, nel suo corpo.Era un sogno piacevole, che produsse in My una grande serenit. Poco dopo, accompagnata dal suo seguito, la donna si mise in viag-gio per Devadaha, affinch il parto awenisse nella casa paterna inconformit alle consuetudini. La carovana fece sosta nello splendidoparco del villaggio di Lumbin (l'attuale Rummindai). Qui, in un'at-mosfera onirica e in preda a una sorta di ~rance, My prese a cammi-nare tra le piante e la lussureggiante vegetazione; infine, sent che do-veva appoggiarsi a un ramo, e... nello stesso istante concep Sid-dhattha! Il parto in posizione eretta corrispondeva alle abitudini e alle usanzedell'epoca. Altri dettagli della vicenda, invece, risultano ampiamenteleggendari, e hanno il mero scopo di abbellire la narrazione: cos, peresempio, l'indicazione che le stesse piante avrebbero recato omaggioal neonato, inchinandosi al suo passaggio per averne riconosciuta lafutura grandezza. Dopo tre giorni dalla nascita, il vecchio Asita, un saggio (isi; sanscrito:rishi) che viveva appartato tra le nevi dell'Himlaya, giunse a corte. Ap-

  • pena vide il neonato, gli predisse un fulgido awenire: questi sarebbedivenuto un Risvegliato, un famoso predicatore della Verit. Un taledestino comportava, beninteso, l'abbandono di qualsiasi interessemateriale, politico o militare. Asita aveva emesso il suo responso dopo aver individuato, ben visibi-li nel corpo del neonato, i segni del Grande Uomo3. Alla fine sin-ghiozz, perch la sua vita non sarebbe stata tanto lunga da consentir-gli di udire la predicazione della Dottrina4. Si pu immaginare lo sconforto di Suddhodana. Il rja s'era prospet-

    3 Riguardo all'elenco dei cosiddetti trentadue segni (lakkhana), cfr. E.J. THOMAS,The Life of Buddha as Le~end and History, Delhi 1993 (I ediz. indiana), pp. 220-221. 4 Suttanipta, pp. 685 ss. 1 2 BUDDHA

    tato un ben diverso futuro per il figlio! D'altra parte, pens che Asitapoteva sbagliarsi, e si sent lievemente sollevato. In altre versioni, la stessa profezia viene annumciata da un asceta de-dito a varie austerit, un certo Kladevala, frequentatore abitualedella corte. A un attento esame del personaggio, tuttavia, sembra chenei SUOi panni Si celasse lo stesso Asita. Gli otto brhmani che celebrarono il rito dell'imposizione del nome,probabilmente nel quinto giorno dalla nascita, espressero un pareremolto simile a quello del vecchio saggio: anch'essi presagirono il suc-cesso del bimbo nella sfera religiosa, aggiungendo che, se pure si fossededicato alla politica, avrebbe acquisito anche qui una reputazioneassai illustre e duratura. Secondo molte versioni, il figlio di Suddhodana sarebbe stato chia-mato Siddhattha. Nel Mahvastu, un'opera in sanscrito, viene men-zionato anche il nome Sarvrthasiddha (owero colui che ha realiz-zato tutti i suoi scopi).

    DaU'infanzia alla giovinezza

    Nel frattempo, My si era ammalata gravemente. Le diverse fontinon specificano di quale tipo di malattia si trattasse; comunque sia, lafanno morire dopo circa una settimana dalla nascita, in seguito adatroci sofferenze. La cifra indicata probabilmente simbolica; d'altraparte, molte donne morivano effettivamente di parto nelle zone tro-picali. Siddhattha fu affidato alla seconda moglie di Suddhodana, cio aMahpajpat, sorella minore della defunta. Costei prese talmente acuore il proprio impegno da consegnare a una balia il figlio Nanda, inmodo da occuparsi personalmente del nipote. Del periodo successivo, relativo agli studi del giovane Siddhattha, cisono soltanto notizie vaghe e lacunose. In qualit di khattiya (guer-riero), questi avrebbe dovuto essere addestrato nel combattimento enella lotta, nelle arti marziali e nel tiro con l'arco; tuttavia, non sem-bra aver riportato grandi successi in questi settori, contrariamente aquanto affermano le varie fonti agiografiche. Inoltre, gli viene ancheattribuito uno spiccato talento musicale, ma la notizia alquanto dubbia. E anche il suo alfabetismo desta perplessit: non sicuro che Sid-dhattha sapesse leggere e scrivere; certe attivit, del resto, non eranodi competenza di un guerriero. Alcuni storici imputano a un probabi-le analfabetismo la sua posteriore diffidenza verso la scrittura: dive-nuto un Buddha, egli avrebbe osservato che un monaco doveva preoc-

  • cuparsi unicamente della salvezza e non di attivit superflue5.

    5 Udna, 3, 9.

    STORIA Dl UNA NASCITA 13

    D'altra parte, Suddhodana non si preoccupava delle prestazionisportive e militari, bens del futuro di Siddhattha: il ricordo delle varieprofezie tornava ad affiorare. Cos, decise che il figlio avrebbe dovuto sposarsi presto, e progettun matrimonio combinato, nello stile dell'epoca. La stretta vicinanzadi una donna avrebbe distolto il giovane da eventuali propositi mona-stici. Venne scelta allo scopo la stessa cugina di Siddhattha, cio la figliadella sorella pi giovane di Suddhodana. La ragazza si chiamavaBhaddakaccan, ma nelle varie narrazioni viene indicata anche conaltri nomi: per esempio, Yasodhar o Gop. D'altra parte, alcuni so-spettano che Siddhattha avesse due mogli, e che gli ultimi nomi si rife-rissero a persone diverse. Secondo la leggenda, il giovane avrebbe conquistato il cuore dellafutura sposa in occasione di un torneo, svoltosi nei pressi del lagoKunau. Qui avrebbe sconfitto gli altri Sakiya pretendenti in tutte le garepreviste, tra cui il tiro con l'arco e la corsa a cavallo; considerate le suemediocri capacit, tuttavia, un simile esito appare poco probabile. Al termine di una sontuosa e sfarzosa cerimonia, Siddhattha convo-l a nozze con Yasodhar. Ai due giovani sposi sarebbero stati donatitre palazzi: uno per l'inverno, uno per l'estate, e uno per la stagionedelle piogge. D'altra parte, in realt Siddhattha potrebbe non averemai conosciuto tanto lusso: come al solito, l'agiografia ad abbelliregli eventi. Non si dimentichi che Suddhodana era soltanto il rja deiSakiya, e non certo un grande re. Qualche tempo dopo Yasodhar diede alla luce un figlio, che fuchiamato Rhula.

    La scelta della rinuncia

    A questo punto il racconto, gi storicamente lacunoso, si arricchiscedi ulteriori elementi leggendari. Sembra che, in seguito alla nascita del figlio, Siddhattha decidesse diabbracciare lavita monastica. Mi nato un legame: questo sarebbestato il suo unico commento alla nascita di Rhula. E cos, si verifica-va il contenuto della profezia. Ma per quale motivo il giovane fu spinto a questa decisione? Varienarrazioni tentano di rispondere al quesito. Quella pi improbabile ci presenta Siddhattha nello splendido isola-mento della vita di corte, a cui il padre lo ha destinato nel tentativo divanificare i vari presagi. Egli totalmente ignaro del dolore e dellasofferenza; per un giorno, al compimento del quattordicesimo annodi et, accompagnato da un auriga decide di varcare una delle portedella citt, per conoscere finalmente il mondo. Il primo incontro sconcertante: Siddhattha si imbatte in un uomo 14 BUDDHA

    dalla schiena incurvata, che incede a fatica. A quel punto, gli viene ri-velato che si tratta d'un vecchio - secondo la leggenda, per non rattri-stare il figlio Suddhodana aveva ammesso a corte soltanto persone

  • giovani e sane. Siddhattha chiede all'auriga se potr sfuggire a un si-mile destino, e riceve una risposta negativa. Qualche tempo dopo, varcando un'altra porta della citt, il giovanes'imbatte in uno strano individuo, che respira a fatica. Il solito aurigalo informa che si tratta di un malato: una sorte che potrebbe, primao poi, colpire lo stesso Siddhattha. Ma il terzo incontro , se possibile, ancora pi sconcertante: il figliodel rja si imbatte in un corteo funebre. L'auriga gli spiega che quellagente sta accompagnando un morto: qualcuno che per sempre Sl se-parato dalla vita. Anche in questo caso Siddhattha apprende che ungiorno spetter a lui stesso un simile destino. Infine, nell'ultimo incontro della serie il giovane s'imbatte in unuomo dalla testa rasata: un rinunciatario, un religioso errante cheha abbandonato il mondo. A quel punto Siddhattha intuisce che forsele sorti dei precedenti incontri, cio la vecchiaia, la malattia e la mor-te, si possono evitare: probabilmente, una vita di rinuncia consente diattingere la liberazione (nibbna; sanscrito: nirvna)6. Nel solito intento di evidenziare le motivazioni della scelta monasti-ca, I'Anguttaranikya, una fonte narrativa pi attendibile, espone unaltro punto di vista. Qui Siddhattha, che nel frattempo divenuto unBuddha, riferisce ai discepoli un evento della propria giovinezza: ungiorno, fu assalito dall'idea della vecchiaia e della malattia, all'im-prowiso, qualsiasi pensiero felice svan dalla sua mente, e si trov inpreda a una indicibile tristezza: da qui la volont di abbracciare la vitadel religioso errante. In un'altra narrazione invece, tramandata in varie versioni, mentreera andato a fare un'escursione in compagnia della moglie e dello scu-diero Channa, Siddhattha avrebbe trovato un uomo steso al suolo. Sa-rebbe stata la prima volta che vedeva un morto. Anche in questo casoun'esperienza sconcertante gli avrebbe indicato la necessit di abban-donare una vita di piaceri per votarsi alla rinuncia e al vagabondaggio. Nelle diverse narrazioni sottolineato lo stesso assunto: si deve op-tare per l'ascesi, a causa degli aspetti dolorosi e sgradevoli dell'esi-stenza. E non forse strano che nella mente di un giovane dedito ailussi e agli agi potesse attecchire un pensiero del genere, determinan-do una conversione. Siddhattha cap anche che la vita familiare ostacolava qualsiasi rea-lizzazione autentica della ricerca spirituale7. Doveva andarsene, dun-que, e al pi presto.

    6 Vinayapitaka dei Mah~saka, ed. Taish Issaiky, n. 1421, pp. 101b-102a. 7 Majjhimanikya, 26.

    STORIA Dl UNA NASCITA 15

    La partenza nottuma

    Riguardo al modo in cui Siddhattha mise in atto la propria decisio-ne, esistono diverse versioni degli eventi. In quella pi leggendaria,egli abbandona il palazzo del rja a notte fonda in compagnia del fidoChanna, poich il padre non avrebbe acconsentito alla partenza: si al-lontana furtivamente nell'oscurit, al termine di una festa allestita insuo onore. Attraversando i saloni, Siddhattha osserva le pose volgaridelle ballerine e delle cortigiane addormentate, residui d'un mondoche a quel punto non lo alletta pi; viene anzi sottolineato che, per

  • l'occasione, il giovane abbia avuto addirittura l'impressione di attra-versare un cimitero (!). Infine, dopo un ultimo sguardo alla moglie eal figlio assopiti, esce dal palazzo, per lanciare il suo cavallo in unacorsa sfrenata nella notte8. Secondo un'altra versione, probabilmente pi realistica, Siddhattha insi-ste per avere dal padre e dalla madre putativa il permesso di abbracciarela vita monastica, ma i due non vogliono concederglielo. Suddhodana in-siste per dissuaderlo, ricordandogli i suoi doveri di guerriero e di padre. Ilgiovane, per, ormai deciso a diventare un samana - rinunciatario oreligioso errante -, e realizza il suo proposito. Suddhodana e Mahpaj-pat, con la morte nel cuore, lo vedono partire9. In base alle varie narrazioni, gli eventi si possono riassumere cos: permotivazioni poco chiare e in preda a una vaga crisi esistenziale, il figliodel rja d'un piccolo Stato abbandon, a un certo punto della vita e dipropria, contrastata iniziativa, la casa paterna per impegnarsi in una ri-cerca spirituale. Sono i pochi dati certi di una narrazione ricca di spuntiimmaginari e simbolici: si pensi alla fuga di Siddhattha nella notte, unasemplice metafora del viaggio dalle tenebre alla luce. Allora il giovane avrebbe avuto ventinove anni. Suddhodana gli fecenotare che, di solito, si partiva molto pi anziani per viaggi di quel ge-nere.

    8 Vinayapitaka, p. 102a-b. 9 Majjhimanikya, 26.Il sentiero dell'illuminazione

    Vita da samana

    Il mattino successivo alla tormentata partenza, Siddhattha si conge-d da Channa, il fedele scudiero che lo aveva accompagnato nel viag-gio (o nella fuga). Gli affid i suoi oggetti personali, pregandolo ditornare al palazzo e di tranquillizzare i suoi cari. Il giovane si separanche dal suo magnifico cavallo Kanthaka, con cui lo scudiero avreb-be compiuto il viaggio di ritorno. Poco dopo Siddhattha s'imbatt in un cacciatore, che indossava vestilogore, di un tessuto grossolano dal colore giallo-ocra. Gli propose unbaratto: i propri abiti eleganti contro i suoi; il cacciatore, stupito, fuben lieto di accettare. Poi il giovane decise di radersi i capelli. A quel punto sembrava pro-prio un samana, uno dei tanti asceti che vagavano di villaggio in villag-gio, mendicando il cibo. Essi criticavano la religione tradizionale ve-dica, i cui sacerdoti, i brhmani, si mostravano troppo attaccati allericchezze e ai beni materiali, cio ai proventi dei loro servigi rituali. I samana viaggiavano da soli, sospendendo occasionalmente il vaga-bondaggio per affiliarsi a qualche scuola religiosa, accettando le di-rettive di un maestro. Anche Siddhattha, a quel punto, ne cercavauno, nella convinzione che soltanto con un supporto esterno la sua ri-cerca spirituale avrebbe compiuto autentici progressi.

  • Stando al resoconto autobiografico, dopo la partenza da Kapilavat-thu il giovane avrebbe frequentato la scuola di Alra Klma, pressola citt di Veslil. Secondo altre fonti, invece, si sarebbe dapprima diretto verso Rja-gaha, la capitale del vasto regno dei Magadha. Qui ne avrebbe incon-trato il re, Bimbisra, che era quasi suo coetaneo. In conformit allaconsuetudine, sarebbe stato il sovrano a cercare Siddhattha, attirato dalsuo singolare e nobile contegno; ai re spettava quasi l'obbligo di acco-stare i samana, in modo da trarne consigli edificanti. Bimbisra do-mand a Siddhattha da dove provenisse, al che questi gli svel le pro-prie origini, dichiarando di avere abbandonato la casa paterna per at-

    I Majjhimanikya, 26 e 36.

    tingere la liberazione dalla sofferenza. Il re si sarebbe assai rallegratodell'incontro, pregando addirittura Siddhattha di tornarlo a trovare,una volta realizzato il suo programma2. E probabile che l'evento abbia realmente avuto luogo. Alcune fontisottolineano per la freddezza del sovrano nei confronti di un interlo-cutore che, forse, non lo affascin granch. In ogni caso niente lasciapresagire dalla descrizione dell'incontro l'immensa, posteriore stimadi Bimbisra per Siddhattha. Il re, infatti, sarebbe divenuto uno deimaggiori sostenitori della Comunit buddhista.

    A scuola dai maestri

    A questo punto, secondo varie fonti Siddhattha dovrebbe avere in-contrato il suo primo maestro, Alra Klma. Il centro della scuolaera situato a nord di Vesli, la capitale della repubblica dei Licchav. Di questo personaggio si sa ben poco, a prescindere da quanto ne ri-ferisce il Canone buddhista. Alcuni storici lo ritengono uno dei princi-pali capiscuola dell'epoca, ma l'affermazione priva di fondamento.Forse la sua dottrina si ispirava al Smkhya3, un'importante scuolabrhmanica in cui veniva sottolineata la natura dolorosa dell'esisten-za: un tratto che si ritrover nella dottrina del Buddha. Alra predicava la negativit dell'Io. A suo awiso, era la convinzio-ne di costituire un'individualit separata nei confronti delle creaturea determinare la sofferenza dell'uomo. L'Io era un concetto erroneo,cui non corrispondeva nulla di reale: un altro spunto cui il Buddhapu essersi ispirato. Si doveva bandire ogni egoismo, annullando ladistinzione tra l'Io e gli altri: questa concezione, per grandi linee, si ri-chiamava alle Upanishad, i testi basilari del pensiero indiano4. Secondo Alra, infine, il saggio aveva accesso alla sfera della nonesistenza, dove la materia non esiste pi. Siddhattha intu subito i punti deboli della dottrina. In primo luogo,essa non mirava alla liberazione, n all'assenza dalle passioni, n al di-stacco dal mondoS. Inoltre Alra, in conformit all'insegnamento u-panishadico, riconosceva l'esistenza dell'att (sanscrito: tman), il sinteriore separato dal corpo, come supporto delle varie reincarnazio-ni; quindi credeva ancora, erroneamente, in un centro individualedella personalit6. Nel resoconto autobiografico Siddhattha aggiunse comunque di

    2 ~nayapitaka dei Mahc,saka, cit., p. 102b-c. 3 Riguardo al Smkhya, si veda la mia Filosofia indiana, cit., pp. 30-35. 4 Le Upanishad costituiscono nell'ambito della filosofia indiana un importante referen-

  • te tematico, un Corpus di opere da cui tutti i pensatori prendono costantemente spunto,in diverse guise (cfr. Ia mia Filosofia indiana, cit., pp. 15-19). 5 Majjhimanikya, 36. 6Buddhacarita, 12. 1 8 BUDDHA

    aver attinto la sfera della non esistenza, a cui le pratiche meditativedi Alra permettevano l'accesso. Tale risultato, secondo alcune fonti,sarebbe stato ottenuto soltanto in tre giorni! A quel punto il periodo dell'apprendistato era concluso: sarebbestato lo stesso Alra Klma a riconoscerlo, invitando Siddhattha acondividere con lui la direzione della scuola. Come sono io, cos sei tu; come sei tu, cos sono io. Vieni, amico:noi due ci dedicheremo a questa Comunit! Ma Siddhattha non accett: sentiva, infatti, che quel tipo di insegna-mento non conduceva alla liberazione. Perdipi, esso era frutto dellavisione personale di Alra: nello sforzo di trasmetterlo, egli avrebbesemplicemente ripercorso le orme altrui. Ecco perch, alla fine, ab-bandon il maestro, respingendone la proposta. Si deve osservare, in ultima analisi, che le notizie relative alla dottri-na di Alra sono insufficienti e lacunose. Non sappiamo nemmeno seil personaggio sia stato inventato a bella posta dal Buddha o dai com-pilatori del Canone. L'eventualit che Siddhattha avesse penetrato ladottrina di Alra molto rapidamente e con ottimi risultati d sicura-mente molto lustro al giovane. Dalla vicenda traspare anche la retti-tudine morale di Siddhattha: per aver rifiutato un ruolo di primo pia-no, senza sacrificare le proprie riserve e perplessit. D'altro canto, la proposta di Alra potrebbe anche essere stata det-tata da ragioni opportunistiche: Siddhattha gli aveva rivelato di esserefiglio di un rja e di aver conosciuto Bimbisra; forse il maestro spera-va in un supporto del Regno alla sua scuola, se soltanto il giovane sa-mana vi avesse ricoperto un ruolo rilevante7. Alcuni sostengono che Alra avrebbe praticato una forma di yoga,senza per poter fondare le loro asserzioni. Una pratica contemplati-vo-meditativa aveva certamente il compito di corroborare la visioneteoretica, ma se ne ignorano dettagli e modalit: che Alra si richia-masse al Smkhya non ci offre alcun lume in proposito, poich questascuola agli esordi non ricorreva ad alcun tipo di meditazione. Dopo l'esperienza con Alra, Siddhattha sarebbe infine tornato nelregno dei Magadha, sempre alla ricerca di un maestro. Secondo alcune fonti la sequenza degli eventi questa: 1. partenzadi Siddhattha da Kapilavatthu; 2. incontro con il re Bimbisra; 3. ap-prendistato presso Alra Klma; 4. varie esperienze nel regno deiMagadha. Secondo altre, invece, la sequenza la seguente: 1/3/4/2. Nel regno dei Magadha, Siddhattha incontr molti samana erranti.Alcuni rifiutavano di coprirsi, forse per non uccidere, al contattodei vestiti, i batteri dell'aria; dalla descrizione si evince che potessetrattarsi dei Giaina, i seguaci di Mahvra8. Altri invece si astenevano

    7 Cfr. H. W. Schumann, n Buddha storico, tr. it., Roma 1986, p. 63. s Il Giainismo, al pari del Buddhismo, una visione eterodossa (nstika), che nega laparola e l'autorit vedica; si veda la mia Filosofia indiana, cit., pp. 24-27.

    IL SENTIERO DELL'ILLUMINAZIONE 19

    persino dal mendicare, limitandosi a cibarsi dei frutti delle piante.

  • Siddhattha aveva sentito parlare di un maestro molto rinomato, un certo Uddaka Rmaputta. Decise pertanto di frequentarne il centro principale della scuola, situato nei pressi di Rjagaha. Tuttavia, si ripe- t la situazione precedente: neanche questo personaggio, al pari di Alra, avrebbe soddisfatto il giovane ricercatore. Anche in questo caso le notizie dottrinali sono piuttosto lacunose.Sappiamo soltanto che Uddaka aveva appreso la propria visionedal padre, enfatizzando la necessit di accedere a una dimensione in-termedia, posta tra la coscienza e la non coscienza9. Ulteriori accenni alla concezione di Uddaka, in altre fonti, sembra-no lasciar intravedere una connessione con le Upanishad10. Probabil-mente questi si prefiggeva di attingere un particolare stato di coscienza,in parte estraneo all'esercizio delle abituali modalit percettive, ma an-che in parte dipendente: di pi, non ci dato di sapere. Anche in questo caso, comunque, il discepolo si impadron in brevetempo della dottrina del maestro, raggiungendone gli stessi traguardi.Si dice che Siddhattha ebbe accesso alla cosiddetta dimensione ncoscienza, n non coscienza, reputandola per insoddisfacente. Asuo awiso, una simile prospettiva non avrebbe consentito di superaredefinitivamente la sofferenza mondana, per attingere, cio, la libera-zione. Stando alla narrazione, Uddaka si mostr ancora pi generoso diAlra Klma. Percependo lo spessore spirituale di Siddhattha, gliavrebbe addirittura offerto la direzione della scuola: molto pi dellamera cogestione! Ma il giovane rifiut: la dottrina gli sembrava man-chevole, e anche la persona di Uddaka, a causa del marcato egocen-trismo, non era esente da critiche. Durante il suo apprendistato, durato forse poco pi di sei mesi, tra idiscepoli di Uddaka Siddhattha avrebbe ritrovato Kondafifia, una suavecchia conoscenza: si trattava addirittura di uno dei brhmani che necelebrarono il rito di imposizione del nome. La notizia, riferita neiJtaka, per molto discutibile.

    Ascesi eflagellazione

    A quel punto, Siddhattha si sent insoddisfatto delle tecniche medi-tative e delle dottrine altrui: era tempo di cercare una propria viad'accesso al sentiero della liberazione. Poich un certo tipo di cono-scenza non gli aveva dischiuso alcuna prospettiva, il giovane awertche doveva rivolgersi all'ascesi. Inizi cos un lungo periodo di mortificazioni fisiche, che sarebbe

    9 Majjhimanikya, 26 e 36. 10 Dghanikya, 29, 16. 20 BUDDHA

    durato addirittura sei anni. Siddhattha si prefiggeva di padroneggiarecompletamente i desideri del corpo, il che comportava persino la to-tale inibizione delle funzioni fisiologiche. All'inizio il giovane rimaneva seduto a lungo, i denti stretti e la lin-gua premuta sul palato. E tratteneva il respiro fino allo spasimo, alpunto di percepire assordanti rumori nelle orecchie. Si era stabilito nei dintorni di Uruvel (l'attuale Bodh-Gay), unacitt del regno dei Magadha, sulle rive del fiume Nerafijar. Per qual-che tempo, un boschetto costitu la sua dimora. Tuttavia, certi metodi non gli diedero risultati positivi. Siddhattha

  • allora decise di abbandonarli, rivolgendosi ad altro. Cominci a men-dicare, accettando esclusivamente offerte di cibi vegetali. E se neand in giro nudo, proprio come i Giaina, infliggendosi le pi atrocimacerazioni e torture. Infine, accanton la bench minima misura diigiene personale, giungendo persino a nutrirsi delle proprie feci. Ilsuo corpo, di una magrezza impressionante, deper sempre di pill. Cinque asceti del gruppo di Uddaka, tra i quali Kondafifia, avevanoseguito i suoi spostamenti con fervido interesse e ammirazione. Pen-savano che Siddhattha avrebbe attinto ben presto la liberazione, invirt di un regime tanto austero. Nel frattempo il giovane samana era immerso in profonde riflessio-ni, e stava per imprimere una svolta determinante alla sua vita. Si ac-corse che non stava ottenendo nulla: non aveva compiuto alcun pro-gresso, con quel rigorismo estremo. Cap allora che la liberazione nonpoteva derivare dalla mortificazione del corpo. Cos, accett una scodella di riso bollito, per ritemprarsi un po'l2.L'offerta gli sarebbe stata recata da Sujt, una ragazza tredicenne.Costei, capitata casualmente in riva al fiume, lo aveva visto in gravi con-dizioni e, preoccupata, gli avrebbe dato una ciotola di riso, o di latte se-condo altre versioni. A quel punto, Siddhattha si sent subito rinfran-cato, e le forze gli tornarono: la sua ricerca poteva continuare. Ma la scena era stata osservata dai cinque asceti che lo avevano ele-vato al rango di guida spirituale. Appena si accorsero che il giovaneaveva interrotto il digiuno, lo accusarono di debolezza, pensando chefosse venuto meno ai propri intenti. Profondamente delusi, si allonta-narono in fretta.

    La notte del risveglio

    Nel frattempo Siddhattha continu a rifocillarsi con vari cibi vegeta-li e riso, grazie alle offerte di altre fanciulle compiacenti. Dopodichsi bagn nelle acque del fiume, sentendosi completamente rinvigori-

    Majjhimanikya, 36.Vinayapitaka dei Dharmaguptaka, ediz. Taish Issaiky, n. 1428, pp. 780c-781a.

    IL SENTIERO DELL'ILLUMINAZIONE 21

    to. Alla fine gironzol per la foresta di Uruvel, mentre un fermo pro-posito stava prendendo corpo nella sua mente: trovare un luogo spe-ciale, in modo da restarvi fino al momento della liberazione. A tal finescelse un albero di pippala (ficus religiosa), sotto al quale stabil la suadimora. Tuttavia, va precisato che il resoconto autobiografico dell'esperien-za dell'Illuminazione non fa alcuna menzione dell'alberol3: certi det-tagli hanno soltanto la funzione di abbellire la narrazione. Del resto,la valenza simbolica dell'albero universale, e non certo limitata aipopoli dell'India. Probabilmente la tradizione ha voluto collocareSiddhattha in un contesto significativo: l'albero costituisce una sortadi axis mundi, teso a valorizzare l'esperienza stessa. E in un luogo su-blime che il giovane si sarebbe finalmente risvegliato. Anche le allusioni a un'eventuale tecnica meditativa, praticata sottol'albero, non vanno prese alla lettera. Si tratta presumibilmente di in-terpolazioni posteriori: del prodotto d'un'epoca in cui il Buddhismoenfatizzava la meditazione. Ancora meno si deve prestare fede ai variriferimenti alla posizione del loto, tipica dello Yoga, che egli avreb-

  • be assunto per l'occasione14. Poich Siddhattha aveva rifiutato le dot-trine dei suoi maestri, poco probabile che avesse mantenuto un vivointeresse per le tecniche altrui15. A quel punto era un ricercatore cheperseguiva un sentiero proprio, in base all'andatura e alle movenzepersonali. Comunque sia, la tradizione canonica gli attribuisce l'esecuzione diquattro esercizi di contemplazione meditativa (jhna)l6 nel corsodella fatidica notte del risveglio. Il primo avrebbe avuto per oggettol'acquisizione del pensiero unificante, cio estremamente concentra-to in una sola direzione. Il secondo avrebbe fatto cessare ogni ragio-namento e riflessione, quindi il pensiero discorsivo. Il terzo gli avreb-be consentito di diventare imperturbabile, e, nel contempo, di coltiva-re una notevole attenzione nei confronti delle cose. Il quarto, infine,gli avrebbe fatto attingere uno stato di perfetta purezza e beatitudi-

    Stando ad altre versioni, la prima contemplazione avrebbe allonta-nato definitivamente i desideri sensuali e la negativit; la seconda, inforza della concentrazione e del benessere mentale, avrebbe soppres-so il pensiero discorsivo; la terza, attraverso il totale distacco dagli af-

    3 Majjhimanikya, 26 e 36. 14 Cfr. Vinayapitaka dei Dharmaguptaka, p. 781c. Il poeta e maestro vietnamita con-temporaneo Thich Nhat Hanh di parere contrario al mio, cfr. V~ta di Siddhartha ilBuddha, tr. it., Roma 1992, p. 83. 15 Schumann non di questo awiso (n Buddha storico, cit., p. 69). 16 Per una discussione del terrnine jhna (sanscrito: dhyna; cinese: ch 'an; giappone-se: zen), cfr. il mio Diario Zen, Milano 1995, pp. 91-93. 17 Vinayapitaka dei Dharmaguptaka, p. 781a-b. 22 BUDDHA

    fetti, avrebbe prodotto uno stato di benessere fisico; la quarta, infinein virt di uno stato di purezza avrebbe consentito la totale elimina-zione del dolore e della sofferenzal8. Nel resoconto autobiografico Siddhattha ammette di aver conosciu-to, per l'occasione, le proprie vite precedenti. Egli mostra cos di ade-rire alla teoria della reincarnazione, in base alla quale esiste un ciclodi nascite e morti (samsra), che la liberazione (nibbna) ha il poteredi sospendere. Siddhattha dichiara di essersi ricordato dei suoi nomiprecedenti, nonch delle famiglie, delle caste e dei modi di esistenzain cui era vissuto. E la reminiscenza si sarebbe spostata molto indietronel tempo, al punto di coprire l'arco di ben centomila nascite (!). Egli avrebbe recuperato certi ricordi nella prima parte della notte.In seguito, com' riferito in varie narrazioni, avrebbe attinto la cono-scenza delle leggi kammiche che determinano la vita e la morte degliesseri senzienti. Questi rinascono in base alla condotta: a seconda del-le azioni compiute, riceveranno una sorte peggiore o migliore e la ri-nascita nei mondi pi infimi o elevati. Con questa concezione vienetracciata una netta linea di demarcazione tra il bene e il male. La conoscenza della legge del kamma (sanscrito: karma; letteral-mente: azione) consente di orientare il proprio comportamento, inmodo da sottrarsi, per quant' possibile, ai condizionamenti negatividelle esistenze precedenti. Siddhattha sostiene che tali cognizioni gli sono state rivelate nellaseconda parte della notte del risveglio. In realt, la legge del kammaera abbondantemente nota nella cultura indiana, e Siddhattha stessodeve averne sentito dire, non foss'altro che dai suoi maestri: quasi cer-

  • tamente da Alra, e probabilmente da Uddaka. L'ultima parte della notte rappresenta il contributo originale di Sid-dhattha alla speculazione indiana, come frutto di una riflessione ab-bastanza personale. Vi si accenna alla teoria delle quattro nobili ve-rit, uno dei capisaldi del Buddhismo. Siddhattha dichiara di averconosciuto queste quattro realt: il dolore (dukkha), l'origine deldolore (dukkhasamudaya), la cessazione del dolore (dukkhanirodha)e la via che conduce alla cessazione del dolore (dukkhanirodhagmi-nipatipad)l9. E soltanto un abbozzo di ci che egli stesso avrebbeesposto pi compiutamente ai suoi primi discepoli poco tempo dopo. Nonostante l'originalit della formulazione, va osservato che lequattro verit (o realt20) si conformano agli schemi della medi-cina indiana dell'epoca. Qualsiasi sintomo andava, in primo luogo, in-dividuato; in secondo luogo, se ne constatava la causa; in terzo luogo,la possibilit di debellarlo; e, infine, il modo specifico per farlo. Dia-

    8 Majjhimanikya, 3619 Cfr. Vinayapitaka dei Dharmaguptaka, p. 781c; cfr. anche Majjhimanikya, 36.2011 termine~acca comnendia entramhe le A~c~.7ioni

    IL SENTIERO DELL'ILLUMINAZIONE 23

    gnosi, eziologia, prognosi e terapia erano le quattro fasi dell'interven-to clinico, corrispondenti alle quattro verit buddhiste. Infine, durante la sua decisiva esperienza dell'Illuminazione, il gio-vane samana avrebbe soppresso i quattro sava (sanscrito: srava).Questo termine, approssimativamente traducibile con influsso, ca-ratterizza i seguenti elementi: kma owero il desiderio sensuale, bha-va owero [la voglia di] esistere, avijj owero l'ignoranza, diffhi owerol'opinione. La caratteristica del santo buddhista, cio dell'arahat (sanscrito:arhat), consiste per l'appunto nell'essersi completamente sbarazzato diquesti quattro condizionamenti.

    Perplessit del Buddha

    La nottata si conclude con un'importante presa di coscienza: la seriedelle nascite si esaurita, mentre l'intento stato realizzato. Da que-sto momento Siddhattha merita di essere definito Buddha, cio unIlluminato o un Risvegliato. Allo stato di esaltazione, connesso a questa notevole esperienza, faper subito seguito una forte esitazione. Il Buddha, rendendosi contoche la dottrina di cui si impadronito molto complessa e difficile,non si sente di divulgarla, nel timore di possibili fraintendimenti. Ineffetti, si tratta di un insegnamento che va controcorrente, inadattoagli stolti e agli uomini di scarsa comprensione: da ci, il proposito diastenersi dalla predicazione. A quel punto, per, entra in campo il dio Brahm, sovrano dell'uni-verso, per convincere il Buddha a superare certe perplessit. Denun-ciando l'attuale condizione di declino del mondo, il dio supplica l'Illu-minato di trasmettere la propria dottrina alle creature: solo cos la ca-tastrofe verr scongiurata. Alla fine, dopo ripetute insistenze e ulte-riori esitazioni, l'accalorata esortazione di Brahm verr accolta: ilBuddha pronto a comunicare il frutto delle proprie esperienze2l; stata la sua immensa compassione nei confronti di tutti gli esseri vi-venti a motivarne la decisione risolutiva. La tradizione buddhista sostiene che l'asceta aveva compiuto 35

  • anni, e che la notte del risveglio coincise con il primo plenilunio delmese di Veskha (aprile-maggio). Poich, tuttavia, anche la nascita diSiddhattha sarebbe awenuta nello stesso giorno, l'indicazione non vapresa alla lettera e se ne dovrebbe piuttosto cogliere il valore simbolico. A quel punto il Buddha aveva bisogno di interlocutori ai quali tra-smettere la Dottrina (Dhamma). Le modalit degli incontri e la suc-cessiva formazione della Comunit saranno oggetto del prossimo ca-pitolo.

    21 Vinayapitaka dei Dharmaguptaka, pp. 786b-787h.La Comunit

    n serrnone di Benares

    A chi poteva rivolgersi il Buddha, nell'intento di fare proseliti? Perprima cosa, sent l'impulso di comunicare quanto aveva appreso aisuoi ex maestri: chiss mai dov'erano finiti? Nel frattempo, per, indugi nella foresta di Uruvel, assaporando ifrutti del risveglio. Non necessario riferire dei numerosi prodigi chegli vengono attribuiti in questo breve periodo, poich le varie narra-zioni sono ampiamente leggendarie. Rilevante invece, decisamente, l'incontro con due mercanti, Ta-pussa e Bhallika, che erano diretti a Rjagaha. Il Buddha accett leloro offerte, e i due espressero il desiderio di condividerne la dottrina,pur non conoscendola: probabilmente erano rimasti colpiti dal porta-mento amabile e sereno del samana, intuendo quali mete spiritualiquesti fosse stato in grado di raggiungere. In certe fonti essi vengonoconsiderati i primi seguaci laici del Buddhal; va per osservato cheegli non diede loro alcun tipo di istruzione. L'Illuminato apprese, per l'occasione, che Alra Klma e Uddakaerano morti: due importanti interlocutori gli venivano a mancare. Al-lora decise di andare in cerca dei suoi cinque ex compagni dell'ascesi,per renderli partecipi della dottrina. Finalmente, venne a sapere chesi trovavano nel parco di Isipatana, nelle vicinanze di Benares (Vr-nas). La localit era abbastanza distante, e per arrivarci occorrevaall'incirca mezzo mese di cammino; ma il Tathgata2 non si persed'animo, e si mise in viaggio. Durante il tragitto incontr un asceta nudo, un certo Upaka dellasetta degli jvika, promotrice di una concezione rigorosamente de-terministica della vita3. Nel breve scambio di battute, il Buddha di-chiar di non avere maestri: per avere soggiogato i desideri e le pas-

    I Mahvagga, 1, 4. 2 Per una spiegazione dell'appellativo, cfr. Storia di una nascita. 3 Per un approfondimento della questione, cfr. A. L. Basham, The Ajivikas. A Vanis-hed Indian Religion, London 1951. Il termine jvika, imposto probabilmente daglistessi oppositori della setta, caratterizzava coloro che perseguivano la vita ascetica alfine del sostentamento (jva) - ka un suffisso sostantivizzante,

    sioni, anzi, era lui stesso a doversi considerare un maestro. L'interlo-cutore, per niente convinto, lo apostrof ironicamente (Possa esserecos, amico mio!), e si allontan in fretta4.

  • Secondo altre fonti proprio Upaka a informare il Buddha dellamorte dei suoi maestri di un tempo, rivelandogli altres l'attuale di-mora dei suoi cinque ex compagni. Dopo un lungo viaggio, finalmente il Tathgata giunse al parco diIsipatana. Appena i cinque lo videro, decisero di non rivolgergli la pa-rola: si ricordavano bene che aveva interrotto il digiuno, suscitando illoro biasimo. Tuttavia, nonostante questi propositi gli asceti cambia-rono idea, man mano che il Buddha avanzava: il suo sguardo, il conte-gno e il portamento erano quelli di chi aveva trionfato sul mondo, at-tingendo la liberazione. Si premurarono, per, di rammentargli il mo-tivo per cui lo avevano abbandonato: non avrebbe dovuto venir menoal proprio intento spirituale. L'Illuminato replic che non lo aveva af-fatto trascurato: egli, anzi, si era spinto fin l proprio per comunicareloro il frutto delle sue esperienze5. A quel punto, il Buddha tenne loro il suo primo discorso ufficiale,passato alla storia come il Sermone di Benares. Esso segna la mes-sa in moto della ruota della legge (dhammacakkappavattana), owe-ro l'inizio della predicazione della Dottrina. All'esordio, egli consiglia ai suoi uditori l'adozione della via di mez-zo: ci si deve astenere dagli eccessi e dagli estremi. La ricerca del pia-cere e la mortificazione del corpo sono parimenti da evitare, e altret-tanto inconcludenti. La via di mezzo consiste, pi precisamente, nel sentiero in otto fasi:retta visione (ditthi), retta intenzione (sankappa), retta parola (vc),retta attivit (kammanta), retta modalit di sussistenza (jva), rettosforzo (vyma), retta attenzione o consapevolezza (sati) e retta con-centrazione (samdhi). In quest'occasione il Buddha non si soffermasul contenuto delle singole fasi, ma si limita a enunciarle. Passa poi in rassegna le quattro nobili (o sante) verit (o realt),gi menzionate nella notte del risveglio. La prima la verit del do-lore o della sofferenza (il termine dukkha compendia entrambe leaccezioni). Il Buddha enuncia le situazioni esistenziali cui questa veri-t correlata: la nascita, la vecchiaia, la malattia, la morte, l'unionecon il detestabile, la separazione dall'amabile, il mancato ottenimen-to del desiderabile e i cinque aggregati (khandha). Con l'ultimaespressione si intendono gli elementi costitutivi della persona: la con-formazione corporea (rpa, comprensiva delle funzioni biologiche),le sensazioni (vedan), le percezioni (sann), le intenzioni (sankhra)e la coscienza (vijnnna). Anche questi sono vincolati alla sofferenza.

    4 Majjhimanikya, 25 e 26. 5 Vinayapitaka dei Dharmaguptaka, pp. 787c-788a (nel presente capitolo tutte le ci-tazioni di quest'opera si riferiscono alla versione dei Dharmaguptaka). 26 BUDDHA

    La seconda la verit dell'origine del dolore, individuata nella setedi esistere owero nei piaceri dei sensi. E la voglia di ripetere un piace-re gi provato, peraltro costantemente disattesa, a provocare la soffe-renza. Su questo punto, il Buddha la pensa come il nostro Leopardi oSchopenhauer: ogni piacere non pu che essere momentaneo, e in-terrotto da una nuova brama, come fonte di dolore. La terza la verit della cessazione del dolore: soltanto se la sete e laricerca del piacere vengono sospese, attraverso il distacco e l'indiffe-renza, la sofferenza potr avere fine. La quarta la verit che consente di far cessare il dolore, rappresen-tata dalle modalit del gi enunciato ottuplice sentiero6. Poich non

  • vengono fornite ulteriori informazioni in merito alla quarta verit, estremamente fuorviante sostenere, come fa Thich Nhath Hanh, cheil sentiero si fonda sulla presenza mentale7. Nel corso degli sviluppidel Buddhismo, varie scuole poggiarono l'accento sulla vipassan(intuizione consapevole o visione interiore): in questo periodo,semmai, che l'affermazione del maestro vietnamita potrebbe trovareun fondamento.

    Iprimi bhikkhu

    Forse la dottrina del Buddha tutta qui, come viene presentata nelSermone di Benares (pi le integrazioni, come vedremo, del discorsoimmediatamente successivo). Altri elementi teorici sono stati aggiun-ti in seguito, ma sono imputabili alle scuole del Buddhismo, piuttostoche al suo fondatore; in ogni caso, ne riferiremo a tempo debito. Il Buddha era promotore di un insegnamento semplice e diretto, fi-nalizzato alla liberazione e privo di fronzoli teorici: il suo intento erapuramente pragmatico. E ben nota la sua diffidenza nei confronti del-le varie posizioni speculative, riducibili a mere opinioni. Che interesse avrebbe avuto l'Illuminato a proporre una concezionetanto astrusa come quella della produzione condizionata (paticca-samuppda)? Essa non neppure accennata nel Sermone di Benares,mentre potrebbe essere frutto della Scolastica buddhista, d'altra par-te, neppure la teoria del non s (anatt) viene menzionata nelSermone, eppure sembra attribuibile al Buddha storico: torneremosulla questione. Per il momento molto pi rilevante riferire le reazioni dei cinqueascoltatori del Buddha, i quali non perdevano una sola parola del suodiscorso. Kondanrla, in particolare, si mostr assai interessato, e com-prese il senso dell'esposizione prima ancora della conclusione. Cos,

    6 Cfr. ~nayapitaka, p. 788a-b; cfr. anche Mahvagga, 1, 6; Samyutta nikya, 56, 11.

    LA COMUNITA 27

    chiese di essere ammesso alla Dottrina (dhamma), e fu il primo disce-polo a ricevere l'ordinazione (upasampad). La formula di questo rito, relativamente alla sua celebrazione daparte del Buddha, era la seguente: Vieni, bhikkhu, la Dottrina pro-clamata; conduci dunque una vita nobile, per la completa cessazionedel dolore. Anche gli altri quattro samana, in seguito, presentarono al Buddhala medesima richiesta. I loro nomi, Bhaddiya, Vappa, Mahnma eAssaji, sono stati consegnati alla posterit. I cinque si fregiarono deltermine di bhikkhu, che significa mendicante e designa, da allora, imonaci buddhisti: era nato il Sangha (Ordine o Comunit). Tuttiquanti, incluso il Buddha, cominciarono a mendicare il cibo nella vici-na Benares8. Poco dopo il Maestro avrebbe tenuto un importante discorso sullatransitoriet, intuendo che, a quel punto, i suoi interlocutori eranopronti a capirlo. Sembra che il discorso completasse, idealmente,l'esposizione della Dottrina; d'altra parte, le posizioni ivi espresse po-trebbero essere state ampiamente rielaborate dalla Scolastica bud-dhista. Secondo il Tathgata, tutto transitorio e mutevole nel mondo: nonesiste un centro individuale, e imperituro, della personalit. E una cri-

  • tica al concetto di att (s interiore; sanscrito: tman), formulatonelle Upanishad e nelle scuole brhmaniche: il Buddha sembra aver-gli contrapposto la visione dell'anatt (non s). La persona consiste soltanto nei cinque agglomerati, i predetti khan-dha: non esiste, all'infuori di questi, alcun nucleo trascendente; e an-che loro, al pari di qualsiasi altra cosa, sono soggetti al declino9. Se si volesse compendiare l'essenza del Buddhismo in una frase, nonpotrebbe essere che questa: tutto ci che transeunte dolorosol. In effetti, dopotutto la sofferenza (dukkha) non altro che la transi-toriet. Il Tathgata, ridestandone la consapevolezza, esorta gli esseriviventi ad esorcizzare il transeunte. Un giorno Siddhattha percep la presenza, e l'incisivit, del dolorenel mondo. Divenuto un Buddha, si accorge che ogni sofferenza le-gata all'effimero, comprendendo finalmente l'inquietudine del mo-mento giovanile. La Dottrina (Dhamma) consente di attingere una condizione in CUIla sofferenza non possa pi attecchire, poich si abbraccia l'eternit.Il nibbna, la liberazione, non altro che questo stato imperituro, sot-tratto al divenire delle cose.

    8 Cfr. ~nayapitaka, pp. 788b-789a; si veda anche Mahvagga, 1, 6. 9 Cfr. ~nayapitaka, p. 789 a-b; si veda anche Mahvagga 1, 6 e Samyuttanikya, 22,59. 10 Si veda il mio I maestn', Milano 1995, pp. 31-45. 28 BUDDHA

    Ma ora tempo di abbandonare l'ambito teoretico, per descriveregli sviluppi del Sangha.

    La storia di Yasa

    Riguardo alla Comunit, awenne subito un'importante conversio-ne, quella del giovane Yasa. Questi era figlio di un ricco mercante distoffe di Benares (secondo altre versioni, di un banchiere), e vivevanel lusso e nei piaceri, mentre i genitori non gli facevano mancare nul-la. Nonostante ci, tuttavia, era insoddisfatto: awertiva che queltenore di vita non gli consentiva di realizzarsi spiritualmente. Cos,appena sent parlare del Buddha, si precipit al parco di Isipatanaper incontrarlo. In quell'occasione il Tathgata esalt la felicitdella vita di rinuncia, deplorando i piaceri sensuali. Yasa ne fu con-quistato: era proprio il tipo di discorso che avrebbe voluto udire; allo-ra chiese al Buddha di accettarlo nell'Ordine, ove entr immediata-mente 1l Secondo alcune fonti, il Maestro avrebbe impartito al giovane unasorta di insegnamento progressivo: cominciando dalle sempliciistruzioni e norme etiche, si sarebbe poi addentrato nelle questionipi complesse, relative alle quattro verit e all'ottuplice sentiero. Lametodologia didattica del Buddha teneva conto delle esigenze e dellecapacit intellettive dell'interlocutore: questo tratto si sarebbe man-tenuto nel Buddhismo posteriore. I genitori di Yasa, nel frattempo, erano preoccupati per l'assenza delfiglio, e si stavano chiedendo dove mai fosse finito. Ma poi appreseroche si trovava dal Buddha, e il padre si precipit a Isipatana. Durante l'incontro l'Illuminato avrebbe impartito anche al mercan-te una sorta di insegnamento progressivo, limitandosi per alle normeetiche: il padre di Yasa, evidentemente, non aveva la stessa disposi-

  • zione spirituale del figlio. Anche lui, pe~, volle essere accolto nellaComunit, sia pure in qualit di adepto laico (upsaka). Poich il San-gha esisteva gi, l'uomo pronunci la formula poi divenuta classicacon la quale si prendeva rifugio nel Buddha, nella Dottrina (Dham-ma) e nella Comunit. Sembra che questa sia stata pronunciata per laprima volta proprio in questa circostanza. Il mercante s'impegn a rispettare le cinque norme relative ai laici,che il Buddha, probabilmente, promulg per l'occasione: non uccideregli esseri viventi, non prendere ci che non ci viene donato, non dedi-carsi a pratiche sessuali illecite, non mentire e non bere bevandeinebriantil2. Nonostante ci, per, quando l'uomo seppe che il figlio era divenuto

    Il Cfr. rnayapitaka, p. 789b-c; cfr. anche Mahvagga, 1, 7.IZ ~nayapitaka, p. 789c.

    LA COMUNITA 29

    un bhikkhu, si prodig intensamente per convincerlo a tornare a casa.Ma fu tutto inutile: Yasa aveva ormai preso la sua decisione, e il padredovette riconoscerlo. Poi il mercante invit a pranzo il Buddha, e lo stesso Yasa, in qualitdi accompagnatore. Il Maestro non rispose nulla: il che equivaleva aun assenso. Sarebbe stato il primo di una lunga serie di inviti dei laicial Buddha; questi di solito accettava, e si faceva accompagnare daqualche bhikkhu, approfittandone per poi istruire i suoi anfitrioni altermine dei pasti. Si dice che Yasa abbia raggiunto il grado di arahat (santo), al pari deiprimi cinque discepoli del Buddha. Questo termine avrebbe ampiamen-te attecchito nelle scuole del Theravda, o meglio nello Hnayna (Pic-colo Veicolo); nel Mahyna (Grande Veicolo) il saggio veniva qua-lificato con il titolo di Bodhisattva (pli: Bodhisatta). A termini diffe-renti, evidentemente, corrispondevano concezioni etiche differentil3. Nella storia di Yasa si intersecano elementi leggendari e altri, forse,storici. La biografia del giovane risulta molto simile a quella dellostesso Buddha. Per esempio, entrambi avrebbero vissuto in tre palaz-zi, nelle diverse stagioni, poich i rispettivi genitori volevano awiarliai piaceri sensuali. Ma un dettaglio particolarmente indicativo: an-che Yasa, proprio come Siddhattha, sarebbe stato disgustato dallevolgari pose delle cortigiane, al termine di una notte di bagordi. Nonpu trattarsi di semplici coincidenze: una storia deve essere servita damodello all'altra, ma non facile individuare quale. Il giorno dopo, il Buddha e Yasa onorarono l'invito a pranzo. Al ter-mine del pasto, la madre e l'ex moglie di Yasa chiesero all'Illuminatodi essere accolte nella Comunit in qualit di adepte laiche (upsik);anche loro, come il mercante, pronunciarono cos i cinque voti relativiall'etica dei laicil4. La conversione di Yasa dest scalpore, e molti dei suoi amici, quasitutti figli di commercianti, lo imitarono. Cos, l'Ordine and incre-mentandosi rapidamente.

    I fratelli Kassapa

    La stagione delle piogge colse il Buddha e i suoi bhikkhu nel parco diIsipatana. Dovettero porsi tutti al riparo dei bamb, o di alcune ca-panne di foglie, costruite per l'occasione.

  • Al termine di questo periodo il Maestro decise di inviare i monaci ingiro nella zona, in modo da compiere opera di proselitismo. Soltanto

    1 3 Sulla questione, cfr. KATZ N., Buddhist Images of Human Perfection: The Arhant ofthe Sutta-Pitaka Compared with the Bodhisattva and the Mahasiddha, Delhi 1982 (re-print: 1989). 14 Cfr. Vinayapitaka, p. 790a-b; si veda anche Mahvagga, 1, 8.cos, predicando e diffondendo la Dottrina, essi avrebbero awantag-giato il mondo. Li consigli di non procedere mai in due per lo stessosentiero, ma di sparpagliarsi in varie direzioni. Grazie a questa massiccia attivit di predicazione, l'Ordine potespandersi rapidamente. Di l a poco, per, i bhikkhu chiesero al Bud-dha il permesso di celebrare loro stessi l'ordinazione dei numerosiaspiranti che incontravano sul cammino: sarebbe stato proprio sco-modo, o soltanto poco pratico, accompagnarli tutti quanti dal Mae-stro, affinch li accogliesse personalmente nella Comunit. Inoltre,sembra anche che alcuni candidati cambiassero idea durante il viag-gio, disattendendo il proposito iniziale. Tutti questi fattori spinsero ilTathgata a soddisfare le aspettative dei bhikkhu: da quel momento,essi stessi avrebbero potuto conferire l'ordinazione a coloro che vo-lessero riceverla. C'erano alcune disposizioni da osservare. I neofiti dovevano radersibarba e capelli, alla maniera dei samana, per poi indossare abiti gial-lo-ocra (lo stesso colore di quelli del cacciatore, incontrato da Sid-dhattha all'inizio della sua ricerca spirituale). Inoltre, si vietavanoloro i sandali di cuoio, che erano considerati un lusso. Poi, con il gi-nocchio destro a terra e le palme delle mani giunte, essi erano tenutia pronunciare la triplice formula: Io (nome personale) prendo rifu-gio nel Buddha, prendo rifugio nella sua Dottrina, prendo rifugio nel-la sua Comunit. I neofiti dichiaravano altres di avere abbandonatola vita familiare per recarsi dall'Illuminato, rendendolo oggetto di ve-nerazione. Le ultime parti della procedura venivano ripetute tre vol-te In definitiva, la conversione di Yasa aveva avuto esiti molto positivi.Un'altra lievemente posteriore si rivel altrettanto, o forse ancor pi,significativa: quella dei fratelli Kassapa: Uruvela, Nad e Gay. Sitrattava di tre asceti di Uruvel, membri della casta brhmanica e de-voti al dio del fuoco, ciascuno dei quali era a capo di una Comunit.Complessivamente avrebbero avuto all'incirca un migliai di discepo-li, ma forse si tratta di una cifra simbolica. I loro adepti non mendica-vano il cibo nei villaggi, ma accettavano le offerte che venivano recatedirettamente agli eremi. Essi praticavano anche sacrifici animali, inconformit ai precetti dei Veda, i testi basilari dell'Induismo. All'inizio di un inverno molto rigido, mentre la temperatura era bas-sissima, il Buddha capit nei pressi dell'eremo della Comunit pi nu-merosa delle tre, e chiese a Uruvela Kassapa il permesso di trascor-rervi la notte. Sembra che il brhmano glielo accordasse volentieri. Secondo alcune fonti, Uruvela avrebbe rivelato al Buddha che un

    15 Cfr. Vinayapitaka, p. 793a; si veda anche Mahvagga, 1,12. Un'accurata traduzio-ne del passo sulla ritualistica si trova nell'importante opera di A BAREAU, V~vere ilBuddhismo, tr. it., Milano 1990, p. 88.

    serpente velenoso si celava in una capanna: forse al fine di intimorirloe spingerlo altrove, o soltanto per metterlo in guardia. Comunque sia,si narra che il Tathgata abbia soggiogato il rettile con la magia, sven-

  • tando il pericolol6. Per la ricorrenza di un importante sacrificio annuale, nel frattempo,l'eremo era divenuto meta di parecchi visitatori. Uruvela temeva chela presenza del Buddha potesse fargli perdere nuovi adepti; nono-stante ci, per, non gli viet di assistere alla cerimonia. D'altra parte,ricorrendo alla lettura del pensiero, un altro dei suoi poteri magici,l'Illuminato stesso si sarebbe accorto delle apprensioni del brhma-no; cos, per non irritarlo, si sarebbe allontanato temporaneamente disua spontanea volontl7. In fondo, i timori di Uruvela erano di naturaesclusivamente pratica: come tutti i brhmani, questi viveva dei pro-venti delle attivit sacrificali, perci ogni conversione al Sangha loavrebbe privato di clienti potenziali. Ma, in realt, il Tathgata si prefiggeva di convertire proprio Uruve-la! Per questo si sarebbe awalso di certe facolt paranormali (iddhi),compiendo vari prodigi. Certi accenni, tuttavia, sembrano interpola-zioni posteriori: il Buddha era presumibilmente una persona norma-le, e i poteri gli vennero conferiti dalla Scolastica buddhista, in mododa esaltarne la figura. In ogni caso, si narra che per l'occasione egliavrebbe raggiunto in brevissimo tempo un paese lontano, oltre a leg-gere, come s' visto, nel pensiero di Uruvela, e a traversare le rapided'un fiume in piena (!). ~ Sembra che Uruvela Kassapa opponesse una ferma resistenza, pernulla disposto a lasciarsi convertire - un dettaglio puramente agio-grafico che sarebbe stato impressionato dall'erudizione del Buddhain materia vedica. Alla fine, per, il Tathgata sferr il colpo decisivo. Visto che l'im-piego dei poteri paranormali risultava vano, decise di adottare unatecnica squisitamente psicologica: ammon severamente il brhma-no, ricordandogli non soltanto che non era un santo (arahat), ma an-che che non si era neppure incamminato sul sentiero della santit!Kassapa si sent punto sul vivo; cos, all'improwiso, cambi atteggia-mento, riconoscendo la grandezza del suo interlocutore. Questa conclusione sconcertante, poich non sembra affatto moti-vata dallo sviluppo degli eventi. Come mai il duro giudizio del Bud-dha pot determinare una conversione, mentre i miracoli o l'abilitretorica erano risultati inefficaci? Al quesito non c' risposta - ameno che il brhmano non condividesse il giudizio sul proprio conto,stupendosi altamente che qualcuno riuscisse a percepirne, nonostan-te le apparenze, la carenza di autentiche disposizioni spirituali.

    16 Mahvagga, 1, 15.

    17 lvi, 1, 19- 32 BUDDHA

    Comunque sia, stando alla narrazione, a quel punto Uruvela chieseal Buddha di accoglierlo come discepolo nella sua Comunit E quel-lo accett, ordinandogli di comunicare immediatamente la notizia aisuoi adepti, cosicch agissero di conseguenza. A quel punto essi, all'u-nanimit, avrebbero imitato l'ex maestro, prendendo rifugio nel San-gha; quindi, per l'occasione, si tagliarono i capelli, che tenevano rac-colti in crocchial8. E probabile che una conversione collettiva si sia realmente verifica-ta; dopotutto i discepoli prendevano a modello il maestro, e l'atteg-giamento di Kassapa era molto eloquente. D'altra parte, si pu dubi-tare che ne fosse coinvolta la totalit degli adepti.

  • Nad Kassapa, il secondo fratello, vide tra le acque del fiume unaenorme quantit di ciocche di capelli, e pens che a Uruvela fosse ca-pitata una disgrazia. Quando per, con i suoi discepoli, raggiunsel'eremo del fratello, riusc a rendersi conto della situazione Allora av-venne un'altra conversione in massa: Nad e tutti i suoi adepti aderiro-no al Sangha. Ma anche in questo caso potrebbero sorgere perplessi-t, riguardo all'effettiva quantit dei nuovi bhikkhu. Certe modalit narrative si ripetono. Anche il terzo fratello, Gay,vide le ciocche di capelli trasportate dai flutti e si precipit con i suoiaccoliti all'eremo di Uruvela. E superfluo sottolineare che anche inquesto caso si accenna a una conversione unanime. Cos, in seguito alle adesioni dei Kassapa e dei loro seguaci, il nume-ro dei bhikkhu si era notevolmente incrementato. Il Buddha volle de-dicare un sermone alla folla sterminata degli adepti, e li condusse sul-la cima di un monte, situato nei pressi della citt di Gay. Qui decise di parlare del fuoco. Era un tema che gli ex asceti poteva-no comprendere: non avevano forse praticato il culto del fuoco, sottola guida dei tre Kassapa? In questo caso, per, si trattava di un fuocometaforico, che awolge tutti quanti si lasciano soggiogare dai desiderisensuali. Il mondo va in fiamme, se la brama a dominare l'esistenza: questo il tema del celebre Sutta (discorso) del fuocol9. Ne ripor-tiamo alcuni stralci.

    Bhikkhu, tutto brucia; ma cos' tutto ci che brucia? L'occhio brucia. Le forme visi-bih bruciano. La consapevolezza oculare brucia. Il contatto oculare brucia E cos lasensazione - piacevole o spiacevole, oppure n-piacevole-n-spiacevole -, prodottasim base alla condizione del contatto oculare; anche tutto questo brucia. Con che cosabrucia? Brucia con il fuoco della brama, con il fuoco dell'odio, con il fuoco dell'illusio-ne; brucia con la nascita, la vecchiaia e la morte, con il dispiacere, il lamento, la soffe-renza, I'affhzione e la disperazione, dico io. Vedendo questo, bhikkhu, il nobile e saggio discepolo non ha alcuna passione neiconfronh dell'occhio, nei confronti delle forme visibili, nei confronti della consapevo-lezza oculare, nei confronti del contatto oculare. Cos egli non ha alcuna passione nei

    8 Cfr. Vinayapitaka, p. 796b; si veda anche Mahva~ga, 1, 20. 9 Cfr. Mahvagga, 1, 21 e Samyuttanikya, 35, 28.

    LA COMUNITA 33

    confronti della sensazione - piacevole o spiacevole, oppure n-piacevole-n-spiacevole-, prodottasi in base alla condizione del contatto oculare. [Lo stesso discorso viene poiripetuto nei confronti dell'orecchio, del naso, della lingua, della sensazione tattile e delsenso psichico] [...] Divenendo senza passioni, la brama [dell'adepto] svanisce; con losvanire della brama, il suo cuore viene liberato, quando il suo cuore liberato, giungequesto [tipo di] cognizione: Si liberato. Egli comprende [cos]: La nascita esaurita[...]; ci che doveva esser fatto, fatto; non ci sar pi qualcosa del genere in futuro20.

    Fino a quel momento si erano deterrninate importanti conversioni.Ma il Buddha sapeva che avrebbe dovuto contare su un supporto re-gale per un ulteriore ampliamento del Sangha; cos decise di recarsi aRjagaha, la capitale del regno dei Magadha, per rivederne il sovra-no, Bimbisra, una sua vecchia conoscenza. Nonostante che il primo(e unico) incontro tra i due non fosse stato molto significativo, il Mae-stro sperava di guadagnare il re alla propria causa. Bimbisra venne informato della presenza del grande asceta dei Sa-kiya nella zona; cos, decise di andarlo subito a trovare. Quando il cor-

  • teo reale penetr a Latthivana (la foresta dei bastoni), dove eranoalloggiati i bhikkhu, si imbatt in un vasto stuolo di adepti, tra cuiUruvela Kassapa. I Magadha si domandarono se era stato il Buddha a convertirsi allacausa di Kassapa o viceversa: la presenza di tanti discepoli del brh-mano suscitava, infatti, legittimi dubbi. Il Maestro e Uruvela ebberoallora un breve scambio di battute, in modo da fugare certe perplessi-t e definire i rispettivi ruoli. Il Buddha chiese al brhmano come mai avesse abbandonato il cultodel fuoco. Questi replic che aveva finalmente capito la limitatezzadei beni materiali, per cui tale culto diveniva superfluo2l; poi, perchiarire ancora meglio la situazione, si profess apertamente suo di-scepolo. Gli astanti rimasero profondamente sbigottiti: un brhmanocos illustre aveva aderito al 13hamma! Di conseguenza, avrebbe avu-to luogo la conversione di tutti i Magadha presenti, Bimbisra inclu-so: il che offre ragionevoli motivi di dubbio22. Il re si prolung in una professione di fede molto articolata, e invit ilBuddha e i bhikkhu al palazzo per il pranzo del giorno dopo: un onorespecialissimo. In quest'occasione don al Sangha il suo parco di riposo,Veluvana (la foresta dei bamb), situato nei dintorni di Rjagaha, e ilBuddha lo ringrazi con un discorso didattico molto significativo. Per la prima volta la Comunit disponeva di un appezzamento diterreno, per costruirvi un monastero. Fu forse in questa circostanzache il Buddha prese un'importante decisione: i bhikkhu avrebberodovuto trascorrere i tre mesi della stagione delle piogge in un luogo ri-

    20 Cfr. Mahvagga, 1, 21. Si veda anche Samyutta Nikya, 35, 28. 21 Mahva,Q~a, 1, 21

    22 Ibid; si veda anche Vinayapitaka, pp. 797b-798a.parato; esentati dall'obbligo di mendicare il cibo, si sarebbero nelfrattempo sostentati con le offerte dei discepoli laici. Il parco della fo-resta dei bamb fu il primo di questi posti; al pari di altri, che il San-gha ricevette in dono in seguito, non si trovava n troppo lontano, ntroppo vicino alla citt (in questo caso, Rjagaha). Nel frattempo, la conversione del sovrano fu assunta a modello:molti Magadha presero rifugio nella Comunit. Come vedremo, tut-tavia, la vasta adesione popolare venne controbilanciata da una certadiffidenza, che si rese manifesta attraverso le prime critiche all'Ordi-ne.

    Sriputta e Moggallna

    Pressappoco nello stesso periodo, alle origini del Sangha, awenne laconversione di due illustri personaggi: Sriputta e Moggallna. Il Ta-thgata li teneva in altissima considerazione e di fatto, sarebbero statireputati secondi soltanto a lui nell'ambito deila Comunit. Provenivano entrambi da famiglie molto ricche: i genitori di Sriput-ta erano brhmani, mentre soltanto la madre di Moggallna apparte-neva a questa casta - il padre era un guerriero (khattiya). I due eranodiscepoli di Sanjaya, un famoso maestro di Rjagaha, che dirigevauna scuola eterodossa, dal seguito, molto numeroso, di circa duecen-tocinquanta samana. Sriputta e Moggallna strinsero tra loro questo patto: chiunque deidue avesse scoperto una dottrina maggiormente degna di attenzionene avrebbe subito informato l'altro, per poi aderirvi insieme a lui.

  • L'occasione non tard a sopraggiungere. Mentre era intento a mendicare, Sriputta si imbatt nel bhikkhuAssaji. Forse si trattava di uno dei primi compagni di viaggio del Bud-dha, i cinque asceti che lo rinnegarono per avere interrotto le macera-zioni, e che poi, per, aderirono subito al Dhamma, udendo il Sermo-ne di Benares. Sriputta lo osserv con ammirazione: sembrava estre-mamente calmo e tranquillo, come se da ogni suo gesto trasparisse laserenit. Cos volle awicinarlo, per chiedergli di chi fosse discepolo.Assaji dichiar che il suo maestro era il Buddha, l'asceta dei Sakiya.Sriputta, allora, volle approfondire la questione: in cosa consistevala dottrina del Buddha? Bench la cosa susciti perplessit, sembra cheil bhikkhu non abbia saputo dare una risposta soddisfacente all'inter-rogativo (!)23. Questi si giustific, dicendo di essere soltanto un novizio, quindi nonancora esperto in questioni dottrinali. Quest'affermazione non per-mette di identificare il personaggio con uno dei primi discepoli delBuddha, ma forse il passo frutto di interpolazioni. D'altra parte,poco dopo Assaji si sforz ugualmente di istruire l'interlocutore: ilMaestro insegnava che le cose nascono sempre da una causa, e vannoincontro alla distruzione o al declino24. Nonostante questa stringatareplica, Sriputta avrebbe ugualmente colto la sublime verit dell'as-serzione, cio il larvato richiamo alla stretta connessione tra il doloree l'impermanenza; per poi concluderne che, se anche la dottrina delBuddha fosse stata tutta l, si sarebbe gi dimostrata eccellente e per-fetta. Pu essere difficile, per noi moderni, comprendere le motivazionidella presa di coscienza di Sriputta - il dialogo non sembra impernia-to su basi logiche, ma forse proprio per questo certe affermazioni diAssaji possono aver trovato una corrispondenza interiore nel samanaerrante, suscitandone la dichiarazione di fede. Sriputta si precipit dall'amico per metterlo al corrente della nuo-va dottrina, e anche Moggallna ne afferr subito il senso. Cos, i duedecisero di abbandonare Safijaya per entrare nel Sangha, ben prestoimitati da tutti gli altri condiscepoli, i quali li tenevano in grande con-siderazione. Sanjaya fece di tutto per trattenerli, offrendo persino aisuoi due migliori adepti la condirezione della scuola. Ma, a quel pun-to, Sriputta e Moggallna non avevano pi dubbi: l'unica dottrinadegna di essere perseguita era quella che consentiva la totale soppres-sione del dolore. Declinata l'offerta, alla testa di un numeroso corteodi samana i due si diressero verso la Foresta dei bamb per incontrarsicon il Buddha. Come in altri casi, anche qui potrebbero sorgere alcune perplessitin merito all'eventualit d'una conversione unanime al Sangha. Co-munque sia, si narra che Sanjaya, per il dispiacere, avesse un'emorra-gia25; il che abbastanza probabile, anche perch, a quel punto, gli ve-niva a mancare qualsiasi fonte di guadagno! D'altra parte, si pu du-bitare che la sua reazione emotiva lo spingesse alla morte, contraria-mente a quanto indicato dalle fonti. Mentre il corteo si awicinava, il Buddha si awalse delle sue capacitdivinatorie, predicendo che i primi due samana che lo avessero rag-giunto sarebbero divenuti i suoi discepoli pi illustri; per questo, Sri-putta e Moggallna furono ordinati da lui stesso. In seguito, i dueavrebbero attinto molto rapidamente la condizione di arahat; Mog-gallna un po' prima, bench da vari passi canonici sembri trasparireuna lieve inferiorit nei confronti dell7amico. Sriputta avrebbe simboleggiato la saggezza intuitiva e penetrante;

  • Moggallna, invece, i poteri magici o le facolt paranormali, che gliconsentirono di effettuare sorprendenti guarigioni.

    - 24lvi,1,23-24-23Mahva,~a,1,6. 251vi 1 24 In questo periodo, awenne un'ultima significativa conversionequella di Mahkassapa, figlio di un ricchissimo brhmano dei Magadha. Pur vivendo tra i lussi e gli agi, era un uomo che mostr benpresto un totale disinteresse per le cose del mondo. In seguito7 d'ac-cordo con la moglie, adott un rigoroso regime di astinenza sessualeTra i due coniugi c'era una solida intesa spirituale; allorch deciseroentrambi di aderire a una Comunit religiosa, trovarono che il Sanghafaceva al caso loro. Il Buddha not subito le attitudini di Mahkassapa, e lo elogi in varieoccasioni per le eccellenti virt ascetiche. Un passo del Canone mette inluce l'estrema solerzia del bhikkhu: una volta, nel rispetto delle regole,accett persino come cibo il dito putrefatto d'un lebbroso, cadutoglinella scodella26! Sarebbe stato proprio Mahkassapa7 in seguito allamorte del Buddha, a orientare le scelte della Comunit. Con la conversione di questo illustre personaggio si concluse un pe-riodo. A quel punto il Sangha si era molto sviluppato, e annoveravauna vasta quantit di adepti.

    26 Theragth, 1054-56

    Ritorno a casa

    I messaggeri del rja

    Nel frattempo, il passato del Buddha stava per tornare alla luce. Set-te anni erano trascorsi dalla sua partenza da Kapilavatthu, e il padre,Suddhodana, era molto preoccupato. Alla fine il rja decise di inviareChanna e Kludyin, rispettivamente lo scudiero e un vecchio amicodi Siddhattha, tra i Magadha per avere notizie del figlio. Aveva sentitodire che Siddhattha si trovava in quel regno e che forse aveva raggiun-to la meta della sua ricerca spirituale. Nei testi canonici questa vicen-da riferita in varie guise. Alcune fonti ci presentano i due emissari come personaggi moltoastuti, desiderosi di far tornare a tutti i costi il Buddha a Kapilavatthuin conformit alla volont del padre. Secondo queste versioni, Klu-dyin si fece accogliere nel Sangha per avere frequenti occasioni di in-contrare l'Illuminato, e ne approfitt per riferirgli della famiglia, su-scitandone reminiscenze e nostalgie. Di l a poco il Buddha si lasciconvincere7 e promise che sarebbe tornato a Kapilavatthu al terminedella stagione delle piogge. Infine, Kludyin si precipit da Suddho-dana per comunicargli il lieto esito della missione. Altre fonti mettono in secondo piano la strategia di Kludyin, perenfatizzarne invece la ferma e sincera volont di ricevere l'ordinazio-

  • ne, peraltro subito concessa. Anche Channa avrebbe provato lo stessodesiderio; tuttavia, in qualit di scudiero, doveva attendere l'approva-zione della padrona, l'ex moglie del Buddha, prima di avanzare qual-siasi richiesta. Questa seconda versione della storia meno credibile; anche se, vi-vendo nel Sangha, probabile che Kludyin sia rimasto favorevol-mente colpito dalla mite disposizione d'animo e dalla serenit deibhikkhu. Anche qui il Tathgata finisce per promettere ai due emissariche sarebbe tornato dal padre al termine della stagione delle piogge; nel-le intenzioni, lo stesso Kludyin lo avrebbe accompagnato. Esaminando le varie narrazioni, in ultima analisi, l'unico elementostorico della vicenda potrebbe essere la volont del Buddha di rive-dere il padre in un determinato periodo dell'anno.38 BUDDHA

    Prime contestazioni

    Nel frattempo, cominciarono a diffondersi le prime critiche nei con-fronti della Comunit. Molti Magadhi reputavano antisociale la vitadei bhikkhu: chi rinunciava alla casa, infatti, mostrava di non tenere inalcun conto la famiglia; le mogli non avevano pi mariti, e i genitorivenivano privati dei figli. Le conversioni riguardavano le migliori fa-miglie del regno, quelle pi ricche e potenti7 e il fatto che tanti ram-polli di belle speranze abbandonassero le loro ingenti propriet davaadito ad ampie riflessioni. In fondo, ci si preoccupava per questioni didiscendenza o di successione, nel timore che le stesse basi della socie-t venissero improwisamente a sgretolarsi. Secondo le voci popolari,era il Buddha, l'asceta dei Sakiya, a portare tutto questo scompiglio. Di l a poco il malcontento crebbe, e i bhikkhu divennero oggetto delpubblico disprezzo. Al loro passaggio venivano apostrofati duramen-te, con epiteti oltraggiosi e beffardi. Ci si chiedeva, ironicamentequanti altri sarebbero stati strappati ai propri cari: chi sar ora iiprossimo?. Quando il Buddha fu informato dell'ostilit della gente, non se nelasci turbare; anzi, oltre a prevedere che il fenomeno sarebbe statodi breve durata, sugger ai discepoli le risposte pi opportune per con-trobattere le accusel. Queste minime misure precauzionali parverorivelarsi efficaci: dopo circa una settimana, si narra che ogni dissensotacque. Lo storico, tuttavia, ha motivo di dubitarne: poco probabileche la diffidenza di certe classi scomparisse completamente o in brevetempo. In alcune fonti si insiste sull'abilit dialettica del Buddha di zittire gliawersari. Facendo perno sulla duplice accezione del termine Dham-ma (Legge e Dottrina), egli avrebbe sottolineato che non si pro-poneva di infrangere le norme sociali, bens di rispettarle, rivolgendo,beninteso, ogni sforzo ai fini della liberazione. I suoi detrattori di cul-tura giuridica dovettero dedurne che egli sottraeva gli uomini alle fa-miglie mediante la legge, e non contravvenendo alla legge2. Forse que-sta logica poco convincente, ma sembra che molti ne fossero ugual-mente persuasi. D'altra parte, l'insegnamento del Buddha poteva risultare attraenteanche perch era molto innovativo. La gente guardava da tempo consospetto la brama di ricchezza e lo spirito di accumulazione dei brh-mani, officianti autorizzati dei sacrifici vedici. Questo aspetto puaver svolto un ruolo importante nella diffusione del Buddhismo, che era

  • del tutto alieno dalle preoccupazioni economiche e mondane. Si con-

    I Mah~agga, 1, 24.2 Vinayapitaka dei Dharmaguptaka, p. 799b.

    sideri anche che i brhmani che vi avevano aderito, in seguito alle va-rie conversioni, davano ulteriore lustro al Sangha, contribuendo d'al-tro canto a screditare i culti della propria casta. Se ne pu dedurre che in quel periodo l'espansione del Buddhismoai danni del Brhmanesimo risultasse abbastanza scontata: i tempi ri-chiedevano l'adozione di una nuova mentalit, e il Dhamma venivaincontro a certe esigenze. Ecco perch, probabilmente, i dissensi neiconfronti dei bhikkhu furono di breve durata o scarsamente incisivinel tessuto storico dell'epoca. Si osservi anche che i sacrifici venivano celebrati in sanscrito, linguache la gente comune non comprendeva affatto: ci accentuava il di-stacco dei brhmani dal volgo, suscitando la legittima aspettativa diuna religione pi semplice e diretta. Infine, riguardo alla cessazione delle critiche va sottolineato il pro-babile impegno diretto di Bimbisra, il quale e~a un appassionato so-stenitore del Buddhismo.

    Kapilavatthu

    Venute finalmente meno le varie critiche e contestazioni, il Buddhapart per Kapilavatthu, in modo da rivedere i suoi cari. Il fido Sriput-ta e altri bhikkhu viaggiavano al suo seguito; altre versioni menziona-no anche Kludyin, il messaggero di Suddhodana. Si trattava di per-correre un lungo tragitto, di circa seicento chilometri. La marciaavrebbe impegnato duramente i partecipanti per non meno di duemesi; inoltre, era necessario attraversare il Gang (=Gange). Secondo le fonti, il Buddha avrebbe compiuto parecchi prodigi du-rante il percorso, ma non il caso di prestarvi fede. Al termine di un lungo e faticoso itinerario, finalmente, la meta furaggiunta. In conformit alle leggi, il Maestro decise di fermarsi in unboschetto nei pressi della capitale: in mancanza di un invito, era infat-ti vietato a un asceta itinerante far visita a un rja. Dopodich, in com-pagnia dei suoi bhikkhu, entr a Kapilavatthu il giorno seguente permendicarvi il cibo. Sembra che la notizia del suo arrivo sia stata comunicata al padresoltanto in questa circostanza. Cos, Suddhodana si affrett ad andar-gli incontro, irritato dal suo comportamento: un nobile dei Sakiya, perdi pi figlio del rja, veniva colto a mendicare! Ma il Buddha replicche, in quanto samana, non aveva nulla da rimproverarsi: gli asceti er-ranti si sostentavano proprio in quel modo, tutt'altro che indecoroso.Suddhodana non riusc a comprendere le motivazioni del figlio, eneppure come mai questi, awezzo ai lussi e agli agi, si adattasse a vi-vere all'addiaccio come uno straccione. E probabile che il rja, mosso da sincero affetto, si preoccupasse per 40 BUDDHA

    le sorti del figlio: dopotutto, vedeva awerarsi le varie profezie. Seper si valuta l'aspetto cultuale ed economico della questione, neemerge una prospettiva differente: venendo per qualsiasi motivo amancare il primogenito, i genitori non disponevano pi dell'esecutoredi diritto del loro rito funebre, per cui dopo la morte erano condanna-

  • ti a vagare come fantasmi affamati sulla terra3. La partenza del Bud-dha dalla casa paterna, al pari di quella di altri primogeniti (o figli unici)di nobili famiglie, pregiudicava i diritti alla successione, rendendo ne-cessaria una differente ripartizione del patrimonio parentale: dalla scel-ta del vagabondaggio spirituale risultava dunque un notevole squili-brio sociale. D'altra parte, neanche Yasodhar, l'ex moglie del Buddha, potevarestarsene calma e tranquilla: dopo tanti anni di separazione non potfare a meno di accogliere, com'era prevedibile, il coniuge con sdegno.Inoltre, colta dal risentimento gli istig contro il figlio Rhula, esor-tandolo a reclamare la sua parte di eredit. Ma il Maestro fu subitopronto a reagire: approfitt addirittura della circostanza per far en-trare il piccolo nella Comunit! L'ordinazione maggiore sarebbe av-venuta in seguito, ma intanto Rhula, a soli otto anni, venne accoltonel Sangha, per essere affidato alle cure di Sriputta. Questa vicenda inaspr ulteriormente i rapporti gi tesi tra Suddho-dana e il figlio ribelle: al rja veniva sottratto un altro affetto. Per se-dare le ire del padre, il Buddha dovette promettere che da quel mo-mento in poi i bambini sarebbero stati accettati nell'Ordine soltantocon il permesso dei genitori. Ma intanto Rhula restava nella Comu-nit: la decisione dell'Illuminato era irrevocabile4. In altre fonti descritta una situazione pi idilliaca: pur insistendosulla delusione di Suddhodana, in seguito alle scelte del figlio, si met-te in ombra iI risentimento di Yasodhar per accentuarne, anzi, lacomplicit con il Buddha. Yasodhar viene presentata come una don-na molto comprensiva, nonch partecipe degli ideali dell'ex marito; eSl insinua persino che non stesse neppure dormendo, la fatidica nottein cui Siddhattha abbandon Kapilavatthu: sarebbe stata pienamenteconsenziente alla partenza, al punto tale da averla agevolata di perso-na! La prima versione, in ultima analisi, forse la pi attendibile: sem-brerebbe una fedele descrizione delle probabili reazioni d'una moglieabbandonata. E non si pu che dubitare delle narrazioni che dipingo-no Yasodhar come una sorta di S. Chiara, nei confronti d'un Bud-dha/S. Francesco d'Assisi! In definitiva, per quanto riguarda l'espansione del Sangha, quale fu

    3 Cfr. A. BAREAU, Recherches sur la biographie du Bouddha dans les Strapitaka et lesVinayapitaka anciens, Paris, Pubblicazioni dell'E.F.E.o., p. 358. 4 Mahvagga, 1, 54.

    RITORNO A CASA 41

    l'esito del viaggio del Buddha a Kapilavatthu? Nel complesso, le con-versioni sembrano essere state scarsamente rilevanti. Tra gli altri venne ordinato Nanda, il fratellastro del Buddha, cio ilfiglio di Mahpajpat. Il suo noviziato dovrebbe essere stato ferma-mente incoraggiato dal Maestro: Nanda, infatti, non era convinto del-la propria decisione. Il Canone mette in risalto la sua immaturit: eraun giovane affascinante, molto attratto dalla bellezza muliebre, e lavita di rinuncia non gli si addiceva. Contrariamente al fratellastro, eglinon aveva fatto una scelta, e i primi tempi della sua carriera monasti-ca furono densi di rimpianti; a ci si aggiunse una profonda nostagliaper l'ex moglie, Janapadakalyn. Alla fine, per, Nanda si sarebberaweduto, dando esempio di una sincera dedizione al Sangha: istrui-to dal Buddha sulla transitoriet dei piaceri mondani, avrebbe elimi-

  • nato ogni perplessit, conseguendo addirittura il grado di arahatS.Questo dettaglio per storicamente dubbio: forse si vuole riabilitareNanda soltanto per dare lustro alla famiglia del Buddha. Mentre il Maestro si trovava a Kapilavatthu fu invitato pi volte apranzo dal padre, insieme ai suoi bhikkhu. Al termine di una di questeoccasioni Suddhodana don al Sangha il palazzo estivo di Siddhattha,situato a nord della capitale, perch fosse trasformato in monastero(ma assai dubbio che il Buddha abbia posseduto in giovent un pa-lazzo del genere; cfr. Storia di una nascita). L'ultimo pasto si sarebbe concluso con un disperato tentativo delrja in modo da riconquistare il figlio alla propria causa politica, gliavrebbe annunciato di voler abdicare in suo favore. Ma l'Illuminatorifiut di divenire la nuova guida militare dei Sakiya: la sua missionenon poteva limitarsi a una stirpe, ma era rivolta al mondo intero, a tut-ta la congregazione degli esseri viventi. D'altra parte, probabile che Suddhodana non avesse nemmeno lafacolt di mantenere certi impegni: la carica di rja era elettiva, anzi-ch ereditaria, e la scelta del suo successore non dipendeva da lui.Certi dettagli sembrano dunque in contrasto con la realt storica, esoddisfano un intento meramente agiografico, forse per sottolineareil completo distacco del Buddha dai beni terreni. Infine il Maestro part da Kapilavatthu, alla volta di Rjagaha.

    La questione delle caste

    Nei pressi di Anupiy, una localit della repubblica dei Malla, du-rante il viaggio di ritorno il Buddha ordin personalmente sette disce-poli, tra cui l'ex barbiere Upli. Questi avrebbe deciso di convertirsiprendendo a modello alcuni nobili Sakiya: se persino loro, rampolli delle 42 BUDDHA

    migliori famiglie, troncavano i legami con la societ, la vita del Sanghadoveva essere spiritualmente assai vantaggiosa. L'accettazione di unbarbiere significativa, poich indica l'atteggiamento di estremaapertura della Comunit nei confronti delle caste. Tra gli altri convertiti c'erano alcuni cugini del Buddha: uno di essi,Ananda, ne sarebbe divenuto il discepolo pi devoto, oltrech l'atten-dente; un altro, Devadatta, figlio del fratello della madre del Buddha,avrebbe invece provocato una grave scissione nella Comunit, in se-guito ad aspre polemiche. A quel punto il Sangha era abbastanza sviluppato. Come si pu evin-cere dall'emblematico esempio di Upli, vi venivano ammessi i mem-bri di qualsiasi casta: guerrieri (khattiya), brhmani, vessa (sanscrito:vai~ya) e sudda (sanscrito: ~dra). La terza casta comprendeva i com-mercianti (e i banchieri); la quarta, gli artigiani e tutti coloro che svol-gevano un lavoro dipendente. L'approccio del primo Buddhismo alla questione delle caste permolto complesso e articolato. All'interno della Comunit, nessuna di-stinzione tra le caste veniva pi tracciata o tenuta in considerazione:tutti indossavano lo stesso abito di colore giallo-ocra, in modo da en-fatizzare un'atmosfera di parit e di uguaglianza. All'esterno, per, ledistinzioni venivano mantenute, quanto al codice comportamentaleche regolava i rapporti dei bhikkhu con le varie caste. Inoltre, si po-trebbe anche sottolineare che il Buddha non si sforz affatto di sop-primere l'assetto castale indiano; bench a ci si possa facilmente re-plicare che questo non si era ancora sviluppato, e che soltanto nel Me-

  • dioevo avrebbe mostrato le proprie rigidit e chiusure. In definitiva,un elemento decisamente innegabile: che l'accesso all'Ordine nonfosse regolato dal diritto di nascita costituiva una condizione assai in-novativa per l'epoca. Da un altro punto di vista, si pu sottolineare che il Buddha propen-deva per un'aristocrazia spirituale, fondata sui valori dell'intelligenza.Lo SCIOCCO veniva discriminato, cio escluso dall'insegnamento: sipartiva dall'idea che per comprendere lo spirito della Dottrina occor-ressero certe qualit; e sembra che fossero quasi sempre i bhikkhu delceto dei fuoricasta a essere severamente biasimati dal Maestro, a cau-sa della loro consapevolezza limitata. Anche tra i bhikkhu e i laici veniva tracciata una netta linea di de-marcazione: soltanto i primi potevano conseguire la condizione diarahat; gli altri erano ritenuti in grado di arrivare soltanto fino a uncerto punto, non potendo attingere il nibbna in questo mondo. Cio-nonostante, questi ultimi non venivano scoraggiati: conformandosipuntualmente al Dhamma, i laici avrebbero potuto creare le condi-zioni favorevoli per rinascere come bhikkhu e realizzare le loromassime aspirazioni.

    RITORNO A CASA 43

    Alcuni studiosi contemporanei negano l'esistenza di questa linea didemarcazione tra le due categorie, sebbene le fonti risultino assaiesplicite in proposito. Il ruolo dei laici sar contemplato in altra lucesoltanto nel Grande Veicolo, mentre il Piccolo Veicolo esalta lo statomonacale, come requisito essenziale alla condizione di arahat6. Eprobabile che certi studiosi vogliano semplicemente venire incontro alleesigenze delle scuole buddhiste attuali, volte a ridimensionare le diffe-renze tra i due veicoli, quindi tra i bhikkhu e i laici. Questo atteggiamentopotrebbe essere perfettamente lecito, ma, seviene adottato per giudicarele posizioni del passato, finisce per rivelarsi decisamente acritico. In merito alla questione delle caste, vanno aggiunte altre considera-zioni. Come s' visto il Buddhismo pregiudicava gli interessi dei brh-mani, facendo loro perdere clienti e guadagni. Si potrebbe dunquesupporre che i membri di questa casta si tenessero ben lontani dalSangha; in realt, vero il contrario: tra i discepoli del Buddha essierano in netta maggioranza, rispetto ai membri delle altre7. Mentre iceti inferiori, che nelle aspettative avrebbero dovuto essere pi inte-ressati - dopotutto, nel clima di uguaglianza dell'Ordine la loro con-dizione sociale veniva a migliorare - non risposero all'appello delDhamma in misura altrettanto consistente. Da un lato, per educazione e per estrazione sociale il Buddha ritene-va la casta dei guerrieri superiore alle altre; da un altro, sottolineavache lo stato di nascita non ha alcun peso nei riguardi del nibbna, unameta che risulta alla portata di qualsiasi casta. Un importante passo supporta quest'ultima concez