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Architetti in SiciliaCollana diretta da Maria Giuffrè e Maria Luisa Scalvini

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Ettore Sessa

Ernesto Basile1857-1932

Fra accademismo e “moderno”, un’architettura della qualità

FLACCOVIO EDITORE

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RingraziamentiQuesto libro di sintesi si inserisce nel mio percorso di tre decenni di ricerche, mostre e pubblicazioni su ErnestoBasile. Pertanto sento il dovere di estendere i ringraziamenti non solamente a chi mi ha effettivamente aiutatonella realizzazione di questo volume ma anche a chi come Gianni Pirrone mi ha iniziato a questi studi e a chi,come Giuseppina Cotroneo Catania, Ezio Godoli, Enrico Guidoni e Marco Pozzetto, mi ha accompagnato nellamia formazione di studioso e mi ha aperto nuovi orizzonti di conoscenza e di riflessione anche sullo specificocontesto culturale europeo del periodo di Basile. In un’ottica più allargata temporalmente, rispetto alla sola ste-sura di questo volume, ritengo di dover ringraziare anche Giuliana Titi Basile e Domitilla Alessi che all’inizio delmio percorso hanno avuto fiducia in me, non facendomi mai mancare nei decenni seguenti il loro appoggio e illoro affetto. Ma un particolare ringraziamento va ad Eliana Mauro con la quale ho svolto il mio percorso di cre-scita e ho condiviso tutti questi anni di studi. A lei devo incoraggiamenti e scambi di riflessioni, di ricerche e dislanci interpretativi. Con lei ho discusso in tutte le sue fasi questo lavoro e a lei devo la prima revisione del rela-tivo volume. Ho un debito di riconoscenza con Maria Giuffrè e Maria Luisa Scalvini che hanno curato la reda-zione del volume. Infine voglio ringraziare i giovani studiosi Loredana Manata, Patrizia Miceli, Gaetano Palaz-zolo, Livia Realmuto, Giovanni Rizzo, Davide Ventimiglia che mi hanno coadiuvato nel portare a termine le ricer-che sui progetti di Ernesto Basile.

Dedico questo libro alla mia mamma, Vincenza Pellegrini.

Proprietà artistica e letteraria riservata all’Editore a norma della Legge22 aprile 1941, n. 633. È vietata qualsiasi riproduzione totale o parziale anche a mezzo di fotoriproduzione, Legge 22 maggio 1993, n. 159.

ISBN 978-88-7804-478-4

www.flaccovio.com [email protected]

© 2010 copyright by S. F. Flaccovio s.a.s. - Palermo, via Ruggero Settimo, 37

Stampato in Italia - Printed in Italy

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INDICE

Introduzione pag. 7

CAPITOLO ILa formazione a Palermo e il periodo romano » 13

CAPITOLO IIVerso la ricerca del nuovo » 25

CAPITOLO IIILa via siciliana al modernismo » 43

CAPITOLO IVIl ritorno alla classicità » 61

EPILOGO

La maniera e la scuola » 83

Note » 91

Nota bio-bibliografica e cronologia delle opere e dei progetti » 97Referenze grafiche e fotografiche » 106Bibliografia » 107Indice dei nomi » 111

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Ernesto Basile in una foto di fine Ottocento

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Introduzione

Con la relazione L’architettura dell’Ottocento in Sicilia presentata nel 1950 da EdoardoCaracciolo al VII Congresso Nazionale di Storia dell’Architettura, cui fa implicito riferi-mento Bruno Zevi nella sua Storia dell’architettura moderna, la storiografia architettonicaitaliana, dopo i giudizi sostanzialmente negativi espressi in avanzata era fascista, intrapren-deva il percorso di riabilitazione critica e, poi, di autentica rivalutazione della figura diErnesto Basile.Contemporaneamente muovevano i primi passi studi più articolati e approfonditi sul moder-nismo europeo. Ma se l’Art Nouveau nelle sue diversificate manifestazioni riacquistava unasua risonanza, forse mai perduta in casi come quelli di Victor Horta e di Otto Wagner, laricomparsa di studi su Ernesto Basile fu un fenomeno più lento, spesso viziato, soprattuttofra gli anni cinquanta e settanta, da una sorta di damnatio memoriae del contesto socio-cul-turale di appartenenza.Eppure l’attività progettuale e gli studi di Ernesto, figlio di Giovan Battista Filippo Basile(complessa figura di intellettuale-architetto inizialmente partecipe della cultura tardo-romantica e, nella maturità, protagonista di primo piano dell’eclettismo sperimentale dimarca positivista), furono precisa espressione della sua epoca sia in relazione alla culturainternazionale, anche se soltanto per la prima metà del suo percorso professionale e scienti-fico (che precede il primo conflitto mondiale), sia in relazione al contesto palermitano, delquale in campo artistico e architettonico fu lungamente protagonista e sottile interprete.Fin dall’inizio della sua carriera professionale e accademica Ernesto instaura con il padre,suo docente negli studi universitari, un dialogo intellettuale e culturale sui principi teoricidell’architettura, e sulla ricerca di uno “stile nuovo”, rinsaldato dall’incarico di assistentepresso la sua cattedra e dalla collaborazione (1880-1881) nel cantiere del Teatro Massimo.Protagonista di ben tre stagioni culturali, Basile attraversa criticamente la fase finale dell’e-clettismo, il modernismo (nel periodo più vitale di diffusione del movimento e nella sua sta-gione matura) e, infine, buona parte di quella tendenza che per quasi tre decenni opera neltentativo di risemantizzare e di codificare l’azione di “riforma” della nomenclatura architet-tonica innescata proprio agli esordi del modernismo. L’interesse verso le sue opere si inten-sifica già a partire dagli anni della realizzazione a Palermo del grande complesso dei padi-

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glioni della IV Esposizione Nazionale del 1891. Nel periodo compreso fra il 1899 e il 1916 siregistra la maggiore attenzione della critica specializzata; innumerevoli, in questo arco tempo-rale, sono gli articoli e i saggi, o i soli repertori illustrativi, sulla sua produzione pubblicati inalcuni volumi e, soprattutto, nei più qualificati periodici di settore, sia italiani che stranieri,quali «L’Arte Decorativa Moderna», «L’Architettura Italiana», «Emporium», «L’EdiliziaModerna», «Per l’Arte», «L’Arte Italiana Decorativa e Industriale», «Memorie di un Archi-tetto», «The Builder», «Academy Architecture», «The Studio», «Der Architekt», «DeutscheBauzeitung», «Centralblatt der Bauverwaltung», «L’Architettura pratica». Tra le firme piùricorrenti vanno annoverate quelle di Enrico Thovez, Cesare Battaglia, Vittorio Pica, AlfredoMelani, Primo Levi, Raffaele Savarese, Pietro Chiesa, Giulio Ulisse Arata e, fra i non pochistranieri, Gustave Soulier. Gli ultimi sedici anni dell’attività professionale di Basile accusanouna progressiva caduta di interesse da parte della pubblicistica, solo parzialmente riconduci-bile alla sopravvenuta inconciliabilità della maniera basiliana con i nuovi indirizzi della cultu-ra italiana del progetto, indistintamente dei neo-tradizionalisti o dei “novatori”. Nel riconoscere a Ernesto Basile (testé scomparso) il ruolo di personalità emergente, sullarivista «Architettura» del settembre 1932 Marcello Piacentini ne contesta tuttavia la praticamodernista leggendola in chiave di abbandono della retta via di rinnovamento tracciata dalpadre e delineando quella che per diversi decenni si configurerà come una riflessione criti-ca negativa, a partire dal generale “disgusto” epocale per l’adozione del linguaggio moder-nista nell’aula del Parlamento a Montecitorio. Due anni dopo, in occasione della commemo-razione ufficiale, Alberto Calza Bini, Gustavo Giovannoni, Giuseppe Capitò, SalvatoreCaronia Roberti ne valutano invece l’incidenza culturale con più attenta prospettiva storica.Calza Bini, allora segretario del Sindacato Nazionale Architetti, coglie le attese di rinnova-mento che agitavano il periodo modernista, rispetta la scelta di autonomia fatta da Basile neiconfronti delle opere paterne, e giustifica quella che definisce una «posizione d’avanguar-dia» quale necessario momento di transizione nel costante divenire dell’arte. Giovannoni,mettendolo a confronto con la coeva cultura europea, si pronuncia del tutto a favore di Basi-le e della sua opera; delinea il profilo dello stato della nuova architettura in quel primodecennio del Novecento, attribuendone l’insegnamento soltanto a tre scuole, fra quelle ope-ranti in Europa, e pertanto affiancando la scuola siciliana di Basile a quelle di Otto Wagner aVienna e di Theodor Fischer a Stoccarda. Capitò (allievo, assistente dal 1897 al 1907 e colla-boratore di studio) dalla sua viva esperienza ne conferma la statura di “caposcuola” e di Mae-stro. Anche Caronia Roberti (allievo e collaboratore) nel suo discorso indugia sulla vastitàdella produzione e si impegna a giustificarne ciò che viene considerato, in quel momento, uncompiacimento nei confronti dell’«ornamento», forza la sua lettura sulle diverse accezionidel termine e punta all’individuazione dei valori «assoluti» della produzione basiliana. Dallasua mirata monografia del 1935 sul Maestro emergono le cause del “fraintendimento” del-l’opera di Basile: la cura del particolare e la sensibilità estetica per il dettaglio, rintracciabiliin ogni opera, avrebbero infatti posto in secondo piano, all’attenzione dei critici, il valoredella sua architettura (organicamente intesa) a favore di un positivo giudizio, poi dimostra-tosi riduttivo, sull’abilità di “decoratore”.

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Introduzione

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Bisogna attendere le Celebrazioni dei Grandi Siciliani, e la mostra retrospettiva sui Basile eGiuseppe Damiani Almeyda del 1939, perché Plinio Marconi riconosca a Ernesto lo stessospessore culturale del padre, ne esalti la rara capacità di sintesi nella commistione dell’origi-ne “floreale” con quello che definisce “eclettismo integrale”, e ne rilevi la estrema versatili-tà nel ricondurre «il molteplice all’unitario, il complesso al semplice».Dopo gli approfondimenti di Edoardo Caracciolo (1950), che ne raffronta positivamente laproduzione con quella del coevo contesto europeo, e particolarmente con la Vienna di JosefHoffmann, Ernesto Basile entra così, a pieno titolo, nelle “storie” dell’architettura italiana,con Bruno Zevi (1950) e con Leonardo Benevolo (1960), nonché con l’importante contribu-to di Vittorio Ziino (1959) che ne aveva rivisitato la figura e il rapporto di continuità disci-plinare con il padre attraverso il manoscritto giovanile sui principi dell’architettura (stilato aRoma nel 1882). Più tardi (1965-1975), gli studi sul modernismo metteranno ancora a con-fronto l’esperienza italiana con quella europea, confermando Ernesto Basile come uno deipossibili interlocutori a livello internazionale.Nel consolidarsi della figura di architetto modernista e nell’ampliarsi degli studi sulle sueopere si colloca il saggio di Gianni Pirrone del 1965 sulla progettazione basiliana di mobilie arredi e sul rapporto di collaborazione con la fabbrica di mobili Golia-Ducrot di Palermo.Grazie a questo studio, nel 1968 il volume di Rossana Bossaglia sul liberty, complessiva ana-lisi del modernismo italiano, riconosce un ruolo di primo piano ad Ernesto Basile qualeinnovatore e caposcuola. Negli anni a seguire Pirrone avrebbe ampliato il raggio di azionedei suoi studi su Basile relazionandone saldamente l’esperienza all’ambiente culturale locale(e ai precedenti architettonici) e interessandosi dell’intera produzione basiliana (per poioccuparsi fra il 1981 e il 1984, con lavori monografici, di singole opere come il palazzoBruno di Belmonte a Ispica, il villino Basile, il completamento del Teatro Massimo).La rivalutazione del fenomeno modernista coinvolge l’Italia prima con una mostra a Milano(Palazzo della Permanente, 1972), dove si espongono alcuni disegni e arredi di Basile, e l’an-no successivo con una mostra a Palermo, curata da Pirrone, con disegni, fotografie, oggetti,arredi dei protagonisti del liberty siciliano e materiale documentario sulla città, sottolinean-do l’aura di «piccola capitale dell’Art Nouveau» che Leonardo Sciascia le aveva attribuito.Nel 1980 la Biennale di Venezia organizza una mostra monografica su Ernesto Basile, condisegni, fotografie, arredi, e ne pubblica il catalogo illustrando la sua produzione architetto-nica. A Basile, ai suoi allievi e fiancheggiatori, alla società e cultura dell’età modernista, èdedicata poi la mostra del 1981 Palermo 1900 con il relativo catalogo. In seguito, le sue operesaranno oggetto anche di studi monografici e le testimonianze dei suoi modi progettualisaranno ospitate in diverse mostre, nazionali e internazionali.Ne consegue il rafforzarsi della sua figura come esponente di primo piano della culturaarchitettonica italiana del periodo compreso fra l’ultimo decennio del XIX secolo e i primidue del Novecento, e come uno dei protagonisti di quell’internazionale delle periferie cultu-rali del modernismo europeo che costituì una formidabile rete di affermazione e diffusionedel «nuovo sentire» estetico dell’Art Nouveau e delle relative rivoluzioni del gusto. Se tutta-via è principalmente per questo circoscritto aspetto della sua poco più che cinquantennale

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Ernesto Basile, 1857-1932. Fra accademismo e “moderno”, un’architettura della qualità

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attività di progettista (1878-1931), oltre che di docente (1880-1931) e di studioso, che vienericordato dalla storiografia architettonica, è indubbio il superamento, ormai in atto datempo, della convinzione circa il suo operare nel “vuoto storico”, che gli studi degli ultimidecenni hanno del tutto ribaltato.Ernesto Basile si forma infatti agli insegnamenti del padre (fautore del pareggiamento dellearti e di un generale rinnovamento dell’architettura), grande esponente dell’eclettismo spe-rimentale italiano e autore del Teatro Massimo di Palermo (oltre che figura polivalente del-l’intellighènzia italiana risorgimentale), frequentando gli ambienti della cultura positivistapalermitana e, poi, i cenacoli artistici romani nel decennio della sua permanenza nella capi-tale come docente universitario. Al suo rientro in una Palermo fin de siècle in piena trasfor-mazione (e ricca di potenzialità economiche e di slanci socio-culturali), la duplice afferma-zione come progettista votato alla «ricerca del nuovo», pur sempre in seno all’esperienzaeclettica e allo storicismo, e come alto esponente del mondo accademico, non allineato conl’ondata tradizionalista dell’età umbertina, gli garantiscono un successo professionale senzaprecedenti nella storia dell’architettura siciliana del XIX secolo, al quale è anche legata lafortuna della sua personale formulazione di una “via siciliana” all’Art Nouveau.All’altare estetizzante della “qualità” quale catarsi onnicomprensiva dell’individuo modernoe azzerante qualsiasi legame col passato, postulata dalla più oltranzista cultura modernista,Basile contrappone una modernità priva di clamori e capace di suscitare memorie rassicu-ranti senza, tuttavia, cedimenti o seduzioni tradizionaliste. Del suo modo, singolare ma nonisolato, di essere modernista, si rintracciano alcuni segnali persino nella produzione scienti-fica giovanile come pubblicista (sotto diversi pseudonimi) per il periodico «Pensiero edArte». I suoi articoli del 1878-79 per questa dimenticata fucina di giovani intellettuali sicilia-ni (basti citare l’assidua presenza di quel Gabriele Buccola che avrebbe rivoluzionato la psi-chiatria italiana) spaziano da argomentazioni teoriche a studi di storia dell’arte e dell’archi-tettura, a trattazioni di critica o di temi tecnologici: firma con lo pseudonimo “Astragalo”scritti impegnativi di tono trattatistico o teorico-critico, sintomatici della sua successiva pro-duzione scientifica e dei suoi modi architettonici e nei quali delinea alcune varianti interpre-tative sul pareggiamento delle arti; adotta lo pseudonimo “Zambajon” per gli articoli dicostume, mentre per la saggistica si firma “Volando”. In quest’ultima categoria rientra l’ar-ticolo Arte Accademica e Arte Personale, acerbo manifesto di un programma di rifondazioneestetica della cultura del progetto e del pensiero artistico.In un’epoca caratterizzata dalla diffusa laconicità teoretica in materia di scienze architetto-niche, soprattutto per quanto attiene alla cultura del progetto, assumono un certo interessele sue rare dissertazioni sull’attività progettuale svolta nel primo decennio di impegno pro-fessionale. Fra le numerose memorie dei diversi progetti di concorso pubblica l’articolo Peril mio progetto del Palazzo di Giustizia e per l’Arte (1884) in risposta alle osservazioni sullascelta dello stile adottato. Rilevante è infine il saggio Giacomo Serpotta (1656-1732) del 1911,uno dei primi recuperi storico-critici dei caratteri artistici dell’età barocca siciliana, dopo gliscritti di Gioacchino Di Marzo e di Vincenzo Pitini, in linea con la volontà di rifondazionesu base fenomenica dei codici architettonici e con attenzione nei confronti delle arti appli-

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Introduzione

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cate e dell’industria artistica, come avevano dimostrato le sue partecipazioni alle esposizioniinternazionali d’arte e di arti decorative moderne svoltesi a Torino nel 1902 e a Venezia dal1903 al 1909, nonché a Milano nel 1906.La sua attività professionale, praticata in diverse città italiane, ma soprattutto a Palermo, aRoma e in un gran numero di città della Sicilia, è stata esaltata da una singolare capacità pro-gettuale e da una eccezionale resa grafica. Cenacoli artistici e scientifici (come, a Palermo, ilCircolo Artistico e il Circolo Matematico), committenti facoltosi e colti di spiccata vocazio-ne internazionalista e imprese all’avanguardia, sia per aggiornamento tecnologico che perstrategia economica, furono certamente determinanti nella fortuna della sua produzioneprogettuale.La volontà di far nascere un movimento modernista meridionale, ipotesi perseguita congrande determinazione e fin quasi al successo nel primo lustro del XX secolo, si sarebbe tut-tavia infranta contro l’impermeabilità tradizionalista di gran parte degli ambienti artisticinapoletani e siciliani. La doppia natura internazionalista e regionalista della sua linea cultu-rale modernista, anche se ormai condannata alla perdita dei contenuti pluridisciplinari, sidimostrò tuttavia ugualmente vincente, tanto da superare la crisi dell’Art Nouveau dellaseconda metà del primo decennio del Novecento traghettando la sua esperienza verso quel-la revisione accademica del modernismo che ne permise la facile diffusione in tutta l’isola ela creazione di un vero e proprio filone architettonico con echi in ambito nazionale.

Alzato del chiosco Ribaudo in piazza Giuseppe Verdi,Palermo, 1894

Alzato del chiosco Vicari in piazza Giuseppe Verdi,Palermo, 1896

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Pianta e sezione del progetto presentato al concorso per il Monumento ai caduti nellabattaglia di Calatafimi (Trapani), 1885

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L’architettura di Ernesto Basile del primoperiodo di attività riflette problematicamen-te il clima eclettico dominato dal dibattitosullo “stile nazionale”; ne stempera però ilconvenzionalismo manualistico e ne scon-giura la greve trasfigurazione accademizzan-te dei repertori della tradizionel.La prima esperienza professionale lo vedeimpegnato nel completamento della casa difamiglia a Santa Flavia, nel territorio diBagheria. Progettata e realizzata dal padre,gliene viene affidato il cantiere nel 1878, nelmomento in cui dovevano eseguirsi le operedi rivestimento e quelle scultoree degli ele-menti lapidei esterni, per il temporaneoallontanamento di Giovan Battista Filippo,impegnato nella realizzazione del padiglioneitaliano per l’esposizione internazionale diParigi di quello stesso anno2. Sono anche glianni in cui si occupa, con l’attività di pubbli-cista per la rivista «Pensiero ed Arte», deglisviluppi dell’arte e dell’architettura contem-poranee mostrando, nonostante la giovaneetà, la portata teorica della sua preparazionescientifica, principalmente affidata al padreper le discipline architettoniche (negli annidi studio presso la Facoltà di Scienze Fisichee Matematiche e poi presso la Regia Scuola

di Applicazione) e a Giuseppe Patricolo peril disegno architettonico.La partecipazione, nel 1880, al primo con-

CAPITOLO I

La formazione a Palermo e il periodo romano

Casa Basile a Santa Flavia (Palermo), 1878

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corso nazionale per il monumento a VittorioEmanuele II in Roma è, per Basile, l’unicaoccasione per una effettiva esperienza con ilpadre3. Quasi contemporaneamente, nel1881, progetta l’irrealizzata dimora palermi-tana della sua famiglia nel viale della Liber-tà: un progetto che, insieme a quello per l’e-legante palazzina, anch’essa poi non esegui-ta, per Gaetano Orioles barone d’Antalbo ealla casa Basile a Santa Flavia, dà luogo a

una prima trilogia sperimentale nel campodella tipologia residenziale unifamiliare. Ènel dicembre del 1881, dopo esservisi reca-to insieme al padre per consegnare le tavolee il modello ligneo del progetto per il monu-mento a Vittorio Emanuele II, che si trasfe-risce a Roma. All’inizio dell’anno seguenteottiene l’incarico di assistente alla cattedra diArchitettura Tecnica di Enrico Guj presso laRegia Scuola di Applicazione per Ingegneri esi iscrive al Collegio degli Ingegneri edArchitetti di Roma. Ancora degli anni ottan-ta del XIX secolo sono i progetti presentatiai grandi concorsi nazionali per le sedi istitu-zionali della capitale. È una produzione chesvela una forte personalità, in grado di for-mulare soluzioni originali sulla base dellecomponenti metodologiche, affini a quelledella Schinkelschule, teorizzate dal padre sul«vero stile» quale positiva espressione fon-data sull’intelligibile carattere dei volumi esugli elementi essenziali dell’idea di “costru-zione”: una sintesi che non può non richia-mare il concetto di sostanza-atto del filosofosiciliano Simone Corleo (contemporaneo diGiovan Battista Filippo Basile).All’età di venticinque anni, nel 1882, dapochi mesi giunto a Roma con l’eco della

Modello ligneo eseguito da Salvatore Valenti sul pro-getto presentato da Ernesto Basile insieme al padreGiovan Battista Filippo al primo concorso per il Monu-mento a Vittorio Emanuele II in Roma, 1880-1881

Alzato di un prospetto di casa Basile, viale della Liber-tà, Palermo, 1881

Alzato del prospetto principale della palazzina Orio-les, viale della Libertà, Palermo, 1881

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chiusura forzata del cantiere del TeatroMassimo e delle polemiche sull’operato delpadre, Ernesto stila il breve trattato, tutta-via mai terminato, che intitola Architettura.Dei suoi principi e del suo rinnovamento,con il quale intendeva creare uno strumen-to di divulgazione e rendere accessibili iprincipi della “arte vera” in Italia, sull’e-sempio di analoghi libri già divenuti popo-lari sia in Inghilterra che nella Mitteleuropa

e firmati da James Fergusson e da GottfriedSemper. Nella parte introduttiva sottolineapertanto il carattere di transizione e le«condizioni miserrime della nostra architet-tura. Una gretta imitazione senza sentimen-to alcuno, dove né l’insieme risponde a unconcetto, né all’insieme si adattano i parti-colari». Quale impalcato culturale, l’insegnamentopaterno convince Ernesto del fatto che laproduzione della sua epoca non può rappre-sentare la vera e compiuta architetturanuova, ma è tuttavia indispensabile alla for-mulazione del “nuovo”. Volendo indicare lavia del rinnovamento del gusto, il riferimen-to diretto alle forme della natura per la“riforma” degli apparati connotativi del«simbolico» e la necessità della varietà emolteplicità dell’ornamento, oltre alla irri-nunciabilità alla regola, sono i parametri dibase dai quali prende avvio il ragionamentodi Ernesto verso la definizione della nuovaarchitettura, della “vera arte” che rispondaal sentimento della propria epoca. Ma poi-ché «qualunque rinnovamento o trasforma-zione non procede che per gradi – scrivevanel suo trattato – non è che per transizionepiù o meno lenta che si passa da un sistemaa un altro [...] l’architettura nuova può veni-re dopo moltissimo tempo, dopo che i ten-tativi di tutti abbiano preparato un terrenopiù atto allo sviluppo d’un nuovo germo-glio». Come tutti i futuri protagonisti del-l’Art Nouveau e del modernismo, Basile sidichiarava già allora giudice inadeguato astabilire il valore intrinseco della nuovaarchitettura del proprio secolo. Nel giudica-re l’armonia quale esito del giusto concorsofra le tre “arti maggiori” (pittura, scultura,architettura), Basile aveva già attribuitoall’architettura la parte della rigorosa regìa,

Monumento ai caduti nella battaglia di Calatafimi,Pianto Romano (Trapani), 1885-1892

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Ernesto Basile, 1857-1932. Fra accademismo e “moderno”, un’architettura della qualità

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mentre pittura e scultura erano destinate adagire e trasformarsi insieme4.Contrariamente alle vicende degli altri espo-nenti ottocenteschi della cultura architetto-nica siciliana che consumano fuori dall’isolala fase più importante della loro formazione,nel prolungato soggiorno romano ErnestoBasile già si avvale di una compiuta persona-lità scientifica. Anzi, nella Regia Scuolaromana, assumono particolare rilevanza lesue iniziative volte allo studio delle architet-ture storiche5.Nel 1885 vince il concorso per il Monumen-to ai caduti della battaglia di Calatafimi, peril quale concepisce un’austera celebrazionedell’anonima virtù collettiva, dove gli arche-tipi della mistica funeraria e della memoriadel sacrificio (l’obelisco, la piramide, il mau-soleo, l’heráion, il martyrion) sono unificatida masse lapidee d’impronta templare6. Frail 1885 e il 1886 progetta la casa-studio aiParioli per il pittore spagnolo Josè VillegasCordero, dall’iter esecutivo piuttosto com-plesso; un’opera alquanto controversa perl’inconsueto innesto di repertori iberici neo-moreschi su un organismo di impostazioneregolista7.Il matrimonio con Ida Negrini, celebrato nel1887, precede di poco il viaggio del 1888 aRio de Janeiro a seguito dell’incarico, daparte del governo brasiliano, della progetta-zione della nuova Avenida da Libertaçao.Rientrato a Roma, nello stesso anno si dedi-ca al progetto di sistemazione del primotratto di via Nazionale e alla stesura del pro-getto di massima per il complesso degli edi-fici della IV Esposizione Nazionale Italianache si sarebbe tenuta a Palermo nel 1891.Gli anni del soggiorno romano hanno unruolo determinante anche per la formidabi-le “palestra” progettuale dovuta alla parte-

cipazione ai grandi concorsi nazionali, con-seguenti alla scelta di Roma come capitaledel Regno d’Italia, fra i quali, oltre allequattro diverse versioni del concorso per ilPalazzo di Giustizia, hanno particolare rile-vanza i due per il Palazzo del Parlamento.Il suo progetto in occasione del primo con-corso per il Palazzo di Giustizia (1884) nonmancherà di essere notato e costituirà laprima occasione polemica su questioni dimetodo. Negli alzati Basile consegue un«senso unitario», stendendo in manieraindifferenziata, anche negli avancorpi late-rali, un paramento in opera muraria con leaperture definite dai soli elementi dellacostruzione. Basile adotta qui un impalcatoprogettuale a modularità compositiva e aordito di gallerie, pur non assegnandogliancora il valore di sistema ordinatore,come sarà invece nei progetti presentatinelle tre successive edizioni del concorso.Ne deriva un impianto distributivo innova-tivo, ma fortemente criticato dalla commis-sione giudicatrice. Al pari del carattere«non romano» e della utilità d’uso che con-travviene al protocollo, viene infatti repu-tato intollerabile l’abbandono della simme-tria distributiva all’interno di un organismo

Veduta prospettica del progetto presentato al primoconcorso per il Palazzo di Giustizia in Roma, 1884

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La formazione a Palermo e il periodo romano

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volumetricamente speculare rispetto agliassi principali. La deroga alla “convenzione” umbertina delpaludamento imperialeggiante per le faccia-te delle sedi rappresentative è condotta conuna volitiva ma rigida ricerca d’insiemearchitettonico intelligibile: dopo la fram-mentazione dei prospetti del progetto pre-sentato nel 1883 al primo concorso per ilPalazzo del Parlamento, Ernesto avevainfatti rimeditato sui precetti paterni.Basile, in effetti, risente palesemente dell’im-pronta eclettica che in quegli anni si andavaimponendo nella Terza Roma, ormai svinco-lata persino dalla continuità con la tendenzaneorinascimentale, manifestatasi negli ultimitre decenni della capitale papalina con levalide opere di Francisi, Marasca e Piccoli.All’inizio degli anni ottanta la scena capitoli-na si avvia a essere dominata da fautori diuna cultura eclettica tradizionalista: manuali-sticamente monocorde come nel caso diFrancesco Azzurri (1831-1901), AndreaBusiri Vici (1817-1901), Giulio Podesti(1857-1909) e Virgilio Vespignani (1808-1882); eccessiva come nel caso di Luca Cari-mini (1830-1890) e di Pietro Carnevale(1839-1895); ordinariamente monumentali-sta come nel caso di Gaetano Koch (1849-1910) e di Pio Piacentini (1846-1928); com-promissoriamente positivista come nel casodi Ettore Bernich (1850-1914) e di Giulio DeAngelis (1850-1906)8.Le sedi governative e i monumenti celebra-tivi del nuovo stato italiano saranno operemagniloquenti come il Vittoriano di Giusep-pe Sacconi, fuori scala ellenizzante di gran-de mestiere, o affannosamente sincretichecome il Palazzo di Giustizia di GuglielmoCalderini, insistito campionario di repertoritardorinascimentali e manieristi con malce-

lati richiami piranesiani. Esauritosi il coltogusto neoclassico erede di Giuseppe Vala-dier, né i garbati neostilismi di Luigi Caninané il glaciale classicismo di Luigi Poletti e diAntonio Sarti si dimostrano compatibili conla proiezione retorica auspicata per la TerzaRoma. Anteriormente ai moti del 1848 il dibattitoartistico-architettonico presso i cenacoliromani era alquanto vivo e relativamenteaggiornato; questo grazie a istituzioni direspiro internazionale (fra le quali eccelleval’Accademia di San Luca) e a una fitta rete dicontatti fra studiosi di antichità; ma nell’ulti-mo ventennio del secolo la “città eterna”sembra accusare il convenzionalismo insitonella natura burocratica della sua trasforma-zione in capitale del regno. Nel periodo cheintercorre fra i due progetti per le edizioni1883 e 1888 del concorso per il Palazzo delParlamento Basile elabora le prime tre pro-poste (1884, 1886, 1887) e la quarta, ancoradel 1887, su invito (indirizzato soltanto a luie a Guglielmo Calderini, vincitore finale del

Veduta prospettica e sezione longiutudinale del pro-getto presentato al secondo concorso per il Palazzo diGiustizia in Roma, 1886

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concorso), per il Palazzo di Giustizia. Nelladefinizione del secondo e del terzo progettoinnesta derivazioni neoclassiche su una fab-brica unitaria, ancora una volta esente dasbilanciamenti allegorici; elabora razionaliimpianti planimetrici, con ali perimetrali,avancorpi e corpi interni, che nel loro ordi-namento svelano l’attenzione matematicariservata alla logica aggregativa: a un corpoprincipale mediano, disposto sull’asse longi-tudinale di un complesso edilizio chiuso daali perimetrali e a più cortili, si innestanospecularmente due coppie di corpi trasversa-li a loro volta raccordati con le ali. Gallerie ecorridoi costituiscono la trama della geome-tria compositiva per moduli elementari.Primeggia però fra tutti il complesso organi-smo ideato per il secondo concorso delPalazzo del Parlamento nel 1888. Il tema,pur analogo a quello del 1883, era introdot-to nel bando9 ricalcando le osservazioni dellaCommissione Parlamentare tedesca (presie-

duta dal ministro von Bötticher) nominata il9 gennaio 1882 con il compito di stilare ilprogramma del secondo concorso interna-zionale per il Palazzo del Parlamento di Ber-lino. Vincitore, insieme ad altri quattro, delprimo premio ex aequo, il progetto di Basilenon avrà alcun seguito, nonostante la positi-va eco presso la critica nazionale10. La sceltadi un organismo architettonico articolato èsuggerita dall’esigenza di un’ottimale rivisi-tazione dei pochi esempi indicati dallo stes-so Basile come riferimenti per la tipologia dipalazzo del Parlamento a camere congiunte(i progetti di Theophil Hansen per Vienna,di Imre Steindl per Budapest, di Thomas U.Walter per Washington e di Paul Wallot perBerlino) in relazione, anche, alla configura-zione dell’area indicata nel bando di concor-so, sita nella zona di Magnanapoli e di formapoligonale. L’impianto planimetrico a Tcapovolta svela la logica aggregativa dellacomposizione generale, riconducibile a unregolistico sistema di innesto, sull’orditoprimario, di corridoi-gallerie a corte, gene-rato da un corpo unitario di fabbrica di tonomonumentale.La differenziazione, orchestrata da Basile,fra i prospetti principali dei blocchi delle trediverse aule, con avancorpo centrale e parti-tura ritmica al di sopra dell’alta fascia basa-mentale oltre che delimitati da due avancor-pi laterali, e i prospetti laterali dei rispettivipalazzi contigui, con impaginato uniforme ameno della torre d’angolo, evidenzia unprocedimento basato su gerarchie composi-tive, improntate però al principio dell’asso-nanza. Conformi alla diversificazione stilisti-ca delle due aule emicicliche, i due corri-spondenti avancorpi, analoghi per ampiezzae partiture orizzontali, differiscono per gliordinamenti architettonici. L’aula per le

Planimetria generale del primo piano del progettopresentato al secondo concorso per il Palazzo del Par-lamento in Roma, 1888

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sedute del Senato si presenta all’esterno contre grandi “finestre termali” alternate asemicolonne, con sottostanti fornici in com-posizione gerarchica e con archivolti a rag-giera bugnata; diversamente, l’aula dellaCamera dei Deputati presenta, in corrispon-denza dell’avancorpo con semicolonne late-rali di inquadramento, un ulteriore partitocentrale con una composizione di “finestratermale” inquadrata da due semicolonne eda un frontone, affiancata da una coppia didue ordini di aperture architravate, mentrenell’alta fascia basamentale si vedono aper-ture con arco piatto a raggiera sormontateda ampie specchiature con soggetti figurati-vi. Il fronte principale del corpo di fabbricacon l’aula per le adunanze congiunte allapresenza del re riceve una maggiore impron-ta aulica con l’introduzione di variazioniminime.Nell’impostazione dell’ordinamento si ri-scontrano anche citazioni, ormai metaboliz-zate, della soluzione di impaginato di pro-spetto elaborata da Paul Wallot per Berlino.Del prospetto principale di quest’ultimo (ri-disegnato da Ernesto Basile per la sua pub-blicazione del 1888, Il Palazzo del Parlamen-to di Berlino. Notizie Storiche, Artistiche eTecniche, ma certamente già conosciuto inprecedenza), oltre al tipo di risoluzione con-trappuntistica delle relazioni compositivefra i coronamenti degli avancorpi, Basile re-interpreta liberamente l’intero impalcatoprogettuale (uno schema poi da lui stesso ri-valutato a partire dal primo progetto del1904 per l’ampliamento del Palazzo di Mon-tecitorio). Dotati di alta fascia basamentalebugnata, questi avancorpi sono ora concepi-ti non più come insieme unitario ma con sot-tosistemi compositivi, pertanto duttili a es-sere declinati in funzione della rilevanza del

rispettivo prospetto. Riunitasi dal 6 dicem-bre 1889 a Roma nel Palazzo delle Belle Ar-ti, la Commissione Esaminatrice11, nella rela-zione conclusiva del 13 gennaio 1890, ricono-sce al progetto di Basile una decisa superiori-tà sugli altri concorrenti (circa cinquanta).Per i prospetti viene ipotizzata l’emulazionedi altri progetti, con implicito riferimento alPalazzo del Parlamento di Wallot (nel cuistudio berlinese Basile si era recato nel 1888,quando vi lavorava come progettista associa-to Theodor Fischer) e in genere ad architet-ture tedesche. La crisi politica che porterà al-la caduta, il 31 gennaio 1891, del primo go-verno presieduto da Francesco Crispi e lasuccessiva congiuntura politico-economicaitaliana causeranno il definitivo abbandonodell’idea di un grande Palazzo del Parlamen-to dotato di tre aule. Fra gli ultimi impegni accademici romani, leattività “esterne” svolte insieme agli allievidella locale Scuola di Applicazione, con iquali esegue tra l’altro una campagna dirilievi del chiostro di S. Giovanni in Latera-no, testimoniano della sua grande dedizionea una trasmissione non documentata delsapere, che ne avrebbe alimentato il mito dimaestro discreto e immune da clamori, maugualmente inimitabile.Ernesto Basile rientra definitivamente aPalermo nel 1891; anche se durante tutto ildecennio romano non erano mancati conti-

Alzato del prospetto laterale del progetto presentatoal secondo concorso per il Palazzo del Parlamento inRoma, 1888

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nui contatti con la città natìa, a partire dal1888 le sue presenze si erano intensificate inrapporto alla progettazione e, soprattutto,alla direzione dei lavori del complesso del-l’Esposizione nazionale, fino a prenderedomicilio temporaneo con tutta la famiglianella casa di via Villafranca (prospiciente l’a-rea che avrebbe ospitato la Galleria dellemacchine, sul bordo occidentale del com-plesso espositivo). L’incarico per l’ordina-mento e la realizzazione della cittadella effi-mera dell’Esposizione nazionale ricade nel1888, lo stesso anno in cui al padre vienericonfermata la direzione dei lavori del can-tiere del Teatro Massimo. È certamente unacoincidenza significativa. L’accoppiata fra ilriconquistato prestigio sociale di GiovanBattista Filippo, il cui credito culturale nonera mai stato messo in discussione, e l’inar-restabile affermazione di Ernesto è confer-mata dal fatto che in seguito alla morte delprimo (avvenuta il 16 giugno 1891) sarà pro-prio il figlio a subentrargli nella direzionedei lavori per il completamento del teatro(20 giugno 1891); lavori che si concluderan-no nel 1897 e che interesseranno principal-mente la sistemazione degli interni, l’orga-nizzazione degli interventi per opere di cor-redo artistico, le definizioni decorative (inparte già contemplate nel progetto origina-rio), la progettazione degli arredi per la salae per gli ambienti principali (eseguiti dalladitta Carlo Golia & C. di Palermo)12. Eraormai soltanto un ricordo quel pesanteclima di avversione nei confronti del padreda parte dell’amministrazione comunaleguidata dall’illustre agronomo e patriotaNiccolò Turrisi Colonna, personalità diindubbio valore intellettuale e scientificoche però, al suo primo mandato di sindaco(fra il 1880 e il 1882), aveva avallato l’inda-

gine tecnico-amministrativa e portato allapretestuosa revoca dell’incarico di direzionedei lavori del Teatro Massimo.Sempre sull’onda di una congiuntura deci-samente favorevole, nel 1892 Ernesto vinceil concorso per la cattedra di ArchitetturaTecnica, rimasta vacante per la morte diGiovan Battista Filippo, presso la RegiaScuola di Applicazione per Ingegneri eArchitetti di Palermo.Come il padre, al cui programma didatticodoveva la sua formazione, nell’insegnamen-to Ernesto Basile assegna un ruolo nonindifferente allo studio della storia dell’ar-chitettura, all’interno del corso biennale diArchitettura Tecnica. Il suo programmacomprendeva infatti una prima parte dedi-cata a questa disciplina, sotto la più conven-zionale intitolazione di Stili architettonici,oltre alle parti intitolate Composizione degliedifici, Elementi delle fabbriche e Condottatecnica e amministrativa dei lavori13 (e pro-prio a Palermo la Condotta amministrativadei lavori, sotto il nome di Estimo, assumeràper la prima volta in Italia autonomia disci-plinare grazie al suo allievo e assistenteAntonio Lo Bianco).I contenuti di questa articolazione didatticae le modalità applicative dei relativi eserciziprogettuali attualizzano la tradizione di unindirizzo metodologico di insegnamentodell’architettura su fondamenti scientifici.Iniziato nel periodo neoclassico da Giusep-pe Venanzio Marvuglia14, con la sua ipotesidi rifondazione disciplinare e didattica subasi di logica matematica, dopo poco menodi un secolo e per discendenza accademicadiretta questo filone perviene alla ricerca diun nuovo sistema intrapresa da ErnestoBasile. La fortuna della linea siciliana diquesta cultura del progetto, gemmata dalla

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specifica “filosofia del programma” diascendenza illuminista, è assicurata dal suc-cedersi, nella titolarità della cattedra diArchitettura Civile (poi denominata Archi-tettura Tecnica), di maestri e allievi apparte-nenti a una stessa tendenza: a GiuseppeVenanzio Marvuglia (dal 1779 fino al 1813)aveva fatto seguito il figlio AlessandroEmmanuele (1813-1815); poi, ma con unsalto di tre anni, l’allievo Antonio Gentile(1818-1834); dopo un secondo intervallo ditre anni, la cattedra era stata coperta daCarlo Giachery (a partire dal 1837)15. Allatitolarità di quest’ultimo era seguita quelladi Giovan Battista Filippo Basile, cui poisuccederà Ernesto. Nota distintiva, in que-sta genealogia di docenti succedutisi nellaprincipale cattedra palermitana di architet-tura, è la continuità nella vocazione allaricerca di una “nuova architettura”; unacondizione che si dimostra attenta agli esitidei più avanzati dibattiti e orientamenti pro-gettuali europei, ma solo se relazionabili alproprio patrimonio metodologico e di cul-tura artistica. È una tendenza che, seppurperiferica, configura una tradizione localedel “progetto moderno”, suscettibile diapprezzabili gradi di originalità. Trasmessa-si nel corso di poco più di un secolo, questacontinuità propositiva finisce per coinciderein toto con la stessa ufficialità accademica.Dal neoclassicismo, e dalla successiva sta-gione dei neostili, agli eclettismi (nelle duevarianti: scientifica con Giachery e speri-mentale con G. B. Filippo Basile) e fino allevarie fasi del modernismo, a promuovere lamodernità architettonica a Palermo e inSicilia è la cultura verticistica, riflesso di unprincipio di continuità, più che di pedisse-quo aggiornamento, sostenibile in virtù delcomune orientamento interdisciplinare dif-

fuso presso il circoscritto ambiente accade-mico internazionalista palermitano.All’insegnamento di Architettura Tecnicanon poche saranno le modifiche apportateda Ernesto, anche per scongiurare gli effettinegativi della cosiddetta legge Coppino del1888, in seguito alla quale veniva soppressolo specifico percorso di studi che, all’internodella Regia Scuola di Applicazione, portavaal conseguimento del diploma di architettu-ra. Tale nuova disposizione ministeriale erain realtà gradita persino presso alcuni espo-nenti della cultura architettonica dell’epocache, allineati con la sfiducia di CamilloBoito sull’ipotesi della formulazione di unmoderno «sistema di architettura», confida-vano unicamente sulla possibilità di riformestilistiche, scevre dai vincoli della rinnovataformazione tecnica. Il proposito di Basileera quello di neutralizzare gli effetti negatividerivati dalla incompleta formazione degliarchitetti presso i soli istituti di Belle Arti edalla riduttiva abilitazione degli ingegneri afregiarsi del titolo di architetto con una sem-plice integrazione di «materie artistiche»(impartite presso gli stessi istituti di BelleArti). Non è da escludere che Ernesto abbia,più tardi, contato proprio sul suo doppioruolo di prestigioso cattedratico di Architet-tura Tecnica nella Scuola di Applicazione edi Direttore dell’Istituto di Belle Arti, pergarantire alla professione di architetto undiverso percorso formativo, e ciò d’intesacon alcuni docenti dello stesso Istituto chefacevano parte del suo gruppo di lavoro (gliscultori Antonio Ugo e Gaetano Geraci e ipittori Ettore De Maria Bergler, Luigi DiGiovanni, Michele Cortegiani, Rocco Lenti-ni, Salvatore Gregorietti e Giuseppe Enea)che vantava anche l’appoggio di artisti“esterni”, come Francesco Lojacono, Mario

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Rutelli ed Ettore Ximenes, e di esponentidel mondo culturale cittadino, fra cui lo sto-rico dell’arte Vincenzo Pitini.A Palermo Ernesto Basile si trova anche adoperare in una città in vertiginoso decolloeconomico16, che risentiva degli effetti posi-tivi dovuti alla fusione, nel 1881, tra la com-pagnia di navigazione Rubattino di Genovae l’allora vincente società armatoriale paler-mitana Florio; evento che aveva determina-to la creazione del colosso mercantile dellaNavigazione Generale Italiana e l’assegna-zione alla capitale dell’isola del ruolo diCompartimento Marittimo (diventando cosìuna delle due sedi nazionali)17.Quando nel 1888, ancora a Roma, progettaper Palermo il complesso di edifici per laquarta esposizione nazionale italiana, la scel-ta di sapore storicista dello stile siculo-nor-manno, per il padiglione d’ingresso e per iprospetti del corpo di fabbrica principale,più che una pratica eclettica del gusto per irevivals, sovente equivocata con il fenomenodelle coeve propensioni esotizzanti, rappre-senta un preciso segnale di rivendicazioneautonomista e al tempo stesso di blasone

all’interno della nuova compagine naziona-le18. Tale scelta interpretava altresì un vastomovimento di idee, erede di un settantenniodi tensioni nazional-romantiche, sostenutonon solo da una consolidata tradizione distudi storici (da quelli sul patrimonio monu-mentale del duca di Serradifalco19 a quelli diMichele Amari sulle vicende del medioevo edi Giuseppe Pitré sulle tradizioni popolari),ma anche dall’orgoglio per le previsioni diun progresso economico innescato dallarecente vocazione imprenditoriale siciliana.Verosimilmente dietro indicazioni dellacommittenza, rappresentata prima dalComitato Promotore (costituito il 4 giugno1888) e poi dal Comitato Esecutivo (costi-tuito l’8 agosto 1888) responsabile dellascelta dell’area e del progettista, Ernestoproduce una serie di schizzi preliminari(novembre 1888), nei quali il futuro impian-to a padiglioni comunicanti presenta unaconfigurazione compatta, poi estesa a tuttoil quartiere compreso tra viale della Libertà,via Villafranca e la sua continuazione, piaz-za Castelnuovo e piazza Mordini.Definito a Roma nell’ottobre del 1889, l’im-pianto della soluzione “A”, scelta dal Comi-tato esecutivo, registra i vincoli impostidallo stato dei luoghi. Sovrapposto al dise-gno del futuro quartiere di Piano Regolato-re compreso tra via Villafranca e il vialedella Libertà, privato dell’area più setten-trionale (che sarà poi riacquisita per la siste-mazione della Mostra eritrea, del Villaggioabissino e del Caffè arabo), l’impiantomostra un complesso continuo articolatoper comparti e con una grande corte centra-le alberata, risultante dalla modifica appor-tata alla soluzione “A” annettendo sostan-zialmente, nel nuovo sistema compositivo,

Prospettiva a volo d’uccello del complesso dei padi-glioni della IV Esposizione Nazionale, piazza Castel-nuovo angolo viale della Libertà, Palermo, 1888-1891

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gli edifici a galleria raccordati fra loro. L’or-ganismo creato da Ernesto, nel risponderealle più svariate necessità espositive, obbe-disce ad alcuni principi generali: riconosci-bilità di ogni padiglione; percorrenza con-tinua attraverso ogni edificio; accordo traimpaginato e struttura. Si distinguono, permodernità e grandiosità della concezionespaziale, la Galleria delle macchine e laSala delle feste.Per la Sala delle feste triconca, con un gran-de vano centrale a pianta quadrata di 22metri di lato, cuore di un corpo d’ingressoporticato con torri cupolate e collegato allatorre panoramica con ascensore nel giardi-no, è evidente il riferimento alla spazialitàbizantina. Gli apparati decorativi utilizzatidiscendono dallo storicismo, ma sonocomunque influenzati dallo spirito indagato-re e analitico che in quegli anni impronta ilpensiero del progettista, di cui risulta chiaroanche il programma decorativo perseguito.Sulla comune base a ordito modulare delcomplesso, pur nella capacità combinatoriadi stili diversificati secondo la destinazionedelle gallerie espositive (neorinascimentaleper il Padiglione delle Belle Arti, neoromanoper il Café-chantant, neoislamico per il Caffèarabo, ecc.), Basile destina infatti al padiglio-

ne principale una rilettura in chiave ecletti-co-scientifica dei formulari in stile siculo-normanno ereditati dalla tradizione storici-sta siciliana di derivazione romantica20.L’edificio della Galleria delle macchine hauno schema compositivo riferibile agli ana-loghi esempi francesi già realizzati in occa-sione delle grandi esposizioni internaziona-li, di cui Ernesto propone una riedizionecon facciata imitativa di materiali lapideisenza, però, dissimulare all’interno la logicadell’ordinamento architettonico e struttura-le. In fase progettuale, per la stesura deglielaborati definitivi di questo e di altri padi-glioni, Basile, ancora a Roma, si serve dellacollaborazione di Edgardo Negri e di ItaloChiesa (suoi allievi, diplomati alla RegiaScuola di Applicazioni di Roma nel 1887)e di Domenico Oss (del Politecnico diVienna). Per la realizzazione di questopadiglione e di gran parte del complesso

Ingresso monumentale e padiglione delle feste dellaIV Esposizione Nazionale, piazza Castelnuovo angoloviale della Libertà, Palermo, 1888-1891

Galleria delle Macchine della IV Esposizione Nazio-nale, piazza Castelnuovo, Palermo, 1888-1891

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dell’Esposizione istituisce poi un ufficiotecnico formato dai suoi quattro assistenti:Ernesto Armò, Ludovico Biondi, AlfredoRaimondi e Vincenzo Corvaja. Larga 25metri e lunga 150, la Galleria viene coper-ta da un tetto a falde sostenuto da capriatemetalliche (tipo Polonceau, a quattro con-traffissi, eseguite dalla palermitana Fonde-ria Oretea) che a quella data risultano lepiù grandi costruite in Italia in occasionedi un’esposizione.Nonostante le suggestioni inoculate nellacittadinanza dal prodigio della «città deiprodotti» orchestrata da Basile e dal suogruppo di collaboratori, a manifestazioneconclusa il complesso dell’esposizione saràdemolito interamente. Le tensioni sociali perle repressioni governative (praticamente daoccupazione militare e, poi, da persecuzionegiuridica) nei confronti della protesta orga-nizzata dei Fasci Siciliani, prima coralerivendicazione sindacale italiana di modernaconcezione e di grande e destabilizzante dif-fusione (ideata e capeggiata da Giuseppe DeFelice Giuffrida), verosimilmente contribui-rono in modo determinante a vanificare per-sino l’ipotesi di “rimontare” altrove almenoil grandioso Padiglione delle feste. Sull’areaoccupata dal complesso dell’esposizione, apartire dal 1893, sarà edificato un quartiereche, al pari del viale della Libertà e del quar-tiere-giardino balneare di Mondello, risulte-rà determinante per la fisionomia libertydella Palermo belle époque, con la più signi-ficativa concentrazione di architetturemoderniste della città ad opera di progettisti

già affermati e pervenuti al nuovo linguaggiograzie alla maturazione culturale della pro-pria stessa esperienza eclettica (come Erne-sto Armò e, principalmente, lo stesso Basi-le), oppure di progettisti formatisi prima deldiffondersi a Palermo del «nuovo sentire»,ma ugualmente da esso indotti, all’iniziodella carriera, a una profonda trasfigurazio-ne in chiave liberty dei tradizionali codiciarchitettonici (come Vincenzo Alagna e Gio-vanni Tamburello), o ancora di interpreti diuna persistente cultura tradizionalista, daipiù robusti come Antonio Zanca ai più con-venzionali come Roberto Iràso, solo occasio-nalmente irretiti dal vitalismo insito nellevariabili formali permesse dalla nuova con-cezione estetica. A questi vanno aggiunti icontributi degli affiliati alla tendenza basilia-na (con in testa suoi allievi come, fra i tanti,Giovan Battista Santangelo e Salvatore Maz-zarella), ma anche di validi e sensibiliimprenditori edili come Salvatore Di Pisa,Salvatore Gambino, Francesco Li Vigni eMichele Utveggio, che sovente eseguivano inproprio i progetti delle fabbriche che edifi-cavano (unifamiliari o ad appartamenti), epersino di un pittore come Salvatore Grego-rietti nell’unica sua autocommittenza (assi-stita). Ma nessuna traccia è rimasta a testi-moniare con qualificanti sistemazioni urba-ne (parco pubblico, edifici per destinazioniludiche, culturali o museali) il passaggionella storia della città di questo evento espo-sitivo, con il quale Palermo aveva pensato didare forma al suo breve sogno di nascentepolo economico del Mediterraneo.

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Sono dei primi anni di professione in Siciliagli incarichi conferiti a Ernesto Basile da fa-coltosi privati palermitani per esclusive di-more urbane e suburbane e per complessiagricoli nell’agrigentino, mentre il suo impe-gno nell’area di piazza Verdi a Palermo si fasempre più consistente. Antistanti il TeatroMassimo (e bilanciati sul suo asse di simme-tria), i suoi due primi chioschi, Ribaudo del1894 e Vicari del 1897, costituiscono misura-ti elementi di arredo urbano dai garbatieclettismi, rispettivamente neorinascimenta-le e neomoresco, abilmente coniugati a untecnicismo piuttosto prezioso.A fine Ottocento Palermo contava ormaipoco più di 250.000 abitanti, dei quali qua-si un quinto nelle borgate disposte a coronanel territorio suburbano e nella Conca d’O-ro; cresciuti lungo gli storici stradoni extraurbani, erano questi agglomerati a costituire,fin dalla Restaurazione, i nuclei delle attivitàproduttive. Nonostante le sperequazioni so-ciali, Palermo si avviava ad assurgere al ruo-lo di terzo polo economico del regno, dopoTorino e Milano, soprattutto perché la cittàsi poneva alla guida finanziaria, amministra-tiva e organizzativa di un vasto territorio,quello dell’intera Sicilia occidentale, ricco dipotenzialità quanto di contraddizioni.

L’adozione di uno strumento di riordino e dirilancio della struttura urbana, come il Pia-no regolatore di risanamento e di amplia-mento della città di Palermo redatto da Fe-lice Giarrusso21, così come gli onerosi lavori,varati nel 1871, per la nuova sistemazionedel porto22 e per la realizzazione, nel 1872,della ferrovia suburbana che collegava que-st’ultimo con la Stazione Centrale, sonoeventi rivelatori di un vasto movimento diidee e di energie cittadine che in breveavrebbero portato quasi al raddoppio dellacittà storica, soprattutto con l’edificazionedegli isolati ritagliati nelle due aree suburba-ne ai lati del viale della Libertà.La “Strada della Libertà” era stata concepi-ta, dal governo provvisorio dei moti liberalidel 1848, con precise norme a salvaguardiadel «decoro pubblico» e a garanzia del ri-spetto di una condizione di omogeneità re-lativa alla creazione di un esclusivo quartie-re residenziale. Ma ancora all’inizio dell’ulti-mo decennio del XIX secolo il nuovo patri-monio edilizio della città extra moenia si li-mitava ai prestigiosi, ma non sontuosi, pa-lazzi signorili del fronte orientale23, ai deco-rosi immobili di parte dei lotti retrostanti,alle case da pigione e palazzine unifamiliarilungo via Boscogrande e intorno a piazza

CAPITOLO II

Verso la ricerca del nuovo

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Sant’Oliva, alla monocorde edilizia per lamedia borghesia realizzata a completamentodella prima espansione settecentesca (unsettore urbano esteso da via del Borgo a viaRuggiero Settimo e delimitato a nord e a suddalle vie Emerico Amari e Cavour) e negliisolati attorno alla stazione centrale.Quando Basile si reinserisce nell’ambienteprofessionale palermitano, del grande pro-cesso di rinnovamento urbano d’età positi-vista è effettivamente in itinere solo il pro-gramma delle grandi opere pubbliche. Dal1889 era stato riaperto il grandioso cantieredel Teatro Massimo con la direzione di Gio-van Battista Filippo Basile, uscito vincitoreda sette lunghi anni di sospensione dei lavo-ri24; un evento che sembrava la degna con-clusione di una venticinquennale paraboladi attivismo civico senza precedenti. In que-st’arco temporale Giuseppe Damiani Al-meyda, in qualità di ingegnere comunale, re-digeva impegnativi progetti o programmi diopere infrastrutturali o di architetture d’usocollettivo e istituzionali25. Solo pochi di essiresteranno senza seguito; in prevalenza sitradurranno in opere determinanti per ilprocesso di adeguamento e ammoderna-mento della città (come la “riforma” del pa-lazzo senatorio, divenuto Palazzo di Città, ilmercato del pesce, detto di Porta San Gior-gio, in piazza Tredici Martiri, il mercato ali-mentare, detto degli Aragonesi, il PoliteamaGaribaldi, le banchine e scali di alaggio, ilpiano delle fognature, le case operaie al No-viziato, i palchetti per la musica di Villa Giu-lia, l’Archivio Comunale a San Nicolò daTolentino, i monumenti a Francesco Ciac-cio, Giovanni Meli e Ruggero Settimo).Quello di Damiani Almeyda è, in realtà, ilpiù consistente e considerevole di un vastonumero di contributi professionali, nell’am-

bito delle infrastrutture e delle opere di edi-lizia pubblica, da parte di numerosi proget-tisti dalla solida preparazione tecnica: daquella di taglio infrastrutturale di MicheleCapitò, Luigi Castiglia e Francesco EnricoDe Simone a quella igienico-ingegneristicadi Tommaso Di Chiara ed Enrico Salemi; daquella specializzata nei lavori portuali di Ni-colò Di Liberto D’Anna a quella igienico-urbanistica di Felice Giarrusso; da quellasquisitamente meccanico-tecnologica diCarlo Giovanni Pintacuda e Giovanni Sale-mi Pace a quella di colto stampo strutturale(affiorante anche nei casi di interventi di re-stauro) di Ignazio Greco, Nicolò Mineo,Melchiorre Minutilla, Francesco Paolo Pa-lazzotto e Giuseppe Patricolo26. Se le operepubbliche palermitane d’età umbertina pre-sentano indubbi caratteri di riconoscibilità edi appartenenza a una specifica culturaeclettica locale o a un accreditato filone tec-nico27, l’edilizia residenziale di pregio nonmostrava ancora peculiari note distintive. Agarantire, in qualche modo, una continuitàcon il ciclo di dimore d’eccellenza d’età neo-classica e del periodo dei neostili sono pochiesempi, ma essi non riescono ad assurgere alruolo di esemplificazioni di una modernacultura del progetto nella Sicilia d’età posi-tivista. Non lo erano, di fatto, né il palazzodei principi di San Cataldo a piazza Marina“riformato” nel 1866 da Tommaso Di Chia-ra, nel quale il piacevole ibridismo della fa-cies neogotica rimane un mero esercizio distile, né gli immobili realizzati con dosatoclassicismo accademista da Damiani Almey-da nel 1868 in via principe di Scordia per lapropria famiglia e nel 1889 per la famigliadei baroni Valenti in piazza Giulio Cesare,né l’elegante palazzo Di Martino realizzatonel 1888 sul viale della Libertà da Melchior-

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re Minutilla con un sereno ordinamentoneorinascimentale, né ancora le trasforma-zioni imitative, con formulari stilistici sicu-lo-normanni e stilemi islamizzanti, apporta-te dopo il 1885 da Giuseppe Patricolo e daAndrea Onufrio al palazzo Forcella-Bauci-na alla Marina28. Nemmeno la palazzinaSantocanale (1867) a piazza Santo Spirito diG. B. F. Basile si dimostra del livello dei pro-getti per architetture d’uso collettivo del suostesso ideatore. Come per i palazzi patrizi,anche le ville di questo periodo non riesco-no a occupare posti di rilievo nella storiadell’architettura contemporanea siciliana, ameno del villino Favaloro (G. B. F. Basile,1889), opera di autentica innovazione nellatipologia e nei codici architettonici. Questovale anche per opere di indubbia qualità co-me: la villa Realmena-Pottino sul viale dellaLibertà al Giardino Inglese; la residenza(post 1871) in via Emerico Amari dello sta-tista (patriota in giovinezza) Giovanni VillaRiso; il primo nucleo della villa Bordonaroal Giardino Inglese di Francesco SaverioCavallari; le due più significative dimorerealizzate, da Francesco Naselli Flores, nel1873 all’Olivuzza per la propria famiglia enel 1883 lungo il prolungamento del primi-tivo tracciato del viale della Libertà per Giu-seppe Pajno barone di Luccoveni (con for-mulari medievaleggianti di sola facciata econ il concorso progettuale del pittore par-tenopeo Domenico Amorelli); la villa Allia-ta di Pietratagliata (1885) in via Serradifalcodi Francesco Paolo Palazzotto, caratterizza-ta da un medievalismo di buon gusto ma ti-pologicamente tradizionale (equivoco, pe-raltro, ben riscattato dalla qualità delle “fia-besche” ambientazioni storiciste degli inter-ni)29; la prismatica villa Genuardi del 1886,sempre di Palazzotto, che prospettava sul

viale della Libertà; la villa dei marchesi Bu-sacca di Gallidoro in via delle Croci, per laquale nel 1886 Melchiorre Minutilla rivisita,con consapevole compiacimento imitativo,il tipo di residenza classicista inglese dellostile Adam30. A questo filone di fabbriche dicenso appartiene, non senza alquante diver-sificazioni, anche la trilogia delle auliche di-more dei fratelli Joshua, Joseph e RobertWhitaker31, particolarmente ammirate an-che per i lussureggianti giardini informalicircostanti oltre che per le decorazioni inter-ne e gli arredi (e per le preziose collezionid’arte, anche orientale) della seconda metàdegli anni ottanta realizzate, rispettivamen-te, da Henry Christian (cognato dei fratelliWhitaker e, per conto del loro padre Jo-seph, autore insieme a William Barber32 del-la chiesa protestante Holy Cross di via In-gham33, poi via Roma), da Ignazio Greco(unico progettista palermitano ingaggiato inquel periodo dagli eredi dei fondatori del-l’industria del vino Marsala) e da BeaumontGardner (che opera significative trasforma-zioni su un elegante palinsesto eclettico do-vuto, fra i tanti, anche a Francesco NaselliFlores).Sarà proprio Ernesto Basile, dunque, ad im-primere una svolta nel settore dell’architet-tura residenziale palermitana e, di riflesso,siciliana: un nuovo corso che avrà inizio congli incarichi del 1893 per la “riforma” delpalazzo Francavilla in via Ruggiero Settimo(ad angolo con piazza Verdi) e, soprattutto,per l’ampliamento e la trasformazione dellavilla Bordonaro al Giardino Inglese. In en-trambe le opere (ultimate fra il 1896 e il1897 con la definizione di decorazioni inter-ne e arredi) egli reinterpreta la tradizioneromana del paramento imitativo di mattonie pietra da taglio, la cosiddetta “bicromia

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ricca”, ricollegandosi in qualche modo an-che ai suoi stessi esordi palermitani e a certepredilezioni per rivestimenti bicromi diGiuseppe Damiani Almeyda. Ma se il palaz-zo Francavilla, obbligato dalla preesistentedistribuzione e configurazione, alla fine si li-mita a essere una riuscita trasfigurazione, incontrotendenza solo sul piano stilistico conla convenzionale edilizia signorile palermita-na del periodo, l’ampliamento della villa

Bordonaro introduce criteri assolutamenteinnovativi nella concezione stessa dell’im-pianto distributivo e nelle logiche composi-tive della residenza di prestigio. L’anno pre-cedente a questi incarichi, il 1892, Basile èimpegnato (oltre che nel cantiere del TeatroMassimo) nella realizzazione di arredi fissi eapparati decorativi interni nella villa delmarchese Busacca di Gallidoro, in via delleCroci, mentre a Roma su suoi disegni vienerealizzato il Carro Siciliano per la festa deifiori del mese di maggio; vince, ancora quel-l’anno, il concorso di professore titolare del-la cattedra di Architettura Tecnica presso laRegia Scuola di Applicazione di Palermo(che dal 1923 diventerà Regia Scuola di In-gegneria).In un simile periodo di grande ascesa, sug-gellata dai primi contatti con la committen-za blasonata34, è significativo il fatto che Lui-gi Majorca Mortillaro, conte di Francavilla,si sia rivolto proprio a Basile, già visto negliambienti cautamente progressisti isolani co-me l’architetto del “nuovo”, per assicurarealla propria incompiuta dimora storica (ere-ditata dalla famiglia Oneto e Monroy, duchidi Sperlinga) una riqualificazione formaletale da riverberare, sulla scena urbana, il ri-lancio del proprio ruolo nelle vicende politi-che ed economiche del nuovo stato sabau-do. Il palazzo, a tre livelli ed esteso su un in-tero isolato, presenta prospetti su via Rugge-ro Settimo, piazza Giuseppe Verdi e viaSperlinga. L’intervento di Ernesto Basile,consistente nella definizione dell’impagina-to dei prospetti e nella riconfigurazione de-gli ambienti, nella regìa dei vari contributidegli artisti e nell’ideazione di arredi fissi emobili, viene realizzato principalmente fra il1893 e il 1896. Qui, in occasione di questosuo primo e più consistente intervento (suc-

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Palazzo Francavilla in via Ruggero Settimo, Palermo,1893-1897

Sezione longitudinale con alzato del registro parietaledella biblioteca di palazzo Francavilla in via RuggeroSettimo, Palermo, 1899

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cessivamente vi avrebbe ancora lavorato nel1908, nel 1909 e nel 1917), Basile progettaanche i soffitti a cassettoni, i lambris a moti-vi geometrici, gli arredi fissi, le vetrine, leelaborate panche e i porta-abiti della grandehall (che come tutte le opere lignee sonoeseguiti dal mobilificio Carlo Golia & C.,poi Ducrot), i lampadari in ferro battuto e inleghe metalliche (eseguiti dalla ditta Caraffadi Palermo), gli infissi interni ed esterniprovvisti di persiane scorrevoli all’internodella muratura. Con la sistemazione del pa-lazzo Francavilla sostanzialmente Basilecreava un contraltare all’imposizione visualedel vicino Teatro Massimo, e dava vita conuna rigorosa composizione a un’aspettativaprospettica per chi procedeva dall’incrociodi piazza Regalmici verso il tessuto urbanopiù antico, configurando la visione del tea-tro come evento estetico.Nei prospetti di palazzo Francavilla le con-notazioni formali rilevanti sono ordinate acommento del coronamento, delle fascemarcapiano e di quelle a davanzale, dellecornici e delle mostre dei vani delle apertu-re, della fasciatura nella zona basamentale edegli pseudo avancorpi d’angolo. Gli impa-ginati consistono nella calibrata disposizio-ne di elementi di inquadramento dei campimurari trattati con un finto apparecchio dimattoni rossi e conclusi in alto con l’itera-zione di festoni e scudi a bucranio che ri-corrono nella fascia di coronamento sotto lacornice a sbalzo; questa esalta l’orizzontali-tà della composizione, contrappuntata daibalconi di tutte le aperture del piano nobi-le e bilanciata dall’andamento verticale in-trodotto con la creazione dei partiti angola-ri che si stagliano, grazie ai cantonali am-morsati, sulla sola superficie a finti mattoni.Il piano terra, ritmato da un bugnato conti-

nuo, è interamente destinato ad attivitàcommerciali; al di sopra, l’ammezzato e ilpiano nobile presentano i muri d’ambitocon il trattamento imitativo di mattoni.L’arredo modernista della biblioteca, piùtardo, riveste tutto l’ambiente, di limitatasuperficie ma organizzato su una doppia al-tezza con scale a pioli e ballatoio con men-sole fitomorfe a traforo. Gli arredi mobili,in particolare le sedie, mostrano una ripre-sa del modello chippendale in chiave moder-nista e sono databili al 1898, anno in cui Ba-sile scrive alla contessa di Francavilla (21ottobre) illustrando con veloci schizzi la se-dia e la poltrona, poi realizzate dalla dittaGolia35. Altro carattere è leggibile invecenelle sedute lignee dell’ambiente di ingres-so in coincidenza con l’arrivo al piano nobi-le; in esse ampie scanalature ad andamentoorizzontale, e con profilo a ventaglio, sago-mano i sostegni dei sedili. In una targa nel-lo scalone vengono citati i nomi dei pittorie degli scultori che, diretti da Basile, parte-cipano alla nuova configurazione dell’edifi-cio: Luigi Di Giovanni, Giuseppe Enea,Rocco Lentini, Salvatore Valenti, BenedettoCiviletti, Mario Rutelli, Antonio Ugo. Infi-ne, Salvatore Martorella è l’autore del gran-

Villa Bordonaro al Giardino Inglese, Palermo, 1893-1896

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de fanale in ferro battuto sul portale d’in-gresso36.L’abaco di elementi architettonici del pro-getto per la prefettura di Benevento e la for-mula compositiva di base dei prospetti dipalazzo Francavilla ricorreranno nel ciclodelle opere progettate da Basile fra il 1893 eil 1899, fra cui particolare rilevanza hanno lacitata “riforma” e l’ampliamento della villaChiaramonte Bordonaro (lavori completatinel 1896), la palazzina dello scultore Bene-detto Civiletti in via dell’Esposizione (oggivia Dante) a Palermo, anch’essa del 1893,un primo progetto del 1894 per il villino delpittore Rocco Lentini a Mondello (Paler-mo), il piano architettonico per l’edificazio-ne dei palazzi perimetrali dello Square In-gham a Palermo del 1895, il palazzo Lanzadei principi di Deliella in piazza Castelnuo-vo a Palermo del 1896 (non realizzato) e ilTeatro Sociale di Canicattì del 1899 (com-pletato nel 1905). In questo filone spicca l’ampliamento realiz-zato nel quadro delle trasformazioni, rifor-me decorative e sistemazioni degli internidella villa nella tenuta Chiaramonte Bordo-naro in via delle Croci a Palermo37.Gabriele Chiaramonte Bordonaro barone diGebbiarossa e senatore del Regno, dal 1890componente del Consiglio di Amministra-zione della Cassa di Risparmio di Palermo(poi vicepresidente dal 1902 al 1911 e presi-dente nel 1912, anno in cui si inaugura la se-de centrale dell’istituto di credito, progetta-ta da Basile su incarico del 1907), si propo-se infatti di ampliare la propria dimora alGiardino Inglese per realizzare un corpo difabbrica autonomo, raccordato al vecchionucleo e destinato principalmente alla con-servazione ed esposizione della sua riccacollezione di opere d’arte.

Nell’impianto della villa, con un sistema discambiatori direzionali che gli permettonodi non allinearsi pedissequamente alla pree-sistenza e di movimentare anche il perime-tro di sedime della nuova costruzione, Basi-le inserisce impegnativi collegamenti e am-bienti (la biblioteca, l’archivio, lo studio, isalotti particolari, i vari “gabinetti” e il gran-de salone principale per le collezioni d’arte)che fanno capo all’introduzione di evidentidissimmetrie nella rigida maglia di originedurandiana. All’esterno, riconduce a unaversione meno didascalica, più consona allacelebrazione di virtù civiche propria di fab-briche a uso residenziale, quel tipo di stru-mentazione formale, basata sui soli elementidell’opera muraria (bugne per fasce basa-mentali e cantonali ammorsati, archivolti diconci a raggiera, mensole e palombelli, fascemarcapiano e fasce davanzali, fornici a tuttosesto e aperture architravate), adottata per iprospetti dello sfortunato progetto per laPrefettura di Benevento (dove aveva dovutoancora fare i conti con Guglielmo Calderini,questa volta in veste di componente dellaCommissione giudicatrice).Mentre Basile è ancora impegnato nella di-rezione dei lavori, il committente lo incaricadi realizzare un corpo d’ingresso, con ma-gazzini e ambienti per usi connessi alle atti-vità agricole, per il proprio castello costieroa Falconara Sicula, non molto distante dallacittadina portuale e industriale di Licata edal centro agricolo di Canicattì, due prospe-re realtà dell’agrigentino nelle quali Basileavrebbe operato negli anni a venire. Gabrie-le Chiaramonte è un esponente di primopiano nella ristretta cerchia della più facol-tosa aristocrazia isolana, che sul finire del-l’Ottocento decide di rientrare, da protago-nista, nelle dinamiche della nuova società

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dello stato liberale; appartiene a quellaschiera di proprietari terrieri che, riunitisinella Lega dei Comuni Siciliani capeggiatadal barone Francesco Lombardo Gangitano(di lì a pochi anni anche lui committente diBasile) e sostenuta da personalità di rilievocome il conte Lucio Tasca d’Almerita, siproponeva di imprimere una svolta produt-tivistica all’agricoltura con la modernizza-zione delle tecniche di lavoro, il rilancio del-le comunità agricole, il miglioramento del si-stema dei trasporti, una più equa politica deisalari e delle garanzie previdenziali per i la-voratori. La facies da stabilimento produtti-vo dell’addizione di Basile al complessoagricolo di Falconara, che con i suoi impagi-nati a orditura di mattoni rossi in contrastocon il chiaro paramento isodomo in pietraconcia sembra riecheggiare configurazionidi opifici catalani (dei quali Basile aveva cer-tamente memoria dai tempi della sua visita,nel 1888, a Barcellona e alla sua Esposizioneuniversale), è dunque in sintonia con i pro-positi produttivistici del barone Bordonaro. Il linguaggio della villa Bordonaro alle Cro-ci influenzerà considerevolmente la produ-zione progettuale di quanti opereranno inSicilia nell’ultimo periodo della belle épo-que. I risultati più apprezzabili di questatendenza saranno conseguiti, a Palermo, so-prattutto da Salvatore Benfratello e da Er-nesto Armò (che, da assistente di Basile, in-daga le potenzialità stilistiche di questo filo-ne fin dalla sua ultima produzione eclettica,per proporne riedizioni moderniste nellavilla Tagliavia su viale della Libertà e nellavilla Licata di Baucina del 1915 su via No-tarbartolo)38, mentre fra i tanti “basiliani”che operano in Sicilia, a parte le molte epi-sodiche citazioni come quelle di CamilloAutore nei progetti per la ricostruzione di

Messina39 e di Paolo Lanzerotti nella villaDel Grado in corso Italia a Catania40, saràSaverio Fragapane, a Caltagirone, a declina-re in maniera coerente i codici neorinasci-mentali di Basile41.Tuttavia, negli anni in cui conclude l’espe-rienza della villa Bordonaro, Basile non puòancora contare su una schiera di allievi chene derivino i modi architettonici; la sua retedi relazioni e le sue frequentazioni culturalisono piuttosto rivolte agli ambienti artistici.È nel suo studio al Teatro Massimo che, l’8febbraio 1897, un ristretto gruppo di artisti edi architetti, diciotto in tutto, sottoscrive undocumento con il quale stabilisce di «riunirei lavori e formare una esposizione artisticaprivata» in aperta opposizione alla mostraannuale organizzata dal Circolo Artistico42.Inaugurata il 29 maggio nei locali dell’Hôtelde la Paix, l’esposizione «privata» era statapensata per le feste di maggio, contempora-neamente ad altre manifestazioni culturali emondane coincidenti con la tanto attesainaugurazione del Teatro Massimo, avvenutail 16 maggio 1897 con la messa in scena delFalstaff di Giuseppe Verdi43.Il gruppo degli artisti dissidenti, capeggiatoda Basile, era composto da undici pittori(Michele Cortegiani, Ettore De Maria Ber-gler, Luigi Di Giovanni, Giuseppe Enea, Ni-colò Giannone, Carmelo Giarrizzo, RoccoLentini, Francesco Lojacono, SalvatoreMarchesi, Francesco Padovano, Pietro Vol-pes), quattro architetti (Ernesto Armò, Er-nesto Basile, Giuseppe Patricolo, FrancescoPaolo Rivas) e tre scultori (Benedetto Civi-letti, Mario Rutelli, Antonio Ugo).La presenza di Lojacono, vuoi anche per l’e-tà avanzata, è più che altro quella dell’auto-revole garante di una scissione già formal-mente avvenuta (a partire dalle dimissioni

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sue e di Basile da soci del Circolo), mentreartisti come Giannone, Giarrizzo, Marchesie Volpes esauriranno con la partecipazionealla mostra «indipendente» la loro adesioneal movimento innovativo che Basile intende-va verosimilmente varare a Palermo. Alcunidegli artisti che figurano nel documento del1897 erano stati impegnati con Basile nellarealizzazione degli apparati decorativi delTeatro Massimo, e con loro egli condivideràla sua prima stagione modernista. Degli ar-chitetti firmatari, Armò, l’unico a essere piùgiovane di Basile, è suo assistente e futurofiancheggiatore modernista44; Patricolo, ar-chitetto storicista artefice di numerosi e con-siderevoli restauri45, mostra labili tracce diun avvicinamento al modernismo nei pochisuccessivi anni di attività; Rivas, infine, ditre anni più anziano di Basile ma laureatosiquattro anni dopo, svolgerà un’attività pro-fessionale piuttosto ridotta, nonostante leprecedenti ottime prove in alcuni concorsinazionali e internazionali, progettando po-che anche se valide architetture moderniste

non immuni da eclettiche ma ben omologa-te derivazioni da tendenze diverse46.La sorprendente coincidenza temporale frala sottoscrizione (a febbraio) del patto degliartisti e architetti coordinati da Basile e la ri-volta culturale formalizzata il 21 giugno del-lo stesso anno (ma già in fieri da alcuni me-si) dagli Jungen viennesi, che con GustavKlimt danno vita all’associazione autonomapassata alla storia come Wiener Sezession (lacui prima apparizione pubblica sarà, pro-prio nel 1897, la Erste Kunstausstellung derVereinigung Bildender Künstler ÖsterreichsSezession), va tuttavia ricondotta, più che ad“affinità elettive” (vista anche la consistentediversità fra i contesti socio-culturali di Pa-lermo e di Vienna), a quel particolare climaartistico dei paesi di lingua tedesca che ave-va portato alla fioritura, fin dal 1893, dellemostre della secessione monacense, prece-dute e accompagnate da analoghe iniziativein Francia (fra cui le varie edizioni pariginedel Salon dei “Rosacroce”) e in Belgio (conle ben note mostre del gruppo “Les Vingt”a Bruxelles e le esposizioni de “La LibreEsthétique”).Sempre nel 1897 nascevano in Europa alcu-ni fondamentali organi di divulgazione in-ternazionale del modernismo (fra cui i pe-riodici «Deutsche Kunst und Dekoration»stampato a Darmstadt e «DekorativeKunst» a Monaco, seguiti dalla parigina«Art et Décoration»), preceduti da pochealtre testate di analoga portata culturale equalità editoriale, tuttavia non unanimi nelrecepire prontamente il nuovo gusto che inseguito avrebbero promosso47. Non si puòdire, dunque, che quella dell’Art Nouveaufosse già in quel momento una formula vin-cente o di grande divulgazione, né il 1897può essere inteso come data particolarmen-

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Symposium in onore di Ettore Ferrari (in qualità diGran Maestro del Grande Oriente Italiano) al GrandHôtel Villa Igiea, Palermo 1908. Da sinistra: in piedi,il pittore Rocco Lentini, gli scultori Gaetano Geracied Ettore Ferrari, l’industriale Vittorio Ducrot e l’ar-chitetto Ernesto Basile; seduti, l’ingegnere GiuseppeCapitò, gli scultori Antonio Ugo, Mario Rutelli edEttore Ximenes, il pittore Francesco Lojacono

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te precoce nella cronologia dell’Art Nou-veau per quanto attiene alle arti figurative(compresa la grafica) e a quelle decorative eindustriali. Ma riguardo all’architettura vaconsiderato che dalla costruzione a Bruxel-les della casa Tassel di Victor Horta, operamanifesto del movimento modernista euro-peo, era passato appena un lustro nel corsodel quale erano state realizzate, ma il piùdelle volte non ancora ultimate, non più diuna trentina di architetture significative,concentrate prevalentemente in Belgio, a fir-ma di Horta, Hankar, Blérot e Van de Velde,oltre a opere isolate di Endell a Monaco, diGuimard a Parigi, di Berlage ad Amster-dam, di Mackintosh a Glasgow, di Gaudí,Puig i Cadafalch e Domènech i Montaner aBarcellona, e di Ashbee, Voysey e Townsendin Inghilterra.Rientrato, verosimilmente da vincitore dopol’inaugurazione del Teatro Massimo, tra iranghi autorevoli del Circolo Artistico, Er-nesto Basile si occupa nel 1900 della VIIedizione della mostra della società Promo-trice di Belle Arti, per la quale progetta unpadiglione effimero eretto nel cortile di pa-lazzo Villarosa. L’opera segna l’inizio delbreve, ma sorprendente, percorso astilo (ilcui apice è rappresentato dalle “ville bian-che” palermitane del 1903) sviluppatosi inseno all’architettura modernista palermitanae caratterizzato da forme improntate all’i-deale di razionalità mediterranea il cui teno-re anti-imitativo, affine a quanto avveniva inambito viennese, non dovette essere estra-neo al viaggio fatto qualche anno prima dal-lo stesso Basile nella capitale asburgica. Nel1898 infatti, esattamente l’anno successivoalla stesura del documento firmato dai di-ciotto artisti del suo cenacolo, Basile si recain Ungheria, a Parigi e, infine, a Vienna pro-

prio mentre Joseph Maria Olbrich porta atermine, in collaborazione con GustavKlimt, la Casa della Secessione. Basile è forsealla ricerca di stimoli concettuali e figurali,di confronti estetico-metodologici e, infine,di conferme agli ormai maturati slanci origi-nati da quell’insegnamento paterno orienta-to sia verso l’ideologia estetica di WilliamMorris, e quindi verso il principio del pareg-giamento delle arti e la rivalutazione dellearti applicate, sia alla ricerca di un rinnova-mento dell’architettura.D’altronde Basile non può contare in Italia,e tanto meno in Sicilia, sulla possibilità dientrare in contatto con tendenze esteticheprovenienti da analoghe temperie artistiche.Nonostante la vivacità di alcune iniziativecollettive, generate grazie all’innovativa ten-sione intellettuale di singole personalità arti-stiche di eccezione, le arti figurative italianenon riescono a trasmettere il germe del«nuovo sentire» ai progettisti né, tutto som-mato, alla stessa classe intellettuale o ai di-versi esponenti culturali della società italia-na della tarda età umbertina. Sollecitati dal-l’attivismo intellettuale del pittore di voca-zione preraffaellita Nino Costa, artisti comeGiuseppe Cellini e Giulio Aristide Sartorio,per affiliazione, e altri come Adolfo De Ca-rolis, per elezione, già a partire dallo scorciodegli anni ottanta del XIX secolo perseguo-no a Roma una linea simbolista estetizzante,non di rado onirica, dall’inquieta aura psico-logica. Altri, come gli scultori Giovan Batti-sta Amendola ed Ettore Ximenes, il primoscomparso troppo precocemente per poter-si misurare consapevolmente con il «nuovosentire», accennano già negli anni della pie-na esperienza verista (di formazione meri-dionale) a quello stesso slancio vitalisticoche, sia pure con più consone valenze esteti-

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che e padronanza figurale, avrebbe confor-mato la plastica scultorea del maturo mo-dernismo italiano. E sempre in anticipo ri-spetto al manifestarsi, all’alba del Novecen-to, di una pur eterogenea compagine italia-na di progettisti di architetture liberty, de-gne di un confronto con altre realtà euro-pee, la formulazione in ambito lombardo diuna linea culturale percettiva divisionistaguidata da Angelo Morbelli e da GiovanniSegantini, l’inverarsi in chiave simbolistadella scapigliatura milanese con GaetanoPreviati, l’espressività del socialismo umani-tario di Medardo Rosso e, sempre animatada istanze sociali, l’introspezione analiticache sostanzia le ricerche luministiche (diascendenza macchiaiola) di Plinio Nomelli-ni e di Giuseppe Pellizza da Volpedo, benprima dello scadere del XIX secolo sonopienamente partecipi della temperie etico-estetica del modernismo. Ma per quanto ri-guarda gli artisti siciliani, a parte Ettore Xi-menes e, marginalmente, Domenico Trenta-coste e Aleardo Terzi, sia gli scultori che ipittori, anche quelli che daranno ottimaprova di sé una volta guadagnati da Basilealla causa del gusto estetico modernista, an-cora alla metà degli anni novanta non mo-strano di voler abbandonare i porti sicuridel vedutismo di scuola partenopea, del ve-rismo (aneddotico o sociale che fosse) e del-la ritrattistica.Nel cantiere di completamento del TeatroMassimo, Ernesto Basile aveva dovuto coor-dinare, oltre a quanti ancora lavoravano alleopere di finitura, di impiantistica e di arredo,gli interventi degli artisti (Benedetto Civilet-ti, Michele Cortegiani, Ettore De Maria Ber-gler, Luigi Di Giovanni, Gaetano Geraci,Salvatore Gregorietti, Rocco Lentini, Rosa-rio Spagnoli, Antonio Ugo) che, a partire dal

1894, erano stati incaricati della definizionedecorativa di quello che, all’epoca, risultòuno dei tre più grandi teatri d’Europa. È inquesta occasione che Basile, pur ancora inassenza di una qualsiasi formulazione riguar-do a strumentazioni figurali aderenti al«nuovo sentire» da parte degli artisti coin-volti, sperimenta il principio del “pareggia-mento delle arti” e della “regìa unitaria” se-condo i precetti della recente rivoluzioneestetica che porta all’Art Nouveau. In effetti,nell’attivismo organizzativo profuso da Basi-le e nel suo rapportarsi con il gruppo di pit-tori e scultori (ma anche con architetti, constorici o critici d’arte e, successivamente, conimprenditori e artefici dell’industria artisti-ca) in una dimensione di aperta collaborazio-ne interdisciplinare, affiora l’eco delle fre-quentazioni degli ambienti artistici romaninel periodo della sua attività accademica eprofessionale nella capitale. Nell’anno in cuiBasile arriva a Roma, infatti, Nino Costa, ini-ziatore di una tendenza simbolista neobotti-celliana e neomichelangiolesca intesa comefiliazione italiana dell’Aesthetic Movement,rilancia il suo primo circolo artistico (fonda-to nel 1875). Nonostante gli evidenti riferi-menti tematici alla Brotherhood, confermatianche dall’intitolazione inglese Golden Club,questo circolo era finalizzato al consegui-mento di una nuova «estetica italica»; obiet-tivo per il quale i suoi affiliati tendevano auna risemantizzazione vitalistica e simbolistadell’immaginario allegorico della pittura ri-nascimentale.Del 1881 è la prima serie della «Cronaca bi-zantina», organo di una cultura nuova (per-sino con qualche pretesa di problematichesociali); la rivista vanta tra i suoi collabora-tori Giosuè Carducci, Gabriele D’Annun-zio, Matilde Serao, Edoardo Scarfoglio, Ugo

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Fleres e Giulio Aristide Sartorio. Quest’ulti-mo, non molto tempo dopo, avrebbe condi-viso con Basile (al quale si rivolgerà per ilprogetto della propria residenza-atelier sulTevere) molte iniziative culturali, e collabo-rato con lui alla definizione decorativa del-l’Aula dei Deputati a Roma, realizzandone illaocoontico fregio pittorico.Nel 1886, quando Basile ha oramai consoli-dato la sua posizione sociale nella società ca-pitolina, Nino Costa promuove il suo nuovoraggruppamento In Arte Libertas con unamostra molto attesa; vi esporranno ancheDante Gabriele Rossetti, Edward Burne-Jo-nes e Arnold Böcklin. Ad alimentare il climaintellettuale degli ambienti artistici romanicontribuiscono anche i saggi e gli articolidella rivista «Il Convito», che perpetua latradizione estetizzante e decadente dellaprestigiosa «Cronaca bizantina».Il periodo romano è dunque per ErnestoBasile l’occasione per verificare e riformula-re, grazie alle sperimentazioni progettualiconcorsuali e ai contatti con i più avanzatiesponenti del mondo culturale della capita-le e quindi con le nuove tendenze interna-zionali48, quell’idea di “moderna” concezio-ne dell’arte e del suo rapporto con l’archi-tettura che proveniva dalla ricerca paternadel «vero stile».Ma la compagine dei pittori e degli scultoriattivi a Palermo nei tre decenni successiviall’unità d’Italia solo marginalmente risultainteressata a nuove problematiche esteti-che. È a partire dal 1882, principalmente inseguito all’istituzione del Circolo Artistico,che a Palermo si manifestano segnali più in-cisivi dei soli richiami all’impressionismofrancese o dei riflessi delle tendenze più ag-giornate della pittura italiana. Tra i fondato-ri del Circolo troviamo infatti il pittore e

critico Giuseppe Meli, primo presidente, eG. B. Filippo Basile, che ne sarà presidentedal 1885 (anno in cui l’istituzione si trasfe-risce stabilmente nella sontuosa sede di Pa-lazzo Gangi-Larderia in via Vittorio Ema-nuele) al 1889, quando lascia la carica a se-guito della ripresa dei lavori del TeatroMassimo.Già nella prima metà degli anni Settanta,G. B. Filippo Basile, in qualità di Presiden-te del Casino delle Arti di Palermo, avevapromosso dibattiti e manifestazioni voltealla sensibilizzazione della più colta societàsiciliana alle problematiche del pareggia-mento delle arti e del rinnovamento artisti-co, con la diffusione della sua interpreta-zione dell’ideale di William Morris49. Il Ca-sino delle Arti contava infatti duecentoven-ti soci, numerosi frequentatori (iscritti enon) fra gli artisti, architetti, studiosi di fi-losofia, letterati, imprenditori e, principal-mente, i «capi-artieri [...], i commerciali,gli indagatori delle attinenze della libertàcolla vita economica dei popoli»50. Le ini-ziative di Basile padre ebbero un ruolo de-terminante nell’avvicinamento di certa im-

Mobilificio Ducrot in via Paolo Gili alla Zisa, Palermo.Laboratorio dei modelli, 1908

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prenditoria e delle maestranze più qualifi-cate al problema del rapporto fra qualità eprofitto, oltre a quelli della rivalutazionedelle arti applicate e della sensibilizzazioneartistica degli esecutori. Proprio nelle ope-re di completamento realizzate da ErnestoBasile per il Teatro Massimo, alcuni tipi diapparecchi di illuminazione (eseguiti dallapalermitana ditta Caraffa), alcune transen-ne da parapetto e i braccioli dei sedili delloggione attestano l’embrionale elaborazio-ne di nuovi codici formali. Ma se nel 1897queste “prove d’autore” costituiscono unaflebile eccezione nel panorama della cultu-

ra architettonica italiana, ben presto altriaspetti dell’attività di Basile ne accreditanoil modo di operare in pieno circuito mo-dernista.È il caso della presentazione all’Esposizionedi Torino del 1898 della serie di disegni diparticolari architettonici fitomorfi da realiz-zarsi in ferro battuto o, ancora, degli schizzidi sedie e del contenuto della lettera (cui fu-rono acclusi) inviati alla contessa di Franca-villa con l’esortazione a servirsi delle avanza-te officine del mobilificio palermitano CarloGolia & C. per un’esecuzione meccanicainappuntabile degli arredi “uso inglese”;una raccomandazione che svela l’allora inu-suale, per un accademico italiano, predispo-sizione a dialogare con i procedimenti tecni-ci di un’industria moderna.La collaborazione di Ernesto Basile conCarlo Golia prima, e poi con il figliastro ederede di questi, Vittorio Ducrot, è un casounico nell’Italia liberale ed è uno dei pochie duraturi esperimenti riusciti di mediazio-ne fra cultura e profitto nel modernismo eu-ropeo. Inizialmente questa collaborazione ècircoscritta alla esecuzione di «arredi parti-colari» come quelli degli anni 1898-1900,nei quali rientrano, fra i primi esempi, an-che la biblioteca a doppia altezza del palaz-zo Francavilla, gli arredi e le decorazioniper i saloni e gli ambienti di rappresentanzadel Grand Hôtel Villa Igiea all’Acquasantae tutti gli interni del villino Florio all’Oli-vuzza. Con il maturare del rapporto di col-laborazione fra Basile e Ducrot si assiste alpassaggio, sempre all’insegna dell’idea diunità stilistica, dalle irripetibili strutturazio-ni spaziali fisio-psicologiche delle travaturee membrature lignee, delle decorazioni pa-rietali (pittoriche o architettoniche) e dei

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Bozzetto di intestazione per foglio di corrispondenzadel mobilificio Ducrot, 1902-1903

Sala da tè del Grand Café Faraglia, piazza Venezia,Roma, 1906

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mobili di interni come quelli del villino Flo-rio o del salone del Grand Hôtel Villa Igiea,alla obiettività tettonica e alla sinteticità ag-gregativa, per elementi primari formalmen-te compatibili, della serie di mobili in quer-cia del 1902, battezzata «tipo Torino» inomaggio al successo riscosso (con l’attribu-zione anche di un Diploma d’onore) in oc-casione della Prima Esposizione Internazio-nale di Arte Decorativa Moderna di Tori-no51. Su disegni di Basile, oltre a quelli ese-guiti per i Florio tra il 1899 e il 1901, la fab-brica realizza – solo per citare i casi più pre-stigiosi – mobili, arredi e decorazioni ligneeper il salone di casa Lemos (via QuintinoSella, Palermo, 1903), per la casa del medi-co Vincenzo Cervello (Palermo, 1904), percasa Basile e per villa Deliella (Palermo,1906), per il Grand Café Faraglia (Roma,1906), per le residenze della famiglia Florioa Marsala e nelle isole Egadi (1900-1905),per il piroscafo Siracusa della NavigazioneGenerale Italiana (1906), per la sala casse,la sala del consiglio e gli uffici dei dirigentidella Cassa di Risparmio a Palermo (1907 esgg.), per l’Aula dei Deputati e per l’interoampliamento del palazzo di Montecitorio aRoma (1908 e sgg.).Nel 1903, al fine di partecipare alla V Espo-

sizione di Venezia, Vittorio Ducrot si assu-me la quasi totalità delle spese di realizza-zione del progetto di Basile per l’allestimen-to delle sale «Napoli e Sicilia», aggiudican-dosi la medaglia d’oro. I successi di criticae, di conseguenza, di mercato vengono re-plicati nel 1905 alla VI edizione della Bien-nale veneziana dove le sale «Napoli e Sici-lia» ottengono il diploma d’onore. In occa-sione della partecipazione del binomio Ba-sile-Ducrot alla Esposizione internazionaledel Sempione a Milano del 1906, alla dittasono assegnati il Grand Prix con lode spe-ciale e la medaglia d’oro del Ministero del-

Grand Hôtel Villa Igiea all’Acquasanta, Palermo,1899-1903

Particolare del salone della caffetteria-ristorante delGrand Hôtel Villa Igiea all’Acquasanta, Palermo,1899-1900

Planimetria generale del complesso del Grand HôtelVilla Igiea all’Acquasanta, Palermo, 1899

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l’Agricoltura Industria e Commercio. As-sente alla VII edizione per il rifiuto oppostodall’architetto alle prescrizioni del Comita-to organizzativo, la ditta Ducrot fa la sua ul-tima comparsa ufficiale con Basile nel 1909,alla VIII Esposizione di Venezia, realizzan-do l’allestimento e l’arredo per la sala «Bel-lezze Siciliane» dedicata alla personale diEttore De Maria Bergler. Nel periodo com-preso fra il 1902 e il 1909, durante il qualeBasile ne assume la direzione artistica, pro-gettando anche mobili per la produzione

corrente, la Ducrot era passata da 200 ope-rai e 20 macchine a una dimensione e aun’articolazione del ciclo di produzione ta-li da costituire una delle più forti concen-trazioni industriali del settore a livello euro-peo, la più nota in ambito italiano. Nella fa-se di realizzazione degli ambienti che pro-getta, Basile coordina sotto la propria regìal’opera di scultori e pittori pronti a recepirele nuove tendenze artistiche (Ugo, Geraci,Enea, Gregorietti, De Maria Bergler, DiGiovanni, Lentini, Cortegiani). Il cenacoloassurge, per la critica coeva, a “primo cen-tro creativo” dell’arte decorativa modernaitaliana e Basile coinvolge, per la definizio-ne di alcuni degli arredi più rappresentativirealizzati da Ducrot, artisti di grande riso-nanza nazionale come Giulio Aristide Sar-torio, Davide Calandra, Giovanni Tesoro-ne, Giovanni Mario Mataloni.Relativamente ai modi espressivi di ErnestoBasile, fra il 1897 e il 1899 si era assottiglia-to il confine ideologico-estetico fra le suedue consecutive stagioni progettuali, quelladella visione sperimentale dell’eclettismo e

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Ricevimento di gala tenuto da Franca Florio (al cen-tro) nel salone da ballo del Circolo degli Stranieri delGrand Hôtel Villa Igiea all’Acquasanta, Palermo,1910

Fronte verso il mare del Grand Hôtel Villa Igieaall’Acquasanta, Palermo, 1899-1903

Salone degli specchi del Grand Hôtel Villa Igieaall’Acquasanta (con ciclo allegorico parietale di E. DeMaria Bergler e di M. Cortegiani e L. Di Giovanni),Palermo, 1899-1900

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quella del primo modernismo (nella bivalen-te formulazione di revisione critica del re-gionalismo storicista e di risemantizzazionefenomenica degli elementi architettonici,sempre conformata a impalcati progettualidi logica matematica) e fra il 1898 e il 1903egli aveva consumato la sua più complessaesperienza di continua verifica di un “meto-do” logico di progettazione, conseguendonei risultati più emblematici.È il caso del distrutto palazzo Moncada deiprincipi di Paternò in via Francesco Crispi(1898-99), con le sue neoquattrocenteschevalenze domestiche, oppure delle prime ar-chitetture sepolcrali, di ermetica solennitàaccentuata dai primi tentativi di lettura uni-taria di profili, campi murari e modanature,dalla assimilazione di singoli elementi di me-moria medievale a partiti unici o, ancora,dalla eversiva riduzione di soluzioni tipolo-giche e schemi compositivi estranei alla tra-dizione funeraria.Ad apertura di questa fase accelerata ditransizione va collocata un’opera lungamen-te considerata di secondo piano, sia per l’en-tità che per la destinazione, come la coloniaagricola di “Villa Firriato” nel territorio diCanicattì, voluta nel 1898, con palesi sugge-stioni utopistiche, dall’agronomo filantropoFrancesco Gangitano, imprenditore all’a-vanguardia e presidente della Lega dei Co-muni Siciliani. La trasformazione e l’amplia-mento del baglio, oltre a rientrare nei suoispecifici interessi imprenditoriali, ne costi-tuiva una sorta di manifesto programmatico.In un territorio di agricoltura avanzata, giàservito dalla ferrovia e prossimo alla cittàportuale e industriale di Licata, l’insedia-mento era una via di mezzo fra la tradizionedi matrice utilitaristica della tenuta-modelloe l’idea di stampo utopistico della comunità

agricola. Questo duplice aspetto è riverbera-to nei due caratteri dominanti del comples-so: da un lato il tono industriale delle operedi finitura e dei particolari costruttivi (conuna certa predilezione per gli inserti in ferroe ghisa); dall’altro l’omologazione composi-tiva delle architetture su un oggettivo abacodi elementi dell’opera muraria.L’ultimo decennio del secolo si chiude perBasile con una fitta sequenza di incarichiper l’ultima generazione dei Florio, Vincen-zo e Ignazio con la moglie Francesca PaolaJacona Notarbartolo contessa di San Giulia-no (mecenate e filantropa dall’insuperabilefascino)52, che mirano ad affermare una pro-pria “immagine” originale di vocazione in-ternazionalista ma decisamente riconoscibi-le come siciliana53. Oltre ai progetti per duepalazzi, uno nel parco dell’Olivuzza e l’altrocome intervento di ristrutturazione dellavecchia abitazione alla tonnara dell’Arenella(con la “Torre dei Quattro Pizzi” di CarloGiachery), nel solo 1899 Basile progetta erealizza per i Florio il Sanatorio per tisici,poi Grand Hôtel Villa Igiea all’Acquasanta,

Palazzina Moncada dei principi di Paternò, BorgoSanta Lucia, Palermo, 1899

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e il villino Vincenzo Florio nel parco dell’a-bitazione familiare all’Olivuzza.Principale opera di transizione della culturaarchitettonica siciliana tra i due secoli, ilGrand Hôtel Villa Igiea, sintesi di istanzedello storicismo siciliano e delle nuove te-matiche estetiche, ha il ruolo di spartiacqueepocale all’interno della prima stagione mo-dernista di Ernesto Basile.Citato ancora come edificio per uso sanita-rio sperimentale nell’articolo di SalvatorePernice nel fascicolo di febbraio del 1900 de«L’Edilizia Moderna», già nel maggio del1901 il complesso viene documentato dallostesso periodico, a lavori appena ultimati,come Grand Hôtel Villa Igiea. Alla primiti-va destinazione sanatoriale è dunque da rife-rire l’impalcato simbolico del ciclo allegori-co ideato e dipinto per il “salone degli spec-chi”da Ettore De Maria Bergler (con la col-laborazione di Luigi Di Giovanni e MicheleCortegiani), non senza il determinante con-tributo di una ben dissimulata regìa esteti-co-ideologica dello stesso Basile. È da rite-nere, tuttavia, che l’iter progettuale, a parti-re dalla prima previsione sanatoriale, abbiacontemplato sensibili ripensamenti, pur nel-la consueta metodologia basiliana di possi-bili variazioni sempre tuttavia compatibili inquanto derivabili da uno stesso schema dibase tarato su principi di logica aggregativaper comparti compiuti (in pianta e in alza-to). Il grande complesso architettonico diVilla Igiea all’Acquasanta, voluto dall’ultimagenerazione dei Florio54 come prestigiosastazione climatico-termale e come opera“manifesto” di un più generale movimentodi “rinascita” della Sicilia, è preceduto daun biennio di segnali discontinui, ma indi-ziari della maturazione di Basile verso un«nuovo sentire» modernista55. Villa Igiea è

progettata e realizzata secondo un program-ma di assoluta integrazione fra avanzateconcezioni di igiene psicofisica, moderniparametri di funzionalità, razionale ordina-mento distributivo, esaltazione delle valenzepaesistiche del sito, capillare controllo for-male e iniziatiche implicazioni simboliche56.Tutte queste componenti conferiscono alcomplesso un’aura emblematica nell’ambitodell’epopea per il risanamento dell’indivi-duo e della sua lotta contro il “mal sottile”.La trasformazione del complesso sanatoria-le in grande albergo comporta una semplice“correzione” per alcune destinazioni, senzaapportare modifiche a una facies allusiva-mente intonata all’esaltazione struggentedella nuova misura introspettiva, dell’ideadi “luogo del non essere” deputato alla pas-sione di una società di eletti ormai nello sta-dio di superamento del proprio apogeo. Èper questi risvolti che, fin dalle prime fasidella sua edificazione nel 1899 sulla scoglie-ra dell’Acquasanta, il complesso di VillaIgiea ha costituito un evento emblematicodel clima storico palermitano sullo scorciodel XIX secolo. Fattore determinante diquesta “avventura” risulta il felice accordodei suoi tre artefici, Ernesto Basile, IgnazioFlorio e il medico Vincenzo Cervello, espo-nenti palermitani di portata internazionale,rispettivamente, nei settori della cultura ar-chitettonica, imprenditoriale e medico-scientifica.A Villa Igiea la configurazione geometricadel “salone degli specchi” e le figurazionipittoriche, che con seducente gusto feno-menico-simbolista e con impareggiabili ar-tifici prospettico-vedutisti coniugano meta-fore alchemiche, ermetismi iniziatici, ri-svolti numerologici, riferimenti cabalistici,rievocazioni di mitici cicli agrari ctonii,

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concorrono alla “struttura” di un ciclo alle-gorico. Sotto la regìa di Ernesto Basile, ipittori De Maria Bergler, Cortegiani e DiGiovanni realizzano uno dei rari esempi dicomplesso decorativo modernista in cui l’i-dea di “opera d’arte totale” va oltre la ri-cerca di “unità stilistica”. I risvolti iconolo-

gici di questo diorama della “chimica filo-sofale”, dissimulati in un baccanale caden-zato su morbide sensualità, assegnano aquesto ambiente valenze di stazione catar-tica, per predisporre i frequentatori allaconquista del percorso interiore verso lasalute psico-fisica57.

Sezione longitudinale di villa Bordonaro al Giardino Inglese, Palermo, 1893

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Alzato parziale del prospetto ovest del villino Vincenzo Florio, parco Florio all’Olivuzza,Palermo, 1900

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Nell’arco dell’attività professionale di Basile,Villa Igiea è immediatamente seguita daopere che nel contesto italiano costituisconoil primo ciclo unitario di architetture moder-niste di uno stesso autore, e quindi riconosci-bili come espressioni coerenti di uno stessofilone culturale. Oltre al villino Florio del1899-1902, al padiglione per l’esposizionedella Promotrice di Belle Arti del 1900, alsecondo palazzo Utveggio in via XX Settem-bre del 1901, tutti a Palermo, e alla palazzi-na Vanoni in via Sardegna a Roma del 1901,è particolarmente significativo il nucleo diarchitetture funerarie per i cimiteri palermi-tani di Santo Spirito e di Santa Maria diGesù, la cui correlazione assume il ruolo dilaboratorio formale per un nuovo e autono-mo codice figurale.Più controllato nei primi esempi di ediliziaresidenziale, quasi del tutto proscritto inambito istituzionale e chiesastico, il libertyinizialmente si manifesta con maggior slan-cio da un lato nel campo delle architettureeffimere, degli arredi, delle arti applicate edella grafica, dall’altro nel settore, di segnoopposto, dell’architettura funeraria. Ancheper quest’ultima valeva, infatti, quel princi-pio di disimpegno da qualsiasi logica di vin-coli formali con cui, invece, l’architettura

residenziale doveva misurarsi; e, per Basile,proprio l’architettura funeraria è il camponel quale si dosa, per gradi, il carattere della

CAPITOLO III

La via siciliana al modernismo

Cappella gentilizia Lanza di Scalea, cimitero di SantaMaria di Gesù, Palermo, 1900

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sua Arte Nuova. Questo avviene in partico-lare con le cinque opere progettate, fra il1898 e il 1902, per altrettante famiglie del-l’alta società palermitana58. Tre di esse sonocappelle gentilizie, di indiscutibile tenoreaulico, commissionategli per l’antico cimite-ro pedemontano di Santa Maria di Gesù: lacappella Nicosia del 1898, la Pecoraino del1899-1900, non ultimata, e infine la più pre-stigiosa, progettata e realizzata fra il 1900 eil 1901 per i Lanza di Scalea, suoi commit-tenti anche in altre occasioni. Per quantoattiene alle strumentazioni formali e agliassetti stereometrici, in queste cappelleErnesto Basile reinterpreta in chiave“moderna” un modello tipologico funerarioconsolidato a Palermo e in Sicilia: tanto laNicosia quanto la Scalea hanno planimetrierisultanti dalla sovrapposizione della croceal quadrato, ma con gradi di libertà ugual-mente apprezzabili, non da ultimo in rela-zione alle proporzioni fra i vari elementiarchitettonici, rispetto ai modelli storici. Ameno dell’eccezione del protiro della cap-pella Scalea, le tre architetture funerarie diSanta Maria di Gesù costituiscono, con tuttii loro elementi, una gamma di variazioni

sullo stesso tema. È una successione assimi-labile a un orientamento progettuale da“esercizi di stile”: dal più convenzionaleassetto della cappella Nicosia, con tre frontiuguali, alta fascia basamentale a scarpa, pro-filature e abaco di elementi architettonicistorici ancora ben distinguibili, richiamiall’architettura romanica ma anche con unasigla inequivocabilmente rinascimentale,con alquanti inserti in uno stile tardogoticorivisitato e dissimulate rievocazioni bizanti-ne e siculo-normanne, Basile perviene nellacappella Scalea alla decisa manipolazione,coesione e riconfigurazione dei codici archi-tettonici. Il coronamento dell’avancorpodella cappella Nicosia, a timpano spezzatocon acroterio centrale in soluzione unicacon il sima (soluzione che sarà ampiamenterielaborata nei suoi progetti successivi al1907), è reinterpretato tanto nella cappellaPecoraino quanto nella Scalea; in quest’ulti-ma, però, viene totalmente riconfigurato,non più come elemento architettonico bensìcome orditura compositiva del raccordo frale due facce laterali del tamburo e i sotto-stanti fronti. Con la cappella Lanza di ScaleaBasile perviene all’elaborazione di un siste-ma con partito architettonico declinabile,che applicherà anche in opere successive.Comunque le tre cappelle per il cimitero diSanta Maria di Gesù non si discostano dal-l’idea del mausoleo; semmai sono proprio lerispettive strumentazioni formali a ricon-durre in una dimensione quotidiana queltimbro monumentale, da “città dei morti”.Di tono diverso sono invece la sepoltura perla famiglia Raccuglia e la cappella gentiliziaGuarnaschelli, entrambe del 1899, realizza-te nello storico cimitero di Sant’Orsola, o diSanto Spirito59. La tomba Raccuglia dissi-mula, con una composizione a pseudo-sar-

Ernesto Basile, 1857-1932. Fra accademismo e “moderno”, un’architettura della qualità

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Alzati della sepoltura gentilizia Raccuglia, cimitero diSanto Spirito, Palermo, 1899

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La via siciliana al modernismo

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cofago e a stele, con nicchia ad arco carena-to e pannello a mosaico, l’accesso alla crip-ta. I piedritti della nicchia rimandano agliacroteri laterali del coronamento della stele,mentre le sagomature di questa e le mem-brature ad andamento curvilineo del sarco-fago suggeriscono l’idea di una contamina-zione organicistica, sospesa tra la sensazionedi una duttilità della materia e l’inquietudi-ne per la natura pietrificata. Non moltodistante, la cappella Guarnaschelli presentasulla facciata principale un partito centrale acapanna, eccedente dal profilo e di pocosporgente, che corrisponde alla nicchiaposteriore con altare, mentre a fargli da alisono due porzioni murarie cieche corri-spondenti alla coppia di vani per i loculi.L’ingresso ad arco carenato e sormontato dauna lunetta è inserito in un rincasso del par-tito centrale, sagomato ad ampiezze diversi-ficate. Secondo un modo poi divenuto unasorta di sigla delle fabbriche di Basile, allaquota delle imposte degli archivolti e in cor-rispondenza del coronamento delle due ali,listelli orizzontali riammagliano l’articolata,per quanto speculare, configurazione ste-reometrica.Relativamente all’architettura funeraria,come nel caso di Ernesto Basile, alcuni col-laboratori e allievi (i più dotati fra i primi, avolte anche suoi allievi, si dimostrano Erne-sto Armò, Salvatore Benfratello, SalvatoreCaronia Roberti e Francesco Fichera, men-tre si distinguono fra i secondi per contribu-ti originali Saverio Fragapane, Michele LaCavera, Francesco La Grassa) si fanno inter-preti della volontà dei committenti di undiverso “manifestarsi”, anche nell’ultimadimora, operando una profonda revisionedell’ideale celebrativo della memoria deipropri defunti e di se stessi. L’insinuarsi del

vitalismo figurale nell’architettura e nell’artefuneraria assume, tuttavia, valenze nostalgi-che e un pathos da rimpianto, più che ilsenso di un corredo consolatorio; portalidell’ultimo viaggio, le architetture funerarienel periodo modernista diventano il campodi elaborazione di nuove strumentazioniformali. Echi di questi modi architettoniciricorrono nelle sagomature in pietra e neiferri battuti dell’edicola con la statua delRedentore a Caltanissetta, del 1900. Già definita nelle sue linee generali neldicembre 1900, la cappella Scalea coniugalo schema tipologico della cappella Nicosia(e quello della cappella Pecoraino) a un por-

Padiglione della VII Esposizione della Promotrice diBelle Arti, cortile di Palazzo Villarosa, Palermo, 1900

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tico che, annota Savarese, richiama «quelgioiello di grazia e di originalità che è il pro-nao della Chiesa della Catena di Palermo»60,riconversione modernista, con palesi richia-mi a cifrari figurali solitamente attribuiti aMatteo Carnilivari, dello schema compositi-vo dell’esedra (utilizzato per il monumentotorinese a Giacinto Pacchiotti nel concorsodel 1894). Con tale soluzione Basile inaugu-ra il motivo dell’acroterio eccedente rispettoal coronamento che diventerà, attraverso letante mutazioni, una sigla ricorrente del suoabaco di codici figurali modernisti. Imme-diatamente dopo la tomba Raccuglia (maprima della Scalea), questo elemento com-pare con straordinaria forza espressiva nel-

l’avancorpo d’ingresso del padiglione prov-visorio realizzato nel cortile del palazzo Vil-larosa per la VII Esposizione promossa dalCircolo Artistico di Palermo e noto come«padiglione della Promotrice di Belle Arti».Connotata da un carattere templare (e, piùgenericamente, da un diffuso senso di sacra-lità dell’arte) e in linea con le implicazionisimboliste ventilate anche in seno al mondoartistico palermitano, l’opera, definita nelle

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Veduta prospettica e pianta del primo piano del villi-no Vincenzo Florio, parco Florio all’Olivuzza, Paler-mo, 1899-1903

Stanza da pranzo del villino Vincenzo Florio, parcoFlorio all’Olivuzza, Palermo, 1901-1902

Soffitto ligneo dello scalone del villino Vincenzo Flo-rio, parco Florio all’Olivuzza, Palermo, 1900-1902

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sue linee generali nel mese di marzo del1900, presentava sul portale d’ingresso unacomposizione floreale a bassorilievo difoglie di palma affrontate a guisa di ghiera(simile per disposizione al fregio dell’archi-volto della cappella Nicosia).Ancora impegnato nella realizzazione diVilla Igiea, accelerando l’emancipazione dalrevival storicistico, Basile intraprende laprogettazione del villino Florio nel parco

dell’Olivuzza, riversandovi alcuni degli esitiformali elaborati in quel progetto.Progettata tra gli ultimi mesi del 1899 e l’i-nizio del 1900 e commissionata da Ignazio eFranca Florio, la fabbrica (costruita dall’im-presa edile di Pietro Albanese) viene defini-ta negli apparati decorativi esterni e internientro il 1902. Tutti gli arredi fissi e la mobi-lia vengono commissionati alla ditta CarloGolia, allora già diretta da Vittorio Ducrot,tranne lo scalone in noce, realizzato dall’e-banisteria di Andrea Mucoli di Palermo.Costato 350.000 lire, il villino, prima operacompleta e matura del modernismo italiano,viene dotato nel 1903 anche di mobili e stof-

Salotto in mogano presentato dal mobilificio Goliaalla prima Esposizione Internazionale d’Arte Decora-tiva Moderna, Torino, 1902

Stanza da letto in acero niveo (con bassorilievi inbronzo di Antonio Ugo) presentata dal mobilificioGolia alla prima Esposizione Internazionale d’ArteDecorativa Moderna, Torino, 1902

Stanza da lavoro in quercia presentata dal mobilificioGolia alla prima Esposizione Internazionale d’ArteDecorativa Moderna, Torino, 1902

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fe da parato realizzati sui modelli presentatida Basile e da Ducrot alle esposizioni diTorino del 1902 (mobili e stoffe) e di Vene-zia del 1903 (mobili). Le opere murarieesterne presentano uno spesso paramentolapideo a faccia vista, di varia qualità, coloree provenienza: dalle cave di Billiemi (pietragrigia) per il basamento perimetrale a scarpa

e le rampe dello scalone esterno; da Isoladelle Femmine (arenaria) per gli assesta-menti isodomi che contraddistinguono all’e-sterno tutti i muri d’ambito; da Comiso (pie-tra bianca) per gli apparati decorativi archi-tettonici e gli inserti decorativi; da Segesta(marmo giallo), per i fusti delle colonnedelle prime elevazioni, e da Trapani (marmorosso), per i fusti delle colonne della loggianell’ultimo livello.Alla definizione degli interni collaborano,sostanzialmente sotto la direzione di Basile:Gaetano Geraci, che esegue i modelli ingesso degli inserti decorativi bidimensionalie dei pannelli metallici a sbalzo; SalvatoreMartorella, che realizza tutte le opere inferro interne ed esterne; Giuseppe Enea,che dipinge con motivi floreali i fregi degliambienti interni; Salvatore Gregorietti, cheesegue le vetrate decorate interne ed ester-

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Secondo Palazzo Utveggio, via XX Settembre (angolovia Siracusa), Palermo, 1901-1903

Sala minore della mostra “Napoli e Sicilia” alla VEsposizione Nazionale d’Arte di Venezia, 1903

Secrétaire in mogano (con applicazioni in bronzo diAntonio Ugo e con pitture di Ettore De Maria Ber-gler) per la sala minore della mostra “Napoli e Sicilia”alla V Esposizione Nazionale d’Arte di Venezia, 1903

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ne; Antonio Ugo, che realizza i particolari inbronzo. Gli apparecchi di illuminazione,parte integrante dell’arredo fisso, vengonoeseguiti dalla ditta Caraffa di Palermo, men-tre la Ceramica Florio produce le piastrellee gli oggetti ceramici. Intorno al 1910 Basi-le redige anche un progetto di massima(rimasto incompleto) per l’ampliamento delvillino, prevedendo l’aggiunta di un’ala apianta rettangolare, con portici e avancorpi,da addizionare al fronte meridionale in cor-rispondenza del bow-window. L’idea del-l’ampliamento, successiva al matrimonio diVincenzo Florio con Annina di Montereale(1909) e forse dettata dal desiderio di desti-narlo ad abitazione degli sposi, vieneabbandonata dopo la morte prematura diAnnina nel 1911.Realizzato in sostituzione del grande palaz-zo commissionato in seguito all’acquisto dinuovi terreni per l’ampliamento del parcodell’Olivuzza, l’impianto del villino deriva

dallo schema distributivo previsto per un’a-la del palazzo stesso: uno schema planime-trico quadripartito, con aggetti e compartidistributivi, adottato fin dagli schizzi preli-minari e la cui tipologia, esito di un com-plesso iter progettuale, risulterà ugualmentedistante sia dal tema aulico della residenzasuburbana quanto da quello revivalistico del“capriccio” decadente. Sul piano compositi-vo esso attesta una consapevole transizione,implicita nella volontà di superamento dellostoricismo con la messa a punto di un abacofigurale rivolto a una totale emancipazione,per soli segni-forza, dai sintagmi arieggiantimotivi tardogotici siculo-catalani.Edificato in una posizione relativamentebaricentrica del parco, il villino era situato afondale del viale rettilineo con alte siepi a

Palazzina Vanoni, via Sardegna, Roma, 1901

Studi per una linea di prodotti della Ceramica Florio,1905

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parete (oggi via Oberdan), in asse con l’ac-cesso alla tenuta dalla piazza Principe diCamporeale, attraverso l’androne dellapalazzina neoclassica già proprietà dellaprincipessa di Butera. Completato anchel’arredo, nel 1903 sarà inizialmente adibito aforesteria per gli ospiti di riguardo (fra que-sti vi saranno, nel 1904, il Kaiser Guglielmoe la consorte) e per uso personale del giova-ne Vincenzo61. Costruito in muratura tradi-zionale, con solai di travi in ferro e voltine,l’edificio esibisce sui fronti un formidabileabaco di soluzioni stereotomiche, dettatedalla particolare articolazione volumetricadell’organismo architettonico che presentaun avancorpo d’angolo a torre, una torrescalare ad avancorpo semicilindrico, unabertesca in falso con belvedere circolare,una bertesca a bow-window semipoligonale,un corpo d’angolo a torre di maggiore eleva-zione (con loggia, bow-window, terrazza ecopertura a capanna con capriate lignee avista), uno scalone esterno con rampe spe-culari ad andamento sinuoso, una vascasemicircolare con il leo bibens (oggi trafuga-to) emblema della famiglia, nonché unaestrema varietà di coperture (piane, a falde,a ombrello, a padiglione).La complessa configurazione, derivata dauna strutturazione diversificata dei quattrocomparti dell’impianto planimetrico e dal-l’aggregazione di volumi prismatici, polie-drici e di rotazione, dissimula, senza svilirla,la logica geometrica dell’impianto. Questorisulta, in ciascun livello, dalla traslazionedegli elementi di un sistema distributivofondato su una quadripartizione primaria, lacui tendenza costante è comunque quella diun quadrilatero regolare, al quale aggetti eavancorpi conferiscono un perimetro misti-lineo. Nello sviluppo volumetrico, i quattro

comparti sono diversamente ordinati: soprail piano basamentale unitario, costituito dasaloni per attività ludiche (fra cui la sala dabiliardo) e con un rivestimento rustico concontrafforti e cantonali a bugne, il quadran-te settentrionale (con ambienti destinati alservizio della casa) ha quattro livelli; quellooccidentale è a tutta altezza (con funzione dihall e vano dello scalone); quello meridiona-le presenta tre livelli (con la sala da pranzoal primo piano e gli ambienti della zona not-te in sommità) come quello orientale, in cuigli ultimi due livelli (con il salone al primopiano e gli ambienti della zona notte al se-condo piano) presentano interpiani minori.L’accesso al primo piano, destinato intera-mente alla zona giorno e costituito dalla sa-la da pranzo con camino e dal salone con ca-mino e bow-window (separati da un tendag-gio appeso a un reggitenda in ferro battutodi Salvatore Martorella), è garantito da cia-scuna delle due rampe dello scalone esterno;il grande scalone in noce della hall serveesclusivamente il secondo piano, dove si tro-va la stanza da letto padronale con i suoi an-nessi. L’accesso ai piani superiori avvieneper mezzo della scala a chiocciola che, desti-nata anche a scala di servizio, collega tutti ilivelli dell’edificio. All’articolazione volume-trica fa riscontro un ordinamento dei frontiper sottosistemi, distinti in virtù di decisecaratteristiche speculari e compatibili fra lo-ro, anche se diversamente dimensionati. Ca-librati sulle movimentazioni icnografiche, icompiuti campi architettonici dei prospettisono connotati da un sistema compositivocomune, improntato a una logica combina-toria sia di elementi dell’opera muraria(paraste bugnate, cantonali ammorsati conbugne rustiche e rase, archivolti e sordini inevidenza, mensole e archetti pensili, archi-

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travi e stipiti ammorsati, ecc.), sia di aggetti-vazioni figurali (circoscritte essenzialmentealle transenne delle lunette delle aperture,agli elementi costitutivi delle colonnine e aimotivi decorativi delle rare specchiature edei fregi). L’ordinamento dei prospetti è ul-teriormente connotato da orizzontamentipiù o meno esplicitati e dalla successioneverticale di fasce omogenee nel trattamentodel paramento murario (dalla rusticazionebasamentale in opera poligonale all’assesta-mento isodomo, con inserti di bugne rusti-che, del primo piano, a quello progressiva-mente più raso dei livelli superiori). Le cor-rispondenti mostre di logge, porte e finestre,sia isolate che aggregate in varie composi-zioni, danno luogo a un vero e proprio aba-co di aperture, raccordate al paramento mu-rario da membrature o superfici in aggetto,secondo un ordito che obbedisce a corri-spondenze e intersezioni assiali.Un principio compositivo analogo regola,all’interno, l’assetto e la configurazione de-gli arredi fissi degli ambienti di rappresen-tanza. Tanto il salotto e la stanza da pranzoal primo piano, quanto la hall a doppia al-tezza con loggia-vestibolo e scalone, oltre aessere caratterizzati sul piano figurale dadeclinazioni fitomorfiche di repertori quat-trocenteschi (con una manipolazione deglielementi decorativi e delle membrature inchiave Einfühlung più decisa rispetto all’a-nalogo trattamento dei formulari architet-tonici utilizzati all’esterno), sono cadenzatisu orditure geometriche svelate dal sistemadelle travature dei soffitti (i cui elementiprimari hanno alcuni comparti corrispon-denti e in continuità fra un ambiente e l’al-tro), dalla disposizione dei lambris modula-ti in base ai principi proporzionali e simme-trici dei sottosistemi, della mobilia fissa e

dei telai di porte, finestre e fornici interni.Le modalità progettuali e la stessa concezio-ne finale del villino Florio, quale emblema-tica espressione di Gesamtkunstwerk (operad’arte totale), svelano, già nel 1899-1900,una disincantata e misurata maturazionemodernista suscettibile di una volontàespressiva sistematica: obiettivo, questo,messo alla prova un anno dopo con un temaprogettuale che, in quanto non eccellente,era sicuramente uno dei più idonei per sag-giare le potenzialità o i limiti del nuovo siste-ma di strumentazione formale. L’occasioneper questa verifica, o calibratura, viene datadall’incarico di progettazione, nel 1901, peril secondo palazzo Utveggio in via XX Set-tembre. Il lungimirante costruttore MicheleUtveggio aveva in cantiere un immobile peril quale aveva riproposto, con varianti mini-me dettate dalla diversa disposizione dellotto, lo schema planimetrico e l’impiantodistributivo adottati da Basile per un primocondominio da lui stesso realizzato nel 1899sulla stessa via XX Settembre. Ancor primaBasile aveva affrontato il tema condominia-le, realizzando nel 1893 in via dell’Esposi-zione (poi via Dante) la casa Civiletti, e pro-gettando nel 1895 il complesso degli edificisullo Square Ingham (o Ragusa), con pro-spetti scanditi da paraste d’ordine gigante.La famiglia Utveggio, titolare di alcuni fra ipiù importanti cantieri della trasformazionecittadina nel quarantennio compreso fra lastabilizzazione di Palermo quale polo arma-toriale e produttivo centro-mediterraneo el’avvio del processo di declassamento marit-timo, economico e sociale (subito dopo ilprimo conflitto mondiale), lavora quasiesclusivamente con professionisti d’altolivello62, oppure realizzando progetti redattidal proprio ufficio tecnico. Le tre generazio-

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ni attive in questo arco temporale (il figlio diGiacomo Ottoveggio, poi Utveggio, chiama-to Michele come il nonno, è il committentedi Ernesto Basile per la casa da pigione del1901 e per le tre, realizzate però con notevo-li difformità, in via Volturno) costituisconouno degli esempi più rappresentativi diquella compagine di costruttori altamentequalificata (fra cui Pietro ed EmanueleAlbanese, Ferdinando Caronia, Antonio eSalvatore Cirrincione, Salvatore Ciulla,Antonio Collura, Giuseppe Corrao, France-sco Di Chiara, Nicolò Garofalo, AntonioPace, Giuseppe Piazza, Francesco Ponte,Salvatore Rutelli, Salvatore Varrica), prota-gonista della “riforma moderna” dell’imma-gine urbana di Palermo.Il progetto del secondo palazzo Utveggio sipone quasi a consuntivo della prima stagio-ne sperimentale di Basile, inaugurata nel1897; al tempo stesso contiene infatti in nu-ce quelle valenze estetiche e quell’indirizzometodologico che connotano il suo secondoperiodo di originale maturità modernista,esteso per poco più di un lustro a partire dal1902. Coeva del secondo immobile per Ut-veggio, la palazzina Vanoni a Roma, diversa-mente, svela ancora qualche remora nell’ap-plicazione, a un tema edilizio corrente, diquel partito declinabile e reiterabile già de-finito nei suoi elementi costitutivi con lacappella Lanza di Scalea. Nel palazzo Ut-veggio inoltre Basile uniforma, sotto unacortina isodoma, paraste, conci, decorazionie mostre di aperture. Ne deriva un abaco direpertori compositivi che assurge a sicuro“sistema architettonico” di riferimento per iprofessionisti e i capimastri protagonisti del-l’edificazione dei quartieri settentrionali diPalermo e, successivamente, degli isolatidella città-giardino della stazione balneare

di Mondello e di altri vicini insediamentistagionali (Sferracavallo, Santa Flavia e Ca-steldaccia). Il nuovo sistema compositivo difacciata prevede però l’uso di materiali di ri-vestimento di natura alquanto diversa: dallapietra di Billiemi ai filari di mattoni, allemaioliche decorative (che nel fregio sarannosolamente dipinte), all’uniforme intonacatu-ra imitativa di pseudo corsi di calcareniteper la quale viene sperimentato, per la pri-ma volta in maniera così estesa e caratteriz-zante, l’«Intonaco Speciale Li Vigni».Proprio nel 1901, il 30 giugno, viene infattiregistrato a Palermo il brevetto di intonacospeciale ideato dai fratelli Antonio e France-sco Li Vigni, che costituirà, nella prassi, unodegli elementi di affermazione di una speci-fica fisionomia del liberty siciliano. È Erne-sto Basile a fare dell’intonaco Li Vigni lostrumento decisivo per quella “riforma” delrivestimento architettonico che matura nelgiro di pochi mesi (fra il 1899 e il 1900).In effetti già prima della formalizzazione delbrevetto, depositato con la dicitura «Intona-chi Speciali Li Vigni per la imitazione di

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Padiglione d’ingresso della prima Esposizione Agrico-la Regionale della Sicilia, viale della Libertà, Palermo,1902

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tutte le pietre tufacee e marmi», i fratelli LiVigni, titolari di una stimata impresa edilepalermitana di «Decorazione interna edesterna», avevano sperimentato il loro into-naco speciale nella realizzazione del rivesti-mento di facciate a imitazione di materialilapidei. A distanza di appena un biennio idue palazzi da pigione realizzati da Basileper Utveggio sono esemplificativi della por-tata innovativa del nuovo materiale. Se ilprimo palazzo Utveggio è vincolato, dall’usodel tradizionale intonaco a spolvero, a unanetta distinzione cromatica e materica fra ilrivestimento parietale a pseudo assestamen-to isodomo e la resa imitativa di conci, can-tonali e archivolti in stucco cementizio conscialbatura (oltre, ovviamente, alla fasciabasamentale in pietra), nel secondo palazzoUtveggio l’adozione dell’intonaco Li Vignipermette un’omogenea stesura cromatica

imitativa di un paramento in pietra calcarea,relativamente al quale il «simbolico» basilia-no non sarebbe risultato più come aggettiva-zione ma come parte integrante dell’ordina-mento stesso delle facciate. In questo cali-brato edificio da pigione l’intera strumenta-zione formale degli impaginati di prospetto,scanditi da agili paraste svettanti oltre ilmuro d’attico e in falso sul rivestimento abugne del basamento e del piano rialzato, èbasata sul principio di un paramento conce-pito come “pelle” della fabbrica63.Espressione matura di modernismo regiona-lista, animata da un dialogo a distanza con letendenze più “ragionate” del movimentointernazionale, la produzione progettuale diBasile in questo periodo ha come denomina-tore comune la formulazione di un nuovoabaco di elementi architettonici. Ne conse-gue, a partire dal 1902 con la sistemazione

Villino Fassini, via Duca della Verdura, Palermo, 1903Prospetto principale e piante del villino Monroy, vialedella Libertà, Palermo, 1903

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dell’ingresso della Prima Esposizione agri-cola regionale siciliana, la genesi di formeautonome, e quindi l’ipotesi di un moderni-smo della “razionalità mediterranea”. Que-sta particolare stagione si fonda su implicitirichiami alle forme architettoniche e decora-tive mediterranee, ma sempre come cifrariodi una koinè elettiva e concettuale. È una

visione che va oltre la categoria della razio-nalità e sembra materializzare l’ideale artisti-co dell’“anima latina” che Basile interpretaquale variante regionalista, intendendone leaggregazioni vernacolari di plastiche volu-metrie elementari come manifestazionispontanee di una spiritualità cosmica.Nel 1903, coniugando la sua ricerca di unsistema architettonico declinabile, basato suprincipi compositivi desunti dalla logicaassiomatica con attenzione al comfort abita-tivo, sulla scorta del movimento inglese,Basile recupera le suggestioni dei tradizio-nali modi distributivi e figurali dell’ediliziaspontanea dell’Italia insulare e meridionalee di altre aree mediterranee (sono preceden-ti a questo periodo i suoi viaggi in Catalo-gna, Grecia ed Egitto). In questa ottica pro-

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Villino Basile (detto villino Ida o casa Basile), via Sira-cusa (angolo via Villafranca), Palermo, 1903-1904

Prospetto principale e piante del villino Basile, viaSiracusa (angolo via Villafranca), Palermo, 1903

Androne del villino Basile, via Siracusa (angolo viaVillafranca), Palermo, 1903-1904

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getta il villino Fassini, il villino Monroy e lacasa Basile (tutti a Palermo), una trilogia di“ville bianche”, esemplari dell’idea di“razionalità mediterranea”.Nella propria casa in via Siracusa (1903-04),nitida stereometria dai bianchi prospettimodulati su basamento in mattoni e bugne,Ernesto Basile traduce le sue istanze intellet-tuali in un’architettura affrancata da ecletti-smi e da mode floreali. Essa rappresenta illogico punto di arrivo degli studi sulla col-laudata tradizione locale della cultura dell’a-

bitare, combinata con la sperimentazione dinuove espressività di volumi, materiali eprofili, proprio attraverso la presa dicoscienza dell’architettura spontanea e del-l’arte popolare dell’isola. I risultati di questaricerca basiliana di radici mediterranee(indirizzo analogo a quello della coeva ten-denza dei secessionisti austriaci Olbrich,Deininger, Hoppe, Hoffmann e Schöntal),oltre che nelle opere innovative come,appunto, il villino Fassini al Giardino Ingle-se (distrutto), il progetto per il villino Mon-roy su viale della Libertà (non realizzato),entrambi con bianchi registri murari, ilpalazzo municipale di Licata del 1904 e ilpadiglione Florio all’Esposizione di Milanodel 1906 costituiscono dal 1907 il Leitmotivanche per quelle revisioni moderniste didettagli classici e schemi compositivi di par-titi o di interi impaginati prospettici, cheritroviamo già dal 1904 nella prima versionedell’ampliamento del Palazzo di Montecito-rio a Roma.Di questo nuovo corso la turrita residenzadel barone Alberto Fassini, già su via Ducadella Verdura, è una sorta di incunabolo.Espressamente voluta come dimora innova-tiva da uno degli imprenditori più dinamicilegati alle fortune dei Florio (e futuro pio-niere dell’industria cinematografica italia-na), su un alto basamento in mattoni rossi ebugne rustiche la fabbrica presentava para-menti intonacati di bianco, come le piùaccreditate espressioni del coevo filone asti-lo della Wagnerschule, e una sostanzialedecantazione del principio della strumenta-zione formale. I codici architettonici perma-nevano ma, prevalentemente scevri daglistessi procedimenti di trasfigurazioni stilisti-che immediatamente precedenti, costituiva-no un rarefatto sistema di localizzati segnali

Stanza da pranzo in quercia (con intagli “crostacei”)del villino Basile, via Siracusa (angolo via Villafranca),Palermo, 1905-1906

Studio e biblioteca del villino Basile, via Siracusa(angolo via Villafranca), Palermo, 1903-1904

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fitomorfici delle ragioni costruttive. Basile,come aveva già fatto nella sua prima stagio-ne Art Nouveau, traendo spunto dall’espe-rienza della progettazione di arredi oggetti-vi del biennio 1902-1903, consegue unarigorosa sintesi fra quelle componenti«organiche» e «simboliche» della fabbrica

teorizzate come fondative di una «nuovaarchitettura» fin dal suo trattato manoscrit-to del 1882.Ciò nondimeno il villino Fassini, ad ontadell’ordinamento eterodosso e della derogaall’impalcato imitativo del rivestimento,conserva dissimulati richiami di derivazionestoricista (paraste in falso, torre angolare,bow-windows in aggetto e, unico formali-smo stilistico, coronamento a transennaturacon speculari motivi fitomorfici di vagosapore neogotico). Inoltre i prospetti river-berano convenzionalmente lo schema plani-metrico grazie al tipo di impaginato a parti-ti dimensionalmente gerarchizzati, con quel-lo centrale più ampio in quanto corrispon-dente al comparto mediano ripartito fra salada pranzo e grande hall a doppia altezza (erelativi annessi). D’altronde anche l’impian-to planimetrico risente ancora di una certarigidità nel rielaborare il sistema di J.-N.-L.Durand per residenze unifamiliari isolatecon giardino circostante.L’impianto del villino Monroy (1903) pre-senta, invece, uno sviluppo planimetrico sudue lati contigui del lotto, con conseguentemassima estensione del giardino e sistema-zione eccentrica dell’accesso veicolare. Ilnucleo centrale della composizione è forma-to dalla grande hall a doppia altezza; in que-sto progetto Basile rielabora, in chiave piùoggettiva (e in un’ottica di maggiore aderen-za alla logica distributiva), il tipo di impagi-nato elaborato per il prospetto della palazzi-na Vanoni a Roma.Un complesso iter progettuale, derivatoanche da alcune modifiche nell’estensionedel lotto, sta verosimilmente alla base dellamaturazione della soluzione planimetricafinale della casa Basile, sita ad angolo fra viaVillafranca e via Siracusa: un impianto (poi

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Pianta del piano rialzato della villa Lanza dei principidi Deliella, piazza Francesco Crispi, Palermo, 1905

Villa Lanza dei principi di Deliella, piazza FrancescoCrispi, Palermo, 1905-1906

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“aggiustato” per difetto, quasi in corso d’o-pera, a causa della lieve rettifica del traccia-to della via Villafranca) nel quale a unnucleo centrale quadrangolare interno, conun lato prospettante sul giardino, risultanoaggregati sui tre lati esterni altrettanti com-parti rettangolari di ambienti disposti insequenza, con relazioni assiali riferite a unanon dichiarata geometria compositiva d’in-sieme. Il nucleo centrale, nel piano rialzato,è ripartito in due zone: la prima, costituitadalla sala da pranzo a pianta rettangolare cuiè addizionato un vano a nicchia con il cami-no; la seconda, con una configurazione a L,è formata dal corridoio e dal vano dellascala. L’impianto planimetrico è pertantoincentrato sul nucleo interno, contrariamen-te agli altri progetti per le residenze unifami-liari palermitane di questo periodo (villinoFassini, villino Monroy e villa Lanza diDeliella) che attestano i propri ambientisulla grande hall a doppia altezza, con scalo-ne e ballatoio, direttamente collegata al giar-dino tramite un vano con ampia finestraturae un portico centrale con bow-window edue ambienti laterali (adibiti a guardaroba elavabo). Nell’impianto planimetrico dellacasa Basile, il comparto perimetrale prospi-ciente su via Siracusa è costituito dalla com-posizione speculare di due figure rettangola-ri maggiori, ai lati di un vano minore in assecon il nucleo centrale. Il comparto è ulte-riormente ripartito per la realizzazione, asinistra, di un vano quadrangolare e di unaloggia rettangolare per l’accesso al vestibolod’ingresso, aperta sull’androne e nella qualeè collocata la scala a due brevi rampe. Il por-tale, che ha significato simbolico di sogliadel recinto domestico, è una sorta di subli-mazione compositiva di precedenti soluzio-

ni, assimilabile a un ordito formato da stipi-ti a paraste, svettanti appena sopra il bordodel parapetto della terrazza, e da una coppiadi architravi con l’inserimento intermedio diuna lunetta sopraporta tripartita, dove trovaposto il pannello decorativo a mosaico conl’iscrizione «dispar/et unum/1904»64. Ideatiin forma di nastri tesi e ammorsati allasuperficie muraria con terminazioni a moti-vi fitomorfi, gli architravi presentano confi-gurazioni diverse: a membratura retta consagomature laterali, quello inferiore; comefregio scultoreo a tralci affrontati di foglie ebacche e con terminali circolari (costituitida nove bacche raccolte in tre gruppi einscritte in un cerchio) eccedenti dalla cor-nice delle paraste, quello superiore, sormon-

Stanza da pranzo della villa Lanza dei principi diDeliella, piazza Francesco Crispi, Palermo, 1905-1906

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tato a sua volta da una cornice compresa frale paraste.Progettata quasi contemporaneamente alvillino Fassini e al villino Monroy, casa Basi-le (o villino Ida, dal nome della moglie) sem-bra aprire e, al tempo stesso, chiudere (conesito architettonico innovativo rispetto aglialtri due esempi) l’intricata vicenda proget-tuale che accomuna questa trilogia di resi-denze unifamiliari palermitane. Alla messa apunto di quei sistemi compositivi individua-bili come declinazioni di un impalcato for-male astilo concorrono, tra l’altro: il metodoragionato di tipo aggregativo, la cui tramageometrica viene ormai dissimulata; la strut-turazione compositiva con corrispondenzelegate a sottosistemi ordinati su una logicamatematica di tipo assiomatico; la disposi-zione e il dimensionamento degli ambienti odegli arredi secondo le nuove concezioni delcomfort; il principio della progettazione inte-grale e dell’unità stilistica, inteso come pro-gramma di riorganizzazione del visibile; l’at-tualizzazione, nel recupero della ritualità deimodi distributivi, della rarefatta espressivitàvolta al fenomenico, e dell’assemblaggio distereometrie prismatiche tipiche della tradi-zione spontanea abitativa mediterranea.Comune alle “ville bianche” è il contrasto,negli alzati, fra l’orizzontalità della disposi-zione del rivestimento (su tre fasce) e l’anda-mento euritmico di elementi verticali a lieveaggetto, che superano il muro d’attico esono impostati alla quota del marcapianodel secondo livello. Allo schema del pro-spetto del secondo palazzo Utveggio, carat-terizzato dalla iterazione di un partito com-piuto e basato sulla gamma di combinazionidi una “famiglia di forme”, si sostituisconouna logica euritmica e il contrappuntistico

rapportarsi al registro parietale superioredelle prime due e sottostanti fasce continue.Di queste, quella inferiore è in materiali avista, costituiti da singoli ortostati di diversaaltezza e da corsi in laterizi con cantonali abugne (tranne che nel più composito basa-mento del villino Monroy). La fascia centra-le, più ampia, ha un paramento continuointonacato di colore bianco, come del restola fascia superiore che, però, è modulata daparaste o dalle rientranze dei campi murari.I muri perimetrali subiscono una progressi-va riduzione di spessore a partire dallaquota del solaio del primo piano e fino almuro d’attico, dall’esterno verso l’interno. Èuna rastremazione che interessa solo lafascia superiore delle facciate e rispetto allaquale i campi murari delle aperture, e leparaste di inquadramento dell’impaginato,risultano in aggetto. Ma diversamente daltipo di impaginato del prospetto del villinoMonroy, inquadrato da paraste d’angolo econ avancorpo in posizione eccentrica chesupera il muro d’attico, Basile sperimentaper la propria casa un più complesso e inno-vativo criterio di modulazione. Sempre apartire dalla quota del solaio del primopiano, due paraste laterali d’angolo (svettan-ti sopra il muro d’attico) delimitano un regi-stro parietale basato sull’alternanza di por-zioni cieche rastremate e di falsi partiti conaperture, disposti a filo con la sottostantefascia intermedia. La modulazione della fac-ciata è ulteriormente manifesta nel fregiosegmentato, in piastrelle policrome, cheesalta l’alternanza fra pareti cieche (dellequali costituisce coronamento) e falsi parti-ti. Questi sono costituiti dalla compattazio-ne, in un elemento unitario, delle compo-nenti del partito architettonico, dando

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luogo a una composizione in cui gli stipiti egli architravi delle aperture sono figural-mente omogenei con il soprastante murod’attico e con le paraste laterali. I due pro-spetti si presentano incernierati dal balconed’angolo, con una soluzione adottata daBasile in poche opere, fra cui la palazzinaMoncada di Paternò e la villa Deliella, oltread alcune apparizioni in studi preliminari65.Il tono rarefatto degli apparati decorativi,sigle allusive dell’idea tettonica e rivelatricidi localizzate logiche compositive, attestaanche sul piano dei codici figurali le valenzeastile di questo progetto.Di segno opposto è, invece, l’altra significa-tiva dimora palermitana di questo periodo:commissionata dai coniugi Anna Drogo diPietraperzia e Nicolò Lanza, principi diDeliella, la villa omonima su piazza Crociviene progettata in due versioni. Preceden-temente impegnato nella progettazione delpalazzo Deliella (1896) per il lotto ad ango-lo tra via Libertà e piazza Castelnuovo,Basile esegue un primo progetto per la villanel 1902, e uno definitivo nel 1905. Abban-donata infatti l’ipotesi del palazzo urbano,la committenza, verosimilmente influenzatadal ciclo di residenze progettate da Basilenel primo lustro del secolo, opta per una

tipologia residenziale aderente ai nuovi cri-teri scaturiti in seno al movimento interna-zionale di rivalutazione della cultura dell’a-bitare. A differenza dei prospetti delle“ville bianche”, non si riscontra qui l’ado-zione di un tipo di impaginato a modulazio-ne euritmica di partiti architettonici o dicampi murari. Si verifica, invece, il ritorno asistemi di articolazione dei fronti in singolicomparti compiuti che assecondano il recu-pero del tipo planimetrico a impianto com-patto dissimulato (con avancorpi, risvoltinei fronti e aggettivazioni volumetriche).Con una perimetrazione articolata, comenel caso del villino Florio, pur adottando lalogica aggregativa per comparti di ambientiassemblati a formare un nucleo, Basile par-cellizza, con un caleidoscopio di volumetriegiustapposte e con la strutturazione didiversificate stereometrie compiute e lin-guisticamente omogenee, le grandi dimen-sioni dell’edificio. Assicurando i desideratadella committenza di una dimora aulica,lussuosa e confortevole al tempo stesso,Basile offriva ai principi Lanza l’opportuni-tà di figurare sulla scena urbana con unaresidenza dal discreto e aggraziato apparire,elegantemente domestica e scevra da borieautoreferenziali.

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Veduta prospettica della nuova sede municipale di Licata (Agrigento), 1904

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Il rogo che il 3 agosto del 1906 divampa nelPadiglione Italiano all’Esposizione Interna-zionale del Sempione di Milano ha un effet-to devastante, non solamente per i danniprovocati ma anche per la ricaduta emotivapresso l’opinione pubblica.Fra le tante perdite di documenti significati-vi della svolta che proprio quell’anno la cul-tura modernista italiana, quasi a consuntivodi un periodo di rodaggio varato con l’espo-sizione di Torino del 1902, aveva compiutonell’architettura e nelle arti decorative e in-dustriali, va annoverato per intero l’apportodi Ernesto Basile. Alla grande manifestazio-ne milanese Basile, oltre a una mostra perso-nale di disegni architettonici e agli arredieseguiti su suoi disegni dagli stabilimentiDucrot, presentava per la prima volta alpubblico il progetto per la nuova Aula dellaCamera dei Deputati e per l’ampliamentodel palazzo di Montecitorio66.Era un danno considerevole nel quadro del-la totale distruzione dei materiali esposti:dalle opere d’arte67 ai disegni di architettura,dalle proposte delle tante case di moda aiprodotti più aggiornati dell’élite dell’indu-stria artistica italiana. Avrebbe dovuto esse-re quest’ultima a caratterizzare maggior-

mente l’esposizione; fra i partecipanti, infat-ti, basterebbe ricordare le sole presenze diDucrot, Haas, Quarti, Valabrega e Zen peril settore degli arredi, di Arcari, Carrera,Magnoni, Mazzucotelli e Rossi per i lavori inferro battuto, di Crespi, Moneta e Volontéper i mobili in metallo, di Greco, Grosso eLizars per gli apparecchi da illuminazione,di Cantagalli, della Ceramica Salvini e dellaSocietà Ceramica Italiana per stoviglie, sup-pellettili e prodotti ceramici vari, dell’Æmi-lia Ars, della Ars Umbra, della ditta Jesurume delle Manifatture Riunite Merletti per i ri-cami, i merletti e i tessuti operati, di Beltra-

CAPITOLO IV

Il ritorno alla classicità

Modello ligneo dell’ampliamento del palazzo di Mon-tecitorio per la sistemazione a sede della nuova Auladella Camera dei Deputati del Parlamento del Regnod’Italia in Roma, 1905

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mi, Bevilacqua e Ceriotti & Maneffa per levetrate policrome, dell’Istituto di Arti Gra-fiche, di Ricordi e Tellera per l’industria ti-pografica, di Johnson, Masetti Fede e Brog-gi per l’oreficeria68.In un’Italia lanciata, ancora per poco coral-mente e senza penalizzazioni regionali ap-prezzabili, verso il miraggio del progressoeconomico e sociale proprio della maturaetà giolittiana, l’ipotesi di identificare lo“stile nazionale” nell’Arte Nuova, cauta-mente ventilata quattro anni prima duranteil discorso inaugurale dell’esposizione tori-nese tenuto dal propositivo ministro dellaPubblica Istruzione Nunzio Nasi (la cui per-secuzione giudiziaria, fin troppo sospetta,proprio all’epoca dell’esposizione milanese

spingeva la popolazione della sua Trapani edi gran parte della Sicilia a una rivolta civilecontro il governo di Giovanni Giolitti)69,sembrava ormai prossima al naufragio. Nonè un caso se solo dopo la manifestazione mi-lanese, al termine “modernismo” – o alle va-rie denominazioni precedentemente adotta-te in via sperimentale (“Arte Nuova”, “StileModerno” e persino “Arte Nova”, di lettera-ria memoria, e “Movimento moderno”, se-condo alcuni critici, fra cui Raffaele Savare-se) – subentreranno le più convenzionali de-nominazioni “floreale” e “liberty”, entrambesinonimi di filiazione italiana di carattere lo-calistico (quasi provinciale) dell’Art Nou-veau, e non di peculiare corrente artistica in-ternazionale.Nell’editoriale di Salvatore Farina ad aper-tura del «numero ricordo» del 1906 intitola-to L’Arte Decorativa all’Esposizione Interna-

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Poltroncina della stanza da letto in quercia (con intagli“papaveri”) presentata dal mobilificio Ducrot all’E-sposizione Internazionale del Sempione, Milano, 1906

Poltroncina del salottino tipo “carretto siciliano” pre-sentato dal mobilificio Ducrot all’Esposizione Inter-nazionale del Sempione, Milano, 1906

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zionale di Milano, supplemento della mila-nese «Rivista Economica», emerge in tuttala sua gravità la diffusa incapacità di distin-guere le convenzionali, e già allora “infe-stanti”, produzioni artistiche e architettoni-che epidermicamente floreali da quelle con-tenutisticamente “moderne”; questo, anchea causa della riduttiva individuazione (sullascorta degli insegnamenti di Camillo Boito)della nuova cultura estetica come pura “ri-forma” dei repertori decorativi: un fenome-no che, unito all’orientamento di conformi-stica omologazione stilistica, risulta davveroesaltato dall’esposizione del 1906. PersinoBasile espone anche arredi come il salottolaccato beige (commistione leziosa fra ArtNouveau, con richiami a Georges De Feuree a Eugène Gaillard, e Luigi XVI) e come lastanza da letto in mogano con dorature efondi “Vernis Martin” nella quale, sulla sto-ricizzata derivazione siciliana dell’arredo in-glese Hepplewhite, venivano metabolizzatestrumentazioni formali moderniste e com-ponenti “stile impero”. Per altri versi, Basi-le espone anche una stanza da letto in acero«tipo intaglio papaveri» e un salottino lacca-to policromo «tipo carretto siciliano», con iquali rimane fedele all’ortodossia astila mo-dernista, portando avanti il sistema di “fa-miglia di forme” allusivo dei segni-forza del-le ragioni strutturali. Infine, a conferma delgenerale atteggiamento possibilista che in-forma anche le più titolate partecipazioni al-l’Esposizione del Sempione, Basile si produ-ce, nella promozione di una linea di mobilidecisamente avanzata, in un confronto conle migliori realizzazioni coeve di Henry Vande Velde o di Josef Hoffmann (ma anche diRichard Riemerschmid), presentando lastanza da pranzo in quercia, ribattezzata «ti-po intagli crostacei» (serie adottata anche

per la propria dimora), che si componeva dipezzi dalla rimarchevole qualità oggettiva.Le fiamme che avvolsero lo stucchevole pa-diglione di Sebastiano Giuseppe Locati in-cenerirono tre modelli lignei e una significa-tiva selezione di disegni di progetto di Basi-le per l’ampliamento del palazzo di Monte-citorio, unitamente agli elaborati grafici dialtre sue architetture. È tuttavia indiziario ilfatto che i più curati fra i disegni del proget-to approvato per Montecitorio, soprattuttoquelli maggiormente rappresentativi che ri-sultano riprodotti nelle rare pubblicazionidell’epoca, non siano stati rinvenuti negli ar-chivi dove si conserva il frazionato corpus dielaborati grafici. Disegni di Montecitorionon furono riprodotti nemmeno in quellapregevole raccolta, pubblicata nel 1911 informa di album, con la quale l’editore Cru-do di Torino documentò una selezione si-gnificativa dei disegni progettuali di Basile apartire dal 1899.Sono proprio del periodo 1906-1907 le pri-me espressioni compiute, e sarebbe il casodi dire consapevoli, di una svolta accade-mizzante nel suo modernismo maturo; que-sto nuovo orientamento sarà ufficializzatocon i progetti per il fronte principale delpalazzo dell’Esposizione internazionale diVenezia e per l’ampliamento e “riforma”della sede della Cassa di Risparmio VittorioEmanuele in piazza Borsa a Palermo. In es-si, invece di attualizzare linee del passatosecondo l’ideale imitativo ancora praticatodall’età romantica, Basile coniuga le suenuove formule lessicali (desunte da unarealtà immanente) in relazioni sintattiche diderivazione.A partire dal 1907, sull’onda di una ripresainizialmente strisciante delle idee spirituali-ste, e con una sorta di correttiva attualizza-

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zione del pensiero già trasmesso da SimoneCorleo (titolare della cattedra palermitanadi Filosofia morale), Giovanni Gentile, ap-pena chiamato alla cattedra di Storia dellafilosofia, diffondeva a Palermo i primi, magià incisivi, segnali di quello che sarebbestato il suo «idealismo assoluto dello spiri-to» di matrice hegeliana, ma non dimenticodella sintesi a priori kantiana. Del resto,Gentile opera in un ambiente culturale che,nonostante Cosmo Guastella prima, e Fran-cesco Orestano poi, era ancora memore diquel movimento di idee la cui manifestazio-ne più eclatante erano state le acerbe argo-mentazioni esposte, nel triennio 1879-1881,sul periodico «Pensiero e Arte» da Gabrie-le Buccola (futuro iniziatore, in Italia, delmetodo sperimentale in psicologia) e dallasua cerchia interdisciplinare di giovani in-tellettuali cittadini, fra i quali figurava an-che Ernesto Basile.Prima presso i cenacoli, poi presso presti-giose ed elitarie istituzioni culturali palermi-tane (quali il Circolo Giuridico e, solo dal1911, la Biblioteca Filosofica fondata daGiuseppe Amato Pojero) Gentile aveva con-dotto un’efficace azione teoretica che avreb-be portato all’isolamento degli epigoni dellastorica tendenza empirista siciliana e alla de-finitiva affermazione del soggettivismo70,che introduceva (per quanto concerne gli at-ti riflessivi sul visibile) il primato dell’idea diatto unitario della forma nel relazionarsi conla realtà. Un pensiero che, al suo esordio,presenta affinità con la revisione critica delmodernismo tentata da Basile, ormai incli-ne, pur su una radicata cultura artistica di“osservanza” fenomenica, alla trasfigurazio-ne soggettivista della sua idea sui sistemidell’architettura.Quando Ernesto Basile riceve, nel 1902, l’in-

carico del progetto di ampliamento del pa-lazzo di Montecitorio per il suo adattamentodefinitivo a sede dell’Aula dei Deputati delParlamento del regno d’Italia, è già uno de-gli architetti più stimati della nazione. Ma adaccrescerne la fama indiscussa concorre an-che l’eccezionalità, praticamente unica inItalia e con poche altre similitudini in ambi-to europeo (quali i casi, con i dovuti distin-guo, di Otto Wagner e di Theodor Fischer),del suo atteggiamento di grande cattedraticoprotagonista, oltre che sostenitore, della “ri-forma” modernista della società. Forte dellasua posizione di prestigio e del suo effettivopotere accademico, in qualità di componen-te della Commissione edilizia del Comune diPalermo, Basile avalla proposte di rinnova-mento della produzione edile altrimenti av-versate; uno dei casi più significativi è il pa-rere favorevole per l’eterodossa variante dirivestimento, a partiti modellati in chiavefluido-fitomorfica, per il rifacimento deiprospetti dell’appena “riformato” palazzoDato in via XX Settembre presentata daVincenzo Alagna nel 1901 con una dichiara-zione di intenti appena supportata da unpregevole ma incompiuto schizzo in alzato.Basile sostiene, inoltre, i più capaci fra i suoiallievi (sia indirizzandoli al completamentodella propria formazione presso la RegiaScuola di Applicazione con la frequenza in-tegrativa del corso di Architettura attivatonel Regio Istituto di Belle Arti, sia promuo-vendone l’attività professionale), e coinvolgegli ambienti artistici palermitani e napoleta-ni più ricettivi nel proposito di dar vita a unoriginale movimento modernista meridiona-le, interdisciplinare, dallo spiccato “caratte-re latino”71. Sempre in controtendenza, ap-poggia gli “affiliati” del modernismo, o co-munque gli esponenti più vulnerabili del

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mondo professionale e di quello accademico(cioè i giovani), in diverse occasioni e in am-bito sia regionale che nazionale (forse anchememore del proprio non facile esordio ro-mano e delle impari tenzoni giovanili conpersonaggi del calibro di Calderini). Valgaper tutte 1a vicenda processuale all’iniziodel Novecento, sulla quale viene chiamato aesprimersi come perito d’ufficio, nominatoal posto di Camillo Boito, in merito al rico-noscimento del lavoro svolto dal giovaneAnnibale Rigotti insieme al suo maestro Cre-scentino Caselli (a sua volta insigne allievodella scuola torinese di Alessandro Antonel-li) nella progettazione e direzione dei lavoridel palazzo municipale di Cagliari.È questa particolare collocazione istituzio-nale di Basile, nel fugace scenario progressi-sta di quella parte della classe verticisticaitaliana di inizio secolo in buona misura diosservanza massonica e dal deciso profilolaico (che sosteneva il governo liberista delbresciano Giuseppe Zanardelli fra il 1901 eil 1903), ad avere un peso determinante nelfare ricadere su di lui la scelta per il proget-to della nuova Aula dei Deputati. Le sueprecedenti prove architettoniche in questalinea, impostate sul convincente equilibriofra colto sottofondo regionalista e mutuateintonazioni internazionaliste, si erano dimo-strate particolarmente idonee a tentare l’e-sperimento di un modernismo istituzionaledi impronta italica.L’Italia di Zanardelli e di Nasi, anche grazieai contemporanei incarichi affidati a EttoreFerrari, con l’ideazione e realizzazione delmonumento sull’Aventino per commemora-re Giuseppe Mazzini (di lì a qualche anno ilgrande scultore romano, già da tempo incontatto con Basile, sarà elevato a GranMaestro del Grande Oriente d’Italia), e a

Ernesto Basile, con il progetto e la direzionedei lavori per la nuova Aula dei Deputati nelcomplesso del palazzo di Montecitorio, sicandidava nella classifica alta delle nazioniistituzionalmente progredite, la cui classepolitica dirigente mostrava più convincentisegnali di modernità. Questo, vuoi per laconduzione legislativa della società, vuoi perla politica dell’immagine e per la promozio-ne economica e culturale. Era, in fin deiconti, il disinvolto superamento di quellafallimentare politica dei grandi concorsipubblici di architettura che aveva mortifica-to il rinnovamento dell’immagine e del fun-zionamento di Roma nei suoi primi trent’an-ni di capitale del regno d’Italia. Né le coseerano andate meglio nel resto del paese, ilcui nuovo volto istituzionale tardava a mani-festarsi pienamente sulle diverse scene urba-ne anche per le lungaggini nell’espletamen-to dei concorsi, dovute a difficoltà procedu-rali spesso seguite dal venir meno delle ne-cessarie coperture finanziarie.Il governo, fermo nel suo intento di intra-prendere l’esperimento (unico in Europa) diuna sede parlamentare modernista, aveva in

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realtà una rosa molto limitata di possibili in-terpreti di questa volontà, peraltro perfetta-mente in linea con l’entusiastico appoggiodimostrato alle due esposizioni del 1902,quella di Arte Decorativa Moderna a Torinoe quella Agricola Regionale a Palermo, cheai due estremi della nazione avevano assicu-rato all’Italia l’ingresso fra i paesi investitidal nuovo soffio di modernità estetica e daimodi del “nuovo stile di vita”. Fra i due au-tori dei progetti espositivi, Raimondo D’A-ronco per quello torinese ed Ernesto Basileper quello palermitano, è certamente il se-condo a dare più garanzie di un risultatoadeguato alle aspettative di rappresentativitàdel governo: questo al di là del valore deidue complessi espositivi effimeri, essendoquello torinese una grande realizzazione dal-lo spiccato tenore aulico, e sperimentale altempo stesso, certamente adeguato al livellodella manifestazione che si voleva di caratte-re innovativo e internazionale, mentre quel-lo palermitano era appropriatamente dimen-sionato e configurato per una esposizione diprodotti agricoli e industriali regionali, an-che se concepito dagli organizzatori e dalprogettista con inusitata grandiosità (vista laclasse espositiva di appartenenza), interpre-te del grande slancio imprenditoriale e delleprospettive di progresso sociale che perva-dono la Sicilia negli anni a cavallo fra i duesecoli. Anche dal punto di vista generaziona-le, a parte Basile e D’Aronco (che, nato aGemona nel 1857, è coetaneo del primo), glialtri architetti e ingegneri che nel 1902 pote-vano vantare in Italia un’accreditabile pro-duzione di edifici modernisti erano davveropochi. Personalità di rilievo come DanieleDonghi (che certo non difettava di prestigioscientifico)72 e come Gaetano Moretti, aquella data non avevano ancora compiuto

apprezzabili incursioni nel modernismoquanto meno in campo architettonico (Mo-retti in effetti aveva dato ottima prova di sé,come navigato professionista eclettico con-vertitosi al liberty, con l’ambiente presentatodal mobilificio Ceruti di Milano all’Esposi-zione d’Arte Decorativa Moderna di Tori-no). E se a D’Aronco, da troppo tempo atti-vo all’estero quale architetto di fiducia della“Sublime Porta” e sino ad allora mai assurtoagli alti ranghi della docenza universitaria,venivano implicitamente imputati un sotto-fondo esotizzante e inequivocabili tangenzestilistiche con la Wagnerschule, validi pro-fessionisti come il torinese Pietro Fenoglio eil milanese Giuseppe Sommaruga, l’uno na-to nel 1865 e l’altro nel 1867, dovevano esse-re considerati ancora poco rappresentativiper un incarico così importante e per il qua-le era ritenuto più opportuno, persino perun governo nazionale, affidarsi a una perso-nalità inattaccabile dalle cerchie accademi-che. D’altronde, sia Fenoglio che Sommaru-ga ancora nel 1902 possono vantare pocheprove liberty (alcune delle quali ancora incorso di ultimazione); inoltre, il primo ope-rava con una cifra stilistica fin troppo ispira-ta alla linea franco-belga (anche se sapiente-mente ricondotta a eleganti memorie baroc-cheggianti) per risultare idonea a una dellesedi più rappresentative della nazione, men-tre il secondo, che all’epoca della sua parte-cipazione al concorso per il palazzo del Par-lamento figura ancora come giovane associa-to dello stimato studio di Luigi Broggi, ave-va intrapreso un percorso architettonico ri-tenuto troppo originale e, inizialmente, nonsempre ben visto dai vertici della buona so-cietà milanese. Per quanto riguarda gli altri esponenti delprimo modernismo italiano, cioè quelli già

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attivi nella stagione antecedente l’esposizio-ne di Milano, il piacentino Giulio UlisseArata (che svolge la sua attività prevalente-mente a Napoli e a Milano), il palermitanoErnesto Armò (impegnato professionalmen-te a Torino e in Sicilia), il reggiano AlfredoCampanini (che opera esclusivamente a Mi-lano), il romano Giovanni Michelazzi (la cuiattività si svolge principalmente a Firenze),il torinese Annibale Rigotti (il cui raggio d’a-zione spazia da Istanbul a Torino, da Caglia-ri alla Liguria, dalla Lombardia a Roma), ilfiorentino Ulisse Stacchini (attivo in Pie-monte e in Lombardia)73, in quanto nati nel-l’arco temporale di poco più di due lustri apartire dalla fine degli anni sessanta (fraquesti il caso limite è Arata che, nato nel1881, all’inizio del Novecento muoveva soloi primi passi nel mondo della progettazio-ne), erano ritenuti troppo giovani o, ancoranel 1902, non avevano dato prova di suffi-ciente robustezza professionale. Per nonparlare dei tanti altri progettisti, prevalente-mente interpreti di rimando della nuovatendenza, che pur essendo già attivi in que-sta prima fase del modernismo italiano, con-clusa nel 1906, erano ancora da consideraretutt’al più esponenti acerbi di tale tendenza,accomunabili in una stessa categoria di neo-fiti, ma sicuramente a diverso titolo; molti diloro, infatti, pur promettendo bene inizial-mente, non supereranno mai la colta dimen-sione provinciale74.Nella seduta del 24 febbraio 1904, il proget-to presentato da Basile viene approvato dal-la Camera dei Deputati che il 30 giugno del-lo stesso anno vara la legge con la quale sipone fine, dopo quasi trent’anni, alla lungaquestione della realizzazione di una sedeidonea e funzionale ai lavori parlamentari75.Progetto e realizzazione di questo amplia-

mento e “riforma” della «berniniana» fab-brica di «Monte Citorio» costituiscono unastagione “trasversale” nell’arco della lungaattività professionale di Basile76. È una vi-cenda complessa che va dal 1902 al 1914nella sua fase più impegnativa, con ulteriorifasi di prosieguo, per quasi un decennio, chefiniscono per trasformare l’attività di pro-gettista e di direttore dei lavori di Basile inquella di “fabbriciere”. Nel 1905 (anno del-la fortunata partecipazione, ancora con Du-crot, alla VI Esposizione d’Arte di Venezia)redige il programma esecutivo dei lavori perla demolizione degli edifici esistenti nell’a-rea interessata dalla costruzione e presenta ilprogetto definitivo, disegnando tra l’altro iparticolari architettonici (settembre), le

Sala minore della mostra “Napoli e Sicilia” alla VIEsposizione Nazionale d’Arte di Venezia, 1905

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piante dettagliate dell’Aula (novembre) etutti gli arredi fissi. L’anno successivo, a ot-tobre, inizia la gravosa demolizione dellefabbriche della Curia Innocenziana che insi-stono sull’area di sedime del nuovo com-plesso. Le lungaggini di questi lavori, com-plicati dai previsti ritrovamenti archeologici,fanno slittare all’aprile del 1908 la redazionedel piano altimetrico relativo ai rapporti delnuovo edificio con il vecchio e con l’intornourbano; sempre nello stesso anno vienesmontata la fontana esistente nel cortile. Idisegni definitivi degli arredi fissi dell’Auladei Deputati sono del 1909 e presentanoanalogie con quelli del nuovo negozio Du-crot, appena aperto a Roma in via del Trito-ne (non molto distante dalla strada dove erastato lo studio di Basile negli anni ottanta), econ quelli della mostra «Bellezze Siciliane»alla VIII Esposizione d’Arte di Venezia del-lo stesso anno. Conforme all’idea di “palaz-zo”, improntato a prevedibili memorie rina-scimentali, l’impianto planimetrico è in real-tà gemmato da quello del progetto per il pa-lazzo del Parlamento; ne rielabora, infatti,uno dei due comparti destinati alle aule ad

emiciclo. Tre ali ortogonali edificate perime-tralmente, con i fronti intervallati da avan-corpi a torre, delimitano il complesso che al-l’interno presenta un corpo di fabbrica apianta semicircolare, per accogliere l’Auladei Deputati; questa si attesta con il suo latoretto (destinato alla presidenza e alle alte ca-riche della Camera, oltre che ai componentidel governo) a un corpo di fabbrica trasver-sale. In esso, individuato sui fronti lateralidai due avancorpi-torre che segnano il pas-saggio fra il nuovo complesso architettonicoe i corpi di raccordo con il preesistente, sudifferenti livelli trovano posto la grande gal-leria di accesso all’Aula dei Deputati, detta“galleria dei passi perduti” (o “transatlanti-co”), la sontuosa “Sala della Regina”, e altriambienti di rappresentanza. A fare da cer-niera fra l’ampliamento di Basile e il palazzoberniniano è uno spazio aperto a piantapressoché quadrata che, originariamentedetto “cortile della fontana”, punto di in-contro fra vecchio e nuovo, dà luogo a ungarbato accostamento dei registri parietalidelle nuove opere a quelli della fabbricapreesistente.La variante definitiva (1910), oltre che peralcuni particolari decorativi e scultorei, diffe-risce dal progetto di massima fondamental-mente per la plastica del tipo di impaginatoe per l’opzione relativa al paramento in mat-toni rossi (in seguito tanto criticato) al postodel previsto rivestimento lapideo isodomo,in quella parte dei prospetti al di sopra dellazona basamentale. È una variante che impo-ne anche la trasformazione dell’impaginato asemicolonne solidali con il rivestimento lapi-deo. L’adozione del paramento in mattoni,dettata da esigenze di costi, comportò lascelta di un telaio architravato di paraste intravertino bianco di Subiaco; questa ripresa

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Magazzino di vendita Ducrot, via del Tritone, Roma,1910

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della tradizione romana della cosiddetta «bi-cromia ricca», che in realtà aveva più volteaccompagnato i modi progettuali di Basile,fu mal giudicata per il contrasto cromaticotra fondi, rilievi di membrature ed elementiarchitettonici dei prospetti. La soluzione fuanche tacciata di eccesso di «domesticità»;un rilievo esteso anche alle sistemazioni li-gnee degli interni dell’Aula, la cui preziosadefinizione architettonica, nonostante l’agilealternanza nei registri parietali di elementiprettamente classicisti (fornici inquadrati dasemicolonne e alternati a vani architravaticon timpani sugli angoli e fregio continuo aencarpi e ghirlande), solamente commentatida codici figurali modernisti, fu ritenuta daitradizionalisti più opportuna per un circolodi notabili che non per una sede votata allasacralità della res publica. Tutte critiche,espresse anche in sede parlamentare (conespliciti attacchi antimassonici), che non scal-firono la determinazione di Basile nel perse-guire la sua linea, concorde con quella pro-gressista di Zanardelli, di realizzare una sedeparlamentare che fosse celebrativa di virtù ci-viche e non metafora monumentale di quel-l’ideale di autorevolezza che si voleva tra-montato con l’età umbertina.Gli interlocutori ufficiali di Basile in questaimpresa, che lo avrebbe continuativamenteimpegnato per più di tre lustri a partire dal-l’età di quarantacinque anni, sono inizial-mente il ministro dei lavori pubblici NicolaBalenzano e il presidente del consiglio Giu-seppe Zanardelli77; a quest’ultimo succederàGiovanni Giolitti che, come i primi, mostre-rà una pari volontà di risolvere la spinosaquestione di una sede definitiva per la Ca-mera dei Deputati78. Era di fatto la rinunciaal proposito di Francesco Crispi (Ribera1819-Napoli 1901) di edificare un “grande

palazzo” delle camere unite, oggetto deiconcorsi del 1883 e del 1888. Giolitti, nelconfermare il 24 febbraio 1904 l’incarico as-segnato per via diretta dal ministro dei lavo-

Prospetto principale e pianta del primo progettodella villa Starrabba di Rudinì, via Quintino Sella,Roma, 1903

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ri pubblici, aveva dovuto faticare non pocoper superare gli ostacoli procedurali frap-posti da una minoranza agguerrita, certogalvanizzata dagli attacchi di Sonnino. Perquesta sua seconda esperienza di presidentedel consiglio, Giolitti aveva rinnegato loschieramento che aveva appoggiato il suoprimo dicastero del 1892. Se in quell’occa-sione era subentrato ad Antonio Starrabba,marchese di Rudinì (Palermo 1839-Roma1908), undici anni dopo trova proprio inquesti e nei suoi seguaci della destra i soste-nitori per l’avvio della sua lunga azione digoverno della tarda belle époque. E non ècertamente un caso se nel 1903, proprio nel

periodo durante il quale attende agli studipreliminari per Montecitorio, Basile ricevel’incarico di progettare la grande villa in viaQuintino Sella, sempre a Roma, per l’ormaianziano Rudinì. È il segnale del mutare deitempi: il marchese, che da giovane era statoun esponente di punta dell’ultimo risorgi-mento, aveva sempre tenuto in gran consi-derazione Giovan Battista Filippo Basile:proprio durante la sua sindacatura a Paler-mo, nel 1863, quest’ultimo riceve la nominadi ingegnere capo dell’ufficio edilizio comu-nale e, l’anno dopo, viene assecondato nellasua proposta di indire un concorso interna-zionale per il Teatro Massimo (poi da luistesso vinto nel 1868) al posto della proce-dura dell’affidamento diretto a GiuseppeDamiani Almeyda adottata dal precedentesindaco Mariano Stabile. Sempre Rudinì èuno dei componenti la commissione giudi-catrice che nel 1881 assegna la medagliad’argento al progetto presentato dai Basile,padre e figlio, al primo concorso per il mo-numento a Vittorio Emanuele II. Ma Erne-sto Basile, sul finire degli anni ottanta delXIX secolo, sembra più vicino all’altrogrande statista siciliano Francesco Crispi,vero iniziatore di un ammodernamento isti-tuzionale e di un adeguamento strutturalealla nuova dimensione di grande stato euro-peo dell’Italia post-risorgimentale.Crispi e Rudinì sono due avversari irriduci-bili; il secondo, in particolare, è contrario al-la politica estera di Crispi orientata versol’alleanza con l’impero germanico e proiet-tata verso espansioni d’oltremare. Aristocra-tico di tempra indomita, Rudinì è caratte-rialmente un tradizionalista; come commit-tente la sua conversione al modernismo, cer-tamente indotta da Basile, è affetta da remo-re classiciste che sono rintracciabili già nel

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Piano altimetrico definitivo dell’ampliamento delpalazzo di Montecitorio per la sistemazione a sededella nuova Aula della Camera dei Deputati del Parla-mento del Regno d’Italia in Roma, 1908

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primo progetto per la sua villa in via Quin-tino Sella. In quell’occasione esse sono ri-conducibili al solo recupero canonico del-l’ordinamento durandiano, con pianta cen-trica e impaginati tripartiti dei prospetti, ariverberare la ripartizione in nove settoridell’ordinamento planimetrico; diversamen-te, nel secondo progetto del 1905, le pro-pensioni classiciste agiscono anche sugli ele-menti che compongono la strumentazioneformale (insieme a una riconversione sensi-bilmente tradizionalista del sistema distribu-tivo) lasciando ai circoscritti codici figuraliquel soffio di vitalismo manipolatore che èancora espressione modernista.Dunque, nella prima fase della revisione cri-tica del modernismo basiliano in quel primolustro del secolo, l’incarico per Montecito-rio divide il campo con la committenza diRudinì. È ancora presto però per parlaredella maturazione dell’idea di una codifica-zione accademica del modernismo, anchese, già nel 1908, la templare cappella gentili-zia per Antonio di Rudinì nel cimitero delVerano a Roma, con tanto di frontone e fre-gi corredati da simmetrici motivi di encarpie cartigli manipolati fitomorficamente, rica-de in quella svolta che dal biennio 1906-1907 porta Basile ad ipotizzare la formula-zione di un “ordine moderno”. Anzi questacappella, con i suoi repertori decorativi, ilsuo ordinamento e la riconversione classici-sta di sigle compositive basiliane, come il ti-po di portale a stipiti intercettati dall’archi-trave eccedente sui lati messo a punto cin-que anni prima per la “soglia” di casa Basi-le, è una tappa significativa di questo nuovopercorso79. È in questa piccola architettura,dal carattere formale accentuatamente ricer-cato, che Basile attua la prima ripresa in pe-riodo modernista della «bicromia ricca»,

con ben due anni di anticipo rispetto al pri-mo elaborato grafico per Montecitorio nelquale compare l’indicazione del rivestimen-to in mattoni rossi e travertino bianco80.Oltre alla trasmutazione fenomenica dei co-dici architettonici improntati a una classici-tà ideale scevra da imitazioni storiciste, l’a-dozione per la copertura dell’Aula dei De-putati di un sistema a velario (omaggio al fa-scino dell’antichità), al posto delle più usua-li semicupole con intradosso a cassettoni, fuun altro elemento giudicato poco ortodossodai più tradizionalisti. Lo stesso valse per irivestimenti parietali dell’aula in quercia diSlavonia, orchestrati secondo una configu-razione architettonica templare e mondana

Nuova Aula della Camera dei Deputati del Parlamen-to del Regno d’Italia nell’ampliamento del palazzo diMontecitorio, Roma, 1914-1918

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al tempo stesso, con le tribune per il pubbli-co disposte a raggiera in prosecuzione del-l’emiciclo, oltre l’ariosa teoria di fornici al-ternati a semicolonne che richiamano il trit-tico dei vani di accesso alla tribuna dellacorte, del corpo diplomatico e dei senatori(posto alle spalle del banco della presiden-za). Al di sopra di questo registro parietale sisvolge il racconto continuo della storia d’I-talia (lungo centocinque metri), dipinto conlaocoontico michelangiolismo simbolista daGiulio Aristide Sartorio (Roma 1860-1932).Ancora sopra, la fascia di parete su cui pog-gia il lucernario presenta, in asse con i forni-ci, trifore architravate con vetrate policromeeseguite, su disegni di Basile come il lucer-nario, dal laboratorio milanese di GiovanniBeltrami.

Come in tutte le altre sue opere, Basile curapersonalmente ogni dettaglio esecutivo; an-che quelli dei rivestimenti lapidei (con indi-cazioni quotate per ogni filare) e quelli dellesingole decorazioni architettoniche dei pro-spetti e dei registri parietali interni, fedel-mente modellati in gesso da Gaetano Gera-ci e riprodotti, da lui e dai suoi aiutanti, neltravertino di Tivoli. Non meno fedelmenteoperano i laboratori di Vittorio Ducrot, cheeseguono a Palermo tutte le parti lignee de-gli interni, e l’officina di Antonio Ronconi aRoma, che realizza tutte le opere in ferrobattuto (ad eccezione di alcuni apparecchidi illuminazione di esecuzione Ducrot). Ba-sile preordina l’attività di tutti, compresi gliartisti che collaborano con lui per l’ultima-zione dell’opera; un coordinamento discre-to, ma puntuale anche nel caso di una figu-ra autorevole come Domenico Trentacoste,che esegue in travertino di Subiaco i duegruppi scultorei dell’ingresso e le coppie difigure muliebri sui cantonali di coronamen-to delle torri (poste a metafora dei vari mini-steri, con esplicito richiamo all’uso, tantoapprezzato da Basile, di figure allegoricheper i laicizzanti apparati in stucco di Giaco-mo Serpotta per interni di oratori e chiese).Solo nel 1914, quasi a ridosso dell’entrata inguerra del regno d’Italia come alleato diFrancia, Gran Bretagna, Belgio e Russiacontro gli “Imperi Centrali” e contro l’Im-pero ottomano, terminano i lavori di rivesti-mento ligneo dell’aula e, poco dopo, quellidella “galleria dei passi perduti” (ideatasempre secondo il sistema di un’ordituravirtuale, che unifica disegno del pavimento,registri parietali e travature del soffitto, aprescindere dai materiali adottati).Già nel 1906 il programma di Basile per la“riforma” del lessico architettonico del suo

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Chiosco Florio per l’Esposizione Internazionale delSempione, Milano, 1906

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“modo” modernista e di revisione, ma nonsconfessione, delle logiche progettuali aquesto correlate si avviava a perseguire l’i-potesi di un “ordine moderno”. Mentre ilchiosco Florio per l’Esposizione Internazio-nale del Sempione a Milano si pone quasi inchiusura del filone mediterraneo, semprenel 1906 il progetto per la facciata del padi-glione d’ingresso della VII Esposizione In-ternazionale d’Arte di Venezia può essereconsiderato il primo tentativo maturo di for-mulazione di un “ordine moderno”. Per Ve-nezia Basile ripensa lo schema compositivodel padiglione d’ingresso realizzato a Paler-mo per l’Esposizione Agricola del 1902, tra-sformando i comparti laterali in muri d’am-

bito ciechi (con fregi) e cadenzando l’interaestensione speculare con quattro piloni. Ilportico, vagamente assimilabile al tipo del-l’ardica, presenta una soglia a fornice deli-mitata da due semicolonne raccordate dauna ricca trabeazione sormontata da una so-luzione di muro d’attico simile a quella delprimo progetto per Montecitorio. Fra le duearchitetture espositive, il chiosco per la ma-nifestazione di Milano appartiene ancora al-la più accreditabile “ortodossia” moderni-sta, ma è affetto da edu1corate manipolazio-ni liberty del tardogotico siciliano imputabi-li al possibilismo storicista dell’idea di archi-tettura da esposizione come “vacanza stili-stica”. Nello stesso anno, il progetto per unadimora rappresentativa come il palazzo Bru-no di Belmonte a Spaccaforno, oggi Ispica(Ragusa), è rivelatore di questo nuovo corso.Sia il primo progetto che il secondo, più co-spicuo, e poi l’opera realizzata, mostrano unpiglio da maniero anche se non supportatoda citazioni pedisseque di stilemi da magio-ne feudale o da palazzo di signoria.Basile avverte sul nascere l’incongruità dellasua volontà di ordinamento superiore, or-mai da lui ritenuto idoneo solo per sedi isti-tuzionali o per fabbriche d’uso collettivo,con la sua stessa consolidata ricerca di qua-lità domestica per l’architettura residenziale,quand’anche ispirata a criteri di aulicità. Giàdal 1905-1906 il progetto definitivo dellavilla Lanza di Deliella e poi quello del 1908per il villino dello scultore Antonio Ugo invia Sammartino, entrambi a Palermo, cosìcome il progetto del 1907 per la villa deiprincipi di Manganelli in viale Regina Mar-gherita a Catania (completata nel 1913, conla collaborazione di Paolo Lanzerotti per ladirezione dei lavori e di Salvatore Gregoriet-ti per le pitture decorative), oltre al palazzo

Prospetto principale della casa-studio dello scultoreAntonio Ugo, via Sammartino, Palermo, 1908

Prospetto principale della centrale elettrica municipa-le di Caltagirone (Catania), 1907

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Bruno di Ispica, testimoniano la subentrataesigenza di distinzione per categorie archi-tettoniche della sua logica progettuale. Simanifesta, in pratica, una condizione diame-tralmente opposta a quella messa a punto apartire dal 1899, poi perfezionata nel 1901con il secondo palazzo Utveggio (precedutoin questa tendenza dalla cappella gentiliziaLanza di Scalea) e protratta in forme disconfinamenti, ormai in sovrapposizionecon il nuovo modo, anche nel 1906 (con ilchiosco Florio, con gli arredi per casa Basi-le, con quelli per la stanza da pranzo di villaDeliella e con gli ambienti collettivi per il pi-roscafo “Siracusa” della N.G.I.) e fino al1907 con la Centrale elettrica di Caltagiro-ne. È in pratica il superamento di quell’idea-le di un “sistema” architettonico declinabi-le, che è al suo apogeo nel periodo della tri-logia delle “ville bianche”. In quanto esten-sibile a tutte le tipologie (dagli oggetti allagrafica, dagli arredi alle fabbriche) e a tuttele scale progettuali, esso aveva rappresenta-to il momento di massima tangenza, in sen-so estetico-ideologico, dell’Arte Nuova ita-liana con quel filone oltranzista del moder-nismo che faceva capo a Henry Van de Vel-de, votato a una generale, e per alcuni im-placabile, riorganizzazione del visibile.Nel 1907, anno in cui Basile, con VittorioDucrot e con Ettore De Maria Bergler, è no-minato consulente della Civica Galleriad’Arte Moderna di Palermo, per gli acquistidi opere della dotazione artistica, e fa partedella commissione incaricata dell’esame deiprogetti per la ricostruzione del campaniledi San Marco a Venezia, si registra la pienamaturazione della nuova metodologia pro-gettuale. Gli elaborati grafici per incarichicome quello per la “riforma” e l’ampliamen-to del palazzo Reburdone di Casalotto a Ca-

tania e per il nuovo prospetto della chiesa diSan Giuseppe a Canicattì, confrontandosicon preesistenze, non possono essere consi-derati esemplificativi di una svolta. Lo sonoinvece, sicuramente, la “riforma” del GrandHôtel et des Palmes in via Ingham (oggi viaRoma)81 e la cappella gentilizia dei principidi Alagona nel cimitero di Santo Spirito aPalermo, ma soprattutto lo è la villa deiprincipi Manganelli in viale Regina Marghe-rita a Catania, con la sua grandiosa stereo-metria, nella quale Basile, non senza un dif-ficile iter progettuale, riesce a coniugare au-licità e domesticità, diversificando inoltre ifronti (secondo modalità sperimentate convilla Bordonaro) in virtù della mediazionefra il sistema di scomposizione planimetricae, quindi, di aggregazione in vari comparticompiuti dei diversi gruppi di ambienti, e loschema compositivo centrico, bilanciato sul-la disposizione in sequenza mediana di salo-ni rappresentativi.Ma è la nuova sede della Cassa centrale diRisparmio Vittorio Emanuele di Palermo(completata nel 1912) in piazza Borsa (oggipiazza Cassa di Risparmio) a risultare emble-

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Prospetto principale della sede della Cassa Centrale diRisparmio Vittorio Emanuele, piazza Cassa di Rispar-mio, Palermo, 1907-1912

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matica, in un modo assolutamente distingui-bile dagli altri progetti del 1907, delle poten-zialità del suo nuovo sistema architettonico.Conformemente all’idea di varare un codicemodernista declinabile, Basile tara con mag-giore padronanza e sensibilità lo schema pa-laziale rivisitato per Montecitorio. Anche inquesto caso si tratta di un’addizione a ungrande complesso architettonico (questa vol-ta conventuale); quasi un completamento, suun’area una volta occupata dalla chiesa del-l’Immacolata Concezione ai Cartari. Il nuo-vo corpo di fabbrica, originariamente previ-sto con cinque partiti architettonici, avrebbefatto da testata al convento dei MercedariScalzi, sul lato interessato dalle demolizioni.Ma il progetto definitivo portò all’estensionedel corpo di fabbrica a tutta l’ampiezza del-l’isolato (nel quale ricade, tra l’altro, anche ilcomplesso monumentale di palazzo Cattoli-ca); le partiture architettoniche della facciatadiventarono così otto, mentre il fronte nellasua estensione completa comprendeva ancheun fabbricato aggiuntivo, raccordato al cor-po principale sull’estremo angolo sud-estdell’isolato, con fornice al piano terreno e

doppio ordine di finestrature tripartite, fracantonali ammorsati.Gli interni di rappresentanza, a prescinderedai materiali di rivestimento (comunque in-cidenti sulle scelte formali), manifestano di-versi dosaggi figurali riconducibili a unastessa gamma di sintagmi formali: dalla gar-bata schiettezza dei vani di collegamento al-l’algida solennità dell’ingresso con scalone,e dall’accogliente oggettività geometrizzantedella Sala casse alla confortevole e ordinatasontuosità della Sala consiliare (impreziositadalle allegorie della produttività e del pro-gresso dipinte nel 1914 da De Maria Ber-gler), l’edificio è pervaso da un’aura di agileclassicità. Risultante di varie suggestioni ri-nascimentali, il prospetto della fabbrica diBasile presenta un rivestimento imitativo(con intonaco Li Vigni) in conci e bugne,con i soli rivestimenti dei fondi delle partitu-re a trattamento liscio. L’impaginato è com-posto da una zona basamentale con para-mento rustico e fornici a raggiera (per fine-stre a tripartizione termale), dal soprastanteordine gigante di paraste con due livelli diaperture per ogni partito (timpanate al pia-no nobile e trabeate al mezzanino superiore,ma tutte raccordate con listelli al telaio del-le paraste), e da un coronamento a trabea-zione continua sormontata da un muro d’at-tico, cadenzato sul ritmo delle paraste. Unadissimulata trama di allineamenti ortogonaliassicura alla fabbrica quell’assetto classica-mente armonioso che ne fa un punto di rife-rimento urbano e la farà assurgere al ruolodi modello più emulato degli oltre cinquan-t’anni di professione di Basile. Se ne rintrac-ciano influenze nell’attività di quasi tutti imigliori professionisti siciliani della tardaetà modemista, vuoi per la rielaborazione dimaniera dei repertori architettonici, vuoi

Sala Consiliare della sede della Cassa Centrale diRisparmio Vittorio Emanuele, piazza Cassa di Rispar-mio, Palermo, 1907-1912

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per le infinite varianti al tipo di impaginatodi prospetto: dalle edulcorate citazioni diCamillo Autore e di Saverio Fragapane allaponderata rilettura di Salvatore Benfratello(progetto della sede per l’Istituto Superioredi Agraria della Regia Università degli Studidi Pisa, 1917); dai suggestivi ibridismi diFrancesco La Grassa (Palazzo delle regieposte di Trapani, 1922) alla robusta rise-mantizzazione di Francesco Fichera (Palaz-zo delle regie poste di Siracusa); dalla riedi-zione di maniera dei figli di Ernesto Basile,Roberto e Giovan Battista Filippo junior(progetto presentato al Concorso per l’im-bocco monumentale di via Roma a Palermo,1922), alle tante riconversioni tradizionali-ste, fra cui quelle di Antonio Zanca (sededel Banco di Sicilia a Caltanissetta, 1917) edi Salvatore Caronia Roberti (sede del Ban-co di Sicilia a Siracusa, 1926). Ma Basile, pur proseguendo in questoorientamento culturale, non replicherà la

fortunata formula di piazza Borsa; le altrevolte in cui sarà nuovamente chiamato dalConsiglio di aministrazione a dare forma al-l’immagine architettonica del loro istituto dicredito recupererà solamente sintagmi e me-morie della riuscita sede palermitana82. Nonne rielabora il tipo di impaginato neanchedurante lo stesso 1907 quando, essendo an-cora vicepresidente della Cassa di Rispar-mio il barone Gabriele Chiaramonte Bordo-naro (dal 1902), gli viene chiesto di appron-tare un progetto per la sede di Messina83.Anche più tardi, per la filiale di Trapani(1918-1919), non rielaborerà il sistema dellasede di Palermo; ma ciò non in nome di unosviluppo della sua linea progettuale, bensì inrelazione a un ripiegamento, rispetto alleproprie stesse opere del decennio preceden-te. Nella trasformazione del preesistente pa-lazzo nobiliare Fardella nella Rua Nuova(poi via Garibaldi), comprensiva della rea-lizzazione di un nuovo prospetto, Basile op-ta per una cortina architettonica priva discansioni. Anzi, per garantirsi un’adeguataarmonia della composizione generale, vistele proporzioni del fronte della fabbrica, seg-menta il prospetto in due impaginati: uno acinque aperture su due ordini, con fascia ba-samentale bugnata e aperture raccordate suidue ordini mercé mostre con stipiti e piatta-bande bugnate in soluzione continua su duelivelli, balconi intermedi e rivestimento delpiano nobile a intonaco liscio; l’altro, mino-re, con un solo ordine di aperture, trattatocome un corpo aggiunto per non turbare l’e-quilibrio dell’impaginato maggiore. Reper-tori classici modernamente semplificati se-gnalano l’affiorare di una deriva formalisticapoi confermata dalla sede realizzata per lostesso istituto di credito a Messina nel 1925.Ma, nell’arco di tempo che intercorre fra la

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Monumento commemorativo del 27 maggio 1860,piazza Vittorio Veneto, Palermo, 1909-1910

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sede palermitana e quella trapanese dellaCassa di Risparmio, Basile ha modo di met-tere in pratica il proposito di codificare ilmodernismo attraverso un ampio ventagliodi tipologie, fino al virtuosismo tecnologico-simbolico del chiosco Ribaudo di piazza Ca-stelnuovo a Palermo del 1916.Di fatto, una volta conseguito fra il 1902 e il1903 un nuovo sistema di architettura con-cettualmente astilo, Basile si era sentito albivio fra un incognito itinerario culturale dioltranzista oggettività (difficilmente pratica-bile dai veterani del modernismo proprioper formazione generazionale) e, di contro,l’impervio ma più sicuro percorso finalizza-to alla normalizzazione della modernità con-quistata. Opta per la seconda ipotesi e, nel-la volontà di conseguire un “ordine moder-no”, evita però le remore tradizionaliste,grazie all’elaborazione di un sistema di rela-zioni fra gli elementi architettonici che pre-vede la decodificazione del formulario clas-sico in funzione del “sentimento moderno”.La nuova formula della modernità classici-sta di Basile finirà per configurarsi come re-gola sicura, riproducibile, o declinabile dasinceri epigoni o da imitatori, ma difficil-mente rigenerabile. Fra le opere di Basilesuccessive al progetto per il palazzo dell’Au-la dei Deputati, assurte a modelli da inter-pretare o individuate dai contemporanei co-me abaco di riferimento per un riformatocodice degli elementi architettonici classici,hanno un ruolo di primo piano, a parte laCassa di Risparmio: l’ampliamento e modifi-ca come istituto per l’infanzia della villa Pi-gnatelli-Florio nella Piana dei Colli a Paler-mo (completato nel 1910); l’allestimentodella sezione «Bellezze siciliane» per l’VIIIEsposizione internazionale d’arte di Veneziadel 1909; il monumento commemorativo del

27 maggio 1860 in piazza Vittorio Veneto aPalermo del 1910; il palazzo delle Assicura-zioni di Venezia in via Roma a Palermo del1912; il Kursaal Biondo in via EmericoAmari a Palermo del 1913-1914; il palazzomunicipale di Reggio Calabria del 1914.La scelta di Basile di percorrere questa stra-da, dopo i risultati della fase astila, ha vero-similmente anche un’altra motivazione. Dalpunto di vista generazionale, infatti, un rap-porto particolare lo lega alla vicenda moder-nista. Formatosi, come del resto Raimondo

Palazzo delle Assicurazioni Generali di Venezia, viaRoma, Palermo, 1912

Alzato del prospetto principale su piazza VittorioEmanuele del secondo progetto per il Palazzo Muni-cipale di Reggio Calabria, 1914

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D’Aronco, in piena età eclettica, Basile sisente particolarmente vicino all’idea della“Moderne Architektur” di Otto Wagner eall’impostazione metodologica, oltre che al-l’ideologia estetica, che contraddistinguonola sua scuola. D’altronde Wagner, nato nel1841, perviene a un impalcato concettualeaffine ai principi teorici del modernismo perlogico sviluppo interno alla sua esperienza,dopo una consumata professione eclettica,nel solco però della Schinkelschule; quindipoteva ben rivestire il ruolo di referenteideale di Basile e di D’Aronco. Entrambi,coetanei di Charles F. Annesley Voysey, ap-partengono a una fascia anagraficamente al-ta di protagonisti del modernismo, perso-naggi di grande spessore artistico, tutti natifra il 1850 e il 1860, come Lluis Domènechi Montaner (1850), Arthur Mackmurdo(1851), Antoni Gaudí (1852), Charles Har-rison Townsend (1852), Louis H. Sullivan(1856), Hendrik Petrus Berlage (1856), Gu-stav Ferdinand Boberg (1860).Del 1861 sono Victor Horta, Paul Hankar eHermann Muthesius che, di fatto, aprono ildecennio in cui nascono alcuni dei principa-li artefici della cultura architettonica di quel

modernismo nel quale, in prevalenza, è inte-ramente concentrato il loro contributo piùoriginale. Fra questi, Henry Van de Velde(1863) e Josef Hoffmann (1870), quasi agliestremi cronologici di questo arco tempora-le e fra i pochi a proiettare problematica-mente la propria militanza etico-esteticamodernista ben oltre l’esperienza vivificantedella «riorganizzazione del visibile», e conloro Charles Robert Ashbee (1863), HectorGuimard (1867), Joseph Maria Olbrich(1867), Charles Rennie Mackintosh (1868),Josep Puig i Cadafalch (1869), HerbertMcNair (1870) e August Endell (1871), lacui identità culturale, però, è pienamentecentrata nello specifico periodo Art Nou-veau. Altri come Raymond Unwin (1863),Max Fabiani (1865) e Mackay Hugh Baillie-Scott (1865), pur rientrando anagraficamen-te nel settimo decennio del XIX secolo, con-sumano esperienze che sono solo parzial-mente partecipi del modernismo, mentreper i più giovani Jan Kotera (1871) e JozePlecnik (1872) l’eccezionale stagione seces-sionista è l’innesco verso altre dimensioniculturali, formalmente e concettualmenteeterodosse ma indissolubilmente debitricidell’ethos modernista.Sarà una sorta di conservatorismo di questavisione della modernità ad accomunare gliindirizzi perseguiti da quasi tutti gli espo-nenti del “modernismo delle origini”, vota-to alla “riorganizzazione del visibile”; ciòanche nel caso di non pochi architetti dellegenerazioni immediatamente successive aquella di Ernesto Basile. Tuttavia, diversisaranno gli itinerari intrapresi in nome diuna particolare ortodossia della modernitàsemantica: un ventaglio di orientamenti cherisultano difficilmente associabili in unostesso movimento architettonico, spaziando

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Kursaal Biondo, via Emerico Amari, Palermo, 1913

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dal filone “tardo modernista” delle manipo-lazioni della nomenclatura architettonicaclassica (schieramento eterogeneo nel qualepossono rientrare anche personalità comeJoze Plecnik, Nìkos Mitsàkis, lo stesso Basi-le, ma anche il primo Erik Gunnar Asplundfino alle sperimentazioni artisticamenteeversive dei più “figurali” fra i cubisti pra-ghesi (Josef Gocár, Pavel Janák, Emil Krá-lícek, Jan Petrák).Ma ancora alle soglie del primo conflittomondiale, nonostante i tanti segnali di unanuova cultura del progetto, esponenti dellagrande stagione di transizione come Theo-dor Fischer, che pur nel generale rispettodovuto a un maestro super partes si presentaal Werkbund di Colonia con un padiglioned’onore davvero compromissorio, ed Erne-sto Basile, che nello stesso anno con l’am-pliamento del villino Favaloro (realizzatodal padre nel 1889) e con il Kursaal Biondoa Palermo dà prova di un modernismo pia-cevole ma ormai chiuso in se stesso, mostra-no una vitalità impermeabile al nuovo corsodella società.Inaugurato il 19 settembre 1914, il comples-so del Kursaal Biondo, che originariamenteera esteso su un’area di mq 4520 (con cine-ma-teatro, giardino, caffetteria, ristorante,biliardo, loggia per concerti e spettacoli al-l’aperto e padiglioni vari), viene progettatoda Basile nel 1913 su incarico dei fratelliBiondo (Andrea, Eugenio e Luigi). Editori eimpresari nel settore degli spettacoli, i Bion-do (per i quali, tra il 1899 e il 1903, NicolòMineo aveva progettato e realizzato l’ecletti-co Teatro Biondo in via Roma, dotato di caf-fè-ristorante, di albergo diurno e, in un se-condo tempo, di una sala per proiezioni ci-nematografiche) nel 1912 avevano commis-sionato a Basile un primo progetto per un

Kursaal a volumetria compatta (al posto delquale dieci anni dopo sarebbe stato realizza-to il Cinema Massimo di Giovan BattistaSantangelo). Previsto come fabbricato com-prensivo di più funzioni, disposte su diffe-renti livelli e con la grande sala del teatro so-prastante il cinematografo al piano terra, l’e-dificio presentava tali complessità esecutiveda imporre l’adozione di una struttura a“ossatura completa” di conglomerato ce-mentizio armato, per l’esecuzione della qua-le, nel più ampio quadro dei lavori che sa-rebbero stati affidati all’impresa palermita-na di costruzioni Caltagirone, Basile e i fra-telli Biondo, per l’assegnazione dell’appaltoa forfait, invitano la specializzata SocietàPorcheddu di Torino84.Il secondo progetto del complesso per spet-tacoli e attività ludiche venne invece pensa-to per un’area di maggiori dimensioni, indi-viduata dai fratelli Biondo sulla via EmericoAmari, al margine del quadrante nord-orientale dell’ampliamento settentrionale diPalermo di fine Settecento. La scelta di dis-porre i vari padiglioni perimetralmente algrande lotto, ma su soli tre lati, comportavala possibilità di sistemare a giardino un con-

Sala per spettacoli del Kursaal Biondo, via EmericoAmari, Palermo, 1913

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siderevole spazio unitario. Non nuovo aquesto tipo di ordinamento planimetrico,Basile disegna un sistema di viali ad anda-mento curvilineo, ma impostati in asse conle aperture principali dei vari padiglioni sulgiardino a formare una rete dissimulata dipercorrenze primarie; un impianto alberato,dunque, percepibile dalla via Amari edeventualmente idoneo anche ad accogliere ilpubblico per le rappresentazioni all’apertotenute nella grande loggia posta a fondaledel giardino. Sul lato settentrionale di viaPrincipe di Belmonte Basile progetta un in-gresso secondario (poi demolito) consisten-te in un vano a pianta semiottagonale, il cuiprospetto presentava un’alta fascia basa-mentale, con bugne a cuscino, e un ampiofornice a tutto sesto sormontato da una pen-silina in ferro battuto e inquadrato da cor-pose paraste e da un’alta trabeazione; questapresentava un muro d’attico ritmato, al disotto del quale era una targa a mosaico conla scritta «Kursaal Biondo».Denominato originariamente «Sala per glispettacoli di Varietà e Cinematografo», il ci-nema-teatro del Kursaal era capace di 1704posti a sedere, dei quali 884 nella platea conpiano leggermente in pendenza (2%), 140nella galleria del primo ordine (detta anfitea-tro) su cui si affacciava la cabina di proiezio-ne, 240 nelle due limitrofe teorie di boxes,320 nella galleria del secondo ordine e 120nei due ballatoi laterali del medesimo. Que-sto ambiente può essere considerato la pri-ma grande sala per proiezioni cinematogra-fiche appositamente realizzata a Palermo,dopo una pletora di sale improprie, adattateal nuovo genere di spettacolo con pochissi-mi accorgimenti (prevalentemente attenti aldecoro più che alla funzione), o dopo alcuniimpianti pur sempre debitori della tipologia

teatrale. Nonostante la presenza dei boxesaggettanti (separati però da tramezzi sago-mati in modo da permettere la visione delloschermo), di un boccascena incorniciato,anche se architravato (con sulla targa l’iscri-zione «Fratelli Biondo»), e dei due ordini digallerie di fondo, più simili a loggioni, l’am-biente risultava di nuova concezione; scevrodalle remore della tradizione dei teatri, essoappariva quasi aereo con la sua configura-zione ad aula, con la pianta di forma rettan-golare, con il soffitto piano segnato da unaricca trama di calligrafiche membrature ret-te ma con comparti curvilinei (a composi-zioni centriche) nelle fasce longitudinalicentrali in corrispondenza dei grandi oculidegli apparecchi da illuminazione. Ad ac-centuare quest’aura di levità contribuivanoanche gli esili sostegni in ghisa (con i capitel-li del primo ordine in forma di metaforaclassicista di sapore pienamente déco) dellegallerie laterali ai boxes e delle soprastantibalconate; l’intero impalcato formale del-l’interno era cadenzato sulla configurazionestrutturale della fabbrica, senza tuttavia checiò risultasse palese. Analogo discorso vafatto per gli elementi in ferro battuto (rin-ghiere, parapetti, transenne, apparecchi di

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Particolare del chiosco Ribaudo, piazza Castelnuovo,Palermo, 1916

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illuminazione) in tutto simili a quelli degliesterni. Diversamente, la facies dei prospettimostra una decisa caratterizzazione tettoni-ca e classicista della strumentazione formalemodernista, in linea con quel processo dicodificazione stilistica che Basile aveva in-trapreso da oltre un lustro.Il periodo in cui Ernesto Basile, ormai cin-quantaseienne, attende alla progettazione diquesto considerevole complesso coincidecon la fase più impegnativa di chiusura delcantiere del palazzo dell’Aula dei Deputati aRoma, ma corrisponde anche alla stagionedi maniera della svolta accademizzante dellasua esperienza modernista. Nonostante ipressanti impegni romani di Basile il com-plesso del Kursaal Biondo viene portato atermine in soli diciotto mesi a partire dalgiugno del 1913. Il cantiere è assunto dal-l’impresa di Ferdinando Caronia (costrutto-re di fiducia dei fratelli Biondo, in quantogià esecutore del loro teatro di via Roma)che realizza tutte le opere murarie e struttu-rali, a meno del soffitto della sala in lamieradi acciaio, eseguito dall’industria Friedley &Vashardt di Chicago, mentre le decorazioniin stucco sono messe in opera dalla ditta deifratelli Li Vigni. Le decorazioni pittoricheper i vari ambienti, oggi tutti scomparsi, so-no di Salvatore Gregorietti, Francesco Pa-dovano e Onofrio Tomaselli. Nuove sonoinvece le collaborazioni del pittore La Ca-gnina (già impegnato nelle decorazioni in-terne del Teatro Biondo e, quindi, forse ri-chiesto dalla committenza) e dello scultoreArchimede Campini che modella, con fles-suoso dinamismo, le due formose baccantiposte sugli acroteri del muro d’attico dell’a-vancorpo d’ingresso del cinema-teatro, inasse con le semicolonne ai lati del fornice diaccesso. Fra le collaborazioni abituali di Ba-

sile rientrano anche la ditta Caraffa, esecu-trice degli apparecchi da illuminazione in le-ghe metalliche, e la Fonderia Oretea, pertutte le altre opere in ferro. La visione d’in-sieme del Kursaal era di grande effetto sullascena del circostante invaso formato dallepiazze Ruggiero Settimo e Castelnuovo, tan-to da condizionare l’intervento di “riforma”dei prospetti della cospicua fabbrica limitro-fa del settecentesco ex reclusorio di SantaLucia; mentre nel 1916, dal lato opposto del-la piazza e all’imbocco della via RuggieroSettimo, lo stesso Basile con l’articolata tra-ma di membrature (curve e rette) dell’intra-dosso della pensilina del chiosco Ribaudo neriprende la ritmica, con un richiamo alladoppia teoria di motivi centrici presente nel-le fasce mediane della travatura di soffittonella grande sala del Kursaal, configurandouna sorta di ideogramma dell’orditura strut-turale in conglomerato di cemento armatodel suo “punto di riferimento” urbano.Ancora, in quello stesso 1916, nel mese diluglio, il prospetto su piazza del Parlamentodel palazzo dell’Aula dei Deputati, appenaterminato, è ormai libero dai ponteggi; ven-gono, quindi, collocati i due gruppi sculto-rei ai lati del portale d’ingresso. Solamente aconclusione della grande guerra, con Vitto-rio Emanuele Orlando (Palermo 1860-Ro-ma 1952) a capo del cosiddetto “governodella riscossa” che aveva condotto la nazio-ne ormai prostrata alla vittoria finale, il 20novembre del 1918 si aprono i lavori parla-mentari nel nuovo palazzo di Montecitoriocon una seduta inaugurale. Basile, ormaisessantunenne, assiste all’adunanza da unposto d’onore: quale osannato autore del-l’opera è alla sinistra del baldacchino reale,da lui stesso progettato nel quadro dell’ad-dobbo cerimoniale (di drappi e cordami an-

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nodati a composizione simmetrica reitera-ta), posto al di sotto del bassorilievo inbronzo, e in parte a questo giustapposto, diDavide Calandra (Torino 1856-1915). De-dicato all’unità d’Italia, questo grande pan-nello scultoreo rappresenta, in composizio-ne simmetrica, due gruppi di cavalieri, unodel passato e uno del presente, condotti dacomponenti di casa Savoia delle rispettiveepoche e schierati ai lati del trittico mulie-bre dell’allegoria centrale, simboleggiantela Monarchia affiancata dalla Forza e dallaDiplomazia, al riparo di una robusta e fron-dosa coppia di alberi. La bronzea “adunan-za celebrativa” del bassorilievo di Calandra,le calde tinte accese dei rivestimenti in

quercia di Slavonia finemente lavorati daimaestri intagliatori di Ducrot, il calore del“rosso Montecitorio” dei fondi e dei drap-peggi a commento dell’assetto architettoni-co, lo studiato slancio luminoso assicuratonella parte alta dal velario, eseguito con pa-cato cromatismo da Beltrami, e più in bassodal pallido flusso umano del fregio di Sarto-rio, non impedirono a un intimidatorio Be-nito Mussolini di definire, nel suo discorsodel 16 gennaio 1922, «sorda e grigia» l’Au-la costruita con tanta fede e determinazioneda una classe dirigente che credeva nel pro-gresso e nella fratellanza. Un mondo che,del resto, la prima guerra mondiale avevaspazzato via.

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Particolare del fregio ligneo dell’Aula della Camera dei Deputati nell’ampliamento del palazzo di Montecitorioin Roma, 1905 ca.

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L’era fascista inizia per Ernesto Basile conuna inequivocabile censura nei confronti diquella che doveva essere la sua opera piùrappresentativa; l’Aula dei Deputati, comeforse indirettamente anche la “galleria dei

passi perduti” e l’intero ampliamento diMontecitorio, con il ricercato e distinto tonoconfortevole, e affatto celebrativo o epico,non potevano essere apprezzate dai verticidi un neonato regime agitato da ansie di au-tostima e di superomismo.Non è da escludere che l’impetuosa influen-za culturale di Margherita Sarfatti, con lasua dicotomica attività del giudizio (divisafra amore per le glorie dell’antichità italica eattrazione per le nuove correnti artistiche earchitettoniche), abbia orientato Mussolininella dichiarata avversione per quella sedeistituzionale simbolo dell’“Italietta” da luiaborrita. Un’opera che, nell’arco dei pocopiù di tre anni intercorsi fra la sua procrasti-nata entrata in funzione e l’inizio del proces-so di liquidazione dello stato democratico,alla fine risultava anacronistica, in quantonon abbastanza legata alla tradizione né suf-ficientemente al passo con i tempi, e il cuidifetto fondamentale risiedeva, in fin deiconti, nel fatto di essere stata concepita sulfinire di un’epoca ormai sconfessata, in qua-si tutti i suoi valori, dai nuovi tempi.Eppure né il nuovo palazzo di Montecitorioné altri edifici di Basile subiranno l’onta diessere inclusi in quella caleidoscopica com-

EPILOGO

La maniera e la scuola

Ernesto Basile in una foto degli anni venti

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posizione di architetture negative, ordinatacon autentica fede fascista da Pier MariaBardi (probabilmente coadiuvato anche daidue più inquieti esponenti del gruppo capi-tolino di giovani architetti siciliani, Giusep-pe Pensabene e Giuseppe Marletta, con il ti-tolo di “Tavolo degli Orrori”, posto al cen-tro della prima sala dell’Esposizione Italianadi Architettura Razionale organizzata a Ro-ma nel 1931 (e nel quale, insieme ai tantiprogettisti di rango messi all’indice, figura-vano Caronia e Fichera, allora fra i più rap-presentativi della scuola basiliana). Eviden-temente per le nuove generazioni di proget-tisti, di artisti e di cultori d’arte, Ernesto Ba-sile ancora rimaneva una figura di rispettosebbene legata a un tipo di società e ad unacultura che si ritenevano e si volevano defi-nitivamente tramontate; un orientamentoche, in ambito locale, avrà in Maria Accasci-na un acceso punto di riferimento. Protago-nisti e comprimari, dai committenti (e il cre-puscolo dei Florio ne è esemplificativo) allemaestranze, assieme alle consuetudini socia-li e ai rituali mondani, agli ideali estetici e al-l’impalcato etico, assumevano sempre piùl’aura di ricordi sbiaditi.Fra il 1910 e il 1922 si consuma, non senzaimpennate di segno opposto, la prima fasedi flessione dell’attualità di Basile; ne è rive-latore il “gelido accademismo” del Padiglio-ne Siciliano della sezione regionale ed etno-grafica dell’esposizione del cinquantenariodell’unità d’Italia, svoltasi a Roma nel 1911.Basile è ancora il più brillante esponente delmodernismo italiano, ma il suo è un prima-to in seno a una tendenza ormai allo sbando,sebbene fino al 1922 continui a rivestire im-portanti cariche pubbliche. Nel 1910, a con-ferma del suo ruolo di sostenitore dei giova-ni talenti, era stato nominato presidente

onorario della sezione palermitana della Fe-derazione Nazionale di studenti di belle artie giovani artisti; subito dopo, inoltre, erastato incluso nella Commissione ministeria-le di studio per un progetto di legge sulla ri-forma dei ruoli degli Istituti di belle arti e dimusica. L’anno dopo aveva fatto parte delconsiglio direttivo dell’Associazione Sicilia-na pel bene economico di Palermo, e il 17giugno del 1912 era stato nominato vice-presidente del Comitato Permanente per icongressi e le esposizioni nazionali di archi-tettura presieduto da Boito. Del 1914 era lasua proposta per l’istituzione di un Museodi arte medievale e moderna all’interno delpalazzo Abatellis a Palermo, lo stesso annoera stato nominato componente della Com-missione ordinatrice dell’Esposizione di ar-chitettura che si doveva svolgere a Romal’anno dopo su iniziativa dell’Associazioneartistica fra i Cultori di architettura. Sempredal 1914 (con nomina del 31 marzo) facevaparte della Commissione di belle arti del co-mune di Palermo per la manutenzione e ilrestauro dei monumenti e delle opere d’artedella città. A tale carica certo impegnativaseguiva, sempre nell’ambito istituzionale, lanomina (19 gennaio 1916) a membro dellaCommissione artistica della Regia Calcogra-fia di Roma. A questi ruoli prestigiosi facevada contraltare il costante impegno nel soste-gno della profilassi sanitaria per i ceti menoabbienti; un’attività che lo portava alla no-mina a consigliere dell’Associazione controla tubercolosi di Palermo, e successivamen-te a ricoprire l’incarico di presidente delconsiglio d’amministrazione del SanatorioCervello (dal quale si dimetterà per soprav-venuti contrasti istituzionali solo il 27 no-vembre 1928). Nel 1919, con la promozionedi Gustavo Giovannoni a cattedratico pres-

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so la Regia Scuola di Applicazione per gli in-gegneri di Roma (grazie anche alla sua pre-senza nella commissione esaminatrice) e nel1920 con il ruolo determinante per l’asse-gnazione al suo “allievo integrale” SalvatoreBenfratello del posto di professore straordi-nario di Architettura Tecnica presso la RegiaUniversità di Pisa (della cui commissioneesaminatrice faceva parte), Basile mostra an-cora una certa vitalità e influenza accademi-ca. Ma dopo il 1922, il ridursi delle caricheo nomine istituzionali andrà di pari passocon la sua improvvisa scomparsa dall’agone

accademico. Ancora nel 1923 veniva nomi-nato componente della Deputazione mini-steriale per i restauri del duomo di Cefalù,ma negli anni a venire le uniche nomine diun certo rilievo saranno quella a componen-te del Comitato organizzativo della sezionesiciliana nella II Biennale di Arti Decorativedi Monza (1925) e quella a consulente tecni-co della Commissione consultiva dei lavoripubblici di Palermo (1925); si tratta però diincarichi a carattere locale, mentre a livellonazionale Basile scompare anche nella pub-blicistica specializzata.Dopo il 1916, alla sintesi e all’equilibratacorrispondenza delle «riformate nomencla-ture» e delle sintassi architettoniche (nelchiosco Ribaudo in piazza Castelnuovo aPalermo) subentra uno sbilanciamento indirezione della prima delle due componenti.Questa è la nota distintiva di gran parte delterzo periodo di Ernesto Basile, dal 1916 al1932, suscettibile di richiami alla sua prece-dente stagione modernista e anche di un ri-torno alla caratterizzazione formalistica pertipologie.All’inizio degli anni Venti, il Dispensario an-titubercolare di via Giorgio Arcoleo (1920)e le abitazioni economiche dell’Istituto Au-tonomo per le Case Popolari in via Alessan-dro Volta e in via Cappuccini (1923) attesta-no ancora una capacità progettuale di granmestiere. Il primo, che presenta una rarefat-ta facies di mediterranea classicità astila (ditono protorazionalista), è la più valida testi-monianza della lunga militanza progettualedi Basile in questo settore dell’ingegneria sa-nitaria. Nell’ambito della prima generazionepalermitana degli edifici I.A.C.P., punto diarrivo di una ormai superata società “melio-rista”, della quale Basile è irriducibile inter-prete, i suoi immobili del 1923 sono da con-

Stanza da letto presentata dal mobilificio Petrì alla IIEsposizione d’Arte di Monza, 1925

Alzati del prospetto principale e del fronte sulla cortedel Dispensario Polivalente della Croce Rossa, viaGiorgio Arcoleo, Palermo, 1920

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siderare quale estrema applicazione dei mo-di della sua consumata esperienza nell’archi-tettura residenziale; essi offrono originali ri-sposte di qualità, anche per la valenza diunità abitativa affine a quella di coevi mo-delli viennesi, in un ambito tipologico cheera ancora in cerca di identità.Esito contraddittorio della ricerca di un “or-dine moderno”, a partire dalla casa da pigio-ne Ajroldi-Rutelli di via Roma (1921) e so-prattutto con opere quali la chiesa di SantaRosalia e il progetto del monumento ai ca-duti siciliani (entrambi del 1928) a Palermo,il villino Gregorietti del 1924 a Mondello, il

progetto per il palazzo della Cassa di Rispar-mio a Messina del 1925 e il monumento ai ca-duti siciliani a Messina del 1928, il suo siste-ma di codificazione del modernismo subisceuna contrazione di contenuti che in partesembra trasfigurare l’idea di architettura co-me “organico” insieme di relazioni fra leparti e il tutto. Negli impianti planimetriciBasile spesso opta per la caratterizzazione ti-pologica, rileggendo anche icnografie e cri-teri distributivi di suoi precedenti progetti.Analogamente, per gli impaginati dei pro-spetti e per i registri parietali reinterpreta,con elegante vena accademica, sue soluzioniprecedenti, autocitandosi per i particolariarchitettonici e per i repertori decorativi(come nel caso della ripresa nel 1929-30 del-la progettazione per il municipio di Licata),ma senza compiacimenti di maniera. Ne èindicativo persino il silente ellenismo del co-lonnato di recinzione del monumento ai ca-duti a Palermo (già monumento commemo-rativo della redenzione siciliana, del 1909)che nel 1931 chiude la sua attività. Sempreimprontata al dominio della misura, la suatarda linea progettuale non deroga dalla“poetica” della logica, neanche in fase di

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Filiale della Cassa Centrale di Risparmio, corso Gari-baldi, Messina, 1925-28

Edificio per abitazioni popolari I.C.P. (poi I.A.C.P.),via Alessandro Volta, Palermo, 1923

Villino Gregorietti, viale Regina Elena a Mondello,Palermo, 1924

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esaltazione formalistica. È dunque un mododi procedere riflessivo, più che compromis-sorio, da intendere forse anche come consa-pevole e distaccata volontà di conferma delsuo precedente percorso.Protagonista indiscusso di un’epoca con-traddittoria ma estremamente propositivadella storia siciliana contemporanea, da fi-gura di riferimento della più avanzata cultu-ra italiana del progetto Basile si ritrova, ne-gli anni del primo dopoguerra, a dover rive-stire il ruolo di sopravvissuto a un sistemacollassato in tutte le sue manifestazioni.In Sicilia il liberty, segnatamente nella suafase più matura, si era manifestato come unfenomeno eclatante, sia sul piano artistico earchitettonico che come fenomeno di costu-me; in un primo tempo Basile e il suo cena-colo, come del resto la sua “scuola” in se-conda battuta, unitamente a una compaginedi committenti dinamici e culturalmente de-

terminati quali mai l’isola aveva conosciuto,ne garantirono una fortuna la cui durata tra-valica di molto la cronologia del fenomenointernazionale.Palermo, Catania, Caltagirone, Messina, Si-racusa e le città degli Iblei rappresentarono,pur con diversa portata culturale e qualitàartistica, altrettanti poli del liberty sicilianoquali realtà fra loro estremamente diversifi-cate, tanto da conferire al fenomeno valenzadi molteplice movimento culturale e socialecon caratteristiche del tutto autonome daquello nazionale coevo.Fra la prima età del liberty in Sicilia, intera-mente dominata fino al 1902-1903 dalla fi-gura di Basile, e la sua lunga ultima stagione,caratterizzata da epigoni (divenuti poi deltutto impermeabili al “nuovo”) e anonimiprogettisti e decoratori, si svolgono i due de-cenni della fase di maggiore incidenza diquesta tendenza stilistica nel processo dirinnovamento dei centri urbani dell’isola. Èun periodo che vede come protagonisti lostesso Basile, i migliori esponenti della sua“scuola” e un novero di architetti, ingegnerie geometri, attivi in tutta l’isola, autonomi

Chiesa votiva di S. Rosalia, via Marchese Ugo, Paler-mo, 1928-1931

Sistemazione ad emiciclo trabeato delle adiacenze delMonumento commemorativo del 27 maggio 1860(1909-1910) per la sua riconversione in Monumento aiCaduti, piazza Vittorio Veneto, Palermo, 1931

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rispetto ai codici basiliani o solo occasional-mente impegnati ad operare in chiave li-berty (talora solo marginalmente influenzatidai “modi” formali di Basile ma il più dellevolte ecletticamente ricettivi di altre tenden-ze estere, prevalentemente francesi e au-striache). Fra questi personaggi autonomi,dalla circoscritta produzione modernista,emergono personalità dagli affinati modiprogettuali e di indubbio valore culturale.In taluni casi essi sono decisamente animatida istanze intellettuali, come Vincenzo Ala-gna, Francesco Paolo Rivas e soprattuttoAntonio Zanca, che operano a Palermo, eLuciano Franco (il più sincretico e composi-to), attivo prevalentemente a Catania, chemostrano un’eclettica capacità nel fornireottimi esempi di architettura, non di radocon interessanti spunti di originalità, a pre-scindere dalla tendenza praticata nei variperiodi. Altri sono figure isolate ma cultu-ralmente proiettate verso confronti interna-zionali, come Paolo Bonci e Saro Cutrufelliche, attivi prevalentemente l’uno a Palermol’altro a Messina e a Taormina, si collocanonel segno della discontinuità e commistionestilistica. Ma fra i progettisti autonomi cheoperano episodicamente in chiave libertyvanno annoverati anche consumati profes-sionisti, dal solido profilo tecnico, come Fi-lippo La Porta, in assoluto il più dotato diquesta categoria a Palermo e nella Sicilia oc-cidentale, e altri attivi principalmente a Ca-tania, come Paolo Lanzerotti, e ancora a Pa-lermo, come Francesco Donati Scibona, Mi-chele La Cavera, Salvatore Mazzarella,Achille Patricolo, Giovanni Tamburello;tutti abili a conseguire anche singoli risulta-ti, o più raramente cicli compiuti (essenzial-mente con Lanzerotti e La Porta), di ecce-zionali qualità moderniste nel panorama

delle proprie produzioni, di grande livelloma decisamente convenzionali. Infine, acontribuire in modo capillare al processo dirinnovamento, se non di qualificazione, delpatrimonio edilizio isolano del primo quar-to del secolo XX è una schiera di progettistidall’esuberante, quanto insistita, propensio-ne decorativa; fra di essi, solo epidermica-mente guadagnati alla tendenza modernista,si distinguono per compiutezza dei loro or-dinamenti architettonici il palermitanoEmanuele Arangi e il catanese TommasoMalerba, mentre fra i principali protagonistidella diffusione (alcuni a Catania, altri a Pa-lermo, altri a Siracusa, altri ancora nel trapa-nese e nell’area iblea) di un liberty provin-ciale ed episodico, mera variante alla moda(spesso recepita con sensibile ritardo) di unaconsolidata tradizione eclettica periferica,vanno ricordati essenzialmente GaetanoAvolio, Filippo Cusano, Fabio Majorana,Giuseppe Manzo, Salvatore Marascia, Giu-seppe Nicolai, Giovanni Pernice, GiuseppePiccione, Nicolò Tripiciano, Gaetano Vinci.In Sicilia continua anche a operare congrande qualità, quanto meno fino alla primaguerra mondiale, un irriducibile filone tradi-zionalista, del tutto impermeabile alla lineaestetica modernista (ma anche alle sue deri-ve di “consumo”) e tuttavia portatore dispecifici valori culturali: ne sono paladiniCarlo Sada con i suoi bravi epigoni in areacatanese, Giuseppe Damiani Almeyda con isuoi più validi allievi (fra cui Nicolò Mineoe Antonio Zanca) attivi a Palermo, come delresto anche Francesco Paolo Palazzotto,una delle personalità più interessanti del tar-do eclettismo italiano. È questa l’altra ten-denza rispetto all’idea di Basile di coinvolge-re artisti, progettisti e intellettuali in un’a-zione culturale collettiva tesa al raggiungi-

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La maniera e la scuola

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mento di una “via latina” del programma digenerale “riorganizzazione del visibile” pro-pugnato dalla migliore cultura modernistainternazionale. Un proposito che Basile, so-prattutto a partire dal 1907, grazie alla suasvolta codificatoria del modernismo, riesce aperseguire anche a livello regionale (e nonsolo), con la presenza di significative figuredella sua “scuola” nelle più dinamiche real-tà urbane dell’isola: a Palermo con ErnestoArmò, Salvatore Benfratello, Enrico Calan-dra, Giuseppe Capitò, Salvatore CaroniaRoberti, Giuseppe Di Giovanni, SalvatoreLi Volsi Palmigiano, Antonio Lo Bianco,Giovan Battista Santangelo, Pietro Scibilia;a Catania con Francesco Fichera; a Messinacon Camillo Autore e poi con Enrico Calan-dra (raggiunto successivamente da Giusep-pe Samonà, anch’egli allievo di Basile madella sua ultima stagione di docenza); a Cal-tagirone con Saverio Fragapane; a Licatacon Filippo Re Grillo; a Trapani con Fran-cesco La Grassa. Alcuni degli allievi di Basi-le operarono, con successo, anche in ambitocontinentale: Leonardo Paterna Baldizzi (le-gato, quale discente, anche a Damiani Al-

meyda) fu tra i primi a realizzare opere li-berty a Roma e a Napoli; sempre a Roma, ol-tre allo stesso Basile, opera lungamenteFrancesco La Grassa; a Milano è attivo, perun periodo della sua carriera professionale,Giuseppe Di Giovanni; a Reggio Calabria edintorni svolge parte della propria attivitàCamillo Autore; a Pisa si trasferisce per lun-go tempo Salvatore Benfratello quale catte-dratico del locale Ateneo.Allo stesso modo, l’intera società sicilianadella fase finale della belle époque e dei pri-mi “anni ruggenti” si sente depositaria di so-lide tradizioni ottocentesche. Una consape-volezza, questa, che contraddistingue i purdiversi modi di operare: nel campo impren-ditoriale, con l’ultima generazione dei Flo-rio e dei Whitaker, e con i Chiaramonte Bor-donaro, D’Alì, Favitta, Lanza di Scalea,Lombardo Gangitano, Majorca di Franca-villa, Manganelli, Sanderson, Tasca, Trabia,Verderame, ma anche con nuovi imprendi-tori, come Amoroso, Averna, Biondo, Ca-stellano, Ducrot, Favara, Finocchiaro, Or-lando, Pecoraino, Rutelli, Sandron, Sangior-gi, Scaglia, Utveggio, Velis, consapevoli del-la propria appartenenza a una classe socialedalla quale la collettività si aspettava molto.Relativamente a un profilo intellettuale escientifico, quelli del passaggio dall’età um-bertina al primo biennio del regime fascistasono per la Sicilia gli anni degli scrittori Ca-puana, Pirandello, Ragusa Moleti, Rapisardie Verga, degli storici dell’arte Di Marzo e Pi-tini, ma anche dei filosofi Gentile, Guastel-la, Orestano e Amato Pojero, dell’attoreMusco e dell’attrice Menichelli, del mate-matico Guccia, dei due geologi Gemmella-ro, del botanico Borzì, dei medici Buccola,Cervello, Cirrincione, Di Cristina, Durante,D’Urso, Facciolà, Fichera, Giuffrè e Trico-

Ernesto Basile (al centro) con i docenti e gli allievi dellaRegia Accademia di Belle Arti di Palermo, 1925 ca.

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mi; in ambito politico e sociale operano fi-gure come Bonanno, Colajanni, Crispi, DeFelice Giuffrida, di Rudinì, FinocchiaroAprile, Nasi, Paternò di Sessa e Sturzo.Fra gli artisti, pittori come Abate, Catti,Cercone, Cortegiani, De Gregorio, De Ma-ria Bergler, Di Giovanni, Enea, Gregorietti,Liotta Cristaldi, Lentini, Leto, Lojacono,Mirabella, Reina, Spina, Tomaselli, Vetri,Vicari, e scultori come Balistreri, Civiletti,Costantino, De Lisi, Gangeri, Garufi, Gera-ci, Moschetti, Nicolini, Ragusa, Rutelli,Trentacoste, Ugo e Ximenes traghettano fe-licemente, anche se con disomogenee inten-sità e motivazioni, le loro precedenti espe-rienze nell’alveo della tendenza modernista,senza tuttavia rimanerne coinvolti fino infondo. Altrimenti, pittori come Corona, DeFrancisco, Rizzo, Terzi, Trombadori, e scul-tori come Campini, D’Amore, Li Muli, an-che se marginalmente investiti dal clima ar-tistico innescato da Basile nei suoi anni mi-gliori, muovono i primi passi in ambito mo-dernista per poi maturare significativi per-corsi in altre direzioni della cultura artisticanovecentesca. L’azione educativa di Basile, dunque, con-trariamente alle convinzioni della criticadella fine degli anni Trenta e del secondodopoguerra, andò oltre la “maniera” deisuoi epigoni. Salvatore Caronia Roberti conla metodica compositiva improntata al per-cettivismo soggettivista, Francesco Ficheracon il culturalismo analogico, e i più giovanicome Giuseppe Spatrisano, Salvatore Car-della, Luigi Epifanio, Rosario Marletta eGiuseppe Samonà (che con difformi risul-tanze tentarono di costruire una nuova etica

della cultura del progetto traducendo gli in-segnamenti basiliani in impalcati logici enon solo in formulari stilistici) sono i porta-tori di un valore della “scuola” di Basile bendiverso da quello della maniera tardo-mo-dernista, nella quale lo stesso Basile finì pernaufragare con i suoi ultimi pur inappunta-bili “esercizi di stile”.Duramente provato per il prematuro deces-so nel 1928 del figlio Massimo, lungamentesofferente da reduce della prima guerramondiale (fattore questo scatenante, a dettadi Caronia, rispetto al suo processo di isola-mento culturale degli anni venti), ErnestoBasile muore nella sua casa di via Siracusa il26 agosto del 1932; verrà seppellito nel cimi-tero di Santa Maria dei Rotoli a Palermo. Lagrande partecipazione al suo funerale e itoccanti telegrammi di condoglianze (fra iquali abbondano quelli di esponenti delmondo culturale nazionale) attestano un ri-spetto che travalica il mero ruolo istituzio-nale, ormai stancamente rivestito fin quasialla sua dipartita. Nell’aprile di quello stessoanno Basile era stato chiamato a far parte,insieme a Bonci, Capitò, Caronia Roberti,Epifanio, Gesugrande, Giaccone, Pavone,Santoro, Stassi e Zanca, di un gruppo di la-voro istituito per lo studio dei problemi ur-banistici di Palermo. La sua città, ormai pri-va della guida di quella classe egemone del-la quale lui stesso era stato sottile e inappun-tabile interprete, ne reclamava ancora unavolta l’operato; ma a questo appuntamento,non più all’insegna di una gioiosa “riorga-nizzazione del visibile”, né Basile né i suoiallievi o i suoi antagonisti poterono dare al-cuna risposta.

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Note

1 Sul tema si vedano: E. Caracciolo, L’architettura del-l’Ottocento in Sicilia, in Atti del VII Congresso Nazio-nale di Storia dell’Architettura. Palermo, 24-30 settem-bre 1950, a cura del Comitato presso la Soprintenden-za ai Monumenti, Palermo 1956, pp. 199-212; V. Zii-no, La cultura architettonica in Sicilia dall’Unità d’Ita-lia alla prima guerra mondiale, in «La Casa», 6, 1959,pp. 96-119; S. Caronia Roberti, Mastri, capimastri e in-gegneri. Ricordi di fine Ottocento, in «Architetti di Si-cilia», 7-12, 1966, pp. 17-26; G. Pirrone, Lo stile 1900alle frontiere europee: la Spagna e la Sicilia, in Situazio-ne degli studi sul Liberty, Atti del Convegno, Salso-maggiore 1974, Firenze s.d. (ma 1977), pp. 131-137;G. Fatta, M. C. Ruggieri Tricoli, Medioevo rivisitato.Un capitolo di architettura palermitana, Palermo 1980,p. 51 e passim; E. Sessa, Architettura come “opera d’ar-te in tutto”: Palermo 1900-1919, in «ArQ9. Architettu-ra italiana 1900-1919», 9, dicembre 1992, pp. 65-91;M. Giuffrè, Palermo e la Sicilia, in Storia dell’architet-tura italiana. L’Ottocento, a cura di A. Restucci, voll. 2,Milano 2005, vol. II, pp. 334-365; P. Barbera, M.Giuffrè, L’héritage normand dans l’architecture sici-lienne du XIXe et XXe siècle, in Les Normands en Sici-le XIe – XXIe siècles. Histoire et légendes, a cura di A.Buttitta, J.-Y. Marin, Milano 2006, pp. 59-69.2 E. Mauro, La casa di Basile a Santa Flavia, in Disparet unum. 1904-2004. I cento anni del Villino Basile, acura di E. Mauro, E. Sessa, Palermo 2006, pp. 222-234.3 Si veda Verso il Vittoriano. L’Italia unita e i concorsidi architettura, a cura di M. L. Scalvini, F. Mangone,M. Savorra, Napoli 2002.4 Per quanto citato si vedano, presso l’Archivio Fami-glia Basile, Palermo: E. Basile, Note d’Arte - A Roma,ms, s.d.; Id., Diario del viaggio a Rio de Janeiro, ms,1888; Id., Sull’architettura contemporanea, ms, 1910.5 Si veda E. Negri, Caratteri generali dell’architetturain Roma da Giuseppe Valadier ad Ernesto Basile, in At-ti del III Congresso Nazionale di Studi Romani, a curadi C. Galassi Paluzzi, Bologna 1935, vol. III, pp. 5-12.Alcuni disegni eseguiti da Basile in occasione dei viag-gi di istruzione e di studio sono pubblicati in G. Pir-rone, Studi e schizzi di Ernesto Basile, Palermo 1976,passim, e in E. Sessa, Ernesto Basile. Dall’eclettismoclassicista al modernismo, Palermo 2002, p. 26 e sgg.

6 P. Barbera, I monumenti ai caduti in Sicilia: tra risor-gimento, grande guerra e fascismo, in L’architettura del-la memoria in Italia. Cimiteri, monumenti e città 1750-1939, a cura di M. Giuffrè, F. Mangone, S. Pace,O. Selvafolta, Milano 2007, pp. 343-348.7 R. De Simone, Il villino Villegas, in L’orientalismonell’architettura italiana tra Ottocento e Novecento, acura di M. A. Giusti, E. Godoli, Atti del Convegno In-ternazionale di Viareggio, 23-25 ottobre 1997, Firenze1999, pp. 117-126.8 Si veda P. Portoghesi, L’eclettismo a Roma. 1870-1922, Roma, s. d.9 Il bando del secondo Concorso del Palazzo del Par-lamento viene pubblicato nella Gazzetta Ufficialen. 256 del 30 ottobre 1888.10 La relazione del progetto di Basile viene stampata aRoma nel 1890 dallo Stabilimento Tipografico Italia-no e anche nel volume di gennaio-aprile 1890 degliAtti del Collegio degli Ingegneri e degli Architetti diPalermo.11 Presieduta dal Senatore Francesco Brioschi, la com-missione era formata da Cesare Parodi, Giovanni Ca-dolini, Alessandro Betocchi, Vincenzo Micheli, Gu-glielmo Calderini, Francesco Bongioanni, G. CesareMelisurgo, Lorenzo Schioppa, Alfredo D’Andrade(con il quale Basile sarà nella commissione che il 2maggio 1907 redige la relazione sul progetto di rico-struzione del campanile di San Marco a Venezia) e Lu-ca Beltrami (relatore ufficiale).12 Diversi documenti e alcuni disegni di Ernesto Basi-le per gli arredi del Teatro Massimo sono pubblicati inIl Teatro Massimo cento e più anni fa. Fonti storico-do-cumentarie, a cura di E. Calandra, Palermo 1997.13 A. Cottone, L’insegnamento dell’architettura a Paler-mo, in G. B. F. Basile. Lezioni di Architettura, a cura diM. Giuffrè, G. Guerrera, Palermo 1995, p. 244. Si ve-dano anche: E. Sessa, Ernesto Basile…, cit.; E. Palaz-zotto, La didattica dell’architettura a Palermo, 1860-1915, Benevento 2003; G. Di Benedetto, La scuola diarchitettura di Palermo, 1779-1865, in Per una storiadella Facoltà di Architettura di Palermo, a cura diC. Ajroldi, Roma 2007, pp. 43-126; E. Palazzotto, Ildibattito nazionale sulle scuole di architettura in Italia(1860-1922) e l’applicazione degli indirizzi didattici na-zionali a Palermo, ivi, pp. 127-154.14 Per una scheda sintetica sul personaggio si vedaE. Mauro, Marvuglia Giuseppe Venanzio, in L. Sarullo,Dizionario degli Artisti Siciliani. Architettura, a cura diM. C. Ruggieri Tricoli, Palermo 1993, pp. 291-293.

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15 E. Mauro, L’insegnamento di Carlo Giachery nell’e-clettismo sperimentale di G. B. F. Basile, in G. B. F. Ba-sile…, cit., pp. 339-342.16 Si veda, sull’argomento, M. Giuffrè, Palermo. Le cit-tà di Giovan Battista Filippo Basile e di Giuseppe Da-miani Almeyda, in Il disegno e le architetture della cit-tà eclettica, Atti del IV Convegno di Architettura del-l’Eclettismo (Jesi 2001), a cura di L. Mozzoni, S. San-tini, Napoli 2004, pp. 163-187.17 Artefice nel 1881 della fusione della propria societàdi navigazione, ereditata dal padre Vincenzo (BagnaraCalabra 1799-Palermo 1868), con la società Rubattinodi Genova, Ignazio Florio (Palermo 1838-1891) dà vi-ta alla Navigazione Generale Italiana. Alla sua mortelascia tre figli: Ignazio jr, che sposerà Franca JaconaNotarbartolo contessa di San Giuliano (Palermo1873-Migliorino Pisano 1950) ed erediterà un imperoeconomico e produttivo diversificato; Giulia, che an-drà in sposa a Pietro Lanza Branciforte di Trabia; Vin-cenzo, propugnatore della Sicilia come stazione turi-stica invernale e ideatore della Targa Florio. Oltre agliinteressi armatoriali e finanziari, la famiglia Florio ave-va esteso la propria azione alla manifattura tessile, al-l’enologia, alla manifattura del tonno, alla industriaestrattiva, meccanica, ceramica e della pesca, all’edito-ria, all’industria chimico-farmaceutica con la ChimicaArenella, non distante dalla tonnara dei Quattro Piz-zi, dal Grand Hôtel Villa Igiea, dai Cantieri Navali edal complesso portuale dal quale iniziava la “costa deiFlorio” dominata dal Monte Pellegrino. Inoltre, le no-vantanove navi della Navigazione Generale percorre-vano le rotte di quasi tutto il Mediterraneo e delleprincipali per l’America e per la Russia, oltre che peril Mar Rosso. Per un quadro esaustivo delle attività deiFlorio, oltre ai molteplici studi di Rosario Lentini e diOrazio Cancila, si rinvia a S. Candela, I Florio, Paler-mo 1986.18 Si vedano: E. Basile, L’Esposizione Nazionale di Pa-lermo. 1891-92, in «L’Architettura Pratica», III, 12,1892, tav. 6; F. Pollaci Nuccio, L’Esposizione Naziona-le e le sue adiacenze, Palermo 1892; «Palermo e l’E-sposizione Nazionale del 1891-’92», giornale dell’e-sposizione, Milano 1891-92; F. Corrao, La città di Pa-lermo dal 1860 al 1910, in Palermo e la Conca d’Oro,Atti del VII Congresso Geografico Italiano, Palermo1911, pp. 21-35.19 Per un inquadramento storico-critico sulla sua figu-ra si vedano, in particolare: E. Sessa, Domenico Lo Fa-so Pietrasanta, Duca di Serradifalco: ricerca del nuovo

sistema di architettura e insegnamento privato, in G. B.F. Basile…, cit., pp. 269-277; M. Giuffrè, Da Serradi-falco ai Basile. Il mito normanno nella nuova architet-tura di Palermo, in Tradizioni e regionalismi. Aspettidell’Eclettismo in Italia, Atti del II Convegno di Ar-chitettura (Jesi 1999), a cura di L. Mozzoni, S. Santi-ni, Napoli 2000, pp. 143-179; G. Cianciolo Cosentino,Serradifalco e la Germania. La Stildiskussion tra Siciliae Baviera, 1823-1850, Benevento 2004.20 E. Mauro, Una capitale a confronto, in G. Pirrone,Palermo, una capitale. Dal Settecento al Liberty, con te-sti di E. Mauro ed E. Sessa, Milano 1989, p. 97; N. G.Leone, Gli ultimi acuti dell’Ottocento nell’architetturadell’Esposizione, in 1891/92, L’Esposizione nazionaledi Palermo, suppl. a «Kalós», III, 2, aprile 1991, pp.10-15; M. Giuffrè, Palermo nel 1891. La città, l’archi-tettura, l’esposizione, in Dall’artigianato all’industria.L’Esposizione Nazionale di Palermo del 1891-92, a cu-ra di M. Ganci, M. Giuffrè, Palermo 1994, p. 108.21 Sul Piano Giarrusso e per una puntuale ed appro-fondita analisi delle vicende urbanistiche dell’Otto-cento palermitano ad esso collegate si vedano: S. M.Inzerillo, Urbanistica e società negli ultimi duecentoanni a Palermo, Palermo 1981; G. Dato, Sventramentinelle città siciliane: il “modello” haussmanniano comepretesto, in L’urbanistica di Haussmann: un modelloimpossibile?, a cura di G. Dato, Roma 1995, pp. 155-168; M.T. Marsala, “La perfezione topografica” del Pia-no Regolatore di Risanamento e di Ampliamento dellaCittà di Palermo redatto dall’Ingegnere Felice Giarrus-so (1885-1894), in «Storia dell’Urbanistica», N. S., III,1997, pp. 71-95; A. Mazzamuto, Il quartiere Villafran-ca a Palermo; tipologia edilizia e morfologia urbana, inDispar et unum. 1904-2004. .., cit., pp. 85-93; Linguag-gio–Pensiero–Realtà. Urbanistica a Palermo da Pisanel-li a Giarrusso, a cura di P. Di Leo, Palermo 2007. Re-lativamente alla storia delle riforme urbane palermita-ne e dei relativi strumenti attuativi si veda A. Casa-mento, Statuti e Regolamenti Edilizi a Palermo dal Me-dioevo all’Ottocento, in «Storia dell’Urbanistica»,N. S., I, 1995, pp. 137-150. Il disegno acquerellato diFelice Giarrusso del Piano Regolatore di Risanamentoe di Ampliamento della Città di Palermo è conservatopresso l’Archivio Storico del Comune di Palermo.22 M. C. Ruggieri Tricoli, M. D. Vacirca, Palermo e ilsuo porto, Palermo 1986.23 Per un panorama del patrimonio edilizio esistentein quel periodo e per un raffronto con quanto realiz-zato in seguito alla sua progressiva sostituzione, si ve-

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Note

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da A. Chirco, M. Di Liberto, Via Libertà ieri e oggi,Palermo 1998.24 Sulla vicenda del Teatro Massimo e per un profilodell’attività di G. B. F. Basile, si vedano: I cinquant’an-ni del Teatro Massimo (1897-1947), a cura di O. Tiby,I. Ciotti, Palermo 1947; A. Samonà, G. B. Filippo Ba-sile, la cultura e l’opera architettonica teorica didattica,Palermo 1983; A. M. Fundarò, Il concorso per il Tea-tro Massimo di Palermo, Palermo 1974; G. Pirrone, IlTeatro Massimo di G. B. Filippo Basile a Palermo,1867/97, Roma 1984; L. Maniscalco Basile, Storia delTeatro Massimo di Palermo, Firenze 1984; E. Sessa,Basile Giovan Battista Filippo, in L. Sarullo, Diziona-rio degli Artisti Siciliani. Architettura, cit., pp. 40-43;E. Mauro, Giovan Battista Filippo Basile, in GiovanBattista Filippo ed Ernesto Basile. Settant’anni di archi-tetture. I disegni restaurati della Dotazione Basile,1859-1929, a cura di E. Mauro, E. Sessa, Palermo2000, pp. 7-18, 283-285.25 A. M. Fundarò, Palermo 1860/1880. Una analisi ur-bana attraverso i progetti e le architetture di GiuseppeDamiani Almeyda, Palermo 1974; Id., Giuseppe Da-miani Almeyda. Tre architetture tra cronaca e storia,Palermo 1999; P. Barbera, Giuseppe Damiani Almey-da, artista architetto ingegnere, Palermo 2008.26 Per notizie sugli architetti e ingegneri citati e sulleloro opere si veda L. Sarullo, Dizionario degli ArtistiSiciliani. Architettura, cit., alle rispettive voci.27 Per un panorama sull’aggiornamento tecnico e tec-nologico dei professionisti palermitani nel corso del-l’Ottocento, si veda G. Fatta, M. C. Ruggieri Tricoli,Palermo nell’«età del ferro». Architettura–tecnica–rin-novamento, Palermo 1983, passim.28 G. Di Benedetto, Palazzo Forcella-de Seta, in «Ka-lòs», 10, 2, marzo-aprile 1998, pp. 24-31; P. Palazzot-to, Esemplari di revivals e arredi neogotici a Palermonei secoli XIX e XX. Tra ricerca della modernità e pas-satismo, in «Dec Art», 4, autunno 2005, pp. 73-7829 P. Palazzotto, Il castello del principe entomologo, in«Kalòs», 4, 2, marzo-aprile 1992, pp. 4-13.30 M. Minutilla, Palazzina del Sig. Carlo Busacca mar-chese di Gallidoro, in Atti del Collegio degli Ingegnerie Architetti di Palermo, Palermo 1888, p. 121 e sgg.31 E. Sessa, Le architetture dei Whitaker in Sicilia: va-riabili del gusto vittoriano e suggestioni della culturaitaliana fra revival ed ecletttismo, in E. Mauro, E. Ses-sa, S. Lo Giudice, I luoghi dei Whitaker, Palermo2008, pp. 8-42. Si veda anche E. Mauro, I giardini del-le famiglie Whitaker, ivi, pp. 44-67.

32 M. C. Ruggieri Tricoli, Barber William, in L. Sarullo,Dizionario degli Artisti Siciliani. Architettura, cit., p. 36.33 Si vedano: M. Pedicini Whitaker, The Church of theHoly Cross in Palermo, Palermo 1974; E. Sessa, LeChiese a Palermo, Palermo 1995, pp. 271-273; S. LoGiudice, La Chiesa Holy Cross a Palermo, in E. Mau-ro, E. Sessa, S. Lo Giudice, op. cit., supplemento.34 Nei quattro anni che intercorrono fra l’inizio delcantiere di palazzo Francavilla e la chiusura di quellodel Teatro Massimo, Ernesto Basile riceve nomine eincarichi pubblici di una certa rilevanza. 35 La lettera, del 1898, e l’allegato foglio con conteggi eschizzi per alcuni arredi (fra cui una poltroncina simi-le a un modello di G. Serrurier-Bovy, pubblicata pro-prio nel 1898 in «Dekorative Kunst») sono conservatipresso l’Archivio Famiglia Basile, Palermo. Si veda G.Pirrone, Studi e schizzi…, cit., ill. 17, pp. 12-13, 140.36 L. M. Majorca Mortillaro, Il Palazzo Francavilla inPalermo, Palermo 1905; G. Pirrone, Studi e schizzi…,cit., ill. 17; E. Sessa, Mobili e arredi di Ernesto Basilenella produzione Ducrot, Palermo 1980, pp. 11, 18 n. 5,23 ill. 1, 200; Ernesto Basile architetto…, cit., pp. 56-59, ill. 71-78; G. Pirrone, E. Sessa, Sicilia: Palermo, inArchivi del Liberty italiano. Architettura, a cura di R.Bossaglia, Milano 1987, p. 498; E. Sessa, I disegni diprogetto di Ernesto Basile per i palazzi di Palermo, in Idisegni d’archivio negli studi di storia dell’architettura,Atti del Convegno, (Napoli, 12-14 giugno 1991), a cu-ra di G. Alisio e altri, Napoli 1993, pp. 201-205; R. LaDuca, Repertorio bibliografico degli edifici pubblici eprivati di Palermo. Parte seconda: Gli edifici fuori le mu-ra, Palermo 1997, alla voce; E. Sessa, La cultura dell’ar-redo in età modernista, in Salvatore Gregorietti. Un ate-lier d’arte nella Sicilia tra ‘800 e ‘900, a cura di A. M.Ruta, G. Valdini, V. Mancuso, Milano 1998, pp. 137-151; E. Sessa, Ernesto Basile…, cit., passim.37 A. Zalapì, Dimore di Sicilia, Palermo 1998, pp. 292-298.38 Per queste fabbriche di Ernesto Armò si vedano:A. Chirco, M. Di Liberto, Via Libertà …, cit., p. 120;Id., Via Notarbartolo, via Marchese Ugo e il Girato del-la Madonna, Palermo 2000, pp. 56-60.39 R. M. Cagliostro, Le architetture di Camillo Autore,Roma 1991.40 A. Rocca, Il Liberty a Catania, Catania 1984, p. 30,ill. 30-32.41 A. M. Damigella, Saverio Fragapane (1871-1957).Dallo storicismo romantico al liberty, Lecce 2000,pp. 87-95.

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42 Già dal 20 giugno 1895 Basile e Francesco Lojaco-no si erano dimessi dal Circolo Artistico (fondato l’11maggio 1882 e trasferitosi dalla prima sede nel Palaz-zo Trabia di via del Bosco al più sontuoso PalazzoLarderia di via Vittorio Emanuele nel 1885, durante lapresidenza di G. B. Filippo Basile) essendo entrati inpolemica con Giuseppe Sciuti in merito alla volontà,espressa da quest’ultimo, di colorare con un incarna-to i putti riprodotti sulle opere di Giacomo Serpotta,da collocare nel salone del Circolo.43 La posa della prima pietra avviene il 12 gennaio1875, anniversario della rivoluzione del 1848. Il can-tiere avrà effettivo funzionamento dal gennaio 1875al gennaio 1882, dal settembre 1889 al 16 giugno1891 e, dopo la morte di G. Battista Filippo Basile econ il subentrare alla direzione di Ernesto, dal 20 giu-gno 1891 al maggio 1897. La costruzione del teatrosubirà infatti alterne vicende in relazione alla manife-sta volontà dei sindaci e degli amministratori di que-gli anni: Domenico Peranni, contrario alla demolizio-ne del convento delle Stimmate appena iniziata, saràsindaco negli anni in cui si dibatte sull’effettiva vitto-ria del progetto Basile (23.10.1868-3.09.1873); dopoEmanuele Notarbartolo (13.09.1873-30.09.1875), alquale va il merito di avere avviato i lavori, si succede-ranno Francesco Paolo Perez autore dell’epigrafe delfregio del pronao (20.12.1876-2.11.1879) e GiovanniRaffaele (3.11.1879-26.09.1880); l’elezione a sindacodi Nicolò Turrisi coincide con la revoca dell’incaricoa G. B. F. Basile e con la chiusura del cantiere(12.12.1880-26.01.1882); solo nel mese di settembre1889, sindaco Giulio Benso duca della Verdura(11.11.1887-30.04.1890), si delibererà la riaperturadel cantiere. 44 Formatosi presso la Scuola di Applicazione per In-gegneri di Torino (Regio Politecnico dal 1906) con gliinsegnamenti di Alessandro Antonelli (così vicini al-l’impostazione metodologica di G. B. F. Basile per viadel comune rilancio dei sistemi compositivi di J.-N.-L.Durand), Ernesto Armò, nato a Palermo nel 1867,aveva fatto parte del gruppo della direzione dei lavoriper la costruzione dei padiglioni dell’Esposizione na-zionale di Palermo.45 Giuseppe Patricolo (Palermo 1833-1905) era docen-te nella Facoltà di Scienze Fisiche e Matematiche; piùanziano di Ernesto di ben ventitrè anni, era già colle-ga di G. B. F. Basile.46 Francesco Paolo Rivas si sarebbe distinto particolar-mente nel concorso per il Museo del Cairo, della cui

Commissione giudicatrice faceva parte lo stesso Erne-sto Basile. Si veda G. Rizzo, Casa Ammirata a Palermoe l’architetto Francesco Paolo Rivas, Facoltà di Archi-tettura dell’Università degli Studi di Palermo, tesi diLaurea a.a. 2006-2007, relatori A. Cangelosi, G. Rub-bino, E. Sessa.47 Fra queste riviste vanno citate: la belga «L’Art Mo-derne»; le tedesche «Pan», «Die Kunst für Alle»,«Simplizissimus», «Kunst und Handwerk»; le france-si «La Plume», «La Revue Blanche»; le inglesi «TheCentury Guild Hobby Horse», «The Studio», «TheYellow Book», «Academy Architecture and Architec-tural Review» e le italiane «Emporium» e «Arte Italia-na Decorativa e Industriale».48 Sorprende l’assenza delle opere di Costa, Sartorio,Cellini, De Carolis, e di altri pittori della cerchia ro-mana di ispirazione preraffaellita, nella Divisione XIIdella Esposizione nazionale di Palermo, dedicata al-l’Arte Contemporanea, anche in considerazione dellacomposizione della commissione ordinatrice di questasezione. Oltre allo stesso Basile, fra i commissari figu-rano infatti gli scultori Benedetto Civiletti, Ettore Xi-menes e Mario Rutelli, piuttosto inclini al simbolismoe al modellato linearistico, e i pittori Pietro Volpes, Et-tore De Maria Bergler, Michele Cortegiani, Luigi DiGiovanni, Francesco Lojacono e Francesco Padovani,già allora vicini a Ernesto Basile.49 Fra le attività promosse dal Casino delle Arti, oltrealle annuali esposizioni dei lavori dei soci, una parti-colare attenzione era rivolta alle conferenze su temi at-tinenti alle arti e all’industria, con la partecipazione diprofessionisti, studiosi e docenti di varie discipline. Siveda: Casino delle Arti di Palermo, Discorso del Presi-dente nel banchetto per la Festa dell’Ottavo Anniversa-rio dell’Associazione, Palermo 1872, p. 4. Un breve re-soconto delle conferenze organizzate fra il 1870 e il1871 si trova in G. Pitrè, Le lettere, le scienze e le artiin Sicilia, Palermo 1872, pp. 178-187.50 Casino delle Arti di Palermo, Discorso del Presiden-te…, cit., p. 4.51 Sull’evento si veda, per tutti, il volume Torino 1902.Le arti decorative internazionali del nuovo secolo, a cu-ra di R. Bossaglia, E. Godoli, M. Rosci, Milano 1994.52 Presente con molteplici attività nella società monda-na e culturale internazionale, Franca Florio fu moltoammirata e alcuni fra i più famosi artisti italiani dellabelle époque, da Giovanni Boldini a Pietro Canonica,a Ettore De Maria Bergler, tentarono, ritraendola, ditrasmetterne il fascinoso magnetismo.

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Note

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53 Per una generale ricognizione dell’impero economi-co della famiglia Florio e delle attività intraprese daIgnazio jr, oltre al già citato volume di S. Candela sivedano: R. Giuffrida, R. Lentini, L’età dei Florio, Pa-lermo 1986; L’economia dei Florio. Una famiglia di im-prenditori borghesi dell’800, a cura di R. Lentini, cata-logo della mostra della Fondazione Chiazzese, Paler-mo 1991; S. Correnti, Breve storia della Sicilia, dalleorigini ai giorni nostri, Roma 1995, p. 48.54 Ignazio e Franca Florio già dalla metà degli anni no-vanta del XIX secolo miravano a conseguire un’imma-gine modernamente propositiva, e non più semplice-mente aggiornata, del loro manifestarsi nel contestodell’alta società internazionale come eccezionale feno-meno emergente. Dotati, oltre che di physique du rôlee gusto raffinato, di una buona cultura letteraria, pro-fessavano, con grande munificenza, il ruolo di filan-tropi unitamente a quello di mecenati. Si veda, oltre algià citato volume di R. Giuffrida e R. Lentini, A. Po-mar, Donna Franca Florio, Firenze 1985.55 E. Mauro, Dagli appunti di Ernesto Basile, in G. Pir-rone, Palermo, una capitale …, cit., pp. 100-103.56 G. Pirrone, E. Sessa, Mitologie, modernismi e simbo-lismi nell’Isola del Fuoco, in Stile e struttura della cittàtermale, Atti del Convegno Internazionale di San Pel-legrino 1981, a cura di R. Bossaglia, Bergamo 1985,pp. 217-229.57 Per l’analisi dei contenuti simbolici del ciclo pitto-rico del “salone degli specchi” di Villa Igiea si vedain particolare E. Sessa, Ernesto Basile …, cit., pp.155-178.58 Si vedano i disegni, corredati da schede di cataloga-zione a cura di R. Speziale, pubblicati in Giovan Bat-tista Filippo ed Ernesto Basile. Settant’anni di architet-ture..., cit., pp. 140-143, da 31.1 a 31.4, pp. 182-185,da 43.1 a 43.6. Altri disegni delle architetture funera-rie di Basile sono pubblicati in Ernesto Basile architet-to, cit., pp. 68-69, 88-89, ill. 102, 142, 143. 59 Si veda Giovan Battista Filippo ed Ernesto Basile.Settant’anni di architetture..., cit., pp. 175-178, da 39.1a 39.5, pp. 179-180, da 40.1 a 40.3. Alcuni disegni so-no pubblicati in Ernesto Basile architetto, cit., pp. 66-67, 192, ill. 97, 105. Gli elaborati grafici relativi all’at-tività progettuale di Ernesto Basile sono in massimaparte conservati presso l’Archivio Famiglia Basile (Pa-lermo) e presso la Dotazione Basile della Facoltà diArchitettura dell’Università degli Studi di Palermo.Altri materiali si trovano presso l’Archivio della Ca-mera dei Deputati (Roma), presso il Museo della Me-

dicina di Trapani, presso gli archivi comunali delletante città nelle quali operò, presso poche collezioniprivate e presso alcuni degli archivi degli eredi di suoicommittenti.60 R. Savarese, Arte Nuova italiana. Il movimento mo-derno in Sicilia, in «L’Arte Decorativa Moderna», I, 9,1902, pp. 257-277. 61 Si veda E. Mauro, Il Villino Florio di Ernesto Basile,Palermo 2002.62 Le loro case sorgono su progetti di Francesco PaoloPalazzotto, Ernesto Armò, Giovanni Tamburello,Giovan Battista Santangelo, Carlo Giovanni Pintacu-da, Francesco Donati Scibona, oltre che, naturalmen-te, Ernesto Basile. Per notizie sui professionisti citatisi veda L. Sarullo, Dizionario degli Artisti Siciliani. Ar-chitettura, cit., alle rispettive voci.63 Un importante documento, pubblicato nel fascicoloFratelli Li Vigni, Decorazione interna ed esterna di pa-lazzi, edifici monumentali, cappelle funerarie, monu-menti, ecc., Palermo 1909, è la esaustiva relazionescientifica redatta da Melchiorre Minutilla, DomenicoGarajo e Nunzio Ziino in qualità di componenti dellaCommissione tecnica nominata il 10 settembre del1902 dal consiglio direttivo del Collegio degli Inge-gneri e Architetti di Palermo per esaminare, su richie-sta degli stessi titolari dell’impresa, lo «speciale into-naco eseguito dai signori Fratelli Li Vigni stuccatori». 64 Si vedano, in particolare: G. Pirrone, Villino Basile,Palermo, Roma 1981; E. Sessa, Il villino Basile: la casa-studio come manifesto della “qualità”, in Dispar etUnum. 1904-2004…, cit., pp. 29-60.65 E. Basile, Notizie tecnico-legali sulla convenienza ar-tistica dei balconi d’angolo, in «L’Edilizia Moderna»,V, VII, luglio 1896, p. 25.66 Ernesto Basile a Montecitorio e i disegni restauratidella Dotazione Basile, a cura di E. Mauro, E. Sessa,Palermo 2000.67 In particolare, relativamente a una parte della pro-duzione scultorea presentata nel Padiglione Italiano,si veda A. Fava, Attraverso le gallerie, in L’Arte Deco-rativa all’Esposizione Internazionale di Milano. Nume-ro ricordo, supplemento a «Rivista Economica», I,aprile-novembre 1906.68 Fra i tanti saggi e articoli della pubblicistica coeva sivedano: L’Esposizione Internazionale di Milano. GliEdifici, in «L’Arte Decorativa Moderna», II, 10, 1906,p. 296 e sgg.; L’Arte Decorativa all’Esposizione Inter-nazionale di Milano …, cit.69 Nato a Trapani nel 1850, sindaco della sua città nel

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1885, docente presso l’Università degli studi di Roma,da deputato al Parlamento Nunzio Nasi fu Ministrodella Pubblica Istruzione nel governo Zanardelli nel1901. Avversato da Giovanni Giolitti (Mondovì 1842-Cavour1929), subentrato nella carica di Primo Mini-stro (1903-1905), nel 1904 Nasi fu oggetto di un’in-chiesta, a seguito della quale venne accusato e proces-sato per peculato. Condannato nel 1908 ma poi assol-to, reintegrato e riammesso in Parlamento nel 1913, fi-nì i suoi giorni nel 1935, nella sua dimora (oggi casa-museo) circondata dal mare di Trapani.70 V. Stella, Gentile Giovanni, in Enciclopedia della Si-cilia, a cura di C. Napoleone, Parma 2006, p. 443.71 R. Savarese, Arte Nuova italiana. Il movimento mo-derno in Sicilia, cit., pp. 257-277.72 Daniele Donghi. I molti aspetti di un ingegnere tota-le, a cura di G. Mazzi e G. Zucconi, Venezia 2006.73 Per notizie sulla vita e le opere degli architetti citatisi vedano le schede sintetiche pubblicate in Il Libertyin Italia, a cura di F. Benzi, Milano 2001, alle rispetti-ve voci.74 T. Sillani, Il nuovo Palazzo del Parlamento Italiano,Roma 1914, p. 8.75 Ernesto Basile a Montecitorio…, cit.76 Nell’Archivio Storico della Camera dei Deputati,suddivise in diversi fondi e buste, si trovano le notiziesui difficili lavori di demolizione degli edifici esistenti,sul consolidamento delle parti rimaste, sullo smontag-gio della fontana del cortile, etc. (Fondo Questura, b.24), oltre alle notizie sulla nuova costruzione, su tuttele sue fasi esecutive e sui fornitori di opere e materia-li (Fondo Questura, b. 29). 77 Zanardelli, in maniera ancor più “istituzionale” diFrancesco Crispi, era legato alla massoneria, e se nerintracciano segni palesi nel suo progetto di riformadegli ordinamenti giuridici italiani. Si veda P. Naudon,

La Massoneria nel mondo. Dalle origini a oggi, Torino1983, pp. 178-180.78 Sul Palazzo dell’Aula dei Deputati si vedano: T. Sil-lani, L’Aula del Nuovo Parlamento, in «Vita d’Arte»,VII, XIII, 84, 1914, pp. 265-272; S. Brinton, The newHouse of Parliament in Rome, in «The Builder»,CVIII, March 1915, pp. 243-244; Camera dei Deputa-ti, Il Palazzo di Montecitorio, Roma 1967; F. Borsi,L’aula di Ernesto Basile, in L’Aula di Montecitorio. Ba-sile, Sartorio, Calandra, Milano 1986, p. 16 e sgg.79 Relativamente alla complessa realtà italiana in temadi architettura funeraria e cimiteriale si veda L’archi-tettura della memoria in Italia …, cit.80 E. Mauro, La nuova fabbrica del Palazzo Montecito-rio progettata da Ernesto Basile, in Ernesto Basile aMontecitorio…, cit., p. 109.81 E. Sessa, Il “giardino d’inverno” di Ernesto Basile peril Grand Hôtel et des Palmes, in F. Amendolagine, DesPalmes, Palermo 2006, pp. 129-180.82 Queste tematiche sono state ben analizzate daN. Donato, L’architettura di Ernesto Basile per la com-mittenza istituzionale: le sedi della Cassa di Risparmioper le Province Siciliane, tesi del Dottorato di ricercain Storia dell’architettura e Conservazione dei beni ar-chitettonici (XVIII ciclo), Università degli Studi diPalermo, a.a. 2007-2008, tutor E. Sessa.83 Ivi, pp. 39-54. I disegni del primo progetto della se-de di Messina della Cassa di Risparmio sono conserva-ti presso l’Archivio Famiglia Basile, Palermo.84 Per un’analisi delle opere realizzate si veda R. Nel-va, B. Signorelli, Avvento ed evoluzione del calcestruz-zo armato in Italia: il sistema Hennebique, Milano1990. L’archivio della Società Porcheddu Ing. G. A. èconservato presso la Biblioteca del Dipartimento diIngegneria dei sistemi edilizi e territoriali del Politec-nico di Torino.

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Primogenito di Giovan Battista Filippo (Palermo 1825-1891) e di Benedetta Vasari (dopo di lui nasce-ranno Alceste ed Edoardo), nasce a Palermo il 31 gennaio 1857. Perde la madre durante l’epidemiadi colera del 1867; il padre si risposa con la cognata, Alessandra, dalla quale avrà tre figlie, Benedet-ta, Maria e Marcella. Socio già nel 1872 della Società Siciliana per la Storia Patria di Palermo, colla-bora con la rivista «Pensiero ed Arte» (1878-79). Si laurea a Palermo nel 1879 e ottiene l’incarico diassistente alla cattedra di Architettura Tecnica tenuta dal padre presso la Regia Scuola di Applicazio-ne per Ingegneri e Architetti di Palermo (1880-81). Alla fine del 1881 si trasferisce a Roma dove, pres-so la Regia Scuola per Ingegneri, diviene assistente alla cattedra di Architettura Tecnica di Enrico Guj(1882) e poi libero docente di Architettura Tecnica presso lo stesso Ateneo (1883). Si iscrive al Col-legio degli ingegneri e architetti di Roma (1885) e, nel 1886, sposa Ida Negrini. Dal matrimonio nasco-no: a Roma, Clara (1888; muore a Santa Flavia, Palermo, nel 1955) e Roberto (1889; collabora con ilpadre nello studio di progettazione dal 1919; muore a Palermo nel 1976); a Palermo, Giovan BattistaFilippo (1891; collabora con il padre nello studio di progettazione dal 1921 e come assistente alla cat-tedra di Architettura Tecnica dal 1927 al 1932; muore a Palermo nel 1967), Laura (1894; muore aPalermo nel 1985) e Massimo (1898; muore a Palermo nel 1928). Nel 1888, anno in cui diviene anchesocio del Circolo Matematico di Palermo, si reca a Rio de Janeiro per assolvere all’incarico della pro-gettazione della Nueva Avenida da Libertaçao e visita l’esposizione internazionale di Barcellona.Entra a far parte dell’Associazione Artistica fra i Cultori di Architettura in Roma (1890). Rientra aPalermo nel 1891, dopo la morte del padre (16 giugno). Riceve il primo incarico da parte della fami-glia Florio (padiglione per l’esposizione nazionale del 1891).

1878 Opere di finitura e rivestimento della casa di famiglia, Santa Flavia (Palermo).Pubblica: (Astragalo), Sulle origini dell’architettura classica, I parte, in «Pensiero ed Arte», I,1, 1 marzo 1878, pp. 5-6; Id., Sulle origini dell’architettura classica, II parte, ivi, I, 2, 16 marzo1878, pp. 12-14; Id., L’Esposizione Universale di Parigi, ivi, I, 4, 16 aprile 1878, pp. 29-31; Id.,Sull’impiego del ferro in architettura, ivi, I, 6, 16 maggio 1878, pp. 45-46; Id., All’Esposizionedi Parigi, I parte, ivi, I, 12, 16 agosto 1878, pp. 93-94; Id., All’Esposizione di Parigi, II parte,ivi, I, 13-14, 16 settembre 1878, pp. 103-106; (Zambajon), Schizzi parigini. La Réclame, ivi, I,13-14, 16 settembre 1878, pp. 109-112; (Volando), Spigolature, ivi, I, 13-14, 16 settembre

Nota bio-bibliografica e cronologia delle opere e dei progetti(che si intendono a Palermo, ove non diversamente indicato)

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1878, p. 52 (4°di copertina); Id., Arte accademica e Arte personale, ivi, I, 15, 1 ottobre 1878,pp. 113-115; Id., Un viaggiatore italiano del secolo XVI, I, ivi, I, 15, 1 ottobre 1878, pp. 118-119; Id., Un viaggiatore italiano del secolo XVI, II, ivi, I, 16, 16 ottobre 1878, pp. 126-127;(Zambajon), L’esame di laurea. Ricordi, ivi, I, 17, 1 novembre 1878, pp. 130-133; (Astragalo),I nostri artisti, ivi, I, 18-19, 1 dicembre 1878, pp. 138-140; (Volando), Un viaggiatore italianodel secolo XVI, III, ivi, I, 18-19, 1 dicembre 1878, pp. 149-150; (Astragalo), Note bibliografi-che: Ing. Alberto Pedone – Saggio storiologico sul carattere architettonico italiano – Napoli1878, ivi, I, 18-19, 1 dicembre 1878, pp. 150-151.

1879 Opere di completamento della casa di famiglia, Santa Flavia (Palermo).Pubblica: Statuaria monumentale. Lettera allo scultore Mario R. [Rutelli], in «Pensiero ed Arte»,II, 1-2, 31 marzo 1879, pp. 11-13; Il concorso pel monumento a Vittorio Emanuele in Torino, ivi,II, 3, 15 aprile 1879, pp. 21-25; Note d’arte. A Roma, ivi, II, 4, 30 aprile 1879, pp. 34-35; Le tavo-le della biccherna e della gabella della Repubblica di Siena, ivi, II, 5, 15 maggio 1879, pp. 48-49;Revival, I parte, ivi, II, 8-9, 30 giugno 1879, pp. 86-88; Note bibliografiche: Osservazioni critichee proposte sul Teatro Nuovaluce di Catania per l’ing. Gaetano Wrzi, ivi, II, 8-9, 30 giugno 1879,p. 91; Revival, II parte, ivi, II, 10, 16 luglio 1879, pp. 95-97; Note d’arte, ivi, II, 11-12, 16 agosto1879, pp. 113-116; Il palazzo Como a Napoli, ivi, II, 16-17, 15 ottobre 1879, pp. 155-156; Noteartistiche: un bassorilievo del signor Raineri, ivi, II, 16-17, 15 ottobre 1879, pp. 162-163.

1880 Partecipa, insieme al padre, al primo concorso per il monumento a Vittorio Emanuele II inRoma (1880-81).

1881 Casa Basile in viale della Libertà (non realizzata).

1882 Casa Orioles in viale della Libertà (non realizzata).Scrive: Architettura. Dei suoi principi e del suo rinnovamento, ms, Roma 1882, Archivio pri-vato, Palermo (pubblicato a cura di A. Catalano e G. Lo Jacono, Palermo 1981).Pubblica: Sulla necessità di costituire una associazione italiana d’architetti, in «Arte e Storia»,I, 26, dicembre 1882, pp. 202-204.

1883 Partecipa al primo concorso per il Palazzo del Parlamento in Roma. Rilievi e vedute del palaz-zo della Cancelleria, del palazzo Farnese e del Palazzo Massimo, Roma.Pubblica: Sulla costruzione dei teatri: Le dimensioni e l’ordinamento dei palchi in rispondenzaal costume italiano, Tip. del Giornale di Sicilia, Palermo 1883.

1884 Partecipa al primo concorso per il Palazzo di Giustizia in Roma. Rilievi e vedute di VillaMadama, Roma.Scrive: Concorso per il progetto del Palazzo di Giustizia in Roma. Memoria annessa al progettodell’architetto Ernesto Basile, ms., 1884.Pubblica: Per il mio progetto del Palazzo di Giustizia e per l’Arte, Stabilimenti del Fibreno,Roma 1884.

1885 Partecipa al concorso per il Monumento ai caduti nella battaglia di Calatafimi (Trapani).Carro siciliano per le feste del carnevale, Roma. Rilievi e vedute dei templi di Vesta e di Erco-le a Roma e di Villa d’Este a Tivoli.

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Nota bio-bibliografica e cronologia delle opere e dei progetti

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Pubblica: Ossario di Calatafimi, Tipografia Squarci, Roma 1885.

1886 Casa-studio del pittore Villegas, quartiere Parioli, Roma (demolita). Partecipa al secondo e alterzo concorso per il Palazzo di Giustizia in Roma. Rilievo del tempietto di S. Pietro in Mon-torio, Roma.Scrive: Concorso per il progetto del Palazzo di Giustizia in Roma. Memoria annessa al progettodell’architetto Ernesto Basile, ms., 30 aprile 1886, Dotazione Basile, Palermo.Pubblica: Concorso per il Palazzo di Giustizia da erigersi in Roma. Progetto n. 19, in «L’ItaliaArtistica Illustrata», IV, 5, 1886, p. 79, ill. pp. 76-77.

1887 Partecipa al quarto concorso per il Palazzo di Giustizia in Roma. Rilievi e vedute del Colos-seo, delle chiese di S. Clemente e di S. Maria della Navicella, Roma.Scrive: Nuovo progetto. Concorso per il progetto del Palazzo di Giustizia in Roma. Memoriaannessa al progetto dell’architetto Ernesto Basile, ms., 30 settembre 1887, Dotazione Basile,Palermo; Relazione annessa al quarto progetto per il Palazzo di Giustizia da eseguirsi in Roma,ms., 28 novembre 1887, Dotazione Basile, Palermo.

1888 Partecipa al secondo concorso per il Palazzo del Parlamento in Roma. Tracciato urbanisticoed edifici di testata della Nueva Avenida da Libertaçao, Rio de Janeiro (non realizzati). Siste-mazione (non realizzata) del primo tratto di via Nazionale, Roma. Edifici della IV Esposizio-ne Nazionale Italiana di Arti e Industrie del 1891-1892 (1888-91). Rilievi e vedute della chie-sa di S. Andrea, Roma.

1889 Istituto di Igiene in via Divisi (non realizzato). Rilievi e vedute di Villa Giulia, Roma.Pubblica: Il Palazzo del Parlamento di Berlino, Tip. F.lli Centenari, Roma 1889; Sui mezzi attia garantire la sicurezza dei teatri in caso d’incendio, con G. Perelli, R. Pantaleoni, Tip. F.lli Cen-tenari, Roma 1889.

1890 Rilievi e vedute della chiesa di S. Maria del Popolo, Roma.Scrive: Concorso per il progetto del Palazzo del Parlamento in Roma. Memoria annessa al pro-getto dell’architetto Ernesto Basile, ms., Roma 1890, Dotazione Basile, Palermo.Pubblica: Progetto per il Palazzo del Parlamento Italiano premiato nel concorso nazionale del1889, Stabilimento Tipografico Italiano, Roma 1890; L’Ossario di Calatafimi, in «L’Illustrazio-ne Italiana», XVII, 10, 9 marzo 1890, p. 180.

1891 Rilievi e vedute del chiostro di S. Giovanni in Laterano, Roma. Direzione dei lavori di costru-zione degli edifici della IV Esposizione nazionale. Direzione delle opere di completamentodel Teatro Massimo in piazza G. Verdi (1891-1897).

1892-1903

Vince il concorso di professore titolare della cattedra di Architettura Tecnica (1892-1923) presso laRegia Scuola di Applicazione di Palermo, dove formerà oltre un centinaio di professionisti attivi inItalia e all’estero. Diviene socio per merito dell’Accademia Romana di San Luca (1892) e socio ono-rario dell’Accademia di Belle Arti di Milano (1894). Fa parte della giuria del concorso per il museo

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Ernesto Basile, 1857-1932. Fra accademismo e “moderno”, un’architettura della qualità

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archeologico del Cairo (1895). Ricopre l’insegnamento di Architettura presso il Regio Istituto di BelleArti di Palermo (1895-1932), di cui sarà preside, ed entra a far parte della commissione edile dellacittà di Palermo (1896). Viene nominato commendatore dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro peravere portato a termine i lavori di costruzione del Teatro Massimo di Palermo (1897). Partecipa allamostra di architettura nell’ambito dell’esposizione nazionale di Torino (1898). Ottiene il diploma d’o-nore per la partecipazione all’esposizione internazionale d’arte decorativa e moderna di Torino (1902)e diviene direttore artistico (1902-1912) della fabbrica di mobili Ducrot di Palermo. Comincia acostruire la propria casa in via Siracusa (19 agosto 1903).

1892 Arredi fissi e apparati decorativi interni per la villa del marchese Busacca di Gallidoro in viadelle Croci. Partecipa al concorso per il Palazzo della Prefettura di Benevento. Carro sicilia-no per la festa dei fiori, Roma.

1893 Ampliamento e arredi della villa Bordonaro in via delle Croci. Casa-studio dello scultoreBenedetto Civiletti in via Dante. Trasformazione e arredi del palazzo Majorca Francavilla invia R. Settimo. Cappella gentilizia Tiby, cimitero di S. Maria di Gesù. Chiosco nel GiardinoInglese (demolito).

1894 Chiosco Ribaudo in piazza G. Verdi. Cappella gentilizia Ciuppa, cimitero di S. Agata diMilitello (Messina). Partecipa al concorso per il monumento a Giacinto Pacchiotti in Tori-no. Corpi di ingresso e padiglioni del parco della villa Sofia Whitaker in via Resuttana. Vil-lino Lentini, Mondello (non realizzato). Palchetto della musica nel Giardino Inglese(demolito).

1895 Piano architettonico per gli edifici dello Square Ingham (non realizzato). Tipologia di Scuo-la Elementare per la Sicilia (non realizzata). Chiosco con palma in piazza G. Verdi (non rea-lizzato). Ingresso del castello Bordonaro, Falconara di Sicilia (Agrigento). Monumento sepol-crale Martorella, cimitero di S. Spirito (1895-96).Pubblica: Al Presidente del Circolo Artistico di Palermo, con F. Lojacono, Palermo 1895.

1896 Scalone del palazzo Spanò Lazzara, Marsala (Trapani) (non realizzato). Palazzo Lanza deiprincipi di Deliella in piazza Castelnuovo (non realizzato). Cancellata per la villa Guccia (nonrealizzata). Rilievo di palazzo Abatellis. Chiosco Vicari in piazza G. Verdi (1896-97).Pubblica: Il Teatro Massimo V. E. in Palermo, A. Reber, Palermo 1896; Sulla convenienza arti-stica dei balconi d’angolo, in «La Rivista Tecnico-legale», 1896; Notizie tecnico-legali: sulla con-venienza artistica dei balconi d’angolo, in «L’Edilizia Moderna», V, VII, luglio 1896, p. 25.

1897 Progetto per un ospedale, Marsala (Trapani) (non realizzato). Completamento del nuovoacquedotto, ospedale, scalone del palazzo comunale e altri edifici pubblici, Marsala (Trapa-ni) (non realizzati). Palazzina Lao (non realizzata). Cancellata monumentale della cappella diS. Venera, Chiesa Madre, Acireale (1897-99).

1898 Trasformazione e ampliamento del baglio di Francesco Lombardo Gangitano al Firriato,Canicattì (Agrigento). Palazzina Calamaro in via Libertà (non realizzata). Cappella Sperlinga,chiesa di S. Domenico. Casa Gemmellaro (non realizzata). Villino per il conte di Francavilla,Francavilla di Sicilia (Messina) (non realizzato). Sepoltura privata del barone F. Lombardo

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Nota bio-bibliografica e cronologia delle opere e dei progetti

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Gangitano (non realizzata). Cappella Nicosia, cimitero di S. Maria di Gesù. Riorganizzazio-ne dei locali della Regia Università degli Studi in via Maqueda.

1899 Teatro sociale in via Cap.no Ippolito, Canicattì (Agrigento). Scalone del palazzo dei baroniLa Lumia, Canicattì (Agrigento). Primo palazzo Utveggio in via XX Settembre. Palazzo Flo-rio, parco dell’Olivuzza (non realizzato). Ampliamento e trasformazione della tonnara Florioall’Arenella (non realizzato). Edificio per uso collettivo (non realizzato). Edificio per un gran-de albergo nel viale della Libertà (non realizzato). Monumento in memoria di EmanueleNotarbartolo (non realizzato). Palazzina Majorca Francavilla, Francavilla di Sicilia (Me) (nonrealizzata). Palazzo per il Conte di Caltanissetta, Santa Flavia (Palermo) (non realizzato).Palazzina Moncada dei principi di Paternò, Borgo S. Lucia (1899-07) (demolita). SanatorioVilla Igiea (poi trasformato in Grand Hôtel Villa Igiea) all’Acquasanta. Lampioni a candela-bro per l’illuminazione elettrica del viale della Libertà. Cappelle gentilizie Guarnaschelli eRaccuglia, cimitero di S. Spirito. Cappella gentilizia Pecoraino, cimitero di S. Maria di Gesù.Piano generale di sistemazione del complesso degli edifici dell’Università degli Studi. Sala dabiliardo a villa Filangeri, Santa Flavia (Palermo). Biblioteca del palazzo Majorca Francavillain piazza G. Verdi. Villino Vincenzo Florio, parco dell’Olivuzza.

1900 Cappella gentilizia Lanza di Scalea, cimitero di S. Maria di Gesù. Opere di sistemazione deilocali dell’Osservatorio astronomico universitario, Palazzo Reale. Padiglione per la VII Espo-sizione della Promotrice di Belle Arti, cortile di palazzo Villarosa. Monumento al Redentore,collina di S. Giuliano, Caltanissetta.

1901 Secondo palazzo Utveggio in via XX settembre. Arredi fissi e apparati decorativi della sala dapranzo di casa Florio in piazza P.pe di Camporeale. Arredi fissi per i saloni del palazzo Rai-mondi (non realizzati). Completamento della facciata della Chiesa Madre, Canicattì (Agrigen-to). Stele funeraria privata per la principessa di Scalea, villa Scalea. Palazzina Vanoni in viaSardegna, Roma. Pianoforte per la signora Krupp. Villino Lentini, Mondello (non realizzato).Oratorio annesso alla palazzina Florio, Marsala (Trapani).

1902 Partecipa alla prima Esposizione internazionale d’Arte Decorativa Moderna, Torino. Marchi,intestazioni e targhe per il magazzino di vendita Ducrot in via R. Settimo. Piedistallo per ilbusto di Giuseppe Verdi, recinto del Teatro Massimo. Consolidamento statico delle struttu-re del palazzo Valguarnera dei principi di Gangi in piazza Croce dei Vespri. Ristrutturazionedel piano terra del palazzo Bordonaro in piazza Vigliena. Padiglioni della I Esposizione Agri-cola Regionale della Sicilia in viale della Libertà. Villa Lanza dei principi di Deliella in piaz-za F. Crispi (primo progetto) (non realizzata). Fontana per la villa Bordonaro in via delleCroci. Nuova Aula della Camera dei Deputati e ampliamento del palazzo di Montecitorio,Roma (progetto di massima).

1903 Arredi del magazzino di vendita Ducrot, Catania (demolito). Mobili e apparati decoratividella casa Ravà, Roma. Mobili e apparati decorativi della casa Francavilla, Baucina (Palermo).Mobili e apparati decorativi del palazzo Florio, Marsala (Trapani). Mobili e apparati decora-tivi della casa Lo Bue di Lemos in viale della Libertà. Sanatorio per tisici, contrada Petrazzi.Ampliamento del Grand Hôtel Villa Igiea all’Acquasanta. Ampliamento dell’ospedale e rico-vero di mendicità, Canicattì (Agrigento). Palazzi Utveggio-Baucina in via Volturno (non rea-

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Ernesto Basile, 1857-1932. Fra accademismo e “moderno”, un’architettura della qualità

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lizzati). Allestimento della mostra «Napoli e Sicilia» alla V Esposizione Nazionale d’Arte diVenezia. Opere di decorazione della palazzina Favaloro in piazza Virgilio. Opere di “riforma”del palazzo Jung in via Lincoln. Villa Starrabba di Rudinì in via Q. Sella, Roma (1903-05).Arredi per lo yacht Florio. Villino Monroy in viale della Libertà (non realizzato). Villino Fas-sini in via Duca della Verdura (demolito). Casa Basile in via Siracusa (1903-04).

1904-1916

Viene eletto presidente del Circolo Artistico di Palermo e chiamato a far parte della commissione giu-dicatrice del concorso per la Biblioteca nazionale di Firenze (1905) e di quella per la ricostruzione delcampanile di Venezia (1907). Ottiene il Gran Premio per le arti decorative all’Esposizione del Sem-pione di Milano (1906). Fa parte del comitato siciliano per l’Esposizione nazionale di Roma (1911),nell’ambito della quale riceve una medaglia per il padiglione realizzato (1913). Socio onorario dell’Ac-cademia Albertina di belle arti di Torino (1908), collabora alla stesura della legge di riforma degli Isti-tuti di belle arti e di musica (1910). Svolge il corso di Architettura presso l’Istituto di Belle Arti diPalermo (1912-1931). Ottiene una medaglia d’oro per l’impegno profuso nel settore dell’igiene socia-le con l’insegnamento e con le sue opere (1912). È vice presidente del comitato nazionale per i con-gressi e le esposizioni nazionali di architettura (1912). Riceve la nomina di “console” della Società ita-liana d’incoraggiamento all’industria (1913). Fa parte della Commissione di belle arti del comune diPalermo che si esprime sul restauro degli edifici monumentali e delle opere d’arte; propone l’istitu-zione, a Palermo nel palazzo Abatellis, di un museo d’arte medievale e moderna (1914). È presiden-te del Collegio degli ingegneri e architetti di Palermo (1916).

1904 Ampliamento del villino Mannino. Restauro e “riforma decorativa” della casa di campagnadel conte Pilo Denti di Capaci, Cefalà Diana (Palermo). Nuova sede municipale, Licata (Agri-gennto). Negozio di oreficeria Fecarotta in via Vittorio Emanuele. Cappella gentilizia permonsignor Di Bella (non realizzata). Ampliamento della villa Belmonte all’Acquasanta (nonrealizzato). Ampliamento e sistemazione dell’Istituto Pignatelli in via Gaetano Daita. Arredoper un salone navale. Arredi per Giuseppina Cervello. Rilievo e perizia tecnica sulla proprie-tà Belmonte alla Noce. Servizio di stoviglie da puerpera per la Regina Elena.

1905 Allestimento della mostra «Napoli e Sicilia» alla VI Esposizione Internazionale d’Arte diVenezia. Stand Florio per il tiro al piccione a Romagnolo (1905-07). Ristrutturazione delpalazzo Calamaro in via Lincoln. Ristrutturazione del palazzo Spina in via Vittorio Emanue-le. Arredi per gli uffici della Navigazione Generale Italiana, Milano. Progetto di Kursaal inprossimità del Giardino Inglese (non realizzato). Chiosco nel Giardino Inglese (demolito).Villa Lanza dei principi di Deliella in piazza F. Crispi (demolita). Arredi per uno dei vaporidella Navigazione Generale Italiana. Nuova Aula della Camera dei Deputati e ampliamentodel palazzo di Montecitorio, Roma (progetto definitivo).

1906 Grand Café Faraglia in piazza Venezia, Roma (demolito). Chiosco Florio per l’EsposizioneInternazionale del Sempione, Milano. Palazzo Bruno di Belmonte, Ispica (Ragusa) (1906-10).Ampliamento e riforma decorativa dell’Aula Magna del Palazzo dell’Università degli Studi.Facciata del padiglione italiano per la VII Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia (non

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Nota bio-bibliografica e cronologia delle opere e dei progetti

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realizzata). Arredi per la propria casa. Arredi per villa Lanza dei principi di Deliella in piazzaF. Crispi. Arredi per il piroscafo “Siracusa” della Navigazione Generale Italiana. Coppa inceramica per Vincenzo Florio. Supporto per uovo di struzzo per Vincenzo Florio. Cappellagentilizia Majorca Francavilla. Cappella gentilizia Manganelli, cimitero di S. Maria di Gesù,Catania (1906-07).

1907 Cappella gentilizia Alagona, cimitero di S. Spirito (1907-09). Cappella dei principi di Gangi,cimitero di S. Maria di Gesù. Villa dei principi di Manganelli in viale Regina Margherita, Cata-nia (1907-13). Centrale elettrica, Caltagirone (Catania). Riforma del Grand Hôtel et des Pal-mes in via Ingham. Sede della Cassa Centrale di Risparmio V. E. in piazza Cassa di Risparmio(1907-12). Facciata della chiesa di S. Giuseppe, Canicattì (Agrigento). Villino Urso Cannarel-la, Licata (Agrigento) (non realizzato). Targa “Villa Leonita” per villa Starrabba di Rudinì invia Q. Sella, Roma. Lampadario per casa Alagona. Trasformazione e ampliamento del palazzoCasalotto di Reburdone in via Manzoni, Catania (non realizzati). Progetto di un orinatoio.Pubblica: Relazione 2 maggio 1907 dei sigg. D’Andrade, Jorini e Basile - Relazione 1 maggio1907 del pittore prof. Cesare Laurenti sul progetto di ricostruzione del Campanile di San Marco,Officine Grafiche C. Ferrari, Venezia 1907, pp. 7-22.

1908 Ampliamento della villa Florio Pignatelli, Piana dei Colli (1908-10). Casa-studio dello sculto-re Antonio Ugo in via Sammartino (demolita). Ristrutturazione e riforma decorativa del villi-no Giuffrè. Cappella Starrabba di Rudinì, cimitero del Verano, Roma. Scalone esterno dellavilla della baronessa di Casalotto, Ognina, Catania. Nuove Officine Ducrot (non realizzate).Ristrutturazione del palazzo Fatta in piazza Marina.

1909 Abitazioni antisismiche temporanee, San Filippo del Mela (Messina). Trasformazione delpiano terra della casa Guarnaschelli. Trasformazione del piano terra del palazzo Florio in viaCatania. Allestimento della sezione «Bellezze siciliane» per l’VIII Esposizione Internazionaled’Arte di Venezia. Arredo dei magazzini di vendita Ducrot, Torino (demoliti). Monumentocommemorativo del 27 maggio 1860 in piazza Vittorio Veneto (1909-11). Padiglione Sicilia-no per l’Esposizione Nazionale del 1911, Roma. Nuova Aula della Camera dei Deputati edampliamento del palazzo di Montecitorio, Roma (arredi fissi e apparati decorativi interni).Pubblica: La mia casa, in «La Casa», II, 1909, p. 36.

1910 Stele per una lapide commemorativa al ponte dell’Ammiraglio, corso dei Mille. Arredi per ilmagazzino di vendita Ducrot in via del Tritone, Roma (demoliti). Casa-studio del pittore Ari-stide Sartorio, Lungotevere, Roma. Monumento a Vincenzo Bellini nel foyer del Teatro Mas-simo. Arredi urbani per le celebrazioni del cinquantenario dell’unità d’Italia. Prospetto dipalazzina. Nuova Aula della Camera dei Deputati ed ampliamento del palazzo di Montecito-rio, Roma (variante definitiva dei prospetti e degli apparati decorativi interni).Scrive: Sull’architettura contemporanea, ms., 1910, Archivio Famiglia Basile, Palermo.Pubblica: Monumento commemorativo del 27 maggio 1860 in Palermo, in «L’Architettura Ita-liana», V, 12, novembre 1910, pp. 125-127, tavv. 43, 44.

1911 Dispensario diurno per tubercolotici, corso Alberto Amedeo. Ristrutturazione del palazzoBriuccia, contiguo alla sede della Cassa di Risparmio. Sanatorio diurno (non realizzato).Ampliamento di casa Basile in via Siracusa. Palazzo Municipale in piazza Vittorio Emanuele,Reggio Calabria (primo progetto).

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Ernesto Basile, 1857-1932. Fra accademismo e “moderno”, un’architettura della qualità

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Pubblica: Giacomo Serpotta (1656-1732), in R. Lentini, Le scolture e gli stucchi di GiacomoSerpotta, C. Crudo & C., Torino 1911; Ernesto Basile, architetto. Studi e schizzi, C. Crudo &C., Torino 1911.

1912 Palazzo delle Assicurazioni Generali di Venezia in via Roma. Cappella Di Giorgi, Cimitero diS. Maria di Gesù. Eden Teatro Biondo in piazza G. Verdi (non realizzato). Ampliamento sulfronte di via Villafranca della casa Basile in via Siracusa. Teatro di prosa per i fratelli Biondo,Messina (non realizzato).Pubblica: Prefazione, in S. Marino Mazzara, Nei santuari della bellezza, Sicania, Palermo 1912.

1913 Stazione Biologica, Messina. Kursaal Biondo in via Emerico Amari, .

1914 Palazzo Municipale in piazza Vittorio Emanuele, Reggio Calabria (secondo progetto). Scuo-le elementari, Caltagirone (Catania) (non realizzate). Ampliamento della casa Favaloro-DiStefano in piazza Virgilio. Nuovi accessi all’abitato ed alla villa comunale della città di Calta-girone (Catania) (non realizzati). Ampliamento della Villa Comunale, Caltagirone (Catania).

1915 Addizione di un campanile alla cappella gentilizia Casalotto, Catania. Boiseries e arredi fissiper il Palazzo della Zecca, Roma. Partecipa al concorso nazionale per la realizzazione di unventaglio patriottico. Inferriata e cancello per l’Istituto “Padre Messina”, S. Erasmo.

1916 Chiosco Ribaudo in piazza Castelnuovo. Cofano della bandiera italiana per la città di Gorizia.

1917-1932

È membro della commissione istituita per la nomina di Gustavo Giovannoni a professore ordinariodella Scuola di applicazione per gli ingegneri di Roma (1919). Si conclude l’incarico di componentedella commissione che ha sostituito Giuseppe Sacconi, dopo la morte, nelle opere di completamentodel monumento a Vittorio Emanuele II in Roma (1921). Fa parte della Deputazione per i restauri delDuomo di Cefalù (1923). Transita con la cattedra di Architettura Tecnica nella Regia Scuola di Inge-gneria dell’Università di Palermo (1924-1931). Presidente dell’Accademia di belle arti di Palermo, faparte del comitato organizzativo della seconda biennale d’arte decorativa di Monza (1924). È mem-bro della commissione ministeriale conservatrice dei monumenti della provincia di Palermo (1927).Riceve, con altri, l’incarico per lo studio dei problemi urbanistici della città di Palermo, propedeuti-co alla redazione del nuovo piano urbanistico (1932). Muore a Palermo il 26 agosto 1932.

1917 Cappella nella proprietà Majorca Francavilla, corso Calatafimi.

1918 Ampliamento della filiale della Cassa di Risparmio in via Garibaldi, Trapani. Sanatorio popo-lare per tisici in contrada Petrazzi. Cappella gentilizia Giovanni Papa, cimitero di Pozzallo(Ragusa).

1919 “Riforma decorativa” del duomo di Acireale (Catania). Sanatorio per bambini tubercolotici(primo progetto di massima). Sede del Politecnico in via Garibaldi (non realizzata). Targacommemorativa nel palazzo delle Assicurazioni Generali di Venezia in via Roma. Corpo diguardia dei Vigili presso la Camera dei Deputati in via di Campo Marzio, Roma.

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Nota bio-bibliografica e cronologia delle opere e dei progetti

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1920 Sarcofagi per la cappella gentilizia Manganelli, cimitero di S. Maria di Gesù, Catania. CasaRutelli (poi Ajroldi) in via Dante. Istituto Provinciale Antitubercolare. Sanatorio diurno in viaCroce Rossa. Sanatorio per bambini tubercolotici (secondo progetto di massima). Dispensa-rio polivalente della Croce Rossa in via Giorgio Arcoleo. Sanatorio del Consorzio Provincia-le Antitubercolare. “Riforma” dei prospetti del palazzo del principe di Gangi. Sanatoriopopolare per tubercolotici. Nuova sede della Stamperia della Camera dei Deputati in via diCampo Marzio, Roma.

1921 Monumento ai caduti, Enna. Cappella gentilizia del duca di Pietratagliata, cimitero di SantaMaria di Gesù. Ampliamento del palazzo Jung in via Lincoln. Villino per il principe di Deliel-la in via G. Cusmano. Trasformazioni nel palazzo del duca di Pietratagliata in via Bandiera.Mobili per Laura Ede, Torino. Cappella gentilizia Inglesi, cimitero di S. Maria di Gesù. Palaz-zo Rutelli in via Roma. Edificio per abitazioni in via Roma. Fanale per casa Rutelli in viaRoma. Sistemazione della piazza G. Garibaldi, Messina.

1922 Villa Bruno di Belmonte, contrada Crocevia, Ispica (Ragusa). Sistemazione della piazza delPopolo, Messina. Cappella gentilizia Bruno di Belmonte, Ispica (Ragusa). Edificio per abita-zioni in via Roma (non realizzato).

1923 Case popolari in via A. Volta. Monumento funebre per il vescovo Genuardi, Duomo di Aci-reale (Catania). Arredi per Franz Bonanno. Edificio per edilizia popolare in via Cappuccini.

1924 Villino Gregorietti in viale Regina Elena a Mondello. Sanatorio diurno. Inferriate esterneper le agenzie della Cassa Centrale di Risparmio in via Roma e in piazza Bologni. Targacommemorativa degli studenti caduti in guerra, cortile dell’Università degli Studi in viaMaqueda. Arredi per l’appartamento del Presidente della Camera e per gran parte degliuffici e degli ambienti di rappresentanza del nuovo palazzo dell’Aula dei Deputati a Mon-tecitorio, Roma.

1925 Albergo diurno in piazza Castelnuovo (non realizzato). Ordinamento dell’allestimento dellaMostra delle arti siciliane alla II Esposizione d’Arte di Monza. Rilievo e lottizzazione dellavilla Varvaro alle Terre Rosse in via G. Cusmano. Bozzetto per il Diploma di laurea dell’Uni-versità degli Studi. Filiale della Cassa Centrale di Risparmio, corso Garibaldi, Messina (1925-28). Mobili per il cavaliere Favara, Monza.

1926 Nuovo ingresso della villa Umberto in piazza di Porta Pinciana, Roma (non realizzato).

1927 Sistemazione dell’antica fontana di Montecitorio in via della Missione, Roma (non realizzata).Inferriata per la tomba di Francesco Crispi, chiesa di S. Domenico. Adattamento del parcodella Real Favorita ad uso pubblico con parco delle Rimembranze (non realizzato). Lampa-de a sospensione per il nuovo palazzo dell’Aula dei Deputati a Montecitorio, Roma.

1928 Monumento ai Caduti in piazza G. Garibaldi, Messina. Chiesa votiva di S. Rosalia in via Mar-chese Ugo. Recinzione marmorea e sistemazione a giardino della rotonda del Monumento aiCaduti in piazza Vittorio Veneto (non realizzate). Monumento Commemorativo ai Cadutisiciliani, parco della Real Favorita (non realizzato).

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Ernesto Basile, 1857-1932. Fra accademismo e “moderno”, un’architettura della qualità

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1929 Lapide commemorativa di Gioacchino Di Marzo, chiesa di S. Domenico. Completamento delPalazzo Municipale di Licata (Agrigento).

1930 Arredi e “riforma decorativa” del palazzo Manganelli, Catania.

1931 Sistemazione dell’emiciclo del Monumento ai caduti in piazza Vittorio Veneto. Rilievo dellaproprietà Favaloro-Di Stefano in piazza Virgilio.

Referenze grafiche e fotografiche

PUBBLICAZIONI

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Coll. Di Benedetto, Biblioteca Comunale di Palermo: 28 (alta). Coll. Mattarella, Palermo: 89. Coll. La Duca,Palermo: 38 (alta dx). Coll. Mauro-Sessa, Palermo: 15; 23; 37 (bassa dx); 38 (bassa sx); 39; 43; 45; 48 (alta dx);52; 56 (alta sx); 65; 74; 75; 76; 85 (bassa sx); 86 (alta dx); 87. Dotazione Basile-Ducrot, Facoltà di Architetturadell’Università degli Studi di Palermo: 6; 11; 12; 14; 16; 17; 18; 19; 28 (bassa); 29; 35; 36; 37 (alta dx); 41; 44; 46(alta e bassa dx); 47; 48 (alta e bassa sx); 49; 53; 54; 55; 56 (bassa sx); 57; 60; 61; 62; 67; 68; 69 (bassa dx); 70;71; 72; 73 (alta sx); 77 (bassa dx); 82; 83; 85 (alta sx); 86 (alta e bassa sx).

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Un’appendice bibliografica su Ernesto Basile, completa della produzione editoriale e pub-blicistica coeva e di quella successiva alla sua morte, si trova nel volume E. Sessa, ErnestoBasile. Dall’eclettismo classicista al modernismo, Editrice Novecento, Palermo 2002; qui sonosegnalati, in ordine cronologico, i soli scritti essenziali per contestualizzarne il contributo allacultura architettonica italiana ed europea.

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Abate, Alessandro 90Accascina, Maria 84Æmilia Ars, società 61Ajroldi, Cesare 91 (nota 13)Alagna, Vincenzo 24, 64, 88Albanese, Emanuele 52Albanese, Pietro 47, 52Alisio, Giancarlo 93 (nota 36)Amari, Michele 22Amato Pojero, Giuseppe 64, 89Amendola, Giovan Battista 33Amendolagine, Francesco 96 (nota 81)Amorelli, Domenico 27Amoroso, impresa 89Antonelli, Alessandro 65, 94 (nota 44)Arangi, Emanuele 88Arata, Giulio Ulisse 8, 67Arcari, ditta 61Armò, Ernesto 24, 31, 32, 45, 67, 89, 93

(nota 38), 94 (nota 44), 95 (nota 62)Ars Umbra, ditta 61Ashbee, Charles Robert 33, 78Asplund, Erik Gunnar 79Autore, Camillo 31, 76, 89Averna, famiglia 89Avolio, Gaetano 88Azzurri, Francesco 17Baillie-Scott, Mackay Hugh 78Balenzano, Nicola 69

Balistreri, Bernardo 90Barber, William 27Barbera, Paola 91 (note 1, 6), 93 (nota 25)Bardi, Pier Maria 84Basile, Alceste 97Basile, Benedetta 97Basile, Clara 97Basile, Edoardo 97Basile, Ernesto 7 e passimBasile, Giovan Battista Filippo 7, 9, 13, 14,

20, 21, 26, 27, 35, 70, 93 (nota 24), 94(note 42, 43, 44, 45), 97

Basile, Giovan Battista Filippo junior 76, 97Basile, Laura 97Basile, Marcella 97Basile, Maria 97Basile, Massimo 90, 97Basile, Roberto 76, 97Battaglia, Cesare 8Beltrami, Giovanni 62, 72, 81Beltrami, Luca 91 (nota 11)Benevolo, Leonardo 9Benfratello, Salvatore 31, 45, 76, 85, 89Benso, Giulio duca della Verdura 94 (nota

43)Benzi, Fabio 96 (nota 73)Berlage, Hendrik Petrus 33, 78Bernich, Ettore 17Betocchi, Alessandro 91 (nota 11)

Indice dei nomi

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Bevilacqua, ditta 62Biondi, Ludovico 24Biondo, Andrea 79-81, 89Biondo, Eugenio 79-81, 89Biondo, Luigi 79-81, 89Blérot, Ernest 33Boberg, Gustav Ferdinand 78Böcklin, Arnold 35Boito, Camillo 21, 63, 65, 84Boldini, Giovanni 94 (nota 52)Bonanno, Pietro 90Bonci, Paolo 88, 90Bongioanni, Francesco 91 (nota 11)Borsi, Franco 96 (nota 78)Borzì, Antonino 89Bossaglia, Rossana 9, 94 (nota 51), 95 (nota

56)Bötticher, Karl Heinrich von 18Brinton, Selwyn 96 (nota 78)Brioschi, Francesco 91 (nota 11)Broggi, ditta 62Broggi, Luigi 66Buccola, Gabriele 10, 64, 89Burne-Jones, Edward 35Busacca, Antonio marchese di Gallidoro

100Busiri Vici, Andrea 17Buttitta, Antonino 91 (nota 1)Cagliostro, Rosa Maria 93 (nota 39)Calandra, Davide 38, 82Calandra, Eliana 91 (nota 12)Calandra, Enrico 89Calderini, Guglielmo 17, 30, 65, 91 (nota

11)Calza Bini, Alberto 8Campanini, Alfredo 67Campini, Archimede 81, 90Cancila, Orazio 92 (nota 17)Candela, Simone 92 (nota 17), 95 (nota 53)Cangelosi, Antonella 94 (nota 46)Canina, Luigi 17

Canonica, Pietro 94 (nota 52)Cantagalli, ditta 61Capitò, Giuseppe 8, 32, 89, 90Capitò, Michele 26Capuana, Luigi 89Caracciolo, Edoardo 7, 9, 91 (nota 1)Caraffa, ditta 29, 36, 49, 81Cardella, Salvatore 90Carducci, Giosuè 34Carimini, Luca 17Carnevale, Pietro 17Carnilivari, Matteo 46Caronia, Ferdinando 52, 81Caronia Roberti, Salvatore 8, 45, 76, 84, 89,

90, 91 (n 1)Carrera, ditta 61Casamento, Aldo 92 (nota 21)Caselli, Crescentino 65Castellano, Ambrogio 89Catalano, Antonio 98Catti, Michele 90Cavallari, Francesco Saverio 27Cellini, Giuseppe 33, 94 (nota 48)Ceramica Florio, ditta 49Ceramica Salvini, ditta 61Cercone, Ettore 90Ceriotti & Maneffa, ditta 62Ceruti, mobilificio 66Cervello, Giuseppina 102Cervello, Vincenzo 37, 40, 89Chiaramonte Bordonaro, famiglia 89Chiaramonte Bordonaro, Gabriele barone

di Gebbiarossa 30, 76Chiesa, Italo 23Chiesa, Pietro 8Chirco, Adriana 93 (note 23, 38)Christian, Henry 27Ciaccio, Francesco 26Cianciolo Cosentino, Gabriella 92 (nota 19)Ciotti, Ignazio 93 (nota 24)Cirincione, Giuseppe 89

Ernesto Basile, 1857-1932. Fra accademismo e “moderno”, un’architettura della qualità

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Indice dei nomi

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Cirrincione, Antonio 52Cirrincione, Salvatore 52Ciulla, Salvatore 52Civiletti, Benedetto 29-31, 34, 90, 94 (nota

48), 100Colajanni, Napoleone 90Collura, Antonio 52Coppino, Michele 21Corleo, Simone 14, 64Corona, Vittorio 90Corrao, Francesco 92 (nota 18)Corrao, Giuseppe 52Correnti, Santi 95 (nota 53)Cortegiani, Michele 21, 31, 34, 38, 40, 41,

90, 94 (nota 48)Corvaja, Vincenzo 24Costa, Nino 33-35, 94 (nota 48)Costantino, Domenico 90Cottone, Antonio 91 (nota 13)Crespi, ditta 61Crispi, Francesco 19, 69, 70, 90, 96 (nota

77)Crudo, editore 63Cusano, Filippo 88Cutrufelli, Saro 88D’Alì, famiglia 89Damiani Almeyda, Giuseppe 9, 26, 28, 70,

88, 89Damigella, Anna Maria 93 (nota 41)D’Amore, Benedetto 90D’Andrade, Alfredo 91 (nota 11)D’Annunzio, Gabriele 34D’Aronco, Raimondo 66, 77, 78Dato, Giuseppe 92 (nota 21)De Angelis, Giulio 17De Carolis, Adolfo 33, 94 (nota 48)De Felice Giuffrida, Giuseppe 24, 90De Feure, Georges 63De Francisco, Pietro 90De Gregorio, Salvatore 90Deininger, Wunibald 55

De Lisi, Domenico 90De Maria Bergler, Ettore 21, 31, 34, 38, 40,

41, 48, 74, 75, 90, 94 (note 48, 52)De Simone, Francesco Enrico 26De Simone, Rosario 91 (nota 7)Di Benedetto, Giuseppe 91 (nota 13), 93

(nota 28)Di Chiara, Francesco 52Di Chiara, Tommaso 26Di Cristina, Giovanni 89Di Giovanni, Giuseppe 89Di Giovanni, Luigi 21, 29, 31, 34, 38, 40, 41,

90, 94 (nota 48)Di Leo, Pietro 92 (nota 21)Di Liberto D’Anna, Nicolò 26Di Liberto, Mario 93 (note 23, 38)Di Marzo, Gioacchino 10, 89, 106Di Pisa, Salvatore 24Domènech i Montaner, Lluís 33, 78Donati Scibona, Francesco 88, 95 (nota 62)Donato, Nuccia 96 (nota 82)Donghi, Daniele 66Drogo, Anna di Pietraperzia 59Ducrot, mobilificio: vedi Ducrot, VittorioDucrot, Vittorio 9, 29, 32, 35-37, 47, 47, 62,

67, 68, 72, 74, 82, 89, 100, 101Durand, Jean-Nicolas-Louis 56, 94 (nota

44)Durante, Francesco 89D’Urso, Gaspare 89Ede, Laura 105Elena di Savoia 102Endell, August 33, 78Enea, Giuseppe 21, 29, 31, 38, 48, 90Epifanio, Luigi 90Fabiani, Max 78Facciolà, Luigi 89Farina, Salvatore 62Fassini, Alberto 55Fatta, Giovanni 91 (nota 1), 93 (nota 27)Favitta, famiglia 89

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Fenoglio, Pietro 66Fergusson, James 15Ferrari, Ettore 32, 65Fichera, Francesco 45, 76, 84, 89, 90Finocchiaro, famiglia 89Finocchiaro Aprile, Camillo 90Fischer, Theodor 8, 19, 64, 79Fleres, Ugo 35Florio, famiglia 22, 37, 39, 40, 55, 84, 89, 95

(nota 53), 97Florio, Franca 38, 39, 47, 92 (nota 17), 94

(nota 52), 95 (nota 54)Florio, Giulia 92 (nota 17)Florio, Ignazio junior 39, 40, 47, 92 (nota

17), 95 (nota 54)Florio, Ignazio senior 92 (nota 17)Florio, Vincenzo junior 39, 49, 50, 92 (nota

17), 103Florio, Vincenzo senior 92 (nota 17)Fragapane, Saverio 31, 45, 76, 89Franco, Luciano 88Friedley & Vashardt, society 81Fundarò, Anna Maria 93 (note 24, 25)Gaillard, Eugène 63Galassi Paluzzi, Gustavo 91 (nota 5)Gambino, Salvatore 24Ganci, Massimo 92 (nota 20)Garajo, Domenico 95 (nota 63)Gardner, Beaumont 27Garofalo, Nicolò 52Garufi, Francesco 90Gaudì, Antoni 33, 78Gemmellaro, Gaetano Giorgio 89Gemmellaro, Mariano 89Gentile, Antonio 21Gentile, Giovanni 64, 89Geraci, Gaetano 21, 32, 34, 38, 48, 72, 90Gesugrande, Riccardo 90Giaccone, Giuseppe 90Giachery, Carlo 21, 39Giannone, Nicolò 31, 32

Giarrizzo, Carmelo 31Giarrusso, Felice 25, 26, 32, 92 (nota 21),Giolitti, Giovanni 62, 69, 70, 96 (nota 69)Giovannoni, Gustavo 8, 84, 104Giuffrè, Liborio 89Giuffrè, Maria 91 (note 1, 6, 13), 92 (note

16, 19, 20)Giuffrida, Romualdo 95 (note 53, 54)Giusti, Maria Adriana 91 (nota 7)Gocár, Josef 79Godoli, Ezio 91 (nota 7), 94 (nota 51)Golia, mobilificio: vedi Golia, CarloGolia, Carlo 9, 20, 29, 36, 47Greco, ditta 61Greco, Ignazio 26, 27Gregorietti, Salvatore 21, 24, 34, 38, 48, 73,

81, 90Grosso, ditta 61Guastella, Cosmo 64, 89Guccia, Giovan Battista 89Guerrera, Giuseppe 91 (nota 13)Guglielmo II di Prussia e Germania 50Guimard, Hector 33, 78Guj, Enrico 14, 97Haas, ditta 61Hankar, Paul 33, 78Hansen, Theophil 18Hoffmann, Josef 9, 55, 63, 78Hohenzollern, Friedrich Wilhelm Viktor

Albrecht von: vedi Guglielmo II diPrussia e di Germania

Hoppe, Emil 55Horta, Victor 7, 33, 78Inzerillo, Salvatore Mario 92 (nota 21),Iràso, Roberto 24Istituto di Arti Grafiche, editore 62Jacona, Francesca Paola contessa di San

Giuliano: vedi Florio, FrancaJanák, Pavel 79Jesurum, ditta 61Johnson, ditta 62

Ernesto Basile, 1857-1932. Fra accademismo e “moderno”, un’architettura della qualità

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Indice dei nomi

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Klimt, Gustav 32, 33Koch, Gaetano 17Kotera, Jan 78Králícek, Emil 79La Cavera, Michele 45, 88La Duca, Rosario 93 (nota 36)La Grassa, Francesco 45, 76, 89Lanza Branciforte, Pietro 92 (nota 17)Lanza di Scalea, famiglia 44, 59, 89Lanzerotti, Paolo 31, 73, 88La Porta, Filippo 88Leone, Nicola Giuliano 92 (nota 20)Lentini, Rocco 21, 29-32, 34, 38, 90, 104Lentini, Rosario 92 (nota 17), 95 (note 53, 54)Leto, Antonino 90Levi, Primo 8Li Muli, Domenico 90Liotta Cristaldi, Pasquale 90Li Vigni, Antonio 52, 53, 81Li Vigni, Francesco 24, 52, 53, 81Li Vigni, fratelli 95 (nota 63)Li Volsi Palmigiano, Salvatore 89Lizars, ditta 61Lo Bianco, Antonio 20, 89Locati, Sebastiano Giuseppe 63Lo Faso Pietrasanta, Domenico duca di Ser-

radifalco 22Lo Giudice, Silvana 93 (note 31, 33)Lojacono, Francesco 21, 31, 32, 90, 94 (nota

42), 94 (nota 48)Lo Jacono, Giovanni 98Lombardo Gangitano, famiglia 89Lombardo Gangitano, Francesco 31, 39,

100, 101Mackintosh, Charles Rennie 33, 78Mackmurdo, Arthur 78Magnoni, ditta 61Majorana, Fabio 88Majorca di Francavilla, famiglia 29, 36, 89Majorca Mortillaro, Luigi Maria conte di

Francavilla 28, 93 (nota 36)

Malerba, Tommaso 88Mancuso, Valentina 93 (nota 36)Manganelli, famiglia 89Mangone, Fabio 91 (nota 3, 6)Manifatture Riunite Merletti, società 61Maniscalco Basile, Luigi 93 (nota 24)Manzo, Giuseppe 88Marasca, Salvatore 88Marchesi, Salvatore 31, 32Marconi, Plinio 9Marin, Jean-Yves 91 (nota 1)Marino Mazzara, Salvatore 104Marletta, Giuseppe 84Marletta, Rosario 90Marsala, Maria Teresa 92 (nota 21)Martorella, Salvatore 29, 48, 50Marvuglia, Alessandro Emmanuele 21Marvuglia, Giuseppe Venanzio 20, 21Masetti Fede, ditta 62Mataloni, Giovanni Mario 38Mauro, Eliana 91 (note 2, 14), 92 (note 15,

20), 93 (note 24, 31, 33), 95 (note 55, 61,66), 96 (nota 80)

Mazzamuto, Antonella 92 (nota 21)Mazzarella, Salvatore 24, 88Mazzi, Giuliana 96 (nota 72)Mazzini, Giuseppe 65Mazzucotelli, Alessandro 61McNair, Herbert 78Melani, Alfredo 8Meli, Giovanni 26Meli, Giuseppe 35Melisurgo, G. Cesare 91 (nota 11)Menichelli, Pina 89Michelazzi, Giovanni 67Micheli, Vincenzo 91 (nota 11)Mineo, Nicolò 26, 79, 88Minutilla, Melchiorre 26, 27, 93 (nota 30),

95 (nota 63)Mirabella, Mario 90Mitsàkis, Nìkos 79

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Moneta, ditta 61Monroy, famiglia 28Montereale, Annina di 49Morbelli, Angelo 34Moretti, Gaetano 66Morris, William 33, 35Moschetti, Giulio 90Mozzoni, Loretta 92 (nota 16), 92 (nota 19),Mucoli, Andrea 47Musco, Angelo 89Mussolini, Benito 82, 83Muthesius, Hermann 78Napoleone, Caterina 96 (nota 70)Naselli Flores, Francesco 27Nasi, Nunzio 62, 65, 90, 96 (nota 69)Naudon, Paul 96 (nota 77)Navigazione Generale Italiana, società 22,

74Negri, Edgardo 23, 91 (nota 5)Negrini, Ida 16, 97Nelva, Riccardo 96 (nota 84)N.G.I.: vedi Navigazione Generale Italiana,

societàNicolai, Giuseppe 88Nicolini, Giuseppe 90Nomellini, Plinio 34Notarbartolo, Emanuele 94 (nota 43), 101Olbrich, Joseph Maria 33, 55, 78Oneto, famiglia 28Onufrio, Andrea 27Orestano, Francesco 64, 89Oretea, fonderia 81Orioles, Gaetano barone d’Antalbo 14Orlando, famiglia 89Orlando, Vittorio Emanuele 81Oss, Domenico 23Ottoveggio, Giacomo: vedi Utveggio, Gia-

comoPacchiotti, Giacinto 46, 100Pace, Antonio 52Pace, Sergio 91 (nota 6)

Padovano, Francesco 31, 81, 94 (nota 48)Pajno, Giuseppe barone di Luccoveni 27Palazzotto, Emanuele 91 (nota 13)Palazzotto, Francesco Paolo 26, 27, 88, 95

(nota 62)Palazzotto, Pierfrancesco 93 (note 28, 29)Pantaleoni, Raul 99Parodi, Cesare 91 (nota 11)Paterna Baldizzi, Leonardo 89Paternò di Sessa, Emanuele 90Patricolo, Achille 88Patricolo, Giuseppe 13, 26, 27, 31, 32, 94

(nota 45)Pavone, Gaetano 90Pecoraino, Filippo 89Pedicini Whitaker, Manfred 93 (nota 33)Pellizza da Volpedo, Giuseppe 34Pensabene, Giuseppe 84Peranni, Domenico 94 (nota 43)Perelli, Guido 99Perez, francesco Paolo 94 (nota 43)Pernice, Giovanni 88Pernice, Salvatore 40Petrák, Jan 79Petrovic Njegos, Jelena (detta Elena del

Montenegro): vedi Elena di SavoiaPiacentini, Marcello 8Piacentini, Pio 17Piazza, Giuseppe 52Pica, Vittorio 8Piccione, Giuseppe 88Piccoli, Carlo 17Pintacuda, Carlo Giovanni 26, 95 (nota 62)Pirandello, Luigi 89Pirrone, Gianni 9, 91 (note 1, 5), 93 (note

24, 35, 36), 95 (note 55, 56, 64)Pitini, Vincenzo 10, 21, 89Pitré, Giuseppe 22, 94 (nota 49)Plecnik, Joze 78, 79Podesti, Giulio 17Poletti, Luigi 17

Ernesto Basile, 1857-1932. Fra accademismo e “moderno”, un’architettura della qualità

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Indice dei nomi

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Pollaci Nuccio, Fedele 92 (nota 18)Pomar, Anna 95 (nota 54)Ponte, Francesco 52Porcheddu, società 79, 96 (nota 84)Portoghesi, Paolo 91 (nota 8)Previati, Gaetano 34Puig i Cadafalch, Josep 33, 78Quarti, Eugenio 61Raffaele, Giovanni 94 (nota 43)Ragusa, Vincenzo 90Raimondi, Alfredo 24Rapisardi, Mario 89Re Grillo, Filippo 89Reina, Calcedonio 90Restucci, Amerigo 91 (nota 1)Ricordi, editore 62Rigotti, Annibale 65, 67Rivas, Francesco Paolo 31, 32, 88, 94 (nota

46)Rizzo, Giovanni 94 (nota 46)Rizzo, Pippo 90Rocca, Antonio 93 (nota 40)Ronconi, Antonio 72Rosci, Marco 94 (nota 51)Rossetti, Dante Gabriele 35Rossi, ditta 61Rosso, Medardo 34Rubattino, Raffaele 22, 92 (nota 17)Rubbino, Gaetano 94 (nota 46)Ruggieri Tricoli, Maria Clara 91 (note 1, 14),

92 (nota 22), 93 (note 27, 32)Ruta, Anna Maria 93 (nota 36)Rutelli, Mario 21, 22, 29, 31, 32, 90, 94 (nota

48)Rutelli, Salvatore 52, 89Sacconi, Giuseppe 17, 104Sada, Carlo 88Salemi, Enrico 26Salemi Pace, Giovanni 26Samonà, Antonello 93 (nota 24)Samonà, Giuseppe 89, 90

Sanderson, famiglia 89Sandron, Remo 89Sangiorgi, Mario 89Santangelo, Giovan Battista 24, 79, 89, 95

(nota 62)Santini, Stefano 92 (nota 16), 92 (nota 19),Santoro, Giuseppe 90Sarfatti, Margherita 83Sarti, Antonio 17Sartorio, Giulio Aristide 33, 35, 38, 72, 82,

94 (nota 48), 103Sarullo, Luigi 93 (note 24, 26, 32), 95 (nota

62)Savarese, Raffaele 8, 46, 62, 95 (nota 60), 96

(nota 71)Savorra, Massimiliano 91 (nota 3)Scaglia, Luigi 89Scalvini, Maria Luisa 91 (nota 3)Scarfoglio, Edoardo 34Schioppa, Lorenzo 91 (nota 11)Schöntal, Otto 55Sciascia, Leonardo 9Scibilia, Pietro 89Sciuti, Giuseppe 94 (nota 42)Segantini, Giovanni 34Selvafolta, Ornella 91 (nota 6)Semper, Gottfried 15Serao, Matilde 34Serpotta, Giacomo 10, 72, 94 (nota 42)Serrurier-Bovy, Gustave 93 (nota 35)Sessa, Ettore 91 (note 1, 2, 5, 13), 92 (note

19, 20), 93 (note 24, 31, 33, 36), 94 (nota46), 95 (note 56, 57, 64, 66), 96 (note 81,82)

Settimo, Ruggero 26Signorelli, Bruno 96 (nota 84)Sillani, Tommaso 96 (note 74, 78)Società Ceramica Italiana 61Sommaruga, Giuseppe 66Sonnino, Sidney Costantino 70Soulier, Gustave 8

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Spagnoli, Rosario 34Spatrisano, Giuseppe 90Speziale, Roberto 95 (nota 58)Spina, Rosario 90Stabile, Mariano 70Stacchini, Ulisse 67Starrabba, Antonio marchese di Rudinì 70,

71, 90Stassi, Ferdinando 90Steindl, Imre 18Stella, Vittorio 96 (nota 70)Sturzo, Luigi 90Sullivan, Louis Henry 78Tamburello, Giovanni 24, 88, 95 (nota 62)Tasca, famiglia 89Tasca, Lucio conte d’Almerita 31Tellera, editore 62Terzi, Aleardo 34, 90Tesorone, Giovanni 38Thovez, Enrico 8Tiby, Ottavio 93 (nota 24)Tomaselli, Onofrio 81, 90Townsend, Charles Harrison 33, 78Trabia, famiglia 89Trentacoste, Domenico 34, 72, 90Tricomi, Ernesto 89 Tripiciano, Nicolò 88Trombadori, Francesco 90Turrisi Colonna, Niccolò 20, 94 (nota 43)Ugo, Antonio 21, 29, 31, 32, 34, 37, 47, 48,

49, 73, 90, 103Unwin, Raymond 78Utveggio, Giacomo 52, 89Utveggio, Michele 24, 51, 52, 89Vacirca, Maria Désirée 92 (nota 22)Valabrega, mobilificio 61Valadier, Giuseppe 17Valdini, Guido 93 (nota 36)

Valenti, Salvatore 14, 29Van de Velde, Henry 33, 63, 74, 78Varrica, Salvatore 52Vasari, Alessandra 97Vasari, Benedetta 97Velis, famiglia 89Verderame, famiglia 89Verdi, Giuseppe 31Verga, Giovanni 89Vespignani, Virgilio 17Vetri, Paolo 90Vicari, Tommaso 90Villa Riso, Giovanni 27Villegas Cordero, Josè 16, 99Vinci, Gaetano 88Vittorio Emanuele II di Savoia 14, 70, 98,

104Volontè, ditta 61Volpes, Pietro 31, 32, 94 (nota 48)Voysey, Charles Francis Annesley 33, 78Wagner, Otto 7, 8, 64, 78Wallot, Paul 18, 19Walter, Thomas U. 18Whitaker, famiglia 89Whitaker, Joseph junior 27Whitaker, Joseph senior 27Whitaker, Joshua 27Whitaker, Robert 27Ximenes, Ettore 22, 32, 33, 34, 90, 94 (nota

48)Zalapì, Angheli 93 (nota 37)Zanardelli, Giuseppe 65, 69, 96 (note 69, 77)Zanca, Antonio 24, 76, 88, 90Zen, mobilificio 61Zevi, Bruno 7, 9Ziino, Nunzio 95 (nota 63)Ziino, Vittorio 9, 91 (nota 1)Zucconi, Guido 96 (nota 72)

Ernesto Basile, 1857-1932. Fra accademismo e “moderno”, un’architettura della qualità

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Finito di stamparepresso Eurografica s.r.l. Palermo

nel mese di settembre 2010per conto di

Flaccovio Editore