ARCHEOLOGIA E STORIA DEI CASTELLI · storia del popolamento medievale. Nel ricordato conflitto...

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na fortificazione, che sia costituita da una torre o da un elemento più complesso quale è il castello, non esclu- de che trovi le sue origini nel fenomeno del popolamento, che in età tardoantica si circoscriveva a poche città e piccoli aggre- gati rurali, a discapito di altri centri 1 che scomparvero a poco a poco definitivamen- te. La nascita o la crescita – anche in senso verticale – degli agglomerati urbani e l’e- volversi di diversi tipi di occupazione del suolo nell’altomedioevo, fecero registrare un fenomeno ben più vasto della semplice costruzione dei castelli, che veniva for- mandosi in un processo articolato in tre fasi distinte: 1) creazione giuridica e localizzazione del territorio; 2) fortificazione dell’abitato; 3) concentrazione dell’insediamento 2 . La creazione giuridica necessita in sé di un insediamento stabile, che subito dopo la guerra greco-gotica (535-553) e la spedi- zione di Costante II (663) non sembra avere peculiarità proprie data la mancanza di un sicuro e duraturo potere 3 . Questo fenomeno conosciuto col termine di incastellamento è ben distinto dalla costruzione del castello e si configura in quei rapporti linguistici che sono definiti dalle fonti chòrion, kastron, o locus e castel- lum, rispettivamente insediamento aperto (stabile) e fortificato, nei quali il sistema bizantino vede la sua organizzazione natu- rale nello sfruttamento del territorio 4 . A Bari fu il monaco Bernardo, tra l’864 e l’866 circa a notare che la città era duobus (...) a meridie latissimis munita muris 5 , ma già al tempo del secondo emiro Mufarràg ibn Sallàm (853-856) la prima attestazione sulla presenza di città fortificate ci informa che esse non erano poi così rare: «Mufarràg (...) – infatti – prese e tenne 24 castella» 6 . Non residenze con palazzo, ma fortifica- zioni a difesa dell’intera città che videro un ulteriore rafforzamento con la seconda dominazione bizantina, segnando anche una radicale trasformazione in una impor- tante città del Mezzogiorno, Taranto, — 1 — CAPITOLO PRIMO ARCHEOLOGIA E STORIA DEI CASTELLI Castelli e incastellamento. Problemi di archeologia stratigrafica. Archeologia forestale. U

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na fortificazione, che siacostituita da una torre o daun elemento più complessoquale è il castello, non esclu-

de che trovi le sue origini nel fenomenodel popolamento, che in età tardoantica sicircoscriveva a poche città e piccoli aggre-gati rurali, a discapito di altri centri1 chescomparvero a poco a poco definitivamen-te. La nascita o la crescita – anche in sensoverticale – degli agglomerati urbani e l’e-volversi di diversi tipi di occupazione delsuolo nell’altomedioevo, fecero registrareun fenomeno ben più vasto della semplicecostruzione dei castelli, che veniva for-mandosi in un processo articolato in trefasi distinte:

1) creazione giuridica e localizzazionedel territorio;

2) fortificazione dell’abitato;3) concentrazione dell’insediamento2.

La creazione giuridica necessita in sé di uninsediamento stabile, che subito dopo laguerra greco-gotica (535-553) e la spedi-zione di Costante II (663) non sembra

avere peculiarità proprie data la mancanzadi un sicuro e duraturo potere3. Questo fenomeno conosciuto col terminedi incastellamento è ben distinto dallacostruzione del castello e si configura inquei rapporti linguistici che sono definitidalle fonti chòrion, kastron, o locus e castel-lum, rispettivamente insediamento aperto(stabile) e fortificato, nei quali il sistemabizantino vede la sua organizzazione natu-rale nello sfruttamento del territorio4.A Bari fu il monaco Bernardo, tra l’864 el’866 circa a notare che la città era duobus(...) a meridie latissimis munita muris5, magià al tempo del secondo emiro Mufarràgibn Sallàm (853-856) la prima attestazionesulla presenza di città fortificate ci informache esse non erano poi così rare: «Mufarràg(...) – infatti – prese e tenne 24 castella»6.Non residenze con palazzo, ma fortifica-zioni a difesa dell’intera città che videroun ulteriore rafforzamento con la secondadominazione bizantina, segnando ancheuna radicale trasformazione in una impor-tante città del Mezzogiorno, Taranto,

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CAPITOLO PRIMO

ARCHEOLOGIA E STORIA DEI CASTELLICastelli e incastellamento. Problemi di archeologia stratigrafica. Archeologia forestale.

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come è stato documentato in recentissimiscavi7.È però dal VI secolo che a Taranto inizia lastoria del popolamento medievale. Nelricordato conflitto greco-gotico fa da sce-nario un porto militare che dovette appari-re troppo grande al duca bizantino Gio-vanni, giunto in aiuto contro i Goti, sequesti, allora decise di separare con unistmo lungo venti stadi l’antica acropoli, lasola zona sicuramente difendibile. Restada considerare però l’occupazione musul-mana dell’840 che pare abbia conservatonel tessuto urbano un ordito ben evidentedi vicoli ciechi e di cortili, specialmentenell’area compresa tra via Duomo e viaGaribaldi: tutti moduli urbanistici arabi,ma effettivamente anche adattati a schemicastrali bizantini che fecero probabilmenteperdere ogni traccia del vero castrum alto-medievale che doveva occupare l’area dellabatteria napoleonica detta di “Castel Sa-raceno”, dove oggi insiste Piazza Ebalia. Inesso il primo emiro, Saba, inizia la dinastiaaraba che dura sino all’880, quando learmate di Basilio I riconquistarono Ta-ranto consentendole di rafforzarsi comeemporio commerciale e militare; lo testi-monia una iscrizione trovata nell’arx del967 che attesta la ricostruzione voluta daNiceforo Foca che riguardò la costa setten-trionale del Mar Piccolo, colmata per lacreazione di nuovi spazi ordinati in unità aschiera, secondo uno schema consueto diorganizzazione urbana dei nuovi centri difondazione bizantina.Nell’ambito dello sviluppo di ogni singoloinsediamento, particolare riguardo hanno

quelli di fondazione religiosa. Il materialestorico disponibile è abbastanza chiaro perquanto riguarda i monasteri e ripercorreun topos comune: una serie di leggende edocumenti seriori che attesterebbero ilpopolamento – o ripopolamento – diun’area deserta; esempi se ne trovano inCampania, nel Molise, in Basilicata ed inPuglia. Nel monastero di Santa Mariasull’Isola di San Nicola di Tremiti è pre-sente, all’interno di una grotta chiamata“Cegliere”, una tomba a sarcofago sagoma-to scavata nella viva roccia. Gli scavi con-dotti all’interno, pur non mostrando alcunmetriale significativo, consentono di ipo-tizzare che si tratti di una tomba privile-giata, forse anteriore al XIII secolo. Alperiodo federiciano, o meglio primoan-gioino, si riferiscono alcune murature dellafortezza dell’Isola di Tremiti. Si tratta delperiodo cosiddetto Cistercense, da ritenereimportante sotto il punto di vista architet-tonico e storico; a questo si riferisconostrutture murarie come la torre quadran-golare d’ingresso alla Fortezza, ovvero ildonjon, e le torri a pianta circolare facentiparte del circuito insulare. Ovviamentetutto coincide con una serie di provvedi-menti difensivi che interessarono molticastelli e città costiere del Gargano.Tra XI e XII secolo i cambiamenti e le tra-sformazioni insediative erano già vistosi: laformazione di identità cittadine consentìla costruzione di vere e proprie residenzefortificate. Nella stessa città di Bari nonappena i due fratellastri Boemondo e Rug-gero Borsa nel 1089 si scambiarono lecittà di Cosenza e Bari, dove avevano giu-

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1. Ripacandida, Chiesa di S. Donato. Affresco del XV sec. raffigurante la costruzione della Torre diBabele

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rato di non costruire castelli urbani8, lefonti attestano, dieci anni dopo, l’esistenzadi un castello dove aveva sede la corte diBoemondo9.

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La residenza fortificata o, in generale, lafortificazione normanna, è caratterizzatada un baluardo artificiale di terra con ele-menti strutturali in legno, circondato daun fossato. Gli scavi archeologici lo hannodocumentato a Scribla e a S. Marco Ar-gentano, nella Calabria settentrionale, aVaccarizza, nei pressi di Troia, in provincia

di Foggia10 e, come vedremo, anche aGaudiano presso Lavello. La tipologiasembra sia stata abbastanza comune, tantoche la stessa funzione difensiva rendeval’insediamento stabile e quindi abitabile;ma la differenza tra la fortezza realizzatacon riporti di terra e il sistema costruitocon pietra si fa netta quando a Bari, nel1079, il castello è distrutto dagli abitanti,che si pongono in netto contrasto con unastruttura che rappresenta il dominio11.A quelle entità propriamente attrezzateperò si affacciano altri tipi di occupazionidel suolo, i casali, che a loro volta convi-vendo con la struttura castellare dimostra-no per la loro proprietà che «l’improntanormanna nell’habitat dell’Italia meridio-nale è profonda»12, ed è collegata alla cre-scita della popolazione e alla natura delpotere. Abbiamo infatti già notato chel’instabilità del potere non portò nell’altomedioevo ad un insediamento duraturo eciò costituisce un primo elemento di con-trasto tra mondo bizantino e mondo nor-manno.Un altro sostanziale contrasto, inteso peròcome rapporto dialettico, consiste in quel-la funzione oppressiva della residenza for-tificata, come ha ben rilevato Raffaele Li-cinio nell’esaminare le vicende del castellobarese, su alcuni lavori affidati nel 1131 amaestranze islamiche13 e subito sospesi permotivi di sicurezza14.Oggi il castello di Bari può essere conside-rato uno dei più articolati e studiati, manon scavati con metodo analitico e confinalità ben precise. Organizzato in unambiente centrale più antico, di pianta

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2. Taranto, Tempio di Poseidon. Strutturemoderne ed antiche convivono testimoniandocontinuità di vita ed anche stratigrafica.

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3. Miglionico, Castello. Dai restauri provengono le recenti ricerche archeologiche.

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trapezoidale con quattro torri angolari –sudovest, dei Minorenni; sudest, del Faro;nordest, del Monaco e nordovest, delVento – di cui solo la prima più alta, è cir-condata da una cinta bastionata fattacostruire da Isabella d’Aragona prima del1524, anno della sua morte, secondo inuovi canoni dell’arte di costruire fortifi-cazioni con l’avvento della polvere dasparo, definiti appunto “del periodo ditransito”, dove la serie di archetti pensiliche corrono sotto il toro tra il primo e ilsecondo ordine non hanno altra funzionese non estetica. Le caditoie disposte lungoi fianchi dei bastioni sono ancora perti-nenti ad una difesa piombante.

All’interno la fortezza è coperta da archi-volti e decorata con capitelli e cornici.L’intervento federiciano invece è docu-mentato nel 1233 quando l’imperatorefortifica anche i castelli di Trani, Brindisi eNapoli15, e in questa attività si riconosco-no l’archivolto riccamente scolpito all’in-gresso dell’ala occidentale, il porticocolonnato con volte a crociera e parastefinemente decorate con motivi antropo-morfi e vegetali16.La tecnica con la quale il castello è stato rea-lizzato, in una roccia calcarenitica plio-plei-stocenica le cui cave possono provenire daidintorni (contrade Fesca e S. Francesco), èperfettamente lineare, squadrata, con nessunelemento aggettante e con le basi delle torrilievemente a scarpa. I conci sono legati dauna malta che non è stilata, dato il perfettoincastro delle pietre. Il modulo, di 210 cen-timetri, è assai diverso da quello registrato

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4. Bari, Castello. L’ingresso e la cinta aragonesi.

5. Genzano. Planimetria del Castello diMonteserico (da Pellettieri-Masini).

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nella cosiddetta Gipsoteca, dove negli anniSettanta apparvero murature delimitantiambienti rettangolari con pavimenti lastrica-ti e soglie poste ad una quota sopra il livellodel mare di +2,91 metri. Gli elementi oriz-zontali si sovrapponevano ad un battuto piùprofondo (m. +1,96 s.l.m.) riferibile ad unaltro precedente piano di calpestio17.Resti di strutture abitative e di una chiesadella fine dell’XI secolo rinvenuti nell’alanord e, recentemente, nel piazzale antistanteil castello, tra gli “strati” tagliati dal fossato

cinquecentesco, sono associabili ai fram-menti ceramici e monetali nei quali si puòriscontrare una continuità di vita: acromabroad line, narrow line (il riferimento è alladecorazione e non ai tipi vascolari) con pro-tomaiolica, invetriata policroma e graffitainvetriata18, oltre a maiolica policroma rina-scimentale19.Ma sulla base di questi presupposti, è neces-sario, e soprattutto può risultare utile prose-guire una ricerca sull’archeologia dei castelli?Superata la fase della storia degli studi

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6. Bari, Castello. Il porticato medioevale nel XIX sec.

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sulle più importanti fortezze, che hannovisto una sintesi suggestiva della CalòMariani nell’edizione italiana dell’opera diArthur Haseloff20, analizziamo ciò chequesto bilancio può indicare ai fini di unprogramma che si concretizzi nella storiadel sito.La ricerca pone la sua attenzione sulle cittàabbandonate21 disposte soprattutto nel Ta-voliere, proseguita ad opera di una colla-borazione fra l’Università di Bari e l’EcoleFrançaise de Rome. Si tratta di esplorazio-ni e scavi sistematici che hanno avutocome punto di riferimento il sito di Fio-

rentino, del quale è stato messo in luce ilpalatium, parte dell’abitato e le fondazionidella torre orientale. L’edificio imperiale,suddiviso in due ambienti, mostra nel mu-ro ad est una preesistenza – non ancoradatata – ed appare nell’impianto principa-le, secondo la Calò Mariani, come un pro-babile donjon normanno22. Che FedericoII abbia modificato evidenze architettoni-che più antiche è anche registrato nelcastellum di Ordona, dove su un’altura anord dell’abitato tardoromano fu trasfor-mata una chiesa databile al IX-XI secolo insede palaziale, mediante chiusura dellecampate e probabile costruzione di quattrotorri agli angoli23.Maggiori relazioni con gli scavi archeolo-gici sono messe a fuoco nel restauro deigrandi monumenti. Le prime indagini sisvolsero attorno al castello di Lucera, apartire dagli anni Trenta, dove affiorò ilmateriale ceramico, come le protomaioli-che con figura umana o i famosi vasi-filtroin argilla chiara, di tradizione islamica24.La fortezza, studiata anche a partire dal1964-65 per mezzo di scavi a trincea e neipozzi neri della struttura, rappresenta unadelle più grandi mai costruite nel medioe-vo e conserva stratificazioni che copronoun lunghissimo arco di tempo dal neoliti-co ai nostri giorni25.La cinta, lunga oltre novecento metri, èrealizzata con una cortina di torri cilindri-che (la torre “della Regina” nell’angolosudest, alta 25 metri con diametro di 14metri e spessore dei muri 2 metri; l’altra,di diametro più piccolo, detta del“Leone”), quadrate e pentagonali e rac-

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7. Bari, Castello. La Torre del Semaforo.

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8. Bari, Castello. Cortile centrale in un’immagine del XIX sec.

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chiude il nucleo svevo, ubicato nell’angolonord-ovest, realizzato in mura di laterizicon cantonali in blocchi di pietra calcarea.L’imponente struttura fu costruita a parti-re dal settembre 1270 e con alterne vicen-de che portano a suddividere i lavori dicostruzione in tre periodi sino al 1282sotto la direzione di Pierre d’Angicourt edi Riccardo da Foggia (dal 1274)26, poichéLucera restò luogo strategicamente impor-tante da quando Federico II vi trapiantò lacolonia islamica che si disperse nel 1300sotto Carlo II27, e che segnò l’abbandonoprogressivo del castello.Attualmente nel castello di Lucera sonoben visibili una prima fase più antica,un’altra rappresentata dall’impianto federi-ciano, la successiva evidenziata dal muro ascarpa con feritoie e numerosi edifici ret-tangolari, sede delle abitazioni dei soldati,una cappella e il palazzo angioino.Ora, se la parte principale della fortezza èil palazzo federiciano, mi sembra opportu-no riferire alcune note sugli altri elementistrutturali fra i quali la cappella angioina.Da quest’ultima sono rilevabili importantiinformazioni sulle tecniche costruttive; nel1276 l’opera procedeva cotidie et sollicite enel 1279 era totaliter facta et completa– ma forse era ancora priva di copertura –con una cisterna longitudinis cannarum 6illius amplitudinis, cuius est cappella ipsa.La fabbrica con la sua cisterna conservasolo le fondazioni che restano di particola-re interesse poiché mostrano una solanavata lunga 25,30 metri e larga 11,30,con un’attigua sacrestia.È interessante notare quanto sia necessaria

una ripresa sistematica degli scavi nelcastello di Lucera che viene anche confer-mata da indagini e sondaggi finalizzati allaconservazione del monumento28.Per considerare il recupero obiettivo delmonumento è necessario anche program-mare un’indagine verso elementi antichi emoderni cui associare eventi compiuti. Adifferenza però delle semplici stratificazio-ni interposte fra due o più limiti di unostesso edificio, il castello diventa un baci-no di deposito soggetto a continue trasfor-mazioni. In sostanza, pur ricavando datistratigrafici affidabili, non è da trascurareche questi provengono dai limiti nonnaturali delle unità stratigrafiche. Essesono in continuo rapporto con gli elemen-ti verticali e permettono un inquadramen-to multiperiodale che è possibile solo conlo scavo stratigrafico.La chiusura di una porta, per esempio, o lamessa in opera di pietre produce comeeffetto elementi orizzontali29 come pianidi malta e pietre angolari (schegge) simili aquelli ritrovati nel Saggio I del castello diTrani (US 200).Ora, questo metodo, sebbene unanime-mente riconosciuto, procede con un crite-rio di tipo random, vale a dire non ancorasistematico; il problema può essere consi-derato da alcuni non apprezzabile e mo-strerebbe forse interessi diversi nella piani-ficazione archeologica che, a questo punto,si rivela debole nei confronti della pubbli-ca opinione e di chi vuole ricavare unasostanza concreta, un dato sicuro da utiliz-zare per gli studi successivi. Il fatto checontinuino a sfuggire le possibilità con cui

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9. Bari, Castello. Le strutture abitative dell’XI-XII sec. rinvenute al disotto della Gipsoteca.

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l’archeologo del medioevo in Puglia e inBasilicata può costruire una storia realenon porta ad una valutazione complessivadei singoli fenomeni registrati. Iniziandodalle strutture murarie si comprende che ladestinazione con il passare del tempo puòvariare30 componendosi infine in elementoarchitettonico. Preso in sé, cioè come pro-dotto finale, resta inutilizzato, ma recenticampionature ad Egnazia (Fasano, prov. diBari) confermano che prosegue la tecnicacostruttiva a secco (datata al XVII-XVIIIsecolo) in sovrapposizione all’opera poligo-nale messapica con le medesime funzioni,cioè di limite urbano o di campo.Tuttavia ciò che si vuole chiarire non è lasemplice analisi dei procedimenti costrutti-vi, ma dei materiali e dei trattamenti utiliz-zati che condizionano l’intero paesaggio

urbano, e le pratiche edilizie nelle dimorerurali.È naturale che l’uso della strumentazione

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10. Castelfiorentino. L’abitato.

11. Il Castello di Lucera.

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riveli destinazioni ben distinte: proseguen-do con gli esempi un muretto iconostaticodell’XI secolo è lavorato con gradina, men-tre alcuni muri di fondazione seriore di uncentinaio di anni nella Cattedrale di Bi-tonto sono lavorati con martellina e iconci sono disposti su letti di posa dove sitende ad uniformare lo spessore dellamalta per ricavare un valore più elevato del“modulo”. Diversamente, nelle strutturefortificate “normanne” e “sveve”, oggettodel nostro studio, sono realizzati grossiconci a bugnato perfettamente squadaratie privi di stilatura, con un modulo che inetà aragonese diverrà più piccolo. A pro-posito delle tracce lasciate sul concio lavo-rato esse permettono di verificare la data-zione dello strumento di lavoro o di rico-struirne la forma, secondo alcune recentiesperienze francesi31 al fine di studiarnediffusione e possibilità di impiego. Rife-rendosi sempre ad indicazioni stratigrafi-che, capisaldi nell’analisi descrittiva e nellesintesi, si può accennare al problema delleorigini della bocciarda, le cui tracce sono

documentate in molte fortificazioni e abi-tazioni civili.Secondo Jean-Claude Bessac lo strumentoappare in Italia nel XVII secolo32 (ma forsesi dovrebbe approfondire la questione),quindi è possibile ipotizzare che il tipo delmartello puntinato potrebbe avere un’ori-gine più antica: lo scavo di un vano delcastello di Trani ha messo in luce alcuniproiettili in pietra bocciardata riferibili alperiodo VII, databile al XIV-XV secolo,ma un solo scavo non può essere né ele-mento datante né dato sicuro.Restiamo, per ora, ai soli dati forniti alcantiere del castello di Lucera, che oltre adocumentare modalità e tempi di esecu-zione dei lavori, offrono un quadro inte-ressante della vita del cantiere e della suaorganizzazione.

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12. Bari, Castello. Planimetrie degli scavi nel-l’ala nord con i resti della chiesa dell’XI sec.

13. La fase angioina del Castello di Lucera. Èda questo settore che possiamo ricavare maggioriinformazioni sui caratteri costruttivi della for-tezza.

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Molti lavori, ad esempio, erano concessiad extalium, cioè a cottimo, cui ad unlivello superiore era la figura del carpenta-rius come il magister carpentarius gallicusJean de Laum e l’ingenierius carpenteriusJean de Toul, il cui compito specifico erala costruzione degli ingenia o macchine disollevamento dei materiali; per la partetecnica sulle opere murarie vi sono magi-stri lutifiguli (artigiani di mattoni edembrici), muratores, fabricatores, incisores(tagliapietre, scalpellini), scappatores (cava-pietre), calcarii (addetti alle fornaci dicalce), intunacatores (intonacatori), fabbrie magistri qui bene sciant laborare finestrasvitrea...Di tutti questi e del loro lavoro, in parte acottimo, ne troviamo conferma con i con-trassegni lapicidi incisi dai tagliapietre suiblocchi lavorati ed utilizzati come canto-nali delle torri e degli stipiti delle porte. Icontrassegni permettevano al capocantieredi verificare il numero delle pietre lavoratein una giornata in modo da attribuire al-l’operaio il corrispondente pagamento33.Tra i vari segni sono evidenti le lettere, lecroci ed altri simboli, la cui unica classifi-cazione è quella operata da A. Haseloff34.Altre sono poi le esperienze che vannomaturando in seno all’archeologia35. Peresempio nel momento in cui si dovrà ope-rare una scelta nei sistemi di campionaturadelle malte, degli intonaci o di tutto quel-lo che possa interessare la costruzione(capriate, volte, murature, eccetera)36, ènecessario considerare un metodo giàapplicabile sotto qualsiasi forma di indagi-ne: i1 rilievo in scala 1:20 in base ad un

reticolo di 1,00 x 2,00 metri, può esserecircoscritto a tutti gli interventi post-clas-sici, dalla survey al saggio stratigrafico chepresenta difficoltà nelle sequenze cronolo-giche assolute. Tale analisi si imponequando ci troviamo di fronte a migliaia diunità stratigrafiche murarie (USM) docu-mentate a loro volta in una struttura mu-raria (UER, Unità Edilizia Riassuntiva)37

che si presenta in diversi “moduli”, cioècon diversi spessori di malta e letti di posadei blocchi38.Anche in questo caso è importante tenereconto che le ricerche effettuate nel territo-rio, iniziate nel 1991 in occasione delloscavo nel castello di Trani e quindi portatea termine soprattutto nella Terra di Bari,furono del tutto fortuite non appena ci siaccorse che sui materiali della stessa naturasi presentavano tracce diverse di lavorazio-ne. In primo luogo su quelli più antichisono riconoscibili la gradina (su pilastri eghiere di archivolti), l’ascia dentata e lamartellina a doppia punta (quest’ultimaritrovata sulle strutture murarie della catte-drale di Ruvo datate all’XI-XII secolo);manca l’ascia piana, utilizzata in monu-menti propriamente normanni. Sullestrutture più recenti del castello (XIXsecolo) evidente è la bocciarda (in maggiorpercentuale a superficie convessa).Per quel che riguarda le cave di estrazione,si ricorda quella sicuramente antica incontrada Lamadoro, presso Trani, dove laroccia è bituminosa ed assume un coloregrigio, che diventa, dopo l’estrazione, piùscuro. Cave dello stesso tipo si trovano aBari (contrada S. Francesco, Fesca e Quat-

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14. Brienza, il Castello con i resti della fortificazione dell’abitato.

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16. I potenti strati (US 2OO)effetto del lavoro di costruzionedel Castello di Trani ricopertida livelli di vita (US15).

15. Lucera, Castello. LaTorre della Leonessa conl’alto basamento inbugnato ed il rinforzo ascarpa nel XIX sec.

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17. Craco. L’abitato ai confini dell’antico insediamento medievale.

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18. Sistemi di campionatura di murature con rilievi a maglia di 1x2 metri in scala.a) abitazione del XVI sec. a Bitonto; b) muri d’ambito di Castel Lagopesole; c) mura bizantine diCanne della Battaglia; d) fondazioni del Castello di Canosa; e) Torre dei Minorenni del Castello diBari; f ) un vano del Castello di Barletta.

a b c

d e f

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tro Strade), Ruvo (contrada S. Lucia),Canosa (contrada Profico) e Bitonto (con-trade Pezza Santoro e Selva della Città).Un altro tipo di calcare, maggiormenteutilizzato, è quello compatto cretaceo agrana minuta, omogenea e cristallina, confrattura concoide, ottima per la lavorazio-ne a bugnato, le cui cave sono situate nellecontrade del Puro, Gesumaria e S. Angeloa Trani, l’Avvantaggio a sud di Barletta edanche ad Andria, Canosa, Terlizzi, Bitontoe Ruvo. A Lama Paterno di Trani esiste iltipo a grana ancora più fine, utilizzato perle cortine dell’impianto federiciano delcastello di Trani.Nell’area del Vulture pare non siano stateutilizzate cave di tipo diverso da quelle acielo aperto. Alcune piuttosto antiche

sono state rintracciate a sud e ad est dellastrada Venosa-Ripacandida, ed anche più anord in località Toppo di Mosca, compo-ste sia da calcareniti scuri che da pietriscoutilizzato come legante. Sul “Toppo diMonticchio” si trovano probabilmentecave in arenaria utilizzate per edificare laBadia di S. Ippolito a Monticchio e perl’ultimo rinforzo del castello omonimo. Imateriali vulcanici sono presenti nel fossa-to del castello di Melfi e sulla strada Rio-nero in Vulture-Ripacandida.Poiché una US verticale può essere com-posta anche da materiale terroso, una par-ticolare attenzione viene data al depositoarcheologico: in Italia la prima indagineche metteva in relazione i due materiali alfine di approfondire la genesi di una for-

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Archeologia e storia dei castelli

19. Iniziando dalle ricerche di R. Parenti, si procede all’analisi delle strutture in giacitura primaria.

Bitonto

Trani

PianoSubbia

GradinaTrani

Bitonto

Bitonto

Mazza Martellina Martellina apunta orizzontale

Bocciarda

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tezza e di registrare tecniche edilizie e rap-porti commerciali fu lo scavo del “cassero”senese di Grosseto che, sotto la cura diRiccardo Francovich e Sauro Gelichi, resti-tuì una miriade di informazioni sulla so-cietà e sull’economia medievali39.I diversi sviluppi della storia della culturamateriale, salvo il caso del palatium diOrdona, hanno comportato una serie dideduzioni stimolate dal rinvenimento for-tuito dei reperti e dall’intensificarsi direstauri di chiese e castelli.Descrivere quindi i dati generali, fornendoun quadro alquanto completo dei castelliscavati richiede una profonda riflessione enon pone che una visione problematicadel monumento. Le considerazioni di ca-rattere architettonico, per le quali ogni in-tervento è ascrivibile ad un periodo dibreve durata (federiciano, svevo, angioino,aragonese)40 o addirittura lunghissimo nel-l’accezione di “medievale”41 sono prive difondamento storico.Allo stato attuale solo gli scavi di Lucerahanno consentito così di definire una cro-nologia nella sequenza relativa alle acromedipinte a bande larghe (broad line) o stret-te (narrorw line) e nella invetriata unita aivasi-versatoio con tubolare obliquo42. Per iprimi due tipi, la sequenza è oggi ritenutasuperata, anche se questa classificazione hamostrato la sua validità. Contemporanea-mente ad una presunta e pur credibile ori-gine della maiolica in Italia, non si trascuriche l’impiego dello smalto stannifero fuproprio dell’Islam, ed è fuori di ogni dub-bio che attorno alla metà del XIII secoloessa appare in modo cospicuo in diverse

forme e tipologie decorative43. Nello scavodei castelli è utile studiarne la presenza e diconseguenza la sua diffusione negli altricentri culturali tenendo conto che moltiesemplari di vasellame non fanno parte del“quotidiano” dell’abitato, ma convivonoaccanto ad esso.Il ritrovamento di questi reperti attestainvece una condizione privilegiata, consi-derata secondo un metodo che proprioperché casuale (laddove dovrebbe essereinvece pianificato), non porta a tipologietecnologiche, ergologiche e architettonichedeterminate.Durante lo scavo del castello di Trani èstato possibile sperimentare alcuni sistemidi lettura dei suoli antichi e delle trasfor-mazioni strutturali, ma in altri siti non èstato possibile il medesimo intervento,vale a dire che non si è potuto verificare seessi siano da ritenersi collegabili a fattorinaturali o, al contrario, voluti dall’uomo.Gli eventi sono in maggior percentualedeterminati e pianificati, il che avvicina lostesso monumento alla condizione in cuisi trovano le stratificazioni urbane.Meno complesso è il sistema fortificatocaratterizzato dalle torri isolate come inAdelfia (BA) (secondo la tradizione erettanel 1146 nella contrada Canneto, a piantaquadrata) e Rutigliano, entrambe coronateda una serie di archetti pensili su mensoledove si innestano le caditoie su ogni lato44,mentre il castello di Mola presenta unaspetto abbastanza semplice. Di piantaquadrangolare con un nucleo originariofondato da Carlo I intorno al 1278, diesso vengono date le dimensioni l’8 giu-

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Archeologia e Storia dei castelli di Basilicata e Puglia

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20. Monticchio. Rinforzo esterno con fori per travicelli ad una fila di montanti del Castello.

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Archeologia e Storia dei castelli di Basilicata e Puglia

21. Monticchio. Le tre fasi edilizie del Castello. 22. Adelfia. La torre normanna ricostruita nelXIV sec.

23. Mola di Bari, Castello. Il cortile.

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Archeologia e storia dei castelli

gno 127745. Dopo alterne vicende (è statoposseduto dai Veneziani nel 1495 e dagliSpagnoli nel 1511), in seguito fu ulterior-mente ampliato tra il 1535 e il 1540, in-globando le vecchie torri46. Anche qui èstata documentata la presenza di ceramicanarrow line con l’invetriata policroma neltipo della brocca47.Sulle singole torri di Adelfia e Rutigliano,considerate del VII-VIII secolo ancora nei

repertori dei castelli, troviamo, invece unafelice intuizione a proposito della datazio-ne di una torre presso Castiglione in agrodi Conversano. La funzione del mastio,assimilabile alla torre centrale del castellodi Conversano, faceva notare che nel sitodi Castiglione la pianta quadrilatera e lasopraelevazione con blocchi mediamenteben rifiniti e beccatelli posti al livello delterzo ordine, riportava invece la datazione

24. Conversano. Il cortile centrale del castello.

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alla seconda metà del XIV secolo.Scavi sistematici, che hanno forse confusodiverse unità stratigrafiche riunendo quindianche i loro componenti, furono effettuatinel singolare complesso di Sannicandro diBari, già notato per l’originalità delle

forme, essendo un quadri-latero

centrale con una cinta turrita compostacomplessivamente da otto torri, di cui trefanno parte del complesso più antico. I1castello, che presenta vari aspetti icnografi-ci, a mio parere, simili a quello di Cegliedel Campo (frazione di Bari) sorse secon-do la leggenda su un antico casale, CastelMezardo, dove poi alcuni monaci fondaro-no S. Nicandro – è l’antico nome delpaese – e su cui successivamente lo strate-ga Piccinigli nel 916 fece costruire un for-tilizio a protezione della strada che collega-

va Bari con Taranto48. Fu con i Nor-manni che venne incluso fra le ventibaronie della Contea di Monte-scaglioso. Nel 1119 il feudo di S. Ni-candro è tenuto da Emma, sorella diRuggero II, e Ruggero Maccabeo

suo figlio; nel 1134 appartenne aGuido de Venusio, signore di Ca-

samassima, mentre nel periodosvevo non si sa nulla tranne la

probabilità che fosseappartenuto al-l’arcivescovo diBari nel 1225 enel 1242, dove èmenzionato inquest’ultimadata, un Grom-mando, Castal-do di S. Nican-dro49.

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Archeologia e Storia dei castelli di Basilicata e Puglia

25. Monticchio. Planimetria generale della collina del Castello, un’importante zona archeologica davalorizzare: A,B,C: percorsi di accesso; D: ingresso in direzione dell’abitato.

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26. Sannicandro di Bari. Lafortezza nel XIX sec.

27. Bari, Ceglie del Campo.Una torre del Castello.

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28. Manfredonia, Castello. Cortile centrale.

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Successivamente il castello è citato nel1277 quando Carlo I nomina Egidio diCapua alla custodia palatii nostri SanctiNicandri Terre Bari50.La fortuna ha voluto che il castello fosse inpieno centro storico, mostrando negliscavi ben dieci fasi di frequentazione cheininterrottamente partono dall’Età delFerro sino al XIX secolo51. A propositodella ceramica non sembra opportuno col-legare il ritrovamento del tipo narrow linecon l’attività di Federico II52, perché èstato dimostrato che questo reperto è unretaggio del vasaio locale e non una pecu-liarità del basso medioevo. La ceramica èin questo caso non il “fossile-guida”53, ma

un “fossile-guida”, cui associare l’invetriataper la quale però si possono riscontrareinfluenze e rapporti commerciali diretti,come nelle importanti Salapia, pressoManfredonia, e Trani, dove forse il contat-to con il mondo orientale è stato più fre-quente54. Il suo ritrovamento in particolariunità stratigrafiche (livelli d’incendio, stra-ti primari definiti di abbandono) consenteuna lettura della dinamica di formazionedel suolo e del deposito che è circoscrittaall’attività di bonifica o produzione dirifiuti (cortili del castello di Trani; cortileminore del castello di Lagopesole), eventiche rappresentano quindi livelli di vitaanziché di abbandono.

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29. Il Castello di Manfredonia.

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30. Manfredonia, Castello. L’intervento aragonese si impianta su quello precedente.

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I1 recupero della ceramica definita inve-triata policroma, databile al XIV secolo,portò alla conservazione di suddetto mate-riale durante gli sterri del castello diBrindisi, allo studio del castello di Oria55

e, recentemente, di Manfredonia56. ABrindisi il castello, costruito da Federico IIcon materiale di reimpiego, si protende sulmare con una pianta trapezia, e con pode-rosi torrioni angolari circondati da unlargo e profondo fossato.Abbiamo già assimilato il concetto che la

diversa ubicazione delle strutture ha resolo stato delle stratificazioni vario e perciòunico, sebbene le cause delle trasformazio-ni pavimentali e portanti siano da attribui-re ad eventi ben distinti: ogni castello èbacino di deposito e segue la morfologiadel territorio, della roccia con le sue pen-denze e le sue asperità, adattamento que-st’ultimo che si accentuerà volutamentenel castello-palazzo di Rocchetta S. An-tonio.

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31. Rocchetta Sant’Antonio, Castello D’Acquino.

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La ricerca diretta sul campo, lo studio delsito e dei suoi processi di formazione (e didegrado) dipendono anche dal dibattitostoriografico in merito al paesaggio e al-l’archeologia forestale, che si intenderàinoltre anche come studio dei sistemiannessi alle costruzioni, osservazioni rigo-rose messe a punto dalll’eccezionale con-tributo di Diego Moreno57. Simili ricerchericadono, oggi, nell’historical ecology cheha trovato nell’archeologia estensiva il suopiù grande sviluppo, il quale vede ancoranell’Italia meridionale alcune resistenzedovute ad un diverso approccio sulla geo-

grafia del popolamento.A completamento del paesaggio, accantoai castelli e alle abitazioni civili e religiose,non poteva mancare la foresta che haavuto un ruolo preminente nella societàmedievale58.A partire dall’età normanna i termini affo-restare, forestare e i toponimi di silva, fore-sta, gualdus, indicavano un territorio riser-vato legato al particolarismo feudale eccle-siastico e cittadino59. Senza soffermarsi alungo sul fondamento della ricerca, che haavuto uno sviluppo straordinario in dueinterventi apparsi sui Quaderni Storici,sotto la direzione esperta di DiegoMoreno60 e che ha ottenuto solo un ap-

32. Montescaglioso, Difesa San Biagio. Strutture preromane conservatesi sotto il bosco ormai scomparso.

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profondimento da parte di BenedettaCascella, si vuole qui piuttosto porre l’ac-cento da un punto di vista storico: è vero,infatti, che l’interesse per i boschi si accen-tuò in Italia meridionale con i successoridi Ruggero II i quali ponendolo comerisorsa finanziaria resero tale diritto più unsopruso che un privilegio. Fu Federico II acompletare il controllo diretto sul patri-monio boschivo, imponendo nelle Co-stituzioni melfitane del 1231 che omnianemora et pascua sunt curiae61. E Carlo Inon fece altro che proseguirne la politicalungo i territori dove allora si estendevano

i boschi: il Gargano, il SubappenninoDauno (Troia, Lucera, Bovino, Guardiola,Salpi, Ascoli, Ordona), la Murgia barese(Minervino, Bitonto, Castel del Monte,Spinazzola, Canosa, Corato, Gravina, Cas-sano), il Salento (Ugento, Salvia, Taranto,Oria, Belvedere) e la Basilicata (La-gopesole, Guasto, Vitalba, Pietragalla,Melfi, Palazzo San Gervasio)62.Si riscontra così la presenza del leccio(quercus ilex), dei querceti a fragno (quer-cus trojana), della ghianna (quercus pube-scens), del frassino (fraxinus ornus), dellasughera (quercus suber), dei faggi (fagus

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Archeologia e storia dei castelli

33. Montescaglioso, Difesa San Biagio. Necropoli con bosco residuale.

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latifolia) e tra la flora spontanea il lentisco(pistacia lentiscus), il rovo (rubus frutico-sus), il cappero (capparis spinosa) e il mirto(mirtus communis).Un lavoro che l’archeologia dovrebbecompiere è quello di evidenziare, attraver-so la toponomastica e la fotografia storicaaffiancate alla survey, le trasformazioni cheha subìto il paesaggio agrario. Poiché iboschi sono importanti per l’alimentazio-ne umana e anche animale, possiamocomprendere che l’attuale forte antropiz-zazione della copertura vegetale portaverso una falsa storia del sito. Una recenteesperienza di scavo condotta dalla Scuoladi Specializzazione in Archeologia del-l’Università della Basilicata nella DifesaSan Biagio presso Montescaglioso, hadimostrato che il bosco medievale (oggiscomparso) si impiantò su un insediamen-to classico conservando le vestigia antichee i caratteri della topografia naturale (sta-gni, depressioni, sistema viario)63; pertantoil sito non è stato sempre necessariamenteun bosco.Se, dunque, «un bosco è parte della societàlocale»64 esso può anche consentire unapiù agevole lettura del paesaggio (in quan-to dimensione geografico-ambientale) sug-gerendone anche una possibile storia, equindi far considerare quei fattori di de-gradazione che vengono inclusi nella storiadegli usi del suolo.La necessità di attingere all’osservazioneetnografica, alla decifrazione toponomasti-ca e all’iconografia storica per trovare ifondamenti di un’ipotesi di datazione dellestrutture indagate, ha avuto significato

soprattutto per lo studio di quell’ediliziadegli insediamenti abbandonati intesicome documenti storici per risposta adalcuni problemi di utilizzo delle colturelegnose nei centri abitati (si pensi allecampionature effettuate a Craco, Campo-maggiore e Trani).Le ragioni della trasformazione, dovutealla coltura seminativa e intensiva, nongiustificherebbero più costruzioni di gran-di castelli, giacché essi nacquero per vici-nanza con piante d’alto fusto, che si con-servano ancora in Basilicata, come il cerro(quercus cerris), il farnetto (quercusfarnetto), e altre varietà di querce, castagnied elci accompagnate da sparto (lygeumspartum), ginestra (genista saggittalis), asfo-delo (asphodelina liburnica) e, oltre i centometri, faggeta (fagus silvatica) e abete bian-co (abies alba).Ma se ciò resta un buon campo di ricerca,solo di recente si affrontano i problemi delpaesaggio, come dimostrano gli studi sulGargano dove sono presenti pochi resti diun immenso bosco noto nel medioevo65.Mi sembra opportuno rilevare che le con-siderazioni che saranno fornite nelle pagi-ne successive tenteranno solo di arricchireed innovare, come fonti storiche, quelleche si sono prodotte realmente sul terreno.

1) Cfr. J. M. MARTIN-G. NOYE, La Capitanata nella storiadel Mezzogiorno mediedievale, Bari 1991, passim.

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2) Tali fenomeni sono ottimamentedescritti da C. WICKHAM, Castelli eincastellamento nell’Italia centrale: laproblematica storica, in R. FRANCO-VICH(ed.), Archeologia e storia delMedioevo italiano, Urbino 1987, p.94. Ho dovuto invertire i primi duepunti, anche se non è da escludereche essi possono convivere per ra-gioni intrinseche alla natura e all’at-teggiamento dell’insediamento difarsi fortificare: M. DEL TREPPO,Frazionamento dell’unità curtense,incastellamento e formazioni signorilisui beni dell’Abbazia di San Vin-cenzo al Volturno tra X e XI secolo, inG. ROSSETTI(ed.), Forme di potere estruttura sociale in Italia nel Medio-evo, Bologna 1977, p. 286 sgg.; inquesto studio l’autore ipotizzò che iLongobardi si fossero insediati inantichi castelli romani per far frontead infiltrazioni bizantine. Per tuttaquesta problematica si vedano ifondamentali saggi di M. DEL

TREPPO, La vita economica e socialein una grande abbazia del Mez-zogiorno: San Vincenzo al Volturnonell’Alto Medioevo , in ArchivioStorico per le Province Napoletane,LXXXIV, 1956, pp. 31-110; A. A.SETTIA, Castelli e villaggi nell’Italiapadana. Popolamento, potere e si-curezza fra IX e XIII secolo, Napoli1984; C. WICKHAM, I1 problemadell’incastellamento nell’Italia centra-le. L’esempio di San Vincenzo al Vol-turno, Studi sulla società degli Ap-pennini nell’alto medioevo. II, Fi-renze 1985; in parallelo L. FELLER,Casaux et castra dans les Abruzzes:

San Salvatore a Maiella et San Cle-mente a Casauria (XIe-XIIIe siècle),in Mèlanges de l’Ecole Française deRome-Moyen Age-Temps Modernes,97, 1985, pp. 185-192; ID., L’“inca-stellamento” inachevé des Abruzzes,in Archeologia Medievale, XVI,1989, pp. 121-136; P. NATELLA-P.PEDUTO, Il problema dell’insedia-mento e il sistema castrense altome-dievale, in Atti del IV CongressoInternazionale. Castelli e vita di Ca-stello. Testimonianze storiche e proget-ti ambientali, (Napoli-Salerno,ottobre 1985), Castella 45, Roma1994, pp. 401-412.

3) P. CORSI, La spedizione italiana diCostante II, Bologna 1977.

4) A. GUILLOU, Città e campagnanell’Italia meridionale bizantina:(VI-XI secolo). Dalle collettività rura-li alla collettività urbana, in Habitat-Strutture-Territorio, Atti del IIIConvegno Internazionale di Studisulla Civiltà Rupestre medievale nelMezzogiorno, Galatina 1978, pp.27-40; ID., La Puglia e Bisanzio, inC. D. FONSECA(ed.), La Puglia traBisanzio e l’Occidente, Milano 1980,pp. 5-36.

5) BERNARDUS MONACHUS FRANCUS,Itinerarium in loca sancta anno 870factum, in T. TOBLER-A. MOLI-NIER(eds.), Itinera Hierosolymitanalatina, I, 1879, p. 310.

6) Sull’emirato barese, G. MUSCA,L’emirato di Bari (847-871), Bari1964.

7) A. GUILLOU, La seconda colonizza-zione bizantina nell’Italia meridio-nale, in La civiltà rupestre medievale

nel Mezzogiorno d’Italia: ricerche eproblemi, Atti del I Convegno In-ternazionale di studi sulla CiviltàRupestre medievale nel Mezzogiornod’Italia, Genova 1975, pp. 27-44;ID., Aspetti della civiltà bizantina inItalia. Società e Cultura, Bari 1977;V. VON FALKENHAUSEN, La domi-nazione bizantina nell’Italia meri-dionale dal IX all’XI secolo, Bari1978. Su Taranto, EAD., Taranto inepoca bizantina, in Studi Medievali,IX, 1968, in part. pp. 138-139 ePASSIM.

8) R. LICINIO, Bari e il suo castello:scelte insediative problemi politici,funzioni istituzionali. Parte I. Dal-l’età prenormanna agli ultimi svevi,in Annali della Facoltà di Lettere eFilosofia dell’Università degli Studidi Bari, XXX, 1988, p. 221 sgg.

9) Codice Diplomatico Barese, V, n.32, a. 1099.

10) J. M. MARTIN-G. NOYÈ, Vaccarizza(Monte Castellaccio, comune diTroia, prov.di Foggia), in Mèlangesde l’Ecole Française de Rome, Moyen-Age, 98, 1986, pp. 1225-1231; G.NOYÈ, Recherches sur le site de Vac-carizza, in Profili della Daunia An-tica, II, Foggia 1986, pp. 91-115.

11) Cfr. R. LICINIO, Castelli Medievali.Puglia e Basilicata: dai Normanni aFederico II e Carlo I d’Angiò, Bari1994, passim.

12) J. M. MARTIN, L’ impronta norman-na sul territorio, in I Normannipopolo d’Europa. MXXX-MCC, acura di M. D’Onofrio, Venezia1994, p. 216.

13) R. LICINIO, Bari e il suo castello...,

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NOTE AL CAPITOLO PRIMO

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cit. a nota 8, p. 228.14) G. BACILE DI CASTIGLIONE, Castelli

pugliesi, Roma 1927, p. 42. Sulcastello di Bari è in corso di stampauna monografia specifica di M. S.Calò Mariani, G. B. De Tommasi,R. Iorio, R. Licinio e R. Mola, masi vedano G. PETRONI, Della storiadi Bari dagli antichi tempi sinoall’anno 1856, I-II, Napoli 1857-58; M. GERVASIO, Il castello di Bari,Bari 1927; F. SCHETTINI, Per la sto-ria del castello di Bari, in ArchivioStorico Pugliese, I, 1948, pp. 121-133; ID., Il Castello di Bari, Bari1964; A. HASELOFF, in Architetturasveva nell’Italia meridionale, a curadi M. S. CALÒ MARIANI, Bari,1992, Appendice, pp. 411-429.

15) Cfr. Capitolo Quarto, p. 108.16) A. WILLEMSEN, I castelli di Federico

II nell’Italia meridionale, Napoli1979, p. 27; M. S. CALÒ MARIANI,in F. TATEO(ed.), Storia di Bari. 2.Dalla conquista normanna al ducatosforzesco, Roma-Bari 1990, p. 328sgg.

17) A. FORNARO, in AA.VV., Restauriin Puglia, II, Fasano 1986, fig.8.50.

18) Per l’acroma e l’invetriata policro-ma, M. R. SALVATORE, Ceramicamedievale da alcuni restauri e recupe-ri in Puglia e Basilicata, in Faenza,XVI, 1980, pp. 51-57; quanto allaprotomaiolica ho avuto modo diriscontrarne la presenza seguendosu richiesta del Soprintendente aiBAAAS della Puglia arch. Robertodi Paola, l’estensione dei saggi discavo sotto la Gipsoteca nel luglio-agosto 1993; per la graffita, unesemplare è pubblicato in AA.VV.,Restauri in Puglia..., cit. a nota 17,fig. 8.53. Altri dati, da rivedere,sono in A. FORNARO-M. G. DI

CAPUA, Castello, in AA.VV., Ar-cheologia di una città. Bari dalle ori-gini al X secolo, Bari 1988, pp. 574-580.

19) A. PEPE, in F. TATEO(ed.), Storia diBari..., cit. a nota 16, p. 348, fig.55. Recenti scavi (1991) hanno pre-sentato le medesime stratificazioni.A proposito della continuità inse-

diativa, tema assai caro all’archeolo-gia stratigrafica e alla storia, signifi-cativa è la notizia del monaco Gio-vanni e di Romualdo salernitanoper cui i Normanni edificarono icastelli in quei luoghi conquistatilasciandone la denominazioneimmutata: JOHANNES MONACHUS

S. VINCENTII, Chronicon Vultur-nense, in F.S.I., I, ed. V. FEDERI-CI, Roma 1925, p. 231; ROMUAL-DUS SALERNITANUS, Chronicon, inR.I.S, ed. C. A. GARUFI, VII, parteI, Città di Castello 1909-1935, p.197.

20) Cit. a nota 14.21) J. M. MARTIN-G. NOYÈ, La Capi-

tanata..., cit. a nota 1, ma si con-frontino le considerazioni di P.CAMMAROSANO, Problemi di conver-genza interdisciplinare nello studiodei castelli, in R. COMBA-A. A.SETTIA(eds.), Castelli. Storia e ar-cheologia, Torino 1984, pp. 11-25.

22) M. S. CALÒ MARIANI, Archeologia,storia e storia dell’arte medievale inCapitanata, in A. HASELOFF, cit. anota 14, p. XX.

23) J. MERTENS, Deux monuments d’è-poque mèdièvale à Ordona (Apulie),in Bullettin de 1’Institut HistoriqueBelge de Rome, 44, 1974, pp. 405-421.

24) F. SARRE, L’arte mussulmana nel suddell’Italia e in Sicilia, in ArchivioStorico per la Calabria e la Lucania,III, 1933, pp. 441-447; D. WHITE-HOUSE, Ceramiche e vetri medioevaliprovenienti dal Castello di Lucera, inBollettino d’Arte, 1966, p. 176 e fig.29; U. SCERRATO, Arte islamica inItalia, in di F. GABRIELI-U. SCER-RATO(eds.), Gli Arabi in Italia, Mi-lano 1979, in particolare le pp.399-344 (figg. 280-286-287-288-364-365-366).

25) D. B. JONES, Apulia. Neolithic Set-tlements in the Tavoliere, I, London1987, p. 143 sgg.; M. D. MARIN,Un angolo della Daunia anteriore alperiodo federiciano: Teanum Apu-lum, Luceria, Arpi, in Federico II eFiorentino, Atti del Primo Conve-gno di Studi Medievali della Capi-tanata, a cura di M. S. Calò Maria-

ni, Galatina 1985, pp. 55-77; cfr. ilvolume Lucera dal tardoanticoall’Altomedioevo, Atti del Diciotte-simo Convegno della Storia del cri-stianesimo in Puglia, Lucera 1987.

26) V. DEL POZZO, Il castello lucerino,Napoli 1858; B. COLASANTO, Storiadell’antica Lucera, Lucera 1894; G.GIFUNI, La fortezza di Lucera, in Levie d’Italia, XXXIX, 1933, pp. 925-932; S. FOLLIERO, Il castello di Lu-cera, in Bollettino dell’Istituto Mi-litare dell’Arma e del Genio, 17,1951, pp. 39-51; L. SANTORO, Ca-stelli angioini e aragonesi nel Regnodi Napoli, Milano 1982, pp. 56-60.

27) P. EGIDI, La colonia saracena diLucera e la sua distruzione, in Ar-chivio Storico per le Province Na-poletane, 1911, pp. 597-697; ID.,Codice Diplomatico dei Saraceni diLucera (1285-1343), Napoli 1917;A. ABBATANTUONO, I Saraceni inPuglia, in Japigia, II, 1931, pp.328-339; R. BEVERE, Ancora sullacausa della distruzione della coloniasaracena di Lucera, in Archivio Sto-rico per le Province Napoletane, 60,1935, pp. 222-228; F. GABRIELI, Lacolonia saracena di Lucera e la suafine, in Archivio Storico Pugliese,XXX, 1977, pp. 169-175.

28) La Calò Mariani, nell’introduzioneall’opera di Haseloff, cit. a nota 22,p. XXX, riferisce anche della pre-senza del «capannone da guerra, lelogge dei carpentieri e degli scalpel-lini, la fucina del fabbro, le scude-rie», il cui studio può davvero for-nirci indicazioni utili per lo studiodella fortezza. Sulla valutazione deldeposito archeologico, si consulti J.D. B. JONES, Apulia..., cit. a nota25, fig. 75 (è calcolato in circa m.2,60).

29) G. P. BROGIOLO, Archeologia dell’e-dilizia storica , Como 1988; R.FRANCOVICH-R. PARENTI(eds.), Ar-cheologia e restauro dei monumenti, ICiclo di lezioni sulla Ricerca applica-ta in archeologia, Firenze 1988; T.MANNONI, Caratteri costruttivi del-l’Edilizia storica (Archeologia del-l’Architettura), Genova 1994.

30) A. A. SETTIA, Castelli medievali, un

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problema storiografico, in Quadernimedievali, 5, 1978, p. 117.

31) Seminario del prof. Giovanni Cop-pola titolare della Cattedra di Storiadell’architettura e dell’urbanisticamedievali presso la Scuola di Spe-cializzazione in Archeologia dell’Uni-versità della Basilicata, a.a. 1993/94.

32) Cfr. P. NOËL, Technologie de la Pier-re de Taille, in Dictionaire des termescouramment employès dans l’extrac-tion, l’emploi et la conservation de lapierre de taille, Paris 1968, p. 67; J.C. BESSAC, L’outillage traditionneldu tailleur de pierre de l’Antiquitè ànos jours, in Revue Archelogique deNarbonnaise, suplement 14, 1987,pp. 76-85. Ringrazio il prof. Gio-vanni Coppola per avermi fornitoquesti due importanti contributi.

33) Un’indagine sistematica con relativaclassificazione dei contrassegni lapi-cidi è stata recentemente condottasu numerosi monumenti normanni.A tal proposito si consulti: G.COPPOLA-J. Y. MARIN, Les signeslapidaires sur les monuments de Caen(XIe-XIIe), in Revue Archeologiquede l’Ouest, 7, 1990, pp. 101-109.

34) A. HASELOFF, cit. a nota 14, pp.300-304 e fig. 57.

35) Gli interventi non sono del tuttopianificati, poiché legati ancora alleindagini che vengono effettuate neimonumenti per conto delle soprin-tendenze e in scavi di emergenza.Cfr. solamente A. AMBROSI-E. DE-GANO, Les marques des tailleurs depierre au Moyen-Age dans lesPouilles, in Acta del Coloquio In-tenacional de glyptografia de Po-tevedra (Julio 1986), 1988, pp. 497-507.

36) Si vedano seguenti lavori apparsinella rivista Archeologia Medievale:F. BONORA, Nota su un’archeologiadell’edilizia, VI, 1979, pp.171-182;I. FERRANDO CABONA, Tecniched’indagine per un’archeologia dell’edi-lizia povera. L’analisi dendrocronolo-gica, VIII, 1981, pp. 605-620; D.ANDREWS, L’archeologia della cittàbassomedievale, X, 1983, pp. 125-142; S. FOSSATI, Possibilità di datarecomplessi di mattoni, XI, 1984, p.

395; T. MANNONI, Metodi di data-zione dell’edilizia storica, XI, 1984,pp. 396-404; S. FOSSATI, La data-zione dei mattoni: una proposta dimetodo, XII, 1985, pp. 731-736; T.MANNONI, Archeologia della. produ-zione, XIV, 1987, pp. 559-564; I.FERRANDO CABONA-T. MANNONI-R. PAGELLA, Cronotipologia, XVI,1989, pp. 647-662; R. RICCI, Com-posizione e datazione delle malte edegli intonaci in Liguria. Nota 1,XVI, 1989, pp. 663-674; F. GHI-SLANZONI-D. PITTALUGA, Un meto-do di datazione del patrimonio edili-zio: la curva mensiocronologica deimattoni in Liguria, XVI, 1989, pp.675-682; D. PITTALUGA-F. GHI-SLANZONI, Mensiocronologia deimattoni: la statistica applicata all’a-nalisi, XVIII, 1991, pp. 683-686.

37) Secondo una scheda dell’Insegna-mento di Archeologia Medievaledell’Università di Siena (prof. Ric-cardo Francovich).

38) R. PARENTI, Le tecniche di documen-tazione per una lettura grafica dell’e-levato, in di R. FRANCOVICH-R.PARENTI(eds. ), Archeologia e restau-ro dei monumenti..., cit. a nota 29,pp. 249-279. Nel testo è stata uti-lizzata la terminologia fornita in P.ROCKWELL, Lavorare la pietra,Roma 1989; U. MENICALLI, I mate-riali dell’edilizia storica, Roma1992.

39) R. FRANCOVICH-S. GELICHI, Ar-cheologia e storia di un monumentomediceo. Gli scavi nel “cassero” senesedella Fortezza di Grosseto, Bari1980. Della presenza di un “muro”di terra in Puglia, ad Egnazia, si èdata notizia (con riferimenti strati-grafici) in P. RESCIO, Città altome-dievali: prima valutazione di depositiarcheologici , elaborato per laCattedra di Metodologia e tecnicadello scavo, Scuola di Specializ-zazione in Archeologia, Universitàdella Basilicata, a. a. 1993/94. Re-latore Prof. Paul Arthur.

40) H. BLAKE, Archelogia e storia, inQuaderni Medievali, 12, 1981, pp.136-151.

41) A. A. SETTIA, Castelli medievali...,

cit. a nota 30, passim.42) F. D’ANGELO, Ceramica e vetro, in

Uomo e ambiente nel Mezzogiornonormanno-svevo, Atti delle ottavegiornate normanno-sveve, Bari1989, pp. 273-291.

43) Ibidem.44) Adelfia: AA.VV., Restauri in Pu-

glia..., cit. a nota 17, pp. 15-16;Rutigliano: R. DE VITA(ed.), Ca-stelli, torri ed opere fortificate di Pu-glia, Bari 1984 (2a edizione), s.v.

45) E. STHAMER, Dokumente zur Ge-schichte der Kastellbauten. KaiserFriedrich II. und Karl I.von Anjou(Ergänzungsband II, in Die Bautender Hoenstaufen in Unteritalien),band II, Apulien und Basilicata,Leipzig 1926, n. 573 e 584.

46) G. DE TOMMASI, Mola di Bari(BA), Castello, in AA.VV., Restauriin Puglia..., cit., a nota 17, pp. 178-182.

47) R. SALVATORE, Ceramica..., cit. anota 18, p. 255.

48) G. SCALERA, Notizie storiche sullaterra di San Nicandro di Bari, Palodel Colle (Ba) 1900. Sul problemadella datazione della torre di Ca-stiglione si veda E. DEGANO, Ca-ratteristiche tipologiche e costruttivedi Torre di Castiglione, in V. L’AB-BATE(ed.), Società, cultura, economianella Puglia medievale, Bari 1985,pp. 337-354.

49) Codice Diplomatico Barese, VI, n.74, a. 1242; G. BACILE DI CASTI-GIONE, Castelli pugliesi..., cit. a nota14, p. 251.

50) F. CARABELLESE, I1 restauro angioi-no dei castelli di Puglia, in l’Arte, XI,1908, pp. 367-372; nello stessoanno si trova confermato a Janno-ctus de Culant, figlio di Arnolfo; nel1283 a Guido de Arcellis e ad Iveriode Mignach; nel 1289 ad AnseImode Chevreuse (Caprosia); nel 1293 aBaldovino d’Alagni, sino a ritornarenel 1415 alla Basilica di San Nicola.

51) AA. VV., Restauri in Puglia..., cit. anota 17, pp. 203-225.

52) G. MAETZKE, Problemi relativi allostudio della ceramica nell’Italia meri-dionale nei secoli XI-XIII, in Rug-gero il Gran Conte e l’inizio dello

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Stato normanno, Atti delle secondegiornate normanno-sveve, Bari1991 (2a edizione), pp. 79-104.

53) Cfr. a proposito S. DI LERNIA,L’indicatore ceramico nell’archeologiamineraria: il caso-studio della De-fensola-Vieste (FG), in Rassegna diArcheologia, 11, 1993, pp. 45-65.

54) P. RESCIO, Trani (Bari). Castello, inTaras, XIV, 1, 1994, pp. 164-166.Su Salapia cfr. P. RESCIO, Reperticeramici da Salapia medievale, in laCapitanata, XXV, 1997, pp. 315-348.

55) Brindisi: S. PATITUCCI UGGERI, Laceramica a Brindisi in epoca federi-ciana, in Federico II..., a cura di M.S. CALÒ MARIANI, cit. a nota 28,pp. 221-225; Oria: R. FORLEO,Oria e il suo castello medievale, inRassegna Tecnica Pugliese, 6, 1907,pp. 82-92.

56) G. ABATINO, Il castello di Manfre-donia, in Napoli Nobilissima, XI,1902, pp. 44-45; A. HASELOFF, Ar-chitettura sveva...,cit. a nota 14, pp.387-407; L. SANTORO, Castelli an-gioini e aragonesi..., cit. a nota 26,passim.

57) D. MORENO, Dal documento al ter-reno. Storia e archeologia dei sistemiagro-silvo-pastorali, Bologna 1990.

58) R. BECHMANN, Le radici delle catte-drali, Casale Monferrato 1984, pp.1-117; M. MONTANARI, Uomini,terre, boschi nell’Occidente medieva-le, Catania 1992.

59) P. CORRAO, Boschi e legno, in Uomoe ambiente..., cit. a nota 40, pp.135-164; sull’amministrazione deiboschi, B. CASCELLA, I “magistriforestarii” e la gestione delle foreste, inR. LICINIO(ed.), Castelli, foreste e

masserie. Potere centrale e funzionariperiferici nella Puglia del XIII secolo,Bari 1991, pp. 47-94.

60) A tal proposito si segnalano gliinterventi apparsi su “QuaderniStorici”, n° 49 e 62 rispettivamentedel 1992 e del 1986. D. MORENO,Storia e archeologia forestale; O.RACKHAM, Boschi e storia dei sistemisilvo pastorali in Inghilterra; F.SIGAUT, Gli alberi da foraggio inEuropa: significato tecnico ed econo-mico; E. CORENA, Il contributo delladendocronologia alla storia del pae-saggio silvo-pastorale cisalpino (XVI-XIX secolo); G. FILIPPI, Un canaleper la fluitazione nell’appenninobolognese. Primi rilievi; P. PIUSSI,Utilizzazione del bosco e trasforma-zione del paesaggio. Il caso di Mon-tefalcone (XVII-XIX secolo) ; H.KILIANN, Una innovazione selvicol-turale: l’introduzione della sega nel-l’Europa centro-settentrionale (XV-XIX secolo); D. MORENO, Querce co-me olivi. Sulla rovericoltura in Ligu-ria tra XVIII e XIV secolo ; S.ANSELMI-E. BIONDI-R. PACI, Forestee boschi nella bassa Vallesina del’400: fonti cartografiche e resti sub-fossili. Su “Quaderni Storici”, 62,1986; D. MORENO, Boschi, storia earcheologia. Riprese, continuità, atte-se; P. PIUSSI-S. STIAVELLI, Dal docu-mento al terreno. Archeologia delbosco delle Pianora (colline delleCerbaie, Pisa); P. DI MARTINO,“Pascoli boscosi del Molise”. Pratichesilvo-pastorali nella foresta di Mon-tedimezzo (XVII-XIX secolo); M.AGNOLETTI-E. TOGNOTTI-A. ZAN-ZI SULLI, Appunti per una storia deltrasporto di legname in Val di Fiem-

me; J. D. HUGHES, Storici e storiaambientale. L’“American Society forEnviromental History”; W. LIN-NARD, Testimonianze etnografiche estoria forestale: il caso del Galles. Per l’Italia meridionale si veda: R.TRIFONE, Diritti d’uso delle foreste,Napoli 1913; P. TOUBERT, Paysagesruraux et techniques des productionen Italie Mèridionale dans la secondemoitiè du XII siècle, in Potere Societàe Popolo nell’età dei due Guglielmi,Atti delle quarte giornate norman-no-sveve, Bari 1981, pp. 201-229;M. MONTANARI, Campagne medie-vali, Torino 1984; AA. VV., Il bosconel Medioevo, Bologna 1988.

61) H. ZUG TUCCI, La caccia da benecomune a privilegio, in Storia d’Ita-lia. Annali 6, Torino 1983, pp.399-445; B. CASCELLA, I “magistriforestarii”..., cit. a nota 59, p. 59; P.GALLONI, Il cervo e il lupo. Caccia ecultura nobiliare nel Medioevo, Ro-ma-Bari 1993.

62) Ibidem .63) R. LICINIO, L’organizzazione del ter-

ritorio fra XIII e XIV secolo, in C. D.FONSECA(ed.), La Puglia tra Medio-evo ed Età moderna.Città e Campa-gna, Milano 1981, pp. 226-228.

64) Le ricerche, ancora in corso, sonodirette da chi scrive.

65) Cfr. ad esempio, N. ANGELICCHIO-N. BISCOTTI-F. FIORENTINO, Pae-saggio del Gargano, Fasano 1993;AA. VV., Archeologia del paesaggio,Firenze 1991.

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Archeologia e Storia dei castelli di Basilicata e Puglia

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