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ARCA DELL’ALLEANZA Diego Marin G.R.A & PANGEA

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ARCA DELL’ALLEANZA

Diego Marin

G.R.A & PANGEA

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Capitolo Primo

Faranno dunque un'arca di legno di acacia: avrà due cubiti e mezzo

di lunghezza, un cubito e mezzo di larghezza, un cubito e mezzo di

altezza. La rivestirai d'oro puro: dentro e fuori la rivestirai e le farai

intorno un bordo d'oro. Farai due cherubini d'oro: li farai lavorati a

martello sulle due estremità del coperchio. Io ti darò convegno

appunto in quel luogo: parlerò con te da sopra il propiziatorio, in

mezzo ai due cherubini che saranno sull'arca della Testimonianza,

ti darò i miei ordini riguardo agli Israeliti.

Esodo 25, 10; 11; 18; 22

BREVE STORIA DELL’ARCA

DELL’ALLEANZA

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1. I modelli egizi

L’Arca dell’alleanza era lo scrigno contenente le tavole dei dieci comandamenti,

adorato dagli Israeliti come l’incarnazione di Yaweh. In legno d’acacia,

incastonata dentro e fuori di oro zecchino era sormontata da due cherubini in

oro ai lati del coperchio. Nella Bibbia la si descrive ardente di fuoco, capace di

provocare tumori e ferite, di abbattere montagne e fermare il corso dei fiumi,

distruggere eserciti e città. Fu costruita da Bezaleel di Giuda durante la

traversata del deserto del Sinai sulla base di un modello egizio.

E’ stato più volte suggerito che le piramidi siano state edificate a copertura di pre-esistenti torri; a tal proposito leggiamo in Enoch, cap XXII:

egli mi mostrò, in occidente [della Siria] un’altra grande ed alta torre di dura roccia di granito. E vi erano in essa quattro cavità vuote, profonde, ampie e molto levigate: tre di esse erano buie e una luminosa e in essa vi era una vasca di acqua proprio nel mezzo. […] Queste cavità sono state create proprio per questo scopo, che gli spiriti delle anime dei morti vi si riuniscano all’interno, sì, affinché tutte le anime dei figli dell’uomo qui si raccolgano. […] ognuna è divisa dalle altre.

Se confrontiamo questo passo con una sezione della piramide di Cheope notiamo come esso si possa riferire alla Camera del Re, luminosa con una vasca nel mezzo, il presunto sarcofago, ed alle sovrastanti camere oscure cosiddette “di scarico”. Tutte queste stanze sono levigate e costruite con blocchi di granito dalle 20 alle 80 tonnellate, quando il resto della struttura è di calcare, con blocchi dalle 2 alle 4 tonnellate. Trivellazioni eseguite sulle pareti della camera hanno mostrato l’esistenza di un’intercapedine di sabbia tra il granito ed il calcare, suggerendo che la piramide sia la copertura della torre dei morti. La “festa della torre dei morti” era regolarmente celebrata nell’Egitto antico. Al cap. LXXXIX, si legge ancora:

E una torre alta e grande fu costruita sulla casa per il Signore delle pecore. Quella casa era bassa mentre la torre era alta ed elevata e il Signore delle pecore abitava in quella torre ed essi gli facevano offerte d’ogni genere.

Nonostante questo passo si riferisca al tempio di Gerusalemme, rimane da notare una singolare coincidenza: quando nella Bibbia si parla di una presenza fisica del Signore, ci si riferisce all’Arca dell’Alleanza. Quindi il passo connette l’Arca dell’Alleanza ad un suo modello precedente, che si trovava in una torre, quando nel tempio di Salomone a quanto pare non vi era una torre degna di nota. Curiosamente il cosiddetto sarcofago o la vasca nella camera del Re si adatta perfettamente alle misure  dell’Arca.

Nel 1922 Howard Carter scoprì il sepolcro di Tutankhamon (regnò dal 1352 al 1343 a.C.), il cui tesoro è ora conservato nel Museo del Cairo. Esso comprende dozzine di scrigni simili all’arca, alcuni con paletti per il trasporto. Quattro tombe erano poste in origine l’una dentro l’altra per contenervi il sarcofago, fatte di legno e rivestite dentro e fuori di oro zecchino. Sulle porte e sulle pareti posteriori delle tombe sono presenti le figure di due divinità alate (Iside e Nephthys) con le ali aperte e rivolte verso l’alto, proprio come i cherubini dell’Arca. Proprio come i cherubini sono rivolte l’una verso l’altra e realizzate in oro battuto. In Egitto le arche, dalla forma di scrigni o vere e proprie imbarcazioni, erano impiegate nella festa dell’Apet in concomitanza al culmine della piena annuale del Nilo. Portate a spalla dai sacerdoti, contenevano statuette in pietra delle divinità ed erano accompagnate da sistri ed altri strumenti musicali identici a quelli impiegati nella celebrazione ortodossa etiope del Timkat. Lo studioso ebraico Julian Morgenstern in The Book of Covenant riporta:

La tradizione delle due sacre Tavole di pietra contenute nell’Arca porterebbe alla conclusione che il contenuto originario dell’Arca deve essere stato una pietra sacra… [che] era concepita sia come la divinità stessa, sia come l’oggetto in cui si pensava che la divinità stesse in permanenza.

Ad entrambe le processioni si esibivano acrobati e la gente cantava e ballava battendo le mani, fino a dei corsi d’acqua dove si compivano complessi rituali.

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A.H. Sayce, ex professore aggiunto di Filologia ad Oxford, conferma che la legge e i rituali degli Israeliti, nonché l’idea dell’Arca erano derivati da molte fonti, feste e cerimonie egizie. Inoltre, uno dei termini usati per indicare l’Arca è “Tabot”, che deriva da “Tapet”, il femminile di Apet con cui nell’età di Tutankhamon e Mosè si indicava il complesso di Luxor e Karnak, poi modernizzato in Tebe, centro di celebrazione dell’Apet.

Tutmose III raccontò di come il dio Amon lo avesse prescelto da giovinetto quale nuovo dominatore della nazione. Essendogli riservata un’educazione religiosa, in preparazione del futuro sacerdozio, egli era solito frequentare il grande tempio eretto dal capomastro Ineni in onore del nonno. Qui fu un giorno testimone di una cerimonia sacrificale celebrata dal padre in onore del dio Amon, che fu fatto entrare nella “sala delle colonne di cedro” trasportato a spalla in un tabernacolo a forma di imbarcazione e condotto lungo il perimetro dell’intera sala. In segno di venerazione il ragazzo si prostrò a terra con gli occhi chiusi. Accadde però che, raggiunto il luogo dov’era il giovane, il dio ordinasse alla processione di fermarsi, aumentando in maniera tale il peso da costringere i portatori a riporre al suolo il tabernacolo. Allora il ragazzo fu fatto alzare in piedi; era questo il segno che egli era stato scelto come futuro Horus, quando il padre era ancora in vita. Tale racconto presenta forti analogie con la storia di Jahvè trasportato nell’arca dagli Israeliti 1.

Il parco della stele di Axum, in Etiopia, contiene una collezione di obelischi, il più grande dei quali pesava 500 tonnellate e si innalzava per 33 m. I locali credono che sia stata utilizzata l’Arca per intagliarlo. Nell’Egitto antico le capacità architettoniche che avevano permesso la costruzione delle maestose piramidi si spensero improvvisamente alla fine dell’antico regno (2200 a.C.), per poi riprendere altrettanto repentinamente con l’inizio del nuovo regno (1530 a.C.) con la realizzazione degli immensi obelischi di Tuthmosis I (1504-1492 a.C.) e di Hatshepsut (1473-1458 a.C.) a Karnak, rispettivamente di 143 e 320 tonnellate. E’ un caso che questa rinascita coincida con l’inizio della schiavitù degli Ebrei in Egitto? Le abilità costruttive degli Egizi sono ricondotte dal mito ad Osiride e Thot, della cui scienza gli architetti Imhotep e Senmut si proclamarono depositari nel vecchio e nuovo regno. E’ un caso che anche Mosè fosse stato paragonato a Thot 2 e che, come Osiride, fosse stato salvato dalle acque?

Gli oggetti bronzei del tempio di Salomone furono realizzati da Hiram Abiff di Tiro e comprendevano due pilastri posti di fronte al vestibolo, alti 18 cubiti, con una circonferenza di 12, battezzati Jachin e Boaz. Essi erano internamente cavi e contenevano al loro interno le “antiche testimonianze” e i “pregevoli scritti” riguardanti il passato del popolo ebraico. Tra queste vi era “il segreto del magico Shamir e la storia delle sue proprietà 3”. Poiché Mosè aveva ordinato agli Israeliti di non usare nessun “pezzo di ferro” nel costruire i luoghi santi, Salomone aveva ordinato di non utilizzare martelli, asce o cesoie per tagliare e sistemare i massicci blocchi di pietra del Tempio. Fornì pertanto ai costruttori uno strumento risalente ai tempi di Mosè che poteva tagliare il più duro dei materiali senza frizione e senza calore:

Lo Shamir non può essere custodito in un contenitore di ferro o di qualunque altro metallo perché lo farebbe esplodere in mille pezzi. Viene invece avvolto in un panno di lana e poi sistemato in una scatola di piombo piena di farina di orzo… Con la distruzione del Tempio lo Shamir scomparve 4.

2. Da Gerusalemme all’Etiopia

Durante le peregrinazioni degli Ebrei nel deserto, l’Arca fu racchiusa in una tenda portatile detta tabernacolo. Dal 1200 al 1000 a.C. fu riposta nel santuario nazionale di Siloh e verso il 950 a.C. fu trasferita nel tempio di re Salomone. L’ultimo riferimento biblico all’Arca si colloca nel regno di Ezechia, re di Giuda dal 716 al 687 a.C.. Nel 701 il re Assiro Sennacherib tentò di occupare Gerusalemme. Su consiglio di Isaia, Ezechia si rifiutò di consegnare la città e Sennacherib reagì con una lettera che minacciava morte e distruzione. Secondo il libro del profeta Isaia, Ezechia aprì la lettera davanti all’Arca ed implorò: “O Signore, Dio di Israele che dimori tra i due cherubini”. La storia attesta che gli assiri avevano cinto d’assedio Gerusalemme ma che improvvisamente avevano abbandonato la città in tutta fretta ed erano fuggiti. Dopo Ezechia, salirono al trono Manasse (687-642 a.C.), Amon (642-640 a.C.) e Giosia (640-609 a.C.). Re Giosia passò alla storiaper aver istituito un bando per chiunque avesse compiuto un sacrificio in un luogo diverso dal Tempio. Tale divieto, fu talmente preso sul serio che gli Ebrei non compirono alcun sacrificio durante la cattività a Babilonia tra il 587 e il

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538 a.C., quando i Babilonesi furono sconfitti da Ciro il grande di Persia. Con la distruzione del tempio ad opera dei romani nel 70 d.C., la pratica dei sacrifici fu abbandonata da tutti gli Ebrei: unica eccezione furono, e sono tuttora, gli Ebrei neri d’etiopia (Falasha) e i loro connazionali Qemant (o Ebrei pagani) e cristiani ortodossi etiopi, presso i cui luoghi di culto stanno tuttora gli altari per i sacrifici animali. Nell’ebraismo più antico esistevano dei luoghi di culto detti “boschi sacri” a cui fa per esempio riferimento il cap. 21 della Genesi: “Abramo piantò un bosco sacro a Beercheba, e chiamava lì a raccolta nel nome del Signore, l’eterno Signore”. I boschi sacri erano solitamente situati su alture dette bamoth e contenevano dei pilastri di pietra usati nelle pratiche sacrificali detti massboth. Gli alberi erano addobbati con strisce di tessuto colorato, come riporta il secondo libro dei Re: “le donne intrecciavano arazzi per il bosco”. Anche queste pratiche furono soppresse dall’èlite sacerdotale ai tempi di Giosia, ma tale divieto non giunse mai in Etiopia dove sopravvivono ai giorni nostri. La comunità ebraica Etiope deve per forza risalire a tempi precedenti il suddetto sovrano. A ulteriore sostegno di ciò è la loro non conoscenza del Talmud (corpo di leggi e tradizioni ebraiche accumulate tra il 200 a.C. e il 500 d.C.) e del Mishnah (una compilazione scritta delle prime leggi orali ebraiche). Essi non conoscono inoltre la festa della Dedicazione del Tempio, od Hanukah, istituita nel 164 a.C., nonché la festa del Purim la cui osservanza era probabilmente già diffusa nel 425 a.C. 5.

In effetti ci sono buoni motivi per cui una comunità ebraica dovette andarsene da Gerusalemme al tempo di re Manasse, quindi poco dopo l’ultimo avvistamento dell’Arca, che probabilmente portarono con sé. Si racconta di come Manasse:

Fece ciò che era male alla vista del Signore, dopo l’abominio dei pagani… Poiché egli… elevò altari in onore di Baal… e adorò e servì tutta la moltitudine del cielo. E costruì altari nella casa del Signore… per tutta la moltitudine del cielo… E fece passare suo figlio attraverso il fuoco, e… usò incantesimi e trattò familiarmente con spiriti e stregoni: fece tanto male davanti al Signore che provocò la sua ira… E fece un’immagine scolpita del boschetto (Asherah, divinità sabea a cui si dedicavano inizialmente i boschi sacri) che aveva preparato nella casa della quale il Signore aveva detto a

Davide e a Salomone suo figlio: In questa casa, e in Gerusalemme, che ho scelto tra tutte le tribù di Israele, io metterò il mio nome per sempre 6.

Timoroso degli spiriti e sicuramente anche di Yaweh, è possibile che abbia chiesto ai leviti di rimuovere l’Arca dal Tempio, prima d’installarvi l’idolo di Asherah. Il figlio di Manasse, Amon, regnò per soli due anni, durante i quali mantenne la politica idolatra del padre, prima di essere ucciso in una congiura. Il popolo proclamò re Giosia il quale rimosse gli idoli e chiese ai leviti: “Mettete l’Arca Santa nella casa che costruì Salomone, figlio di Davide, re di Israele 7” Ma l’Arca non vi fece ritorno poiché era stata nascosta in un luogo sicuro, a metà strada tra Gerusalemme e l’Etiopia: l’isola di Elefantina ad Assuan, in Egitto.

Sull’isola di Elefantina vi fu un notevole insediamento ebraico tra il VII e il V secolo a.C., testimoniato da una stretta corrispondenza tra l’isola e Gerusalemme, per mezzo di ostraca (pezzi di coccio) o rotoli di papiro. L’insediamento comprendeva un tempio, detto Mesgid, distrutto nel 410 a.C. , di 27,5 m di lunghezza per 9 di larghezza, le dimensioni esatte del tempio di Salomone. Come per il tempio di Salomone il tetto era costruito in legno di cedro e presso di esso si praticavano abitualmente sacrifici animali. I leviti usciti da Gerusalemme avevano riprodotto il loro tempio per nascondervi l’Arca.

Il tempio fu distrutto dai sacerdoti egizi del vicino tempio del dio ariete Khnum, contrariati dalla pratica ebraica di sacrificare gli agnelli. La chiusura della casta sacerdotale di Gerusalemme e l’evoluzione del pensiero religioso, che aveva separato l’idea di Dio dall’Arca, non permisero il ritorno in patria; fu scelto pertanto di muoversi verso l’unico altro luogo dove vi fosse una comunità ebraica: l’Etiopia.

Sappiamo dalle fonti Egizie che degli Ebrei erano stati mandati a combattere come ausiliari nell’esercito del faraone Psammetico (595-589 a.C.) contro il re degli Etiopi. Lo stesso Mosè sposò una donna Etiope e visse in Etiopia tra i 40 e gli 80 anni. In Amos 9,7, profeta il cui ministero durò dal 783 al 743 a.C., si mettono sullo stesso piano Etiopi ed Israeliti. Similmente nel libro di Sofonia scritto tra il 640 e il 622 a.C.. In Isaia, cap 18, si invita all’invio di messaggeri

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in Etiopia. Isaia attraversò i regni di Jotham (740-736 a.C.), Ahaz (736-716 a.C.) ed Ezechia (716-687 a.C.) e morì martire sotto Manasse.

Secondo i monaci Etiopi, dopo la distruzione del tempio ad Elefantina, l’Arca fu portata a Tana Kirkos, un’isola del lago Tana, e lì vi rimase per 800 anni, fino a che il primo re cristiano d’Etiopia, re Ezana, portò l’Arca ad Axum nella cattedrale di Santa Maria di Sion. La chiesa, eretta a tale scopo nel IV sec. d.C., fu rasa al suolo nel 1535 da Ahmed Gragn, un invasore musulmano proveniente dalla città di Harar, ad est. Nel XVII secolo fu ricostruita nelle vicinanze dall’imperatore etiope Fasilidas. Nel 1965 re Hailè Selassiè fece spostare l’Arca in una nuova cappella fatta da lui erigere vicino alla chiesa. Oggi, il guardiano della cappella è l’unico a cui sia consentito avvicinarsi all’Arca, ma non fu sempre così.

Nel 1160 d.C. era sul trono d’Etiopia re Harbay. Questi, temendo l’avverarsi di una profezia, costrinse all’esilio in Gerusalemme il fratello Lalibela. L’esilio durò fino al 1185, quando depose il fratello e si proclamò re. Scelse capitale Roha, dov’era nato, e la ribattezzò Lalibela, costruendovi undici meravigliose chiese monolitiche interamente scavate nella roccia vulcanica. In una lettera indirizzata ai re cristiani impegnati nelle crociate, nel 1165 re Harbay scrisse:

Vi sono francesi tra voi, del vostro linguaggio e del vostro seguito, che hanno stretto combutta con i saraceni. Voi avete fiducia in loro e confidate che potranno aiutarvi, ma essi sono falsi e traditori… possiate voi essere audaci e coraggiosi e, vi prego, non dimenticate di mettere a morte quei Templari traditori 8.

E’ chiaro che Harbay sospettasse una cospirazione tra Lalibela ed i templari e cercasse un modo per disfarsene. Nonostante lo sforzo, parte di loro contribuì alla sua deposizione, come testimoniano le rosse croci templari o crois pattée, dipente sul soffitto della chiesa intagliata nella roccia di Beta Mariam. Padre Francisco Alvarez, nel diario dell’ambasciata portoghese in Etiopia degli anni 1520-26, intitolato Il Prete Gianni e le Indie, scrisse:

Mi dissero che tutto il lavoro di queste chiese era stato fatto in 25 anni, e che questo era scritto, e che tutto era stato fatto da uomini bianchi… Dicono che sia stato il re Lalibela a ordinare quest’opera.

Il geografo armeno Abu Salih nei primi anni del XIII sec., nel suo Chiese e Monasteri dell’Egitto e di alcuni paesi vicini, racconta di aver visto personalmente l’Arca 9 “curata e trasportata” da portantini “di carnagione bianca e rossa, con capelli biondi”, un’altra conferma alla presenza dei templari in Etiopia nei secoli XII e XII. Da allora nessun straniero vide più l’arca.

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Ass. Cul. PANGEA (www.gruppopangea.com)

Ass. Cul. Geographical Research Association (www.geographicalresearch.com)

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NOTE

1. Riportato da C. Knight e R. Lomas, La Chiave di Hiram, cap. VII, Mondadori 19982. Artapano, filosofo giudeo-greco, II secolo a.C.3. Vedi Mishnah ebraica e il “vecchio rituale” massonico4. Vedi Talmud e Mishnah5. Geoffrey Wigoder, The Encyclopedia of Judaism, Nyu Press 2002; J.S. Trimingham, Islam in Ethiopia, Routledge 1965.6. 2 Re 21, 2-7.7. 2 Cronache 34,33.8. Riportata in Sergew Hable-Selassiè, Ancient and Medieval Ethiopian History to 1270.9. La storia dell’arca fu romanzata nel Kebra Nagast etiope e nel Parzival di Wolfram von Eschenbach, compilati nel XIII e XII secolo. Il primo descrive l’arrivo dell’arca in Etiopia con circa 500 anni di anticipo, ai tempi del re Salomone per mano di Menelik, figlio suo e della regina di Saba. Il secondo sostituisce l’Arca con il Graal, passandone i relativi poteri. In entrambi, tuttavia, gli avvenimenti di fondo da Gerusalemme ad Axum, compresa l’intromissione templare, son ben rintracciabili.

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Sezione 1

Dr. Diego Marin