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1 Appunti per una storia della letteratura giapponese classica in unità didattiche A.A. 2008-09 A CURA DI LAURA MORETTI © * * Appunti del corso di cultura giapponese tenuto presso l’Università degli Studi di Bergamo negli a.a. 2006-07 e 2007-08. I riferimenti bibliografici in questi appunti danno solo indicazioni per eventuali approfondimenti. La bibliografia per il presente corso si trova tra i materiali didattici nel file “bibliografia aggiornata”.

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Appunti per una storia della letteratura giapponese

classica in unità didattiche

A.A. 2008-09

A CURA DI LAURA MORETTI © *

* Appunti del corso di cultura giapponese tenuto presso l’Università degli Studi di Bergamo negli a.a. 2006-07 e 2007-08. I riferimenti

bibliografici in questi appunti danno solo indicazioni per eventuali approfondimenti. La bibliografia per il presente corso si trova tra i

materiali didattici nel file “bibliografia aggiornata”.

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IINNDDIICCEE

Introduzione: descrizione ragionata del Corso e del materiale didattico

p. 1

Prima Unità Didattica Alle origini della scrittura giapponese e del pensiero shintoista: lettura ragionata del Kojiki.

p. 6

Seconda Unità Didattica Il labile confine tra prosa, poesia e arte: l’estetica della corte imperiale attraverso una lettura ragionata del

Genji monogatari e del Kokinwakashū.

p. 13

Terza Unità Didattica

Il periodo di degenerazione della Legge: la visione buddhista del mondo attraverso il fluire dei pensieri nello Tsurezuregusa.

p. 22

Quarta Unità Didattica L’irruzione della vitalità popolare nella letteratura vocale: il variopinto mondo degli otogizōshi.

p. 27

Quinta Unità Didattica Il testo a stampa e la nascita di una cultura scritta per il vasto pubblico: Ihara Saikaku e dintorni.

p. 32

Sesta Unità Didattica Non haiku ma haikai: Matsuo Bashō e la tradizione poetica di periodo Edo.

p. 53

Settima Unità Didattica All’origine dei manga: testo e immagine nei kusazōshi.

p. 61

Ottava Unità Didattica Sotto il peso dell’Occidente: creazione e rivisitazione in periodo Meiji.

p. 78

Appendice 1 Visione d’insieme della cultura giapponese nelle sue linee fondamentali.

p. 82

Appendice 2 Siti web utili per lo studio della letteratura giapponese classica.

p. 83

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IINNTTRROODDUUZZIIOONNEE DDeessccrriizziioonnee rraaggiioonnaattaa ddeell CCoorrssoo ee ddeell mmaatteerriiaallee ddiiddaattttiiccoo

Il presente materiale didattico si propone come un sussidio al corso di Cultura

Giapponese (a.a. 2006-07) e si specifica si da ora che non ha la presunzione di essere un

“manuale” di cultura giapponese. Come si può facilmente intuire, la vastità dell’ambito implicito in

un insegnamento di “cultura giapponese” impone di attuare una scelta oculata degli argomenti da trattare nelle trenta ore

del corso. Una scelta che deve sì scremare ma sempre nel rispetto dell’obiettivo finale del corso, ovvero quello di offrire

una panoramica della cultura tradizionale giapponese, decostruendo i molti stereotipi che tutt’oggi caratterizzano

l’immagine del Giappone in Occidente e proponendo un viaggio alle origini della cultura giapponese per educare uno

sguardo oggettivo sull’identità culturale e sul presente di questo paese.

La scelta di base è di leggere la cultura giapponese attraverso una presentazione dei fondamenti della sua

produzione letteraria, offrendo una riflessione sulla lingua e sui linguaggi che ne sono veicolo e fornendo le linee guida

per comprendere lo sfondo storico e intellettuale di ogni periodo analizzato. Preminenza viene data all’ambito letterario e

linguistico, proponendo riflessioni dettagliate e corpose sull’opera scelta per ogni lezione e sul contesto letterario in cui

essa si inserisce. Si tratta di informazioni non sempre riscontrabili nel materiale critico fino ad oggi pubblicato in lingue

occidentali, perché frutto di un lavoro di ricerca personale sulle fonti primarie e secondarie giapponesi (lavoro in parte già

utilizzato per il materiale didattico “Lineamenti di letteratura giapponese” [seconda parte] da me curata per il corso di

Letteratura giapponese all’Università Ca’ Foscari di Venezia). Il contesto storico verrà presentato in modo schematico per

punti rimandando alla bibliografia obbligatoria e a quella facoltativa selezionata (pp. 3-5) per qualsiasi approfondimento.

Una presentazione sommaria del panorama artistico (scultura, pittura, architettura e teatro) viene demandata alla

descrizione offerta da Peter Kornicki nel testo obbligatorio indicato a p. 3. Scelta consapevole è quella di privilegiare la

cultura giapponese precedente al 1868, in quanto ritenuta fondante dell’identità giapponese e soprattutto perché

difficilmente avvicinabile con i soli strumenti in lingue occidentali.

Costruito sulla base delle scelte fin qui enunciate il Corso intende permettere allo studente di formarsi una

visione chiara e corretta dei fondamenti culturali del Giappone in modo da acquisire le basi per poter eventualmente

approfondire una disciplina e / o un periodo storico specifici.

Struttura del corso e delle lezioni

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Il corso è strutturato in dieci lezioni, concepite come segue:

1) Uno sguardo rinnovato verso il Giappone: introduzione al corso.

2) Alle origini della scrittura giapponese e del pensiero shintoista: lettura ragionata del Kojiki.

3) Il labile confine tra prosa, poesia e arte: l’estetica della corte imperiale attraverso una lettura ragionata del Genji

monogatari e dello Ise monogatari.

4) Il periodo di degenerazione della Legge: la visione buddhista del mondo attraverso il fluire dei pensieri nello

Tsurezuregusa e nello Hōjōki.

5) L’irruzione della vitalità popolare nella letteratura vocale: il variopinto mondo degli otogizōshi.

6) Il testo a stampa e la nascita di una cultura scritta per il vasto pubblico: i kanazōshi.

7) Tra mercanti e quartieri di piacere: la prosa di Ihara Saikaku.

8) Non haiku ma haikai: Matsuo Bashō e la tradizione poetica di periodo Edo.

9) All’origine dei manga? Testo e immagine nei kusazōshi.

10) Sotto il peso dell’Occidente: creazione e rivisitazione in periodo Meiji.

� In base all’andamento effettivo delle lezioni la suddivisione di ogni argomento per singola lezione potrà subire

modificazioni.

Gli argomenti sono proposti in termini diacronici seguendo la periodizzazione della storia giapponese come visibile in fig.

1.

Ogni lezione (escluse

quella iniziale e quella finale)

presenterà una struttura centrifuga. Il

nucleo è costituito dalla lettura e

dall’analisi del testo, dell’autore o del

genere letterario scelti. Su questa

base si attuerà un progressivo

movimento di “apertura”: prima alla

produzione letteraria del periodo

considerato, poi al contesto in cui tale

produzione si inserisce (contesto

storico, contesto linguistico, etc.).

Ogni lezione così concepita mira a definire gli elementi cardine della “cultura” giapponese: a) chi produce cultura; b) chi

fruisce cultura; c) in quali forme viene veicolata la cultura; d) quali sono i contenuti della cultura.

La struttura della presente dispensa ricalca quella delle lezioni, proponendo in ogni “Unità Didattica” i

contenuti di ogni singola lezione. Sono escluse la prima lezione (dedicata alla descrizione del corso e a un confronto

dialettico su quella che è l’immagine del Giappone nel panorama intellettuale occidentale) e l’ultima (dedicata a una

riflessione, condotta in forma di dibattito, sulla letteratura giapponese contemporanea in traduzione e a quella non ancora

FIG. 1 SCHEMA SINTETICO DELLA DATAZIONE DELLA STORIA GIAPPONESE

Kodai古代

Periodo Nara 710-184

Periodo Heian 794-1185

Lezioni 2-3

Chūsei 中世

Periodo Kamakura 1185-1333

Periodo Muromachi 1338-1573

Periodo Azuchi Momoyama 1568-1598

Lezioni 4-5

Kinsei 近世 Periodo Edo 1603-1867 Lezioni 5-6-7-8

Kindai 近代

Periodo Meiji 1868-1912

Periodo Taisho 1912-1926

Periodo Shōwa 1926-1988

Periodo Heisei 1989-

Lezioni 9-10

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presentata dall’editoria italiana).

Precisazioni sulla bibliografia

Obbligatorio ai fini dell’esame orale è lo studio della presente dispensa e della bibliografia già resa disponibile

sulla scheda online del corso. Sono tuttavia obbligatori anche i materiali che verranno distribuiti a lezione e reperibili

presso il docente in orario di ricevimento. Tali materiali vengono indicati in modo chiaro nelle pagine che seguono dal

contrassegno ���� LETTURE OBBLIGATORIE. Per consentire lo studio individuale di chi volesse approfondire gli

argomenti trattati, si forniscono anche indicazioni bibliografiche supplementari, NON obbligatorie ai fini dell’esame e

contrassegnate da ���� APPROFONDIMENTO.

Di seguito si riporta una bibliografia generale utile per avere un quadro di insieme della cultura giapponese nei

suoi vari ambiti.

Bibliografia generale selezionata

(���� LETTURE OBBLIGATORIE, GIÀ NELLA SCHEDA ONLINE)

▪ Teresa Ciapparoni La rocca (a cura di), Introduzione alla cultura letteraria del Giappone, Bulzoni, Roma 2001. Leggere:

“Introduzione alla letteratura giapponese” (Ikuko Sagiyama).

▪ Adriana Boscaro (a cura di), Letteratura giapponese. I. Dalle origini alle soglie dell’età moderna, Einaudi, Torino 2005.

Voce: 1) Concetti estetici (Bonaventura Ruperti), pp. 31-37.

▪ Luisa Bienati (a cura di), Letteratura giapponese. II. Dalla fine dell’Ottocento all'inizio del terzo millennio, Einaudi, Torino

2005. Voce: 1) Lingua giapponese moderna (Aldo Tollini), pp. 104-112.

Bibliografia generale selezionata

(���� LETTURE OBBLIGATORIE, DISPONIBILI A RICEVIMENTO DEL DOCENTE)

▪ Richard J. Bowring, Peter Kornicki, The Cambridge Encyclopedia of Japan, Cambridge University Press, Cambridge

1993: pp. 42-111 (per una visione d’insieme della storia giapponese); pp. 186-225 (per una visione d’insieme dell’arte

giapponese).

Bibliografia generale selezionata

(���� APPROFONDIMENTO)

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Si segnalano qui i manuali che possono risultare utili allo studente che intenda approfondire quanto

presentato nel corso.

Per una visione d’insieme della cultura giapponese:

▪ Richard J. Bowring, Peter Kornicki, The Cambridge Encyclopedia of Japan, Cambridge University Press, Cambridge

1993.

▪ H. Paul Varley, Japanese Culture, University of Hawaii Press, 1984.

▪ Katō Shūichi, Letteratura giapponese disegno storico, a cura di A. Boscaro, Venezia, Marsilio Editori, 2000.

Per una visione d’insieme della letteratura giapponese:

▪ Adriana Boscaro (a cura di), Letteratura giapponese. I. Dalle origini alle soglie dell’età moderna, Einaudi, Torino 2005.

▪ Luisa Bienati (a cura di), Letteratura giapponese. II. Dalla fine dell'Ottocento all’inizio del terzo millennio, Einaudi, Torino

2005.

▪ Konishi Jin’ichi, A History of Japanese Literature, Princeton Univ. Press, Princeton 1986.

▪ Donald Keene, Seeds in the Heart. Japanese Literature from Earliest Times to the Late Sixteenth Century. A History of

Japanese Literature Volume 1, New York, Columbia University Press, 1999.

▪ Donald Keene, World Within Walls World Within Walls. Japanese Literature of the Pre-Modern Era 1600-1867, New

York, Holt, Rinehart and Wiston, 1976.

▪ Donald Keene, Modern Japanese Literature from 1868 to Present Day: An Anthology, Tuttle, Rutland Tokyo 1971.

▪ Haruo Shirane (ed.), Early Modern Japanese Literature. An Anthology 1600-1900, New York , Columbia University

Press, 2002.

Per una visione d’insieme della storia giapponese:

▪ Rosa Caroli, Francesco Gatti, Storia del Giappone, Editori Laterza, Bari 2004.

Per una visione d’insieme dell’arte giapponese:

▪ Miyeko Murase, Il Giappone, Utet, Torino 1992.

▪ Miyeko Murase, Sei secoli di pittura giapponese: da Sesshū agli artisti contemporanei, Fenice, Milano 1994 (2000).

▪ Gian Carlo Calza, Ukiyoe: il mondo fluttuante, Electa, Milano 2004.

▪ Penelope Mason, History of Japanese art, second edition revised by Donald Dinwiddie, Pearson Prentice Hall, Upper

Saddle River, N.J 2005.

Per una visione d’insieme del pensiero giapponese:

▪ Massimo Raveri, Itinerari nel sacro. L’esperienza religiosa giapponese, Cafoscarina, Venezia 2006.

▪ Damien Keown, Buddhismo, Einaudi, Torino 1999.

Per una storia della lingua giapponese:

▪ R.A. Miller, The Japanese Language, Tuttle Co., Tokyo

▪ Aldo Tollini, La scrittura del Giappone antico, Cafoscarina, Venezia 2005.

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N.B. qualora non altrimenti specificato le fotografie di testi antichi originali inseriti nella presente dispensa appartengono

a collezioni private di mia conoscenza.

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PPRRIIMMAA UUNNIITTÀÀ DDIIDDAATTTTIICCAA

Alle origini della scrittura giapponese e del pensiero shintoista:

lettura ragionata del Kojiki

Iniziamo leggendo...

Kojiki 古事気 (trad. italiana a cura di Mario Marega, Ko-gi-ki. Vecchie – cose – scritte, Laterza, Bari 1938):

pp. 1-6

pp. 33-58

pp. 88-94

p. 244

pp. 257-270

���� LETTURA OBBLIGATORIA (materiali distribuiti a lezione e disponibili a ricevimento del docente) ※ Nel 2006 è stata pubblicata una nuova traduzione del Kojiki (Paolo Villani [a cura di], Kojiki. Un racconto di antichi

eventi, Marsilio, Venezia 2006) ma mancando di un adeguato apparato di note si è optato qui per la traduzione di

Marega.

Analizziamo gli elementi fondamentali dell’opera...

Il Kojiki, terminato di essere compilato nel 712 d.C., costituisce insieme al Nihonshoki 日本書紀 il testo

scritto più antico finora conosciuto in Giappone. Il compilatore è Ō no Yasumaro 太安萬侶 il quale su ordinazione

dell’imperatrice Genmei, mette per iscritto quanto, prima di lui, Hieda no Are 稗田阿礼 aveva tramandato oralmente su

ordine del quarantesimo imperatore Tenmu. Quest’ultimo aveva ordinato a Hieda no Are di emendare dagli errori le

vicende tramandate in testi quali il Teiki 帝紀 e lo Honji 本辞, con molta probabilità per giustificare la supremazia che

ottenne su tutto il paese e quindi la supremazia dello uji (氏, “clan”) di Yamato sugli altri.

Il testo si compone di tre maki 巻 (volumi)* che narrano delle origini del Giappone e della costituzione

dell’impero giapponese. Nel primo maki sono raccolti i racconti mitologici sull’inizio del Giappone, incentrati intorno alle

figure di Izanami e Izanagi che attraverso la loro unione permettono la nascita dell’arcipelago giapponese e della stirpe

divina da loro generata. Nel secondo si narrano le vicende del primo imperatore leggendario Jinmu, per continuare con la

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narrazione della storia nipponica fino al quindicesimo imperatore Ōjin. Nel terzo si riparte dalle vicende che vedono

protagonista il sedicesimo imperatore per concludere con l’imperatrice Suiko (554-628).

* N.B.: il termine maki 巻 verrà più volte utilizzato in questo Corso e quindi è necessario comprenderne a fondo il

significato. La prima accezione è quella di “rotolo”, indicando il supporto del rotolo di seta o di carta che è stato

fino alle soglie del periodo Edo il formato privilegiato con cui i testi venivano fatti circolare. In genere la divisione

fisica in rotoli corrispondeva alla divisione contenutistica del testo in sezioni. Da qui, per un processo metonimico,

il termine maki è stato via via utilizzato per indicare la divisione interna dei testi. In italiano possiamo tradurlo di

volta in volta con “volume”, “capitolo” o “sezione” a seconda del testo preso in considerazione.

I passaggi proposti come letture obbligatorie ci forniscono le linee guida per comprendere gli aspetti principali

del testo, che si segnalano qui di seguito in modo schematico.

① pp. 1-6

- È l’introduzione di Ō no Yasumaro. Scritta in cinese descrive il processo editoriale del testo (pp. 3-4), riassunto

sopra.

- Il testo procede con la descrizione del sistema di scrittura utilizzato (p. 5) [su cui si riflette oltre in “Lingua e

scrittura”]. ② pp. 33-58

- Creazione del Giappone sulla base della mitologia tramandata nel ciclo di

Takamagahara. Fulcro di questo ciclo è quello di riconoscere come antenati

diretti del primo imperatore Jinmu le divinità che hanno dato vita all’arcipelago

giapponese. Si afferma una linea ininterrotta tra gli dei Izanagi e Izanami (a loro

volta già generati da altri dei), la dea Amaterasu (divinità del sole; nata

dall’occhio sinistro di Izanagi) e Jinmu.

- Definizione dei fondamenti dello shintō 神道 (culto autoctono giapponese): 1)

concetto di impurità (discesa all’averno di Izanagi, pp. 43-48; vendetta di

Susanoo, pp. 54-55); 2) culto di Amaterasu come divinità centrale nel pantheon

shintoista (pp. 55).

- Episodio di Ame no uzume (p. 56) considerato il primo esempio della danza

tradizionale chiamata sarugaku.

- Nell’episodio che vede antagonisti Amaterasu e Susanoo e nell’esito che propone Susanoo sconfitto, bisogna

riconoscere la volontà di affermare la supremazia dello uji di Yamato su quello di Izumo. Si ha dunque una

manipolazione della mitologia e della storia giapponese per giustificare l’egemonia politica dello uji di Yamato di cui

Tenmu e poi Genmei erano capi.

- ③ pp. 88-94

- Definizione dei fondamenti dello shintō: viene sancita la centralità del culto dello specchio solare, ancora oggi

venerato nei santuari shintoisti (p. 90). ④ p. 244

Immagine di Izanagi e Izanami riportata

in Jinteki mondō (xilografia del 1820)

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- Si fa riferimento al sentuario di Ise, tutt’oggi considerato il principale luogo di culto dello shintō.

� pp. 257-270

Episodio che vede protagonista Yamato Takeru, primo eroe della tradizione giapponese che soggiogò diverse regioni del

paese. Si segnalano di seguito le principali chiavi di lettura:

- nel momento in cui Yamato Takeru si dimostra in grado di pacificare le dività della montagna, del fiume e del mare,

troviamo traccia di due concetti fondamentali dello shintō: 1) divinizzazione della natura; 2) credenza nella

coesistenza di ciò che è ara (“disordinato”, “caotico”, con una marcata accezione negativa) e ciò che è niki

(“ordinato”, “controllato”, con una marcata accezione positiva). In periodo Nara la poesia era uno degli strumenti

privilegiati per riuscire a trasformare ara in niki, in quanto si riteneva che la parola, e in particolare la parola poetica,

possedesse il kotodama 言霊, ovvero un potere magico-sacrale con cui l’uomo poteva intervenire sugli elementi

dell’esistente.

- Nel punto in cui dialoga con un vecchio nella regione di Tsukuba attraverso uno scambio di poesie si riconosce la

nascita del genere poetico detto renga 連歌 (Lett. “uta a catena”che si sviluppò a partire dal XII secolo, in cui più

poeti (in genere tre) componevano a turno il kami no ku 上の句 (5-7-5) e lo shimo no ku 下の句 (7-7) sino a

formare un renga di cento ku).

���� LETTURA OBBLIGATORIA (indicata nella scheda online)

Adriana Boscaro (a cura di), Letteratura giapponese. I. Dalle origini alle soglie dell’età moderna, Einaudi, Torino 2005.

Voce: Kojiki (Adriana Boscaro), pp. 174-177.

Lingua e scrittura

Come risulta chiaro dall’introduzione di Ō no Yasumaro, per la comprensione del Kojiki fondamentale risulta

l’aspetto della scrittura utilizzata. Nel momento in cui il Kojiki viene redatto, il Giappone non ha ancora sviluppato un

proprio sistema di scrittura – ovvero un sistema di scrittura ideato per rispondere alle caratteristiche della lingua

giapponese. E i giapponesi scelgono di non ideare un sistema di scrittura, ma di adottare il sistema di scrittura cinese

(kanji 漢字, lett. “segni cinesi”, “sinogrammi”, NON “ideogrammi”) per rappresentare graficamente la lingua giapponese.

Se si pensa che la lingua giapponese ha come caratteristiche fondamentali quelle di essere plurisillabica e agglutinante

mentre la lingua cinese di essere monosillabica e isolante, si comprende la difficoltà di applicare alla prima un sistema di

scrittura ideato per la seconda. La prima possibilità a disposizione dei giapponesi era quella di scrivere utilizzando i

caratteri cinesi e la lingua cinese. Il testo veniva sottoposto a un processo di “traduzione”, modificando l’ordine delle

parole cinesi (lette alla giapponese) e aggiungendo le agglutinazioni proprie della grammatica giapponese. Questo stile è

noto con il termine di kanbun 漢文. La seconda possibilità, sperimentata nel Kojiki e nella raccolta di poesie intitolata

Man’yōshū (di cui si dirà in seguito), era quella di “adattare”, di “addomesticare” la scrittura cinese alla lingua giapponese

utilizzando alcuni caratteri per il loro significato e altri solo per il loro suono. Per comprendere questa tecnica risulta utile

prendere un esempio dal Kojiki.

久羅下那州多陀用幣流之時

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Sinogrammi usati per il loro significato 之 carattere per collegare due parole stabilendo un rapporto di specificazione 時 carattere con il significato di “epoca”

Sinogrammi usati per il loro valore fonetico

“ku-ra-ge-na-su-ta-da-yo-e-ru” (nome di persona)

� Traduzione: “all’epoca di Kuragenasu Tadayoeru”

È da sottolineare che più sinogrammi potevano essere utilizzati per rappresentare graficamente lo stesso

suono. Si precisa che nel testo troviamo applicato anche l’uso di sinogrammi solo per il loro significato (e letti alla

giapponese = processo di traduzione), come si evince dal seguente esempio:

万物之妖悉起 万物 composto di sinogrammi (kango 漢語; sostantivo) con il significato di “tutte le cose”. Letto alla giapponese

“banbutsu”. 之 carattere per collegare due parole stabilendo un rapporto di specificazione. 妖 sostantivo con il signifcato di “pericolo”. Letto alla giapponese “wazawai”. 悉 avverbio con il significato di “spesso”. Letto alla giapponese “kotogotoku”. 起 verbo con il significato di “accadere”. Letto alla giapponese “okiru”.

� Traduzione: “I pericoli di tutte le cose spesso si manifestano”

A lezione verranno mostrate porzioni del Kojiki conservato presso la Tenri Library di Nara e presso il Fondo Marega

dall’Università Pontificia Salesiana di Roma e verrà spiegato con esempi concreti il funzionamento del sistema di scrittura

qui descritto.

Contesto letterario

Della stessa epoca del Kojiki sono da segnalare altri tre testi che hanno caratterizzato il patrimonio letterario e

culturale.

①①①① Nihonshoki 日本書紀日本書紀日本書紀日本書紀

Terminato di essere compilato a più mani nel 720 e costituito da trenta maki, l’opera ricostruisce la storia

giapponese dalle origini fino al quarantunesimo imperatore Jitō (690-697). La maggiore lunghezza rispetto al Kojiki è

imputabile alla scelta di riportare con dovizia di particolari i fatti storici narrati, mostrando un atteggiamento più

“scientifico” nel momento in cui non si sceglie una sola spiegazione nel presentare un fatto ma si riportano fedelmente

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anche quelle diverse o discordanti. La maggiore differenza con il Kojiki, però, è la scelta di scrivere in kanbun 漢文 (in

sinogrammi e in lingua cinese). La scelta di scrivere in cinese risponde a due esigenze primarie: innanzitutto permette di

adottare con agio lo stile e la struttura dei testi storiografici cinesi presi a modello e in secondo luogo consente al testo di

venire letto e compreso anche dai cinesi. Questo ultimo punto era centrale per lo scopo affidato al testo, ovvero quello di

dimostrare alla Cina la supremazia dell’impero giapponese; supremazia suggellata dal fatto che l’imperatore giapponese,

a differenza di quello cinese, vanta un’origine divina.

Il Nihonshoki è il capostipite di un gruppo di altri cinque testi conosciuto con il nome collettivo di Rikkokushi

(lett. “le sei storie nazionali”).

②②②② Man’yōshū万葉集万葉集万葉集万葉集

È un’antologia di poesie composta probabilmente intorno alla metà dell’VIII secolo. Consta di venti maki

contenenti circa 4.500 poesie. Viene definita un’antologia “privata”, in quanto non commissionata su ordine imperiale.

L’importanza di questa antologia risiede in due punti fondamentali. Il primo riprende quanto già spiegato per il

sistema di scrittura utilizzato nel Kojiki. Anche nel Man’yōshū troviamo applicata la commistione di sinogrammi usati per il

loro significato e di sinogrammi usati per il loro significante fonetico, con la prevalenza di questi ultimi tanto che li si

designa proprio con il termine di man’yōgana (kana del Man’yōshū). Come per il Kojiki è utile riprendere un esempio

concreto per capire il funzionamento del man’yōgana.

鳥梅能波奈 伊麻佐加里奈利 毛毛等利能 己恵能古保志枳 波流岐多流良期

u-me-no-ha-na i-ma-sa-ka-ri-na-ri mo-mo-to-ri-no ko-e-no-ko-ho-shi-ki ha-ru-ki-ta-ru-ra-shi

Tutti i sinogrammi di questo esempio sono usati solo per il loro valore fonetico (non c’è nemmeno la commistione con

sinogrammi usati per il loro significato come identificato per il Kojiki). Se volessimo riscrivere la stessa poesia con

l’attuale sistema di scrittura ci troveremmo di fronte al seguente testo:

梅の花 今盛りなり 百鳥の 声の恋ほしき 春来たるらし

� Traduzione: “I fiori di pesco / ora sono nel pieno della fioritura / di cento uccelli / il canto è carico di nostalgia / nella

sopraggiunta primavera”.

Il secondo punto di interesse di questa antologia riguarda la formazione della poesia giapponese con le sue

caratteristiche specifiche. Nel Man’yōshū troviamo la compresenza di molte tipologie poetiche che possono essere

elencate come segue:

• tanka 短歌

Anche mijikauta (lett. “uta breve”). È composto di 31 sillabe (alternate in 5-7-5-7-7 sillabe), che a loro volta si

suddividono in kami no ku 上の句 , 5-7-5, e shimo no ku 下の句 , 7-7. È questa tipologia poetica che dopo il

Man’yōshū 万葉集 diventerà la forma canonica della poesia classica giapponese, tanto che verrà rinominata waka 和歌 (lett. “poesia giapponese”).

• chōka 長歌

Page 13: Appunti utili

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Anche nagauta (lett. “uta lungo”) con il metro: 5-7, 5-7, 5-7, … 7-7.

• sedōka 旋頭歌

Si tratta della tipologia più antica, caratterizzata dall’alternanza di 5-7-7, 5-7-7 sillabe.

N.B. Il termine uta 歌 (in lettura sino-giapponese “ka”) presente in tutti i termini sopra riportati indica “canto, canzone,

poesia”.

N.B.2 Alla base della poesia giapponese sta il ritmo scandito dall’alternanza di 5 e 7 sillabe. Senza percepire questa

scanzione non è possibile comprendere il carattere della poesia giapponese.

Per prendere dimestichezza con i contenuti assai vari di questa antologia si consiglia la lettura delle traduzioni riportate

in: Ikuko SAGIYAMA, Antologia della poesia giapponese classica (dispensa universitaria).

③③③③ fudoki 風土記風土記風土記風土記

Si tratta di un insieme di testi ordinati dall’imperatrice Genmei nel 713. Vengono registrati i nomi dei territori; i

prodotti tipici di ogni regione; informazioni sulla produttività della terra; i nomi di fiumi, monti, pianure con relativa origine;

le leggende e i miti tramandati dagli anziani del posto. In altre parole sono resoconti sulla situazione geografica del paese.

Sopravvive oggi nella sua interezza solo lo Izumo fudoki (completato nel 733) e ci sono giunti parziali solo altri quattro

testi, ma si sa che in origine dovevano essere quarantanove.

Contesto storico

� Periodo preistorico e protostorico

- 10000 a.C. ~~~~ 300 a.C. periodo Jōmon (con produzione di ceramiche dal caratteristico disegno a corda; caccia

e pesca come attività principali).

- 300 a.C. ~~~~ 300 d.C. periodo Yayoi (dopo l’introduzione della risicoltura; arrivo dalla Cina di armi, specchi di

bronzo, attrezzi agricoli in legno, pietra e ferro; culto shintoista con kami 神, “divinità” riconosciute negli elementi

naturali).

- 300 d.C. ~~~~ 710 sec. d. C. periodo Kofun (edificazione di grandi tombe a forma di tumulo [kofun 古墳] di cui

rimangono ancora oggi testimonianze nella zona di Nara; produzione di sculture in terracotta dette haniwa 埴輪

utilizzate come corredo funerario; esistenza di uji 氏, “famiglie allargate”, “clan” che detenevano il dominio di un

territorio; esistenza degli uijigami 氏神, antenati divini da cui gli apparteneneti a ogni clan ritenevano discendere;

fu il clan di Yamato a consolidare la propria supremazia sugli altri uji muovendosi verso una centralizzazione del

paese, da cui si comprende la necessità riscontrata nel Kojiki di affermare l’origine da Amaterasu di questo uji).

� Transizione al periodo storico

- VI sec.: introduzione del buddhismo (nel Nihonshoki si parla del 552 mentre molti studiosi lo collocano al 538;

regno dell’imperatore Shōtoku Taishi 聖徳太子 che svolse un ruolo centrale nella diffusione del buddhismo e

nell’adozione delle concezioni cinesi per la creazione di uno stato centralizzato).

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12

- 640: redazione della “Costituzione in diciassette articoli” che sancisce: 1) affermazione del diritto sovrano dello

uji di Yamato, creazione di una struttura burocratica centralizzata e abolizione della possibilità di avere due

sovrani; 2) definizione del concetto di armonia confuciana che deve prevalere nella società; 3) ruolo centrale del

buddhismo.

- 694: fondazione della prima capitale stabile a Fujiwara (nord di Asuka).

- 702: entra in vigore il Codice Ritsuryō che getta le basi del sistema amministrativo giapponese.

� Periodo Nara

- Trasferimento della capitale a Nara (chiamata Heijō-kyō).

- realizzazione del Grande Buddha del Tōdai-ji (il buddhismo assurge al ruolo di religione di stato, dando forza e

prestigio al potere imperiale). Si fa notare che sin da quest’epoca buddhismo e shintō convissero in modo

pacifico, rispondendo a esigenze diverse.

Page 15: Appunti utili

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SSEECCOONNDDAA UUNNIITTÀÀ DDIIDDAATTTTIICCAA

Il labile confine tra prosa, poesia e arte:

l'estetica della corte imperiale attraverso una lettura ragionata

del Genji monogatari e del Kokinwakashū.

Iniziamo leggendo...

1) “amayo no shinasadame” 雨夜品定

(“conversazione sulle donne in una notte di pioggia”) dove si parla dell’ideale di donna per i gentiluomini dell’epoca;

Hahakigi 帚木 (cap. 2), edizione italiana pp. 26-49; Tyler, pp. 21-44.

2) “monogatariron” 物語論

(“sul monogatari”) cap. 25 Hotaru 蛍, edizione italiana it. pp. 690-99; Tyler, pp. 461-463.

3) cap. 8 “hana no en” 花のえん; Tyler, pp.155-161.

���� LETTURA OBBLIGATORIA (materiali distribuiti a lezione e disponibili a ricevimento del docente)

- Traduzione italiana:

Adriana Motti (a cura di), La storia di Genji il principe splendente, Einaudi, Milano 1969 (traduzione condotta su quella

originale di Arthur Waley).

- Traduzione inglese:

Royall Tyler, The Tale of Genji, Penguin Books, Weiss 2001.

Analizziamo gli elementi fondamentali dell’opera...

Il capitolo scelto come lettura obbligatoria è uno dei cinquantaquattro capitoli (jō) che compongono il testo

intitolato Genji monogatari 源氏物語.

Il testo è storicamente attribuito a Murasaki Shikibu 紫式部紫式部紫式部紫式部, una dama della corte imperiale. Nessun

manoscritto oggi sopravvissuto riporta il nome dell’autrice, ma riferimenti all’interno del diario di Murasaki Shikibu e la

presenza di poesie riprese da antologie poetiche imperiali in cui sono registrate con il nome di Murasaki Shikibu hanno

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fatto in modo che sin dal periodo Heian l’attribuzione del testo a questa dama di corte diventasse la visione canonica.

Tuttavia, se tutti i cinquantaquattro capitoli siano effettivamente stati composti dalla medesima persona è tutt’oggi motivo

di dibattito. Il fatto che l’autrice sia una donna verrà ripreso e commentato in seguito in questa Unità Didattica.

Sulla base di precise evidenze testuali ed extratestuali, la data di compilazione dell’opera viene posta intorno

agli inizi dell’XI secolo, quindi a metà del periodo Heian.

La struttura del testo prevede una suddivisione in cinquantaquattro jō帖帖帖帖 (qui tradotto come “capitolo”).

Non è possibile stabilire se l’attuale ordine corrisponde a quello originario, ma la lunga tradizione di studi sul testo

incominciata con il Genji shaku 源氏釈 di Fujiwara no Koreyuki della fine dell’XI secolo-inizio del XII ha codificato il testo

nella struttura che ancora oggi leggiamo.

Il titolo offre al lettore indicazioni sul contenuto e sul genere.

A) Contenuti

“Genji” fa riferimento al protagonista, Hikaru Genji, figlio dell’imperatore Kinjō e della sua seconda moglie Kōtei (Kiritsubo).

L’esistenza del protagonista, raccontata dalla nascita alla morte, viene descritta come incentrata attorno a innumerevoli

rapporti amorosi e a precari equilibri politici, inserita nel mondo ritretto e uniforme della corte imperiale. Sebbene i

sentimenti messi in scena, le passioni che sconvolgono gli animi degli amanti, gelosie e invidie che turbano gli spiriti sono

descritti con assoluto realismo, Genji subisce un processo di idealizzazione tale per cui diventerà per secoli l’icona

dell’amatore ideale (insieme ad Ariwara no Narihira; vedi dopo Ise monogatari). L’esistenza di Genji è di certo il cardine

del testo e, secondo la critica giapponese, da questo fulcro si schiudono sei percorsi tematici:

1) scontri politici tra la fazione del Ministro della Sinistra a cui è legato Genji e il Ministro della Destra a cui è

legata Kokiden no Nyōgo;

2) l’amore di Genji per Fujitsubo, prima moglie dell’imperatore, in cui rivive l’amore per la madre perduta. Tutti gli

amori di Genji si nutriranno di questo patologico complesso edipico;

3) il principio di concatenazione buddhista, in base al quale la situazione attuale è determinata dalle azioni della

vita precente e determina a sua volta quelle della vita futura (principio del karma);

4) capitoli di Suma e di Akashi in cui si descrive l’esperienza dell’esilio per i nobili di corte dell’epoca;

5) eventi miracolosi che vedono protagonista la divinità di Sumiyoshi;

6) avventure amorose del giovane Genji.

A questo si aggiunga la constatazione che attraverso il Genji monogatari il lettore può avere un’idea precisa di quella che

era la vita alla corte durante il periodo Heian.

La scelta di “Hana no en” e di “amayo no shinasadame” risponde a quest’ultima possibile modalità di

lettura. L’analisi che effettueremo a lezione metterà in luce le tematiche qui indicate per punti.

N.B. per la trama si legga:

Adriana Boscaro (a cura di), Letteratura giapponese. I. Dalle origini alle soglie dell'età moderna, Einaudi, Torino 2005.

Voce: Genji monogatari (Adriana Boscaro), pp. 151-158.

���� LETTURA OBBLIGATORIA (indicata nella scheda online)

B) Genere

Il secondo termine del titolo, “monogatari”, ci dà indicazione di quello che oggi è riconosciuto come un genere letterario e

che già all’epoca era percepito come una specifica tipologia di testi. Il termine “monogatari” si compone di mono 物

(“cose”) e kataru 語る (sostantivizzato in “katari”; “raccontare”). Quindi si tratta di “storie raccontate”, di fiction in prosa e

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in versi, in giapponese. È implicita l’idea di un tessuto narrativo con una trama, sebbene molto esile agli occhi di un lettore

moderno. Il termine non corrisponde né a “romanzo”, né a “racconto”, nel significato dato in Occidente. In origine erano

testi letti in ristretti circoli nell’ambiente di corte della capitale, e solo più tardi circolanti in poche copie manoscritte. Come

si evince dal “contesto letterario” riportato di seguito, già prima del Genji monogatari esistevano esempi di monogatari. Ma

è proprio nel Genji monogatari che troviamo una riflessione su cosa sia monogatari, nel capitolo “Hotaru” (lettura

obbligatoria di questo corso). Murasaki Shikibu si inserisce in un contesto letterario che riconosceva nella poesia

l’espressione sincera del cuore umano e nel monogatari un insieme di “invenzioni” (tsukurimono), di “menzogne”

(soragoto), dando alla prima un valore positivo e imponendo al secondo un pesante giudizio di valore. Murasaki Shikibu,

attraverso la voce del protagonista Genji, rinnova in modo radicale questa visione. Fulcro dei monogatari è tutto ciò che

una persona sperimenta realmente nella vita quotidiana; quel qualcosa che non può essere chiuso nel cuore umano ma

che si sente la necessità di tramandare agli altri. Nel momento in cui si trasmettono questi fatti veri, però, non è possibile

fornire nomi reali ed è altresì necessario porre l’accento sulla bontà o sulla malvagità dei fatti narrati. È in questo modo

che sulla verità interviene la finzione; una finzione che mai, però, soppianta la verità. L’oggetto rimane sempre e

comunque l’uomo, nella sua realtà. Questa riflessione sul monogatari diventa per noi lettori una chiave di lettura dell’intero

testo che ci porta a cogliere una sapiente tensione tra verità e fiction.

È necessario riportare l’attenzione sul fatto di aver definito monogatari come “fiction in prosa e poesia”. Come

in parte si era notato già nel Kojiki (sebbene ancora in forma embrionale), in Giappone non esiste una cesura netta tra

prosa e poesia, prevedendo testi che propongono la compresenza di entrambi. Nella lettura dei passaggi obbligatori del

Genji monogatari si porrà l’accento sul fatto che la poesia (waka) diventa il momento in cui i sentimenti descritti nel testo

in prosa trovano sublimazione e sul fatto che è la poesia ad essere lo strumento privilegiato di comunicazione fra uomo e

donna. In periodo Heian l’apice di compenetrazione tra prosa e poesia è rappresentato, come vedremo nel Contesto

Letterario, dagli utamonogatari 歌物語 che sono concepiti come fusione tra poesia e prosa, con la predominanza della

prima sulla seconda.

Lingua e scrittura

La grande novità riscontrabile nel Genji monogatari (così come in tutta la produzione che analizzeremo nel

Contesto Letterario) rispetto a quanto abbiamo visto nella Prima Unità Didattica è che viene elaborato un sistema di

scrittura adeguato alla lingua giapponese. È nel periodo Heian, infatti, che vengono creati i due alfabeti sillabici ancora

oggi utilizzati nel giapponese: entrambi definiti kana仮名 e ulteriormente divisibili tra hiragana平仮名 e katakana片仮名. Il primo deriva da una semplificazione del tratto corsivo dei man’yōgana (visti nella precedente Unità Didattica e intesi

come sinogrammi utilizzati per il loro valore fonetico) e il secondo dalla selezione di una parte di ogni singolo man’yōgana

scritto in kaisho 楷書 (uno dei cinque stili calligrafici, non corsivo). L’unica accortezza nel comprendere la formazione dei

due alfabetici sillabici è rendersi conto di una differenza fondamentale rispetto al giapponese moderno: se oggi nello

hiragana abbiamo un solo segno fonetico sillabico per ogni singolo suono, all’epoca più segni potevano essere utilizzati

per rappresentare graficamente uno stesso suono, in quanto molteplici erano i man’yōgana da cui derivavano. I kana che

fanno parte dello hiragana del passato vengono denominati hentaigana 変体仮名 (lett. “kana di forma diversa”) e

caratterizzeranno la scrittura giapponese fino al periodo Meiji.

La scrittura in kana veniva definita con il termine onnade 女手 (lett. “mano femminile”). Questa affermazione

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deve essere compresa in modo chiaro onde evitare pericolosi fraintendimenti. Innanzitutto se è vero che il termine

onnade indica il kana, è altrettanto vero che qui kana sta a indicare per metonimia la “lingua giapponese”. O meglio la

lingua giapponese rappresentata graficamente dal kana. Quindi “scrivere in kana” significa “scrivere in giapponese” e il

fatto che questo sia definito con il termine onnade indica che erano principalmente le donne a utilizzare la lingua

giapponese e la scrittura kana. “Principalmente” diciamo, nel senso che non era proibito agli uomini usare lingua

giapponese e scrittura kana, ma gli uomini per il tipo di produzione scritta cui erano usi (resoconti ufficiali, poesia in cinese,

diari ufficiali) utilizzavano per lo più la lingua cinese e quindi il kanbun. Però era la lingua giapponese (e quindi di

conseguenza il kana) a essere considerato lo strumento privilegiato per esprimere i propri sentimenti e per esplorare il

mondo all’ombra dell’ufficialità. E per lo più erano le donne a dedicarsi a questa produzione. Vedremo però con la poesia

e con il Tosa nikki (nel Contesto Letterario) che ci sono state trasmesse opere interamente o parzialmente maschili scritte

in onnade.

A lezione verranno mostrate porzioni del Genji monogatari emaki (“Rotolo illustrato del Genji monogatari”)

conservato presso The Tokugawa Art Museum di Nagoya e verrà spiegato con esempi concreti il funzionamento del

nuovo sistema di scrittura. In particolare verrà messo in luce come la scelta del kana permetta una ricerca estetica del

tratto calligrafico assente nell’epoca precedente, e come illustrazioni policrome e calligrafia entrino a far parte di una

stessa concezione artistica. Si sottolineerà, altresì, come tale ricerca estetica sia ancora del tutto scevra da una visione

buddhista (in particolare zen), andando a erodere uno stereotipo comune che vede un binomio ineludibile tra calligrafia

giapponese e buddhismo zen.

Contesto letterario

Nel periodo Heian si assiste all’“esplosione” della letteratura con la nascita e lo sviluppo di svariati generi

letterari, dalla prosa alla poesia. Si ribadiscono qui due punti a cui si è già accennato nei paragrafi precedenti:

→ manca una distinzione netta tra poesia e prosa, nel senso che la consuetudine le vuole presenti in uno stesso testo e

che la prosa vede il proprio ritmo influenzato dalla scansione propria della poesia in cinque e sette sillabe.

→ nonostante ciò esisteva un giudizio di valore netto tra poesia e monogatari: la prima era considerata superiore in

quanto ritenuta “vera”, mentre il secondo inferiore in quanto ritenuto un insieme di “falsità” e di frivolezze.

Di seguito si propone una carrellata dei principali testi che segnano il panorama letterario del periodo Heian.

� MONOGATARI PRECEDENTI AL GENJI MONOGATARI

1) Taketori monogatari 竹取物語竹取物語竹取物語竹取物語. Composto da autore ignoto tra il 901 e il 922, è considerato il primo monogatari della

storia letteraria giapponese (il più antico manoscritto oggi sopravvissuto è di epoca più tarda e oggi conservato presso la

Tenri Library. Una foto verrà mostrata a lezione). Narra le vicende di Kaguyahime, principessa della Luna. Ritrovata da un

vecchio tagliabambù in un tronco di bambù, la sua esistenza è caratterizzata da elementi fantastici tra cui la splendente

beltà che ne diventa caratteristica basilare. Il testo procede nella descrizione delle prove d’amore richieste dalla

principessa ai cinque pretendenti che la chiedono in moglie. L’impossibilità delle prove descritte è determinata dal destino

scritto per la giovane Kaguyahime di dover ritornare nel suo mondo e l’atteggiamento via via diverso dei pretendenti mette

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a nudo le svariate possibilità dell’animo umano di fronte alle prove riservate dall’amore. Dopo che Kaguyahime viene

riportata sulla luna, l’imperatore che per lei aveva trovato il filtro dell’immortalità lo brucia sul monte Fuji; episodio citato

nella letteratura successiva per spiegare la presenza del fumo che si leva incessante dal monte Fuji.

���� APPROFONDIMENTO

- Adriana Boscaro (a cura di), Storia di un tagliabambù (Taketori monogatari), Marsilio, Venezia 1994.

- Kristeva Tzvetana, “The Pattern of Signification in the Taketori monogatari: The ‘Ancestor’ of all Monogatari”, in Japan

Forum, 2, 2, 1990, pp. 253-260.

2) Ise monogatari 伊勢物語伊勢物語伊勢物語伊勢物語. Si tratta di un uta monogatari. Per la spiegazione del testo si veda:

Adriana Boscaro (a cura di), Letteratura giapponese. I. Dalle origini alle soglie dell'età moderna, Einaudi, Torino

2005. Voce: Ise monogatari (Laura Moretti), pp. 166-168.

���� LETTURA OBBLIGATORIA (indicata nella scheda online)

②②②② IL FILONE DEI REKISHI MONOGATARI

Ne fanno parte testi come lo Eiga monogatari 栄華物語栄華物語栄華物語栄華物語 e lo Ōkagami 大鏡大鏡大鏡大鏡. Il termine che indica questo

genere letterario unisce “rekishi” (lett. “storia”, “storiografia”) e il già citato “monogatari”. Due sono le differenze sostanziali

rispetto alla storia annalistica dei rikkokushi a cui si è accennato nella Prima Unità Didattica: 1) sono scritti in giapponese

e in kana; 2) offrono un tentativo di interpretazione e di analisi personale della storia. Lo Eiga monogatari, scritto da una

donna, narra la storia del Giappone in quaranta maki partendo dall’imperatore Uda (887-897) fino all’imperatore Horikawa

(1086-1107). Il secondo utilizza la struttura narrativa del dialogo per narrare la storia giapponese dall’imperatore Montoku

(850-858) arrivando all’imperatore Ichijō (986-1011).

③③③③ IL GENERE DEI SETSUWA 説話説話説話説話

Il termine, che è moderno, sta a indicare l’aneddoto, la leggenda, il racconto popolare. I racconti che fanno

parte di questo genere hanno in comune la brevità, il linguaggio semplice, una supposta base reale, l’enfasi su un solo

tema narrativo, assenza di descrizioni e di analisi psicologica, una tendenza al dialogo come tecnica narrativa, fonti orali

(di argomento fantastico, triste, umoristico, bizzarro, terrificante), talvolta a sfondo religioso. Agli inizi i monaci buddhisti

diffondevano il loro credo usando questi semplici racconti ai quali aggiungevano una morale, e i trasmettitori di setsuwa

sono stati appunto i biwa hōshi 琵琶法師, monaci itineranti ciechi che si accompagnavano con uno strumento a corde

detto biwa. Quando il setsuwa tratta della diffusione del buddhismo, delle vite dei santi, di storie di templi e così via, si

parla di bukkyō setsuwa 仏教説話.

Due sono le collezioni di setsuwa che si ricordano:

1) Nihonryōiki 日本霊異記日本霊異記日本霊異記日本霊異記 (822 ca.). Il titolo completo è Nihonkoku genpō zen’aku ryōiki [reiiki] 日本国現報善悪霊異記 (Storie miracolose di bene premiato e di male punito in questa vita in Giappone).

2) Konjaku monogatari shū 今昔物語集今昔物語集今昔物語集今昔物語集 (1120, data più accreditata). Ogni setsuwa ha inizio con la frase “Ima wa

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mukashi 今は昔” (Ora, [è del] passato), lettura kun dei caratteri che nel titolo sono letti in on’yomi (konjaku). È una

raccolta di più di mille setsuwa, divisa in tre grandi parti che trattano rispettivamente dell’India, della Cina e del Giappone

seguendo il percorso della diffusione del buddhismo nei tre paesi. Trattano di vite di santi patriarchi, dei poteri miracolosi

del Buddha, di fondazione di templi, di bene premiato e di male punito in questa e nell’altra vita, di storie di elevazione

morale (sono quindi dei bukkyō setsuwa). Una sezione molto interessante è la parte dedicata al Giappone “laico” dove

non solo è forte l’elemento folcloristico, ma dove fanno per la prima volta la loro comparsa in un testo letterario

giapponese i guerrieri, il ceto emergente.

③③③③ IL GENERE DEI NIKKI 日記日記日記日記

Il termine nikki si compone dal sinogramma di “giorno” e da quello di “registrare” (in giapponese il verbo

shirusu 記す). Si tratta di appunti quotidiani che vengono tenuti in lingua giapponese e in kana. Non hanno nulla

dell’ufficialità dei diari in kanbun tenuti dagli uomini. In genere sono autori di nikki le donne, che affidano alla parola scritta

la descrizione della vita quotidiana alla corte con tutte le sue implicazioni (sentimentali, politche, sociali, artistiche,

intellettuali). Al centro della narrazione, che non necessariamente si propone in modo rigido come una registrazione

quotidiana, stanno i sentimenti e le emozioni provate dalla donna autrice, narratrice e protagonista del testo.

Da ricordare in questo genere è:

1) Tosa nikki 土佐日記土佐日記土佐日記土佐日記 (935)

È il primo nikki, non di mano femminile ma maschile. L’autore è il poeta Ki no Tsurayuki 紀貫之 (che ritroveremo poi per

la poesia), che per scrivere si finge donna (nell’incipit scrive: “i diari sono scritti dagli uomini [quelli ufficiali tenuti in

kanbun], mi si dice, ma ne scrivo uno per vedere cosa una donna può fare [finzione narrativa]”). Il patto narrativo si fa,

dunque, molto più complesso di quello di un diario a cui un lettore occidentale può essere abituato: l’autore (uomo) si

finge donna; il narratore (donna) descrive lo stato d’animo di un protagonista maschile (l’autore stesso) che torna da Tosa

a Kyōto dopo aver perso la propria figlia. Sfruttando le possibilità offerte dall’onnade nell’espressione dei sentimenti umani,

l’autore riesce a raccontare il proprio dolore oggettivandolo attraverso la complessa cornice narrativa impiantata in questo

nikki.

Altri nikki sono

� Kagerō nikki 蜻蛉日記 (Diario di un’effimera, 974 ca.) di Fujiwara Michitsuna no haha;

� Izumi Shikibu nikki 和泉式部日記 (1003);

� Murasaki Shikibu nikki 紫式部日記 (1010 ca.);

� Sarashina nikki 更級日記 (1058 ca.) di Sugawara Takasue no musume;

� Towazugatari とわずがたり (1306) di Nijō.

In genere incluso nella categoria dei nikki, è anche il Makura no sōshi 枕草子枕草子枕草子枕草子, sebbene alla lettura il testo si

mostri refrattario a ogni tipo di rigida classificazione. Scritto dalla dama di corte Sei Shōnagon 清少納言 intorno al 1020,

il testo si presenta come una raccolta di circa trecento passaggi indipendenti l’uno dall’altro. Tre sono le tipologie di testo

che possono essere riscontrate:

1) liste intorno a un argomento comune (definite dalla critica giapponese come mono wa zukushi o mono wa zuke);

2) passaggi che introducono un nuovo stile (poi riconosciuto in seno alla letteratura giapponese come genere letterario)

Page 21: Appunti utili

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che è lo zuihitsu 随筆随筆随筆随筆. Il termine potrebbe essere tradotto letteralmente con “affidarsi allo scorrere del pennello” e

sta a indicare un tipo di scrittura tale per cui l’autore affida alla carta i suoi pensieri in totale libertà. Da questo punto

di vista si veda il celebre incipit del Makura no sōshi in cui si descrivono le peculiarità delle stagioni giapponesi

(passaggio che verrà letto a lezione);

3) passaggi che riprendono le convenzioni di nikki registrando avvenimenti quotidiani.

La difficoltà di inserire il testo in un genere specifico non deve stupire e anzi mette in luce una caratteristica

importante di tutta la letteratura giapponese su cui il presente Corso porterà più volte a riflettere. Questa

caratteristica è la mancanza in Giappone del bisogno di unità che invece ha dominato il panorama letterario

occidentale da Platone in poi. Frammentarietà, strutture modulari, ibridismo, polifonia e concetti simili emergono

in modo magistrale all’interno del Makura no sōshi e verranno riproposti come ulteriori riflessioni nelle Lezioni

successive alla terza.

④④④④ LE ANTOLOGIE POETICHE IMPERIALI: IL KOKIN WAKA SHŪ古今和歌集古今和歌集古今和歌集古今和歌集

L’inizio del periodo Heian vede la diffusione massiccia della produzione di kanshi 漢詩, ovvero di poesia

composta in cinese. Tra i poeti più celebri si ricorda Sugawara no Michizane 菅原道真 (845-903) che è celebrato oggi

come Tenjin 天神, divinità protettrice del sapere. È nel decimo secolo che viene sancita la rivalsa dello waka e si dà il via

a un periodo d’oro per la poesia giapponese in trentun sillabe con la stesura nel 905 dell’antologia poetica imperiale

conosciuta con il titolo di Kokin waka shū (conosciuta in forma abbreviata con il titolo di Kokinshū 古今集). Si tratta della

prima delle ventuno antologie poetiche imperiali di waka conosciute con il nome collettivo di chokusenshū 勅撰集. È

stata ordinata dall’imperatore Go Daigo e curata da Ki no Tsurayuki (già citato come autore del Tosa nikki).

Il Kokinshū riveste un’importanza fondamentale per svariati motivi tra cui, nel presente Corso, ci focalizzeremo

sui tre seguenti:

1) La struttura del Kokinshū definisce il canone strutturale per le future antologie poetiche. I venti maki prevedono una

scansione tematica, con i primi sei che seguono la progressione temporale delle stagioni (due per la primavera, uno

per l’estate, due per l’autunno e uno per l’inverno; dando quindi preminenza alle stagioni che risultano più evocative

per il clima giapponese) e gli altri che affrontano le tematiche più svariate, tra cui cinque maki per le poesie d’amore.

2) La presenza di una prefazione in giapponese (scritta da Ki no Tsurayuki) che costituisce un vero e proprio manifesto

della poesia giapponese. → ���� LETTURE OBBLIGATORIE Ikuko SAGIYAMA (a cura di), Kokin Waka shū, Milano,

Ariele, 2000, pp. 38-62. Sulla prefazione ci soffermeremo a lezione prendendo in considerazione: 1) l’identità e la

natura dello waka 和歌 (ovvero “poesia di Yamato”, “poesia giapponese”); 2) il ruolo della poesia (“La poesia di

Yamato ha come radici il cuore degli uomini e per foglie le migliaia di parole”); 3) la supremazia della poesia

giapponese su quella cinese.

3) Applicazione di scelte retoriche e stilistiche che diventeranno canoniche per lo waka In particolare a lezione si

analizzeranno esempi di: 1) kakekotoba 掛詞 (lett. “parole-pernio”), 2) jo kotoba 序詞 (lett. “parole introduttive”) e

kotobagaki 詞書, 3) makura kotoba 枕詞 (lett. “parole cuscino”).

Page 22: Appunti utili

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Contesto storico (Periodo Heian)

- Grazie al processo di adozione del modello di stato cinese, si venne definendo in modo sempre più vigoroso un

sistema centralizzato con il potere politico e sacrale concentrato nella figura dell’imperatore (in giapponese tennō).

- Intorno alla figura dell’imperatore ruotava una burocrazia costituita da un numero limitato di famiglie aristocratiche. La

posizione che i membri delle famiglie ottenevano a corte sanciva il potere politico dell’intera famiglia. Tale aristocrazia

di corte venne definita con il titolo di kuge 公家

- La famiglia che ottenne più potere, grazie al fatto di detenere il monopolio sulla carica di Reggente Imperiale, fu la

famiglia dei Fujiwara. Fujiwara Yoshifusa (804-872) riuscì a strappare ai principi imperiali il ruolo di Primo Ministro e

di Capo del Consiglio di Stato e quando salì al trono l’imperatore Seiwa, ottenne il titolo di sesshō (Reggente

Imperiale). Il sistema dei reggenti ottenne ulteriore rafforzamento quando per Fujiwara Mototsune (836-891) venne

creato il titolo di kanpaku (reggente di un imperatore adulto). Grazie a un’accorta politica matrimoniale i Fujiwara

poterono per decenni assicurarsi il controllo sulle cariche di sesshō e di kanpaku. Fu solo nel 1086 che, attraverso

l’istituzione della carica di Imperatore in Ritiro (insei), si riuscì ad arginare quello che era ormai diventato lo strapotere

dei Fujiwara.

- Nascita degli shōen: possedimenti terrieri privati, su cui il beneficiario dell’esenzione fiscale deteneva tutti i compiti. È

in seno agli shōen che si viene a formare e a rafforzare progressivamente una classe di aristocratici militari

conosciuti con le denominazioni di buke 武家, bushi 武士 o samurai (anche saburai) 侍.

- Nel 1156 si verifica uno scontro tra fazioni che sostenevano l’imperatore Sutoku (imperatore in ritiro che cercava di

mettere sul trono il figlio) e l’imperatore Go Shirakawa che prese il trono, creando disordini in tutto il paese noti con

l’appellativo di Hōgen no ran (“disordini dell’era Hōgen). In particolare due furono i clan militari coinvolti: i Taira

(guidati da Kiyomori) e i Minamoto (chiamati anche Genji). Nel 1156 ebbero la meglio i Taira, ma dopo che Minamoto

no Yoritomo si mise alla guida dei Minamoto, i Taira trovarono la sconfitta durante la battaglia di Dannoura.

- Il punto da sottolineare con vigore è che se la prima parte del periodo Heian aveva conosciuto un periodo di pace e

di prosperità, dall’inizio del XII secolo il Giappone conosce un periodo di lotte cruente che andranno a rinvigorire

l’idea buddhista di essere in un periodo di degenerazione della legge. Come vedremo nella prossima Unità Didattica

sarà proprio questo spirito a caratterizzare la produzione culturale del periodo successivo.

- Ingresso del buddhismo tantrico con la fondazione da parte di Kōbō Daishi (Kūkai) della scuola Shingon. Nella fine

del periodo Heian prese piede il buddhismo della Terra Pura di cui si dirà nell’Unità Didattica successiva.

Page 23: Appunti utili

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TTEERRZZAA UUNNIITTÀÀ DDIIDDAATTTTIICCAA

Il periodo di degenerazione della Legge:

la visione buddhista del mondo attraverso il fluire dei pensieri nello Tsurezuregusa.

Iniziamo leggendo...

Brani dallo Tsurezuregusa 徒然草, nella traduzione a cura di Donald Keene (trad. it. di Adriana Motti), Momenti d’ozio,

Adelphi, Milano 1992:

p. 30

pp. 39-42

pp. 44-48

pp. 55-57

pp. 63-64

pp. 84-85

pp. 10-106

pp. 126-139

���� LETTURA OBBLIGATORIA (materiali distribuiti a lezione e disponibili a ricevimento del docente)

Analizziamo gli elementi fondamentali dell’opera...

Lo Tsurezuregusa 徒然草 fu scritto da Kenkō Hōshi 兼好法師 (o Yoshida Kaneyoshi 吉田兼好) tra il

1323 e il 1331. Nel momento in cui Kenkō scrive il testo, il suo status sociale è quello di un monaco buddhista che ha

scelto l’eremitaggio.

Se dovessimo inquadrare il testo all’interno di un genere letterario preciso, dovremmo parlare di zuihitsu

(secondo la definizione già data nell’Unità Didattica precedente). L’incipit del testo è indicativo per comprendere

l’atteggiamento con cui l’autore si è messo al lavoro:

Nella mia condizione di ozio [tsurezure naru mama ni], da mane a sera mi rivolgo alla pietra per l’inchiostro e dato

Page 24: Appunti utili

22

che, senza una ragione precisa, metto per iscritto quisquiglie [yoshinashigoto] che passano per la mente, mi sento

strano, quasi come se fossi quasi impazzito. (L.M.)

L’atto della scrittura qui descritto ha dato vita a un testo composto da 243 sezioni distinte che trattano degli

argomenti più vari. Di nuovo si riscontra una struttura modulare, simile a quella già rintracciata nei testi del periodo

Heian. Comunque un tema comune esiste, ed è quello del senso di impermanenza (mujō 無常無常無常無常) che caratterizza tutta la

cultura del periodo Kamakura. I disordini che hanno devastato il paese dalla fine del periodo Heian (vedi Unità Didattica

precedente) e quelli che continuano a tormentare la realtà del periodo Kamakura (vedi Contesto Storico riportato di

seguito), alimentano la convinzione che il mondo sia giunto alla fase della cosiddetta “degenerazione della Legge

(buddhista)” (mappō). E l’insegnamento che pervade tutto lo Tsurezuregusa (in particolare i passaggi selezionati per il

Corso) è quello di prendere coscienza della natura effimera, della caducità di tutto ciò che esiste e quindi di rivolgersi alla

pratica buddhista (in un’ottica tariki, ovvero di una salvezza impossibile da ottenere attraverso le sole proprie forze e per

la quale ci si rimette nella misericordia di Buddha e bodhisattva).

Contesto letterario

①①①① HŌJŌKI 方丈記方丈記方丈記方丈記

Il testo che in genere viene proposto insieme allo Tsurezuregusa è lo Hōjōki 方丈記方丈記方丈記方丈記 di Kamo no Chōmei 鴨長明 del 1212. A fare da trait d’union fra i due testi sono l’identità degli autori, entrambi monaci che hanno scelto il

romitaggio (tanto che questa produzione letteraria prende anche il nome di inja bungaku 隠者文学, “letteratura del

romitaggio”), e la tematica di fondo del mujō. Lo Hōjōki descrive, attraverso una struttura narrativa unitaria, tutta una serie

di disordini naturali che si sono susseguiti nei decenni e che secondo l’autore sono il segno tangibile del periodo di mappō

in cui il mondo si trova sprofondato.

Significativo a riguardo risulta l’incipit del testo che descrive la situazione di impermanenza di tutto ciò che

esiste attraverso una metafora tanto efficace quanto inquietante:

La corrente dell’acqua che scorre mai si interrompe, eppure l’acqua non è mai la stessa. La schiuma che galleggia

nei punti in cui l’acqua ristagna, ora svanisce, ora si forma ma non c’è prova che persista a lungo. Così sono gli

uomini e le abitazioni che popolano questo mondo. (L.M.)

②②②② IL GENERE DEI GUNKI MONOGATARI 軍記物語軍記物語軍記物語軍記物語

Le lotte intestine che hanno caratterizzato questo periodo storico hanno permesso la nascita di un nuovo tipo

di monogatari, definito gunki monogatari, dove gunki 軍記 significa letteralmente “resoconti militari”. Sono testi che

raccontano le guerre che hanno sconvolto il Giappone, attraverso l’utilizzo di una prosa che unisce il fatto storico alla

fiction. Il più celebre tra tutti i testi è lo Heike monogatari 平家物語平家物語平家物語平家物語, che narra le lotte tra i Taira e i Minamoto

(menzionate nel Contesto Storico dell’Unità Didattica precedente). A differenza dei rekishi monogatari fioriti nel periodo

Page 25: Appunti utili

23

Heian ― che erano testi di storiografia interpretativa, intrisi di una visione positiva della realtà umana ― i gunki

monogatari sono testi di fiction che pongono al centro della narrazione gli eroi dei campi di battaglia; eroi colti nella loro

fragilità di guerrieri spesso sconfitti; eroi che diventano icone della visione di mujō dell’epoca. Di nuovo sintomatico è

l’incipit di questo testo:

Il rintocco della campana del tempio di Gion riecheggia la caducità di tutte le cose. Il colore dei fiori dei due alberi

di sala dimostra che davvero chi prospera ineluttabilmente decade. Gli orgogliosi sono destinati a presto finire del

tutto simili al sogno di una notte di primavera. Anche i prodi saranno infine travolti proprio come polvere nel vento.

(L.M.)

Attenzione deve essere data al tipo di fruizione riservata all’epoca allo Heike monogatari: non si prestava a una lettura

solitaria ma era affidata alla declamazione con l’accompagnamento del biwa (strumento musicale a corde) per mano di

monaci itineranti conosciuti come biwa hōshi 琵琶法師. Questo tipo di fruizione corale determina un ampliamento del

pubblico di “lettori” (= uditori) rispetto a quanto avevamo notato nel periodo Heian e in certa misura prelude alla

formazione della “letteratura vocale” di cui di parla nell’Unità Didattica successiva.

③③③③ LO SVILUPPO DELLA POESIA: LO SHIN KOKIN WAKA SHŪ新古今和歌集新古今和歌集新古今和歌集新古今和歌集 E IL RENGA 連歌連歌連歌連歌

La nuova epoca propone sviluppi nell’ambito dello waka con la stesura dell’antologia poetica intitolata Shin

kokin waka shū 新古今和歌集. Come definito dall’uso del termine “shin”, ci troviamo di fronte a una versione “nuova”

del Kokinshū analizzato nell’Unità Didattica precedente. Compilata da più poeti, tra cui si ricorda qui solo Fujiwara no

Teika藤原定家 (1162-1241), propone diversi elementi di rinnovamento rispetto alle antologie poetiche che la precedono.

Qui si identifica come elemento più significativo dal punto di vista retorico la codificazione della pratica dello honkadori本歌取り本歌取り本歌取り本歌取り. Si tratta di una pratica intertestuale che prevede la composizione di versi attraverso una riscrittura, una

ripresa innovativa di versi già composti in passato. Norme precise e complesse regolavano tale pratica, in modo da

garantire tanto la riscrittura quanto l’innovazione. La cosa che però si intende sottolineare in questo Corso è la

predisposizione per l’intertestualità che si viene in questo modo a definire e che caratterizzerà tutta la cultura giapponese

almeno fino al periodo Meiji. Creare non significa necessariamente creare ex-novo, ma significa saper creare

qualcosa di nuovo dal già detto. Citazione, allusione, trasposizione modale, parodia minimale, trasposizione

diegetica sono solo alcuni dei molti strumenti con cui questa propensione intertestuale si manifesterà dal

periodo Kamakura in poi. Questo aspetto fondamentale e fondante della cultura giapponese verrà sottolineato e

commentato a lezione ogni qualvolta la riflessione si imporrà necessaria.

A fianco dello waka in questo periodo si sviluppa anche un nuovo genere poetico definito con il termine di

renga 連歌連歌連歌連歌, ovvero “poesia a catena”. Più poeti si univano in una séance poetica in cui a turno componevano ku 句 (in

genere tradotto con “emistichio”): prima di 17 sillabe (5-7-5 sillabe) poi di 14 (7-7 sillabe) per un totale di 100 ku. Come

abbiamo visto nella prima Unità Didattica l’origine di questo genere poetico viene riconosciuto nello scambio poetico tra

Yamato Takeru e un anziano nella zona di Tsukuba riportato nel Kojiki. È però nel periodo Kamakura che si formano

circoli di poeti che praticano renga e che viene creata la prima antologia di renga intitolata Tsukubashū 筑波集

(Yamazaki Sōkan, 1530).

Page 26: Appunti utili

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���� APPROFONDIMENTO

▪ Francesca Fraccaro (a cura di), Ricordi di un eremo (Hōjōki), Marsilio, Venezia 1991.

▪ McCullough Helen Craig, The Tale of the Heike, Stanford University Press, Stanford 1988.

Contesto storico (Periodo Kamakura)

- Viene istituito nel 1185 un governo militare a Kamakura (da cui il nome per l’intero periodo storico, a opera di

Minamoto no Yoritomo 源頼朝源頼朝源頼朝源頼朝 (1147-1199). La nuova aristocrazia al potere non apparteneva più all’ambito del

kuge ma dei buke 武家武家武家武家 (casate guerriere). Il governo militare di Kamakura cosituì un centro di potere alternativo

alla corte imperiale. Il nuovo governo prende il nome di bakufu 幕幕幕幕府. Si tratta di un governo militare a carattere

nazionale presieduto da capi guerrieri detti shōgun 将軍将軍将軍将軍. Per tutto il periodo Kamakura, di fatto, si creò un governo

duale in cui bakufu Kamakura e corte imperiale operarono in equilibrio nel controllo amministrativo del paese.

- Alla morte di Yoritomo, i figli non si dimostrarono all’altezza dell’eredità paterna e il potere passò di fatto nelle mani

della famiglia Hōjō (famiglia della moglie di Yoritomo, Hōjō Masako) che assicurò al paese un periodo di relativa pace

che durò fino alla Restaurazione Kenmu.

- Nel 1266 Qubilay Qan, capo mongolo guida della Cina Yuan (1271-1368), cercò di sottomettere il Giappone inviando

nel sud del paese un’imponente spedizione navale, e fu un provvidenziale tifone a evitare la disfatta giapponese. In

questo frangente venne utilizzato il termine kami kaze 神風 (lett. “vento divino”). Eppure l’impegno bellico ebbe

effetti tragici sulla situazione finanziaria del bakufu.

- La fine del potere degli Hōjō venne sancita dalla restaurazione del potere imperiale intrapresa dall’imperatore Go

Daigo, facilitata dalla debolezza di Hōjō Takatoki. Go Daigo trovò coalizione in Ashikaga Takauji 足利尊氏足利尊氏足利尊氏足利尊氏

(1305-1358), discendente del clan dei Minamoto e in origine a capo delle forze shogunali opposte a Go Daigo.

Sconfisse le forze shogunali nel 1333, entrando vittorioso a Kyōto. Venne ristabilito per breve tempo il potere

imperiale, fino a quando Takauiji fece un altro atto di insubordinazione. Dopo che non ottenne dall’imperatore quanto

desiderava (soprattutto quando il restaurato imperatore propose al proprio figlio la carica di shogun), nel 1336

sconfisse le truppe imperiali e rientrò vittorioso a Kyōto.

- Nel periodo Kamakura si assiste a una diffusione radicale del buddhismo anche presso gli strati meno elevati della

popolazione. La scuola che ebbe maggiore impulso fu quella della Terra Pura (jōdoshū 浄土宗), secondo la cui

dottrina la fede assoluta nel buddha Amida, dimostrata rimettendosi completamente a lui nel pronunaciare la

giaculatoria “Namu Amida Butsu”, avrebbe consentito a chiunque di rinascere nella Terra Pura di Occidente. Questo

tipo di dottrina buddhista rispondeva al meglio alle esigenze dettate dall’epoca di mappō 末法, di “degenerazione

della Legge (buddhista)” in cui si credeva che il Giappone fosse caduto. Simile successo ebbe anche la scuola

fondata da Nichiren (nichirenshū 日蓮宗), il quale predicava la salvezza ottenuta attraverso la giaculatoria “Namu

myōhō renge kyō” contenente il titolo del Sutra del Loto (in giapponese Myōhō renge kyō). L’aristocrazia militare

trovò sostegno anche nella scuola buddhista zen (zenshū 禅宗), legato in particolar modo al monaco Dōgen.

Page 27: Appunti utili

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Page 28: Appunti utili

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QQUUAARRTTAA UUNNIITTÀÀ DDIIDDAATTTTIICCAA

L’irruzione della vitalità popolare nella letteratura vocale:

il variopinto mondo degli otogizōshi.

Iniziamo leggendo...

La monaca tuttofare, la donna serpente, il demone beone (trad. italiana di Roberta Strippoli), Marsilio, Venezia 2001:

Fukutomi zōshi, pp. 81-89

Onzōshi shimawatari, pp. 63-77

Monokusa Tarō, pp. 41-60

���� LETTURA OBBLIGATORIA (materiali distribuiti a lezione e disponibili a ricevimento del docente)

Analizziamo gli elementi fondamentali dei tre testi...

���� Fukutomi zōshi

- Irruzione di protagonisti appartenenti a strati sociali “inferiori”.

- Irruzione del grottesco e del comico.

- Funzione ludica, unita a quella educativa.

���� Onzōshi shimawatari

- Irruzione del “diverso” attraverso la descrizione di paesi stranieri e fantastici.

���� Monokusa Tarō

- Irruzione di protagonisti appartenenti a strati sociali “inferiori”.

- Uso e funzione delle liste (funzione di medetai, “buon auspicio”).

- Funzione di medetai nella conclusione a lieto fine.

- Nuovo ruolo della poesia come mezzo di riscatto sociale.

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Analizziamo gli elementi fondamentali del genere...

I due testi proposti in questa lezione del corso fanno parte di un vastissimo corpus letterario conosciuto con i

termini di otogizōshi 御伽草子, chūsei monogatari 中世物語 o Muromachi monogatari 室町物語.

Si tratta di terminologia imposta a posteriori alla prosa sviluppatisi tra il periodo Muromachi (1333-1568) e

l’inizio del periodo Edo. Tra queste la denominazione otogizōshi si è stabilita in epoca successiva, ovvero a partire dal

1731 quando a Ōsaka la stamperia di Shibukawa Seiemon ne stampa su matrice ventitre con il titolo collettivo di Otogi

bunko 御伽文庫 (poi conosciuti anche come otogizōshi 御伽草紙・御伽草子. Fig. 1). Oggi se ne contano circa

quattrocento esemplari.

Sono testi sostanzialmente brevi, di autori sconosciuti ma probabilmente monaci, bushi e verso la fine del

periodo Muromachi anche appartenenti ai nuovi strati di “cittadini” (mercanti, artigiani, etc.). Questo allargamento della

fascia di codificatori del testo è stato accompagnato da un graduale ampliamento del gruppo di fruitori, non più ristretto

all’ambiente della corte o agli intellettuali dell’epoca. Come indica chiaramente la scelta del termine otogi, si tratta di testi

pensati per l’intrattenimento. Per meglio rispondere a questo scopo ludico i testi venivano spesso accompagnati da

illustrazioni, fatti circolare a partire dal periodo Muromachi nel formato di rotoli manoscritti (emaki 絵巻) e in quello di

Nara ehon (manoscritti miniati, fig. 2). Solo nel successivo periodo Edo vennero messi a stampa prima come tanrokubon丹録本 (con illustrazioni colorate in arancio, verde e giallo) (fig. 3) e poi nella succitata versione su matrice di

Shibukawa (fig. 4).

Alla loro diffusione in periodo Muromachi contribuirono gli etoki hōshi 絵解法師 e le Kumano bikuni 熊野比丘尼, monaci e monache che raccontavano le storie basandosi sulle versioni scritte e illustrate. Essendo una letteratura

messa per iscritto, ma offerta attraverso la lettura corale, Barbara Ruch (vedi bibliografia in calce) la definisce “letteratura

vocale”.

I contenuti di questo massiccio gruppo di testi sono molto eterogenei e risultano oggi generalmente ordinati in

base alla classificazione teorizzata da Ichiko Teiji:

1. racconti di corte (kuge mono 公家物): digest di testi della letterature Heian, storie d’amore con finale tragico,

mamako mono, racconti con argomenti mutuati dal folclore, testi che presentano le biografie di poeti famosi o che

ereditano in parte la forma degli uta monogatari presentando prosa e poesia intimamente fuse insieme.

2. racconti di stampo religioso (shūkyō mono 宗教物): testi riguardanti biografie di monaci illustri; chigo monogatari 稚児物語 in cui si descrivono le relazioni d’amore tra giovani accoliti e anziani monaci.

3. racconti di stampo militare (buke monogatari 武家物語): eredi dei gunki monogatari, si concentrano sulle gesta di

eroi celebri.

4. racconti sui “popolani” (shomin mono 庶民物): testi che hanno come protagonisti contadini, artigiani, mercanti,

spesso descritti nella loro ascesa sociale.

5. racconti ambientati in paesi stranieri (gaikoku mono 外国物): testi ambientati in paesi diversi dal Giappone.

6. racconti che hanno protagonisti esseri diversi dagli uomini (irui mono 異類物), siano essi animali, piante o oggetti.

Si possono rintracciare delle caratteristiche comuni a tutti i testi (che quindi permettono di riconoscervi un genere

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letterario vero e proprio):

1) Come già accennato sopra, sono di lunghezza molto breve, sebbene in molti casi facciano riferimento a un lasso

esteso della vita del protagonista.

2) Manca qualsiasi tentativo di introspezione psicologica del personaggio e ogni descrizione è affidata a espressioni

codificate.

3) Spesso il protagonista possiede un qualcosa di straordinario, che genera stupore nel lettore e garantisce il valore di

“buon auspicio” del testo.

4) Commistione della funzione ludica, educativa e medetai.

Contesto storico (Periodo Muromachi e Periodo Azuchi Momoyama)

- Il periodo Muromachi è caratterizzato dal potere degli Ashikaga.

- Non si può comunque parlare di un periodo di pace, in quanto la divisione tra le due corti imperiali del Nord e del Sud

(che vede contrapposti due rami della dinastia imperiale: da un lato quello cui apparteneva il sovrano di Kyōto e quello

cadetto di Yoshino) prende la forma di sanguinosi scontri.

- Dopo la morte di Takauji, solo il terzo shōgun Yoshimitsu si mostra in grado di consolidare il potere ma dopo di lui si

assiste a un progressivo declino del potere degli Ashikaga causa di un lungo periodo di instabilità generale. Il culmine di

questa condizione di malcontento della popolazione viene raggiunto nel 1462 con lo scoppio della guerra dell’era Ōnin,

imputabile alle tensioni relative alla gestione della successione shogunale. Il periodo di guerre che nasce viene

denominato Sengoku jidai 戦国時代 (lett. “epoca degli stati combattenti”) che durò circa un secolo. In questo periodo si

assiste al progressivo decentramento politico e militare, sebbene sotto la superficie di un potere centrale mai scalfito.

- Fu Oda Nobunaga 織田信長織田信長織田信長織田信長 (1534-1582) che mise in atto un processo di unificazione del paese riuscendo a

conquistare Kyōto nel 1568. Inizia così il breve periodo conosciuto con il nome di Azuchi-Momoyama 安土桃山安土桃山安土桃山安土桃山. Azuchi

indica la zona dove Nobunaga crea il castello suo quartier generale e Momoyama il castello dove il successore di

Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi 豊臣秀吉豊臣秀吉豊臣秀吉豊臣秀吉, si insedia nel 1593.

- Caratteristica di questa epoca di transizione è una progressiva apertura verso l’esterno, resa possibile dalla stabilità

interna di cui ci si va via via riappropriando. Da ricordare sono due missioni militari in Corea e il contatto con i cristiani che

arrivano in Giappone guidati da Francesco Saverio. L’arrivo di Francesco Saverio avviene nel 1549, seguito dalla

successiva presenza di altri gesuiti. Fu proprio Oda Nobunaga a garantire protezione ai gesuiti, permettendo la

conversione di molti territori e consentendo un’ambasceria a Roma di daimyō (capi militari degli han, feudi, in cui il

territorio giapponese era diviso).

���� APPROFONDIMENTO

- Barbara Ruch, “Medieval Jongleurs and the Making of a National Literature”, in Hall e Toyoda, Japan in the Muromachi

era, University of California Press, Berkeley 1977, pp. 279-309.

- Ichiko Teiji, “Otogi and Literature”, Acta Asiatica, n.4, 1963, pp. 32-42.

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Fig. 1 Fotografia delle ventitre opere che compongono lo Otogi bunko stampato da Shibukawa Seiemon.

Fig. 2 Versione Nara ehon di Hachikazuki.

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Fig. 3 Versione tanrokubon di Karaito.

Fig. 4 Urashima Tarō nella versione a stampa di Shibukawa.

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QQUUIINNTTAA UUNNIITTÀÀ DDIIDDAATTTTIICCAA

Il testo a stampa e la nascita di una cultura scritta per il vasto pubblico:

Ihara Saikaku e dintorni

Iniziamo leggendo... ※ Data la vastità della produzione dell’autore preso in considerazione e la lunghezza delle due opere principali,

Kōshoku ichidai otoko 好色一代男 e Kōshoku ichidai onna 好色一代女 si sceglie di partire da una presentazione

dell’autore e delle due opere.

Due pilastri della letteratura del XVII secolo sono Kōshoku ichidai otoko 好色一代男好色一代男好色一代男好色一代男 e Kōshoku gonin

onna 好色五人好色五人好色五人好色五人女女女女, opere di Ihara Saikaku 井原西鶴井原西鶴井原西鶴井原西鶴 (1642-1693).

���� Ihara Saikaku

Saikaku cresce e lavora a Ōsaka e fino al 1681 si dedica principalmente alla

produzione poetica di haikai (vedi Unità Didattica successiva) nell’ambito della scuola

Danrin, diventando famoso per lo yakazu haikai 矢数俳諧 (hokku [vedi Unità

Didattica successiva] composti nel più alto numero possibile in un lasso di tempo

limitato). Il culmine viene raggiunto proprio nel 1681 con la pubblicazione di Saikaku

ōyakazu 西鶴大矢数, testo in cui si riportano i 4000 ku da lui composti in un giorno e

in una notte.

Nel 1682 Saikaku esordisce nel mondo della prosa con Kōshoku ichidai otoko

dando il via a un nuovo genere letterario definito poi dalla critica con il termine di

ukiyozōshi 浮世草子浮世草子浮世草子浮世草子. Con questo termine si indicano libri che hanno come proprio

oggetto l’ukiyo, il mondo fluttuante, nella nuova accezione che gli era stata data da Asai Ryōi nel suo kanazōshi intitolato

Ukiyo monogatari:

Di volta in volta fare ciò che il momento richiede; rivolgersi alla luna, alla neve, ai fiori, agli aceri; cantare canzoni

Page 34: Appunti utili

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e bere sake; divertirsi dimentichi della realtà concreta come se si fluttuasse; non disperarsi nemmeno se non si

ha più un soldo per vivere; possedere uno spirito che non si affligge e diventare simili a una zucca vuota che

fluttua sull’acqua: questo è ciò che si chiama ukiyo. (L.M.)

La produzione in prosa di Saikaku viene definita già dal periodo Edo (ad esempio nella postfazione a Kōshoku ichidai

otoko scritta dal poeta di Mizuta Seigin 水田西吟) con il termine tengōgaki 転合書, ovvero una scrittura fatta per puro

divertimento, come diversivo rispetto alla produzione seria, primaria dello haikai. Sono da notare grosse differenze

rispetto alla produzione degli otogizōshi visti nell’Unità Didattica precedente:

1) I testi non circolano più in forma manoscritta ma a stampa su matrice (vedi dopo).

2) La fruizione non avviene più in termini “vocali”, ma attraverso una lettura “solitaria” del lettore che si avvicina al testo

a stampa.

Per quanto concerne la produzione di Saikaku, oggi possiamo suddividerla in alcuni filoni tra cui i principali sono:

1. kōshoku mono 好色物: opere che hanno come proprio oggetto l’amore nelle sue forme più disparate. I titoli principali

che appartengono a questa sottocategoria sono:

Kōshoku ichidai otoko 好色一代男 (1682)

Kōshoku ichidai onna 好色一代女 (1686)

Kōshoku gonin onna 好色五人女 (1686)

Nanshoku ōkagami 男色大鏡 (1687)

In ognuno di questi testi l’amore viene descritto da prospettive diverse: in Kōshoku ichidai otoko si narra la vita

del protagonista Yonosuke dall’età di sette anni a sessanta e si descrivono le vicende amorose che lo vedono legarsi a

donne dei quartieri di piacere prima di Edo, poi di svariate parti del Giappone fino alla sua partenza per l’isola delle donne;

in Kōshoku ichidai onna un’anziana donna ripercorre la sua esistenza narrando l’ascesa e la discesa come donna dei

quartieri di piacere senza mostrare alcun cenno di rammarico o di pentimento per quanto vissuto; in Kōshoku gonin onna,

come suggerisce Teruoka Yasutaka, non si descrive più l’amore codificato da precisi ideali estetici e consumato all’interno

del mondo dei quartieri di piacere (kuruwa), bensì gli amori di cinque donne che non appartengono ai kuruwa, amori la cui

legittimità è in qualche modo negata dalle regole sociali e che portano sempre a un tragico epilogo; Nashoku ōkagami

descrive il mondo dell’amore omosessuale.

2. chōnin mono 町人物. Si tratta di testi in cui si descrive il mondo dei mercanti mettendone in luce problematiche,

esigenze, abitudini e sottolineando attraverso svariati episodi i nuovi valori (denaro, lavoro costante, dedizione) che

regolano questo ceto sociale emergente. I due titoli appartenenti a questa sottocategoria sono:

Nippon eitaigura 日本永代蔵 (1688)

Seken munesan’yō 世間胸算用 (1692)

3. buke mono 武家物. Testi in cui descrive il mondo dei bushi, focalizzandosi sui doveri della via militare, tra cui si ricorda

in principal modo Buke giri monogatari 武家義理物語 (1688).

���� Kōshoku ichidai otoko

Page 35: Appunti utili

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Come accennato sopra, il testo narra delle avventure amorose del protagonista Yonosuke durante i suoi

sessant’anni di vita. A lezione verranno illustrati i seguenti punti di interesse:

a) La struttura del testo è una ripresa della struttura biografica (ichidaiki 一代記) arricchita da un continuo vagabondare

del personaggio (henreki 遍歴). I cinquantaquattro capitoli che compongono il testo descrivono ciascuno un anno della

vita del protagonista Yonosuke (da sette a sessanta), come indicato in modo chiaro già dall’indice dell’opera (fig. 1).

Fig. 1 Indice del primo volume di Kōshoku ichidai otoko (testo a stampa conservato nella collezione Katei, Tōkyō daigaku).

b) Nel testo si attua una ripresa intertestuale del Genji monogatari e dello Ise monogatari. Non solo la struttura del testo

appare inequivocabilmente come una ripresa della struttura del Genji monogatari, ma Yonosuke viene proposto come il

nuovo ideale di amatore, che rinnova quello di Genji e di Narihira. Il processo a cui si assiste è il passaggio dalla

dimensione ga a quella zoku.

c) Si utilizzano gli yūjo hyōbanki (valutazioni di cortigiane) nella descrizione dei quartieri di piacere visitati dal

protagonista.

���� Kōshoku gonin onna

Il testo narra le storie di cinque donne consumate dal desiderio amoroso e strette nella morsa di una rigida

Page 36: Appunti utili

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morale. A lezione verranno analizzati i punti di maggiore interesse:

a) Mentre in Kōshoku ichidai otoko la descrizione dell’amore è circoscritta all’ambito dei quartieri di piacere ed è limitata a

dei rapporti estetizzati e privi di sofferenza per i due amanti, in Kōshoku gonin onna l’attenzione si sposta alla realtà

quotidiana dei chōnin (cittadini, mercanti), agli amori sofferti di personaggi che si muovono spinti dal ninjō人情人情人情人情

(passione) all’interno di una società retta da un impietoso giri 義理義理義理義理 (obbligazione sociale). È il conflitto tra giri e ninjō a

diventare il vero protagonista di Kōshoku gonin onna (Cfr. Tabella 1). Tale tematica appare

già nel passaggio intitolato Shinobi ōgi no nagauta「忍び扇の長歌」in Saikaku

shokokubanashi 西鶴諸国ばなし(1685): un giovane uomo di medio rango si innamora

di una giovane ragazza di circa vent’anni che è nipote di un daimyō e quindi di rango

superiore a quello dell’uomo; lui riesce ad ottenere un posto di lavoro nella casa della

giovane e alla fine anche lei si innamora di lui; una notte scappano insieme e vivono di

stenti per due anni (fig. 2); dopo di che i due vengono trovati; l’uomo viene punito con la

morte e la donna, rifiutando il suicidio, si fa monaca per pregare sulle spoglie dell’amato.

b) Saikaku ci offre uno specchio della società dell’epoca proponendo dei finali in cui trionfa il giri sul ninjō (cfr. Tabella 1).

Eppure il suo atteggiamento prende atto di questa situazione senza accettarla, in alcuni casi proponendone addirittura

una condanna più o meno esplicita. Nel finale del sopra citato Shinobi ōgi no nagauta la denuncia è chiara:

Dalla casa del signore vennero inviate ogni giorno una cinquantina di persone alla ricerca dei due, ma solo dopo

sei mesi li trovarono. Furono loro addosso in molti, legarono l’uomo con una corda e lo giustiziarono quella notte stessa. In seguito la donna venne rinchiusa in una stanza e intimata di suicidarsi. Eppure lei lasciava passare il tempo senza mostrare inclinazione alcuna per quel gesto. Allora il signore disse: «sebbene sia una donna, questo è un atteggiamento davvero codardo! Che si affretti a togliersi la vita», e un suo messaggero riportò la cosa alla donna. «Sappiamo bene che queste prescrizioni sociali sono spiacevoli ma lei ha commesso un atto contrario alle obbligazioni sociali e quindi deve togliersi la vita», le disse.

Allora la donna, tra le lacrime, rispose: «Non è che io rimpianga la mia esistenza, ma sono convinta di non avere infranto alcuna obbligazione sociale. Ritengo giusto che, ottenendo la vita in quanto essere umano, una donna debba avere un solo uomo. Ma innamorarsi di un uomo di rango inferiore fa parte dell’amore. Non sapete forse cosa si intende per infedeltà? Si ha infedeltà quando una donna sposata pensa a un altro uomo oppure quando una vedova ricerca un secondo marito. Non penso proprio si possa parlare di infedeltà qualora una donna sola ami per una vita lo stesso uomo. Inoltre di casi in cui ci si innamora di un uomo di rango inferiore ce sono sin dal passato. E non è nulla che vada contro le obbligazioni sociali. Non dovevate uccidere quell’uomo!».

Poi decise di farsi monaca per piangere sulle spoglie dell’amato. (Saikaku shokokubanashi, in Shin Nihon koten bungaku taikei, vol. 76, pp. 251-52, Traduzione di L.M.) c) Si utilizzano eventi di cronaca come base per la narrazione dei cinque episodi (cfr. Tabella 2).

Fig. 2 Saikaku shokokubanashi, vol. 4

Page 37: Appunti utili

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Originale di Shinobi ōgi no nagauta. Passaggio conclusivo riportato sopra in traduzione italiana.

Page 38: Appunti utili

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TABELLA 1 SCHEMATIZZAZIONE DI KŌSHOKU GONIN ONNA

Volume Protagonisti

Tipo di infrazione al giri Finale

1 Onatsu - Seijurō - amore tra due appartenenti a ranghi sociali diversi

- fuga insieme

- presunto furto di Seijurō

- Seijurō viene condannato a morte

- Onatsu impazzisce

2 Osen - bottaio - Chōzaemon - tradimento di Osen con Chōzaemon

- Chōzaeomon muore

- Osen si suicida

3 Osan - Moemon - tradimento di Osan con Moemon

- tentano la fuga insieme ma vengono scoperti e uccisi entrambi

N.B.negazione dello shinjū

4 Oshichi - Kichisaburō - Oshichi appicca un incendio, convinta di poter così

incontrare di nuovo Kichizaburō.

- Oshichi viene giustiziata

- Kichisaburō si fa monaco

-

5 Gengobei - Oman

====================================== Gengobei, dopo aver seguito la via dell’amore omosessuale, si unisce a

Oman. Nel momento in cui stanno per scegliere il suicidio visto la

disastrosa situazione finanziaria in cui sono caduti, i genitori di Oman

intervengono e affidano loro tutto il patrimonio di famiglia. Saikaku sceglie,

quindi, un finale positivo per concludere tutto il testo.

Page 39: Appunti utili

37

TABELLA 2 EVENTI DI CRONACA UTILIZZATI COME MODELLI PER GLI EPISODI DI KŌSHOKU GONIN ONNA

Protagonisti

Modello

Onatsu - Seijurō Evento realmente accaduto tra l’era Manji e l’inizio dell’era Kanbun (quindi tra il 1658 e il 1661), di cui però non si conosce la data precisa. A

seconda delle fonti di periodo Edo abbiamo diverse ipotesi, tra cui si ricordano:

- in Gojūnen kiuta nebutsu『五十年忌歌念仏』di Chikamatsu Monzaemon (1707) si colloca l’evento nel 1658 (primo anno dell’era Manji);

- in Denki sakusho『伝奇作書』di Nishizawa Ippō西沢一鳳 (1843-51) si colloca l’evento nel 1660 (terzo anno dell’era Manji)

- nell’antologia di haikai edita da Katoku可徳, illustrata da Hishikawa Moronobu e intitolata Seijūrō tsuizen yakko haikai『清十郎ついぜんやつこ俳諧』(1667) si colloca l’evento nel 1661 (primo anno dell’era Kanbun). Essendo la fonte cronologicamente più vicina all’evento è

considerata dal critico Emoto Hiroshi la più attendibile.

Non si hanno notizie certe riguardo alla verità storica dell’evento ma Emoto ritiene che all’epoca di Saikaku esso fosse già avvolto nell’incertezza

della leggenda.

Osen - Chōzaemon Evento realmente accaduto nel 1685 (secondo anno dell’era Jōkyō) e già presente in una ballata intitolata Taruya Osen uta『樽屋おせん歌』(fig. 3). Tale ballata è di certo precedente al testo di Saikaku in quanto citata in Kōshoku sandai otoko『好色三代男』, testo di Nishimura

Shirōemon del 1686 uscito un mese prima di Kōshoku gonin onna.

Osan - Moemon Evento realmente accaduto intorno nel 1683 (terzo anno dell’era Tenna). È stato ritrovato un documento in cui si designava la condanna a morte

per il ventiduesimo giorno del nono mese del 1683 (Mizutani Futō).

Oshichi - Kichisaburō Evento accaduto nel 1682 (secondo anno dell’era Tenna). Oshichi viene giustiziata l’anno successivo, il ventottesimo giorno del terzo mese. In

Tenna shōi shū『天和笑委集』si descrive con minuzia l’incendio appiccato nel 1682 dalla sedicenne Oshichi (fig. 4).

Gengobei - Oman In Denki sakusho『伝奇作書』si parla di Gengobei e di Oman e del tragico doppio suicidio d’amore di cui furono protagonisti nel 1663 (terzo

anno dell’era Kanbun). Saikaku sceglie di omettere l’incidente del suicidio e conclude l’episodio con i genitori di Oman che trovano i due proprio

nel momento in cui si erano decisi al suicidio e che affidano loro tutto il patrimonio di famiglia.

Page 40: Appunti utili

38

LO STILE DI SAIKAKU

Un accenno va fatto allo stile tipico di Saikaku nel quale, secondo Nagatomo Chiyoji, si possono riscontrare le seguenti

caratteristiche:

1. nejirebun 捩れ文. La frase non si conclude ma rimane aperta diventando fonte di ispirazione per quella successiva.

2. shiritoribun 尻取り文, kakekotoba 掛詞. Frasi o parole che fanno da pernio comune di una frase precedente e di

una frase successiva.

3. ci sono molti casi in cui si susseguono i setsuzoku jōshi (particelle connettive) e nel contempo casi opposti in cui

sono drasticamente ridotti di numero.

4. unione di gabun e di stile colloquiale.

5. uso frequente di abbreviazioni.

6. confusione tra tadōshi (verbi transitivi) e jidōshi (verbi intransitivi).

7. uso ricorrente del keigo (linguaggio onorifico).

La maggiorparte di tali caratteristiche sono riscontrabili nell’incipit di Kōshoku ichidai otoko, di cui si riporta l’originale e la

traduzione fedele al testo (il testo verrà commentato a lezione):

Page 41: Appunti utili

39

Un luogo buio è l’inizio dell’amore

Ci si lamenta nel vedere i fiori di ciliegio cadere a terra e [anche] la luna ha una vita limatata, nascondendosi dietro alle montagne

come a Irusayama. Lì nella provincia di Tajima, nelle vicinanze di un villaggio in cui si estraeva metallo viveva un uomo. Si disinteressava degli

affari; di giorno e di notte si dedicava ai piaceri delle due vie dell’amore ed era chiamato con il soprannome di Yumesuke. Insieme a Sanzarō

di Nagoya, Yahachirō di Kaga si era creato una combriccola di amici che avevano come segno distintivo uno stemma fatto a triboli e con loro

si ubriacava sempre. Nel cuore della notte tornava a casa dai quartieri di piacere passando per il ponte Modori di Ichijō: a volte nella foggia di

un wakashu, altre cambiandosi e portando un vestito nero dalle maniche lunghe, altre ancora con indosso una parrucca con i capelli lasciati

lunghi sulla parte anteriore della nuca. È proprio per questo che si dice passino i fantasmi da questo ponte! Ciononostante lui era

assolutamente tranquillo e l’unica cosa che desiderava era di frequentare i quartieri di piacere anche se deriso. Così gli divenne via via difficile

lasciare questo modo di vita e riscattò una per una famose donne di piacere dell’epoca: Katsuragi, Kaoru e Sanseki. Viveva in segreto a Saga,

oppure ai piedi dello Higashiyama o nella foresta di Fuji, accumulava promesse d’amore e da una delle donne ebbe un figlio che chiamò

Yonosuke. (L.M.)

BIBLIOGRAFIA SELEZIONATA

出したところ,所がこひ,恋のはじまり

さくら,桜もちるになげ,歎き.月はかぎりありて.いる,入さ,作やま,山.爰にたじま,但馬の

くに,国.かねほる里のほとり,辺に.うきよ,浮世のこと,事を外になして.しきだう,色道ふ

たつに.ね,寝てもさめ,覚ても.ゆめ,夢すけ,介と.かえな,名よばれて.なご,名古や

三左.かゞ,加賀の八などゝ.七つもん,紋のひしにくみして.み,身は

さけ,酒にひたし.一でう,条とをり,通り.よふけ,夜更てもと,戻りはし,橋.あるとき,或時は

わかしゆ,若衆

でたち,出立.すがた,姿をかえて.すみそめ,墨染のながそて,長袖.又は.たてかみ,髪かつ

ら.ばけもの,化物

がとを,通るとは.まこと,誠にこれ,是ぞかし.それもひこしち,彦七がかほ,顔して.ねがは,願

くは

かみ,咀ころされてもと.かよ,通へば.なを見すて,捨がた,難くて.そのころ,其比なたか,名高

中にも.かづらき.かほる.三せき,夕.思ひ〵〳にみうけ,身請して.さが,佐賀に

Page 42: Appunti utili

40

Su Saikaku

- Cinque donne amorose (trad. italiana di Kōshoku gonin onna a cura di Lydia Origlia), Bompiani, Milano 1992.

- Daniel Struve, Ihara Saikaku. Un romancier japonais du XVIIe siècle, Presses Universitaires de France, Paris 2001.

Sulla prosa precedente a Saikaku

Per una panoramica sulla produzione precedente a Saikaku (dal 1603 al 1682) comunemente definita con il termine di

kanazōshi 仮名草子 si veda:

- Laura Moretti (a cura di), Chikusai il ciarlatano, Cafoscarina, Venezia 2003.

���� LETTURA OBBLIGATORIA (indicata nella scheda online)

- Adriana Boscaro (a cura di), Letteratura giapponese. I. Dalle origini alle soglie dell’età moderna, Einaudi, Torino 2005.

Voce: Kanazōshi (Laura Moretti), pp. 58-62.

Sulla prosa successiva a Saikaku

Per una panoramica sulla produzione di ukiyozōshi successivi a Saikaku si possono utilizzare i seguenti lavori critici:

- Richard Lane, “Saikaku’s Contemporaries and Followers: The Ukiyo-zōshi, 1680-1780”, Monumenta Nipponica 14

(1958-59), pp. 125-137.

- Howard Hibbett, “Ejima Kiseki (1667-1736) and his ‘katagi-mono’”, Harvard Journal of Japanese Studies, 14, 1951, pp.

404-432.

Contesto storico (Periodo Edo o periodo Tokugawa) * valido anche per Unità Didattiche 6 e 7

- Alla morte di Toyotomi Hideyoshi, il potere ormai centralizzato viene preso nelle mani di Tokugawa Ieyasu 徳川家康,

uno dei Cinque Grandi Anziani che erano stati affiancati al figlioletto di Hideyoshi (Hideyori) per assicurargli l’eredità

paterna. Ieyasu sconfisse i nemici che tentarono di usurpare il potere durante la battaglia di Sekigahara nel 1600. Fu solo

nel 1614 che tutte le fazioni ostili vennero annientate permettendo la nascita di un periodo di lunga pace conosciuto con

in nome di periodo Edo 江戸時代江戸時代江戸時代江戸時代 dal fatto che la capitale del potere fu spostata da Kyōto a Edo.

- Il periodo Edo presenta precise caratteristiche storiche:

1) si caratterizza come un periodo di pace, con il potere concentrato nelle mani della famiglia Tokugawa (da cui la

denominazione di periodo Tokugawa 徳川時代徳川時代徳川時代徳川時代);

2) il paese viene sostanzialmente chiuso al mondo esterno, con l’espulsione di tutti gli occidentali cristiani, per lo più

portoghesi, nel 1639 e con la proibizione per i giapponesi di recarsi all’estero (solo agli olandesi fu consentita la presenza

sul territorio giapponese, confinati su un’isola artificiale di fronte a Nagasaki conosciuta con il nome di Deshima). Tale

chiusura (che si sottolinea essere di fatto “parziale” a differenza di quanto si è cercato di enfatizzare in Occidente) viene

definita con il termine di sakoku 鎖国 (lett. “paese chiuso”);

3) la società viene ordinata secondo un rigido sistema sociale che prevede un rapporto piramidale tra quattro classi

Page 43: Appunti utili

41

(militari, contadini, artigiani, commercianti) e che implica l’esistenza di fuori casta (eta o hinin);

4) nascita dei chōnin 町人 ovvero di una classe urbana che comprendeva artigiani e commercianti.

5) si sviluppano tre centri urbani principali: Kyōto (capitale culturale), Ōsaka (florido centro commerciale) e Edo (capitale

del potere politico e militare);

6) il territorio del paese era diviso in han governati da daimyō in un sistema di “feudalesimo centralizzato” con il governo

centrale del bakufu e i possedimenti gestiti autonomamente dai daimyō. Erano previsti periodi di soggiorno a Edo per tutti

i daimyō del paese (sistema del sankin kōtai), il che ha permesso lo sviluppo di infrastrutture stradali capillari su tutto il

territorio.

7) sebbene il buddshismo rimane la forma di fede più diffusa tra la popolazione, è il Neo-confucianesimo a

rappresentare il vero e proprio pilasto ideologico del paese. È la nuova ideologia che fonda il principio ordinatore del

sistema delle quattro classi e che sancisce il concetto di giri 義理 (inteso come “obbligazione sociale”).

Contesto culturale (di periodo Edo)

È stato nel contesto della “Pax Tokugawa” che i duecentocinquant’anni del periodo Edo hanno dato vita a una

produzione culturale massiccia, straordinariamente variegata e soprattutto via via allargata a codificatori e decodificatori

degli strati meno elevati della popolazione. I testi di Saikaku scelti per questo corso sono un esempio eccelso di quali

forme la cultura letteraria di questo periodo ci offre. Per comprendere la produzione di Saikaku e quella che affronteremo

nelle Unità didattiche successive (6 e 7), è necessario comprendere quali sono le caratteristiche culturali distintive del

periodo Edo.

1. Sviluppo e diffusione della stampa.

Nelle epoche precedenti al periodo Edo l’uso della stampa (xilografia) era limitato ai testi buddhisti e

concentrato nei monasteri. Le opere letterarie circolavano esclusivamente in forma manoscritta, vedendo ristretta la

propria fruizione a un pubblico limitato. In periodo Edo si assiste a uno sviluppo significativo delle tecniche di stampa e

della loro applicazione in ambito letterario.

STAMPA A CARATTERI MOBILI

Per un brevissimo lasso di tempo si impone la stampa a caratteri mobili entrata in Giappone attraverso due

canali distinti: i gesuiti e la Corea.

Il gesuita Alessandro Valignano (in Giappone tra 1579-82, 1590-92, 1598-1603) percepisce sin dal suo primo

soggiorno la necessità di avere una stamperia e nel 1582 chiede ai giovani che vanno in delegazione da Gregorio XIII di

procurarsi una tipografia per stampare con i caratteri latini e punzoni per creare kanji e kana. Quanto richiesto giunge nel

1587 a Goa, dove nel mentre si trovava lo stesso Valignano. Solo nel 1590 egli riesce a rientrare in Giappone con la tanto

sospirata stamperia. Questa viene impiantata prima a Kazusa per essere poi trasferita nel 1591 ad Amakusa e infine a

Nagasaki dove opera fino al 1611. È attorno a queste tre località che si sviluppa una prolifera produzione di testi

Page 44: Appunti utili

42

conosciuta con il termine di kirishitanban キリシタン版, che conta 18 esemplari in rōmaji e 11 nel sistema di scrittura

giapponese. Tra i titoli più significativi si ricordano: Feiqe monogatari (versione ridotta, in rōmaji dello Heike monogatari,

utilizzato per permettere l’apprendimento della lingua e della storia del Giappone e corredato da un prezioso glossario di

termini in uso all’epoca); Esopo no Fabulas (traduzione delle favole di Esopo proposta sia in rōmaji sia in caratteri

giapponesi, fig. 1); Vocabulario da Lingoa de Iapam (conosciuto anche come Nippo jisho 日葡辞書, 1603-04 (fig.2);

vocabolario giapponese-portoghese); Arte da Lingoa de Iapam (scritto da João Rodrigues nel 1604-08, grammatica della

lingua dell’epoca).

La stampa a caratteri mobili importata dalla Corea fu utilizzata per diverse produzioni:

- Chokuhan 勅版 (punzoni in legno): iniziata nel 1593 con il testo intitolato Kobun kōkyō 古文孝経 e continuata solo

fino all’era Genna (1615-23), comprende testi richiesti su ordinazione imperiale come il Nihonshoki (fig. 3).

- Fushimiban伏見版 (punzoni in legno): produzione voluta da Tokugawa Ieyasu. Comprende solo dieci testi, per lo più

di argomento militare, pubblicati tra il 1599 e il 1606 nella stamperia del tempio Enkō a Fushimi.

- Surugaban 駿河版 (punzoni in bronzo): incominciata da Tokugawa Ieyasu dopo il suo ritiro dalla vita pubblica a

Suruga, comprende solo due esemplari (Daizō ichiran 大蔵一覧 del 1615 e Gunsho chiyō 群書治要 del 1616).

- Sagabon嵯峨本 (punzoni in legno): sviluppatasi nell’era Keichō (1596-1614) nella zona di Kyōto chiamata Saga, per

mano di Suminokura Soan e di Hon’ami Kōetsu. Per la qualità pregiata della carta utilizzata, per la raffinatezza della

calligrafia, per la bellezza delle rifiniture, questa produzione è stata sin dall’epoca considerata di grande valore e

ristretta a un pubblico molto limitato. Tra le opere che vi appartengono si possono ricordare una versione dello Ise

monogatari (fig. 4) e numerosi testi di teatro nō.

Con la fine dell’era Keichō la stampa a caratteri mobili conosce un sostanziale abbandono a favore dell’utilizzo

della stampa su matrice. Parliamo di “sostanziale” e non di “totale” abbandono in quanto se è vero che la stampa a

caratteri mobili non viene più utilizzata per la produzione dei testi letterari, è altrettando vero che sopravvive per prodotti

librari a circolazione ristretta soprattutto testi medici, manuali militari, libri di testo di scuole private, volantini, etc. La

produzione vista sopra viene denominata nel suo insieme con il termine kokatsujiban 古活字版, mentre la presente è

definita come kinsei katsujiban 近世活字版 o kinsei mokkatsujiban 近世木活字版.

STAMPA SU MATRICE

Come già accennato, a partire dall’era Kan’ei (1615-1624) è la stampa su matrice in legno a imporsi come

supporto per la produzione del libro. Le motivazioni che stanno alla base del passaggio da stampa a caratteri mobili e

stampa su matrice sono molteplici. Innanzi tutto con la xilografia si ovvia il problema di smontare e di rimontare di

continuo i caratteri per la ristampa di un testo: la matrice intagliata poteva essere utilizzata più volte senza dover essere

modificata o rimaneggiata. Per amore del dettaglio, si fa presente che se un cassetto montato con punzoni in legno

poteva essere utilizzato per stampare un massimo di cento copie, una stessa matrice poteva essere utilizzata per mille o

duemila. Addirittura in Gion monogatari del 1660 si scrive quanto segue del testo Kiyomizu monogatari stampato pochi

anni prima:

Un tizio ha portato un manoscritto intitolato Kiyomizu monogatari. Dato che ha detto “se lo stampate ne trarrete un buon profitto”, è stato realizzata la versione a stampa. Ha venduto per 2000, 3000 copie alla

Page 45: Appunti utili

43

capitale e nelle province.

L’uso della matrice comporta, quindi, un dispendio minore di risorse umane / finanziarie e un conseguente

aumento delle copie prodotte rispondendo, così, alla massiccia richiesta di cultura scritta. Inoltre la stampa su matrice

consente l’applicazione di precise scelte editoriali. Esse costituiscono motivazioni che hanno portato all’abbandono della

stampa a caratteri mobili ma nel contempo sono diventate vere e proprie caratteristiche distintive del libro a stampa

giapponese antico: la resa del corsivo (sōsho, lett. “stile a filo d’erba”) è garantita in tutta la sua flessibilità permettendo di

riprodurre la dimensione estetica che era propria del manoscritto; le illustrazioni possono essere introdotte con molta

facilità nel testo, non solo occupando un’intera pagina, ma progressivamente fondendosi al testo scritto; ai caratteri si può

facilmente accostare la lettura fonetica (furigana).

L’uso della stampa per la circolazione dei testi comportò, quindi, delle conseguenze importanti:

1) si assiste a una progressiva “mercificazione” della letteratura, con il libro che diventa via via un prodotto di mercato.

Nascono stamperie-librerie professioniste (tra i nomi più celebri si ricorda quello di Tsutaya Jūzaburō 蔦屋重三郎 −

1750-1797 − a Edo) e i libri vengono messi in circolazione anche attraverso biblioteche ambulanti (kashihon’ya);

2) tale mercificazione determina la nascita di formati editoriali precisi che contraddistinguono i vari generi letterari;

3) la cerchia dei lettori va sempre più allargandosi e ottiene tanto peso da influenzare le scelte letterarie;

4) nasce la figura dello scrittore professionista che vive grazie alla sua scrittura.

Si noti che l’uso della matrice ha consentito anche la nascita in campo artistico delle stampe policrome conosciute con la

denominazione di ukiyoe 浮世絵浮世絵浮世絵浮世絵 (si veda il testo obbligatorio di Kornicki, p. 192).

LO SPAZIO VISIVO: COMPONENTI FISICHE BASE DEL LIBRO A STAMPA

Alla descrizione delle componenti dell’aspetto fisico del libro a stampa di periodo Edo sono dedicati

approfonditi studi bibliografici per i quali faccio riferimento alla bibliografia allegata. Qui si intendono presentare gli

elementi bibliografici che si rivelano fondamentali nel primo approccio al testo antico nonché indispensabili per qualsiasi

discorso letterario e artistico sulla produzione libraria dell’epoca. A lezione verranno discussi mostrando numerosi originali

dell’epoca.

���� Dimensioni

Il primo elemento di rilievo sono i diversi formati basati sulle dimensioni del testo perché è a partire da essi che

già molto si può sapere sull’epoca e sui contenuti di un testo. Quelli più diffusi comprendono:

● ōhon: di dimensioni 27 X 19 cm, utilizzato soprattutto nella prima metà del XVII secolo.

● hanshibon: di dimensioni 26 X 16 cm, il formato più utilizzato in periodo Edo per varie tipologie di testi.

● chūbon: di dimensioni 19 X 13 cm, utilizzato principalmente per i testi appartenenti al genere letterario conosicuto come

kusazōshi.

● kohon: di dimensioni 16 X 12 cm

● yokobon: di dimensioni 14 X 19 cm oppure 12 X 16 cm, per lo più usato per le guide ( alle arterie stradali, ai quartieri di

piacere, ai teatri)

Page 46: Appunti utili

44

���� Legatura

Fra i molti tipi di legatura che la storia del libro in Giappone ci offre, la più comune in

periodo Edo è quella denominata fukuro toji 袋綴. I fogli (chō 丁) venivano stampati su un solo

lato, poi piegati a metà con il testo lasciato all’esterno e infine cuciti dalla parte libera dei fogli

(sulla destra). Nella rilegatura in questione venivano realizzati quattro fori attraverso cui veniva

fatto passare il filo ottenendo il risultato indicato nella figura a lato.

���� Elementi bibliografici fondamentali

All’atto dell’analisi bibliografica di un esemplare vi sono alcune componenti specifiche che richiedono di essere

riconosciute ed esplicitate per poter identificare e descrivere tale esemplare (informazione catalografica) e / o per poter

ricostruire la copia ideale (informazione bibliografica).

Nell’illustrazione riportata nella pagina seguente si propone la riproduzione fotografica di un testo che verrà

utilizzato a lezione, con a lato inserite nei balloons le spiegazioni delle parti più significative per la descrizione del libro

antico giapponese di periodo Edo. Per tutti gli altri elementi si rimanda ai manuali riportati in bibliografia.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE Sulla storia del libro

CHIBBET, David, The History of Japanese Printing and Book Illustration, Kodansha International, Tōkyō - New York –

London, 1977.

KORNICKI, Peter, The Book in Japan : a Cultural History from the Beginnings to the Nineteenth Century, Brill, Leiden, Boston,

1998.

Esempio di fukuro

recto

vers

Indicazione sulla data di stampa: 享保六辛丑年三月吉辰 = “sesto anno dell’era Kyōhō, anno del bue, terzo mese, giorno

Indicazione dello stampatore: 大坂北御堂前毛利田圧太郎再梓行 = “ristampa pubblicata da Morita Atsutarō a Osaka di fronte al tempio nord”

KANKI = colophon Se, come in questo caso, il colophon è inserito in fondo al volume nella stessa pagina del testo si chiama kanki, se viene riportaro su un chō a se stante è denominato okuzuke.

Page 47: Appunti utili

45

NAGATOMO, Chiyoji, Edo jidai no shomotsu to dokusho, Tōkyōdō shuppan, Tōkyō 2001.

NAKANO, Mitsutoshi, Edo no hanpon – shoshigaku dangi , Iwanami shoten, Tōkyō 1999.

Sulle stamperie e librerie di periodo Edo

INOUE,Takaaki, Kinsei shorin hanmoto sōran, Nihon shoshigaku taikei, vol. 76, Seitōdō shoten, Tōkyō 1998.

NAGATOMO, Chiyoji, Kinsei kashihon’ya no kenkyū, Tōkyōdō shuppan, Tōkyō 1982.

NAGATOMO, Chiyoji, Edo jidai no tosho ryūtsū, Shibunkaku shuppan, Kyōto 2002.

Manuali di bibliografia descrittiva

AV, Nihon shoshigaku taikei, Seitōdō shoten, Tōkyō 1978-2004, voll. 92.

FUII, Atsushi, Nihon koten shoshigaku sōsetsu, Izumi shoin, Ōsaka 1991.

KAWASE, Kazuma, Nihon shoshigaku yōgo jiten, Yūshōdō, Tōkyō 1982.

HIRONIWA, Motosuke, NAGATOMO, Chiyoji, Shoshigaku wo manabu hito no tameni, Sekai shisōsha, Kyōto 1998.

INOUi, Muneo, Nihon kotenseki shoshigaku jiten, Iwanami shoten, Tōkyō 1999.

Fig. 1 Esopo no Fabulas (versione in rōmaji). Isoho monogatari (versione in giapponese a caratteri mobili).

Page 48: Appunti utili

46

Fig. 2 Vocabolario da Lingoa de Iapam.

Fig. 3 Nihonshoki (versione chokuhan). Fig. 4 Ise monogatari (versione Sagabon).

Page 49: Appunti utili

47

Fig. 5a Esempio di libreria a Kyōto (da Kyō suzume). Fig. 5b Il negozio di Tsutaya Jūzaburō a Tōri abura chō (Edo).

Fig. 6 Esempi di venditori ambulanti di libri.

Page 50: Appunti utili

48

Fig. 7 Alcuni esempi degli originali mostrati a lezione.

Tab. 1 Numero dei testi a stampa a seconda dei periodo storici (Gendai shuppangyō taikan)

Fino a fine Heian (1185) 1800 titoli

Kamakura-Muromachi, Aoyama (1186-1615) 5000 titoli

Tokugawa (1600-1867) 60000 pezzi

Tab. 2 Sviluppo delle librerie di periodo Tokugawa (Morita Seigo, Bungaku, Settembre 1974)

Kyōto Ōsaka Edo

1596-1614 9 0 0

1624-1643 70 4 1

1688-1703 115 62 80

1804-1829 67 88 114

Page 51: Appunti utili

49

2. Diffusione dell’alfabetizzazione.

A rendere possibile tale diffusione è stato lo sviluppo dei terakoya 寺子屋 (fig. 8). Si tratta di scuole aperte a

qualsiasi classe sociale nate già in periodo Kamakura-Muromachi intorno ai templi buddhisti, che si aprono via via in

periodo Edo anche ai contadini, agli artigiani e

soprattutto ai mercanti. Il percorso didattico

comprendeva il seguente ordine: apprendimento

dello hiragana (all’epoca ordinato il base allo iroha);

numeri; kanji per i nomi propri di persona; kanji per i

nomi propri di luogo (villaggi e province); stesura di

documenti ufficiali; stesura di testi per la vita

quotidiana; studio dei libri di testo dell’epoca; studio

dei testi giuridici; apprendimento del cinese scritto.

F

ig. 8 Esempio di terakoya.

3. Nascita dei quartieri di piacere.

In periodo Edo, nei tre principali centri urbani (Kyōto, Ōsaka e Edo) si sviluppano e acquistano enorme

popolarità i cosiddetti “quartieri di piacere”. Le denominazioni giapponesi per questi luoghi sono molteplici: kuruwa (廓),

yūkaku (遊廓), karyūkai (花柳界), keiseimachi (傾城町). In generale erano conosciuti come akusho (悪所, lett. “luoghi

del male”), non certo per una condanna moralistica sulla prostituzione in sé, quanto per gli oggettivi problemi economici

che la frequentazione assidua di questi luoghi poteva causare ai suoi clienti più affezionati.

I tre principali quartieri di piacere sono: Shimabara a Kyōto (1640), Shinmachi a Ōsaka (1631) e Yoshiwara

a Edo (1618). Yoshiwara venne spostato nel 1657 a causa di un incendio divampato in tutta la città: lo Yoshiwara

precedente a questa data viene conosciuto come moto Yoshiwara (元吉原) mentre quello successivo come shin

Yoshiwara (新吉原). Lo shin Yoshiwara si trovava dietro al famoso tempio di Asakusa, in una zona sicuramente liminare

della città, richiedendo molto tempo per essere raggiunta. Come si vede nella cartina riportata in fig. 9, per accedervi

bisognava passare per un ingresso principale chiamato ōmon (大門). All’interno, sulla sinistra era situato il posto di

controllo a garantire sicurezza sia alle donne che lavoravano nel quartiere, sia ai loro clienti. La via principale che

percorreva trasversalmente il quartiere era chiamata naka no chō (中の町), e ai lati si susseguivano i locali dove le

donne erano “esposte” dietro a delle grate di legno. Maggiori informazioni e materiale visivo verranno presentati durante

le lezioni.

���� APPROFONDIMENTO

Page 52: Appunti utili

50

- Cecilia Segawa Seigle, Yoshiwara: The Glittering World of the Japanese Courtesan, University of Hawaii Press, 1993.

- Teruoka Yasutaka, “The pleasure quarters and Tokugawa culture”, in C. Andrew Gerstle (ed.), 18th Century Japan,

Sydney, Allen and Unwin, 1989, pp. 3-32.

- Nakano Mitsutoshi, “The role of traditional aesthetics”, in C. Andrew Gerstle (ed.), 18th Century Japan, Sydney, Allen and

Unwin, 1989, pp. 124-131.

Fig. 9 Cartina di Shin Yoshiwara (originale di periodo Edo).

4. Nascita e sviluppo del teatro kabuki.

Oltre all’importanza letteraria che questo evento riveste in seno alla cultura Tokugawa, si deve sottolineare il

ruolo centrale che gioca nella vita quotidiana. Ad esempio i volti degli attori di kabuki diventano tanto popolari quanto lo

sono oggi quelli dei divi del cinema e della televisione, le scelte estetiche che adottano sul palcoscenico influenzano

profondamente la moda dell’epoca, le battute più celebri dei drammi in scena vanno a costituire un repertorio di frasi fatte

pronte a essere modificate all’occasione con irriverenti e arguti giochi di parole, i nomi degli attori si abbinano a svariati

prodotti dell’epoca assicurandone sicuro successo nelle vendite.

���� APPROFONDIMENTO

- Gunji Masakatsu, “Kabuki and Its Social Background”, in Nakane – Ōishi, Tokugawa Japan, pp. 192-212.

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SSEESSTTAA UUNNIITTÀÀ DDIIDDAATTTTIICCAA

Non haiku ma haikai: Matsuo Bashō e la tradizione poetica di periodo Edo

Iniziamo leggendo...

Kogarashi 木枯らし(1684) di Matsuo Bashō 松尾芭蕉 (da Haruo Shirane, Traces of Dreams. Landscape, Cultural

Memory, and the poetry of Bashō, Stanford, Stanford University Press, 1998).

���� LETTURA OBBLIGATORIA (materiali distribuiti a lezione e disponibili a ricevimento del docente)

Analizziamo gli elementi fondamentali dell’opera...

※ A lezione verranno analizzate le tecniche utilizzate nel concatenamento dei versi. Per chi non frequenta informazioni

simili possono essere ritrovate in Shirane, Traces of Dreams, pp. 116-159. La decodificazione di questi versi prevede

un apprezzamento a quattro livelli:

1) interesse di ogni singolo verso;

2) interesse che nasce nel collegamento creato tra verso precedente e verso successivo;

3) interesse che nasce dal cambiamento che ha luogo in tre versi;

4) interesse per l’intera sequenza.

Contesto letterario (poesia di periodo Edo)

Per lo studioso di letteratura giapponese quello che oggi conosciamo con il nome di haiku rappresenta un

curioso fenomeno di mis-reading (per usare un fortunato termine di Harold Bloom). Nelle presentazioni più “popolari”

(quelle che si situano al di fuori dell’accademia e che raggiungono il vasto pubblico) si descrive lo haiku come un

componimento poetico in 17 sillabe (e fin qui nulla da ridire), che è ineluttabilmente legato nella sua natura con il mondo

del buddismo zen (e qui iniziamo ad aver da ridire) e che trae lo sue origini in quanto haiku in poeti come Bashō, Buson e

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Issa, tutti del cosiddetto periodo Edo (e qui molto è da ridire). Le ultime due affermazioni, che sono consuetudinarie nelle

presentazioni sullo haiku, sono tutt’altro che vicine alla realtà dei fatti. Queste due affermazioni devono essere ricondotte

a una dinamica di “ri-lettura pilotata”, di mis-reading avvenuta in più fasi a partire dalla metà del XIX secolo in cui

l’orizzonte d’attesa del lettore contemporaneo ha volutamente imposto una lettura non corretta e ideologicamente viziata

delle origini storiche di questo genere poetico, quindi della sua originaria natura e della sua identità.

Il testo scelto dalla produzione di Matsuo Bashō permette di indagare nelle origini storiche dello haiku, per

capire in cosa consisteva questo genere quando nacque e per comprendere a che punto e in quali modalità sia stato

sottoposto a una lettura orientata. Nella lezione che corrisponde a questa Unità Didattica si cercherà di descrivere come è

avvenuto il processo di mis-reading, senza voler in alcun modo dare un giudizio su di esso su di esso perché come

ricorda Bloom spesso è proprio da questo processo di mis-reading che dai testi nascono nuovi testi, e come ricorda

Toyama Shigehiko i classici diventano tali perché continuano a parlare alle nuove generazioni le quali, trascurando

l’intenzione originaria dell’autore, trasferiscono al testo le proprie necessità, i propri desideri, il proprio orizzonte d’attesa. Il

testo diventa specchio del lettore e grazie a questo rimane sempre attuale. Noi andremo a vedere cosa c’è dietro a

questo specchio.

Le origini: lo haikai di periodo Edo

Incominciamo con un citazione dal Sanzōshi, manuale poetico scritto da Hattori Dōhō (un allievo di Bashō)

intorno al 1690. Hattori riporta le parole del maestro come segue:

Lo hokku può essere composto anche dall’ultimo allievo. Lo haikai, inceve è l’arte degli anziani che si sono fatti le ossa nel fare poetico.

Due sono le parole chiave in questa citazione: hokku 発句 e haikai 俳諧. Lo haikai indica un tipo di poesia a catena

diffusasi nel periodo Edo con determinate caratteristiche che poi vedremo; lo hokku, come avremo modo di ribadire più

avanti è il primo ku della catena poetica.

Il termine haikai ha origini antiche visto che compare già nel Kokinshū (sezione 19) con l’accezione di qualcosa

di “comico”, di “divertente”. In questa accezione viene ereditato nell’ambito del renga, che come abbiamo visto si tratta di

poesia a catena sviluppatasi dal XII al XVI secolo. La struttura di base prevede un ku (emistichio) di diciassette sillabe

composto da un poeta al quale un altro poeta si ricollega rispondendo con un ku di 14 sillabe. La forma canonica

prevedeva 100 ku, sebbene esistano variazioni con sequenze di 36 o 48 ku. Accanto al cosiddetto ushin renga, il renga

serio, si sviluppò anche il cosiddetto hakai no renga. La differenza sta nel linguaggio utilizzato. Leggiamo a riguardo una

presentazione di cosa sia haikai data nel Nan chōhōki, un testo encliclopedico con tutto ciò che doveva entrare a far parte

della formazione di un uomo, redatto nel 1693:

Il renga utilizza il linguaggio dello waka [canone poetico giapponese con un componimento in 31 sillabe] e crea versi graziosi. Lo haikai prevede l’inclusione dello haigon [linguaggio escluso dallo waka] e crea versi comici. Persino stupide donne e bambini li creano. (L.M.)

Un celebre esempio di haikai no renga dallo Inu tsukubashū (Yamazaki Sōkan, 1530) recita:

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Hokku

Kasumi no koromo かすみのころも

Suso wa nurekeri すそはぬれけり

L’orlo della vesta della foschia è bagnato

Tsukeku

Sao hime no haru さを姫のはる

Tachinagara たちながら

shito wo shite しとをして

La principessa della primavera Saho in piedi fa pipì.

Novità assoluta di questa produzione è l’irruzione di un linguaggio nuovo: lo haigon 俳言, caratterizzato da

quel lessico che era stato bandito dalla poesia classica, costituito per lo più da composti cinesi e da termini appartenenti

alla sfera dalla quotidianità (zokugo) spesso dotati di irriverente volgarità. In periodo Edo Matsunaga Teitoku (1571-1653)

si fa erede di queste scelte compositive ribadendo che marca distintiva dello haikai è e deve essere lo haigon, purificato,

però, della volgare comicità di prima. Nel suo Shinsō Inu tsukuba shū dice:

Per quanto sia haikai, non è una Via poetica che debba gettare l’onta si propri genitori. Non c’è bisogno di ribadirlo per il confucianesimo, ma anche per il buddhismo un comportamento che infrange la pietà filiale è considerato un male. (L.M.)

Ecco che, allora, alla veste di rugiada associa una nuova immagine: “creature celesti sembra scendano dal cielo, mare

della primavera” (tennin ya / amakudaru rashi / haru no umi), in cui tennin è un termine cinese (quindi appartenente di

diritto allo haigon) ma lontano dalla comicità dei versi di Sōkan. Scopo di Teitoku è la riabilitazione del valore dello haikai e

la possibilità di elevarlo qualitativamente al livello del renga. Queste scelte daranno vita a una corrente, il Teimon, che

godrà di ampio successo fino all’era Kanbun (1661-1673) producendo titoli di importanti collezioni tra cui si ricorda Enoko

shū (Matsue Shigeyori, 1633).

Le regole fissate da Teitoku per dare ordine e dignità letteraria al genere, finiranno via via col ridurlo a una

forma di stucchevole manierismo. La reazione a questo processo prende forma con la poesia di Nishiyama Sōin

(1605-1682) e la corrente con lui iniziata denominata Danrin. Si assiste all’esplosione della giocosità nelle forme più

disparate: parodia minimale e conseguente volgarizzazione di versi classici; ripresa innovativa e spesso dissacrante dei

testi di teatro nō (yōkyokudori); giochi di parole che si muovono nell’ambito di una comicità grassa; burlesco che nasce

dall’abbinamento di espressioni tipiche dello waka e altre proprie dello haikai. Un atteggiamento creativo all’insegna della

spontaneità e della libertà che è stato indubbiamente determinato dallo sviluppo avvenuto non più a Kyōto ma a Ōsaka e

che si manifesta anche a livello di scelte stilistiche peculiari. Ad esempio si fa ampio uso del jiamari, quindi di un eccesso

di sillabe per ogni ku (emistichio) o si sviluppa la pratica dello yakazu haikai, in cui un unico autore si cimenta a produrre il

maggior numero di versi nel minor tempo possibile raggiungendo i livelli di Ihara Saikaku che si dice abbia composto circa

quattromila versi in una sola notte (trascritti poi nel 1681 in Saikaku ōyakazu).

Eppure anche un simile atteggiamento creativo cade in una sterile impasse nel momento in cui la giocosità

viene ingabbiata in percorsi predefiniti. A superare i limiti sia del Teimon che del Danrin e a consentirne un rinnovamento

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di successo è stato Matsuo Bashō (1644-94). Come abbiamo detto in apertura, Bashō prediligeva lo haikai inteso come

“versi collegati” composti a più mani in una séance poetica. Lo haikai inteso in questi termini presenta alcune

caratteristiche specifiche.

1) Prospettiva sociale: za no bungaku, come letteratura che nasce dall’incontro di più persone, nel contesto di un

gruppo che si stimola all’ispirazione sulla base di obiettivi e di necessità comuni. Componenti sociali di questo

momento di socializzazione culturale erano shisho (colui che giudica i versi), shippitsu (colui che trascrive i versi

recitati a voce) e renshū (i poeti partecipanti alla séance).

2) Il testo: la struttura che preferisce è quella in 36 ku, denominata kasen.

→ esempio massimo è proprio Kogarashi scelto per il Corso.

3) I contenuti: i versi vengono composti a più mani in base a rigide regole (式目) che definivano quali parole e immagini

potevano venire utilizzate in un ku piuttosto che in un altro. La bravura e l’originalità del poeta si riscontravano nella

sua capacità di rispettare le regole pur esprimendo di volta in volta un’interpretazione originale delle stesse. Altro

elemento fondamentale è il tipo di progressione cui si mirava nella concatenazione dei versi. Tale progressione

doveva garantire al contempo sia la ripresa del verso composto dal poeta precedente sia una novità rispetto ad esso,

in una dinamica di paradossale ripresa con differenza che si consume in un atto creativo fatto tanto di ricezione

quanto di produzione. Uno degli esempi più citati è un kasen composto da Basho. Nell’autunno del 1684 Basho

(all’età di 41 anni) compie un viaggio (immortalato nel suo Nozarashi kikō) che lo porta nel centro urbano di Nagoya.

Lì un gruppo di poeti locali lo invita a comporre poesia con loro e il risultato sono cinque kasen tutti inclusi nel testo

intitolato Fuyu no hi.

Indipendenza degli hokku

All’interno di questa produzione di versi a catena in spirito haikai, via via prende importanza il primo ku, ovvero

lo hokku. Sebbene il giudizio di valore, che ho citato all’inizio, dato da Bashō sul valore dello hokku non sia positivo, di

fatto lo stesso Bashō avvia la pratica di comporre degli hokku indipendenti. Questo può avvenire nel contesto di antologie

di hokku o all’intenro dei suoi molti diari di viaggio.

Il celebre hokku di Bashō

古池や蛙飛び込む水の音

Furuiki ya / kawazu tobikomu / mizu no oto

vecchio stagno / una rana vi salta / rumore d’acqua

compare in una raccolta di hokku inclusa nel testo Haru no hi (1686). Troviamo applicate le regole dello hokku: kigo

(parola stagionale = kawazu), kireji (parola che taglia in genere particelle grammaticali con cui si creava una cesura nei

tre versi costitutivi dello hokku; cesura con cui si potevano abbinare due mondi distinti nel limitato spazio delle diciassette

sillabe). Quale è il meccanismo di questo testo poetico? L’allievo Kikaku aveva ipozzato yamabuki come apertura dei

versi, così come avrebbe voluto la consuetudine poetica fino al renga. Ma Bashō modifica questa ipotesi sostituendo a

yamabuki il termine furuike. Qui troviamo l’essenza della poesia di Bashō che non ha nulla a che vedere con una visione

zen dell’esistenza. Gli sforzi di Bashō si sono concentrati sulla ricerca di novità (atarashimi), perché è la novità che deve

costituire il fulcro dello “spirito haikai”. Raramente, però, per Bashō creare qualcosa di nuovo significa rigettare la

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produzione poetica precedente e seguire percorsi mai tentati prima. Come hanno dimostrato gli studi di Haruo Shirane,

significa piuttosto rielaborare la tradizione e i punti chiave della sua poetica sono delle risposte a questo. Kōgo kizoku

(“risvegliarsi a ciò che è alto e ritornare a ciò che è basso”) implica da un lato una vasta cultura con una conoscenza

approfondita dei poeti del passato e dall’altro un ritorno alla realtà vivace e variegata del mondo quotidiano dando

attenzione ad argomenti trascurati dalla poesia precedente; fueki ryūkō (“il non-cambiamento e il perenne cambiamento”)

indica da un lato ciò che non cambia né nella natura né nell’uomo e dall’altro ciò che sempre si modifica con i tempi, le

mode, gli individui. In entrambi i casi il poeta di haikai è chiamato ad armonizzare insieme questi poli apparentemente

opposti e a creare una poesia che sia nel contempo ortodossa ed eterodossa. Da questo incontro paradossale ma

armonioso tra mutevole e invariante nasce il concetto di sabi, quella patina che l’usura del tempo infligge a ciò che

potrebbe sembrare eterno e che in realtà si modifica incessante. E in tutto questo la novità, il cambiamento si arricchisce

di una nuova connotazione: karumi, la leggerezza. Essa implica l’attenzione per le qualità fonetiche della poesia ed è

associata allo spirito giocoso dei bambini (ada) che vedono il mondo con occhi freschi e liberi da preconcetti come lo

haikai dovrebbe fare.

Dopo Bashō

Dopo Bashō lo haikai si diffonde come divertimento tra uno strato molto vasto della popolazione con

conseguente abbassamento del livello. Dall’era Bunka in poi, si viene diffondendo la consuetudine dei tsukinami ku

awase 月並句合. Ogni mese sotto la guida di un giudice veniva deciso il kigo e qualsiasi persona poteva proporre dei

versi. Quelli scelti avrebbero vinto un compenso in denaro (dagli 8 ai 12 monme per ogni verso). All’inizio era una pratica

nata come esercitazione per la composizione di haikai, ma progressivamente divenne un momento di divertente

socializzazione nonchè un metodo per fare soldi. Una forma simile di intrattenimento è costituito dal tentori haikai 点取り俳諧. Anche in questo caso si gareggiava per prendere più punti. C’è solo una differenza importante tra queste due

pratiche: la prima si basa sulla composizione di hokku mentre la seconda sulla composizione di renku. L’influenza

esercitata dallo tsukinami ku awase è importante per diversi aspetti, ma quello che ci riguarda:

- il gusto per lo hokku piuttosto che per i renku diventa sempre più forte e imperante (sebbene fosse timidamente

incominciata con Bashō).

Tra i due poeti più celebri abbiamo Yosa Buson e Kobayashi Issa. Yosa Buson (1716-1784) diventa nel 1737

discepolo di Hayano Hajin (1677-1742) poeta che apparteneva alla scuola di Bashō e nel contempo sviluppa la sua

formazione come pittore. Connubio felice di questo doppio percorso formativo è la creazione di haiga: opere in cui

realizza un’intima fusione di poesia haikai e pittura, tra le quali si ricordano in particolare le versioni illustrate dei diari di

Bashō (Nozarashi kikō e Oku no hosomichi). Kobayashi Issa (1763-1827) scrive haikai profondamente influenzati dallo

inakatai (stile campestre), uno stile che ricerca stimoli nella vita di campagna sia per quanto riguarda le tematiche sia

nello stile. Eppure, a differenza di molti poeti coevi, per Issa non è un semplice atteggiamento ostentato, bensì una scelta

consapevole, spesso polemica nei confronti del mondo cittadino e certo non indipendente dalle sue origini contadine.

Temi privilegiati della sua poesia diventano gli abitanti del mondo di provincia, dagli animali più insignificanti alle persone

più umili; una scelta che si traduce sul piano stilistico nell’uso di un linguaggio colloquiale, pervaso da inflessioni dialettali

e da espressioni familiari.

Dopo il Meiji

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Quando il Giappone si apre alle teorie occidentali dell’arte a partire dal periodo Meiji, quando il valoro

dell’intertestualità viene offuscato dal bisogno imitativo di assoluta originalità, quando la rete intellettuale coralmente

funzionante nella produzione di un testo letterario viene soppiantata dall’immagine dell’artista che deve diventare genio

isolato, quando l’arte non è più dialogismo ma solipsismo, ecco che lo haikai (come visto che aveva un posto di assoluto

privilegio per Bashō) viene abbandonato a favore dello hokku. Ecco che ci troviamo di fornte alla nuova poetica proposta

da Masaoka Shiki (1867-1902) che rilegge lo hokku imponendogli una nuova visione poetica e facendolo diventare lo

haiku. Demistifica Bashō in favore di Buson e riconosce nel concetto di shasei (rappresentazione mimetica della realtà

esteriore e interiore). Ecco che lo haiku in 17 sillabe ottiene un significato che fino ad ora non aveva mai avuto: quello di

cristallizzare in poche sillabe tutto un mondo esteriore o interiore. Fra i molti poeti di haiku che si cimentano per tutto il XX

secolo e di cui potete trovare linee guida in Letteratura giapponese (Einaudi, 2005), nessuno aveva mai ipotizzato di

riconoscere nello haiku un carattere buddhista. Per questa nuova rilettura dello haiku dobbiamo attendere la ricezione che

avviene in Occidente. Sono le traduzioni di Blyth che danno questa nuova interpretazione dello haiku: haiku come “la

poesia del tatto, gusto, suono, vista e odore colmi di significati”, “la poesia della sensazione”, un’esperienza poetica che è

esperienza spirituale in cui poeta e natura si uniscono. Blyth segue apertamente l’insegnamento zen della scuola di Kyōto

e in particolare da Suzuki per cui lo zen, indistinto dallo haiku, è uno stato della mente in cui “noi” non siamo separati dalle

“altre cose”, ma invero identici”. È proprio questa lettura (una rilettura della rilettura dello hokku originario) che ha dato

forma allo haiku come lo intende la maggiorparte della popolazione mondiale oggi.

���� APPROFONDIMENTO

- “Linking and Communal poetry”, in Haruo Shirane, Traces of Dreams. Landscape, Cultural Memory, and the poetry of

Bashō, Stanford, Stanford University Press, 1998.

- Haruo Shirane, “Matsuo Bashō’s Oku no hosomichi and the Anxiety of Influence”, in Amy Vladeck Heinrich (ed.),

Currents in Japanese Culture, New York, Columbia University Press, 1997.

- Bonaventura Ruperti, “La funzione della poesia nella società giapponese: lo haikai”, in Atti del XXV Convegno di Studi

sul Giappone, 2001.

Ampliamo ulteriormente (poesia di periodo Edo)

SENRYŪ

Questo genere poetico prende il nome dal suo iniziatore Karai Senryū 柄井川柳

(1717-90). Un senryū è composto da tre versi (5-7-5), risulta privato dell’uso di kigo

e kireji, presenti invece negli hokku, e si concentra in particolare sulla società coeva,

sull’uomo dandone spesso un’immagine satirico-umoristica. Le collezioni di senryū

prendono in genere il titolo di Haifū yanagidaru 俳風柳多留.

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���� APPROFONDIMENTO

- Jean Cholley, Un haiku satirique – le senryū, Paris, POF.

- R.H.Blyth, Edo Satirical Verse Anthologies, Tōkyō, Hokuseidō, 1961

Oku no hosomichi 奥の細道 (diario di Matsuo Bashō)

Il ventisettesimo giorno del terzo mese del 1689 il poeta di haikai Matsuo Bashō parte per un viaggio di cinque mesi

che lo conduce in compagnia del suo allievo Sora nelle regioni del Tōhoku e dello Hokuriku nel nord del Giappone. Nel

1694 viene terminato quello che sembrerebbe esserne il fedele resoconto: Oku no hosomichi. Sembrerebbe, perché di

fatto, se paragonato al diario tenuto da Sora (Sora tabi nikki), risulta essere un testo di fiction solo in parte basato sul

viaggio reale; un testo nel quale la maggioranza degli eventi accaduti lungo la via sono tralasciati e molti hokku scritti solo

al ritorno. D’altro canto già in Oi no kobumi Bashō aveva definito la propria scrittura di viaggio come “farneticazioni di un

ubriaco”, “vaneggiamenti di chi dorme” e quindi lontana dall’essere una semplice trascrizioni di eventi realmente vissuti, e

la critica giapponese considera questa affermazione come un’utile chiave di lettura per il successivo Oku no hosomichi.

Come mette in luce Haruo Shirane, il viaggio verso le regioni settentrionali diventa l’occasione per intraprendere diversi

percorsi di ricerca. Bashō visita gli utamakura (luoghi cantati in poesia), in particolare quelli relazionati al poeta Saigyō; si

reca in località che sono state teatro di eventi storici; segue un percorso spirituale nei principali centri religiosi (e lo “oku”

del titolo arriva a indicare i recessi più intimi del proprio io); incontra individui particolari e nuovi compagni per i suoi versi.

Nell’ottica della poetica di Bashō grande importanza ha la ri-visitazione degli utamakura: quello che propone, infatti, non è

la semplice ripresa di associazioni poetiche stabilite dalla tradizione bensì un’esplorazione del luogo fisico, della sua

attuale condizione, delle sue origini culturali per permettere la creazione di nuove, inattese immagini associative; un

percorso di ripresa innovativa degli utamakura tradizionali in perfetta consonanza con il principio del fueki ryūkō da lui

elaborato in questi anni. E l’innovazione si attua anche nei confronti dell’essenza poetica tradizionale del viaggio. A

differenza dei diari tramandati dalla tradizione precedente, qui non si trova più l’opposizione tra mondo della capitale e

mondo a lei esterno con la supremazia della prima; si è piuttosto di fronte a una viaggio senza centro e senza ritorno, che

schiude nuovi mondi ricchi di potenziale poetico nella loro quotidianità e di affascinanti personaggi.

L’importanza di Oku no hosomichi risiede nella sperimentazione di un nuovo tipo di prosa chiamata haibun. Già prima

di Bashō ne esistevano esempi in embrione a costituire prefazioni, note introduttive agli hokku o brevi saggi scritti da

maestri di haikai. Ma Bashō porta il significato di haibun ben oltre la compresenza di prosa e hokku in uno stesso testo;

egli dà vita a una prosa in cui si uniscono haigon (in particolare una combinazione di giapponese vernacolare e parole

cinesi), giapponese classico (con espedienti retorici come engo e kakekotoba) e cinese classico (stile ellittico, ritmico e

strutturato su parole o frasi appaiate).

Oku no hosomichi fa parte di un gruppo di altri “diari di viaggio” (kikō) costituito da Nozarashi kikō, Kashima kikō,

Sarashina kikō, Oi no kobumi sebbene sia il testo più completo e maturo all’interno di questo percorso creativo.

���� LETTURA OBBLIGATORIA (indicata nella scheda online)

Adriana Boscaro (a cura di), Letteratura giapponese. I. Dalle origini alle soglie dell’età moderna, Einaudi, Torino 2005.

Voce: Haikai (Laura Moretti), pp. 47-51.

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� Perché in Occidente si è voluto vedere nello haikai di periodo Edo lo haiku nato in

periodo successivo? Perché lo “haiku” è stato collegato alla cultura del buddhismo zen? Che cosa comporta questo doppio processo culturale?

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SSEETTTTIIMMAA UUNNIITTÀÀ DDIIDDAATTTTIICCAA

All’origine dei manga: testo e immagine nei kusazōshi

Iniziamo leggendo...

Kinkin sensei eiga no yume『金々先生栄花夢』『金々先生栄花夢』『金々先生栄花夢』『金々先生栄花夢』di Koikawa Harumachi, 1775

Nei due volumetti illustrati di cui si compone l’opera viene narrata la vicenda di Kanamuraya Kinbyōe. Si tratta

di un giovane di campagna che decide di recarsi a Edo per fare fortuna e quindi darsi ai piaceri del “mondo fluttuante”

(ukiyo). Giunto a Edo per prima cosa visita il tempio Ryūsenji di Meguro e una volta sul posto decide di mangiare la

specialità del luogo, i celebri awa mochi. Mentre aspetta che questi siano pronti, la stanchezza del viaggio lo fa

addormentare e da qui inizia la narrazione del sogno che lo vede protagonista. Izumiya Seiza, un ricco mercante di Kanda,

lo sceglie come figlio adottivo che si curi dei suoi affari mentre lui, ormai anziano, si ritira a vita monacale. Il passaggio di

consegne permette a Kinbyōe di trovarsi con un ingente patrimonio grazie al quale assume un aspetto consono alla moda

dell’epoca e incomincia a frequentare i quartieri di piacere della città spronato da Genshirō, uno dei dipendenti del

negozio. La popolarità che conosce grazie alla quantità di denaro di cui dispone lo fanno soprannominare “Kinkin sensei”

(dove kinkin era una parola di moda all’epoca per indicare un aspetto sfolgorante) e gli permettono di diventare cliente

fisso prima di Yoshiwara poi di Fukagawa. Senza accorgersi cade nella tresca ideata da Genshirō e da Omazu, una delle

donne di Fukagawa, di modo che in breve tempo sperpera tutto il denaro che possedeva, costretto a vagabondare a piedi

tra le donne di rango più infimo a Shinagawa. Venuto a conoscenza della situazione il padre adottivo lo disereda e proprio

nel momento in cui vede se stesso a trent’anni di fronte a una caduta irreversibile, Kinbyōe si risveglia perché ormai sono

pronti gli awa mochi che aveva ordinato. Da questo sogno apprende quanto le ricchezze a cui anelava sono cosa effimera

e abbandona l’idea di rimanere a Edo ritornandosene al paese natale.

Come viene suggerito dallo stesso autore nella prefazione, Kinkin sensei eiga no yume rielabora quanto narrato

in Kantan 邯鄲, un testo di teatro nō che a sua volta riprende il venticinquesimo capitolo del Taiheiki (“Kōryō no yume no

koto”) basato sul testo cinese Zheng zhong ji. Il meccanismo di ripresa appare evidente nell’ossatura della fabula: un

viaggiatore si ferma in una locanda e nel tempo in cui gli viene preparato il pasto sogna una vita di ricchezze; al risveglio,

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però, tutto è uguale a prima e comprende quanto l’esistenza terrena sia effimera e ogni possibile fortuna labile. Tale

impianto imitativo è sostenuto da numerose citazioni verbatim o quasi da Kantan. Eppure la ripresa si attua all’insegna del

cambiamento. A livello di diegesi l’azione si sposta dalla Cina al Giappone, da un’epoca indefinita al secondo periodo Edo.

Tale trasposizione diegetica determina una serie di novità a livello contenutistico. Se Rosei, il protagonista di Kantan, si

mette in viaggio per cercare una guida spirituale sul monte Yōhi, Kinbyōei lo fa per arricchirsi nella fiorente Edo; il pasto

che il protagonista attende non è più semplice miglio cotto (awa no odai), ma sono gli awa mochi, specialità di Meguro

attestata nelle guide di viaggio dell’epoca; nel sogno non è il figlio del governatore di una provincia cinese ma il figlio

adottivo di un ricco mercante; una volta diventato Kinkin sensei, Kinbyōe assume l’aspetto alla moda dell’epoca

riproponendo quei particolari dell’abbigliamento che erano stati illustrati nel 1773 nello sharebon intitolato Tōsei fūzoku tsū 当世風俗通. Questa modernizzazione dell’ipotesto e del suo protagonista viene accompagnata da un processo di

inversione all’interno del sogno: se il sogno di Rosei si chiude con l’immagine della fortuna durata per cinquant’anni,

quello di Kinbyōe lo pone di fronte a una progressiva caduta.

Kinkin sensei eiga no yume è solo uno tra i tanti testi della letteratura Tokugawa che rielaborano il motivo

letterario del “cuscino del sogno”. Già Asai Ryōi aveva inserito in Otogi bōko (1666) un capitolo intitolato “Issui sanjūnen

no yume” e lo stesso motivo ricompare in molti hanashibon tra cui si può ricordare Sugiyōji (1680, vol. 6, cap. 1). È, però,

all’interno dei kusazōshi che assume particolare rilievo andando a costituire un ricco filone in cui si possono ricordare

Ukiyo Rakusuke ippai no yume (1762, Tomikawa Fusanobu), Fūryū Kantan Ukiyo eiga makura (1772, Tomikawa

Ginsetsu) e Miru ga toku Issui no yume (1781, Hōseidō Kisanji).

In questo testo troviamo riaffermata in termini nuovi l’episteme intertestuale che già abbiamo riconosciuto

essere caratteristica fondante della cultura giapponese.

Edo umare uwaki no kabayaki『江戸生『江戸生『江戸生『江戸生艶艶艶艶気樺焼』気樺焼』気樺焼』気樺焼』, di Santō Kyōden, del 1785.

Il protagonista Enjirō è un giovane di diciannove, vent’anni poco attraente che nutre il sogno di diventare uno di

quei libertini alla moda amati e ricercati dalle donne. Con l’aiuto di due amici — Kitariki no suke e Warui Shian —

incomincia il suo apprendistato da libertino diventando protagonista di diversi episodi comici in cui risulta essere sempre e

solo una caricatura grottesca dell’ideale maschile cui aspira. In altre parole diventa l’esempio emblematico di quello

hankatsū che popola anche gli sharebon dell’epoca come alter ego comico dello tsūjin (per questi termini si veda p. 71).

A lezione lavorando sull’originale dell’opera, si metterà in luce come un testo la cui trama risulta a prima vista

facilmente fruibile da chiunque sia in realtà profondamente radicato nella cultura urbana della Edo di periodo Tokugawa.

Contesto letterario (i kusazōshi di periodo Edo)

Questi due testi sono testi cardine del genere conosciuto con il nome di kibyōshi 黄表紙黄表紙黄表紙黄表紙, a loro volta parte

dei kusazōshi 草双紙草双紙草双紙草双紙. Iniziamo con una descrizione di questo genere letterario.

Il termine kusazōshi indica i testi illustrati stampati principalmente a Edo tra la fine dell’era Kanbun (1672) e

l’inizio del periodo Meiji, che si rivolgono a un pubblico “popolare”.

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Tale denominazione può avere diverse spiegazioni: ① “kusa” indica qualcosa di non troppo serio e “sōshi” un testo

illustrato alla portata di un pubblico vasto; ② con la sfumatura semantica di “kusazōshi”臭双紙, dove l’avere un cattivo

odore (kusai 臭い) deriva dal fatto che veniva utilizzata carata riciclata.

Marca distintiva di un genere letterario che conta quasi mille titoli è l’aspetto grafico del testo:

1) la grandezza è di circa 18 cm di altezza per 12 cm di lunghezza;

2) ogni pagina (chō 丁) è per lo più occupata dall’illustrazione e il testo (parte narrata e parte dialogata scritte

prevalentemente in kana) è insertito negli spazi bianchi rimanenti;

3) ogni volumetto è costituito da 5 chō e ogni opera può essere composta da due, tre o più volumetti;

4) in copertina il titolo viene indicato su un foglio di carta incollato (daisen 題簽) e due sono i tipi di daisen riscontrabili.

Un primo tipo caratterizzato da un unico foglietto in cui insieme al titolo è riportata un’immagine tratta dal testo (fig.

1); un secondo tipo costitutito da due fogli su cui sono riportati distintamente il titolo e un’illustrazione tratta dal testo

(fig. 2). Negli esempi successivi al 1806 si riscontrerà una nuova copertina decorata che riporta il titolo a stampa

direttamente sulla copertina.

Fig. 1 Copertine di Gozonji no shōbai mono『御存商売物』(Santō Kyōden, 1782)

daisen unico con titolo

riportato sulla sinistra della

illustrazione

Page 64: Appunti utili

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Fig. 2 Daisen di Kinkin sensei eiga no yume

Tre sono i periodi e le relative tipologie di testi che caratterizzano lo sviluppo dei kusazōshi:

①①①① 1672~1774: akahon 赤本赤本赤本赤本, kurohon 黒本黒本黒本黒本, aobon 青本青本青本青本 1

Gli akahon devono la loro denominazione alla

copertina color arancio-rosso. Sono libri per bambini,

pubblicati all’inizio dell’anno, caratterizzati da una

spiccata funzione di buon auspicio (medetai) e da

una finalità educativa. Gli argomenti trattati vanno dai

dōwa come Urashima Tarō, Momo Tarō a argomenti

mutuati dagli otogizōshi come Hachikazuki fino a

materiali ripresi dal jōruri come Kinpira musha shugyō.

Negli akahon l’illustrazione gioca un ruolo

preponderante e il testo è quantitativamente limitato. In

genere autore del testo e illustratore coincidono e tra i nomi principali si ricordano Torii Kiyomasu e Nishimura Shigenaga.

Intorno alla metà del XVIII secolo il materiale per

produrre il rosso-arancio delle copertine degli akahon

diventa molto costoso e si passa quindi all’utilizzo di tinture

nere o verdastre (moegi iro, colore tra marrone e verde che

1 Si è coscienti del fatto che la suddivisione dei primi kusazōshi in akahon, kurohon e aobon sulla base del colore della

copertina è spesso arbitraria (le copertine potevano essere sostituite a posteriori, potevano modificare il colore, etc.) e si è

altresì coscienti del fatto che questa classificazione, in futuro, potrà essere oggetto di critica e di revisione. Si è però deciso di

proporre questa classificazione in quanto ancora accettata nei manuali giapponesi di storia letteraria.

daisen doppio con il titolo

del testo riportato su un

foglio indipendente e

l’illustrazione tratta dal

testo su un altro foglio

indipendente

Esempio di akahon, Meijizoroe『名人ぞろへ』

Esempio di kurohon, Neko no ko no koneko 『子子子子子子』

Page 65: Appunti utili

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qualora esposto per lungo tempo alla luce del sole tendeva a diventare simile al giallo). Da qui la denominazione per i

testi si modifica rispettivamente in kurohon e aobon. Rispetto agli akahon illustrazioni e contenuti vanno arricchendosi e il

pubblico a cui si rivolgono non è più solo quello dei bambini ma anche degli adulti. Nella maggiorparte dei casi si tratta di

digest di testi appartenenti al repertorio del teatro jōruri o del kabuki; molti sono i racconti di eroi come Asahina yūriki

kagami e le vendette (katakiuchi) come Fuji Asama monogatari. Autore e illustratore diventano via via due figure separate

che collaborano alla realizzazione di un unico testo. La stamperia che produce il maggior numero di esemplari è

Urokogataya 鱗形屋.

②②②② 1775 ~ 1806: kibyōshi 黄表紙黄表紙黄表紙黄表紙

I kibyōshi presentano una copertina giallo-marrone, da cui la denominazione coniata dalla critica letteraria posteriore.

Come ricorda il celebre poeta di kyōka (lett. “poesia folle) nonché gesakusha (scrittore di gesaku; vedi dopo) Ōta Nanpo 大田南畝 (1749-1823) in Hannichi kanwa (vol. 13), all’epoca venivano chiamati aobon in quanto il giallo utilizzato era in

realtà molto simile al moegi iro tipico degli aobon nel momento in cui perdeva intensità.

Il primo testo che dà il via a questo gruppo è Kinkin sensei eiga no yume『金々先生栄花夢』(1775) di Koikawa

Harumachi 恋川春町 (1744-89). Viene riconosciuto come il primo esempio di kibyōshi per diversi motivi: 1) nuovo

colore della copertina; 2) modificazioni contenutistiche che rendono questo testo un divertimento rivolto a un pubblico

adulto, per lo più maschile, e non più a un pubblico di donne o di bambini; 3) profusione di dettagli e maggiore realismo

nella resa delle illustrazioni.

I contenuti sono vari, ma il comune denominatore dei kibyōshi è la predilezione per qualsiasi cosa che sia “witty”

(umoristica, ingegnosa, sarcastica), per una comicità che può spaziare dal gioco di parole all’ironia, dal realismo grottesco

all’allusione arguta. Sono stati addirittura definiti “giocattoli per la mente” dalla scrittrice Sugiura Hinako. A livello grafico le

illustrazioni si fanno via via molto più complete, realistiche, ricche di particolari; il testo scritto continua ad essere per lo più

in kana ma le parti dialogate appaiono più complesse; la parte narrativa si fa più lunga e in molti casi vengono utilizzati

alcuni kanji.

Uda Toshihiko identifica quattro fasi nello sviluppo dei kibyōshi:

① Fase embrionale. Con l’avvento di Kinkin sensei eiga no yume via via i kusazōshi diventano una letteratura rivolta a

un pubblico adulto, in cui spesso fa intrusione il mondo degli sharebon (vedi dopo). Gli artisti della scuola Torii che

si occupavano della realizzazione dei kurohon e degli aobon lasciano il posto a nuovi autori che diventeranno figure

leader nella seconda fase. ② Fase di massima prosperità. Siamo nell’era Tenmei (1781-88). Lavorano freneticamente i principali autori del

genere (Hōseidō Kisanji 朋誠堂喜三二, Shiba Zenkō 芝全交, Santō Kyōden 山東京伝) accompagnati da

illustratori di ottimo livello (Kitao Shigemasa 北尾重政, Kitao Masanobu 北尾政演, Torii Kiyonaga 鳥居清長); la

pubblicazione di questi testi viene sostanzialmente controllata dallo stampatore Tsutaya Jūzaburō; nascono

addirittura i primi testi che propongono una riflessione “critica” sui kibyōshi; vengono prodotti gli esempi più

significativi come Daihi no senroppon 大悲千禄本 (Shiba Zenkō) (fig. 3), Edo umare uwaki no kabayaki 江戸生艶気樺焼 (Santō Kyōden), etc. ③ Periodo delle riforme di era Kansei (1788-1800). Si mette un freno alla visione satirico-caricaturale nei confronti

Page 66: Appunti utili

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della realtà. ④ In risposta alle limitazioni determinate dalla censura, nel 1790 viene pubblicato Shingaku hayazome gusa 『心学早染草』di Santō Kyōden (fig. 4), che presenta una dichiarata finalità educativa ripresa, poi, in molti testi

successivi. Nel 1795 viene pubblicato Katakiuchi gijo no hanabusa『敵討義女英』che dà il via a una prolifera

produzione di katakiuchimono (storie di vendette).

Fig. 3 Scena da Daihi no senroppon 大悲千禄本 (1 verso-2 recto).

Page 67: Appunti utili

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Fig. 4 Scena da Shingaku hayazome gusa 心学早染草 (2 verso-3 recto)

���� APPROFONDIMENTO

- “Mr Glitter ‘n’ Gold’s Dream of Splendor” (trad. inglese di Kinkin sensei eiga no yume), in Haruo Shirane (ed.), Early

Modern Japanese Literature. An Anthology 1600-1900, New York , Columbia University Press, 2002, pp. 673-687.

- “Grilled and Basted Edo-born Playboy” (trad. inglese di Edo umare uwaki no kabayaki), in Haruo Shirane (ed.), Early

Modern Japanese Literature. An Anthology 1600-1900, New York , Columbia University Press, 2002, pp. 687-710.

- Leon M. Zolbrod, “Kusazōshi: Chapbooks of Japan”, The Transactions of the Asiatic Society of Japan, vol. 10, 1968, pp.

116-147.

- James T. Araki, “The Dream Pillow in Edo Fiction, 1772-1788”, Monumenta Nipponica, 25, pp. 43-106.

- Il tesoro color oro del vecchio Chikusai [Chikusai rō takara no yamabuki iro] (kibyōshi), trad. Laura Moretti, in Chikusai rō

takara no yamabuki iro: honkoku, chūshaku, itariagoyaku, Kagaku kenkyū hi – kiban kenkyū (S) – kenkyū hōkokusho,

Kokubungaku kenkyū shiryōkan, Tōkyō 2003.

- Il prodigioso ingegno di Shiba Zenkō [Shiba Zenkō ga chie no hodo] (kibyōshi), trad. Laura Moretti, in Shiba Zenkō ga

chie no hodo: honkoku, chūshaku, itariagoyaku, Kagaku kenkyū hi – kiban kenkyū (S) – kenkyū hōkokusho, Kokubungaku

kenkyū shiryōkan (in uscita ad aprile 2004).

③③③③ 1806 ~ inizio Meiji: gōkan 合巻合巻合巻合巻

Page 68: Appunti utili

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Nel momento in cui iniziano ad avere particolare fortuna i katakiuchimono, i racconti si fanno molto lunghi e più

fascicoletti di 5 chō vengono legati insieme a formare un unico testo: questi sono i gōkan. L’attenzione per l’umorismo

lascia via via il posto a una propensione per lunghe trame ricche di avvenimenti intersecati in modo complesso l’uno

nell’altro. Tra gli esempi più noti possiamo ricordare: Orokugushi Kiso no adauchi『於六櫛木曾仇討』(scritto da Santō

Kyōden, illustrato da Utagawa Toyokuni) in cui nelle illustrazioni si fa ampio uso dei volti più noti degli attori di kabuki

dell’epoca; Nise Murasaki inaka Genji『偽紫田舎源氏』(scritto da Ryūtei Tanehiko 柳亭種彦 tra 1829-1842), ripresa

intertestuale del Genji monogatari.

Inizio di Nise murasaki inaka Genji

Page 69: Appunti utili

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TABELLA RIASSUNTIVA PER I KUSAZŌSHI

Akahon

kurohon aobon kibyōshi gōkan

copertina rossa-arancio nera

verdastra-giallastra-marrone copertina decorata con figure policrome in cui è

inserito a stampa anche il titolo del testo

daisen

attaccato sulla copertina

numero di pagine

(chō) per volume

5 pagine 5-15-20 pagine

numero di volumi 1-2 volumi 2-10 volumi

1-3 volumi 2 volumi × 1~90 parti (hen)

principali autori Koikawa Harumachi

Hoseidō Kisanji

Shiba Zenkō

Santō Kyōden

Tōrai Sanna

Jippensha Ikku

Kyokutei Bakin

Shikitei Sanba

Santō Kyōden

Jippensha Ikku

Ryūtei Tanehiko

principali illustratori Scuola Torii Koikawa Harumachi

Torii Kiyonaga

Kitao Shigemasa

Kitao Masanobu

Utagawa Toyokuni

Scuola Utagawa

principali contenuti storie per bambini digest di testi teatrali

storie di eroi

giochi di parole e nonsense

comicità

realismo grottesco

satira verso la società coeva

storie di vendette

adattamenti di storie precedenti

storie di fantasmi

periodi 1661-1748 1748-1775 1775-1791 1791-1806 1806-Meiji

Page 70: Appunti utili

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Ampliamo ulteriormente (il gesaku di periodo Edo)

���� LETTURA OBBLIGATORIA (indicata nella scheda online)

Adriana Boscaro (a cura di), Letteratura giapponese. I. Dalle origini alle soglie dell’età moderna, Einaudi, Torino 2005.

Voce: Gesaku (Laura Moretti), pp. 41-46.

I kusazōshi a loro volta fanno parte di un enorme “calderone” di testi conosciuto con il termine collettivo di

gesaku戯作.

Il termine si riferisce al gruppo di testi in prosa creati a Edo a partire dalla metà del XVIII secolo. Agli inizi gli

autori (gesakusha戯作者) erano intellettuali (bunjin文人) che affiancavano la propria produzione “seria”, “primaria” —

spesso di marcato stampo confuciano — con una ricca di mordace humor scritta per puro “diletto”, per il divertimento

proprio e del lettore. È da questo atteggiamento “ludico” verso l’atto della scrittura che deriva la denominazione gesaku

(lett. “opere scritte per divertimento”). A partire dall’era Kansei (1789-1800), si assiste alla nascita dello scrittore

professionista il quale scrive per un gruppo di lettori via via crescente, rispondendo in modo cosciente alle loro necessità.

Diversi sono i generi in cui il gesaku si divide; generi identificati non solo da precise caratteristiche contenutistiche ma

spesso anche da una veste grafica di immediato riconoscimento. Da notare che gli autori di gesaku passavano con

versatilità da un genere all’altro, e quindi potrà capitare di incontrare uno stesso autore in più ambiti.

Al di là delle differenze che caratterizzano ogni singolo genere, Nakamura Yukihiko ha messo in luce alcune

specificità che contraddistinguono il gesaku nella sua interezza. Due sono i termini chiave che ne riassumono

l’atteggiamento compositivo: ugachi e chakashi. Con il primo si indica la capacità di andare oltre la superficie delle cose

per metterne in luce idiosincrasie e difetti. Con il secondo si definisce la postura di divertita derisione che nasce dallo

sguardo disincantato dei gesakusha nei confronti della realtà. A livello strutturale appare ampiamente utilizzata una

struttura “doppia” in cui un “mondo” (sekai) mutuato dalla precedente tradizione letteraria, più o meno esplicitato nel testo,

viene rivisitato e rinnovato attraverso una complessa rete di scelte intertestuali (shukō). Questa propensione per una

struttura doppia si riflette anche a livello espressivo in diverse tecniche tra le quali ruolo centrale detiene il gioco di parole

(jiguchi) in cui attraverso un solo termine vengono suggeriti due o più significati.

���� APPROFONDIMENTO

- Nakamura Yukihiko, “Modes of Expression in a Historical Context”, Acta Asiatica, 28, 1975, 8-10, pp. 1-19.

- Haruko Iwasaki, “The Literature of Wit and Humor In Late-Eighteenth-Century Edo”, pp. 47-71.

- Laura Moretti, “Quando la creazione si fa allusiva: la retorica testuale dello shukō nelle forme narrative del periodo

Tokugawa”, Asiatica Venetiana, 5, pp. 59-84.

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ALTRE SOTTOCATEGORIE DEL GESAKU

���� DANGIBON 談義本談義本談義本談義本

Testi che utilizzano lo stile dei sermoni buddhisti, per fornire

una descrizione della propria epoca carica di disincantata comicità e di

pungente satira. Il primo esempio è Imayō heta dangi『当世下手談義』(Jōkanbō Kōa, 1752) ma lo scrittore più rappresentativo del genere è

Hiraga Gennai 平賀源内 (fig. 1) con Nenashigusa 根無草 (1763) e

Fūryū Shidōkenden 風流志道軒伝 (1763). A lezione di analizzerà

quest’ultimo testo mettendone in luce gli aspetti comico-satirici e

l’atteggiamento nei confronti del “diverso”. Per un’analisi del testo si

rimanda all’introduzione di La bella storia di Shidōken.

���� APPROFONDIMENTO

- Hiraga Gennai, La bella storia di Shidōken, a cura di A. Boscaro, Marsilio, Venezia 1990.

���� SHAREBON 洒落本洒落本洒落本洒落本

Testi sviluppatisi tra la fine dell’era Kyōhō (1728 circa) e l’inizio dell’era Bunsei (1818 circa) che si concentrano

sul mondo dei quartieri di piacere. Tra i primi esperimenti si trovano testi, come ad esempio Ryōha shigen『両巴扈言』(1728), in cui la realtà di Yoshiwara viene descritta in kanbun, dando vita a un divario burlesco tra contenuti narrati e stile

utilizzato.

È, però, nel 1770 con la pubblicazione di Yūshi hōgen『遊子方言』che si stabilisce il plot caratteristico degli sharebon.

L’ambientazione è quella dei quartieri di piacere, con una storia che vede protagoniste precise tipologie di uomini. Lo

tsūjin通人, colui che conosce alla perfezione l’etichetta da rispettare in questi luoghi, che segue in modo corretto le

mode dell’epoca diventando un modello per il lettore; lo hankatsū半可通, colui che finge di essere un conoscitore ma del

quale nel corso della storia viene esposta e ridicolizzata la rozzezza; lo yabo野暮, che si dimostra sin dall’inizio del tutto

ignorante di cosa la frequentazione dei quartieri di piacere comporti; il musuko息子, in genere un giovane uomo ancora

ignaro della vita dei quartieri senza notte che si dimostra però molto ricettivo e abile nell’apprenderne i modi di

comportamento.

Nel contempo vengono fissati anche lo stile (scene per lo più dialogate in cui si fa uso del linguaggio dell’epoca),

l’impostazione grafica (dialoghi preceduti dall’indicazione sull’identità del parlante e parti descrittive riportate su due

colonne) e il formato editoriale (kohon con pagine di circa 16 cm × 12 cm). (fig. 2).

Fig. 1 Ritratto di Hiraga Gennai

Page 72: Appunti utili

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Gli sharebon successivi allo Yūshi hōgen manterranno intatte queste caratteristiche spostando l’ambientazione in altri

quartieri di piacere quali Fukagawa, Shinagawa o Shinjuku. Uno degli autori più significativi

è Santō Kyōden 山東京伝(1761-1816) (fig. 3).

La censura di era Kansei, però, non risparmierà nemmeno questo genere tanto che lo

stesso Kyōden verrà ammanettato per cinquanta giorni per aver pubblicato nel 1791 Shōgi

kinu burui, Shikake bunko e Nishiki no ura. Le vena comico-satirica che pervade gli

sharebon nella loro descrizione dei divertimenti dei quartieri di piacere e nell’esposizione

della rozzezza dello hankastū viene progressivamente eliminata per lasciare spazio a

lacrimevoli storie d’amore (nakihon) dove si descrivono gli struggenti sentimenti che

uniscono clienti e cortigiane.

���� APPROFONDIMENTO

- “Sharebon: books of wit and fashion” (“The playboy dialect”; trad. inglese di Yūshi hōgen), in Haruo Shirane (ed.), Early

Modern Japanese Literature. An Anthology 1600-1900, New York , Columbia University Press, 2002, pp. 632-655.

- James T. Araki, “Sharebon: books for men of mode”, Monumenta Nipponica, XXXIV, 1-2, pp. 31-45.

Fig. 3 Ritratto di Santō Kyōden

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Fig. 2 Testo originale di Yūshi hōgen.

Identità del parlante

Dialoghi, sempre riportati su una colonna

Parte descrittiva riportata su due

colonne

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���� NINJŌBON 人情本人情本人情本人情本

Sono l’ulteriore evoluzione degli sharebon successivi alle riforme di era Kansei e prendono forma dall’inizio

dell’era Bunsei (1818 circa) fino al Meiji. Argomento di questi testi è l’amore che lega un uomo per lo più fragile e insicuro

a più donne, con una descrizione dei controversi sentimenti che accompagnano questo tipo di relazione triangolare.

L’ambientazione non risulta più ristretta ai soli quartieri di piacere ma allargata al mondo urbano di Edo con la

conseguente descrizione dei suoi usi e costumi. Si assiste a un rilevante cambiamento nel target a cui si rivolgono i testi

dato che il pubblico non è più quello maschile, come accadeva in prevalenza per gli sharebon, ma quello femminile.

Dal punto di vista editoriale, assistiamo all’utilizzo di copertine illustrate e la particolare cura nella realizzazione delle

illustrazioni.

L’autore più celebre è Tamenaga Shunsui 為永春水 (1790-1843) di cui si ricorda Shunshoku umegoyomi『春色梅児誉美』(1832) (figg. 4-5).

Fig. 4 Introduzione a Shunshoku umegoyomi.

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Fig. 5 Illustrazione che apre il primo volume di Shunshoku umegoyomi

���� KOKKEIBON 滑稽本滑稽本滑稽本滑稽本

Nell’accezione ristretta questo termine si riferisce a quei testi comici prodotti a partire dal Tōkaidōchū

hizakurige 東海道中膝栗毛 (1802) di Jippensha Ikku 十返舎一九 (1765-1831). Nascono nel contesto di

un’editoria diventata ormai di mercato che richiede ai testi di rivolgersi a un pubblico sempre più vasto, eterogeneo e con

un livello di cultura non sempre elevato. Quindi la comicità che li caratterizza è lontana dalla sottile satira con cui i

dangibon criticano la società coeva così come dalla sagace denuncia della rozzezza dello hankatsū negli sharebon; è una

comicità facilmente comprensibile da chiunque basata sui giochi di parole, sulla situation commedy, sulla farsa, sul

realismo grottesco, sull’ignoranza. Lo stile si fa in un certo senso erede di quello degli sharebon con parti descrittive

(spiegazioni sulla diegesi, presentazione dei personaggi, esposizione della situazione in cui si trovano, etc.), parti

dialogate e togaki (spiegazioni aggiuntive ai dialoghi scritte su due colonne e indicativi delle azioni dei personaggi o della

loro condizione fisico-psicologica). Sono, comunque, le parti dialogate a giocare ruolo centrale riproponendo in maniera

impressionistica il modo di parlare di ogni singolo personaggio, con le sue peculiarità, scorrettezze, inflessioni dialettali e

costituendo di fatto materiale preziosissimo per gli studi filologici. Oltre al testo di Jippensha Ikku si possono ricordare

Ukiyo buro 浮世風呂 (1809-1812) (fig. 6) e Ukiyo doko 浮世床 (1813-1814) di Shikitei Sanba 式亭三馬

(1776-1822) su cui si focalizzeranno le lezioni.

���� APPROFONDIMENTO

- “Floating-world Bathhouse” (trad. inglese parziale di Ukiyo buro), in Haruo Shirane (ed.), Early Modern Japanese

Literature. An Anthology 1600-1900, Columbia University Press, New York 2002, pp. 748-759.

Page 76: Appunti utili

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Fig. 6 Frontespizio e illustrazione da Ukiyoburo.

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���� YOMIHON 読本読本読本読本

Così chiamati in contrapposizione agli ehon (libri illustrati) dato che l’illustrazione non è più funzionale al testo.

Gli argomenti trattati presentano richiami molto forti ai classici giapponesi e ai testi cinesi dell’epoca e i due autori

principali sono Ueda Akinari上田秋成 (1734-1809) nel Kamigata e Takizawa Bakin滝沢馬琴 (conosciuto anche

come Kyokutei Bakin曲亭馬琴, 1767-1848) a Edo. Del primo si possono ricordare Ugetsu monogatari 雨月物語

(1768) e Harusame monogatari 春雨物語 (1808); del secondo Nansō Satomi hakkenden 南総里見八犬伝

(1814-32). A lezione si analizzerà l’Ugetsu monogatari per la cui presentazione si rimanda all’introduzione critica in

Racconti di pioggia e di luna.

���� APPROFONDIMENTO

- Leon M. Zolbrod, “Takizawa Bakin, 1767-1848. A Restoration that Failed”, Monumenta Nipponica, XXI, 1-2, 1966, pp.

1-46.

- Ueda Akinari, Racconti di pioggia e di luna, a cura di M.T.Orsi, Venezia, Marsilio, 1988.

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OOTTTTAAVVAA UUNNIITTÀÀ DDIIDDAATTTTIICCAA

Sotto il peso dell’Occidente: creazione e rivisitazione in periodo Meiji

Iniziamo leggendo...

Tsubouchi Shōyō, Shōsetsu shinzui (trad. inlg. Di Nanette Twine), pp. 4-13, pp. 23-33.

���� LETTURA OBBLIGATORIA (materiali distribuiti a lezione e disponibili in fotocopia in biblioteca)

Analizziamo gli elementi fondamentali dell’opera...

Sulla scorta del novel occidentale che si affaccia per la prima volta alla scena intellettuale giapponese nel

periodo Meiji, l’intellettuale Tsubouchi Shōyō坪内逍遥 (1859-1935) elaborò nel 1885 Shōsetsu shinzui小説神髄 (lett.

“L’essenza del romanzo”) come manifesto intellettuale per una prosa rinnovata. Reclama l’autonomia e l’integrità artistica

del “romanzo” (per cui usa il temine shōsetsu小説, accompagnato dalla lettura fonetica di novelノベル) in quanto è un

genere che indaga nelle emozioni e nei comportamenti dell’uomo attraverso strutture narrative unitarie e logiche e

caratterizzazioni psicologiche dettagliate. Viene tracciata una linea di demarcazione netta con la prosa del periodo

precedente, caratterizzata da principi morali e didattici. Da questo punto in poi la prosa giapponese viene profondamente

influenzata dalla letteratura occidentale, diventando uno strumento utile e completo per discutere di problematiche

socio-culturali. In classe verranno analizzati nell’ottica del “rinnovamento” i passaggi obbligatori per il Corso.

Contesto letterario

①①①① Panorama letterario del periodo Meiji

Il rinnovato significato della prosa e l’esigenza di adeguare la propria scrittura ai canoni del romanzo

occidentale si sono tradotti in esperimenti letterari specifici di cui si ricorda in particolare Ukigumo浮雲 di Futabatei

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Shimei 二葉亭四迷 (1864-1909) pubblicato nel 1887-88. Questo primo tentativo, conosciuto in tutte le storie letterarie

come il “primo romanzo giapponese moderno”, in realtà racchiude la tensione verso la volontà di rinnovamento (nella

descrizione di un nuovo tipo sociale, nella scelta di un nuovo tipo di linguaggio di cui si scrive di seguito nel paragrafo

“Lingua e Scrittura” e nell’applicazione di una descrizione psicologica del protagonista) e un inevitabile debito nei confronti

della tradizione di periodo Edo. A lezione verrà presentata questa tensione tra rinnovamento e tradizione attraverso

esempi concreti dal testo. Obiettivo di una trattazione di questo tipo è la volontà di presentare il periodo Meiji

affrancato dallo stereotipo di un Giappone che riesce senza sforzi ad adottare la cultura occidentale. La cultura

del Giappone Meiji è intrisa di una complessa tensione tra rinnovamento e tradizione riscontrabile nei testi, nel

supporto editoriale con cui le opere venivano pubblicate e in un filone di testi profondamente “Edo” che

continuano a essere venduti e letti. Di questi ultimi due aspetti verranno presentati e commentati molti testi conservati

al Fondo Marega dell’Università Pontificia Salesiana di Roma. Verrà presentato brevemente anche il lavoro di una

scrittrice come Higuchi Ichiyō 樋口一葉 (1872-1896) che ha scelto di rimanere legata alla cultura giapponese

tradizionale, rielaborando la tradizione a lei precedente.

���� LETTURA OBBLIGATORIA (materiali distribuiti a lezione e disponibili a ricevimento presso il docente)

Luisa Bienati (a cura di), Letteratura giapponese. II. Dalla fine dell'Ottocento all’inizio del terzo millennio, Einaudi, Torino

2005. Voce: Futabatei Shimei, Ukigumo (parte della trama) pp. 224-225.

Questi tentativi di “modernizzazione” del romanzo sono accompagnati da una intensa stagione di traduzioni da

testi occidentali e da una diffusione del romanzo politico che cercava di attuare in modo cristallino l’idea di un romanzo

“utile”alla società.

Tra gli scrittori principali che devono essere ricordati in questo periodo troviamo Mori Ōgai 森鴎外森鴎外森鴎外森鴎外 (1862-94):

fu influenzato dalla letteratura tedesca avendovi soggiornato dal 1884 al 1888. Fu lui ad applicare il termine “naturalismo”

(shizenshugi自然主義) per una prosa realistica che sperimente nei suoi molti scritti.

①①①① Panorama letterario del periodo Taishō e del primo periodo Shōwa.

A dominare il panorama letterario di questo periodo sono molte correnti letterarie e numerosissime personalità.

Qui di seguito si offre una lista dei nomi che sono parte dell’enciclopedia comune:

1) Shiga Naoya 志賀直哉志賀直哉志賀直哉志賀直哉 (1883-1971) che diventa esponente di un nuovo tipo di scrittura conosciuta con il termine di

shishōsetsu 私小説私小説私小説私小説. Si tratta di un romanzo centrato sul soggetto (spesso tradotto come “romanzo dell’io” o “romanzo

confessione”).

2) Natsume Sōseki 夏目漱石夏目漱石夏目漱石夏目漱石 (1867-1916), di cui si ricordano testi come Sanshirō三四郎三四郎三四郎三四郎 (1908) e Kokoro 心心心心(1914). L’autore ha proposto una riflessione critica del processo di modernizzazione, proponendo importanti riflessioni

sulla questione dell’individualismo. La sua prosa, influenzata dall’esperienza di un travagliato soggiorno in Inghilterra,

mette in scena un tormentato contrasto tra aspirazioni morali e la corruzione del quotidiano.

3) Nagai Kafū 永井荷風永井荷風永井荷風永井荷風 (1879-1959), che realizza testi di prosa in cui, tra fiction e saggistica, lamenta la progressiva

morte della Edo del passato, descrivendo la devastazione sociale e morale che deturpa l’ambiente legato ai quartieri di

piacere tragicamente sopravvissuti alla modernizzazione.

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4) Kawabata Yasunari 川端康成川端康成川端康成川端康成 (1899-1972), conosciuto per molti testi tra cui si ricorda Yukiguni雪国 (1937-48) e

ricordato per essere stato il primo Nobel per la letteratura giapponese. La sua prosa eterea, frammentaria, incompiuta e

impressionista traducono la ricerca estetica del movimento conosciuto come Shin kankakuha新感覚波.

5) Tanizaki Jun’ichirō 谷崎潤一郎谷崎潤一郎谷崎潤一郎谷崎潤一郎 (1886-1965) che traduce immagini ardite e di sicuro impatto per il lettore dell’epoca

in una prosa resa complessa da un sapiente uso di strutture classicheggianti.

Essendo impossibile concentrare in poche ore di lezione un universo così vasto come quello della prosa del

kindai, si rimanda alla bibliografia facoltativa per qualsiasi approfondimento e alle molteplici traduzioni italiane per un

contatto diretto (sebbene sempre di “seconda mano”) con il testo. A lezione si discuteranno, invece punti nodali nel

rinnovato contesto culturale:

1) la scoperta dell’io nella scelta di una descrizione psicologica dei personaggi;

2) il rapporto tra l’io e il contesto sociale in cui si trova inserito;

3) l’utilizzo di nuovi supporti editoriali per la diffusione della cultura.

Per ulteriori sviluppi della letteratura si legga ���� LETTURA OBBLIGATORIA (indicata nella scheda online):

Luisa Bienati (a cura di), Letteratura giapponese. II. Dalla fine dell'Ottocento all’inizio del terzo millennio, Einaudi, Torino

2005. Voci: 1) Letteratura di massa (Matilde Mastrangelo), pp. 58-63. 2) Letteratura pura (Luisa Bienati), pp.101-104.

Lingua e scrittura

Uno degli aspetti più significativi del rinnovamento auspicato in letteratura è la necessità di unificare la lingua

scritta (bungo文語) e la lingua parlata (kōgo口語), in un movimento conosciuto con il termine di genbun icchi言文一致. Come abbiamo visto nei testi del periodo Edo, nel gesaku i testi utilizzavano la lingua orale e colloquiale per le parti di

dialogo, riservando alle parti narrative l’uso di una lingua scritta pesantemente influenzata dalla grammatica classica. Con

il Meiji gli scrittori fanno appello alla necessità di applicare alla narrazione il giapponese semplice e immediato della

comunicazione orale. I primi tentativi di questa riforma linguistica sono rintracciabili già in Ukigumo ma molti anni verranno

richiesti prima che i lettori, abituati alla distinzione tra bungo e kōgo, riescano di fatto a beneficiare dalla semplificazione

derivata dalla loro unificazione.

Contesto storico

- Già l’ultima fase del periodo Edo il Giappone conosce un progressiva apertura con l’esterno. Le trattative intavolate con

il commodoro americano Perry portano nel 1854 al trattato di Kanagawa che prevedono, tra gli altri punti, l’apertura di

porti nel nord del Giappone e l’invio di un console americano in Giappone.

- L’avvio di un Giappone rinnovato si ha nel 1868 quando l’imperatore Mutsuhito prende il potere con il nome di

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Imperatore Meiji, proponendosi il fautore di un governo “illuminato” votato alla creazione di uno Stato moderno fondato

sulla centralizzazione del potere politico e sulla trasformazione capitalistica delle istituzioni economico-sociali e attuando

un progressivo smantellamento del sistiema creato dai Tokugawa.

Data la vastità del periodo storico abbracciato in questa Unità Didattica, si rimanda al testo obbligatorio di Kornicki (pp.

68-111; già indicato a p. 3 della dispensa) per l’illustrazione delle sue tappe fondamentali.

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APPENDICE 1 Visione d’insieme della cultura giapponese nelle sue linee fondamentali

Kodai Chūsei Kinsei Kindai

Nara Heian Kamakura/Muromachi Edo (o Tokugawa) Meiji / Taishō / Shōwa

Codificatori della cultura Letterati (legati all’imperatore) Intellettuali dell’aristocrazia legata

alla corte imperiale

Intellettuali dell’aristocrazia Progressiva apertura a tutti gli strati

sociali con la nascita dello scrittore

professionista che ha

consapevolezza del proprio lettore

Apertura a tutti gli strati sociali

Decodificatori della cultura Letterati dell’epoca (?) Intellettuali dell’aristocrazia legata

alla corte imperiale

Apertura a un pubblico più vasto Apertura a tutti gli strati sociali Apertura a tutti gli strati sociali

Tipo di diffusione della cultura

Letteratura orale o letteratura scritta

(manoscritti)

Manoscritti (lettura individuale o

collettiva in un gruppo distretto)

Manoscritti + letteratura “vocale” Stampa (caratteri mobili + matrice) Stampa (a caratteri mobili in bronzo)

+ nuovi media (es . giornali)

Significato della cultura Espressione di gruppo che definisce

l’identità dell’uji

Espressione di singoli rivolta a lettori

appartenenti alla medesima cerchia

sociale e intellettuale

Comprensione e analisi del mondo

lacerato in cui la cultura viene

prodotta

Edificazione (morale o pratica) del

lettore attraverso la capacità di

divertirlo e di distrarlo

Espressione del processo di

rinnovamento del paese

Contenuti caratterizzanti (per la prosa)

Nascita e storia del Giappone Il variopinto mondo della corte

imperiale

Senso di caducità e di impermanenza

(mujō) proprie del periodo di mappō e

descriziondel mondo della

popolazione

Il mondo poliedrico caratterizzato

dall’esplosione della giocosità, della

vitalità, della curiosità che

caratterizzano un periodo di lunga e

indiscussa pace

La nuova realtà di un Giappone che

si sta aprendo al mondo occidentale

Principi estetici Mono no aware, miyabi (o ga) Yūgen, sabi Iki, sui, tsū

Lingua e scrittura Uso della scrittura cinese scrivendo

in cinese (kanbun) oppure in

giapponese (uso dei sinogrammi per

il loro valore fonetico = man’yōgana)

Elaborazione del kana (sistema

fonetico) e sviluppo dello onnade

(scrivendo in lingua giapponese con

l’uso del kana)

Movimento del genbun icchi

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APPENDICE 2 Siti web utili per lo studio della letteratura giapponese classica

►PMJS Pre Modern Japanese Literature http://www.meijigakuin.ac.jp/~pmjs/trans/trans_gi.html Contiene molteplici informazioni sullo studio della letteratura giapponese classica in Occidente con una lista alfabetica di opere della letteratura classica- traduzioni – studi

► 電子版霞亭文庫(東京大学) http://133.11.199.8/cgi-bin/KateiIndex

Versione digitalizzata di alcuni testi originali di periodo Edo che appartengono alla collezione Katei conservata nella

biblioteca della Tōkyō daigaku. Sono coperti i principali generi della letteratura Edo.

► 京都大学貴重資料画像 http://ddb.libnet.kulib.kyoto-u.ac.jp/exhibit/index.html

Versione digitalizzata di alcuni testi rari conservati alla Kyōto daigaku. I titoli appartenenti alla letteratura Edo sono

ancora pochi ma il progetto in corso prevede un aumento graduale e costante del materiale digitale.

► 国立国会図書館電子図書館 http://www3.ndl.go.jp/rm/index.html

Versione digitalizzata di testi rari della National Diet Library (Kokuritsu kokkai toshokan). Per quanto riguarda il periodo

Edo notevole è la collezione di nishikie 錦絵. La ricerca dei testi a stampa originali e delle stampe può essere effettuata

sia per titolo sia per parola chiave.

► 国文学研究資料館 http://www.nijl.ac.jp/contents/d_library/index.html

Database creati dal National Institute for Japanese Literature (Kokubungaku kenkyū shiryōkan). Di particolare

rilievo è la digitalizzazione di alcuni Nara ehon originali conservati all’Istituto e la versione digitale del Nihon koten

bungaku taikei.

► 国際日本文化研究センター http://www.nichibun.ac.jp/graphicversion/dbase/database.html

Database vari creati dal Nichibunken.

► 近世文学研究所 http://gwaikotsu.com/

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近世初期文芸研究会 http://www.ksskbg.com/

Entrambe le pagine sono curate da Fukazawa Akio e Kikuchi Shin’ichi. Si concentrano sulla produzione letteraria del

primo periodo Edo, in particolare sui kanazōshi. Di grande utilità sono: (a) indice di tutti i kanazōshi oggi esistenti, delle

eventuali trascrizioni e dei testi critici su di essi redatti; indice del Kanazōshi shūsei 仮名草子集成; (b) indice della

rivista Kinsei shoki bungei 近世初期文芸 (rivista accademica che si concentra sulla produzione letteraria del primo

periodo Edo); (c) novità editorali sulla letteratura Edo; (d) versione digitalizzata dei testi originali di proprietà di Fukazawa

Akio (Kashōki e Kashōki hyōban).

► 菊池真一研究所 http://www.konan-wu.ac.jp/~kikuchi/

Pagina curata da Kikuchi Shin’ichi con informazionin più generali sulla letteratura Edo e una serie di link molto

utili.

► 板坂ゼミリンク http://www.senshu-u.ac.jp/~thb0457/rink.htm

Pagina curata da Itasaka Noriko 板坂則子, specialista di Takizawa Bakin. E’ strutturata come lista di link ragionati per

approfondire determinati percorsi della letteratura Edo. E’ fornita anche una lista dei principali musei che hanno stretti

legami con la cultura Edo (Edo Tōkyō hakubutsukan e Fukagawa Edo shiryōkan) e link utili per il mondo del teatro (kabuki

e jōruri) e del sumō.

► 九州大学電子図書館 http://herakles.lib.kyushu-u.ac.jp/index.htm

Versione digitalizzata dei testi rari conservati alla Kyushū daigaku, con particolare attenzione per i Nara ehon.

► 奈良教育大学(奈良絵本) http://www.nara-edu.ac.jp/LIB/ehon/ehon.htm

Versione digitalizzata dei Nara ehon conservati alla Nara kyōiku daigaku.

► 龍門文庫 http://yamato.lib.nara-wu.ac.jp/y05/

Homepage della collezione Ryūmon (regione del Kansai).

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► 奈良地域関連資料画像 http://mahoroba.lib.nara-wu.ac.jp/

Versione digitalizzata di testi che hanno a che fare con la regione di Nara (in particolare emaki)

► Links vari http://kokubun.doshisha.ac.jp/kokubun1/staff/kyamada/link/link.html

Lista di link utili per la letteratura giapponese in generale. Oltre alle università, ai musei e ai centri di ricerca già citati

sopra, di particolare utilità risulta la sezione dedicata a kabuki e jōruri.

► 電子化された近世テキスト http://jcmac5.jc.meisei-u.ac.jp/etxt4.htm

Pagina che presenta tutte le forme di digitalizzazione di testi Edo, da quelle presenti sul Web a quelle in commercio

sotto forma di CDRom.

※※※※ Per informazioni riguardanti siti di discipline diverse siete pregati di contattare il docente.