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APPUNTI E RIFLESSIONI SUL NOSTRO CAMMINO PORTOGHESE Laura Frassine

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Appunti e riflessionisul nostro CAMMino

portoGHese

Laura Frassine

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Laura Frassine

A Stefano, Maura, Giorgio e Sara... perchè senza di voi io sarei niente

Appunti e riflessionisul nostro CAMMino

portoGHese

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Prefazione

La prima volta che sentii parlare del Cammino di Santiago de Compostela fu cinque o sei anni fa da una conoscente, una grande Pellegrina che aveva già fatto tanti cammini. Mi ricordo che le feci molto semplicemente questa domanda: “Secondo te, io sarei in grado di fare il cammino?” E lei, altrettanto semplicemente rispose: “Sì, se veramente lo vuoi!” Ecco, penso che il mio percorso interiore verso il Cammino di Santiago de Compostela sia iniziato proprio in quel momento. Tempo dopo, il mio Comune organizzò una serata illustrativa e informativa sul Cam-mino e diverse persone raccontarono la loro esperienza: una famigliola con tre bambi-ni, il cui padre aveva costruito un carretto dove mettere gli zaini; una ragazza, molto giovane, che aveva preferito partire da sola ma, disse, sola non era mai stata;lLe tre amiche che non erano riuscite a terminare il loro cammino per motivi di salute di una di loro e insieme avevano preso la decisione di interromperlo per terminarlo in altro momento... Anche la mia amica, quella che una volta era solo una conoscente ed era ormai diventata un’amica, parlava dei suoi cammini e mostrava le sue fotografie.Da quel momento in poi il cammino diventò qualcosa di meno astratto e sempre più concreto e sentivo che il tarlo ormai aveva messo le sue radici: il cammino incomin-ciava a chiamarmi.Andai in biblioteca e feci razzia di tutti i libri che parlavano di Cammino, da Il Portico della Gloria di Davide Gandini a Il Cammino di Santiago di Paulo Coelho, scoprendo una bibliografia immensa.Io andrò a Santiago a piedi, mi dissi, andrò al sepolcro dell’Apostolo Giacomo per ringraziarlo dell’amore che c’è nella mia vita, per la famiglia che mi ha donato e che amo profondamente, per come l’ha protetta in questi anni.Non avevo mai fatto nulla da sola prima di allora: sposata da 39 anni con Stefano, le nostre esperienze, le nostre vacanze, i nostri viaggi li avevamo fatti sempre insieme e con i nostri figli. Quando misi al corrente mio marito del mio proposito mi rispose di non essere minimamente interessato al Cammino e si meravigliò alquanto quando gli comunicai che sarei partita da sola.Partii il 10 giugno 2013 e camminai da Saint Jean Pied De Port a Logrono, prime tappe del cammino Francese feci circa 180 km, valicando i Pirenei e attraversando la dolce Navarra.Fu un esperienza sconvolgente, che mi fece sentire catapultata in un mondo che chia-mai subito “mondo parallelo”: la paura di non farcela era tanta, con lo zaino sulle spalle e la tremarella nelle gambe mi ritrovai a camminare, dormire e mangiare con persone provenienti da tutte le parti del mondo, e tutte quante con lo stessa identica meta: Santiago de Compostela.

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LA SCELTA

Quale cammino facciamo questa volta? Stefano lascia a me la decisione.O.K. va bene: decido per il Cammino del Nord, che si sviluppa lungo la costa setten-trionale della Spagna tra le pendici della Cordillera Cantabrica e l’Oceano Atlantico, con il suo mare, le sue montagne, con le sue città così piene di storia e cultura...Acquisto la guida di Terre di Mezzo, leggo tutto quello che trovo in rete e sul forum e... cambio idea e decido per il Cammino Portoghese!Perché? Non lo so, ma mentre preparavo il Cammino del Nord, quello Portoghese, dapprima con poche avvisaglie e qualche timido richiamo, poi sempre più prepoten-temente, soppianta definitivamente il Cammino che pensavo di aver scelto. Il Cammino Portoghese che inizia a Lisbona e percorre da sud a nord l’intero Por-togallo, passando attraverso città meravigliose come Coimbra, Porto ed entrando in Spagna, in Galizia, da Tui e raggiunge finalmente Santiago. Acquisto la guida del cammino Portoghese, mentre la guida del cammino del Nord, quieta quieta e anche un po’ mogia, viene riposta nella libreria, sezione cammini; leggo tutto quello che trovo in rete e sul forum, e finalment prenotiamo il volo per Lisbona.Subito dopo mille dubbi mi assalgono: avrò fatto la scelta giusta? Come sarà il per-corso? Interessante? Bello? Difficile? Facile? Troppo solitario? Più la data di partenza si avvicina, però, più scende in me una pace che mette fine alle mie ansie.E così finalmente capisco che il Cammino Portoghese aveva deciso per me, eterna indecisa, e parto veramente tranquilla e serena.

I primi due o tre giorni furono pieni di paure e di ansie: paura di non riuscire a fare i km che mi prefissavo per raggiungere la meta del giorno, ansia perché non conoscevo i miei limiti e le mie capacità. Giorno dopo giorno però vedevo crescere in me la con-sapevolezza delle mie forze e delle mie capacità e una pace tranquillizzante mi aiutò ad affrontare e superare tutte le difficoltà che incontrai. Con nel cuore una grande pace ed una grande serenità tornai a casa. Riuscii a trasmettere a Stefano tutta la gioia che il cammino mi aveva regalato e insieme ritornammo e arrivammo a Santiago de Compostela.Si dice che chi va in cammino, quando ritorna, non è più la stessa persona;si dice che il cammino aiuti le persone a riconoscersi, a ritrovarsi;si dice anche che a Santiago le persone lascino un pezzetto di cuore, di proposito, così che debbano Ritornare in Cammino per riprenderlo.È successo anche a me.

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se non prendere il mitico tram n° 28?Sicuramente Lisbona merita di essere visitata in più giorni ma noi in questo momento ci sentiamo più pellegrini che turisti ed il desiderio di incominciare a camminare è troppo grande..Dopo una cenetta in un ristorantino ti-pico all’Alfama torniamo in albergo in tempo per vedere tutti i ragazzi pronti a uscire, e noi nonni a nanna!

29 aprile 2015Lisbona - Alverca do Ribatejo - Vila Franca de Xira. (km 39,900)

Alle sei siamo già svegli e decidiamo di fare un’ ultima passeggiata nella città ancora addormentata: arriviamo sulle rive del rio Tejo attraversando l’immen-sa Praca do Comercio, il cuore di Lisbo-na, completamente deserta; facciamo colazione, ci incamminiamo verso la

stazione Apollonia e prendiamo il treno per Alverca do Ribatejo (non è molto pellegrino come inizio, ma secondo le guide e i diari che abbiamo letto questo tratto periferico è molto brutto e noio-so...): muovere quelli che saranno i pri-mi di moltissimi passi verso Santiago è emozionante!La tappa di oggi è corta e non molto bella perchè attraversiamo tutta la zona industriale di Alverca, decisamente poco piacevole. Nonostante ciò, il per-corso è ben segnalato, perchè scorgiamo senza fatica la prima di una lunghissima serie di frecce gialle: in terra, sui muri, sulle piante, sulle case, incastonate nei marciapiedi e sui pali di cemento, che saranno una costante di questo cammi-no. L’Associazione Amici del Camino Portoghese ha fatto veramente un otti-mo lavoro, ben segnalando il cammino in tutto il Portogallo, dove troveremo

Praca do Comercio

28 aprile 2015Lisbona

L’orario del volo slitta dal mattino presto al primo pomeriggio e quindi arriviamo a Lisbona alle 16 circa; abbiamo preno-tato all’hostal Lisboa, che alcuni amici ci hanno consigliato: ci si arriva como-damente con il bus n°91, che dall’aere-oporto arriva in centro- fermata Piazza Rossio- poi a piedi per 10 minuti.All’aeroporto vediamo una ragazza, ine-quivocabilmente una Pellegrina, che decido di avvicinare per chiedere con-ferma, e così ci conosciamo: è Mara di Trento, anche lei in partenza per il cammino portoghese. Ci rivedremo ad Azambuja due giorni dopo.L’hostal è carino, un po’ anni 60/70

con pareti colorate a motivi pacifisti e new-age, pieno di giovani di varie na-zionalità, per cui ci sentiamo un po’ ge-nitori e un po’ nonni.Abbiamo preso una stanza a quattro let-ti a castello, spaziosa e pulita e dormi-remo molto bene, perché i ragazzi sono molto rispettosi e quando tornano di notte non li sentiamo nemmeno.Usciamo, lasciando la mochila (zaino) nell’armadietto, e andiamo alla scoperta della città: per prima cosa ci dirigiamo alla Sé, cattedrale fortezza con le sue torri gemelle a farci apporre il carimbo (timbro) sulla nostra credencial, e lì, in basso a destra, troviamo la prima setas amarelas (freccia gialla): che emozione!Ammiriamo poi l’Alfama,il più antico e affascinante quartiere, il Castello e lo splendido panorama che si gode dalle mura di cinta, il Mosteiro dos Jeròn-imos, palazzi con facciate interamente coperte da azulejos (piastrelle di cerami-ca smaltate che riproducono paesaggi o personaggi) che meritano una visita.

La stanchezza inizia ad un certo pun-to a farsi sentire e allora quale migliore modo per continuare la visita della città

Sé, la cattedrale

Setas Amarellas, la prima freccia

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to colazione con quanto preso ieri al su-permercato, ci mettiamo in cammino. La tappa non è molto lunga, circa 20 km e non particolarmente bella, solo la prima parte è carina, su strada poco traf-ficata in mezzo al nulla, fino alla centra-le termoelettrica di Vala do Carregado. La seconda parte invece è bruttissima: percorriamo la corsia di emergenza di una strada trafficatissima e costeggiamo un’immensa zona industriale e artigia-nale. Vediamo due Pellegrini, i primi, che ci precedono di poco; li conoscere-mo all’albergue.In effetti i bombeiros di Azambuja non ci accolgono ma ci mandano in una casetta poco distante, di cui però dob-biamo recuperare la chiave nel piccolo supermercato vicino. L’appartamento è piccolo ma carino, con 12 posti letto, e subito ci ricorda gli albergue sul cam-mino francese. A poco a poco si riem-pie: con noi arriva Mauro, di Parma ma toscano d’origine, gran camminatore, Mara di Trento, conosciuta a Lisbona. Giacomo di Roma (PPS), un ragazzo spagnolo di cui mi sfugge il nome, che ha fatto l’hospitalero a S. Nicolas. Ar-rivano poi una coppia di giovani ame-ricani e una coppia di anziani danesi e altri Pellegrini. La casa è situata proprio sulla piazza principale del paese che di-venta il punto di ritrovo dei Pellegrini: non sapendo dove stendere il bucato appena fatto, insieme tiriamo dei fili tra le panchine della piazza e in un attimo, grazie al sole molto caldo e al venticello che soffia piacevolmente, tutto si asciu-ga. Andiamo alla S.Messa nella vicina

chiesa alle 18,30 e all’uscita un ragazzo, ci intervista per conto dell’associazione “Amici del Cammino Portoghese” sul-la pericolosità della strada che abbiamo appena fatto, assicurando che l’associa-zione intende mettere in sicurezza que-sto tratto.

Andiamo a cena, siamo in cinque ita-liani, non succederà mai più in tutto il cammino di cenare con tanti italiani, poi ci attardiamo sulle panchine a chiac-chierare piacevolmente fino a tardi.Molto bella l’atmosfera da albergue, in-cominciamo a “vedere” il cammino.

1 maggio 2015Azambuja - Santarem (km oltre 40)

È successo... Doveva succedere prima o poi no??? Abbiamo sbagliato strada!!! All’uscita di Azambuja seguiamo, seb-bene sappiamo che non si debba mai fare, un gruppo di pellegrini di Fatima: con loro prendiamo la statale N1, mol-to trafficata, ma dopo 5 o 6 km, visti i nostri dubbi, appena possibile devia-mo per Valada, percorrendo km e km di stradine in aperta campagna nel nulla

I cinque pellegrini italiani

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anche i migliarini del Cammino di Fatima con freccia azzurra.Dopo Alhandra il percorso diventa una piacevole passeggiata: percorriamo la nuo-va pista ciclopedonale che corre tutta lungo il fiume Tejo e arriviamo a Villa Franca, dove ci aspetta l’amara sorpresa che i bom-beiros non accolgono e questo ci mette di malumore; ci indirizzano quindi alla Casa della Misericordia dove ci accolgono per-sone veramente gentili che ci ospitano in una stanza adibita a magazzino, con due semplici materassi per terra. Il pomeriggio molto lungo lo passiamo a passeggiare nel paese, vediamo la Praça de Touros dove an-cora si tengono spettacoli di corride pub-blicizzate in tutta la cittadina, e il notevole edificio della stazione ferrovaria completa-mente ricoperta da azulejos.Una citazione meritano i Bombeiros Vo-luntários: in Portogallo i bombeiros svolgo-no la funzione di protezione civile e soccor-

so pubblico, sono presenti in quasi tutte le località e molto spesso ospitano Pellegrini diretti a Santiago de Compostela e Pelle-grini diretti a Fatima. Non chiedono nulla in cambio e l’ospitalità viene concessa solo su disposizione del comandante. In questo periodo ci sono molti Pellegrini che vanno a Fatima, perchè si sta avvicinando il 13 maggio, data dell’apparizione della Vergine Maria, ed ecco il motivo per cui secondo noi i Bombeiros non ci ospitano.I Bombeiros locali ci comunicano che an-che i loro colleghi di Azambuja non accol-gono.

30 aprile 2015Vila Franca de Xira - Azambuja(km 20,00)

Ci svegliamo presto e alle sette, dopo aver bevuto il caffè al distributore e fat-

Stazione di Vila Franca de Xira

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da e partiamo verso le otto, la grande dormita ci ha rigenerato e partiamo di buona lena. A Santarem i due cammini (Fatima e Santiago) si dividono e così salutiamo Mara che prende la strada per Santiago, noi con Giacomo prose-guiamo verso Fatima. La tappa di oggi doveva essere di soli 21 km, arrivare a Arneiro das Milhariças, ma in previ-sione della tappa di domani mooolto lunga, decidiamo di arrivare a Mon-

santo. Il percorso è veramente piacevole, saliscendi continui ma non difficoltosi, finalmente vediamo un po’ di atmosfe-ra del cammino e stiamo subito meglio. Arriviamo a Monsanto, Giacomo fortu-natamente ha prenotato anche per noi, perché il parrocchiale è completamente pieno di pellegrini di Fatima. L’albergue privado Aribù è molto spartano, venia-mo sistemati nel garage adattato con un piccolo bagno e quattro posti letto, di cui uno rotto, e a sera stendiamo un filo tra la porta e l’armadio per stendere il buca-to.. però la cena è ottima nel ristorante dello stesso albergue! Conosciamo Mike inglese, cammina a tratti con noi, e io decido che sarà my personal teacher of English, anche se lui ancora non lo sa !

3 maggio 2015Monsanto - Fatima (km 26,00)

Partiamo alle otto dopo aver fatto co-lazione al bar Aribù, il cielo è coperto e dopo 7/8 km inizia una leggera pioggia che ci accompagnerà fino a Fatima. Il percorso, dopo una lunga salita sull’a-sfalto, cambia e iniziamo a inerpicarci su sentieri stretti e rocciosi racchiusi da muri a secco. Il percorso tuttavia è bellissimo, peccato solo per la pioggia: giunti alla cima, la vista del panorama ripaga di tutta la fatica. Dopo qualche km, a Covão Do Feto, ha inizio quello che secondo me è il tratto più bello fat-to sino ad ora: la vegetazione, i profumi e il silenzio ritmato dal fruscio delle pale eoliche, disseminate su tutto l’altipiano, fanno di questo posto un luogo da ri-cordare.

Cammina con noi Mike, di Londra, che conosce abbastanza bene l’italiano e vuole approfittare della nostra compa-gnia per parlarlo, e quando gli dico che io vorrei parlare inglese iniziamo una conversazione alquanto spassosa... io faccio domane in inglese, lui risponde

Prato fiorito verso Monsanto

Pale eoliche sull’altipiano

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più assoluto. Quando finalmente arrivia-mo a Valada ci troviamo Mauro, Mara e al-tri pellegrini che ci spiegano dove abbiamo sbagliato: all’uscita di Azambuja dovevamo attraversare la ferrovia, lì avremmo trova-to le frecce per arrivare a Valada facendo meno km.Nel bel parco facciamo colazione, ci rin-freschiamo i piedi e ripartiamo: salutiamo Valada e proseguiamo costeggiando l’alto argine del fiume Tejo e una strada lunga e bianca ci porta in mezzo a campi coltivati e a vigneti. Non vediamo più Pellegrini, non vediamo più frecce e il timore di aver sbagliato strada di nuovo ci mette un po’ di ansia... Quan-do finalmente ritroviamo le frecce ci tran-quillizziamo e affrontiamo la lunghissima salita che ci porterà nella graziosa cittadina di Santarem. I Bombeiros si trovano dal lato opposto

della città, siamo molto stanchi e stringen-do i denti ci incamminiamo: arriviamo alle 16,00 sfiniti, incontriamo Giacomo che, seguendo anche lui i pellegrini di Fatima, ha percorso “solo” 25 km completamen-te su carretera (strada) molto trafficata... Brutta esperienza ci spiega. Mara invece è arrivata già da un paio d’ore. Noi siamo talmente stanchi che non ab-biamo la forza e neanche la voglia di uscire per andare a cena, ci facciamo prendere dei panini da Giacomo ma non li mangeremo fino all’indomani: alle otto già dormiamo e non sapremo mai quanti km abbiamo fat-to oggi!! E come non bastasse ho le vesciche ai piedi.

2 maggio 2015Santarem - Monsanto (km 35,600)

Questa mattina ce la prendiamo como-

Verso Santarem

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tonietta che, ci ricordiamo solo dopo, abbiamo conosciuto a Gerusalemme quando siamo andati a trovare Piera è stato molto bello ed emozionante ri-cordare quei giorni. Anche con sorella Sila, portoghese, si crea subito un bel rapporto di simpatia. Sono persone semplici eppure così di-namiche e piene di voglia di fare che ci stupiscono. Sorella Antonietta tra pochi giorni ritornerà in Monzambico, dove dirige una scuola professionale per ra-gazze, e ci parla dei progetti del centro come un genitore parla del futuro dei propri figli.. gli occhi le si inumidisco-no quando ci racconta delle difficoltà e della violenza che questo popolo deve subire tutti i giorni, le morti con cui de-vono convivere per mancanza della più banale medicina. Spera tanto, sorella Antonietta, nelle ragazze che frequen-tano il centro, ed è convinta che loro siano il futuro, un futuro migliore.

4 maggio 2015Fatima

Sorella Sila si offre di accompagnarci alla Basilica visto che non ci sono mezzi pubblici e, una volta arrivati a Fatima, mi spiega dove è il Centro Salud, lì avrei trovato sua nipote Veronica, infermiera, che mi tranquillizza sullo stato delle mie vesciche: non sono infette, per fortuna, e sembrano in via di guarigione perché, af-ferma, le ho curate bene e sarà sufficiente un po’ di riposo per rimettermi in sesto. La ringrazio e andiamo alla Cappellet-

ta delle Apparizioni, dove accendiamo candele ricordando alla Signora i nostri figli e le loro famiglie, i nostri cari che non ci sono più, le mie sorelle e fratelli e le loro famiglie, e tutte le persone che conosciamo.

Salutiamo Giacomo che va a prendere il pullman per Tomar: ci mancherà, ma questo è il Cammino, e il Pellegrino con cui hai camminato oggi non è detto che sia lo stesso con cui camminerai domani. Il piazzale della Basilica è pieno di fe-deli, vediamo persone che in ginocchio fanno il giro dell’altare per devozione oppure per una grazia ricevuta. Verso mezzogiorno sorella Sila pas-sa a riprenderci e insieme torniamo a casa per pranzo. Sappiamo che oggi è il compleanno di sorella Michela e le prendiamo una rosa bianca, che qui è

La Madonna di Fatima

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in italiano e ridiamo. Ci siamo divertiti un sacco, peccato che arrivati a Fatima non ci vedremo più perché lui conti-nuerà subito per Tomar... mi dispiace, era molto divertente Mike.Lentamente, molto lentamente perché ho i piedi devastati dalle vesciche, arri-viamo in vista di Fatima seguiti da un folto gruppo di pellegrini che ci scorta-no fino alla basilica. Piove a dirotto, sia-mo fradici ma felici. Con noi c’è anche Giacomo, il Pellegrino romano con cui stiamo molto bene, abbiamo fatto tutta la tappa insieme e per pranzo abbiamo diviso quanto avevamo nello zaino.La Basilica è chiusa, per cui andiamo nella Cappella delle apparizioni dove assistiamo alla S.Messa. Poco distante dalla Basilica c’è l’Albergue do Peregri-no ma noi questa volta decidiamo di andare dalle Sorelle “Silenziosi Operai della Croce”, perchè abbiamo bisogno

di riposo e io ho bisogno di cure per i miei piedi. Telefoniamo alle Sorelle che sono ben contente di ospitarci.Conosciamo bene questa Associazione perché mia sorella Piera ne faceva par-te tanti anni fa. Le Sorelle ci ospitano molto volentieri e sono molto gentili e un giorno di riposo ci vuole proprio. Prendiamo un taxi, la casa è distante 5 km e non ce la sentiamo di andarci a piedi, sta ancora piovendo a dirotto e noi siamo sempre più fradici. Quando arriviamo le sorelle, vedendo lo stato in cui siamo, ci preparano subito un tè caldo e ci consigliano una doccia bollente che noi prontamente facciamo togliendoci finalmente di dosso gli in-dumenti bagnati. Approfittiamo, poi, della lavatrice per fare un mega lavaggio. Più tardi ci invitano a cenare con loro e passiamo una piacevole serata con So-rella Michela, Sorella Sila e Sorella An-

Il santuario di Fatima

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il paese, costruita nel 1160 che al suo interno racchiude la bellissima Charo-la, straordinaria chiesa dei Templari del XIII secolo, modellata secondo la strut-tura del Santo Sepolcro di Gerusalem-me; dichiarato patrimonio dell’Unesco, è uno degli edifici templari più interes-santi al mondo. Tutto attorno chiostri gotici rivestiti da azulejos.

Visitiamo anche la semplice Sinagoga del XVI secolo ora sede di un museo e la Igreja de São João Baptista. A Tomar si tiene, ogni quattro anni a luglio, la Festa dos Tabuleiros: circa 400 ragazze sfilano nei tradizionali abiti bianchi portando sul capo enormi vas-soi (tabuleiros) formati da trenta forme di pane impilate, fiori di carta, spighe di grano e foglie, ognuno dei quali deve

essere alto quanto la sua portatrice. Verso le 13,00 facciamo acquisti nel supermercato e andiamo nel bellissimo parco a mangiarci i nostri panini poi ci incamminiamo alla ricerca dei bom-beiros che ci accolgono con freddezza, quasi con fastidio, prendendo i mate-rassi dal sottoscala, umidi e sporchi, e buttandoceli in un angolo del teatro… Il pellegrino nulla pretende e nulla chie-de ma non sono d’accordo con questo modo di accogliere, stiamo facendo questo cammino anche per sperimen-tare nuovi modi di convivenza civile, di condivisione e di rispetto degli altri, fino ad ora sempre trovati veramente, ma questa volta queste persone ci han-no molto deluso e quasi mortificato di-rei. L’impressione è che il pellegrino sia solo un impiccio del quale liberarsi al più presto.

6 maggio 2015Tomar - Alvaiázere (km 35,00)

Stesso discorso per i Bombeiros di Al-vaiázere.Oggi abbiamo fatto 35 km, partiamo alle 6,45 e arriviamo alle 17,00 stan-chissimi; queste tappone ci stanno met-tendo a dura prova. Camminiamo da soli, non ci sono altri pellegrini ma non ci annoiamo.Siamo sereni e tranquilli, assaporiamo ogni passo che facciamo, consapevo-li che questo cammino ci sta donando tanto. Ancora una volta ringraziamo Dio per averci dato l’opportunità di

Charola, chiesa dei Templari

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molto amata perchè è il fiore dedicato alla Madonna di Fatima, e che le dia-mo la sera durante una festa a sorpresa organizzata da sorella Sila. Michela è fe-licissima e commossa e fa commuovere un po’ anche noi.Pomeriggio completamente dedicato al riposo, piove tantissimo e sento fischia-re un forte vento. Sono a letto al calduc-cio e penso ai Pellegrini in cammino...

5 maggio 2015Fatima - Tomar

Ci alziamo alle sei e trenta, facciamo colazione e poi salutiamo con vera gra-titudine le sorelle che mandano, per no-stro conto, abbracci a mia sorella Piera. Con il taxi arriviamo alla Basilica: nel grande piazzale c’è ancora poca gente, ci fermiamo ad ascoltare nella Cappel-letta un coro di persone forse polacche,

forse ucraine, ma sicuramente dell’est, che innalzano canti alla Signora, tal-mente belli che una lacrima mi scivola sulla guancia...Assistiamo alla messa in italiano e facciamo benedire dal Padre i ricordini che abbiamo preso da portare a casa. Siamo fortunati, oggi è una magnifica giornata, il sole splende nel cielo e noi stiamo bene, le vesciche sono migliora-te e cammino molto meglio. Il riposo è stato un toccasana, anche per Stefano.Prendiamo il bus e in un’ ora arriviamo a Tomar, scegliamo questa soluzione perchè questo tratto di strada è molto brutto e pericoloso ed è sconsigliato da molte guide. Si tratta di una splendida cittadina tem-plare, un luogo ancora oggi pregno di leggenda e fascino storico. Saliamo sulla collina per visitare il Convento do Cri-sto, una fortezza che domina il fiume e

Fortezza Templare Convento do Cristo

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Ray è in cammino per festeggiare il suo pensionamento, ha negli occhi l’in-genuità e la trasparenza delle persone buone. Shirly penso abbia seri problemi di salute, ridiamo molto insieme anche se fatichiamo non poco a capirci. Jorko, divertente, si innamora del mio tattoo, la concha simbolo del cammino. Chri-stian, taciturno, negli occhi un velo di tristezza che lo fa sembrare più grande e più maturo.Partiamo alle 7,30 e iniziamo lentamen-te a salire di quota, dopo la prima salita ne seguiranno tante altre, in un alter-narsi di paesini minuscoli dove il tempo sembra essersi fermato. Il percorso è ve-ramente molto bello, in mezzo a boschi di eucalipti, di conifere e a vegetazione mediterranea, tanto che vien voglia di aspirare continuamente per “assapora-re” questi magnifici profumi.

La meta di oggi doveva essere Rabaçal, ma mancano ancora 10 km quando ci fermiamo ad Alvorge per una sosta ed incontriamo Shirly e Rey fuori da un bar, quindi decidiamo di sederci con loro perché sono le quattordici e siamo un po’ stanchi.Alvorge è un paesino molto carino si-

tuato sulla sommità di una collina, seb-bene sia molto piccolo dispone di tutti i servizi, pulito e ordinato, attorno alla piazza si svolge la vita e le attività di tut-to il paese. Le colline circostanti sono puntellate da minuscoli villaggi dove, ci dicono, diversi stranieri, soprattutto in-glesi, hanno acquistato casette e vivono in armonia e sintonia con gli abitanti. Anche noi ci innamoriamo di Alvorge e guardandoci ci chiediamo quanto sa-rebbe bello passare la nostra vecchiaia in un posto così! Oltre le colline la piana di Rabaçal: stupenda!!!

Ray, che parla molto bene l’italiano e l’inglese, ci dice che, secondo l’elenco degli albergues che lui ha, nel paese c’è un Albergue Parrochiale a donativo nuovissimo, e l’idea di finire la tappa così presto non ci dispiace affatto; an-diamo a vederlo e decidiamo all’istante di fermarci: troppo bello, 10 posti letto, 3 bagni e 4 docce!!! La cucina la stava-no finendo di posare in quel momen-to, il tutto pulitissimo. Resteremo gli unici quattro Pellegrini perché Cristian

Chiesetta di Alvorge

Sherly e Ray

fare una simile esperienza insieme: non so chi dei due si adegui all’altro, ma è con così tanta naturalezza che lo faccia-mo che neanche ci accorgiamo. Quan-do sono stanca vedo Stefano rallentare, quando arranco in salita lo trovo lassù pronto con la bottiglia di acqua fre-sca… Adegua il suo passo al mio senza neanche accorgersi e parliamo, parlia-mo tanto, e quando non sappiamo più cosa dire cantiamo. La serenità con cui stiamo facendo il cammino ci permette di affrontare e accettare tutto quello che giornalmente capita con il sorriso sulle labbra.Il gruppetto che si era costituito a Villa Franca non c’è più. Giacomo ha con-tinuato mentre noi siamo stati fermi a Fatima, Mara ha preso il treno per Por-to perché ha pochi giorni, tutti gli altri non li abbiamo più visti.Il percorso mi piace molto: boschi di eucalipti e di sughero, campi pieni di alberi di arance e limoni che nessuno raccoglie, abbandonati, ma il Pellegrino che crede nella Provvidenza ne approfit-ta e ringrazia. Ci sono paesini strani qui in Portogallo, con grandi ville affiancate da casupole ormai distrutte, con il tetto sfondato,

abbandonate… Mi fanno tenerezza, sulle finestre hanno ancora le tendine, e la mia fantasia corre: vedo la vecchia signora in eterna attesa dei figli emigra-ti in chissà quale paese del mondo, la porta che non ha mai voluto chiudere a chiave perché... chissà magari un gior-no ritorneranno...

Il Portogallo è un paese di emigranti, sono milioni i portoghesi sparsi per il mondo, alcuni mai più tornati, altri invece torna-no e godere della vecchiaia nel paese natio. Uguale alla nostra bella Italia.

7 maggio 2015Alvaiázere - Alvorge (km 24,00)

Ieri, strada facendo, abbiamo incontrato quattro Pellegrini, che abbiamo sopran-nominato I Quattro dell’Avemaria, non so perché, forse semplicemente perché sono in quattro, ed oggi finalmente ci ritroviamo e ci presentiamo: sono Shirly di S.Francisco, Ray di Malta, Jorko fin-landese e Cristian tedesco. Sono gli uni-ci Pellegrini incontrati in questi giorni e saranno i pellegrini con i quali bene o male, arriveremo a Santiago.

Alba a Tomar

Verso Alvaiàzere

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testa hanno enormi covoni di erba. Ar-riviamo, all’uscita del bosco, a Conim-briga, ne approfittiamo per fare una visita al museo del sito archeologico di rovine romane, pieno di scolaresche, ci riposiamo all’ombra mangiando un pa-nino e bevendo una birra fresca, poi ri-partiamo. Le vesciche per fortuna sono ormai un ricordo e cammino spedita, e anche Stefano sta bene, anche se lui di vesciche non ne ha mai visto neanche l’ombra in verità…beato lui!Poi il paesaggio cambia, dopo Conim-briga attraversiamo solo piccoli e medi centri urbani che non hanno più niente in comune con i paesini appena supera-ti, paesi anonimi che subito scordi.Arriviamo ad Alvorge, all’albergue, e ci troviamo Shirly e Ray, anche loro appe-na arrivati. L’hospitalero ci dà gli ultimi due letti, noi ci meravigliamo in quanto non abbiamo visto altri Pellegrini, ma il responsabile ci dice che ne sta arrivando un gruppo diretti a Fatima. L’albergue è un appartamento adattato con cucina attrezzata, lavadora e secadora e quindi ne approfittiamo per fare il bucato.Vorrei per un momento fermarmi e parlarvi dei Pellegrini di Fatima. Ho visto tanta devozione alla Madonna di Fatima da parte del popolo Portoghese: tutti gli anni, in occasione della ricor-renza dell’apparizione della Madonna ai tre Pastorelli, il 13 maggio, migliaia e migliaia di persone si mettono in cam-mino per andare a Fatima a piedi e rin-novare con questo pellegrinaggio la loro fede e devozione alla Grande Signora. Sono supportati da furgoni che traspor-

tano i loro zaini, vettovaglie e tutto il necessario per dormire, mangiare e in caso di bisogno anche cure mediche. Sono sempre in gruppi di 30/40 perso-ne, partono di notte, le tre o le quat-tro, fanno anche 40 o 50 km al giorno, hanno il cammino segnato da frecce blu, ma non lo seguono e fanno sem-pre e solo strade nazionali o provinciali (carrettere) a volte molto pericolose. In effetti, notizia di due giorni prima, a Coimbra un camionista sbandando per un colpo di sonno ha investito e ucci-so sette Pellegrini. Una tragedia. Sono persone di tutte le età, alcuni anziani e abbastanza malandati, ed è bello vedere la solidarietà che nasce spontaneamente tra di loro, aiutandosi a vicenda. Sono gentili e salutano sempre molto volen-tieri noi pellegrini e, quando scoprono

Migliarino di Fatima

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e Jorko preferiscono continuare fino a Rabaçal. La sera andiamo insieme a cena da Vic-tor, nel bar della piazza, dove abbiamo il nostro primo incontro ravvicinato con il più grande Piatto unico Portoghese fino ad ora mai visto: fettine di carne, uova, riso, verdura, formaggi e sicuramente dell’altro che sto dimenticando! Victor, orgoglioso, ci fa conoscere la sua fami-glia e ci coccola tutta la sera facendoci continuamente assaggiare i suoi prodot-ti: formaggi, vino e olio. Mostrandoci il libro degli ospiti, dove lasciamo un pensiero affettuoso, ci mostra lo scrit-to di Giordano, passato l’anno scorso, grande pellegrino, papà di Cristina che conosciamo bene, e che alla bellissima età di 83 anni sta ancora camminando sulle polverose strade che conducono a Santiago.Passiamo una bellissima serata e sotto un cielo stellato che pare di velluto blu ritorniamo nel nostro albergue e passia-mo una buona notte...complice il buon vino di Victor!!!

8 maggio 2015Alvorge - Cernache (km 25,00)

Secondo la guida di Terre di Mezzo in nostro possesso, fino a Coimbra non troveremo più albergues, sono più di 40 km e già ci prepariamo mentalmente a percorrere questa lunga tappa, quando Rey, consultando la sua guida, vede che a 25 km da noi, a Cernache, c’è un al-bergue del Pellegrino da poco aperto e insieme decidiamo di fermarci. Ray è in possesso di una guida diversa dalla nostra e veniamo a conoscenza che ci sono tanti albergues che sulla nostra guida non sono segnalati, di contro a lui ne mancano alcuni che noi abbiamo e quindi ci scambiamo un bel po’ di ap-punti. Tappa non difficile e molto bella soprat-tutto nelle parte iniziale: ampi sentieri nei boschi costeggiano piccoli torrenti, paesini rurali sembrano uscire da carto-line in bianco e nero, donne che por-tano al pascolo capre e mucche e sulla

Verso Cernache

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decorata con azulejos; la Sé Velha del XII secolo, una vera imponente fortezza; l’antica Università di Coimbra fondata nel 1290 da Dom Dinis e considerata ancora oggi uno dei più grandi centri di

diffusione della cultura in Europa. Dal Patio das Escolas, la grandissima piazza- terrazza che accoglie l’università, la vista completa sulla città regala emozioni. Gli studenti, provenienti da tutto il mondo, si distinguono perché indossa-no il tipico abito universitario dell’uni-versità di Coimbra: mantello nero lungo fino ai piedi a coprire un tailleur nero e camicia bianca per le ragazze e comple-to pantalone nero e camicia bianca per

i ragazzi; sulla testa il classico cappello a tre punte. Ogni fine anno accademi-co fanno lunghi cortei con i famigliari venuti apposta per partecipare alla festa, che di solito si protrae fino all’alba, e la città si riempie di gente, i locali sono gremiti di persone che ascoltano gruppi che suonano il Fado, musica popolare portoghese, e bevono birra.Facciamo un po’ di spesa in un piccolo supermercato vicino al fiume e ritornia-mo all’albergue nel monastero, nel frat-tempo riempitosi di Pellegrini. Cucinia-mo la pastasciutta con il tonno, molto abbondante, perché Sherly è celiaca e non può mangiare pasta ma solo ton-no; in effetti anche quando andiamo al ristorante presenta sempre un tesserino multilingue che la qualifica come celia-ca e fortunatamente non ha mai avu-to problemi. Dormiamo molto bene, immersi in un silenzio rilassante, non sentiamo neanche i pellegrini di Fatima partire in piena notte.

10 maggio 2015Coimbra - Mealhada (km 23,500)

Partiamo alle 7,30, arriviamo in città e abbiamo un sussulto, pensando di essere arrivati per sbaglio a Monaco di Baviera, all’Oktoberfest: ai nostri occhi si presenta una città sporca all’inve-rosimile, montagne di lattine di birre, bottiglie di liquori, superalcolici, vino e tutto intorno centinaia di studenti ubriachi e semiaddormentati sulle pan-chine o in terra. Ovviamente hanno

Coimbra

Università di Coimbra

che stiamo andando a Santiago a piedi, si meravigliano molto.I Pellegrini di Fatima arrivano poco dopo, sono stremati, alcuni hanno piedi pieni di vesciche. L’albergue si riempie in un batter d’occhio, nel locale normal-mente adibito a garage viene installata la cucina e alcuni volontari preparano la cena. Sono organizzatissimi. Molto discretamente ripartiranno alle due di notte, loro verso Fatima a sud, noi verso Santiago a nord, più tardi però!

9 maggio 2015Cernache - Coimbra (km 12,00)

Sono quasi le otto quando partiamo, oggi praticamente è solo una bella pas-seggiata. Al primo bar che incontriamo ci fermiamo a fare colazione La colazio-ne in Portogallo è un piacere assoluta-mente da non perdere: si trovano paste buonissime (bolos), talmente grandi da richiedere il supporto di piattino, for-chetta e coltello, se ne mangi una ac-compagnata da un bicchiere, anch’esso enorme, di caffè (bica) con latte (leche) si può arrivare fino all’ora di pranzo tranquillamente.Arriviamo a Coimbra alle 11,00. Poco

prima di arrivare in città, sul cammino, incontriamo il bellissimo monastero S.Clara e ci fermiamo, come consiglia-to da Victor di Alvorge. L’albergue è all’interno del monastero, molto bello,

cucina attrezzata e pulitissimo. I maschi dormono separati dalle femmine, hanno la loro camera e il loro bagno. Ci sono poche persone, ma più tardi si riempirà di Pellegrini di Fatima. Con noi si fer-ma Sherly, mentre Rey ha prenotato in hotel, e lì conosciamo una brasiliana un po’ “loca”, così dicono gli altri pellegrini spagnoli, che cerca informazioni circa le tappe per andare a Santiago… Non la vedremo più.Visitiamo il convento Santa Clara - a- Nova, ha un bel chiostro e nella bellis-sima chiesa conserva la tomba in argen-to della Regina Santa Isabella, patrona della città, che pellegrinò a Santiago per due volte. Attraversiamo il grande pon-te S. Clara sul rio Mondego e la città si presenta in tutto il suo splendore: La Sé Nova del XVII secolo, un unica navata Convento Santa Clara-a-Nova

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da emigrante, con la famiglia in Por-togallo e i figli cresciuti senza di lui… Vorrebbe offrirci per pranzo il piatto tipico del posto, il leitão (sandes de lei-tão, cioè maialino da latte), ma purtrop-po noi poco prima, nel bosco, abbiamo mangiato il pane e la frutta che avevamo nello zaino e ora non abbiamo appettito … peccato, ha l’aria di essere veramente squisito il maialino, fatto nei modi più svariati. Ci offrono una birra fresca che ci beviamo con gusto e a malincuore la-sciamo i nostri nuovi amici mettendoci alla ricerca del resident che Giacomo ha prenotato per noi il giorno prima.

Wow una camera e un bagno tutto per noi?!?! Una meraviglia. Approfittiamo della lavadora per fare un grande bucato che l’aria calda asciugherà in brevissimo

tempo e andiamo a cena con Ray, Shir-ly e Cristian, che abbiamo ritrovato nel resident, e mangiamo appunto il leitão arrosto. Oggi, 10 maggio è la festa della mam-ma, ricevo da Maura e Giorgio i miei figli, messaggi che mi commuovono e che mi fanno sentire molto di più la loro lontananza.

11 maggio 2015Mealhada - Águeda km (25,600)

Usciamo dal resident verso le sette, dopo aver fatto colazione con quanto preso il giorno prima, e ci sentiamo chiamare dai nostri amici con i quali facciamo un bel pezzo di strada ma poi, come al solito, ci lasciamo. È sempre così, ci facciamo compagnia per un po’ poi ognuno di noi riprende il proprio pas-so, il ritmo cadenzato dai propri tempi e bisogni di pause o di soste. È bello ri-trovarsi dopo qualche ora di cammino al bar, solitamente l’unico aperto dopo ore dalla partenza, o alla fuente a rinfre-scarsi i piedi nell’acqua fresca o al pic-colo negozio di frutta per un platano o una mela, poi ognuno di noi riprende la strada e normalmente ci vediamo in albergue nel pomeriggio a fine tappa.Nei piccoli paesi dove non ci sono ne-gozi il pane, la frutta, la carne e il pesce è portato da piccoli furgoni e il loro ar-rivo è solitamente annunciato da strom-bazzamenti esagerati del clacson; dalle case escono le donne con la “sporta” per la spesa e noi ci meravigliamo sempre,

Simboli del Cammino

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passato la notte in giro a bere, tantissimi indossano ancora la divisa universitaria e si avvolgono nei lunghi mantelli per ripararsi dal freddo e dalla umidità della notte. Uno studente, non molto lucido per la verità, quando ci vede passare con gli zaini sulle spalle, ci ferma e dice che i suoi genitori fanno gli hospitaleri a Va-lença do Minho, al confine con la Spa-gna, e che noi pellegrini diretti a San-tiago dobbiamo assolutamente fermarci da loro. Dopo aver chiacchierato un bel po’, divertiti salutiamo lui e gli altri ra-gazzi semiaddormentati sulle panchine della piazza. Lasciamo la città e dopo poche centina-ia di metri ci troviamo in aperta cam-pagna immersi nella nebbia che sale dal rio Mondego. Tutto il percorso è abba-stanza bello, soprattutto da Santa Luzia a Male, attraverso un bosco incredibile di conifere, felci e l’onnipresente euca-

lipto. Il sentiero, ricoperto di sabbia, sembra una pineta in riva al mare. Sia-mo soli, nessun altro pellegrino in vista, e allora diamo sfogo alla nostra vena canterina sfoderando tutto il repertorio anni 70/80 in una stonata hit-parade… ci siamo divertiti un sacco nel piccolo bosco! Poco prima di Mealhada, in un piccolo paesino, ci troviamo nel bel mezzo di una festa di paese. Ci fermiamo a ripo-sare un po’ed alcune persone incuriosi-te si avvicinano e incominciano a fare domande sul nostro cammino, meravi-gliandosi nel sapere da dove veniamo e dove andiamo. Si presenta a noi un gentilissimo signore che parla molto bene l’italiano perché emigrato in Svizzera per tanti anni, e che ora da pensionato è tornato a casa sua a godersi la meritata pensione; ci racconta di quanto sia stata dura la vita

Bosco di felci ed eucalipti

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strada in salita e sotto il sole cocente delle quindici. Bell’albergue, molto rilassante, con giar-dino, cucina e soggiorno. Ci ritroviamo con gli amici pellegrini e conosciamo Ivan del Portorico e Momo della Slove-nia, che non parla italiano ma lo capisce molto bene (lui dice). Serata tranquilla e a nanna presto.

12 maggio 2015Águeda - Santuario Nostra Senora do Socorro (km 22,00)

Vista la brutta tappa di ieri Stefano si lascia andare un po’ alla delusione e allo sconforto. Brutta giornata, penso, però poco dopo la partenza vediamo nel giardino di una casa una spettacolare e immensa pianta della felicità e Stefano ritiene che sia di buon auspicio per la giornata odierna e per quelle a venire: in un attimo la delusione e lo sconforto spariscono e ritorna ad essere il solito Stefano allegro e positivo, proponendo-si di non soccombere più allo sconforto ma assolutamente di prendere e godere quello che ogni giorno il cammino è in grado di regalare.La tappa di oggi è corta e allora deci-

diamo con Ray e Shirly di proseguire fino al Santuario, che sappiamo alloggia pellegrini, anziché fermarci ad Alberga-ria-a-Velha. Il sentiero si snoda per la prima parte su asfalto poi per stradine secondarie e infine piste forestali che corrono parallele alla N1.Cantiamo e con meraviglia Ray si uni-sce al nostro coro cantando con noi in perfetto italiano tante canzoni anni 70/80: conosce perfettamente le canzo-ni perché a Malta, dove lui abita, la te-levisione e le radio trasmettono sempre in italiano, e così, ci spiega, ha imparato perfettamente la nostra lingua. Ci di-vertiamo un sacco cercando di ricordar-ci altre canzoni e scopriamo che ne co-nosce tantissime, e che adora Celentano e Lucio Dalla.All’uscita di un bel boschetto troviamo la Statua de Nossa Senora do Socorro, subito a destra la strada ci porta alla Casa Diocesana che ci ospita e a sinistra al santuario che troviamo chiuso. Una giovane donna (sorella o collaboratri-ce?) ci riceve e ci mostra la casa. Siamo solo noi, poi arriveranno i nostri ami-ci, abbiamo a disposizione tre camerate con un’ infinità di letti, bagni e docce, lenzuola e asciugamani, un lusso al qua-le non siamo più abituati. Ceniamo nel refettorio con una buona Sopa Verde alla Portoghese (grison, simili vagamen-te alle nostre verza) formaggi e verdura.Ci attardiamo in piacevoli chiacchere ma la Sorella è impaziente di chiudere il refettorio, allora decidiamo di andare in camerata a finire la bella serata.

Verso il Santuario Nostra Senora do Socorro

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perché quelli che sembrano paesini di-sabitati si animano improvvisamente quando arrivano i furgoni! Anche noi abbiamo preso l’abitudine di fare la spe-sina, soprattutto pane che è veramente buono, e ridiamo correndo quando sen-tiamo in lontananza il clacson.La tappa è veramente brutta e noiosa, tutta sull’asfalto, attraverso zone indu-striali immense e trafficate da camion e tir… se lo avessimo saputo avremmo preso un bus.A poco a poco stanno scomparendo i bellissimi villaggi rurali agricoli e incon-triamo solo paesi in via di espansione, con bellissime ville che sembrano disa-bitate, sicuramente di proprietà di emi-granti, affiancate da casette che cadono a pezzi … Probabilmente costa meno costruire che ristrutturare.Arriviamo ad Águeda verso le due. Gia-como, il pellegrino romano che ormai è

diventato il nostro inviato speciale, ha prenotato per noi all’albergue Sant An-ton: essendo avanti a noi di un giorno ci informa quotidianamente sugli alber-gue dove alloggiare o quelli da evitare, e ci consiglia quindi Sant Anton, pre-notando per noi. Noi per scrupolo, una volta arrivati ad Águeda, decidiamo di vedere anche “casa Azul” menzionata nella guida in nostro possesso: la cer-chiamo in lungo e in largo, chiediamo a tante persone, finchè, dopo aver fatto almeno due o tre km di su e giù, dato che Águeda è situata su un colle, abbia-mo un amara sorpresa: troviamo di una casa fatiscente, abbandonata da anni...Dopo qualche attimo di stupore e di arrabbiatura ci prendiamo un gelato e stoicamente (prendendoci in giro per la nostra cocciutaggine) ci rifacciamo gli oltre due km che ci portano all’alber-gue prenotato, naturalmente lungo una

Fuente

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delle scarpe e dei cappelli, dalla nascita dell’industria in zona e quindi dell’eco-nomia della regione ai giorni nostri.Raggiungiamo Casa della Misericordia alle due, un po’ timorosi per quello che possia-mo trovare ma abbiamo una bella sorpresa: ci danno una grande stanza luminosa e pu-lita con bagno personale, ci sono quattro materassi sollevati da terra da una pedana di legno, lenzuola e coperte.Siamo gli unici Pellegrini, gli amici han-no preferito andare in Pensioni. Dopo la solita doccia e il solito bucato andiamo, giusto per sgranchirci le gambe, a vedere il centro della piccola cittadina. Niente di bello per la verità e quindi torniamo a casa, questa sera ci accontentiamo di yogurt e frutta e poi a nanna.

14 maggio 2015São João da Madeira - Grijó (km 25,00)

Alle sette partiamo, c’è foschia. Abbia-mo dormito bene, un sonno rigeneran-te, e riposati ci incamminiamo nella cit-

tà ancora addormentata. Adoro il mattino, è il momento che più mi piace: il risveglio nel sacco a pelo, mettiamo le ultime cose nello zaino e via, perché il Pellegrino si orga-nizza alla sera e al mattino in un attimo è pronto... ... Tutti i Pellegrini meno Ray! A Ray serve circa un’ora per prepararsi alla par-tenza, con Sherly lo prendiamo bona-riamente in giro perchè ha una tecnica tutta particolare: svuota completamente lo zaino la sera e lo riempie al mattino, a differenza di noi che lo svuotiamo nel pomeriggio per arieggiare quanto c’è all’interno e lo riempiamo nuovamente alla sera prima di coricarci.Il mattino… la luce rosata che cambia la prospettiva delle cose, la grande sfe-ra del sole che si alza con noi e sembra esplodere di gioia, l’alba dalle ombre lunghissime...l’eccitazione di conosce-re e vedere un nuovo giorno…strade nuove...sentieri facili, sentieri difficili...tappa lunga o tappa corta... il tempo?

Colazione con pan y jamon

13 maggio 2015Santuario Nostra Senora do Soccorro - São João da Madeira (km 25.00)

Siamo partiti alle 6,30, abbandonando quasi subito la strada per un largo sen-tiero in un grande bosco. Dopo poco Stefano si accorge di aver dimenticato il bordone (bastone) e decide immediata-mente di tornare indietro a riprenderlo. I nostri bastoni li abbiamo trovati in un bosco subito dopo Fatima, due bei fusti di eucalipto robusti, dritti e leggeri; Ste-fano li ha puliti bene, con il coltellino ha inciso le nostre iniziali e la data di parten-za, poi ha messo un nastro adesivo rosso sull’impugnatura (portato da casa giusto per questo uso). Del bordone il Pellegri-no non può farne a meno, è un aiuto in salita e in discesa diventa indispensabile, il toc toc diventa un fedele compagno

che ti accompagna fino alla meta, diven-ta parte di te e ne senti la mancanza. Quindi mi lascia lo zaino e di corsa ri-torna al Santuario ma, fortunatamente poco dopo incontra Ray e Sherly partiti dopo di noi che si sono accorti e l’hanno preso, certi di rivederci da lì a poco.Le frecce gialle dipinte in ogni punto cruciale ci hanno sempre mostrato la strada giusta da prendere e se non ci fos-sero state in questa tappa non so quante volte ci saremmo persi in questo labirin-tico intrigo di strade, viuzze e vicoli: non ringrazieremo mai abbastanza l’associa-zione Amici del cammino Portoghese! Le frecce dei paesini che attraversiamo oggi sono state appena rifatte perché sono di un giallo brillante e si vedono molto bene anche in lontananza. Poco dopo Oliveira de Azeméi, grazioso paesino, ci sediamo sul sagrato di una chiesetta e pranziamo con pane e formaggio, solo dopo ci ac-corgiamo che la chiesa è intitolata a San Giacomo, così come l’oratorio accanto. La visitiamo, ringraziamo S Giacomo per l’ospitalità e ripartiamo.La periferia di São João da Madeira è molto lunga, una zona industriale segui-ta dalla periferia con grandi palazzoni, mi ricorda un po’ la periferia di Burgos, bel-lissima cittadina sul cammino francese. Finita la periferia arriviamo a Madeira, una grande e moderna cittadina che vive grazie all’industria del pellame. Ci sono piccole e grandi industrie anche in cit-tà, tante a conduzione familiare e tante aziende purtroppo chiuse. Dislocati un po’ dappertutto ci sono monumenti che ricordano la produzione e la lavorazione Simboli del Cammino

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non ce la racconta giusta. S’incontra-no fantastici personaggi sul cammino e s’incontrano anche personaggi alquanto strani. Andiamo a cena con Momo e gli altri Pellegrini nel vicino bar-risto-rante-supermercato-tabaccheria, gestito dalla stessa signora, il tutto in venti mq circa di locale, con cucina a vista, nel senso che non essendoci altro spazio la cucina era messa in una nicchia vici-no al bar… molto a vista ! La comida (cena) era veramente buona.Abbiamo una cameretta a due letti e dormiamo veramente bene.

15 maggio 2015Grijó - Porto (km 16,500)

È una bella mattina e il piccolo paese con le strade completamente lastricate è ancora addormentato. Siamo in tre, noi e Momo, nel piccolo paese di Pero-sinho vediamo degli strani cartelli blu con conchiglia gialla mai visti finora

che ci guidano fino all’ingresso del bo-sco, la Serra de Negrolos, attraversata da una larga strada romana. Il bosco è in salita, Stefano e Momo si attardano al bar, io riprendo il cammino da sola, e poco dopo alla mia destra, sotto ad un cespuglio, vedo dei movimenti che mi incuriosiscono. Mi avvicino e vedo una nidiata di coniglietti o leprotti in-custoditi, probabilmente la mamma è andata a procurarsi il cibo, non li tocco per non procurare loro problemi con la mamma che spero torni presto.La periferia di Porto è uguale a tutte le periferie delle grandi città, caotica e interminabile. Finalmente arrivia-mo in vista del Ponte Dom Luis I e Porto è lì davanti a noi in tutto il suo

splendore: abbraccia il fiume Douro e la lunga Ribeira (lungofiume) invita al riposo sorseggiando una birra, lascian-dosi scaldare dal sole e rinfrescare dalla dolce brezza seduti ad uno dei tanti ta-volini dei bar.

Verso Porto

Come sarà oggi? Pioverà, farà freddo o molto caldo? E chi incontrerò oggi? Da quale parte del mondo arriverà il Pelle-grino che incontrerò? Cosa troverò dopo quella curva? Come sarà quel paesino? E il miracolo si ripete tutti i giorni. È per la gioia che si rinnova nel mio cuore ogni mattina che rifarei mille e mille volte il Cammino: per assaporare ancora la felicità di quei momenti. Alzarsi al mattino e camminare è il Cam-mino, Santiago è solo la meta.Stiamo bene e camminiamo spediti, attraversiamo paesi tranquilli, costeg-giamo a lungo una nazionale ma su marciapiedi larghi e sicuri. Comincia a piovigginare e ci mettiamo il poncho ma come al solito smette subito e noi Ridiamo perché ormai è un fatto certo: come noi mettiamo il poncho smette di piovere!! Raggiunta e superata Arrifana con la bellissima Igreja Matriz dalla facciata ricoperta completamente da azulejos, percorriamo una bellissima Estrada Real Romana ben conservata in alcuni tratti e dissestata in altri. All’uscita del bosco incontriamo un’ anziana signora a cui chiediamo dove fare acquisti per il pranzo. Dopo averci indicato il posto ci mostra dispiaciuta quello che resta della calzada Romana nel suo paese e indi-gnata ci racconta che la vecchia strada lastricata, molto bella, anni fa è stata quasi interamente coperta dall’asfal-to per permettere il transito delle auto senza fare “troppo rumore”. Ci colpisce l’enfasi della vecchia signora e ci trovia-mo d’accordo a denunciare un simile

scempio. Dopo lo sfogo la signora salu-ta e se ne va.Arriviamo all’Albergue di Grijó verso le tre, Albergue della Confraria do San-tiago della parrocchia de S.Salvador de Grijó, gestito da volontari della parroc-chia, molto bello e tenuto molto bene con cucina. Veramente carino.

Ritroviamo Momo di Lubianka e final-mente anche Jorko il finlandese, ci sono anche altri pellegrini che non conoscia-mo e che incominciano qui il loro cam-mino. Andiamo a visitare il bellissimo monastero di São Salvador e il suo ma-gnifico chiostro. Con noi, Momo che si presenta come medico chirurgo urolo-go. Non parla una sola parola d’italiano né di inglese però si fa capire a gesti e disegnini. È specializzato, dice, in chi-rurgia della prostata e asserisce che la miglior cura per la prostata malata non è la chirurgia né le medicine ma il sesso, cioè fare tanto sesso, perché fare tanto tanto sesso salva l’uomo dall’ammalarsi alla prostata, ha spiegato anche il per-ché ma forse è meglio che sorvolare... !!! Grande personaggio Momo, già co-nosciuto da altri pellegrini per la sua eccentricità, non so perché ma Momo

Monastero di S. Salvador

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zurro quasi blu che fa sembrare la città più luminosa e solare. Dopo aver visto Estação de São Bento, notevole edificio dei primi del novecento, la Igreja de São Francisco e il vicino Palácio da Bolsa, ci concediamo un gelato lungo la Ribeira, sulle rive del rio Douro, guardando le evoluzioni dei gabbiani e il lento navi-gare dei battelli.Ritorniamo a piedi alla “nostra casetta”, ci troviamo Ivan del Costarica e tanti al-tri Pellegrini che non conosciamo. An-diamo a nanna presto perché domani vogliamo fare una tappa del Cammino della Costa sull’Oceano Atlantico.

16 maggio 2015Porto - Matosinhos - Vila do Conde (km 30,00)

Ci alziamo molto presto, un succo, qualche biscotto e via perchè abbiamo il bus alle sei che in poco più di mezzora

ci porta a Matosinhos.Questa tappa è un avventura, un ulte-riore sfida per noi, perché non abbiamo guide ma solo appunti che ho preso dal-la guida di Ivan (di John Brierly)… ma si sa, a noi piacciono le sfide!Scesi dal bus cerchiamo la prima freccia che troveremo quasi al mare. L’oceano si presenta quasi improvvisamente in tutta la sua grandezza e maestosità, io mi sen-to piccola come un granello di sabbia e mi commuovo, lo spettacolo che ci sta regalando è stupendo.

È una bellissima giornata, il cielo è blu senza nuvole, l’aria è fresca e frizzante e sarà una splendida variante alla mo-notonia dell’asfalto. Il litorale costeggia Matosinhos, grande paese di villeggia-tura con tutti i servizi, ma tutti chiusi perché è domenica o forse non è an-cora iniziato il tempo per il turismo.

Sé, la Cattedrale di Porto

La prima freccia del Cammino della Costa

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Emozionati entriamo alla Sé, la catte-drale, a farci apporre il carimbo, ed è talmente bella che merita una visita.Ritroviamo Jorko, il Pellegrino finlan-dese, che ci saluta calorosamente e mi abbraccia: il suo cammino finisce qui, domani torna a casa, perchè lo scorso anno aveva fatto da Porto a Santiago.È solo mezzogiorno, non siamo stanchi e decidiamo di cercare l’albergue che Giacomo ci ha consigliato e poi visitare la città. Per fortuna Momo ha il gps per-ché senza non l’avremmo mai trovato. L’accoglienza è situata all’interno della casa diocesana, una piccola casetta, cari-na e ristrutturata da poco, ma inserita in un contesto bruttissimo, isolata da tutto e da tutti. Fuori dalla casetta c’è una cuccia con un cane legato alla catena, lunga forse un paio di metri, con gli occhi talmen-te tristi che mi fanno subito detestare questo posto. Lo chiamo e gli offro un po’ della salsiccia che ho nello zaino, ma non si muove, non muove nemmeno la coda, il muso sempre basso...In tutto il Portogallo ho visto tanti cani, quasi

tutti legati alla catena, alcuni anche in cattive condizioni, che però svolgono un ruolo importante cioè sorvegliano e proteggono la casa e i loro padroni. Questo cagnolone nero dagli occhi tristi che fa la “guardia” ai Pellegrini, però, mi ha veramente toccato il cuore.

Dopo aver fatto la doccia e il bucato usciamo a conoscere Porto. Facciamo un lungo giro nella parte più moderna della città, cerchiamo un posto dove pranzare poi, siccome siamo molto di-stanti dal centro, prendiamo la metro. Porto è una bellissima città, austera e severa, ma oggi è una magnifica giorna-ta, il sole splende e il cielo è di un az-

Porto

Albergue con cuccia

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tarlo ma come cucinarlo, ci chiediamo? Le signore insistono ma poi capiscono e ci lasciano ripartire salutandoci allegra-mente. Nel paesino successivo vediamo un pescatore che sta accendendo il fuo-co in un bidone di latta, sopra il quale, in una grande griglia, ci sono dei pesci pronti per essere arrostiti...ecco dove potevamo grigliare il nostro pesce, ci di-ciamo divertiti!Riprendiamo il nostro lento camminare. Oggi va bene così, accorciamo il passo all’unisono, vogliamo assaporare questi km e km di mare e di spiagge, gustare la salsedine sulle labbra, sentire il sole che ci abbronza e l’aria frizzante che mitiga il caldo. Ci sono parecchie persone che giocano o prendono il sole sulle spiagge più riparate dal vento, tanti bambini che si divertono e molti surfisti.Siamo curiosi, vediamo un po’ fuori dal percorso un grazioso paesino e decidia-

mo di andare a visitarlo. Una signora ci vede e preoccupata tenta di spiegarci che abbiamo sbagliato strada, rientra svelta in casa e ne esce con foglio e biro e ci fa una mappa del paese con alcune indicazioni per andare a riprendere il nostro cammino; noi non vogliamo de-ludere la gentilissima signora dicendole che la deviazione l’abbiamo fatta di pro-posito, e quindi ripartiamo seguendo la sua cartina appena abbozzata... La luce di soddisfazione che la Signora aveva negli occhi me la rende particolarmente simpatica. Che magnifica giornata stia-mo passando! Adoro i Portoghesi, schivi e riservati ma sempre pronti a darti una mano nel momento del bisogno.Arriviamo a Vila do Conde a mezzo-giorno con tre Pellegrini portoghesi che stanno facendo il cammino della costa quando hanno qualche giornata libera, e facciamo delle lunghe chiacchierate

Passerella

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Finalmente troviamo un bar aperto e facciamo una colazione decente. Fini-to l’abitato di Matosinhos, a sinistra si estendono l’oceano e la grande spiaggia, a destra una grandissima raffineria per l’estrazione del petrolio, che avviene nell’oceano e che si snoda per svariati km, infatti al largo si vedono le piatta-forme per l’estrazione. Un signore che sta passeggiando con il suo cane ci spie-ga che, insieme alla pesca, la raffineria è la principale fonte di reddito di mi-gliaia di persone e che l’economia intera della regione dipende da questo grande impianto, anche se gli odori e i fumi a volte rendono l’aria troppo pesante e irrespirabile. Ma, ci dice, “non ci pos-siamo lamentare, visto il momento di crisi economica che il paese sta attraver-sando.”L’impianto di raffineria finisce e final-mente vediamo la vera bellezza di que-

sta tappa: un susseguirsi di spiagge lun-ghissime, scogli altissimi dove le onde impetuose si infrangono, passerelle di legno costruite per salvaguardare la flora delle dune prospicienti la spiaggia e per rendere più agile la passeggiata. Il po-sto è pieno di persone di tutte le età che corrono, che passeggiano o camminano e di tanti, tanti cani che passeggiano fe-lici vicino ai loro padroni.Passiamo in un grazioso e tipico paesino di pescatori, case colorate color pastello con finestre di vari colori. Nel piccolo porto alcune barche appena arrivate sca-ricano il pesce e alcuni acquirenti stan-no contrattando il prezzo. Vediamo un po’ di gente all’interno di una stanza ed entriamo: alcune signore stanno pulen-do del pesce e appena si accorgono di noi ci offrono un grosso polpo ancora vivo e un altro grosso pesce che non co-nosciamo. Ci dispiace molto non accet-

Ombre lunghe all’alba

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km dopo Vila do Conde, il giorno dopo fare Villarinho - Barcelos e poi Barcelos - Vitorino dos Piães cioè Casa Fernan-da, casa consigliata da tanti amici. L’albergue de São Pedro è il primo al-bergue ufficiale del Camminho Portu-gues che incontriamo, da qui in poi non avremo più problemi con l’acco-glienza e in quasi tutte le tappe trovere-mo albergues dell’associazione.

La struttura dell’albergue ricorda molto le nostre cascine del secolo scorso: un’a-ia con attorno case, stalle e ricoveri per attrezzi. Nel prato tavoli e panche in-vogliano i Pellegrini ad un quieto relax. Mi piace molto, a poco a poco si riem-pie di visi nuovi mai visti prima, partiti quasi tutti da Porto. È la loro prima tap-pa ed è molto lunga, arrivano distrutti dalla fatica con i piedi pieni di vesciche e mi vengono alla memoria le nostre prime tappe, quando ancora le gambe non avevano preso il ritmo giusto, la stanchezza dei primi giorni e le vesciche L’hospitalera Maria passa alle cinque per la registrazione, a ritirare i soldi e a mettere il carimbho sulla credenziale, si ferma a chiacchierare un po’ con tutti i Pellegrini poi se ne va.

Usciamo, facciamo un giretto nel picco-lo paese, comperiamo pasta e tonno per la cena e ritorniamo in albergue. Cenia-mo con un gruppo di Pellegrini ciclisti polacchi, molto organizzati, e con un Pellegrino francese con il quale dividia-mo quanto cucinato, lui offre il vino.Ho sonno, la notte scorsa ho dormito pochissimo per colpa di alcune formi-chine che ho visto passeggiare sul mio letto e poi ci siamo alzati alle cinque, per cui alle otto sono a letto e alle otto e cinque, penso, dormo già.

17 maggio 2015São Pedro de Rates - Tamel(km 25,400)

Alle sette siamo già in cammino. Sia-mo circondati da Pellegrini mai visti e anche da una nuova specie: i turigrini. Sono turisti-pellegrini che si ricono-scono perché camminano senza zaino, che fanno portare dal servizo taxi, in-dossano abiti poco appropriati e alcu-ne donne sono addirittura truccate… Sembrano in gita insomma, fanno tap-pe brevi e si fermano spesso ma si sa “il cammino è aperto a tutti e da un millen-

Albergue de São Pedro

Barcelos

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con Ramon che parla abbastanza bene l’italiano, avendo lavorato alcuni anni per una ditta di import-export di Napo-li. Abbiamo visto durante tutta la tap-pa solo altri quattro Pellegrini che però abbiamo perso quasi subito perché an-davano molto veloci. I pellegrini Porto-ghesi ci lasciano perchè devono andare a prendere il pullman per tornare a casa: anche per questa volta il loro cammino è finito.Cerchiamo un posto dove pranzare, vogliamo assolutamente mangiare il pe-

sce…siamo al mare... ma purtroppo la scelta del posto non è delle più azzec-cate, sia per la qualità che per il prezzo. Dopo il caffè però diventa molto diffici-le riprendere il cammino, sono quasi le due e fa molto caldo, nè io nè Stefano abbiamo voglia di rimetterci subito in cammino e decidiamo di fermarci, ci riposiamo nel parco pubblico vicino facendo una piacevole sosta all’ombra. Una volta riposati, visto che la tappa della costa finisce qui per noi, dobbia-mo decidere se arrivare a Villarinho oppure fino a São Pedro de Rates per ricongiungerci al cammino classico portoghese. Non abbiamo guide, solo qualche appunto, e quindi sbagliando optiamo per São Pedro... in pullman.Sbagliamo, perché così facendo non ri-usciamo più a fare le tappe che avevamo intenzione di fare. Avremmo dovuto allungarci fino a Villarinho, sei o sette

Paesino di pescatori

Sosta all’ombra

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Vediamo in lontananza arrivare due persone e subito pensiamo di avere un miraggio: cosa ci fa un ragazzo con lo skate-board e le infradito in un bosco? Si fermano anche loro a riposare e a dis-setarsi. Sono brasiliani, padre e figlio, e stanno facendo il cammino insieme; ap-pena può, spiega il ragazzo, usa lo ska-te-board, poi aspetta che il papà lo rag-giunga. Non hanno lo zaino, perché se lo fanno spedire dal servizio taxi. Sono una bella coppia, c’è molta armonia tra loro: il papà non sembra molto in forma e ap-pare molto stanco, ma il giovane lo aiuta sempre. Ci troveremo per qualche tappa poi non li vedremo più, forse hanno do-vuto interrompere il cammino come ci aveva preannunciato il ragazzo.Arriviamo all’albergue che è bello, pulito e con cucina funzionante. L’Hospitalera, molto gentile, ci porta della verdura ap-pena raccolta nel suo orto, acquistiamo da lei pasta e pomodori e facciamo una pastasciutta.In questo cammino non abbiamo anco-ra partecipato a una cena comunitaria, non abbiamo incontrato albergues che le fanno. Ci manca un po’ la condivisione, così come abbiamo avuto sul cammino francese, dove tutti aiutano e danno una mano agli hospitaleri, solitamente volon-tari, a preparare enormi piatti di pasta-sciutta, paella e insalata. Siamo fiduciosi e speriamo nei prossimi giorni di trovare albergue che ci sappiano dare un po’ di calore pellegrino.Passiamo una serata tranquilla in com-pagnia di Manuel, spagnolo, e di altri pellegrini. Tre ragazzi, anch’essi spagnoli,

rallegrano la serata con la loro simpatia e qualche birra di troppo.Dormiamo tutti nella stessa camerata, abbastanza spaziosa per la verità, ma ab-biamo la sfortuna di avere accanto i ra-gazzi spagnoli che sono andati a dormi-re abbastanza brilli (magari solo un po’ troppo allegri) che si mettono a russare uno più forte dell’altro. I tappi che so-litamente usiamo non servono a niente, Stefano ad un certo punto si alza e va in cerca di un’altra camera e, trovatane una vuota, viene a chiamarmi, così lo rag-giungo e dormiamo tranquilli per il resto della notte.

18 maggio 2015Tamel - Ponte de Lima (km 24,00)

Partenza alle sette, tempo bello, i miei piedi stanno nelle scarpe come in un

Gallo di Barcelos

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nio la più svariata umanità lo percorre, ciascuno cercando, ciascuno perdendo, ciascuno trovando... ”.Verso le undici arriviamo a Barcelos, una bellissima cittadina sulle rive del rio Cáv-ado, famoso per la ceramica e l’artigiana-to locale. Dal ponte trecentesco vediamo le mura che circondano tutta la cittadina.Oggi è domenica e si respira aria di festa, la gente elegantemente vestita passeggia nel grazioso centro che è zona pedonale e il cammino passa proprio da qui. Ci fer-miamo per una sosta ad un bar con i ta-volini all’aperto e osserviamo le persone: c’è calma e quiete, sorridono e sembrano sereni. Si sta svolgendo, nella grande piazza, una caccia al tesoro: tantissimi atleti di tutte le età corrono tenendo in mano la map-pa per individuare i nascondigli, quasi tutti alla base di monumenti storici. Fa parecchio caldo, sudano tanto e l’orga-nizzazione non fa mancare acqua e bibite

fresche ai concorrenti.Poco dopo ci fermiamo in un parco e ci mangiamo un panino. Incontriamo una coppia del South Africa e una coppia del Canada, sono un po’ frastornati e spaesa-ti perché hanno appena iniziato il cam-mino. Loro si fermano a Barcelos, noi proseguiamo, ma ci incontreremo molte volte. Una lunga strada bianca senza traffico ci porta ad attraversare paesi anonimi e senza storia, poi finalmente finisce e at-traverso un sentiero entriamo in un bel-lissimo bosco di eucalipti e betulle.Ci stiamo avvicinando all’Alto da Porte-la (siamo ormai nella verde regione del Minho) e alla lunghissima salita che ci porterà a Tamel, fa molto caldo e abbia-mo bisogno di acqua fresca per cui,pri-ma di prendere la salita, ci fermiamo alla fonte Ferreirinha a dissetarci e riempire le bottiglie, ci togliamo scarpe e calze e ci rinfreschiamo i piedi.

Barcelos, Paço do Condes

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che arrivano fino al fiume ed espongono l’abbigliamento più vario, alimentari, verdure e spezie che non abbiamo mai visto. Sono curiosa e mi fermo ad ogni bancarella, vedo delle ceramiche molto belle, piatti e vasi con i colori e i disegni tipici del Portogallo, ma Stefano scher-zando mi trascina via.Attraversiamo il bellissimo ponte roma-no e subito dopo troviamo l’albergue, ma è ancora chiuso. Ci sono già alcuni Pellegrini in attesa, la fila degli zaini si

allunga sempre più. Ci riposiamo nel bar della piazzetta, dissetandoci con una birra, e anche qui troviamo molti visi nuovi, pellegrini mai visti, ritrovia-mo solo Ivan del Portorico del vecchio gruppo, gli altri per il momento li ab-biamo persi.L’albergue è molto bello situato in un palazzo antico recentemente ristruttura-to e dotato di tutti servizi necessari, dor-mitori molto spaziosi con letti singoli (non a castello) alcuni con armadietto, cucina attrezzata. Dopo la doccia e il bucato andiamo a fare una passeggiata nel piccolo e raccolto centro storico con le sue case antiche dalle bellissime fac-ciate. Ceniamo in un grazioso ristorante sulle rive del rio Lima, poi ci affrettiamo a tornare in albergue perché un forte e freddo vento sta soffiando e sta portan-do dei brutti nuvoloni neri.In attesa dell’apertura

Ponte de Lima

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paio di pantofole, le vesciche sono solo un lontano ricordo. Stiamo bene, incre-dibilmente bene, magari stanchi ma la stanchezza dopo la doccia e una buona dormita se ne va. Le gambe vanno a me-raviglia, facciamo in media venticinque chilometri al giorno, non sempre facili, eppure il nostro umore è sempre alto, sempre pronti a cogliere ogni lato po-sitivo, non ci lasciamo abbattere dalle difficoltà, affrontiamo tutto con molta serenità.Sono venti giorni circa che camminia-mo, ma ogni giorno è diverso dal prece-dente: non subentra mai l’abitudine che porta la noia o il disinteresse perché il Cammino è nuovo ogni giorno, è nascere ogni giorno, è una scoperta ogni giorno. E ricomincia ogni giorno.Cambia il paesaggio, si fa tutto molto più verde, si sente l’acqua gorgogliare in decine di ruscelli, di fontane, di grandi vasche nei giardini. Il sentiero, a volte, diventa esso stesso un ruscello e si deve passare nei prati accanto. La terra, mol-to fertile, è quasi nera.Dopo circa dieci km arriviamo a “casa Fernanda”; abbiamo sentito parlare molto bene della signora Fernanda che, con il marito e la figlia, accoglie i vian-

danti nella propria casa con grande ge-nerosità e spirito pellegrino: amici che si sono fermati ci hanno raccontato di cene comunitarie e di momenti di con-divisione molto importanti.Sono solo le nove, è troppo presto e non ci possiamo fermare, e con dispiacere decidiamo di proseguire.La tappa è molto bella, quasi intera-mente su strade sterrate, attraversiamo paesini agricoli, interamente circonda-ti da campi coltivati a patate, piante di pomodori appena piantati, vigneti im-mensi. Negli orti gli immancabili Grelos, po-trei chiamare il Portogallo il paese dei Grelos! Sono verdure molto simili alle nostre verza, usati per fare la “Sopa ver-de” altrimenti detta in Spagna “Caldo verde” o “Caldo Gallego” in Galizia: un minestrone con patate e altre verdure e, vi assicuro che, dopo una giornata passata a camminare, magari sotto la pioggia o con il freddo, un piatto cal-do di sopa verde è generalmente molto gradito. Non esiste casa senza orto in Portogallo e non esiste orto senza grelos.Costeggiamo il rio Lima, lo sentiamo ma non lo vediamo perché è nascosto da un fitto filare di alberi e sotto un lun-go pergolato di viti, per la verità piut-tosto rinsecchite, arriviamo cantando a Ponte de Lima, qui vediamo in tutto il suo splendore il rio Lima, attraversato dal lungo ponte romano, e poco più avanti il centro città.Ci troviamo nel bel mezzo di un enor-me mercato molto variopinto, con tre o quattro file di bancarelle multicolori Casa Fernanda

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sbona, i genitori da Porto. Hanno zaini che pesano circa trenta kg ma li portano come se pesassero tre kg e fanno le tap-pe quasi di corsa, con poche soste per avere tutto il pomeriggio per riposare. Gli olandesi volanti, noi li chiamiamo cosi, sono simpatici e molto legati fra loro e ci troveremo spesso a fine tappa, alloggeremo negli stessi albergue e bene o male arriveremo insieme a Santiago.All’uscita di un bosco troviamo l’alber-gue, molto bello. I due ragazzi molto giovani che lo gestiscono ce lo mostra-no orgogliosi: ha grandi spazi comuni, giardino con tavoli, sedie e sdraio, cu-cina, lavadora e secadora e con solo tre euro facciamo un mega lavaggio con relativa asciugatura.Purtroppo c’è una sola camerata con una trentina (o più, non mi ricordo esattamente) di posti letto, a castello. La

luce non è ancora spenta che già si sen-te russare… Ilarità generale ma questa notte non si dorme!Andiamo a cena nell’unico ristorante del posto dove conosciamo Cinzia e Fiorenzo, coniugi di Como partiti da Porto, finalmente si parla italiano: è da parecchi giorni che non vediamo nostri connazionali e con il poco inglese che conosco io e con il poco francese che conosce Stefano a volte facciamo fatica a dialogare e comunicare con i Pellegri-ni di altri paesi, quindi quando possia-mo parlare la nostra lingua ne siamo ben felici.

20 maggio 2015Rubiães - Tui (km 20.00)

Fa freddo quando partiamo e non sono del solito umore perché questa notte non sono riuscita a chiudere occhio: il roncadores professionista ha colpito pe-sante e ha tenuto sveglia quasi tutta la camerata, anche i tappi non sono serviti a nulla. È una bella tappa, percorso piacevole con tanti boschi, ruscelli e per la prima volta tantissime ginestre.Con noi camminano Manuel, giova-ne portoghese, e Jorghe, tedesco di 73 anni, il roncadores professionista che si è scusato per averci tenuto svegli la not-te scorsa.È un brav’uomo Jorghe, cammina qua-si sempre da solo, fa lunghe soste ma chissà come lo troviamo sempre avanti a noi e quando arriviamo all’albergue è

Salita all’alto de Portela Grande

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19 maggio 2015Ponte de Lima - Rubiães (km 18.00)

Leggiamo sulla guida che la tappa di oggi è forse la più bella e la più faticosa ti tutto il cammino portoghese; quando partiamo soffia un vento gelido e dei nuvoloni scuri non fanno presagire nulla di bello, per cui ci mettiamo la cuffia, giacca e guanti, co-prizaino e via.Alle cinque alcuni pellegrini si alzano e ci svegliano, noi partiamo alle 6,30 dopo aver fatto una tranquilla colazione. Noto diverse persone con un’aria spaesata e pre-occupata perchè hanno saputo della diffi-coltà della tappa odierna e temono di non riuscire ad arrivare a Rubiães. Vien voglia di aiutarli dando loro alcuni consigli, con discrezione però, perché si sa che il cam-mino è fatto di disagi e difficoltà proprio come la vita quotidiana.È una tappa corta e quindi ce la pren-diamo con calma: entriamo oggi nella valle del Coura fra antiche strade, bo-

schi immensi di eucalipto e felci e gran-di vigneti. La salita all’alto de Portela Grande è così ripida e rocciosa che ci toglie il respiro, ma fortunatamente è alternata a brevi tratti in piano che ci consentono di riprendere fiato in vista di quella successiva. Continuiamo così per alcune ore, siamo stanchi e ci fer-miamo a riposare un po’ in un bosco di alte conifere, ai cui tronchi sono stati at-taccati dei sacchetti per la raccolta del-la resina che periodicamente vengono svuotati. Una volta in cima rimaniamo meravigliati dal paesaggio che vediamo ai nostri piedi: la valle del Minho, rio che separa i due Stati, e la vicinanza con la Spagna ci fa sembrare Santiago più vicino.Alle nostre spalle vediamo arrivare un piccolo gruppetto di Pellegrini con zai-ni enormi e passo molto veloce, li co-nosceremo in albergue più tardi: sono olandesi, padre, madre spagnola e il fi-glio ventenne. Il ragazzo è partito da Li-

Partenza all’alba

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renità e gioia, ancora una volta insieme a condividere una bellissima esperienza.Entriamo finalmente a Tui, città antica dalle mura che sono le vestigia di un passato militare, sede vescovile fin dal V secolo e questo spiega la grande catte-drale-fortezza del 1120.Seguendo la freccia gialla percorriamo stradine e vicoli nel piccolo borgo anti-co, ci attardiamo a guardare meraviglia-ti ogni palazzo e ogni casa, piccoli nego-zi di artigiani intenti al proprio lavoro espongono la loro merce su tavolini all’esterno. È una cittadina accogliente e vivace visti i molti ristoranti e locali già apertiArriviamo all’albergue municipal dove ritroviamo Shirly e Cristian, ci piace molto ed è gestito da Teresa, hospitalera molto energica ma simpatica, fonte ine-sauribile di notizie fresche del cammino che faremo nei prossimi giorni.È proprio vicino alla bellissima Catte-drale, dalla terrazza dove stendiamo il bucato allungando la mano la si potreb-be quasi toccare. È commovente quanto è bello questo momento, mi isolo per assaporare in tutto il suo splendore il magnifico paesaggio che vedo laggiù in fondo avvolto dalla luce del tramonto:

le mura della città di Tui, il grande fiu-me Minho e le mura della città di Va-lença… Il Portogallo si sta allontanando e la Spagna è qui... Nel cielo nuvoloni scuri non lasciano presagire niente di buono, che sia vero che in Galizia piove sempre?

21 maggio 2015Tui-Mos (km 24.600)

Partiamo alla solita ora, la città è ancora addormentata e la giornata si preannun-cia bella.Partiamo senza fare colazione, sbadata-mente non abbiamo preso niente sicuri di trovare dei bar aperti alla nostra par-tenza, ma come al solito non facciamo conto del piacere perverso dell’Addetto A Tracciare Cammini (ahhhh): questo “Signore”, ormai l’abbiamo capito, fa di tutto perché il povero Pellegrino non tro-vi molti comfort sul Cammino. Mi spie-go meglio: se nelle vita cosiddetta reale devo andare in un determinato posto, mi sembra ovvio che percorro il tragitto più breve e più comodo, giusto? Sul Cammi-no invece vige la regola inversa: per arri-vare in quel determinato paese non pren-derai la strada più comoda e più ovvia ma prenderai il sentierino che passa su quella collina, che passa sopra quel pon-te, che passa davanti a quella chiesa, che passa in quel bosco ecc. ecc. allungando sempre di qualche km !Ma questo è il bello del Cammino vero? Camminare, camminare quotidiana-mente per arrivare alla meta: Santiago.

Tui e la Cattedrale

già lì seduto che ci aspetta con una birra in mano. Conosce molte lingue, tra cui l’italiano e il russo, e ci racconta che a scuola il russo era obbligatorio, l’inglese vietato ma lui l’ha imparato di nascosto, anche dai genitori. Abitava nella Ger-mania dell’Est, al di là del Muro.Questa di oggi è una tappa importante: lasciamo il Portogallo ed entriamo in Spagna, a Tui.Mi sono piaciuti il Portogallo e il cammi-no portoghese.

Una cara amica, quando le avevo spiega-to la mia perplessità sul cammino por-toghese, mi aveva detto queste parole: “Il portoghese non si manifesta subito, non è un cammino da colpo di fulmine, va un po’ sofferto per evitare gli spigo-li, ma è leale e a poco a poco appare per quello che è: prendere o lasciare”. Non avevo idea di cosa volesse dire, ma l’ho capito giorno dopo giorno: pian piano ho incominciato ad amare il Portogallo e le sue asperità, i suoi abitanti tanto schi-vi quanto gentili. Ora mi risulta difficile staccarmene e ne ho già nostalgia.Arriviamo verso le undici e trenta a Va-lença do Minho con Manuel, Jorghe, Fiorenzo e Cinzia. Facciamo una spesi-

na al supermercato e insieme ci fermia-mo nel parco pubblico poco prima della Portas do Sol. Soffia un vento freddo e nel cielo compaiono grossi nuvoloni scuri per cui non ci attardiamo molto, mangiamo in fretta i nostri panini e ri-partiamo.Valença è un antica cittadina, raccolta all’interno di bastioni settecenteschi, noi percorriamo solamente la Rua Di-reita, seguendo la freccia gialla, e velo-cemente raggiungiamo il confine e il grande fiume Minho che separa le due città e i due stati e, attraversando il lun-go ponte di ferro, entriamo in Spagna. Siamo felici, non ci sembra vero di esse-re arrivati in Spagna!

La Spagna... sembrava lontanissima quando venti giorni fa abbiamo inco-minciato a camminare, un traguardo ir-raggiungibile... Lisbona, Fatima, Coim-bra e Porto sembrano così lontani, i km che abbiamo fatto sono molti.Ci guardiamo e quasi non ci crediamo. Non è stato difficile, ci siamo presi tut-ti i giorni che volevamo, abbiamo fatto tutte le soste necessarie, fortunati anche con il tempo, un passo dopo l’altro ci ha permesso di arrivare fino a qui con se-

Confine Portogallo-Spagna

Le mura di Valença

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buono mai mangiato, il tutto annaffiato con un boccale di birra per me e un bic-chiere di vino tinto per Stefano.Mi piace molto quando, seduti per una sosta a un bar, vediamo arrivare gli amici pellegrini e facciamo loro spazio per bere qualcosa insieme o, viceversa, trovare loro già seduti che ci stanno aspettando: sono momenti di condivisione importante an-che questi.Finalmente arriviamo all’albergue di Mos, l’hospitalera è nel suo ristorante di fronte e ci mette il timbro sulla credenziale. L’im-pressione che abbiamo è che sia molto più brava a condurre, con il figlio, il ristorante che l’albergue, infatti lo troviamo molto trascurato e mi chiedo se l’hospitalera di Tui, Teresa, sia al corrente dello stato di trascuratezza in cui versa questo albergue: lei stessa infatti, che conduce l’hospitale di Tui come un generale in caserma dove

tutto è in ordine e tutto fila liscio, ci aveva consigliato l’albergue di Mos.Doccia, bucato e riposino poi vado nel piccolo paesino a cercare una parrucchie-ra perchè ho bisogno di tagliarmi i capelli. Lo trovo proprio nella piazzetta, un picco-lo salone, e molto gentilmente mi fa pure lo sconto perché sono una pellegrina.Andiamo a cena con Cristian e Sherly e poi a nanna presto perché domani ci aspetta una tappa piuttosto lunga.

22 maggio 2015Mos - Pontevedra (km 31.00)

È la prima volta che partiamo così pre-sto, alle sei meno un quarto siamo già in strada ed è ancora buio, ma i km da fare oggi sono tanti e incomincia a fare caldo di giorno per cui pensiamo che partire poco dopo l’alba ci permetterà

Variante O’Porrino

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Subito dopo la prima freccia, il percorso ci porta immediatamente fuori le mura della cittadina ma ancora tranquilli confidiamo di trovare un bar aperto… Niente, lo troveremo solo dopo tre ore! Un dedalo di vicoli e stradine ci im-mette in boschi e prati. Su consiglio di Teresa, l’hospitalera di Tui, cerchiamo e troviamo, non senza fatica, la variante boschiva per O’Porrino che ci permet-te di evitare i famigerati 6 km di zona industriale... pellegrini che l’hanno fatta ci diranno che è orrenda!Le segnalazioni per le varianti sono spesso bruciate e cancellate dai ristora-tori del poligono sul percorso classico, infatti è guerra tra l’associazione “amici del cammino” che dipinge le frecce e i ri-storatori che le cancellano, pensando solo

al proprio profitto. Sulla variante a poco a poco ci ritroviamo con gli amici. È un bellissimo percorso, attraversiamo boschi, piccoli ruscelli so-vrastati da ponticelli, sentieri larghi come strade che fanno da cornice a piccole cap-pelle e cruceiro antichissimi. Questo trat-to è sicuramente tra i più belli fatti fino ad ora.Cammino a fianco di Cristian, amico te-desco. Abbiamo fatto molte tappe insie-me ma non abbiamo mai parlato tanto: è un ragazzo molto riservato ed io normal-mente non sono invadente, anzi, e quindi ho sempre rispettato la sua voglia di stare da solo, ma oggi ha voglia di parlare e mi racconta molte cose di sé (parla abbastan-za bene l’italiano).È infermiere e ha 35 anni, ha conosciuto il cammino tramite una cara amica che si ammalò molto gravemente e, un po’ per promessa un po’ per curiosità, intrapre-se il cammino francese dopo che la cara Amica se n’era andata. Ci commuoviamo entrambi quando dice che la ringrazia tut-ti i giorni per il dono che gli ha lasciato, e che camminare gliela fa sentire ancora molto vicina, che lo sostiene sempre nei momenti difficili e che la porterà sempre con sé in qualunque cammino farà. È un bravo ragazzo e merita che la vita gli porti un po’ di serenità. Dopo tre ore di cammino dove non in-contriamo nulla se non qualche piccolo paesino dove non esiste il più piccolo ne-gozio/bar, finalmente arriviamo a O’Por-rino e ci fermiamo tutti al primo bar-ta-verna-trattoria che incontriamo dove prendiamo il boccadillo più grande e più Segnalazioni della variante

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re all’interno e una signora molto gen-tilmente lo fa accomodare e gli offre un succo e un panino che lui rifiuta perchè ha fatto da poco colazione, ma la signo-ra insiste dicendogli che lo potrà man-giare più tardi: davvero molto gentile e carina la signora.Oltre la piccola città proseguiamo su tranquilli saliscendi fino all’Alto de Lombra dove, da uno splendido bosco di pini e eucalipti, iniziamo la nostra discesa verso Pontevedra, per la verità ancora piuttosto lontana.Siamo ammirati dallo spettacolo che ve-diamo in lontananza: le Rias Baixas di Pontevedra, piccole valli fluviali coperte dal mare. Passiamo nel piccolo paesino di Arcade, centro famoso per la pregiata produzione di ostriche, e Stefano lancia l’idea di fare un’altra colazione, questa volta a base di ostriche, ma nessuno ne ha voglia a quest’ora del mattino e lo

trasciniamo via ridendo.Sotto un sole implacabile, ma fortuna-tamente arieggiato, arriviamo infine a Pontevedra. Pochi km prima notiamo dei cartelli in-formativi che indicano una variante che costeggia il rio Verdugo. Sbadatamente non ci soffermiamo molto ad osserva-re la piantina e, tra scegliere l’incerto e seguire la vecchia e fidata freccia gialla, optiamo per la freccia...sbagliando! Gli amici che hanno fatto la variante in-fatti ci racconteranno che è bellissima, in mezzo al verde, fresca e ombreggiata mentre noi, lungo la Nazionale traffi-catissima senza un piccolo albero per regalarci un po’ di ombra, arriviamo fi-nalmente all’albergue di Pontevedra.Troviamo l’albergue molto accoglien-te, pulito e ordinato, con tanti spazi in comune e un bel prato molto curato. Purtroppo c’è solo una camerata molto

L’albergue di Pontevedra

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di fare più strada con il fresco. Cristian e Sherly ci distanziano quasi subito, Jorghe invece resta dietro di noi ma tanto sappiamo che ci raggiungerà e supererà; la famigliola degli olandesi volanti dormiva ancora quando siamo partiti ma sicuramente ci raggiungeran-no e verremo sorpassati anche da loro. È buio quando prendiamo la prima sa-lita mozzafiato, con la pila sulla fronte ne affrontiamo di seguito altre due ve-ramente dure. Incontriamo a lato della strada un bellissimo cruceiro del 1700 e posti attrezzati per pic-nic, poi lunghi sentieri in terra battuta ci portano nei bellissimi boschi in cima alla collina a Santiaguino de Antas dove piano piano il cammino incomincia a scendere.Seguendo le frecce ci avviciniamo a Re-dondela, conosciuta anche come la città dei viadotti data la quantità di ferrovia-

rie sopraelevate che la attraversano; il primo che vediamo entrando, il viadot-to Floriano, rosso e in disuso, collegava la prima linea Madrid-Portogallo ed è stato dichiarato patrimonio storico- ar-tistico.Arriviamo a Redondela alle 8.30 circa dove nell’unico bar aperto ritroviamo tutti gli amici e tantissimi Pellegrini mai visti prima che molto probabilmente iniziano qui il loro cammino.Dopo aver fatto una buona colazione ripartiamo ma la cittadina è talmente carina che perdiamo un po’ di tempo con il naso all’insù curiosi di conoscerla: passiamo accanto alla Iglesia de Santia-go con la caratteristica statua del Santo Matamoros, che dal tetto abbraccia la piazza, e poi sbuchiamo in plaza da Tor-re sulla quale si affaccia l’albergue.Stefano si affaccia alla porta per guarda-

Viadotto a Redondela

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23 maggio 2015Pontevedra - Variante Espiritual1a tappa (km 20,00)

Da alcuni giorni abbiamo un nuovo amico: un bellissimo falco pellegrino.Compare sempre verso mezzogiorno e ci accompagna fino alla fine delle tappa, non sappiamo se sia veramente un falco pellegrino, per la verità non sappiamo neanche se sia un falco o un nibbio o un biancone o una poiana, ma non ha importanza perchè noi abbiamo deciso che lui è il nostro amico Falco Pelle-grino. Come già detto compare verso mezzogiorno, compie ampi giri concen-trici sulle nostre teste, si allontana per un po’, noi sorridendo diciamo che va a indicare la strada a qualche altro pel-legrino, poi ritorna e per tutto il tempo vola sopra di noi fino a quando, in pic-

chiata, non ci mostra la direzione e la fine della tappa e poi sparisce per ricom-parire il giorno dopo puntuale. Vabbè, lo sappiamo che ci vuole tanta fantasia, che il falco sta facendo solo quello per il quale è stato creato e cioè volare, ma è bello crederci, non ci costa niente e noi ci crediamo!Questa mattina inizia per noi una nuo-va avventura e sfida: lasciamo il classico cammino portoghese per fare tre giorni sulla Variante Salnes detta anche Espi-ritual.Non è molto conosciuta, infatti tutti i nostri amici proseguono sul cammino classico e ci diamo appuntamento a Santiago tra quattro giorni.Ci incamminiamo verso le sette e tren-ta, sono già partiti quasi tutti e noi ce la prendiamo comoda; riattraversiamo tutta la città che, con negozi e bar quasi

Ponte do Burgo sul Rio Lérez

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grande, con più di trenta letti che saran-no molto presto tutti occupati, anche se devo dire che abbiamo dormito ab-bastanza bene nonostante Jorghe che ci dormiva accanto. L’albergue è distante dal centro circa 1.300 mt, tanti amici hanno preferito dormire là ma noi ci fermiamo molto volentieri qui.Dopo doccia e bucato andiamo alla sco-perta di Pontevedra, capitale del cam-mino Portoghese in Galizia. La cittadi-na ha visto passare nei secoli migliaia di pellegrini diretti a Santiago, crocevia obbligato per chi proveniva dal Porto-gallo, e sono tanti i segni che ricorda-no il legame tra i Pellegrini antichi e la città. Mi piace subito moltissimo con la sua aria antica e nello stesso tempo vivace, viva, piena di gente, soprattutto giovani e famiglie che passeggiano nelle piazze e sotto i portici.Al centro della piazza de la Peregrina sorge l’omonima chiesa, consacrata alla Vergine patrona della provincia e del Cammino Portoghese, dalla pianta a forma di conchiglia. Entriamo e nella piccola e raccolta chiesa raccomando e ricordo alla Vergine tutte le persone a cui voglio bene, i miei figli e le loro fa-miglie, i nostri cari che non ci sono più.In particolare a quest’ultimi va un rin-graziamento speciale per l’aiuto e il so-stegno che mi danno nei momenti di maggior stanchezza e sconforto, a loro chiedo forza e sostegno e li sento vicini, sempre pronti a prendere la mia mano e ad aiutarmi a superare le tante difficoltà che giorno dopo giorno incontro.La mia credencial è quasi finita e quin-

di decido di prenderla nuova all’interno della chiesa, non la userò ma sarà tra i ricordi più cari che porterò a casa.Gironzoliamo ancora un po’, incontria-mo gli amici e poi prendiamo un po’ di chorizo, del pane e frutta e torniamo all’albergue.Chiediamo all’hospitalero informazioni sulla variante Espiritual, il ragazzo molto gentile ci dà tutte le informazioni, le car-tine con le mappe della variante Salnes e telefona all’hospitalero di Villanova per prenotarci il battello per poter risalire l’estuario del rio Ulla fino a Pontece-sures-Padron da dove incontreremo di nuovo il classico cammino Portoghese.

Chiesa della Vergine Peregrina

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tare a casa la biancheria lavata. È strano, non ricordo la fatica che io facevo, men-tre mi ricordo molto bene le mani rosse e ghiacciate delle mie sorelle.Questo cammino mi riporta molte vol-te a ripercorrere il lungo cammino della mia vita, episodi e situazioni evocano in me stralci di vissuto sepolto da anni, di-menticati in chissà quale anfratto della memoria. Penso che, quando andiamo in cammino, tutto il nostro essere sia proiettato ad accogliere le emozioni, le sensazioni, i profumi, diventiamo più sensibili e più ricettivi e di conseguenza le nostre emozioni trovano spazio per riemergere in assoluta libertà.In un campo arato di fresco notiamo una vecchia signora che, avanzando pas-so dopo passo, lascia cadere dalla mano un chicco di mais, che tiene racchiuso nel suo grembiule, poi lo copre imme-diatamente di terra con un movimento veloce del piede. Seminare a “mano” è un antico gesto, quasi arcaico, dimenti-cato dalla nostra società: rimaniamo per un po’ a guardare affascinati la vecchia signora, la quale, sentendosi osserva-ta, ci saluta con un cenno del capo. Ci guardiamo, ci sorridiamo e ce ne andia-mo, convinti ancora una volta di aver assistito a qualcosa che solo qui avrem-mo potuto trovare: il passato sembra ri-tornare in questa terra antica e magica e noi ci siamo dentro completamente.Riprendiamo il percorso in discesa fino alla strada sulla costa, dove un piccolo sentiero ci porta sulla spiaggia con una panoramica vista sul promontorio, e da lì raggiungiamo il magnifico borghetto

di mare: Horreos de Combarro. Nel centro sportivo vicino si sta giocando una partita di calcio tra piccolissimi at-leti e famiglie intere sulle gradinate in-citano i loro giocatori. Il bar del centro invita a una sosta.Riprendiamo il cammino e, una vol-ta lasciato il piccolo borgo, la strada diventa una dura salita piuttosto im-pegnativa. Faticosamente avanziamo, passo dopo passo, decisamente non ce l’aspettavamo così dura, ma finalmente arriviamo ad un punto panoramico at-trezzato con una terrazza di legno da cui si gode una magnifica vista della baia di Pontevedra. Ci riposiamo e godiamo dello spettacolo che il posto offre, man-giando la nostra impanada e un po’ di frutta.

Saliamo ancora e lentamente arriviamo in vetta, dove ancora una volta osser-viamo le Rias, il mare che si insinua tra le dolci valli, complice una giornata di sole spettacolare.Arrivano e ci sorpassano tre pellegrini tedeschi che sono e saranno gli unici che faranno la variante come noi. Finalmente verso le tre arriviamo al Santuario di Almenteira, monastero del

Le Rias de Pontevedra

tutti chiusi, e quindi deserta, è ancora più bella e ne approfittiamo per vedere meglio il centro storico.Un sentimento di empatia mi riempie il cuore, mi sono sentita subito accolta a Pontevedra, camminando sotto i por-tici, nelle stradine e viuzze, avverto che un po’ mi appartiene, mi è vicina, e ho come la sensazione di averla già vista e visitata... magari chissà, anche nella mia precedente vita sono stata pellegrina e proprio qui a Pontevedra mi sono fer-mata... Eleggo Pontevedra mia città pre-ferita dell’intero cammino Portoghese e mi dispiace molto lasciarla ma promet-to a me stessa di ritornarci.Seguendo le conchiglie di metallo in-castonate nei marciapiedi arriviamo al ponte do Burgo sul rio Lérez. Ci lascia-mo trascinare dal fragrante profumo di pane appena sfornato e acquistiamo nel piccolo laboratorio artigianale pane e impanada, una sorta di torta salata con ripieno di tonno e verdure, per il pranzo. Dopo circa un’ora arriviamo al bivio dove, secondo la guida in nostro pos-sesso, dobbiamo girare a sinistra per la variante. Siamo piacevolmente sorpresi, nonostante le mie paure, di constatare che ci sono dei cartelli informativi mol-

to esaurienti. Incontriamo la prima di una lunga serie di tabelle di segnalazio-ne tipiche di questo percorso: una tavo-la di legno con una cappasanta bianca sovrapposta da una croce rossa e a fian-co una piccola freccia gialla. Prendiamo la piccola strada a sinistra e d’incanto spariscono tutti i Pellegrini. Rimania-mo soli. Piccoli paesini con poche case e gli im-mancabili orti, stalle e grandi campi coltivati a frumento, tanti vigneti e bo-schi molto belli ci accompagnano fino al Monastero del Poio in una bella pas-seggiata con dolci saliscendi.Entriamo a visitare il Monastero, un esempio di Santuario Barocco molto bello, oltre il chiostro e la chiesa si trova un bellissimo mosaico che rappresenta il cammino francese, percorso da Re e Papi fin dall’antichità. All’esterno ammiriamo il più grande horreo della Galizia: gli horreos sono depositi di cereali costruiti lontani dal suolo, su palafitte, per evitare l’umidi-tà e i piccoli roditori. Ogni famiglia ne possedeva uno, e ancora oggi se ne ve-dono di antichissimi in questa regione.Ripartendo vediamo donne che lavano i panni nei lavatoi pubblici e nel frattem-po si intrattengono in lunghe e piace-voli chiacchierate. Questo modo antico di lavare i panni mi riporta alla memo-ria piacevoli ricordi sepolti e riaffiorati come d’incanto: mi vedo aiutare le mie sorelle a portare i panni da lavare nel la-vatoio vicino a casa ed io, essendo la più piccola, non arrivavo neanche all’altezza del lavatoio, e avevo il compito di por-Tabella di segnalazione della variante Espiritual

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ci si aspetta quasi di vedere avanzare sul sentiero cavalieri con armature e spade che indossano lunghi mantelli con cro-ci rosse fiammanti pronti a difendere il Pellegrino dai briganti.Siamo incantati, la discesa dura circa due ore ma non ci accorgiamo del tem-po che passa perchè è come se si fosse fermato in quella magica valletta e noi non abbiamo fretta di lasciarla.Quando arriviamo in fondo quasi ci dispiace ma una bella sorpresa ci aspet-ta: il percorso continua, dopo un breve tratto di asfalto, lungo una pista ciclo-pedonale bellissima che costeggia tutta il rio Lima, è una zona splendida con paesi urbani raccolti attorno al grande fiume.È domenica, ci sono tantissime perso-ne che passeggiano, vanno in biciclet-ta e fanno jogging. Non vedono spesso Pellegrini, ci guardano strano ma anche con simpatia. Incontriamo una coppia con un cagnolino che mi ricorda molto Jackie, la mia cagnolina morta tre anni fa, così ci fermiamo e me lo coccolo un po’. I due ragazzi ci fanno un sacco di domande e quando gli diciamo da dove veniamo e dove andiamo ci guardano esterrefatti, poi si congratulano con noi

e ci raccomandano un abbraccio all’A-postolo Giacomo.Tra una natura incontaminata e un per-corso naturalistico senza uguali prose-guiamo in direzione del mare che si in-travede in fondo alla vallata successiva.Incrociamo una signora con sottobrac-cio un fascio di rami giovani di eucalip-to, ed io incuriosita le chiedo a che cosa le servono: ci spiega che le foglie giovani di eucalipto gli servono per fare un de-cotto antiinfiammatorio per un dolore che la tormenta alla spalla. Ci racconta poi degli innumerevoli pregi di questa straordinaria pianta: da antibiotico na-turale, a rimedio per il raffreddore, mal di gola, tosse e tanti altri ancora.Ci invita a casa sua, ci offre acqua fresca e caffè e si rammarica di non avere pane fresco da offrirci. Ringraziamo la gentile signora e ripartiamo.Proseguiamo nei boschi di eucalipto e un largo sentiero ci porta direttamente al mare, sulla spiaggia. È una splendida giornata, il cielo è blu e ci sono tantissi-me persone che prendono il sole e bam-bini che giocano.Facciamo, finalmente, quello che so-gniamo da ore: ci togliamo scarpe e calze e sguazziamo a riva. Che bello! l’acqua è limpida e fresca potrei starci per ore.Dobbiamo però ripartire e andare alla ricerca dell’albergue. Dopo aver attra-versato il lungo ponte pedonale, seguen-do la freccia gialla arriviamo in breve tempo ad un palazzetto dello sport. È chiuso, un cartello avvisa di telefonare all’hospitalero ma dovremo aspettare

Mulino sulla Ruta

secolo XI, e il gestore del bar vicino al santuario si offre di telefonare all’hospi-talero, che arriva poco dopo. L’albergue è a circa 500mt, una villetta carina vici-na alla scuola che la comunità usa anche per le più svariate attività.L’hospitalero Victor ci mostra molto or-gogliosamente la casa: io e Stefano abbia-mo una camerata tutta per noi, addirittu-ra bagno e doccia personali, mentre i tre tedeschi prendono l’altra camera. Dopo aver sbrigato le solite incombenze e aver riposato un po’ andiamo al monastero con la volontà di visitarlo. Lo troviamo chiuso ma la chiesa è aperta, ed entriamo anche nel negozietto di ricordi dove una suora ci mette il timbro sulla credenziale.Andiamo a cena nell’unico ristorante del piccolo paesino, ceniamo con polpo alla gallega e ci beviamo un’ottimo Albariño: ottima serata! Cerchiamo di fare un po’ di conversazione con i tre Pellegrini tede-schi ma parlano solo la loro lingua e noi, è noto, il tedesco non lo conosciamo.Sono persone oltre la mezza età e piut-tosto chiuse e timide ma bravissime e gentili, soprattutto con me, unica donna del gruppo.Complice la bottiglia di Albarigno ci ad-dormentiamo quasi immediatamente. A metà notte si apre bruscamente la porta e ci svegliamo di soprassalto, entra un uomo con una torcia in mano che illu-mina a giorno la grande stanza come se cercasse qualcosa... chiede se siamo pel-legrini, poi si scusa per averci svegliato e se ne va raccomandandoci di chiudere la porta a chiave. Mah!!

24 maggio 2015Monasteiro de Almenteira- Villanova de Aurosa (km 25.500)

Al mattino lasciamo l’albergue dispia-ciuti per non essere riusciti a salutare Victor ma gli lasciamo un affettuoso saluto e ringraziamento sul libro degli ospiti.Troviamo subito il sentiero per la Ruta de Pedra e da Agua, che scende nel fit-to bosco costeggiando il torrente ricco d’acqua e ricco di cascatelle: la ruta è uno dei motivi per il quale abbiamo de-ciso di fare questa deviazione.

La luce del mattino filtra prepotente ad illuminare il sentiero, a poco a poco schiarisce, il sole si infila attraverso gli alberi e la bellezza del posto ci lascia senza fiato.La piccola valletta è costellata da deci-ne di vecchissimi e piccoli mulini ad acqua in alcuni dei quali c’è ancora la piccola macina, in altri invece sono an-cora visibili le opere di derivazione e adduzione dell’acqua. Sembra il bosco delle fiabe, dove fate e gnomi giocano a fare i dispetti ai Pellegrini o meglio,

Ruta de Pedra e da Agua

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ma nonostante il vino e la birra bevuti non riusciamo a comunicare, però non so come riusciamo ad essere d’accordo sul fatto che abbiamo mangiato poco e pagato tanto.Tornando in albergue guardiamo am-mirati e incuriositi il fenomeno dell’alta marea che sta sommergendo quella che noi pensavamo fosse spiaggia, le picco-le barche prima appoggiate a terra ora galleggiano sull’acqua, il ponte poco distante che poco prima aveva l’acqua che a malapena bagnava il fondo, ora ha l’acqua che quasi sfiora il ponte stesso. È un fenomeno veramente affascinan-te l’abbassarsi e l’alzarsi delle maree, su queste coste provoca un’ampia oscilla-zione del livello del mare, ogni dodici ore di circa quattro metri ci racconta Joachin. C’è molto vento e ci ritiriamo velocemente.

25 maggio 2015Vilanova de Aurosa - Pontecesures - Padron - Teo (km 13.00)

Oggi speriamo con forza che il vento si calmi. Il vento, questo elemento prezio-so, è stato una costante del nostro cam-mino: ci ha aiutato a superare momenti di caldo insopportabile, ha reso le no-stre giornate più piacevoli e più fresche, ci ha tenuto compagnia nelle lunghe tappe solitarie con il suo brusio, ha por-tato lontano nuvoloni che altrimenti avrebbero portato pioggia. Anche se a volte eccessivo, da noi è sempre stato ben accettato e a volte benedetto.

Ma oggi no, oggi speriamo con forza che il vento si calmi e ci permetta di salpare per Pontecesures perché oggi è il giorno del trasferimento in gommo-ne da Vilanova a Pontecesures. Joachin ci spiega che, se il vento è troppo forte, il gommone della protezione civile non può partire come è successo nei giorni scorsi e i pellegrini sono dovuti andare a piedi o in pullman. Non sono certa-mente questi trenta km a preoccuparci, ma questa piccola traversata è un altro dei motivi per il quale abbiamo fatto la variante.La partenza è prevista per le nove, aspet-tiamo infreddoliti sul molo con gli ami-ci tedeschi, intanto osservo il lavoro di trasbordo da una nave di raccolta cari-ca di cestoni pieni di mitili ad un’altra pronta a salpare in chissà quale porto del mondo. Arriva Joachin e ci comu-nica che si può partire: evviva! Il vento è quello giusto e l’alta marea è pronta, lui pilota con destrezza la piccola bar-ca: usciti dal porto punta verso il mare aperto per farci vedere gli allevamenti di mejilló (cozze) che in questa zona sono presenti insieme a quelli di navajos (ca-nolicchi), considerati tra i più pregiati al mondo. Le acque limpide e cristalline

La barca della Protezione Civile

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fino alle quattro e sono solo le tre, quin-di nell’attesa prendiamo una pizza mol-to strana alla pizzeria di fronte.Arrivano anche i nostri amici Pellegrini tedeschi e insieme aspettiamo le quat-tro.Siamo seduti sul muretto e ci stiamo riposando quando passa un signore che incuriosito ci chiede da che Paese arriviamo. Dall’Italia, gli diciamo, e sorprendentemente si mette a parlare in perfetto italiano e a raccontarci la sua vita. Emigrante, come milioni di suoi connazionali, ha vissuto la sua vita su piattaforme petrolifere in mezzo al mare o in mezzo ad oceani, tornando a terra solo ogni tre mesi, dopo giornate scandite da duro lavoro a contatto con persone provenienti da tutto il mondo, tra cui tanti italiani: grandi lavoratori, afferma, onesti e leali. Ci fa compagnia fino alle quattro raccontandoci tanti

aneddoti della sua vita fino all’arrivo dell’hospitalero poi, prima di andarse-ne, mi abbraccia quasi commosso. Che bella giornata! Questi incontri rendono leggera l’anima.L’albergue è situato al piano superiore del palazzetto, bello e pulito con una cucina super attrezzata. Joachin, volon-tario della protezione civile, orgoglioso ci mostra tutto poi si ferma a parlare con noi e ci consiglia un ristorantino dove andare a cena questa sera: rigoro-samente a base di frutti di mare, can-nolicchi (navajos) cozze e altri prodotti considerati i migliori del mondo.Sempre e solo noi cinque occupiamo l’albergue, ho ancora il bagno e la doc-cia personali (d’altronde solo l’unica donna e in questi albergue i bagni ma-schili sono separati da quelli femminili, non sempre è così però). Andiamo a cena con gli amici tedeschi

L’arrivo al mare

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pane, pomodori, formaggi e scopriamo la marmellata a fette, solida come quella della nostra infanzia, non resistiamo e ne acquistiamo un bel pezzo…una me-raviglia con il panino fresco! Un bel viale alberato ci porta fino alla Iglesia de Santiago poi, anziché fermarci a Padron, decidiamo di proseguire fino a Teo, distante solo 13 km: in questo modo accorciamo la distanza per poter giungere il domani a Santiago in tempo per la messa del Pellegrino di mezzo-giorno.Il percorso non è bello perché c’è tan-to asfalto. Da ieri ho un dolore al piede sinistro che non mi lascia un attimo, sono preoccupata.

Alle tre circa arriviamo a Teo, carinis-simo l’albergue con le imposte gialle, isolato e tranquillo. Ci sono ancora pochi Pellegrini ma si riempirà prima di sera e fino a tardi arriveranno pel-legrini, alcuni molto provati: presumo abbiano fatto tappone molto lunghe, oppure hanno da poco iniziato il loro cammino e risentono ancora molto dei km camminati. Dopo doccia, bucato e riposo facciamo una sosta nell’unico bar del piccolo paese, dove c’è collegamen-

to wi-fi e ne approfittiamo per mandare qualche messaggio e qualche fotografia ai ragazzi.Alle cinque pranziamo e nello stesso tempo ceniamo con quanto acquista-to al mercato di Padron al mattino. Ci sono tanti Pellegrini qui, ma nessuno conosciuto, perchè aver fatto un itinera-rio diverso ci ha fatto perdere i contatti con i nostri amici e loro sono già arrivati alla meta ma domani anche per noi... SANTIAGO!

26/27 maggio 2015Teo - Santiago (km 13,00)

È una giornata bellissima, sole e aria friz-zante ci stanno ancora una volta accom-pagnando.Sento che Santiago mi sta chiamando ma io non ho voglia di arrivare e rallento il passo quasi senza accorgermene... arriva-re a Santiago significa arrivare alla meta e arrivare alla meta significa la fine del cam-mino, e io non voglio che finisca.Non voglio che finisca la gioia che provo camminando con la mochilla sulle spalle e il bordone in mano. Voglio sentire ancora il vento sul viso che mi rinfresca, voglio sentire ancora il sole sulla pelle che mi accarezza camminando.Voglio sentire ancora il profumo dell’eucalipto, dei pini e delle felci nel sottobosco.Voglio scoprire ancora cosa c’è dopo quella curva, cosa si coltiva in quell’orto, voglio ancora parlare con la signora che sta zappando la terra, voglio raccogliere

Albergue di Teo

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dell’oceano favoriscono la coltivazione e la bontà degli stessi. Avvistiamo anche i delfini ed è la prima volta nella mia vita che li vedo, sono davvero emozionata!Lasciato l’oceano risaliamo la rias poi ci immettiamo nell’estuario del rio Ulla. La tradizione vuole che qui sia sbarcato il gruppo di fedeli quando riportarono il corpo di San Giacomo dalla Terra Santa. Il Traslatio e il punto di sbarco sono ricor-dati da un Calvario di Croci. Risalendo il grande rio Ulla vediamo sparse su varie

isolette la Via Crucis marittima- fluviale unica al mondo. Cruceros millenari iden-tificano questo cammino come l’origine DE TODOS LOS CAMINOS.Siamo immersi nella storia, ne facciamo parte, il mio cuore è pieno di commozio-ne, pochi posti visti in questo cammino mi hanno emozionato come questo.Dopo aver camminato per oltre 600 km sento questa piccola traversata e quello che rappresenta come un piccolo ma me-ritato premio alle fatiche dei giorni scorsi. Camminiamo da quasi un mese e la stan-chezza incomincia a pesare sulle nostre gambe e sulla nostra schiena e siamo con-tenti di averla fatta.Sbarchiamo a Pontecesures alle 11 circa, salutiamo con affetto Joachin che vuole assolutamente fare una foto con noi. Ci incamminiamo verso Padron dove, in un grande mercato coperto, prendiamo

Calvario

Pescatori di mejilló

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Alle 11.11 arriviamo finalmente, mano nella mano, in Praza Do Obradorio.

È tanta l’emozione… Lo zaino a terra e noi ci sediamo vicini. M’incanto ad osservare la maestosa e slanciata facciata della Cattedrale, in parte ancora coper-ta da impalcature: la torre di sinistra, la Torre de la Carraba, è finalmente libera e si mostra in tutto il suo splendore, è così bianca e abbagliante nella luce del matti-no... io però la preferivo come era prima, coperta da quella patina di antichità che parla dei secoli passati, del colore ocra/verde che identifica il tempo che passa.Ci troviamo con gli amici, tra abbracci emozionati e grandi sorrisi, soprattutto di chi per la prima volta arriva a Santia-go.

Portiamo i nostri zaini nel deposito, non possiamo portarli in cattedrale e ne siamo molto dispiaciuti: sono stati per quaranta giorni la nostra casa, non ce ne siamo mai separati e non ci sembra giusto privarcene proprio adesso, sareb-be stato più bello entrare in cattedrale con loro sulle nostre spalle… insieme fino alla fine!

Entriamo e la Cattedrale è già strapiena, riusciamo a trovare un posticino vicino alla colonna dove sono fissate le funi che sorreggono il Botafumeiro, stesso posto dell’anno scorso … coincidenza?!Alla fine della S. Messa, con un cerimo-niale alquanto affascinante, viene acce-so il Botafumeiro, il gigantesco turibolo

Praza do Obradorio

Le mochilas

Le funi del Botafumeiro

arance e limoni dall’albero che la Provvi-denza ha messo sul nostro sentiero.Voglio parlare ancora con il vecchio signore che conosce un po’ di italiano perché emigrante tra emigranti italiani e che mi racconta brandelli della sua vita.Voglio conoscere ancora Pellegrini, umanità proveniente da tutto il mon-do, con cui riesco a comunicare poco perchè l’inglese, lingua ormai ufficiale del cammino, non l’ho mai imparata bene ma il sorriso e gli occhi con cui ti guardano e ti abbracciano valgono più di un milione di parole... già mi manca il Cammino, ne ho già nostalgia Alzarsi al mattino, il risveglio nel sacco a pelo...non accendere la luce, ci sono Pellegrini che ancora dormono...La luce dell’alba, del sole che sta nascen-do e che colora di rosa tutto il mondo.Controllare lo zaino... non ho dimenti-cato niente, possiamo partire... aspetta facciamo colazione io ho qualche bi-scotto, io una mela e un succo ah! cosa darei per un caffè non c’è, ci fermiamo al primo bar che incontriamo... sono le dieci finalmente un bar!!Sono le due, fa molto caldo, guarda una fontana…rinfreschiamoci i piedi, ce lo stanno implorando da ore…Ho fame! Abbiamo solo pane, alla pros-sima tienda prendiamo un po’ di for-maggio ma dove è la prossima tienda?Bello il paese, bella la chiesetta sono stanca, il sole è molto forte, ma perché gli ultimi km sono sempre i più brut-ti?!?!Carino l’albergue, guarda loro sono già arrivati... mi faccio la doccia, faccio il

bucato... pomeriggi interminabili, non finiscono mai... che noia... il cammino è camminare non restare fermi... orga-nizzare la cena...Chiacchierare con gli spagnoli che par-lano con chiunque pensando che tutti capiscano lo spagnolo, con gli inglesi che danno per scontato che chiunque parli inglese, con l’australiano che parla solo australiano/inglese e nessuno è in grado di capire cosa dice, con il coreano che parla solo il coreano e sette parole di inglese, con il tedesco che conosce perfettamente l’italiano ma parla solo inglese e francese e il francese che parla italiano, inglese, tedesco ma non parla... La torre di Babele?!?! No, il Cammino per Santiago de Compostela.Salutiamo il nostro amico Falco Pelle-grino che anche oggi è venuto a mo-strarci la strada, in picchiata è volato in direzione Santiago, la meta finale è stata raggiunta e lui ha compiuto egre-giamente il suo ruolo di guida. Siamo sicuri che tornerà indietro a mostrare la retta via ad altri Pellegrini. Ciao Amico.Stiamo facendo la lunga strada che dalla periferia di Santiago ci porta nel centro storico, Stefano cerca cerca disperata-mente un barbiere, non vuole incontra-re il Santo con la barba lunga da qua-ranta giorni.Il mio piede fa sempre più male, in far-macia mi hanno dato pastiglie antin-fiammatorie e pomata ma non sono ser-viti a nulla; scoprirò solo a casa di avere una frattura del secondo metatarso, frattura da stress, dal troppo cammino, dirà il medico.

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Oltre Santiago

Il cammino jacopeo si conclude a Santiago, davanti alla tomba del Santo ma, fin dall’antichità, alcuni Pellegrini decidono di prolungare il pellegrinaggio arrivando sino a Finisterrae, alla Costa de la Muerte, il punto più occidentale della Galizia davanti all’oceano Atlantico.La principale ragione era che la Costa de la Muerte, fino alla fine del Medioevo, era l’ultimo lembo di terra conosciuto, la punta più occidentale dell’Europa continen-tale, cioè la fine della terra: Finisterrae, luogo legato da sempre a grandi devozioni cristiane. Lì la costa sprofonda nell’oceano e si credeva che vi finisse il mondo.Ai giorni nostri i Pellegrini si recano sulla costa galiziana a testimonianza dell’avve-nuto pellegrinaggio, giusta conclusione del proprio cammino e a ricordo raccolgono conchiglie (cappesante), simboli, con il bordone e la bisaccia, del Pellegrino.

dell’incenso che viene fatto oscillare da un estremo all’altro della navata centrale a crociera durante alcune celebrazioni. Nell’antichità il Pellegrino arrivava a cospetto del Santo dopo mesi, a volte dopo anni di cammino, lacero, sporco magari ammalato e il botafumero servi-

va anche a mitigare gli odori che si con-centravano all’interno della cattedrale. Oggi è diventato un po’ il simbolo della cattedrale stessa e per il moderno Pel-legrino è un meritato premio finale del lungo cammino intrapreso. È un intensa emozione partecipare a questo rito, milioni di Pellegrini prima di noi ne sono stati partecipi e penso che nel mio cuore ora ci sia la stessa feli-cità che avevano loro, la stessa felicità e gratitudine, ne sono sicura, che alberga nei cuori di tutti i Pellegrini che affolla-no anche oggi la Cattedrale.Finita la S.Messa andiamo ad abbrac-ciare la statua del Santo, dietro l’altare maggiore, ricordando Maura e Sara, Giorgio e le loro famiglie, e in questo abbraccio ricordo anche tutte le perso-ne incontrate su questo lungo cammino che ci hanno chiesto di dare un abbrac-cio per loro conto.“...e se è solo la sua Immagine quella che sto stringendo, è proprio a Lui che sto dan-do questo abbraccio, ed è da Lui che lo sto ricevendo...”Nella cripta sottostante, in un’urna d’ar-gento, cesellata in stile romanico, sono conservate le reliquie del Santo.Davanti a noi riposa Giacomo di Zebe-deo, Amico e Apostolo del Maestro.Qui porta il Cammino de Santiago de Compostela. I milioni di passi fatti sotto il sole, con la pioggia, lo zaino sulle spalle, la stan-chezza e la fatica sono ormai solo un ricordo.Di questi ricordi ci ciberemo fino alla partenza del prossimo cammino.

Accensione del Botafumeiro

La cripta

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Arriviamo all’albergue logicamente per primi, con noi solo un americano del Maine, un laico molto gentile con il quale divideremo il nostro pranzo. Pen-savamo fosse un sacerdote perché pas-seggiava con il rosario in mano e bene-diceva il cibo prima di mangiare, ma lui stesso ci informa che non è un religioso e che sta facendo il cammino per ritro-varsi e per ritrovare la fede.L’albergue “diffuso” della giunta è ve-ramente molto carino: edifici in pietra con le imposte azzurre, posti letto rica-vati nella vecchia scuola e in altre case vicine, un grande camino nella cucina e tanti spazi in comune, mi piace mol-to. Arrivano piano piano tantissimi pellegrini: ritroviamo Claudio, che ab-biamo conosciuto la sera prima, e altri, tra cui Lucrezia e Francesco, abruzzesi, che hanno fatto il cammino francese.

Sono un po’ stanchi e delusi dalla tappa odierna, secondo loro per niente bella, e decidono quindi di terminare qui il cammino. Andranno a Finisterrae in pullman.Con Lucrezia, Francesco, Claudio, il ragazzo americano del Maine (non ri-cordo il nome) e una coppia di spagnoli di Irun, lui grande camminatore lei un po’ meno, faremo una pasta aglio, olio e peperoncino, poi staremo fino a tardi, in cucina, a condividere le emozioni che il cammino ha saputo trasmetterci e a raccontarci un po’ delle nostre vite.E’ bellissimo sentire ragazzi molto gio-vani descrivere il cammino come fosse l’esperienza più bella della loro vita e così profonda tanto da riuscire a toccare il loro cuore: “Sicuramente torneremo cambiati e molto probabilmente mi-gliorati”, dicono Lucrezia e Francesco.

Albergue di Oliveroa

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28 maggio 2015Santiago – Negreira (km 23,00)

Ho fatto con fatica i 23 km di oggi, soprattutto gli ultimi. Sentivo il piede gonfiarsi sempre più e camminavo con molto dolore.Lasciando Santiago alle spalle ci inol-triamo nella campagna attraverso bo-schi di eucalipti e querceti, un percorso molto bello, su e giù da dolci colline, con qualche salita impegnativa e sentie-ri nei boschi, pochissimo asfalto.Arriviamo all’albergue verso le due e lo troviamo quasi pieno, bellissimo con letti singoli (non a castello).

Facciamo una passeggiata nella piccola cittadina, dove ci colpisce molto il mo-numento all’emigrante posto al centro

di una piccola piazza: è struggente e raffigura appunto un emigrante con il mondo sulle spalle trattenuto dal suo bambino.Con un gruppo di Pellegrini italiani decidiamo di fare un piatto di pasta e passiamo una bella serata; non siamo ancora abituati a vedere tanti Pellegrini e siamo un po’ frastornati.

29 maggio 2015Negreira – Oliveroa (km 33,00, 25 fatti in pullman e 8 a piedi)

Ho il piede a pezzi e dopo tanti dubbi se spedire la mochilla con il servizio taxi, andare in autobus direttamente a Fini-sterra, oppure io in autobus e Stefano a piedi scopriamo che da Negreia parte un bus che passa dalle parti di Oliveroa, lo prendiamo e in poco più di mezz’ora arriviamo in un piccolo paese di cui non ricordo il nome e facciamo gli 8 km che ci separano da Oliveroa.Seguiamo le indicazioni e prendiamo una strada lunga e diritta, così dirit-ta che sembra tracciata con il righello, senza traffico, in mezzo alla campagna piatta e affiancata da qualche cascina ogni tanto.Anche qui, come in tantissime parti del-la Spagna, soprattutto sugli altipiani, i piccoli rilievi vicini sono disseminati di pale eoliche e scopriamo molto presto il perché: un forte vento sferza tutta la zona, soffia talmente forte che dobbia-mo camminare a testa bassa perché non riusciamo a tenere gli occhi aperti.

Monumento all’Emigrante

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piacevoli profumi che fuoriescono da un piccolo ristorante e all’istante decidiamo di fermarci; pranziamo veramente molto bene, poi ripartiamo per S. Roque ma su-bito davanti a noi si presenta una ripida e lunga salita….chi cammina o va in mon-tagna capisce cosa intendo. Le gambe non sono in grado di camminare se lo stomaco è impegnato a dialogare con quanto appe-na ingurgitato…!!!Faticosamente e lentamente raggiungiamo la vetta e all’uscita di un sentiero, in mezzo al bosco, troviamo l’albergue, molto cari-no ma chiuso: apre alle quattro e sono solo le due e mezza.Ci guardiamo e decidiamo all’istante di ripartire, destinazione Finisterrae; è un grosso rischio per il piede, ma il dolore è sopportabile per cui stringo i denti e an-diamo avanti.Ce la prendiamo comoda, siamo tranquilli e rilassati e ci godiamo ogni singolo passo. Facciamo un lungo tratto con un giovane Pellegrino portoghese molto simpatico, ma lui va di fretta e in breve ci distanzia.Finalmente arriviamo a Finisterrae, dopo aver fatto l’ultimo km sulla lunghissima spiaggia di Langosteira a piedi nudi… E’ emozionante.Sono quasi le sei, stiamo camminando dal-le sette di questa mattina, ma com’è che

non sentiamo la stanchezza?Cerchiamo e troviamo l’hotel Ancora dove alloggeremo due giorni. Questa volta ci concediamo un vero albergo perchè abbia-mo bisogno di riposo e questo, consiglia-to da Renzo e Guglielmo, due cari amici Pellegrini trentini, sembra proprio il posto ideale.A sera, dopo aver acquistato due panini per la cena, saliamo al Faro: il Cabo de Fister-re con il suo faro solitario è a circa tre km dal paese e ci si arriva seguendo una strada che costeggia a mezza costa il promontorio roccioso, fin dove la “terra finisce”.Ritroviamo tanti amici seduti lassù, ma questo è un momento importante per il Pellegrino, molto intimo e personale e, al-meno io, preferisco stare in disparte e in contemplazione del sole che sta per tuffarsi

Spiaggia di Langosteira

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Una cara amica, una carissima ragazza, mi ha detto che fare il cammino di Santiago è stata in assoluto l’esperienza più forte della sua vita, più dell’incontro con suo marito e il conseguente matrimonio, più della na-scita dei suoi figli…

30 maggio 2015Oliveroa – Finisterre (km 35.00)

Questa mattina il mio piede va decisamen-te meglio, il riposo di ieri è stato benefico. Fa freschino quando partiamo, il percorso quasi subito si presenta molto bello, tra dolci colline ricoperte da una stupenda vegetazione, e per gran parte del tempo camminiamo tra boschi, prati con mucche bianche dalle lunghe corna, campi coltiva-ti a granoturco, belle cascine disseminate ovunque.Vediamo tanta gente che cammina ma non sono pellegrini, sono abitanti del po-

sto in gita domenicale, in gruppi o da soli.Finalmente finisce la salita e arriviamo all’Alto de O Cruceiro da Armada dove vediamo, anche se da molto lontano, Cabo Finisterrae.Dopo una lunga discesa incontriamo una simpatica coppia americana che fotogra-fa ogni centimetro di sentiero, arriviamo a Corcubión, dove dopo 1 km circa c’è l’albergue dove avremmo dovuto fermarci oggi.Sono le tredici e all’ingresso del grazio-so borgo marino ci lasciamo attrarre dai

Corcubión

Nebbie mattutine

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ma non posso rischiare di più: ringrazio Dio e San Giacomo di avermi permesso di arrivare fino a qui ma ora devo avere il coraggio di fermarmi.Arriviamo a Muxia alle 11.00 circa e cer-chiamo l’albergue privato Bela Muxia, ci

sono ancora tantissimi posti liberi ma si riempirà all’inverosimile prima di sera. Io lascio lo zaino, il mio piede ringrazia, invece Stefano preferisce portarlo con sé e ci incamminiamo lungo la strada che por-ta al Santuario de Nosa Senora da Barca.Il santuario è costruito sugli scogli di fron-te all’oceano: la tradizione narra che la Ver-gine Maria apparve su una barca di pietra a San Giacomo, incoraggiandolo a non ab-bandonare l’evangelizzazione della peniso-la iberica, e che le “pietra santas” attorno al santuario sarebbero i resti della barca della Vergine.

Portiamo con noi i nostri bastoni, fidate canne di eucalipto trovate in un bosco dopo Fatima.Stefano ne taglia un pezzetto che terremo per ricordo, poi li gettiamo nell’oceano e a lungo li vediamo combattere nelle onde impetuose prima di scomparire.Ci sediamo sugli scogli, il mare è molto mosso, gli spruzzi arrivano fino a noi.Ci accoccoliamo vicini, in silenzio, ascol-tiamo il mare e il nostro cuore.Muxia mi fa sempre questo effetto: mi rende malinconica e un po’ triste.Questo è un momento molto bello e ma-gico.Sento che esisto, che sto bene con me stes-sa e con gli altri.E che sono importante per la mia famiglia

che amo profondamente.Importante per Stefano, per Maura, per Giorgio, per Sara e che, senza di loro, io sarei niente.

Santuario di Nosa Señora da Barca

Il bordone nell’Oceano

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nell’oceano, ancora una volta, come ogni giorno da milioni di anni.Il mare e il cielo si tingono di rosso, i Pel-legrini zittiscono quando il sole dopo l’ul-timo saluto va a scomparire dietro l’oriz-zonte.

31 maggio 2015Finisterre

Oggi giornata de descanso e un po’ di noia, non siamo più abituati a rimanere fermi a lungo nello stesso posto.Piove e fa molto freddo e mi ritorna alla memoria la giornata passata a Fatima, an-

che quel giorno pioveva e faceva freddo e allora come oggi noi eravamo fermi a ri-posare.Il tempo è stato molto magnanimo con noi, siamo in cammino da quasi quaranta giorni e abbiamo avuto solo due giorni di pioggia.A mezzogiorno andiamo alla S. Messa nel-la straordinaria chiesa di santa Maria das Areas, di età medievale, dove è conserva-to il famoso Santo Cristo di Finisterre del XVI secolo che, secondo una leggenda, riapparve su quella costa dopo essere stato gettato in mare.

1 giugno 2015Finisterre – Muxia

Quando ci alziamo il cielo è ancora mol-to nuvoloso, abbiamo deciso di andare a Muxia con il pullman perchè ho il piede molto gonfio e non riuscirei a fare gli oltre 30 km di oggi. Mi dispiace molto non fare l’ultima tappa,

Tramonto a Finisterre

In attesa del tramonto

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PENSIERI IN LIBERTÁ

• La libertà che ti libera la mente da tutti i problemi

• La libertà che ti fa vivere in uno stato di gioia viva e profonda e ti fa assaporare ogni

piccola cosa che incontri…

• Le albe, i tramonti, gli amici appena conosciuti: South Africa? It’s very far..

• Della chiesetta del XII secolo, peccato è chiusa!

• Della salita dove arrivi senza fiato ma…meraviglioso il paesaggio laggiù in fondo…

• La libertà di commuoverti in plaza de Obradoiro e ancora di più quando arrivi sulla

spiaggia di Finisterre

• Lì la libertà l’ho sentita assoluta….

• Io, granellino di sabbia, ho sentito di essere partecipe di una cosa chiamata universo

e di farne parte, con tutta la mia famiglia, il mio mondo…

• Con tutti i miei difetti, i miei limiti e i miei pregi

Laura

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Stampato nel mese di dicembre 2015

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Si dice che chi va in Camminoquando ritorna non è più la stessa persona.

Si dice che il Cammino aiuti le personea riconoscersi e a ritrovarsi.

Si dice che a Santiago le persone lascinoun pezzetto di cuore, così che debbanoritornare in Cammino per riprenderlo.