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Appunti di Analisi Matematica Prof. Carlo Greco Settembre 2014

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Appunti di

Analisi Matematica

Prof. Carlo Greco

Settembre 2014

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ü Indice del testo

Parte I° ... ... ... ... ... 10

1. Elementi di logica ... ... ... ... ... 11

1. Nozioni introduttive sugli insiemi ... ... ... ... ... 11

2. Proposizioni e connettivi logici ... ... ... ... ... 13

3. Predicati e quantificatori ... ... ... ... ... 20

4. Esercizi ... ... ... ... ... 23

2. Teoria degli insiemi ... ... ... ... ... 27

1. Operazioni tra insiemi ... ... ... ... ... 27

2. Esercizi ... ... ... ... ... 32

3. Funzioni tra insiemi ... ... ... ... ... 35

4. Funzioni ingettive e surgettive ... ... ... ... ... 38

5. Esercizi ... ... ... ... ... 44

6. Restrizioni, ridotte e funzioni composte ... ... ... ... ... 47

7. Esercizi ... ... ... ... ... 51

8. Successioni ... ... ... ... ... 53

9. Relazioni tra insiemi ... ... ... ... ... 55

10. Insiemi finiti, infiniti e numerabili ... ... ... ... ... 59

11. Esercizi ... ... ... ... ... 63

3. Dagli interi naturali ai numeri reali ... ... ... ... ... 65

1. Interi naturali ... ... ... ... ... 65

à Richiami di Aritmetica ... ... ... ... ... 65

à Il principio di induzione ... ... ... ... ... 67

à Basi diverse da 10 ... ... ... ... ... 68

2. Esercizi ... ... ... ... ... 70

3. Interi relativi e numeri razionali ... ... ... ... ... 72

à Gli interi relativi ... ... ... ... ... 72

à I numeri razionali ... ... ... ... ... 73

4. Esercizi ... ... ... ... ... 75

5. I numeri reali ... ... ... ... ... 76

à I numeri reali come allineamenti decimali e le loro proprietà ... ... ... ... ... 76

à Valore assoluto di un numero reale ... ... ... ... ... 79

à Maggioranti e minoranti di un insieme numerico ... ... ... ... ... 80

à Estremi di un insieme numerico ... ... ... ... ... 81

6. Esercizi ... ... ... ... ... 87

4. I numeri complessi ... ... ... ... ... 92

1. Generalità sui numeri complessi ... ... ... ... ... 92

2. I numeri complessi in forma algebrica ... ... ... ... ... 96

3. Esercizi ... ... ... ... ... 100

4. I numeri complessi in forma trigonometrica ... ... ... ... ... 102

5. Esercizi ... ... ... ... ... 111

6. Equazioni nel campo complesso ... ... ... ... ... 112

5. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale ... ... ... ... ... 114

1. Alcune semplici funzioni elementari ... ... ... ... ... 114

à Retta ... ... ... ... ... 114

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à Parabola ... ... ... ... ... 117

à Funzioni definite “a pezzi”; funzione valore assoluto, funzione segno ... ... ... ... ... 118

à Funzione parte intera e funzione parte frazionaria ... ... ... ... ... 119

2. Prime proprietà delle funzioni reali di una variabile reale ... ... ... ... ... 121

à Operazioni algebriche ... ... ... ... ... 121

à Relazione d'ordine ... ... ... ... ... 122

à Funzioni pari, dispari, periodiche ... ... ... ... ... 123

3. Funzioni monotone ... ... ... ... ... 128

à Definizioni ... ... ... ... ... 128

à Proprietà delle funzioni monotone ... ... ... ... ... 130

à Esercizi ... ... ... ... ... 131

4. Estremi di funzioni ... ... ... ... ... 133

à Maggioranti e minoranti di una funzione ... ... ... ... ... 133

à Massimo e minimo di una funzione ... ... ... ... ... 134

à Estremo inferiore e superiore di una funzione ... ... ... ... ... 135

à Esercizi ... ... ... ... ... 140

6. Le funzioni elementari ... ... ... ... ... 142

1. Potenza n-esima e radice n-esima ... ... ... ... ... 142

à Potenza n-esima ... ... ... ... ... 142

à Radice n-esima ... ... ... ... ... 144

à Disequazioni elementari con potenza n-esima e radice n-esima ... ... ... ... ... 146

2. La funzione esponenziale e la funzione logaritmo ... ... ... ... ... 148

à Funzione esponenziale ... ... ... ... ... 148

à Funzione logaritmo ... ... ... ... ... 150

à Disequazioni elementari con la funzione esponenziale e la funzione logaritmo ... ... ... ... ... 152

à La funzione potenza di esponente qualsiasi ... ... ... ... ... 155

3. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse ... ... ... ... ... 159

à La misura in radianti di un angolo ... ... ... ... ... 159

à Le funzioni seno e coseno ... ... ... ... ... 160

à Le funzioni arcoseno e arcocoseno ... ... ... ... ... 162

à Equazioni elementari in seno e coseno ... ... ... ... ... 166

à Disequazioni elementari in seno e coseno ... ... ... ... ... 167

à Le funzioni tangente e arcotangente ... ... ... ... ... 171

à Equazioni elementari in tangente ... ... ... ... ... 173

à Disequazioni elementari in tangente ... ... ... ... ... 173

à Periodicità delle funzioni trigonometriche ... ... ... ... ... 174

à Esercizi ... ... ... ... ... 176

4. Dominio di definizione ... ... ... ... ... 180

à Dominio di definizione di somma, prodotto e quoziente di funzioni ... ... ... ... ... 180

à Dominio di definizione delle funzioni composte ... ... ... ... ... 180

7. Disequazioni razionali e irrazionali ... ... ... ... ... 182

1. Generalità sulle disequazioni ... ... ... ... ... 182

2. Disequazioni di primo e secondo grado ... ... ... ... ... 184

3. Esercizi ... ... ... ... ... 187

4. Disequazioni di grado superiore al secondo ... ... ... ... ... 189

à Caso generale: polinomi fattorizzati ... ... ... ... ... 189

à Caso generale: decomposizione in fattori ... ... ... ... ... 191

à Le biquadratiche ... ... ... ... ... 195

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à Disequazioni del tipo xn < k, xn § k, xn > k, xn ¥ k. ... ... ... ... ... 196

5. Disequazioni razionali fratte ... ... ... ... ... 199

6. Sistemi di disequazioni ... ... ... ... ... 202

7. Disequazioni irrazionali ... ... ... ... ... 205

à Disequazioni del tipo AHxLn

< BHxL oppure AHxLn

§ BHxL ... ... ... ... ... 206

à Disequazioni del tipo AHxLn

> BHxL oppure AHxLn

¥ BHxL ... ... ... ... ... 210

8. Disequazioni esponenziali e logaritmiche ... ... ... ... ... 213

1. Disequazioni esponenziali ... ... ... ... ... 213

2. Disequazioni logaritmiche ... ... ... ... ... 215

9. Disequazioni trigonometriche ... ... ... ... ... 217

1. Disequazioni trigonometriche ... ... ... ... ... 217

à Disequazioni contenenti una sola funzione trigonometrica incognita ... ... ... ... ... 217

à Disequazioni di secondo grado in seno e coseno ... ... ... ... ... 218

à Disequazioni lineari in seno e coseno ... ... ... ... ... 219

2. Disequazioni con le funzioni trigonometriche inverse ... ... ... ... ... 221

10. Disequazioni varie ... ... ... ... ... 223

1. Disequazioni col valore assoluto ... ... ... ... ... 223

2. Alcune disequazioni trascendenti ... ... ... ... ... 227

3. Disequazioni varie e calcolo del dominio di definizione di una funzione ... ... ... ... ... 230

Parte II° ... ... ... ... ... 236

1. Limiti ... ... ... ... ... 237

1. Il concetto di limite e le definizioni principali ... ... ... ... ... 237

à Intorni e punti di accumulazione ... ... ... ... ... 237

à Definizione di limite con x0 œ �, ed � ∈ � ... ... ... ... ... 241

à Definizione di limite con x0 œ �, ed � = ±∞ ... ... ... ... ... 247

à Definizione di limite con x0 = ≤¶, ed � ∈ � ... ... ... ... ... 248

à Definizione di limite con x0 = ≤¶, ed � = ±∞ ... ... ... ... ... 250

à Esercizi ... ... ... ... ... 251

à La definizione generale di limite ... ... ... ... ... 252

à Funzioni che non ammettono limite ... ... ... ... ... 252

à Limite a sinistra e a destra ... ... ... ... ... 254

2. Primi teoremi sui limiti ... ... ... ... ... 258

à Operazioni con i limiti ... ... ... ... ... 258

à Limiti di polinomi ... ... ... ... ... 262

à Limiti all'infinito di funzioni razionali ... ... ... ... ... 263

à Esercizi ... ... ... ... ... 264

à Funzioni continue ... ... ... ... ... 265

à Limiti di funzioni composte ... ... ... ... ... 268

à La forma indeterminata 1 ê0 ... ... ... ... ... 270

à Esercizi ... ... ... ... ... 272

à Limiti di alcune funzioni irrazionali ... ... ... ... ... 273

à Esercizi ... ... ... ... ... 275

à Asintoti ... ... ... ... ... 275

3. Ulteriori teoremi sui limiti; limiti notevoli ... ... ... ... ... 278

à Permanenza del segno e conservazione delle disuguaglianze ... ... ... ... ... 278

à Confronto ... ... ... ... ... 280

à Esercizi ... ... ... ... ... 281

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à Il limite notevole limxØ0sin x

x= 1 e i limiti notevoli collegati ... ... ... ... ... 282

à Esercizi ... ... ... ... ... 284

à Prodotto di una funzione infinitesima per una limitata ... ... ... ... ... 284

à Somma di una funzione divergente e di una limitata ... ... ... ... ... 286

à Limiti di funzioni monotone ... ... ... ... ... 287

à Funzioni della forma f HxLgHxL e loro limiti ... ... ... ... ... 288

à Esercizi ... ... ... ... ... 290

à Il limite notevole limxØ+¶ J1 + 1

xNx

e i limiti notevoli collegati ... ... ... ... ... 290

à Esercizi ... ... ... ... ... 292

4. Limiti di successioni ... ... ... ... ... 294

à Limite di una successione ... ... ... ... ... 294

à Alcuni teoremi sul limite di una successione ... ... ... ... ... 296

à Limite di una successione e limite di una funzione ... ... ... ... ... 298

à La successione JJ1 + 1

nNnN

n e il numero di Nepero ... ... ... ... ... 300

à Sottosuccessioni e successioni di Cauchy ... ... ... ... ... 302

5. Infinitesimi e infiniti ... ... ... ... ... 306

à Definizioni ed esempi ... ... ... ... ... 306

à Infinitesimi e infiniti campione ... ... ... ... ... 308

à Applicazioni al calcolo dei limiti ... ... ... ... ... 314

2. Funzioni continue ... ... ... ... ... 318

1. Funzioni continue e punti di discontinuità di una funzione ... ... ... ... ... 318

à Definizione di funzione continua e punti di discontinuità di una funzione ... ... ... ... ... 318

à Prolungamento per continuità di una funzione ... ... ... ... ... 321

à Esercizi ... ... ... ... ... 323

2. Funzioni continue su intervallo. Uniforme continuità ... ... ... ... ... 324

à Il teorema di Weierstrass ... ... ... ... ... 324

à Teorema degli zeri ... ... ... ... ... 325

à Esercizi ... ... ... ... ... 330

à Funzioni uniformemente continue ... ... ... ... ... 332

3. Derivate ... ... ... ... ... 336

1. Definizioni e prime proprietà ... ... ... ... ... 336

à Definizione di derivata ... ... ... ... ... 336

à Funzioni non derivabili; derivate a sinistra e a destra ... ... ... ... ... 340

à Primi teoremi sulle derivate ... ... ... ... ... 342

à Esercizi ... ... ... ... ... 346

à Derivate delle funzioni elementari ... ... ... ... ... 347

à Derivate successive. Altri significati della derivata ... ... ... ... ... 353

2. I teoremi fondamentali sulle derivate ... ... ... ... ... 359

à Punti di minimo o massimo relativo ... ... ... ... ... 359

à Ricerca del minimo o del massimo assoluto ... ... ... ... ... 361

à I teoremi fondamentali ... ... ... ... ... 362

à Calcolo dei limiti mediante la regola dell'Hôpital ... ... ... ... ... 371

à Punti angolosi e cuspidali ... ... ... ... ... 374

à Convessità, concavità e flessi ... ... ... ... ... 379

3. La formula di Taylor ... ... ... ... ... 384

à I polinomi di Taylor e la formula di Taylor col resto di Peano ... ... ... ... ... 384

† I polinomi di Taylor ... ... ... ... ... 384

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† La formula di Taylor ... ... ... ... ... 388

† Esercizi ... ... ... ... ... 389

† Il test della derivata n-esima per i punti di minimo, massimo e flesso ... ... ... ... ... 390

à La formula di Taylor con il resto di Lagrange ... ... ... ... ... 392

† La formula di Taylor con il resto di Lagrange ... ... ... ... ... 392

† Esercizi ... ... ... ... ... 394

4. Studio del grafico di una funzione ... ... ... ... ... 396

à Polinomi e funzioni razionali ... ... ... ... ... 396

à Funzioni logaritmiche ed esponenziali ... ... ... ... ... 402

à Funzioni irrazionali ... ... ... ... ... 407

à Funzioni trigonometriche ... ... ... ... ... 410

à Funzioni trigonometriche inverse ... ... ... ... ... 416

à Funzioni varie ... ... ... ... ... 417

5. Funzioni trascendenti. Equazioni e disequazioni trascendenti ... ... ... ... ... 424

à Studio di funzioni trascendenti ... ... ... ... ... 424

à Equazioni e disequazioni trascendenti ... ... ... ... ... 426

4. Integrali ... ... ... ... ... 430

1. Insiemi misurabili e integrale secondo Riemann ... ... ... ... ... 430

à Cenni sulla misura secondo Peano-Jordan ... ... ... ... ... 430

à Area del trapezoide e funzioni integrabili secondo Riemann ... ... ... ... ... 432

à Esercizi ... ... ... ... ... 443

à Proprietà dell'integrale ... ... ... ... ... 443

† Classi di funzioni integrabili ... ... ... ... ... 443

† Proprietà dell'integrale ... ... ... ... ... 446

† Esercizi ... ... ... ... ... 454

à Il teorema fondamentale ... ... ... ... ... 454

† Primitive ... ... ... ... ... 455

† Funzione integrale ... ... ... ... ... 455

† Teorema fondamentale del calcolo integrale ... ... ... ... ... 459

† Esercizi ... ... ... ... ... 460

2. Calcolo degli integrali ... ... ... ... ... 462

à Integrali indefiniti immediati e integrazione per decomposizione ... ... ... ... ... 462

† Integrali indefiniti immediati ... ... ... ... ... 463

† Integrali indefiniti immediati generalizzati ... ... ... ... ... 465

† Integrazione per decomposizione ... ... ... ... ... 466

à Integrazione per parti ... ... ... ... ... 468

à Integrazione di alcune funzioni razionali fratte ... ... ... ... ... 472

† Integrali del tipo Ÿ 1

a x2+b x+c„ x , con D < 0 ... ... ... ... ... 472

† Integrali del tipo Ÿ p x+q

a x2+b x+c„ x , con D < 0 . ... ... ... ... ... 473

† Integrali del tipo Ÿ p x+q

a x2+b x+c„ x , con D > 0 . ... ... ... ... ... 474

† Integrali del tipo Ÿ q+p x

a x2+b x+c„ x , con D = 0 . ... ... ... ... ... 476

† Integrali del tipo Ÿ PHxLa x2+b x+c

„ x , con PHxL polinomio di grado maggiore o uguale a due ... ... ... ... ... 477

† Esercizi ... ... ... ... ... 478

à Integrali particolari ... ... ... ... ... 478

à Integrazione per sostituzione ... ... ... ... ... 486

à Esercizi ... ... ... ... ... 490

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à La formula di Hermite ... ... ... ... ... 490

à Decomposizione in fratti semplici ... ... ... ... ... 493

à Integrazione per razionalizzazione ... ... ... ... ... 496

† Funzioni razionali di esponenziali ... ... ... ... ... 496

† Funzioni razionali di logaritmi ... ... ... ... ... 498

† Funzioni razionali trigonometriche ... ... ... ... ... 499

à Calcolo di integrali definiti ... ... ... ... ... 502

à Funzioni non integrabili elementarmente ... ... ... ... ... 507

5. Integrali impropri ... ... ... ... ... 509

1. Funzioni definite su @a, b@ ... ... ... ... ... 510

à Definizioni ed esempi ... ... ... ... ... 510

à Alcuni teoremi sugli integrali impropri ... ... ... ... ... 513

2. Alcune generalizzazioni ... ... ... ... ... 520

à Estensioni ad altri tipi di intervalli ... ... ... ... ... 520

à Assoluta integrabilità ... ... ... ... ... 523

3. Ulteriori esempi ed esercizi ... ... ... ... ... 524

6. Le serie numeriche ... ... ... ... ... 532

1. Generalità sulle serie numeriche e primi teoremi ... ... ... ... ... 532

† Concetto di serie numerica e prime definizioni ... ... ... ... ... 532

† Esercizi ... ... ... ... ... 537

† Primi teoremi sulle serie numeriche ... ... ... ... ... 537

† Esercizi ... ... ... ... ... 544

2. Criteri di convergenza assoluta ... ... ... ... ... 545

à Criterio del rapporto ... ... ... ... ... 545

à Criterio della radice ... ... ... ... ... 546

à Esercizi ... ... ... ... ... 547

à La serie armonica e il criterio dell'infinitesimo ... ... ... ... ... 547

† La serie armonica generalizzata ... ... ... ... ... 548

† Il criterio dell'infinitesimo ... ... ... ... ... 549

† Esercizi ... ... ... ... ... 550

3. Serie a termini non positivi ... ... ... ... ... 551

à Serie alternanti e criterio di Leibnitz ... ... ... ... ... 551

† Il criterio di Leibnitz ... ... ... ... ... 551

† Esercizi ... ... ... ... ... 552

Parte III° ... ... ... ... ... 553

1. Lo spazio euclideo n-dimensionale ... ... ... ... ... 554

1. Prime definizioni e sottoinsiemi notevoli di �n ... ... ... ... ... 554

† Distanza e intorni in �n ... ... ... ... ... 554

† Piani ... ... ... ... ... 555

† Rette ... ... ... ... ... 556

† Esercizi ... ... ... ... ... 557

† Sfere ... ... ... ... ... 559

† Ellissoidi ... ... ... ... ... 559

† Cilindri ... ... ... ... ... 560

† Esercizi ... ... ... ... ... 561

2. Altri sistemi di coordinate in �2 e in �3 ... ... ... ... ... 562

à Le coordinate polari in �2 ... ... ... ... ... 562

à Le coordinate cilindriche in �3 ... ... ... ... ... 563

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I

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à Le coordinate sferiche in �3 ... ... ... ... ... 563

2. Curve nel piano e nello spazio ... ... ... ... ... 565

1. Funzioni a valori vettoriali ... ... ... ... ... 565

2. Successioni di punti di �n ... ... ... ... ... 568

3. Curve semplici. Curve orientate ... ... ... ... ... 570

4. Parametrizzazioni di alcuni tipi di curve ... ... ... ... ... 573

5. Esercizi ... ... ... ... ... 577

6. Retta tangente. Curve regolari ... ... ... ... ... 578

7. Curve rettificabili; lunghezza di una curva e ascissa curvilinea ... ... ... ... ... 581

8. Curve generalmente regolari ... ... ... ... ... 584

3. Funzioni reali di più variabili reali ... ... ... ... ... 585

1. Generalità sulle funzioni di più variabili ... ... ... ... ... 585

à Generalità sulle funzioni di più variabili ... ... ... ... ... 585

à Piani, superfici sferiche ed ellissoidali ... ... ... ... ... 589

à Funzioni radialmente simmetriche ... ... ... ... ... 590

à Funzioni dipendenti solo da una variabile ... ... ... ... ... 591

à Composizione con funzioni di una variabile ... ... ... ... ... 592

à Studio dell'insieme di definizione ... ... ... ... ... 593

à Composizione con funzioni a valori vettoriali ... ... ... ... ... 595

à Esercizi ... ... ... ... ... 598

2. Limiti e continuità per le funzioni di più variabili ... ... ... ... ... 600

à Elementi di topologia in �n ... ... ... ... ... 600

† Intorni e punti di accumulazione ... ... ... ... ... 600

† Insiemi aperti, chiusi, frontiera di un insieme ... ... ... ... ... 601

† Insiemi limitati, insiemi compatti ... ... ... ... ... 602

à La definizione di limite ... ... ... ... ... 603

à La definizione di funzione continua e i principali teoremi ... ... ... ... ... 604

à Limite di funzioni composte. Esistenza e non esistenza del limite ... ... ... ... ... 606

à Funzioni continue su insiemi connessi ... ... ... ... ... 608

à Esercizi ... ... ... ... ... 610

3. Derivate parziali prime ... ... ... ... ... 611

à Definizione di derivata parziale di una funzione in un aperto ... ... ... ... ... 611

à Funzioni non derivabili parzialmente e derivate parziali sulla frontiera ... ... ... ... ... 613

à Gradiente ... ... ... ... ... 615

à Funzioni differenziabili ... ... ... ... ... 617

à Derivate direzionali ... ... ... ... ... 626

à Esercizi ... ... ... ... ... 629

4. Derivate parziali successive e formula di Taylor ... ... ... ... ... 631

à Derivate parziali successive e teorema di Schwartz ... ... ... ... ... 631

à Derivate successive delle funzioni composte con funzioni a valori vettoriali ... ... ... ... ... 634

à La formula di Taylor per una funzione di due variabili ... ... ... ... ... 635

5. Massimi e minimi relativi per le funzioni di due variabili ... ... ... ... ... 637

à Generalità sui punti di minimo e massimo relativo ... ... ... ... ... 637

à Il teorema dell'Hessiano ... ... ... ... ... 641

à Esercizi ... ... ... ... ... 644

à Caso dubbio: studio dei punti di minimo e massimo relativo mediante esame del segno. ... ... ... ... ... 645

à Il teorema dell'Hessiano per le funzioni di più variabili. ... ... ... ... ... 647

6. Massimi e minimi assoluti per le funzioni di due variabili ... ... ... ... ... 650

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I

8

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à Massimi e minimi assoluti su insiemi compatti ... ... ... ... ... 650

† Minimo e massimo assoluto sulla frontiera ... ... ... ... ... 650

† Minimo e massimo assoluto su un compatto ... ... ... ... ... 654

à Minimi e massimi assoluti su insiemi non compatti ... ... ... ... ... 657

à Il metodo dei minimi quadrati ... ... ... ... ... 659

Indici ... ... ... ... ... 664

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I

9

Settembre 2014

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Parte I°: dalla Teoria degli Insiemi alle disequazioni

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

10

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1 Elementi di logica

Lo scopo di questo capitolo è di introdurre la nozione di insieme e di presentare alcune basilari nozioni di logica

(proposizioni e calcolo proposizionale, predicati e quantificatori).

1.1 Nozioni introduttive sugli insiemi

Nell'ambito della teoria degli insiemi, la nozione stessa di insieme si assume come primitiva, ossia come nozione non

definibile in termini di concetti più semplici. Possiamo tuttavia chiarirne meglio il significato osservando che essa è

sinonimo di collezione, aggregato di oggetti che la nostra mente pensa come un'unica totalità.

Ha dunque senso parlare dell'insieme dei cittadini italiani, o dell'insieme dei numeri naturali pari, e così via.

Gli oggetti che compongono un insieme si dicono elementi dell'insieme. Gli insiemi si denotano, di solito, con le lettere

maiuscole, i loro elementi con le minuscole. Se A è un insieme, la scrittura a œ A (che si legge: a appartiene all'insieme

A) indica che a è un elemento di A.

Analogamente, la scrittura a – A (che si legge: a non appartiene all'insieme A) indica che a non è un elemento di A.

Un insieme può essere denotato mediante l'elencazione dei suoi elementi. In tal caso gli elementi che lo compongono si

scrivono tra parentesi graffe, separati da virgole. Ad esempio l'insieme A delle vocali può essere indicato nel modo

seguente:

A = 8a, e, i, o, u<. Analogamente, l'insieme B dei divisori di 6 è:

B = 81, 2, 3, 6<.Altri insiemi noti sono l'insieme degli interi naturali e quello degli interi relativi, che si denotano, rispettivamente, con i

seguenti simboli:

insieme degli interi naturali: � = 80, 1, 2, 3, ∫<;insieme degli interi relativi: � = 80, ≤1, ≤2, ≤3, ∫<.

Considereremo anche noto l'insieme dei numeri reali, che si denota con �. (Questi insiemi saranno studiati più in

dettaglio successivamente, nel capitolo sugli insiemi numerici).

Per ragioni di comodità, è opportuno introdurre la nozione di insieme vuoto; esso è l'insieme privo di elementi, e si

indica con «.

Ad esempio, l'insieme degli interi naturali pari minori di 1 è vuoto, l'insieme dei numeri interi relativi il cui quadrato è

-1 è vuoto.

Diamo ora le seguenti definizioni.

Definizione 1.1 (1) (Insiemi uguali)

Due insiemi A e B si dicono uguali se ogni elemento di A è anche elemento di B e viceversa. In tal caso si scrive

A = B.

Osservazione.

Questa nozione è indipendente dall'ordine col quale sono elencati gli elementi dei due insiemi. Ad esempio

83, 2, 1< = 81, 2, 3<.Definizione 1.1 (2) (Sottoinsieme di un insieme)

Se A e B sono insiemi, si dice che A è un sottoinsieme di B, e si scrive A Õ B, se ogni elemento di A è anche elemento

di B. Se ciò non accade, si scrive A Ã B (si legge A non contenuto in B).

Ad esempio, � Õ� perché ogni intero naturale è anche intero relativo, mentre 81, 2, 3< Ã 82, 3, 4, 5< perché

l'elemento 1 del primo insieme non è elemento del secondo.

L'insieme vuoto, essendo privo di elementi, si può considerare un sottoinsieme di qualsiasi insieme. Ad esempio,

« Õ 81, 2, 3, 6<, nonché « Õ «.

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1. Elementi di logica1. Nozioni introduttive sugli insiemi

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Settembre 2014

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Ovviamente A = B se e solo se A Õ B ed anche B Õ A.

Se risulta A Õ B e A ∫ B, si dice che A è un sottoinsieme proprio di B. Ciò significa che ogni elemento di A è anche un

elemento di B, e che vi è almeno un elemento di B che non appartiene ad A.

Talvolta gli insiemi vengono rappresentati come se fossero insiemi di punti del piano, mediante grafici che vengono detti

“diagrammi di Venn”:

A

Un sottoinsieme B dell'insieme A si può rappresentare come segue:

Osserviamo che può capitare di dover considerare insiemi costituiti da un solo elemento. Ad esempio l'insieme dei

numeri dispari minori di 2 è l'insieme 81<. L'insieme 81< è diverso dal numero 1. Ad esempio si deve scrivere 1 œ �,

81< Õ �, mentre 81< – � in quanto gli elementi di � sono numeri e non insiemi.

Può capitare, talvolta, di dover considerare tutti i sottoinsiemi di un dato insieme E. Ad esempio, se E = 81, 2, 3<, tutti

i sottoinsiemi di E sono:

« , {1}, {2}, {3}, {1, 2}, {1, 3}, {2, 3}, {1, 2, 3}.

Si noti che tra i sottoinsiemi di E figura anche « e l'insieme E stesso. L'insieme di tutti i sottoinsiemi di E si denota con il

simbolo � HEL, e si chama anche insieme delle parti di E. Ad esempio, per l'insieme E considerato prima,

� HEL = 8« , 81<, 82<, 83<, 81, 2<, 81, 3<, 82, 3<, 81, 2, 3<<.

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1.2 Proposizioni e connettivi logici

Prima di proseguire con la teoria degli insiemi, è opportuno premettere alcune nozioni e alcuni simboli logici.

Una proposizione è un qualsiasi enunciato suscettibile di essere vero o falso. Ad esempio:

“Socrate è un uomo”

“Oggi piove”

“3 è un numero pari”.

Un enunciato del tipo “Andrea è molto bello” non è una proposizione in quanto il fatto che sia vera o falsa dipende da

un'opinione soggettiva; analogamente, un enunciato del tipo: “domani pioverà” non è una proposizione in quanto non è

possibile sapere a priori se è vera o falsa.

Diamo ora la seguente definizione.

Definizione 1.2 (1) (Negazione di una proposizione)

La negazione (logica) di una proposizione p si indica con Ÿ p ed è la proposizione che è vera se p è falsa, è falsa se p

è vera.

In altri termini, se p è una proposizione, indichiamo con Ÿ p (si legge: non p) la sua negazione: Ÿ p è dunque la

proposizione che è vera se p è falsa, ed è falsa se p è vera.

Le proposizioni possono essere unite tra loro mediante i connettivi logici, la congiunzione e la disgiunzione.

Definizione 1.2 (2) (Congiunzione logica)

La congiunzione (logica) di due proposizioni p e q, in simboli pÔq (si legge p e q) è la proposizione che è vera se

entrambe le proposizioni sono vere, è falsa se almeno una delle due proposizioni è falsa.

Dunque, se p e q sono proposizioni, si indica con p Ï q la proposizione che è vera se e solo se sono vere sia p che q.

Ad esempio, se:

p = “oggi piove”

q = “è domenica”

a proposizione p Ï q significa: “oggi piove ed è domenica”.

Definizione 1.2 (3) (Disgiunzione logica)

La disgiunzione (logica) di due proposizioni p e q, in simboli p q (si legge p o q) è la proposizione che è vera se

almeno una delle proposizioni p e q è vera, è falsa se entrambe le proposizioni sono false.

Ad esempio, se:

p = “Socrate è un uomo”

q = “2 è un numero dispari”

la proposizione p q significa: “Socrate è un uomo oppure 2 è un numero dispari”.

Il significato delle due proposizioni composte p Ï q e p q può essere definito mediante le cosiddette tabelle di verità:

p q p Ï q

Vero Vero Vero

Vero Falso Falso

Falso Vero Falso

Falso Falso Falso

p q p q

Vero Vero Vero

Vero Falso Vero

Falso Vero Vero

Falso Falso Falso

Ad esempio, la tabella di verità per la proposizione p Ï q si costruisce dando alle due proposizioni p e q tutti i possibili

valori vero-falso (per due proposizioni vi sono 4 diverse possibilità), e scrivendo a fianco i corrispondenti valori della

proposizione composta p Ï q.

I connettivi fl e fi, insieme con la negazione ¬ di una proposizione, consentono di unire più proposizioni elementari tra

loro, e di formare nuove proposizioni “composte”.

Esempio 1.2 (1)

Costruire la “tabella di verità” della proposizione: p Ï HŸ qL.Dando a p e q i valori vero- falso, si ha:

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p q p Ï Ÿ q

Vero Vero Falso

Vero Falso Vero

Falso Vero Falso

Falso Falso Falso

Dunque la proposizione p Ï HŸ qL è sempre falsa, salvo il caso in cui p è vera e q è falsa.

Esempio 1.2 (2)

Costruire la tabella di verità della proposizione: HHŸ pL qL Ï r.

Questa volta abbiamo tre diverse proposizioni che possono assumere i valori vero-falso. Le combinazioni possibili, in

questo caso, sono 8, e la tabella di verità è la seguente:

p q r HŸ p qL Ï r

Vero Vero Vero Vero

Vero Vero Falso Falso

Vero Falso Vero Falso

Vero Falso Falso Falso

Falso Vero Vero Vero

Falso Vero Falso Falso

Falso Falso Vero Vero

Falso Falso Falso Falso

Osservazione.

In generale, n proposizioni distinte assumono 2n valori vero-falso, pertanto la tabella di verità costruita a partire da n

proposizioni, è formata da 2n righe.

Talvolta, utilizzando i connettivi logici, si possono costruire delle proposizioni che assumono sempre il valore “vero”.

Questo tipo di proposizioni si dicono tautologie.

Definizione 1.2 (4) (Tautologia)

Una proposizione composta che è sempre vera per qualsiasi valore di verità delle proposizioni componenti, si dice

tautologia.

Esempio 1.2 (3)

Un esempio di tautologia è fornito dalla proposizione composta p HŸ pL, la cui semplice tabella di verità è la seguente:

p p Ÿ p

Vero Vero

Falso Vero

La proposizione p HŸ pL, che si legge: p oppure non p, esprime il principio del “terzo escluso”: o è vera la

proposizione p, oppure è vera la sua negazione.

Una proposizione composta particolarmente importante è l'implicazione logica, che viene indicata col simbolo fl. Più

precisamente:

Definizione 1.2 (5) (Implicazione logica)

Se p e q sono proposizioni, si indica col simbolo pfl q (si legge p implica q, o anche se p allora q) la proposizione

definita ponendo: p fl q =def . HŸ pL q.

In altri termini, se p e q sono proposizioni date, la proposizione composta HŸ pL q si indica brevemente col simbolo

pfl q, che si legge appunto: p implica q.

Se si costruisce la tabella di verità della proposizione composta HŸ pL q, ossia di pfl q, si ha:

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p q p fl q

Vero Vero Vero

Vero Falso Falso

Falso Vero Vero

Falso Falso Vero

Come si vede, la proposizione p fl q è falsa se e solo se p è vera e q è falsa, mentre è vera in tutti gli altri casi.

Esempio 1.2 (4)

Sia

p la proposizione: “3 è un numero pari”

q la proposizione: “Socrate è un uomo”

allora la proposizione p fl q è la proposizione: “se 3 è un numero pari, allora Socrate è un uomo”. Poiché la

proposizione p è falsa, mentre la proposizione q è vera, la proposizione composta p fl q è vera.

Osservazione.

Come si vede dall'esempio precedente, il fatto che p fl q sia vera o falsa, prescinde da qualsiasi nesso causale tra le

proposizioni date.

La maggior parte dei ragionamenti matematici (teoremi) ha la seguente struttura: se p è vera, e p fl q, allora anche q è

vera.

La proposizione p si dice ipotesi del teorema, la proposizione q si dice tesi. Si dice anche, talvolta, che il verificarsi di p

è condizione sufficiente per il verificarsi di q.

Ad esempio, dimostriamo il seguente teorema.

Teorema 1.2 (1) (Quadrato di un intero)

Se n è un numero intero pari (risp. dispari), allora anche n2 è un numero intero pari (risp. dispari).

Dimostrazione.

Dimostriamo solo la parte relativa ai numeri interi pari (quella relativa agli interi dispari si dimostra in modo analogo).

In questo teorema, l'ipotesi è la proposizione “n è un numero intero pari”, e la tesi, cioé ciò che si deve dimostrare, è la

proposizione “n2 è un intero pari”. Per dimostrare la tesi, eseguiamo la seguente sequenza di passaggi logici: anzitutto

osserviamo che, dire che n è un intero pari, significa dire che nella sua decomposizione in fattori compare il numero 2,

quindi possiamo scrivere n = 2 k, dove k è un opportuno intero naturale. Ma se n = 2 k, elevando al quadrato entrambe i

membri, si deduce che n2 = 4 k2, quindi anche n2 ha, nella sua decomposizione in fattori, il fattore 2, quindi è un numero

pari, e la tesi è dimostrata. à

Vedremo nel seguito molti altri esempi di ragionamenti di questo tipo.

Definizione 1.2 (6) (Doppia implicazione)

Se p e q sono proposizioni, si indica col simbolo pñ q (si legge p equivale a q) la proposizione:

pñ q =def . Hpfl qL Ô Hqfl pL

E' facile verificare che la proposizione p ñ q (p equivale a q) è vera se e solo se p e q sono entrambe vere o entrambe

false, cioé se le due proposizioni p e q, hanno lo stesso “valore di verità”.

Infatti, la tabella di verità della proposizione Hpfl qL ÔHqfl pL, ossia della proposizione pñ q, è la seguente:

p q p ñ q

Vero Vero Vero

Vero Falso Falso

Falso Vero Falso

Falso Falso Vero

Se pñ q si dice anche che il verificarsi di p è condizione necessaria e sufficiente per il verificarsi di q. Il simbolo ñ si

chiama doppia implicazione.

Capita spesso che due proposizioni formalmente differenti abbiano lo stesso valore di verità, cioé siano appunto

equivalenti. Vediamo alcuni esempi importanti di questa situazione.

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Esempio 1.2 (5) (Commutatività e associatività dei connettivi)

E' immediato verificare che:

p Ï qñ p Ï q, p qñ p q (commutatività)

p Ï Hq Ï rL ñ Hp Ï qL Ï r, p Hq rL ñ Hp qL r (associatività)

Infatti, basta costruire le tabelle di verità; ad esempio:

p q p Ï q q Ï p

Vero Vero Vero Vero

Vero Falso Falso Falso

Falso Vero Falso Falso

Falso Falso Falso Falso

mostra la commutatività di fl; in modo analogo si verificano le altre equivalenze.

Esempio 1.2 (6) (Distributività dei connettivi)

I due connettivi logici fl e fi sono distributivi l'uno rispetto all'altro, un pò come la moltiplicazione rispetto all'addizione:

p Ï Hq rL ñ Hp Ï qL Hp Ï rL, p Hq Ï rL ñ Hp qL Ï Hp rLInfatti:

p q r p Ï Hq rL Hp Ï qL Hp Ï rLVero Vero Vero Vero Vero

Vero Vero Falso Vero Vero

Vero Falso Vero Vero Vero

Vero Falso Falso Falso Falso

Falso Vero Vero Falso Falso

Falso Vero Falso Falso Falso

Falso Falso Vero Falso Falso

Falso Falso Falso Falso Falso

e analogamente per l'altra equivalenza.

Nei seguenti due esempi dimostriamo le leggi di De Morgan.

Esempio 1.2 (7) (Prima legge di De Morgan)

Date due proposizioni p e q, consideriamo le due proposizioni composte: Ÿ Hp qL e HŸ pL Ï HŸ qL; faremo vedere che

esse sono equivalenti, cioé:

Ÿ Hp qLñ HŸ pL Ï HŸ qLInfatti, basta costruire le tavole di verità delle due proposizioni:

p q ŸHpfiqLVero Vero Falso

Vero Falso Falso

Falso Vero Falso

Falso Falso Vero

p q HŸpLflHŸqLVero Vero Falso

Vero Falso Falso

Falso Vero Falso

Falso Falso Vero

per constatare che esse sono equivalenti. La prima legge di De Morgan fornisce il modo di negare la disgiunzione logica

di due proposizioni: ad esempio, la negazione della proposizione: “Anna studia oppure Gianni va al cinema” è: “Anna

non studia e Gianni non va al cinema”.

Esempio 1.2 (8) (Seconda legge di De Morgan)

La seconda legge di De Morgan fornisce il modo di costruire la negazione della congiunzione logica di due proposizioni:

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Ÿ Hp Ï qLñ HŸ pL HŸ qLVerifichiamolo mediante le tavole di verità delle due proposizioni:

p q ŸHpflqLVero Vero Falso

Vero Falso Vero

Falso Vero Vero

Falso Falso Vero

p q HŸpLfiHŸqLVero Vero Falso

Vero Falso Vero

Falso Vero Vero

Falso Falso Vero

Dunque la negazione della proposizione: “Anna studia e Gianni va al cinema” è: “Anna non studia oppure Gianni non va

al cinema”.

Esempio 1.2 (9) (Disgiunzione e congiunzione di tautologie)

Se p è una proposizione qualsiasi, abbiamo visto che la proposizione p Ÿ p è una tautologia, cioé è sempre vera. Ora,

se q è un'altra proposizione, si ha:

Hp Ÿ pL Ï q ñ q, Hp Ÿ pL q ñ p Ÿ p

In altri termini, la disgiunzione di una proposizione sempre vera con una proposizione q lascia inalterato il valore di

verità di q, la congiunzione produce invece una proposizione sempre vera.

Infatti:

p q HpfiŸpLflq HpfiŸpLfiq

Vero Vero Vero Vero

Vero Falso Falso Vero

Falso Vero Vero Vero

Falso Falso Falso Vero

Esempio 1.2 (10) (Negazione di un'implicazione)

Se p e q sono due proposizioni, la negazione della proposizione pfl q è la proposizione Ÿ q Ï p; in simboli:

Ÿ Hpfl qL ñ Ÿ q Ï p

Infatti:

Ÿ Hpfl qL def. diflŸ HŸ p qL De Morgan

p Ì Ÿ qcommutatività

Ÿ q Ì p

Ad esempio, se p =“entra un ladro” e q =“il cane abbaia”, l'implicazione pfl q significa: “se entra un ladro il cane

abbaia”; la sua negazione Ÿ q Ï p significa: “il cane non abbaia ed entra un ladro”.

Esempio 1.2 (11) (Contronominale)

Date due proposizioni qualsiasi p e q, le due proposizioni composte: pfl q e Ÿ qflŸ p sono equivalenti, cioé:

pfl q ñ Ÿ qflŸ p

Infatti:

pfl qdef. difl

Ÿ p qcommutatività

q Ÿ pperché q =ŸHŸqL

Ÿ HŸ qL Ÿ pdef. difl

Ÿ qflŸ p.

L'implicazione pfl q viene chiamata diretta, mentre l'implicazione Ÿ qflŸ p viene chiamata contronominale.

In virtù di quanto visto nell'esempio precedente, talvolta, per dimostrare che p fl q, si procede dimostrando che

Ÿ q fl Ÿ p. In altri termini, la negazione della tesi comporta la negazione dell'ipotesi. Tale procedimento si dice

“riduzione all'assurdo'' o “dimostrazione per assurdo''.

Per dare un esempio di questo procedimento, dimostriamo il seguente teorema.

Teorema 1.2 (2) (Quadrati pari o dispari)

Se n è un intero naturale e n2 è un numero pari (risp. dispari), allora anche n è pari (risp. dispari).

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Dimostrazione.

Dimostriamo solo la parte relativa ai numeri pari, quella relativa ai dispari si dimostra in modo analogo.

L'ipotesi di questo teorema è dunque la proposizione p: “n è un intero naturale e n2 è pari”, la tesi è la proposizione q: “n

è un numero pari”. Per dimostrare che p fl q, facciamo vedere, ragionando per assurdo, che Ÿ qflŸ p; infatti,

neghiamo la proposizione q e assumiamo che n sia un intero dispari. Ma allora, grazie al teorema 1.2 (1) sul quadrato di

un intero (dimostrato prima), anche n2 dovrebbe essere dispari, contro l'ipotesi che sia pari. L'assurdo che abbiamo

ottenuto è derivato dall'aver negato la tesi, quindi la tesi del teorema è vera. à

Un altro esempio importante è il seguente teorema.

Teorema 1.2 (3) (Irrazionalità della radice quadrata di 2)

Se m ed n sono numeri interi primi tra loro, allora m2

n2∫ 2.

Dimostrazione.

In questo teorema l'ipotesi, che chiamiamo p, è la proposizione: “m ed n sono numeri interi primi tra loro”, mentre la tesi,

che chiamiamo q, è che m2

n2∫ 2. Per dimostrare che p fl q, facciamo vedere, ragionando per assurdo, che Ÿ qflŸ p.

Supponiamo dunque che m2

n2= 2 (questa è la negazione di q); allora m2 = 2 n2, cioé m2 é pari. Ma allora anche m é pari,

quindi m = 2 k. Essendo m2 = 2 n2, si ha 4 k2 = 2 n2, cioé 2 k2 = n2, pertanto anche n2, e quindi n, é pari.

Abbiamo dunque ottenuto che m ed n sono pari, quindi non sono primi tra loro, che è appunto la proposizione Ÿ p. à

Osservazione.

Il significato di tale teorema è che non esiste nessun numero razionale (cioè del tipo m

n), il cui quadrato sia uguale a 2. In

altri termini, 2 è un numero irrazionale.

Osservazione.

Osserviamo infine che il calcolo proposizionale può essere rappresentato mediante circuiti elettrici, chiusi da interruttori

che rappresentano lo stato vero-falso delle proposizioni.

Ad esempio, la proposizione composta p Ï q può essere rappresentata mediante due interruttori disposti in serie:

p q

p = falso q = falso

Analogamente, la proposizione composta p q può essere rappresentata da due interruttori in parallelo:

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p q

p = falso

q = falso

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1.3 Predicati e quantificatori

Introduciamo ora la nozione di predicato. Un predicato è un enunciato contenente una o più variabili, che indicheremo

con simboli del tipo pHxL, pHx, yL ecc..

Ad esempio:

pHxL = “x ha i capelli biondi”

qHx, yL = “x è più alto di y”

rHxL = “ x - 1 < x2”

In genere le variabili che compaiono in un predicato devono appartenere ad un determinato insieme affinché esso abbia

senso; ad esempio, il predicato pHxL precedente ha senso purché x vari in un insieme di persone (non calve), qHx, yL può

avere senso per tutto ciò che ha l'attributo di “altezza”, il predicato rHxL ha senso solo per i numeri reali x ¥ 1 (altrimenti

sotto il segno di radice quadrata comparirebbe un numero negativo).

Un predicato si trasforma in proposizione fissando il valore delle variabili. Al contrario delle proposizioni, i predicati non

hanno un valore di verità; ad esempio, il predicato “x ha i capelli biondi” non è né vero né falso. Ovviamente, quando si

fissa il valore di x nell'insieme in cui il predicato ha senso, tale predicato si trasforma in proposizione, e, come tale, è

vero oppure falso.

Se pHxL è un predicato, esso si può trasformare in una proposizione dotata di un preciso valore di verità facendolo

precedere dalla parola “ogni” oppure dalla parola “esiste”.

In effetti in matematica si usano spesso proposizioni nelle quali compare la parola “ogni” oppure la parola “esiste”.

Ad esempio:

“ogni numero pari è divisibile per 2”

oppure:

“esiste in � una soluzione dell'equazione 2 x = 5”.

Tali proposizioni si possono indicare simbolicamente usando la nozione di predicato e i simboli ", $ che si leggono,

rispettivamente, per ogni ed esiste. Il simbolo " si chiama quantificatore universale; il simbolo $ si chiama

quantificatore esistenziale.

Ad esempio, se P è l'insieme dei numeri pari, e pHxL è il predicato “x è divisibile per 2”, allora la scrittura:

1.3 (1)" x œ P : pHxL(che si legge: per ogni x appartenente all'insieme P, pHxL è vero), equivale, appunto, alla frase “ogni numero pari è

divisibile per 2”.

Analogamente, se � è l'insieme dei numeri reali, e pHxL = “2 x = 5”, la scrittura:

1.3 (2)$ x œ� '' pHxL(che si legge: esiste un x appartenente ad � tale che pHxL è vero), equivale a “esiste in � una soluzione dell'equazione

2 x = 5”.

Si noti che i due enunciati precedenti hanno effettivamente un preciso valore di verità (sono entrambe vere), al contrario

dei predicati pHxL presi isolatamente, senza quantificatori.

E' particolarmente importante, per il seguito, saper fare la negazione di una proposizione contenente un

quantificatore. La negazione della proposizione “ogni uomo é mortale” é “esiste un uomo che non é mortale”. Più in

generale, la negazione della proposizione

" x œ A : pHxL è $ x œ A '' Ÿ pHxL.In simboli:

Ÿ H" x œ A : pHxLL ñ $ x œ A '' Ÿ pHxL.Analogamente, la negazione della proposizione “esiste un uomo alto più di due metri” è “ogni uomo non è alto più di due

metri”.

Dunque, in generale:

Ÿ H$ x œ A '' pHxLL ñ " x œ A : Ÿ pHxL.Pertanto, la negazione di una proposizione che inizia con il quantificatore ", inizia con il quantificatore $ e viceversa.

Il simbolo $ significa esiste uno ed un solo. Ad esempio, la frase: “esiste una ed una sola soluzione reale dell'

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1. Elementi di logica3. Predicati e quantificatori

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equazione 2 x3 = 5” può essere scritta simbolicamente:

$ x œ � '' 2 x3 = 5.

Chiaramente, mentre la proposizione: $ x œ � '' x2 = 1 è vera, in quanto il simbolo $ non richiede l'unicità, la

proposizione $ x œ � '' x2 = 1 è falsa dato che x = ≤1.

Osservazione.

Una proposizione contenente un quantificatore universale non può essere dimostrata, in generale, mediante esempi. Ad

esempio, consideriamo la proposizione:

" n œ � :n

n+1< 1;

essa afferma che, qualsiasi sia l'intero naturale n, si ha sempre n

n+1< 1; non possiamo certo verificarlo sostituendo nella

formula tutti gli interi naturali, e il fatto che essa sia vera per 10, 100 o 1.000 interi non dimostra certo che essa è valida

sempre.

Viceversa, una proposizione contenente un quantificatore esistenziale del tipo:

$ x œ A '' pHxLpuò essere dimostrata semplicemente trovando un x œ A che rende vero il predicato pHxL. Ad esempio, la proposizione:

$ x œ � '' x3 - 2 x2 + x - 2 = 0

può essere dimostrata semplicemente osservando che il numero x = 2, sostituito nel predicato

pHxL = “x3 - 2 x2 + x - 2 = 0”, lo rende effettivamente vero, come si vede eseguendo i calcoli.

Osservazione.

L'osservazione precedente è utile se si vuole dimostrare la negazione di una proposizione del tipo:

1.3 (3)" x œ A : pHxLInfatti ciò significa che si vuole dimostrare che la proposizione Ÿ H" x œ A : pHxLL è vera. Ma tale affermazione equivale a

dimostrare che è vera la proposizione:

$ x œ A '' Ÿ pHxL,e quest'ultima proposizione può essere dimostrata trovando un x œ A per cui il predicato pHxL è falso. Si dice allora che

questo x costituisce un controesempio della 1.3 (3).

Ad esempio, consideriamo la proposizione:

" n œ � : n < n + 10

Per dimostrare che essa è falsa, basta trovarne un controesempio, cioè basta dimostrare che la sua negazione è vera, cioé

che:

$ n œ � : n ¥ n + 10.

Per dimostrare quest'ultimo fatto basta osservare che, prendendo, ad esempio, n = 16, si ha 16 ¥ 4 + 10, il che è vero.

Terminiamo osservando che i predicati pHxL sono utili per definire sottoinsiemi di un insieme mediante proprietà di cui

godono i loro elementi.

Se A é un insieme, e pHxL un predicato che ha senso (cioé é vero o falso) per ogni elemento x di A, con la scrittura

B = 9 x œ A pHxL = (che si legge B é uguale all'insieme degli x appartenenti ad A tali che pHxL é vero), si individua quel

sottoinsieme B i cui elementi godono della proprietà espressa dal predicato pHxL.Ad esempio: 9 x œ � 1 § x < 5 = individua il sottoinsieme 81, 2, 3, 4< di �.

Alcuni sottoinsiemi particolarmente importanti di � (l'insieme dei numeri reali, che studieremo meglio in un capitolo

successivo) sono gli intervalli. Precisamente si danno le seguenti definizioni.

Definizione 1.3 (1) (Intervalli limitati)

Se a e b sono numeri reali, con a < b, si dice:

intervallo chiuso di estremi a, b, l'insieme: @a, bD = 9 x œ � a § x § b =;intervallo aperto di estremi a, b, l'insieme: D a, b@ =9 x œ � a < x < b =;

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1. Elementi di logica3. Predicati e quantificatori

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Settembre 2014

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intervallo chiuso a sinistra e aperto a destra di estremi a, b, l'insieme: @a, b@ =9 x œ � a § x < b =;intervallo aperto a sinistra e chiuso a destra di estremi a, b, l'insieme: D a, bD =9 x œ � a < x § b =.

Come vedremo meglio in seguito, l'insieme � dei numeri reali si può rappresentare su una retta orientata; gli intervalli

possono allora essere rappresentati come segmenti di tale retta; ad esempio, per rappresentare l'intervallo chiuso a

sinistra e aperto a destra @a, b@, useremo una rappresentazione grafica del tipo:

a b

Definizione 1.3 (2) (Intervalli illimitati)

Se a œ �, si dice:

intervallo chiuso di estremi a e +¶, l'insieme: @a, +¶@ =9 x œ � a § x =;intervallo aperto di estremi a e +¶,, l'insieme: D a, +¶@ =9 x œ � a < x =;intervallo chiuso di estremi -¶ ed a, l'insieme: D - ¶, aD =9 x œ � x § a =;intervallo aperto di estremi -¶ ed a, l'insieme: D - ¶, a@ =9 x œ � x < a =.

Dunque gli intervalli illimitati non sono altro che delle semirette di origine a, e il numero a può appartenere o no alla

semiretta.

Si noti, nella definizione di intervallo illimitato, l'uso dei simboli +¶ e -¶, che si leggono, rispettivamente, “più

infinito” e “meno infinito”.

Infine, per coerenza di notazioni, si pone: � =D -¶, +¶@.

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1. Elementi di logica3. Predicati e quantificatori

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1.4 Esercizi

Esercizio 1.4 (1)

Elencare gli elementi dei seguenti insiemi:

1°) L'insieme degli interi naturali pari maggiori di 5 e minori di 20;

2°) L'insieme dei sottoinsiemi dell'insieme A = 8b, 3<.3°) L'insieme dei sottoinsiemi propri di A = 8a, 4, 1<.

Svolgimento:

Omesso.

Esercizio 1.4 (2)

Elencare l'insieme delle parti dei seguenti insiemi:

A = 8a, 2<; A = 8c<; A = 81, b, c<.

Svolgimento:

Si può controllare il corretto svolgimento dell'esercizio mediante la seguente animazione.

A = 1 2 3 a b c

A = «

�HAL = 8«<

Esercizio 1.4 (3)

Elencare l'insieme � H�HALL per i seguenti insiemi:

A = 81<; A = 82, a<.

Svolgimento:

L'insieme � H�HALL è l'insieme delle parti dell'insieme delle parti di A. Ad esempio, se A = 81<, si ha: �HAL = 8«, 81<<,quindi

� H�HALL = �H8«, 81<<L = 8«, 8«<, 881<<, 8«, 81<<<.Analogamente per A = 82, a<, come si vede nella seguente animazione.

A = 1 2 a

A = «

�HAL = 8«<

�H�HALL = 8«, 8«<<

Esercizio 1.4 (4)

Costruire la tabella di verità della proposizione p Ÿ q.

Svolgimento:

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1. Elementi di logica4. Esercizi

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Procedendo come illustrato nel testo si ha immediatamente:

p q p Ÿ q

Vero Vero Vero

Vero Falso Vero

Falso Vero Falso

Falso Falso Vero

Esercizio 1.4 (5)

Costruire la tabella di verità della proposizione p Ï Hpfl qL.

Svolgimento:

Conviene costruire prima la tabella di verità della proposizione pfl q, e poi quella della proposizione data.

Procedendo come al solito, si ha:

p q pflq pflHpflqLVero Vero Vero Vero

Vero Falso Falso Falso

Falso Vero Vero Falso

Falso Falso Vero Falso

Esercizio 1.4 (6)

Costruire la tabella di verità della proposizione Hp Ï Hpfl qLL fl q.

Svolgimento:

La proposizione Hp Ï Hpfl qLL fl q equivale a HŸ Hp Ï Hpfl qLLL q; nell'esercizio precedente è stata costruita la tavola

di verità della proposizione p Ï HŸ p qL. Si ha allora:

p q ŸHpflHpflqLL HpflHpflqLL fl q

Vero Vero Falso Vero

Vero Falso Vero Vero

Falso Vero Vero Vero

Falso Falso Vero Vero

Come si vede, la proposizione Hp Ï Hpfl qLL fl q è una tautologia, cioé è sempre vera. Questo spiega perché, se p è

vera, e pfl q è vera, allora è vera anche la proposizione q.

Esercizio 1.4 (7)

Verificare che p Ï Hp qL ñ p, e che p Ï Hp Ï qL ñ p Ï q.

Svolgimento:

Infatti, confrontando le tavole di verità, si ha:

p q pflHpfiqL pfiHpflqL pflq

Vero Vero Vero Vero Vero

Vero Falso Vero Falso Falso

Falso Vero Falso Falso Falso

Falso Falso Falso Falso Falso

Esercizio 1.4 (8)

Verificare che le proposizioni p Ï Hq rL e Hp Ï qL r non sono equivalenti.

Svolgimento:

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

1. Elementi di logica4. Esercizi

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Basta confrontare le due tavole di verità:

p q r p Ï Hq rL Hp Ï qL r

Vero Vero Vero Vero Vero

Vero Vero Falso Vero Vero

Vero Falso Vero Vero Vero

Vero Falso Falso Falso Falso

Falso Vero Vero Falso Vero

Falso Vero Falso Falso Falso

Falso Falso Vero Falso Vero

Falso Falso Falso Falso Falso

Esercizio 1.4 (9)

Dimostrare che se p, q, r sono proposizioni qualsiasi, allora la proposizione: Hpfl qL Ï Hqfl rLfl Hpfl rL è sempre vera.

Svolgimento:

Possiamo procedere utilizzando le varie proprietà dei connettivi logici che abbiamo visto in precedenza:

Hpfl qL Ï Hqfl rLfl Hpfl rL per def . diflŸ HHpfl qL Ï Hqfl rLL Hpfl rL

De Morgan HŸ Hpfl qL Ÿ Hqfl rLL Hpfl rL per def . difl HŸ HŸ p qL Ÿ HŸ q rLL Ÿ p r

De Morgan Hp Ï Ÿ qL Hq Ï Ÿ rL Ÿ p rcommutatività

Ÿ p Hp Ï Ÿ qL r Hq Ï Ÿ rL

Ÿ p Hp Ï Ÿ qL r Hq Ï Ÿ rL distributività HHŸ p pL Ï HŸ p Ÿ qLL HHr qL Ï Hr fi Ÿ rLL

ñH*L

Ÿ p Ÿ q r qcommutatività

Ÿ p r Ÿ q q ñH**L

Ÿ q q.

L'equivalenza (*) è dovuta al fatto che, essendo Ÿ p p e r fi Ÿ r due tautologie, si ha

HŸ p pL Ï HŸ p Ÿ qL ñ Ÿ p Ÿ q, e, analogamente: Hr qL Ï Hr fi Ÿ rL ñ r q; l'equivalenza (**) è dovuta al

fatto che la presenza della tautologia Ÿ q q nella proposizione Ÿ p r Ÿ q q rende tale proposizione sempre vera,

cioé equivalente alla tautologia Ÿ q q, e questo dimostra anche la tesi.

In alternativa, possiamo anche costruire le varie tabelle di verità:

p q r pflq qflr HpflqLflHqflrL HHpflqLflHqflrLLflHpflrLVero Vero Vero Vero Vero Vero Vero

Vero Vero Falso Vero Falso Falso Vero

Vero Falso Vero Falso Vero Falso Vero

Vero Falso Falso Falso Vero Falso Vero

Falso Vero Vero Vero Vero Vero Vero

Falso Vero Falso Vero Falso Falso Vero

Falso Falso Vero Vero Vero Vero Vero

Falso Falso Falso Vero Vero Vero Vero

Esercizio 1.4 (10)

Scrivere, adoperando i quantificatori, le proposizioni:

1°) “l' equazione 1

x= x ha una soluzione reale”

2°) “ogni numero intero minore di 10 è pari”

3°) “esiste un numero reale minore di tutti gli interi naturali”

4°) “per ogni numero reale x esiste un numero reale maggiore di x”

5°) “è maggiore o uguale a zero ogni numero reale il cui quadrato sia maggiore o uguale a zero”

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1. Elementi di logica4. Esercizi

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e dire se tali proposizioni sono vere o false.

Svolgimento:

Domanda 1°L 2°L 3°L 4°L 5°L Reset

Esercizio 1.4 (11)

Scrivere, prima a parole e poi con i quantificatori, le negazioni delle 5 proposizioni precedenti.

Svolgimento:

Domanda 1°L 2°L 3°L 4°L 5°L Reset

Esercizio 1.4 (12)

Elencare esplicitamente gli elementi dei seguenti insiemi:

1°) 8m œ � 1 § m < 10 ed m è divisibile per 3<;2°) 9x œ �

1

xœ � , e

1

x< 5=;

Svolgimento:

Omesso.

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1. Elementi di logica4. Esercizi

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2 Teoria degli insiemi

Dopo aver introdotto la nozione di insieme nel capitolo precedente, in questo si definiscono le operazioni tra gli insiemi e

si studia il fondamentale concetto di funzione tra insiemi.

2.1 Operazioni tra insiemi

Tra i sottoinsiemi di un dato insieme E si definiscono le operazioni di unione, intersezione, complementare come

indicato di seguito.

Definizione 2.1 (1) (Unione di insiemi)

Siano A e B sottoinsiemi dello stesso insieme E. Si dice unione di A e B, e si denota con A ‹ B, l'insieme:

A ‹ B = 9 x œ E x œ A oppure x œ B =.L'unione di A e di B è dunque quell'insieme che contiene quegli elementi di E che appartengono ad A, a B, oppure ad

entrambe.

Ad esempio, se A = 81, 2, 3, 4, 5<, B = 83, 4, 6, 7<, allora A ‹ B = 81, 2, 3, 4, 5, 6, 7<. Infatti, gli elementi 1, 2,

5 appartengono all'unione in quanto sono elementi di A, gli elementi 6 e 7 appartengono all'unione in quanto elementi di

B, e infine anche gli elementi 3 e 4 appartengono all'unione in quanto sono contemporaneamente elementi di A e di B.

Osservazione.

Si noti che la definizione di unione di insiemi è data mediante la nozione di predicato: la scrittura

9 x œ E x œ A oppure x œ B = individua quegli elementi di E che rendono vero il predicato Hx œ AL Hx œ BL; dunque la

nozione di unione di insiemi è strettamente connessa con la nozione di congiunzione logica.

Definizione 2.1 (2) (Intersezione di insiemi)

Siano A e B sottoinsiemi dello stesso insieme E. Si dice intersezione di A e B, e si denota con A › B, l'insieme

A › B = 9 x œ E x œ A e x œ B =.L'intersezione di A e di B é dunque l'insieme degli elementi di E che appartengono "contemporaneamente'' ai due

insiemi. Ad esempio, nel caso dei due insiemi A = 81, 2, 3, 4, 5<, B = 83, 4, 6, 7< considerati prima, si ha

A › B = 83, 4<.Osservazione.

Si noti la presenza del predicato Hx œ AL Ï Hx œ BL nella definizione di intersezione.

Ovviamente due insiemi possono anche non avere nessun elemento in comune; in tal caso la loro intersezione è vuota, e i

due insiemi si dicono disgiunti:

Definizione 2.1 (3) (Insiemi disgiunti)

Due sottoinsiemi A e B di E si dicono disgiunti se A › B = « .

Ad esempio, i due insiemi A = 81, 2, 3< e B = 80, 4, 5< sono disgiunti, perché A › B = «.

Diamo ancora la seguente definizione.

Definizione 2.1 (4) (Complementare di un insieme)

Sia A sottoinsieme di un insieme E. Si dice complementare di A in E, e si denota con E\A, oppure con CE HAL, l'insieme

E\A = CEHAL = 8 x œ E x – A<.Dunque il complementare di A in E è costituito da quegli elementi di E che non appartengono ad A. Ad esempio, se

E = 81, 2, 3, 4, 5, 6<, ed A = 82, 4, 6<, allora E\A = 81, 3, 5<.Osservazione.

In questo caso il CEHAL è collegato alla negazione logica: gli elementi di CEHAL sono quelli che rendono vero il predicato

Ÿ Hx œ AL, che si considera definito nell'insieme “ambiente” E.

Il significato delle operazioni tra insiemi può essere facilmente compreso osservando i seguenti diagrammi di Venn.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

2. Teoria degli insiemi1. Operazioni tra insiemi

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A ‹ B A › B CAHBL

Definizione 2.1 (5) (Differenza di insiemi)

Se A e B sono sottoinsiemi di un insieme E, si dice differenza di A e B, e si denota con A\B, l'insieme di tutti gli

elementi di E che appartengono ad A ma non a B. In simboli:

A\B = 9 x œ E x œ A e x – B =.Dunque A\B si ottiene togliendo da A tutti gli elementi che appartengono a B. Ad esempio, se A = 81, 2, 3, 4, 5<, eB = 81, 3, 7, 9<, allora A\B = 82, 4, 5<.Osservazione.

Se A Õ E, allora la differenza E\A non è altro che il complementare CEHAL di A in E; la differenza A\B non richiede,

invece, che B sia necessariamente un sottoinsieme di A.

L'unione e l'intersezione di insiemi godono di diverse proprietà, alcune delle quali simili a quelle di cui godono

l'addizione e la moltiplicazione tra numeri.

E' immediato verificare che l'unione di insiemi è commutativa, cioé

A ‹ B = B ‹ A

ed è associativa, cioé:

A ‹ HB ‹ CL = HA ‹ BL ‹ C.

Si ha inoltre:

A ‹ A = A, A ‹« = A .

Anche l'intersezione è commutativa e associativa, cioé si ha:

A › B = B › A

A › HB › CL = HA › BL › C.

Il fatto che l'unione e l'intersezione siano commutative e associative, consente di definire in modo univoco l'unione e

l'intersezione di un qualsiasi numero di insiemi; ad esempio, A ‹ B ‹ C ‹ D (senza bisogno di parentesi) indica l'unione

di quattro insiemi.

Si ha inoltre:

A › A = A, A ›« = « .

Osserviamo infine che l'unione è distributiva rispetto all'intersezione, cioé:

A ‹ HB › CL = HA ‹ BL › HA ‹ CL,e analogamente l'intersezione è distributiva rispetto all'unione, cioé:

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

2. Teoria degli insiemi1. Operazioni tra insiemi

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A › HB ‹ CL = HA › BL ‹ HA › CL.Nella seguente animazione è possibile osservare, con l'aiuto dei diagrammi di Venn, il significato della distributività

dell'unione rispetto all'intersezione: fare l'unione di A con l'intersezione dei due insiemi B e C è la stessa cosa che fare

l'intersezione dei due insiemi A ‹ B e A ‹ C.

A B › C A ‹ HB › CLA ‹ B A ‹ C HA ‹ BL › HA ‹ CL

Valgono anche le seguenti uguaglianze, dette leggi di De Morgan per gli insiemi, che consentono di calcolare il

complementare dell'unione o dell'intersezione:

CE HA ‹ BL = CE HAL › CE HBLCE HA › BL = CE HAL ‹ CE HBL

Tutte le proprietà sopra elencate si possono dimostrare a partire da analoghe proprietà dei connettivi logici; a titolo di

esempio, dimostriamo la relazione CE HA ‹ BL = CE HAL › CE HBL utilizzando la prima legge di De Morgan per le

proposizioni (cfr. l'esempio 1.2.7):

x œ CE HA ‹ BLñŸ Hx œ A ‹ BLñŸ Hx œ A x œ BLñ HŸ x œ AL ÏHŸ x œ BLñ x – A Ï x – Bñ x œ CE HAL › CE HBL

.

Il significato delle leggi di De Morgan per gli insiemi può essere illustrato graficamente mediante i diagrammi di Venn:

CE HAL CE HBL CE HA‹BL CE HA›BL

A B

E

CE HAL

I complementari di A e B sono rappresentati dalle regioni con le linee rosse e blu diagonali; l'intersezione di tali

complementari (regione con quadrettatura bicolore) non è altro che il complementare di A ‹ B (prima legge). Invece,

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

2. Teoria degli insiemi1. Operazioni tra insiemi

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Settembre 2014

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l'unione dei due complementari è la regione con le linee rosse oppure blu, che non è altro che il complementare di

A › B (seconda legge).

Diamo ora la seguente definizione:

Definizione 2.1 (6) (Coppia ordinata)

Siano ora E ed F due insiemi, e siano a œ E e b œ F. L'insieme 88a<, 8a, b<< si dice coppia ordinata, e si indica con il

simbolo Ha, bL, cioè si pone:

Ha, bL = 88a<, 8a, b<<;a si dice prima coordinata, e b si dice seconda coordinata della coppia Ha, bL.

Osservazione.

La coppia ordinata Ha, bL differisce dall'insieme 8a, b< per il fatto che, mentre si ha sempre 8a, b< = 8b, a< (in un insieme

non ha importanza l'ordine in cui vengono elencati gli elementi), per una coppia ordinata si ha:

Ha, bL = Hb, aL ñ a = b.

Infatti:

Ha, bL = Hb, aL ñ 88a<, 8a, b<< = 88b<, 8b, a<< ñ 88a<, 8a, b<< = 88b<, 8a, b<< ñ 8a< = 8b< ñ a = b.

Si noti anche che gli insiemi E ed F non devono essere necessariamente distinti. Ciò premesso, diamo la seguente

definizione.

Definizione 2.1 (7) (Prodotto cartesiano di insiemi)

Se E ed F sono due insiemi, si dice prodotto cartesiano di E per F, e si indica con Eµ F, l'insieme di tutte le coppie

ordinate Ha, bL aventi come prima coordinata un elemento di E, e come seconda coordinata un elemento di F. In

simboli:

Eµ F = 9 Ha, bL a œ E, b œ F =.Esempio 2.1 (1)

Ad esempio, se E = 81, 2, 3<, F = 8a, b<, si ha:

EµF = 8 H1, aL, H2, aL, H3, aL, H1, bL, H2, bL, H3, bL<.Se si rappresentano gli elementi dei due insiemi E ed F come punti su due rette ortogonali (assi cartesiani ortogonali),

gli elementi del prodotto cartesiano EµF possono essere rappresentati mediante punti del piano:

H1, aL

H1, bL

H2, aL

H2, bL

H3, aL

H3, bL

1 2 3

a

b

Osservazione.

Ovviamente il prodotto cartesiano di due insiemi non è commutativo, cioé si ha, in generale, EµF ∫ FµE; ad esempio,

se si considerano i due insiemi dell'esempio precedente, si ha:

FµE = 8 Ha, 1L, Ha, 2L, Ha, 3L, Hb, 1L, Hb, 2L, Hb, 3L<.In modo analogo a quanto fatto per le coppie ordinate, si può dare la definizione di terna ordinata e, più in generale, la

nozione di ennupla ordinata. Corrispondentemente si definisce il prodotto cartesiano di tre o, più in generale, di n

insiemi.

Esempio 2.1 (2)

Se E = 81, 2, 3<, F = 8a, b<, e G = 85, 6<, una terna ordinata avente come primo elemento un elemento di E, come

secondo elemento un elemento di F e come terzo elemento un elemento di G, è, ad esempio, la terna H2, b, 5L.L'insieme di tutte queste terne ordinate è:

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2. Teoria degli insiemi1. Operazioni tra insiemi

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Settembre 2014

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EµFµG =

881, a, 5<, 81, a, 6<, 81, b, 5<, 81, b, 6<, 82, a, 5<, 82, a, 6<, 82, b, 5<, 82, b, 6<, 83, a, 5<, 83, a, 6<, 83, b, 5<, 83, b, 6<<

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2. Teoria degli insiemi1. Operazioni tra insiemi

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Settembre 2014

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2.2 Esercizi

Esercizio 2.2 (1)

Siano A = 81, 2<, B = 8a<, C = 8a, b<; Verificare che A ‹ HB › CL = HA ‹ BL › HA ‹ CL

Svolgimento:

Poiché:

B › C = 8a<, A ‹ B = 81, 2, a<, A ‹ C = 81, 2, a, b<,si ha:

A ‹ HB › CL = 81, 2< ‹ 8a< = 81, 2, a<,e, d'altro lato:

HA ‹ BL › HA ‹ CL = 81, 2, a< › 81, 2, a, b< = 81, 2, a<,da cui l'uguaglianza da verificare.

Esercizio 2.2 (2)

Fare l'intersezione e l'unione dei due intervalli di �: A = @1, 3@ e B =D 2, 4D.

Svolgimento:

Rappresentiamo graficamente i due intervalli:

1 3

2 4

L'intersezione sarà costituita da quei punti che appartengono ad entrambe gli intervalli, quindi A › B =D 2, 3@; per

l'unione, si devono considerare i punti che appartengono ad almeno uno dei due intervalli dati, quindi: A ‹ B = @1, 4D.Esercizio 2.2 (3)

Dimostrare che AµHB ‹ CL = AµB ‹ AµC, e che AµHB › CL = AµB › AµC

Svolgimento:

Se Ha, bL œ AµHB ‹ CL, si ha a œ A e b œ B ‹ C, e quindi...

Esercizio 2.2 (4)

I concetti di unione, intersezione e prodotto cartesiano possono essere estesi anche a infiniti insiemi. Ad esempio, per

ogni n œ �, sia

An = 9 k œ � k § 10 n =(dunque per ogni n œ �, An è l'insieme dei numeri interi naturali minori o uguali ad 10 n). Dimostrare che:

Ên=0

An = �, e che Ën=0

An = 80<,

dove con i simboli Ên=0

+¶ e Ë

n=0

+¶ si denotano, rispettivamente, l'unione e l'intersezione di tutti gli An con n œ �.

Svolgimento:

Dimostriamo la prima uguaglianza; anzitutto, poiché " n œ � : An Õ �, si avrà Ên=0

+¶An Õ �; se poi n0 œ �, preso n œ �

tale che n0 § 10 n, si avrà n0 œ An, e quindi anche n0 œÊn=0

+¶An; ciò dimostra l'altra inclusione � ÕÊ

n=0

+¶An, e quindi la

prima uguaglianza.

Analogamente si ragiona per la seconda.

Esercizio 2.2 (5)

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

2. Teoria degli insiemi2. Esercizi

32

Settembre 2014

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Per ogni insieme finito E, si indichi con †E§ il numero dei suoi elementi. Dimostrare che, se A e B sono insiemi finiti, si

ha:

†A ‹ B§ = †A§ + †B§ - †A › B§.

Svolgimento:

Basta osservare che

A ‹ B = HA \HA › BLL ‹ HB \HA › BLL ‹ A › B:

A B

A›BA\A›B B\A›B

e che i tre insiemi: A \HA › BL, B \HA › BL e A › B sono disgiunti, quindi:

†A ‹ B§ = †A \HA › BL§ + †B \HA › BL§ + †A › B§ = †A§ - †A › B§ + †B§ - †A › B§ + †A › B§ = †A§ + †B§ - †A › B§.Esercizio 2.2 (6)

In una scuola, 20 classi studiano inglese e 13 francese, ma 5 classi studiano sia inglese che francese. Quante sono le

classi della scuola?

Svolgimento:

Ovviamente non sono 20 + 13 = 33, perché in questo calcolo 5 classi verrebbero “contate due volte”, ma sono invece

20 + 13 - 5 = 28, in accordo con l'esercizio precedente.

Esercizio 2.2 (7)

In una scuola, 20 classi studiano inglese, 13 francese, e 18 tedesco; di esse, 5 classi studiano inglese e francese, 10

studiano inglese e tedesco, e 2 studiano inglese, francese e tedesco. Quante sono le classi della scuola?

Svolgimento:

Ricorriamo ai diagrammi di Venn:

F I

T

2

5

100

F' I'

T'

Due classi si trovano nell'intersezione dei tre insiemi, 5 studiano francese e inglese (ma non tedesco), 10 studiano inglese

e tedesco (ma non francese), mentre nessuna classe studia francese e tedesco ma non inglese.

Pertanto:

†F '§ = 13 - 5 - 2 = 6, †I '§ = 20 - 5 - 2 - 10 = 3, †T '§ = 18 - 2 - 10 = 6,

e quindi il numero complessivo delle classi della scuola è:

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2. Teoria degli insiemi2. Esercizi

33

Settembre 2014

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†F '§ + †I '§ + †T '§ + 2 + 5 + 10 = 6 + 3 + 6 + 2 + 5 + 10 = 32.

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2. Teoria degli insiemi2. Esercizi

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Settembre 2014

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2.3 Funzioni tra insiemi

Consideriamo il seguente “grafico a frecce”:

4 4

3

11

5

2

1

3

2

E F

Le frecce tra l'insieme E ed F definiscono una “corrispondenza” che associa agli elementi 1, 2, 3, 4 di E rispettivamente

gli elementi 5, 1, 1, 4 di F. Tale legge gode di due importanti proprietà:

1°) anzitutto, ad ogni elemento di E corrisponde un elemento di F , cioé da ogni elemento di E parte una freccia verso F;

2°) inoltre, ad un elemento di E è associato un unico elemento di F , cioé nessuna freccia si “biforca” verso due o più

elementi di F.

La corrispondenza tra E ed F stabilita dal grafico precedente, si dice funzione di E in F, secondo la seguente definizione.

Definizione 2.3 (1) (Funzione tra insiemi)

Siano E ed F due insiemi. Si dice funzione di E in F, e si denota con f : E Ø F una legge che associa ad ogni elemento

di E uno ed un solo elemento di F. L'insieme E si dice insieme di partenza, l'insieme F si dice insieme di arrivo di f .

Per ogni x œ E, l'unico elemento di F associato dalla funzione f ad x si denota con f HxL.Esempio 2.3 (1)

La legge definita dal grafico a frecce precedente, ossia:

4 4

3

11

5

2

1

3

2

E F

è una funzione avente come insieme di partenza l'insieme E = 81, 2, 3, 4<, e come insieme di arrivo l'insieme

F = 81, 2, 3, 4, 5<. Indicata con f questa legge, si scrive f : E Ø F; poiché poi all'elemento x = 3 di E è associato

l'elemento y = 1 di F, si scrive: f H3L = 1, e così via per tutti gli altri elementi di E.

Esempio 2.3 (2)

La legge definita dal seguente grafico:

4 4

3

1

3

2

1

5

2

1

3

2

E F

invece, non è una funzione, in quanto all'elemento 3 di E sono associati i due elementi 1 e 2 di F.

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2. Teoria degli insiemi3. Funzioni tra insiemi

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Settembre 2014

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Esempio 2.3 (3)

Anche la legge definita dal grafico seguente:

3

11

5

2

1

3

2

44

E F

non è una funzione, in quanto all'elemento 4 di E non è associato alcun elemento di F.

Solitamente se E ed F sono insiemi numerici, la legge f é espressa mediante simboli di operazioni matematiche da

eseguire su x per ottenere il corrispondente elemento y = f HxL di F.

Esempio 2.3 (4)

Ad esempio si può considerare la funzione f : �Ø� che ad ogni intero naturale x associa il numero relativo

f HxL = 2 x - 7. L'espressione 2 x - 7 rappresenta il complesso delle operazioni matematiche (moltiplicare per due e

sottrarre sette) simboleggiate dalla lettera f (il “nome” della funzione). Volendo, la funzione f può essere rappresentata

con il grafico a frecce:

0 -7

1 -5

2 -3

3 -1

4 1

E F∫ ∫

f

Ovviamente, se cambiano le operazioni da eseguire su x, cambia la funzione, ed essa sarà indicata con un simbolo

diverso. Ad esempio, lasciando inalterati l'insieme di partenza e quello di arrivo, si può definire una nuova funzione

g : E Ø F ponendo: gHxL = 10 - x2; questa nuova funzione associa ad ogni intero naturale, quel numero intero relativo

che si ottiene sottraendo a 10 il quadrato del numero dato.

Diamo ora la seguente definizione.

Definizione 2.3 (2) (Grafico di una funzione tra insiemi)

Siano E ed F due insiemi, e sia f : E Ø F una funzione di E in F. Si dice grafico della funzione f , l'insieme:

G f = 9 Hx, yL œ Eµ F y = f HxL =.Dunque il grafico di f : E Ø F ottiene considerando tutte quelle coppie del prodotto cartesiano di E per F del tipo

Hx, f HxLL, al variare di x in E.

Naturalmente G f Õ EµF. Così come EµF può essere rappresentato mediante un insieme di punti nel piano, così anche

G f può essere rappresentato allo stesso modo.

Esempio 2.3 (5)

Ad esempio, se f è ancora la funzione dell'esempio 2.3 (1), il suo grafico è costituito da tutte le coppie ordinate:

G f = 8 H1, 5L, H2, 1L, H3, 1L, H4, 4L<;il prodotto cartesiano di E per F è costituito da tutte le coppie indicate nella figura sottostante, mentre il sottoinsieme che

costituisce il grafico di f , è formato dalle coppie indicate con un punto rosso:

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2. Teoria degli insiemi3. Funzioni tra insiemi

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Settembre 2014

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H1, 1L

H1, 2L

H1, 3L

H1, 4L

H1, 5L

H2, 1L

H2, 2L

H2, 3L

H2, 4L

H2, 5L

H3, 1L

H3, 2L

H3, 3L

H3, 4L

H3, 5L

H4, 1L

H4, 2L

H4, 3L

H4, 4L

H4, 5L

1 2 3 4x

1

2

3

4

5

y

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2. Teoria degli insiemi3. Funzioni tra insiemi

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Settembre 2014

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2.4 Funzioni ingettive e surgettive

Diamo ora alcune definizioni fondamentali sulle funzioni.

Definizione 2.4 (1) (Immagine diretta)

Se f : E Ø F è una funzione di E in F, e se A Õ E, si dice immagine diretta (o semplicemente immagine) di A, e si

denota con f HAL, l'insieme:

f HAL = 9 y œ F $ x œ A ' ' y = f HxL =.In altri termini, f HAL è costituito da tutti gli elementi f HxL di F al variare di x in A.

Esempio 2.4 (1)

Consideriamo ancora la funzione f : E Ø F definita dal seguente grafico a frecce:

4 4

3

11

5

2

1A f HAL

3

2

E Ff

Se consideriamo il sottoinsieme A = 81, 2, 3< di E, allora f HAL = 81, 5<.Esempio 2.4 (2)

Se f : �Ø � è la funzione definita ponendo, per ogni x œ �, f HxL = n2 + 1, e se A = 80, 2, 3, 5<, allora

f HAL = 81, 5, 10, 26<.Diamo ora la definizione di codominio di una funzione.

Definizione 2.4 (2) (Codominio)

Si dice codominio di f : E Ø F l'immagine di E:

f HEL = 9 y œ F $ x œ E ' ' y = f HxL =.Dunque il codominio di f : E Ø F è l'insieme di tutti gli elementi di F del tipo f HxL al variare di x in tutto E. In altri

termini, il codominio di f é l'insieme di tutti gli elementi di F che corrispondono a qualche elemento di E.

Esempio 2.4 (3)

Se f è la funzione del grafico a frecce precedente, si ha: f HEL = 81, 4, 5<, cioé il suo codominio è il sottoinsieme 81, 4, 5<dell'insieme F, come si vede nel grafico seguente.

4 4

3

11

5

2

1 f HEL

3

2

E Ff

Esempio 2.4 (4)

Sia f : �Ø� così definita: f HxL = x - 7. Dando ad x i valori 1, 2, 3, 4, ecc., i valori corrispondenti di f HxL sono

8-6, -5, -4, -3, ∫<, pertanto il codominio di f è costituito da tutti gli interi relativi maggiori o uguali a -6.

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2. Teoria degli insiemi4. Funzioni ingettive e surgettive

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Settembre 2014

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Osservazione.

Se f : E Ø F è una funzione di E in F che associa ad ogni elemento di E sempre lo stesso elemento y di F, si dice che f

è una funzione costante, a costante valore y. Ciò equivale a dire che il suo codominio è un insieme ridotto ad un solo

elemento.

Osservazione.

Si noti che f HEL è sempre un sottoinsieme di F, ma, in generale non coincide con F. Ad esempio, ancora per la funzione

definita dal grafico a frecce precedente, si ha f HEL = 81, 4, 5<, mentre F = 81, 2, 3, 4, 5<.Definizione 2.4 (3) (Funzione surgettiva)

Una funzione f : E Ø F si dice surgettiva se risulta f HEL = F.

In altri termini una funzione si dice surgettiva se il suo codominio coincide con l'insieme di arrivo della funzione. Le

funzioni considerate negli esempi precedenti, non sono surgettive. Vedremo invece tra poco esempi di funzioni

surgettive.

Vediamo ora in che modo è possibile, in pratica, determinare il codominio di una funzione. Se si vuole determinare il

codominio di f : E Ø F, si fissa un y œ F, e si vede se l'equazione f HxL = y, nell'incognita x, è risolubile. Tale equazione

potrà essere risolubile, ad esempio, solo per alcuni valori di y, e, in tal caso, tali valori di y costituiscono il codominio di

f .

Esempio 2.4 (5)

Sia f : �Ø� la funzione così definita: f HxL = x2. Per determinarne il codominio, fissiamo y œ �, e cerchiamo di

risolvere l'equazione f HxL = y, cioè x2 = y. Dobbiamo allora imporre che sia y ¥ 0 (perché con y < 0 l'equazione x2 = y

non sarebbe risolubile) e, in tal caso, otteniamo le due soluzioni x = ≤ y . Dunque il codominio di f è l'intervallo

@0, +¶ @, cioè f H�L = @0, +¶@.Esempio 2.4 (6)

Sia ora f : �� la funzione definita nel modo seguente: f HxL = 1

x2+1. Per determinarne il codominio, fissiamo

nuovamente y œ �, e cerchiamo di risolvere l'equazione f HxL = y, cioè 1

x2+1= y. Dobbiamo anzitutto imporre che sia

y ∫ 0, e allora, passando ai reciproci, otteniamo x2 + 1 =1

y, da cui x2 =

1-y

y. Per ricavare x si deve ora imporre che sia

1-y

y¥ 0, cioè

y-1

y§ 0, il che accade per y œD 0, 1D. Si noti che quest'ultima condizione su y comprende anche la

condizione y ∫ 0 trovata prima.

Dunque, se y œD 0, 1D, si ottengono le due soluzioni x = ≤1-y

y. Dunque f H�L =D 0, 1D.

Diamo ora la seguente definizione.

Definizione 2.4 (4) (Immagine inversa)

Se f : E Ø F è una funzione di E in F, e se B Õ F, si dice immagine inversa (o controimmagine) di B, e si denota con

f -1HBL, l'insieme:

f -1HBL = 9 x œ E f HxL œ B =.Dunque, se B Õ F, la controimmagine di B è costituita da tutti gli x œ E tali che f HxL œ B.

Esempio 2.4 (7)

Nella seguente animazione è possibile vedere diversi esempi di controimmagini.

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Settembre 2014

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Esempio: 0 1 2 3

Funzione f : E Ø F

4 4

3

11

5

2

1

3

2

E Ff

Osservazione.

Ovviamente, se f : E Ø F è una funzione di E in F, la controimmagine di tutto F è tutto E; in altri termini, la

controimmagine dell'insieme di arrivo della funzione è tutto l'insieme di partenza.

Diamo ora la definizione di funzione ingettiva.

Definizione 2.4 (5) (Funzione ingettiva)

Una funzione f : E Ø F si dice ingettiva se verifica la seguente condizione:

" x1, x2 œ E, x1 ∫ x2 : f Hx1L ∫ f Hx2L.In altri termini, una funzione é ingettiva se, ad elementi distinti di E corrispondono elementi distinti di F.

Esempio 2.4 (8)

La funzione definita dal seguente grafico:

1 2 3 4x

1

2

3

4

5

y

è ingettiva in quanto ad elementi distinti di E corrispondono appunto elementi distinti di F (non è invece surgettiva).

Osservazione.

Si noti che una funzione è non ingettiva se non verifica la condizione

2.4 (1)" x1, x2 œ E, x1 ∫ x2 : f Hx1L ∫ f Hx2Ldella definizione precedente. Poiché la tale condizione inizia con un quantificatore universale, la sua negazione è:

$ x1, x2 œ E, x1 ∫ x2 '' f Hx1L = f Hx2L.In altri termini, una funzione f non è ingettiva se esistono almeno due elementi distinti x1 e x2 di E ai quali la funzione f

fa corrispondere lo stesso elemento di E.

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Settembre 2014

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Esempio 2.4 (9)

La funzione definita dal seguente grafico:

1 2 3 4x

1

2

3

4

5

y

non è ingettiva in quanto ai due elementi di E distinti: x1 = 2 e x2 = 3 corrisponde lo stesso elemento y = 2 di F .

Osservazione.

Osserviamo che la 2.4 (1) può essere espressa anche nel modo seguente:

2.4 (2)" y œ f HEL : $ x œ E '' f HxL = y

ossia, a parole: per ogni y nel codominio di f , esiste uno ed un solo x in E tale che f HxL = y, e questa è, appunto la

condizione di ingettività 2.4 (1), solo espressa con parole diverse.

Si può anche osservare che la 2.4 (2) equivale a dire che la controimmagine di ogni elemento del codominio è un insieme

ridotto ad un solo elemento:

" y œ f HEL : f -1H8y<L è un insieme ridotto ad un solo elemento.

La 2.4 (2) suggerisce un modo pratico per studiare l'ingettività di una funzione: basta infatti fissare un y nel codominio di

f (che supponiamo di aver già calcolato) e vedere se l'equazione f HxL = y é risolubile univocamente oppure no. Nel

primo caso la funzione é ingettiva, altrimenti no.

Esempio 2.4 (10)

Sia f : �Ø� la funzione f HxL = x2. Sappiamo da un esempio precedente, che il suo codominio è f H�L = @0, +¶@. Sia

y œ @0, +¶@; l'equazione f HxL = y ammette le due soluzioni x1ê2 = ≤ y , pertanto la funzione f non è ingettiva.

Esempio 2.4 (11)

La funzione f : �� tale che f HxL = 1

x2+1 ha come codominio l'intervallo D 0, 1D, come sappiamo ancora da un esempio

precedente. Se y œD 0, 1D, l'equazione f HxL = y ammette le due soluzioni x1ê2 = ≤1-y

y, e pertanto non è ingettiva.

Osserviamo ora che é possibile contemporaneamente determinare il codominio di una funzione, e vedere se é ingettiva o

non ingettiva. Basta infatti procedere come nell'esempio seguente.

Esempio 2.4 (12)

Sia f :D 0, +¶@Ø� la funzione così definita: f HxL = 1

x. Per determinarne il codominio e verificare se è ingettiva o no,

fissiamo y in �, e risolviamo l'equazione 1

x= y. Dobbiamo imporre anzitutto y ∫ 0, e poi si ha x =

1

y. Ora dobbiamo

imporre che sia 1

y> 0, cioè y > 0, e si ottiene x =

1

y2. La condizione y > 0 che abbiamo ottenuto significa che il

codominio di f è D 0, +¶@. Il fatto che, se y œD 0, +¶@ si ottiene solo la soluzione x =1

y2, significa che la funzione è

ingettiva.

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2. Teoria degli insiemi4. Funzioni ingettive e surgettive

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Settembre 2014

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Esempio 2.4 (13)

Sia f : �\81<Ø� la funzione così definita: f HxL = 1

x3-1. Fissiamo y œ �; si ha:

1

x3-1= y ó

y∫0

x3 - 1 =1

yó x3 =

1

y+ 1 =

1+y

yó x =

1+y

y3 .

Dunque il codominio di f è �\80<, ed f è ingettiva.

Osservazione.

Osserviamo ora che, se f é ingettiva, risolvendo l'equazione f HxL = y, si determina x in funzione di y. Si ottiene dunque

una nuova funzione che associa ad ogni elemento y del codominio di f , un unico elemento x di E. Tale nuova funzione

si dice inversa di f , e si indica col simbolo f -1.

Esempio 2.4 (14)

Abbiamo visto che la funzione f :D 0, +¶@Ø� tale che f HxL = 1

x è ingettiva e il suo codominio è D 0, +¶@. Abbiamo

anche visto che, se y œD 0, +¶@, dall'equazione f HxL = y si ottiene la soluzione (unica) x =1

y2. Questa espressione

definisce x in funzione di y e, pertanto, è la funzione inversa di f , cioè f -1HyL = 1

y2.

Esempio 2.4 (15)

Analogamente, la funzione inversa di f : �\81<� tale che f HxL = 1

x3-1, è la funzione f -1HyL = y+1

y3 , definita per

y œ �\80<.Ciò premesso, diamo ora in modo più preciso la definizione di funzione inversa.

Definizione 2.4 (6) (Funzione inversa)

Sia f : E Ø F una funzione ingettiva. Si dice inversa di f , e si denota con f -1, la funzione f -1 : f HELØ E che associa

ad ogni elemento y œ f HEL, quell'unico x œ E tale che f HxL = y.

Si noti infine che, in pratica, la variabile che compare nell'espressione di f -1 viene indicata ancora con x invece che con

y. Ad esempio, si può dire che l'inversa della funzione f HxL = 1

x è la funzione f -1HxL = 1

x2, oppure che l'inversa della

funzione f HxL = 1

x3-1 è la funzione f -1HxL = x+1

x3 .

Osservazione.

Osserviamo che, per definizione stessa di funzione inversa, si ha:

" x œ E : f -1H f HxLL = x, e " y œ f HEL : f I f -1HyLM = y.

Il seguente teorema mette in luce una semplice relazione tra il grafico di una certa funzione ingettiva f : E Ø F, e quello

della sua funzione inversa f -1 : f HELØ E.

Teorema 2.4 (1) (Grafico di una funzione e grafico dell'inversa)

Sia f : E Ø F una funzione ingettiva, e sia f -1 : f HELØ E la sua inversa. Indicati con G f e G f -1 rispettivamente il

grafico di f e quello di f -1, si ha che:Hx, yL œG f ñ Hy, xL œG f -1 .

Dimostrazione.

Supponiamo che Hx, yL œG f ; ciò significa, per definizione di grafico, che y = f HxL; consideriamo allora la coppia Hy, xL;per dimostrare che essa appartiene al grafico di f -1, si deve dimostrare che x = f -1HyL; in effetti:

f -1HyL = f -1H f HxLL = x, e la prima implicazione è dimostrata.

In modo analogo, per dimostrare la seconda implicazione, supponiamo che Hy, xL œ G f -1 , e quindi che sia f -1HyL = x; ma

allora, per dimostrare che Hx, yL œG f , basta dimostrare che f HxL = y; e in effetti: f HxL = f I f -1HyLM = y, e anche la

seconda implicazione è dimostrata. à

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2. Teoria degli insiemi4. Funzioni ingettive e surgettive

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Settembre 2014

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Osservazione.

Se si rappresentano le due coppie Hx, yL e Hy, xL mediante punti del piano cartesiano, si vede subito che essi sono

simmetrici rispetto alla bisettrice del primo e del terzo quadrante (si trovano proprio sulla bisettrice se e solo se x = y),

quindi il teorema precedente ha la seguente interpretazione grafica: il grafico di f e quello di f -1 sono simmetrici

rispetto alla bisettrice del primo e del terzo quadrante.

Esempio 2.4 (16)

Siano E = 81, 2, 3, 4<, e sia F = 8a, b, c, d , e, f <, e sia f : E Ø F la funzione definita dal seguente grafico a frecce:

Dal grafico a frecce vediamo che si tratta di una funzione ingettiva, con codominio f HEL = 8a, b, e, f <, pertanto è

invertibile, e la sua inversa f -1 : f HELØ E può essere rappresentata mediante il grafico a frecce:

Rappresentiamo ora il grafico della funzione f : E Ø F come sottoinsieme del prodotto cartesiano EµF, e il grafico della

funzione f -1 : f HELØ F come sottoinsieme del prodotto cartesiano FµE:

1 2 3 4x

a

b

c

d

e

f

y

a b c d e fx

1

2

3

4

y

Come si vede, il grafico di f , rappresentato dai punti rossi, e quello di f -1, rappresentato da quelli blu, sono simmetrici

rispetto alla bisettrice (retta tratteggiata nel terzo grafico).

Terminiamo con un'ultima definizione.

Definizione 2.4 (7) (Funzione bigettiva)

Una funzione f : E Ø F si dice bigettiva se è ingettiva e surgettiva.

Ad esempio, la funzione f : �Ø� tale che f HxL = x3 è ingettiva e surgettiva (come è facile verificare), pertanto è

bigettiva.

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2. Teoria degli insiemi4. Funzioni ingettive e surgettive

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Settembre 2014

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2.5 Esercizi

Esercizio 2.5 (1)

Sia f : �Ø� la funzione definita ponendo, per ogni x œ �, f HxL = x2 + 1; determinare:

f H8-1, 2, 4<L, f H85<L, f -1H80, 2, 3<L, f -1H85<L, f -1H80<L.

Svolgimento.

Ovviamente si ha:

f H8-1, 2, 4<L = 82, 5, 17<, f H85<L = 826<;Notare la differenza tra l'immagine dell'insieme ridotto al solo 5, che è l'insieme 826<, ed f H5L, che è il valore della

funzione per x = 5, e che è il numero 26.

Per determinare f -1H80, 2, 3<L, osserviamo che le equazioni:

x2 + 1 = 0, x2 + 1 = 2, x2 + 1 = 3,

hanno rispettivamente: nessuna soluzione, le soluzioni x = ≤1, le soluzioni x = ≤ 2 , per cui:

f -1H80, 2, 3<L = :-1, 1, - 2 , 2 >.

Allo stesso modo si ottiene:

f -1H85<L = 8-2, +2<,e ovviamente:

f -1H80<L = «.

Esercizio 2.5 (2)

Sia f : E Ø F una funzione di E in F; dimostrare che, se A e B sono sottoinsiemi di E, si ha:

f HA ‹ BL = f HAL ‹ f HBL, f HA › BL Õ f HAL › f HBL.

Svolgimento.

Per dimostrare la prima uguaglianza osserviamo che, se y œ f HA ‹ BL, per definizione di immagine diretta, esiste

x œ A ‹ B, tale che f HxL = y; ma allora y appartiene a f HAL, oppure a f HBL o ad entrambe, quindi y œ f HAL ‹ f HBL.Viceversa, se y œ f HAL ‹ f HBL, allora y appartiene a f HAL, oppure a f HBL o ad entrambe, quindi esiste x appartenente ad

A, a B o ad entrambe, tale che f HxL = y; ma allora x œ A ‹ B, e quindi y œ f HA ‹ BL.Per la seconda inclusione si procede in modo analogo: infatti, se y œ f HA › BL, esiste x œ A › B tale che f HxL = y; ma

allora, poiché x appartiene sia ad A che a B, anche y = f HxL appartiene sia a f HAL che ad f HBL, cioé y œ f HAL › f HBL.Esercizio 2.5 (3)

Sia f : E Ø F una funzione di E in F; dimostrare che, se A e B sono sottoinsiemi di E, in generale l'inclusione:

f HA › BL Õ f HAL › f HBLnon è un'uguaglianza, cioé, in generale, f HA › BL è un sottoinsieme proprio di f HAL › f HBL, salvo il caso in cui f è

ingettiva.

Svolgimento:

Si chiede di dimostrare che l'affermazione secondo cui, per ogni A e B, sottoinsiemi di E, risulta

f HA › BL Õ f HAL › f HBL, è falsa; per dimostrare ciò, è sufficiente trovare un controesempio. Infatti, siano x1 e x2

elementi distinti di E, e sia f : E Ø F una funzione tale che f Hx1L = f Hx2L; consideriamo i due sottoinsiemi A = 8x1< e

B = 8x2< di E; certamente si ha: A › B = «, pertanto f HA › BL = «, e, d'altra parte, f Hx1L œ f HAL, f Hx2L œ f HBL e poiché

f Hx1L = f Hx2L, l'intersezione f HAL › f HBL non è vuota.

Resta da dimostrare che, se f è ingettiva, allora vale anche l'inclusione:

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f HAL › f HBL Õ f HA › BL.Infatti, se y œ f HAL › f HBL, poiché y œ f HAL, esiste x1 œ A tale che f Hx1L = y, e poiché si ha anche y œ f HBL, esiste

x2 œ B tale che f Hx2L = y. Essendo f ingettiva, dev'essere x1 = x2. Posto allora x0 = x1 = x2, si ha x0 œ A › B, e

f Hx0L = y, quindi y œ f HA › BL. àEsercizio 2.5 (4)

Sia f : E Ø F una funzione di E in F; dimostrare che, se Y1 e Y2 sono sottoinsiemi di F, si ha:

f -1HY1 ‹ Y2L = f -1HY1L ‹ f -1HY2L, f -1HY1 › Y2L = f -1HY1L › f HY2L.

Dimostriamo la prima uguaglianza:

x œ f -1HY1 ‹ Y2Lñ f HxL œ Y1 ‹ Y2 ñ f HxL œ Y1 f HxL œ Y2 ñ x œ f -1HY1L x œ f -1HY2Lñ x œ f -1HY1L ‹ f -1HY2L.Per la seconda si ha:

x œ f -1HY1 › Y2Lñ f HxL œ Y1 › Y2 ñ f HxL œ Y1 Ï f HxL œ Y2 ñ x œ f -1HY1L Ï x œ f -1HY2Lñ x œ f -1HY1L › f HY2L.Esercizio 2.5 (5)

Data la funzione f : E Ø F definita mediante il seguente grafico a frecce:

dire se è ingettiva, e, in caso affermativo disegnare: 1°) il grafico a frecce dell'inversa; 2°) il grafico di f e di f -1 nel

piano cartesiano; 3°) verificare che i due grafici sono simmetrici rispetto alla bisettrice del primo e del terzo quadrante.

Svolgimento:

Grafico a frecce dell'inversa f -1:

Grafici nel piano cartesiano:

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1 2 3 4x

a

b

c

d

e

f

y

a b c d e fx

1

2

3

4

y

Esercizio 2.5 (6)

Sia E un insieme di n elementi (n ¥ 1L, e sia f : �HELØ � la funzione che associa ad ogni A Õ E, il numero degli

elementi di A, cioé f HAL = †A§. Stabilire se f è surgettiva o ingettiva, e chi sono f -1H81, n<L, f -1H80, n - 1<L.

Svolgimento:

Ovviamente f non è surgettiva, infatti f H�HELL = 80, 1, 2, 3, ∫, n<, e non è neanche ingettiva; f -1H81, n<L è costituito

dagli n sottoinsiemi di E che sono ridotti ad un solo elemento, e da E stesso; f -1H80, n - 1<L è costituito dall'insieme

vuoto e dagli n sottoinsiemi di E con n - 1 elementi.

Esercizio 2.5 (7)

Dire se le seguenti funzioni sono ingettive e/o surgettive; calcolarne il codominio e, se possibile, la funzione inversa.

1°) f : �Ø� così definita: f HxL = 5 x + 2;

2°) f : �Ø� così definita: f HxL = x2 + 5;

3°) f : �Ø� così definita: f HxL = 1 - x2;

4°) f : �Ø� così definita: f HxL = x

2;

5°) f : @0, +¶@Ø� così definita: f HxL = x + 1 ;

6°) f : �Ø � così definita: f HxL = x2 + 1.

Soluzione:

La 1°) è bigettiva, con funzione inversa x =y-2

5; la 2°) ha come codominio @5, +¶@, non è né surgettiva né ingettiva; la

3°) ha come codominio D -¶, 1D, non è né surgettiva né ingettiva; la 4°) ha come codominio

f H�L = 90,1

2, 1,

3

2, 2,

5

2, ∫=, è ingettiva ma non surgettiva; la 5°) ha come codominio @1, +¶@ non è surgettiva ma è

ingettiva, con inversa x = y2 - 1; la 6°) ha come codominio f H�L = 81, 2, 10, 17, ∫<, non è né ingettiva né surgettiva.

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2.6 Restrizioni, ridotte e funzioni composte

La definizione di funzione 2.3 (1) dice che, per definire una funzione, è necessario fissare tre diversi elementi: un

insieme di partenza, un insieme di arrivo, e una legge che associa ad ogni elemento dell'insieme di partenza uno ed un

solo elemento dell'insieme di arrivo.

Modificando anche uno solo di questi elementi, si modifica la funzione stessa.

Sia ora f : E Ø F una funzione di E in F. Può essere opportuno, talvolta, modificare l'insieme di partenza della funzione,

e considerare f non su tutto l'insieme E, ma solo su una parte A di esso. Questo perché, ad esempio, la funzione può

godere di particolari proprietà su un sottoinsieme A opportuno di E. Si viene così a definire una nuova funzione

f : AØ F che differisce dalla precedente solo per l'insieme di partenza, che non è più tutto E.

Diamo quindi la seguente definizione.

Definizione 2.6 (1) (Restrizione di una funzione tra insiemi)

Sia f : E Ø F una funzione di E in F. Se A è un sottoinsieme di E, si dice restrizione di f ad A, e si indica con f A la

funzione f A : AØ F tale che, per ogni x œ A, risulta f AHxL = f HxL.Esempio 2.6 (1)

Consideriamo la funzione f : �� tale che f HxL = 1

x2+1. Sappiamo che f H�L =D 0, 1D, e che non è ingettiva in quanto, se

y œD 0, 1D, l'equazione y = f HxL ammette le due soluzioni x1ê2 = ≤1-y

y (si ha x1 = x2 = 0 solo per y = 1).

Ora, possiamo considerare, ad esempio, la restrizione di f all'intervallo A = @0, +¶@. Questa nuova funzione f @0,+¶@differisce da f solo per l'insieme di partenza, non essendo altro che la funzione f HxL = 1

x2+1 considerata per valori x ¥ 0.

Si noti che, tuttavia, f @0,+¶@ gode di proprietà diverse da f , ad esempio, pur avendo lo stesso codominio di f (come si

controlla subito), è ingettiva, al contrario di f , infatti risolvendo l'equazione f @0,+¶@HxL = y si ottengono ancora le due

soluzioni x1ê2 = ≤1-y

y, ma, questa volta, la soluzione negativa deve essere scartata perché non appartiene ad

A = @0, +¶@, quindi l'equazione f @0,+¶@HxL = y ammette una sola soluzione.

Sia ancora f : E Ø F una funzione di E in F. Se f non è surgettiva, l'insieme di arrivo è “più grande” del codominio,

cioé contiene degli elementi che non sono valori assunti da f per nessun x œ E; in tal caso può essere opportuno

modificare l'insieme di arrivo della funzione, e considerare come insieme di arrivo di f non tutto l'insieme F, ma solo su

una parte Y di esso, purché sia f HEL Õ Y .

Si definisce così una nuova funzione f : E Ø Y che differisce da quella data solo per l'insieme di arrivo, che non è più

tutto F, ma un suo sottoinsieme contenente il codominio.

Diamo la seguente definizione.

Definizione 2.6 (2) (Ridotta di una funzione tra insiemi)

Sia f : E Ø F una funzione di E in F. Se Y è un sottoinsieme di F tale che f HEL Õ Y, si dice ridotta di f ad Y , e si

indica con fÒ Y la funzione fÒ Y : E Ø Y tale che, per ogni x œ E, risulta fÒ YHxL = f HxL.Esempio 2.6 (2)

Sia f : E Ø F una funzione qualsiasi, e sia Y = f HEL il suo codominio. Allora la funzione ridotta fÒ Y : E Ø f HEL è

ovviamente surgettiva.

Dunque, la ridotta di qualsiasi funzione al codominio è surgettiva. Per questo motivo talvolta si considera come insieme

di arrivo “naturale” di una funzione proprio il suo codominio.

Esempio 2.6 (3)

La funzione f : �Ø� definita ponendo, per ogni x œ �, f HxL = x2 + 1 non è surgettiva, in quanto il suo codominio è

@1, +¶@; la sua ridotta fÒ@1,+¶@ : �Ø @1, +¶@, invece, lo è.

Osservazione.

Spesso, invece di adoperare i simboli f A e fÒ Y per le restrizioni e le ridotte, esse saranno indicate semplicemente

mediante il loro insieme di partenza o di arrivo modificato; ad esempio, data la funzione f : E Ø F, la sua restrizione ad

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A sarà indicata semplicemente con f : AØ F , e la sua ridotta ad Y sarà indicata semplicemente con f : E Ø Y .

Dobbiamo ora dare una nuova definizione che, a partire da due funzioni f , g, ci consentirà di considerarne una terza, che

si dice composta dalle due funzioni date.

Per introdurre il concetto di funzione composta, partiamo da un esempio.

Esempio 2.6 (4)

Siano f : E Ø F e g : GØ H , con F ÕG, le funzioni definite dai seguenti grafici a frecce:

Se si considera un qualsiasi x œ E, ad esempio x = 1, si vede che la funzione f associa ad x = 1 l'elemento y = f H1L = 3

di F; poiché F è contenuto nell'insieme di partenza della seconda funzione g : GØH , ad y = 3 la funzione g associa

l'elemento z = gH3L = 2 di H .

Dunque, applicando una dopo l'altra le due funzioni f e g date, all'elemento x = 1 di E, resta associato in modo univoco

l'elemento z = gH f H1LL = 2 di H .

Ragionando allo stesso modo per tutti gli elementi x œ E, si viene a definire una nuova funzione, che si indica con

g ë f : E Ø H , come si vede nel seguente grafico:

ossia, disegnando solo l'insieme di partenza e quello di arrivo della nuova funzione g ë f :

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Possiamo dare ora la seguente fondamentale definizione.

Definizione 2.6 (3) (Funzione composta)

Siano f : E Ø F e g : GØ H due funzioni, con F Õ G. Si dice funzione composta da f e da g, e si indica con g ë f , la

funzione g ë f : E Ø H tale che per ogni x œ E, si ha Hg ë f L HxL = gH f HxLL.Dunque, come illustrato anche nell'esempio precedente, g ë f é una nuova funzione di E in H che si ottiene associando ad

un generico elemento x di E, prima l'elemento f HxL, e poi associando a questo elemento f HxL l'elemento gH f HxLL di H .

Osservazione.

Dall'esempio precedente dovrebbe essere chiaro il motivo per il quale, nella definizione di funzione composta, è

necessario supporre F Õ G. Ad esempio, nella situazione seguente:

nella quale non si ha più F Õ G (perché 5 appartiene ad F ma non più a G), all'elemento x = 1 di E non è possibile

associare alcun elemento di H .

Esempio 2.6 (5)

Siano f : �� e g : �� tali che f HxL = x2 + 1, gHxL = 1

x2+1

. Allora Hg ë f L : �Ø� è la funzione così ottenuta:

Hg ë f L HxL = gH f HxLL = gIx2 + 1M = 1

Ix2+1M2+1

=1

x2+2.

Hg ë f L HxL = 1

x2+2.

Esempio 2.6 (6)

Sia f : �Ø� tale che f HxL = x2 + 1, e g : @1, +¶@Ø� tale che gHxL = x + 2 . Allora g ë f : �Ø� è la funzione così

ottenuta:

Hg ë f L HxL = gH f HxLL = gIx2 + 1M = Ix2 + 1M + 2 = x2 + 3 .

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Osservazione.

Osserviamo anche che, in generale, la composizione di applicazioni non è commutativa, cioè, in generale, g ë f ∫ f ëg.

Ad esempio, nel caso delle funzioni f : �� e g : �� tali che f HxL = x2 + 1, gHxL = 1

x2+1

, si ha:

Hg ë f L HxL = 1

x2+2,

mentre:

H f ëgL HxL = f HgHxLL = f1

x2+1

=1

x2+1

2

+ 1 =1

x2+1+ 1 =

x2+2

x2+1.

cioé:

H f ëgL HxL = x2+2

x2+1.

Osservazione.

E' facile verificare che la composizione di applicazioni è associativa, cioé, se f : E Ø F , g : GØ H , ed h : Y Ø Z, con

F Õ G ed H Õ Y , allora:

HhëgLë f = hë Hg ë f L.Questo rende possibile definire in modo univoco la composizione di tre o più applicazioni, che indicheremo con hëg ë f

senza bisogno di parentesi.

Esempio 2.6 (7)

Ad esempio, se f HxL = 2 x - 1, gHxL = x2, ed hHxL = 3 x - 1, allora:

Hhëg ë f L HxL = hHgH f HxLLL = hHgH2 x - 1LL = hIH2 x - 1L2M = 3 H2 x - 1L2 - 1 = 12 x2 - 12 x + 2

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2.7 Esercizi

Esercizio 2.7 (1)

Sia E = 8a, b, c, d<, sia F = 81, 2, 3, 4, 5, 6<, e sia f : E Ø F la funzione definita ponendo:

f HaL = 2, f HbL = 4, f HcL = 2, f HdL = 4.

Qual è il più grande sottoinsieme A di E tale che f A sia ingettiva? e il più piccolo sottoinsieme B di F tale che fÒ B sia

surgettiva?

Soluzione.

La funzione f : E Ø F non è ingettiva perché f HaL = f HcL = 2, e f HbL = f HdL = 4, quindi la sua restrizione all'insieme

A1 = 8a, b< è ingettiva, così come la sua restrizione all'insieme A2 = 8c, d<. Per l'altra questione basta prendere

B = f HEL = 82, 4<.Esercizio 2.7 (2)

Per ciascuna delle funzioni f HxL e gHxL sotto indicate, calcolare le due funzioni composte g ë f e f ëg:

1°) f HxL = x + 1; gHxL = 1

x;

2°) f HxL = x2; gHxL = x

x+1;

3°) f HxL = 2

x-1; gHxL = 1

x;

4°) f HxL = x -1

x; gHxL = x +

1

x.

Svolgimento.

Si ha, ad esempio:

f HxL = x -1

x, gHxL = x +

1

x fl gH f HxLL = gIx - 1

xM = x -

1

x+

1

x-1

x

=x4-x2+1

x Ix2-1M .

Analogamente per le altre funzioni.

Esercizio 2.7 (3)

Siano f : �Ø � e g : �Ø � le funzioni così definite:

f HnL = n2 se n § 5

n - 3 se n > 5; gHnL = 1 se n § 9

2 se n > 9.

Determinare la funzione composta g ë f : �Ø �, e dire se è ingettiva e/o surgettiva.

Svolgimento.

Per ogni n œ �, si ha:

Hg ë f L HnL = gH f HnLL = gIn2M se n § 5

gHn - 3L se n > 5.

Ora, per come è definita la funzione g, si ha:

gIn2M = 1 se n2 § 9

2 se n2 > 9, ossia: gIn2M = 1 se n § 3

2 se n > 3

e analogamente:

gHn - 3L = 1 se n - 3 § 9

2 se n - 3 > 9, ossia: gHn - 3L = 1 se n § 12

2 se n > 12

Quindi:

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Hg ë f L HnL = gH f HnLL =gIn2M = 1 se n § 3

2 se n > 3se n § 5

gHn - 3L = 1 se n § 12

2 se n > 12se n > 5

.

In definitiva:

Hg ë f L HnL = gH f HnLL =1 se n § 3

2 se 3 < n § 5

1 se 5 < n § 12

2 se n > 12

.

Ovviamente non è né ingettiva né surgettiva.

Esercizio 2.7 (4)

Siano f : E Ø F e g : GØ H due funzioni tali che F ÕG, e sia g ë f : E Ø H la funzione composta; dimostrare che:

se f e g sono ingettive, allora g ë f è ingettiva;

se f e g sono surgettive, allora g ë f è surgettiva.

Svolgimento.

Siano f e g ingettive; per dimostrare che g ë f è ingettiva, consideriamo x1 œ E, x2 œ E tali che gH f Hx1LL = gH f Hx2LL; per

l'ingettività di g, da tale uguaglianza segue f Hx1L = f Hx2L, e per l'ingettività di f , si ha x1 = x2.

Siano ora f e g surgettive; per dimostrare che g ë f è surgettiva, consideriamo z œ H ; per la surgettività di g, esiste

y œ G, tale che gHyL = z; per la surgettività di f , esiste x œ E tale che f HxL = y; ma allora gH f HxLL = gHyL = z, e questo

dimostra la surgettività.

Osserviamo, in particolare, che la composizione di funzioni bigettive è bigettiva.

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2.8 Successioni

Abbiamo visto che, se E ed F sono insiemi, si indica col simbolo f : E Ø F una qualsiasi legge che associa ad ogni

elemento di E, uno ed un solo elemento di F. Se si indica con x un generico elemento di E, l'elemento di F

corrispondente si indica con f HxL.Nel caso particolare in cui l'insieme di partenza di f è l'insieme degli interi naturali, e quindi si ha una funzione

f : �Ø F , si usa spesso una notazione diversa: il generico elemento di � si indica con n, e il corrispondente elemento

f HnL di F si indica, più semplicemente, con fn, omettendo le parentesi e scrivendo n come “indice” di f . Inoltre, invece

di adoperare la notazione f : �Ø F, si usa la notazione H fnLnœ�. Una funzione avente � come insieme di partenza viene

detta “successione”, fn viene detto “termine generale della successione”, e il simbolo H fnLnœ� si legge successione di

termine generale fn.

Nel simbolo H fnLnœ� è contenuta l'informazione relativa all'insieme di partenza (che è �), e alla legge nØ fn, ma non

quella relativa all'insieme di arrivo. D'altra parte, si è visto che l'insieme di arrivo di una funzione è abbastanza arbitrario,

potendo sempre considerare, come insieme di arrivo, il codominio della funzione stessa.

A seconda che tutti gli fn, al variare di n siano interi, razionali o reali, si dirà che la successione H fnLnœ� è una

successione di numeri interi, una successione di numeri razionali, una successione di numeri reali.

A volte può essere opportuno considerare successioni aventi, come insieme di partenza, non tutto �, ma solo l'insieme

degli interi n maggiori o uguali di un certo n0 œ �. In questo caso, si utilizza la notazione: H fnLn¥n0.

Esempio 2.8 (1)

La successione I 1

n+1Mnœ�

non è altro che una funzione che associa ad ogni n œ �, il numero 1

n+1.

Poiché per ogni n œ �, fn =1

n+1 è un numero razionale, possiamo considerare la successione data come una successione

di numeri razionali, ma anche, volendo, come una successione di numeri reali.

Esempio 2.8 (2)

La successione J n - 10 Nn¥10

è la funzione che associa ad ogni n œ �, il numero reale n - 10 .

Tutto quello che è stato detto in precedenza per le funzioni tra insiemi vale anche per le successioni. In particolare, il

grafico della successione H fnLn¥n0, è l'insieme delle coppie 9 Hn, fnL n ¥ n0 =, e il suo codominio è l'insieme

8 fn0, fn0+1, ∫<.

Esempio 2.8 (3)

Il grafico della successione In2 - nMnœ�

è l'insieme delle coppie del tipo 9 In, n2 - nM n œ � =. Alcune di esse sono

rappresentate nel seguente grafico:

0 1 2 3 4 5 6

2

6

12

20

30

Il codominio della successione data è l'insieme dei numeri: 80, 2, 6, 12, 20, 30, ∫<, ottenuti dal termine generale

fn = n2 - n sostituendo ad n i numeri 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6 ∫.

Possiamo anche osservare, ad esempio, che la successione data non è ingettiva, infatti ai valori n1 = 0 e n2 = 1

corrisponde lo stesso valore di fn: f0 = 0, f1 = 0.

Può essere utile, talvolta, considerare successioni non numeriche, ossia successioni il cui termine generale fn non è

necessariamente un numero, come si vede nel seguente esempio.

Esempio 2.8 (4)

La successione H@-n, nDLn¥1 è una successione di intervalli, precisamente la successione di tutti gli intervalli:

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8@-1, 1D, @-2, 2D, @-3, 3D, @-4, 4D, @-5, 5D, ∫<.La successione IIn, n2, n3MM

nœ� è una successione di terne ordinate, e precisamente si tratta delle terne:

8H0, 0, 0L, H1, 1, 1L, H2, 4, 8L, H3, 9, 27L, H4, 16, 64L, ∫<.La successione J x + n

3 Nnœ�

è una successione di funzioni, ossia delle funzioni:

: x3

, x + 13

, x + 23

, x + 33

, x + 53

, x + 63

, ∫>.

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2.9 Relazioni tra insiemi

La nozione di funzione tra insiemi è un caso particolare di un altro concetto importante, quello di relazione tra elementi

di due insiemi, al quale vogliamo brevemente accennare in questa sezione.

Se E ed F sono due insiemi, una relazione tra gli elementi di E e quelli di F è semplicemente un sottoinsieme del

prodotto cartesiano di E per F, secondo la seguente definizione.

Definizione 2.9 (1) (Relazione tra due insiemi)

Se E ed F sono due insiemi, si dice relazione tra gli elementi di E e quelli di F, qualsiasi sottoinsieme � di Eµ F; in

particolare, un sottoinsieme di Eµ E si dice relazione in E. Se Ha, bL œ � , si scrive anche a � b.

Dunque, se ad esempio E = 81, 2, 3<, ed F = 8a, b, c, d<, una relazione tra E ed F è, ad esempio, l'insieme:

� = 8H2, cL, H2, aL, H1, aL<.In particolare, se E ed F sono insiemi, e f : E Ø F è una funzione di E in F, il suo grafico G f :

G f = 9 Hx, yL œ EµF y = f HxL =,è una particolare relazione tra E ed F, che si dice relazione funzionale.

Altri tipi importanti di relazioni in un insieme sono le relazioni d'ordine e quelle di equivalenza.

Definizione 2.9 (2) (Relazione d'ordine)

Se E è un insieme, ed � è una relazione in E, si dice che � è una relazione d'ordine se sono soddisfatte le seguenti

proprietà per ogni a œ E, b œ E, c œ E:

1°) a � a (riflessiva)

2°) se a � b e b � a, allora a = b (antisimmetrica)

3°) se a � b e b � c, allora a � c (transitiva)

Esempio 2.9 (1)

Ad esempio, consideriamo l'insieme � degli interi naturali, consideriamo il prodotto cartesiano di �µ�, e il sottoinsieme

� costituito dalle coppie “sopra la bisettrice del primo quadrante”.

1 2 3 4 5 6 7 8 9

1

2

3

4

5

6

7

8

9

La relazione � è riflessiva, antisimmetrica e transitiva, e non è altro che la consueta relazione §; infatti

Ha, bL œ � ñ a § b.

Esempio 2.9 (2)

Se E è un insieme qualsiasi, la relazione di inclusione in �HEL è una relazione d'ordine nell'insieme delle parti di E.

Definizione 2.9 (3) (Minimo e massimo di un insieme ordinato)

Se E è un insieme e � è una relazione d'ordine su E, si dice che un sottoinsieme A di E è dotato di minimo, o del più

piccolo elemento (risp. del massimo o del più grande elemento), se:$ m œ A ' ' " a œ A : m � a (risp. $ M œ A ' ' " a œ A : a � M)

Si scrive in tal caso: m = minHAL (risp. M = maxHAL.Osservazione.

Un insieme non è necessariamente dotato di massimo o di minimo; ad esempio � è dotato di minimo ma non di massimo,

un intervallo aperto D a, b@ di � non è dotato né di minimo né di massimo.

Osservazione.

Se A è dotato di minimo, esso è unico; infatti, se m1 =minHAL e m2 =minHAL, si dovrebbe avere sia m1 � m2, che,

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2. Teoria degli insiemi9. Relazioni tra insiemi

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1 H L 2 H L 1 � 2

viceversa m2 � m1, e per la proprietà antisimmetrica di �, si ha m1 = m2.

Analogamente per il massimo.

Definizione 2.9 (4) (Buon ordinamento)

Se E è un insieme e � è una relazione d'ordine su E, si dice che E è ben ordinato, se ogni suo sottoinsieme è dotato del

più piccolo elemento.

Esempio 2.9 (3)

L'insieme � è ben ordinato, mentre l'insieme � non lo è.

Definizione 2.9 (5) (Ordine totale)

Se E è un insieme e � è una relazione d'ordine su E, si dice che � è di ordine totale, se:

" a œ E, b œ E : Ha � bL Hb � aLEsempio 2.9 (4)

Le consuete relazioni d'ordine su � o su � o su � sono di ordine totale. Invece, l'inclusione in �HEL non è di ordine

totale, infatti se A e B sono due sottoinsiemi di E, non è detto che risulti necessariamente A Õ B oppure B Õ A.

Unendo con una freccia ogni elemento ad esempio di � con il successivo si ottiene un grafico “lineare”:

0 1 2 3 4 5 ∫

Se invece si considera la relazione d'ordine di inclusione ad esempio nei sottoinsiemi di E = 81, 2, 3<, unendo con una

freccia ogni sottoinsieme A con un sottoinsieme B tale che A Õ B, si ottiene un grafico del tipo:

81<

8<

82< 83<

81, 2< 81, 3< 82, 3<

81, 2, 3<

I sottoinsiemi di E non collegati direttamente da freccie sono quelli per i quali non risulta né A Õ B, né B Õ A.

Esempio 2.9 (5)

Se n è un intero naturale, ed E è l'insieme dei divisori di E, su E si può definire una relazione d'ordine � ponendo

a � Bñ a è un divisore di b (è facile verificare che tale relazione è riflessiva, antisimmetrica e transitiva). Non è una

relazione di ordine totale perché, se a e b sono divisori di n, non è detto che a sia necessariamente un divisore di b o

viceversa.

Il grafico di tale relazione è il seguente.

n

2

1

3

4 6

12

Osservazione.

E' facile dimostrare che, se E è ben ordinato, allora è anche totalmente ordinato, infatti se a œ E, b œ E, essendo E ben

ordinato, il suo sottoinsieme 8a, b< sarà dotato del più piccolo elemento. Se esso è a, si avrà a � b, se invece è b, si avrà

b � a.

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Esempio 2.9 (6)

La relazione < non è una relazione d'ordine perché non soddisfa la proprietà riflessiva.

Definizione 2.9 (6) (Relazione d'ordine stretto)

Se E è un insieme, ed � è una relazione in E, si dice che � è una relazione d'ordine stretto se � è transitiva e se

a � bfl a ∫ b.

Esempio 2.9 (7)

La relazione < non è una relazione d'ordine ma è una relazione di ordine stretto. Anche l'inclusione propria è una

relazione d'ordine stretto su �HEL.Diamo ora la definizione di relazione di equivalenza.

Definizione 2.9 (7) (Relazione di equivalenza)

Se E è un insieme, ed � è una relazione in E, si dice che � è una relazione di equivalenza se sono soddisfatte le

seguenti proprietà ogni a œ E, b œ E, c œ E:

1°) a � a (riflessiva)

2°) se a � b allora b � a (simmetrica)

3°) se a � b e b � c, allora a � c (transitiva)

Esempio 2.9 (8)

L'esempio più ovvio di relazione di equivalenza è l'uguaglianza, che ovviamente verifica le tre proprietà riflessiva,

simmetrica e transitiva.

Esempio 2.9 (9)

Se E è un insieme di persone, la relazione a � b ñ a è nato lo stesso anno di b, è di equivalenza.

Esempio 2.9 (10)

Se E è l'insieme delle rette del piano, la relazione a � b ñ la retta a è parallela alla retta b, è di equivalenza.

Ad una relazione di equivalenza in un insieme sono associati gli importanti concetti di classe di equivalenza e di

insieme quoziente.

Definizione 2.9 (8) (Classe di equivalenza)

Se E è un insieme, � è una relazione di equivalenza in E, ed a œ E, si dice classe di equivalenza di a l'insieme

9 b œ E a � b=; esso si indica con � HaL.Esempio 2.9 (11)

Se E è un insieme di persone, abbiamo visto che la relazione a � b ñ a è nato lo stesso anno di b, è di equivalenza. Ora,

se a œ E, la classe di equivalenza di a non è altro che l'insieme di tutte le persone dell'insieme E nate nello stesso anno di

a.

Esempio 2.9 (12)

Se E è l'insieme delle rette del piano, ed � è la relazione di parallellismo tra rette, e se a è una retta data, la sua classe di

equivalenza è costituita da tutte le rette del piano parallele a quella data.

Osservazione.

E' facile verificare che ogni classe di equivalenza �HaL non è vuota perché contiene almeno l'elemento a (grazie alla

proprietà riflessiva); due classi di equivalenza distinte sono disgiunte (se avessero un elemento comune coinciderebbero

per la proprietà transitiva) e infine ogni elemento di E appartiene ad una ed una sola classe di equivalenza. Si dice che

l'insieme delle classi di equivalenza costituisce una partizione di E.

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a

�HaLb

�HbL

c

�HcL

d

�HdL

L'insieme di tutte queste classi di equivalenza, viene chiamato insieme quoziente.

Definizione 2.9 (9) (Insieme quoziente)

Se E è un insieme ed � è una relazione di equivalenza in E, si dice insieme quoziente, e si indica con E ê� , l'insieme

delle classi di equivalenza degli elementi di E.

Osservazione.

La definizione di insieme quoziente ricalca il processo mentale dell'astrazione: consiste nell'aggregare insieme elementi

che si considerano tra loro equivalenti perché hanno in comune una certa caratteristica. Ad esempio, se E è l'insieme

delle rette del piano, ed � è la relazione (di equivalenza) di parallellismo, per ogni retta a, la classe �HaL contiene tutte le

rette parallele ad a, e l'insieme di tutte le classi �HaL può essere pensato come l'insieme di tutte le direzioni del piano,

dando così luogo al concetto astratto di direzione.

Altri esempi sono i seguenti.

Esempio 2.9 (13)

Introduciamo in �2 la seguente relazione:

se P1 = Hx1, y1L e P2 = Hx2, y2L, poniamo P1 � P2 ñ x1 - y1 = x2 - y2.

E' facile verificare che tale relazione è di equivalenza.

Infatti, è chiaro che P1 � P1, infatti x1 - y1 = x1 - y1; se poi P1 � P2, si ha banalmente anche P2 � P1; e infine, se

P1 � P2 e P2 � P3, allora si ha x1 - y1 = x2 - y2 = x3 - y3, e quindi P1 � P3.

Ora, se P1 = Hx1, y1L è un punto di �2 fissato, posto d = x1 - y1, l'insieme di tutti i punti equivalenti a quello dato è

l'insieme di tutti i punti P = Hx, yL tali che x - y = d , cioé y = x - d .

La classe �HP1L è dunque la retta passante per P1 e parallela alla bisettrice del primo e del terzo quadrante.

L'insieme quoziente �2 ë � è l'insieme di tutte le rette parallele a tale bisettrice.

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2.10 Insiemi finiti, infiniti e numerabili

In questa sezione vedremo come è possibile precisare la nozione di insieme infinito. Iniziamo con l'osservare che il

concetto di funzione bigettiva fornisce un modo semplice e naturale di confrontare tra loro gli insiemi. Diamo infatti la

seguente definizione.

Definizione 2.10 (1) (Insiemi equipotenti)

Due insiemi E ed F si dicono equipotenti se esiste una funzione bigettiva f : E Ø F di E in F.

E' molto facile verificare che la relazione di equipotenza gode delle proprietà riflessiva, simmetrica e transitiva, cioé: E è

ovviamente equipotente a se stesso, inoltre se E è equipotente ad F, anche F è equipotente ad E, e infine se E è

equipotente ad F, ed F è equipotente a G, allora F è anche equipotente a G. Si tratta dunque di una relazione di

equivalenza.

Ciò premesso, diamo la seguente definizione.

Definizione 2.10 (2) (Insieme infinito)

Un insieme E si dice infinito se è equipotente ad una sua parte propria. In caso contrario, si dice finito.

Esempio 2.10 (1)

L'insieme � degli interi naturali è infinito. Infatti, sia P l'insieme dei numeri pari, e consideriamo la funzione f : �Ø P

così definita: f HnL = 2 n. Tale funzione associa ad ogni intero naturale n il numero (pari) 2 n. E' molto facile verificare

che tale funzione è una bigezione di � in P, pertanto � è equipotente a P, e poiché P è un sottoinsieme proprio di �, ciò

dimostra che � è infinito.

Volendo si potrebbe rappresentare la funzione f mediante lo schema seguente:

2.10 (1)

� P

0 õ 0

1 õ 2

2 õ 4

3 õ 6

4 õ 8

5 õ 10

6 õ 12

7 õ 14

8 õ 16

ª ª ª

Si potrebbe invece dimostrare che, se k œ �, l'insieme 9 n œ � 0 § n § k =, cioè l'insieme dei numeri interi naturali minori

o uguali a k, è un insieme finito perché (a prescindere dalle nostre conoscenze intuitive) non è equipotente ad alcuna sua

parte propria.

Tale affermazione si dimostra (per induzione su k), facendo vedere che non esiste alcuna funzione bigettiva di

9 n œ � 0 § n § k = in un suo sottoinsieme proprio.

Possiamo ora pensare di fissare la nostra attenzione su tutti gli insiemi equipotenti ad �. Tali insiemi si dicono

numerabili secondo la seguente definizione.

Definizione 2.10 (3) (Insiemi numerabili)

Un insieme E si dice numerabile se è equipotente ad � .

Esempio 2.10 (2)

L'insieme P dei numeri pari è equipotente ad �, pertanto P è numerabile.

Osservazione.

Lo schema 2.10 (1) dovrebbe mettere ben in luce la sostanza della definizione di insieme numerabile: in sostanza un

insieme E è numerabile se i suoi elementi possono essere disposti in “successione”, ossia se possono essere elencati uno

dopo l'altro. Ovviamente gli elementi di P possono essere disposti secondo la “successione”: 0, 2, 4, 6, 8, ∫.

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Esempio 2.10 (3)

L'insieme � degli interi relativi è numerabile. Ciò potrebbe sembrare strano, perché disponendo gli elementi di �

secondo la relazione d'ordine naturale di � si ottiene una successione priva di elemento iniziale:

…, -3, -2, -1, 0, 1, 2, 3, …. Tuttavia, cambiando la disposizione degli elementi si ottiene, ad esempio, la

successione: 0, 1, -1, 2, -2, 3, -3, …, che mostra come � sia effettivamente numerabile.

L'espressione matematica della corrispondenza:

� �

0 õ 0

1 õ 1

2 õ -1

3 õ 2

4 õ -2

5 õ 3

6 õ -3

7 õ 4

8 õ -4

ª ª ª

è la seguente:

f HnL =-

n

2se n è pari

n+1

2se n è dispari

Dimostrare, per esercizio, che tale funzione f : �Ø� è effettivamente una bigezione.

Esempio 2.10 (4) (Numerabilità di �)

L'insieme � degli interi relativi è numerabile. Ciò può sembrare ancora più strano, in quanto � è “denso” in � (cfr. la

successiva Proprietà di densità di � in �, a pag. 79) quindi non si vede, inizialmente, come è possibile disporre gli

elementi di � in successione. Gli elementi di �, sono del tipo m

n, dove m è un intero relativo, e n è un intero naturale non

nullo. Possiamo allora disporre gli elementi di � nella seguente tabella:

1

1-

1

1

2

1-

2

1

3

1-

3

1

4

1-

4

1

5

1∫

1

2-

1

2

2

2-

2

2

3

2-

3

2

4

2-

4

2

5

2∫

1

3-

1

3

2

3-

2

3

3

3-

3

3

4

3-

4

3

5

3∫

1

4-

1

4

2

4-

2

4

3

4-

3

4

4

4-

4

4

5

4∫

1

5-

1

5

2

5-

2

5

3

5-

3

5

4

5-

4

5

5

5∫

∫ ∫ ∫ ∫ ∫ ∫ ∫ ∫ ∫ ∫

Osserviamo ora che nella tabella precedente compaiono certamente tutti gli elementi di �, tranne lo zero, e anzi

compaiono più di una volta in quanto molte delle frazioni della tabella non sono ridotte ai minimi termini. Se troviamo un

modo di disporre le frazioni della tabella in successione, avremo dimostrato la numerabilità di �.

Ovviamente non è possibile procedere riga dopo riga in quanto ogni riga è formata da infiniti elementi. Usiamo perciò un

procedimento “diagonale”, prendendo quindi le frazioni nel modo seguente:

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Si ottiene così la successione:

1

1, -

1

1,

1

2,

1

3, -

1

2,

2

1, -

2

1,

2

2, -

1

3,

1

4,

1

5, -

1

4,

2

3, -

2

2,

3

1, -

3

1,

3

2, ∫

ossia, aggiungendo lo zero ed eliminando i numeri razionali ripetuti:

0, 1, -1, 1

2,

1

3, -

1

2, 2, -2, -

1

3,

1

4,

1

5, -

1

4,

2

3, 3, -3,

3

2, ∫

Siamo dunque riusciti a disporre tutti i numeri razionali in successione, e questo dimostra la numerabilità di �.

Esempio 2.10 (5) (Non numerabilità di �)

L'insieme � dei numeri reali non è numerabile. Per dimostrarlo ricordiamo anzitutto che ogni numero reale può essere

identificato con un allineamento decimale limitato o illimitato, periodico o aperiodico (cfr. Cap. 3). Anzi, gli allineamenti

decimali sono “più numerosi” dei numeri reali, dato che a due allineamenti decimali distinti può corrispondere lo stesso

numero reale, come nel caso di 2.9999999 ∫ e 3.0000000 ∫. Basta quindi dimostrare che l'insieme degli allineamenti

decimali non è numerabile.

Infatti, ragioniamo per assurdo, e supponiamo di aver disposto tutti gli allineamenti decimali in un elenco:n1.c1,1 c1,2 c1,3 c1,4 c1,5 ∫

n2.c2,1 c2,2 c2,3 c2,4 c2,5 ∫

n3.c3,1 c3,2 c3,3 c3,4 c3,5 ∫

n4.c4,1 c4,2 c4,3 c4,4 c4,5 ∫

n5.c5,1 c5,2 c5,3 c5,4 c5,5 ∫

In ogni riga compare il numero reale ni.ci,1 ci,2 ci,3 ci,4 ci,5 ∫, avente ni come parte intera, e come cifre dopo la virgola le

cifre ci,1, ci,2 ecc. ecc.. Consideriamo ora un allineamento decimale del tipo 0. x1 x2 x3 x4 x5 ∫ avente come parte intera

zero, e le cifre x1, x2, ecc. dopo la virgola ottenute nel modo seguente:

si considera la cifra c1,1 nel primo numero dell'elenco, e si sceglie x1 diverso da c1,1;

si considera la cifra c2,2 nel secondo numero dell'elenco, e si sceglie x2 diverso da c2,2;

si considera la cifra c3,3 nel terzo numero dell'elenco, e si sceglie x3 diverso da c3,3;

ecc. ecc.

Il nuovo allineamento decimale 0. x1 x2 x3 x4 x5 ∫ così ottenuto non può comparire nell'elenco di tutti gli allineamenti

decimali perché differisce dall'i -esimo numero dell'elenco per la i -esima cifra dopo la virgola. Ma questo è assurdo

appunto perché avevamo supposto di aver disposto tutti gli allineamenti decimali nell'elenco sopra considerato. Dunque

� non può essere numerabile.

Vediamo ora come è possibile stabilire un “confronto” tra insiemi, anche infiniti. Vogliamo infatti definire un criterio per

stabilire se un certo insieme E è più o meno “numeroso” di un altro insieme F. Gli esempi precedenti fanno comprendere

che, per gli insiemi infiniti, il fatto che sia, ad esempio, E Õ F, non vuol dir nulla. Ad esempio, sia � che � contengono

entrambe propriamente l'insieme �, tuttavia sono equipotenti ad �.

Diamo allora la seguente definizione.

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2. Teoria degli insiemi10. Insiemi finiti, infiniti e numerabili

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Definizione 2.10 (4) (Potenza minore)

Si dice che E ha potenza minore di F se esiste una funzione ingettiva di E in F, ma non esiste alcuna funzione bigettiva

di E in F. Si scrive, in tal caso, †E§ < †F§.Esempio 2.10 (6)

E' chiaro che, se E ed F sono entrambe insiemi finiti, †E§ < †F§ó E ha meno elementi di F. E' anche chiaro che, se E è

finito, e F è infinito, allora si ha sempre †E§ < †F§.Si può dimostrare il seguente teorema.

Teorema 2.10 (1) (Potenza dell'insieme delle parti)

Se E è un insieme, si ha †E§ < †� HEL§.Dimostrazione.

Dobbiamo dimostrare che esiste una funzione ingettiva di E in � HEL, ma non esiste alcuna funzione bigettiva di E in

� HEL.In effetti, consideriamo la funzione f : E Ø � HEL che associa ad ogni a œ E, l'elemento f HaL = 8a< di � HEL. E' immediato

che tale funzione è ingettiva.

Per dimostrare invece che non esiste alcuna funzione bigettiva di E in � HEL, ragioniamo per assurdo, e supponiamo

viceversa che f : E � HEL sia una funzione bigettiva di E in � HEL, e consideriamo il seguente sottoinsieme di E:

E0 = 9 a œ E a – f HaL =.Poiché f è, in particolare, surgettiva, esisterà a0 œ E tale che f Ha0L = E0; si possono presentare i seguenti due casi.

1°) caso: a0 – E0; ma allora dovrà essere a0 œ f Ha0L = E0, e questo è assurdo.

2°) caso: a0 œ E0; ma allora, per definizione stessa di E0, si avrà a0 – f Ha0L = E0, e anche questo è assurdo.

In tutti i casi si ottiene un assurdo, dovuto ad aver supposto all'inizio l'esistenza di una bigezione di E in � HEL, pertanto

tale bigezione non esiste. à

Il teorema precedente afferma dunque che ogni insieme ha potenza inferiore a quella dell'insieme di tutti i suoi

sottoinsiemi. Tale teorema vale per qualsiasi insieme, anche infinito. In particolare, applicandolo all'insieme �, si ha che

†�§ < †� H�L§. Dunque l'insieme delle parti di � è un insieme infinito ma non numerabile: è quindi essenzialmente “più

numeroso” di � stesso.

Si potrebbe dimostrare che � H�L è equipotente ad �, e pertanto si dice che � H�L ha la potenza del continuo.

Riapplicando il teorema precedente all'insieme delle parti di � H�L, si ottiene un nuovo insieme �H�H�LL, di potenza

superiore a quella di �H�L, (e quindi di potenza superiore a quella di �), e così via.

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2.11 Esercizi

Esercizio 2.11 (1)

Di quali proprietà gode la relazione: a � b ñ a è un divisore di b nell'insieme �* degli interi naturali non nulli?

Svolgimento.

E' riflessiva (infatti a è un divisore di se stesso), non è simmetrica; è antisimmetrica (se a è un divisore di b e b è un

divisore di a, si ha a = b); è anche transitiva, infatti se a è un divisore di b, e b è un divisore di c, a è anche un divisore di

c.

Esercizio 2.11 (2)

Di quali proprietà gode la relazione: a � b ñ b è il doppio di a nell'insieme � degli interi naturali?

Svolgimento.

Non è riflessiva (salvo il caso in cui a = 0), non è simmetrica né antisimmetrica; non è neanche transitiva, infatti se a � b

e b � c, si ha b = 2 a e c = 2 b, per cui c = 4 a.

Esercizio 2.11 (3)

Sia E un insieme qualsiasi, e si consideri la relazione � in � HEL così definita:

se A, B œ � HEL, si pone A � B se e solo se A › B ∫ «.

Stabilire se � gode di qualcuna delle seguenti proprietà: riflessiva, simmetrica, antisimmetrica, transitiva.

Svolgimento:

Evidentemente � non è riflessiva, infatti A › A = A, quindi A � A solo se A non è l'insieme vuoto; è certamente

simmetrica, perché A › B = B › A; non è transitiva, infatti se A � B e B � C, ciò significa che A › B ∫ « e B › C ∫ «,

ma A e C possono benissimo non avere elementi in comune, e quindi risultare A › C = «, quindi non si può dedurre che

A�C.

Esercizio 2.11 (4)

Sia � una relazione d'ordine su E; dimostrare che la relazione �s definita ponendo: a �s bñ a � b Ï a ∫ b è di ordine

stretto.

Svolgimento.

E' immediato verificare che �s è transitiva, e ovviamente a �s bfl a ∫ b.

Esercizio 2.11 (5)

Sia �s una relazione d'ordine stretto su E; dimostrare che la relazione � definita ponendo: a � bñ a �s b a = b è una

relazione d'ordine su E.

Svolgimento.

E' immediato che a � a; se poi a � b e b � a si ha necessariamente a = b, infatti in caso contrario si avrebbe a �s b e

b �s a, da cui, per la transitività di �s seguirebbe a �s a, il che è assurdo. La transitività di � è ovvia.

Esercizio 2.11 (6)

Siano E ed F insiemi qualsiasi, sia f : E Ø F una funzione di E in F, e si consideri la relazione � in E così definita:

se a, b œ E, si pone a � b se e solo se f HaL = f HbL.Dimostrare che � è una relazione di equivalenza. Chi sono le classi di equivalenza?

Svolgimento:

E' immediato dimostrare che è una relazione di equivalenza, infatti f HaL = f HaL, se f HaL = f HbL allora f HbL = f HaL, e se si

ha: f HaL = f HbL e f HbL = f HcL, si ha anche f HaL = f HcL. Le classi di equivalenza sono i sottoinsiemi di E la cui immagine

è un insieme ridotto ad un solo elemento.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

2. Teoria degli insiemi11. Esercizi

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Settembre 2014

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Esercizio 2.11 (7)

Dimostrare che un sottoinsieme infinito N0 di � è numerabile.

Svolgimento:

Basta dare un procedimento per disporre gli elementi di N0 in successione; ad esempio, si può cominciare dal più piccolo

elemento di N0, che indichiamo con n1, poi prendere il più piccolo elemento di N0\8n1<, e così via.

Esercizio 2.11 (8)

Dimostrare che un sottoinsieme infinito di un insieme numerabile è numerabile.

Svolgimento:

Sia E un insieme numerabile, e sia E0 un suo sottoinsieme infinito; poiché E è numerabile, esiste una bigezione

f : E Ø �; posto N0 = f HE0L, la ridotta della restrizione f : E0 Ø N0 è una bigezione, pertanto E0 è equipotente al

sottoinsieme N0 di �. Per l'esercizio precedente N0 è numerabile, quindi anche E0 è numerabile.

Esercizio 2.11 (9)

Dimostrare che, se E è numerabile, allora anche EµE è numerabile.

Svolgimento:

Poiché E è numerabile, è possibile “elencare” i suoi elementi uno di seguito all'altro: E = 8a0, a1, a2, a3, ∫<; è allora

possibile rappresentare il prodotto cartesiano EµE nel piano cartesiano ed utilizzare il procedimento “diagonale”:

Ha0 , a0L

Ha0 , a1L

Ha0 , a2L

Ha0 , a3L

Ha0 , a4L

Ha0 , a5L

Ha1 , a0 L

Ha1 , a1 L

Ha1 , a2 L

Ha1 , a3 L

Ha1 , a4 L

Ha1 , a5 L

Ha2 , a0 L

Ha2 , a1 L

Ha2 , a2 L

Ha2 , a3 L

Ha2 , a4 L

Ha2 , a5 L

Ha3 , a0L

Ha3 , a1L

Ha3 , a2L

Ha3 , a3L

Ha3 , a4L

Ha3 , a5L

Ha4 , a0L

Ha4 , a1L

Ha4 , a2L

Ha4 , a3L

Ha4 , a4L

Ha4 , a5L

Ha5 , a0L

Ha5 , a1L

Ha5 , a2L

Ha5 , a3L

Ha5 , a4L

Ha5 , a5L

a0 a1 a2 a3 a4 a5

a0

a1

a2

a3

a4

a5

Ha0 , a0 L

Ha0 , a1 L

Ha0 , a2 L

Ha0 , a3 L

Ha0 , a4 L

Ha0 , a5 L

Ha1 , a0L

Ha1 , a1L

Ha1 , a2L

Ha1 , a3L

Ha1 , a4L

Ha1 , a5L

Ha2 , a0L

Ha2 , a1L

Ha2 , a2L

Ha2 , a3L

Ha2 , a4L

Ha2 , a5L

Ha3 , a0L

Ha3 , a1L

Ha3 , a2L

Ha3 , a3L

Ha3 , a4L

Ha3 , a5L

Ha4 , a0 L

Ha4 , a1 L

Ha4 , a2 L

Ha4 , a3 L

Ha4 , a4 L

Ha4 , a5 L

Ha5 , a0 L

Ha5 , a1 L

Ha5 , a2 L

Ha5 , a3 L

Ha5 , a4 L

Ha5 , a5 L

a0 a1 a2 a3 a4 a5

a0

a1

a2

a3

a4

a5

Questo consente di disporre le coppie del prodotto cartesiano EµE in successione:

Ha0, a0L, Ha0, a1L, Ha1, a0L, Ha0, a2L, Ha1, a1L, Ha2, a0L, Ha0, a3L, Ha1, a2L, Ha2, a1L, Ha3, a0L, ∫e ne dimostra la numerabilità.

Esercizio 2.11 (10)

Dimostrare che se A0, A1, ∫, An, ∫ sono infiniti insiemi numerabili, allora la loro unione è numerabile.

Svolgimento:

Ogni insieme Ai è numerabile, quindi i suoi elementi possono essere disposti in una successione del tipo: ai,0, ai,1, ai,2,

∫; dunque ogni elemento dell'unione A =Êi=0

¶Ai è del tipo ai, j, dove Hi, jL œ �µ�; tutti questi elementi ai, j possono

essere disposti in successione con lo stesso procedimento adoperato per EµE nell'esecizio precedente.

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2. Teoria degli insiemi11. Esercizi

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3 Dagli interi naturali ai numeri reali

In questo capitolo si espongono le proprietà degli interi naturali e di quelli relativi, dei numeri razionali e dei numeri reali.

3.1 Interi naturali

Le teorie matematiche si sviluppano a partire da alcuni concetti che vengono ritenuti “primitivi”, cioé non definibili in

termini di concetti più semplici, e da alcune regole che consentono di “combinare” tra loro tali concetti. Queste regole

vengono dette assiomi o postulati. Ad esempio, la Geometria Euclidea si sviluppa a partire dai concetti di “punto” e di

“retta”, e dai cinque assiomi di Euclide: tutte le proprietà delle figure geometriche sono, in ultima analisi, conseguenza

dei soli cinque assiomi iniziali.

Analogamente, tutte la proprietà dell'insieme � degli interi naturali, che conosciamo ed adoperiamo da sempre, sono

conseguenza di un limitato numero di concetti primitivi e di assiomi. L'assiomatizzazione di � è molto più recente di

quella della Geometria Euclidea, e si deve a Peano. Gli assiomi di Peano sono i seguenti.

Assiomi di Peano:

esiste un insieme, che indichiamo con �, ed un suo elemento, che indichiamo con 0, tali che:

1) per ogni elemento n di � esiste un altro elemento di �, detto successivo di n, che denotiamo con ns;

2) l'elemento 0 non è il successivo di alcun altro elemento di �;

3) due elementi diversi di � hanno successivi diversi;

4) vale il principio di induzione: se pHnL è un predicato definito sull'insieme �, e se:

a) pH0L è vero;

b) pHnLfl pHnsL, dove ns denota il successivo di n,

allora " n œ � : pHnL è vero.

E' possibile dimostrare che, a partire dai soli assiomi di Peano, è possibile definire sull'insieme � le consuete operazioni

di addizione e moltiplicazione, e la relazione d'ordine. Una volta definita l'addizione su �, si vede che il successivo di un

intero naturale n non è altro che n + 1 (dove ovviamente 1 è il successivo di 0). E' anche possibile dimostrare che

l'insieme degli interi che conosciamo è sostanzialmente l'unico insieme a soddisfare gli assiomi di Peano.

Nel seguito si indicherà con �*, l'insieme � privato dello zero: �* = 81, 2, 3, 4, ∫<.

à Richiami di Aritmetica

Ricordiamo brevemente le proprietà dell'addizione, della moltiplicazione e della relazione d'ordine.

Proprietà dell'addizione:

n + m =m + n (commutatività)

0 + n = n (0 è l'elemento neutro dell'addizione)

n + Hm + rL = Hn +mL + r (associatività)

Proprietà della moltiplicazione:

n m = m n (commutatività)

1 n = n (1 è l'elemento neutro della moltiplicazione)

nHm rL = Hn mL r (associatività)

Compatibilità di addizione e moltiplicazione:

nHm + rL = n m + n m (la moltiplicazione è distributiva rispetto all'addizione)

Relazione d'ordine:

In � è definita la relazione d'ordine § che, oltre ad essere riflessiva, antisimmetrica e transitiva, gode anche della

seguente proprietà:

ogni sottoinsieme di � è dotato del più piccolo elemento (l'insieme � è ben ordinato)

Compatibilità della relazione d'ordine con l'addizione e la moltiplicazione:§ fl + § +

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3. Dagli interi naturali ai numeri reali1. Interi naturali

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n § mfl n + r §m + r

n § m, r ¥ 0 fl n r § m r

Vogliamo ora ricordare alcune semplici e ben note proprietà degli interi naturali, che potrebbero essere dedotte dagli

assiomi.

Anzitutto ricordiamo che, se n0 œ �, i multipli di n0 sono i numeri del tipo k n0, al variare di k in �. Ogni n0 œ � (diverso

da zero) ha infiniti multipli; ad esempio:

multipli di n0 = 0: 80<multipli di n0 = 1: 80, 1, 2, 3, 4, ∫< = �

multipli di n0 = 2: 80, 2, 4, 6, 8, ∫<Se n è un multiplo di n0, si dice che n0 è un sottomultiplo di n, o anche che n0 è un divisore di n o ancora che n è

divisibile per n0.

Ad esempio, i sottomultipli (o divisori) di 12 sono: 1, 2, 3, 4, 6, 12.

I criteri di divisibilità consentono di stabilire se un certo numero n è divisibile per 2, 3, 4, 5, ecc.. Ad esempio:

- un numero è divisibile per 3 se la somma delle sue cifre è 3 o un multiplo di 3;

- un numero è divisibile per 5 se la sua ultima cifra è 0 o 5;

- un numero è divisibile per 9 se la somma delle sue cifre è 9 o un multiplo di 9.

Se n ed n0 sono interi naturali, con 1 § n0 § n, esiste una ed una sola coppia di interi naturali q ed r, con 0 § r § n0 - 1,

tali che sia:

n = q n0 + r.

Infatti basta considerare come numero q, il più grande intero q tale che q n0 § n; posto allora r = n - q n0, si ha

ovviamente n = q n0 + r; inoltre si ha anche r § n0 - 1, infatti, se fosse n0 - 1 < r = n - q n0, si avrebbe anche

Hq + 1L n0 < n + 1, cioé Hq + 1L n0 § n, contro il fatto che q è il più grande intero naturale tale che q n0 § n.

Com'è noto q si dice quoziente ed r si dice resto della divisione di n per n0.

Dire che n è divisibile per n0 equivale a dire che n è un multiplo di n0, cioé che il resto della divisione di n per n0 è

uguale a zero.

Tra i divisori di un numero n figura sempre il numero n stesso e il numero 1. Se non ve ne sono altri, n si dice primo. Più

precisamente, si dice numero primo un intero n ¥ 2 divisibile solo per 1 e per se stesso.

Nella seguente tavola sono contenuti i primi 10.000 numeri primi.

Dal numero primo n. 1 al numero primo n. 100

2 3 5 7 11 13 17 19 23 29

31 37 41 43 47 53 59 61 67 71

73 79 83 89 97 101 103 107 109 113

127 131 137 139 149 151 157 163 167 173

179 181 191 193 197 199 211 223 227 229

233 239 241 251 257 263 269 271 277 281

283 293 307 311 313 317 331 337 347 349

353 359 367 373 379 383 389 397 401 409

419 421 431 433 439 443 449 457 461 463

467 479 487 491 499 503 509 521 523 541

Ricordiamo alcune proprietà importanti dei numeri primi; anzitutto se n œ �, si dimostra che o n è un numero primo,

oppure è divisibile per un numero primo.

Applicando più volte questa proprietà, si dimostra che ogni intero naturale può essere scritto (in modo univoco) come

prodotto di numeri primi eventualmente elevati ad opportune potenze (scomposizione in fattori primi).

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3. Dagli interi naturali ai numeri reali1. Interi naturali

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Ad esempio:

18 = 21 ÿ32;

126 = 21 ÿ32 ÿ71;

228 690 = 21 ÿ33 ÿ51 ÿ71 ÿ112,

e così via.

Numero da scomporre: 12 = 22 ◊ 31

E' stato dimostrato fin dall'antichità che i numeri primi sono infiniti.

Teorema 3.1 (1) (I numeri primi sono infiniti)

I numeri primi sono infiniti.

Dimostrazione.

La dimostrazione si svolge per assurdo, supponendo che, viceversa, esistano solo un numero finito di numeri primi, che

indichiamo con p1, p2, ∫, pn. Possiamo allora considerare il prodotto di tali numeri primi, cioé il numero

p = p1 p2 p3 ∫ pn; ma allora il numero p + 1 non è divisibile per nessun numero primo pi, infatti la divisione per pi da

sempre per resto 1; d'altra parte, p + 1 non è un numero primo (perché è diverso da tutti i pi), e quindi deve esistere un

numero primo diverso da tutti i pi, che divide p + 1, e questo è assurdo.

Partendo dalla scomposizione in fattori primi dei numeri interi, è possibile trovare il massimo comun divisore e il minimo

comune multiplo di due interi.

Il massimo comun divisore di n ed m, indicato con mcdHn, mL è il più grande dei divisori comuni di n ed m, e si ottiene

prendendo i fattori comuni della scomposizione, ciascuno elevato alla minima potenza.

Ad esempio: 540 = 22 ÿ33 ÿ51, e 4200 = 23 ÿ31 ÿ52 ÿ71; allora mcdH540, 4200L = 22 ÿ31 ÿ51 = 60.

Due numeri si dicono primi fra loro se il loro massimo comun divisore è 1, ossia se non hanno alcun divisore comune a

parte 1.

Ad esempio, 10 e 21 sono primi fra loro infatti 10 = 21 ÿ51 e 21 = 31 ÿ71: non ci sono fattori comuni. Ovviamente se due

numeri sono primi fra loro, in generale non sono numeri primi.

Il minimo comune multiplo di n ed m, indicato con mcmHn, mL è il più piccolo dei multipli comuni ad n ed m, e si ottiene

prendendo i fattori comuni e non comuni della scomposizione, ciascuno elevato alla massima potenza.

Ad esempio: 540 = 22 ÿ33 ÿ51, e 4200 = 23 ÿ31 ÿ52 ÿ71; allora mcmH540, 4200L = 23 ÿ33 ÿ52 ÿ7 = 37 800.

à Il principio di induzione

Tra gli assiomi di Peano, particolarmente importante è il principio di induzione: esso può essere utilizzato per dimostrare

che una proposizione del tipo:

" n œ � : pHnLè vera: basta infatti dimostrare che la proposizione pH0L è vera, e che, se è vera la proposizione pHnL, allora è vera anche

la proposizione pHn + 1L. Naturalmente non è necessario partire proprio da n = 0: lo stesso principio di induzione può

essere usato anche per dimostrare una proposizione del tipo:

" n œ �, n ¥ n0 : pHnLè vera, cioé che sono vere tutte le proposizioni pHnL a partire da un certo n0 in poi.

Quando, applicando il principio di induzione, si assume pHnL vera per poi dimostrare che essa implica pHn + 1L, la

proposizione pHnL si dice “ipotesi induttiva”.

Il principio di induzione è usato molto spesso in matematica, come si vede negli esempi seguenti.

Esempio 3.1 (1)

Dimostrare che:

" n œ �, n ¥ 1 : 1 + 2 + 3 +∫ + n =nHn+1L

2.

Indichiamo con pHnL il predicato

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pHnL = “ 1 + 2 + 3 +∫ + n =nHn+1L

2”

Osserviamo che ovviamente pH1L è vero, infatti il predicato pH1L si riduce all'uguaglianza 1 = 1, che è vera. Supponiamo

ora che sia vero pHnL per un certo intero naturale n, cioé che si abbia effettivamente

1 + 2 + 3 +∫ + n =nHn+1L

2

(questa è l'ipotesi induttiva). Si deve dimostrare che allora anche pHn + 1L è vero, cioé che:

1 + 2 + 3 +∫ + n + n + 1 =Hn+1L Hn+2L

2.

Infatti:

1 + 2 + 3 +∫ + n + n + 1 =perché pHnL è vero nHn+1L

2+ n + 1 =

nHn+1L+2 Hn+1L2

=Hn+1L Hn+2L

2,

quindi effettivamente pHn + 1L è vero.

Il principio di induzione ci garantisce che pHnL è vero per ogni n œ �, con n ¥ 1.

Esempio 3.1 (2) (Numero di elementi di �(E))

Sia E un insieme di n elementi, e sia �HEL l'insieme delle parti di E; si vuole dimostrare che †�HEL§ = 2n, dove, con †A§ si

indica, al solito, il numero di elementi dell'insieme A.

Sia dunque pHnL la proposizione:

pHnL = “ †E§ = n fl †�HEL§ = 2n ”;

si vuole dimostrare che tale proposizione è vera per ogni n œ �. A tale scopo, procedendo per induzione, osserviamo

anzitutto che pH0L è vera, infatti se †E§ = 0, vuol dire che E = «; ma allora �HEL = 8«< e dunque †�HEL§ = 1 = 20. Sia ora

n œ � con n ¥ 1, e supponiamo che la proposizione pHnL sia vera. Si deve dimostrare che allora è vera anche la pHn + 1L; atale scopo, sia E un insieme di n + 1 elementi: †E§ = n + 1, sia x0 œ E, e sia E0 = E\8x0<. Posto

�0 = 9 A ‹ 8x0< A œ �HE0L =, si ha immediatamente:

�HEL = �HE0L ‹ �0, con �HE0L › �0 = «.

Infatti un sottoinsieme A di E, o non contiene x0, e allora A œ �HE0L, oppure contiene x0, e allora A œ �0, quindi

�HEL = �HE0L ‹ �0; inoltre in sottoinsieme di E non può appartenere simultaneamente a �HE0L e a �0, altrimenti A non

contiene e contiene x0 simultaneamente, e dunque �HE0L › �0 = «.

Ma allora:

†�HEL§ = †�HE0L ‹ �0§ = †�HE0L§ + †�0§ = 2n + 2n = 2 µ 2n = 2n+1,

quindi la proposizione pHn + 1L è vera. Per il principio di induzione, la proposizione pHnL è vera per ogni n œ �.

Esempio 3.1 (3) (Disuguaglianza di Bernoulli)

Dimostrare che, se a œ�, con a ¥ -1, allora:

" n œ � : H1 + aLn ¥ 1 + n a.

Per n = 0 si ha H1 + aL0 = 1 = 1 + 0 a, quindi la proposizione pH0L è vera. Supponiamo vera la disuguaglianza per un certo

n, e facciamo vedere che essa è valida anche per n + 1; infatti, si ha:

H1 + aLn ¥ 1 + n afl H1 + aLn+1 ¥ H1 + n aL H1 + aL = 1 + Hn + 1L a + n a2 ¥ 1 + Hn + 1L a,

da cui l'asserto.

Se a ∫ 0, e n ¥ 2, si può dimostrare allo stesso modo che vale la diseguaglianza stretta.

à Basi diverse da 10

Il sistema di scrittura posizionale degli interi naturali in base 10 consiste nel fissare 10 simboli diversi (le cifre

0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9) che, a seconda della posizione nel numero, hanno il significato di unità, decine (cioé

raggruppamenti di 10), centinaia (cioé raggruppamenti di 102), e così via.

Ad esempio, nel sistema in base 10, si ha: 123 = 1 ÿ102 + 2 ÿ10 + 3. Dunque, un insieme di 123 elementi è formato da un

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raggruppamento di cento elementi, due raggruppamenti di dieci elementi, e tre elementi.

Naturalmente la scelta della base è convenzionale; ad esempio, i 123 (in base 10) elementi dell'insieme precedente

potrebbero essere raggruppati secondo le potenze di 5 invece che di 10. In tal caso, oltre le unità, ci sarebbero: le

“cinquine”, le “venticinquine”, le “centoventicinquine”, ecc. ecc..

Dunque, dato che il nostro insieme sarebbe formato da: quattro venticinquine, quattro cinquine e tre unità (infatti

123 = 4 ÿ25 + 4 ÿ5 + 3), in base 5 il numero degli elementi dell'insieme si scrive: 443.

Per indicare la base (se diversa da 10), si scrive 4435.

Ovviamente il metodo per scrivere un numero n in base b, consiste nel dividere n per la potenza più alta di b contenuta in

n, e poi di ripetere il procedimento per il resto ottenuto.

Ad esempio, volendo scrivere 123 in base 3, si ha:

123 = 1 ÿ81 + 42 (81 = 34)

42 = 1 ÿ27 + 15(27 = 33)

15 = 1 ÿ9 + 6 (9 = 32)

6 = 2 ÿ3 + 0 (3 = 31)

0 = 0 ÿ1 + 0 (1 = 30)

da cui: 123 = 11 1203.

La base più piccola possibile è la base 2: in questo caso bastano due cifre (0 ed 1) per rappresentare qualsiasi numero.

Ad esempio:

123 = 1 ÿ64 + 59 (64 = 26)

59 = 1 ÿ32 + 27(32 = 25)

27 = 1 ÿ16 + 11(16 = 24)

11 = 1 ÿ8 + 3 (8 = 23)

3 = 0 ÿ4 + 3 (4 = 22)

3 = 1 ÿ2 + 1 (2 = 21)

1 = 1 ÿ1 + 0 (1 = 20)

da cui: 123 = 1 111 0112.

E' anche possibile scegliere una base maggiore di 10; in questo caso sono necessari altri simboli, oltre le 10 cifre 0, ∫, 9

per rappresentare i numeri; ad esempio, scegliendo come base 11, si usa, come 11a cifra, la lettera “a”.

Ad esempio:

1320 = 10 ÿ121 + 110 (121 = 112)

110 = 10 ÿ11 + 0 (11 = 111)

0 = 0 ÿ1 + 0 (1 = 110)

e dunque, scrivendo “a” invece di 10: 1320 = aa011.

Base: 5 Numero: 123 = 4435

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3.2 Esercizi

Esercizio 3.2 (1)

Scomporre in fattori primi i seguenti interi naturali:

600, 1134, 231, 1001.

Soluzione.

Si ha: 600 = 23 ÿ31 ÿ52; 1134 = 21 ÿ34 ÿ71; 231 = 31 ÿ71 ÿ111; 1001 = 71 ÿ111 ÿ131.

Esercizio 3.2 (2)

Calcolare il massimo comun divisore dei numeri:

600, 1134,

e dei numeri:

600, 231, 1001.

Soluzione.

Essendo 600 = 23 ÿ31 ÿ52; 1134 = 21 ÿ34 ÿ71, il massimo comun divisore è 21 ÿ31 = 6;

Essendo 600 = 23 ÿ31 ÿ52; 231 = 31 ÿ71 ÿ111; 1001 = 71 ÿ111 ÿ131, il massimo comun divisore è 1.

Esercizio 3.2 (3)

Calcolare il minimo comune multiplo dei numeri:

600, 1134,

e dei numeri:

600, 231, 1001.

Soluzione.

Essendo 600 = 23 ÿ31 ÿ52; 1134 = 21 ÿ34 ÿ71, il minimo comune multiplo è 23 ÿ34 ÿ52 ÿ71 = 113 400;

Essendo 600 = 23 ÿ31 ÿ52; 231 = 31 ÿ71 ÿ111; 1001 = 71 ÿ111 ÿ131, il minimo comune multiplo è

23 ÿ31 ÿ52 ÿ71 ÿ111 ÿ131 = 600 600.

Esercizio 3.2 (4)

Dimostrare per induzione che, per ogni n œ �*, si ha:

1 + 4 + 9 + 16 +∫ + n2 =n Hn+1L H2 n+1L

6.

Svolgimento.

La formula è vera per n = 1; se è vera per un certo n, si ha:

1 + 4 + 9 + 16 +∫ + n2 + Hn + 1L2 =n Hn+1L H2 n+1L

6+ Hn + 1L2 = Hn + 1L I n H2 n+1L

6+ n + 1M = Hn + 1L 2 n2+7 n+6

6;

d'altra parte:

Hn+1L Hn+2L H2 H n+1L+1L6

= Hn + 1L Hn+2L H2 n+3L6

= Hn + 1L 2 n2+7 n+6

6,

da cui l'asserto.

Esercizio 3.2 (5)

Scrivere i seguenti numeri nelle basi indicate:

131 in base 2

1212 in base 16

156 in base 3

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3. Dagli interi naturali ai numeri reali2. Esercizi

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81 in base 5

Soluzione.

Si ha:

131 = 10 000 0112;

1212 = 4 bc16;

156 = 12 2103;

81 = 3115.

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3. Dagli interi naturali ai numeri reali2. Esercizi

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3.3 Interi relativi e numeri razionali

à Gli interi relativi

Gli interi naturali, introdotti nella sezione precedente, non sono sufficienti per le esigenze della matematica; ad esempio,

in � è possibile risolvere equazioni del tipo n + x =m (dove n e m sono interi naturali dati e x rappresenta l'incognita)

solo nel caso in cui risulta m ¥ n; per poter risolvere tali equazioni anche nel caso m < n, si introduce l'insieme � degli

interi relativi:

� = 8∫ - 3, -2, -1, 0, 1, 2, 3, ∫<.Talvolta è opportuno considerare l'insieme � privato di 0; tale insieme si indicherà con �*.

Accenniamo, ma solo molto brevemente, al modo in cui si definiscono gli interi relativi a partire da �.

Anzitutto osserviamo che ogni intero naturale può essere identificato con un insieme di coppie ordinate di interi nel

modo seguente:0 ª 8H0, 0L, H1, 1L, H2, 2L, H3, 3L, ∫<1 ª 8H1, 0L, H2, 1L, H3, 2L, H4, 3L, ∫<2 ª 8H2, 0L, H3, 1L, H4, 2L, H5, 3L, ∫<in generale ogni intero n viene identificato con le coppie Hn1, n2L tali che n1 - n2 = n (scriviamo n1 - n2 = n per

semplicità, ma più esattamente dovremmo scrivere n1 = n + n2, perché la differenza di interi non è stata ancora definita!).

Gli interi “negativi” si definiscono allora come insiemi di coppie Hn1, n2L con n1 < n2; ad esempio:

-1 =def 8H0, 1L, H1, 2L, H2, 3L, H3, 4L, ∫<

-2 =def 8H0, 2L, H1, 3L, H2, 4L, H3, 5L, ∫<

e così via.

Tutto questo potrebbe essere formalizzato e reso rigoroso considerando il prodotto cartesiano �µ�, e introducendo in

esso la relazione Hn1, n2L � Hm1, m2Lñ n1 - n2 = m1 - m2 (al solito si dovrebbe scrivere n1 +m2 = n2 + m1), che è di

equivalenza; a questo punto si definisce l'insieme degli interi relativi come l'insieme quoziente � = �µ� ê�. Gli elementi

di questo insieme quoziente sono gli insiemi di coppie considerate prima.

Ogni intero n si identifica con la classe di equivalenza 8H0, nL, H1, n + 1L, H2, n + 2L, H3, n + 3L, ∫<, mentre una classe

di equivalenza del tipo 8Hn, 0L, Hn + 1, 1L, Hn + 2, 2L, Hn + 3, 3L, ∫< si usa per definire un nuovo tipo di numeri: gli

interi negativi -n.

A patto di identificare ogni numero intero con la classe di equivalenza corrispondente, l'insieme � può essere considerato

un sottoinsieme di �, o anche viceversa l'insieme � può essere considerato come un ampliamento di �, cioé � Õ�.

In � si introducono le operazioni di addizione e di moltiplicazione, e la relazione d'ordine §; l'addizione, oltre ad essere

commutativa e associativa, ed avere l'elemento neutro (lo zero), in � guadagna una nuova proprietà:

esistenza dell'opposto:

per ogni n œ� esiste un elemento di � che si denota con -n, e si dice opposto di n, tale che n - n = 0.

Le altre proprietà dell'addizione e della moltiplicazione, e le proprietà di compatibilità della relazione d'ordine restano

inalterate.

Proprio la proprietà di esistenza dell'opposto consente di risolvere equazioni del tipo n + x = m in �; infatti basta

sommare ad entrambe i membri dell'equazione l'opposto di n per avere x = m - n.

Divisione in �.

Anche in � è possibile introdurre l'algoritmo della divisione, come già fatto in �; precisamente si dimostra che, se m œ�

ed n0 œ �, con 1 § n0 § †m§ (il simbolo †m§ indica il valore assoluto di m), esiste una ed una sola coppia di interi relativi q

ed r, con 0 § r § n0 - 1, tali che sia:

m = q n0 + r.

Il numero q è sempre il più grande intero tale che sia q n0 §m.

Ad esempio, dovendo dividere m = -10 per n0 = 3, si considera il più grande multiplo q n0 di n0 = 3 che sia § -10; tale

multiplo è -12 = H-4L ÿ3, e infatti si può scrivere:

-10 = H-4L ÿ3 + 2,

cioé -10 : 3 è uguale a -4 col resto di 2.

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3. Dagli interi naturali ai numeri reali3. Interi relativi e numeri razionali

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à I numeri razionali

Nell'ambito dell'insieme � abbiamo visto che tutte le equazioni del tipo n + x = m sono risolubili; tuttavia vi è un altro

tipo di equazioni che non sono sempre risolubili, e precisamente quelle del tipo n x = m, dove m ed n sono interi relativi

assegnati qualsiasi. Infatti, affinché tale equazione sia risolvibile nell'ambito degli interi, m dev'essere un multiplo di n:

ad esempio, l'equazione 3 x = 5 non è risolubile, mentre l'equazione 3 x = 6 lo è.

Per ovviare a tale inconveniente si è indotti ad ampliare ulteriormente l'insieme dei numeri interi relativi introducendo i

numeri razionali, cioé i numeri della forma m

n, dove m è un intero relativo ed n un intero naturale. Tale insieme si indica

con �:

� = 9 m

nm œ�, n œ � =.

Identificando le frazioni del tipo m

1 con il numeratore m, l'insieme � può essere considerato un sottoinsieme di �: � Õ�,

ossia, equivalentemente, � può essere considerato un ampliamento di �.

Sull'insieme � si definiscono le operazioni di addizione, moltiplicazione e la relazione d'ordine §.

Questa volta è l'operazione di moltiplicazione a guadagnare una nuova proprietà: l'esistenza del reciproco:

esistenza del reciproco:

per ogni q œ�, con q ∫ 0, esiste un elemento di � che si denota con 1

q (o anche con q-1), e si dice reciproco di q, tale

che q ÿ1

q= 1.

Grazie all'esistenza del reciproco, si possono risolvere equazioni del tipo n x =m: infatti, purché n ∫ 0, moltiplicando

entrambe i membri per il reciproco di n, si ha x = m ÿ1

n.

L'insieme dei numeri razionali gode della seguente proprietà di densità:

se q1 e q2 sono numeri razionali con q1 < q2, esiste un numero razionale q tale che q1 < q < q2.

Infatti basta prendere q =q1+q2

2.

Osservazione.

L'insieme � è totalmente ordinato ma non bene ordinato, cioé non è vero che ogni suo sottoinsieme è dotato del più

piccolo elemento; ad esempio, l'insieme dei numeri razionali strettamante maggiori di zero non è dotato del più piccolo

elemento.

I numeri razionali possono essere rappresentati, mediante l'algoritmo euclideo della divisione, come allineamenti

decimali (con segno) finiti o periodici, questi ultimi con un eventuale antiperiodo; ad esempio:

15

4= 3.25 (decimale finito)

-51

50= -1.02 (decimale finito)

34

9= 3.77777 ∫ = 3. 7 (decimale periodico, con periodo 7 e nessun antiperiodo)

4324

825= 5.24121212 ∫ = 5.24 12 (decimale periodico, con periodo 12 e antiperiodo 24)

Ricordiamo che la frazione generatrice di un numero decimale periodico della forma n.aa ppp (dove n rappresenta la

parte intera, aa un antiperiodo di due cifre, e ppp un periodo di tre cifre), è data dalla formula:

naappp - naa

99 900.

Infatti posto x = n.aa ppp = n.aappppppppp∫, moltiplichiamo membro a membro per 102 e per 105 (2 è il numero delle

cifre dell'antiperiodo, e 5 quello della somma delle cifre dell'antiperiodo e del periodo); si ha:

102 x = naa.pppppppppp

105 x = naappp.pppppppp

Poiché le parti decimali dei due numeri sono uguali, sottraendo membro a membro si ha:

I105 - 102M x = naappp - naa

ossia, essendo 105 - 102 = 100 000 - 100 = 99 900:

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3. Dagli interi naturali ai numeri reali3. Interi relativi e numeri razionali

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99 900 x = naappp - naa,

da cui appunto:

x =naappp-naa

99 900.

Esempio 3.3 (1)

Ad esempio, la frazione generatrice del numero 21.788 13, che ha un antiperiodo di tre cifre ed un periodo di due cifre, si

ottiene nel modo seguente:

2 178 813-21 788

99 000=

86 281

3960

Altre frazioni generatrici possono essere trovate con l'animazione seguente.

Parte intera: 5 Antiperiodo: 24 Periodo: 12

Frazione generatrice =52412 - 524

9900=

4324

825

Le osservazioni precedenti mostrano che ad ogni numero razionale corrisponde un allineamento decimale finito o

periodico, ed ad ogni allineamento decimale finito o periodico corrisponde viceversa un numero razionale. Tale

corrispondenza è anche biunivoca, a patto di identificare un allineamento decimale periodico di periodo nove, con un

allineamento decimale finito come, ad esempio: 23.45 9 = 23.46 ecc. ecc..

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3. Dagli interi naturali ai numeri reali3. Interi relativi e numeri razionali

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3.4 Esercizi

Esercizio 3.4 (1)

Verificare che la relazione � su �µ� definita ponendo: Ha, bL � Ha ', b 'L ñ a + b ' = a ' + b è di equivalenza.

Svolgimento.

E' ovvio che è riflessiva e simmetrica; è anche transitiva, infatti se Ha, bL � Ha ', b 'L e Ha ', b 'L � Ha '', b ''L, si ha

a + b ' = a ' + b e a ' + b '' = a '' + b '; sommando ad entrambe i membri della prima uguaglianza il numero a ' + b '', si ha:

a + b ' + a ' + b '' = a ' + b + a ' + b '', e adoperando la seconda, si ottiene:

a + b ' + a ' + b '' = a ' + b + a ' + b '' = a ' + b + a '' + b '. Semplificando il primo e l'ultimo membro di tale uguaglianza si ha:

a + b '' = a '' + b, da cui Ha, bL � Ha '', b ''L.Esercizio 3.4 (2)

Verificare che, se � è la relazione di equivalenza dell'esercizio precedente, e se Ha, bL � Ha ', b 'L e Hc, dL � Hc ', d 'L, allora

Ha + c, b + dL � Ha ' + c ', b ' + d 'L.

Svolgimento.

Poiché a + b ' = a ' + b e c + d ' = c ' + d , sommando membro a membro si ha: a + b ' + c + d ' = a ' + b + c ' + d , cioé

Ha + cL + Hb ' + d 'L = Hb + dL + Ha ' + c 'L, da cui appunto: Ha + c, b + dL � Ha ' + c ', b ' + d 'L.Esercizio 3.4 (3)

Verificare che, se @Ha, bLD e @Hc, dLD sono due classi di equivalenza individuate dalle due coppie Ha, bL e Hc, dL (cfr. i due

esercizi precedenti), allora si può porre: @Ha, bLD + @Hc, dLD = @Ha + c, b + dLD, perché la classe di equivalenza

@Ha + c, b + dLD è univocamente determinata.

Svolgimento.

Basta far vedere che se Ha ', b 'L œ @Ha, bLD e Hc ', d 'L œ @Hc, dLD, allora anche Ha ' + c ', b ' + d 'L œ @Ha + c, b + dLD. Ma questo

deriva immediatamente dall'esercizio precedente.

Esercizio 3.4 (4)

Determinare la frazione generatrice dei seguenti allineamenti decimali periodici.

Numero Soluzione Reset

Soluzione.

La soluzione è contenuta nell'animazione precedente.

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3.5 I numeri reali

Partendo dagli interi naturali abbiamo via via ampliato gli insiemi numerici a nostra disposizione: � Õ� Õ�.

Tuttavia l'insieme � non è ancora sufficiente per le esigenze della matematica. Anzitutto, dalla Geometria sappiamo che

esistono coppie di grandezze incommensurabili, come, ad esempio, il lato e la diagonale di un quadrato. Ciò significa

che, qualunque sia n œ �*, l'n -esima parte del lato non può mai essere contenuta un numero esatto di volte nella

diagonale. In altri termini, denotate con � e d le misure del lato e della diagonale, non può mai aversi d =m

n� per nessuna

coppia di interi n ed m: infatti, in caso contrario, per il Teorema di Pitagora si avrebbe d2 =m2

n2�2 = 2 �2, da cui: 2 =

m2

n2;

ma ciò è assurdo per il teorema 1.2 (3) sull'irrazionalità della radice quadrata di 2.

In termini più “aritmetici”, si può dire che in � non è possibile risolvere l'equazione x2 = 2; più in generale, non è

sempre possibile risolvere in � equazioni del tipo xn = q, dove n è un intero naturale e q è un numero razionale positivo.

Questo incoveniente porta alla necessità di ampliare ancora l'insieme �, e ad introdurre l'insieme � dei numeri reali.

à I numeri reali come allineamenti decimali e le loro proprietà

I numeri reali possono essere introdotti come l'insieme di tutti i possibili allineamenti decimali (con segno), finiti,

periodici e aperiodici. Ovviamente � Õ �, quindi � può essere considerato un ampliamento di �. I numeri reali che non

appartengono a �, si dicono irrazionali. e in � si introducono, al solito, le due operazioni di addizione e di

moltiplicazione, e la relazione d'ordine §.

Senza entrare nei dettagli di come sia possibile definire la somma o il prodotto di due allineamenti decimali, ci limitiamo

a riportare le proprietà dell'addizione, della moltiplicazione e della relazione d'ordine, che sono identiche a quelle che

valgono in �.

1) Proprietà dell'addizione:

- associatività: a + Hb + cL = Ha + bL + c;

- commutatività: a + b = b + a;

- esistenza dell'elemento neutro 0: 0 + a = a;

- esistenza dell'opposto: a + H-aL = 0.

2) Proprietà della moltiplicazione:

- associatività: aHb cL = Ha bL c;

- commutatività: a b = b a;

- esistenza dell'elemento neutro 1: 1 a = a;

- esistenza del reciproco: a a-1 = 1.

3) Proprietà che collegano l'addizione con moltiplicazione:

- distributività: aHb + cL = a b + a c.

4) Proprietà che collegano la relazione £ con l'addizione e la moltiplicazione:

- compatibilità con l'addizione: se a § b, allora a + c § b + c;

- compatibilità con la moltiplicazione: se a § b e se 0 § c, allora a c § b c.

Con il linguaggio dell'Algebra, le proprietà 1) - 3) si esprimono dicendo che � è un campo (o corpo commutativo), le

proprietà 1) - 4) dicendo che � è un campo ordinato (o un corpo commutativo ordinato).

Dalle proprietà 1) - 4) sopra enunciate seguono moltissime proprietà ben note e di uso corrente nei calcoli con i numeri

reali. Anzitutto si dimostra facilmente che l'elemento neutro dell'addizione (lo zero) e quello della moltiplicazione (l'uno)

sono unici; questo non è del tutto ovvio perché questa unicità non è enunciata nelle proprietà 1) - 4). Si dimostra pure

facilmente che anche l'opposto e il reciproco di un elemento sono unici, che l'opposto di zero è zero: -0 = 0 e che il

reciproco di uno è uno: 1-1 = 1.

A titolo di esercizio, facciamo esplicitamente la dimostrazione di alcune altre “ovvie” conseguenze delle proprietà 1) - 4).

i) " a œ � : a 0 = 0 a = 0

Infatti, sia a œ �; si ha allora: a 0 = a H0 + 0L =p. distributiva

a 0 + a 0; sommando ad entrambe i membri dell'uguaglianza

ottenuta: a 0 = a 0 + a 0 il numero -a 0 (cioé l'opposto di a 0), si ha: 0 = a 0, e quindi, per la proprietà commutativa,

anche 0 a = 0, come si doveva dimostrare.

ii) " a œ �, b œ � : a H-bL = -a b

Infatti, se a e b sono numeri reali qualsiasi, si deve dimostrare che il prodotto aH-bL non è altro che l'opposto di a b; per

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

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fare questo, data l'unicità dell'opposto, basta dimostrare che aH-bL + a b = 0; in effetti, per la proprietà distributiva:

aH-bL + a b = aH-b + bL = a 0 = 0, quindi effettivamente aH-bL = -a b.

iii) " a œ �, b œ � : a b = 0fl a = 0 b = 0 (legge di annullamento del prodotto)

Infatti, siano a e b numeri reali tali che a b = 0; se uno dei due numeri, ad es. b fosse diverso da zero, moltiplicando per il

reciproco si avrebbe: Ha bL b-1 = 0 b-1 = 0; d'altra parte, per la proprietà associativa: Ha bL b-1 = a Ib b-1M = a 1 = a, e

dunque a = 0, e l'asserto è dimostrato.

iv) " a œ � : a § 0fl 0 § -a

Infatti, se a § 0, sommando ad entrambe i membri della diseguaglianza lo stesso numero -a, si ottiene (per la

compatibilità di § con l'addizione): a + H-aL § -a, cioé, appunto: 0 § -a.

Più in generale, " a, b œ � : a § bfl-b § -a.

v) regole dei segni:

" a œ �, b œ � si ha:

a ¥ 0 Ï b ¥ 0fl a b ¥ 0, a ¥ 0 Ï b § 0fl a b § 0, a § 0 Ï b § 0fl a b ¥ 0.

Dimostriamo, ad esempio, che, se a § 0 e b § 0, allora a b ¥ 0 (cioé “meno per meno fa più”): in effetti, essendo b § 0, si

ha 0 § -b; allora, moltiplicando membro a membro la diseguaglianza a § 0 per il numero positivo -b, si ha:

aH-bL § 0 H-bL = 0, cioé aH-bL § 0. D'altra parte, aH-bL = -a b, cosicché si ha: -a b § 0; ma allora, per la proprietà iv)

precedente: a b ¥ 0, come si doveva dimostrare.

In modo analogo si dimostrano le altre due regole dei segni.

vi) moltiplicazione membro a membro:

" a, b, c, d œ � si ha:

0 < a < b

0 < c < dfl a c < b d ,

a < b < 0

c < d < 0fl a c > b d .

In altri termini, moltiplicando membro a membro le due diseguaglianze a < b e c < d , si ottiene una diseguaglianza nello

stesso verso se i quattro numeri sono tutti positivi, nel verso opposto se sono tutti negativi.

Infatti, supponiamo, ad esempio, che i quattro numeri siano tutti positivi; allora, da a < b, moltiplicando per c e

ricordando la 4), si ha a c < b c (in questo caso vale la disuguaglianza stretta); moltiplicando poi la diseguaglianza c < d

per b, si ha analogamente b c < b d . Dalle due diseguagnanze ottenute, per la proprietà transitiva, si ha appunto a c < b d .

Se invece i quattro numeri sono tutti negativi, basta osservare che a < b < 0fl 0 < -b < -a e c < d < 0fl 0 < -d < -c, e

applicare la prima implicazione già dimostrata.

Prima di procedere oltre, introduciamo alcune notazioni:

con �* si indica l'insieme dei numeri reali non nulli: �* =�\80<;con �+ e �- si indicano gli insiemi dei numeri reali positivi, risp. negativi;

con �+* e �-

* si indicano gli insiemi dei numeri reali strettamente positivi, risp. strettamente negativi.

Le precedenti fondamentali proprietà 1) - 4) sono valide sia in � che in �, ma � gode di una ulteriore fondamentale

proprietà, la proprietà di completezza che è valida, invece, solo in � e non in �. Per enunciarla, premettiamo una

definizione.

Definizione 3.5 (1) (Insiemi separati)

Due sottoinsiemi A e B di � si dicono separati se per ogni a œ A ed ogni b œ B, si ha a § b.

Dunque, due sottoinsiemi A e B di � si dicono separati se ogni elemento del primo insieme è minore o al più uguale ad

ogni elemento del secondo insieme.

Si noti che la nozione di insiemi separati è diversa da quella di insiemi disgiunti.

Ad esempio, gli insiemi:

A = @1, 2D ‹ 86<, e B = @7.5, +¶@sono separati, mentre gli insiemi:

A = @1, 2D ‹ 86<, e B = @3, 5Dnon lo sono (ma sono disgiunti).

In � vale la seguente fondamentale:

5) Proprietà di completezza:

- se A e B sono due sottoinsiemi separati di �, esiste un l œ� tale che, per ogni a œ A ed ogni b œ B, si abbia a § l § b.

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Insomma, tra due insiemi separati si trova sempre (almeno) un numero reale l, maggiore di ogni numero nel primo

insieme e minore di ogni numero nel secondo insieme. Un tale numero l si dice elemento di separazione tra A e B.

Può accadere che tale elemento di separazione sia unico, come accade, ad esempio, per i due insiemi separati:

A = @1, 2D e B = @2, 3D,che ammettono, come unico elemento di separazione, il numero l = 2. In tal caso (cioé se l'elemento di separazione è

unico) i due insiemi A e B si dicono contigui. In altri casi vi possono essere infiniti elementi di separazione, come per gli

insiemi:

A = @1, 2D e B = @3, 4D,che ammettono, come elementi di separazione, tutti i numeri reali compresi tra 2 e 3.

Osservazione.

La proprietà di completezza di � non è una proprietà banale, e distingue � da �. Grazie a questa proprietà è possibile,

ad esempio, dimostrare l'esistenza della radice quadrata di 2.

Infatti consideriamo i due seguenti sottoinsiemi di �:

A = 9 q œ� q ¥ 0, q2 < 2 =, e B = 9 q œ� q ¥ 0, 2 < q2 =.l'insieme A è costituito dai numeri razionali in cui quadrato è minore di 2, mentre B è costituito dai numeri razionali il

cui quadrato è maggiore di 2; si può dimostrare che i due insiemi A e B sono separati e contigui, ma non ammettono

alcun elemento di separazione in � (il loro unico elemento di separazione sarebbe 2 che non è un numero razionale).

Invece, per la proprietà di completezza valida in �, essi ammettono un unico elemento di separazione x œ �; si dimostra

poi che effettivamente x2 = 2.

E' possibile ottenere il loro elemento di separazione x come allineamento decimale illimitato col seguente procedimento:

si osserva che: 1 è il più grande intero tale che 12 < 2 (infatti 2 < 22);

si osserva che: 4 è il più grande intero tale che H1.4L2 < 2 (infatti 2 < H1.5L2)

si osserva che: 1 è il più grande intero tale che H1.41L2 < 2 (infatti 2 < H1.42L2)

si osserva che: 4 è il più grande intero tale che H1.414L2 < 2 (infatti 2 < H1.425L2)

ecc. ecc.

I numeri 1, 4, 1, 4, ∫ così trovati costituiscono un allineamento decimale (aperiodico), che indichiamo con x:

x = 1.4142135 ∫. Resterebbe da dimostrare (questa è la parte più delicata) che effettivamente x è l'unico elemento di

separazione tra A e B, e che x2 = 2.

Molte cifre della rappresentazione decimale di 2 possono essere viste nella seguente animazione.

cifre 3

2 = 1.41

Quanto esposto nella precedente osservazione può essere generalizzato alla radice n -esima di un numero reale.

Diamo anzitutto le seguente definizione.

Definizione 3.5 (2) (Radice n-esima di un numero reale)

Se n œ � *, si dice radice n -esima di un numero reale x, qualsiasi numero reale y tale che yn = x.

Ad esempio, 3 è radice cubica di 27 perché 33 = 27; analogamente 2 e -2 sono radici quadrate di 4 perché 22 = H-2L2 = 4.

Il seguente teorema, la cui dimostrazione (che non esponiamo) è basata sulla proprietà di completezza di �, garantisce

che ogni numero reale positivo è dotato di una ed una sola radice n -esima positiva.

Teorema 3.5 (1) (Esistenza della radice n-esima)

Sia n œ �*, e sia x œ�+; esiste allora un unico y œ�+ tale che yn = x.

Dimostrazione.

Omessa

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Osservazione.

Se n è pari, per ogni x > 0 esistono due radici n -esime di x nel campo reale, uguali e di segno opposto; ad

esempio,≤3 sono le due radici quadrate di 9,≤2 sono le due radici quarte di 16, ecc. ecc.. Di queste due radici, quella

positiva (la cui esistenza deriva dal teorema precedente), si denota con xn

. Se x < 0 invece, xn

non esiste nel campo

reale (sempre nel caso n pari). Ad esempio, -9 non esiste nel campo reale in quanto non esiste alcun numero reale in

cui quadrato sia uguale a -9 (i quadrati sono sempre positivi).

Se n è dispari invece, per ogni x œ � esiste un'unica radice n -esima di x nel campo reale, che si denota senz'altro con

xn

. Ad esempio, -273

= -3, in quanto H-3L3 = -27.

Terminiamo esponendo una ulteriore importante proprietà di � come sottoinsieme di �.

Nella Sezione 3.3 abbiamo visto, tra l'altro, che l'insieme dei numeri razionali è denso, nel senso che, se q1 e q2 sono

numeri razionali, con q1 < q2, esiste un q œ� tale che q1 < q < q2. D'altra parte, l'insieme � dei numeri razionali è anche

contenuto in �; come sottoinsieme di � gode della seguente proprietà di densità, che si esprime dicendo che � è denso

in � .

Proprietà di densità di � in �.

Per ogni x1, x2 œ �, con x1 < x2, esiste q œ�, tale che x1 < q < x2.

In altri termini, tra due numeri reali distinti esiste sempre un numero razionale.

à Valore assoluto di un numero reale

E' opportuno dare la seguente definizione.

Definizione 3.5 (3) (Valore assoluto)

Se x œ �, si dice valore assoluto di x, e si denota con †x§, il numero:

†x§ = x se x ¥ 0

-x se x < 0

Esempio 3.5 (1)

Ad esempio, si ha:

†5§ = 5, †-5§ = 5, †3.23§ = 3.23, †-0.345§ = 0.354, †0§ = 0, ecc. ecc.

Dalla definizione stessa di valore assoluto seguono immediatamente alcune proprietà ovvie.

Teorema 3.5 (2) (Prime proprietà del valore assoluto)

Se x ed y sono numeri reali qualsiasi, si ha:

1) †x§ ¥ 0, e †x§ = 0 ñ x = 0;

2) †-x§ = †x§;3) †x y§ = †x§ †y§ ed anche †xn§ = †x§n4) ° 1

x• = 1

†x§ (con x ∫ 0)

Dimostrazione.

La 1) e la 2) seguono immediatamente dalla definizione; la 3) può essere dimostrata distinguendo i vari casi; ad esempio,

se x ¥ 0 e y < 0, si ha: †x y§ =perchè x y§0

-x y = xH-yL = †x§ †y§, e analogamente per gli altri casi. In particolare, prendendo x = y,

si ha: °x2• = †x§2; procedendo per induzione su n, si ha †xn§ = †x§n.

Infine, la 4) consegue dal fatto che 1

x ed x hanno lo stesso segno. à

Si ha poi il seguente teorema.

Teorema 3.5 (3) (Diseguaglianze col valore assoluto)

Se x ed y sono numeri reali qualsiasi, ed a è un numero reale positivo, si ha:

1) †x§ § a ñ -a § x § a

2) -†x§ § x § †x§3) †x§ ¥ a ñ x § -a oppure a § x

4) †x + y§ § †x§ + †y§ (diseguaglianza triangolare)

5) ††x§ - †y§§ § †x - y§

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Dimostrazione.

Per dimostrare la doppia implicazione presente nella 1), fissiamo un numero reale x qualsiasi, ed un numero reale a ¥ 0,

e iniziamo a dimostrare che †x§ § a fl -a § x § a; in effetti, se †x§ § a, si possono presentare due casi:

Caso 1: x < 0. Per definizione †x§ � -x e quindi la diseguaglianza †x§ § a assume la forma -x § a per cui x ¥ -a.

Ricordando che x < 0, otteniamo -a § x < 0 § a, da cui -a § x § a.

Caso 2: x ¥ 0. Adesso †x§ � x e la disequazione †x§ § a equivale a x § a quindi -a § 0 § x § a, da cui ancora -a § x § a.

Dimostriamo ora l'implicazione inversa, cioé: -a § x § a fl †x§ § a . Supponiamo dunque che sia -a § x § a; ora, se

x ¥ 0, si ha subito †x§ = x § a, cioé appunto †x§ § a. Se invece x < 0, si ha -a § x ñ -x § a; ma essendo questa volta

†x§ = -x, si ha nuovamente †x§ § a.

La 2) segue immediatamente dalla 1) ponendo a = †x§.Anche la 3) segue immediatamente dalla 1).

Dimostriamo ora la 4) (diseguaglianza triangolare). Osserviamo che dalla 2) appena dimostrata si ha:

-†x§ § x § †x§, -†y§ § y § †y§.Sommando menbro a membro, si ha:

-H†x§ + †y§L § x + y § †x§ + †y§.Applicando ancora la 2), con a = †x§ + †y§, si ha †x + y§ § a = †x§ + †y§, che è quanto si doveva dimostrare.

Dimostriamo, infine, la 5). Per la 1) già dimostrata, basterà far vedere che:

3.5 (1)-†x - y§ § †x§ - †y§ § †x - y§In effetti, adoperando la diseguaglianza triangolare, si ha:

†x§ = †Hx - yL + y§ § †x - y§ + †y§ fl †x§ - †y§ § †x - y§,quindi la seconda diseguaglianza nella 3.5 (1) è dimostrata. Analogamente:

†y§ = †-y§ = †Hx - yL - x§ § †x - y§ + †-x§ = †x - y§ + †x§ fl -†x - y§ § †x§ - †y§,e quindi anche la prima diseguaglianza nella 3.5 (1) è dimostrata. à

Osservazione. (Valore assoluto e radici)

Richiamiamo l'attenzione sul fatto che la semplificazione x2 = x è errata, infatti non è valida se x è un numero reale

negativo. E' invece corretto scrivere: x2 = †x§, uguaglianza che è valida per ogni x œ�. La stessa cosa vale, più in

generale, per tutte le radici di indice pari.

à Maggioranti e minoranti di un insieme numerico

Diamo la seguente definizione:

Definizione 3.5 (4) (Insieme limitato superiormente o inferiormente, maggiorante, minorante)

Un insieme numerico X si dice limitato superiormente (risp. limitato inferiormente), se esiste un numero reale a tale

che per ogni x œ X , si ha x § a (risp. a § x). In tal caso, il numero a si dice maggiorante (risp. minorante) di X . Un

insieme non limitato superiormente (risp. inferiormente) si dice anche illimitato superiormente (risp. inferiormente).

Esempio 3.5 (2)

L'insieme D -¶, 1D è limitato superiormente e 1 è un suo maggiorante. Anche l'insieme D -¶, 1@ è limitato

superiormente, e 1 è ancora un suo maggiorante.

L'insieme � degli interi naturali è invece illimitato superiormente.

L'insieme @1, 2D ‹ 83< è limitato superiormente, e 3 è un suo maggiorante.

L'insieme dei reciproci degli interi naturali non nulli: X = 9 1

nn œ �* = è un insieme limitato inferiormente, e zero è un

suo minorante.

Osservazione.

Si noti che, se a è un maggiorante di X , allora anche ogni numero maggiore di a è, a maggior ragione, un maggiorante di

X . Dunque, se X è limitato superiormente, detto A l'insieme dei maggioranti di X , esso è sempre dotato di infiniti

elementi.

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Ovviamente, se X è illimitato superiormente, l'insieme A sarà vuoto.

Analoga osservazione si può fare per i minoranti.

Nella tabella seguente si indicano l'insieme dei minoranti e quello dei maggioranti di vari insiemi X .

Insieme dei minoranti di X Insieme X Insieme dei maggioranti di X

« D-¶, 1D @1, +¶@« D-¶, 1@ @1, +¶@

D -¶, 0D � «

D -¶, 1D @1, 2D ‹ 83< @3, +¶@D -¶, 0D 9 1

nn œ �* = @1, +¶@

D -¶, 3D 83< @3, +¶@D -¶, -3D 8-3, 1< @1, +¶@

Diamo infine la seguente definizione:

Definizione 3.5 (5) (Insieme limitato)

Un insieme numerico X si dice limitato se è limitato inferiormente e superiormente. Un insieme non limitato si dice

anche illimitato.

Abbiamo visto in uno degli esempi precedenti che 1 è un maggiorante tanto per l'insieme X1 =D -¶, 1D che per

l'insieme X2 =D -¶, 1@. Nel primo caso 1 appartiene all'insieme X1 considerato, nel secondo caso invece non appartiene

ad X2. Un maggiorante di un insieme X che appartiene all'insieme X si dice massimo di X , secondo la seguente

definizione.

Ricordiamo che già nel Secondo Capitolo si è data la definizione di minimo e di massimo (o più piccolo e più grande

elemento) di un sottoinsieme di un insieme ordinato, cioé di un insieme su cui è definita una relazione d'ordine (def. 2.9

(3)).

Diamo nuovamente stessa definizione nel caso particolare di sottoinsiemi di �.

Definizione 3.5 (6) (Minimo e massimo di un sottoinsieme di �)

Se X Õ �, si dice che X è dotato di minimo, o del più piccolo elemento (risp. del massimo o del più grande elemento),

se:

$ m œ X ' ' " x œ X : m § x (risp. $ M œ X ' ' " x œ X : a § M).

Si scrive in tal caso: m = minHX L (risp. M = maxHX L.Osservazione.

Non tutti i sottoinsiemi di � sono dotati di minimo o di massimo; ovviamente non lo sono quelli illimitati inferiormente o

superiormente, ma anche un insieme come D 1, 2@, pur essendo limitato, non è dotato né di minimo né di massimo.

Ricordiamo anche che il minimo (risp. il massimo) di un insieme, se esiste, è unico.

Osservazione.

Se un insieme X è dotato di minimo m, l'insieme X è limitato inferiormente, e m è un suo minorante. Viceversa, se X è

limitato inferiormente, esso è dotato di minimo se e solo se un suo minorante m appartiene ad X . Analogamente per il

massimo.

à Estremi di un insieme numerico

Come si è visto in precedenza, il minimo o il massimo di un insieme X può benissimo non esistere, sia perché X può non

essere limitato inferiormente o superiormente, sia perché, pur essendo limitato, ad esempio inferiormente, può accadere

che nessun minorante di X appartenga a X .

Ciò si verifica, ad esempio, per l'insieme X = 9 1

nn œ �*= = 91,

1

2,

1

3, ∫=.

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∫0 11

2

1

3

1

4

1

5

1

6

1

7

x

y

A dire il vero esiste un numero che è “quasi” il minimo di X , e cioé lo zero; in effetti zero non è il minimo di X perché

non appartiene ad esso. Osserviamo però che l'insieme dei minoranti di X è A =D -¶ , 0D, e che 0 è proprio il massimo

di A.

Questo fatto non è casuale, ma si dimostra che l'insieme dei minoranti di qualsiasi insieme X , se non è vuoto, è dotato del

più grande elemento. Questo più grande elemento si dice estremo inferiore di X .

Si dimostra infatti il seguente teorema.

Teorema 3.5 (4) (Esistenza del massimo dei minoranti e del minimo dei maggioranti)

Sia X limitato inferiormente (risp. superiormente) e sia A l'insieme dei minoranti (risp. maggioranti) di X . Allora

l'insieme A è dotato del più grande (risp. piccolo) elemento.

Dimostrazione.

Dimostriamo il teorema nel caso di in insieme X limitato inferiormente; per l'altro caso la dimostrazione è analoga.

Supponiamo dunque X limitato inferiormente, e sia A l'insieme dei suoi minoranti; anzitutto osserviamo che i due

insiemi A e X sono separati; infatti, per definizione stessa di minorante, si ha, per ogni a œ A ed ogni x œ X , a § x. Ma

allora, essendo A ed X separati, grazie alla proprietà di completezza di �, esiste un elemento di separazione l tra i due

insiemi, pertanto si ha a § l § x per ogni a œ A ed ogni x œ X . Ora, la seconda delle due ultime diseguaglianze, cioé

l § x per ogni x œ X , significa che l è un minorante di X ; la prima di esse, cioé a § l per ogni a œ A, ci dice che l è il

più grande dei minoranti di X , e il teorema è dimostrato. à

Il teorema precedente rende possibile la seguente definizione.

Definizione 3.5 (7) (Estremo inferiore e superiore di un insieme numerico)

Se X è un insieme limitato inferiormente (risp. superiormente), si dice estremo inferiore (risp. estremo superiore) di X ,

il più grande elemento dell'insieme dei minoranti di X (risp. il più piccolo elemento dell'insieme dei maggioranti di X).

Tale estremo inferiore si indica con inf HX L (risp. tale estremo superiore si indica con supHX L).Osservazione.

Le definizioni di estremo inferiore e superiore hanno senso, evidentemente, solo per insiemi limitati inferiormente o

superiormente. Nel caso di insiemi non limitati si pone, per definizione:

inf HX L = -¶ se X è illimitato inferiormente;

supHX L = +¶ se X è illimitato superiormente.

Si noti anche che, in ogni caso,

inf HX L § supHX L.

Esempio 3.5 (3)

Elenchiamo qui di seguito vari insiemi con i rispettivi insiemi dei minoranti e maggioranti e i rispettivi estremi inferiori e

superiori:

inf HX L Insieme dei minoranti di X Insieme X Insieme dei maggioranti di X supHX L-¶ « D-¶, 1D @1, +¶@ 1

-¶ « D-¶, 1@ @1, +¶@ 1

0 D -¶, 0D � « +¶

1 D -¶, 1D @1, 2D ‹ 83< @3, +¶@ 3

0 D -¶, 0D 9 1

nn œ �* = @1, +¶@ 1

3 D -¶, 3D 83< @3, +¶@ 3

-3 D -¶, -3D 8-3, 1< @1, +¶@ 1

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Osservazione.

E' ovvio che, se X è dotato di massimo, questo massimo è anche il suo estremo superiore. Viceversa, se l'estremo

superiore di un insieme X appartiene all'insieme stesso, esso è anche il massimo di tale insieme.

Analogamente per l'estremo inferiore e il minimo.

Osservazione.

Abbiamo visto che un certo insieme X non è necessariamente dotato di minimo o di massimo, mentre è sempre dotato di

estremo inferiore o superiore; se però X è dotato di massimo, questo massimo è anche l'estremo superiore, e,

analogamente, se X è dotato di minimo, tale minimo è anche l'estremo inferiore di X . Ad esempio, il numero 1 è, allo

stesso tempo, il massimo dell'insieme X =D 0, 1D, ed anche il suo estremo superiore.

Consideriamo ora una coppia HA, BL di insiemi separati di �; è evidente che A è limitato superiormente, e B è limitato

inferiormente; se consideriamo supHAL e inf HBL, si ha:

supHAL § inf HBL.Inoltre, per ogni elemento di separazione l, esistente per la proprietà di completezza di �, si ha:

supHAL § l § inf HBL.Ciò premesso, si ha la seguente definizione.

Definizione 3.5 (8) (Insiemi contigui)

Gli insiemi separati A, B si dicono contigui se supHAL = inf HBL, ossia, equivalentemente, se ammettono un unico

elemento di separazione.

Esempio 3.5 (4)

Sia A = @0, 1D, e B = @1, 2D. Chiaramente A e B sono contigui.

Esempio 3.5 (5)

Siano

A = 9- 2

3 nn œ �*=, B = 9 1

nn œ �*=.

Si è già visto che inf HBL = 0; dimostriamo ora che supHAL = 0. Infatti, basta dimostrare 0 è il più piccolo maggiorante di

A; in effetti, 0 è ovviamente un maggiorante di A, e non possono certo esistere dei maggioranti di A negativi; infatti, se

x < 0 fosse un maggiorante di A, si dovrebbe avere " n œ �* : -2

3 n§ x, da cui -x <

2

3 n e quindi n < -

2

3 x per ogni n œ �,

il che è assurdo.

Dunque supHAL = 0 = infHBL, quindi A e B sono contigui e il loro unico elemento di separazione è zero.

Dalle definizioni non si deduce un metodo pratico per determinare l'estremo inferiore o superiore di un insieme

numerico. E' pertanto opportuno dimostrare le seguenti proprietà caratteristiche dell'estremo inferiore (superiore), che

saranno utilissime negli esercizi.

Teorema 3.5 (5) (Proprietà caratteristiche)

Se X è limitato inferiormente (risp. superiormente), e l è un numero reale, le seguenti proposizioni sono equivalenti:

a) l = inf HX L (risp. l = supHX L);b)

1°) l è un minorante di X (risp. un maggiorante);

2°) per ogni a œ �, con l < a, esiste un x œ X tale che x < a (risp. per ogni a œ�, con a < l, esiste un x œ X

tale che a < x).

Dimostrazione.

Facciamo solo la dimostrazione relativa all'estremo inferiore, essendo l'altra analoga. Sia A l'insieme dei minoranti di X .

L'insieme A è non vuoto in quanto X è limitato inferiormente. Adesso osserviamo che la 2°) della proposizione b)

afferma che ogni numero reale a maggiore di l non è un minorante di X , in quanto esiste sempre un x œ X tale che

x < a; in altri termini: " a > l : a – A; dunque:

bLñ 1 °L l œ A

2 °L " a > l : a – Añ l=maxHALñl= inf HX Lñ aL

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Dunque la proposizione a) è effettivamente equivalente alla proposizione b). à

Illustriamo ora il significato delle proprietà caratteristiche dell'estremo inferiore: la 1°) dice che l è un minorante di X ,

cioé, rappresentando graficamente l'insieme X sulla retta dei numeri reali, l si trova “a sinistra” dell'insieme X .

La 2°) dice che, se prendiamo un qualunque numero a œ �, con l < a, esiste sempre almeno un elemento x di X minore

di a. Ad esempio, una situazione “tipica” si ha nel caso in cui l'insieme X sia dotato di infiniti elementi che si

“accumulano” nelle vicinanze di l. Tale situazione è rappresentata nella seguente figura, dove le barrette verticali

rappresentano alcuni elementi di X :

La seguente figura rappresenta l'analoga situazione per l'estremo superiore:

Nei seguenti esempi facciamo vedere come si adoperano la proprietà caratteristiche.

Esempio 3.5 (6)

Sia X = 9 1

nn œ �*=. Dimostriamo, adoperando le proprietà caratteristiche, che inf HX L = 0.

Verifica della 1°) di b). Poiché gli elementi di X sono del tipo 1

n, con n œ �*, dobbiamo verificare che 0 §

1

n per ogni

n œ �*, e questo è senz'altro vero.

Verifica della 2°) di b). Poiché la 2°) di b) inizia con un quantificatore universale, dobbiamo anzitutto fissare un a œ �

con 0 < a, e poi dobbiamo vedere se esiste un n œ �* tale che 1

n< a, cioé se la disequazione

1

n< a, nell'incognita n

ammette almeno una soluzione. Ovviamente, passando ai reciproci e ricordando che 0 < a, si ha n >1

a, cioé la nostra

disequazione è soddisfatta da tutti gli n maggiori del numero 1

a. Dunque ammette addirittura infinite soluzioni; ciò

conclude la verifica della 2°) di b).

Esempio 3.5 (7)

Sia X = 9 5 n+3

nn œ �*=. Dimostriamo, adoperando le proprietà caratteristiche, che inf HX L = 5.

Verifica della 1°) di b). Gli elementi di X sono del tipo 5 n+3

n, con n œ �*. Dobbiamo quindi verificare che 5 §

5 n+3

n per

ogni n œ �. A tale scopo, risolviamo, appunto, la disequazione 5 §5 n+3

n, e vediamo se è effettivamente soddisfatta per

ogni n œ �*. Si ha:

5 §5 n+3

nñ 5 n § 5 n + 3ñ 0 § 3,

e poiché l'ultima disequazione è soddisfatta per ogni n œ �*, la 1°) di b) è vera.

Verifica della 2°) di b). Anche questa volta fissiamo un a œ � con 5 < a, e risolviamo la disequazione 5 n+3

n< a. Si ha:

5 n+3

n< añ 5 n + 3 < a nñ 3 < Ha - 5L n.

Poiché a - 5 > 0, dividendo si ha n >3

a-5.

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Dunque la nostra disequazione è soddisfatta addirittura per infiniti interi naturali, e cioé per tutti quelli maggiori di 3

a-5.

Il prossimo esempio riguarda le proprietà caratteristiche dell'estremo superiore.

Esempio 3.5 (8)

Sia X = 9 5 n-3

3 nn œ �*=. Dimostriamo, adoperando le proprietà caratteristiche, che supHX L = 5

3.

Verifica della 1°) di b). Questa volta gli elementi di X sono del tipo 5 n-3

3 n, con n œ �. Dobbiamo quindi verificare che

5 n-3

3 n§

5

3 per ogni n œ �. Risolviamo dunque tale disequazione. Si ha:

5 n-3

3 n§

5

3ñ 15 n - 9 § 15 nñ-9 § 0, quindi la

disequazione è soddisfatta per ogni n œ �*.

Verifica della 2°) di b). Fissiamo, come vuole la 2°) di b), un a <5

3, e risolviamo la disequazione a <

5 n-3

3 n. Si ha:

a <5 n-3

3 nñ 3 n a < 5 n - 3ñ 3 < H5 - 3 aL n.

Ora, essendo 5 - 3 a > 0, dividendo appunto per 5 - 3 a, si ha n >3

5-3 a, cioé la nostra disequazione è soddisfatta per

infiniti interi naturali.

Osserviamo ora che anche la definizione di coppia di insiemi contigui, data in precedenza, non si presta molto a fornire

un metodo per dimostrare che effettivamente due insiemi A e B sono contigui.

Si dimostra però il seguente teorema.

Teorema 3.5 (6) (Condizione necessaria e sufficiente per la contiguità)

Siano A e B due insiemi separati; allora, le seguenti proposizioni sono equivalenti:

a) A e B sono contigui;

b) per ogni ¶ > 0 esistono a œ A e b œ B, tali che b - a < ¶.

Dimostrazione.

Siano A e B due insiemi separati.

a)fib): supponiamo vera la a), per cui, per definizione di insiemi contigui, si ha supHAL = inf HBL, e poniamo

l = supHAL = inf HBL. Fissato un ¶ > 0, si ha l -

2< l, pertanto, per la seconda proprietà caratteristica dell'estremo superiore, esiste a œ A tale

che l -¶

2< a.

Analogamente, per la seconda proprietà dell'estremo inferiore, esiste b œ B, tale che b <¶

2+ l. Ma allora b - a < ¶, e la

b) è dimostrata.

b)fia): supponiamo vera la b); poiché A e B sono separati, si ha supHAL § inf HBL; per dimostrare che si ha proprio

l'uguaglianza, osserviamo che, fissato un ¶ > 0, grazie alla b), che stiamo supponendo vera, esistono a œ A e b œ B, tali

che b - a < ¶. Ma allora, essendo ovviamente a § supHAL e inf HBL § b, si ha inf HBL - supHAL § b - a < ¶. Data

l'arbitrarietà di ¶, dev'essere necessariamente supHAL = inf HBL, e la a) è dimostrata. à

Il teorema precedente afferma, in altre parole, che A e B sono contigui se e solo se, per ogni ¶ > 0, è possibile trovare un

elemento di A ed un elemento di B che differiscono meno di ¶.

Esempio 3.5 (9)

Gli insiemi: A = 9- 2

3 nn œ �*=, B = 9 3

mm œ �*= sono contigui.

Infatti, fissiamo un ¶ > 0, e cerchiamo un elemento a = -2

3 n di A e un elemento b =

3

m di B tali che b - a =

3

m+

2

3 n< ¶.

Dobbiamo dunque trovare n ed m in modo che risulti: 3

m+

2

3 n< ¶.

Il modo più semplice di fare ciò, consiste nel cercare m ed n in modo che risulti contemporaneamente 3

m<¶

2 e

2

3 n<¶

2.

Queste due disequazioni sono soddisfatte rispettivamente per m >6

¶ e per n >

4

3 ¶.

Dunque, prendendo m0 œ �*, ed n0 œ �* con m0 >6

¶ e n0 >

4

3 ¶, e ponendo rispettivamente a =

3

m0

, b =2

3 n0

, si ha

b - a < ¶, e questo dimostra che A e B sono contigui.

I due insiemi A e B sono costituiti da numeri (negativi quelli di A e positivi quelli di B) che si “accumulano” intorno allo

zero, rispettivamente da sinistra e da destra, come illustra la seguente figura:

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3.6 Esercizi

Esercizio 3.6 (1)

Scomporre in fattori primi i seguenti interi naturali:

600, 1134, 231, 1001.

Soluzione.

Si ha: 600 = 23 ÿ31 ÿ52; 1134 = 21 ÿ34 ÿ71; 231 = 31 ÿ71 ÿ111; 1001 = 71 ÿ111 ÿ131.

Esercizio 3.6 (2)

Calcolare il massimo comun divisore dei numeri:

600, 1134,

e dei numeri:

600, 231, 1001.

Soluzione.

Essendo 600 = 23 ÿ31 ÿ52; 1134 = 21 ÿ34 ÿ71, il massimo comun divisore è 21 ÿ31 = 6;

Essendo 600 = 23 ÿ31 ÿ52; 231 = 31 ÿ71 ÿ111; 1001 = 71 ÿ111 ÿ131, il massimo comun divisore è 1.

Esercizio 3.6 (3)

Calcolare il minimo comune multiplo dei numeri:

600, 1134,

e dei numeri:

600, 231, 1001.

Soluzione.

Essendo 600 = 23 ÿ31 ÿ52; 1134 = 21 ÿ34 ÿ71, il minimo comune multiplo è 23 ÿ34 ÿ52 ÿ71 = 113 400;

Essendo 600 = 23 ÿ31 ÿ52; 231 = 31 ÿ71 ÿ111; 1001 = 71 ÿ111 ÿ131, il minimo comune multiplo è

23 ÿ31 ÿ52 ÿ71 ÿ111 ÿ131 = 600 600.

Esercizio 3.6 (4)

Dimostrare per induzione che, per ogni n œ �*, si ha:

1 + 4 + 9 + 16 +∫ + n2 =n Hn+1L H2 n+1L

6.

Svolgimento.

La formula è vera per n = 1; se è vera per un certo n, si ha:

1 + 4 + 9 + 16 +∫ + n2 + Hn + 1L2 =n Hn+1L H2 n+1L

6+ Hn + 1L2 = Hn + 1L I n H2 n+1L

6+ n + 1M = Hn + 1L 2 n2+7 n+6

6;

d'altra parte:

Hn+1L Hn+2L H2 H n+1L+1L6

= Hn + 1L Hn+2L H2 n+3L6

= Hn + 1L 2 n2+7 n+6

6,

da cui l'asserto.

Esercizio 3.6 (5)

Scrivere i seguenti numeri nelle basi indicate:

131 in base 2

1212 in base 16

156 in base 3

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81 in base 5

Soluzione.

Si ha:

131 = 10 000 0112;

1212 = 4 bc16;

156 = 12 2103;

81 = 3115.

Esercizio 3.6 (6)

Fare diversi esempi di coppie di grandezze incommensurabili note dalla Geometria.

Svolgimento.

Oltre alla coppia lato-diagonale del quadrato, altri esempi di grandezze incommensurabili sono: raggio-circonferenza,

lato-altezza di un triangolo equilatero, lato-apotema in un poligono regolare, ecc. ecc..

Esercizio 3.6 (7)

Dimostrare che se q è un numero razionale e x è un numero irrazionale, allora q + x e q x sono irrazionali.

E' vero che la somma e/o il prodotto di due numeri irrazionali è necessariamente irrazionale?

Svolgimento.

Se q + x fosse razionale, si potrebbe scrivere q + x = r, con r œ�; ma allora x = r - q, quindi x dovrebbe essere razionale

in quanto differenza di due numeri razionali. Analogamente per il prodotto.

Ovviamente la somma ed il prodotto di due irrazionali non è necessariamente un numero irrazionale; ad es.

2 - 2 = 0, o anche 2 2 = 2. Più in generale, se q œ� e x è un numero irrazionale, allora la somma dei due

numeri irrazionali x e q - x dà come risultato un numero razionale, così come il prodotto di x per q

x.

Esercizio 3.6 (8)

Dimostrare che:

gli insiemi A = 9 n

2 n+1n œ �*= e B = 9 3 n

2 n-1n œ �*= sono separati;

gli insiemi A = 9 n

2 n+1n œ �= e B = 9 2 n+3

3 n-1n œ �= sono separati;

gli insiemi A = 9 2 n+1

n+1n œ �= e B = 9 3 n+1

n+2n œ �= non sono separati;

gli insiemi A = 9 n+2

n+1n œ �= e B = : n2

n+1n œ �> non sono separati.

Svolgimento.

Facciamo vedere che gli insiemi A = 9 n

2 n+1n œ �*= e B = 9 3 n

2 n-1n œ �*= sono separati; un generico elemento di A è del

tipo n

2 n+1, un generico elemento di B è del tipo

3 m

2 m-1 (si noti che n ed m sono, in generale, distinti). Si deve far vedere

che n

2 n+1§

3 m

2 m-1 per ogni n ed ogni m interi naturali non nulli. Infatti

n

2 n+1§

3 m

2 m-1ñ

2 n m-n-6 n m-3 m

H2 n+1L H2 m-1L § 0ñ-4 n m-n-3 m

H2 n+1L H2 m-1L § 0, il che è vero appunto per ogni n ed m.

Facciamo ora vedere che gli insiemi A = 9 2 n+1

n+1n œ �= e B = 9 3 n+1

n+2n œ �= non sono separati; proviamo a risolvere la

disequazione: 2 n+1

n+1§

3 m+1

m+2; si ha:

2 n+1

n+1§

3 m+1

m+2ñ

2 n+1

n+1-

3 m+1

m+2§ 0ñ

-n m-2 m+3 n+1

Hm+2L Hn+1L § 0ñ n m + 2 m - 3 n - 1 ¥ 0ñ nHm - 3L - 3 n - 1 ¥ 0 .

Quest'ultima disequazione non è certo soddisfatta per ogni n ed m interi naturali: ad esempio prendendo m = 2 ed n = 2,

essa diventa -9 ¥ 0; dunque gli insiemi A e B non sono separati.

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Esercizio 3.6 (9)

Se X ed Y sono due sottoinsiemi di � dotati di massimo, e risulta X Õ Y , che relazione c'è tra maxHX L e maxHY L? e se

invece sono dotati di minimo, che relazione c'è tra minHX L e minHY L?

Svolgimento.

Se X Õ Y , essendo maxHX L œ X , minHX L œ X (se esistono), ovviamente si ha maxHX L §maxHY L e minHY L §minHX L.Esercizio 3.6 (10)

Se X ed Y sono due sottoinsiemi di � tali che X Õ Y , e se Y è dotato di massimo, l'insieme X è necessariamente dotato

anch'esso di massimo?

Soluzione.

Ovviamante no, ad esempio: @1, 2@ Õ @1, 3D.Esercizio 3.6 (11)

Dimostrare che:

minI9 n

2 n+1n œ �*=M = 1

3.

Svolgimento.

Dobbiamo dimostrare che:

1°) per ogni n œ �* si ha 1

n

2 n+1;

2°) esiste n0 œ �* tale che 1

3=

n0

2 n0+1.

Possiamo dimostrare contemporaneamente la 1°) e la 2°) risolvendo la disequazione 1

n

2 n+1. Si ha infatti:

n

2 n+1¥

1

3ñ*

3 n ¥ 2 n + 1ñ n ¥ 1, il che è vero.

(Osserviamo che il passaggio indicato con * è lecito in quanto 2 n + 1 è positivo). Dunque l'ultima diseguaglianza è

soddisfatta per ogni n œ �*, e questo significa che la 1°) è vera. Inoltre, prendendo n = 1, si ha proprio l'uguaglianza, e

questo significa che, prendendo n0 = 1, la 2°) è verificata.

Esercizio 3.6 (12)

Dimostrare che:

minI9 3 n

4 n+7n œ �*=M = 3

11; minJ: n2

n2+4n œ �*>N = 1

5.

Svolgimento.

E' simile a quello dell'esercizio precedente.

Esercizio 3.6 (13)

Dimostrare che

minI9 9 n2 - 84 n + 196 n œ � =M = 1.

Svolgimento.

Per dimostrare che:

1°) per ogni n œ � si ha 1 § 9 n2 - 84 n + 196;

2°) esiste n0 œ � tale che 1 = 9 n02 - 84 n0 + 196,

risolviamo la disequazione 1 § 9 n2 - 84 n + 196. Le radici dell'equazione 9 n2 - 84 n + 195 = 0 sono 13

3= 4. 3 e 5,

pertanto la disequazione data è soddisfatta per gli interi naturali §13

3 e per quelli ¥ di 5, vale a dire per tutti gli interi

naturali; dunque la 1°) è vera.

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Inoltre, si ha l'uguaglianza 9 n2 - 84 n + 195 = 0 per n =13

3 e per n = 5; la prima soluzione dev'essere scartata, perché

13

3

non è intero; per n0 = 5 invece, si ha appunto la 2°).

Esercizio 3.6 (14)

Dimostrare che:

minI99 n2 - 60 n + 100 n œ �=M = 1.

Svolgimento.

E' simile a quello dell'esercizio precedente.

Esercizio 3.6 (15)

Dimostrare che:

maxI942 n - 9 n2 - 49 n œ �=M = -1; maxI928 n - 4 n2 - 49 n œ �=M = -1.

Svolgimento.

E' simile a quello dell'esercizio precedente.

Esercizio 3.6 (16)

Dimostrare che:

supI9n2 +1

nn œ �*=M = +¶; supJ:n3 -

1

n2n œ �*>N = +¶; inf J: 1

n2- n n œ �*>N = -¶.

Svolgimento.

Dimostriamo, ad esempio, che supI9n2 +1

nn œ �*=M = +¶, il che significa che l'insieme 9n2 +

1

nn œ �*= è illimitato

superiormente. In effetti, supponiamo che esista un maggiorante M di tale insieme, per cui: " n œ �* : n2 +1

n§ M ; ma

allora, sempre per ogni n œ �*, si avrebbe n2 < n2 +1

n§ M , da cui " n œ �* : n < M , il che è assurdo.

Analogamente ragiona negli altri casi.

Esercizio 3.6 (17)

Per ciascuno dei seguenti insiemi, trovare l'insieme dei minoranti, quello dei maggioranti, l'estremo superiore e quello

inferiore:

1°) X =D -¶, 4@‹@4.5, 8@;2°) Y =� › @0, 1D;3°) Z = 8-5, -6, -7< ‹ �.

Soluzione.

E' immediato che inf HX L = -¶, supHX L = 8; inf HY L = 0, supHY L = 1; inf HZL = -5, supHZL = +¶.

Esercizio 3.6 (18)

Dimostrare, adoperando le proprietà caratteristiche, che:

supK: n

n+1n œ � >O = 1.

Svolgimento.

1) per ogni n œ � si ha ovviamente n

n+1< 1, quindi 1 è un maggiorante. 2°) Se poi a œ �, con a < 1, consideriamo la

disuguaglianza a <n

n+1; essa è certamente soddisfatta per ogni n œ � se a § 0; se invece a > 0, essa equivale a:

a2 <n

n+1 ossia nI1 - a2M > a2 e quindi, dividendo per 1 - a2 che è positivo: n >

a2

1-a2; dunque la seconda proprietà

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caratteristica è soddisfatta per ogni n >a2

1-a2, da cui l'asserto.

Esercizio 3.6 (19)

Sia X = 9 nH1 - H-1LnL n œ � =; dimostrare che:

inf HX L = 0, supHX L = +¶.

Svolgimento.

Osserviamo anzitutto che

1 - H-1Ln =0 se n è pari

2 se n è dispari quindi: n H1 - H-1LnL = 0 se n è pari

2 n se n è dispari

E' dunque evidente che 0 =minHX L, e quindi inf HX L = 0. Inoltre X è illimitato superiormente, quindi supHX L = +¶.

Esercizio 3.6 (20)

Sia X = 9 1

n+ 1 - H-1Ln n œ �* =; dimostrare che:

inf HX L = 0, supHX L = 3.

Svolgimento.

Anche in questo caso conviene osservare che

1

n+ 1 - H-1Ln =

1

nse n è pari

1

n+ 2 se n è dispari

Dimostriamo ora che inf HX L = 0 adoperando le proprietà caratteristiche: anzitutto è ovvio che 0 è un minorante di X ; se

poi a œ �, con 0 < a, consideriamo la disequazione: 1

n+ 1 - H-1Ln < a; se n è pari, essa si riduce a

1

n< a, che è

soddisfatta per ogni n pari, con n >1

a. Poiché è sufficiente dimostrare che esiste almeno un n che soddisfa la

disequazione 1

n+ 1 - H-1Ln < a, l'asserto è dimostrato.

Osserviamo ora che 1

n+ 1 - H-1Ln § 3 per ogni n, e anzi l'uguaglianza si ha se (e solo se) n = 1, quindi in effetti

supHX L =maxHX L = 3.

Esercizio 3.6 (21)

Dimostrare che gli insiemi A = :- 1

2 n2n œ �*> e B = : 2

3 nn œ �*> sono contigui.

Svolgimento.

E' ovvio che i due insiemi sono separati. Facciamo vedere che " ¶ > 0 : $ a œ A $ b œ B '' b - a < ¶. In questo caso si

deve far vedere che:

" ¶ > 0 : $ n œ �* $m œ �* ''2

3 m- J- 1

2 n2N < ¶

ossia che:

" ¶ > 0 : $ n œ �* $m œ �* ''2

3 m+

1

2 n2< ¶

Per fare questo, fissato ¶ > 0, basta procurarsi separatamente un n ed un m tali che 1

2 n2<¶

2, e

2

3 m<¶

2. Ovviamente

basta prendere n >1

¶, e m >

16

9 ¶2.

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3. Dagli interi naturali ai numeri reali6. Esercizi

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Settembre 2014

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4 I numeri complessi

In questo capitolo vedremo in che modo possono essere definiti i numeri complessi, a cosa servono, e quali sono le loro

principali proprietà.

4.1 Generalità sui numeri complessi

Come abbiamo già visto nel capitolo precedente, la necessità di ampliare sempre più l'insieme � degli interi naturali fino

ad arrivare all'insieme � dei numeri reali deriva dalla necessità di risolvere le equazioni. Ricordiamo brevemente quanto

abbiamo già esposto.

Poiché in � non è sempre risolubile l'equazione n + x = m (è risolubile solo se m > n), si introducono i numeri relativi:

nell'insieme � tale equazione è sempre risolubile, ed ha x = m - n come soluzione.

D'altra parte, in � non è sempre risolubile l'equazione a x + b = 0, il che porta ad introdurre l'insieme dei numeri

razionali �.

Anche l'insieme � non è sufficientemente ampio per le esigenze della matematica: un'equazione di secondo grado come

x2 - 2 = 0 non è risolubile in �, dato che non esiste alcun numero razionale il cui quadrato sia uguale a 2; ciò porta

all'introduzione dell'insieme dei numeri reali �. In tale insieme l'equazione x2 - 2 = 0 ha come soluzioni i due numeri

irrazionali x1ê2 = ≤ 2 .

La costruzione degli insiemi �, �, �, può essere vista come costruzione di successivi ampliamenti dell'insieme � degli

interi naturali, volendo con questo significare che sussiste la seguente catena di inclusioni: � Õ� Õ� Õ �.

Arrivati a questo punto, ci accorgiamo immediatamente che neanche � è sufficientemente ampio per tutto quello che si

desidererebbe fare.

Ad esempio, la semplicissima equazione di secondo grado x2 + 1 = 0 non è risolubile in �, infatti non esiste alcun

numero reale il cui quadrato sia uguale a -1.

Questo inconveniente è aggravato dal fatto che l'equazione precedente non è l'unica equazione di secondo grado a non

essere risolubile in �.

Infatti, anche l'equazione, leggermente più generale, x2 + k = 0 non è risolubile se k > 0.

Ancora più in generale, consideriamo la generica equazione di secondo grado a x2 + b x + c = 0 (ovviamente con a ∫ 0) e

vediamo con quale procedimento è possibile ricavare x: il metodo che si usa solitamente è quello del “completamento del

quadrato”. Si scrive cioé:

a x2 + b x + c = aIx2 +b

ax +

c

aM = aJJx2 + 2

b

2 ax + I b

2 aM2N - I b

2 aM2+

c

aN = aJIx + b

2 aM2-

b2-4 a c

4 a2N = aJIx + b

2 aM2+

-D

4 a2N

avendo indicato con D la quantità b2 - 4 a c (il discriminante dell'equazione). Dunque l'equazione data diventa:

4.1 (1)Ix + b

2 aM2+

-D

4 a2= 0.

Ora, se il discriminante D = b2 - 4 a c è positivo o nullo, è possibile ricavare x dall'equazione precedente, ottenendo le

due soluzioni (supponendo, come è lecito, che sia a > 0):

4.1 (2)x1ê2 =-b ≤ b2 - 4 a c

2 a

ma, se D < 0, lo stesso passaggio non è possibile dato che, in �, non esiste un numero il cui quadrato sia negativo. In

conclusione, abbiamo ottenuto il seguente risultato:

le uniche equazioni di secondo grado risolubili in � sono quelle con discriminante positivo o nullo.

Per ovviare a questo inconveniente, consideriamo nuovamente l'equazione x2 + 1 = 0, e osserviamo che, volendola

risolvere “formalmente”, possiamo scrivere:

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

4. I numeri complessi1. Generalità sui numeri complessi

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x2 + 1 = 0ñ x2 = -1ñ x = ≤ -1 .

Al simbolo -1 , che a questo punto non sappiamo ancora bene cosa sia, ma che vorremmo considerare come “un

nuovo numero”, diamo il nome di unità immaginaria, e indichiamolo con Â: Â = -1 . Questo nuovo numero gode della

proprietà che Â2 = -1, che lo rende appunto soluzione di x2 + 1 = 0. Possiamo allora dire che le soluzioni dell'equazione

x2 + 1 = 0 sono x1ê2 = ≤Â.Esaminiamo ora l'equazione più generale x2 + k = 0, con k > 0.

Se ammettiamo che il nuovo numero  possa essere moltiplicato per un numero reale, e che per esso valgano le consuete

regole aritmetiche (ad esempio la proprietà commutativa del prodotto, ecc. ecc.), possiamo dire che anche l'equazione

x2 + k = 0, con k > 0, ammette le soluzioni x = ≤ k . Infatti

J≤ k N2= Â2 k = -k

Da ciò segue che l'equazione 4.1 (1) può essere risolta anche nel caso in cui D < 0, ottenendo:

x +b

2 a= ≤Â

-D

4 a2

ossia:

x1ê2 = -b

2 a≤ Â

-D

2 a.

Questo porta a considerare “numeri” della forma a + Â b, e ad assumere che per essi valgano tutte le consuete regole

aritmetiche, con, “in più”, la regola che Â2 = -1.

Ad esempio ammettiamo che due numeri complessi a + Â b e a£ + Â b£ possano essere sommati tra loro in modo naturale:

4.1 (3)Ha + Â bL + Ha ' + Â b 'L = Ha + a 'L + Â Hb + b 'Le anche moltiplicati tra loro come se fossero numeri reali, sempre con la sola regola aggiuntiva che Â2 = -1:

4.1 (4)Ha + Â bL Ha ' + Â b 'L = Ha a ' - b b 'L + Â Ha b ' + a ' bL.Adoperando le due formule precedenti, possiamo verificare, a titolo di esercizio, ed anche per “toccare con mano”

quanto affermato, che effettivamente i “numeri” x1ê2 sono soluzioni dell'equazione a x2 + b x + c = 0.

Si ha infatti:

Hx1ê2L2 = K -b

2 a≤ Â

-D

2 aO2

=b2

4 a2≤ 2

-b  -D

4 a2+ Â2

-D

4 a2=

b2

4 a2≤ 2

-b  -D

4 a2+

D

4 a2=

b2+D

4 a2≤ Â

-b -D

2 a2=

b2-2 a c

2 a2≤ Â

-b -D

2 a,

quindi, sostituendo nell'equazione:

aK b2-2 a c

2 a2≤ Â

-b -D

2 a2O + bK -b

2 a≤ Â

-D

2 aO + c =

b2-2 a c

2 a≤ Â

- b -D

2 a+

-b2

2 a≤ Â

b -D

2 a+ c =

=b2-2 a c¡Â b -D -b2≤ b -D

2 a+ c =

-2 a c

2 a+ c = -c + c = 0.

I “numeri” della forma a + Â b vengono chiamati numeri complessi. In conclusione abbiamo ottenuto che:

le equazioni di secondo grado con discriminante negativo, hanno, formalmente, due soluzioni complesse, che sono

date dalla formula :

x1ê2 = -b

2 a≤ Â

-D

2 a.

L'utilità dei numeri complessi non è limitata alla risoluzione delle equazioni di secondo grado: si può infatti dimostrare

anche le equazioni di grado superiore al secondo sono risolubili mediante i numeri complessi, senza bisogno di introdurre

altri tipi di numeri.

Arrivati a questo punto, è necessario capire meglio cosa sono questi numeri complessi, in modo che essi abbiano pieno

diritto di cittadinanza in matematica.

Quando sono stati introdotti i vari ampliamenti di �, ciascun nuovo tipo di numero è stato definito a partire dal tipo

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

4. I numeri complessi1. Generalità sui numeri complessi

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Settembre 2014

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precedente: ad esempio, un numero reale è stato definito come elemento di separazione tra due insiemi contigui di

numeri razionali, ecc. ecc.. Analogamente, sembra naturale cercare di definire un numero complesso mediante numeri

reali.

Poichè i numeri complessi sono della forma a + Â b, è naturale pensare di definire a + Â b mediante la coppia ordinata di

numeri reali Ha, bL.In particolare, essendo  =  ÿ1 + 0, l'unità immaginaria si identifica con la coppia H0, 1L:

 ª (0, 1).

In questo modo, l'insieme dei numeri complessi viene ad essere definito come il prodotto cartesiano di � per se stesso.

Tale prodotto cartesiano verrà indicato con �.

Affinché gli elementi di � possano essere chiamati effettivamente numeri, è ora necessario introdurre “ufficialmente”

opportune operazioni di addizione e moltiplicazione tra i numeri complessi, cioé tra coppie di numeri reali.

Per fare ciò, prendiamo spunto dalle 4.1 (3) e 4.1 (4), e definiamo l'operazione di somma in � nel modo seguente:

4.1 (5)Ha, bL + Ha ', b 'L = Ha + a ', b + b 'Le l'operazione di moltiplicazione nel modo seguente:

4.1 (6)Ha, bL Ha ', b 'L = Ha a ' - b b ', a b ' + a ' bLSi può dimostrare che queste operazioni godono delle stesse proprietà di cui godono l'addizione e la moltiplicazione in �,

ad esempio vale la proprietà commutativa, associativa, ecc. ecc..

In particolare, lo zero per l'addizione è la coppia H0, 0L, l'opposto di Ha, bL è la coppia H-a, -bL, e il reciproco di una

coppia Ha, bL ∫ H0, 0L è la coppia:

J a

a2+b2,

-b

a2+b2N.

L'insieme �, munito delle due operazioni sopra definite, è quello che si chiama il campo dei numeri complessi.

Resta ora da spiegare come si può recuperare la consueta notazione a + Â b, più naturale dal punto di vista dei calcoli.

A tale scopo, osserviamo che un numero reale a, potendosi scrivere nella forma a = a + Â ÿ0, può essere identificato con

la coppia Ha, 0L; indichiamo per un momento con a` tale coppia:

a`= Ha, 0L.

Prendiamo ora un b œ�, e proviamo ad eseguire il prodotto di  per b`. Si ha:

 b`= H0, 1L Hb, 0L = H0, bL;

(abbiamo applicato, ovviamente, la 4.1 (6). Si ha allora, applicando la 4.1 (5):

Ha, bL = Ha, 0L + H0, bL = a`+ Â b

`.

Dunque una coppia ordinata Ha, bL può essere scritta nella forma a`+ Â b

`:

Ha, bL = a`+ Â b

`.

Il secondo membro di tale espressione non ha più nessun carattere incerto o misterioso: è infatti semplicemente la somma

di due coppie ordinate di numeri reali.

Ovviamente, di solito si scrive semplicemente a + Â b invece che a`+ Â b

` in quanto si identifica il numero reale a con la

coppia a`= Ha, 0L che lo rappresenta.

Resta così chiarito perché un numero complesso, che è una coppia ordinata Ha, bL, possa essere tranquillamente indicato

con la notazione a + Â b.

Tale notazione si dice forma algebrica dei numeri complessi.

Osserviamo anche, che, se identifichiamo ogni numero reale a con il numero complesso a`, abbiamo che un numero reale

può essere considerato come un particolare numero complesso, pertanto l'insieme dei numeri reali può essere considerato

un sottoinsieme di �: � Õ �, ossia � è un ampliamento di �.

Terminiamo questa introduzione ai numeri complessi con un'ultima osservazione particolarmente importante.

L'insieme � dei numeri reali è munito, come sappiamo, di una relazione d'ordine. Essa ha, tra l'altro, la proprietà che,

se x è un numero reale, il numero x2 è positivo (i quadrati sono positivi). E' chiaro che in � non può esistere un'analoga

relazione d'ordine, infatti, in caso contrario, il numero Â2 dovrebbe essere positivo, dato che è un quadrato. Ma ciò è

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assurdo in quanto Â2 = -1 < 0! questa contraddizione si spiega con il fatto che in � è impossibile introdurre una relazione

d'ordine che goda delle stesse proprietà di quella di �, e che ne sia, per questo motivo, una naturale estensione.

Di conseguenza, non ha alcun senso considerare disequazioni in �, come ad esempio x2 - 5 > Â o simili: le disequazioni

hanno senso solo ed esclusivamente nel campo reale!

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4. I numeri complessi1. Generalità sui numeri complessi

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4.2 I numeri complessi in forma algebrica

Come abbiamo visto nel precedente paragrafo, l'insieme � =�µ�, munito delle operazioni:

Ha, bL + Ha ', b 'L = Ha + a ', b + b 'LHa, bL Ha ', b 'L = Ha a ' - b b ', a b ' + a ' bL

soddisfa le proprietà 1) - 3) della sezione 3.5, che lo rendono un campo. Non è invece possibile introdurre in � una

relazione d'ordine compatibile con tali operazioni.

La particolare coppia H0, 1L si denota col simbolo Â, cioé si pone  = H0, 1L, e si dice unità immaginaria. Le coppie del

tipo Ha, 0L si indicano semplicemente con a, e si identificano col numero reale a. Con tale convenzione, ogni numero

complesso, cioé ogni coppia Ha, bL, può essere scritta nella forma a + Â b, che si dice forma algebrica del numero

complesso dato.

Diamo ora la seguente definizione.

Definizione 4.2 (1) (Parte reale e parte immaginaria)

Se z = a + Â b è un numero complesso in forma algebrica, i numeri reali a e b si dicono, rispettivamente, parte reale e

parte immaginaria di z, e si indicano, rispettivamente, con ReHzL e con ImHzL.Ad esempio, se z = 2 - 4 Â, la parte reale di z è 2, mentre la sua parte immaginaria è -4.

Nei seguenti esempi viene mostrato come eseguire i calcoli con i numeri complessi in forma algebrica.

Esempio 4.2 (1)

Calcolare la somma e il prodotto dei due numeri complessi: z1 = 5 - 3 Â e z2 = -2 + 5 Â.

Calcolare la somma e il prodotto di z1 e z2 significa scrivere i due numeri complessi z1 + z2 e z1 z2 in forma algebrica.

Per la somma si devono sommare le parti reali e quelle immaginarie: z1 + z2 = H5 - 3 ÂL + H-2 + 5 ÂL = 3 + 2 Â; per il

prodotto, si devono eseguire le moltiplicazioni con la regola aggiuntiva che Â2 = -1; dunque:

z1 z2 = H5 - 3 ÂL H-2 + 5 ÂL = -10 + 25 Â + 6 Â - 15 Â2 = -10 + 25 Â + 6 Â + 15 = 5 + 31 Â.

Esempio 4.2 (2)

Calcolare H1 + 2 ÂL2.

Anche in questo caso bisogna mettere il numero complesso H1 + 2 ÂL2 in forma algebrica. Per fare questo sviluppiamo

regolarmente la potenza del binomio: H1 + 2 ÂL2 = 1 + 4 Â + H2 ÂL2 = 1 + 4 Â - 4 = -3 + 4 Â.

Esempio 4.2 (3)

Calcolare Ân per n = 3, 6, 21.

Si ha: Â3 = Â2 ÿ Â = -Â.

Per calcolare Â6 conviene scrivere: Â6 = IÂ2M3= H-1L3 = -1.

Per calcolare Â21 conviene scrivere: Â21 = Â20 ÿ Â = IÂ2M10ÿ Â = H-1L10 ÿ Â = Â.

Esempio 4.2 (4)

Calcolare la parte immaginaria del numero complesso  + H2 - ÂL3.

Anche in questo caso dobbiamo scrivere il numero complesso dato in forma algebrica. Si ha:

 + H2 - ÂL3 =  + 23 + 3 ÿ22 H-ÂL + 3 ÿ2 H-ÂL2 + H-ÂL3 =  + 8 - 12  - 6 +  = 2 - 10 Â;

Dunque la parte immaginaria del numero complesso dato è uguale a -10.

Poiché l'insieme � si identifica con �2, esso può essere rappresentato geometricamente da un piano cartesiano. Il numero

complesso z si identifica con il punto di ascissa ReHzL e ordinata ImHzL. Tale piano cartesiano, pensato come rappresentazione geometrica di �, si chiama piano di Gauss. Ovviamente due

numeri complessi z e z ' coincidono se e solo se ReHzL = ReHz£L e ImHzL = ImHz£L. Un numero complesso z tale che

ReHzL = 0, si dice immaginario puro.

Ad esempio, 2 Â, -3 Â, ecc. ecc. sono immaginari puri. Ovviamente anche l'unità immaginaria  è un immaginario puro.

Nel piano di Gauss, i numeri reali sono rappresentati sull'asse delle ascisse, mentre gli immaginari puri sono

rappresentati sull'asse delle ordinate. Per questo motivo, nel piano di Gauss l'asse delle ascisse viene anche detto asse

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reale, e quello delle ordinate viene detto anche asse immaginario.

Osservazione.

Un numero complesso a + Â b può essere identificato anche con il vettore di componenti a, b; alla somma di due numeri

complessi corrisponde la somma di vettori.

z1

z2

z1+z2

x

y

Definizione 4.2 (2) (Complesso coniugato)

Se z = a + Â b è un numero complesso, il numero a - Â b si dice complesso coniugato di z e si indica con z: z = a - Â b.

Ad esempio, se z = 5 - 2 Â, allora z = 5 + 2 Â, ecc. ecc..

Dal punto di vista geometrico, il coniugato di un numero complesso z è il simmetrico di z rispetto all'asse reale.

z

z

x

y

Ovviamente il coniugato di un numero reale è il numero reale stesso. Si dimostra poi il seguente teorema.

Teorema 4.2 (1) (Proprietà del coniugato di un numero complesso)

Se z e w sono due numeri complessi, si ha:

1°) z = z;

2°) z + z = 2 ReHzL;3°) z - z = 2 ImHzL;4°) w + z = w + z;

5°) z w = z w.

Dimostrazione.

Verifichiamo, a titolo di esempio, solo l'ultima proprietà: poniamo z = a + Â b e w = c + Â d; si ha allora:

z w = Ha + Â bL Hc + Â dL = Ha c - b dL + ÂHa d + b cL = Ha c - b dL - ÂHa d + b cL.D'altra parte, si ha anche:

z w = Ha + Â bL Hc + Â dL = Ha - Â bL Hc - Â dL = Ha c - b dL - ÂHa d + b cL.da cui l'uguaglianza dei primi membri. à

Diamo ora la seguente definizione.

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Definizione 4.2 (3) (Modulo di un numero complesso)

Se z = a + Â b, si dice modulo di z il numero (reale) a2 + b2 . Esso si indica con †z§:†z§ = a2 + b2 .

Dal punto di vista geometrico, il modulo di z rappresenta la distanza di z dall'origine degli assi:

z = a + Â b

a

b

a2 + b2

x

y

Esempio 4.2 (5)

Si ha dunque, ad esempio:

†1 - § = 1 + 1 = 2 ; †2 + 3 § = 4 + 9 = 13 ;

†3 - 4 § = 3 + 16 = 5.

Se a è un numero reale, il suo valore assoluto coincide col modulo di a considerato come numero complesso.

Ovviamente †Â§ = 1, e per un numero immaginario puro  b si ha †Â b§ = †b§.Il seguente teorema riassume le principali proprietà del modulo.

Teorema 4.2 (2) (Proprietà del modulo di un numero complesso)

Se z e z£ sono due numeri complessi, si ha:

1°) †z§ ¥ 0;

2°) †z§ = 0ñ z = 0;

3°) †z§ = †-z§;4°) †z§ = †z§;5°) †ReHzL§ § †z§ e †ImHzL§ § †z§;6°) z z = †z§2.

7°) †z z '§ = †z§ ÿ †z '§;8°) †z + z '§ § †z§ + †z '§ (disuguaglianza triangolare);

Dimostrazione.

Le proprietà 1°) - 5°) sono di immediata verifica.

Dimostriamo la 6°), cioé che z z = †z§2; infatti, se z = a + Â b:

z z = Ha + Â bL Ha - Â bL = a2 - Â a b + Â a b + b2 = a2 + b2 = †z§2.

Dimostriamo la 7°), cioé che †z z '§ = †z§ ÿ †z '§. Infatti:

†z z '§2 =per la 6 °M

z z ' z z ' = z z ' z z ' = z z z ' z ' =per la 6 °M †z§2 †z '§2,

da cui la 7°).

Dimostriamo ora la 8°), cioé disuguaglianza triangolare. Si ha:

†z + z '§ § †z§ + †z '§ñ †z + z '§2 § †z§2 + 2 †z§ ÿ †z '§ + †z '§2,

e, per la 5°):

Hz + z 'L Hz + z 'L § †z§2 + 2 †z§ ÿ †z '§ + †z '§2;

essendo Hz + z 'L Hz + z 'L = Hz + z 'L Iz + z 'M = z z + z z ' + z z ' + z ' z ' = †z§2 + z z ' + z z ' + †z '§2 = †z§2 + 2 ReIz z 'M + †z '§2, si ha:

†z + z '§ § †z§ + †z '§ñ 2 ReIz z 'M § 2 †z§ ÿ †z '§ per la 7 °MReIz z 'M § †z z '§,

e poiché l'ultima diseguaglianza è vera per ogni z e z ' (per la 5°)), anche la diseguaglianza triangolare è dimostrata. à

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Osservazione.

Dalla 7°) si deduce che °z2• = †z§2, e, più in generale, che " n œ � : †zn§ = †z§n. Osserviamo anche che, mentre per ogni

x œ� si ha †x§2 = x2, la stessa uguaglianza non è valida nel campo complesso.

Osservazione.

La 6°) proprietà del teorema precedente è utile per il calcolo del reciproco di un numero complesso. Infatti:

1

a+Â b=

a-Â b

Ha+Â bL Ha-Â bL =a-Â b

a2+ b2=

a

a2+ b2-

b

a2+ b2Â,

o anche:

1

z=

z

†z§2 .

In particolare, osserviamo che:

1

Â= -Â.

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4. I numeri complessi2. I numeri complessi in forma algebrica

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4.3 Esercizi

Esercizio 4.3 (1)

Di ciascuno dei numeri complessi:

3 + 2 Â,Â

2- 3, 2 - 2 Â, 2 Â, -7, -3 Â, Â - 2,

calcolare parte reale, parte immaginaria, coniugato e modulo.

Soluzione.

z =

Soluzione Reset

Esercizio 4.3 (2)

Calcolare il reciproco di ciascuno dei seguenti numeri complessi:

1 + Â, 2 - 3 Â,2 Â

5- 3, -4 Â, -5 Â, 2 Â +

1

3.

Soluzione.

z =

Soluzione Reset

Esercizio 4.3 (3)

Calcolare (cioé mettere nella forma a + Â b) i seguenti numeri complessi:

H3 Â - 5L + H2 - 5 ÂL, HÂ + 2L - 2 Â, H4 - 8 ÂL Â, HÂ - 1L HÂ + 2L, 3 H7 + 2 ÂL,1

3H3 + 9 ÂL, HÂ - 1L Â, Â

2 Â+1,

3 Â-1

2 Â+3,

1

ÂH2 + ÂL - 1+Â

1-Â.

Soluzione.

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z =

Soluzione Reset

Esercizio 4.3 (4)

Determinare i numeri complessi z tali che:

1°) z-= 2 Â z + 1;

2°) ÂRe HzL = z-+ 2;

3°) Â ImHzL = z-+ 1;

4°) z2 = Â †z§2;

5°) z2 = †z§2.

Svolgimento.

Troviamo, ad esempio, tutti i numeri complessi z che soddisfano l'equazione: Â ImHzL = z-+ 1. A tale scopo, scriviamo z in

forma algebrica: z = a + Â b; la condizione richiesta si scrive nel modo seguente: Â b = a - Â b + 1, cioé: Â b = a + 1 - Â b.

Ricordando che due numeri complessi sono uguali se e solo se hanno ordinatamente uguali la parte reale e quella

immaginaria, ricaviamo il sistema:

b = -b

a + 1 = 0

da cui, ovviamente, a = -1, b = 0. Pertanto esiste una sola soluzione della nostra equazione, che è il numero reale z = -1.

In modo analogo si risolvono gli altri quesiti.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

4. I numeri complessi3. Esercizi

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4.4 I numeri complessi in forma trigonometrica

Abbiamo già visto che il numero complesso z = a + Â b può essere identificato col punto P = Ha, bL del piano cartesiano.

Se poniamo r = †z§ = a2 + b2 , e se indichiamo con q l'angolo che la semiretta OP forma col semiasse positivo delle x

(supponendo che sia z ∫ 0), si ha immediatamente:

a = r cos q, b = r sin q,

per cui z = a + Â b = r cos q + Â r sin q = r Hcos q + Â sin qL. In definitiva,

z = rHcos q + Â sin qL.L'espressione precedente si chiama forma trigonometrica del numero complesso z. Un numero q, soluzione del sistema:

cos q =a

r

sin q =b

r

si dice argomento del numero complesso z, e si indica, di solito, con arg z.

Esempio 4.4 (1)

Calcolare il modulo e l'argomento del numero complesso z = 1 + Â.

Per quanto riguarda il modulo si ha subito: r = 1 + 1 = 2 ; per calcolarne l'argomento, risolviamo il sistema:

cos q =1

2

sin q =1

2

Esso è soddisfatto per q =p

4, ma anche per tutti gli altri valori q =

p

4+ 2 k p, con k œ�. Questi numeri sono gli infiniti

argomenti di z; scelto uno qualunque di essi, ad esempio q =p

4, possiamo scrivere z = 2 IcosI p

4M + Â sinI p

4MM.

Tra gli infiniti argomenti di un numero complesso non nullo, uno ed uno solo appartiene all'intervallo D - p, pD, ed esso

si dice argomento principale di z, e si indica con Arg z.

Osservazione.

1°) Non ha senso considerare l'argomento di z = 0, dato che esso è, evidentemente, indeterminato.

2°) L'argomento principale di un numero reale strettamente positivo è q = 0.

3°) L'argomento principale di un numero reale strettamente negativo è q = p.

4°) I numeri immaginari puri hanno argomento principale uguale a ≤p

2 a seconda che la loro parte immaginaria sia

strettamente positiva o strettamente negativa.

5°) Gli argomenti di due numeri complessi coniugati sono opposti, infatti il coniugato di rHcos q + Â sin qL è

rHcos q - Â sin qL, che può anche essere scritto come rHcosH-qL + Â sinH-qLL.6°) Due numeri complessi in forma trigonometrica sono uguali se e solo se hanno lo stesso modulo e i loro argomenti

differiscono per un multiplo di 2 p.

Osservazione.

Se un certo numero q soddisfa il sistema:

cos q =a

r

sin q =b

r

esso soddisfa anche l'equazione tg q =b

a (almeno se a ∫ 0, cioé se z non è un immaginario puro). Il viceversa, invece, non

è vero: le soluzioni dell'equazione tg q =b

a, cioé q = arctgI b

aM + p k, differiscono tra loro di multipli di p: quelle che si

ottengono prendendo k pari sono dunque diametralmente opposte a quelle con k dispari; tale incertezza può essere risolta

tenendo conto del quadrante in cui si trova z, come si vede nei seguenti esempi.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

4. I numeri complessi4. I numeri complessi in forma trigonometrica

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Settembre 2014

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Esempio 4.4 (2)

Calcolare il modulo e l'argomento del numero complesso z = -1 - Â.

Si ha: r = 1 + 1 = 2 ; per calcolare l'argomento, risolviamo il sistema:

cos q = -1

2

sin q = -1

2

Esso è soddisfatto per q =5 p

4+ 2 k p, con k œ�. L'argomento principale, cioé quello che appartiene all'intervallo

D - p, pD, è q =5 p

4.

Avremmo potuto anche risolvere l'equazione tg q =-1

-1= 1, da cui q = k p +

p

4; tenendo presente che z si deve trovare nel

terzo quadrante, si deve prendere k dispari, da cui q =5 p

4+ 2 k p, che è il risultato di prima.

Esempio 4.4 (3)

Calcolare il modulo e l'argomento del numero complesso z = 1 - Â.

Si ha: r = 1 + 1 = 2 ; per calcolare l'argomento, risolviamo l'equazione tg q = -1

1= -1, da cui q = -

p

4+ k p, quindi,

poiché z si trova nel quarto quadrante, si deve prendere k pari, da cui q = -p

4+ 2 k p.

Esempio 4.4 (4)

Qual è l'argomento principale del numero complesso z = 5 IcosI 45

13pM + Â sinI 45

13pMM?

Il numero 45

13p non è l'argomento principale perché

45

13p > p; per ottenere l'argomento principale, si deve sottrarre un

opportuno multiplo di 2 p; per la precisione, si deve sottrarre il più piccolo multiplo 2 k p tale che 45

13p < 2 k p; essendo

2 p <45

13p < 4 p, il multiplo in questione è 4 p; si ha quindi: Arg z =

45

13p - 4 p = -

7 p

13.

Esempio 4.4 (5)

Qual è l'argomento principale del numero complesso z = 5 IcosI 17

8pM - Â sinI 17

8pMM?

Dobbiamo scrivere anzitutto: z = 5 IcosI- 17

8pM + Â sinI- 17

8pMM; ora, -

17

8p non è l'argomento principale perché

-17

8p < -p; dobbiamo dunque aggiungere un opportuno multiplo di 2 p, cioé il più piccolo multiplo 2 k p tale che

-17

8p < 2 k p. Essendo -4 p < -

17

8p < -2 p, il multiplo da aggiungere è 2 p (ossia si sottrae -2 p); dunque:

Arg z = -17

8p + 2 p = -

p

8.

Dati i due numeri complessi in forma trigonometrica z = rHcos q + Â sin qL, e z ' = r ' Hcos q ' + Â sin q 'L, è facile determinare

la forma trigonometrica del prodotto z z£. Si ha infatti il seguente teorema.

Teorema 4.4 (1) (Prodotto di due numeri complessi in forma trigonometrica)

Se z = rHcos q + Â sin qL e z ' = r ' Hcos q ' + Â sin q 'L sono due numeri complessi in forma trigonometrica, si ha:

z z ' = r r ' HcosHq + q 'L + Â sinHq + q 'LL.In altri termini, il prodotto di due numeri complessi ha per modulo il prodotto dei moduli, e per argomento la somma

degli argomenti.

Dimostrazione.

Ricordando le formule di addizione e sottrazione,

cosHq + q 'L = cos q cos q ' - sin q sin q '

sinHq + q 'L = sin q cos q ' + cos q sin q '

si ha:

r r ' HcosHq + q 'L + Â sinHq + q 'LL =

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

4. I numeri complessi4. I numeri complessi in forma trigonometrica

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Settembre 2014

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= r r ' HHcos q cos q ' - sin q sin q 'L + Â Hsin q cos q ' + cos q sin q 'LL;d'altra parte,

z z ' = r r ' Hcos q + Â sin qL Hcos q ' + Â sin q 'L == r r ' HHcos q cos q ' - sin q sin q 'L + Â Hsin q cos q ' + cos q sin q 'LL,

da cui l'asserto. à

Esempio 4.4 (6)

Se

z = 2 Icosp

18+ Â sin

p

18M, e z ' = 3 Icos

p

12+ Â sin

p

12M,

allora:

z z ' = 6 Icos I p

18+

p

12M + Â sinI p

18+

p

12MM = 6 Icos I 5 p

36M + Â sinI 5 p

36MM.

Esempio 4.4 (7)

Se

z = 2 Icos4 p

5+ Â sin

4 p

5M, e z ' = 3 Icos

3 p

5+ Â sin

3 p

5M,

allora:

z z ' = 6 Icos I 4 p

5+

3 p

5M + Â sinI 4 p

5+

3 p

5MM = 6 Icos I 7 p

5M + Â sinI 7 p

5MM.

Poiché 7 p

5 non è l'argomento principale di z z ' in quanto p <

7 p

5< 2 p, possiamo sottrarre 2 p ottenendo:

z z ' = 6 Icos I- 3 p

5M + Â sinI- 3 p

5MM = 6 Icos I 3 p

5M - Â sinI 3 p

5MM.

Teorema 4.4 (2) (Reciproco di un numero complesso in forma trigonometrica)

Se z = rHcos q + Â sin qL è un numero complesso (non nullo) in forma trigonometrica, si ha:1

z=

1

rHcos q - Â sin qL.

Dimostrazione.

Dal paragrafo sui numeri complessi in forma algebrica sappiamo che 1

z=

z

†z§2 , per cui:

1

z=

z

†z§2 =rHcos q-Â sin qL

r2,

da cui l'asserto.

Teorema 4.4 (3) (Quoziente di due numeri complessi in forma trigonometrica)

Se z = rHcos q + Â sin qL e z ' = r ' Hcos q ' + Â sin q 'L sono due numeri complessi in forma trigonometrica, di cui il secondo

non nullo, si ha:z

z'=

r

r'HcosHq - q 'L + Â sinHq - q 'LL.

In altri termini, il quoziente di due numeri complessi ha per modulo il quoziente dei moduli, e per argomento la

differenza degli argomenti.

Dimostrazione.

Si può scrivere:

z

z'= z

1

z'= rHcos q + Â sin qL 1

r' Hcos q'+Â sin q'L = rHcos q + Â sin qL 1

r'Hcos q ' - Â sin q 'L =

= rHcos q + Â sin qL 1

r'HcosH-q 'L + Â sinH-q 'LL =H*L r

r'HcosHq - q 'L + Â sinHq - q 'LL,

dove l'ultima uguaglianza, indicata con (*), consegue dal teorema sul prodotto di due numeri complessi in forma

trigonometrica. à

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

4. I numeri complessi4. I numeri complessi in forma trigonometrica

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Settembre 2014

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Il seguente teorema di de Moivre riguarda la forma trigonometrica di zk, con k œ�.

Teorema 4.4 (4) (Formula di de Moivre)

Se z = rHcos q +  sin qL è un numero complesso in forma trigonometrica, per ogni k œ�, si ha:

zk = rkHcosHk qL + Â sinHk qLL.Dimostrazione.

Se k = 0 oppure k = 1 l'asserto è ovvio; se k ¥ 2, Il teorema è una ovvia conseguenza del teorema sul prodotto di numeri

complessi in forma trigonometrica; infatti zk non è altro che il prodotto di z per se stesso k volte, quindi il suo modulo

sarà rk , e il suo argomento sarà k q, quindi la formula di de Moivre è dimostrata per gli esponenti positivi; se poi k œ�, e

k < 0, si ha -k > 0, e quindi:

zk =1

z-k=H*L 1

r-kHcosH-k qL+Â sinH-k qLL =H**L

rkHcosHk qL + Â sinHk qLL,dove l'uguaglianza (*) deriva dalla formula di de Moivre per gli esponenti positivi, e la (**) deriva dal teorema sul

reciproco di un numero complesso. à

Esempio 4.4 (8)

Calcolare J1 + Â 3 N11.

Grazie alla formula precedente, il calcolo è semplice; calcoliamo anzitutto il modulo e l'argomento di z = 1 + Â 3 : si ha

r = 1 + 3 = 2, e tg q = 3 , da cui Arg z =p

3. Applicando la formula di de Moivre, si ha:

J1 + 3 ÂN11= 211 IcosI 11 p

3M + Â sinI 11 p

3MM.

Non resta ora che osservare che 2 p <11 p

3< 4 p, ed essendo

11 p

3- 4 p = -

p

3, si ha:

J1 + 3 ÂN11= 211 IcosI- p

3M + Â sinI- p

3MM = 211 IcosI p

3M - Â sinI p

3MM = 211 K 1

2- Â

3

2O = 210 J1 - Â 3 N.

Esempio 4.4 (9)

Calcolare 1

J1+Â 3 N3.

Posto z = 1 + Â 3 , si ha ancora r = 2, e Arg z =p

3, pertanto:

1

J1+Â 3 N3= J1 + 3 ÂN-3

= 2-3 IcosI-3p

3M + Â sinI-3

p

3MM = 2-3 HcosH-pL + Â sinH-pLL =

= 2-3 Hcos p - Â sin pL = -2-3 = -1

8.

Diamo ora la definizione di radice n -esima di un numero complesso.

Definizione 4.4 (1) (Radice n -esima di un numero complesso)

Se z è un numero complesso, ed n è un numero intero naturale, si dice radice n-esima di z ogni numero complesso w

tale che wn = z.

Esempio 4.4 (10)

Verifichiamo che in numero complesso w = -2 + 2 Â è una radice cubica di z = 1 + Â.

Basta calcolare w3: si ha:

w3 = H1 + ÂL3 = 1 + 3 Â + 3 Â2 + Â3 = 1 + 3 Â - 3 - Â = -2 + 2 Â

Il teorema seguente mostra che, dato un numero complesso z non nullo, esistono esattamente n radici n -esime di z

distinte, e fornisce la formula per calcolarle.

Teorema 4.4 (5) (Radici n-esime di un numero complesso)

Se z = r Hcos q + Â sin qL è un numero complesso non nullo in forma trigonometrica, ed n è un intero naturale, esistono n

e solo n radici n -esime distinte di z, ed esse sono date dalla formula:

wk = rn IcosI q+2 k p

nM + Â sinI q+2 k p

nMM, con k = 0, 1, ∫, n - 1.

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4. I numeri complessi4. I numeri complessi in forma trigonometrica

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Settembre 2014

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Dimostrazione.

Si deve dimostrare che:

1) tutti i numeri wk = rn IcosI q+2 k p

nM + Â sinI q+2 k p

nMM sono radici n -esime di z;

2) se k1 œ 80, 1, 2, ∫, n - 1< e k2 œ 80, 1, 2, ∫, n - 1<, con k1 ∫ k2, allora wk1∫ wk2

;

3) se k œ� con k – 80, 1, 2, ∫, n - 1<, esiste un opportuno k0 œ 80, 1, 2, ∫, n - 1< tale che wk = wk0.

Per dimostrare 1) basta calcolare HwkLn: per la formula di De Moivre, si ha:

HwkLn = rIcosIn q+2 k p

nM + Â sinIn q+2 k p

nMM = rHcosHq + 2 k pL + Â sinHq + 2 k pLL = r Hcos q + Â sin qL = z.

Siano ora k1 œ 80, 1, 2, ∫, n - 1< e k2 œ 80, 1, 2, ∫, n - 1<, con k1 ∫ k2; calcoliamo la differenza dei due argomenti di

wk1 e wk2

. Si ha:

q+2 k1 p

n-

q+2 k2 p

n= 2 p

k1-k2

n;

ma il numero k1-k2

n non può essere intero dato che †k1 - k2§ § n - 1, quindi i due argomenti non possono differire per un

multiplo di 2 p, e quindi i due numeri complessi wk1 e wk2

sono necessariamente distinti, e la 2) è dimostrata.

Resta da dimostrare la 3); a tale scopo, fissiamo un certo k œ� con k – 80, 1, 2, ∫, n - 1<; per quanto visto a pag. 72

esistono q œ� e k0 œ 80, 1, 2, ∫, n - 1< tali che:

k = q n + k0.

(q e k0 sono il quoziente ed il resto della divisione di k per n). Basta ora far vedere che wk = wk0; in effetti questi due

numeri complessi hanno già lo stesso modulo ( rn

), quindi basta far vedere che i loro argomenti differiscono per un

multiplo di 2 p. Infatti:

q+2 k p

n-

q+2 k0 p

n= 2 p

k-k0

n= 2 p

q n

n= 2 p q ,

e con questo anche il terzo punto è dimostrato. à

Dunque, per il teorema precedente, le n radici n -esime di z hanno tutte come modulo rn

, quindi si trovano tutte sulla

circonferenza di centro 0 e raggio, uguale, appunto, a rn

. Inoltre, la prima di esse, cioé w0, ha argomento uguale a q

n; le

successive si ottengono aggiungendo multipli di 2 p

n, fino a ritornare alla prima.

In definitiva, le n radici n -esime di z si trovano ai vertici di un poligono regolare di n lati, inscritto nella circonferenza di

centro 0 e raggio rn

.

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4. I numeri complessi4. I numeri complessi in forma trigonometrica

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n 5

z  + 3

Esempio 4.4 (11)

Calcolare le radici quarte del numero complesso z = 3 + Â.

Dobbiamo anzitutto calcolare modulo e argomento: si ha r = 2, q =p

6, da cui:

wk = 24

cos

p

6+2 k p

4+ Â sin

p

6+2 k p

4, con k = 0, 1, 2, 3.

Elencando esplicitamente tali radici, abbiamo:

w0 = 24 IcosI p

24M + Â sinI p

24MM;

w1 = 24 IcosI p

24+

p

2M + Â sinI p

24+

p

2MM = 2

4 IcosI 13 p

24M + Â sinI 13 p

24MM;

w2 = 24 IcosI p

24+ pM + Â sinI p

24+ pMM = -w0;

w3 = 24 IcosI p

24+

3 p

2M + Â sinI p

24+

3 p

2MM = -w1.

Nel piano complesso abbiamo la seguente situazione:

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Esempio 4.4 (12)

Calcolare le radici seste, nel campo complesso, di z = 1.

Ogni numero reale può essere considerato numero complesso; nel nostro caso il modulo di z è uguale, ovviamente, ad

uno, e l'argomento è uguale a zero. Applicando la formula di de Moivre, si ha:

wk = cosI 2 k p

6M + Â sinI 2 k p

6M, con k = 0, 1, 2, 3, 4, 5.

Elencando esplicitamente tali radici, abbiamo:

w0 = cosH0L + Â sinH0L = 1,

w1 = cosI 2 p

6M + Â sinI 2 p

6M = cosI p

3M + Â sinI p

3M = 1

2+ Â

3

2,

w2 = cosI 4 p

6M + Â sinI 4 p

6M = cosI 2 p

3M + Â sinI 2 p

3M = - 1

2+ Â

3

2,

w3 = cosI 6 p

6M + Â sinI 6 p

6M = cosHpL + Â sinHpL = -1 + Â 0 = -1,

w4 = cosI 8 p

6M + Â sinI 8 p

6M = cosI 4 p

3M + Â sinI 4 p

3M = - 1

2- Â

3

2,

w5 = cosI 10 p

6M + Â sinI 10 p

6M = cosI 5 p

3M + Â sinI 5 p

3M = 1

2- Â

3

2.

Nel piano complesso abbiamo la seguente situazione:

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Esempio 4.4 (13)

Calcolare le radici quadrate di z = r Hcos q + Â sin qL e verificare che sono l'una l'opposta dell'altra.

Le due radici quadrate di z si ottengono dalla formula:

wk = r IcosI q+2 k p

2M + Â sinI q+2 k p

2MM, con k = 0, 1.

Dunque:

w0 = r IcosI q2

M + Â sinI q2

MM, w1 = r IcosI q+2 p

2M + Â sinI q+2 p

2MM

e d'altra parte:

w1 = r IcosI q+2 p

2M + Â sinI q+2 p

2MM = r IcosI q

2+ pM + Â sinI q

2+ pMM =

= - r IcosI q2

M + Â sinI q2

MM = -w0.

Osservazione.

Se z è un numero complesso, talvolta si usa il simbolo zn

per indicare l'insieme delle n radici n -esime distinte di z:

zn

= 8w0, w1, ∫ , wn-1<.Se z è un numero reale puro, il simbolo z

n

può essere ambiguo; ad esempio, 83

può indicare nel campo reale l'unico

numero reale che elevato alla terza è uguale ad 8, cioé 2; nel campo reale è quindi corretto scrivere 83

= 2. Se invece si

intende 8 come numero complesso (con parte immaginaria nulla), le sue radici cubiche sono 3, e precisamente:

w0 = 2, w1 = cosI 2 p

3M + Â sinI 2 p

3M = 3

2+ Â

1

2, w2 = cosI 4 p

3M + Â sinI 4 p

3M = 3

2- Â

1

2.

Dunque, nel campo complesso si ha:

83

= :2,3

2+ Â

1

2,

3

2- Â

1

2>.

Osservazione.

Sia nel campo reale che in quello complesso, le radici quadrate di un numero z sono sempre due, e sono anche l'una

l'opposta dell'altra. Quindi, se w è una di esse, è lecito scrivere: z = ≤w se con z si intende indicare l'insieme delle

due radici.

Ad esempio si ha: Â = : 2

2+ Â

2

2, -

2

2- Â

2

2>, quindi si può scrivere, più brevemente: Â = ≤ K 2

2+ Â

2

2O,

così come si può scrivere 4 = ≤2 per indicare le due radici quadrate di 4, inteso come numero complesso.

Ricordiamo però che, nel campo reale, col simbolo x (che ha senso solo per x ¥ 0) si indica si solito solo la radice

positiva di x; ad esempio: 4 = 2.

Osservazione.

Proprio per il significato diverso del simbolo zn

nel campo reale e in quello complesso, molte uguaglianze valide nel

campo reale non lo sono più in quello complesso.

Ad esempio, per ogni x œ � si ha x2 = †x§, intendendo con x2 l'unica radice quadrata positiva del numero reale x2,

e con †x§ il valore assoluto di x.

La stessa uguaglianza non è più valida nel campo complesso: se z œ �, l'uguaglianza z2 = †z§ è priva di significato in

quanto z2 denota in generale due numeri complessi distinti, mentre †z§ è il modulo di z che è sempre un numero reale.

Analogamente, nel campo complesso è errato scrivere, ad esempio: z24

= z , dato che z24

rappresenta l'insieme

delle 4 radici di z2, mentre z è un insieme formato da 2 distinti numeri complessi.

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4. I numeri complessi4. I numeri complessi in forma trigonometrica

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Osservazione.

E' invece immediato verificare che, se z = rHcos q + Â sin qL, e k è un numero reale positivo, allora k zn

= kn

zn

; in

questa formula k zn

rappresenta l'insieme delle n radici n -esime distinte del numero complesso k z, mentre kn

è

l'unica radice radice n -esima positiva di k, e il prodotto kn

zn

rappresenta l'insieme dei numeri complessi ottenuti

moltiplicando ciascuna delle n radici n -esime di z per il numero reale kn

.

Ad esempio, si può scrivere: 8 + 8 Â3

= 2 1 + Â3

; cioé, per calcolare le tre radici cubiche di 8 + 8 Â, basta calcolare le

tre radici cubiche di 1 + Â, e moltiplicare per due ciascuna di esse.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

4. I numeri complessi4. I numeri complessi in forma trigonometrica

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4.5 Esercizi

Esercizio 4.5 (1)

Utilizzando la formula di de Moivre, calcolare le seguenti potenze di numeri complessi:

H1 + ÂL4, H1 - ÂL-3, J3 - 3 ÂN-122, J1 + 3 ÂN6

, Â10.

Soluzione.

z =

Soluzione Reset

Esercizio 4.5 (2)

Utilizzando il teorema sulle radici n -esime di un numero complesso, calcolare le seguenti radici:

1 + Â4

, 1 - Â3

, 3 - 3 Â6

, 1 + 3 Â , Â5

, -13

.

Soluzione.

z =

Soluzione Reset

Esercizio 4.5 (3)

Dire se sono corrette le seguenti due uguaglianze:

H1 + ÂL36

= 1 + Â ; -13

= -1.

Soluzione.

La prime uguaglianza non è corretta: con il simbolo H1 + ÂL36

si denotano le 6 radici del numero complesso

H1 + ÂL3 = -2 + 2 Â, invece, col simbolo 1 + Â si denotano le due radici complesse del numero 1 + Â.

La seconda uguaglianza è ambigua: se col simbolo -13

si intende l'unica radice cubica, nel campo reale, del numero

-1, l'uguaglianza è ovviamente corretta; se invece la radice cubica si intende nel campo complesso, il simbolo -13

denota un insieme di 3 numeri complessi (le tre radici cubiche di -1 nel campo complesso); di questi tre numeri, uno è

-1, e gli altri due sono complessi coniugati.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

4. I numeri complessi5. Esercizi

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4.6 Equazioni nel campo complesso

Nel campo complesso tutte le equazioni (a coefficienti reali) di secondo grado del tipo a x2 + b x + c = 0 ammettono

soluzioni; a seconda che il discriminante D = b2 - 4 a b sia positivo, negativo o nullo si hanno due radici reali distinte,

due radici complesse coniugate, due radici reali coincidenti.

Esempio 4.6 (1)

Risolvere l'equazione:

x2 - 2 x + 5 = 0.

Si ha:

x1ê2 = 1≤ 1-5

1= 1 ≤ -4 = 1 ≤ 2 Â.

Allo stesso modo è possibile risolvere, nel campo complesso, anche equazioni i cui coefficienti sono numeri complessi

invece che reali. In questo caso, per chiarezza, indichemo con z l'incognita invece che con x.

Esempio 4.6 (2)

Risolvere l'equazione:

z2 - H1 + 2 ÂL z - 1 + Â = 0.

La formula risolutiva fornisce le radici:

z1ê2 =1+2 Â≤ H1+2 ÂL2-4 H-1+ÂL

2.

Si ha H1 + 2 ÂL2 - 4 H-1 + ÂL = 1, quindi:

z1ê2 = 1+2 Â≤1

2=

Â

1 + Â

Esempio 4.6 (3)

Risolvere l'equazione:

z2 - H4 + 2 ÂL z + 3 + 6 Â = 0.

Applicando la formula ridotta, si ha:

z1ê2 =2+Â≤ H2+ÂL2-H3+6 ÂL

1.

Si ha H2 + ÂL2 - H3 + 6 ÂL = -2 Â; per completare il calcolo, dobbiamo calcolare le radici quadrate del numero complesso

-2 Â, che ha modulo 2 e argomento -p

2. Si ha:

-2 Â = ≤ 2 IcosI- p

4M + Â sinI- p

4MM = ≤ 2 K 2

2- Â

2

2O = ≤ H1 - ÂL;

dunque:

z1ê2 = 2+Â≤H1-ÂL1

=1 + 2 Â

3.

Esempio 4.6 (4)

Risolvere l'equazione:

z4 + H1 - ÂL z2 - Â = 0.

L'equazione data è una biquadratica. Per risolverla poniamo z2 = t, e consideriamo l'equazione: t2 + H1 - ÂL t - Â = 0. Le

sue radici sono:

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4. I numeri complessi6. Equazioni nel campo complesso

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t1ê2 =-H1-ÂL≤ H1-ÂL2-4 H- ÂL

2.

Essendo H1 - ÂL2 - 4 H- ÂL = 2 Â, si ha:

t1ê2 = -H1-ÂL≤ 2 Â

2.

Le radici quadrate di 2 Â sono:

2 Â = ≤ 2 IcosI p4

M + Â sinI p4

MM = ≤ 2 K 2

2+ Â

2

2O = ≤ H1 + ÂL,

quindi:

t1ê2 = -H1-ÂL≤H1+ÂL2

=-1

Â.

Poiché z2 = t, dobbiamo ancora risolvere le due equazioni: z2 = -1 e z2 = Â, cioé dobbiamo calcolare le radici quadrate di

-1 e di Â. Si ha:

-1 = ≤Â,  = ≤K 2

2+ Â

2

2O.

I quattro numeri complessi ≤ e ≤K 2

2+ Â

2

2O sono le quattro soluzioni della biquadratica data.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

4. I numeri complessi6. Equazioni nel campo complesso

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Settembre 2014

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5 Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale

Nel capitolo sulla Teoria degli insiemi abbiamo introdotto la definizione generale di funzione tra insiemi qualsiasi; dopo

aver studiato, nel capitolo sugli insiemi numerici, l'insieme dei numeri reali, fisseremo l'attenzione, più in particolare,

sulle funzioni che hanno, come insieme di partenza e come insieme di arrivo, sottoinsiemi di �. Queste funzioni si

dicono, appunto, funzioni reali di una variabile reale.

Per le funzioni reali di una variabile reale, oltre a valere tutto quanto visto nelle sezioni 2.3, 2.4 e 2.6, sarà possibile

introdurre nuovi concetti, come quello di somma, prodotto e quoziente di funzioni, monotonia, minimi, massimi, estremi.

5.1 Alcune semplici funzioni elementari

à Retta

Se a e b sono numeri reali qualsiasi, l'espressione a x + b rappresenta un semplice polinomio (di primo grado se a ∫ 0);

possiamo allora considerare la funzione f : �Ø� definita ponendo, per ogni x œ �, f HxL = a x + b.

Il grafico G f di questa funzione è il seguente sottoinsieme di �µ�:

G f = 9 Hx, yL œ �µ� y = a x + b =.E' facile verificare che G f è una retta del piano cartesiano �µ�. Infatti, se a = 0, la funzione f è costante, a costante

valore b; il suo grafico è costituito da tutti i punti del piano cartesiano di ordinata uguale a b, quindi è una retta parallela

all'asse Ox.

b

x

y

Se invece a ∫ 0, consideriamo due punti distinti P1 = Hx1, y1L e P2 = Hx2, y2L di G f ; per dimostrare che anche in questo

caso G f è una retta, basta far vedere che, se P = Hx, yL è un terzo punto di G f , esso è necessariamente allineato con P1 e

P2.

P1

P2

P

A B

BP=y-y1

AP2=y2-y1

x1 x2 xx

y1

y2

y

y

Per dimostrare che P è allineato con P1 e P2, si deve dimostrare che gli angoli: A P1 P2 e B P1 P sono uguali. Infatti,

poiché P1, P2 e P sono punti del grafico, per le loro coordinate si ha:

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5. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale1. Alcune semplici funzioni elementari

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Settembre 2014

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y1 = a x1 + b, y2 = a x2 + b, y = a x + b.

Sottraendo membro a membro la prima dalla terza e poi la prima dalla seconda, si ha:

5.1 (1)y - y1 = aHx - x1L e y2 - y1 = aHx2 - x1L,da cui, dividendo membro a membro (essendo a ∫ 0 si ha anche y2 - y1 ∫ 0):

5.1 (2)y-y1

y2-y1

=x-x1

x2-x1

, cioé: BP

AP2

=BP1

AP1

Questa uguaglianza dimostra che i due triangoli P1 A P2 e P1 B P sono simili, avendo uguali gli angoli in A e in B (che

sono entrambi retti) e proporzionali i lati che lo comprendono. Pertanto gli angoli A P1 P2 e B P1 P sono uguali, e questo

conclude la dimostrazione. à

Osservazione.

Le uniche rette che non possono essere rappresentate come grafico di una funzione y = f HxL sono quelle verticali, cioé

parallele all'asse Oy.

x0

P = Hx0, yL

x

y

Se x0 è l'intersezione di tale retta con l'asse Ox, un punto P = Hx, yL del piano appartiene alla retta se e solo se la sua

ascissa x coincide con x0, quindi l'equazione della retta è x = x0.

Per quanto esposto sopra, si dice che la funzione f HxL = a x + b rappresenta una retta nel piano cartesiano; il numero a si

dice coefficiente angolare della retta. Se a = 0, la retta è parallela all'asse Ox; se a ∫ 0, dalla seconda delle 5.1 (1) si ha:

a =y2-y1

x2-x1

,

dove Hx1, y1L e Hx2, y2L sono due punti distinti appartenenti alla retta. Supponendo che sia x1 < x2, il coefficiente

angolare è positivo se e solo se y2 > y1 (dunque se l'ordinata di P2 è maggiore di quella di P1), negativo in caso contrario.

Esempio 5.1 (1)

Calcolare il coefficiente angolare di ciascuna delle quattro rette rappresentate nei seguenti grafici.

Hx1, y1L = H-4, 1L; Hx2 , y2L = H3, 2L

Hx1,y1LHx2,y2L

Hx1, y1L = H2, 1L; Hx2, y2L = H3, 5L

Hx1 ,y1L

Hx2,y2L

Hx1, y1L = H-4, 3L; Hx2, y2L = H3, 1L

Hx1 ,y1LHx2 ,y2L

Hx1, y1L = H1, 4L; Hx2 , y2L = H3, -

Hx1 ,y1L

Hx2,y2

Nel primo grafico è rappresentata una retta passante per i punti P1 = H-4, 1L e P2 = H3, 2L; facendo il rapporto delle

lunghezze dei cateti del triangolo rettangolo in figura, si ha: a =1

7> 0.14; si tratta di una retta che ha una piccola

“pendenza”, a cui corrisponde un coefficiente angolare “piccolo” ma positivo: ad un incremento di 7 quadratini della x

corrisponde un incremento di 1 quadratino della y.

Nel secondo grafico i punti sono P1 = H2, 1L e P2 = H3, 5L; procedendo come prima si ha a =4

1= 4: la retta è molto più

inclinata della precedente, e il suo coefficiente angolare è più grande; ad un incremento unitario della x corrisponde

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Settembre 2014

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sempre un incremento quadruplo della y.

Nel terzo grafico nel fare il rapporto y2-y1

x2-x1

otteniamo a =-2

7, infatti il cateto minore del terzo triangolo rettangolo ha

misura (orientata) negativa: y2 - y1 = 1 - 3 = -2; dunque a =-2

7> -0.29. Il fatto che il coefficiente angolare sia

negativo significa che ad un incremento, ad esempio, di 7 quadratini della x, corrisponde un decremento di 2 quadratini

della y.

Infine, nel quarto e ultimo grafico abbiamo un coefficiente angolare negativo a =-10

5= -2.

Osservazione.

Dal significato geometrico del coefficiente angolare risulta evidente che due rette del piano sono parallele se e solo se

hanno lo stesso coefficiente angolare.

Dalla prima delle 5.1 (2) si ricava l'equazione della retta passante per due punti dati, che è appunto y-y1

y2-y1

=x-x1

x2-x1

, che si

può scrivere nella forma:

y - y1 =y2-y1

x2-x1

Hx - x1L, o anche: y =y2-y1

x2-x1

Hx - x1L + y1.

Esempio 5.1 (2)

Scrivere l'equazione della retta passante per i punti P1 = H-2, 5L e P2 = H3, -1L. Il coefficiente angolare y2-y1

x2-x1

è uguale a

y2-y1

x2-x1

=-6

5, quindi si ha: y = -

6

5Hx + 2L + 5, ossia: y = -

6

5x +

13

5.

Consideriamo ora un punto P0 = Hx0, y0L fissato; imponiamo che la retta f HxL = a x + b passi per il punto P0; ciò significa

che si deve avere f Hx0L = y0, cioé a x0 + b = y0. Ricavando b da questa espressione si ottiene: b = -a x0 + y0, e

sostituendo in f HxL si ha:

f HxL = aHx - x0L + y0.

Dunque le rette passanti per P0 hanno equazione y = aHx - x0L + y0; questa equazione si dice equazione del fascio di

rette di centro P0.

Al variare del coefficiente angolare a si ottengono tutte le rette del fascio. Naturalmente l'unica retta del piano passante

per P0 e non rappresentabile dall'equazione y = aHx - x0L + y0 è quella verticale, che ha invece equazione x = x0.

Fascio di rette di equazione:

y - y0 = aHx - x0L

x0

y0P0

Se f HxL = a x + b, si ha f H0L = b, dunque b è l'ordinata del punto di intersezione della retta con l'asse Oy. Se b = 0, cioé si

ha f HxL = a x, la retta passa per l'origine degli assi.

In particolare, le due rette y = x e y = -x sono le bisettrici del primo e terzo quadrante e del secondo e quarto quadrante.

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y = x y = -x

à Parabola

Consideriamo ora un generico polinomio di secondo grado f HxL = a x2 + b x + c, dove a, b e c sono numeri reali fissati,

con a ∫ 0. In Geometria Analitica si dimostra che il grafico di f HxL è una parabola con asse perpendicolare all'asse Ox.

Ricordiamo che una parabola è il luogo geometrico dei punti del piano equidistanti da una retta (detta direttrice) e da un

punto (fuoco). L'asse della parabola è la retta passante per il fuoco e perpendicolare alla direttrice. Il vertice della

parabola è il punto di intersezione tra l’asse e la parabola stessa.

x

y

direttrice

ass

e

Le coordinate del vertice si ricavano dalla formula:

V = J- b

2 a, -

b2-4 a c

4 aN;

la concavità della parabola è rivolta verso l'alto e verso in basso a seconda che a > 0 o a < 0.

In particolare, la funzione f HxL = x2 ha come grafico una parabola con vertice nell'origine, e concavità rivolta verso l'alto:

x

yfHxL = x2

Ricordiamo infine che, dati tre punti del piano non allineati, per essi passa una ed una sola parabola.

Esempio 5.1 (3)

Determinare l'equazione della parabola passante per i tre punti: P1 = H-2, 3L, P2 = H1, 6L, P3 = H2, 15L.Posto f HxL = a x2 + b x + c, imponendo le condizioni di passaggio per i tre punti dati, si ottiene:

f H-2L = 3

f H1L = 6

f H2L = 15

ñ

4 a - 2 b + c = 3

a + b + c = 6

4 a + 2 b + c = 15

Risolvendo (ad es. per sostituzione) il sistema di tre equazioni nelle tre incognite a, b e c, si trova: a = 2, b = 3, c = 1,

quindi la parabola richiesta è f HxL = 2 x2 + 3 x + 1.

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Settembre 2014

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à Funzioni definite “a pezzi”; funzione valore assoluto, funzione segno

Talvolta può essere necessario considerare funzioni definite con espressioni differenti in differenti insiemi; in un garage,

ad esempio, parcheggiare un'automobile può costare 60 Euro al mese se la lunghezza dell'automobile è minore o uguale a

4 metri, 100 in caso contrario. Se vogliamo esprimere il costo del parcheggio in funzione della lunghezza, dobbiamo

utilizzare una funzione definita nel modo seguente:

f HxL = 60 se x § 4

100 se x > 4

Il grafico di questa funzione è il seguente:

3 4 5 6x

60

100

y

Si noti il punto, che indica, senza possibilità di equivoco, che f H4L è uguale ad 60 e non a 100 (un'auto lunga

esattamente 4 metri paga 60 Euro al mese, e non 100!).

Un altro esempio è il seguente.

f HxL =3 se x § -1

x2 se - 1 < x < 2

-x + 6 se 2 § x

Grafico:

-4 -3 -2 -1 1 2 3x

1

2

3

4

y

Si noti che, in questo caso, il secondo ed il terzo “pezzo” della funzione, che sono una parabola ed una retta, si

raccordano “in modo continuo” nel punto x = 2, mentre vi è “una discontinuità”, cioè un “salto”, tra il primo ed il

secondo pezzo di funzione. Il punto segnato nel grafico indica che f H-1L = 3.

Ricordiamo che il valore assoluto di un numero reale x è uguale ad x stesso se x ¥ 0, mentre è uguale a -x se x < 0; il

valore assoluto di x si indica con †x§.Possiamo dunque considerare la funzione f : �Ø� definita ponendo, per ogni x œ �, f HxL = †x§. Poiché

f HxL = †x§ = x se x ¥ 0

-x se x < 0

il grafico della funzione valore assoluto coincide con quello della funzione y = x (bisettrice del primo quadrante) se

x ¥ 0, mentre coincide con quello della funzione y = -x (bisettrice del secondo quadrante) se x < 0:

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x

y

f HxL = †x§

La funzione segno di x, invece, è definita nel modo seguente:

signHxL =-1 se x < 0

0 se x = 0

1 se x > 0

Il suo grafico è il seguente.

x

y

f HxL = signHxL

à Funzione parte intera e funzione parte frazionaria

Se x è un numero reale qualsiasi, si definisce parte intera di x, il più grande numero intero minore o uguale ad x. La

parte intera di x si denota, di solito, col simbolo @xD.Ad esempio, @3.25D = 3, perché 3 è il più grande intero minore o uguale a 3.25. Analogamente: @10D = 10, @0D = 0,

@12.99D = 12 ecc. ecc.. Si noti che, per i numeri negativi si ha, ad esempio: @-5.67D = -6, perché è -6 il più grande intero

minore o uguale a -5.67.

La funzione f : �Ø� che associa ad ogni x la sua parte intera, cioé f HxL = @xD, si dice appunto funzione parte intera.

Possiamo ottenere facilmente il grafico di f osservando che, se m œ�, in tutto l'intervallo @m, m + 1@ la funzione

f HxL = @xD è costante a costante valore m; infatti, ad esempio, se x œ @3, 4@ significa che x è un numero del tipo

3. c1 c2 ∫, quindi la sua parte intera è 3.

Se ne deduce che il grafico di f è il seguente:

-3 -2 -1 1 2 3x

-3

-2

-1

1

2

3

y

Notiamo il significato dei puntini e dei cerchi nel grafico: ad esempio, in corrispondenza di x = 2 si ha f H2L = 2 e non

f H2L = 1.

Se x è un numero reale qualsiasi, si definisce parte frazionaria di x, e si denota con dxt, il numero x - @xD, cioé si pone,

per definizione, dxt = x - @xD.Ad esempio d7.61t = 7.61 - @7.61D = 7.61 - 7 = 0.61; analogamente d-5.25t = -5.25 - @-5.25D = -5.25 - H-6L = 0.75.

Dunque, in ogni intervallo del tipo @m, m + 1@, con m œ�, si ha dxt = x -m. E' quindi immediato verificare che il grafico

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della funzione parte frazionaria, è il seguente:

x

-3

-2

-1

1

2

3

y

-3 -2 -1 0 1 2 3

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5.2 Prime proprietà delle funzioni reali di una variabile reale

à Operazioni algebriche

Se f : X Ø� e g : X Ø� sono due funzioni assegnate, è possibile definirne la somma, il prodotto ed il quoziente in

modo naturale.

Definizione 5.2 (1) (Somma prodotto e quoziente di funzioni reali)

Se f : X Ø � e g : X Ø � sono due funzioni a valori reali,

1) si dice somma di f e di g, e si indica con f + g, la funzione f + g : X Ø � definita ponendo

H f + gL HxL = f HxL + gHxL;2) si dice prodotto di f per g, e si indica con f g, la funzione f g : X Ø � definita ponendo H f gL HxL = f HxL gHxL;3) se " x œ X : gHxL ∫ 0, si dice quoziente di f per g, e si indica con

f

g, la funzione

f

g: X Ø � definita ponendo

J f

gN HxL = f HxL

gHxL .

In generale, anche se è noto sia il grafico di f che quello di g, non è facile dedurre quello della somma, del prodotto o

del quoziente, salvo in alcuni casi particolari.

Somma di una funzione con una costante

Ad esempio, se g è costante a costante valore k œ �, cioé se si ha gHxL = k per ogni x œ X , allora la funzione somma di f

e di g si indica semplicemente con f HxL + k; il suo grafico si ottiene semplicemente traslando (verso l'alto se k > 0, verso

il basso se k < 0) il grafico di f .

Ampiezza

traslazione

0

f HxL

-4 -2 2x

-4

-2

2

y

Esempio 5.2 (1)

Disegnare i grafici delle funzioni:

f1HxL = signHxL + p, f2HxL = †x§ - 3.

Il grafico di f1 si ottiene traslando quello della funzione segno verso l'alto, quello di f2 si ottiene traslando quello del

valore assoluto verso il basso, quindi si ha:

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f1HxL = signHxL + p

x

y

-1 + p

p

1 + p

f2HxL = †x§ - 3

x

y

-3

3-3

Moltiplicazione per una costante.

Se g è costante a costante valore k œ �, la funzione prodotto di f per g si indica semplicemente con k f HxL; il suo grafico

si ottiene moltiplicando ogni valore di f HxL per k.

Fattore

moltiplicativo

1

f HxL

-4 -2 2x

-4

-2

2

y

Ovviamente la funzione k f HxL è identicamente nulla se k = 0, mentre, se k ∫ 0, essa si annulla (cioé interseca l'asse Ox)

nei punti in cui si annulla f HxL.In particolare, se k = -1, i grafici delle due funzioni f HxL ed - f HxL sono simmetrici rispetto all'asse Ox.

Grafici di fHxL e -fHxL

-4 -2 2x

-4

-2

2

y

à Relazione d'ordine

La relazione l'ordine § definita in � si estende in modo naturale alle funzioni.

Definizione 5.2 (2) (Relazione d'ordine tra funzioni)

Se f : X Ø � e g : X Ø � sono due funzioni reali, si pone:

1) f § g se " x œ X : f HxL § gHxL;2) f < g se " x œ X : f HxL < gHxL.

E' immediato verificare che la relazione f § g è effettivamente una relazione d'ordine nell'insieme di tutte le funzioni di

X in �, cioé verifica le seguenti tre proprietà:

1) f § f (è riflessiva)

2) se f § g e g § f , allora f = g (è antisimmetrica)

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3) se f § g e g § h, allora f § h (è transitiva).

E' anche evidente che se f § g, il grafico di f si trova tutto al di sotto di quello di g, senza escludere punti di contatto tra

i due grafici. Se invece f < g, il grafico di f si trova “strettamente” al di sotto di quello di g, cioé senza punti di contatto

tra i due grafici. Ad esempio, dalla figura seguente:

x

y

f HxL

gHxL

10

Particolarmente importante è il caso in cui una delle funzioni f o g è costante. Ad esempio, se a œ �, ed f § a, significa

che il grafico di f è tutto al di sotto della retta, parallela all'asse x, di equazione y = a.

Ad esempio, dal grafico:

-3 -2 2 3x

yfHxL = x4-13x2+36

si deduce che la disequazione biquadratica: x4 - 13 x2 + 36 § 0 è soddisfatta negli intervalli @-3, -2D e @2, 3D.

à Funzioni pari, dispari, periodiche

I grafici di alcune funzioni presentano delle simmetrie che è utile mettere in evidenza; ad esempio, una parabola di

equazione f HxL = a x2 + b è simmetrica rispetto all'asse delle y; dal punto di vista analitico, questa proprietà consiste nel

fatto che f HxL = f H-xL, cioé la funzione assume lo stesso valore nei due punti dell'asse x (simmetrici rispetto all'origine)

x e -x.

Altre funzioni possono invece avere un grafico simmetrico rispetto all'origine, nel qual caso si ha f HxL = - f H-xL. Nel

primo caso si dice che la funzione è pari, nel secondo che è dispari.

x

y

Funzione pari: f H-xL = f HxL

-x x

f HxLf H-xL

x

y

Funzione dispari: f H-xL = - f HxL

-x x

f HxL

f H-xL

Diamo dunque la seguente definizione.

Definizione 5.2 (3) (Funzione pari o dispari)

Una funzione f : X Ø � si dice pari (risp. dispari) in X , se sono verificate le seguenti due condizioni:

1°) l'insieme X è simmetrico, cioé per ogni x œ X , anche -x œ X ;

2°) per ogni x œ X si ha f H-xL = f HxL (risp. f H-xL = - f HxL).Dunque, affinché una funzione f : X Ø� sia pari o dispari, anzitutto lo stesso insieme X dev'essere simmetrico rispetto

all'origine, cioé sia x che -x devono appartenere ad X , e poi deve verificarsi che f H-xL = f HxL nel caso pari, e

f H-xL = - f HxL nel caso dispari.

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Esempio 5.2 (2)

La funzione f HxL = x6 - x4 + 1, definita in tutto �, è pari, infatti cambiando x in -x, il valore della funzione non cambia,

infatti:

f H-xL = H-xL6 - H-xL4 + 1 = x6 - x4 + 1 = f HxL.Il suo grafico è il seguente:

x

y

Esempio 5.2 (3)

La funzione f HxL = x3 - x, pure definita in tutto �, è dispari, infatti

f H-xL = H-xL3 - H-xL = -x3 + x = -Ix3 - xM = - f HxL.Il suo grafico è il seguente:

x

y

Osservazione.

Ovviamente non tutte le funzioni sono pari o dispari; ad esempio, una funzione come quella rappresentata nel seguente

grafico:

x

y

Funzione né pari né dispari

-x x

f HxLf H-xL

non è né pari né dispari in quanto f H-xL non è uguale né a f HxL né a f H-xL.Il seguente teorema precisa alcune semplici proprietà algebriche delle funzioni pari o dispari.

Teorema 5.2 (1) (Operazioni con funzioni pari o dispari)

Si ha quanto segue:

1°) la somma di due funzioni pari (risp. dispari) è una funzione pari (risp. dispari);

2°) il prodotto di una costante per una funzione pari (risp. dispari) è una funzione pari (risp. dispari);

3°) il reciproco di una funzione pari (risp. dispari) non nulla è una funzione pari (risp. dispari);

4°) il prodotto di due funzioni entrambe pari o entrambe dispari è una funzione pari; il prodotto di una funzione pari per

una dispari è una funzione dispari.

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Dimostrazione.

La dimostrazione di questo teorema è ovvia, segue infatti immediatamente dalle definizioni. à

Per quanto riguarda invece la composizione di funzioni pari o dispari, si ha quanto segue.

Teorema 5.2 (2) (Composizione di funzioni pari o dispari)

Si ha quanto segue:

1°) se f è pari, la composta g ë f è una funzione pari;

2°) se f è dispari, la composta g ë f è una funzione pari o dispari a seconda che g sia pari o dispari.

Dimostrazione.

La dimostrazione di questo teorema è molto semplice: se f è pari, allora gH f H-xLL = gH f HxLL, qualsiasi sia g, quindi g ë f

è pari; se invece f è dispari, allora

gH f H-xLL = gH- f HxLL = gH f HxLL se g è pari

-gH f HxLL se g è dispari

e il teorema è dimostrato. à

Un'altra proprietà geometrica importante del grafico di una funzione, è la periodicità, cioé il fatto che “un pezzo” del suo

grafico si ripete ad intervalli regolari, cioé “periodicamente”. Più precisamente, diamo la seguente definizione.

Definizione 5.2 (4) (Funzione periodica)

Sia f : X Ø �, una funzione di X in �; se esiste T > 0 tale che:

1°) l'insieme X è T -periodico, cioé per ogni x œ X, anche x - T œ X e x + T œ X ;

2°) per ogni x œ X si ha f Hx + TL = f HxL;allora la funzione f HxL si dice periodica di periodo T (o anche T -periodica); il numero T si dice periodo della

funzione f HxL.Osservazione.

Il primo punto della definizione precedente significa che, affinché una funzione f : X Ø� sia T -periodica, anzitutto

l'insieme X deve “ritornare identico a se stesso” dopo una traslazione a destra o a sinistra pari a T , e, inoltre (questo è

invece il significato del secondo punto), la funzione f HxL deve assumere lo stesso valore in x e in x + T per qualsiasi

x œ X .

Esempio 5.2 (4)

L'esempio più semplice di funzione periodica è costituito dalle funzioni costanti: ovviamente una funzione costante a

costante valore k è periodica di periodo T per qualsiasi T > 0.

Esempio 5.2 (5)

Un semplice esempio di funzione periodica di periodo 1 che già conosciamo è la funzione f HxL parte frazionaria di x, che

è definita in tutto � ponendo f HxL = x - @xD e, come abbiamo visto, ha il seguente grafico:

x

-3

-2

-1

1

2

3

y

-3 -2 -1 0 1 2 3

Per verificare che f HxL = x - @xD è una funzione 1 -periodica, basta osservare che, per definizione di parte intera, si ha

@x + 1D = @xD + 1, e quindi: f Hx + 1L = x + 1 - @x + 1D = x + 1 - H@xD + 1L = x - @xD = f HxL.Esempio 5.2 (6)

Non abbiamo ancora introdotto le funzioni trigonometriche, tuttavia anticipiamo che, ad esempio, le funzioni sin x e cos x

sono periodiche di periodo 2 p, infatti, intanto sono definite su tutto �, quindi la 1° condizione della definizione

precedente è certamente soddisfatta; inoltre, come sappiamo dalla definizione di seno e coseno, si ha sin x = sinHx + 2 pLe cos x = cosHx + 2 pL. I grafici sono i seguenti.

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-2 p -3 p

2 -p

2-p p

p

2

3 p

22 p

x

-1

1

y

Esempio 5.2 (7)

La funzione tg x è invece periodica di periodo p: infatti, intanto il suo insieme di definizione è

X = 9x œ � x ∫p

2+ k p, con k œ�= ,

e, come è facile verificare, tale insieme è invariante per traslazioni di ampiezza p; inoltre dalla trigonometria sappiamo

che tgHx + pL = tg x. Il grafico di questa funzione è il seguente:

-2 p -3 p

2 -p

2-p p

p

2

3 p

22 p

x

y

Sulle funzioni trigonometriche torneremo in seguito. Osserviamo che esistono molte altre funzioni periodiche, oltre a

quelle trigonometriche, e, come abbiamo già visto per la funzione parte frazionaria, non è detto che il loro periodo abbia

a che fare col numero p. Un altro esempio è illustrato nel seguente grafico:

Ampiezza

traslazione

0

Come si vede, si tratta di una funzione definita non in tutto �, ma solo nell'insieme indicato in nero. Tale insieme, così

come il grafico della nostra funzione, è invariante per traslazioni di ampiezza pari a 2.

Osservazione.

E' facile vedere che, se una certa funzione f HxL è periodica di periodo T , allora è anche periodica di periodo pari a un

qualsiasi multiplo di T ; ad esempio, la funzione sin x è 2 p -periodica, ma è anche 4 p -periodica, infatti, ovviamente,

sinHx + 4 pL = sinHx + 2 p + 2 pL = sinHx + 2 pL = sin x.

Quando si parla del periodo di una funzione, si intende, di solito, il periodo minimo di tale funzione. Più precisamente, si

dà la seguente definizione.

Definizione 5.2 (5) (Periodo minimo)

Sia f : X Ø � una funzione periodica, e sia A l'insieme numerico di tutti i suoi periodi, cioé:

A = 9 T > 0 f è T - periodica =. Se tale insieme è dotato del più piccolo elemento, esso si dice periodo minimo di f HxL.Ad esempio, se f HxL = sin x, l'insieme A è formato da tutti i multipli di 2 p, cioé:

A = 82 n p n œ �*<.

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Chiaramente il più piccolo elemento di tale insieme è 2 p, e questo è il periodo minimo della funzione sin x.

Osservazione.

E' bene osservare che non tutte le funzioni periodiche hanno un periodo minimo. L'esempio più semplice è dato dalle

funzioni costanti: la funzione costante f HxL = k è periodica di qualsiasi periodo T , quindi l'insieme A di tutti i suoi

periodi non è altro che l'intervallo D 0, +¶@; tale insieme non è dotato del più piccolo elemento, quindi una funzione

costante, pur essendo periodica, non è dotata di periodo minimo.

Due semplici teoremi sulle funzioni periodiche sono i seguenti.

Teorema 5.2 (3) (Operazioni con funzioni periodiche)

La somma, il prodotto ed il quoziente di due funzioni T -periodiche è una funzione T -periodica.

Dimostrazione.

La dimostrazione segue immediatamente dalla definizione. à

Teorema 5.2 (4) (Composizione di funzioni periodiche)

Se f è T -periodica, la composta g ë f è una funzione T -periodica.

Dimostrazione.

La dimostrazione segue immediatamente dalla definizione. à

Esempio 5.2 (8)

Le funzioni sin x e cos x sono entrambe 2 p -periodiche, pertanto sin x + cos x è 2 p -periodica.

La funzione sin x è 2 p -periodica, la funzione tg x è p -periodica, ma può essere anche considerata come

2 p -periodica. Pertanto la funzione sin x + tg x è 2 p -periodica.

Esempio 5.2 (9)

Abbiamo visto che la funzione f HxL = x - @xD, cioé la parte frazionaria di x è una funzione 1 -periodica; allora la

funzione hHxL = Hx - @xDL2 è 1 -periodica, dato che essa è la composta di xØf

y = x - @xD con la funzione yØg

y2.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

5. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale2. Prime proprietà delle funzioni reali di una variabile reale

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Settembre 2014

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5.3 Funzioni monotone

à Definizioni

Consideriamo una funzione f : X � avente il seguente grafico:

x1 x2

x

f Hx1L

f Hx2L

y

Se prendiamo due valori della variabile indipendente x1 ed x2, con x1 < x2, e confrontiamo i corrispondenti valori f Hx1Led f Hx2L, notiamo che f @Hx1L < f Hx2L, e questo accade per ogni scelta di x1 ed x2, purché sia x1 < x2. Dunque, se diamo

ad x valori via via più grandi, aumentano corrispondentemente i valori assunti da f HxL. In tale situazione si dice che f è

strettamente crescente in X .

Esercizio 5.3 (1)

Nel seguente grafico, verificare che, comunque si prenda la coppia x1, x2 sull'asse x, con x1 < x2, si ha sempre

f Hx1L < f Hx2L, quindi la funzione f HxL è strettamente crescente.

Soluzione.

x

y

x1

f Hx1L

f Hx2L

x2

f Hx1L<f Hx2L

Esercizio 5.3 (2)

Verificare che, per la funzione seguente, non è vero che, comunque si prenda la coppia x1, x2 sull'asse x, si ha sempre

f Hx1L < f Hx2L, cioé esistono delle eccezioni a questa situazione. Non possiamo quindi affermare che la funzione f HxLdata sia strettamente crescente.

Soluzione.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

5. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale3. Funzioni monotone

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Settembre 2014

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x

y

x1

f Hx1L

f Hx2L

x2

x1 < x2 ï f Hx1L < f Hx2L

Analoghe considerazioni conducono alla nozione di funzione strettamente decrescente. Possiamo pertanto dare la

seguente definizione.

Definizione 5.3 (1) (Funzioni strettamente crescenti (decrescenti))

Una funzione f : X Ø � si dice strettamente crescente (risp. strettamente decrescente) in X , se, per ogni x1 e x2 œ X ,

con x1 < x2, risulta f Hx1L < f Hx2L (risp. f Hx1L > f Hx2L).In generale una funzione può essere strettamente crescente in un certo intervallo del suo insieme di partenza, e

strettamente decrescente in un altro. Ad esempio, la funzione f HxL = 1 - x2, il cui grafico è il seguente:

x

y

è strettamente crescente nell' intervallo D -¶, 0D, e strettamente decrescente nell' intervallo @0, +¶@.Talvolta può capitare che una funzione non sia proprio strettamente crescente, ma abbia dei tratti “pianeggianti”:

1 2 3x

1

2

y

Se prendiamo x1 e x2, con x1 < x2 nella zona “pianeggiante”, si ha f Hx1L = f Hx2L. Dunque, se prendiamo x1 e x2

arbitrariamente in X , (ma sempre con x1 < x2), è verificata solo la condizione più debole f Hx1L § f Hx2L. Funzioni di

questo tipo si dicono crescenti. In modo analogo si introduce la nozione di funzione decrescente.

Definizione 5.3 (2) (Funzioni crescenti (decrescenti))

Una funzione f : X Ø � si dice crescente (risp. decrescente) in X , se, per ogni x1 e x2 œ X , con x1 < x2, risulta

f Hx1L § f Hx2L (risp. f Hx1L ¥ f Hx2L).Diamo infine la seguente definizione:

Definizione 5.3 (3) (Funzioni monotone e strettamente monotone)

Una funzione strettamente crescente o strettamente decrescente si dice strettamente monotona. Una funzione crescente

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

5. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale3. Funzioni monotone

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Settembre 2014

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o decrescente si dice monotona.

à Proprietà delle funzioni monotone

Nel seguente teorema sono elencate alcune proprietà delle funzioni monotone per quanto riguarda somma, prodotto e

quoziente.

Teorema 5.3 (1) (Somma, prodotto e reciproco di funzioni strettamente monotone)

Siano f : X � e g : X � due funzioni strettamente crescenti (risp. strettamente decrescenti). Allora:

1°) la somma f + g è strettamente crescente (risp. strettamente decrescente);

2°) se f > 0 e g > 0, il loro prodotto f g è strettamente crescente (risp. strettamente decrescente);

3°) la funzione - f è strettamente decrescente (risp. strettamente crescente);

4°) se f > 0 oppure f < 0, allora 1

f è strettamente decrescente (risp. strettamente crescente).

Dimostrazione.

Supponiamo, per fissare le idee, che f e g siano strettamente crescenti (se sono strettamente decrescenti la dimostrazione

è analoga). Siano x1, x2 œ X , con x1 < x2; poiché f e g sono strettamente crescenti, si ha che:

5.3 (1)f Hx1L < f Hx2L e gHx1L < gHx2L.Da ciò segue immediatamente che:

1°) f Hx1L + gHx1L < f Hx2L + gHx2L, pertanto f + g è strettamente crescente.

2°) Sempre dalla 5.3 (1) si ha che, se f > 0 e g > 0, moltiplicando membro a membro si ha f Hx1L gHx1L < f Hx2L gHx2L,pertanto anche f HxL gHxL è strettamente crescente.

3°) E' ovvia in quanto f Hx1L < f Hx2L implica che - f Hx2L < - f Hx1L.4°) Se f > 0 oppure f < 0, i due numeri f Hx1L ed f Hx2L sono entrambe positivi oppure entrambe negativi, pertanto, da

f Hx1L < f Hx2L, passando ai reciproci, si ha 1

f Hx2L <1

f Hx1L . à

Osservazione.

Il teorema precedente può essere esteso alle funzioni monotone non strettamente; ad esempio, la somma di due funzioni

crescenti è crescente. Si può anche precisare che affinché tale somma sia strettamente crescnte, basta che una sola delle

due funzioni lo sia.

Osservazioni analoghe possono essere fatte per gli altri punti.

Osservazione.

Ovviamente la differenza o il quoziente di due funzioni ad esempio strettamente crescenti non è, in generale, monotona;

ad esempio le due funzioni f HxL = x e gHxL = x2 sono strettamente crescenti nell'intervallo @0 +¶@, ma la loro differenza

x - x2 non è monotona in tale intervallo.

Vediamo ora cosa si può dire per quanto riguarda la composizione di funzioni monotone.

Teorema 5.3 (2) (Composizione di funzioni strettamente monotone)

Siano f : X Ø Y e g : Y Ø� due funzioni. Allora:

1°) se esse sono entrambe strettamente crescenti o strettamente decrescenti, la funzione composta gH f HxLL è strettamente

crescente;2°) se f è strettamente crescente e g è strettamente decrescente o viceversa, allora la funzione composta gH f HxLL è

strettamente decrescente.

Dimostrazione.

1°) Supponiamo ad esempio che entrambe le funzioni siano strettamente decrescenti; per dimostrare che gH f HxLL è

strettamente crescente, fissiamo x1 ed x2 œ X , con x1 < x2. Si ha allora:

f Hx2L < f Hx1L ï gH f Hx2LL > gH f Hx1LL ó gH f Hx1LL < gH f Hx2LL.2°) è analoga. à

Si ha infine il seguente teorema.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

5. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale3. Funzioni monotone

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Settembre 2014

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Teorema 5.3 (3) (Ingettività delle funzioni strettamente monotone)

Una funzione strettamente monotona è ingettiva, e pertanto invertibile; inoltre la sua inversa ha lo stesso tipo di

monotonia.

Dimostrazione.

Sia f : X Ø� una funzione strettamente monotona, ad esempio strettamente crescente; è ovvio che essa è ingettiva e

quindi invertibile; resta da dimostrare che la sua inversa f -1 : f HX LØ X è pure strettamente crescente; a tale scopo,

siano y1 e y2 due elementi di f HX L, con y1 < y2; esistono allora x1 e x2 œ X tali che y1 = f Hx1L e y2 = f Hx1L; poiché

stiamo supponendo y1 < y2 ed f HxL strettamente crescente, dovrà essere necessariamente x1 < x2 (in caso contrario si

avrebbe infatti y2 § y1). Ma allora:

f -1Hy1L = x1 < x2 = f -1Hy2L,e questo dimostra che f -1 è strettamente crescente. à

à Esercizi

Esercizio 5.3 (3)

Utilizzando la definizione di funzione strettamente crescente, dimostrare che la funzione f HxL = 3 x - 2 è strettamente

crescente.

Soluzione.

Basta osservare che x1 < x2 fl 3 x1 < 3 x2 fl 3 x1 - 2 < 3 x2 - 2.

Esercizio 5.3 (4)

Una certa funzione f HxL è definita in �\80<, ed è strettamente crescente sia nell'intervallo D -¶, 0@ che nell'intervallo

D 0, +¶@; possiamo dire che è strettamente crescente in tutto �\80<?Soluzione.

In generale no, infatti, ad esempio, la funzione seguente:

x

y

x1

x2

è strettamente crescente sia in D -¶, 0@ che in D 0, +¶@, ma non lo è in tutto �\80<; ad esempio, prendendo x1 e x2 come

in figura, si ha f Hx1L > f Hx2L.Esercizio 5.3 (5)

Sia f : X Ø� una funzione strettamente crescente; dimostrare che, se k è un numero reale strettamente positivo, allora

k f HxL è strettamente crescente, mentre, se k è un numero reale strettamente negativo, k f HxL è una funzione strettamente

decrescente.

Soluzione.

Segue immediatamente dalle proprietà delle diseguaglianze.

Esercizio 5.3 (6)

Sia f : @0, 2DØ @0, 3D la funzione così definita:

f HxL = x se 0 § x § 1

4 - x se 1 < x § 2

Disegnare il grafico di f HxL e dire se è crescente, decrescente.

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Soluzione.

Si tratta di una funzione definita a pezzi; il suo grafico è:

1 2x

y

e non è né crecente né decrescente in @0, 2D.

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Settembre 2014

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5.4 Estremi di funzioni

Nella sezione 3.5 abbiamo studiato le nozioni di minimo e di massimo di un insieme numerico, e quelle di estremo

inferiore o superiore sempre di un insieme numerico. Definiremo ora analoghi concetti con riferimento alle funzioni; ad

esempio il minimo o il massimo di una funzione non è altro che il minimo o il massimo del suo codominio (ammesso che

esista), e analogamente per quanto riguarda gli estremi.

à Maggioranti e minoranti di una funzione

Diamo la seguente definizione.

Definizione 5.4 (1) (Minoranti, maggioranti, funzioni limitate)

Un numero k œ � si dice un minorante (risp. un maggiorante) per una funzione f : X Ø �, se esso è un minorante

(risp. un maggiorante) per f HX L, cioé se, per ogni x œ X , si ha k § f HxL (risp. f HxL ¥ k).

Una funzione dotata di minoranti (risp. di maggioranti) si dice limitata inferiormente (risp. superiormente). In caso

contrario si dice illimitata inferiormente (risp. superiormente).

Una funzione limitata sia inferiormente che superiormente, si dice limitata. Una funzione illimitata sia inferiormente

che superiormente, si dice illimitata.

Esempio 5.4 (1)

La funzione f HxL = x2 + 3, definita in �, è dotata di minoranti, infatti per ogni x œ� si ha f HxL ¥ 3, pertanto il numero 3

è un minorante per f HxL. Questa funzione non è invece dotata di maggioranti.

Osservazione.

Ovviamente, se un certo numero k œ � è un minorante per una data funzione, anche tutti i numeri minori di k sono pure

minoranti della stessa funzione; la stessa osservazione vale per i maggioranti.

Osservazione.

Dal punto di vista geometrico, dire che k œ � è un minorante (risp. un maggiorante) per la funzione f : X Ø�, significa

dire che il grafico di f è tutto al di sopra (risp. al di sotto) della retta di equazione y = k.

k

x

y

k non è un minorante o un maggiorante

k

Osservazione.

Osserviamo infine che le nozioni di minorante, maggiorante, funzione limitata ecc. dipendono in modo essenziale

dall'insieme di partenza della funzione che si considera. Ad esempio, la funzione f HxL = 1

x è illimitata superiormente

nell'insieme X =D 0, +¶@, ma è invece limitata superiormente nell'insieme X = @1, +¶@.

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Settembre 2014

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1x

k

y

fHxL =1

x

X=@1,+¶@

à Massimo e minimo di una funzione

Diamo la seguente definizione.

Definizione 5.4 (2) (Minimo e massimo di una funzione, punto di minimo e punto di massimo)

Sia f : X Ø � una funzione definita in X a valori in �. Se esiste il minimo (risp. il massimo) elemento del codominio

f HX L di f , esso si dice minimo (risp. massimo) di f in X , e si indica con:

minxœX

f HxL (risp. con maxxœX

f HxL).In altri termini, un numero m œ � (risp. M œ �) si dice minimo (risp. massimo) di f in X se esiste x0 œ X tale che

m = f Hx0L e per ogni x œ X si abbia m = f Hx0L § f HxL (risp. M = f Hx0L e per ogni x œ X si abbia f HxL § f Hx0L = M .

Infine, un punto x0 œ X tale che

f Hx0L = minxœX

f HxL (risp. f Hx0L = maxxœX

f HxL),si dice punto di minimo (risp. punto di massimo).

Osservazione.

Ovviamente il minimo ed il massimo di una funzione, se esistono, sono unici, mentre non sono necessariamente unici i

punti di minimo o di massimo, come si vede nella seguente figura.

k

x

k

Per alcune funzioni vi possono essere anche infiniti punti di minimo e/o di massimo. Ad esempio, la funzione parte

frazionaria di x, cioé f HxL = x - @xD ha infiniti punti di minimo:

x

-3

-2

-1

1

2

3

y

-3 -2 -1 0 1 2 3

Una funzione f : X Ø� non è necessariamente dotata di minimo e/o di massimo; ciò può accadere perché la funzione è

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

5. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale4. Estremi di funzioni

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Settembre 2014

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illimitata inferiormente e/o superiormente, il che significa, per definizione, che il suo codominio f HX L è illimitato

inferiormente e/o superiormente. In tal caso, come sappiamo, non esiste il minimo e/o il massimo di f HX L.Può anche accadere che una funzione, pur essendo limitata, non sia dotata di minimo e/o di massimo.

Ad esempio, la funzione rappresentata nella seguente figura:

x

-1

1

y

è definita in tutto �, ed ha come codominio l'intervallo aperto D - 1, 1@; tale codominio non è dotato né di minimo nè di

massimo, quindi anche la funzione data non è dotata né di minimo né di massimo in �.

Anche la funzione rappresentata nella seguente figura è limitata, ma non ammette né minimo né massimo:

x

y

1

3

4

6

Il motivo è che tale funzione ha come codominio l'insieme f HX L =D 1, 3D ‹ @4, 6@, che non è dotato né di minimo né di

massimo.

à Estremo inferiore e superiore di una funzione

Come per le nozioni di minorante e maggiorante, di minimo e di massimo, possimo introdurre la nozione di estremo

inferiore o superiore di una funzione facendo riferimento al suo codominio.

Definizione 5.4 (3) (Estremo inferiore e superiore di una funzione)

Sia f : X Ø � una funzione definita in X a valori in �; si dice estremo inferiore (risp. estremo superiore) di f in X ,

l'estremo inferiore (risp. l'estremo superiore) del suo codominio f HX L. Esso si indica con

infxœX

f HxL (risp. con supxœX

f HxL).

Osservazione.

A differenza del minimo e del massimo, una funzione f HxL è sempre dotata di estremo inferiore e superiore; se f HxL è

illimitata inferiormente, il suo estremo inferiore è -¶, se è illimitata superiormente, il suo estremo superiore è +¶.

Esempio 5.4 (2)

La funzione

x

-1

1

y

ha come codominio l'intervallo f H�L =D - 1, 1@, quindi:

infxœ�

f HxL = -1, supxœ�

f HxL = -1.

Esempio 5.4 (3)

La funzione

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5. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale4. Estremi di funzioni

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Settembre 2014

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x

y

1

3

4

6

ha come codominio l'insieme f HX L =D 1, 3D ‹ @4, 6@, quindi:

infxœX

f HxL = 1, supxœX

f HxL = 6.

Esempio 5.4 (4)

La funzione f HxL = x2 + 1 (una parabola) ha come codominio l'intervallo f H�L = @1, +¶@, quindi:

infxœ�

f HxL = 1, supxœ�

f HxL = +¶.

Osservazione.

Esattamente come per gli insiemi numerici si ha che:

- se la funzione f : X Ø� è dotata di minimo (risp. di massimo), allora:

minxœ X

f HxL = infxœ X

f HxL (risp. maxxœ X

f HxL = supxœ X

f HxL).- la funzione f : X Ø� è dotata di minimo (risp. di massimo) se e solo se:

infxœ X

f HxL œ f HX L (risp. supxœ X

f HxL œ f HX L).Ricordiamo ora le proprietà caratteristiche dell'estremo inferiore (superiore) di un insieme numerico:

se Y Õ � e l œ�, allora:

l = inf Y se e solo se 1 °L l § y per ogni y œ Y

2 °L per ogni a œ�, con l < a, esiste y œ Y tale che y < a

Analogamente:

l = sup Y se e solo se 1 °L y § l per ogni y œ Y

2 °L per ogni a œ�, con a < l, esiste y œ Y tale che a < y

Come per gli insiemi numerici, anche per le funzioni possiamo enunciare delle proprietà caratteristiche che ci

consentono di dimostrare che un certo l œ � è l'estremo inferiore o superiore di una data funzione.

Si ha infatti il seguente teorema.

Teorema 5.4 (1) (Proprietà caratteristiche dell'estremo inferiore e superiore di una funzione)

Sia f : X Ø� una funzione definita in X a valori in �, e sia l œ�. Allora le seguenti due proposizioni sono equivalenti:

a) l = infxœX

f HxLb)

1 °L l § f HxL per ogni x œ X

2 °L per ogni a œ �, con l < a, esiste x œ X tale che f HxL < aAnalogamente sono equivalenti le seguenti due proposizioni:

a) l = supxœX

f HxL

b) 1 °L f HxL § l per ogni x œ X

2 °L per ogni a œ �, con l < a, esiste x œ X tale che a < f HxLDimostrazione.

Dimostriamo solo la parte relativa all'estremo inferiore, essendo l'altra analoga. Si ha, ricordando la definizione di

codominio, e le proprietà caratteristiche dell'estremo inferiore di un insieme numerico:

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5. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale4. Estremi di funzioni

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Settembre 2014

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aL ñ l= infxœ X

f HxL ñ l= inf f HX L ñ1 °L l § y per ogni y œ f HX L2 °L per ogni a œ �, con l < a, esiste y œ f HX L tale che y < a

ñ

ñ1 °L l § f HxL per ogni x œ X

2 °L per ogni a œ�, con l < a, esiste x œ X tale che f HxL < a ñ bL,e con questa catena di equivalenze il teorema è dimostrato. à

Osservazione.

Le proprietà caratteristiche dell'estremo inferiore ci dicono che un certo l œ � è l'estremo inferiore di f HxL se e solo se:

1°) l è un minorante di f HxL;2°) se a è un numero maggiore di l, è possibile trovare un valore della funzione minore di a.

Analogamente, un certo l œ � è l'estremo superiore di f HxL se e solo se:

1°) l è un maggiorante di f HxL;2°) se a è un numero minore di l, è possibile trovare un valore della funzione maggiore di a.

Vediamo ora di illustrare il significato e l'utilizzo delle proprietà caratteristiche dell'estremo inferiore e superiore di una

funzione mediante i seguenti esempi.

Esempio 5.4 (5)

Verificare che

infxœ�

x2+2

x2+1= 1.

Dobbiamo utilizzare le proprietà caratteristiche dell'estremo inferiore di una funzione. Anzitutto dobbiamo far vedere

che 1 è un minorante della funzione, cioé che:

per ogni x œ �, si ha 1 §x2+2

x2+1.

Infatti basta risolvere la disequazione:

1 §x2+2

x2+1 ñ x2 + 1 § x2 + 2 ñ 1 § 2,

e si vede che essa è soddisfatta per ogni x œ �, e quindi la prima proprietà è soddisfatta. Per verificare la seconda,

prendiamo un numero a > 1, e cerchiamo di risolvere la disequazione:

x2+2

x2+1< a;

se essa è soddisfatta per almeno un x œ �, anche la seconda proprietà è soddisfatta.

In effetti si ha:

x2+2

x2+1< a ñ x2 + 2 < a x2 + a ñ 2 - a < Ha - 1L x2

H∗L x2 >

2-a

a-1

(l'implicazione H*L è giustificata dal fatto che a > 1). Risolviamo ora l'ultima disequazione x2 >2-a

a-1; si ha evidentemente:

x2 >2-a

a-1 ñ

x œ� se 2 - a < 0, cioé se a > 2

x œ�\80< se 2 - a = 0, cioé se a = 2

†x§ > 2-a

a-1se 2 - a > 0, cioé se a < 2

In tutti i casi essa ammette almeno una soluzione (in effetti infinite soluzioni), quindi anche la seconda proprietà è

verificata.

Grafico

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

5. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale4. Estremi di funzioni

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Settembre 2014

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a

x

f HxL < a per valori esterni a x1, x2

a

1

2

x1x2

Vogliamo ora esporre un esempio leggermente più complicato.

Esempio 5.4 (6)

Verificare che

infxœ@1,+¶@

I1 - x

x+1cos2 xM = 0.

Anche in questo caso adoperiamo le proprietà caratteristiche dell'estremo inferiore; la prima proprietà dice che, per ogni

x œ @1, +¶@, si deve avere:

1 -x

x+1cos2 x ¥ 0.

In effetti, per ogni x œ @1, +¶@, si ha:

1 -x

x+1cos2 x ¥ 0 ñ

x

x+1cos2 x § 1 ñ

H*Lcos2 x §

x+1

x= 1 +

1

x

(l'implicazione H*L è giustificata dal fatto che, per x ¥ 1, x

x+1 è strettamente positivo).

Ora, l'ultima disequazione a cui siamo arrivati, cioé cos2 x § 1 +1

x, è certamente soddisfatta in @1, +¶@, e dunque la

prima proprietà caratteristica dell'estremo inferiore è soddisfatta.

Per quanto riguarda la seconda proprietà, prendiamo un numero a > 0, e cerchiamo di risolvere la disequazione:

1 -x

x+1cos2 x < a.

Se essa ammette almeno una soluzione x0 œ @1, +¶@, anche la seconda proprietà caratteristica dell'estremo inferiore è

soddisfatta.

Tale disequazione equivale a:

1 -x

x+1cos2 x < a ñ

x

x+1cos2 x > 1 - a ñ

H*Lcos2 x > H1 - aL x+1

x.

(Anche questa volta l'implicazione H*L è giustificata dal fatto che, per x ¥ 1, x

x+1 è strettamente positivo).

La disequazione a cui siamo arrivati, cioé cos2 x > H1 - aL x+1

x, non può essere risolta esplicitamente, in quanto è una

disequazione trascendente, e, in più, contiene anche il parametro α. A noi tuttavia, non interessa risolvere esplicitamente

tale disequazione, ma solo dimostrare che ha almeno una soluzione x0 œ @1, +¶@; ora, poiché il massimo valore assunto

da cos2 x è uno, ed esso è assunto in tutti i punti del tipo xn = n p, è naturale cercare di vedere se in uno di tali punti la

nostra disequazione è soddisfatta.

In effetti, sostituendo xn = n p nella disequazione, si ha:

cos2Hn pL > H1 - aL n p+1

n pñ 1 > H1 - aL I1 + 1

n pM ñ 0 > -a +

1-a

n pñ n >

1-a

a p.

Ora, l'ultima disequazione, cioé n >1-a

p a, è certamente soddisfatta pur di prendere n œ � sufficientemente grande, e ciò

basta a dire che anche la seconda proprietà caratteristica dell'estremo inferiore è soddisfatta.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

5. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale4. Estremi di funzioni

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Settembre 2014

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Il ragionamento fatto è illustrato nella seguente figura.

a

x

f HxL < a almeno nel punto xn

a

1

xn

Vediamo infine un ultimo esempio sull'utilizzo delle proprietà caratteristiche dell'estremo superiore.

Esempio 5.4 (7)

Verificare che

supxœD 1,+¶@

x-3 x +2

1- x= 1.

Per verificare la prima proprietà caratteristica dell'estremo superiore dobbiamo verificare che 1 è un maggiorante della

funzione data nell'intervallo D 1, +¶@, cioé che, per ogni x œD 1, +¶@, si ha:

x-3 x +2

1- x§ 1.

Risolviamo infatti tale disequazione; osservando che x - 3 x + 2 = I x - 1M I x - 2M, si ha:

x-3 x +2

1- x§ 1 ñ

J x -1N J x -2N1- x

§ 1 ñ 2 - x § 1 ñ 1 § x ,

quindi la disequazione data è soddisfatta per ogni x œD 1, +¶@.Verifichiamo ora la seconda proprietà caratteristica dell'estremo superiore. A tale scopo, prendiamo un a < 1; dobbiamo

dimostrare che la disequazione

x - 3 x + 2

1 - x

> a

ammette almeno una soluzione x0 œD 1, +¶@.In effetti, risolvendo tale disequazione si ha:

x-3 x +2

1- x> a ñ

J x -1N J x -2N1- x

> a ñ 2 - x > a ñ x < 2 - a.

Ora, l'ultima disequazione, cioé x < 2 - a, è soddisfatta per x œ B0, I2 - aM2A, e poiché H2 - aL2 > 1, la disequazione

data, cioé x-3 x +2

1- x> a ammette soluzioni nell'intervallo D 1, +¶@.

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5. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale4. Estremi di funzioni

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a

x

f HxL > a nell'intervallo D1, H2-aL2@

a

1

1 H2-aL2

à Esercizi

Esercizio 5.4 (1)

Verificare che

infxœ�

x2+3

x2+1= 1; inf

xœ�

x2+1

3 x2+1=

1

3; sup

xœ�

2 x2+1

3 x2+2=

2

3; sup

xœ�

x2+1

x2+5= 1.

Soluzione.

Si procede verificando le proprietà caratteristiche.

Esercizio 5.4 (2)

Verificare che gli estremi inferiori e superiori dell'esercizio precedente non sono anche minimi o massimi.

Soluzione.

Se, ad esempio, fosse minxœ�J x2+3

x2+1N = 1, l'equazione

x2+3

x2+1= 1 dovrebbe ammettere almeno una soluzione in �...

Esercizio 5.4 (3)

Verificare, adoperando le proprietà caratteristiche dell'estremo inferiore, che:

infxœ�

Ix2 - 2 xM = -1

(Si osservi che -1 è anche il minimo della funzione data).

Soluzione.

Verificando la prima proprietà caratteristica dell'estremo inferiore, cioé x2 - 2 x ¥ 1, si troverà che l'equazione

x2 - 2 x = 1 è soddisfatta per un certo x œ �, quindi 1 è il minimo ed anche l'estremo inferiore.

Esercizio 5.4 (4)

Consideriamo ora una funzione definita nel modo seguente: suddividiamo l'intervallo @0, +¶@ negli infiniti intervalli a

due a due disgiunti @0, 1@‹@1, 2@‹2, 3@ ∫, e sia f : @0, +¶@Ø� così definita:

f HxL = 1 negli intervalli @2 n, 2 n + 1@, con n œ �1

xnegli intervalli @2 n + 1, 2 n + 2@, con n œ �

In altri termini, la funzione f è definita in due modi diversi a seconda che ci si trovi in intervalli con primo estremo pari

o con primo estremo dispari. Negli intervalli con primo estremo pari f è costante a costante valore 1, negli altri essa è un

arco di iperbole.

Il suo grafico è il seguente.

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5. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale4. Estremi di funzioni

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Settembre 2014

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1 2 3 4 5 6 7 8 9 10x

1

Verificare che:

infxœ @0,+¶@

f HxL = 0.

Soluzione.

E' immediato verificare che f HxL ¥ 0; se poi a œ �, con a > 0, basta verificare che la disequazione f HxL < a è soddisfatta

per almeno in x œ @0, +¶@. Per trovare questo x, si può provare a calcolare f HxL in xn = 2 n + 1: si ha:

f HxnL = 1

xn

=1

2 n+1; basterà quindi prendere n abbastanza grande da avere

1

2 n+1< a.

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5. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale4. Estremi di funzioni

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Settembre 2014

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6 Le funzioni elementari

In questo capitolo introdurremo le principali funzioni elementari e ne studieremo le proprietà. Poiché tutte le funzioni

sono ottenute combinando in vari modi quelle elementari, è ovvio che la conoscenza sicura e approfondita degli

argomenti di questo capitolo è indispensabile per la comprensione di tutto il seguito, e, in particolare per lo svolgimento

di ogni tipo di esercizi.

6.1 Potenza n-esima e radice n-esima

à Potenza n-esima

Ricordiamo che, se n è un intero naturale, ed x un numero reale qualsiasi, si dice potenza n -esima di x, e si denota con

xn, il numero che si ottiene moltiplicando x per se stesso n volte.

Dagli assiomi dei numeri reali, ed in particolare dalle proprietà di compatibilità tra la relazione d'ordine e la

moltiplicazione (cfr. Cap. 3), si ha quanto segue.

Teorema 6.1 (1) (Proprietà delle potenze n-esime)

1°) " n œ �* : 0 < a < bfl an < bn

2°) " n œ �* : a < b < 0flan < bn se n è dispari

bn < an se n è pari

Dimostrazione.

1°) Il fatto che l'implicazione 0 < a < bfl an < bn sia vera per ogni n œ �* si può dimostrare per induzione su n: infatti,

essa è ovviamente vera per n = 1; se poi è vera per un certo n, allora è vera anche per l'intero successivo, infatti basta

moltiplicare membro a membro (cfr. Cap. 3) le due diseguaglianze an < bn (vera per l'ipotesi induttiva) e a < b.

2°) In questo caso basta osservare che, se n œ �*, e se a < b < 0, si ha ovviamente 0 < -b < -a, e quindi, per la 1°),

H-bLn < H-aLn. A questo punto, se n è pari, si ha H-bLn < H-aLn ñ bn < an, se invece n è dispari, si ha

H-bLn < H-aLn ñ-bn < -an ñ an < bn. à

Osservazione.

Si ha anche, immediatamente, che:

se n è pari, allora " x œ � : xn ¥ 0;

se n è dispari, allora " x œ � : x > 0fl xn > 0, x < 0fl xn < 0.

E' ora possibile dare la seguente definizione.

Definizione 6.1 (1) (Potenza n-esima)

Se n œ � *, si dice funzione potenza n -esima la funzione f : � Ø � definita ponendo, per ogni x œ �, f HxL = xn.

Raccogliamo nel seguente teorema le principali proprietà della funzione potenza n -esima.

Teorema 6.1 (2) (Proprietà della funzione potenza n-esima)

La funzione potenza n -esima:

1°) è pari per n pari e dispari per n dispari;

2°) se n è pari è strettamente crescente in @0, +¶@ e strettamente decrescente in D -¶, 0D;3°) se n è dispari è strettamente crescente in tutto �;

4°) se n è pari il suo codominio è @0, +¶@;5°) se n è dispari il suo codominio è �.

Dimostrazione.

Dalle proprietà delle potenze si ha immediatamente H-xLn = xn se n è pari, mentre H-xLn = -xn se n è dispari, da cui la

1°).

Le proprietà di monotonia 2°) e 3°) seguono immediatamente dal teorema precedente.

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6. Le funzioni elementari1. Potenza n-esima e radice n-esima

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Settembre 2014

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Per dimostrare la 4°), supponiamo n pari e poniamo f HxL = xn; dobbiamo dimostrare che f H�L = @0, +¶@. Ora, poiché

" x œ � : xn ¥ 0, si ha immediatamente che f H�L Õ @0, +¶@; viceversa, se y œ @0, +¶@, per il teorema sull'esistenza della

radice n -esima (cfr. Teorema 3.5 (1)), esiste un (unico) x œ @0, +¶@ tale che xn = y, cioé tale che f HxL = y, dunque

y œ f H�L, e, data l'arbitrarietà di y, abbiamo che anche @0, +¶@ Õ f H�L. Le due inclusioni dimostrano appunto che

f H�L = @0, +¶@.Infine, per dimostrare la 5°), supponiamo n dispari e poniamo ancora f HxL = xn; dobbiamo ora dimostrare che f H�L =�.

Infatti, sia y œ �; se y œ @0, +¶@, procedendo come nel punto precedente si dimostra che $ x œ� '' f HxL = y e quindi

y œ f H�L. Se invece y < 0, essendo -y > 0, si ha che $ x œ � '' f HxL = -y; ma allora f H-xL = - f HxL = -H-yL = y, e

dunque anche in questo caso y œ f H�L. àSe n = 2, dalla Geometria Analitica è noto che la funzione f HxL = x2 rappresenta una parabola, con vertice nell'origine e

concavità rivolta verso l'alto (cfr. anche pag. 117):

x

yfHxL = x2

Se n > 2, il grafico di f HxL = xn è diverso a seconda che n sia pari o dispari; se n è pari, si hanno i grafici seguenti:

n 2

-1 1x

1

yfHxL = x2

Come si vede, le varie funzioni xn, con n pari, cioé x2, x4, x6, ∫ hanno tutte un grafico simile a quello di una parabola; in

particolare, tutte queste funzioni passano per i due punti H-1, 1L e H1, 1L. Tuttavia, rappresentando tutte queste varie

funzioni insieme nello stesso grafico, si nota che all'interno dell'intervallo @-1, 1D, le funzioni si avvicinano sempre più

all'asse x al crescere di n, mentre all'esterno di tale intervallo la situazione si inverte.

Analoghe considerazioni si possono fare per le funzioni x3, x5, x7, ∫ il cui grafico è rappresentato qui di seguito.

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6. Le funzioni elementari1. Potenza n-esima e radice n-esima

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Settembre 2014

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n 3

-1 1x

1

yfHxL = x3

Osserviamo che i grafici di tutte le funzioni considerate sono “tangenti” all'asse x nell'origine (la definizione precisa di

retta tangente al grafico di una funzione sarà data in seguito, ma la consideriamo fin d'ora nota, almeno a livello intuitivo).

à Radice n-esima

Consideriamo la funzione potenza n -esima f HxL = xn; se n è dispari, essa è strettamente crescente in tutto �, e quindi è

ingettiva.

Se invece n è pari, non è ingettiva: per ogni y > 0 esistono sempre due valori x e -x tali che f H≤ xL = y. Tuttavia, essendo

f strettamente crescente in @0, +¶@, la sua restrizione a tale intervallo è ingettiva.

Queste considerazioni giustificano la seguente definizione.

Definizione 6.1 (2) (Radice n-esima)

Se n œ � *, si dice funzione radice n -esima e si indica con f HxL = xn

:

l'inversa della restrizione della funzione potenza n -esima all'intervallo @0, +¶@ se n è pari;

l'inversa della funzione potenza n -esima se n è dispari.

Il grafico della funzione radice n -esima si ottiene, come per tutte le funzioni inverse (cfr. Teorema 2.4 (1)), da quello

della funzione potenza mediante una simmetria rispetto alla bisettrice del primo e del terzo quadrante:

Caso n pari

x

y

Restrizione

di xn a @0, +•@

x

y

Grafico della funzione

radice n-esima

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6. Le funzioni elementari1. Potenza n-esima e radice n-esima

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Settembre 2014

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Caso n dispari

x

y

Funzione fHxL = xn

x

y

Grafico della funzione

radice n-esima

Le principali proprietà della funzione radice n -esima sono le seguenti.

Teorema 6.1 (3) (Proprietà della funzione radice n-esima)

La funzione radice n -esima:

1°) se n è pari è definita in @0, +¶@, ha come codominio @0, +¶@ ed è strettamente crescente in @0, +¶@;2°) se n è dispari è definita in tutto �, ha come codominio tutto � ed è strettamente crescente in tutto �.

Dimostrazione.

La dimostrazione segue immediatamente dalle proprietà della funzione potenza n -esima e dai teoremi sulle funzioni

inverse. à

Mostriamo nei seguenti grafici il comportamento della funzione radice n -esima, nei casi n pari ed n dispari, per vari

valori di n.

n

1x

1

y

fHxL = xn

, n pari

-1 1x

-1

1

y

fHxL = xn

,

n dispari

Osservazione.

Se n è dispari, le funzioni potenza e radice n -esima sono definite in tutto � e sono l'una l'inversa dell'altra, quindi:

se n è dispari: " x œ � : I xn Mn

= x, ed anche: " x œ � : xnn

= x.

Se invece n è pari, la funzione xn

è l'inversa solo della restrizione di xn all'intervallo @0, +¶@. Si ha pertanto:

se n è pari: " x œ @0, +¶@ : I xn Mn

= x, mentre: " x œ � : xnn

= †x§.

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6. Le funzioni elementari1. Potenza n-esima e radice n-esima

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Settembre 2014

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Osserviamo infine che la “tangente” al grafico della funzione radice n -esima nell'origine, sia nel caso n pari che in

quello n dispari, è l'asse Oy.

à Disequazioni elementari con potenza n-esima e radice n-esima

Le disequazioni elementari con la funzione potenza n -esima sono disequazioni del tipo:

xn ¥ k, xn > k, xn § k, xn < k,

dove k è un numero reale fissato.

Come sempre, risolvere una disequazione nell'incognita x significa determinare l'insieme dei numeri reali per i quali la

disequazione ha senso ed è vera.

Se n è dispari, per risolvere una delle disequazioni elementari precedenti basta “passare alla radice n -esima” in

entrambi i membri; ad esempio:

xn ¥ k ñ xnn

¥ kn

ñ x ¥ kn

;

infatti, poiché xn

è strettamente crescente, la disuguaglianza si conserva.

Se invece n è pari, per risolvere la stessa disequazione xn ¥ k bisogna anzitutto osservare che, se k § 0, essa è sempre

soddisfatta, dato che xn ¥ 0 sempre (per n pari). Se invece k > 0, si ha:

xn ¥ k ñ xnn

¥ kn

ñ †x§ ¥ kn

ñ*

x § - kn

oppure kn

§ x;

l'equivalenza H*L deriva dalla proprietà del valore assoluto per cui, se a ¥ 0, si ha †x§ ¥ a ñ x § -a oppure a § x (cfr.

Teorema 3.5 (3)).

In modo analogo si procede per le altre disequazioni elementari.

Illustriamo il significato geometrico di tutte le disequazioni elementari nei vari casi possibili con i seguenti grafici.

k

n pari n dispari

xn > k xn ¥ k xn < k xn § k

- kn

kn

xn > k

x < - kn

oppure kn

< x

Esempio 6.1 (1)

La disequazione x10 ¥ -2 è soddisfatta per ogni x œ �.

La disequazione x10 § 0 è soddisfatta solo per x = 0.

La disequazione x10 < 0 non è mai soddisfatta.

La disequazione x10 ¥ 5 è soddisfatta per x § - 510

, oppure 510

§ x.

La disequazione x10 < 1 è soddisfatta per -1 < x < 1.

La disequazione x3 > 8 è soddisfatta per x > 2.

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6. Le funzioni elementari1. Potenza n-esima e radice n-esima

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Settembre 2014

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Le disequazioni elementari con la funzione radice n -esima sono disequazioni del tipo:

xn

¥ k, xn

> k, xn

§ k, xn

< k,

sempre con k œ � fissato.

Se n è dispari, la funzione radice n -esima è definita in tutto �, e per risolvere la disequazione basta elevare entrambe i

membri alla n: poiché la funzione potenza con n dispari è strettamente crescente, la diseguaglianza si conserva.

Ad esempio:

x5

> 2 ñ x > 25 ñ x > 32.

Se invece n è pari si devono ovviamente distinguere vari casi, come si vede nell'esempio seguente.

Esempio 6.1 (2)

La disequazione x > -2 è soddisfatta per ogni x per cui ha senso la radice, dunque per x ¥ 0.

La disequazione x > 0 è soddisfatta per x > 0.

La disequazione x > 6 è soddisfatta per x > 36.

La disequazione x § 5 è soddisfatta per 0 § x § 25.

La disequazione x § 0 è soddisfatta solo per x = 0.

La disequazione x < 0 non è mai soddisfatta.

Del resto, basta un solo sguardo ai grafici per rendersi conto della situazione.

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Settembre 2014

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6.2 La funzione esponenziale e la funzione logaritmo

à Funzione esponenziale

Per definire la funzione esponenziale di base a, con a > 0, iniziamo a vedere come si può definire il numero ax per

qualunque x œ �.

1°) passo: definiamo am con m œ�. Ovviamente am non è altro che a moltiplicato per se stesso m volte se m è un intero

positivo, 1

a moltiplicato per se stesso -m volte se m è un intero negativo; si pone infine a0 = 1.

Ad esempio, a4 = aµaµaµa, mentre, ad esempio: a-3 =1

1

1

a.

2° passo: definiamo aq con q œ�. Prendiamo dunque q œ�; q può essere scritto come frazione: q =m

n, dove m è un

intero relativo, ed n è un intero naturale (non nullo). Poniamo allora:

aq = amn

.

Si verifica facilmente che, se q =m

n=

n£, si ha anche amn

= am'n'

, quindi il secondo membro della formula

precedente non dipende dalla particolare frazione scelta per rappresentare q.

Ad esempio, 54.25 = 5425ê100 = 54250ê1000.

3°) passo: dobbiamo ora definire ax con x œ �. Per fare ciò, fissiamo x œ �, e osserviamo che il numero reale x può

essere approssimato per difetto e per eccesso mediante numeri razionali. Consideriamo dunque i due insiemi

A = 8q œ� con q < x<, B = 8q œ� con x < q<.L'insieme A è costituito da tutti i numeri razionali minori di x, B è costituito da tutti i razionali maggiori di x, come

schematizzato nella seguente figura.

xx

y

A B

I punti sull'asse x rappresentano i numeri razionali, che, ovviamente, si devono pensare distribuiti densamente sull'asse x.

I due insiemi A e B sono contigui, ed hanno x come elemento di separazione. Consideriamo gli insiemi che si ottengono

elevando la base a a tutti i numeri razionali minori di x:

A ' = 8aq con q < x<, B ' = 8aq con x < q<.Gli insiemi numerici A ' e B ' possono essere raffigurati sull'asse y:

xx

Ø

y

A B

A '

B '

Si può dimostrare che i due nuovi insiemi numerici A ' e B ' sono contigui (“ereditano” la contiguità di A e B). A questo

punto, consideriamo l'unico elemento di separazione tra A ' e B ', certamente esistente per la proprietà di completezza di

�, ed indicato con una freccetta nel grafico precedente, e definiamo ax come tale elemento di separazione.

Ad esempio, per definire (e contemporaneamente calcolare!) 2p, consideriamo i due insiemi:

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A ' = 923.1, 23.14, 23.141, 23.1415, 23.14159, 23.141592, ∫ =B ' = 923.2, 23.15, 23.142, 23.1416, 23.14160, 23.141593, ∫ =

Essi sono contigui ed approssimano, rispettivamente, per difetto e per eccesso 2p.

Osservazione.

Per poter definire ax, è necessario che la base a sia strettamente positiva; ad esempio, -32.1 non ha senso nel campo

reale, infatti significa

H-3L2.1 = H-3L2110

= -32110

,

e la radice decima di -321 non esiste nel campo reale.

Ora che abbiamo definito ax per ogni x reale, ricordiamo alcune regole di calcolo.

Teorema 6.2 (1) (Proprietà di ax)

Siano a e b due numeri reali strettamente positivi, e siano x ed y due numeri reali qualsiasi. Si ha:

1°) ax+y = ax ay;

2°) ax y = HaxLy;

3°) a-x =1

ax;

4°) 1x = 1;

5°) Ha bLx = ax bx.

Dimostrazione.

Omessa.

Diamo ora la seguente definizione.

Definizione 6.2 (1) (Funzione esponenziale)

Se a è un numero reale strettamente positivo, la funzione che associa ad ogni x œ � il numero reale ax, si chiama

funzione esponenziale di base a.

Osserviamo subito che se a = 1, la funzione esponenziale di base a si riduce ad essere la funzione costante a costante

valore 1: f HxL = 1x = 1, quindi supporremo generalmente a > 0 e a ∫ 1.

Riassumiamo nel seguente teorema le principali proprietà della funzione esponenziale.

Teorema 6.2 (2) (Proprietà della funzione esponenziale)

1°) se a œ �+* ed a ∫ 1, il codominio di f HxL = ax è l'intervallo D 0, +¶@;

2°) se a > 1, la funzione f HxL = ax è strettamente crescente;

3°) se 0 < a < 1, la funzione f HxL = ax è strettamente decrescente.

Dimostrazione.

Omessa.

Dunque la funzione esponenziale è sempre definita in tutto �, ha sempre l'intervallo D 0, +¶@ come codominio

(supponendo a ∫ 1), ma è strettamente crescente se la base a > 1, strettamente decrescente se 0 < a < 1.

x

1

y

caso a > 1

x

1

y

caso 0 < a < 1

Come si vede, in entrambe i casi il grafico di ax passa per il punto H0, 1L perché a0 = 1, e la funzione esponenziale di

base a è strettamente crescente se a > 0, mentre è strettamente decrescente nell'altro caso.

Possiamo osservare che ax è una funzione illimitata superiormente, mentre il suo estremo inferiore è 0 (non è dotata di

minimo).

Anticipiamo un'altra particolarità del grafico: esso “si avvicina” sempre più all'asse x: come vedremo in seguito, l'asse x

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Settembre 2014

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è un asintoto orizzontale per ax.

Osservazione.

Come vedremo in seguito, ha interesse considerare la funzione esponenziale avente come base un particolare numero

reale (irrazionale) che si chiama numero di Nepero. Tale numero si indica con ‰, ed è uguale a

2.7182818284590452354.

Spesso, quando si parla di funzione esponenziale senza precisarne la base, si intende proprio la funzione ‰x. Poiché

‰ > 1, il suo grafico rientra nel caso a > 1 (v. figure precedenti).

In qualche altro caso può avere interesse considerare la funzione esponenziale con base 10, cioé f HxL = 10x.

Nella seguente animazione è possibile osservare come cambia il grafico di ax al variare della base.

Base a

x

1

y

‰x

10x

H1ê5Lx

2.x

à Funzione logaritmo

La funzione esponenziale ax (con base a > 0 e a ∫ 1) è ingettiva, perché è strettamente monotona sia nel caso a > 1 che

nel caso 0 < a < 1. La sua inversa si chiama funzione logaritmo in base a.

Definizione 6.2 (2) (Funzione logaritmo)

L'inversa della funzione esponenziale di base a, con a > 1 oppure 0 < a < 1, si dice funzione logaritmo in base a, e si

indica con loga x.

Il grafico della funzione logaritmo si ottiene simmetrizzando quello della funzione esponenziale rispetto alla bisettrice

del primo quadrante. Poiché per la funzione esponenziale si distinguono i due casi a > 1 e 0 < a < 1, anche per la

funzione logaritmo si deve effettuare un'analoga distinzione di casi.

1x

y

logax

Hcaso a > 1L

1x

y

logax

Hcaso 0 < a < 1L

Come si vede, la funzione logaritmo è definita solo per x > 0 (in quanto il codominio della funzione esponenziale è,

appunto, l'intervallo D 0, +¶@), è strettamente crescente se a > 1, strettamente decrescente nell'altro caso. Si annulla

inoltre per x = 1: loga 1 = 0.

La relazione che sussiste tra la funzione esponenziale e quella logaritmica, è illustrata dal seguente grafico.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari2. La funzione esponenziale e la funzione logaritmo

150

Settembre 2014

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x loga

yx

ax

y

y

ax Hcon a > 1L

Riassumendo, la funzione logaritmo gode delle seguenti proprietà.

Teorema 6.2 (3) (Proprietà della funzione logaritmo)

1°) se a œ �+* ed a ∫ 1, il dominio di definizione di f HxL = loga x è l'intervallo D 0, +¶@, e il suo codominio è �;

2°) se a œ �+* ed a ∫ 1, si ha loga 1 = 0;

3°) se a > 1, la funzione f HxL = loga x è strettamente crescente;

4°) se 0 < a < 1, la funzione f HxL = loga x è strettamente decrescente.

Dimostrazione.

Segue immediatamente dalle proprietà della funzione esponenziale. à

Poiché il logaritmo in base a di y è la soluzione dell'equazione y = ax, possiamo dire, a parole, che il logaritmo di y non è

altro che l'esponente a cui si deve elevare la base a per ottenere y. In altri termini si ha, per definizione:

y = aloga

y per ogni y > 0.

Ad esempio, log2 16 = 4, perché 24 = 16.

Particolarmente importanti sono i logaritmi in base ‰, dove ‰ è il numero di Nepero. La funzione log‰ x si indica, di

solito, con log x, senza indicare la base.

Nella seguente animazione è possibile osservare come cambia il grafico della funzione logaritmo al cambiare della base.

(La funzione fissa è f HxL = log x).

Base a

2 4 6 8x

-4

-2

0

2

y

log xlog x

Riassumiamo nel seguente teorema le proprietà più importanti dei logaritmi.

Teorema 6.2 (4) (Proprietà dei logaritmi)

Se a, b œ �, con a ∫ 1, b ∫ 1, e se x, y > 0, si ha:

1°) logaHx yL = loga x + loga y;

2°) logaJ x

yN = loga x - loga y;

3°) logaHxyL = y loga x;

4°) loga x =log

bx

logb

a;

5°) loga b =1

logb

a.

Dimostrazione.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari2. La funzione esponenziale e la funzione logaritmo

151

Settembre 2014

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Le proprietà sopra elencate del logaritmo derivano direttamente da quelle dell'esponenziale.

1°) Il logaHx yL non è altro che l'esponente a cui bisogna elevare a per ottenere x y, cioé alogaHx yL = x y; ma poiché si ha

anche:

aloga

x+loga

y = aloga

x aloga

y = x y,

si ottiene appunto logaHx yL = loga x + loga y. La 2°) e la 3°) si dimostrano in modo analogo “passando all'esponenziale”

in entrambi i membri.

Per dimostrare la 4°) bisogna far vedere che a

logb x

logb a = x; in effetti, osservando che a = blogb

a, ed utilizzando ancora le

proprietà dell'esponenziale, si ha:

a

logb x

logb a = Iblogb

aMlogb x

logb a = blogb

x = x,

come si doveva dimostrare. Infine, la 5°) segue immediatamente dalla 4°) ponendo x = b. à

A queste proprietà aggiungiamo quelle che derivano dal fatto che le due funzioni, esponenziale e logaritmo, sono una

l'inversa dell'altra:

aloga

x = x per ogni x > 0;

loga ax = x per ogni x œ�.

à Disequazioni elementari con la funzione esponenziale e la funzione logaritmo

Le disequazioni esponenziali elementari sono disequazioni del tipo:

ax < k, ax § k,

e

ax > k, ax ¥ k,

dove k œ �, (e la base a è strettamente maggiore di zero, come sempre).

Se k > 0, le disequazioni precedenti si risolvono semplicemente prendendo i logaritmi, in base a, di entrambe i membri,

ricordandosi di invertire il verso della disequazione se la base a è minore di 1. Questo è dovuto, ovviamente, al fatto che

la funzione loga x è strettamente crescente se a > 1, strettamente decrescente se invece 0 < a < 1.

Esempio 6.2 (1)

Risolvere la disequazione 3x < 2.

Svolgimento. Prendendo i logaritmi in base 3, e ricordando che loga ax = x, e che loga a = 1, si ha:

3x < 2 ñ log3 3x < log3 2 ñ x log3 3 < log3 2ñ x < log3 2,

pertanto la disequazione data è soddisfatta nell'intervallo D -¶, log3 2@. Esempio 6.2 (2)

Risolvere la disequazione 2x ¥ 8.

Svolgimento. Anche in questo caso, prendiamo i logaritmi in base 2:

2x ¥ 8 ñ log2 2x ¥ log2 8 ñ x log2 2 ¥ log2 8 ñ x ¥ log2 8 ñ x ¥ 3;

(si è usato il fatto che log2 8 = 3 in quanto 23 = 8).

Esempio 6.2 (3)

Risolvere la disequazione I 1

4Mx§ 1.

Svolgimento. Questa volta dobbiamo prendere i logaritmi in base 1

4 di entrambe i membri, e quindi la disequazione

dev'essere cambiata di verso. Ricordando anche che loga 1 = 0, si ottiene:

I 1

4Mx§ 1 ñ log1ê4II 1

4MxM ¥ log1ê4 1 ñ x log1ê4

1

4¥ 0 ñ x ¥ 0,

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari2. La funzione esponenziale e la funzione logaritmo

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Settembre 2014

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pertanto l'insieme delle soluzioni è l'intervallo @0, +¶ @. Vediamo cosa succede nel caso k § 0. In questo caso non ha senso considerare loga k; però, tenendo conto che ax è un

numero strettamente positivo (indipendentemente dai due casi a > 1 ed 0 < a < 1), è chiaro che le disequazioni ax < k o

ax § k non possono essere mai soddisfatte.

Viceversa, le disequazioni ax > k e ax ¥ k, sempre nel caso k § 0, saranno sempre soddisfatte.

Esempio 6.2 (4)

Risolvere la disequazione 10x < -2.

Svolgimento. Per qualunque x il numero 10x è strettamente positivo, pertanto la disequazione data non ammette

soluzioni.

Esempio 6.2 (5)

Risolvere la disequazione ‰x > 0.

Svolgimento. Per qualunque x il numero ‰x è strettamente positivo, pertanto la disequazione data è soddisfatta per ogni

x œ�.

Osservazione. Per maggiore chiarezza possiamo interpretare disequazioni logaritmiche elementari geometricamente,

disegnando i grafici della funzione ax nei due casi a > 1 e 0 < a < 1, insieme con le rette di equazione y = k.

k

a

Disequazione: ax < k ax § k ax > k ax ¥ k

Fissiamo l'attenzione, ad esempio, sul caso a > 1, e sulla disequazione ax < k.

Dal grafico precedente si comprende chiaramente il motivo per cui la disequazione ax < k è soddisfatta per x < loga k se

k > 0, mentre non è soddisfatta mai se k § 0. Infatti, risolvere la disequazione ax < k significa determinare i valori di x

per i quali il grafico di ax si trova al di sotto della retta di equazione y = k.

Evidentemente, se k § 0, tali valori non esistono. Se invece k > 0, la retta y = k interseca il grafico di ax nel punto di

ascissa loga k, e, poiché ax è strettamente crescente, la disequazione risulta soddisfatta per x < loga k.

Ragionando in modo analogo ci si convince facilmente degli altri risultati sopra esposti.

Esercizio 6.2 (1)

Risolvere le seguenti disequazioni:

‰x < 10, I 1

3Mx¥ 0, I 2

3Mx§ 5, I 5

2Mx> -4.

Soluzione:

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari2. La funzione esponenziale e la funzione logaritmo

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Settembre 2014

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Le disequazioni date sono soddisfatte, rispettivamente:

1°) per x < log 10;

2°) per ogni x œ �;

3°) per x ¥ log2ê3H5L;4°) per ogni x œ �.

Le disequazioni logaritmiche elementari sono le seguenti:

loga x < k, loga x § k,

loga x > k, loga x ¥ k,

dove k œ � (e a > 0, a ∫ 1, essendo base di logaritmo).

Per risolvere tali disequazioni, basta ricordare che esse hanno senso per x > 0 perché x è l'argomento del logaritmo, e poi

“si prende l'esponenziale” in base a di entrambi i membri, ricordandosi, anche in questo caso, di invertire il verso della

disequazione se 0 < a < 1.

Esempio 6.2 (6)

Risolvere la disequazione log2 x > 2.

Svolgimento. Prendendo l'esponenziale di base 2 di entrambi i membri, si ha:

log2 x > 2 ñ 2log2

x > 22 ñ x > 4,

pertanto la disequazione è soddisfatta per x œD 4, +¶ @. Esempio 6.2 (7)

Risolvere la disequazione log x < -5.

Svolgimento. Si ha:

log x < -5 ñ ‰log x < ‰-5 ñ 0 < x < ‰-5,

dove si è tenuto conto del fatto che dev'essere x > 0, dato che x figura sotto il segno di logaritmo.

Esempio 6.2 (8)

Risolvere la disequazione log3 x < 1.

Svolgimento. Si ha in questo caso:

log3 x < 1 ñ 3log3

x < 31 ñ 0 < x < 3,

cioé la disequazione è soddisfatta per x œ D 0, 3@. Esempio 6.2 (9)

Risolvere la disequazione log1ê2 x § -4.

Svolgimento. Questa volta la base del logaritmo è minore di 1, pertanto dobbiamo invertire il verso della disequazione:

log1ê2 x § -4 ñ I 1

2Mlog

1ë2x¥ I 1

2M-4

ñ x ¥ 16,

cioé la disequazione è soddisfatta per x œ @16, +¶ @. Esempio 6.2 (10)

Risolvere la disequazione log1ê2 x ¥ 0.

Svolgimento. Si ha:

log1ê2 x ¥ 0 ñ I 1

2Mlog

1ë2x§ I 1

2M0

ñ 0 < x § 1,

pertanto la disequazione è soddisfatta per x œ D 0, 1D. Osservazione. Come abbiamo fatto per le disequazioni esponenziali, anche per quelle logaritmiche possiamo disegnare

il grafico della funzione loga x nei due casi a > 1 e 0 < a < 1, e della retta y = k, al fine di interpretare graficamente i

risultati sopra esposti:

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6. Le funzioni elementari2. La funzione esponenziale e la funzione logaritmo

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Settembre 2014

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k

a

Disequazione: loga x < k loga x § k loga x > k loga x ¥ k

Supponiamo, ad esempio, di voler risolvere la disequazione loga x < k nel caso in cui a > 1. Dall'animazione precedente

vediamo che il grafico della funzione loga x si trova al di sotto della retta y = k per x œ D 0, [email protected] si procede per gli altri casi.

Esercizio 6.2 (2)

Risolvere le disequazioni:

log10 x ¥ 10; log x < 0; log1ê2 x ¥ -4; log1ê2 x < -1; log2 x § -8.

Soluzione:

Le disequazioni date sono soddisfatte, rispettivamente:

1°) per x > ‰10;

2°) per 0 < x < 1;

3°) per 0 < x < I 1

2M-4

= 16;

4°) per x > I 1

2M-1

= 2;

5°) per 0 < x < 2-8 =1

256.

à La funzione potenza di esponente qualsiasi

Sia a un numero reale qualsiasi; la funzione f HxL = xa si dice funzione potenza di esponente a. Poiché a è un numero

reale qualsiasi, che può anche essere irrazionale, considereremo la funzione f HxL = xa definita per x > 0; sappiamo infatti

che, in generale, non è possibile elevare un numero reale negativo ad un esponente reale qualsiasi (cfr. Osservazione a

pag. 149).

Ricordando che aloga

x = x, si può scrivere xa = ‰logHxaL, ed essendo logHxaL = a log x, si ha:

" x > 0 : xa = ‰a log x.

La formula precedente mostra che la funzione potenza di esponente a può essere vista come la composta della funzione

xØa log x con la funzione esponenziale.

In particolare, xa sarà strettamente crescente o decrescente a seconda che sia a > 0 oppure a < 0.

Inoltre il grafico di xa è leggermente diverso a seconda che sia a > 1 oppure 0 < a < 1 (non consideriamo il caso banale

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari2. La funzione esponenziale e la funzione logaritmo

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Settembre 2014

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a = 1).

x

y

f HxL=xa, con a > 1

x

y

f HxL=xa, con 0 < a < 1

x

y

f HxL=xa, con a < 0

Come si vede, nel caso a > 1 il grafico è “tipo potenza n -esima”, nel caso 0 < a < 1 è “tipo radice n -esima”, e, nel caso

a < 1, è “tipo iperbole”.

Esempio 6.2 (11)

Il grafico della funzione f HxL = xp è il seguente:

x

y

f HxL=xp

Invece il grafico della funzione f HxL = x1êp è del tipo:

x

y

f HxL=x1êp

Infine, quello della funzione f HxL = x-p è il seguente:

x

y

f HxL=x-p

Nel caso in cui l'esponente a assume particolari valori, la funzione xa può essere definita anche per x § 0; il suo grafico

si ottiene da quelli precedenti tenendo conto del fatto che f è una funzione pari oppure dispari, come si vede dagli

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari2. La funzione esponenziale e la funzione logaritmo

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Settembre 2014

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esempi seguenti.

Esempio 6.2 (12)

Disegnare il grafico della funzione f HxL = x103

.

La funzione data è definita in tutto �, ed è una funzione pari; la sua restrizione ad �+* non è altro che x

10

3 , ed essendo

10

3> 1, il suo grafico sarà:

x

y

f HxL= x103

Esempio 6.2 (13)

Disegnare il grafico della funzione f HxL = x25

.

La funzione data è definita in tutto �, ed è una funzione pari; la sua restrizione ad �+* è x

2

5 , ed essendo 0 <2

5< 1, il suo

grafico sarà:

x

y

f HxL= x25

Esempio 6.2 (14)

Disegnare il grafico della funzione f HxL = 1

x3

.

La funzione data è definita in �*, ed è una funzione dispari; la sua restrizione ad �+* è x

-1

3 , ed essendo -1

3< 0, il suo

grafico sarà:

x

y

f HxL= 1

x3

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari2. La funzione esponenziale e la funzione logaritmo

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Settembre 2014

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Esempio 6.2 (15)

Disegnare il grafico della funzione f HxL = 1

xn sia con n pari che con n dispari.

La restrizione di f HxL = 1

xn ad �+

* è x-n, quindi il suo grafico sarà “tipo iperbole”; basterà quindi prolungare tale grafico

per x < 0 in modo da avere una funzione pari se n è pari, dispari se n è dispari:

x

y

f HxL= 1

xn, con n dispari

x

y

f HxL= 1

xn, con n pari

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari2. La funzione esponenziale e la funzione logaritmo

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Settembre 2014

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6.3 Le funzioni trigonometriche e le loro inverse

à La misura in radianti di un angolo

Com'è noto, per misurare un dato angolo in gradi, si suddivide l'angolo giro in 360 parti, ognuna delle quali si chiama

grado, si suddivide poi ogni grado in 60 minuti, ogni minuto in 60 secondi, e si vede quanti gradi, minuti e secondi sono

contenuti nell'angolo dato. Indichiamo con ag la misura in gradi dell'angolo a.

Esiste però un'altro modo di misurare l'angolo a, che sarà quello più usato nel seguito del corso, sostituendo

completamente la misura in gradi. Tale metodo consiste nell'assegnare come misura all'angolo a la lunghezza dell'arco di

circonferenza unitaria su cui “insiste” tale angolo. Indichiamo con ar tale misura; essa è chiamata misura in radianti

dell'angolo a.

E' facile dimostrare che tra ag ed ar sussiste la seguente relazione di proporzionalità:

ar =p

180ag.

Nella seguente figura è riportata la misura in gradi ed in radianti di alcuni angoli notevoli.

0 = 0°

6

π

4

π

3

π

2H2 πLê3 H3 πLê4 H5 πLê6 π H7 πLê6 H5 πLê4 H4 πLê3 H3 πLê2 H5 πLê3 H7 πLê4 H11 πLê6

0 30 45 60 90 120 135 150 180 210 225 240 270 300 315 330

Sarà indispensabile, nel seguito, considerare angoli di misura superiore a quella di un angolo giro, così come anche

angoli di misura negativa. Per dare significato a tali concetti, immaginiamo che l'angolo a sia descritto da una semiretta

mobile OP, dove il punto P ruota in senso antiorario sulla circonferenza unitaria. Possiamo dare allora significato ad un

angolo di misura superiore a quella di un angolo giro pensando ad un angolo descritto da una semiretta OP che compie

un intero giro superando la posizione di partenza.

Ad esempio, un angolo di 3 p radianti è descritto da una rotazione completa più un angolo di p radianti.

Possiamo in modo analogo dare un significato ad un angolo di misura negativa pensando che esso sia descritto da una

rotazione in senso orario invece che antiorario. Ad esempio, un angolo di -p

4 radianti è descritto da una rotazione in

senso orario pari a p

4.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari3. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse

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Settembre 2014

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-6 p -4 p -2 p 0 2 p 4 p 6 p

à Le funzioni seno e coseno

La ragione di ciò che è stato fatto alla fine del paragrafo precedente, è che ora abbiamo definito una funzione che associa

ad ogni numero reale x, positivo o negativo, un ben determinato punto PHxL sulla circonferenza unitaria.

Se misuriamo gli angoli in radianti, il numero x rappresenta precisamente la lunghezza orientata dell'arco AOP, con la

convenzione di tener conto dei giri fatti intorno all'origine.

Ovviamente tale funzione xØ PHxL non è ingettiva, anzi in un certo senso è periodica, dato che a valori di x che

differiscono di 2 p corrisponde lo stesso punto P: PHxL = PHx + 2 pL.L'ascissa e l'ordinata del punto P = PHxL si dicono, rispettivamente, coseno e seno di x.

x

pp

2

3 p

22 p

x

-1

1

y

f HxL = sin x

x

pp

2

3 p

22 p

x

-1

1

y

f HxL = cos x

Si può allora dare la seguente definizione.

Definizione 6.3 (1) (Seno e Coseno)

Le due funzioni che associano ad ogni x œ � rispettivamente il seno ed il coseno di x, si dicono funzione seno e

funzione coseno.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari3. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse

160

Settembre 2014

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Le funzioni seno e coseno sono definite in tutto �, e si denotano, rispettivamente, con sin x, e con cos x, per cui:

PHxL = Hcos x, sin xL.Il grafico delle due funzioni sin x e cos x è il seguente.

-2 p -3 p

2 -p

2-p p

p

2

3 p

22 p

x

-1

1

y

sin x cos x

Come si vede, le due funzioni differiscono l'una dall'altra per una traslazione di ampiezza p

2, cioé

cos x = sinIx + p

2M.

E' poi evidente che esse sono periodiche di periodo 2 p. Ciò è dovuto al fatto che PHxL = PHx + 2 pL, come abbiamo già

osservato. Si vede anche subito che la funzione seno è dispari, mentre la funzione coseno è pari:

sinH-xL = -sin x, cosH-xL = cos x.

Poiché poi il seno ed il coseno sono l'ascissa e l'ordinata di un punto PHxL che si trova sulla circonferenza unitaria, si ha

la relazione fondamentale:

sin2 x + cos2 x = 1.

Le funzioni seno e coseno si annullano in infiniti punti, si ha infatti:

sin x = 0 per x = k p, con k œ�,

cos x = 0 per x =p

2+ k p, con k œ�.

Assumono poi i valori 1 e -1, cioé il massimo ed il minimo, negli infiniti punti:

sin x = ≤1 per x = ≤p

2+ 2 k p, con k œ�

cos x = 1 per x = 2 k p, con k œ�,

cos x = -1 per x = p + 2 k p, con k œ�.

E' opportuno ricordare a memoria il seno e il coseno di alcuni angoli notevoli, che sono i seguenti:

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari3. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse

161

Settembre 2014

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sinI0M = 0

cosI0M = 1x

y

x 0π

6

π

4

π

3

π

2

2 π

3

3 π

4

5 π

6

π7 π

6

5 π

4

4 π

3

3 π

2

5 π

3

7 π

4

H11 πL ê 6

sin x 0

1

2

1 ë I, 2M I, 3M ë 2 1 I, 3M ë 2 1 ë I, 2M 1

2

0 −1

2

−1 ë I, 2M −I, 3M ë 2 −1 −I, 3M ë 2 −1 ë I, 2M −1

2

cos x 1 I, 3M ë 2 1 ë I, 2M 1

2

0 −1

2

−1 ë I, 2M −I, 3M ë 2 −1 −I, 3M ë 2 −1 ë I, 2M −1

2

01

2

1 ë I, 2M I, 3M ë 2

In effetti, dalla prima parte di tale tabella, relativa al primo quadrante, grazie alle formule precedenti, si ricavano i valori

del seno e del coseno degli altri angoli notevoli. Ad esempio:

sinI 5 p

6M = sinI p

6M = 1

2; sinI 3 p

4M = sinI p

4M = 2

2.

Tra le altre formule trigonometriche, ricordiamo, in particolare, le formule di addizione e sottrazione:

sinHx + yL = sin x cos y + cos x sin y;

cosHx + yL = cos x cos y - sin x sin y.

Le formule di duplicazione:

sinH2 xL = 2 sin x cos x,

cosH2 xL = cos2 x - sin2 x = 1 - 2 sin2 x = 2 cos2 x - 1,

quelle di bisezione:

sin x = ≤1-cosJ x

2N

2, cos x = ≤

1+cosJ x

2N

2,

nelle quali bisogna prendere il segno + o il segno - in accordo col segno del primo membro.

Tra le altre formule, ricordiamo infine la seguente (una delle formule di prostaferesi):

sin x - sin y = 2 sinI x-y

2M cosI x+y

2M.

Osservazione. Le funzioni seno e coseno non sono monotone nel loro insieme naturale di definizione, cioé in tutto �. Lo

sono però in opportune restrizioni. Ad esempio, esaminando il grafico della funzione seno, vediamo che essa è

strettamente crescente nell'intervallo A- p

2,p

2E, mentre la funzione coseno è strettamente decrescente nell'intervallo @0, pD.

à Le funzioni arcoseno e arcocoseno

Introdurremo in questo paragrafo le cosiddette funzioni trigonometriche inverse, che sono necessarie per risolvere le

equazioni e le disequazioni trigonometriche.

Osserviamo subito che il nome di funzioni trigonometriche inverse è improprio, in quanto le funzioni sin x e cos x, non

sono invertibili. Si procederà pertanto a definire l'inversa di opportune restrizioni di tali funzioni.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari3. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse

162

Settembre 2014

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Definizione 6.3 (2) (Arcoseno)

Si dice funzione arcoseno, e si denota con arcsin x l'inversa della restrizione della funzione sin x all'intervallo A- p

2,p

2E.

Tale definizione è lecita in quanto la funzione sin x, ristretta all'intervallo A- p

2,p

2E è strettamente crescente e quindi è

invertibile.

Vediamo come possiamo tracciare il grafico di arcsin x, dal quale ne “leggeremo” le proprietà. Anzitutto consideriamo la

restrizione all'intervallo A- p

2,p

2E di sin x:

-p

2

p

2

x

-1

1

y

Chiaramente la funzione ottenuta è strettamente crescente, è definita solo in A- p

2,p

2E, ed ha infine come codominio

l'intervallo @-1, 1D.Simmetrizziamo ora tale grafico rispetto alla bisettrice del primo e del terzo quadrante. Otteniamo il grafico seguente:

-1x

-p

2

y

Questo è, appunto, il grafico di arcsin x. La funzione arcsin x è definita nell'intervallo @-1, 1D, è strettamente crescente,

ed ha l'intervallo A- p

2,p

2E come codominio.

-p

2

p

2

x

-1

1

y

sin x ristretta

all'intervallo B-p

2

,

p

2

F

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari3. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse

163

Settembre 2014

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Osservazione. Possiamo anche dire che arcsin x è l'arco, compreso tra -p

2 e

p

2, il cui seno è uguale ad x. Tenendo conto

di questo, si ha la seguente tabella di valori di arcsin x:

x arcsin x

0 0

1

2

p

6

2

2

p

4

3

2

p

3

1p

2

Osserviamo anche che la funzione arcsin x è dispari, pertanto dalla tabella precedente si deduce anche il valore di

arcsin x per x < 0.

La relazione che intercorre tra sin x e arcsin x può essere sintetizzata dal seguente grafico.

y0

1

2

y0

-1-

3

2

-1

2-

1

20

1

2

1

2

3

2

1

x

-1

1

y

x0 = arcsin y0

-2p -3pê2 -p -pê2 pê2 p 3pê2 2p 5pê2 3p

x-2 x-1 x0 x1 x2 x3

y0

Osservazione. Se y œ @-1, 1D, esiste uno ed un solo x œ A- p

2,p

2E, tale che sin x = y, e questo x è precisamente arcsin y. Si

ha cioé

sinHarcsin yL = y per ogni y œ @-1, 1D.Esistono poi infiniti altri valori di x il cui seno è uguale ad y; questi altri valori di x, non più appartenenti all'intervallo

A- p

2,p

2E, sono dati dalla formula

x = k p + H-1Lk arcsin y, con k œ�.

In modo analogo a quanto fatto per l'arcoseno, si introduce la funzione arcos x.

Definizione 6.3 (3) (Arcocoseno)

Si dice funzione arcoseno, e si denota con arcos x, l'inversa della restrizione della funzione cos x all'intervallo @0, p D.La restrizione della funzione cos x all'intervallo @0, pD è la seguente:

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari3. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse

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Settembre 2014

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p

2p

x

-1

1

y

Come si vede, essa è strettamente decrescente in @0, pD, ed ha come codominio ancora l'intervallo @-1, 1D. La funzione

arcos x è definita nell'intervallo @-1, 1D, è strettamente decrescente, ed ha l'intervallo @0, p D come codominio.

Il grafico della funzione arcos x è il seguente.

-1 1x

p

2

p

y

Si ha la seguente tabella per i valori di arcos x:

x arcos x

-1 p

-3

2

5 p

6

-2

2

3 p

4

-1

2

2 p

3

0p

2

1

2

p

3

2

2

p

4

3

2

p

6

1 0

Osserviamo ora il seguente grafico:

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari3. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse

165

Settembre 2014

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y01

2

y0 -1-

3

2

-1

2

-1

20

1

2

1

2

3

2

1

x

-1

1

y

x0 = arcos y0

-2p -3pê2 -p -pê2 pê2 p 3pê2 2p 5pê2 3p

3 x-2 x-1 x0 x1 x2

y0

Come si vede, per ogni y œ @-1, 1D, esiste uno ed un solo x œ @0, pD, tale che cos x = y. Si ha

cosHarcos yL = y per ogni y œ @-1, 1D.Gli altri valori di x si ottengono dalla formula

x = 2 k p ≤ arcos y, con k œ�.

Osserviamo che, per tracciare correttamente il grafico delle due funzioni arcsin x e arcos x, è opportuno tenere presente

che esso è tangente alle due rette x = -1 e x = 1, e inoltre il grafico di arcsin x è tangente alla bisettrice del primo e del

terzo quadrante nell'origine, mentre il grafico di arcos x è tangente alla retta di equazione y = -x +p

2 (la giustificazione

completa di tali fatti verrà data in seguito).

à Equazioni elementari in seno e coseno

La funzione arcsin x può essere utilizzata per la risoluzione delle equazioni trigonometriche del tipo sin x = y, dove y è

un numero dato, come si vede nei seguenti esempi.

Esempio 6.3 (1)

Risolvere l'equazione sin x =3

2. Poiché

3

2œ @-1, 1D, che è il codominio di sin x, l'equazione ammette soluzioni. Esse

sono date della formula:

x = k p + H-1Lk arcsinK 3

2O, con k œ�.

Tenendo conto della tabella precedente, si ha x = k p + H-1Lk p

3, ossia, scrivendo la formula in modo più esplicito, x =

p

3,

x =2 p

3, x =

7 p

3, x =

8 p

3, e così via.

Esempio 6.3 (2)

Risolvere l'equazione sin x =2

4. Ovviamente

2

4œ @-1, 1D, pertanto l'equazione è certamente risolubile. Si ha quindi

x = k p + H-1Lk arcsinK 2

4O.

Questa volta, a differenza dell'esempio precedente, al numero 2

4 non corrisponde un arco notevole, pertanto il risultato

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari3. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse

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Settembre 2014

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ottenuto non può essere reso più esplicito.

Anche la funzione arcos x è utilizzata per la risoluzione delle equazioni trigonometriche elementari, cioé del tipo

cos x = y, dove y è un numero dato.

Esempio 6.3 (3)

Risolvere l'equazione cos x =1

2. Poiché

1

2œ @-1, 1D, che è il codominio di cos x, l'equazione ammette soluzioni. Esse

sono date della formula:

x = 2 k p ≤ arcosI 1

2M, con k œ�.

Tenendo conto della tabella precedente, si ha x = 2 k p ≤p

3, ossia, scrivendo la formula in modo più esplicito, x = ≤

p

3,

x = ≤5 p

3, x = ≤

7 p

3, x = ≤

11 p

3, e così via.

Esempio 6.3 (4)

Risolvere l'equazione cos x =1

5. Ovviamente,

1

5œ @-1, 1D, pertanto l'equazione è certamente risolubile. Si ha quindi

x = k p + H-1Lk arcosI 1

5M.

Questa volta, a differenza dell'esempio precedente, al numero 1

5 non corrisponde un arco notevole, pertanto il risultato

ottenuto non può essere reso più esplicito.

à Disequazioni elementari in seno e coseno

Le disequazioni trigonometriche elementari riguardanti la funzione sin x, sono le seguenti:

sin x < k, sin x § k

e

sin x > k, sin x ¥ k

dove, come al solito, k è un numero reale qualsiasi.

Fissiamo l'attenzione, ad esempio, sulla disequazione sin x < k.

Osserviamo subito che la principale differenza, rispetto alle disequazioni esponenziali o logaritmiche elementari, è che le

funzioni trigonometriche non sono invertibili in tutto �, pertanto la disequazione sin x < k non può essere risolta

prendendo semplicemente “l'arcoseno” di entrambe i membri.

Possiamo invece disegnare il grafico della funzione sin x insieme con quello della retta y = k, e vedere in quali intervalli

il grafico di sin x si trova strettamente al di sotto di quello della retta.

Naturalmente, essendo la funzione sin x periodica di periodo 2 p, possiamo limitarci ad eseguire tale studio in un

qualsiasi intervallo di lunghezza 2 p, ad esempio nell'intervallo @0, 2 pD, oppure nell'intervallo @-p, pD.Vediamo direttamente alcuni esempi.

Esempio 6.3 (5)

Risolvere la disequazione sin x <1

2.

Svolgimento. Dal seguente grafico:

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Settembre 2014

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p - arcsinH1ê2L = 5 p

62 p

x

1

2

-1

1

y

arcsinH1ê2L =p

6

vediamo che la retta y =1

2 incontra il grafico di sin x in due punti, di ascissa arcsinI 1

2M e p - arcsinI 1

2M nell'intervallo

@0, 2 pD, e che il grafico di sin x si trova strettamente al di sotto di quello della retta per

x œ A0, arcsinI 1

2M A ÊE p - arcsinI 1

2M, 2 pE.

Poiché arcsinI 1

2M = p

6, la disequazione è soddisfatta, sempre limitatamente all'intervallo @0, 2 pD, per

x œ A0,p

6A ‹ E 5 p

6, 2 pE.

L'insieme di tutte le soluzioni è invece:

2 k p § x < 2 k p +p

6, e

5 p

6+ 2 k p < x § 2 p + 2 k p, con k œ�.

Esempio 6.3 (6)

Risolvere le disequazioni:

sin x < -2

2; sin x < 1, sin x < -1.

Svolgimento. Serviamoci di un unico grafico per le tre disequazioni:

Disequazione sin x < - 2 ê2 sin x < 1 sin x < -1

x

y

-2

2

5 p

4

7 p

4

La retta y = -2

2 incontra il grafico di sin x in due punti di ascissa

5 p

4 e

7 p

4, dato che sinI 5 p

4M = sinI 7 p

4M = - 2

2,

pertanto la prima disequazione è soddisfatta, limitatamente all'intervallo @0, 2 p D, per x œ E 5 p

4,

7 p

4A, mentre tutte le sue

soluzioni sono:

5 p

4+ 2 k p < x <

7 p

4+ 2 k p, con k œ�.

La seconda disequazione è soddisfatta per x ∫p

2, e quindi, considerandola in tutto �, per x ∫

p

2+ 2 p k , con k œ�; infatti

per tali valori il grafico di sin x si trova tutto strettamente al di sotto della retta y = 1.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

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Settembre 2014

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La terza disequazione non è soddisfatta mai, perché non esiste alcun punto del grafico di sin x che si trovi strettamente al

di sotto della retta di equazione y = -1.

Le altre disequazioni elementari in sin x si risolvono con lo stesso metodo: vediamo alcuni esempi.

Esempio 6.3 (7)

Risolvere le disequazioni:

sin x § 1, sin x >3

2, sin x ¥ 1, sin x ¥ 0.

Svolgimento. Dal grafico:

Disequazione: sinHxL § 1

0 2 πx

y

0 § x < 2 p

1

si ha immediatamente che la prima disequazione è soddisfatta per ogni x œ �.

La seconda è soddisfatta per p

3+ 2 p k < x <

2 p

3+ 2 p k, con k œ� (dato che sinI p

3M = sinI 2 p

3M = 3

2).

La terza disequazione è soddisfatta solo per x =p

2+ 2 p k , con k œ�, infatti per questi valori si ha l'uguaglianza, mentre

per gli altri valori di x non è soddisfatta.

Infine, la quarta disequazione è soddisfatta, evidentemente, per 2 k p § x § p + 2 k p , con k œ�.

Passiamo ora ad esaminare le disequazioni trigonometriche elementari relative alla funzione coseno:

cos x < k, cos x § k

cos x > k, cos x ¥ k

Esempio 6.3 (8)

Risolvere le disequazioni:

cos x ¥1

2; cos x <

3

2; cos x > -2.

Svolgimento. Disegnamo il grafico della funzione cos x:

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

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Settembre 2014

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Disequazione: cosHxL ¥ 1

2

0

π

4

7 π

4 2 πx

y

0 ≤ x ≤π

4

»»7 π

4

≤ x < 2 π

1

2

La retta di equazione y =1

2 incontra il grafico di cos x in due punti nell'intervallo @0, 2 pD, di ascissa

p

4 e

7 p

4. Pertanto

la prima disequazione è soddisfatta, limitatamente all'intervallo @0, 2 pD, per x œ A0,p

4E ‹ A 7 p

4, 2 pE.

L'insieme di tutte le sue soluzioni, è invece:

2 k p § x §p

4+ 2 k p, e

7 p

4+ 2 k p § x § 2 p + 2 k p, con k œ�.

Osserviamo che, essendo la funzione cos x periodica di periodo 2 p, possiamo risolvere la disequazione data anche

nell'intervallo @-p, pD. In tale intervallo essa è soddisfatta per x œ A- p

4,p

4E, quindi l'insieme delle soluzioni si presenta in

forma più “compatta” in quanto non è più unione di due intervalli. Corrispondentemente, l'insieme delle soluzioni della

prima disequazione in tutto � si scrive più brevemente: -p

4+ 2 k p § x §

p

4+ 2 k p, con k œ�.

Le due scritture:

2 k p § x §p

4+ 2 k p, e

7 p

4+ 2 k p § x § 2 p + 2 k p, con k œ�.

e

-p

4+ 2 k p § x §

p

4+ 2 k p, con k œ�,

sono però equivalenti, come si può vedere disegnando i due insiemi di soluzioni ottenuti su una retta.

Risolviamo ora la seconda disequazione.

La retta y =3

2 incontra il grafico di cos x in due punti, nell'intervallo @0, 2 pD, di ascissa

p

6 e

11 p

6, e la seconda

disequazione è soddisfatta, nell'intervallo @0, 2 pD, per x œ E p

6,

11 p

6A. (Questa volta non conviene considerare l'intervallo

@-p , p D). L'insieme di tutte le sue soluzioni è, pertanto: p

6+ 2 k p < x <

11 p

6+ 2 k p , con k œ�.

Per quanto riguarda, infine, la terza disequazione, essa è chiaramente sempre soddisfatta.

Osservazione.

Per risolvere le disequazioni precedenti, abbiamo adoperato il grafico delle funzioni trigonometriche. Un altro metodo,

preferito da molti, consiste nel considerare il cerchio goniometrico. Ad esempio, per risolvere la disequazione sin x <1

2,

avremmo potuto tracciare il cerchio goniometrico e la retta di equazione y =1

2:

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari3. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse

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Settembre 2014

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pê65pê6

x

1ê2

y

Dal disegno si vede subito che tale disequazione è soddisfatta, limitatamente all'intervallo @0, 2 pD, per

x œ A0,p

6@‹D 5 p

6, 2 pE. Questo risultato coincide con quello ottenuto precedentemente.

à Le funzioni tangente e arcotangente

La funzione tangente di x viene definita come il quoziente delle funzioni seno e coseno di x.

Definizione 6.3 (4) (Tangente)

Il quoziente delle due funzioni seno e coseno si chiama funzione tangente, e si indica con tg x.

Dunque, tg x =sin x

cos x, e, pertanto, essa è definita per cos x ∫ 0, cioé per x ∫

p

2+ k p. Il significato geometrico di tg x si

ricava immediatamente esaminando il seguente grafico.

x

P

T

x

1

y

Il grafico di questa funzione è il seguente.

-p -p

2

p

2p

3 p

22 p

x

y

E' immediato verificare che si tratta di una funzione periodica, di periodo p, dispari. In corrispondenza degli zeri del

denominatore, presenta “asintoti verticali”.

E' opportuno ricordare a memoria i seguenti valori di tg x.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari3. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse

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Settembre 2014

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x tg x

0 0

p

6

1

3

p

41

p

33

Osservazione.

E' anche opportuno osservare che, ad esempio, tg I p2

M non si può considerare, perché tg x non è definita per x =p

2.

Sarebbe errato dire che tg I p2

M =¶, dato che ¶ non è un numero!

Dalla tabella precedente, ricordando la simmetria e la periodicità della funzione, è possibile ricavare altri valori di tg x.

Ad esempio: tgI 3 p

4M = -1; tgJ 5 p

6M = - 1

3, ecc. ecc...

Tra le varie formule trigonometriche che coinvolgono la tangente, ci limitiamo a ricordare le seguenti.

Le formule che legano tg x al seno ed al coseno:

sin2 x =Htg xL2

1+Htg xL2, cos2 x =

1

1+Htg xL2;

le formule parametriche:

sin x =2 tg J x

2N

1+tg2 J x

2N , cos x =

1-tg2 J x

2N

1+tg2 J x

2N , tg x =

2 tg J x

2N

1-tg2 J x

2N ;

infine, le formule di bisezione per la tangente:

tgI x

2M = ≤ 1- cos x

1+ cos x.

Passiamo ora a definire, con lo stesso metodo usato per le funzioni seno e coseno, “l'inversa” della funzione tangente.

In questo caso, si usa restringere la funzione tangente all'intervallo E - p

2,p

2A, in cui essa è strettamente crecente e quindi

ingettiva.

Definizione 6.3 (5) (Arcotangente)

Si dice funzione arcotangente, e si denota con arctg x l'inversa della restrizione della funzione tg x all'intervallo

E - p

2,p

2A.

Il grafico, ottenuto per simmetrizzazione, è il seguente.

x

-p

2

p

2

y

La relazione che sussiste tra le funzioni tg x e arctg x è mostrata nel seguente grafico.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari3. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse

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Settembre 2014

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-p -p

2

p

2

3 p

2p 2 p

x

y

x-1 x0 x1

y0

arctg y0

La retta di equazione y = y0 incontra il grafico della funzione tangente in infiniti punti; di essi, uno solo ha l'ascissa x0

tale che -p

2< x0 <

p

2; questo numero x0 è quello che è stato definito come l'arcotangente di y0: si ha infatti tg x0 = y0.

Le ascisse xk degli altri punti di intersezione del grafico di tg x con la retta si ottengono dalla formula:

xk = x0 + k p, con k œ�.

à Equazioni elementari in tangente

L'equazione elementare:

tg x = k

ammette sempre infinite soluzioni, qualunque sia k œ �; di queste soluzioni, quella fondamentale, che appartiene

all'intervallo E - p

2,p

2A, è x0 = arcsinHkL; le altre si ottengono per periodicità.

Esempio 6.3 (9)

Risolvere l'equazione tg x = 1.

L'unica soluzione dell'equazione nell'intervallo E - p

2,p

2@, è x0 =

p

4; tenendo conto della p -periodicità della funzione,

tutte le soluzioni sono date da xk =p

4+ k p.

Esempio 6.3 (10)

Risolvere l'equazione tg x = -10.

L'unica soluzione dell'equazione nell'intervallo E - p

2,p

2@, è x0 = arctgH-10L = -arctgH10L; tenendo conto della

p -periodicità della funzione, tutte le soluzioni sono date da xk = -arctgH10L + k p.

Il valore di arctgH10L, cioé dell'arco (in E - p

2,p

2A) la cui tangente vale 10, è circa: arctgH10L > 1.47113 radianti.

à Disequazioni elementari in tangente

Le disequazioni elementari in tg x sono del tipo:

tg x < k, tg x § k, tg x > k, tg x ¥ k,

dove k è un qualsiasi numero reale.

Si risolvono come nei seguenti esempi.

Esempio 6.3 (11)

Risolvere la disequazione tg x ¥ 3 .

Tracciando il grafico:

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

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Settembre 2014

Page 174: Appunti di Analisi Matematica - fataing.poliba.it2014-15)_Parte_1.pdf · Appunti di Analisi Matematica I 6 Settembre 2014.

-p -p

2

p

2

p 2 p

x

y

pê3-p pê3 pê3+p

3

arctg 3

si ha subito x0 = arctg 3 =p

3, dato che, dalla tabella dei valori notevoli della tangente, sappiamo che tgI p

3M = 3 . La

disequazione tg x ¥ 3 è dunque soddisfatta, limitatamente all'intervallo E - p

2,p

2A, per

p

3§ x <

p

2.

In tutto � la disequazione è soddisfatta per p

3+ k p § x <

p

2+ k p, con k œ�.

Esempio 6.3 (12)

Risolvere la disequazione tg x < 2.

Tracciando il grafico:

-p -p

2

p

2

p 2 p

x

y

x-1 x0 x1

2

arctgH2L

si vede subito che la disequazione tg x < 2 è soddisfatta, limitatamente all'intervallo E - p

2,p

2A, per -

p

2< x < x0, dove

x0 = arctgH2L; questa volta non abbiamo un angolo notevole, qunidi il valore di arctgH2L non può essere reso più esplicito.

Naturalmente, in tutto � la disequazione è soddisfatta per -p

2+ k p < x < arctgH2L + k p, con k œ�.

à Periodicità delle funzioni trigonometriche

Abbiamo già detto che le funzioni sin x e cos x sono periodiche di periodo minimo 2 p, mentre la funzione tg x è

periodica di periodo minimo p. E' del tutto naturale chiedersi cosa succede sommando, moltiplicando o componendo

varie funzioni periodiche.

Regola 1. Anzitutto osserviamo che, in generale, se una certa funzione f HxL è T -periodica, e se k œ �\80<, allora la

funzione gHxL = f Hk xL è T

†k§ -periodica. Infatti:

gJx +T

†k§ N = f JkJx +T

†k§ NN = f Jk x +k

†k§ TN = f Hk x ≤ TL = f Hk xL = gHxL.Inoltre, se T era il periodo minimo di f HxL, il numero

T

†k§ è il periodo minimo di gHxL. Ad esempio, sinH3 xL è periodica di

periodo minimo 2 p

3, mentre tgH-2 p xL è periodica di periodo minimo

p

†-2 p§ =1

2.

Regola 2. Se f HxL e gHxL sono due funzioni aventi lo stesso periodo T , la loro somma, prodotto o quoziente è ancora una

funzione periodica di periodo T . Non è però detto che T sia il suo periodo minimo.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari3. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse

174

Settembre 2014

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Ad esempio, la funzione sin x + cos x è periodica di periodo 2 p in quanto somma di funzioni 2 p -periodiche. In questo

caso il numero 2 p è anche il suo periodo minimo.

La funzione tg x =sin x

cos x è certamente una funzione 2 p -periodica in quanto è quoziente di due funzioni 2 p -periodiche;

tuttavia, in questo caso, il numero 2 p non è il suo periodo minimo che è invece, come sappiamo, p.

Le due funzioni sin2 x e cos2 x sono entrambe p -periodiche, come si verifica facilmente. Anzi, p è il loro periodo

minimo; tuttavia la loro somma è la funzione costante a costante valore 1, che è certamente p -periodica, ma non

ammette alcun periodo minimo.

Regola 3. Se f HxL è T1 -periodica, e gHxL è T2 -periodica, allora la loro somma, prodotto o quoziente è una funzione

periodica avente come periodo il minimo comune multiplo di T1 e T2, ammesso che tale minimo comune multiplo

esista.

Ad esempio, le due funzioni sin x e tg x sono periodiche di periodo, rispettivamente, 2 p e p. Il minimo comune multiplo

dei periodi è 2 p, pertanto la funzione sin x + tg x è una funzione 2 p -periodica.

Invece le due funzioni sinH3 p xL e sinH4 p xL sono periodiche di periodo, rispettivamente, 2

3 e

1

2; il minimo comune

multiplo tra di essi è 2, pertanto la funzione sinH3 p xL + sinH4 p xL è 2 - periodica. Verifichiamolo direttamente a titolo di

esercizio.

f Hx + 2L = sinH3 p Hx + 2LL + sinH4 p Hx + 2LL = sinH3 p x + 6 pLL + sinH4 p x + 8 pLL = sinH3 p xL + sinH4 p xL = f HxL.Invece le due funzioni sin x e sinHp xL sono periodiche di periodo, rispettivamente, 2 p e 2; questi due numeri non hanno

nessun multiplo comune in quanto 2 p è irrazionale. La funzione sin x + sinHp xL, benché sia la somma di due funzioni

periodiche, non è periodica.

Nella seguente animazione è mostrato il grafico di sin x + sinHp xL; a prima vista sembra quello di una funzione periodica,

ma, come si può controllare per traslazioni, non è così.

T 0

Zoom di fHxL - fHx-TL

x

-2

-1

1

y

Regola 4. Data la funzione composta hHxL = gH f HxLL, se la funzione f HxL (cioé la funzione più interna) è T -periodica,

anche hHxL è T -periodica. Se invece è solo la funzione più esterna ad essere periodica, non è detto che hHxL sia periodica.

Ad esempio, la funzione hHxL = ‰sin x è una funzione 2 p -periodica, mentre la funzione hHxL = sinIx2M non è periodica di

alcun periodo. Il suo grafico è il seguente:

x

y

sinHx2L

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à Esercizi

Esercizio 6.3 (1) (esponenziale)

Dire quali delle seguenti uguaglianze sono corrette:

1°) 6x = 3x 2x;

2°) 6x2

= H6xL2;

3°) 9xê2 = 3x.

Soluzione.

La prima e la terza.

Esercizio 6.3 (2) (logaritmo)

Dire quali delle seguenti uguaglianze sono corrette:

1°) -log x

log y=

log y

log x;

2°) logH1 + ‰xL = x + logH‰-x + 1L;3°) logHlog xL = log2 x;

4°) logH2 xL

2= log x;

5°) log2 x = Hlog xL Hlog xL.

Soluzione.

Solo la 5°) è corretta.

Esercizio 6.3 (3) (identificazione di grafici)

Nel seguente disegno sono rappresentate le funzioni f HxL = -log x, f HxL = 3x-1, f HxL = I 1

2Mx- 1. Identificare ciascuna di

esse.

x

y

Soluzione.

Passare il mouse sul grafico.

Esercizio 6.3 (4) (identificazione di grafici)

Nel seguente grafico sono rappresentate le due funzioni log3 x e log9 x; quale dei due è il grafico di log9 x?

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1x

y

Soluzione.

Passare il mouse sul grafico.

Esercizio 6.3 (5) (identità trigonometriche)

Giustificare, mediante considerazioni geometriche, le seguenti uguaglianze:

1°) sinH-xL = -sin x;

2°) sinHx + pL = -sin x;

3°) sinIx + p

2M = cos x;

4°) sin2 x + cos2 x = 1.

Soluzione.

Utilizzare il cerchio goniometrico e l'interpretazione di sin x e cos x come lunghezze di segmenti orientati.

Esercizio 6.3 (6) (periodicità)

Dire se le seguenti funzioni sono periodiche, e di quale periodo.

1°) cosIx2M;2°) logH2 + cos xL;3°) 2 + sinI x M;4°) sin x cos x;

5°) cos2H3 xL + 1 ;

6°) sin x tan x.

Soluzione.

La 2°) è periodica di periodo 2 p, la 4°) di periodo p, la 5°) di periodo p

3 e la 6°) di periodo 2 p.

Esercizio 6.3 (7) (periodicità)

Dire quale delle seguenti funzioni è periodica, e di quale periodo.

f HxL = sinI 1

xM, f HxL = cosH4 xL, f HxL = 1 + tg2 x ,

f HxL = cosI x M, f HxL = tgH2 xL + sin x.

Soluzione.

La 2°) è periodica di periodo p

2, la 3°) di periodo p, la 5°) di periodo 2 p.

Esercizio 6.3 (8) (arcoseno e arcocoseno)

Verificare che il grafico della funzione arcocoseno può essere ottenuto da quello della funzione arcoseno mediante

simmetrie e traslazioni.

Soluzione.

Si ha infatti arcos x = -arcsin x +p

2.

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Esercizio 6.3 (9) (arcoseno e arcocoseno)

Definire una funzione arcoseno “personalizzata”, come inversa della restrizione della funzione seno ad un intervallo

diverso da A- p

2,p

2E.

Soluzione.

Ad esempio possiamo restringere il grafico della funzione seno all'intervallo A p2

,3 p

2E, in cui è strettamente decrescente e

quindi invertibile. Denotata con mioarcsin x questa inversa, il suo grafico è:

-1 1x

p

2

3 p

2

y

f HxL=mioarcsin x

Esercizio 6.3 (10) (arcoseno e arcocoseno)

Sappiamo che arcsinHsin xL = x per ogni x appartenente all'intervallo A- p

2,p

2E; ma fuori da tale intervallo l'uguaglianza

vale ancora?

Soluzione.

La risposta è, ovviamente, negativa; infatti, osservando, ad esempio, che sin p = 0, si ha: arcsinHsin pL = arcsinH0L = 0 ∫ p.

Proviamo ancora, ad esempio con x =3 p

2: osserviamo che

sinI 3 p

2M = -1,

pertanto

arcsinIsinI 3 p

2MM = arcsinH-1L = - p

2∫

3 p

2.

Ora, se ad esempio p

2§ x §

3 p

2, si ha sin x = sinHp - xL, e d'altra parte p - x œ A- p

2,p

2E, quindi, per ogni

p

2§ x §

3 p

2, si ha:

arcsinHsin xL = arcsinHsinHp - xLL = p - x.

Analogamente, se 3 p

2§ x §

5 p

2, si ha sin x = sinHx - 2 pL, con x - 2 p œ A- p

2,p

2E, e quindi, per ogni

3 p

2§ x §

5 p

2, si ha:

arcsinHsin xL = arcsinHsinHx - 2 pLL = x - 2 p.

Generalizzando queste osservazioni si ha che:

arcsinHsin xL =

x se -p

2§ x §

p

2

p - x sep

2§ x §

3 p

2

x - 2 p se3 p

2§ x §

5 p

2

ª ª

da cui il grafico:

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-3 p

2-

5 p

2 -p

2

p

2

3 p

2

5 p

2

x

-p

2

p

2

y

Esercizio 6.3 (11) (traslazioni)

Disegnare il grafico delle seguenti funzioni.

f HxL = 1 - 3 arcsinHx + 1L, f HxL = p - arcosHx + 3L,

f HxL = log 1

2

Hx + 1L .

Soluzione.

I grafici sono i seguenti.

-2x

1-3 p

2

1+3 p

2

y

f HxL=1-3arcsinHx+1L

-4 -2x

p

y

f HxL=p-arcosHx+3L

x

y

f HxL=†log1ê2Hx+1L§

Esercizio 6.3 (12) (Ingettività, surgettività, inverse)

Determinare dominio di definizione e codominio delle seguenti funzioni, stabilire se sono ingettive e/o surgettive e,

quando possibile, determinarne l'inversa.

f HxL = logIx2M, f HxL = ¢ x3 ¶, f HxL = ‰arcsin x,

f HxL = logHarctg xL.

Soluzione.

La funzione f HxL = logIx2M è definita in �*, è pari, non è ingettiva ma è surgettiva. La funzione f HxL = ¢ x3 ¶ è definita in

tutto �, è pari, non è ingettiva e il suo codominio è �+; la funzione f HxL = ‰arcsin x è definita per -1 § x § 1, è

strettamente crescente quindi è invertibile. Il suo codominio è l'intervallo A‰-pê2, ‰pê2E. La funzione f HxL = logHarctg xL è

definita per x > 0, strettamente crescente, invertibile con codominio F -¶, logJ p2

NB.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

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6.4 Dominio di definizione

Nei paragrafi precedenti abbiamo introdotto molte funzioni elementari, ciascuna definita in un ben preciso insieme;

vediamo ora come determinare l'insieme di definizione di funzioni ottenute sommando, moltiplicando o componendo

queste funzioni elementari.

à Dominio di definizione di somma, prodotto e quoziente di funzioni

Diamo anzitutto la seguente definizione.

Definizione 6.4 (1) (Insieme di definizione)

Se f HxL è una funzione reale di una variabile reale, si dice insieme di definizione di f , e si denota con DH f L, l'insieme:

DH f L = 9 x œ � f HxL œ � =.Ad esempio, l'insieme di definizione della funzione f HxL = x - 3 è l'intervallo DH f L = @3, +¶@, dato che per x < 3 il

numero x - 3 non è un numero reale.

Siano ora f HxL e gHxL due funzioni assegnate; ovviamente per poter calcolare la funzione somma f HxL + gHxL, o il

prodotto f HxL gHxL, è necessario poter calcolare sia f HxL che gHxL, pertanto il dominio di definizione della funzione

somma f + g e della funzione prodotto f ÿg, è l'intersezione dei domini di definizione di f e di g.

In simboli:

DH f + gL = DH f L › DHgL, e DH f ÿgL = DH f L › DHgL.

Esempio 6.4 (1)

Il dominio di definizione della funzione f HxL = 2 - x è D -¶, 2D, quello della funzione gHxL = x è @0, +¶@, quindi

il dominio di definizione della funzione f HxL + gHxL = 2 - x + x è D -¶, 2D › @0, +¶@ = @0, 2D.Se poi f HxL è una funzione data, il dominio di definizione della funzione gHxL = 1

f HxL si ottiene togliendo dal dominio di

definizione di f gli eventuali valori x per i quali f HxL = 0.

In simboli:

DJ 1

fN = DH f L\9 x œ DH f L f HxL = 0 =.

Esempio 6.4 (2)

La funzione f HxL = log x è definita per x > 0, e si annulla per x = 1, quindi il dominio di definizione di gHxL = 1

log x è

D 0, 1@‹D 1, +¶@.Infine, il dominio di definizione del quoziente

f HxLgHxL si ottiene togliendo da DH f L › DHgL gli eventuali valori x che

annullano il denominatore. In simboli:

DJ f

gN = DH f L › DHgL\9 x œ DHgL gHxL = 0 =.

Esempio 6.4 (3)

La funzione f HxL = log x è definita per x > 0, la funzione gHxL = 2 - x è definita per x § 2 e si annulla per x = 2, quindi

il dominio di definizione di f HxLgHxL =

log x

2-x è D 0, +¶@‹D -¶, 2D\82< =D 0, 2@.

à Dominio di definizione delle funzioni composte

Sia hHxL = gH f HxLL una funzione composta dalle due funzioni assegnate f HxL e gHxL. Se x œ �, per poter calcolare hHxL, si

deve anzitutto poter calcolare f HxL, cioé si deve avere x œ DH f L; si deve poi poter calcolare gH f HxLL, cioé dev'essere

anche f HxL œ DHgL.In altri termini, il dominio di definizione della funzione composta hHxL = gH f HxLL è costituito dagli x œ DH f L per i quali si

ha anche f HxL œ DHgL.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari4. Dominio di definizione

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Settembre 2014

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In simboli:

DHhL = 9 x œ DH f L f HxL œ DHgL =.

Esempio 6.4 (4)

Sia hHxL = arcsinHlog xL; se x è un numero reale qualsiasi, per calcolare hHxL, è anzitutto necessario calcolare log x, e per

questo dev'essere x > 0; è poi necessario poter calcolare arcsinHlog xL, e per questo dev'essere -1 § log x § 1, cioé1

‰§ x § ‰.

Esempio 6.4 (5)

Calcolare il dominio di definizione di hHxL = logJ 1

1-log xN.

Si deve imporre che sia:

x > 0

1 - log x ∫ 0

1

1-log x> 0

e poiché:

x > 0

1 - log x ∫ 0

1

1-log x> 0

ñ

x > 0

x ∫ ‰

0 < x < ‰

ñ 0 < x < ‰,

si ha DHhL =D 0, ‰@.Per funzioni composte da tre o più funzioni elementari, si procede allo stesso modo.

Esempio 6.4 (6)

Calcolare il dominio di definizione di hHxL = log ‰sin x - 14

.

La funzione data è composta dalle seguenti funzioni:

xØH1L

sin xØH2L‰sin x - 1Ø

H3L‰sin x - 1

4

ØH4L

log ‰sin x - 14

.

Le prime due funzioni componenti possono essere calcolate senza imporre alcuna restrizione ad x in quanto sia la

funzione sin x che la funzione esponenziale sono definite in tutto �. Per calcolare la H3L si deve imporre che sia

‰sin x - 1 ¥ 0, perché la funzione radice quarta è definita in �+; per calcolare la H4L si deve imporre che sia

‰sin x - 14

> 0 per il dominio di definizione del logaritmo.

In definitiva:

‰sin x - 1 ¥ 0

‰sin x - 14

> 0 ñ ‰sin x - 1 > 0 ñ sin x > 0 ñ k p < x < k p + 2 k p, con k œ�.

Dunque il dominio di definizione di h è costituito dagli infiniti intervalli D k p, k p + 2 k p@, con k œ�.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

6. Le funzioni elementari4. Dominio di definizione

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7 Disequazioni razionali e irrazionali

Nel presente capitolo richiameremo i metodi per la risoluzione delle disequazioni razionali, razionali fratte e irrazionali.

Le disequazioni sono un argomento di fondamentale importanza per il nostro corso, dato che, senza di esse, non

potremmo, ad esempio, calcolare il dominio di definizione di una funzione o studiarne la monotonia attraverso la derivata

prima, come vedremo meglio in seguito.

Nei successivi capitoli vedremo come si risolvono alcuni tipi di disequazioni che coinvolgono la funzione esponenziale,

il logaritmo e le funzioni trigonometriche.

7.1 Generalità sulle disequazioni

Una disequazione è un'espressione del tipo f HxL > 0, oppure f HxL § 0, ecc. ecc.; ad esempio, l'espressione

7.1 (1)x Ix - x2M - 1 < 0

è una disequazione.

Una disequazione può essere riguardata come un predicato, nel senso che è un'espressione contenente una variabile, e

che non è, di per se, né vera, né falsa. Ovviamente essa diventa vera o falsa quando alla variabile x si attribuiscono

determinati valori. Ad esempio, se nella 7.1.0 - 1 poniamo x = 0, il primo membro vale −1, quindi la 7.1.0 - 1 diventa

-1 < 0, che è un'espressione vera.

Una disequazione, come ogni predicato, può anche essere priva di significato (cioé né vera né falsa) per alcuni valori di

x. Ad esempio, la 7.1.0 - 1 non ha senso per x negativo, dato che nel campo reale non esiste x per x < 0.

Risolvere una disequazione significa determinare l'insieme dei valori di x che la rendono vera. Tale insieme è l'insieme

delle soluzioni della disequazione data.

In generale, per risolvere una disequazione, si cerca di trasformarla in altre mediante le operazioni quali la

decomposizione in fattori, elevamento a potenza ecc. ecc., fino ad arrivare ad una disequazione più facilmente risolubile.

Supponiamo ad esempio, di voler risolvere la disequazione 4 x + 3 § 0. Chiaramente possiamo portare 3 al secondo

membro e poi dividere per 4:

4 x + 3 § 0 ñ 4 x § -3 ñ x § -3

4.

I due segni di equivalenza ñ stanno ad indicare che le disequazioni sono “equivalenti”, cioé hanno esattamente le

stesse soluzioni.

Il principale problema nella risoluzione delle disequazioni consiste esattamente nell'eseguire delle trasformazioni sulla

disequazione di partenza che, da un lato, la rendano più semplice, e, dall'altro, non facciano perdere soluzioni o

acquistarne altre “false”.

Consideriamo la disequazione x2 < x. Potremmo pensare di risolverla semplificando nel modo seguente:

7.1 (2)x2 § x ñ x § 1.

Tale equivalenza, tuttavia, è errata, infatti la disequazione x2 § x si riconduce alla disequazione di secondo grado

x2 - x § 0, che è soddisfatta per valori interni all'intervallo delle radici (come vedremo meglio in seguito), cioé per

0 § x § 1.

In questo caso l'errore è dovuto al fatto che non è possibile dividere entrambe i membri della disequazione x2 § x per x

conservandone il verso, in quanto, essendo x una variabile e non un numero prefissato, x può assumere valori negativi.

Tale errore ha portato, in questo caso, ad acquistare �+ l'intervallo D -¶, 0@ di soluzioni false.

La doppia implicazione nella 7.1.0 - 2 è quindi errata, mentre si potrebbe invece scrivere x2 § xfl x § 1, vale a dire, se

un numero x verifica la disequazione x2 § x, allora verifica anche la x § 1, mentre non vale il viceversa.

Osserviamo che alla disequazione f HxL > 0 (ad esempio), si può dare un'ovvia interpretazione grafica: se sappiamo

tracciare il grafico di f HxL, l'insieme S delle soluzioni di tale disequazione è tale che il grafico di f ristretto ad S si trova

tutto al di sopra dell'asse x.

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7. Disequazioni razionali e irrazionali1. Generalità sulle disequazioni

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Settembre 2014

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Più in generale, risolvere una disequazione della forma f HxL > gHxL, o altre analoghe, equivale a determinare l'insieme S

dei valori di x tali che il grafico di f S sia tutto al di sopra di quello di g S .

Osservando il grafico seguente:

1x

y

ci convinciamo facilmente del fatto che la disequazione x2 § x è soddisfatta in S = @0, 1D. Infatti in tale intervallo il

grafico della parabola f HxL = x2 è al di sotto di quello della retta y = x, e anzi la tocca solo per x = 0 e per x = 1.

Purtroppo, non sempre è facile tracciare il grafico delle funzioni coinvolte in una data disequazione; viceversa si usano

proprio le disequazioni per studiare il grafico delle funzioni.

Alle volte è necessario studiare sistemi di disequazioni. Ad esempio, risolvere il sistema

f HxL < 0

g HxL > 0

significa risolvere le singole disequazioni f HxL < 0 e gHxL > 0, determinandone i rispettivi insiemi X1 e X2 di soluzioni.

L'insieme delle soluzioni del sistema dato sarà poi S = X1 › X2, cioé l'intersezione degli insiemi X1 ed X2. Dunque le

soluzioni del sistema sono quei valori di x che risolvono entrambe le disequazioni.

A volte può capitare che una singola disequazione sia equivalente ad uno o più sistemi di disequazioni, come vedremo in

seguito.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

7. Disequazioni razionali e irrazionali1. Generalità sulle disequazioni

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Settembre 2014

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7.2 Disequazioni di primo e secondo grado

Una disequazione di primo grado è del tipo

a x + b § 0, a x + b ¥ 0, a x + b < 0, a x + b > 0.

Esempio 7.2 (1)

Risolvere la disequazione -5 x + 3 § 0.

Si ha

-5 x + 3 § 0 ñ 3 § 5 x ñ3

5§ x.

Dunque l'insieme S delle sue soluzioni è S = A 3

5, +¶ A.

Una disequazione di secondo grado è del tipo

a x2 + b x + c § 0, a x2 + b x + c ¥ 0, a x2 + b x + c < 0, a x2 + b x + c § 0.

L'espressione a x2 + b x + c prende il nome di trinomio di secondo grado e i numeri a, b, c, si dicono coefficienti del

trinomio.

Risolvere una disequazione di secondo grado significa, in definitiva, studiare il segno di tale trinomio. Per fare ciò, si

decompone, se è possibile, il trinomio in fattori di primo grado (o lineari), e si applica la regola dei segni.

Come sappiamo, le radici dell'equazione a x2 + b x + c = 0 sono date dalla formula

x1ê2 = -b≤ b2-4 a c

2 a,

dove D ª b2 - 4 a c è il discriminante dell'equazione.

Com'è noto, si hanno i seguenti tre casi.

1°) caso: D > 0. Allora si hanno due radici reali e distinte x1 e x2, e si ha la seguente decomposizione in fattori del

trinomio:

a x2 + b x + c = a Hx - x1L Hx - x2L.2°) caso: D = 0. Si hanno allora due radici reali coincidenti: x1 = x2 = x0 = -

a b

2, e allora si ha:

a x2 + b x + c = a Hx - x0L2.

3°) caso: D < 0. In questo caso le radici del trinomio sono complesse coniugate.

Corrispondentemente il trinomio non è più decomponibile in fattori lineari. Dette a ≤ Â b le due radici complesse

coniugate, si vede facilmente che:

a x2 + b x + c = a IHx - aL2 + b2M.Corrispondentemente, per lo studio del segno, si hanno pure tre casi.

1°) caso. Supponiamo che D > 0, per cui si ha: a x2 + b x + c = a Hx - x1L Hx - x2L. Supponiamo, per semplicità, che il

primo coefficiente a del trinomio sia strettamente positivo: a > 0. Allora il segno di a x2 + b x + c dipenderà solo dal

segno dei due fattori Hx - x1L e Hx - x2L.Per studiare il segno del prodotto di questi due fattori, usiamo il seguente metodo: segniamo le soluzioni delle

disequazioni x - x1 ¥ 0 e x - x2 ¥ 0 su due rette orizzontali parallele come nel seguente disegno:

x-x1 ¥ 0x1

x-x2 ¥ 0x2

Le zone tratteggiate indicano che la corrispondente disequazione non è soddisfatta, mentre la linea continua indica i

valori che soddisfano la corrispondente disequazione.

Il punto pieno sulla prima linea indica che la disequazione x - x1 ¥ 0 è soddisfatta anche per il valore x = x1, e

analogamente per l'altra disequazione.

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7. Disequazioni razionali e irrazionali2. Disequazioni di primo e secondo grado

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Settembre 2014

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Possiamo ora studiare facilmente il segno di a x2 + b x + c. Infatti, i due tratteggi sovrapposti indicano che entrambe i

fattori x - x1 e x - x2 sono negativi, il che accade per x § x1, e il primo di essi, cioé x - x1 si annulla per x = x1, mentre

per x1 < x < x2 il primo fattore è strettamente positivo, mentre il secondo è strettamente negativo, ecc. ecc..

In conclusione, applicando la regola dei segni, si ha che:

a x2 + b x + c

> 0 per x < x1 e per x2 < x

< 0 per x1 < x < x2

= 0 per x = x1 e per x = x2

come si vede nel seguente grafico riassuntivo:

x-x1 ¥ 0x1

x-x2 ¥ 0x2

ax2 + bx + c ¥ 0x1 x2

Dal punto di vista grafico, la funzione f HxL = a x2 + b x + c rappresenta, come abbiamo ricordato, una parabola con la

concavità rivolta verso l'alto, dato che stiamo supponendo a > 0. La conclusione della precedente discussione può essere

illustrata dal seguente disegno:

x1 x2

x

y

2°) caso: supponiamo D = 0, per cui

a x2 + b x + c = a Hx - x0L2.

In questo caso, il fattore Hx - x0L2 è sempre strettamente positivo, e si annulla solo per x = x0 = -a b

2. Di conseguenza

(sempre supponendo a > 0) si ha a x2 + b x + c ¥ 0 per ogni x œ �, ed anche a x2 + b x + c > 0 per x ∫ -a b

2.

Il corrispondente grafico è il seguente:

x0

x

y

3°) caso: supponiamo ∆ < 0, per cui

a x2 + b x + c = a IHx - aL2 + b2M.In questo caso, il fattore Hx - aL2 + b2 è sempre strettamente positivo, per ogni valore di x œ�. Dal punto di vista

grafico, ciò significa che la parabola f HxL = a x2 + b x + c è tutta al di sopra dell'asse delle x:

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x

y

Riassumiamo la precedente discussione nella seguente animazione.

a

b

c

disequazione a x2+b x+c > 0 a x2+b x+c ¥ 0 a x2+b x+c < 0 a x2+b x+c § 0

a x2+b x+c > 0

a > 0 D < 0

Sempre

Osservazione.

Ricordiamo che, se il secondo coefficiente b dell'equazione a x2 + b x + c = 0 è facilmente divisibile per due, è

conveniente applicare, per il calcolo delle radici, la formula ridotta:

x1ê2 =-b1≤ b1

2-a c

a

dove b1 è uguale alla metà del secondo coefficiente, e la quantità che compare sotto radice è uguale ad un quarto del

discriminante: D

4= b1

2 - a c.

Osservazione.

(Particolarmente importante). Alcune disequazioni di secondo grado possono avere nulli alcuni coefficienti, e

presentarsi in forma tale da trarre in errore.

Ad esempio, la disequazione x2 > 0 è una disequazione di secondo grado con D = 0 e con x0 = 0 come radice doppia,

pertanto è soddisfatta per ogni x œ �, con x ∫ 0.

Sarebbe invece un grave errore scrivere x2 > 0ñ x > 0, ritenendo di poter semplicemente estrarre la radice quadrata di

entrambe i membri.

Un altro caso simile a questo è rappresentato dalla disequazione x § x2 o altre analoghe. Si ha infatti

x § x2 ñ x2 - x ¥ 0,

e poiché x2 - x = 0 per x1 = 0 e per x2 = 1, la disequazione data è soddisfatta per x § 0 e per 1 § x.

Anche in questo caso, sarebbe un grave errore scrivere semplicemente x § x2 ñ 1 § x, perdendo “metà” delle soluzioni.

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7.3 Esercizi

Esercizio 7.3 (1)

Risolvere la disequazione 3 x + 10 - x2 ¥ 0.

Soluzione.

Si ha: 3 x + 10 - x2 ¥ 0 ñ x2 - 3 x - 10 § 0.

Poiché x1ê2 = 3≤ 9+40

2=

3≤7

2, si ha x1 = -2, x2 = 5, e quindi la disequazione data è soddisfatta per x œ @-2, 5D (estremi

inclusi).

Esercizio 7.3 (2)

Risolvere la disequazione 9 + x2 - 6 x > 0.

Soluzione.

Si ha: 9 + x2 - 6 x > 0 ñ x2 - 6 x + 9 > 0. Poiché x1ê2 = 3≤ 9-9

1= 3, cioé l'equazione ha due radici coincidenti, la

disequazione data è soddisfatta per ogni x œ� diverso da x = 3, in quanto per x = 3 il primo membro della disequazione

si annulla, e non è strettamente positivo.

Esercizio 7.3 (3)

Risolvere le seguenti disequazioni di secondo grado.

Disequazione

Soluzione Reset

Soluzione.

Utilizzare l'animazione precedente.

Esercizio 7.3 (4)

E' data la disequazione a x2 + b x + c § 0. Dire qual'è il segno del primo coefficiente a e del discriminante D = b2 - 4 a c

nei seguenti casi:

1°) La disequazione è soddisfatta per ogni x œ �;

2°) è soddisfatta per x œ @2, 5D;3°) è soddisfatta per x § -4 e per 7 § x;

4°) non è mai soddisfatta.

Soluzione.

1°) a < 0 e D § 0;

2°) a > 0 e D > 0;

3°) a < 0 e D > 0;

4°) a > 0 e D < 0.

Esercizio 7.3 (5)

Scrivere una disequazione di secondo grado che sia soddisfatta:

1°) solo per x = 10;

2°) per ogni x;

3°) mai;

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4°) per 1 < x < 2;

5°) per x § 1 e per 2 § x.

Soluzione.

1°) Ad esempio Hx - 10L2 § 0, cioé x2 - 20 x + 100 § 0;

2°) ad esempio x2 + 1 ¥ 0;

3°) ad esempio x2 < 0;

4°) ad esempio la disequazione Hx - 1L Hx - 2L < 0, cioé x2 - 3 x + 2 < 0;

5°) ad esempio la disequazione Hx - 1L Hx - 2L ¥ 0, cioé x2 - 3 x + 2 ¥ 0.

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7.4 Disequazioni di grado superiore al secondo

I principi che ci hanno consentito lo studio della disequazione di secondo grado, si applicano anche allo studio di

disequazioni di grado superiore al secondo. Il metodo che si adopera in tal caso consiste infatti nel fattorizzare la

disequazione data in fattori lineari o quadratici, o di cui, comunque, si sa studiare il segno, e poi, per risolvere la

disequazione data, si applica la regola dei segni.

à Caso generale: polinomi fattorizzati

Iniziamo a considerare il caso in cui la disequazione data si presenta già “fattorizzata”.

Esempio 7.4 (1)

Risolvere la disequazione Hx + 2L Hx + 5L Hx - 3L § 0.

Svolgimento. In questo caso, il primo membro della disequazione è prodotto di tre fattori lineari, di cui possiamo

benissimo conoscere il segno. La situazione è illustrata dal seguente grafico:

x+2 ¥ 0 −2

x+5 ¥ 0 −5

x-3 ¥ 0 3

Notiamo che a fianco delle rette orizzontali compaiono tre disequazioni col segno ¥, anche se nella disequazione data vi

è il segno §. Applichiamo ora la regola dei segni, ottenendo il quadro completo del segno di Hx + 2L Hx + 5L Hx - 3L. Ora,

poiché la nostra disequazione richiede che sia Hx + 2L Hx + 5L Hx - 3L § 0, possiamo dire che essa è soddisfatta nell'insieme

S =D -¶ , -5D ‹ @-2, 3D:x+2 ¥ 0

−2

x+5 ¥ 0−5

x-3 ¥ 03

Hx+2L Hx+5L Hx-3L § 0−5 −2 3

Osservazione.

Non sempre è necessario svolgere esplicitamente tutto il ragionamento precedente. Ad esempio, per risolvere la

disequazione

I4 x4 + 2 x2 + 1M I1 - x2M > 0,

basta osservare che, ovviamente, il primo fattore 4 x4 + 2 x2 + 1 è sempre strettamente positivo, per cui possiamo

scrivere:

I4 x4 + 2 x2 + 1M I1 - x2M > 0 ñ 1 - x2 > 0 ñ x2 - 1 < 0,

e l'ultima disequazione è soddisfatta per x œD - 1, 1@, pertanto l'insieme delle soluzioni della disequazione data è:

S =D - 1, [email protected] 7.4 (2)

Risolvere la disequazione Ix2 + 1M I1 - x2M Hx - 3L Ix2 - 3 x + 2M < 0.

Svolgimento. Diamo anzitutto un'occhiata alla disequazione che vogliamo risolvere. Essa si presenta come il prodotto di

quattro fattori, tutti di secondo grado. E' evidente che il primo di essi, cioé x2 + 1 è strettamente positivo, pertanto non

conta niente per il segno, e può essere trascurato.

Inoltre, essendo la diseguaglianza stretta, dovremo escludere i valori che annullano i singoli fattori.

Lo studio del segno del fattore 1 - x2 è immediato:

1 - x2 > 0 ñ x2 - 1 < 0 ñ -1 < x < 1.

Anche lo studio del segno di x - 3 è ovvio.

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Settembre 2014

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Risolviamo ora la disequazione x2 - 3 x + 2 > 0; si ha: x1ê2 = 3≤ 9-8

2, quindi x1 = 1, x2 = 2. Di conseguenza

x2 - 3 x + 2 > 0ñ x < 1 oppure 2 < x.

In definitiva si ha la seguente situazione (trascurando il primo fattore sempre positivo):

1-x2 > 0 −1 1

x-3 > 0 3

x2-3x+2 > 0 1 2

I cerchietti vuoti indicano che i corrispondenti valori non soddisfano la relazione scritta a sinistra della retta su cui si

trovano. Si ha dunque S =D - 1, 1@ ‹D 1, 2@ ‹ D 3, +¶ @:1-x2 > 0 −1 1

x-3 > 0 3

x2-3x+2 > 0 1 2

Hx2+1L H1-x2L Hx-3L Hx2-3 x+2L < 0 −1 1 2 3

Notiamo che il valore x = 1 è escluso, in quanto annulla il primo membro della disequazione.

Esempio 7.4 (3)

Risolvere la disequazione x H1 - xL2 Hx + 2L > 0.

Svolgimento. La disequazione si presenta come prodotto di tre fattori. Di questi, il fattore H1 - xL2 è maggiore o uguale a

zero, dato che si annulla se e solo se x = 1.

Invece di studiare il segno dei due fattori x e x + 2 separatamente, può essere più pratico osservare che

x Hx + 2L = x2 + 2 x > 0 per x < -2 e per x > 0. Dunque:

H1 - xL2 > 01

x Hx+2L > 0 −2 0

x H1-xL2 Hx+2L > 0 −2 0 1

Pertanto S =D -¶ , -2@ ‹D 0, 1@ ‹ D 1, +¶ @.Esercizio 7.4 (1)

Risolvere le seguenti disequazioni:

Disequazione

Soluzione Reset

Esercizio 7.4 (2)

Scrivere una disequazione che sia soddisfatta nell'insieme S = @0, 1D ‹ @2, 3D.

Soluzione.

Il polinomio x Hx - 1L Hx - 2L Hx - 3L si annulla proprio nei quattro punti 0, 1, 2, 3. Provare a studiarne il segno...

Esercizio 7.4 (3)

Scrivere una disequazione che sia soddisfatta negli insiemi:

1°) S =D -¶ , 3D ‹ @4, 5D;2°) S =D -¶, 3D, con x ∫ 1;

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3°) S =D 2, 3@ ‹ D 5, +¶@.

Soluzione.

Per il primo insieme provare con un polinomio del tipo Hx - 3L Hx - 4L Hx - 5L, e così anche per il terzo. Per il secondo

utilizzare Hx - 1L2...

Esercizio 7.4 (4)

Dire quali delle seguenti disequazioni possono essere risolte "a vista'', cioé senza svolgere nessun calcolo:

1°) 3 x4 + 2 x2 + 1 < 0;

2°) x10 + 2 x3 - x > 0;

3°) x2 Ix3 + x2 + 1M < 0;

4°) Hx - 5L4 Hx - 4L ¥ 0.

Soluzione.

Ovviamente la prima e la quarta.

à Caso generale: decomposizione in fattori

Purtroppo, non sempre un polinomio si presenta già decomposto in fattori, ed è quindi importante ricordare i metodi

necessari per effettuare una tale decomposizione.

Ricordiamo che, se è nota una radice x1 di un polinomio pHxL di grado n, allora si ha la decomposizione

pHxL = Hx - x1L qHxL,dove qHxL è un polinomio di grado n - 1. Se poi si riesce a trovare una radice x2 di qHxL, intanto essa sarà anche radice di

pHxL, e si ha la decomposizione

pHxL = Hx - x1L Hx - x2L rHxL,dove rHxL è di grado n - 2, e così via.

Naturalmente il problema consiste proprio nel trovare le radici del polinomio pHxL. Questo, per polinomi di grado

maggiore di due, può essere molto difficile. Anzi, per polinomi di grado maggiore o uguale a cinque, non esiste (e non

può esistere) alcuna formula risolutiva generale.

Esiste però un caso, abbastanza frequente, in cui è possibile trovare facilmente le radici di un dato polinomio,

indipendentemente dal grado, ed è il caso in cui il polinomio ammette radici razionali.

Scriviamo il generico polinomio pHxL nella forma:

pHxL = an xn + an-1 xn-1 + a1 x +∫ + a0.

Il primo coefficiente an si suppone diverso da zero, in modo che pHxL sia un polinomio di grado n. L'ultimo coefficiente

a0 (che può essere, eventualmente, nullo) si dice termine noto. Si ha il seguente risultato.

Teorema 7.4 (1) (Radici intere di un polinomio)

Se il polinomio pHxL è a coefficienti interi (relativi), e il primo coefficiente an è uguale ad uno, le eventuali radici intere

relative del polinomio pHxL si trovano tra i divisori del termine noto a0.

Dimostrazione.

Supponiamo che p œ� sia una radice del polinomio:

an xn + an-1 xn-1 +∫ + a1 x + a0,

i cui coefficienti an, ∫, a0 si suppongono interi relativi. Si ha allora:

an pn + an-1 pn-1 +∫ + a1 p + a0 = 0,

e quindi:

a0 = -Ian pn + an-1 pn-1 +∫ + a1 pM.Mettendo p in evidenza, si ha:

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

7. Disequazioni razionali e irrazionali4. Disequazioni di grado superiore al secondo

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Settembre 2014

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a0 = -Ian pn-1 + an-1 pn-2 +∫ + a1M p.

Poiché il numero tra parentesi è un intero relativo, a0 è un multiplo di p, cioé p è un divisore di a0. à

Il significato del teorema appena dimostrato è il seguente: non è detto, ovviamente, che un dato polinomio (a coefficienti

interi) abbia radici intere, però, se ne ha una, questa è certamente tra i divisori del termine noto. Ad esempio, l'equazione

di secondo grado x2 - 2 = 0 ammette le soluzioni x1ê2 = ≤ 2 . D'altra parte, i divisori del termine noto a0 = -2 sono:

≤1, ≤2, e nessuna di queste è radice del polinomio.

Esercizio 7.4 (5)

Determinare le eventuali radici intere del polinomio pHxL = x3 + 3 x2 + 4 x + 2.

Soluzione.

Il polinomio è a coefficienti interi, e il primo coefficiente è uguale ad 1, pertanto è applicabile il teorema precedente. I

divisori del termine noto, cioé di 2 sono i quattro numeri: ≤1, ≤2. Sostituendo nel polinomio pHxL otteniamo:

pH1L = 10, pH-1L = 0, pH2L = 30, pH-2L = -2.

Pertanto pHxL possiede la sola radice intera x = -1.

Esercizio 7.4 (6)

Determinare le eventuali radici intere del polinomio pHxL = x4 - 2 x3 - 2 x2 + 5 x - 2.

Soluzione.

Il teorema precedente è applicabile, i divisori del termine noto sono ancora i quattro numeri ≤1, ≤2, e sostituendoli in

pHxL si trova:

pH1L = 0, pH-1L = 4, pH2L = 0, pH-2L = 12,

pertanto pHxL possiede le due radici intere x = 1 e x = 2.

Vediamo ora un caso leggermente più generale, in cui il primo coefficiente del polinomio pHxL non è più necessariamente

uguale ad uno.

Teorema 7.4 (2) (Radici razionali di un polinomio)

Se il polinomio pHxL è a coefficienti interi (relativi), le sue eventuali radici razionali sono della forma p

q, dove p è un

divisore del termine noto a0, e q è un divisore del primo coefficiente an.

Dimostrazione.

Supponiamo che p

q sia una radice razionale del polinomio (a coefficienti interi)

an xn + an-1 xn-1 + a1 x +∫ + a0.

Possiamo supporre p

q ridotto ai minimi termini, cosicché p e q non hanno divisori comuni. Sostituendo nel polinomio

abbiamo:

anpn

qn+ an-1

pn-1

qn-1+∫ + a1

p

q+ a0 = 0,

pertanto, moltiplicando per qn:

7.4 (1)an pn + an-1 pn-1 q +∫ + a1 p qn-1 + a0 qn = 0,

da cui:

a0 qn = -Ian pn + an-1 pn-1 q +∫ + a1 p qn-1M = -Ian pn-1 + an-1 pn-2 q +∫ + a1 qn-1M p,

il che dimostra che p è un divisore di a0 qn. Ora, poiché stiamo supponendo che p non sia divisore di q, p non può essere

neanche divisore di qn, pertanto p è un divisore di a0.

Per dimostrare che q è un divisore del primo coefficiente an, si ragiona in modo analogo; infatti, sempre dalla 7.4 (1), si

ha:

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

7. Disequazioni razionali e irrazionali4. Disequazioni di grado superiore al secondo

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Settembre 2014

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an pn = -Ian-1 pn-1 + a1 p qn-2 +∫ + a0 qn-1M q,

quindi q è un divisore di an pn; non potendo esserlo di pn, è necessariamente divisore di an. à

Osservazione. Il teorema precedente, sulle radici intere, è un caso particolare di questo, infatti se an = 1, gli unici

divisori di an sono ≤1, quindi le frazioni del tipo p

q si riducono ai soli divisori del termine noto.

Esercizio 7.4 (7)

Determinare le eventuali radici razionali del polinomio pHxL = 8 x3 - 56 x2 - 2 x + 14.

Soluzione.

Il polinomio è a coefficienti interi. Per semplificare i calcoli, in questo caso possiamo dividere preliminarmente per 2,

ottenendo il polinomio p1HxL = 4 x3 - 28 x2 - x + 7, che ha le stesse radici di quello dato.

Scriviamo ora i divisori del termine noto che è 7: ≤1, ≤7.

Scriviamo ora i divisori del primo coefficiente, che è 4: otteniamo ≤1, ≤2, ≤4.

Formiamo ora tutte le frazioni del tipo p

q; otteniamo i seguenti numeri razionali:

± 1, ≤1

2, ≤

1

4, ≤7, ≤

7

2, ≤

7

4.

Tra essi vanno ricercate, mediante sostituzione in p1HxL le radici razionali. Sostituendo questi 6 valori in p1HxL, otteniamo

che solo x1 =1

2, x2 = -

1

2 e x3 = 7 sono radici. Poiché il polinomio è di terzo grado, abbiamo trovato tutte le sue radici.

Esercizio 7.4 (8)

Determinare le eventuali radici razionali del polinomio pHxL = 3

4x3 - 2 x2 +

1

2.

Soluzione.

Questa volta il polinomio non è a coefficienti interi. Possiamo però moltiplicare per 4 ottenendo p1HxL = 3 x3 - 8 x2 + 2,

che ha le stesse radici.

Divisori di 2: ≤1, ≤2.

Divisori di 3: ≤1, ≤3.

Eventuali radici razionali: ≤1, ≤1

3, ≤2, ≤

2

3. Sostituendo in p1HxL otteniamo:

p1H≤1L = ¡ 3 p1H≤ 1

3L = ≤ 11

9p1H≤2L = ¡ 6 p1H≤ 2

3L = ¡ 2

3

Pertanto il polinomio non ammette radici razionali.

Osservazione.

Come si è visto, un polinomio a coefficienti razionali può essere ricondotto ad uno a coefficienti interi. Esempi di

polinomi a coefficienti non razionali sono i seguenti:

x3 - 2 x + 1 = 0, p x2 - 2 = 0, x3 - 3 x + log 2 = 0.

Ad essi non è applicabile il teorema precedente.

Se è nota una qualsiasi radice x1, razionale o non razionale di pHxL, è possibile ottenere una decomposizione del tipo

pHxL = Hx - x1L qHxL, di grande utilità per la risoluzione delle disequazioni, utilizzando la regola di Ruffini.

Ricordiamo tale procedimento nei seguenti esercizi.

Esercizio 7.4 (9)

Applicare la regola di Ruffini per il polinomio pHxL = x3 + 3 x2 + 4 x + 2.

Svolgimento. Il polinomio pHxL = x3 + 3 x2 + 4 x + 2 ammette x1 = -1 come radice, come sappiamo da un esercizio

precedente. Formiamo la tabella:

1 3 4 2

-1 -1 -2 -2

1 2 2 0

Nella prima riga compaiono i coefficienti del polinomio pHxL (senza dimenticare gli eventuali coefficienti nulli). Il

numero più a sinistra (-1 in questo caso) è la radice nota.

Si procede poi “abbassando” il primo coefficiente del polinomio, moltiplicandolo per la radice e scrivendolo nella

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

7. Disequazioni razionali e irrazionali4. Disequazioni di grado superiore al secondo

193

Settembre 2014

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seconda riga sotto il secondo coefficiente di pHxL. Sommando via via i numeri della prima e della seconda riga si forma

la terza riga 1, 2, 2, 0. L'ultimo numero della terza riga dev'essere sempre 0, altrimenti x1 non è radice, o vi è qualche

altro errore nei conti.

La terza riga fornisce i coefficienti del polinomio qHxL, il cui grado è sempre inferiore di una unità rispetto a quello di

pHxL. Nel nostro caso qHxL = x2 + 2 x + 2, pertanto

x3 + 3 x2 + 4 x + 2 = Hx + 1L Ix2 + 2 x + 2Mè la decomposizione cercata.

Ciò premesso, possiamo svolgere i seguenti esercizi.

Esercizio 7.4 (10)

Risolvere la disequazione x3 + 3 x2 + 4 x + 2 < 0.

Soluzione.

Come si è visto, x3 + 3 x2 + 4 x + 2 = Hx + 1L Ix2 + 2 x + 2M. Studiamo il segno del fattore di secondo grado x2 + 2 x + 2.

Le sue radici sono: x1ê2 = -1≤ 1-2

1= -1 ≤ Â, pertanto essendo D < 0, si ha x2 + 2 x + 2 > 0 sempre. Il segno di

Hx + 1L Ix2 + 2 x + 2M dipende dunque solo da quello di x + 1, pertanto la disequazione data è soddisfatta per x + 1 < 0,

cioé per x œD -¶ , -1@. Esercizio 7.4 (11)

Risolvere la disequazione x4 - 2 x3 - 2 x2 + 5 x - 2 § 0.

Soluzione.

Il polinomio a primo membro è di quarto grado, e possiede le due radici x1 = 1 e x2 = 2. Dividendo col metodo di Ruffini

per x - 1, si ha:

1 -2 -2 5 -2

1 -1 1 3 -2

1 -1 -3 2 0

pertanto x4 - 2 x3 - 2 x2 + 5 x - 2 = Hx - 1L Ix3 - x2 - 3 x + 2M. Poiché conosciamo un'altra radice, e cioé x2 = 2,

possiamo ulteriormente dividere il polinomio x3 - x2 - 3 x + 2 per x - 2, infatti:

1 -1 -3 2

2 -1 -1 1

1 1 -1 0

e quindi

x4 - 2 x3 - 2 x2 + 5 x - 2 =

Hx - 1L Ix3 - x2 - 3 x + 2M = Hx - 1L Hx - 2L Ix2 + x - 1M = Ix2 - 3 x + 2M Ix2 + x - 1M.Studiamo ora il segno dei due fattori di secondo grado x2 - 3 x + 2 e x2 + x - 1. Del primo conosciamo già le radici.

Per il secondo abbiamo x1ê2 = -1≤ 1+4

2, pertanto x2 + x - 1 ¥ 0 per x §

1

2J- 5 - 1N e per

1

2J 5 - 1N § x.

In conclusione, abbiamo il seguente schema:

x2-3 x+2 ¥ 01 2

x2 + x - 1 ¥ 0

1

2J−1 − 5 N 1

2J−1 + 5 N

x4-2 x3-2 x2+5 x-2 § 0 1 2

1

2J−1 − 5 N 1

2J−1 + 5 N

Dunque la nostra disequazione x4 - 2 x3 - 2 x2 + 5 x - 2 § 0 (col segno §) è soddisfatta per x œ B -1- 5

2,-1+ 5

2F, e

x œ @1, 2D.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

7. Disequazioni razionali e irrazionali4. Disequazioni di grado superiore al secondo

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Settembre 2014

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Esercizio 7.4 (12)

Risolvere le seguenti disequazioni (in alcuni casi sono possibili più decomposizioni in fattori lineari o quadratici;

premendo più volte il bottone soluzione, si ottengono tutte le possibili decomposizioni):

Disequazione

Soluzione Reset

Disequazione:

Decomposizione in fattori:

à Le biquadratiche

Tra le varie disequazioni di grado superiore al secondo, si incontrano spesso le disequazioni biquadratiche. Tali

disequazioni sono della forma:

a x4 + b x2 + c

> 0

¥ 0

< 0

§ 0

Il primo membro è un polinomio di quarto grado con i coefficienti dei termini di grado dispari nulli.

Il polinomio a x4 + b x2 + c può essere facilmente fattorizzato nel prodotto di due fattori di secondo grado (da qui il nome

di biquadratiche) ponendo x2 = t, e risolvendo l'equazione di secondo grado a t2 + b t + c = 0. Una volta ottenuta tale

fattorizzazione, si procede come visto in precedenza.

Esercizio 7.4 (13)

Risolvere la disequazione x4 - 13 x2 + 36 < 0.

Svolgimento. Poniamo x2 = t, e consideriamo l'equazione t2 - 13 t + 36 = 0. Essa ammette le due radici:

t1ê2 = 13≤ 169-144

2=

13≤5

2= 84, 9<,

e pertanto il primo membro può essere fattorizzato nel modo seguente: t2 - 13 t + 36 = Ht - 4L Ht - 9L. Poiché t = x2, ne

consegue che

x4 - 13 x2 + 36 = Ix2 - 4M Ix2 - 9M.A questo punto, si procede come al solito, ottenendo lo schema:

x2-4 > 0−2 2

x2-9 > 0−3 3

x4-13 x2+36 < 0−3 −2 2 3

Pertanto la nostra disequazione (col segno <) è soddisfatta per -3 < x < -2, e per 2 < x < 3.

Esercizio 7.4 (14)

Risolvere la disequazione x4 + x2 - 2 > 0.

Soluzione.

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Settembre 2014

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Si ha t2 + t - 2 = 0 per t1ê2 = -1≤ 1+8

2= 8-2, 1<. Pertanto:

x4 + x2 - 2 = Ix2 + 2M Ix2 - 1M.Poiché il primo fattore è sempre strettamente positivo, il segno di x4 + x2 - 2 dipende solo dal secondo fattore x2 - 1,

pertanto la nostra disequazione è soddisfatta per x < -1 e per x > 1.

Osservazione.

Nei due esercizi precedenti abbiamo ottenuto i seguenti insiemi di soluzioni: S1 =D - 3, -2@‹D 2, 3@,S2 =D -¶ , -1@‹D 1, +¶ @.In entrambe i casi l'insieme delle soluzioni è simmetrico rispetto all'origine. Ciò si verifica in generale, ed è dovuto,

ovviamente, al fatto che un polinomio biquadratico è una funzione pari, cosicché ciò che succede “a destra” dell'origine è

analogo a ciò che succede “a sinistra”.

Esercizio 7.4 (15)

Risolvere le seguenti disequazioni.

Disequazione

Soluzione Reset

Disequazione:

Decomposizione in fattori:

Esercizio 7.4 (16)

1°) Trovare una disequazione biquadratica soddisfatta nell'insieme S = @-5, -3D ‹ @3, 5D.2°) Trovare una disequazione biquadratica che non è mai soddisfatta.

3°) Trovare una disequazione biquadratica soddisfatta nell'insieme S =�\80<.4°) Trovare una disequazione biquadratica soddisfatta nell'insieme S =�\8-1, 1<.

Soluzione.

1°) Moltiplicare due fattori quadratici con radici ≤3 e ≤5; 2°) e la 3°) sono ovvie; 4°) moltiplicare un fattore quadratico

senza radici reali con uno avente come radici ≤1.

à Disequazioni del tipo xn < k, xn £ k, xn > k, xn ≥ k.

Una disequazione del tipo

xn

> k

¥ k

< k

§ k

dove k è un assegnato numero reale, ed n > 2, può essere ricondotta, evidentemente, a particolare disequazione di grado

superiore al secondo.

Ad esempio, la disequazione x5 < 2 equivale alla disequazione x5 - 2 < 0, che è una particolare disequazione di quinto

grado. Tuttavia, piuttosto che cercare di fattorizzare il primo membro x5 - 2 conviene risolvere direttamente la

disequazione x5 < 2 approfittando del fatto che è noto il grafico di xn per ogni n œ � (vedere il paragrafo sulla funzione

potenza n -esima).

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Infatti, dal disegno seguente:

25

x

2

y

si vede che la disequazione data è soddisfatta per x < 25

.

Più in generale si ha:

se n è dispari:

xn < k ñ x < kn

xn § k ñ x § kn

xn > k ñ x > kn

xn ¥ k ñ x ¥ kn

In altri termini, è possibile estrarre la radice n -esima da entrambe i membri della disequazione mantenendone inalterato

il verso.

Se invece n è pari, la situazione è leggermente differente. Disegnamo il grafico di xn, con n pari, e consideriamo i tre casi

possibili per k, cioé k > 0, k = 0 (cioé la retta y = k coincide con l'asse delle x) e k < 0. Si ha:

- kn

x

y

x

y

x

y

Dunque possiamo riassumere la situazione nella seguente animazione:

n pari dispari

k

disequazione xn < k xn § k xn > k xn ¥ k

x

y

xn < k

- kn

< x < kn

- kn

kn

Esercizio 7.4 (17)

Risolvere le seguenti disequazioni:

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x3 ¥ -3; x6 < 5; x8 < -8; x7 < -2; x4 < 16; x6 > 1; x21 § 0; x22 § 0.

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7.5 Disequazioni razionali fratte

Le disequazioni razionali fratte si presentano nella forma

pHxLqHxL

< 0

§ 0

> 0

¥ 0

dove pHxL e qHxL sono due polinomi.

Per risolvere una disequazione razionale fratta è necessario studiare il segno del numeratore e del denominatore, e

applicare poi la regola dei segni. L'unica differenza rispetto al prodotto di fattori è che in questo caso si devono escludere

i valori che annullano il denominatore.

Esempio 7.5 (1)

Risolvere la disequazione

x2-4 x+3

Hx-2L Ix2+2 x+2M § 0.

Svolgimento. Si ha x2 - 4 x + 3 = 0 per x1ê2 = 8 1, 3<. Per quanto riguarda il denominatore, osserviamo che il fattore

x2 + 2 x + 2 è sempre strettamente maggiore di zero, e quindi può essere trascurato.

Si ha dunque:

x2-4 x+3 ¥ 0 1 3

x-2 > 0 2

Ix2 - 4 x + 3MëIHx - 2L Ix2 + 2 x + 2MM § 0 1 2 3

Pertanto la nostra disequazione (col segno §) è soddisfatta per x § 1, e per 2 < x § 3.

Esempio 7.5 (2)

Risolvere la disequazione

x2-2 x-15

2 x2-x4< 0.

Svolgimento. Le radici dell'equazione x2 - 2 x - 15 = 0 sono x1ê2 = 8-3, 5<. Si ha poi 2 x2 - x4 = -x2 Ix2 - 2M > 0 per

x œD - 2 , 2 @ con x ∫ 0.

Dunque

x2-2 x-15 > 0−3 5

2 x2-x4 > 00− 2 2

x2-2 x-15

2 x2-x4<0 −3 0 5− 2 2

Pertanto la disequazione data (col segno <) è soddisfatta per x < -3, per x > 5, e per - 2 < x < 2 , con x ∫ 0.

Osservazione.

Si noti che, anche per le disequazioni razionali fratte, si studia la positività del numeratore e del denominatore, anche se

il segno della disequazione è < oppure §.

Talvolta il numeratore e il denominatore della disequazione razionale fratta possono presentare una radice comune. Ad

esempio, consideriamo l'espressione

x2-3 x+2

x3-x-6;

le radici del numeratore sono x1ê2 = 81, 2<; è poi facile controllare che 2 è anche radice del denominatore. Pertanto,

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ê 8 <adoperando il metodo di Ruffini, si trova:

x3 - x - 6 = Hx - 2L Ix2 + 2 x + 3M.In definitiva:

x2-3 x+2

x3-x-6=

Hx-1L Hx-2LHx-2L Ix2+2 x+3M .

Ora, è lecito semplificare il fattore Hx - 2L? Ovviamente è lecito, ma l'uguaglianza

x2-3 x+2

x3-x-6=

x-1

x2+2 x+3

vale solo per x ∫ 2, infatti per x = 2, il primo membro non ha significato, mentre il secondo vale 1

11.

Così, se ad esempio vogliamo risolvere la disequazione

x2-3 x+2

x3-x-6> 0

possiamo scrivere:

x2-3 x+2

x3-x-6> 0 ñ

Hx-1L Hx-2LHx-2L Ix2+2 x+3M > 0 ñ

x∫2 x-1

x2+2 x+3> 0.

L'ultima disequazione è soddisfatta per x > 1 (in quanto il denominatore x2 + 2 x + 3 è sempre strettamente positivo). In

definitiva la disequazione data è soddisfatta per x > 1 e x ∫ 2.

Esercizio 7.5 (1)

Risolvere le disequazioni:

1-3 x

x4-x2+1> 0;

x3-2 x

x4+x2+1< 0;

x3-7 x+6

x3-2 x2+x< 0.

Soluzione.

La prima disequazione è soddisfatta per x <1

3, la seconda per x < - 2 oppure 0 < x < 2 , la terza per -3 § x § 0

oppure 1 < x § 2.

Spesso una disequazione razionale fratta non si presenta esattamente nella forma pHxLqHxL > 0, e pertanto bisogna ricondurla a

tale forma prima di studiare il segno del numeratore e del denominatore.

Ad esempio, consideriamo la disequazione 2 x-1

x2-2 x< 1. Per ricondurla alla forma precedente dobbiamo portare 1 al primo

membro, e ridurre allo stesso denominatore:

2 x-1

x2-2 x< 1 ñ

2 x-1

x2-2 x- 1 < 0 ñ

-x2+4 x-1

x2-2 x< 0 ñ

x2-4 x+1

x2-2 x> 0

e da questo punto in poi possiamo studiarla come abbiamo fatto prima.

Osservazione.

(Particolarmente importante). Sarebbe sbagliato risolvere la disequazione precedente moltiplicando per il

denominatore x2 - 2 x, cioé procedendo nel modo seguente:

2 x-1

x2-2 x< 1 ñ 2 x - 1 < x2 - 2 x ñ x2 - 2 x + 1 > 0 ñ ∫∫

infatti, poiché il denominatore non è sempre positivo, la disequazione non conserva lo stesso verso.

Analogamente, per risolvere una disequazione del tipo

x2 + 2 x - 6

3 x - 1>

1 - x

x - 2

dobbiamo portare il secondo membro a sinistra del segno >, e ridurre allo stesso denominatore:

x2+2 x-6

3 x-1>

1-x

x-2ñ

x2+2 x-6

3 x-1-

1-x

x-2> 0 ñ

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

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Settembre 2014

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Ix2+2 x-6M Hx-2L-H1-xL H3 x-1LH3 x-1L Hx-2L > 0 ñ ∫∫

Anche in questo caso, dobbiamo osservare che sarebbe sbagliato moltiplicare “in croce”, cioé scrivere:

x2+2 x-6

3 x-1>

1-x

x-2ñ Ix2 + 2 x - 6M Hx - 2L > H1 - xL H3 x - 1L ñ ∫∫

Ovviamente, tali procedimenti possono essere, talvolta leciti: ad esempio, consideriamo la disequazione

2 x-1

x2-2 x+3<

1

x2+1.

Si verifica immediatamente che x2 - 2 x + 3 > 0 per ogni x œ �, e analogamente x2 + 1 > 0 per ogni x œ �, pertanto, in

questo caso, è possibile moltiplicare “in croce” ottenendo

2 x - 1L Ix2 + 1M < x2 - 2 x + 3.

Si ha poi:

H2 x - 1L Ix2 + 1M < x2 - 2 x + 3 ñ

-x2 + 2 x + H2 x - 1L Ix2 + 1M - 3 < 0ñ x3 - x2 + 2 x - 2 < 0

L'equazione x3 - x2 + 2 x - 2 = 0 ammette la radice x = 1, quindi, dividendo con Ruffini, si ha

x3 - x2 + 2 x - 2 = Hx - 1L Ix2 - 2M < 0, ecc. ecc..

Esercizio 7.5 (2)

Risolvere le seguenti disequazioni:

Disequazione

Soluzione Reset

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7.6 Sistemi di disequazioni

Come si è accennato all'inizio del capitolo, può talvolta essere necessario risolvere un sistema di disequazioni, come

nell'esercizio seguente.

Esempio 7.6 (1)

Risolvere il sistema

x2 + 2 x - 3 ¥ 0

1

x-1<

1

3 x-2

Svolgimento. Il sistema è costituito da due disequazioni, che vanno prima risolte separatamente.

1°) disequazione: le radici di x2 + 2 x - 3 = 0 sono x1 = -3 e x2 = 1, pertanto la prima disequazione è soddisfatta

nell'insieme X1 =D -¶ , -3D ‹ @1, +¶ @.2°) disequazione: si tratta di una disequazione razionale fratta che risolviamo al solito modo:

1

x-1<

1

3 x-2ñ

1

x-1-

1

3 x-2< 0ñ

3 x-x+1-2

Hx-1L H3 x-2L < 0ñ2 x-1

Hx-1L H3 x-2L < 0;

(si noti che non svolgiamo i calcoli per il denominatore, sarebbe fatica inutile!). Studiamo ora il segno del numeratore e

del denominatore adoperando il solito schema:

2 x-1 > 01

2

Hx-1L H3 x-2L > 02

3 1

2 x-1

Hx-1L H3 x-2L < 01

2

2

3 1

Come si vede, la seconda disequazione (col segno <) è soddisfatta nell'insieme X2 =D -¶ ,1

2@ ‹D 2

3, 1@.

Arriviamo ora al punto cruciale: dobbiamo fare l'intersezione dei due insiemi X1 e X2. Il modo più semplice di fare ciò

consiste nel disegnare i due insiemi X1 e X2 su due rette parallele, e prendere la parte sovrapposta:

X1 H1° dis. sodd.L −3 1

X2 H2° dis. sodd.L 1

2

2

3 1

X1›X2 −3 1

Evidentemente, la parte sovrapposta è D -¶ , -3D, dunque X1 › X2 =D -¶ , -3D. Questo è l'insieme delle soluzioni del

sistema dato.

Osservazione.

(Molto importante). E' opportuno osservare che lo schema precedente è solo apparentemente simile a quello adoperato

per la regola dei segni, ma in realtà è ben diverso, dato che non si tratta di studiare il segno di una disequazione, ma di

trovare l'intersezione di due insiemi.

Svolgere in modo analogo il seguente esercizio:

Esercizio 7.6 (1)

Risolvere i sistemi seguenti:

x2 + 2 x § 0

x2 - 1 < 0;

x2+x

x-1§ 0

x2 - 4 < 0

; x4 - 4 x2 + 1 > 0

x

x-2> 0

.

Soluzione.

Per il primo sistema si ha: -1 < x § 0, per il secondo: -2 < x § -1 oppure 0 § x < 1, e per il terzo: x < - 2 + 3

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

7. Disequazioni razionali e irrazionali6. Sistemi di disequazioni

202

Settembre 2014

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oppure x > 2, oppure - 2 - 3 < x < 0.

Risolvendo un sistema di disequazioni può capitare, talvolta, che una (o più di una) delle disequazioni date sia

soddisfatta per ogni x œ �. In tal caso, il sistema dato equivale (cioé ha le stesse soluzioni) di quello che si ottiene

trascurando la disequazione identicamente soddisfatta.

Esempio 7.6 (2)

Risolvere il sistema:

; x4 + x2 + 1 ¥ 0

x2 - 1 > 0

Svolgimento. Si ha:

; x4 + x2 + 1 ¥ 0

x2 - 1 > 0ñ x2 - 1 > 0

perché la prima disequazione è, visibilmente, soddisfatta in tutto �, e pertanto il sistema è soddisfatto nell'insieme

S =D -¶ , -1@ ‹D 1, +¶ @. In questo caso, un sistema è equivalente ad una singola disequazione.

Esempio 7.6 (3)

Risolvere il sistema:

x - 2 < 0

x2 - 2 x + 1 ¥ 0

x - 1 > 0

Svolgimento. Poiché la seconda disequazione è soddisfatta in tutto �, si ha:

x - 2 < 0

x2 - 2 x + 1 ¥ 0

x - 1 > 0

ñ : x - 2 < 0

x - 1 > 0

Chiaramente l'ultimo sistema è soddisfatto per x œ S =D 1, 2@. Talvolta si vede subito che una delle disequazioni del sistema non ammette alcuna soluzione. E' chiaro che, in tal caso, il

sistema dato non ammette soluzioni, e, pertanto, è inutile continuare nella risoluzione delle restanti disequazioni.

Esempio 7.6 (4)

Risolvere il sistema:

x4 - 2 x2 ¥ 0

x2-x+1

2 x-5¥ 0

x6 + 11 § 0

Svolgimento. Poiché la terza disequazione non è mai soddisfatta, l'intero sistema non ammette soluzioni, cioé S = «.

Può capitare talvolta che due o più disequazioni di un sistema non ammettano soluzioni comuni.

Ad esempio, nel sistema

x - 1 < 0

x2-x+1

2 x-5¥ 0

x > 2

si nota subito che la prima e la terza disequazione non ammettono alcuna soluzione comune, in quanto non esistono

numeri che siano contemporaneamente minori di 1 e maggiori di 2. In tal caso si dice che la prima e la terza

disequazione del sistema sono incompatibili, e, evidentemente, anche in questo caso l'intero sistema non ammette

soluzioni.

Tenendo presente tutte le osservazioni precedenti, svolgere i seguenti esercizi.

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203

Settembre 2014

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Esercizio 7.6 (2)

Risolvere i sistemi seguenti:

x2 + 3 x + 2 > 0

x2 - x > 0

x Hx-2LIx2+1M Hx+2L < 0

; x4 - 2 x3 + 2 x2 - 2 x + 1 § 0

1

Hx-1L Hx-2L > 0;

x4 - x2 - 2 > 0

x2 + 4 x + 5 < 0.

Soluzione.

1°) x < -2 oppure 1 < x < 2.

2°) Mai.

3°) Mai.

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7. Disequazioni razionali e irrazionali6. Sistemi di disequazioni

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Settembre 2014

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7.7 Disequazioni irrazionali

In uno dei paragrafi precedenti abbiamo richiamato la nozione di funzione potenza n -esima. Ad esempio, se n è un

intero dispari, il grafico di xn è il seguente.

-1 1x

-1

1

y

n dispari

In questo caso, la funzione potenza n -esima è strettamente crescente, cioé se a < b, allora anche an < bn, anzi, queste

due proposizioni sono del tutto equivalenti:

a < b ñ an < bn.

Dunque, se un numero a è strettamente minore di un numero b, anche an è strettamente minore di bn, e viceversa.

Le cose vanno diversamente nel caso della funzione xn con n pari; infatti, in questo caso, il grafico di xn è il seguente.

-1 1x

1

y

n pari

La funzione potenza n -esima con n pari non è strettamente crescente in tutto �, ma solo in @0, +¶@, mentre è

strettamente decrescente in D -¶, 0D. Pertanto, se a e b sono due numeri reali qualsiasi, con a < b, non è detto che risulti

necessariamente an < bn.

Posizione

x

y

an < bn

a b

an

bn

In altri termini, la diseguaglianza a < b in generale non si conserva elevando entrambe i membri ad una potenza pari; si

conserva invece se entrambe i numeri a e b sono positivi.

Ciò premesso, passiamo ad occuparci delle disequazioni irrazionali.

Le disequazioni irrazionali sono disequazioni nelle quali l'incognita x figura sotto il segno di radice (quadrata, cubica,

ecc. ecc.).

Le disequazioni

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x - 1 < 2 x, x5

¥ 2 - 1 - x , x

5-2 x<

1

4 x-1,

sono tutti esempi di disequazioni irrazionali.

L'idea di base per la risoluzione di qualsiasi disequazione irrazionale, consiste nell'elevare entrambe i membri della

disequazione alla potenza opportuna, in modo da “liberare” l'incognita sotto radice. Purtroppo però, bisogna fare i conti

con due difficoltà fondamentali:

1°) se nella disequazione compaiono radici di indice pari, bisogna imporre che l'espressione che compare sotto radice

sia ¥ 0, altrimenti la disequazione non avrebbe senso.

2°) se sorge la necessità di elevare entrambe i membri della disequazione ad un esponente pari, bisogna tenere ben

presente che entrambe i membri devono essere ¥ 0, altrimenti la disequazione non si conserva dopo l'elevamento a

potenza.

In particolare, la seconda delle due condizioni precedenti, può essere soddisfatta solo in un sottoinsieme x di �, quindi al

di fuori di tale insieme, le eventuali soluzioni della disequazione irrazionale devono essere cercate con metodi diversi

dall'elevamento a potenza di entrambe i membri. Ciò si traduce, in concreto, nella necessità di fare una distinzione di vari

casi, che porta all'impostazione di uno o più sistemi di disequazioni, equivalenti alla disequazione irrazionale data.

In questo paragrafo ci occuperemo solo di due tipi di disequazioni, in cui, tra l'altro, è coinvolta una sola radice n -esima,

e precisamente delle disequazioni del tipo

AHxLn

< BHxL oppure AHxLn

§ BHxL, e di quelle del tipo

AHxLn

> BHxL oppure AHxLn

¥ BHxL.

à Disequazioni del tipo AHxLn

< BHxL oppure AHxLn

£ BHxL

Una disequazione del tipo

7.7 (1)AHxLn

< BHxL , oppure AHxLn

§ BHxLsi risolve immediatamente nel caso in cui l'esponente n è dispari. Infatti in questo caso, l'espressione AHxLn

ha sempre

senso, anche se AHxL è negativo.

Inoltre, possiamo elevare entrambe i membri della disequazione all'n -esima potenza conservando il verso della

disequazione stessa (ciò perché, come abbiamo ricordato sopra, la funzione potenza n -esima, nel caso n dispari, è

strettamente crescente).

Dunque:

AHxLn

< BHxL n dispari

AHxL < BHxLn ,

e analogamente:

AHxLn

§ BHxL n dispari

AHxL § BHxLn .

Esempio 7.7 (1)

Supponiamo di voler risolvere la disequazione

x3 - 2 x3

< x - 1.

Il primo membro ha sempre significato, indipendentemente dal segno della quantità sotto radice.

Inoltre possiamo elevare direttamente alla terza potenza ottenendo la disequazione equivalente x3 - 2 x < Hx - 1L3. Si ha

cioé:

x3 - 2 x3

< x - 1 ó x3 - 2 x < Hx - 1L3.

Svolgendo i calcoli si vede che l'ultima disequazione è di secondo grado, ed è soddisfatta per x œ D 5- 13

6,

5- 13

6@;

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dunque, questo è anche l'insieme delle soluzioni della disequazione irrazionale data.

Esempio 7.7 (2)

Risolvere la disequazione:

1 -1

x33 §

1

x.

Come nell'esempio precedente possiamo elevare direttamente alla terza potenza:

1 -1

x33 §

1

xó 1 -

1

x3§

1

x3ó 1 -

2

x3§ 0 ó

x3-2

x3§ 0.

Abbiamo trasformato la disequazione di partenza in una disequazione razionale fratta. Quest'ultima, come si vede

immediatamente, è soddisfatta per x œF 0, 23 F, pertanto questo è l'insieme delle soluzioni della disequazione irrazionale

data.

Osservazione.

Entrambe i membri della disequazione dell'esempio precedente perdono significato per x = 0, ma possiamo comunque

elevare alla terza potenza, in quanto il valore x = 0 viene comunque scartato nel momento in cui discutiamo la

disequazione x3-2

x3§ 0.

Esercizio 7.7 (1)

Risolvere le seguenti disequazioni:

x3 + 13

§ -x; x

2 x-1

5 § 1; x4 - 3 x3 + 3 x2 - x5

§ x - 1; 2 x2 - x + 23

§ x.

(Suggerimento: per la terza, osservare che 1 è radice del polinomio al primo membro).

Soluzione.

1°) -1 § x § -1

23

; 2°) x § 0 oppure x ¥ 1; 3°) x = 1 oppure x ¥1

2J3 + 5 N; 4°) x ¥ 2.

Veniamo ora al caso in cui l'indice n della radice è pari. In questo caso, affinché la disequazione stessa abbia significato,

bisogna anzitutto imporre che sia AHxL ¥ 0. Fatto ciò, osserviamo che dev'essere necessariamente BHxL ¥ 0, altrimenti una

disequazione del tipo 7.7 (1) non potrebbe mai essere soddisfatta, in quanto il primo membro AHxLn

è sempre positivo.

Se sono soddisfatte queste due condizioni, cioé AHxL ¥ 0 e BHxL ¥ 0, i due membri della nostra disequazione sono

entrambe positivi, ed è quindi possibile elevare all'n -esima potenza mantenendo il verso della disequazione, e ottenendo

AHxL < BHxLn oppure AHxL § BHxLn.

Quest'ultima disequazione è libera da radici.

Riassumendo, si ha:

AHxLn

< BHxL ón pari

AHxL ¥ 0

BHxL ¥ 0

AHxL < BHxLn

e analogamente:

AHxLn

§ BHxL ón pari

AHxL ¥ 0

BHxL ¥ 0

AHxL § BHxLn

In altri termini la disequazione irrazionale data è equivalente ad un sistema di disequazioni, non più irrazionali.

Esempio 7.7 (3)

Risolvere la disequazione:

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x - 1 < x + 1.

Svolgimento. Poiché abbiamo una radice quadrata, dobbiamo imporre x - 1 ¥ 0. Fatto ciò, il primo membro x - 1 è

ben definito e positivo, pertanto, se vogliamo che la nostra disequazione ammetta soluzioni, anche il secondo membro

dev'essere positivo: x - 1 ¥ 0. Possiamo ora elevare al quadrato ottenendo x - 1 < Hx + 1L2. Queste tre condizioni devono

essere verificate contemporaneamente, e quindi abbiamo un sistema:

x - 1 < x + 1 ó

x - 1 ¥ 0

x + 1 ¥ 0

x - 1 < Hx + 1L2

ó

x - 1 ¥ 0

x + 1 ¥ 0

x2 + x + 2 > 0

ó* : x ¥ 1

x ¥ -1ó x ¥ 1,

pertanto la disequazione data è soddisfatta per x ¥ 1.

Si noti che l'equivalenza indicata con * è dovuta al fatto che la terza equazione del sistema che la precede è soddisfatta

per ogni x œ �, e, pertanto, può essere trascurata.

Esempio 7.7 (4)

Risolvere la disequazione: 1 - x2 § 1 - x.

Svolgimento. Anche in questo caso abbiamo una radice quadrata, pertanto dobbiamo imporre, preliminarmente, che

1 - x2 ¥ 0. Osservato il verso della disequazioni, si vede che dev'essere 1 - x ¥ 0. Infine, se queste condizioni sono

verificate, possiamo elevare al quadrato, ottenendo 1 - x2 § H1 - xL2.

Dunque:

1 - x2 < 1 - x ó

1 - x2 ¥ 0

1 - x ¥ 0

1 - x2 § H1 - xL2

ó

1 - x2 ¥ 0

1 - x ¥ 0

1 - x2 § x2 - 2 x + 1

ó

1 - x2 ¥ 0

1 - x ¥ 0

x2 - x ¥ 0

ó

-1 § x § 1

x § 1

x § 0 oppure x ¥ 1

Rappresentiamo graficamente la situazione. Indichiamo, al solito, con X1, X2 e X3 gli insiemi delle soluzioni delle tre

disequazioni del sistema. Si ha:

X1 H1° dis. sodd.L −1 1

X2 H2° dis. sodd.L 1

X3 H3° dis. sodd.L 0 1

S = X1›X2›X3 −1 0 1

A questo punto, dobbiamo determinare l'intersezione S = X1 › X2 › X3, cioé la parte comune alle tre zone disegnate con

tratto continuo. Chiaramente l'intervallo @-1, 0D è comune ai tre insiemi X1, X2, X3. Osservando attentamente, vediamo

che anche il singolo punto 1 è comune ai tre insiemi (in altri termini x = 1 è soluzione delle tre disequazioni del sistema),

pertanto S è costituito dall'intervallo @-1, 0D e dal punto “isolato” x = 1.

In definitiva l'insieme delle soluzioni della nostra disequazione è S = @-1, 0D ‹ 81<. Osservazione.

Possiamo renderci conto visivamente di ciò che abbiamo ottenuto nel seguente modo: risolvere la disequazione

1 - x2 § 1 - x significa determinare i valori di x per i quali il grafico della funzione 1 - x2 si trova al di sotto della

retta 1 - x o la tocca.

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La funzione 1 - x2 rappresenta geometricamente una semicirconferenza, quindi la situazione è quella del seguente

disegno:

-1 1x

y

Chiaramente il grafico di 1 - x2 si trova al di sotto della retta per x œ S = @-1, 0D ‹ 81<, e tocca la retta solo nei due

punti x = 0, e x = 1.

Svolgere in modo analogo i seguenti esercizi.

Esercizio 7.7 (2)

Risolvere le seguenti disequazioni:

Disequazione

Soluzione Reset

Osserviamo che, talvolta, il procedimento per risolvere una disequazione del tipo 7.7 (1) può essere leggermente

semplificato.

Ad esempio, se vogliamo risolvere la disequazione x2 - 1 < 3, possiamo evitare di imporre BHxL ¥ 0, infatti nel nostro

caso BHxL ª 3 è sempre strettamente positivo, pertanto svolgeremo i calcoli nel modo seguente:

x2 - 1 < 3 ó : x2 - 1 ¥ 0

x2 - 1 < 9ó : x2 - 1 ¥ 0

x2 - 10 < 0ó

: x § -1 oppure x ¥ 1

x < - 10 oppure 10 < xó x œ S = E- 10 , -1E ÊA1, 10 A

Alcune volte si vede immediatamente che la disequazione non può essere mai soddisfatta. Ad esempio, la disequazione

x - 1 < -2 non è mai soddisfatta (più precisamente, per x < 1 è priva di senso, mentre per x ¥ 1 non ammette nessuna

soluzione).

Analogamente la disequazione x § -x2 + 2 x - 1 non è mai soddisfatta, perché il trinomio a secondo membro è

sempre strettamente negativo, e si annulla solo per x = 1.

In qualche caso una disequazione del tipo 7.7 (1) può essere risolta semplicemente elevando all'n -esima potenza

entrambe i membri. Ciò succede quando sappiamo a priori che AHxL e BHxL sono positivi.

Ad esempio, se vogliamo risolvere la disequazione x4 + x2 < 2 x2, non vale la pena di impostare alcun sistema:

possiamo scrivere direttamente:

x4 + x2 < 2 x2 ó x4 + x2 < 4 x4 ó 3 x4 - x2 < 0

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ó x2 I3 x2 - 1M > 0 ó x < -1

3 oppure

1

3< x.

Esercizio 7.7 (3)

Risolvere le seguenti disequazioni:

x+1

x-1§ 4; 2 x2 - 1

4

< -1; 2 x2 + 104

< 1.

Soluzione.

1°) x § -1 oppure x ¥17

15; 2°) e 3°) mai.

à Disequazioni del tipo AHxLn

> BHxL oppure AHxLn

≥ BHxL

Anche le disequazioni del tipo

7.7 (2)A HxLn

> BHxL oppure A HxLn

¥ BHxLsi risolvono immediatamente se l'indice n della radice è dispari. Infatti in questo caso, basta elevare entrambe i membri

all'n -esima potenza.

Ad esempio, si possono svolgere facilmente i seguenti esercizi.

Esercizio 7.7 (4)

Risolvere le seguenti disequazioni:

x3 + 13

> x + 1; 2 x + 13

¥ 1; x5 + x25

> 2 x.

Soluzione.

1°) -1 < x < 0; 2°) x ¥ 0; 3°) -1 § x < 0 oppure 0 < x <1

313

.

Vediamo ora cosa succede per n pari.

Supponiamo, per fissare le idee, di voler risolvere la disequazione AHxLn

> BHxL con in segno di maggiore stretto.

Essendo n pari, dobbiamo anzitutto imporre che sia AHxL ¥ 0, altrimenti la disequazione non avrebbe senso.

A questo punto, il secondo membro BHxL può essere positivo o negativo. Se, ad esempio, BHxL ¥ 0, abbiamo una

disequazione nella quale entrambe i membri sono positivi. Possiamo pertanto elevare alla n conservandone il verso. Si

ottiene così il sistema

S1LA HxL ¥ 0

B HxL ¥ 0

A HxL > B HxLn

Tuttavia, in questo caso, le soluzioni di tale sistema non sono tutte quelle della disequazione data. Infatti, se risulta

BHxL < 0, che è il caso opposto a quello contemplato nel sistema precedente, la disequazione data AHxLn

> BHxL risulta

automaticamente soddisfatta (ammesso sempre che abbia senso, cioè che AHxL ¥ 0). Infatti, il primo membro è positivo, e

pertanto sarà certamente strettamente maggiore del secondo membro, che è strettamente negativo. Ciò porta ad impostare

un secondo sistema, e cioé il sistema

S2L A HxL ¥ 0

B HxL < 0

che fornisce l'altra “metà” delle soluzioni della disequazione data. Questa è la principale differenza rispetto alla

disequazione AHxLn

< BHxL che abbiamo già visto. Infatti, nel caso di quest'ultima disequazione, se BHxL è negativo, la

disequazione non è soddisfatta, e quindi non è necessario impostare il secondo sistema S2).

Se indichiamo con S1 e con S2 l'insieme delle soluzioni, rispettivamente, dei due sistemi, abbiamo che l'insieme S delle

soluzioni della disequazione data è l'unione di S1 e di S2: S = S1 ‹ S2.

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7. Disequazioni razionali e irrazionali7. Disequazioni irrazionali

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Ciò si esprime dicendo che la prima delle disequazioni 7.7 (2) è equivalente ai due sistemi S1) ed S2).

Osserviamo anche che, nel sistema S1) la prima disequazione può essere trascurata, infatti la condizione AHxL ¥ 0 è

inclusa nella terza disequazione.

In definitiva possiamo scrivere:

A HxLn

> BHxL ó S1NA HxL ¥ 0

B HxL ¥ 0

A HxL > B HxLn

ed al sistema S2L : A HxL ¥ 0

B HxL < 0

Ragionando in modo analogo, si tratta la disequazione con il maggiore o uguale, ottenendo che:

A HxLn

¥ BHxL ó S1NA HxL ¥ 0

B HxL ¥ 0

AHxL ¥ BHxLn

ed al sistema S2L : A HxL ¥ 0

B HxL < 0

Esempio 7.7 (5)

Risolvere la disequazione:

x2 - 1 > 2 - x.

Svolgimento. Ripetiamo il ragionamento che ci ha portato all'impostazione dei due sistemi: anzitutto dev'essere

x2 - 1 ¥ 0 affinché la disequazione abbia senso. Poi il secondo membro può essere positivo o negativo. Se è positivo,

cioé se 2 - x ¥ 0, possiamo elevare entrambe i membri al quadrato, ottenendo quindi il primo sistema:

S1Lx2 - 1 ¥ 0

2 - x ¥ 0

x2 - 1 > H2 - xL2

La prima disequazione può essere trascurata, come sempre, dato che è implicata dalla terza. Dunque:

S1Lx2 - 1 ¥ 0

2 - x ¥ 0

x2 - 1 > H2 - xL2

ó : 2 - x ¥ 0

4 x - 5 > 0ó x œE 5

4, 2E.

Se invece il secondo membro è strettamente negativo, si ha il sistema

S2L : x2 - 1 ¥ 0

2 - x < 0

che è soddisfatto per x > 2:

S2L : x2 - 1 ¥ 0

2 - x < 0ó x œE 2, +¶A.

L'unione dei due intervalli E 5

4, 2E e E 2, +¶A è, evidentemente, l'intervallo S = E 5

4, +¶ A, e questo è anche l'insieme delle

soluzioni della disequazione data.

Esempio 7.7 (6)

Risolvere la disequazione:

x3-1

x+1¥ x.

Svolgimento. Il primo sistema è il seguente:

S1Lx3-1

x+1¥ 0

x ¥ 0

x3-1

x+1> x2

ó

x3-1

x+1¥ 0

x ¥ 0

1+x2

1+x< 0

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7. Disequazioni razionali e irrazionali7. Disequazioni irrazionali

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Ora, l'ultimo sistema non ammette, evidentemente, alcuna soluzione, dato che la seconda e la terza disequazione sono tra

loro incompatibili, cioé S1 = «.

Impostiamo ora il secondo sistema:

S2Lx3-1

x+1¥ 0

x < 0

La disequazione razionale fratta è soddisfatta per x < -1 e per 1 § x. Pertanto il sistema S2) è soddisfatto per

x œD -¶ , [email protected] soluzioni della disequazione data sono dunque S = S1 ‹ S2 = «‹D -¶ , -1@ = D -¶ , -1@. Esercizio 7.7 (5)

Risolvere le seguenti disequazioni:

Disequazione

Soluzione Reset

Come per la disequazioni del tipo 7.7 (1), anche per le 7.7 (2) possiamo osservare che, in alcuni casi, esse possono essere

risolte più velocemente senza bisogno di impostare esplicitamente i due sistemi S1) ed S2).

Ad esempio, se vogliamo risolvere la disequazione

x

x2+1>

1

2,

basta osservare che la radice ha senso per x ¥ 0, e che entrambe i membri sono positivi, per cui basta elevare al quadrato,

ottenendo il sistema

x

x2+1>

1

x ¥ 0

x

x2+1>

1

4

La disequazione razionale fratta è soddisfatta per 2 - 3 < x < 3 + 2, pertanto la disequazione data è soddisfatta

anch'essa per 2 - 3 < x < 3 + 2.

Analogamente, per la disequazione x2 - 14

¥ -3 non occorrono certo molti calcoli: basta infatti imporre che essa abbia

senso, il che accade per x2 - 1 ¥ 0, cioé per x § -1 e per x ¥ 1; essendo poi il primo membro positivo, ed il secondo

sempre strettamente negativo, è chiaro che la disequazione data è soddisfatta per ogni valore di x per il quale ha senso, e

cioé per x § -1 e per x ¥ 1, appunto.

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7. Disequazioni razionali e irrazionali7. Disequazioni irrazionali

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8 Disequazioni esponenziali e logaritmiche

In questo capitolo ci proponiamo di ricordare come si risolvono alcuni tipi di disequazioni che coinvolgono la funzione

esponenziale e il logaritmo.

8.1 Disequazioni esponenziali

Nelle disequazioni esponenziali l'incognita figura come esponente. Ad esempio,

3x < 1, 102 x-1 < 3x, 7x2

¥ ‰x,

sono disequazioni esponenziali (nell'ultima di esse compare, come capita di frequente, la base ‰ dei logaritmi naturali).

Come vedremo, tali disequazioni, ed altre analoghe, si risolvono facilmente adoperando i logaritmi. Osserviamo anche

che disequazioni del tipo

3x < x, ‰2 x ¥ 2 x - 3x,

ecc. ecc., sono molto più difficili da risolvere, perché l'incognita x non compare sempre come esponente.

Per risolvere le disequazioni esponenziali, partiamo dalle disequazioni esponenziali elementari

ax < k, ax § k, ax > k, ax ¥ k,

dove k œ �, (e a > 0, come sempre).

Nel paragrafo 6.2 abbiamo visto che, se k > 0, le disequazioni precedenti si risolvono semplicemente prendendo i

logaritmi, in base a, di entrambe i membri, ricordandosi di invertire il verso della disequazione se la base a è minore di 1.

Questo è dovuto, ovviamente, al fatto che la funzione loga x è strettamente crescente se a > 1, strettamente decrescente se

invece 0 < a < 1.

Nel caso k § 0, invece, non ha senso considerare loga k; però, tenendo conto che ax è un numero strettamente positivo

(indipendentemente dai due casi a > 1 ed 0 < a < 1), è chiaro che le disequazioni ax < k o ax § k non possono essere mai

soddisfatte.

Viceversa, le disequazioni ax > k e ax ¥ k, sempre nel caso k § 0, saranno sempre soddisfatte.

Alcune disequazioni esponenziali possono essere ricondotte ai tipi fondamentali che abbiamo appena visto ricordando le

proprietà della funzione esponenziale, e, in particolare:

ax+y = ax ay, Ha bLx = ax bx, ax y = HaxLy.

Dalla terza uguaglianza consegue, ad esempio, a2 x = HaxL2, ecc. ecc.

Vediamo alcuni esempi concreti.

Esempio 8.1 (1)

Risolvere la disequazione 10x ¥ 3x.

Svolgimento. Al primo e al secondo membro figurano due funzioni esponenziali di diversa base. Si ha

10x ¥ 3x ñ10x

3x¥ 1 ñ I 10

3Mx¥ 1ñ x ¥ log 10

3

1 = 0,

cioé x ¥ 0.

Esempio 8.1 (2)

Risolvere la disequazione 9x + 3x ¥ 6.

Svolgimento. Poiché 9x = H3xL2, la disequazione data può essere scritta nella forma H3xL2 + 3x ¥ 6. Ponendo t = 3x, si

ottiene la disequazione di secondo grado t2 + t - 6 ¥ 0, che è soddisfatta per t § -3 e per t ¥ 2.

Pertanto la disequazione data sarà soddisfatta per 3x § -3, e per 3x ¥ 2. La prima di queste due disequazioni esponenziali

elementari non è mai soddisfatta. La seconda è soddisfatta per x ¥ log3 2. Pertanto la disequazione data è soddisfatta per

x ¥ log3 2.

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8. Disequazioni esponenziali e logaritmiche1. Disequazioni esponenziali

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Esempio 8.1 (3)

Risolvere la disequazione 23 x+1 < 4x.

Svolgimento. E' possibile avere in entrambe i membri della disequazione due funzioni esponenziali nella stessa base

osservando che 4x = 22 x, pertanto, prendendo i logaritmi in base 2 di entrambe i membri:

23 x+1 < 4x ñ 23 x+1 < 22 x ñ 3 x + 1 < 2 x ñ x < -1.

Quindi la disequazione è soddisfatta per x < -1.

In modo analogo si possono risolvere i seguenti esercizi.

Esercizio 8.1 (1)

Risolvere le seguenti disequazioni:

Disequazione

Soluzione Reset

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8. Disequazioni esponenziali e logaritmiche1. Disequazioni esponenziali

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Settembre 2014

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8.2 Disequazioni logaritmiche

Nelle disequazioni logaritmiche, l'incognita figura sotto il segno di logaritmo. Ad esempio, le seguenti disequazioni:

10 < logHx - 2L, log2 x ¥ log2Ix2 + 1M, log10 x > -5,

sono disequazioni logaritmiche.

Anche in questo caso, osserviamo che disequazioni del tipo:

x < log x, x + log2 x - log x > 0

e simili, non sono risolubili facilmente, in quanto l'incognita non figura sempre sotto il segno di logaritmo.

Come per le disequazioni esponenziali, ricordiamo le disequazioni logaritmiche elementari, che sono le seguenti:

loga x < k, loga x § k, loga x > k, loga x ¥ k,

dove k œ � (e a > 0, a ∫ 1, essendo base di logaritmo).

Come abbiamo visto in 6.2, per risolvere tali disequazioni, basta ricordare che esse hanno senso per x > 0 perché x è

l'argomento del logaritmo, e poi si prende “l'esponenziale” in base a di entrambe i membri, ricordandosi, anche in questo

caso, di invertire il verso della disequazione se 0 < a < 1.

Vediamo ora come è possibile risolvere disequazioni logaritmiche che si presentano in forma leggermente diversa dalle

precedenti.

Esempio 8.2 (1)

Risolvere la disequazione: log2H3 xL > log2I 1

xM + 1.

Svolgimento. Poiché log2H3 xL = log2 3 + log2 x, e log2I 1

xM = -log2 x si ha:

log 2@3 xD > log2I 1

xM + 1 ñ log2 3 + log2 x > -log2 x + 1 ñ 2 log2 x > 1 - log2 3

ñ 2 log2 x > log2 2 - log2 3 = log2I 2

3M

ñ log2 x >1

2log2I 2

3M = log2

2

3ñ x >

2

3.

Dunque la disequazione data è soddisfatta per x œD 2 ê3 , +¶ @.Esempio 8.2 (2)

Risolvere la disequazione: log x § log2 x + 5.

Svolgimento. Nella disequazione compaiono logaritmi in base diversa.

Ricordando la formula del cambiamento di base:

loga x =log

bx

logb

a,

possiamo scrivere, ad esempio:

log2 x =log x

log 2,

pertanto la nostra disequazione diventa:

log x § 5 + log2 x ñ log x § 5 +log x

log 2ñ J1 - 1

log 2N log x § 5 ñ

log H2L-1

log 2log x § 5.

Vorremmo ora dividere entrambe i membri per log H2L-1

log 2. Per fare ciò, dobbiamo conoscere il segno di tale quantità:

chiaramente log 2 > 0, quindi il denominatore è positivo. Invece log 2 - 1 < 0, perché 2 < ‰ e quindi log 2 < 1.

Possiamo allora dividere, ma dobbiamo invertire il verso della diseguaglianza:

log 2-1

log 2log x § 5 ñ log x ¥

5 log 2

log 2-1ñ x ¥ ‰

5 log 2

log 2-1 .

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

8. Disequazioni esponenziali e logaritmiche2. Disequazioni logaritmiche

215

Settembre 2014

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La disequazione data è dunque soddisfatta per x œ A‰5 log 2

log 2-1 , +¶ A . Molte disequazioni possono essere risolte mediante una sostituzione del tipo loga x = t. Vediamo un esempio

semplicissimo.

Esempio 8.2 (3)

Risolvere la disequazione: log1ê22 x - 3 log1ê2 x + 2 > 0.

Svolgimento. Ponendo log1ê2 x = t, si ottiene la disequazione di secondo grado t2 - 3 t + 2 > 0, che è soddisfatta per t < 1

e t > 2; pertanto la disequazione data sarà soddisfatta per log1ê2 x < 1 e per log1ê2 x > 2, cioé per x >1

2 e per 0 < x <

1

4.

In altri termini, l'insieme delle soluzioni della disequazione data è x œ E 0,1

4AÊE 1

2, +¶ A.

Esercizio 8.2 (1)

Risolvere le seguenti disequazioni.

Disequazione

Soluzione Reset

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

8. Disequazioni esponenziali e logaritmiche2. Disequazioni logaritmiche

216

Settembre 2014

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9 Disequazioni trigonometriche

In questo capitolo richiamiamo i metodi per la risoluzione di alcuni tipi di disequazioni trigonometriche, cioé di

disequazioni che coinvolgono le funzioni seno, coseno e tangente e le loro inverse.

9.1 Disequazioni trigonometriche

In questa sezione studieremo i principali tipi di disequazioni trigonometriche, che sono quelle che coinvolgono le

funzioni sin x, cos x, tg x. Esse si risolvono riconducendole ad una o più disequazioni elementari in seno, coseno e

tangente; queste disequazioni elementari sono state già studiate in 6.3.

à Disequazioni contenenti una sola funzione trigonometrica incognita

Questo tipo di disequazioni si risolvono mediante sostituzione, come è mostrato dagli esempi seguenti.

Esempio 9.1 (1)

Risolvere la disequazione: 2 cos2 x - sin x - 1 < 0.

Svolgimento. Ricordando che cos2 x = 1 - sin2 x, possiamo scrivere:

2 cos2 x - sin x - 1 < 0 ñ 2 sin2 x + sin x - 1 > 0.

Ponendo sin x = t, abbiamo la disequazione 2 t2 + t - 1 > 0, e poiché:

t1ê2 = 1≤ 1+8

4=

1

-1

2

la nostra disequazione è soddisfatta per sin x < -1 e per sin x >1

2. La prima di queste due condizioni, cioé sin x < -1 non

è mai soddisfatta, la seconda, cioé sin x >1

2 è soddisfatta per

p

6+ 2 k p < x <

5 p

6+ 2 k p , con k œ�.

Esempio 9.1 (2)

Risolvere la disequazione: cos2 x -5

2+

2

tg2 x> 0.

Poiché cos2 x =1

tg2 x+1, si ha:

cos2 x +2

tg2 x-

5

2> 0 ñ

1

tg2 x+1+

2

tg2 x-

5

2> 0 ñ

2 tg2 x+4 Itg2 x+1M-5 Itg2 x+1M tg2 x

2 Itg2 x+1M tg2 x> 0 ñ

ñ-5 tg4 x+tg2 x+4

2 Itg2 x+1M tg2 x> 0 ñ

5 tg4 x-tg2 x-4

2 Itg2 x+1M tg2 x< 0

Risolviamo l'ultima disequazione nell'intervallo E - p

2,p

2A. Poiché il denominatore è sempre positivo per x ∫ 0, basta

studiare il segno del numeratore. Ponendo tg x = t, si ha, come si vede subito, 5 t4 - t2 - 4 = It2 - 1M It2 +4

5M, quindi il

numeratore è negativo per -1 < t < 1, quindi per -1 < tg x < 1, cioé per -p

4< x <

p

4.

In definitiva (tenendo anche conto del fatto che dev'essere x ∫ 0), le soluzioni, limitatamente all'intervallo considerato,

sono: -p

4< x <

p

4 e x ∫ 0.

Esercizio 9.1 (1)

Risolvere le disequazioni:

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

9. Disequazioni trigonometriche1. Disequazioni trigonometriche

217

Settembre 2014

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Disequazione:

Soluzione Reset

à Disequazioni di secondo grado in seno e coseno

Sono disequazioni della forma

a sin2 x + b sin x cos x + c cos2 x + d > 0

a sin2 x + b sin x cos x + c cos2 x + d ¥ 0

Esse si risolvono controllando prima se i valori di x che annullano il coseno sono soluzioni, e poi dividendo per cos2 x, in

modo da ottenere una disequazione di secondo grado in tg x.

Osserviamo che è sufficiente trovare le soluzioni in A- p

2,p

2E, in quanto il primo membro della disequazione è una

funzione p -periodica.

Esempio 9.1 (3)

Risolvere la disequazione:

cos2 x + 4 sin x cos x - sin2 x - 2 § 0

Svolgimento. Per cos x = 0 si ha sin2 x = 1, cosicché la disequazione è soddisfatta. In altri termini i numeri x = p k +p

2,

con k œ�, sono soluzioni.

Supponendo cos x ∫ 0, possiamo dividere per cos2 x, ottenendo

1 + 4 tg x - tg2 x -2

cos2 x§ 0 ñ 1 + 4 tg x - tg2 x - 2

sin2 x+cos2 x

cos2 x§ 0

ñ 1 + 4 tg x - tg2 x - 2 Itg2 x + 1M § 0 ñ 3 tg2 x - 4 tg x + 1 ¥ 0.

L'ultima disequazione è soddisfatta per tg x §1

3 e per tg2 x ¥ 1, cioé per x œE - p

2, arctgI 1

3M Ê A p

4,p

2A, limitatamente

all'intervallo E - p

2,p

2A, nel quale consideriamo tg x. L'insieme di tutte le soluzioni della disequazione data è invece:

-p

2+ k p § x § arctgI 1

3M + k p, e

p

4+ k p § x §

p

2+ k p, con k œ�,

dove si è tenuto conto anche delle soluzioni già ottenute x =p

2+ k p.

Svolgere in modo analogo il seguente esercizio.

Esercizio 9.1 (2)

Risolvere le disequazioni:

Disequazione:

Soluzione Reset

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

9. Disequazioni trigonometriche1. Disequazioni trigonometriche

218

Settembre 2014

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à Disequazioni lineari in seno e coseno

Sono disequazioni della forma

a sin x + b cos x + c > 0,

a sin x + b cos x + c ¥ 0.

Se c = 0, si dicono omogenee, e possono essere risolte verificando preventivamente se i valori di x che annullano il

coseno sono soluzioni, e poi mettendo in evidenza cos x (attenzione a non dividere per cos x), ottenendo così una

disequazione in tg x.

Esempio 9.1 (4)

Risolvere la disequazione: sin x + 3 cos x > 0.

Svolgimento. Se cos x = 0, si ha necessariamente sin x = ≤1, pertanto i valori per cui risulta cos x = 0 e sin x = 1,

risolvono la disequazione, e sono x =p

2+ 2 k p, con k œ�.

Supponendo cos x ∫ 0, mettiamo in evidenza cos x al fine di trovare le altre soluzioni della disequazione. La

disequazione data diventa: cos x Jtg x + 3 N > 0.

Essendo il primo membro prodotto di due fattori, studiamone il segno limitandoci, ad esempio, all'intervallo @-p, pD:

cos x > 0−π

−π

2

π

2 π

tg x + 3 > 0−π

−π

2−

π

3

π

2

2 π

3 π

cos x Htg x+ 3 L > 0−π

−π

3

π

2

2 π

3 π

Dovendo prendere i segni concordi, e tenendo presente le soluzioni x =p

2+ 2 k p già trovate, la disequazione data è

soddisfatta per -p

3< x <

2 p

3 nell'intervallo @-p, pD, e per -

p

3+ 2 k p < x <

2 p

3+ 2 k p, con k œ�, in tutto �.

Esercizio 9.1 (3)

Risolvere le disequazioni:

Disequazione:

Soluzione Reset

Se il coefficiente c è diverso da zero, si possono esprimere il seno ed il coseno mediante le formule parametriche:

sin x =2 tgJ x

2N

1+tg2J x

2N , cos x =

1-tg2J x

2N

1+tg2J x

2N .

Si ottiene così una disequazione nell'incognita tgI x

2M.

Tuttavia, poiché il secondo membro di tali formule parametriche perde significato per x

2=

p

2+ k p, ossia per

x = p + 2 k p, bisogna preventivamente controllare se questi valori risolvono la disequazione data.

Osservazione.

Per x = p + 2 k p, si ha sin x = 0 e cos x = -1, cosicché l'equazione

a sin x + b cos x + c = 0,

associata alla disequazione data, diventa: -b + c = 0. Dunque, se b ∫ c, i valori x = p + 2 k p non risolvono tale

equazione, mentre, se b = c, la risolvono. Si controlla poi facilmente che b = c se e solo se l'equazione in tgI x

2M ottenuta

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

9. Disequazioni trigonometriche1. Disequazioni trigonometriche

219

Settembre 2014

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I2

Mda quella data utilizzando le formule parametriche è di primo grado (altrimenti è di secondo grado).

Ovviamente, se b = c, i valori x = p + 2 k p risolvono la disequazione data se essa è del tipo ≤ oppure ≥ (cioé non è una

disequazione “stretta”).

Esempio 9.1 (5)

Risolvere la disequazione: 2 cos x - sin x + 1 < 0.

Svolgimento. Per x = p + 2 k p, si ha 2 cos x - sin x + 1 = -1 < 0, quindi la nostra disequazione è soddisfatta da questi

valori.

Usiamo ora le formule parametriche per individuare le altre soluzioni; per x ∫ p + 2 k p si ha:

2 cos x - sin x + 1 < 0 ñ 21-tg2J x

2N

1+tg2J x

2N -

2 tgJ x

2N

1+tg2J x

2N + 1 < 0 ñ t2 + 2 t - 3 > 0,

avendo posto, per brevità t = tgI x

2M.

L'ultima disequazione è soddisfatta per t < -3, e per t > 1, cosicché si ottiene -p

2+ k p <

x

2< arctgH-3L + k p, e

p

4+ k p <

x

2<

p

2+ k p, con k œ�, e quindi, tenendo anche conto dei valori x = p + 2 k p trovati precedentemente, si ha

-p + 2 k p § x < 2 arctgH-3L + 2 k p, e p

2+ 2 k p < x § p + 2 k p, con k œ�.

Esempio 9.1 (6)

Risolvere la disequazione: sin x - 3 cos x - 3 > 0.

Svolgimento. Per x = p + 2 k p il primo membro vale 0, quindi, dato che la disequazione è col maggiore stretto, tali

valori non sono soluzioni. Per x ∫ p + 2 k p si ha:

sin x - 3 cos x - 3 > 0 ñ2 tgJ x

2N

1+tg2J x

2N - 3

1-tg2J x

2N

1+tg2J x

2N - 3 > 0 ñ

ñ -2 J 3 -tgJ x

2NN

1+tg2J x

2N > 0 ñ tgI x

2M < 3 .

L'ultima disequazione è soddisfatta per p

3<

x

2<

p

2 e quindi

2 p

3+ 2 k p < x < p + 2 k p, con k œ�, sono le soluzioni in

tutto �.

Esempio 9.1 (7)

Risolvere la disequazione: sin x - 3 cos x - 3 ¥ 0.

Svolgimento. Questa volta i valori x = p + 2 k p risolvono la disequazione, quindi: 2 p

3+ 2 k p § x § p + 2 k p, con k œ�,

sono le soluzioni in tutto �.

Esercizio 9.1 (4)

Risolvere le disequazioni:

Disequazione:

Soluzione Reset

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

9. Disequazioni trigonometriche1. Disequazioni trigonometriche

220

Settembre 2014

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9.2 Disequazioni con le funzioni trigonometriche inverse

Le disequazioni elementari che coinvolgono le funzioni trigonometriche inverse, sono le seguenti:

arcsin x

> k

¥ k

< k

§ k

arcos x

> k

¥ k

< k

§ k

ArcTan@xD> k

¥ k

< k

§ k

Esse si risolvono disegnando il grafico della funzione coinvolta, e la retta di equazione y = k, come negli esempi seguenti.

Esempio 9.2 (1)

Risolvere le disequazioni:

arcsin x < 2; arcsin x <p

2; arcsin x < -

p

4; arcsin x < -2.

Svolgimento. Disegnamo il grafico di arcsin x:

x

-p

4

p

2

2

-2

y

1-1

- 2 ê2

Come si vede, il grafico di arcsin x si trova tutto strettamente al di sotto della retta y = 2, pertanto la prima disequazione è

soddisfatta in tutto l'intervallo @-1, 1D.La seconda disequazione è invece soddisfatta per x œ @-1, 1@ (x = 1 è escuso), perché per x = 1 si ha l'uguaglianza.

Nel terzo caso la retta y = -p

4 interseca il grafico di arcsin x in un unico punto, di ascissa -

2

2, dato che

arcsinK- 2

2O = - p

4, in quanto sinI- p

4M = - 2

2. La terza disequazione è soddisfatta quindi per x œ A-1, -

p

4A.

La quarta disequazione non è invece mai soddisfatta.

Esempio 9.2 (2)

Risolvere le disequazioni:

arctg x §p

2; arctg x > -

p

6; arctg x § 1.

Svolgimento. Disegnamo il grafico di arctg x:

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

9. Disequazioni trigonometriche2. Disequazioni con le funzioni trigonometriche inverse

221

Settembre 2014

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x

y

pê2

-pê2

1

-pê6

- 3 ê3tgH1L

La prima disequazione è soddisfatta per ogni x œ �.

La seconda è soddisfatta per x œE - 3

3, +¶A, infatti la retta y = -

p

6 incontra il grafico in un punto di ascissa -

3

3 (cioé

arctgK- 3

3O = - p

6), dato che -

3

3= tgI- p

6M.

Per quanto riguarda la terza disequazione, osserviamo che la retta y = 1 incontra il grafico di arctg x in un punto la cui

ascissa è uguale a tgH1L, che dobbiamo lasciare indicato (naturalmente tgH1L significa tangente dell'angolo di un radiante,

cioé tangente di un angolo di circa 57 gradi). Essa è dunque soddisfatta per x œ D -¶ , tgH1LD. (Approssimativamente si

ha: tgH1L > 1.56).

Esercizio 9.2 (1)

Risolvere le disequazioni:

Disequazione:

Soluzione Reset

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

9. Disequazioni trigonometriche2. Disequazioni con le funzioni trigonometriche inverse

222

Settembre 2014

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10 Disequazioni varie

10.1 Disequazioni col valore assoluto

Le disequazioni elementari col valore assoluto sono le seguenti:

†x§> k

¥ k

< k

§ k

e si risolvono facilmente disegnando il grafico di †x§:

k

Disequazione: »x» < k »x» § k »x» > k »x» ¥ k

x

y

»x» < k

-k < x < k

k

-k k

Osservando tale grafico, si vede immediatamente che la disequazione †x§ < k non è mai soddisfatta se k § 0, mentre se

k > 0, essa è soddisfatta per x œD-k, [email protected] disequazione †x§ § k non è mai soddisfatta se k < 0, è soddisfatta solo per x = 0 nel caso k = 0, e infine è soddisfatta

per x œ @-k, kD se invece k > 0.

Analogamente, la disequazione †x§ > k è soddisfatta in tutto � se k < 0, è soddisfatta in �\80< se k = 0, mentre nel caso

k > 0 essa è soddisfatta per x œD -¶ , -k@‹D k, +¶ @.Infine, la disequazione †x§ ¥ k è soddisfatta in tutto � se k ¥ 0, mentre è soddisfatta per x œD -¶ , -kD ‹ @k, +¶@ nel

caso k > 0.

Esempio 10.1 (1)

Risolvere le disequazioni:

†x§ < -2; †x§ ¥ 5; †x§ ¥ 0; †x§ § 0; †x§ § 4.

Svolgimento. La prima disequazione non è mai soddisfatta. La seconda è soddisfatta per x § -5 e x ¥ 5. La terza è

soddisfatta in tutto �. La quarta è soddisfatta solo per x = 0. Infine la quinta è soddisfatta per -4 § x § 4.

Le disequazioni che si presentano nella forma:

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

10. Disequazioni varie1. Disequazioni col valore assoluto

223

Settembre 2014

Page 224: Appunti di Analisi Matematica - fataing.poliba.it2014-15)_Parte_1.pdf · Appunti di Analisi Matematica I 6 Settembre 2014.

†AHxL§> k

¥ k

< k

§ k

si risolvono in modo analogo, facendo svolgere ad AHxL il ruolo di x.

Esempio 10.1 (2)

Risolvere le seguenti disequazioni:

°x2 - 1• < 2; °x2 - x• > 2.

Svolgimento. La prima disequazione è soddisfatta per -2 < x2 - 1 < 2; in altri termini, poiché le due disequazioni

-2 < x2 - 1 e x2 - 1 < 2 devono essere verificate contemporaneamente, la prima disequazione è equivalente ad un

sistema di due disequazioni:

°x2 - 1• < 2 ñ -2 < x2 - 1 < 2 ñ -1 < x2 < 3 ñ x2 < 3 ñ -3 < x < 3,

quindi la prima disequazione è soddisfatta per x œD - 3, [email protected] seconda disequazione è invece soddisfatta per x2 - x < -2 e per 2 < x2 - x. Queste due disequazioni non devono

essere messe a sistema, dato che la disequazione col valore assoluto è soddisfatta nell'unione delle soluzioni delle due

disequazioni x2 - x < -2 e 2 < x2 - x:

°x2 - x• > 2ñ Ix2 - x < -2 e 2 < x2 - xM ñ I x2 - x + 2 < 0 e x2 - x - 2 > 0M.Delle due ultime disequazioni, la prima non è mai soddisfatta, mentre la seconda è soddisfatta per

x œD -¶ , -1@‹D 2, +¶@.Pertanto la disequazione data è soddisfatta in «‹ HD -¶ , -1@‹D 2, +¶ @L, cioé in D -¶ , -1@‹D 2, +¶@.Osservazione.

Le disequazioni precedenti possono essere risolte anche in un altro modo. Infatti, ricordando che, per definizione,

†x§ = x se x ¥ 0

-x se x < 0

e osservando che il ruolo di x è svolto, in questo caso da ciò che si trova dentro il valore assoluto, cioé da AHxL, possiamo

scrivere, ad esempio:

°x2 - 1• < 2 ñx2 - 1 ¥ 0

x2 - 1 < 2 oppure

x2 - 1 < 0

-Ix2 - 1M < 2

Come si vede, abbiamo eliminato il valore assoluto distinguendo i due possibili casi x2 - 1 ¥ 0 e x2 - 1 < 0. Resta ora da

risolvere i due singoli sistemi, e fare poi l'unione delle soluzioni così trovate.

Chiaramente questo metodo presenta lo svantaggio di dover risolvere due sistemi invece di uno solo.

Esercizio 10.1 (1)

Risolvere le disequazioni:

Disequazione:

Soluzione Reset

Un'altro tipo di disequazioni col valore assoluto al quale vogliamo accennare, si presentano nella forma

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

10. Disequazioni varie1. Disequazioni col valore assoluto

224

Settembre 2014

Page 225: Appunti di Analisi Matematica - fataing.poliba.it2014-15)_Parte_1.pdf · Appunti di Analisi Matematica I 6 Settembre 2014.

†AHxL§< BHxL§ BHxL> BHxL¥ BHxL

cioé il secondo membro non è più costante, ma dipende invece da x.

Queste disequazioni si possono risolvere in vari modi. Ad esempio, per la prima di esse, possiamo scrivere:

†AHxL§ < BHxL ñBHxL > 0

-BHxL < AHxL < BHxL ñ -BHxL < AHxL < BHxLInfatti, la prima equivalenza è dovuta al fatto che, se BHxL § 0, la disequazione data non può essere soddisfatta. La

seconda equivalenza è dovuta al fatto che, nel sistema, la condizione BHxL > 0 è inclusa nella seconda condizione

-BHxL < AHxL < BHxL, ed è quindi superflua.

Analogamente, per la seconda, si ha:

†AHxL§ § BHxL ñ : BHxL ¥ 0

-BHxL § AHxL § BHxL ñ -BHxL § AHxL § BHxL.

Esempio 10.1 (3)

Risolvere la disequazione: †x - 2§ < 3 x.

Svolgimento. Per quanto detto prima si ha:

†x - 2§ < 3 x ñ -3 x < x - 2 < 3 x ñ4 x > 2

2 x > -2

cioé la disequazione data è soddisfatta per x œE 1

2, +¶A.

Per quanto riguarda le disequazioni nell'altro verso, può essere opportuno distinguere i due casi AHxL ¥ 0 e AHxL < 0:

†AHxL§ > BHxL ñA HxL ¥ 0

A HxL > B HxL oppureA HxL < 0

-A HxL > B HxL(si deve fare l'unione delle soluzioni dei due sistemi).

Analogamente:

†AHxL§ ¥ BHxL ñ : A HxL ¥ 0

A HxL ¥ B HxL oppure : A HxL < 0

-A HxL ¥ B HxL

Esempio 10.1 (4)

Risolvere la disequazione: †x + 5§ > 3 x - 2.

Svolgimento. Si ha:

†x + 5§ > 3 x - 2 ñx + 5 ¥ 0

x + 5 > 3 x - 2oppure

x + 5 < 0

-Hx + 5L ¥ 3 x - 2

Il primo sistema è soddisfatto in S1 = A-5,7

2A, il secondo in S2 =E -¶,

3

4A, pertanto la disequazione data è soddisfatta in

S = S1 Ê S2 =F -¶, -7

2A.

Esempio 10.1 (5)

Risolvere la disequazione: °x2 - 2• ¥ 2 x2.

Svolgimento. In questo caso il secondo membro, pur non essendo costante, ha sempre segno positivo, pertanto possiamo

anche trattare la disequazione come una del tipo AHxL ¥ k.

Dunque:

°x2 - 2• ¥ 2 x2 ñ Ix2 - 2 § -2 x2, oppure 2 x2 § x2 - 2M ñ I3 x2 - 2 § 0, oppure x2 + 2 § 0M.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

10. Disequazioni varie1. Disequazioni col valore assoluto

225

Settembre 2014

Page 226: Appunti di Analisi Matematica - fataing.poliba.it2014-15)_Parte_1.pdf · Appunti di Analisi Matematica I 6 Settembre 2014.

La disequazione 3 x2 - 2 § 0 è soddisfatta per x œ B- 2

3,

2

3F, la disequazione x2 + 2 § 0 non è mai soddisfatta,

pertanto la disequazione data è soddisfatta per x œ B- 2

3,

2

3F.

Esempio 10.1 (6)

Risolvere la disequazione:

¢ x

x2-1¶ > - 1

x2+1.

Svolgimento. Questa volta il secondo membro è strettamente negativo, pertanto la disequazione è soddisfatta “sempre”,

cioé per ogni valore di x per il quale ha senso; in questo caso, evidentemente, per x œ �\8≤1<.Esercizio 10.1 (2)

Risolvere le disequazioni:

Disequazione:

Soluzione Reset

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

10. Disequazioni varie1. Disequazioni col valore assoluto

226

Settembre 2014

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10.2 Alcune disequazioni trascendenti

In questo paragrafo vogliamo accennare ad alcuni tipi di disequazioni meno elementari di quelle viste in precedenza, la

cui esistenza è opportuno conoscere fin d'ora.

Consideriamo, ad esempio, la disequazione: ‰x < -x.

Non è una disequazione di tipo esponenziale, quindi non possiamo risolverla prendendo i logaritmi di entrambe i membri.

Possiamo però osservare che risolvere questa disequazione significa, dal punto di vista geometrico, trovare l'insieme

degli x per i quali il grafico della funzione y = ‰x si trova al disotto di quello della retta y = -x.

Disegnando i due grafici, si ottiene:

x0

x

1

y

Come si vede, essi si intersecano in un unico punto, la cui ascissa indichiamo con x0. La disequazione data è dunque

soddisfatta per x œD -¶, [email protected] valore x0 non siamo in grado, per ora, di precisarlo; dal grafico si vede che, ovviamente, è negativo.

Il numero x0 risolve l'equazione x + ‰x = 0, ma non è esprimibile tramite le funzioni elementari che conosciamo. Per

questo motivo l'equazione x + ‰x = 0 si dice trascendente, e così pure la disequazione data.

Non sempre la situazione è così semplice; ad esempio, per risolvere la disequazione x ‰x < 1 - x, dobbiamo disegnare il

grafico di y = x ‰x, che non è una funzione elementare.

Dunque la risoluzione per via grafica delle disequazioni (e delle equazioni!) trascendenti comporta la necessità di

disegnare il grafico di funzioni, e pertanto il loro studio può essere svolto pienamente solo mediante gli strumenti del

calcolo differenziale.

Vediamo ora alcuni esempi particolarmente semplici in cui si riesce anche, talvolta, a determinare il valore esatto di x0.

Esempio 10.2 (1)

Risolvere la disequazione: x + ‰x - 1 ¥ 0.

Svolgimento. Poiché x + ‰x - 1 ¥ 0ñ‰x ¥ 1 - x, disegnamo i grafici delle due funzioni y = ‰x e y = 1 - x:

x

1

y

Come si vede, essi si intersecano nel punto H0, 1L, pertanto la disequazione data è soddisfatta per x œ @0, +¶@. Esempio 10.2 (2)

Risolvere la disequazione sin x < x.

Svolgimento. Disegnamo i grafici di y = sin x e di y = x:

x

y

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

10. Disequazioni varie2. Alcune disequazioni trascendenti

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Settembre 2014

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Ammettiamo di conoscere tutte le particolarità del grafico di sin x, ed in particolare il fatto, non dimostrato, che la retta

y = x è tangente al grafico di sin x in H0, 0L (in realtà non abbiamo ancora introdotto ufficialmente neanche la nozione di

retta tangente!). Abbiamo allora che la disequazione sin x < x è soddisfatta per x œD 0, +¶@.Esempio 10.2 (3)

Risolvere la disequazione 2 arcsin x - p x > 0.

Svolgimento. E' opportuno scrivere la disequazione data nella forma: arcsin x >p

2x.

Disegnando i grafici di y = arcsin x e y =p

2x, si ha:

-1 1x

-p

2

p

2

y

quindi la disequazione data è soddisfatta per x œ @-1, [email protected] 10.2 (4)

Risolvere la disequazione: arctgHx - 1L < x2

x2+1+

p

2.

Svolgimento. La disequazione sembra difficile, ma basta ricordare che arctg x <p

2 per qualsiasi x, quindi si ha anche

arctgHx - 1L < p

2, e poiché il secondo membro è maggiore di

p

2, la disequazione data è soddisfatta in tutto �.

Esempio 10.2 (5)

Risolvere la disequazione: arcos x § log2 x.

Svolgimento. Ancora una volta, disegnamo i grafici di y = arcos x e di y = log2 x:

-1 1x

p

y

Come si vede, i due grafici si intersecano solo nel punto H1, 0L, e la disequazione data è soddisfatta solo per x = 1, nel

qual caso vale l'uguaglianza.

Esercizio 10.2 (1)

Risolvere le disequazioni:

log x + 2 x - 2 < 0; tg x < x in F - p

2,p

2B;

arctg x + 3 x § 0; 2 arcos x + p x § p;

x2+1

x2+2+ arcos x § 0;

x2+2

x2+1+ sin x > 0.

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10. Disequazioni varie2. Alcune disequazioni trascendenti

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10. Disequazioni varie2. Alcune disequazioni trascendenti

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10.3 Disequazioni varie e calcolo del dominio di definizione di una funzione

In questo paragrafo studieremo disequazioni che coinvolgono un po' tutti i tipi esposti nei paragrafi precedenti.

Molte di esse sorgono dalla ricerca del dominio di definizione di una data funzione, composta, in modo più o meno

complicato, da funzioni elementari.

Prima di iniziare a risolvere una di queste disequazioni, è opportuno osservarla attentamente, per capire qual è la giusta

strategia di “attacco”.

Esempio 10.3 (1)

Risolvere la disequazione:

log4

x-1

log4

x-2< 2.

Svolgimento. La disequazione si presenta come un misto di una disequazione logaritmica e una irrazionale. Possiamo, ad

esempio, porre t = log4 x, e risolvere la disequazione irrazionale t-1

t-2< 2, e ricavare poi x di conseguenza. Poiché poi

il secondo membro è positivo, possiamo imporre solo t-1

t-2¥ 0, ed elevare tranquillamente al quadrato:

t-1

t-2< 2 ñ

t-1

t-2¥ 0

t-1

t-2< 4

ñt § 1, 2 < t

3 t-7

t-2> 0

ñt § 1, 2 < t

t < 2,7

3< t

ñ t § 1 oppure t >7

3.

Dunque la disequazione irrazionale in t è soddisfatta per t § 1, e 7

3< t. La disequazione data sarà allora soddisfatta per

log4 x § 1 e per 7

3< log4 x. Prendendo, come al solito, l'esponenziale in base 4 di entrambe i membri, si ha quindi

0 < x § 4 e 47ê3 < x.

In altri termini, la disequazione data è soddisfatta per x œD 0, 4D ‹D 47ê3, +¶@. Esercizio 10.3 (1)

Risolvere la disequazione:

log3

x-2

log3

x-1< 2.

Esempio 10.3 (2)

Risolvere la disequazione: 2 1 - x2 § †x - 1§.Svolgimento. Si tratta di una disequazione irrazionale, ma il secondo membro contiene anche un valore assoluto. Poiché

entrambe i membri sono positivi, basterà imporre che la disequazione abbia senso, cioé che 1 - x2 ¥ 0, e poi elevare

entrambe i membri al quadrato.

Si ha:

2 1 - x2 § †x - 1§ ñ 1 - x2 ¥ 0

4 I1 - x2M § Hx - 1L2

ñ1 - x2 ¥ 0

5 x2 - 2 x - 3 ¥ 0ñ

-1 § x § 1

x § -3

5oppure 1 § x

Nei passaggi precedenti si è adoperato il fatto che †t§2 = t2, cioé il valore assoluto scompare dopo aver elevato al quadrato

(o a qualsiasi potenza pari). Ora, facendo con attenzione l'intersezione delle soluzioni delle due disequazioni del sistema,

si ottiene x œ A-1, -3

5E ‹ 81<.

Esercizio 10.3 (2)

Risolvere la disequazione:

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

10. Disequazioni varie3. Disequazioni varie e calcolo del dominio di definizione di una funzione

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Settembre 2014

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2 1 - x2 § †x + 1§.

Esempio 10.3 (3)

Risolvere la disequazione:

3 - x 2 - x > 0.

Svolgimento. La disequazione data si può scrivere, chiaramente, come:

x 2 - x < 3 .

Questa disequazione irrazionale non rientra nei tipi studiati nei paragrafi precedenti perché al primo membro l'incognita

non compare sotto il segno di radice.

Osserviamo preliminarmente che la disequazione ha senso per 2 - x ¥ 0, cioé per x § 2. Per ricondurla ad uno dei casi

noti, potremmo pensare di dividere per x, ma questo comporta uno studio separato dei casi x = 0, x < 0 e 0 < x § 2: ad

esempio, se x è negativo, si deve invertire il segno della disequazione, ecc..

Non possiamo neanche portare semplicemente x sotto il segno di radice, perché l'uguaglianza x 2 - x = x H2 - xL è

valida solo per x ¥ 0.

Facciamo allora un semplice ragionamento simile a quello fatto nel paragrafo sulle disequazioni irrazionali: se x § 0, il

primo membro della disequazione ha senso ed è negativo, quindi essa è certamente soddisfatta.

Se invece 0 < x § 2, entrambe i membri della disequazione data sono positivi, quindi possiamo tranquillamente elevare al

quadrato ottenendo:

x 2 - x < 30<x§2

x2 H2 - xL < 3 ñ x3 - 2 x2 + 3 > 0.

Poiché -1 è radice dell'equazione x3 - 2 x2 + 3 = 0, dividendo con Ruffini si ha:

x3 - 2 x2 + 3 = Ix2 - 3 x + 3M Hx + 1L > 0 per x > -1,

dato che il discriminante di x2 - 3 x + 3 = 0 è negativo. Pertanto la disequazione x 2 - x < 3 è soddisfatta anche in

tutto l'intervallo D 0, 2D, oltre che, come abbiamo già visto, in D -¶ , 0D.In definitiva, la disequazione data è soddisfatta per x œD -¶, 2D, cioé per ogni valore di x per il quale ha senso.

Esercizio 10.3 (3)

Risolvere la disequazione:

x x + 1 - 2 > 0.

Esempio 10.3 (4)

Risolvere la disequazione:

log1ê2 x °log1ê2 x• - 1 < 2.

Svolgimento. Ponendo log1ê2 x = t, la disequazione diventa: t †t§ - 1 < 2, e può essere risolta come nell'esempio

precedente: ha senso per..., se t è negativo è soddisfatta, se t è positivo si eleva al quadrato, ecc. ecc..

Esercizio 10.3 (4)

Risolvere le disequazioni:

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

10. Disequazioni varie3. Disequazioni varie e calcolo del dominio di definizione di una funzione

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Settembre 2014

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Disequazione:

Soluzione Reset

Esempio 10.3 (5)

Risolvere la disequazione:

x - 3 x + 2 < 0.

Svolgimento. Si tratta di una disequazione irrazionale che può essere scritta e risolta nella forma x >x+2

3.

Possiamo anche scegliere una via alternativa, ponendo x = t, e osservando che allora la disequazione data si trasforma

nella disequazione di secondo grado: t2 - 3 t + 2 < 0, che è soddisfatta per 1 < t < 2. Pertanto la disequazione data è

soddisfatta per 1 < x < 2, cioé per 1 < x < 4.

Esercizio 10.3 (5)

Risolvere la disequazione:

x - x - 2 > 0.

Esempio 10.3 (6)

Risolvere la disequazione:

Hx - 4L x - 4 x + 4 < 8.

Svolgimento. La disequazione sembra complicata, ma si semplifica notevolmente osservando che

x - 4 x + 4 = I x - 2M2, e quindi:

Hx - 4L x - 4 x + 4 = Hx - 4L I x - 2M2= Hx - 4L ° x - 2•.

(Ricordare che y2 = †y§). Pertanto la disequazione data diventa: Hx - 4L ° x - 2• < 8. Ora, la disequazione ha senso

per x ¥ 0. Se 0 § x § 4 il primo membro è negativo, quindi... Se invece 4 < x, possiamo elevare al quadrato...

Esempio 10.3 (7)

Determinare il dominio di definizione della funzione:

f HxL = 2 †x§ - x + 2 -x+14

x.

Svolgimento. Per la presenza della radice quadrata più esterna, dobbiamo imporre che sia:

x+14

x< 2 †x§ - x + 2 ;

le altre condizioni verranno fuori dalla risoluzione di questa disequazione. Questa è una disequazione irrazionale, ma

presenta una radice anche al secondo membro, e inoltre al primo membro l'incognita compare anche fuori dal segno di

radice.

Osserviamo anzitutto che il primo membro ha senso per x ¥ -14 e per x ∫ 0, cioé per x œ @-14, 0@ ‹D 0, +¶@.Ora, se x œ @-14, 0@, si ha †x§ = -x, pertanto la disequazione diventa:

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

10. Disequazioni varie3. Disequazioni varie e calcolo del dominio di definizione di una funzione

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Settembre 2014

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x+14

x< -3 x + 2 ;

In questa disequazione anche il secondo membro ha senso (in quanto, essendo x negativo, 2 - 3 x ¥ 0), ed il primo

membro è negativo, quindi essa è certamente soddisfatta in tutto l'intervallo @-14, [email protected] ora x œD 0, +¶@; si ha in questo caso †x§ = x, quindi:

x+14

x< x + 2 ;

E' ora possibile elevare entrambe i membri al quadrato, ottenendo:

Hx+14L2

x2< x + 2 ñ

x∫0x3 + 2 x2 - x - 14 > 0.

Si vede subito che x = 2 è radice dell'equazione x3 + 2 x2 - x - 14 = 0, e dividendo con Ruffini si ha

x3 + 2 x2 - x - 14 = Hx - 2L Ix2 + 4 x + 7M > 0, da cui x > 2.

In conclusione, la disequazione data è soddisfatta per x œ @-14, 0@ ‹ D 2, +¶@.Esercizio 10.3 (6)

Determinare il dominio di definizione della funzione:

f HxL = 2 †x§ - x + 2 -x+10

x.

Esempio 10.3 (8)

Determinare il dominio di definizione della funzione:

f HxL = logJ 3 H1 - sin xL - 2 cos x sin x N.Svolgimento. Poiché log y è definito per y > 0, dobbiamo imporre che sia:

2 cos x sin x < 3 H1 - sin xL.Questa è una disequazione irrazionale in sin x e cos x. Osserviamo anzitutto che è sufficiente risolverla, ad esempio,

nell'intervallo @0, 2 pD. Poiché sin x si trova sotto radice, la disequazione ha senso in @0, pD. Osserviamo anche che, per la

presenza di cos x fuori della radice al primo membro, tale disequazione somiglia ad alcune altre già incontrate, e la

risolveremo con un ragionamento analogo.

Infatti, il secondo membro 3 H1 - sin xL è sempre positivo; il primo membro è invece strettamente negativo per

x œE p

2, pE, pertanto in tale intervallo la disequazione è soddisfatta (si noti che

p

2 non è soluzione perché annulla entrambe

i membri della disequazione).

Supponiamo ora x œ A0,p

2E. In tale intervallo anche il primo membro è positivo, e possiamo allora elevare al quadrato

mantenendo il verso della disequazione. Si ha allora:

2 cos x sin x < 3 H1 - sin xL xœB0,p

2F

2 cos2 x sin x < 3 H1 - sin xL2 ñ 2 sin2 x + 5 sin x - 3 < 0

avendo scritto, ovviamente, cos2 x = 1 - sin2 x.

La disequazione 2 t2 + 5 t - 3 < 0 è soddisfatta per -3 < t <1

2, quindi si ha -3 < sin x <

1

2, da cui (sempre nel solo

intervallo A0,p

2E), 0 § x <

p

6.

In definitiva, in @0, 2 pD la disequazione data è soddisfatta in A0,p

6@‹D p

2, pE, e le soluzioni in tutto � si ottengono

aggiungendo 2 k p, con k œ�.

Esercizio 10.3 (7)

Determinare il dominio di definizione della funzione:

f HxL = logJ 3 H1 - cos xL - 2 sin x cos x N.

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

10. Disequazioni varie3. Disequazioni varie e calcolo del dominio di definizione di una funzione

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Settembre 2014

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Esempio 10.3 (9)

Determinare il dominio di definizione della funzione:

f HxL = logI18 + 7 x x - x3M.Svolgimento. Si deve imporre -x3 + 7 x x + 18 > 0, cioé 7 x x > x3 - 18. Ora, la disequazione ha senso per x ¥ 0.

Inoltre, per x ¥ 0, il primo membro è positivo.

Per quanto riguarda il secondo membro, osserviamo che esso è negativo per x < 183

, pertanto nell'intervallo B0, 183 F,

la disequazione è soddisfatta.

Nell'intervallo F 183

, +¶B, entrambe i membri sono positivi, pertanto possiamo elevare al quadrato ottenendo

49 x3 > Ix3 - 18M2, cioé, ponendo x3 = t: t2 - 85 t + 324 < 0.

Quest'ultima disequazione è soddisfatta per 4 < t < 81, pertanto la disequazione in x3 è soddisfatta per 43

< x < 813

.

In definitiva la nostra disequazione è soddisfatta in B0, 183 F ÊF 4

3

, 813 B, cioé in B0, 81

3 B.

Osservazione.

Per risolvere la disequazione -x3 + 7 x x + 18 > 0 avremmo anche potuto porre x x = t, e allora, essendo x3 = t2,

avremmo avuto la disequazione di secondo grado -t2 + 7 t + 18 > 0, che si risolve con meno conti.

Esercizio 10.3 (8)

Determinare il dominio di definizione delle funzioni:

f HxL = logI20 + x x - x3M;

f HxL = logI4 - 4 cos4 x - 5 sin2 xM.

Esempio 10.3 (10)

Determinare il dominio di definizione della funzione:

f HxL = arcos 1 - log2Hx - 1L .

Svolgimento. La funzione arcos y è definita per -1 § y § 1, bisogna pertanto imporre che sia

-1 § 1 - log2Hx - 1L § 1.

Quest'ultimo è, in realtà, un sistema di due disequazioni:

-1 § 1 - log2Hx - 1L

1 - log2Hx - 1L § 1

La prima di esse è una disequazione irrazionale che è certamente soddisfatta per ogni valore di x tale che

1 - log2Hx - 1L ¥ 0, cioé tale che -1 § logHx - 1L § 1.

Passando all'esponenziale, otteniamo 1

‰§ x - 1 § ‰, cioé

1

‰+ 1 § x § ‰ + 1.

Per quanto riguarda la seconda disequazione, osserviamo che il primo membro è certamente minore di 1, in quanto sotto

radice abbiamo 1 meno un numero positivo, ed è pertanto sempre soddisfatta.

In definitiva la disequazione data è soddisfatta per 1

‰+ 1 § x § ‰ + 1.

Esercizio 10.3 (9)

Determinare il dominio di definizione delle funzioni:

Carlo Greco:Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte

10. Disequazioni varie3. Disequazioni varie e calcolo del dominio di definizione di una funzione

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Funzione:

Soluzione Reset

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