Appunti di Analisi Complessa -...

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Appunti di Analisi Complessa

Tommaso R. Cesari

APPUNTI NON UFFICIALI1

(Analisi Complessa - corso di Maura Salvatori)

1Nota del redattore

Questi appunti sono stati scritti da me durante il Corso (A.A. 2012-2013). Sono assoluta-mente indipendenti dall'iniziativa del Docente. Di queste carte non è fornita alcuna garanziaesplicita o implicita di correttezza o di completezza. In particolare, è assai probabile che ri-sultino presenti numerosi errori delle tipologie più svariate, in primo luogo concettuali, dovutiall'imperizia del curatore. Si sottolinea inoltre che non vi è stato da parte mia alcuno sforzoper rendere gli argomenti formalmente corretti, né tanto meno per dare loro una veste chiarae lineare. Usate dunque le informazioni qui contenute a vostro rischio e pericolo.Tommaso R. Cesari

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Indice

1 Richiami sui numeri complessi 41.1 Denizioni e risultati preliminari . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41.2 Serie di potenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61.3 Topologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

2 Derivabilità complessa 102.1 Derivabilità e dierenziabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102.2 Funzioni armoniche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 162.3 Serie di potenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 192.4 L'esponenziale complesso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 212.5 Funzioni trigonometriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 242.6 Studio qualitativo di funzioni complesse . . . . . . . . . . . . . . 252.7 Il logaritmo complesso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 262.8 Potenze ad esponente complesso . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

3 Integrazione su curve complesse 333.1 Denizioni e risultati preliminari . . . . . . . . . . . . . . . . . . 333.2 Il teorema integrale nullo di Cauchy . . . . . . . . . . . . . . . . 373.3 La formula integrale di Cauchy . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

3.3.1 Conseguenze della formula integrale di Cauchy . . . . . . 453.4 Integrali di tipo Cauchy e Teorema di Weierstrass . . . . . . . . . 543.5 Omotopia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 583.6 Omologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60

4 Serie bilatere o di Laurent 654.1 Convergenza delle serie di Laurent . . . . . . . . . . . . . . . . . 664.2 Classicazione per innito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 714.3 Il teorema dei residui . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72

5 Funzioni armoniche 845.1 Denizioni e primi risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 845.2 Problemi di Dirichlet . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88

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INDICE 3

6 Rappresentazioni conformi 946.1 Gruppi di automorsmi e lemma di Schwarz . . . . . . . . . . . . 946.2 Trasformazioni di Möbius . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 976.3 Il teorema della mappa di Riemann . . . . . . . . . . . . . . . . . 99

7 Zeri di funzioni intere 1077.1 Prodotti (inniti) di numeri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1087.2 Prodotti (inniti) di funzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116

8 Prolungamenti analitici 1348.1 Denizioni e primi risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1348.2 La funzione Γ di Eulero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1408.3 Costante di Eulero-Mascheroni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1438.4 La funzione ζ di Riemann . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 146

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Capitolo 1

Richiami sui numeri complessi

1.1 Denizioni e risultati preliminari

Denizione 1. Nel corso di queste dispense si utilizzeranno i simboli := e =:ed il simbolo

.= per indicare cose ben diverse. Tutti e tre i simboli possono essere

letti come uguale per dezione ma, mentre nel primo caso (simboli := e =:)si pone un'uguaglianza per dezione, nel secondo (

.=) si intende specicare che

l'uguaglianza in esame discende direttamente da una dezione.Ad esempio: siano a := 2 e 3 =: b, allora a+ b

.= 5.

Denizione 2. Nel corso di questi appunti si utilizzeranno le seguenti notazioni

N := 1, 2, . . . ; R+ := (0,+∞); R− := (−∞, 0);N0 := 0, 1, 2, . . . ; R+

0 := [0,+∞); R−0 := (−∞, 0].

Denizione 3 (C). Si considerino su R× R l'usuale somma tra vettori

+ : (R× R)× (R× R) → R× R((a, b) , (c, d)) 7→ (a, b) + (c, d) := (a+ c, b+ d)

e il prodotto denito da

· : (R× R)× (R× R) → R× R((a, b) , (c, d)) 7→ (a, b) · (c, d) := (ac− bd, ad+ bc) .

Posto C := R × R, si dice campo dei numeri complessi la struttura algebrica(C,+, · ). Si pongono inoltre

• i := (0, 1) ∈ C, detta unità immaginaria;

• 1 := (1, 0) ∈ C;

• per ogni (a, b) ∈ C,(a, b) := (a,−b);

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1.1 Denizioni e risultati preliminari 5

• per ogni (a, b) ∈ C,Re ((a, b)) := a ∈ R;

• per ogni (a, b) ∈ C,Im ((a, b)) := b ∈ R;

• per ogni z ∈ C, si denisce modulo di z il numero reale non negativo

|z| :=√

(Re (z))2

+ (Im (z))2.

Esercizio 4. Si verichi che C sia un campo rispetto alle leggi di composizionedate e si determinino gli inversi rispetto al prodotto.

Esercizio 5. Si verichi che l'applicazione |·| denita sopra è una norma su Ce che (C, |·|) è uno spazio vettoriale normato completo e separabile. Si noti chela topologia indotta su C da |·| coincide con la topologia euclidea su R2.

Proposizione 6 (Forma algebrica). Per ogni z ∈ C esistono unici a, b ∈ R taliche

z = a+ ib.

Proposizione 7 (Forma polare). Per ogni z ∈ C \ 0 esistono r ∈ R+, ϑ ∈ Rtali che

z = r (cos (ϑ) + i sin (ϑ)) .

Denizione 8. Per ogni z ∈ C \ 0 si denisce argomento di z e si indica conarg(z) l'insieme

arg(z) := ϑ ∈ R | ∃r ∈ (0,+∞), z = r (cos (ϑ) + i sin (ϑ)) .

Proposizione 9. La successione delle somme parziali, denita per ogni k ∈ Nda

Sk : C → C,

z 7→k∑

n=0

zn

n!

converge totalmente sui compatti contenuti in C (quindi in particolare convergepuntualmente ovunque su C).

Denizione 10. La funzione

e(·) : C → C,

z 7→ ez :=

+∞∑n=0

zn

n!

si denisce funzione esponenziale.

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1.2 Serie di potenze 6

Teorema 11 (Identità di Eulero). Per ogni ϑ ∈ R si ha

eiϑ = cos(ϑ) + i sin(ϑ).

Proposizione 12 (Forma esponenziale). Per ogni z ∈ C\0 esistono r ∈ R+,ϑ ∈ R tali che

z = reiϑ.

Teorema 13 (Formula di De Moivre). Per ogni n ∈ Z, per ogni z ∈ C \ 0,se esistono (r, ϑ) ∈ R+ × R tale che

z = reiϑ,

allorazn = rneinϑ.

Teorema 14 (Radici). Per ogni n ∈ N n ≥ 2 e per ogni w ∈ C\0, se esistono(ρ, ϕ) ∈ R+ × R tali che

w = ρeiϕ,

allora esistono esattamente n soluzioni distinte dell'equazione

zn = w,

i.e. esistono esattamente n valori distinti z0, . . . , zn−1 ∈ C tali che, per ognik ∈ 0, . . . , n− 1,

znk = w;

per ogni k ∈ 0, . . . , n− 1 si ha

zk = ρ1/neiϕ+2kπn .

1.2 Serie di potenze

Denizione 15. Sia z0 ∈ C. Si considerino la successione ann∈N0⊂ C e la

successione delle somme parziali denita per ogni k ∈ N0 da

Sk : C → C,

z 7→ Sk(z) :=

k∑n=0

an (z − z0)n.

Sia denisce insieme di convergenza l'insieme

I :=

z ∈ C | ∃ lim

k→+∞

k∑n=0

an (z − z0)n

.

Si denisce serie di potenze la funzione denita per ogni z ∈ I da

S(z) :=

+∞∑n=0

an (z − z0)n

:= limk→+∞

k∑n=0

an (z − z0)n.

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1.2 Serie di potenze 7

Si denisce raggio di convergenza della serie di potenze S, il numero reale nonnegativo esteso R denito da

R :=

0, se lim supn→+∞

n√|an| = +∞,

1

lim supn→+∞n√|an|

, se lim supn→+∞n√|an| ∈ R,

+∞ se lim supn→+∞n√|an| = 0.

Teorema 16. Con le stesse notazioni della denizione precedente, si hanno iseguenti casi:

• se R = 0, allora la serie di potenze converge solo nel centro z0;

• se R ∈ R+, allora

la serie di potenze converge puntualmente e assolutamente in D (z0, R),

la serie di potenze non converge nemmeno puntualmente in C\D (z0, R),

la serie di potenze converge uniformemente in ogni compatto di D (z0, R);

• se R = +∞, allora

la serie di potenze converge puntualmente e assolutamente in tuttoC,

la serie di potenze converge uniformemente nei compatti di C.

Proposizione 17. Con le stesse notazioni della denizione precedente, se esisteil limite

L := limn→+∞

|an+1||an|

,

detto R il raggio di convergenza, si ha R = 1/L (denito in modo ovvio seL ∈ 0,+∞).

Osservazione 18. Poiché dove convergono, convergono assolutamente, è chiaroche sull'intesezione degli insiemi di convergenza la somma di due serie di potenzecoincida con la serie della somma.

Osservazione 19. Poiché dove convergono, convergono assolutamente, è possibilefare il prodotto di Cauchy di due serie di potenze. Detto R il minimo tra i dueraggi di convergenza, si ha

+∞∑n=0

an (z − z0)n

+∞∑n=0

bn (z − z0)n

=

+∞∑n=0

cn (z − z0)n,

dove per ogni n ∈ N:

cn :=

n∑j=0

ajbn−j .

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1.3 Topologia 8

Denizione 20. Siano z0 ∈ C. Si considerino la successione ann∈N0⊂ C e

la successione delle somme parziali denita per ogni k ∈ N0 da

Sk : C → C,

z 7→ Sk(z) :=

k∑n=0

an (z − z0)n.

Si denisce successione derivata di Skk∈N0, la successione delle somme parziali

denita per ogni k ∈ N0 da

S′k : C → C,

z 7→ S′k(z) :=

k∑n=1

nan (z − z0)n−1

.

In modo analogo a quanto già visto, si denisce la serie derivata.

Proposizione 21. Sia S una serie di potenze con raggio di convergenza R.Allora la serie derivata ha raggio di convergenza R.

Dimostrazione. Basta applicare la denizione di raggio di convergenza.

Osservazione 22. In modo analogo, data una serie di potenze con raggio diconvergenza R si può denire (a meno di una costante additiva) la serie integrale.Chiaramente anche la serie integrale ha raggio di convergenza R.

Teorema 23 (Abel). Sia S una serie di potenze di centro z0 ∈ C e raggio diconvergenza R ∈ R+. Se esiste z1 ∈ ∂D (z0, R) tale che la successione dellesomme parziali converga puntualmente in z0, allora la serie di potenza convergeuniformemente su tutto il segmento [z0, z1].

Esercizio 24 (Sul bordo può succedere di tutto!). Si dimostri che:

• la serie di potenze z 7→∑+∞n=0 nz

n non converge su ∂D (0, 1);

• la serie di potenze z 7→∑+∞n=0

zn

n2 converge assolutamente su ∂D (0, 1);

• la serie di potenze z 7→∑+∞n=0

zn

n converge puntualmente su ∂D (0, 1)\1.(Suggerimento: si utilizzi una formula di sommazione per parti)

1.3 Topologia

Denizione 25. Un insieme E ⊂ C si dice connesso se non esistono due insiemiA,B ⊂ E aperti, chiusi, disgiunti, non vuoti e tali che A ∪B = E.

Denizione 26. Un insieme E ⊂ C si dice connesso per archi (C1 a tratti) seper ogni z1, z2 ∈ E esiste una funzione continua e C1 a tratti ϕ : [0, 1]→ E taleche ϕ(0) = z1 e ϕ(1) = z2.

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1.3 Topologia 9

Teorema 27. Sia E ⊂ C.

• Se E è connesso per archi, allora E è connesso.

• Se E è aperto e connesso, allora E è connesso per archi.

Denizione 28. Durante tutto questo corso si dirà che un insieme E ⊂ C è undominio se E è aperto e connesso.

Osservazione 29. Come già osservato, essendo C = R2 (insiemisticamente) èpossibile dotare C in modo naturale di una struttura topologica, utilizzando latopologia euclidea. In questo modo si possono ad esempio trasferire su C tuttii concetti di continuità e di limite ben noti nel caso reale.

Denizione 30. Siano z0 ∈ C e r > 0. Durante tutto questo corso si utilizzeràla notazione

D (z0, r) := z ∈ C | ‖z − z0‖ < r

per indicare il disco aperto centrato in z0 e di raggio r.

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Capitolo 2

Derivabilità complessa

2.1 Derivabilità e dierenziabilità

Denizione 31. Siano f : A ⊂ C→ C e z0 ∈A. Si dice che f è derivabile (in

senso complesso) in z0 se esiste nito il limite del rapporto incrementale

f ′ (z0) := limh→0

f (z0 + h)− f (z0)

h.

Se A è aperto e f è derivabile in ogni suo punto, si dice che f è olomorfa su A(a valori in C), e si scrive f ∈ H(A,C). Se f ∈ H(C,C) si dice che f è intera.

Denizione 32. Sia f : A ⊂ C→ C ed esista R > 0 tale che A ⊃ C \D(0, R).Si dice che f è derivabile all'∞ se la funzione z 7→ f

(1z

)è derivabile in 0.

Esempio 33. La funzione z 7→ z2 è intera, infatti per ogni z ∈ C

limh→0

(z + h)2 − z2

h= limh→0

(2z + h) = 2z.

Esempio 34. Per ogni n ∈ N0 e per ogni a0, . . . , an ∈ C la funzione z 7→∑nk=0 akz

k è intera.

Esempio 35. Come si poteva immaginare, non tutte le funzioni sono derivabiliin ogni punto. Tuttavia il presente esempio mostra un comportamento delladerivabilità complessa radicalmente diverso da quello della dierenziabilità difunzioni da R2 a R2. Si consideri la funzione denita per ogni z ∈ C da

f(z) := |z|2 .

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2.1 Derivabilità e dierenziabilità 11

È chiaro che, per ogni z ∈ C e per ogni h ∈ C \ 0, si abbia

|z + h|2 − |z|2

h=

(z + h)(z + h)− |z|2

h

=(|z|2 + zh+ hz + |h|2)− |z|2

h

= z + zh

h+ h,

dunque, per ogni z ∈ C \ 0 non esiste li limite limh→0

(z + z hh + h

), mentre

per z = 0 si ha

f ′(0).= lim

h→0h

= 0.

Questo comportamento è piuttosto sorprendente, infatti se si pensa alla stessafunzione come

f : R2 → R2,

(x, y) 7→ f(x, y) := |(x, y)|2 .= x2 + y2

è chiaro che la funzione sia dierenziabile ovunque su R2. Si è quindi dimostratoche f ∈ C∞

(R2,R2

), ma f non è nemmeno derivabile 1 volta in senso complesso

in C \ 0. Questo semplice esempio mostra molto chiaramente come i due con-cetti di dierenziabilità e derivabilità complessa non coincidano. Come sarà piùchiaro nel seguito, la derivabilità in senso complesso è in eetti una condizionemolto più forte della dierenziabilità in senso classico.

Esercizio 36. Data la funzione

f : C → C,z 7→ f(z) := |z|2 + iIm(z)

si determini l'insieme dei punti in cui f è derivabile in senso complesso e quelloin cui è dierenziabile in senso classico.

Proposizione 37. Siano f : E1 ⊂ C → C, g : E2 ⊂ C → C z0 ∈

(E1 ∩ E2) ef, g derivabili in senso complesso in z0. Allora

1. f e g sono continue in z0;

2. per ogni α, β ∈ C la funzione αf + βg è derivabile in z0 e

D [αf + βg] (z0) = αf ′ (z0) + βg′ (z0) ;

3. la funzione fg è derivabile in z0 e vale la regola di Leibniz

D [fg] (z0) = f ′ (z0) g (z0) + f (z0) g′ (z0) ;

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2.1 Derivabilità e dierenziabilità 12

4. se g (z0) 6= 0, la funzione f/g è derivabile in z0 e

D

[f

g

](z0) =

f ′ (z0) g (z0)− f (z0) g′ (z0)

[g′ (z0)]2 ;

5. se f (z0) ∈E2 e g è derivabile in f (z0), la funzione g f è derivabile in

z0 e vale la regola della catena

D [g f ] (z0) = g′ (f (z0)) f ′ (z0) ;

6. per ogni versore v ∈ ∂D(0, 1) ⊂ C esiste la derivata direzionale

Dvf (z0) := limt∈R,t→0

f (z0 + tv)− f (z0)

t

e valeDvf (z0) = f ′ (z0) v. (2.1.1)

Lemma 38 (Formule di Cauchy-Riemann). Siano f : E ⊂ C → C, z0 ∈E

e sia f derivabile in senso complesso in z0. Allora f è dierenziabile in sensoclassico e

∂xf (z0) = f ′ (z0) ,∂yf (z0) = if ′ (z0) ,

o, equivalentemente(∂x + i∂y) f (z0) = 0.

Dimostrazione. È suciente applicare la formula (2.1.1) ai versori 1 ed i.

Osservazione 39. Si noti quanto segue. Siano f : E ⊂ C → C, z0 ∈E, sia f

derivabile in senso complesso in z0 e si pongano u := Re(f) e v = Im(f). Alloraè ben denito il numero complesso

f ′ (z0)

e dalle formule di Cauchy-Riemann segue che f = u+ iv è dierenziabile in z0,avendosi

Jf (z0).=

(∂xu (z0) ∂yu (z0)∂xv (z0) ∂yv (z0)

)= f ′ (z0)

(1i

).

La matrice Jacobiana di f in z0, che ha dimensione 4 su R, è quindi totalmentedeterminata da f ′ (z0) , che ha dimensione 2 su R. È quindi chiaro che la deriva-bilità complessa, oltre ad implicare la dierenziabilità, imponga qualche vincololineare tra i coecienti della matrice Jacobiana. Vale a riguardo la seguenteproposizione, che è uno molteplici modi in cui si possono riscrivere le formule(o condizioni) di Cauchy-Riemann.

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2.1 Derivabilità e dierenziabilità 13

Proposizione 40 (Condizioni di Cauchy-Riemann). Siano f : E ⊂ C → C,z0 ∈

E, sia f derivabile in senso complesso in z0 e si pongano u := Re(f) e

v = Im(f). Allora u, v : R2 → R sono dierenziabili in z0 e valgono le seguenticondizioni, dette di Cauchy-Riemann:

∂xu (z0) = ∂yv (z0) ,∂yu (z0) = −∂xv (z0) .

Detti a := ∂xu (z0) e b := ∂yu (z0), si ha allora

Jf (z0) =

(a b−b a

).

Dimostrazione. Per alleggerire la notazione si pone z := z0. Per ogni h ∈ C\0si ha

f(z + h)− f(z)

h=u(z + h)− u(z)

h+ i

v(z + h)− v(z)

h.

Per ipotesi esiste

f ′(z) = limh→0

f(z + h)− f(z)

h

= limh→0

(u(z + h)− u(z)

h+ i

v(z + h)− v(z)

h

).

Posto (x, y) := z, si ha allora in particolare

f ′ ((x, y)) = limα∈Rα→0

(u ((x+ α, y))− u ((x, y))

α︸ ︷︷ ︸=:t1(α)∈R

+iv ((x+ α, y))− v ((x, y))

α︸ ︷︷ ︸=:t2(α)∈R

),

cioè, detta

t : R \ 0 → R2,

α 7→ t(α) := (t1(α), t2(α)) ,

esiste il limite

limα→0

(t1(α)t2(α)

)=

(Re (f ′ ((x, y)))Im (f ′ ((x, y)))

),

dunque in particolare convergono le componenti. Esistono pertanto i limiti

limα→0

t1(α).= limα→0

u ((x+ α, y))− u ((x, y))

α

.= ∂xu(x, y),

e

limα→0

t2(α).= limα→0

v ((x+ α, y))− v ((x, y))

α

.= ∂xv(x, y),

avendosi quindif ′ ((x, y)) = ∂xu(x, y) + i∂xv(x, y).

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2.1 Derivabilità e dierenziabilità 14

Procedendo analogamente, si ottiene l'identità in (∗), da cui

f ′ ((x, y)) = limβ∈Rβ→0

(u ((x, y + β))− u ((x, y))

iβ+ i

v ((x, y + β))− v ((x, y))

)(∗)= lim

β→0

v ((x, y + β))− v ((x, y))

β− i lim

β→0

u ((x, y + β))− u ((x, y))

iβ.= ∂yv ((x, y))− i∂yu ((x, y)) .

Corollario 41 (Della dimostrazione). Siano f : E ⊂ C → C, z0 ∈E, sia f

derivabile in senso complesso in z0 e si pongano u := Re(f) e v = Im(f). Allorau, v : R2 → R sono dierenziabili in z0 e

∂x (u+ iv)︸ ︷︷ ︸.=∂xf

(z0) = ∂xu (z0) + i∂xv (z0) ,

ma in generale∂y (u+ iv)︸ ︷︷ ︸

.=∂yf

(z0) 6= ∂yu (z0) + i∂yv (z0) .

Proposizione 42. Siano z0 ∈ C, r > 0, u, v : D (z0, r) → R dierenziabili(come funzioni da R2 → R) in z0. Se valgono le condizioni di Cauchy-Riemann,allora f := u+ iv è derivabile in senso complesso in z0.

Dimostrazione. Sia (x, y) := z0. Per ogni h := (a, b) ∈ C tale che z0 + h ∈D (z0, r), dalla dierenziabilità di u e v (D) e dalle condizioni di Cauchy-Riemann (C.R.) segue

f (z0 + h)− f (z0).= u(x+ a, y + b)− u (z0) + i (v(x+ a, y + b)− v (z0))

(D)= ∂xu (z0) a+ ∂yu (z0)︸ ︷︷ ︸

(C.R.)= −∂xv(z0)

b+ i∂xv (z0) a+ i ∂yv (z0)︸ ︷︷ ︸(C.R.)

= ∂xu(z0)

b+ o (‖h‖)

= ∂xu (z0) a+ i∂xv (z0) a+ i∂xu (z0) b− i∂xv (z0) b+ o (‖h‖)= (a+ ib)︸ ︷︷ ︸

.=h

(∂xu (z0) + i∂xv (z0)) + o (‖h‖)

= h∂xf (z0) + o (‖h‖) ,

dunque esiste

f ′ (z0) := limh→0

f (z0 + h)− f (z0)

h= ∂xf (z0) .

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2.1 Derivabilità e dierenziabilità 15

Corollario 43 (Caratterizzazione delle funzioni C-derivabili). Siano f : E ⊂C → C, z0 ∈

E, e si pongano u := Re(f) e v = Im(f). Allora le seguenti

aermazioni sono equivalenti:

• f è derivabile in senso complesso in z0,

• f è dierenziabile e valgono le condizioni di Cauchy-Riemann per f in z0.

Denizione 44 (Derivate di Wirtinger). Ricordando che insiemisticamenteC = R2 = (x, y) |x, y ∈ R, si dicono derivate di Wirtinger gli operatoridierenziali lineari del primo ordine

∂z:=

1

2

(∂

∂x− i ∂

∂y

),

∂z:=

1

2

(∂

∂x+ i

∂y

).

Osservazione 45 (Derivate di Wirtinger). Ovviamente non ha signicato ten-tare di dimostrare una denizione, tuttavia si vuole dare un'idea informale delragionamento che ha portato alla denizione delle derivate di Wirtinger. Siaf : R2 → R2 una funzione dierenziabile. Poiché insiemisticamente C = R2 =(x, y) |x, y ∈ R, in modo molto naturale si ha l'identicazione

f : C → C,z 7→ f(z),

←→ f : R2 → R2,(x, y) 7→ f ((x, y)) .

Inoltre, per ogni z := (x, y) ∈ C è possibile scrivere la sua parte reale edimmaginaria in dipendenza da z e da z, avendo

x =z + z

2, y =

z − z2

,

dunque per ogni x, y ∈ R si ha

f ((x, y)) = f

((z + z

2,z − z

2

)).

Pensando quindi di far variare z e z indipendentemente l'una dall'altra edavendo in mente la regola della catena per la composizione di due funzionidierenziabili1è possibile scrivere in modo formale

∂zf = ∂xf

∂x

z︸︷︷︸= 1

2

+∂yf∂y

z︸︷︷︸=− 1

2i

=1

2(∂x + i∂y) f,

che è la denizione data sopra. In modo analogo si ritrova anche l'altra derivatadi Wirtinger.

1Si noti che in questa interpretazione le due funzioni

(z, z) 7→z ± z

2

sono polinomiali, dunque dierenziabili su tutto C.

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2.2 Funzioni armoniche 16

Proposizione 46 (Cauchy-Riemann). Siano z0 ∈ C, r > 0, u, v : D (z0, r)→ Rdierenziabili (come funzioni da R2 → R) in z0 e si ponga f = u + iv. Allorale seguenti aermazioni sono equivalenti:

• sono soddisfatte le condizioni di Cauchy-Riemann per f in z0,

• si ha∂

∂zf (z0) = 0.

Teorema 47. Sia f : A ⊂ C→ C, con A aperto. Allora le seguenti aermazionisono equivalenti:

• f ∈ H(A,C),

• u e v sono dierenziabili in A e soddisfano le condizioni di Cauchy-Riemann in A.

Teorema 48. Siano f : A ⊂ C → C, con A dominio, f ∈ H(A,C) e f ′ = 0.Allora f è costante.

Dimostrazione. (Idea) Scrivendo f : R2 → R2 si dimostri che le componentihanno gradiente nullo, dunque sono costanti.

2.2 Funzioni armoniche

Denizione 49. Siano n ∈ N, B ⊂ Rn aperto e F : B → R. Su dice che fè armonica in B se f ∈ C2(B,R) e il laplaciano di F è nullo, i.e. se per ognix ∈ B

∆(F )(x) :=

n∑k=1

∂2F

∂x2k

(x) = 0.

Denizione 50. Sia A ⊂ C aperto. Si dice che f : A→ C è di classe C2 su A,e si scrive f ∈ C2(A,C) se Re(f), Im(f) ∈ C2

(R2,R

).

Teorema 51. Siano A ⊂ C aperto, f ∈ H(A,C) e f ∈ C2(A,C)2. Allora f èarmonica in A.

Dimostrazione. Per il Teorema di Schwarz (S) e dalle condizioni di Cauchy-Riemann (C.R.) si ha

∂2xyRe(f)

(S)= ∂x (∂yRe(f))

(C.R.)= ∂x (−∂xIm(f))

(S)= −∂2

xxIm(f)

2Questa ipotesi è in reltà inessenziale. Nella prossima sezione verrà dimostrato che ognifunzione olomorfa è di classe C∞ nel suo insieme di olomora.

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2.2 Funzioni armoniche 17

e

∂2xyRe(f)

(S)= ∂y (∂xRe(f))

(C.R.)= ∂y (∂yIm(f))

(S)= ∂2

yyIm(f).

Dunque −∂2xxIm(f) = ∂2

yyIm(f), i.e. ∂2xxIm(f) + ∂2

yyIm(f) = 0. Procedendoanalogamente per la parte reale si ottiene la tesi.

Problema 52. Come già accennato nella nota precedente le funzioni olomorfesono anche di classe C∞ sul loro insieme di olomora. Alla luce di questaaermazione (che verrà dimostrata in seguito) il teorema precedente dice quindiche se A ⊂ C è un aperto:

f ∈ H(A,C) =⇒ f ∈ C2(A,C), e Re(f), Im(f) sono armoniche in A.

Ci si può a questo punto chiedere se valga anche il viceversa.

Denizione 53. Siano A ⊂ C aperto, u, v ∈ C2(A,C) con ∆u = ∆v = 0 e taliche f := u+ iv ∈ H(A,C). Si dice allora che u e v sono una coppia di funzioniarmoniche coniugate.

Proposizione 54. Sia A ⊂ C e siano u e v due funzioni armoniche in A.Allora u e v sono armoniche coniugate se e solo se u e v soddisfano le condizionidi Cauchy-Riemann.

Dimostrazione. ovvia.

Problema 55. La risposta al problema precedente è quindi parzialmente positi-va. Tutte le coppie di funzioni armoniche soddisfacenti le condizioni di Cauchy-Riemann, sono parte reale e parte immaginaria di funzioni olomorfe. Ci si poneallora un problema leggermente più generale. Data una funzione u armonica suqualche aperto A ⊂ C, esiste sempre una sua armonica coniugata? A questa do-manda rispondono parzialmente i due seguenti risultati, che concludono questasezione.

Proposizione 56. Sia A ⊂ C aperto e sia u : A → R armonica in A. Alloraper ogni z ∈ A esiste r > 0 ed esiste una funzione v : D(z, r) → R tale che vsia armonica coniugata di u|D(z,r).

Dimostrazione. Sia z ∈ A ssato arbitrariamente. Esiste allora r > 0 tale cheD := D(z, r) ⊂ A; si ssi tale r. Per la proposizione precedente, si vuoledeterminare una funzione armonica v : D → R che soddis le equazioni diCauchy-Riemann su D, ovvero tale che

∂xv = −∂yu|D,∂yv = ∂xu|D.

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2.2 Funzioni armoniche 18

Si noti che una funzione dierenziabile che soddis le equazioni scritte sopra èper denizione un potenziale della 1-forma dierenziale

ω := −∂yu|D dx+ ∂xu|D dy.

Essendo u armonica, ω risulta chiusa, infatti

∂y (−∂yu|D) = ∂x (∂xu|D)

⇐⇒∂2xxu|D + ∂2

yyu|D︸ ︷︷ ︸.=∆(u|D)

= 0.

Essendo D semplicemente connesso, esiste quindi un potenziale v di ω denitosu D. Rimane da dimostrare che v ∈ C2(D,R) e che ∆v = 0. Notando che dallecondizioni di Cauchy-Riemann risulta ∇v = (−∂yu|D, ∂xu|D) ∈ C1

(R2,R

), si

conclude che v ∈ C2(D,R). Sfruttando il solito teorema di Schwarz si ottieneinne

∆v.= ∂2

xxv + ∂2yyv

= ∂x (∂xv) + ∂y (∂yv)

= ∂x (−∂yu) + ∂y (∂xu)

= −∂xyu+ ∂yxu

= −∂xyu+ ∂xyu

= 0.

Corollario 57 (Della dimostrazione). Sia A ⊂ C aperto semplicemente con-nesso e sia u : A → R armonica in A. Allora esiste una funzione v : A → Rarmonica coniugata di u.

Esempio 58. Sia

u : R2 → R,(x, y) 7→ u(x, y) := x2 − y2.

Per il corollario precedente esiste una funzione v armonica coniugata di u sututto R2. Per determinarla si impone la validità globale delle condizioni diCauchy-Riemann (C.R.). Per ogni (x, y) ∈ R2

∇v(x, y)(C.R.)

= (−∂yu, ∂xu) (x, y)

= (2y, 2x).

Chiaramente tutte e sole le funzioni che soddisfano questa relazione3 sono, alvariare di c ∈ R,

vc : R2 → R,(x, y) 7→ vc(x, y) := 2xy + c,

3Ovvero tutte e sole le funzioni armoniche coniugate di u.

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2.3 Serie di potenze 19

dunque, per ogni c ∈ R, la funzione fc = u + ivc è intera. Si noti che se c = 0si ha

f0 : C → C,z 7→ z2.

2.3 Serie di potenze

Teorema 59. Siano z0 ∈ C, ann∈N0⊂ C e sia R il raggio di convergenza

della serie di potenze z 7→ f(z) :=∑+∞n=0 an (z − z0)

n. Allora

1. per ogni ζ ∈ D (z0, R), esiste bnn∈N0⊂ C tale che, per ogni z ∈

D (ζ,R− |z0 − ζ|) si abbia

f(z) =

+∞∑n=0

bn (z − ζ)n

;

2. f ∈ H (D (z0, R) ,C) e, per ogni z ∈ D (z0, R),

f ′(z) =

+∞∑n=1

nan (z − z0)n−1

;

3. f ∈ C∞ (D (z0, R) ,C) e, per ogni n ∈ N0,

an =f (n) (z0)

n!.

Dimostrazione. Si dimostrano separatamente i vari punti.

1. Senza perdere in generalità, si supponga z0 = 0. Sia ζ ∈ D (0, R) ssatoarbitrariamente. Per ogni n ∈ N0 e per ogni z ∈ C si ha

zn = [ζ + (z − ζ)]n

=

n∑k=0

(nk

)ζn−k (z − ζ)

k.

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2.3 Serie di potenze 20

Per ogni z ∈ D (ζ,R− |ζ|) si ha pertanto

f(z).=

+∞∑n=0

anzn

=

+∞∑n=0

an

n∑k=0

(nk

)ζn−k (z − ζ)

k

=

+∞∑n=0

n∑k=0

an

(nk

)ζn−k (z − ζ)

k

(∗)=

+∞∑k=0

+∞∑n=k

an

(nk

)ζn−k︸ ︷︷ ︸

=:bk

(z − ζ)k

=

+∞∑k=0

bk (z − ζ)k,

dove in (∗) è possibile scambiare le sommatorie in quanto ogni serie dipotenze di centro z0 ∈ C e raggio di convergenza R > 0 converge unifor-memente sui compatti di D (z0, R).

2. Senza perdere in generalità, si supponga z0 = 0. Sia w ∈ D (0, R) ssatoarbitrariamente. Per ogni h ∈ C\0 tale che w+h ⊂ D (0, R), dal puntoprecedente4 segue

f(w + h)− f(w)

h=

1

h

+∞∑k=0

bk ((w + h)− w)k −

+∞∑n=0

anwn

︸ ︷︷ ︸.=b0

=

1

h

(+∞∑k=0

bkhk − b0

)

=

+∞∑k=1

bkhk−1.

4Ponendo ζ := w, z := w + h e per ogni k ∈ N0, bk :=∑+∞

n=k an

(nk

)wn−k nello

sviluppo del punto precedente.

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2.4 L'esponenziale complesso 21

Esiste pertanto il limite

limh→0

f(w + h)− f(w)

h︸ ︷︷ ︸.=f ′(w)

= limh→0

+∞∑k=1

bkhk−1

= b1

.=

+∞∑n=1

annwn−1.

3. Ovvio (per induzione).

Esempio 60. La serie di funzioni denita per ogni z ∈ D(0, 1) da

f(z) :=

+∞∑n=0

zn =1

1− z

è olomorfa su D(0, 1).

Esempio 61. La serie di funzioni denita per ogni z ∈ C da

f(z) :=

+∞∑n=0

zn

n!

.= ez

è olomorfa su C, ovvero è intera.

2.4 L'esponenziale complesso

Osservazione 62. Si apre questa sezione con un problema. Come sarà via viasempre più chiaro nel corso della lettura di questi appunti, la funzione esponen-ziale è di enorme importanza nell'analisi complessa. Ci si potrebbe chiedere se(e in che senso!) la denizione di esponenziale data all'inizio del primo capitolosia l'unica denizione possibile. Per chiarire bene cosa si intende, si espone ilproblema in termini leggermente più generali.

Problema 63. Siano a, b ∈ R, a < b e si consideri la funzione f : (a, b) ⊂ R→R. Esiste (sempre?/unica?) una funzione F : A ⊂ C→ C tale che

(a, b) ⊂ A, e F |(a,b) = f?

Osservazione 64. È chiaro che senza mettere qualche restrizione esistono sempreinnite soluzioni al problema in esame. Si noti però che anche condizioni diregolarità in senso classico sono banalmente vericate. Se f ∈ C∞ ((a, b),R) èchiaro che anche la funzione denita per ogni (x, y) ∈ C da

F (x, y) = f(x) + y

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2.4 L'esponenziale complesso 22

ha la stessa regolarità. Ciò che viene spontaneo fare, dunque, è ricercare esten-sioni olomorfe della funzione di partenza. Come è facile immaginare, non sempreesistono soluzioni a questo problema. Si enuncia soltanto, senza dimostrarlo, unteorema che segue da un risultato più generale che verrà presentato in seguito(il Principio di Identità delle funzioni olomorfe). Grazie a questo teorema saràpossibile esibire un esempio di funzione per cui non esiste un'estensione olomorfae rispondere alla domanda di partenza sull'esponenziale complesso.

Teorema 65. Siano a, b ∈ R, a < b e f : (a, b) ⊂ R → R. Se esiste F ∈H(A,C), con A dominio contenente (a, b) e F |(a,b) = f , allora F è l'unicaestensione olomorfa di f su A.

Esempio 66. Sia

f : R → R,x 7→ f(x) := x |x| .

Allora non esiste un'estensione olomorfa di f . Si noti a riguardo che f ∈C1(R,R), ma f non è di classe C2 su alcun intorno dell'origine. Si suppon-ga per assurdo l'esistenza di un'estensione olomorfa F di f . Senza perdere ingeneralità, sia F : A → C, con A dominio contenente (a, b). Allora anche larestrizione di F ai semipiani z ∈ C |Re(z) ≷ 0 è olomorfa, dunque per ogniz ∈ A \ z ∈ C |Re(z) 6= 0 si ha

F (z) =

z2 se Re(z) > 0,

−z2 se Re(z) < 0,

ma è chiaro che una funzione denita in questo modo non è nemmeno continuain alcun intorno dell'origine, dunque F non è olomorfa. Assurdo.

Osservazione 67. Dal Teorema 65 segue inoltre che la funzione denita per ogniz ∈ C da

ez :=

+∞∑n=0

zn

n!

è l'unica estensione olomorfa dell'esponenziale reale. È quindi sensato chiamareanche questa funzione esponenziale (complesso).

Proposizione 68 (Proprietà dell'esponenziale). Valgono le seguenti proprietàper la funzione esponenziale e(·):

1. per ogni z, w ∈ C, ezew = ez+w;

2. D[e(·)] = e(·);

3. per ogni z ∈ C, ez = eRe(z) (cos (Im(z)) + i sin (Im(z)));

4. per ogni z ∈ C, |ez| = eRe(z);

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2.4 L'esponenziale complesso 23

5. e(·) è 2πi-periodica;

6. e(·) non è continua all'innito;

7. e(·) assume (innite volte) qualunque valore in C \ 0.Dimostrazione. Si dimostrano brevemente i vari casi.

1. Per ogni z, w ∈ C, dalla regola per il prodotto di Cauchy di due serie (C)segue

ezew.=

+∞∑`=0

z`

`!

+∞∑k=0

wk

k!

(C)=

+∞∑n=0

(n∑k=0

zn−k

(n− k)!

wk

k!

)

=

+∞∑n=0

n∑k=0

zn−kwk

(n− k)!k!

n!

n!

=

+∞∑n=0

1

n!

n∑k=0

zn−kwkn!

k!(n− k)!︸ ︷︷ ︸.=

nk

=

+∞∑n=0

(z + w)n

n!

.= ez+w.

2. Basta derivare per serie.

3. Segue dal punto 1 e dall'identità di Eulero.

4. Segue dal punto precedente.

5. Segue dai punti 1 e 3.

6. Basta osservare che

0 = limz∈R,z→−∞

ez 6= limz∈R,z→+∞

ez = +∞.

7. Dal punto 3 è chiaro che per ogni z ∈ C, ez 6= 0. Sia α ∈ C\0 arbitrario.Esistono allora ρ ∈ R+ e ϑ ∈ R tali che α = ρeiϑ. Per ogni (x, y) ∈ C siha

ex+iy = ρeiϑ

⇐⇒exeiy = ρeiϑ

⇐⇒x = log (ρ) ,y ∈ ϑ+ 2kπ | k ∈ Z .

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2.5 Funzioni trigonometriche 24

dove l'ultima equivalenza vale poiché due numeri complessi a, b ∈ C coin-cidono se e solo se |a| = |b| e arg(a) = arg(b).

2.5 Funzioni trigonometriche

Denizione 69. Si deniscono seno e coseno le seguenti funzioni

sin : C → C,

z 7→ sin(z) :=

+∞∑n=0

(−1)n

(2n+ 1)!z2n+1;

cos : C → C,

z 7→ cos(z) :=

+∞∑n=0

(−1)n

(2n)!z2n.

Esercizio 70. Si verichi che le precedenti denizioni siano ben poste.

Proposizione 71. Le funzioni sin e cos sono intere. Inoltre

D[sin] = cos e D[cos] = − sin .

Proposizione 72. Per ogni z ∈ C si hanno

sin(z) =eiz − e−iz

2ie cos(z) =

eiz + e−iz

2.

Proposizione 73. Per ogni z ∈ C si hanno

sin(−z) = − sin(z) e cos(−z) = cos(z).

Proposizione 74. Le funzioni sin e cos sono 2π-periodiche.

Proposizione 75. Le funzioni sin e cos non sono continue all'innito.

Proposizione 76. Per ogni z, w ∈ C si hanno

sin(z + w) = sin(z) cos(w) + cos(z) sin(w)

ecos(z + w) = cos(z) cos(w)− sin(z) sin(w).

Proposizione 77. Per ogni z ∈ C si ha

sin2(z) + cos2(z) = 1.

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2.6 Studio qualitativo di funzioni complesse 25

Denizione 78. Si deniscono seno e coseno iperbolico le seguenti funzioni

sinh : C → C,

z 7→ sinh(z) :=

+∞∑n=0

z2n+1

(2n+ 1)!;

cosh : C → C,

z 7→ cosh(z) :=

+∞∑n=0

z2n

(2n)!.

Esercizio 79. Si verichi che le precedenti denizioni siano ben poste.

Proposizione 80. Per ogni z := (x, y) ∈ C si hanno

sin(z) = sin(x) cosh(y) + i cos(x) sinh(y)

ecos(z) = cos(x) cosh(y)− i sin(x) sinh(y).

Proposizione 81. Per ogni z ∈ C si hanno

|sin(z)|2 = sin2(x) + sinh2(y)

e|cos(z)|2 = cos2(x) + sinh2(y).

Proposizione 82. Le funzioni sin e cos sono illimitate in C (in quanto illimi-tate lungo l'asse immaginario).

Proposizione 83. Le funzioni sin e cos assumono (innite volte) ogni valorein C.

Proposizione 84. Per ogni y ∈ R si hanno

sin(iy) = i sinh(y) e cos(iy) = cosh(y).

2.6 Studio qualitativo di funzioni complesse

Osservazione 85. Come nel caso di funzioni reali di variabile reale, può essereutile studiare qualitativamente l'andamento di una funzione complessa di varia-bile complessa. Tuttavia, non disponendo di quaderni a 4 dimensioni, risultadicile dare una rappresentazione qualitativa del graco di una tale funzione.Quello che si fa usualmente è tracciare delle curve nel dominio della funzione evedere dove questa curve vengano mappate.

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2.7 Il logaritmo complesso 26

Esercizio 86. Sia

e(·) : C → C,(x, y) 7→ ex+iy

e sia a ∈ R arbitrario. Si studi l'immagine secondo la funzione esponenzialedelle due famiglie di insiemi

• Ra := (x, y) ∈ C | y = a ;

• Ca := (x, y) ∈ C |x = a .

Esercizio 87. Sia

(·)2: C → C,

(x, y) 7→ x2 − y2 + 2ixy

e sia a ∈ R arbitrario. Si studi l'immagine secondo la funzione quadrato delleseguenti famiglie di insiemi

1. Aa := (x, y) ∈ C | y = a ;

2. Ba := (x, y) ∈ C |x = a ;

3. Ca :=

(x, y) ∈ C |x2 − y2 = a

;

4. Da := (x, y) ∈ C |xy = a ;

5. Ea :=

(x, y) ∈ C |x2 + y2 = a2

;

6. al variare di α, β ∈(−π2 ,

π2

), α < β, Fα,β := z ∈ C |α ≤ Arg(z) ≤ β .

Osservazione 88. Si noti che in entrambi gli esempi precedenti se due curvesi tagliano secondo un certo angolo nel dominio della funzione, anche le loroimmagini si tagliano secondo lo stesso angolo nel codominio. Questa, come sivedrà meglio nel seguito, è una caratteristica precipua delle funzioni olomorfe(si dice che le funzioni olomorfe sono rappresentazioni conformi dirette).

2.7 Il logaritmo complesso

Denizione 89. Fissati z ∈ C e A ⊂ C si dice che l'insieme

z +A := z + a | a ∈ A

è la somma del numero z con l'insieme A.

Osservazione 90. Sia α ∈ C \ 0 ssato arbitrariamente. Come osservatonella sezione sull'esponenziale, esistono inniti z ∈ C tali che ez = α. Piùprecisamente, siano ρ ∈ R+ e ϑ ∈ R tali che α = ρeiϑ. Allora, per ogni k ∈ Z,il numero complesso

zk := log (ρ) + iϑ+ 2kπi

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2.7 Il logaritmo complesso 27

soddisfa ezk = α. Chiaramente, questi sono tutti e soli i numeri complessi chesoddisfano l'equazione iniziale. Si noti ora che, essendo α = ρeiϑ, si ha

ϑ+ 2kπ | k ∈ Z .= arg(α)

e ovviamente ρ = |α|. Dunque, denendo come sopra la somma tra un numerocomplesso ed un insieme di numeri complessi, si è dimostrato che

log(|α|) + i arg(α).

è l'insieme di tutte e sole le soluzioni dell'equazione ez = α. A seguito di questoragionamento ha senso la denizione seguente.

Denizione 91. Indicando con P (C) l'insieme delle parti di C, si deniscelogaritmo la funzione5

log : C \ 0 → P (C) ,

z 7→ log(z) := log (|z|) + arg (z) .

Si dice che il logaritmo è una funzione polidroma (o a più valori), poiché mappanumeri complessi in insiemi di numeri complessi.

Proposizione 92. Sia z ∈ C \ 0 arbitrario. Allora

• elog(z) = z;

• log (ez) ) z.

Osservazione 93. La denizione del logaritmo può sembrare un po' articiosa(e in eetti lo è), tuttavia si possono incontrare problemi simili già con funzionireali di variabile reale. Si pensi alla funzione tangente

tan : R \ π/2 + kπ | k ∈ Z → R.

Questa è una funzione non iniettiva e pertanto non invertibile sul suo dominio.Quello che si fa usualmente è restringere la funzione tangente ad un insiemein cui sia iniettiva (tipicamente (−π/2, π/2)) e denire l'inversa della funzioneristretta

arctan : R→ (−π/2, π/2).

Chiaramente però, per ogni k ∈ Z, la restrizione della tangente

tan |(−π/2+kπ,π/2+kπ)

ha diritto ad avere una funzione inversa. Quello che si fa col logaritmo è, invecedi tagliare la funzione esponenziale, considerare tutto l'insieme dei valori log(z)tali che elog(z) = z, ovvero che, sostanzialmente, permettono di invertire l'e-sponeziale. Ciò detto, è chiaro che lavorare con funzioni polidrome sia moltoscomodo, quindi quello che si vuole fare, è ssare qualche convenzione in mododa rendere il logaritmo un funzione a valori complessi.

5Con la scrittura log (|z|) si intende il logaritmo naturale reale

log : R→ R.Purtroppo la notazione non è delle migliori.

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2.7 Il logaritmo complesso 28

Denizione 94. Sia F : A ⊂ C → P(C) una funzione polidroma. Si dice chef : E → C è una determinazione di F se

• E ⊂ A,

• f ∈ C(E,C),

• per ogni z ∈ E si ha F (z) = f(z)6.

Denizione 95. Data la funzione polidroma

arg : C \ 0 → C,z 7→ arg(z) :=

ϑ ∈ R

∣∣ ∃r ∈ (0,+∞) t.c. z = reiϑ,

si denisce argomento principale, la funzione

Arg : C \ R−0 → C,z 7→ Arg(z),

dove Arg(z) è l'unico elemento dell'intersezione

arg(z) ∩ (−π, π) .

Esercizio 96. Si verichi che la denizione è ben posta, ovvero che per ogniz ∈ C\R−0 esiste sempre, ed è unico, l'elemento nell'intersezione arg(z)∩(−π, π).

Esercizio 97. Si verichi che Arg è una determinazione di arg.

Denizione 98. Si dice determinazione principale di log, la funzione

Log : C \ R−0 → C,z 7→ Log(z) := log (|z|) + iArg(z).

Esercizio 99. Si verichi che Log è una determinazione di log.

Esercizio 100 (Cauchy-Riemann in coordinate polari). Si consideri il dieo-morsmo

ϕ : R+ × (−π, π) → R2 \(R−0 × 0

),

(ρ, ϑ) 7→ ϕ (ρ, ϑ) := (ρ cos (ϑ) , ρ sin (ϑ)) .

Siano f : A ⊂ C \ R−0 → C, u := Re(f), v := Im(f) e (x0, y0) ∈A. Si dimostri

che f soddisfa le condizioni di Cauchy-Riemann in (x0, y0) se e solo se∂

∂ρ(u ϕ)

(ϕ−1 (x0, y0)

)=

1

ρ

∂ϑ(v ϕ)

(ϕ−1 (x0, y0)

),

1

ρ

∂ϑ(u ϕ)

(ϕ−1 (x0, y0)

)= − ∂

∂ρ(v ϕ)

(ϕ−1 (x0, y0)

).

6Spesso, con un abuso di notazione, si esprime quest'ultima condizione richiedendo cheF |D = f .

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2.7 Il logaritmo complesso 29

Queste condizioni di Cauchy-Riemann in coordinate polari vengono generalmen-te scritte nella forma più compatta

uρ (x0, y0) =1

ρvϑ (x0, y0),

1

ρuϑ (x0, y0) = −vρ (x0, y0).

Teorema 101. Log ∈ H(C \ R−0 ,C

).

Dimostrazione. Sia z ∈ C \R−0 arbitrario. Si vuole dimostrare che Log soddisfale condizioni di Cauchy-Riemann in coordinate polari in ogni punto. Siano(ρ, ϑ) ∈ R+ × (−π, π) tali che z = ρeiϑ. Allora

Log(z) = Log ((ρ cos (ϑ) , ρ sin (ϑ))) = log (ρ) + iϑ.

Dunque, dette u := Re(Log).= log (| · |) e v := Im(Log)

.= Arg, si ha

uρ(z) =1

ρ,

1

ρvϑ(z) =

1

ρ,

1

ρuϑ(z) = 0,

−vρ(z) = 0.

Pertanto Log soddisfa le condizioni di Cauchy-Riemann in coordinate polari eper l'esercizio precedente risulta olomorfa sul suo insieme di denizione.

Teorema 102. Per ogni z ∈ C \ R−0 , si ha

Log′(z) =1

z.

Esercizio 103. Si dimostri l'asserto (Suggerimento: si sfrutti il fatto che, se

f : A ⊂ C → C è derivabile in senso complesso in un punto z ∈A, allora

f ′(z) = ∂xf(z)).

Osservazione 104. Si noti che, per ogni k ∈ Z, la funzione

Log(k) : C \ R−0 → C,z 7→ Log(k)(z) := log (|z|) + i (Arg(z) + 2kπ)

è una determinazione di log, è una funzione olomorfa, ha Log′(k) = Log′ ed haimmagine contenuta in R× ((2k − 1)π, (2k + 1)π).

Osservazione 105. Ancora più in generale, sia ϑ0 ∈ R ssato arbitrariamente.È chiaro che, posto

Sϑ0:= z ∈ C | arg(z) = ϑ0 ,

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2.7 Il logaritmo complesso 30

la funzione

Arg(ϑ0) : C \ Sϑ0→ C,

z 7→ Arg(ϑ0)(z),

dove Arg(ϑ0)(z) è l'unico elemento dell'intersezione

arg(z) ∩ (ϑ0, ϑ0 + 2π)

è una determinazione di arg. Dovrebbe essere altrettanto chiaro che, per ognik ∈ Z, la funzione

Log(ϑ0,k) : C \ Sϑ0→ C,

z 7→ Log(ϑ0,k)(z) := log (|z|) + i(

Arg(ϑ0)(z) + 2kπ)

è una determinazione di log, è una funzione olomorfa, ha Log′(ϑ0,k) = Log′

ed ha immagine contenuta in R× (ϑ0 + 2kπ, ϑ0 + 2 (k + 1)π). Esiste quindi uninnità (non numerabile!) di modi di denire delle determinazioni del logaritmo.In questo modo si ottengono sempre funzioni olomorfe, con la stessa derivata edimmagine contenuta in una striscia orizzontale del piano complesso di altezza2π. Vale in realtà un risultato ancora più generale, si cui viene dato l'enunciatoma si rimanda la dimostrazione.

Teorema 106. In ogni dominio D ⊂ C tale che 0 /∈ D è possibile denire unadeterminazione del logaritmo.

Osservazione 107. Si conclude questa discussione con un'osservazione geometri-ca. Sia z0 ∈ R−0 . Con le stesse notazioni dell'Osservazione 104, per ogni k ∈ Zsi ha l'esistenza e l'uguaglianza dei limiti

limz→z0

Im(z)>0

Log(k)(z) = limz→z0

Im(z)<0

Log(k+1)(z).

Quindi, a partire dalla funzione polidroma log, è stato possibile derivare una suc-cessione di determinazioni in modo tale che sia possibile passare dall'una all'altracon continuità, lungo quella che viene chiamata supercie di Riemann. In qual-che modo, dunque, questa supercie di Riemann contiene tutte le informazionigeometriche della funzione polidroma log.

Proposizione 108. Per ogni z ∈ D(0, 1) si ha

Log(1 + z) =

+∞∑n=1

(−1)n+1

nzn.

Dimostrazione. La funzione z 7→ Log(1 + z) è certamente denita ed olomorfasu D(0, 1). Per quanto visto in questa sezione si ha inotre, per ogni z ∈ D(0, 1),

Log′(1 + z) =1

1 + z.

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2.8 Potenze ad esponente complesso 31

Si noti ora che il membro di destra nell'identità precedente è la somma della seriegeometrica di ragione −z, che converge proprio su D(0, 1). Per ogni z ∈ D(0, 1)si ha cioè

1

1 + z=

+∞∑n=0

(−1)nzn.

Per ogni z ∈ D(0, 1), Log(1 + z) è quindi uguale ad una primitiva di ζ 7→∑+∞n=0(−1)nζn. Poiché la serie geometrica converge totalmente nei compatti di

D(0, 1) è possibile integrale per serie, ottenendo, su D(0, 1)

ζ 7→ Log (1 + ζ) ∈ˆ

1

1 + ζdζ

=

ˆ +∞∑n=0

(−1)nζn dζ

=

+∞∑n=0

(−1)nˆζn dζ

=

ζ 7→

+∞∑n=0

(−1)nζn+1

n+ 1+ c

∣∣∣∣∣ c ∈ C

=

ζ 7→

+∞∑n=1

(−1)n+1 ζn

n+ c

∣∣∣∣∣ c ∈ C

.

Essendo Log(1 + 0) = 0, segue inne, per ogni z ∈ D(0, 1),

Log(1 + z) =

+∞∑n=1

(−1)n+1 zn

n.

Esercizio 109. Analogamente a quanto visto nella proposizione precedente, sistudi lo sviluppo di McLaurin di

z 7→ Log(1− z).

2.8 Potenze ad esponente complesso

Denizione 110. Sia α ∈ C. Si denisce α-esima potenza la funzione polidro-ma

( · )α : C \ 0 → P(C),

z 7→ zα := eα log(z).

Esercizio 111. Si dimostrino i seguenti fatti:

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2.8 Potenze ad esponente complesso 32

1. se α = k ∈ Z, la potenza α-esima è una funzione monodroma, cioè mappaogni z ∈ C \ 0 in zα =

zk;

2. se α ∈ Q \ Z, la potenza α-esima mappa ogni z ∈ C \ 0 in un insiemenito7;

3. si determini la supercie di Riemann della funzione denita per ogni z ∈C\0 da

√z := z1/2 (Suggerimento: se z ∈ C\R−0 , si ha Arg(z) ∈ (−π, π),

ma allora Arg(z1/2

)∈(−π2 ,

π2

), ovvero Re

(z1/2

)> 0...);

4. se α ∈ C \ Q la potenza α-esima mappa ogni z ∈ C \ 0 in un insiemeinnito (numerabile).

7Si spera poi di poter agire come fatto per il logaritmo. Restringendosi in modo opportunoper poter arrivare a funzioni olomorfe e superci di Riemann.

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Capitolo 3

Integrazione su curve

complesse

3.1 Denizioni e risultati preliminari

Denizione 112. Siano a, b ∈ R, a < b e sia g : [a, b] → C continua a tratti elimitata. Si denisce allora l'integrale

ˆ b

a

g(t) dt :=

ˆ b

a

Re (g) (t) dt+ i

ˆ b

a

Im (g) (t) dt.

Proposizione 113. Siano a, b ∈ R, a < b e sia g : [a, b]→ C continua a trattie limitata. Allora ∣∣∣∣∣

ˆ b

a

g(t) dt

∣∣∣∣∣ ≤ˆ b

a

|g(t)| dt.

Dimostrazione. Senza perdere in generalità1, sia´ bag 6= 0. Per ogni α ∈

∂D(0, 1) ⊂ C, poiché l'integrale è lineare, si ha

Re

ˆ b

a

g

)=

ˆ b

a

Re (αg)

≤ˆ b

a

|Re (αg)|

≤ˆ b

a

|αg|

≤ˆ b

a

|g| .

1Altrimenti la tesi risulta banalmente vericata.

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3.1 Denizioni e risultati preliminari 34

Ponendo α :=|´ ba g|´ bag

(e confrontando primo ed ultimo membro) si ottiene per-

tanto

Re

∣∣∣´ ba g∣∣∣´ bag

ˆ b

a

g

≤ ˆ b

a

|g| .

Denizione 114. Siano a, b ∈ R, a < b e sia γ : [a, b]→ C. Si dice che γ è unaparametrizzazione di una curva ammissibile se γ è continua e C1 a tratti2.

Denizione 115. Siano a, b ∈ R, a < b, c, d ∈ R, c < d e siano γ : [a, b] → C,δ : [c, d]→ C. Si dice che γ e δ sono due parametrizzazioni equivalenti, e si scriveγ ∼ δ, se esiste una funzione ϕ ∈ C1 ([a, b], [c, d]), con ϕ′ > 0, tale che δ ϕ = γ.

Esercizio 116. Si dimostri che ∼ denita sopra è eettivamente una relazioned'equivalenza.

Denizione 117. Si dice che [γ]∼ è una curva ammissibile se [γ]∼ è una classedi equivalenza di parametrizzazioni equivalenti.

Osservazione 118. Per non appesantire troppo la notazione, nel seguito si scri-verà sempre: sia γ : [a, b]→ C una curva ammissible. Ovviamente con questoabuso di notazione si intende: Siano a, b ∈ R, a < b e sia γ : [a, b] → C unaparametrizzazione estratta dalla curva ammissibile [γ]∼.

Denizione 119. Siano f : Ω ⊂ C→ C e γ : [a, b]→ Ω una curva ammissible.Si denisce allora (se esiste) l'integrale

ˆγ

f(z) dz :=

ˆ b

a

f(γ(t))γ′(t) dt.

Proposizione 120. Siano f : Ω ⊂ C → C e γ : [a, b] → Ω una curvaammissible. Allora

1. se f ∈ C(Ω,C), esiste l'integrale´γf ;

2. se l'integrale´γf esiste, questo non dipende dalla particolare parametriz-

zazione scelta;

3. se l'integrale´γf esiste, questo dipende dall'orientamento della curva γ,

valendo´−γ f = −

´γf (dovrebbe essere ovvio cosa si intenda con −γ);

4. per ogni α, β ∈ C, per ogni g : Ω ⊂ C → C, con γ ([a, b]) ⊂ Ω,se gliintegrali seguenti esistono, si ha

´γ

(αf + βg) = α´γf + β

´γg;

2Questa notazione viene introdotta all'interno di questi appunti al ne di alleggerire glienunciati. Si sottolinea però che questa e le denizioni che seguono variano da libro a libro.

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3.1 Denizioni e risultati preliminari 35

5. se gli integrali seguenti esistono, vale la seguente relazione tra integralecomplesso (a sinistra) e integrale curvilineo (a destra)∣∣∣∣ˆ

γ

f(z) dz

∣∣∣∣ ≤ ˆ |f(s)| ds;

Dimostrazione. Si dà un'idea rapida della dimostrazione dei vari punti.

1. Ovvio.

2. Segue dagli stessi conti fatti nel caso di integrali curvilinei reali.

3. Basta applicare la denizione.

4. Basta applicare la denizione e armarsi di santa pazienza.

5. Si ha ∣∣∣∣ˆγ

f(z) dz

∣∣∣∣ .=

∣∣∣∣∣ˆ b

a

f(γ(t))γ′(t) dt

∣∣∣∣∣≤ˆ b

a

|f(γ(t))γ′(t)| dt

=

ˆ b

a

|f(γ(t))| |γ′(t)|dt

.=

ˆγ

|f(s)| ds.

Osservazione 121. Si noti la dierenza tra integrale curvilineo e integrale com-plesso. Il primo non dipende dall'orientazione della curva d'integrazione, inquanto nella denizione appare un modulo della derivata prima della curva d'in-tegrazione. Il secondo invece sì. Proprio per questa dierenza, viene talvoltautilizzata la notazione ˆ

γ

f(z) |dz| :=ˆγ

f(z) ds.

Come sarà chiaro dalla prossima proposizione, è anche possibile legare l'integralecomplesso all'integrale di forme dierenziali.

Proposizione 122. Siano Ω ⊂ C dominio, γ : [a, b]→ Ω una curva ammissibilee f ∈ C (Ω,C). Allora

ˆγ

f(z) dz =

ˆγ

(Re(f) dx− Im(f) dy) + i

ˆγ

(Im(f) dx+ Re(f) dy)

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3.1 Denizioni e risultati preliminari 36

Dimostrazione. È suciente scrivere la denizione del membro di sinistra met-tendo in evidenza parti reali ed immaginarie di f e di γ e sfruttare la lineari-tà.

Teorema 123 (Ripasso). Siano n ∈ N, Ω ⊂ Rn dominio, p, q ∈ C(Ω,C) eω := p dx+ q dy. Allora le seguenti aermazioni sono equivalenti:

1. per ogni γ : [a, b] → Ω ammissibile, l'integrale´γω dipende solo dagli

estremi a e b;

2. per ogni γ : [a, b]→ Ω ammissibile e chiusa,´γω = 0;

3. esiste una funzione G ∈ C1 (Ω,R) tale che dG = ω in Ω.

Teorema 124. Siano Ω ⊂ C dominio e f ∈ C (Ω,C). Allora le seguentiaermazioni sono equivalenti:

1. per ogni γ : [a, b] → Ω curva ammissibile, l'integrale´γf(z) dz dipende

solo dagli estremi a e b;

2. per ogni γ : [a, b]→ Ω curva chiusa ammissibile, si ha´γf(z) dz = 0;

3. esiste una funzione F ∈ H(Ω,C) ∩ C1(Ω,C), cone F ′ = f in Ω.

Dimostrazione. Si dimostrano separatamente i vari punti.

(1.⇔ 2.) Ovvio (basta scrivere f = Re(f) + iIm(f) e γ = Re(γ) + iIm(γ) e ci siriporta al teorema precedente).

(3.⇒ 1.) Per ipotesi (I) e per il Teorema fondamentale del calcolo integrale3 (T )

ˆγ

f(z) dz.=

ˆ b

a

f (γ(t)) γ′(t) dt

(I)=

ˆ b

a

d

dtF (γ(t)) dt

(T )= F (γ(b))− F (γ(a)) .

(1.⇒ 3.) Per la proposizione che lega integrale complesso ad integrale di forme, siha ˆ

γ

f(z) dz =

ˆγ

(Re(f) dx− Im(f) dy)︸ ︷︷ ︸=:ω1

+i

ˆγ

(Im(f) dx+ Re(f) dy)︸ ︷︷ ︸=:ω2

.

Poiché il membro di sinistra soddisfa 1. lo stesso vale per il membro didestra, dunque parte reale e parte immaginaria del membro di destra

3Si ometterà il passaggio in cui si spezza l'integrale in parte reale più i parte immaginaria,ma a questo punto dovrebbe essere chiaro come procedere per ridurre integrali complessi adintegrali reali potendo quindi sfruttare tutti i teoremi ben noti nel caso reale.

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3.2 Il teorema integrale nullo di Cauchy 37

dipendono solo dagli estremi a e b. Per il teorema precedente esistonoquindi due funzioni G1, G2 ∈ C1 (Ω,R) tali che dG1 = ω1 e dG2 = ω2 inΩ. Dunque

(G1)x = Re(f),(G1)y = −Im(f),

e

(G2)x = Im(f),(G2)y = Re(f).

Si denisca allora F : Ω → C come F := G1 + iG2. Chiaramente F ∈H(Ω,C), infatti F è dierenziabile (combinazione lineare di funzioni diclasse C1) e soddisfa le condizioni di Cauchy-Riemann. Per una proprietàusata molte volte, si ha inne

F ′ = ∂xF = ∂xG1 + i∂xG2 = Re(f) + iIm(f) = f.

Corollario 125. Sia γ una curva chiusa ammissibile. Allora per ogni n ∈Z \ −1, si ha ˆ

γ

zn dz = 0.

Esempio 126 (n = −1). Se γ è la circonferenza centrata nell'origine e di raggio1, percorsa in senso antiorario, una sua parametrizzazione è data da

γ : [0, 2π] → C,t 7→ γ(t) := eit.

Dunque, ˆγ

1

zdz =

ˆ 2π

0

e−itieit dt = i2π,

dunque nonostante la funzione 1/z sia molto regolare su C \ 0, non esiste unasua primitiva olomorfa denita su alcun aperto contenente ∂D(0, 1).

Denizione 127. Nel corso di questi appunti si utilizzerà una convenzionemolto comoda per indicare le curve. Se S ⊂ C tale che ∂S è il sostegno di unacurva, si indicherà con ∂+S la curva avente sostegno ∂S e orientata in sensoantiorario. Si indicherà invece con ∂−S la curva avente sostegno ∂S e orientatain senso orario. Una circonferenza centrata in un punto z0 ∈ C e di raggio r > 0,percorsa in senso antiorario, si indicherà pertanto con

∂+D (z0, r) .

3.2 Il teorema integrale nullo di Cauchy

Teorema 128 (Cauchy-Goursat). Sia Ω ⊂ C dominio, f ∈ H (Ω,C) e siaR ⊂ Ω un rettangolo. Esistano cioè α, β, γ, δ ∈ R tali che R := [α, β]×[γ, δ] ⊂ C.Allora ˆ

∂+R

f(z) dz = 0

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3.2 Il teorema integrale nullo di Cauchy 38

Dimostrazione. Si dividaR in quattro rettangoli uguali, lungo i segmentiα+β

2

×

[γ, δ] e [α, β]×γ+δ

2

. Siano R(1), . . . , R(4) questi sottorettangoli. È chiaro che

ˆ∂+R

f(z) dz =

4∑j=1

ˆ∂+R(j)

f(z) dz.

Sia

M :=

∣∣∣∣ˆ∂+R

f

∣∣∣∣ ∈ R+0 .

Dalla disuguaglianza triangolare segue

M ≤4∑j=1

∣∣∣∣ˆ∂+R(j)

f

∣∣∣∣ .Esiste pertanto un J ∈ 1, 2, 3, 4 tale che∣∣∣∣ˆ

∂+R(J)

f

∣∣∣∣ ≥ M

4.

Si denisca R1 := R(J). Procedendo analogamente si divida R1 in quattrosottorettangoli e si proceda come sopra, in modo induttivo. Si determina inquesto modo una successione di rettangoli Rnn∈N tali che

• per ogni n ∈ N, Rn+1 ⊂ Rn;

• per ogni n ∈ N, ∣∣∣∣ˆ∂+Rn

f

∣∣∣∣ ≥ M

4n;

• per ogni n ∈ N, diam (Rn+1) = 12diam (Rn);

• per ogni n ∈ N, ` (∂Rn+1) = 12` (∂Rn).

Poiché diam (Rn)n→+∞−→ 0, e poiché Rnn∈N è una successione di compatti

inscatolati, esiste un (unico) z0 ∈ R ⊂ Ω tale che

z0 =⋂n∈N

Rn.

Si ssi tale z0 e si ssi un ε > 0. Poiché Ω è aperto ed essendo f ∈ H (Ω,C),esiste un δ > 0 tale che D (z0, δ) ⊂ Ω e per ogni z ∈ D (z0, δ) \ z0, si ha

|f(z)− f (z0)− f ′ (z0) (z − z0)| < ε |z − z0| .

Si ssi tale δ. Esista inoltre un n0 ∈ N, tale che, per ogni n ∈ N, n ≥ n0, siabbia Rn ⊂ D (z0, δ). Si ssi tale n0. Si noti che, poiché le funzioni costantie le funzioni lineari ammettono una primitiva intera, per ogni η curva chiusa

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3.2 Il teorema integrale nullo di Cauchy 39

ammissibile´η

(−f (z0)− f ′ (z0) (z − z0)) dz = 0. Dunque, detti d0 := diam(R)

e `0 := ` (R), per ogni n ≥ n0 si ha

M

4n≤

∣∣∣∣ˆ∂+Rn

f (z) dz

∣∣∣∣=

∣∣∣∣ˆ∂+Rn

[f (z)− f (z0)− f ′ (z0) (z − z0)] dz

∣∣∣∣≤ˆ∂+Rn

|f (z)− f (z0)− f ′ (z0) (z − z0)| |dz|

≤ˆ∂+Rn

ε |z − z0|︸ ︷︷ ︸≤diam(Rn)

|dz|

≤ εdiam (Rn) ` (Rn)

= εd0`04n

,

da cui, M ≤ d0`0ε.

Teorema 129 (Di Cauchy sul disco). Siano z0 ∈ C, r ∈ R+, D := D (z0, r) ⊂ Cdisco, f ∈ H (D,C) e γ : [a, b]→ D curva chiusa ammissibile. Allora

ˆγ

f (z) dz = 0.

Dimostrazione. Sia z0 =: (x0, y0). Per ogni z := (x, y) ∈ D si denisce ilcammino

γz0z : [0, 2] → D,

t 7→ γz0z(t) :=

(tx+ (1− t)x0, y0) , se t ∈ [0, 1],

(x, (t− 1)y + (2− t)y0) , se t ∈ (1, 2].

Si può pertanto denire la funzione

F : D → C,

z 7→ F (z) :=

ˆγz0z

f (ζ) dζ.

Si noti che, per ogni z ∈ D, esiste la derivata parziale

∂yF (z).= lim

t→0,t∈R

F (z + it)− F (z)

t

= limt→0,t∈R

1

t

ˆ t

0

f (z + iζ) idζ

= if(z),

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3.2 Il teorema integrale nullo di Cauchy 40

dove l'ultima uguaglianza vale in quanto la funzione integranda è continua. Perdimostrare che esiste anche la derivata parziale ∂xF si sfrutta il teorema diGoursat, grazie al quale, denita per ogni z ∈ D

ηz0z : [0, 2] → D,

t 7→ ηz0z(t) :=

(x0, ty + (1− t)y0) , se t ∈ [0, 1],

((t− 1)x+ (2− t)x0, y) , se t ∈ (1, 2],

si ha, sempre per ogni z ∈ D

F (z) =

ˆγz0z

f (ζ) dζ =

ˆηz0z

f (ζ) dζ.

Con conti analoghi a quelli fatti in precedenza, si mostra che, per ogni z ∈ Desiste la derivata parziale

∂xF (z) = f(z).

Si è quindi dimostrato che F è dierenziabile e soddisfa le condizioni di Cauchy-Riemann su tutto D, dunque F ∈ H(D,C). Poiché f ammette una primitivaolomorfa e γ è chiusa, dunque

ˆγ

f(z) dz = 0.

Osservazione 130. Si noti che i cammini utilizzati nella dimostrazione sonocontenuti in D solo perché D è un disco e i cammini partono dal centro.

Osservazione 131. Più avanti verranno presentate versioni più generali di questoteorema.

Esercizio 132. Nelle ipotesi del teorema precedente, f ammette dunque unaprimitiva olomorfa sul disco D := D (z0, r). Si dimostri che una tale primitivasi può determinare come segue:

F : D → C,

z 7→ F (z) :=

ˆγz0,z

f (ζ) dζ,

dove, per ogni z ∈ D, γz0z è una qualuque curva chiusa ammissibile di estremiz0 e z.

Corollario 133 (Del Teorema di Goursat). Siano Ω ⊂ C dominio, R ⊂ Ω

rettangolo, z1, . . . , zn ⊂R, f ∈ H (Ω \ z1, . . . , zn ,C) e, per ogni j ∈

1, . . . , n, (z − zj) f(z)z→zj−→ 0. Allora

ˆ∂+R

f (z) dz = 0.

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3.2 Il teorema integrale nullo di Cauchy 41

Dimostrazione. Senza perdere in generalità sia n = 1. Si ssi ε > 0. Per ipotesiesiste allora un δ > 0 tale che D (z1, δ) ⊂ R e, per ogni z ∈ D (z1, δ) \ z1, siha

|f(z)| < ε

|z − z1|.

Si ssi tale δ. Per il teorema di Goursat è chiaro che, per ogni quadrato Q ⊂ R,con z1 ∈

Q, si ha ˆ

∂+Q

f =

ˆ∂+R

f.

Infatti, si divida il rettangolo in 9 parti come in gura.

A questo punto si sfrutti l'additività dell'integrale rispetto all'insieme di inte-grazione e si noti che l'integrale esteso ad ognuno degli 8 rettangoli che noncontengono z1 è nullo per il teorema di Goursat. Si consideri allora un quadrato

Q ⊂ D (z1, δ), con z1 ∈Q. Detta ` la lunghezza di un suo lato, si ha∣∣∣∣ˆ∂+R

f (z) dz

∣∣∣∣ =

∣∣∣∣ˆ∂+Q

f (z) dz

∣∣∣∣≤ˆ∂+Q

|f (z)| ds

<

ˆ∂+Q

ε

|z − z1|︸ ︷︷ ︸≥`/2

ds

≤ 8ε.

Osservazione 134. Si noti che la funzione z 7→ 1z−zj non soddisfa il corollario

precedente, in quanto

(z − zj)1

z − zjz→zj−→ 1.

Corollario 135. Siano D ⊂ C un disco arbitrario, z1, . , zn ⊂ D, f ∈H (D \ z1, . , zn ,C), γ : [a, b] → D una curva chiusa ammissibile tale che

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3.3 La formula integrale di Cauchy 42

γ ([a, b]) ∩ z1, . , zn = ∅. Alloraˆγ

f (z) dz = 0.

Dimostrazione. Analoga a quella appena vista. Si usa il Teorema di Cauchy sulDisco e il corollario precedente.

3.3 La formula integrale di Cauchy

Lemma 136. Siano γ : [a, b] → C una curva chiusa ammissibile e z0 ∈ C \γ ([a, b]). Allora ˆ

γ

1

z − z0dz ∈ 2πiZ.

Dimostrazione. Sia Zγ ⊂ [a, b] l'insieme (nito!) dei punti di non dierenziabi-lità di γ. Si denisca inoltre la funzione integrale

g : [a, b] → C,

t 7→ g (t) :=

ˆ t

a

γ′ (ξ)

γ (ξ)− z0dξ.

Si vuole dimostrare che

g (b).=

ˆ b

a

γ′ (ξ)

γ (ξ)− z0dξ

.=

ˆγ

1

z − z0

∈ 2πiZ.

Essendo la funzione integranda continua a tratti, g è continua e C1 a tratti. Perogni t ∈ [a, b] \ Zγ si ha

g′ (t) =γ′ (t)

γ (t)− z0.

Si denisca la funzione

G : [a, b] → C,t 7→ G (t) := e−g(t) (γ (t)− z0) .

Chiaramente G è continua su [a, b] e di classe C1 su [a, b] \ Zγ . Per ogni t ∈[a, b] \ Zγ è quindi ben denita

G′ (t) = e−g(t) ((γ (t)− z0) g′ (t) + γ′ (t))

= e−g(t)(

(γ (t)− z0)−γ′ (t)γ (t)− z0

+ γ′ (t)

)= e−g(t) (−γ′ (t) + γ′ (t))

= 0.

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3.3 La formula integrale di Cauchy 43

Per la caratterizzazione delle funzioni costanti, si ha dunque G costante sullecomponenti connesse si [a, b] \Zγ . Poiché G è continua globalmente su [a, b], Gè costante su [a, b]. Per ogni t ∈ [a, b], si ha allora

G (t) = G (a)

= γ (a)− z0.

Dalla denizione di G segue quindi che, per ogni t ∈ [a, b],

eg(t) =γ (t)− z0

γ (a)− z0.

Poiché γ è una curva chiusa (i.e. γ (a) = γ (b)), si ha

eg(b) = 1.

Dunqueg (b) ∈ 2πiZ.

Denizione 137. Siano γ : [a, b] → C una curva chiusa ammissibile e z0 ∈C \ γ ([a, b]). Si denisce indice di avvolgimento della curva γ rispetto al puntoz0 l'intero relativo

n (γ, z0) :=1

2πi

ˆγ

1

z − z0dz.

Esercizio 138. Siano a ∈ C e r > 0 arbitrari. Nell'esempio 126 è già statodimostrato che

n(∂+D (0, 1) , 0

)= 1.

Si dimostri che per ogni z0 ∈ D (a, r) si ha

n(∂+D (a, r) , z0

)= 1

e per ogni z1 ∈ C \D (a, r) si ha

n(∂+D (a, r) , z0

)= 0.

Teorema 139 (Formula integrale di Cauchy). Siano D ⊂ C un disco (di centroe raggio arbitrari), γ : [a, b]→ D una curva chiusa ammissibile e f ∈ H (D,C).Allora, per ogni z0 ∈ D \ γ ([a, b]), si ha

1

2πi

ˆγ

f (z)

z − z0dz = f (z0)n (γ, z0) .

Dimostrazione. Sia z0 ∈ D arbitraria. Si denisca la funzione

F : D \ z0 → C,

z 7→ F (z) :=f (z)− f (z0)

z − z0.

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3.3 La formula integrale di Cauchy 44

Chiaramente F ∈ H (D \ z0,C) ed esiste nito il limite

limz→z0

F (z).= limz→z0

f (z)− f (z0)

z − z0.

Dunque esistono i limiti

limz→z0

(z − z0)F (z).= lim

z→z0(z − z0)

f (z)− f (z0)

z − z0

= limz→z0

(f (z)− f (z0))

= 0.

Allora, per il Corollario 133 del Teorema di Goursat si ha

0 =

ˆγ

F (z) dz

=

ˆγ

f (z)

z − z0dz − f (z0)

ˆγ

1

z − z0dz.

Osservazione 140. Il teorema precedente aerma che il valore in ogni punto diuna funzione olomorfa (denita sul disco unitario) si può ricavare conoscendo ivalori che la funzione assume in una qualunque curva contenuta nel suo insiemedi denizione, a meno di una costante indipendente dalla funzione (che dipendesoltanto dal modo in cui la curva si avvolge attorno al punto).

Osservazione 141. Per chi conoscesse un po' di Analisi Reale, si invita ad osser-vare che il membro di sinistra nella Formula integrale di Cauchy è la convoluzionedella funzione interessata con il nucleo di Cauchy.

Corollario 142 (Della Formula integrale di Cauchy). Siano Ω ⊂ C un dominio,D un disco (di centro e raggio arbitrari) tale che D ⊂ Ω e f ∈ H (Ω,C). Allora,per ogni z0 ∈ D,

f (z0) =

ˆ∂+D

f (z)

z − z0dz.

Dimostrazione. Essendo Ω aperto, esiste un disco D tale che D ⊂ D ⊂ Ω. Latesi segue pertanto dalla Formula integrale di Cauchy applicata nel disco D.

Problema 143. Si consideri ora il problema inverso a quello risolto con laFormula integrale di Cauchy. SianoD ⊂ C un disco (di centro e raggio arbitrari),g ∈ C (∂D,C) e si denisca la funzione

F : D → C,

z 7→ F (z) :=

ˆ∂+D

g (w)

w − zdw, se z ∈ D,

g (z) , se z ∈ ∂D.

Ha senso chiedersi se la funzione denita sia o meno olomorfa suD e continua

no al bordo.

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3.3 La formula integrale di Cauchy 45

Esercizio 144. Si dimostri che in generale la funzione F denita nel Problema

precedente è olomorfa suD ma non è continua su D (seppur continua lungo la

circonferenza ∂D è possibile che F presenti delle discontinuità se ci si muovedall'interno verso il bordo). Questo problema verrà studiato in dettaglio nellasezione 3.4 (Integrali di tipo Cauchy e Teorema di Weierstrass).

3.3.1 Conseguenze della formula integrale di Cauchy

Teorema 145 (Sviluppo in serie di Taylor locale). Siano Ω ⊂ C un dominio,f ∈ H (Ω,C), z0 ∈ Ω e R := dist (z0, ∂Ω) > 0. Allora esiste una successioneann∈N0

⊂ C tale che, per ogni z ∈ D (z0, R), si ha

f (z) =

+∞∑n=0

an (z − z0)n.

Dimostrazione. Sia z ∈ D (z0, R) arbitrario. È chiaro che esista un r ∈ (0, R)tale che z ∈ D (z0, r) e che D (z0, r) ⊂ Ω. Per il Corollario 142 della Formulaintegrale di Cauchy si ha dunque

f (z) =1

2πi

ˆ∂+D(z0,r)

f (w)

w − zdw.

Si noti ora che, per ogni w ∈ ∂D (z0, r), si ha

1

w − z=

1

(w − z0)− (z − z0)

=1

w − z0

1

1− z−z0w−z0

(∗)=

1

w − z0

+∞∑n=0

(z − z0

w − z0

)n=

+∞∑n=0

(z − z0)n

(w − z0)n+1 ,

infatti da ∣∣∣∣ z − z0

w − z0

∣∣∣∣ =|z − z0|

r

< 1

segue (∗). Allora

f (z) =1

2πi

ˆ∂+D(z0,r)

+∞∑n=0

(f (w)

(z − z0)n

(w − z0)n+1

)dw.

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3.3 La formula integrale di Cauchy 46

Essendo f continua, f è limitata sul compatto ∂D (z0, r). Si noti inoltre che laserie di funzioni w 7→

∑+∞n=0

(z−z0)n

(w−z0)n+1 converge totalmente su ∂D (z0, r), infatti

per ogni w ∈ ∂D (z0, r) e per ogni n ∈ N0∣∣∣∣∣ (z − z0)n

(w − z0)n+1

∣∣∣∣∣ =|z − z0|n

rn+1.

Pertanto serie di funzioni w 7→∑+∞n=0 f (w) (z−z0)n

(w−z0)n+1 converge uniformemente

sul compatto ∂ (z0, r) ed è possibile portare la serie fuori dall'integrale. Si èpertanto ottenuta l'identità

f (z) =1

2πi

+∞∑n=0

ˆ∂+D(z0,r)

(f (w)

(z − z0)n

(w − z0)n+1

)dw

=

+∞∑n=0

[1

2πi

ˆ∂+D(z0,r)

f (w)

(w − z0)n+1 dw

]︸ ︷︷ ︸

=:an

(z − z0)n.

Corollario 146. Siano Ω ⊂ C un dominio e f ∈ H (Ω,C). Allora f ∈C∞ (Ω,C) e per ogni k ∈ N0 si ha f (k) ∈ H (Ω,C).

Corollario 147. Siano Ω ⊂ C un dominio e f armonica in Ω. Allora f ∈C∞ (Ω,R).

Dimostrazione. È suciente ricordare che le funzioni armoniche sono localmenteparti reali di funzioni olomorfe.

Esempio 148. Conoscere l'insieme di denizione di una funzione può aiutarea calcolare il raggio di convergenza del suo sviluppo in serie di potenze. Siconsideri ad esempio la funzione

f : C \ π

2+ kπ

∣∣∣ k ∈ Z→ C,

z 7→ f (z) := tan (z) .

È possibile sviluppare f in serie di potenze attorno al punto z0 := i. Esistonopertanto una successione ann∈N0

⊂ C e un raggio r > 0 tale che, per ogniz ∈ D (z0, r) si abbia

tan (z) =

+∞∑n=0

an (z − i)n .

Si vuole determinare il raggio di convergenza. Per poter applicare il crite-rio di Cauchy-Hadamard sarebbe necessario conoscere la forma dei coecienti

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3.3 La formula integrale di Cauchy 47

ann∈N0. Tuttavia, avendo informazioni sull'insieme di denizione di f e sulla

sua regolarità, è chiaro che

r =∣∣∣i− π

2

∣∣∣=

√(i− π

2

)(−i− π

2

)=

√1 +

π2

4.

Corollario 149 (Formula di Cauchy per le derivate). Siano Ω ⊂ C un dominio,f ∈ H (Ω,C), z0 ∈ Ω e r > 0 tali che D (z0, r) ⊂ Ω. Allora, per ogni n ∈ N0 siha

f (n) (z0) =n!

2πi

ˆ∂+D(z0,r)

f (w)

(w − z0)n+1 dw.

Dimostrazione. Segue immediatamente dalla dimostrazione del Teorema sullosviluppo in serie di Taylor.

Esercizio 150. Con le notazioni del Corollario precedente, è possibile conclu-dere che una formula analoga rimanga valida per ogni z ∈ D (z0, r)?

Teorema 151 (Morera). Siano Ω ⊂ C dominio, f : Ω → C ed f ∈ C (Ω,C).Se per ogni γ :[a, b] → Ω curva chiusa ammissibile si ha

´γf (z) dz = 0, allora

f ∈ H (Ω,C).

Dimostrazione. Per il Teorema 124 di pagina 36 la funzione f ammette unaprimitiva olomorfa F . Per il Corollario 146 anche f = F ′ è pertanto olomorfa.

Lemma 152. Siano a ∈ C, ` > 0, D := D (a, `) ⊂ C e γ := ∂+D. Allora lafunzione

n (γ, ·) : C \ ∂D → C,

z 7→ n (γ, z).=

1

2πi

ˆγ

1

w − zdw

è continua.

Dimostrazione. Si divide la dimostrazione in due casi.

• Sia z0 ∈ D. Allora, per ogni z ∈ D si ha

|n (γ, z)− n (γ, z0)| .=

∣∣∣∣ 1

2πi

ˆγ

(1

w − z− 1

w − z0

)dw

∣∣∣∣=

1

∣∣∣∣ˆγ

(z − z0

(w − z) (w − z0)

)dw

∣∣∣∣≤ 1

ˆγ

|z − z0||w − z| |w − z0|

ds.

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3.3 La formula integrale di Cauchy 48

Sia R := dist (z0, ∂D). Per ogni δ ∈ (0, R) e per ogni z ∈ D con |z − z0| <δ, si ha

|n (γ, z)− n (γ, z0)| ≤ 1

ˆγ

|z − z0||w − z| |w − z0|

ds

≤ 1

δ

(R− δ)R2π`

δ→0+

−→ 0.

• Sia z0 ∈ C \ D. Procedendo come nel punto precedente si ponga R :=dist (z0, ∂D). Per ogni δ ∈ (0, R) e per ogni z ∈ D con |z − z0| < δ, si ha

|n (γ, z)− n (γ, z0)| ≤ 1

ˆγ

|z − z0||w − z| |w − z0|

ds

≤ 1

δ

(R− δ)R2π`

δ→0+

−→ 0.

Corollario 153. Sia D ⊂ C un disco (di centro e raggio arbitrari). Allora, per

ogni z0 ∈D si ha

n(∂+D, z0

)= 1.

Dimostrazione. Detto c il centro di D, è immediato dimostrare che n (c, ∂+D) =1 (vedi Esempio 126, pagina 37). Poiché nel lemma precedente si è dimostratoche n (·, ∂+D) è una funzione continua e dato che per il Lemma 136 (di pagina42) n (·, ∂+D) assume solo valori interi, allora n (·, ∂+D) è costante su ognicomponente connessa, dunque n (·, ∂+D) |

D≡ 1.

Esercizio 154. Si dimostri che, se D ⊂ C è un disco (di centro e raggioarbitrari), allora

n(∂+D, ·

)|C\D ≡ 0.

Corollario 155 (Teorema della media integrale). Siano Ω ⊂ C aperto, f ∈H (Ω,C), z0 ∈ Ω e R > 0 tali che D (z0, R) ⊂ Ω. Allora

f (z0) =1

ˆ 2π

0

f(z0 +Reit

)dt.

Dimostrazione. È una conseguenza diretta della Formula integrale di Cauchy edel fatto che n (z0, ∂

+D (z0, R)) = 1.

Teorema 156 (Formula di Cauchy per le derivate). Siano A ⊂ C aperto,f ∈ H (A,C), z0 ∈ A e R > 0 tale che D (z0, R) ⊂ A. Allora per ogni n ∈ N0 eper ogni z ∈ D (z0, R) si ha

f (n) (z) =n!

2πi

ˆ∂+D(z0,R)

f (w)

(w − z)n+1 dw.

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3.3 La formula integrale di Cauchy 49

Dimostrazione (Idea). Sia z ∈ D (z0, R) arbitrario e si ponga γ := ∂+D (z0, R).Poiché f è olomorfa esistono i limiti

limh→0

f (z + h)− f (z)

h= lim

h→0

1

h

1

2πi

ˆγ

(f (w)

w − z − h− f (w)

w − z

)dw

= limh→0

1

2πi

ˆγ

f (w)

h

(1

w − z − h− 1

w − z

)dw

= limh→0

1

2πi

ˆγ

f (w)

h

(h

(w − z − h) (w − z)

)dw

= limh→0

1

2πi

ˆγ

f (w)

(w − z − h) (w − z)dw.

Con le stesse maggiorazioni del Lemma 152 si garantisce la possibilità di pas-saggio al limite sotto il segno di integrale, ottenendo

f ′ (z) =1

2πi

ˆγ

f (w)

(w − z)2 dw.

Procedendo induttivamente si dimostra la tesi per derivate di ogni ordine.

Teorema 157 (Disuguaglianza di Cauchy). Siano Ω ⊂ C dominio, f ∈ H (Ω,C),z0 ∈ Ω e R > 0 tali che D (z0, R) ⊂ Ω. Allora per ogni n ∈ N0 si ha∣∣∣f (n) (z0)

∣∣∣ ≤ n!

Rnmax

z∈∂D(z0,R)|f (z)| .

Dimostrazione. Segue direttamente dalla Formula di Cauchy per le derivate.

Osservazione 158. Su alcuni testi si utilizza la notazione

M (f, z0, R) := maxz∈∂D(z0,R)

|f (z)|

per enunciare il predecente risultato.

Osservazione 159. Nella letteratura delle equazioni dierenziali, ci si imbattespesso in Teoremi di tipo Liouville. Prendono questo nome quei teoremi riguar-danti una funzione f che hanno come ipotesi relazioni per f date da equazionidierenziali ed assunzioni sulla crescita di f e come tesi: f costante.

Teorema 160 (Teorema di Liouville). Sia f una funzione intera e limitata,allora f è costante.

Dimostrazione. SiaM := max

z∈C|f (z)| .

Per la disuguaglizna di Cauchy, per ogni z ∈ C e per ogni R > 0 si ha

0 ≤ |f ′ (z)| .

≤ 1

Rmax

w∈∂D(z,R)|f (w)|

≤ M1

R

R→+∞−→ 0,

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3.3 La formula integrale di Cauchy 50

dunque f ′ ≡ 0. Essendo C connesso segue che f è costante.

Osservazione 161. Le ipotesi del teorema precedente possono essere indeboliterichiedendo, invece della limitatezza, l'esistenza di una successione di circonfe-renze (con raggio divergente) su cui la funzione si mantenga limitata.

Corollario 162 (Teorema di Liouville). Sia f : C → C una funzione limitatae non costante, allora f non è intera.

Dimostrazione. È una semplice riformulazione del Teorema di Liouville.

Corollario 163 (Teorema di Liouville). Sia f una funzione intera e non co-stante, allora f è illimitata.

Dimostrazione. È una semplice riformulazione del Teorema di Liouville.

Corollario 164 (Del Teorema di Liouville). Sia f intera e non costante. Alloraf non è continua all'innito.

Dimostrazione. È una semplice applicazione del Teorema di Liouville.

Osservazione 165. Il corollario precedente aerma che non esistono funzioni noncostanti che siano olomorfe su tutto C.

Corollario 166 (Del Teorema di Liouville). Sia f intera e non costante. AlloraRe (f) o Im (f) non sono superiormente o inferiormente limitate.

Dimostrazione. È una semplice applicazione del Teorema di Liouville.

Corollario 167 (Del Teorema di Liouville). Sia f intera e non costante. Seesiste n ∈ N0 tale che

maxz∈∂D(0,r)

|f (z)| = O (rn) ,

ossia se esiste una costante c ∈ R+ tale che, per ogni r ∈ R+ si abbia

maxz∈∂D(0,r)

|f (z)| ≤ crn,

allora f è un polinomio di grado d ≤ n.

Dimostrazione. Per la disuguaglianza di Cauchy, per ogni k ∈ N0 e per ognir > 0, si ha

0 ≤∣∣∣f (k) (0)

∣∣∣≤ k!

rkmax

z∈∂D(0,R)|f (z)|

≤ ck!1

rk−n,

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3.3 La formula integrale di Cauchy 51

dunque per ogni k > n si ha f (k) (0) = 0. Essendo f intera, f si può svilupparein serie di Taylor attorno all'origine, dunque, per ogni z ∈ C,

f (z) =

+∞∑k=0

f (k) (0)

k!zk

=

n∑k=0

f (k) (0)

k!zk,

ovvero f è un polimonio di grado al più n.

Teorema 168 (Teorema fondamentale dell'algebra). Siano n ∈ N, a0, a1, . . . , an ∈C, an 6= 0 e sia p il polinomio

p (·) :=

n∑k=0

an (·)n .

Allora esistono α1, . . . , αn ∈ C tali che, per ogni z ∈ C,

p (z) =

n∏k=1

(z − αk) .

Dimostrazione. Essendo p una funzione intera e non costante, p è illimitata inun intorno di∞. Si supponga per assurdo che per ogni z ∈ C, p (z) 6= 0. Allora èben denita la funzione 1/p, che risulta essere intera, ma anche limitata (perchép è ben discosta da 0 anche in un intorno di ∞). Dal il Teorema di Liouvillesegue quindi che 1/p è costante, assurdo. Dunque p ha una radice α1. Dal ilTeorema di Runi si ottiene dunque l'esistenza di un polinomio pn−1 di gradon− 1 tale che, per ogni z ∈ C, si abbia

p (z) = (z − α1) pn−1.

Applicando quando detto a pn−1, ed iterando il ragionamento n volte, si ha latesi.

Proposizione 169. Siano Ω ⊂ C un dominio e f ∈ H (Ω,C). Se esiste unoz0 ∈ Ω tale che, per ogni n ∈ N0, f

(n) (z0) = 0, allora f ≡ 0.

Dimostrazione. Si consideri l'insieme

Ω :=z ∈ C | ∀n ∈ N0, f

(n) (z) = 0.

L'insieme Ω è chiaramente chiuso, in quanto

Ω =⋂n∈N0

z ∈ C | f (n) (z) = 0

,

intersezione numerabile di insiemi chiusi (preimmagini di chiusi secondo funzionicontinue) e non vuoto (z0 ∈ Ω). Rimane dunque soltanto da dimostrare che Ω

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3.3 La formula integrale di Cauchy 52

è aperto. Sia z ∈ Ω arbitrario. Essendo f olomorfa, per ogni k ∈ N0 è possibilesviluppare f (k) in serie di Taylor centrata in z. Per ogni k ∈ N0 esiste dunqueun r > 0 tale che, per ogni z ∈ D (z, r) e si abbia

f (k) (z) =

+∞∑n=0

=0︷ ︸︸ ︷f (k+n) (z)

n!(z − z)n

= 0,

dunque D (z, r) ⊂ Ω, che risulta pertanto aperto. Essendo Ω connesso siconclude immediatamente che Ω = Ω.

Esercizio 170. La proposizione precedente è chiaramente falsa se l'ipotesi diconnessione viene a mancare. Si fornisca un controesempio.

Denizione 171 (Ordine di uno zero). Siano Ω ⊂ C aperto, f ∈ H (Ω,C),z0 ∈ Ω e k ∈ N. Si dice che z0 è uno zero di f di ordine k, se f (z0) =0, f ′ (z0) = 0, . . . , f (k−1) (z0) = 0 e f (k) (z0) 6= 0.

Osservazione 172. Per la proposizione precedente, tutte le funzioni olomorfe(non identicamente nulle) hanno zeri di ordine nito.

Proposizione 173. Siano Ω ⊂ C aperto, f ∈ H (Ω,C) e sia z0 ∈ Ω uno zerodi f di ordine k. Allora esiste un R > 0 tale che D (z0, R) ⊂ Ω e una funzionefk ∈ H (D (z0, R) ,C \ 0) tale che, per ogni z ∈ D (z0, R), si abbia

f (z) = (z − z0)kfk (z) .

Esercizio 174. Si dimostri l'asserto.

Teorema 175 (Principio di identità delle funzioni olomorfe). Sia Ω ⊂ C apertoe sia f ∈ H (Ω,C) non costante. Allora ogni zero di f è isolato.

Dimostrazione. Segue direttamente dalla proposizione precedente.

Teorema 176 (Principio di identità delle funzioni olomorfe). Sia Ω ⊂ C apertoe siano f, g ∈ H (Ω,C). Detto

U = z ∈ Ω | f (z) = g (z) ,

se U ha un punto di accumulazione in Ω4, allora f = g.

Dimostrazione. È suciente applicare alla dierenza f−g il principio di identitàdelle funzioni olomorfe espresso nella forma precedente.

4Ovvero se U ′ ∩ Ω 6= ∅.

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3.3 La formula integrale di Cauchy 53

Osservazione 177 (Importante!). Si noti che l'ipotesi che il punto di accumu-lazione appartenga ad Ω è necessaria per la validità del teorema. Si pensi allafunzione

C \ 0 → C,

z 7→ sin

(1

z

).

Gli zeri di questa funzione si accumulano chiaramente in 0, che non appartieneal suo dominio. Tuttavia, pur essendo olomorfa, non è aatto vero che siaidenticamente nulla.

Teorema 178 (Di massimo modulo). Siano Ω ⊂ C un dominio, f ∈ H (Ω,C).Se esiste z0 ∈ Ω tale che, per ogni z ∈ Ω

|f (z0)| ≥ |f (z)| ,

allora f è costante in Ω.

Dimostrazione. Sia A := z ∈ Ω | |f (z)| = |f (z0)|. Chiaramente A è non vuo-to e chiuso. Rimane da dimostrare che A è aperto. Sia z ∈ A arbitrario. Esisteallora un R > 0 tale che D (z,R) ⊂ Ω. Per il Teorema della media integrale (I)e poiché z ∈ A (A), per ogni r ∈ (0, R) si ha

|f (z)| (I)=

∣∣∣∣ 1

ˆ 2π

0

f(z + reit

)dt

∣∣∣∣≤ 1

ˆ 2π

0

∣∣f (z + reit)∣∣︸ ︷︷ ︸

(A)

≤ |f(z)|

dt

≤∣∣∣∣ 1

ˆ 2π

0

f (z) dt

∣∣∣∣= |f (z)| ,

dunque tutte le disuguaglianze nelle formule precedenti sono in eetti ugua-glianze. In particolare quindi, per ogni r ∈ (0, R) e per ogni t ∈ [0, 2π] siha ∣∣f (z + reit

)∣∣ = |f (z)| ,

ovvero D (z,R) ⊂ A. A è pertanto aperto. Essendo A connesso segue che A = Ωed essendo f una funzione olomorfa di modulo costante, f è costante.

Esercizio 179. Si esibisca un controesempio che dimostri che l'ipotesi di con-nessione è essenziale per la validità del teorema precedente.

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3.4 Integrali di tipo Cauchy e Teorema di Weierstrass 54

3.4 Integrali di tipo Cauchy e Teorema di Weier-strass

Lemma 180. Siano γ : [a, b]→ C una curva chiusa ammissibile e g ∈ C (γ ([a, b]) ,C).Posta

f : C \ γ ([a, b]) → C,

z 7→ f (z) :=1

2πi

ˆγ

g (w)

w − zdw

(detta funzione integrale di tipo Cauchy di g lungo γ), si ha f ∈ H (C \ γ ([a, b]) ,C).

Dimostrazione. Sia z ∈ C \ γ ([a, b]) ssato arbitrariamente. Si ponga δ :=dist (z, γ ([a, b])). Per ogni h ∈ D (0, δ/2), si ha

f (z + h)− f (z)

h

.=

1

2πi

ˆγ

g (w)

h

(1

w − z − h− 1

w − z

)dw

=1

2πi

ˆγ

g (w)1

(w − z − h) (w − z)dw.

Maggiorando nel solito modo5 si dimotra che è possibile passare al limite sottoil segno di integrale ottenendo l'esistenza del limite

limh→0

f (z + h)− f (z)

h=

1

2πi

ˆγ

g (w)

(w − z)2 dw.

Osservazione 181. Il lemma precedente fornisce uno strumento teorico per co-struire funzioni olomorfe.

Problema 182. Siano D ⊂ C un disco (di centro e raggio arbitrari), γ := ∂+De g ∈ C (∂D,C). La funzione

F : D → C,

z 7→ F (z) :=

1

2πi

ˆγ

g (w)

w − zdw, se z ∈

D,

g (z) , se z ∈ ∂D

è continua su D? In generale no. Siano ad esempio D := D (0, 1) e

g : ∂D → C,

w 7→ g (w) :=1

w.

5Vedi e.g. Lemma 152, a pagina 47.

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3.4 Integrali di tipo Cauchy e Teorema di Weierstrass 55

Poiché g /∈ H (D) (g ha un cosiddetto 1-polo in 0), non è possibile applicare laFormula integrale di Cauchy. Per ogni z ∈ D si ha

F (z).=

1

2πi

ˆγ

1

w (w − z)dw

=1

2πi

1

z

ˆγ

(1

w− 1

w − z

)dw

=1

z

1

2πi

ˆγ

1

wdw︸ ︷︷ ︸

.=n(γ,0)=1

−1

z

1

2πi

ˆγ

1

w − zdw︸ ︷︷ ︸

.=n(γ,z)=1

= 0,

dunque F |D ≡ 0 e chiaramente F è discontinua su ∂D.

Esercizio 183. Sia D ⊂ C un disco (di centro e raggio arbitrari). Si stabilisca

l'esistenza o meno di una funzione f ∈ H(D,C

)∩ C(D,C

)tale che, per ogni

disco aperto D ⊃ D, si abbia f /∈ H(D,C

).

Teorema 184. Siano D ⊂ C un disco (di centro e raggio arbitrari), g ∈C (∂D,C) e f l'integrale di tipo Cauchy di g lungo γ. Detta

F : D → C,

z 7→ F (z) :=

f (z) , se z ∈ D,g (z) , se z ∈ ∂D,

si ha F ∈ C(D,C

)se e solo se, per ogni j ∈ N0 si ha

ˆγ

wjg (w) dw = 0.

Osservazione 185. Per chi conosce un po' di Analisi Reale, la richiesta prece-dente equivale all'ipotesi sui coecienti di Fourier: g (n) = 0, per ogni n ∈ Z−.Per chi conosce un po' di Calcolo delle Probabilità, questa richiesta è a sua voltaequivalente a supporre che tutti i momenti siano nulli. Per chi non conosce nulladi tutto ciò, come disse Dante Non ragioniam di lor, ma guarda e passa.

Proposizione 186. Siano Ω ⊂ C aperto e, per ogni n ∈ N, fn, f : Ω → C.Allora fn → f uniformemente sui compatti se e solo se per ogni z ∈ Ω esiste unr > 0 tale che D (z, r) ⊂ Ω e fn → f uniformememnte in D (z, r).

Dimostrazione (Idea). È chiaro che la convergenza uniforme sui compatti impli-chi quella sui dischi chiusi (e dunque su quelli aperti). Viceversa, ogni compattoK si può ricoprire con dischi aperti su cui la successione di funzioni conver-ge uniformemente. Dal ricoprimento aperto si può quindi estrarre un sotto-ricoprimento nito e prendere l'n massimo della convergenza uniforme su talidischi.

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3.4 Integrali di tipo Cauchy e Teorema di Weierstrass 56

Teorema 187 (Di Weiestrass). Siano Ω ⊂ C aperto, fnn∈N ⊂ H (Ω,C) ef : Ω→ C. Se fn → f uniformemente sui compatti di Ω, allora f ∈ H (Ω,C) e

per ogni k ∈ N, f (k)n → f (k) uniformemente sui compatti di Ω.

Dimostrazione. Sia z ∈ Ω arbitrario. Essendo Ω aperto esiste un disco D dicentro z tale che D ⊂ Ω. Essendo le fnn∈N olomorfe, dalla Formula integraledi Cauchy (F ), dalla convergenza uniforme sui compatti di fn → f (U) edessendo la funzione w 7→ 1

|w−z| costante su ∂D (C), si ottiene l'esistenza deilimiti

f (z)(U)= lim

n→+∞fn (z)

(F )= lim

n→+∞

1

2πi

ˆ∂+D

fn (w)

w − zdw

(U+C)=

1

2πi

ˆ∂+D

(lim

n→+∞

fn (w)

w − z

)dw

(U)=

1

2πi

ˆ∂+D

f (w)

w − zdw.

Dall'arbitrarietà di z e dal Lemma 180, che garantisce l'olomora degli integralidi tipo Cauchy, segue pertanto che f ∈ H (Ω,C). Per le derivate si procede inmodo analogo. Senza perdere in generalità si dimostra il risultato per la soladerivata prima. Sia z ∈ Ω arbitrario. Essendo Ω aperto esiste un disco D dicentro z tale cheD ⊂ Ω. Essendo le fnn∈N olomorfe, dalla Formula integrale diCauchy per le derivate (F ), dalla convergenza uniforme sui compatti di fn → f(U) ed essendo la funzione w 7→ 1

|w−z|2 costante su ∂D (C), si ottiene l'esistenzadei limiti

limn→+∞

|f ′n (z)− f ′ (z)| (F )= lim

n→+∞

∣∣∣∣∣ 1

2πi

ˆ∂+D

fn (w)− f (w)

(w − z)2 dw

∣∣∣∣∣(U+C)

=

∣∣∣∣∣ 1

2πi

ˆ∂+D

(lim

n→+∞

fn (w)− f (w)

(w − z)2

)dw

∣∣∣∣∣=

∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣1

2πi

ˆ∂+D

1

(w − z)2 limn→+∞

(fn (w)− f (w))︸ ︷︷ ︸(U)= 0

dw

∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣= 0.

Dunque f ′n → f puntualmente su Ω. Per provare che la convergenza sia uniformesui compatti di Ω, si ssi arbitrariamente un compatto K ⊂ Ω. Esistono allora2m dischi aperti tali che D (z1, r1), D (z1, R1), . . . , D (zm, rm), D (zm, Rm) ⊂ Ω,con, per ogni j ∈ 1, . . . ,m, rj < Rj e

K ⊂m⋃j=1

D (zj , rj) .

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3.4 Integrali di tipo Cauchy e Teorema di Weierstrass 57

Si vuole dimostrare che per ogni j ∈ 1, . . . ,m, fn → f uniformemente suidischi concentrici contenuti in D (zj , Rj). Da ciò segue la convergenza uniformesu⋃mj=1D (zj , rj) e dunque su K. Sia allora j ∈ 1, . . . ,m ssato arbitraria-

mente. Per ogni ρj ∈ (0, Rj) e per ogni n ∈ N, dalla formula integrale di Cauchyper le derivate si ha

0 ≤ supz∈D(zj ,ρj)

|f ′n (z)− f ′ (z)|

= supz∈D(zj ,ρj)

∣∣∣∣∣ 1

2πi

ˆD(zj ,Rj)

fn (w)− f (w)

(w − z)2 dw

∣∣∣∣∣

≤ supz∈D(zj ,ρj)

1

ˆD(zj ,Rj)

|fn (w)− f (w)||w − z|2

|dw|

≤ 1

ˆD(zj ,Rj)

|fn (w)− f (w)|(Rj − ρj)2 |dw|

≤ 1

1

(Rj − ρj)2 2πRj supw∈D(zj ,ρj)

|fn (w)− f (w)|

=Rj

(Rj − ρj)2 supw∈D(zj ,ρj)

|fn (w)− f (w)| .

Osservando che per ipotesi l'ultimo membro in questa catena di maggiorazionitende a 0 al tendere di n→ +∞ si ha quindi la tesi.

Osservazione 188. In modo analogo è immediato formulare una versione delTeorema di Weiestrass riguardante le serie di funzioni olomorfe.

Problema 189. Fissato un aperto Ω ⊂ C si vuole ora denire una metrica suH (Ω,C) in modo tale da rappresentare la convergenza uniforme sui compatti.Date fnn∈N ⊂ H (Ω,C) e f ∈ H (Ω,C) si vuole cioè denire una metricad : H (Ω,C)→ [0,+∞) in modo tale che

limn→+∞

d (fn, f) = 0 ⇐⇒ fn → f uniformemente sui compatti.

Denizione 190 (O (Ω)). Sia Ω ⊂ C aperto. Per ogni j ∈ N si denisca ilcompatto

Kj :=

z ∈ C

∣∣∣∣ |z| ≤ j, dist (z, ∂Ω) ≥ 1

j

.

Chiaramente Kj Ω. Per ogni j ∈ N si denisca

δj : H (Ω,C)×H (Ω,C) → [0,+∞),

(f, g) 7→ δj (f, g) := maxz∈Kj

|f (z)− g (z)| .

Si denisce l'applicazione

d : H (Ω,C)×H (Ω,C) → [0,+∞),

(f, g) 7→ d (f, g) :=

+∞∑j=1

1

2jδj (f, g)

1 + δj (f, g).

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3.5 Omotopia 58

Si denisce (O (Ω)) la coppia

O (Ω) := (H (Ω,C) , d) .

Osservazione 191. Si noti che tutti gli insiemi e le funzioni nella denizioneprecedente sono ben deniti.

Proposizione 192. L'applicazione d introdotta nella denizione precedente èuna metrica.

Esercizio 193. Si dimostri la proposizione precedente (per dimostrare la disu-guaglianza triangolare si tenga presente che la funzione denita su [0,+∞) dax 7→ x

1+x è monotona strettamente crescente).

Proposizione 194. Lo spazio metrico O (Ω) è completo.

Fatto 195. La metrica di O (Ω) non proviene da alcuna norma.

Esercizio 196. Si verichi che la metrica di O (Ω) risolve il Problema 189.

3.5 Omotopia

Denizione 197 (Omotopia). Sia Ω ⊂ C un dominio. Siano γ, η : [a, b] → Ωdue curve ammissibili tali che γ (a) = η (a) e γ (b) = η (b). Si dice che γ èomotopa a η in Ω se esiste una funzione continua

F : [a, b]× [0, 1]→ Ω

tale che, per ogni s ∈ [0, 1]

1. γs := F (·, s) è C1 a tratti,

2. γ0 = γ,

3. γ1 = η,

4. γs (a) = γ (a) (= η (a)),

5. γs (b) = γ (b) (= η (b)).

Teorema 198. Siano Ω ⊂ C un dominio, γ0, γ1 : [a, b] → Ω due curveammissibili omotope in Ω e f ∈ H (Ω,C). Allora

ˆγ0

f (z) dz =

ˆγ1

f (z) dz.

Dimostrazione (Idea). Fissato δ > 0 sucientemente piccolo, siano s1, s2 ∈[0, 1], con |s2 − s1| ≤ δ. È suciente dimostrare che

ˆγs1

f (z) dz =

ˆγs2

f (z) dz.

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3.5 Omotopia 59

Per compattezza esiste una famiglia nita di dischi aperti (con chiusura con-tenuta in Ω) che ricoprono γs1 ([a, b]) ∪ γs2 ([a, b]), che hanno intersezione nonbanale e raggio piccolo quanto serve. Dalla continuità dell'omotopia si deducela tesi.

Teorema 199 (Integrale nullo di Cauchy (omotopia)). Siano Ω ⊂ C un apertoconnesso, γ : [a, b]→ Ω una curva chiusa ammissibile omotopa a un punto in Ωe f ∈ H (Ω,C). Allora ˆ

γ

f (z) dz = 0.

Dimostrazione. Segue direttamente dal teorema precedente.

Corollario 200. Siano Ω ⊂ C un aperto semplicemente connesso, γ : [a, b]→ Ωuna curva chiusa ammissibile e f ∈ H (Ω,C). Allora

ˆγ

f (z) dz = 0.

Osservazione 201. Per il Corollario precedente e per uno dei primi risultati, seΩ è semplicemente connesso e se f ∈ H(Ω), è ben denita, per ogni z ∈ Ω, lafunzione

G(z) :=

ˆ z

z0

f(w) dw.

È chiaro che G sia una primitiva olomorfa globale di f , i.e. che G ∈ H(Ω) e cheper ogni z ∈ Ω si abbia

G′(z) = f(z).

Proposizione 202. Sia Ω semplicemente connesso, con 0 /∈ Ω. Siano z0 ∈ Ωe w0 ∈ C tali che ew0 = z0. Si denisca la funzione

log∗ : Ω → C,

z 7→ log∗(z) := w0 +

ˆ z

z0

dw

w.

Allora

1. la funzione log∗ è olomorfa in Ω,

2. per ogni z ∈ Ω si haD [log∗(z)] = 1/z,

3. per ogni z ∈ Ω valeelog∗(z) = z.

Dimostrazione. Si ricordi che per ogni z ∈ C, con |z| < 1, si ha

Log(1 + z) =

+∞∑n=1

(−1)nzn

n.

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3.6 Omologia 60

Sia U(z0) := z ∈ Ω : |z − z0| < |z0|. Allora la funzione denita per ogniz ∈ U(z0) da

F (z) := w0 + Log

(1 +

z − z0

z0

).

è olomorfa in U(z0), per ogni z ∈ U(z0) vale F ′(z) = 1/z e F (z0) = w0, dunquealmeno nell'intorno U(z0) si ha F = log∗ (È chiaro che fuori da quell'intornol'espressione del log∗ sarà diversa). Ma allora per ogni z ∈ U(z0) vale anche

elog∗(z) = eF (z) = z,

(per denizione di F ). Per poter concludere che la tesi vale in tutto Ω èsuciente osservare che per ogni z1 ∈ Ω si ha

log∗(z) = w0 +

ˆ z1

z0

dw

w︸ ︷︷ ︸cost

+

ˆ z

z1

dw

w,

ripetendo un analogo ragionamento in un opportuno intorno di z1 si ha dunquela tesi globalmente.

Osservazione 203. Dunque in ogni semplicemente connesso ogni logaritmo prin-cipale è un traslato di log∗.

Osservazione 204. Siano Ω semplicemente connesso, f ∈ H(Ω) e, per ogni z ∈ Ω,f(z) 6= 0. Fissato z0 ∈ Ω, sia w0 ∈ C tale che ew0 = f(z0) (si vuole costruire unlogaritmo di f). Allora la funzione denita per ogni z ∈ Ω da

log∗ f(z) := w0 +

ˆ z

z0

f ′(w)

f(w)dw

è ben denita, olomorfa, vale w0 in z0, e per ogni z ∈ Ω si ha D [log∗ f(z)] =f ′(z)/f(z) e

elog∗ f(z) = f(z).

Quindi abbiamo denito un logaritmo per ogni ogni funzione olomorfa denitasu un insieme semplicemente connesso.

3.6 Omologia

Denizione 205. Sia Ω un dominio. Sia γ chiusa e ammissibile. Si dice che γè omologa a 0 in Ω se per ogni z0 ∈ C \ Ω si ha

n(z0, γ) = 0.

Denizione 206. Sia Ω un dominio. Siano γ1, γ2 due curve chiuse ammissibili.Si dice che γ1 e γ2 sono omologhe in Ω se per ogni z0 ∈ C \ Ω si ha

n(z0, γ1) = n(z0, γ2).

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3.6 Omologia 61

Osservazione 207. L'omologia è una relazione di equivalenza. Si possono divi-dere le curve chiuse ammissibili in classi di equivalenza generando così (per chili conosce) i gruppi di omologia.

Lemma 208. Sia Ω un dominio. Sia γ una curva chiusa e ammissibile in Ω.Se γ è omotopa ad un punto a in Ω, allora γ è omologa a 0 in Ω.

Dimostrazione. Sia z0 ∈ C \ Ω. Allora

n(z0, γ).=

1

2πi

ˆγ

dw

w − z0= (∗),

ma la funzione integranda è olomorfa in Ω quindi è possibile cambiare per omo-topia la curva di integrazione senza far variare il valore dell'integrale. Dunque

(∗) =

ˆa

dw

w − z0= 0.

Osservazione 209. Il lemma precedente dice che l'omotopia implica l'omologia(ma non vale il viceversa!). L'implicazione è una conseguenza diretta dell'inva-rianza per omotopia degli integrali su curve complesse.

Denizione 210. Date γ1, . . . , γn curve chiuse e k1, . . . , kn ∈ Z si può denireformalmente la catena

c :=

n∑i=1

kiγi.

Questa notazione, utile per la scrittura degli integrali, verrà utilizzata perindicare ˆ

c

f :=

n∑i=1

ki

ˆγi

f.

Si denisce in modo ovvio l'indice rispetto ad una catena.

Teorema 211 (Integrale nullo di Cauchy). Siano Ω un dominio, f ∈ H(Ω), cuna catena in Ω omologa a 0. Allora

ˆc

f = 0.

Dimostrazione (Idea). Senza perdere in generalità si può supporre Ω limitato,infatti si integra su una catena c che è contenuta in un insieme limitato a suavolta contenuto in Ω (al massimo ci si restringe). Sia k ∈ N arbitrario. L'ideaè di tassellare il piano con quadrati paralleli ai lati di lunghezza 2−k. Alcuniquadrati sono interamente contenuti in Ω: si uniscano insiemisticamente tuttiquesti quadrati e si chiami questa unione di quadratini Ωk. Più k è piccolo, piùΩk è una buona approssimazione di Ω, nel senso che la distanza

d(Ωk, ∂Ω) ≤√

22−k

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3.6 Omologia 62

(è al più la diagonale dei quadratini). Se k è abbastanza grande, dunque, lacatena c è tutta contenuta nell'interno di Ωk. Mi chiedo se la catena sia omologaa 0 in Ωk (questa richiesta è più forte della nostra ipotesi perché la condizionedi omologia riguarda i punti nel complementare). Per ipotesi per ogni ζ /∈ Ω si

ha n(c, ζ) = 0. Sia ora ζ ∈ Ω \Ωk. Ci si vuole convincere che l'indice è ancora

zero (cosa che a priori non so). Sicuramente esiste z0 /∈ Ω tale che il segmento[z0, ζ]∩ c = ∅. Ma se il segmento non interseca la catena vuol dire che (e qui sibara un po') il numero di giri attorno a ζ è uguale a quello attorno a z0, dunquel'indice è ancora zero (intuitivamente per fare un giro attorno ad uno e non

all'altro si dovrebbe sconnettere il segmento). Allora anche per ogni ζ ∈ Ω \Ωk

si ha n(c, ζ) = 0 e quindi in particolare questo vale su ∂Ωk (che è dove vogliointegrare). Sia ora z ∈ Ωk ssato. Chiaramente esiste uno dei quadrati di cui ècomposto Ωk, diciamo Q, tale che z ∈ Q. Per semplicità si supponga che z siainterno a Q. Allora per ogni quadrato Q di cui è composto Ωk si ha

1

2πi

ˆ∂Q

f(w)

w − zdw =

0, se Q 6= Q,

f(z), se Q = Q.

Da cui

f(z) =1

2πi

ˆ∂Q

f(w)

w − zdw =

ˆ∂Ωk

f(w)

w − zdw.

Per il Teorema di Fubini (F) (che vale perché la funzione integranda è continuasui compatti di integrazione e gli integrali complessi sono combinazioni linearidi integrali reali) e per la formula integrale di Cauchy (C)

ˆc

f(z) dz =1

2πi

ˆc

(ˆ∂Ωk

f(w)

w − zdw

)dz

(F )=

ˆ∂Ωk

(1

2πi

ˆc

f(w)

w − zdz

)dw

(C)=

ˆ∂Ωk

f(w)n(w, c)︸ ︷︷ ︸=0

dw = 0,

dove l'indice è nullo per quanto detto nella prima parte della dimostrazione.

Teorema 212. Sia Ω dominio. Allora Ω è semplicemente connesso se e solose per ogni c catena in Ω, si ha c omologa a 0 (i.e. il gruppo fondamentale e ilprimo gruppo di omologia sono isomor).

Osservazione 213. Si può sostituire curva chiusa a catena nel teorema prece-dente.

Problema 214. Un problema non banale è quello di stabilire a quale curvaè omologa una curva data? Avendo dimostrato che l'integrale è invariante peromologia questo permetterebbe di semplicare molto il calcolo integrale.

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3.6 Omologia 63

Denizione 215. Siano γ, η due curve chiuse ammissibili con immagine conte-nuta in qualche aperto Ω di C. Nelle prossime sezioni (quando non diversamentespecicato) si scriverà γ ∼ η per indicare che γ è omologa a η.

Teorema 216. Siano Ω un dominio e γ ∼ 0 in Ω. Fissati z1, . . . , zm ∈ Ω, siaΩ := Ω \ z1, . . . , zm. Per ogni j ∈ 1, . . . ,m sia Dj un disco contenente zj,con γj := ∂+Dj,

⋃mj=1Dj ⊂ Ω e per ogni i 6= j, Di ∩Dj = ∅. Allora

1. su Ω

γ ∼m∑j=1

n(γ, zj)γj ;

2. se f ∈ H(Ω), ˆγ

f =

m∑j=1

n(γ, zj)

ˆγj

f.

Dimostrazione (Idea). Si dimostrano separatamente i due punti.

1. Sia

c = γ −m∑j=1

n(γj , zj)γj .

Si vuole dimostrare che c è omologa a 0 in Ω. Se z0 /∈ Ω, per ipotesin(γ, z0) = 0 e per ogni j ∈ 1, . . . ,m, per il teorema integrale nullo diCauchy, si ha n(γj , z0) = 0. Se per qualche j ∈ 1, . . . ,m si ha z0 = zj ,allora per ogni i ∈ 1, . . . ,m si ha n(γi, zj) = δij , dunque

n(c, zj) = n(γ, zj)− n(γ, zj) = 0.

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3.6 Omologia 64

2. Segue dal punto precedente per l'invarianza rispetto all'omologia dell'in-tegrale su curve complesse.

Osservazione 217. Vale dunque anche una formula di Cauchy integrale per lecatene.

Teorema 218 (Formula integrale di Cauchy). Sia γ catena in Ω dominio, γ ∼ 0in Ω, f ∈ H(Ω). Allora per ogni z ∈ Ω si ha

f(z)n(γ, z) =1

2πi

ˆγ

f(w)

w − zdw.

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Capitolo 4

Serie bilatere o di Laurent

Denizione 219. Sia z0 ∈ C e per ogni n ∈ Z, sia an ∈ C. Per ogni z ∈ C incui l'espressione seguente ha senso, si denisce seria bilatera (o di Laurent)

+∞∑−∞

an(z − z0)n := limN,M→+∞

M∑n=−N

an(z − z0)n,

dove si sottolinea che i due limiti a destra sono fatti in modo indipendente l'unodall'altro. Se per qualche z ∈ C entrambi questi limiti esistono niti si dice chela serie converge in z.

Osservazione 220. Si considerino separatamente

z 7→+∞∑n=0

an(z − z0)n

e

z 7→−1∑

n=−∞an(z − z0)n =

+∞∑n=1

a−n

(1

z − z0

)n.

Se la prima serie converge su |z−z0| < R e la seconda su |z−z0| > r, allorala serie su Z converge assolutamente nell'anello

Ar,R(z0) := z ∈ C : r < |z − z0| < R

e uniformemente nei suoi compatti. I casi estremi sono i dischi bucati e icomplementari dei dischi (rispettivamente r = 0 e R = +∞).

Esempio 221. La serie di Laurent

z 7→+∞∑n=−1

zn

1 + n2

converge nel disco (bucato!) di raggio interno 0 e raggio esterno 1.

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4.1 Convergenza delle serie di Laurent 66

Osservazione 222. Se c'è anche solo un n negativo tale che an 6= 0, le serie nonpossono convergere nel centro.

Esempio 223. La serie

z 7→+∞∑

1

1

zn

converge in |z| > 1.

Osservazione 224. È chiaro che ogni serie di Laurent è olomorfa nel suo anellodi convergenza. È meno banale (ma vero!) il viceversa. Lo dimostreremo inseguito.

4.1 Convergenza delle serie di Laurent

Denizione 225. Siano 0 ≤ r < R ≤ +∞ e z0 ∈ C. Si utilizzerà in modosistematico la notazione

Ar,R(z0) := z ∈ C : r < |z − z0| < R

Osservazione 226. Per quanto osservato prima, se la funzione z 7→∑+∞n=−∞ an(z−

z0)n converge in Ar,R(z0), con 0 ≤ r < R ≤ +∞, allora la serie di Laurentdenisce in Ar,R(z0) una funzione olomorfa.

Osservazione 227. Vale il viceversa. È l'analogo del teorema di sviluppabilitàlocale visto all'inizio del corso.

Teorema 228 (Sviluppabilità in serie di Laurent). Sia z0 ∈ C, siano 0 ≤ r <R ≤ +∞ e sia f ∈ H(Ar,R(z0),C). Allora per ogni z ∈ Ar,R(z0)

f(z) =

+∞∑n=−∞

an(z − z0)n,

con, per ogni n ∈ Z,

an :=1

2πi

ˆγρ

f(w)

(w − z0)n+1dw,

dove ρ ∈ (r,R) e γρ := ∂+D(z0, ρ).

Dimostrazione. Senza perdere in generalità sia z0 = 0. Siano s, S ∈ R+, conr < s < S < R. Per ogni t ∈ R+ si indichino con γt le circonferenze centrate inz0 e di raggio t. È chiaro che γS − γs ∼ 0 in Ar,R. Allora per ogni z ∈ As,S

f(z) =1

2πi

ˆS

f(w)

w − zdw − 1

2πi

ˆs

f(w)

w − zdw = (∗).

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4.1 Convergenza delle serie di Laurent 67

L'idea ora è di sviluppare la f come nel teorema di sviluppabilità locale tenendoconto che nel primo addendo del membro di destra |z| < |w|, mentre del secondo|z| > |w|. Quindi se w ∈ supp(γS) si ha

1

w − z=

1

w(1− z/w)=

1

w

+∞∑n=0

( zw

)n.

Analogamente, se w ∈ supp(γs),

1

w − z= − 1

z(1− w/z)= −1

z

+∞∑n=0

(wz

)n.

Essendo f olomorfa su un compatto è quindi possibile scambiare la serie conl'integrale, ottenendo

(∗) =

+∞∑n=0

(1

2πi

ˆγS

f(w)

wn+1dw

)zn +

+∞∑n=0

(1

2πi

ˆγs

f(w)wn dw

)1

zn+1

=

+∞∑n=0

(1

2πi

ˆγS

f(w)

wn+1dw

)zn +

−1∑−∞

(1

2πi

ˆγs

f(w)

wj+1dw

)zj

=

+∞∑−∞

anzn,

poiché le circonferenze su cui integro sono omologhe a γρ per qualunque ρintermedio (sono addirittura omotope!).

Esempio 229 (Importante!). La funzione denita per ogni z ∈ C \ 1, 2 da

f(z) =1

1− z+

1

2− zha tre possibili sviluppi. In 1 < |z| < 2 si hanno tutte le potenze in Z:

f(z) = −1

z

1

1− 1/z+

1

2

1

1− z/2

= −+∞∑n=0

1

zn+1+

+∞∑n=0

zn

2n+1

= −+∞∑n=0

z−n−1 +

+∞∑n=0

zn

2n+1

= −−1∑−∞

zn +

+∞∑n=0

zn

2n+1

In |z| < 1 si hanno solo potenze positive:

f(z) =

+∞∑0

(1 +

1

2n+1

)zn.

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4.1 Convergenza delle serie di Laurent 68

In |z| > 2 si hanno solo potenze negative:

f(z) =

−1∑−∞

zn(1 + 2n).

Osservazione 230. Gli sviluppi in serie di Laurent sono un buono strumentoper studiare le singolarità isolate, ovvero punti di non olomora con un intornobucato in cui la funzione è olomorfa, come sarà più chiaro a breve.

Denizione 231. Sia f : Ω → C, f ∈ H(Ω), z0 /∈ Ω. f ha una singolaritàisolata z0 se esiste un r > 0 tale che

0 < |z − z0| < r ⊂ Ω.

Esempio 232. La funzione

z 7→ 1

1− z+

1

2− z

precedentemente studiata ha due singolarità isolate in 1 e 2.

Osservazione 233. È chiaro che per motivazioni topologiche ci siano al massimoun innità numerabile di singolarità isolate.

Denizione 234. Con le notazioni utilizzate nella denizione di singolaritàisolata, si dice che z0 è una singolarità eliminabile se esiste F : Ω∪z0 =: Ω→ Ce F ∈ H(Ω), con F |Ω = f .

Teorema 235 (della singolarità eliminabile). Sia Ω aperto e sia f ∈ H(Ω).Allora z0 una singolarità eliminabile per f se e solo se esiste r > 0 tale cheD(z0, r) ⊂ Ω e f è limitata su D(z0, r).

Dimostrazione. È ovvio che singolarità eliminabile implica limitatezza. Vediamoil viceversa. In 0 < |z − z0| < r, per ogni ρ ∈ (0, r) si ha

f(z) =

+∞∑−∞

(1

2πi

ˆγρ

f(w)

(w − z0)n+1dw

)︸ ︷︷ ︸

=:an

(z − z0)n.

Allora, poiché esiste M ∈ tale che |f | ≤M su D(z0, r), per ogni n ∈ Z, n ≤ −1e per ogni ρ ∈ (0, r) si ottiene

0 ≤ |an| ≤1

ˆ 2π

0

|f(w)|ρn+1

dw ≤Mρ−n−1 ρ→0+

−→ 0.

Quindi per ogni n ≤ −1, an = 0, ovvero lo sviluppo di Laurent è in eetti unosvilupo di Taylor, dunque la funzione converge nel centro.

Esempio 236. Per f(z) = ez−1z o g(z) = sin(z)

z , 0 è una singolarità eliminabile.

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4.1 Convergenza delle serie di Laurent 69

Denizione 237. Sia z0 una singolarità isolata. Si dice che z0 è un polo se haalmeno un coeciente di indice negativo diverso da 0 nello sviluppo di Laurent.Si dice inoltre che m è l'ordine di polo se −m è l'indice del primo coecientenegativo non nullo, i.e. si dice che z0 è un polo di ordine m ∈ N se

f(z) =

+∞∑−m

aj(z − zo)j

e am 6= 0.

Esempio 238. Per f(z) = 1zm , z = 0 è un m-polo.

Teorema 239. z0 è un polo per f se e solo se

limz→z0

|f(z)| = +∞.

Dimostrazione. Ovvio che polo implica limite del modulo innito. Viceversa.Sia senza perdere in generalità f 6= 0. Sia ε > 0. Poiché f diverge in z0 esister > 0 tale che su 0 < |z − z0| < r, |f(z)| > ε. Denisco su D(z0, r) \ z0la funzione g = 1/f , che è olomorfa e limitata sul suo insieme di denizioneperché denita come l'inverso puntuale di una funzione olomorfa e discostada 0. Dunque g ha una singolarità eliminabile in z0, prolungabile pertantocon olomora in z0 come g(z0) = 0. Dunque z0 è 0 di g di ordine m ∈ N,m ≥ 1 (primo indice dei coe di Taylor 6= 0). Allora localmente, in un intorno(completo!) di z0, si ha

g(z) = (z − z0)mh(z),

con h olomorfa e non nulla. Invertendo segue inne che per ogni z ∈ D(z0, r) siha

f(z).=

1

g(z)

.=

1

(z − z0)m1

h(z),

dove 1/h è limitata (e olomorfa) in tutto l'intorno.

Denizione 240. Sia z0 singolarità isolata per f . Si dice che z0 è una singo-larità essenziale se

@ limz→z0

f(z).

Teorema 241 (Casorati-Weierstrass). Sia z0 una singolarità essenziale per f .Allora per ogni ε > 0 si ha che f(A0,ε) è denso in C.

Dimostrazione. Si supponga per assurdo che la tesi non sia vericata. Alloraesistono ε > 0, w ∈ C e δ > 0 tali che per ogni z ∈ A0,ε(z0) si abbia

|f(z)− w| ≥ δ > 0.

Si consideri allora la funzione denita per ogni z ∈ A0,ε da

g(z) :=1

f(z)− w.

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4.1 Convergenza delle serie di Laurent 70

Chiaramente g è olomorfa (poiché f lo è) e limitata (poiché il denominatore èdiscosto da 0, si ha |g| ≤ 1/δ), pertanto ha una singolarità eliminabile in z0.È possibile quindi prolungare la g in z0 con olomora. Sono allora possibilisoltanto due casi:

• se g(z)z→z0−→ c 6= 0, allora anche f è limitata dunque ha una singolarità

eliminabile (assurdo),

• se g(z)z→z0−→ 0, allora f ha un polo (assurdo).

In ogni caso quindi, g regolare dovrebbe implicare f con una singolarità regolare,e questo è assurdo.

Corollario 242. La classe limite attorno ad una singolarità essenziale è tuttoC := C ∪ ∞.

Corollario 243. Sia z0 una singolarità isolata per f . Allora z0 è essenziale see solo se

lim infz→z0

|f(z)| = 0 e lim supz→z0

|f(z)| = +∞.

Osservazione 244. Vale in realtà il seguente risultato molto più forte, che enun-ceremo soltanto.

Teorema 245 (di Picard). Sia z0 una singolarità essenziale per f . Allora inogni intorno di z0, f assume qualunque valore in C tranne al più un solo valore.

Esempio 246. f(z) = e1/z ha una singolarità essenziale in z0 = 0. Infatti inC \ 0 si ha

f(z) =

+∞∑n=0

1

n!zn.

Esempio 247. La funzione

f(z) =sin(πz)

(z − 1)3

ha un 2-polo in z = 1 (il numeratore compensa di un ordine il denominatore).Allora c'è uno sviluppo di Laurent centrato in 1 ma che non converge in 1 taleche, per ogni C \ 1 si ha

f(z) =a−2

(z − 1)2+ a0 + a2(z − 1)2 + . . .

(N.B. la funzione è pari quindi conterrà solo termini pari). Sviluppando il senosi determinano gli an

sin(π(z − 1) + π) = − sin(π(z − 1)) =

+∞∑0

(−1)n+1(z − 1)2n+1

(2n+ 1)!.

L'unicità dello sviluppo garantisce che in qualunque modo lo si calcoli, lo svi-luppo è sempre quello giusto.

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4.2 Classicazione per innito 71

Osservazione 248. Riassumendo, dunque, le singolarità isolate z0 si possonoclassicare in tre diverse categorie:

• eliminabile se f(z)z→z0−→ c ∈ C se e solo se esiste un prolungamento olo-

morfo e se e solo se su qualche sviluppo in seria di Laurent non ci sonotermini con potenze negative.

• polo se |f(z)| z→z0−→ +∞ se e solo se c'è un numero nito (≥ 1) di terminicon potenze negative.

• essenziale se non esiste il limite per z → z0 di f(z) se e solo se ci sonoinniti termini con potenze negative. Per Casorati-Weierstrass non sololim sup e lim inf sono diversi ma la classe limite è tutto C.

4.2 Classicazione per innito

Denizione 249. Sia f ∈ H(|z| > R). Abbiamo detto che f è regolare (i.e.localmente olomorfa) se g(z) := f(1/z) è regolare in z = 0. f ha una singolarità

• eliminabile

• m-polo

• essenziale

se g ha la stessa in z = 0.

Osservazione 250. Volendo descrivere le singolarità all'innito in modo intrin-seco, si noti che, sviluppando in |z| > R

f(z) =

+∞∑−∞

αnzn,

innito è

• una singolarità eliminabile se e solo se αn = 0 per ogni n ≥ 1,

• un m-polo se αn = 0 per ogni n ≥ m e αm 6= 0,

• essenziale se αn 6= 0 per inniti n ≥ 1.

Esempio 251. La funzione

f(z) =sin(πz)

(z − 1)3

ha una singolarità essenziale all'innito.

Osservazione 252. L'esponenziale e tutte le funzioni elementari (funzioni dell'e-sponenziale) hanno una singolarità essenziale all'innito (vedremo che ciò derivadal fatto che sono intere).

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4.3 Il teorema dei residui 72

Esempio 253. La funzione

f(z) =z2

z − 1ha degli 1-poli in 1 e nel punto all'innito.

Esempio 254. La funzionef(z) = z2e1/z

ha una singolarità essenziale in 0 e un 2-polo all'innito.

Osservazione 255. Per il teorema di Liuville una funzione intera non costan-te non può essere regolare all'innito, non può dunque nemmeno avere unadiscontinuità eliminabile all'innito.

Proposizione 256. Sia f intera non costante. Innito è un m-polo se e solose f è un polinomio di grado m.

Corollario 257. Tutte le trascendenti (funzioni non polinomiali) intere hannouna singolarità essenziale all'innito.

4.3 Il teorema dei residui

Denizione 258. Sia z0 una singolarità isolata per qualche funzione f . SianoA0,r(z0) l'anello di convergenza, ρ ∈ (0, r), γ = ∂+D(z0, ρ). (Lo scambio traintegrale e serie sarà possibile perché la serie di Laurent converge uniformementesui compatti e la circonferenza lo è) Allora

ˆγρ

f(z) dz =

ˆγρ

+∞∑−∞

an(z − z0)n =

+∞∑−∞

ˆγρ

an(z − z0)n = a−12πi.

Si dice che a−1 è il residuo integrale di f in z0 e si scrive

Res(f, z0) := a−1.

Teorema 259 (dei Residui (con curve omologhe)). Sia Ω un dominio. Sianoz1, . . . , zM ∈ Ω, Ω := Ω \ z1, . . . , zM, f ∈ H(Ω) e γ una catena non passanteper alcun zj, con sostegno in Ω e omologa a zero in Ω. Allora

ˆγ

f = 2πi

M∑j=1

n(γ, zj)Res(f, zj).

Dimostrazione. Con ovvie denizioni

γ ∼M∑j=1

n(γ, zj)γj in Ω.

Allora ˆγ

f =

M∑j=1

n(γ, zj)

ˆγj

f = 2πi

M∑j=1

n(γ, zj)Res(f, zj).

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4.3 Il teorema dei residui 73

Osservazione 260. Dunque d'ora in poi, nella maggior parte dei casi, non avremopiù bisogno di integrare. Dovremo solo imparare a calcolare residui!

Denizione 261. Sia f ∈ H(|z| > R), con sviluppo

f(z) =

+∞∑−∞

anzn

Sia chiama residuo integrale di f all'innito

Res(f,∞) := −a−1

Esempio 262.

f(z) =1

ez − 1

Le singolarità, per la periodicità della funzione, sono in 2kπi, k ∈ Z. Di sviluppicentrati in 0 ce ne sono quindi inniti. Siano zk := 2kπi, k ∈ Z. Sono tuttipoli del primo ordine perché la derivata di ez non si annulla mai. Studiamoil comportamento della funzione in 0, poi gli altri saranno analoghi. Sia A :=A0,2π(0). Sviluppando ez si ha

f(z) =1∑+∞

n=1zn

n!

=1

z(1 + g(z))

dove g(z) =∑+∞n=1

zk

(k+1)! , che è una funzione intera e vale zero nell'origine,quindi che ha modulo minore di 1 in un opportuno intorno dell'origine. Quindi,in A e |g(z)| < 1 si ha

f(z) =1

z

+∞∑n=0

(−1)n(g(z))n =

=1

z

(1 +

1

2z +O(z2)

)(Ricorco che h(z) = O(φ(z)) per z → z0 se h(z)/φ(z) ≤M .) Allora

f(z) =1

z+

1

2+O(z2),

dunque Res(f, 0) = 1. Dovendo determinare il residuo in qualche altro punto,si noti che ez è periodica di periodo 2πi, quindi

ez = ez−zk+zk = ez−zk

pertanto i due sviluppi sono uguali (a meno di sostituire le potenze di z conquelle di z − zk).

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4.3 Il teorema dei residui 74

Osservazione 263. Se f è regolare o con una singolarità eliminabile il residuo lìè 0. Se ha un polo del primo ordine il residuo è per forza diverso da 0. Cioè sez0 è un 1-polo

Res(f, z0) = limz→z0

(z − z0)f(z).

Esercizio 264. I limiti notevoli continuano a valere anche in campo complesso.Per dimostrarlo si dimostri l'estensione del teorema di De l'Hopital per funzionicomplesse.

Proposizione 265. Se z0 è un m-polo.

Res(f, z0) =1

(m− 1)!D(m−1) [(z − z0)mf(z)] |z=z0 .

Osservazione 266. Se la funzione va a zero del primo ordine (per z →∞), allorail residuo all'innito è diverso da 0. Se all'innito è uno zero di ordine m, conm ≥ 2, allora il residuo è nullo (non ci può essere il coeciente di 1/z).

Esempio 267. Sia

f(z) =5− 2z

(z + 1)2.

Si calcoli l'integrale (per ogni r 6= 1)

Ir :=

ˆ|z|=r

f(z) dr.

È chiaro che per ogni r < 1 si ha Ir = 0 (per il teorema integrale nullo diCauchy poiché la singolarità è fuori dalla curva). Se r > 1 la curva gira unavolta attorno a −1, ed è omologa alla circonferenza centrata in −1. Dunque

Ir = 0, r ∈ (0, 1), 2πiRes(f,−1), r > 1.

Per la formula precedente, per m = 2 si ha

Res(f,−1) = D((z + 1)2f(z))|z=−1 = −2.

Esempio 268. Sia

f(z) =e1/z

1− z.

Si calcoli

I :=

ˆ|z|=1/4

f.

Le uniche singolarità sono la singolarità essenziale z = 0 e l'1-polo z = 1. Per ilteorema dei residui ˆ

|z|=1/4

f = 2πiRes(f, 0).

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4.3 Il teorema dei residui 75

Visto che la singolarità è essenziale non c'è teorema che tenga. Bisogna sporcarsile mani. In 0 < |z| < 1

f(z) =

+∞∑n=0

1

zn1

n!

+∞∑k=0

zk.

Quindi, volendo avere il coeciente della potenza di grado −1, si ha

Res(f, 0) =

+∞∑n=0

1

(n+ 1)!= e− 1.

Il punto all'innito è regolare (1-zero).

Esercizio 269. Sia

f(z) =ez + e1/z

z2 − 1

Determinare e classicare le singolarità in C (0, ±1, ∞) e calcolarne i residui.

Corollario 270 (del Teorema dei Residui). Sia f ∈ H(C\z1, . . . , zM). AlloraM∑j=1

Res(f, zj) +Res(f,∞) = 0.

Dimostrazione. Si consideri la catena

c =

M∑j=1

γj − γ∞ ∼ 0 in C \ z1, . . . , zM.

Per il teorema integrale nullo di Cauchy

0 =

ˆc

f =

M∑j=1

ˆγj

f −ˆγ∞

f,

da cui si spiega il − nel residuo all'innito, infatti per il teorema dei residuiquesto è uguale a

2πi

M∑j=1

Res(f, zj) +Res(f,∞)

.

Esempio 271. Al variare di r ∈, si calcoli

Ir =

ˆ|z|=r

sin(π/z)

z2 − 1dz.

z = 0 è una singolarità essenziale, z = ±1 sono eliminabili, z =∞ è un 3-zero.Quindi, per il corollario sopra

Ir = 2πiRes(f, 0) = −2πiRes(f,∞) = 0,

dove l'uguale segue dal fatto che z =∞ è un 3-zero.

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4.3 Il teorema dei residui 76

Osservazione 272. Vediamo qualche applicazione del teorema dei Residui alcalcolo di integrali reali.

Esempio 273. Si calcoli

I :=

ˆR

x2

(1 + x2)2dx.

Detta

F (z) =z2

(1 + z2)2

si ha, per ogni R > 1,ˆγR

F (z) dz = 2πiRes(F, i)

(indipendente da R!), dove (detta ΓR la semicirconferenza ∂D(0, R)∩∂Im(z) ≥0 percorsa in senso antiorario) il primo membro è uguale a

ˆγR

F (z) dz =

ˆ R

−R

x2

(1 + x2)2dx︸ ︷︷ ︸

R→+∞−→ I

+

ˆΓR

F (z) dz.

Ma ∣∣∣∣ˆΓR

F (z) dz

∣∣∣∣ ≤ ˆΓR

|F (z)| dz = (∗).

Essendo

|F (z)| = R2

(Reiϑ + 1)2≤ R2

(R2 − 1)2≤ c

R2

(poiché |z2 − 1| ≥ |z|2 − 1), nell'integrale precedente si ha

(∗) ≤ c

R

R→+∞−→ 0.

Rimane quindi da calcolare 2πiRes(F, i). Avendo un 2-polo

D′((z − i)2F (z))|z=i = D

[z2

(z + i)2

]∣∣∣∣z=i

= . . . = − i4,

che moltiplicato per 2πi dà come per magia un numero reale positivo. Quindi

I =π

2.

Esempio 274. Dimostriamo che

ˆ +∞

0

sin(x)

xdx =

π

2.

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4.3 Il teorema dei residui 77

Contrariamente al nostro primo istinto, non conviene passare alla funzione com-plessa sin(z)/z, perché il seno non è limitato sulle circonferenze (noi integriamosalendo in verticale ma così facendo il seno cresce in modo esponenziale lungola parte immaginaria). Si consideri invece la funzione

F (z) :=eiz

z.

La parte immaginaria della funzione è la nostra integranda. La parte reale èinvece un coseno che è dispari quindi integrato tra −R ed R fa 0. Osservo chese z sta nel semipiano superiore

iz = −y + ix, y > 0,

dunque|eiz| = e−y

quindi più mi alzo, più decresce. Buona scelta! F ha un polo del primo rodine inz = 0. Non posso allora prendere i semidischi! Prendo allora due parametri comein gura (che non c'è! :D) e integro sul circuito. Qualunque siano 0 < δ < R, lafunzione è olomorfa in un aperto più grande, quindi l'integrale è nullo. Dunque

0 =

ˆγR,δ

F (z) dz =

ˆ R

δ

sin(x)/x dx+

ˆΓR

F (z) dz +

ˆΓδ

F (z) dz.

Su ΓR, per ogni ϑ ∈ (0, π)

|F (z)| = e−R sin(ϑ)

R

R→+∞−→ 0.

Allora per il Teorema di convergenza dominata

0 ≤∣∣∣∣ˆ

ΓR

F (z)

∣∣∣∣ ≤ ˆΓR

|F (z)|ds =

ˆ π

0

|F (z)|R dϑR→+∞−→ 0.

Su γδ inveceˆγδ

F (z) dz = −ˆ π

0

eiδeiϑ

δeiϑiδeiϑ dϑ

= −iˆ π

0

eiδeiϑ

→ iπ.

Guardando il teorema dei residui si vede che i ha a che vedere col residuo e πcon l'angolo. Concludendo l'esercizio si trova che l'integrale voluto è π/2.

Teorema 275 (dei Residui). Siano Ω un dominio, K un insieme di indici alpiù numerabile, γ una catena omologa a 0 in Ω e f olomorfa in Ω tranne al piùin zjj∈K singolarità isolate. Si supponga che nessuna singolarità appartengaal sostegno di γ. Alloraˆ

γ

f(z) dz = 2πi∑j

n(γ, zj)Res(f, zj).

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4.3 Il teorema dei residui 78

Dimostrazione. (Idea) Devo garantire che gli indici di avvolgimento siano quasitutti uguali a 0. Se le singolarità si accumulano al nito (come nell'esempio suc-cessivo) essendo la catena omologa a 0 ed essendo quel punto di accumulazionenecessariamente fuori dall'insieme di olomora, allora la catena non ci si avvol-ge. Ma allora non si avvolge attorno ad un intero intorno. Pertanto quelle chepossono avere indice diverso da 0 sono quelle che stanno fuori da quell'intornoche sono per forza un numero nito. Ovvero: l'insieme

A = z ∈ C : n(z, γ) = 0,

è aperto, infatti se l'indice rispetto ad un punto è zero (la catena non gira attornoa quel punto) c'è tutto un intorno di punti attorno ai quali la catena non gira.Inoltre, poiché la catena è compatta

|z| ≥ R ⊂ A

per R abbastanza grande. Allora C \A è compatto, quindi contiene un numeronito di punti con indice diverso da 0. Infatti se ce ne fossero inniti (in uncompatto) ci dovrebbe essere un punto di accumulazione (ogni successione den-tro un compatto ha un punto di accumulazione), assurdo perché le singolaritàsono isolate. Dunque gli addendi a destra sono al più un numero nito.

Esempio 276. Su C \ 01

sin(1/z)

soddisfa il teorema precedente e ha un innità numerabile di singolarità isolate.In tutti i poli i residui sono zero.

Denizione 277. Siano f una funzione meromorfa, z0 un suo zero e zp un suopolo. Si dice che lo zero z0 ha ordine n e si scrive ord(z0, f) = n se localmente

(z − a)ng(z),

con g sempre diversa da 0 ed olomorfa. Si dice che il polo zp ha ordine −m e siscrive ord(zp, f) = m se localmente,

(z − a)−mh(z),

con h sempre diversa da 0 ed olomorfa.

Teorema 278 (Principio dell'argomento). Siano Ω dominio, f meromorfa inΩ e γ ∼ 0 in Ω, tale che gli zeri e i punti singolari di f non appartengano alsostegno di γ. Allora

1

2πi

ˆγ

f ′

f=

∑zj zeri o poli

di f in Ω

n(γ, zj)ord(zj , f).

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4.3 Il teorema dei residui 79

Dimostrazione. Come prima, si dimostra che la somma a destra è sempre nita.La somma sui poli lo è (visto nella dimostrazione del Teorema dei residui).Si supponga che f abbia inniti zeri (necessariamente isolati per il principioidentità funzioni olomorfe). Allora tali zeri si accumulano o all'innito (e inquel caso va tutto bene perché sono lontani dal sostegno di γ) o in un puntosingolare, ma per la solita caratterizzazione dei poli, un punto di accumulazionedi zeri non può essere un polo, assurdo in quanto f meromorfa. Dunque gli zerisi accumulano all'innito, che appartiene al complementare di Ω, da cui il suoindice è zero. Ragionando come nella dimostrazione del Teorema dei residui,quindi, l'indice di avvolgimento è nullo per tutto un suo intorno di innito (i.e. ilcomplementare di un disco). Tolto tale intorno, rimangono solo un numero nitodi zeri per cui la somma nella tesi è diversa da 0. Provato questo è sucienteapplicare il Teorema dei residui a f ′/f . Se a è uno zero di f di ordine m, alloralocalmente esiste una funzione g olomorfa e mai nulla tale che

z 7→ f(z) = (z − a)mg(z).

Pertanto, in un intorno di a

z 7→ f ′(z)

f(z)=

m(z − a)m−1g(z) + (z − a)mg′(z)

(z − a)mg(z)

=m

z − a+g′(z)

g(z)

cioè se a è uno zero di f di ordine m allora a è un polo semplice per f ′/f , conresiduo m. Analogamente, se b è un polo di ordine k per f , in un intorno di besiste una funzione h olomorfa e mai nulla tale che

z 7→ f ′(z)

f(z)= − k

z − b+h′(z)

h(z),

i.e. b è un polo del primo ordine per f/f ′ con residuo integrale −k.

Denizione 279. Sia γ semplice e chiusa, o detto in termini di omologia, taleche per ogni z ∈ C \ γ

n(γ, z) ∈ 0, 1

Si dice interno della curva il luogo dei punti in cui l'indice è uguale ad 1.

Teorema 280 (Rouché). Sia Ω ⊂ C dominio, sia γ : [a, b] → Ω una curvachiusa ammissibile omologa a 0 in Ω e tale che, per ogni z ∈ C \ γ, n(γ, z) ∈0, 1. Siano f, g ∈ H(Ω,C) tali che, per ogni z ∈ γ:

|f(z)− g(z)| < |f(z)|.

Allora all'interno di γ (cioè in tutti i punti in cui n(γ, ·) = 1), f e g hanno lostesso numero di zeri (tenuto conto della molteplicità).

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4.3 Il teorema dei residui 80

Dimostrazione. Si noti che per ipotesi f e g non si annullano mai su γ. Sideniscano allora, per ogni z ∈ γ, la funzione

F (z) :=f(z)

g(z).

Si consideri la curva σ := F γ. Poiché per ipotesi, per ogni z ∈ γ si ha∣∣∣∣f(z)

g(z)− 1

∣∣∣∣ < 1,

allorasupp(σ) ⊂ D(1, 1).

Dunque 0 /∈ supp(σ) e per il Teorema dei residui si ha

0 =1

2πi

ˆσ

1

zdz

.=

1

2πi

ˆ b

a

1

F (γ(t))F ′(γ(t))γ′(t) dt

.=

1

2πi

ˆγ

F ′(z)

F (z)dz

=1

2πi

ˆγ

(f ′(z)

f(z)− g′(z)

g(z)

)dz.

Applicando il Principio dell'argomento si ha pertanto la tesi.

Esercizio 281. Dimostrare il Teorema Fondamentale dell'Algebra col Teoremadi Rouché.

Esempio 282. Sia P (z) = z7 − 4z3 + z + 1. Quante radici cadono in D(0, 1),ovvero hanno modulo minore di 1? Uso il Teorema di Rouché. Sia f(z) = 4z3,g(z) = z7 + z+ 1. Su |z| = 1 si ha |g(z)| ≤ 3 < 4 = |f(z)|. Dunque il numero dizeri di f è uguale al numero di zeri di g (basta pensare g(z) come un h(z)−k(z)).Dato che il numero di zeri di f è 3 (si deve contare l'ordine!), il polinomio dipartenza ha 3 zeri nella regione di partenza.

Teorema 283 (Di inversione locale). Dati z0 ∈ C e R > 0, sia f ∈ H(D(z0, R),C),con f ′(z0) 6= 0. Allora esistono due intorni U , V di z0 e di f(z0) rispettivamentetali che f sia biunivoca tra U e V, con inversa olomorfa g ∈ H(V,U).

Dimostrazione. Senza perdere in generalità siano z0 =, f(0) = 0 e f ′(0) = 1(basta traslare opportunamente e moltiplicare per una costante). Allora esister < R tale che, per ogni z ∈ D(0, r) si ha

f(z) = z + a2z2 + . . .

= z + z2(a2 + . . .).

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4.3 Il teorema dei residui 81

Si ssi tale r. Per il Teorema di massimo modulo esiste allora una costanteC := Cr > 0 tale che, per ogni z ∈ D(0, r) si abbia

|f(z)− z| ≤ C|z|2.

Si vuole ora determinare un δ ∈ (0, r) in modo tale da poter applicare il Teoremadi Rouché su D(0, δ). Per ogni α ∈ C, per ogni δ ∈ (0, r) e per ogni z ∈ D(0, δ)si deniscano

fα(z) := f(z)− α

egα(z) := z − α.

Per quanto osservato sopra, per ogni α ∈ C, per ogni δ ∈ (0, r) e per ogniz ∈ ∂D(0, δ) si ha

|fα(z)− gα(z)| = |f(z)− z|≤ Cδ2.

Si noti inoltre che per ogni δ ∈ (0, r), per ogni α ∈ D(0, δ/2) e per ogni z ∈∂D(0, δ) si ha

|gα(z)| = |z − α|≥ |z| − |α|= δ − |α|

|α<δ/2|≥ 1

2δ.

Poiché

Cδ2 <1

2δ ⇐⇒ δ <

1

2C,

ssato δ ∈(0, 1

2C

), per ogni α ∈

(0, δ2)è possibile applicare il Teorema di Rouché

in D(0, δ), dunque il numero di zeri di fα in D(0, δ) è uguale al numero di zeridi gα in D(0, δ) (cioè uno solo!). Si è quindi dimostrato che per ogni α ∈

(0, δ2)

esiste un unico z ∈ D(0, δ) tale che f(z) = α. Ovvero f è biunivoca tra

U :=

z ∈ D(0, δ)

∣∣∣∣ |f(z)| < δ

2

e V := D

(0,δ

2

).

Esiste pertanto g :→ inversa di f e per la biunivocità è chiaro che per ogniw0 ∈ V, detto z0 := g(w0), si ha

limw→w0

g(w)− g(w0)

w − w0= limz→z0

z − z0

f(z)− f(z0)=

1

f ′(z0).

Esercizio 284. Si enunci e dimostri un Teorema del Dini per f : C → C,olomorfa.

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4.3 Il teorema dei residui 82

Osservazione 285. In ambito reale non esistono teoremi di mappa aperta (fun-zionano solo per funzioni lineari).

Esempio 286. La funzionex 7→ sin(x),

è bellissima analiticamente, ma non mappa aperti in aperti.

Teorema 287 (Della mappa aperta). Siano A ⊂ C aperto e f ∈ H(A,C) noncostante. Allora f(A) è aperto in C.

Dimostrazione. Si vuole sfruttare il Teorema di inversione appena provato perdimostrare che ogni punto nell'immagine appartiene ad un opportuno intornointeramente incluso in f(A). Senza perdere in generalità, pur di traslare nellospazio di arrivo e in quello di partenza, si può supporre che se z0 ∈ A e f(z0) =:w0, allora z0 = w0 = 0. Si vuole quindi dimostrare la tesi per il solo 0 ∈ f(A).Sia allora 0 ∈ A un m-zero per f . Esiste dunque un r > 0 tale che, per ogniz ∈ D := D(0, r) si ha

f(z) = zm(am + h(z)),

dove am 6= 0 e h è olomorfa in D, con h(z)z→0−→ 0. Dunque, poiché (am + h)

è localmente discosta da 0, è ben denita una determinazione olomorfa dellasua radice m-esima. Esistono pertanto una costante αm ∈ C ed una funzioneolomorfa h : D → C, tali che (αm)m = am e per ogni z ∈ D(0, r)

f(z) = [z(αm + h(z))︸ ︷︷ ︸g

]m,

con con h(z)z→0−→ 0. Ma la funzione g soddisfa il Teorema di inversione appena

dimostrato, dunque esistono due raggi r1, r2 > 0 tali che g è biunivoca tra idischi aperti D(0, r1) e D(0, r2). Allora, in particolare g(D(0, r1)) ⊃ D(0, r2),da cui

f(D(0, r1)) = (g(D(0, r1)))m ⊃ D(0, (r2)m).

Proposizione 288. Siano Ω ⊂ C dominio, fnn∈N ⊂ H(Ω,C), f ∈ H(Ω,C)non identicamente nulla e si supponga che fn → f uniformemente sui compattidi Ω. Per ogni z0 ∈ Ω esiste un ε0 > 0 tale che per ogni ε ∈ (0, ε0) esiste unNε ∈ N tale che per ogni n ≥ Nε si ha

#zeri di f in D(z0, ε) = #zeri di fn in D(z0, ε),

contati con la molteplicità.

Dimostrazione. Fissato z0 ∈ Ω, sia ε0 > 0 tale che per ogni z ∈ D(z0, ε0) \ z0si abbia f(z) 6= 0. Si ssi arbitrariamente ε ∈ (0, ε0) e si denisca

mε := minz∈∂D(z0,ε)

|f(z)| > 0.

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4.3 Il teorema dei residui 83

Per la convergenza uniforme sui compatti esiste Nε ∈ N tale che per ogni n ≥ Nεe per ogni z ∈ D(z0, ε) \ z0 si ha

|fn(z)− f(z)| < mε

2.

Si vuole ora applicare il Teorema di Rouché. Poiché per ogni z ∈ ∂D(z0, ε) eper ogni n ≥ Ne si ha

|fn(z)− f(z)| ≤ me

2< mε

.= minz∈∂D(z0,ε)

|f(z)| ≤ |f(z)|,

per il Teorema di Rouché si ha la tesi.

Teorema 289 (Primo teorema di Hurwitz). Siano Ω ⊂ C dominio, fnn∈N ⊂H(Ω,C), f ∈ H(Ω,C), fn → f uniformemente sui compatti di Ω. Se per ogniz ∈ Ω

fn(z) 6= 0,

allora o f ≡ 0, o per ogni z ∈ Ω

f(z) 6= 0.

Dimostrazione. È un semplice corollario della proposizione precedente.

Teorema 290 (Secondo teorema di Hurwitz). Siano Ω ⊂ C dominio, fnn∈N ⊂H(Ω,C), f ∈ H(Ω,C) e fn → f uniformemente sui compatti di Ω. Se per ognin ∈ N, fn è iniettiva, allora o f è iniettiva o f è costante.

Dimostrazione. Sia f non costante. Per assurdo sia f non iniettiva, ovveroesistano in z1, z2 ∈ Ω, z1 6= z2, tali che f(z1) = f(z2). Posta per ogni n ∈ N,gn := fn−f(z1), è chiaro che gn → g := f−f(z1) uniformemente sui compatti, eche g non sia identicamente nulla in quanto f non è costante. Per la Proposizione288, se ε > 0 è sucientemente piccolo e n ∈ N è sucientemente grande

#zeri di gn in D(z2, ε) = #zeri di g in D(z2, ε)g(z2)=0

≥ 1,

pertanto per ogni n ∈ N denitivamente grande esiste zn ∈ D(z2, ε) tale chegn(zn) = 0 ovvero tale che fn(z1) = fn(zn), ma questo è assurdo perché1 zn 6= z1

ovvero la funzione non è iniettiva.

1Si noti che per ε sucientemente piccolo z1 /∈ D(z2, ε).

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Capitolo 5

Funzioni armoniche

5.1 Denizioni e primi risultati

Denizione 291. Sia u : Ω ⊂ C → K, dove K ∈ R,C. Si dice che u èarmonica (reale o complessa) in Ω se u ∈2 (Ω,K) e

∆u.= (∂xx + ∂yy)u ≡ 0.

Osservazione 292. Si ricordano un paio di risultati già visti all'inizio delledispense.

1. Se f ∈ H(Ω), allora u := Re(f) è armonica in Ω.

2. Se u è armonica reale in Ω semplicemente connesso esiste un'armonicaconiugata v, ovvero una funzione armonica reale v tale che u + iv ∈H(Ω,C).

Osservazione 293. L'ipotesi di semplicemente connesso non si può omettere. Sia

(x, y) 7→ u(x, y) :=1

2log(x2 + y2).

Questa è armonica in C \ 0 ma chiaramente non esiste l'armonica coniugata(altrimenti sarebbe possibile determinarne un potenziale su C \ 0). Restrin-gendosi invece e.g. all'insieme R+ × R ⊂ C, è possibile determinare l'armonicaconiugata di u e la funzione olomorfa che si ottiene è proprio la solita determi-nazione principale del logaritmo. Infatti z 7→ Log(z) è olomorfa sul semipianocomplesso considerato e Re(Log) = u, tuttavia è già stato discusso approfon-ditamente come non sia possibile estendere con olomora il logaritmo su tuttoC \ 0.

Teorema 294 (Principio di massimo). Siano Ω ⊂ C dominio e u : Ω → Rarmonica in Ω. Se esiste z0 ∈ Ω tale che per qualche raggio r e per ogniz ∈ D(z0, r)

u(z0) ≥ g(z),

allora u è costate in Ω.

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5.1 Denizioni e primi risultati 85

Dimostrazione. Sia Ω1 := z ∈ Ω | u(z) = u(z0) e Ω2 = Ω\Ω1. È chiaro che Ω1

sia non vuoto e per continuità che Ω2 sia aperto. Si vuole dimostrare che ancheΩ1 è aperto, a quel punto con la connessione abbiamo vinto. Sia z ∈ Ω1, si ssiε > 0 tale che D := D(z, ε) ⊂ Ω. Esiste allora f ∈ H(D,C) con Re(f) = u|D. Siconsideri allora h := ef ∈ H(D,C). Si ha |h| = eRe(f) = eu, dunque il modulodi h è massimo in z, ma eu(z) = |h(z)|. Allora Ω1 è aperto e dunque la funzioneè costante.

Corollario 295 (Principio del minimo). Siano Ω ⊂ C dominio e u : Ω → Rarmonica in Ω. Se esiste z0 ∈ Ω tale che per qualche raggio r e per ogniz ∈ D(z0, r)

u(z0) ≤ g(z),

allora u è costate in Ω.

Dimostrazione. Basta applicare il principio del massimo modulo a −f .

Teorema 296 (Proprietà della media). Siano u armonica in Ω, z0 ∈ Ω e R > 0con D(z0, R) ⊂ Ω. Allora

u(z0) =1

ˆ 2π

0

u(z0 +Reiϑ

)dϑ.

Dimostrazione. Basta usare il fatto che la funzione armonica è localmente partereale di una funzione olomorfa e usare il teorema della media integrale per lefunzioni olomorfe.

Corollario 297 (Del principio di massimo). Siano Ω dominio limitato e u ∈(Ω,R) armonica in Ω. Allora

maxz∈Ωu(z) = max

z∈∂Ωu(z).

Corollario 298 (Del principio di minimo). Siano Ω dominio limitato e u ∈(Ω,R) armonica in Ω. Allora

minz∈Ωu(z) = min

z∈∂Ωu(z).

Denizione 299 (Nucleo di Poisson). Sia R > 0 Si dice nucleo di Poisson peril disco D(0, R) la funzione

P : D(0, R)× ∂D(0, R) → R,

(z, w) 7→ Pz(w) :=|w|2 − |z|2

|w − z|2.

Proposizione 300. Sia R > 0.

1. Passando in coordinate polari, per ogni z =: reiη ∈ D(0, R) e per ogniw =: Reiϑ ∈ ∂D(0, R), si ha

Pz(w) =R2 − r2

R2 − 2Rr cos(ϑ− η) + r2.

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5.1 Denizioni e primi risultati 86

2. Per ogni z ∈ D(0, R) e per ogni w ∈ ∂D(0, R), si ha

Pz(w) > 0.

3. Per ogni z ∈ D(0, R) e per ogni w ∈ ∂D(0, R), si ha

Pz(w) = Re

(w + z

w − z

). (5.1.1)

4. Per ogni z ∈ D(0, R) si ha

1

ˆ 2π

0

Pz(Reiϑ) dϑ = 1. (5.1.2)

Dimostrazione. La verica dei primi due punti è lasciata come (facile) esercizio.

3. Siano z ∈ D(0, R) e w ∈ ∂D(0, R). Allora

Re

(w + z

w − z

)= Re

(w + z

w − zw − zw − z

)= Re

((w + z)(w − z)|w − z|2

)= Re

(|w|2 − |z|2 + wz − zw

|w − z|2

).

Si noti inne che, dette w1 e z1 le parti reali di w e z e dette w2 e z2 leparti immaginarie, si ha

wz − zw .= (w1 − iw2)(z1 + iz2)− (z1 − iz2)(w1 + iw2)

= w1z1 + w2z2 + i(. . .)− z1w1 − z2w2 + i(. . .)

= i(. . .).

4. Segue dalla Formula integrale di Poisson nel disco1 applicata alla funzioneu ≡ 1.

Osservazione 301. Dalla parità del coseno segue che si può scambiare ϑ con ηsenza far variare il nucleo di Poisson.

Teorema 302 (Formula integrale di Poisson nel disco). Siano K ∈ R,C,A ⊂ C un aperto contenente l'origine e u : A → K armonica. Fissato R > 0tale che D := D(0, R) ⊂ A, per ogni z ∈ D si ha

u(z) =1

ˆ 2π

0

u(Reiϑ

) R2 − |z|2

|Reiϑ − z|2dϑ.

1Non useremo questo fatto nella dimostrazione del prossimo teorema.

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5.1 Denizioni e primi risultati 87

Dimostrazione. Sia s > R tale che Ds := D(0, s) ⊂ A, allora esiste f ∈H(Ds,C) tale che in Ds si abbia Re(f) = u. Per la formula integrale di Cauchyin D(0, R), si ha, per ogni z ∈ DR := D(0, R)

f(z) =1

2πi

ˆ∂+D(0,R)

f(w)

w − zdw.

Per ogni z ∈ DR sia z∗ := R2/z. Si noti che per ogni z ∈ DR la funzione

w 7→ f(w)

w − z∗

è olomorfa in D(0, s), dove s := min(s,R2/|z|) > R infatti f lo è e il denomi-natore non si annulla mai. Per il Teorema integrale nullo di Cauchy allora, perogni z ∈ DR ˆ

∂+DR

f(w)

w − z∗dw = 0.

Allora aggiungendo questo termine alla formula di prima si ottiene, per ogniz ∈ DR,

f(z) =1

2πi

ˆ∂+DR

f(w)

(1

w − z− 1

w − z∗

)dw

Ora, per ogni w ∈ ∂DR e per ogni z ∈ DR si ha

1

w − z− 1

w − z∗=

w − z∗ − w + z

(w − z)(w −R2/z)

=zz −R2

(w − z)(zw −R2)

=R2 − |z|2

w(−zw +R2 + zz − zw)

=|w|2 − |z|2

w(R2 + |z|2 − 2Re(zw))

=|w|2 − |z|2

|w − z|21

w

Sostituendo, per ogni z ∈ DR si ottiene

f(z) =1

2πi

ˆ∂+DR

f(w)|w|2 − |z|2

|w − z|21

wdw

=1

ˆ 2π

0

f(Reiϑ

) R2 − |z|2

|Reiϑ − z|2dϑ.

Passando alla parte reale si conclude la dimostrazione del teorema.

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5.2 Problemi di Dirichlet 88

Osservazione 303. Si noti come all'ultimo passaggio abbiamo ottenuto una nuo-va Formula integrale di Cauchy per funzioni olomorfe! (Cosa che tra l'altro cimostra che il nucleo di Cauchy era sovrabbondante per il vecchio teorema. Èinfatti suciente moltiplicare per un nucleo reale positivo. Questo è il motivoper cui con il nucleo di Cauchy non si riesce a rovesciare il problema: si chiedetroppo! Vedremo ora che col nucleo di Poisson questo sarà possibile).

Osservazione 304. Si noti che la forma è la stessa della formula integrale diCauchy ma il nucleo è quello di Poisson invece di quello di Cauchy.

5.2 Problemi di Dirichlet

Problema 305. A meno di traslazioni e omotetie, sia D := D(0, 1). Il problemadi Dirichlet per l'equazione di Laplace in D è il seguente. Data g ∈ (∂D,R), sidetermini una funzione u : D → R, con

1. u ∈ C(D,R);

2. u|D ∈ C2(D,R);

3. u soddis il sistema ∆u ≡ 0 su D,u = g su ∂D.

Osservazione 306. Un problema di Dirichet sul disco consiste quindi nel deter-minare una funzione che sia armonica in un disco, continua no al bordo e checoincida sul bordo con una funzione assegnata.

Osservazione 307. Il problema al bordo appena descritto si può risolvere in ununico modo per funzioni armoniche. Per funzioni olomorfe come già visto nonsi può risolvere in generale.

Osservazione 308 (unicità). L'unicità è ovvia, infatti se u1, u2 sono due soluzionidistinte, allora U := u1 − u2 è soluzione del problema di Dirichlet con datoiniziale g ≡ 0. Ma allora la funzione non identicamente nulla U assume ilproprio massimo o minimo all'interno. Assurdo.

Teorema 309. Sia g ∈ C(∂D,R). Allora la funzione

u : D → R,

z 7→ u(z) :=

1

ˆ 2π

0

g(eiϑ) 1− |z|2

|eiϑ − z|2dϑ, se z ∈ D,

g(z), se z ∈ ∂D.

è soluzione del problema di Dirichlet sul disco.

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5.2 Problemi di Dirichlet 89

Dimostrazione. Dalla (5.1.1), per ogni z ∈ D e per ogni w ∈ ∂D si ha

Pz(w) = Re

(w + z

w − z

)= Re

(−w + z + 2w

w − z

)= Re

(2w

w − z− 1

)= 2Re

(w

w − z

)− 1

=w

w − z+

w

w − z− 1.

Dunque per ogni z ∈ D si ha

u(z) =1

ˆ 2π

0

g(eiϑ)( eiϑ

eiϑ − z+

e−iϑ

e−iϑ − z− 1

)dϑ

=1

ˆ 2π

0

g(eiϑ) eiϑ

eiϑ − zdϑ︸ ︷︷ ︸

=:f1(z)

+1

ˆ 2π

0

g(eiϑ) e−iϑ

e−iϑ − zdϑ︸ ︷︷ ︸

=:f2(z)

− 1

ˆ 2π

0

g(eiϑ)

dϑ︸ ︷︷ ︸=:f3(z)

.

Per il primo Lemma dimostrato nella sezioni sugli integrali di tipo Cauchy, risul-ta f1 olomorfa su D (dunque armonica). Poiché costante, anche f3 è olomorfa equindi armonica su D. La funzione f2 è invece anti-olomorfa, cioè è olomorfa sevalutata sull'argomento coniugato. Si ricordi a questo proposito la denizionedi derivate di Wirtinger:

∂z =1

2(∂x + i∂y), ∂z =

1

2(∂x − i∂y).

Poiché per una funzione regolare la condizione di olomora equivale all'annullarsidell'operatore ∂z, è immediato convincersi che la condizione di anti-olomora siacaratterizzata dall'annullarsi dell'operatore ∂z. Osservando che per il teoremadi Schwarz l'operatore di Laplace soddisfa

∆ = 4∂z∂z = 4∂z∂z,

segue immediatamente che anche le funzioni anti-olomorfe sono armoniche. Ri-mane allora soltanto da vericare la continuità di u dall'interno verso il bordo(quella interna e quella sul bordo sono a questo punto ovvie). Sia z0 ∈ ∂D. Perogni z ∈ D si ha

|u(z)− u(z0)| =

∣∣∣∣ 1

ˆ 2π

0

g(eiϑ)1− |z|2

|eiϑ − z|2dϑ− g(z0)

∣∣∣∣≤ 1

ˆ 2π

0

|g(eiϑ)− g(eiϑ0)| 1− |z|2

|eiϑ − z|2dϑ = (∗)

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5.2 Problemi di Dirichlet 90

Si ssi ε > 0 e si consideri corrispondente δ > 0 dell'uniforme continuità dig(ei(·)

). Allora per ogni z ∈ D

(∗) =1

ˆ|ϑ−ϑ0|≤δ

| . . . |dϑ︸ ︷︷ ︸=:I(z)

+1

ˆ|ϑ−ϑ0|>δ

| . . . |dϑ︸ ︷︷ ︸=:II(z)

Per il primo, dalla (5.1.2) segue immediatamente che per ogni z ∈ D

I(z) ≤ ε · 1.

Per il secondo si passa in forma esponenziale. Per ogni z = reiη ∈ D si ha

II(z) ≤ 1

2π2‖g‖∞,∂D

ˆ|ϑ−ϑ0|>δ

1− r2

|eiϑ − z|2dϑ,

ed essendo|eiϑ − z|2 = 1 + r2 − 2 cos(ϑ− η)

se |ϑ−ϑ0| > δ e reiη → eiϑ0 , allora |ϑ−η| ≥ A > 0 dunque il coseno è più piccolodi una costante strettamente minore di 1, pertanto il denominatore soddisfa

1 + r2 − 2 cos(ϑ− η)︸ ︷︷ ︸≤1−c

≥ 1 + r2 − 2(1− c) = r2 − 1 + c > 0.

Allora per r sucientemente vicini ad 1 si ha

II(reiη

)≤ (1− r2)cost

uniformemente rispetto a ϑ, da cui II(reiη

)→ 0 se r → 1−.

Osservazione 310. Si noti che il problema di Dichlet fuori dalla circonferenzanon ha certamente una soluzione unica. Ad esempio ssando dato iniziale 0 in∂D(0, 1), al variare di α ∈ R le funzioni

R 7→ α log(R)

sono tutte soluzioni del problema e queste soluzioni non sono distinte a meno dicostanti additive (fatto generalmente tollerabile in problemi integro-dierenziali),sono proprio una famiglia ad un parametro di funzioni distinte. Per sperare diavere unicità è necessario imporre qualche condizione all'innito. Ad esem-pio con la limitatezza si può scambiare il punto all'innito con 0 e recuperarel'unicità.

Osservazione 311 (Curiosità). Il problema di Newmann per l'equazione di Diri-chlet nel disco è come quello di Dirichlet ma invece che imporre che la funzionesul bordo sia ssata si ssa il valore delle derivate normali della funzione sulbordo. Si può dimostrare che non sempre esiste una soluzione al problema diNewmann.

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5.2 Problemi di Dirichlet 91

Teorema 312 (Disuguaglianza di Harnack). Siano A ⊂ C un aperto contenentel'origine e u : A → R, una funzione armonica in A e non negativa. FissatoR > 0 tale che D(0, R) ⊂ A, per ogni z ∈ D(0, R) si ha

R− |z|R+ |z|

u(0) ≤ u(z) ≤ R+ |z|R− |z|

u(0).

Dimostrazione. Per la foruma integrale di Poisson, per ogni z ∈ D(0, R) si ha

u(z) =1

ˆ 2π

0

u(Reiϑ

) R2 − |z|2

|Reiϑ − z|2dϑ,

ma per la disuguaglianza triangolare, per ogni z ∈ D(0, R) e per ogni ϑ ∈ [0, 2π]si ha

R2 − |z|2

(R+ |z|)2≤ R2 − |z|2

|Reiϑ − z|2≤ R2 − |z|2

|R− z|2,

dunque per ogni z ∈ D(0, R)

u(z) ≤ 1

ˆ 2π

0

u(Reiϑ) dϑ︸ ︷︷ ︸=u(0)

R2 − |z|2

|R− z|2.

Analogo per l'altra disuguaglianza.

Osservazione 313. Si noti quanto segue sulla disuguaglianza di Harnack.

1. La stima, se |z| → 0, è molto precisa.

2. Se |z| → R la stima diventa banale (e inutile!).

3. Se (e si usa così) e.g. z ∈ D(0, R/2), allora

1

3u(0) =

12R32R≤ u(z) ≤

32R12R

= 3u(0).

si ottiene cioè una stima uniforme su un disco di raggio la metà di quelloin cui si sa che la funzione è armonica e non negativa.

Teorema 314 (Weierstrass per funzioni armoniche). Sia unn∈N una succes-sione di funzioni denite su un comune aperto A ⊂ C a valori reali ed armonichein A. Se unn∈N converge uniformemente sui compatti di A ad una funzionelimite u : A→ R, allora u è armonica in A.

Dimostrazione. Localmente (in un intorno semplicemente connesso) le unn∈Nsono parte reale di funzioni olomorfe, che soddisfano Weiertrass per funzioniolomorfe.

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5.2 Problemi di Dirichlet 92

Denizione 315. Denito l'insieme

H∗(A) := u : A→ R | u è armonica in A.

e detta, per ogni u ∈ H∗(A)

‖u‖ := supz∈A|u(z)|

è possibile denire una distanza sullo spazio H∗(A) in modo analogo a quantofatto per O(Ω). Grazie al teorema sopra anche H∗(A) risulta completo.

Teorema 316 (Principio di Harnack). Siano Ω ⊂ C un dominio e unn∈N unasuccessione di funzioni da Ω ad R, armoniche in Ω. Se unn∈N è mononotona,i.e. se per ogni n ∈ N e per ogni z ∈ Ω si ha

un(z) ≤ un+1(z),

allora

• o per ogni z ∈ Ωun(z)→ +∞,

• o esiste una funzione u : Ω→ R e per ogni z ∈ Ω

un(z)→ u(z)

e la convergenza è uniforme sui compatti di Ω.

Dimostrazione. La dimostrazione è una semplice applicazione della disugua-glianza di Harnack, sfruttando la connessione di Ω si vuole dimostrare che i dueinsiemi

Ωinf :=

z ∈ Ω

∣∣∣∣ limn→+∞

un(z) = +∞

e

Ωfin :=

z ∈ Ω

∣∣∣∣ limn→+∞

un(z) < +∞

sono aperti. Sia w ∈ Ωinf arbitrario. Allora esiste un intorno U := D(z,R) ⊂ Ωed esiste un N ∈ N tali che per ogni n ≥ N e per ogni z ∈ U si ha un(z) ≥ 0(infatti successione valutata in w diverge quindi per continuità e monotonia inn è denitivamente maggiore di zero in un intorno). Per la disuguaglianza diHarnack, per ogni z ∈ D(z,R/2) e per ogni n ≥ N si ha

un(z) ≥ 1

3un(w)

n→+∞−→ +∞,

dunque D(z0, r0/2) ⊂ Ωinf , che risulta aperto. Sia invece z0 ∈ Ωfin e si ponga` := limn→+∞ un(z0). Allora per ogni ε > 0 esiste un N0 ∈ N tale che perogni n ≥ N0 si ha |un(z0)− `| < ε. Essendo unn∈N monotona, la successioneun− u1n∈N è una successione di funzioni armoniche positive, alle quali si può

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5.2 Problemi di Dirichlet 93

applicare la disuguaglianza di Harnack. Allora, se r0 > 0 è tale che D(z0, r0) ⊂Ω, per ogni z ∈ D(z0, r0/2) e per ogni n ≥ N0 si ha

u(z)− u1(z) ≤ 3(un(z0)− u1(z0)) ≤ 3(`+ ε+ |u1(z0)|) = cost,

cioè la successione unn∈N è superiormente limitata in un intorno. Essendomonotona converge ad un limite nito e poiché la maggiorante è uniforme nel-l'intorno la convergenza è uniforme sui dischi compatti (cioè sui compatti).

Osservazione 317. L'applicazione tipica del principio di Harnack è per serie difunzioni armoniche a termini non negativi.

Corollario 318 (Secondo teorema di Harnack). Siano Ω ⊂ C un dominio eunn∈N una successione di funzioni da Ω ad R, non negative e armoniche inΩ. Allora

• o per ogni z ∈ Ω la serie+∞∑n=1

un(z)

diverge,

• o per ogni z ∈ Ω la serie+∞∑n=1

un(z)

converge uniformemente sui compatti di Ω.

Osservazione 319. Esiste un teorema della singolarità eliminabile per le armo-niche. Se la funzione è armonica tranne che in un punto ma si può a prolungarecon continuità in quel punto, allora è armonica anche lì. (La dim è molto piùmacchinosa e sostanzialmente diversa da quella per funzioni olomorfe)

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Capitolo 6

Rappresentazioni conformi

6.1 Gruppi di automorsmi e lemma di Schwarz

Denizione 320. Siano Ω1,Ω2 ⊂ C domini. Si dice che Ω1 e Ω2 sono confor-memente equivalenti (o biolomorcamente equivalenti) se esiste f : Ω1 → Ω2

biunivoca, olomorfa e con inversa olomorfa.

Osservazione 321. La conforme equivalenza è una relazione di equivalenza, in-fatti la composizione di funzioni olomorfe è una funzione olomorfa e (quandoesiste) l'inversa di una funzione olomorfa è olomorfa.

Osservazione 322. Sia Ω ⊂ C dominio. Dall'osservazione precedente segue che

Aut (Ω) := f : Ω→ Ω | f è biolomorfa

è gruppo rispetto alla composizione.

Teorema 323. f ∈ Aut (C) se e solo se esistono a ∈ C \ 0 e b ∈ C tali che,per ogni z ∈ C,

f (z) = az + b.

Dimostrazione. Chiaramente le funzioni lineari sono biolomorfe su C. Viceversa,sia f ∈ Aut (C). Allora si può sviluppare in serie di Taylor in 0. Esiste dunqueann∈N0

⊂ C tale che, per ogni z ∈ C,

f (z) =

+∞∑n=0

anzn.

Poiché f è intera, il punto all'innito è una singolarità isolata per f . Per il teore-ma di Liouville,∞ non può essere una singolarità elimibabile. Per il Teorema diCasorati-Weierstrass, ∞ non può essere una singolarità essenziale, altrimenti fnon sarebbe iniettiva. Dunque∞ è un polo, quindi f è una funzione polinomialee per il teorema fondamentale dell'algebra ha grado 1.

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6.1 Gruppi di automorsmi e lemma di Schwarz 95

Teorema 324 (Lemma si Schwarz). Siano D := D (0, 1) e f ∈ H (D;D) taleche f (0) = 0. Allora, per ogni z ∈ D,

|f (z)| ≤ |z|

e|f ′ (0)| ≤ 1.

Inoltre, se esiste w ∈ D \0 tale che |f (w)| = |w| oppure se |f ′ (0)| = 1, alloraesiste α ∈ ∂D tale che, per ogni z ∈ D

f (z) = αz,

ovvero f è una rotazione.

Dimostrazione. Si consideri la funzione

g : D → C,

z 7→ g (z) :=

f (z)

z, se z 6= 0,

limz→0f(z)z , se z = 0.

Poiché per ipotesi f ha in 0 uno zero almeno del primo ordine, g ∈ H (D,C).Si vuole applicare il Teorema del massimo modulo a g. Poiché f mappa il disconel disco, per ogni r ∈ (0, 1) e per ogni z ∈ ∂D (0, r) si ha

|g (z)| ≤ |f (z)|r≤ 1

r.

Per il teorema del massimo modulo dunque, per ogni r ∈ (0, 1) e per ogniz ∈ D (0, r) si ha

|g (z)| ≤ 1

r.

Applicando di nuovo il teorema del massimo modulo, poiché 1/rr→1−−→ 1, segue

che per ogni z ∈ D|g (z)| ≤ 1,

ovvero per ogni z ∈ D|f (z)| ≤ |z|

e anche|f ′ (0)| .= |g (0)| ≤ 1.

Se esiste w ∈ D tale che |f (w)| = |w|, allora |g (w)| = 1 e ancora per il Teoremadi massimo modulo g ≡ α, per qualche α di modulo unitario. Stesso discorso(con w = 0) se |f ′ (0)| .= |g (0)| = 1.

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6.1 Gruppi di automorsmi e lemma di Schwarz 96

Proposizione 325. Sia a ∈ D := D (0, 1). Denita

ϕa : C∗ → C∗,

z 7→ ϕa (z) :=

z − a1− az

, se z ∈ C,

∞, se z = 1/a,

1/a, se z =∞,

si ha

1. ϕa|D : D → D;

2. ϕa|∂D : ∂D → ∂D;

3. ϕa (a) = 0;

4. ϕa|D è biunivoca, con inversa ϕ−a.

Esercizio 326. Si dimostri l'asserto.

Teorema 327. Sia D := D (0, 1). Allora

Aut (D) =eiϑϕa

∣∣ ϑ ∈ R, a ∈ D.

Dimostrazione. È chiaro che Aut (D) ⊃eiϑϕa

∣∣ ϑ ∈ R, a ∈ D. Viceversa, sia

f ∈ Aut (D) e si ponga g := f−1. Se f (0) = 0, chiaramente anche g (0) = 0 eper il Lemma di Schwarz si ha |f ′ (0)| , |g′ (0)| ≤ 1. Per il teorema sulla derivatadell'inversa si ha però

g′ (0) =1

f ′ (0),

dunque necessariamente |f ′ (0)| = 1 = |g′ (0)| e per la seconda parte del Lemmadi Schwarz si ha la tesi. Si supponga allora che f (0) =: b 6= 0. Componendoa destra con ϕb denita come nella Proposizione 325, si ottiene una funzioneh := ϕb f che è olomorfa, mappa il disco nel disco e soddisfa g (0) = 0.Applicando la prima parte della dimostrazione, dal Lemma di Schwarz si ottienedunque l'esistenza di un α ∈ ∂D tale che, per ogni z ∈ D

αz = g (z).= ϕb (f (z)) ,

da cui, per ogni z ∈ D

f (z) = ϕ−b (αz).=

αz + b

1 + bαz

= αz + bα

1 + (bα)z

.= αϕ−bα (z) .

Osservazione 328. A meno di rotazioni tutti gli automorsmi del disco sono leϕ.

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6.2 Trasformazioni di Möbius 97

Esercizio 329. Si scriva l'analogo del teorema di Schwarz per funzioni tali chef (z0) = b. L'idea è quella di denire una funzione ϕ := ϕ−b f ϕz0 che manda0 in 0 e poi ripercorrere gli stessi passaggi della dimostrazione.

Esercizio 330. Si esibisca un esempio di una mappa biolomorfa che mappi ilsemipiano superiore nel disco aperto D.

Esercizio 331. Sia D := D (0, 1). Si verichi che la funzione

δ : D \ 1 → D \ −1 ,

z 7→ δ (z) := i1 + z

1− z

mappi disco in disco, bordo in bordo (dove è denita) e sia biolomorfa su D.

6.2 Trasformazioni di Möbius

Denizione 332 (Trasformazioni di Möbius). Siano a, b, c, d ∈ C tali che ad−bc 6= 0. La mappa

T : z 7→ T (z) :=az + b

cz + d

prende il nome di trasformazione di Möbius.

Proposizione 333. Siano a, b, c, d ∈ C tali che ad− bc 6= 0. Allora

• per ogni λ ∈ C si ha T (λ·) = T ;

• se c = 0, T ∈ Aut (C);

• se c 6= 0, T : C \ −d/c → C \ a/c è olomorfa, con derivata primadenita per ogni z ∈ C \ −d/c da

T ′ (z) =ad− bc

(cz + d)2 ;

• osservando che T ↔matrice, si verica immediatamente che anche se c 6=0, T è invertibile con inversa denita per ogni z ∈ C \ a/c da

T−1 (z) =dz − b−cw + a

;

• T si può estendere su C∗ nel modo seguente:

1. se c = 0,

T : C∗ → C∗,

z 7→ T (z) :=

a

dz +

b

d, se z ∈ C \ −d/c ,

∞, se z =∞;

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6.2 Trasformazioni di Möbius 98

2. se c 6= 0,

T : C∗ → C∗,

z 7→ T (z) :=

az + b

cz + d, se z ∈ C \ −d/c ,

∞, se z = −d/c,a

c, se z =∞.

Proposizione 334 (Casi particolari). Le trasformazioni di Möbius generaliz-zano alcune delle più usuali trasformazioni del piano.

• per ogni α ∈ C, Tα : z 7→ z + α è una traslazione,

• per ogni β ∈ C, Rβ : z 7→ βz è una roto-omotetia,

• la mappa I : z 7→ 1/z è un'inversione.

Proposizione 335 (Viceversa). Ogni T Möbius è una composizione di trasla-zioni, roto-omotetie e inversioni.

Dimostrazione. Siano a, b, c, d ∈ C tali che ad − bc 6= 0. Senza perdere ingeneralità, sia c 6= 0. Allora per ogni z ∈ C \ −d/c

az + b

cz + d=a

c

z + b/a+ d/c− d/cz + d/c

=a

c

(1 +

b/a− d/cz + d/c

).

Proposizione 336. Le trasformazioni di Möbius mappano rette e circonferenzein rette e circonferenze.

Proposizione 337. Le trasformazioni di Möbius conservano il birapporto.

Proposizione 338. Siano z1, z2, z3 ∈ C∗ distinti tra loro e w1, w2, w3 ∈ C∗anch'essi distinti tra loro. Allora esiste una unica trasformazione di Möbius Ttale che, per ogni j ∈ 1, 2, 3, T (zj) = wj.

Dimostrazione. Si spezza la dimostrazione in diversi, noiosissimi, casi.

• Si dimostra inizialmente che se esistono tre punti distinti ssati da T ,ovvero tali che per ogni j ∈ 1, 2, 3, si abbia T (zj) = zj , allora T èl'identità.

1. Se uno dei tre punti (e.g z3) è il punto all'innito, da T (∞) = ∞segue c = 0, dunque T ∈ Aut (C) ed esistono α, β ∈ C tali che α 6= 0e T : z 7→ αz + β. Dalle altre due uguaglianze segue

αz1 + β = z1,

αz2 + β = z2,

che è un sistema lineare di due equazioni in due incognite, aventeunica soluzione α = 1 e β = 0.

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6.3 Il teorema della mappa di Riemann 99

2. Se nessuno dei punti ssati è il punto all'innito, si consideri latrasformazione lineare fratta L che mappa z3 nel punto all'innito

L : z 7→ 1

z − z3.

Allora la trasformazione lineare fratta

G := L T L−1

ha tre punti ssi L (z1), L (z3) e ∞. Per il punto precedente dunqueG è l'identità e per l'unicità dell'inversa anche T risulta l'identità.

• Si vuole ora provare l'unicità, lasciando l'esistenza come ultimo punto. Seesistono due trasformazioni di Möbius F,G tali che per ogni j ∈ 1, 2, 3

F (zj) = wj = G (zj) ,

allora per ogni j ∈ 1, 2, 3 si ha G−1 F (zj) = zj , quindi per il puntoprecedente G−1 F è l'identità, i.e. F = G.

• Per dimostrare l'esistenza è suciente costruire due trasformazioni diMöbius ϕ,ψ tali che

ϕ (z1) = 0, ϕ (z2) =∞, ϕ (z3) = 1

eψ (w1) = 0, ψ (w2) =∞, ψ (w3) = 1,

dopodiché T := ψ−1 ϕ farà ciò che deve. Chiaramente la mappa

ϕ : z 7→ ϕ (z) :=z − z1

z − z2

z3 − z2

z3 − z1

ha le proprietà richieste e analogamente si costruisce la ψ.

Esercizio 339. Si dimostri che non può esistere una mappa biolomorfa tra ildisco aperto unitario e C.

6.3 Il teorema della mappa di Riemann

Osservazione 340. Sia Ω ⊂ C dominio. Si propone una costruzione analoga aquella già vista per O (Ω). Su C (Ω,C) è possibile costruire una famiglia di apertilimitati e crescenti (rispetto all'inclusione) Ujj∈N ⊂ Ω tali che

⋃+∞j=1 Uj = Ω.

Per ogni f, g ∈ C (Ω,C) si può poi costruire la metrica

d (f, g) :=

+∞∑j=1

1

2j‖f − g‖∞,Uj

1 + ‖f − g‖∞,Uj.

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6.3 Il teorema della mappa di Riemann 100

Esattamente come nel caso delle funzioni olomorfe la convergenza rispetto aquesta metrica corrisponde a quella uniforme sui compatti. Poichè la conver-genza uniforme di funzioni continue denisce funzioni continue, vale il seguenteteorema.

Teorema 341. Lo spazio C (Ω,C), dotato della metrica denita nell'osserva-zione precedente, è uno spazio metrico completo.

Osservazione 342. Dunque O (Ω) è uno spazio metrico contenuto in C (Ω,C),e poiché la convergenza uniforme sui compatti preserva l'olomora, O (Ω) è unsottoinsieme chiuso di C (Ω,C).

Denizione 343 (Famiglia normale). Siano Ω ⊂ C un dominio e F ⊂ C (Ω,C)una famiglia di funzioni continue. Si dice che F è normale se è relativamentecompatta, i.e. se è a chiusura compatta.

Fatto 344. Sia Ω ⊂ C un dominio. Poiché C (Ω,C) è uno spazio metrico,la relativa compattezza equivale alla relativa compattezza per successioni, i.e.F è normale se e solo se per ogni fnn∈N ⊂ F esiste una sottosuccessione

fnkk∈N ⊂ fnn∈N convergente1 in F (infatti F in generale non è chiusa).

Denizione 345. Sia Ω ⊂ C un dominio. Si dice che F ⊂ C (Ω,C) è localmente(equi)limitata se per ogni z0 ∈ Ω esiste un r0 > 0 tale che

sup|f (z)|

∣∣∣ z ∈ D(z0, r0), f ∈ F< +∞.

Osservazione 346. Chiaramente F ⊂ C (Ω,C) è localmente limitata se e solo seè equilimitata sui compatti di Ω.

Proposizione 347. Sia Ω ⊂ C un dominio. Se F ⊂ H (Ω,C) è localmentelimitata, allora è localmente equicontinua, i.e. per ogni z ∈ Ω e per ogni ε > 0esiste un δ = δ (ε, z) > 0 tale che, per ogni w ∈ Ω con |w − z| < δ e per ognif ∈ F , si ha |f (z)− f (w)| < ε.

Dimostrazione. Siano z0 ∈ Ω e r0 > 0 tali che D (0, r0) ⊂ Ω. Per ogni z, ζ ∈D (0, r0/2), poiché F è localmente limitata, dalla Formula di Cauchy segue

|f (z)− f (ζ)| =

∣∣∣∣∣ 1

2πi

ˆ∂+D(0,r0)

f (w)

(1

w − z− 1

w − ζ

)dw

∣∣∣∣∣=

∣∣∣∣∣ 1

2πi(z − ζ)

ˆ∂+D(0,r0)

f (w)

(w − z) (w − ζ)dw

∣∣∣∣∣≤ 1

2π|z − ζ|

ˆ 2π

0

|f(w)|r20/4

r0 dϑ

≤ 4

r0M |z − ζ|.

1Chiaramente con convergente si intende convergente uniformemente sui compatti si Ω,essendo questa la metrica di C (Ω,C).

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6.3 Il teorema della mappa di Riemann 101

Osservazione 348. La dimotrazione precedente prova non solo la equicontinuitàlocale, ma addirittura una equilipschitzianità locale!

Teorema 349 (Montel). Siano Ω ⊂ C un dominio e F ∈ H (Ω,C). Allora Fè normale se e solo se è localmente limitata.

Dimostrazione. Si dimostrano separatamente le due implicazioni.

⇒) Si supponga per assurdo l'esistenza di un compatto K ⊂ Ω tale che

sup |f (z)| | z ∈ K, f ∈ F = +∞.

Allora è possibile estrarre una successione fnn∈N ⊂ F tale che, per ognin ∈ N,

supz∈K|fn (z)| ≥ n.

Ma per ipotesi esiste una sottosuccessione fnkk∈N ⊂ fnn∈N convergen-te uniformemente su K, dunque limitata nella metrica della convergenza.Assurdo.

⇐) Si procede esattamente come nella dimostrazione del teorema di Ascoli-Arzelà. Poiché C è separabile, sia zjj∈N ⊂ C densa in C. Si ssifnn∈N ⊂ F arbitrariamente. Si noti che fn (z1)n∈N è limitata inC. Per Bolzano-Weierstrass esiste allora una sottosuccessione convergentefnk (z1)k∈N ⊂ fn (z1)n∈N. Procedendo analogamente si può estrar-re da fnk (z2)k∈N una sottosuccessione convergente e così via per ognij ∈ N. Estraendo la diagonale2 si ottiene pertanto una sottosuccessionegnn∈N ⊂ fnn∈N tale che, per ogni j ∈ N, gn (zj)n∈N converge. Sivuole dimostrare che gnn∈N soddisfa la condizione di Cauchy uniformesui compatti. Sia z ∈ Ω arbitrario. Si vuole dimostrare che gnn∈N con-verge uniformemente in un opportuno intorno U di z. Si ssi ε > 0 e siprenda il corrispondente δ > 0 dell'equicontinuità di F . Si ssi inoltre unqualunque zj ∈ zhh∈N tale che |z − zj | < δ. Allora, per ogni w ∈ D (z, δ)e per ogni m,n ∈ N sucientemente grandi, si ha

|gn(w)− gm(w)| ≤ |gn(w)− gn(z)|+ |gn(z)− gn(zj)|+ |gn(zj)− gm(zj)|+|gm(w)− gm(z)|+ |gm(z)− gm(zj)|

≤ 5ε,

dunque grazie ad equilimitatezza, convergenza ed equicontinuità abbia-mo dimostrato che la dierenza iniziale è piccola a piacere in manierauniformemente sull'intorno considerato.

2Per chi non fosse familiare con questo processo diagonale, la stessa tecnica viene utilizzatanella dimostrazione del teorema di Ascoli-Arzelà. Io ci ho preso molta familiarità quindi miriuto di scrivervi i dettagli! :p

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6.3 Il teorema della mappa di Riemann 102

Osservazione 350. Il teorema di Montel ricorda un po' il fatto che in Rn lacompattezza sia equivalente a chiusura e limitatezza.

Teorema 351 (della mappa di Riemann). Sia Ω ( C un dominio semplicemen-te connesso. Allora Ω è conformemente equivalente al disco unitario, esiste cioèuna funzione biolomorfa f : Ω → D. Di più, per ogni z0 ∈ C esiste un'unicafunzione biolomorfa f : Ω→ D tale che f (z0) = 0 e f ′ (z0) > 0.

Dimostrazione (Prima lezione). Sia

F := f : Ω→ D : f ∈ H(Ω), f iniettiva, f(z0) = 0, f ′(z0) > 0.

1. Dimostro che 6= ∅,

2. Dimostro che è normale e posto λ := supf ′(z0)|f ∈ F dimostro chequesto sup è un max e prendo la funzione f che realizza il massimo.

3. Dimostro che la f appena presa è anche suriettiva.

1. Sia α ∈ C \ Ω. La semplice connessione serve (solo!!) per la ben de-nizione del Log e dunque delle potenze. E' quindi ben denita, perogni z ∈ Ω una funzione h(z) :=

√z − α, h ∈ H(Ω), h è iniettiva e

se h(z1) = −h(z2), allora z1 = z2 (h è globalmente polidroma e sololocalmente olomorfa). Sia r > 0 tale che D(h(z0), r) ⊂ h(Ω) (si può sem-pre fare perché le funzioni olomorfe sono mappe aperte. Osservo che perquanto appena detto −h(z0) /∈ h(Ω), inoltre D(−h(z0), r) ∩ h(Ω) = ∅,infatti per assurdo sia z1 ∈ Ω tale che h(z1) ∈ D(−h(z0), r), allora|h(z1)+h(z0)| = |−h(z1)−h(z0)| < r, quindi −h(z1) ∈ D(h(z0), r). Esisteallora ζ ∈ Ω tale che h(ζ) = −h(z1), allora ζ = z1, ossia h(z1) = −h(z1)ma ciò accade se e solo se z1 = α, assurdo perché α /∈ Ω. Quindi per ogniz ∈ Ω si ha |h(z) + h(z0)| ≥ r > 0. Consideriamo allora la funzione h1

denita da per ogni z ∈ Ω da

h1(z) =r

2(h(z) + h(z0)).

Questa h1 ha la stessa regolarità di h, cioè h1 ∈ H(Ω, è iniettiva ma adierenza di h, questa va a nire in D(0, 1/2). Vogio che sia nulla in0. Compongo allora con l'automorsmo del disco che manda quel puntonell'origine. Detto a := h1(z0) si ha ϕ1 h1 che fa tutto meno f ′(z0) > 0,allora dato che gli del disco avevano anche le rotazioni, prendo il ϑ giustotale che la derivata prima sia giusta. Allora esiste un unico ϑ (a meno di2kπ tale che

f(z) = eiϑϕh1(z0)(h1(z)) ∈ F .Dunque 6= ∅. Riassunto: Abbiamo dimostrato che, ssato α ∈ Ω, lafunzione h(z) =

√z − α è ben denita e olomorfa e iniettiva in Ω. Inoltre

esiste un raggio R tale che il disco D(h (z0) , r) ⊂ f(Ω) tale che per ogniz ∈ Ω |h(z) + h(z0)| ≥ r. Dunque

h1(r) =r

2(h(z) + h(z0))

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6.3 Il teorema della mappa di Riemann 103

h1 : Ω ∈ D ben denita, olomorfa e iniettiva. Componendo con unautomorsmo ϕ del disco che manda h1(z0) in 0 si ha che

ϕh1(z0) h1 : Ω→ D

è ben def, olomorfa, iniettiva e ruotando dell'angolo giusto eiϑϕh1(z0) h1

abbiamo una funzione ∈ F .

2. Dalla denizione stessa di F , poiché hanno valori in D, allora F è unafamiglia limitata, quindi posso applicare il teorema di Montel (ho anchedi più!). Dunque F è normale (compatta per successioni). Sia fn ⊂ F ,con f ′(z0)→ λ (λ è il sup quindi si puote). Per il teorema di Montel esisteuna sottosuccessione fnk → f uniformemente sui compatti di Ω. Quindif è olomorfa per Weierstrass. Ha valori in D perché sono tutte funzioniin D. Dunque

f ∈ H (Ω, D) .

Inoltre per uno dei teoreme di Hurwitz f è iniettiva perché limite di iniet-tive. f(z0) = 0 perché tutte le fn(z0) = 0. Inne f ′(z0) = λ perché lasuccessione tendeva al sup. Allora f ∈ F e realizza il massimo!

3. Rimane da dimostrare che questa f è suriettiva (con le mani!). Per assurdonon sia suriettiva, allora riuscirò a costruirne un'altra nella famiglia chesupera il massimo (assurdo, si sfrutterà quindi pesantemente il fatto cherealizzi il massimo). Dunque p.a. esiste un β ∈ D tale che β /∈ Im(f),ovvero tale che f(z) 6= β per ogni z ∈ Ω. Costruisco G ∈ F , con G′(z0) >λ. Si ha che

ϕβ(f)(z) =f(z)− β1− βf(z)

non si annulla mai. Allora poiché siamo in un semplicemente connessio,non siamo in punti di diramazione della radice, quindi è ben denita edolomorfa in Ω una funzione

F (z) :=

√f(z)− β1− βf(z)

.

Si denisce allora

G(z) =|F ′(z0)|F ′(z0)

ϕF (z0)(F (z)).

che ha una rotazione come primo fattore (per far diventare reale positivo ilrisultato) e il secondo pezzo manda z0 in 0. Chiaramente G è olomorfa ediniettiva poiché composizione di olomorfe e iniettive. Rimane da calcolare

G′(z) =|F ′(z0)|F ′(z0)

ϕF (z0)(F (z))F ′(z).

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6.3 Il teorema della mappa di Riemann 104

Ricordo che

ϕ′a(z) =1− |a|2

(1− az)2.

Dunque

G′(z) = |F ′(z0)| 1− |F (z0)|2(1− F (z0)F (z0)

)2

= |F ′(z0)| 1

1− |F (z0)|2.

Dalla sua denizione, noto che |F (z0|2 = |β|e che

F ′(z) =1

2

ϕ′β(f(z))f ′(z)

F (z),

dunque

|F ′(z0)| =

∣∣∣∣∣∣∣∣∣1

2

ϕ′β(

=0︷ ︸︸ ︷f(z0))f ′(z0)

F (z0)

∣∣∣∣∣∣∣∣∣=

∣∣∣∣ (1− |β|2)f ′(z0)

2F (z0)

∣∣∣∣=

(1− |β|2) |f ′(z0)|2√|β|

quindi

G′(z0) =(1− |β|2)

2√|β|

1

1− |β|f ′(z0)

=1 + |β|2

2√|β|

f ′(z0)

ma questa è una funzione reale di variabile reale e poiché |β| < 1, allora

G′(z0) > f ′(z0).

Dimostrazione (Seconda lezione). • Abbiamo dimostrato che, ssato α ∈ Ω,la funzione h(z) =

√z − α è ben denita e olomorfa e iniettiva in Ω.

Inoltre esiste un raggio R tale che il disco D(h (z0) , r) ⊂ f(Ω) tale che perogni z ∈ Ω |h(z) + h(z0)| ≥ r. Dunque

h1(r) =r

2(h(z) + h(z0))

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6.3 Il teorema della mappa di Riemann 105

h1 : Ω ∈ D ben denita, olomorfa e iniettiva. Componendo con unautomorsmo ϕ del disco che manda h1(z0) in 0 si ha che

ϕh1(z0) h1 : Ω→ D

è ben def, olomorfa, iniettiva e ruotando dell'angolo giusto eiϑϕh1(z0) h1

abbiamo una funzione ∈ F .

• Dalla denizione stessa di F , poiché hanno valori in D, allora F è unafamiglia limitata, quindi posso applicare il teorema di Montel (ho anchedi più!). Dunque F è normale (compatta per successioni). Sia fn ⊂ F ,con f ′(z0)→ λ (λ è il sup quindi si puote). Per il teorema di Montel esisteuna sottosuccessione fnk → f uniformemente sui compatti di Ω. Quindif è olomorfa per Weierstrass. Ha valori in D perché sono tutte funzioniin D. Dunque

f ∈ H (Ω, D) .

Inoltre per uno dei teoreme di Hurwitz f è iniettiva perché limite di iniet-tive. f(z0) = 0 perché tutte le fn(z0) = 0. Inne f ′(z0) = λ perché lasuccessione tendeva al sup. Allora f ∈ F e realizza il massimo!

• Rimane da dimostrare che questa f è suriettiva (con le mani!). Per assurdonon sia suriettiva, allora riuscirò a costruirne un'altra nella famiglia chesupera il massimo (assurdo, si sfrutterà quindi pesantemente il fatto cherealizzi il massimo). Dunque p.a. esiste un β ∈ D tale che β /∈ Im(f),ovvero tale che f(z) 6= β per ogni z ∈ Ω. Costruisco G ∈ F , con G′(z0) >λ. Si ha che

ϕβ(f)(z) =f(z)− β1− βf(z)

non si annulla mai. Allora poiché siamo in un semplicemente connessio,non siamo in punti di diramazione della radice, quindi è ben denita edolomorfa in Ω una funzione

F (z) :=

√f(z)− β1− βf(z)

.

Si denisce allora

G(z) =|F ′(z0)|F ′(z0)

ϕF (z0)(F (z)).

che ha una rotazione come primo fattore (per far diventare reale positivo ilrisultato) e il secondo pezzo manda z0 in 0. Chiaramente G è olomorfa ediniettiva poiché composizione di olomorfe e iniettive. Rimane da calcolare

G′(z) =|F ′(z0)|F ′(z0)

ϕF (z0)(F (z))F ′(z).

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6.3 Il teorema della mappa di Riemann 106

Ricordo che

ϕ′a(z) =1− |a|2

(1− az)2.

Dunque

G′(z) = |F ′(z0)| 1− |F (z0)|2(1− F (z0)F (z0)

)2

= |F ′(z0)| 1

1− |F (z0)|2.

Dalla sua denizione, noto che |F (z0|2 = |β|e che

F ′(z) =1

2

ϕ′β(f(z))f ′(z)

F (z),

dunque

|F ′(z0)| =

∣∣∣∣∣∣∣∣∣1

2

ϕ′β(

=0︷ ︸︸ ︷f(z0))f ′(z0)

F (z0)

∣∣∣∣∣∣∣∣∣=

∣∣∣∣ (1− |β|2)f ′(z0)

2F (z0)

∣∣∣∣=

(1− |β|2) |f ′(z0)|2√|β|

quindi

G′(z0) =(1− |β|2)

2√|β|

1

1− |β|f ′(z0)

=1 + |β|2

2√|β|

f ′(z0)

ma questa è una funzione reale di variabile reale e poiché |β| < 1, allora

G′(z0) > f ′(z0).

Osservazione 352. Nonostante C sia un semplicemente connesso, non si puòrisolvere in C di Dirichlet, altrimenti per il teorema di Liouville si avrebbeun'inversa olomorfa e limitata, dunque costante, assurdo.

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Capitolo 7

Zeri di funzioni intere

Problema 353. Si apre il presente capitolo con un problema. Per quanto giàvisto, per una funzione olomorfa ogni zero è isolato (altrimenti la funzione sa-rebbe identicamente nulla), dunque gli zeri di funzioni intere non si accumulanoin C. Se gli zeri sono un numero innito, allora necessariamente si accumulanoall'innito. Vale il viceversa? Cioè per ogni successione illimitata di punti isolatiesiste una funzione olomorfa che si annulla in quei punti?

Osservazione 354. Sia f ∈ H(C,C) tale che, per ogni z ∈ C, f(z) 6= 0. Alloraesiste certamente una funzione h ∈ H(C,C) tale che f = eh. Infatti è possibiledenire una determinazione principale del logaritmo in ogni insieme semplice-mente connesso su cui f non si annulla. Nel caso in esame C è semplicementeconnesso e f non si annulla mai, dunque esiste una funzione intera

h := log∗ f.

Osservazione 355. Siano f, g ∈ H(C,C), aventi gli stessi zeri (si intende an-che con le stesse molteplicità), allora, poiché f/g è intera, per quanto appenaosservato esiste h ∈ H(C,C) tale che

f = geh.

Chiaramente vale anche il viceversa, cioè tutte e sole le funzioni intere che hannogli stessi zeri si ottengono una dall'altra in accordo con la formula precedente,per una h opportuna.

Osservazione 356. Dato quindi un insieme di zeri ammissibili Z, determinatauna funzione che si annulla in Z, risulta completamente determinato tutto l'in-sieme delle funzioni che si annullano in Z. Grazie a questo ragionamento sipotrà enunciare e dimostrare il Weierstrass.

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7.1 Prodotti (inniti) di numeri 108

7.1 Prodotti (inniti) di numeri

Denizione 357. Sia αjj∈N0⊂ C. Si dice che la successione dei prodot-

ti parziali denita per ogni k ∈ N0 da∏kj=0 αj converge al prodotto innito∏+∞

j=0 αj se esiste un N ∈ N0 tale che:

• per ogni j ∈ N0, j ≥ Nαj 6= 0,

• esiste nito il limite

A := limk→+∞

N+k∏h=N

αh,

• si ha A 6= 0.

Supponendo che tali ipotesi siano vericate:

se esiste n ∈ N0 tale che αn = 0, si pone

+∞∏j=0

αj := 0,

se per ogni j ∈ N0 si ha αj 6= 0, si pone

+∞∏j=0

αj := limk→+∞

k∏h=0

αh.

Lemma 358. Sia αjj∈N0⊂ C e si supponga la convergenza del prodotto

innito∏+∞j=0 αj =: A, allora

limj→+∞

αj = 1.

Dimostrazione. Essendo per denizione A 6= 0, si ha

limn→+∞

αn+1 = limn→+∞

∏n+1j=1 αj∏nj=1 αj

=A

A= 1.

Osservazione 359. Si noti come il lemma precedente mostri un comportamentodei prodotti inniti (convergenti) analogo a quello delle serie (convergenti). Inuna serie convergente il termine generale della serie converge a 0 (l'elementoneutro rispetto alla somma). In un prodotto innito convergente il terminegenerale del prodotto converge a 1 (l'elmento neutro rispetto al prodotto). Tuttoquesto non sarebbe stato vero se nella denizione di prodotto innito avessimoammesso il caso in cui la successione dei prodotti parziali convergesse a 0. Siconsideri a riguardo l'esempio seguente.

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7.1 Prodotti (inniti) di numeri 109

Esempio 360. Sia a ∈ C, con |a| < 1. Per ogni j ∈ N0, si denisca αj := a.Allora

limn→+∞

n∏j=1

αj = limn→+∞

an = 0,

malim

n→+∞αj = a 6= 1.

Richiedere dunque che il limite della successione dei prodotti parziali sia diversoda 0 cambia di molto l'aspetto degli αjj∈N0

.

Osservazione 361. Sia∏+∞j=0 αj un prodotto innito convergente. Allora, per il

Lemma 358 esite un k ∈ N0 tale che, per ogni j ∈ N0 j ≥ k, Re (αj) > 0. L'idea(informale) nel lemma seguente è quella di passare al logaritmo e (quando si può)trasformare il prodotto in una somma. Si vogliono quindi studiare i rapportitra la convergenza di

+∞∑j=k

Log (αj) e

+∞∏j=k

αj .

Lemma 362. Siano αjj∈N0⊂ C, tali che, per ogni j ∈ N0, Re (αj) > 0.

Allora ∑j∈N0

Log (αj) converge ⇐⇒∏j∈N0

αj converge.

Dimostrazione. Si dimostrano separatamente le due implicazioni.

⇒) Sia B ∈ C tale chen∑j=0

Log (αj)n→+∞−→ B.

Allora

limn→+∞

n∏j=0

αj = limn→+∞

n∏j=0

eLog(αj)

= limn→+∞

e∑nj=0 Log(αj)

= eB 6= 0.

⇐) Viceversa, si supponga l'esistenza di un A ∈ C \ 0 tale chen∏j=0

αjn→+∞−→ A.

Senza perdere in generalità si può supporre che A non sia reale negativo,infatti se lo fosse sarebbe suciente considerare un'altra determinazio-ne principale del logaritmo e ripetere il ragionamento che segue con tale

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7.1 Prodotti (inniti) di numeri 110

determinazione. Poiché Log ∈ C(C \ R−0 ,C

):

Log(A) = Log

limn→+∞

n∏j=0

αj

= limn→+∞

Log

n∏j=0

αj

,

cioè converge la successione

Log(∏n

j=0 αj

)n∈N

. Si noti che in generale,

se z1, z2 ∈ C \ R−0

Log (z1z2) 6= Log (z1) + Log (z2) .

Questo è vero se Arg (z1) ,Arg (z2) ∈(−π2 ,

π2

). Chiaramente però, più

aumenta il numero di fattori peggio diventa la cosa. Abbiamo però di-

mostrato che se∏+∞j=0 αjconverge, allora αj

j→+∞−→ 1, dunque l'argomenodiventa eettivamente piccolo a piacere, il che fa ben sperare. Come pro-vato nei fogli di esercizi, per ogni z1, z2 ∈ C\R−0 , ssato Log (z1z2) esistonodue determinazioni del logaritmo log(1), log(2) tali che

Log (z1z2) = log(1) (z1) + log(2) (z2) .

Allora, ssato arbitrariamente N ∈ N0, esistono log(1), . . . , log(N) tali che

Log

N∏j=0

αj

=

N∑j=0

log(j) (αj) ,

dove per ogni j ∈ 0, 1, . . . , N esiste kj ∈ Z tale che

log(j) (αj) = log (|αj |) + iArg (αj) + 2kjπi.

Poiché∏+∞j=0 αjconverge, allora αj

j→+∞−→ 1, pertanto log (|αj |)j→+∞−→ 0

e Arg (αj)j→+∞−→ 0. Inoltre, poiché la successione

Log

(∏nj=1 αj

)n∈N

converge, allora converge anche la serie∑+∞j=0 log(j) (αj) , dunque log(j) (αj)

j→+∞−→0. Essendo per ogni j ∈ N0 kj ∈ Z esiste pertanto un J ∈ N0 tale che,per ogni j ∈ N0, j ≥ J si ha kj = 0. Si è quindi dimostrato che per ogni

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7.1 Prodotti (inniti) di numeri 111

j ∈ N0, j ≥ J si ha log(j) = Log. In conclusione quindi

Log(A) = Log

limn→+∞

n∏j=0

αj

= lim

n→+∞Log

n∏j=0

αj

= lim

n→+∞

n∑j=0

log(j) (αj)

=

J−1∑j=0

log(j) (αj)︸ ︷︷ ︸=:−a∈C

+

+∞∑j=J

Log (αj) .

Detta quindi na :=∑J−1j=0 Log (αj) ∈ C, si è quindi dimostrata la conver-

genza della serie

+∞∑j=0

Log (αj) = a + na + Log(A).

Problema 363. Sia∏+∞j=0 αj un prodotto innito convergente. Dette, per

ogni j ∈ N0, aj = αj − 1, poiché limj→+∞ αj = 1, è lecito chiedersi se pergarantire la convergenza del prodotto innito iniziale non sia suciente studiarela convergenza degli aj a 0. Ci si potrebbe quindi chiedere se l'ultima equivalenzaè o meno vericata:

+∞∏j=0

(1 + aj) converge ⇐⇒+∞∑j=0

Log (1 + aj) converge?⇐⇒

+∞∑j=0

aj converge.

Poiché per le serie la convergenza assoluta implica quella semplice, ci si puòaspettare che, tra le convergenze appena scritte, quelle equivalenti venganoimplicate dalle seguenti:

+∞∏j=0

(1 + |aj |) converge ⇐⇒+∞∑j=0

Log (1 + |aj |) converge?⇐⇒

+∞∑j=0

|aj | converge

Si studieranno in dettaglio tutte questa relazioni.

Lemma 364. Sia ajj∈N0⊂ C. Allora∏

j∈N0

(1 + |aj |) converge ⇐⇒∑n∈N0

|aj | converge.

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7.1 Prodotti (inniti) di numeri 112

Dimostrazione. Si dimostrano separatamente le due implicazioni. Senza perderein generalità sia ajj∈N0

⊂ C \ 0.

⇐) Per ogni n ∈ N0 si denisca

Qn :=

n∏j=0

(1 + |aj |) .

È chiaro che la successione Qnn∈N0sia monotona crescente. Si denisca,

per ogni n ∈ N0,

Sn :=

n∑j=0

|aj | .

Poiché per ogni t ∈ [0,+∞), log (1 + t) ≤ t, per ogni n ∈ N0 si ha

log (Qn) =

n∑j=0

log (1 + |aj |)

≤n∑J=0

|aj |

.= Sn

Dunque, per la monotonia della funzione esponenziale segue che, per ognin ∈ N0,

Qn ≤ eSn . (7.1.1)

Poiché Qnn∈N0è monotona e Snn∈N0

converge ad un numero realeS ∈ R+, esiste nito il limite

limn→+∞

Qn ≤ eS .

(⇒) Con le stesse notazioni del punto precedente, per n→ +∞ si ha

Qn Q 6= 0.

Per il Lemma 358 si ha poi |aj |j→+∞−→ 0. Esiste allora un J ∈ N tale che,

per ogni j ≥ J , si ha |aj | < 1. Dato che Qnn∈N0è monotona crescente

e che per ogni t ∈ [0, 1] si ha t ≤ 2 log(1 + t), si può concludere che per

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7.1 Prodotti (inniti) di numeri 113

ogni n ∈ N, n ≥ J

Sn.=

n∑j=0

|aj |

=

J−1∑h=1

|ah|︸ ︷︷ ︸=:c

+

n∑j=J

|aj |

≤ c+ 2

n∑j=J

log (1 + |aj |)

= c+ 2 log

n∏j=J

(1 + |aj |)

≤ c+ 2 log (Qn)

≤ c+ 2 log (Q) .

Dalla monotonia di Snn∈N0segue pertanto la tesi.

Proposizione 365. Detta ajj∈N0⊂ C. Se

∑+∞j=0 |aj | converge, allora∏

j∈N0

(1 + aj) converge.

Dimostrazione. Senza perdere in generalità sia ajj∈N0⊂ C \ 0. Sia n ∈ N0

arbitrario. Si ssino i prodotti

Pn :=

n∏j=0

(1 + aj) .

Si noti che esiste una famiglia I0, . . . , In ⊂ P (N0) tale che1

Pn.=

n∏j=0

(1 + aj)

= 1 +

2n−1∑k=1

(∏h∈Ik

ah

).

1Si è soltanto sviluppato il prodotto tra gli n fattori. Ad esempio, se n = 2, si ha

2∏j=0

(1 + aj).= (1 + a0) (1 + a1) (1 + a2)

= (1 + a1 + a0 + a1a0) (1 + a2)

= 1 + a1 + a0 + a1a0 + a2 + a1a2 + a0a2 + a1a0a2

= 1 + a0 + a1 + a2 + a0a1 + a0a2 + a1a2 + a0a1a2.

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7.1 Prodotti (inniti) di numeri 114

Si ssi tale famiglia. Sia ora

Qn :=

n∏j=0

(1 + |aj |) .

È chiaro che

|Pn − 1| =

∣∣∣∣∣2n−1∑k=1

(∏h∈Ik

ah

)∣∣∣∣∣≤

2n−1∑k=1

(∏h∈Ik

|ah|

)= Qn − 1.

Si ssi m ∈ N0, m ≤ n. Procedendo nello stesso modo, risulta chiaro che∣∣∣∣∣∣n∏

j=m

(1 + aj)− 1

∣∣∣∣∣∣︸ ︷︷ ︸=:|Pm,n−1|

≤n∏j=0

(1 + |aj |)− 1︸ ︷︷ ︸=:Qm,n−1

. (7.1.2)

Allora

|Pn − Pm| =

∣∣∣∣∣∣Pm n∏j=m+1

(1 + aj)− 1

∣∣∣∣∣∣= |Pm|

∣∣∣∣∣∣n∏

j=m+1

(1 + aj)− 1

∣∣∣∣∣∣︸ ︷︷ ︸.=|Pm+1,n−1|

≤ |Pm| (Qm+1,n − 1)

.= |Pm|

(QnQm− 1

)≤ |Qm|

(QnQm− 1

)= Qn −Qm.

Dunque, poiché QNN∈N0è di Cauchy, allora anche PNN∈N0

lo è, dunqueconverge. Rimane da dimostrare che il limite

limN→+∞

PN 6= 0.

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7.1 Prodotti (inniti) di numeri 115

Procedendo come in (7.1.1), è possibile dimostrare l'esistenza di un j0 ∈ N taleche, per ogni M,N ∈ N con j0 ≤M < N , si abbia

N∏j=M

(1 + |aj |) ≤ e∑Nj=M |aj |

≤ 3

2.

Dalla (7.1.2) segue, per j0 ≤M < N ,∣∣∣∣∣∣1−N∏

j=M

(1 + aj)

∣∣∣∣∣∣ ≤N∏

j=M

(1 + |aj |)− 1

≤ 1

2.

Confrontando primo ed ultimo membro ed applicando la disuguaglianza trian-golare, si ottiene dunque, per j0 ≤M < N ,∣∣∣∣∣∣

N∏j=M

(1 + aj)

∣∣∣∣∣∣ ≥ 1

2.

Inne, quindi

limN→+∞

|PN | = limN→+∞

∣∣∣∣∣∣j0∏j=0

(1 + aj)

∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣N∏j=j0

(1 + aj)

∣∣∣∣∣∣≥ 1

2

∣∣∣∣∣∣j0∏j=0

(1 + aj)

∣∣∣∣∣∣ .

Osservazione 366. Si è quindi dimostrato che

+∞∏j=0

(1 + |aj |) converge ⇐⇒+∞∑j=0

Log (1 + |aj |) converge ⇐⇒+∞∑j=0

|aj | converge

⇓ ⇓

+∞∏j=0

(1 + aj) converge ⇐⇒+∞∑j=0

Log (1 + aj) converge.

Esercizio 367. Si dimostri che

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7.2 Prodotti (inniti) di funzioni 116

1.∏+∞j=0 (1 + aj) converge 6⇒

∏+∞j=0 (1 + |aj |) converge;

2.∏+∞j=0 (1 + aj) converge 6⇒

∑+∞j=0 aj converge;

3.∑+∞j=0 aj converge 6⇒

∏+∞j=0 (1 + aj) converge.

7.2 Prodotti (inniti) di funzioni

Teorema 368. Siano A ⊂ C aperto e fjj∈N0⊂ H (A,C). Se

∑kj=0 |fj |

k∈N0

converge uniformemente sui compatti di A, allora, denita per ogni n ∈ N0

Fn(z) :=

n∏j=0

(1 + fj(z)) ,

si ha che Fnn∈N0converge uniformemente sui compatti di A ad una funzione

olomorfa F ∈ H (A,C). Inoltre per ogni z0 ∈ A tale che F (z0) = 0, con z0

zero di F di molteplicità m ∈ N, esiste un numero nito di indici j1, . . . , jk ∈N0 tali che fj1 (z0) = . . . = fjk (z0) = −1 e che la molteplicità di z0 comezero di (1 + fj1) (1 + fj2) . . . (1 + fjk) sia esattamente m (ossia F si annullaesattamente nei punti in cui si annullano le 1 + fj).

Dimostrazione. Sia K ⊂ A compatto. Poiché∑k

j=0 |fj |k∈N0

converge unifor-

memente su K, allora∑k

j=0 |fj |k∈N0

è limitata su K, dunque la successione

numerica denita per ogni n ∈ N0 da

supz∈K

n∑j=1

|fj (z)|

è limitata, i.e. esiste C ∈ R+ tale per ogni n ∈ N0

supz∈K

n∑j=0

|fj (z)|

≤ C.Denendo quindi, per ogni n ∈ N0 e per ogni z ∈ K,

Qn(z) :=

n∏j=0

(1 + |fj(z)|) ,

si ha chesupz∈KQn(z) ≤ eC ,

infatti si ricordi che, come visto diverse volte nella sezione precedente, per ogni

N ∈ N0, QN ≤ eSN . Poiché le∑k

j=0 |fj |k∈N0

convergono uniformemente sui

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7.2 Prodotti (inniti) di funzioni 117

compatti, per ogni ε > 0 esiste un M0 ∈ N tale che, per ogni M,N ∈ N conN > M e per ogni z ∈ K, si ha

|QN (z)−QM (z)| = |QM (z)|

(N∏

M+1

(1 + fj(z))− 1

)≤ eC

(e∑NM+1|fj(z)| − 1

)< ε.

Allora per ogni ε > 0 esiste unM0 ∈ N tale che, per ogniM,N ∈ N con N > Me per ogni z ∈ K, si ha

|FN (z)− FM (z)| ≤ |QN (z)−QM (z)|< ε,

ovvero la successione Fnn∈N0converge uniformemente in K e pertanto la

funzione limite è olomorfa in A. Si dimostra ora la parte signicativa. Siaz0 ∈ A zero di F di molteplicità m. Allora esiste j0 ∈ N tale che per ogni j ≥ j0si ha fj (z0) + 1 6= 0. Dunque

F (z0) = limN→+∞

FN (z0)

= limN→+∞

j0−1∏h=1

(1 + fh(z))

N∏j=j0

(1 + fj(z))

=

j0−1∏h=1

(1 + fh(z)) limN→+∞

N∏j=j0

(1 + fj(z))︸ ︷︷ ︸6=0

,

dunque z0 è zero di

z 7→j0−1∏h=1

(1 + fh(z))

di molteplicità m.

Problema 369. Sia zjj∈N0⊂ C \ 0, con |zj |

j→+∞−→ +∞. Allora per ognij ∈ N0 la funzione z 7→ 1 − z

zjsi annulla su zjj∈N0

. Si può concludere che ilprodotto

z 7→+∞∏j=0

(1− z

zj

)converga ad una funzione olomorfa che si annulla suzjj∈N0

? In generale no.Dipende da come sono fatti zjj∈N0

. Chiaramente la serie

z 7→+∞∑j=0

∣∣∣∣ zzj∣∣∣∣

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7.2 Prodotti (inniti) di funzioni 118

potrebbe non convergere. L'idea è quindi quella di moltiplicare per un coe-ciente che aiuti la convergenza della serie senza introdurre nuovi zeri. L'ideapiù naturale è quindi quella di utilizzare fattori correttivi di tipo esponenziale.

Denizione 370. Si dice fattore elementare di Weierstrass il termine generaledella successione di funzioni E (·, n)n∈N0

, denita per ogni n ∈ N0 da

E (·, n) : C → C,

z 7→ E (z, n) :=

(1− z) , se n = 0,

(1− z) ez+ z2

2 +...+ zn

n , se n ∈ N.

Osservazione 371. Per ogni n ∈ N0 si ha E(0, n) = 1 e E(1, n) = 0.

Lemma 372. Per ogni z ∈ D(0, 1) ⊂ C si ha

|E (z, n)− 1| ≤ |z|n+1.

Dimostrazione. Se n = 0 la tesi è ovvia. Siano n ∈ N e z ∈ D (0, 1) arbitrari.Detto

E(z, n) =: (1− z)ePn(z),

si ha

E′(z, n) = −ePn(z) + (1− z)P ′n (z) ePn(z)

= ePn ((1− z)P ′n (z)− 1) = (∗).

Ma P ′n(z) = 1 + z + . . .+ zn−1, pertanto

P ′n(1− z) = 1− zn.

Quindi

(∗) = −znePn(z),

da cui si deduce che 0 è uno zero di ordine n per E′ (·, n) e che tutti i coecientibkk∈N0

dello sviluppo di Taylor di E′ (·, n) centrato in 0 sono reali negativi.Siano allora akk∈N0

i coecienti dello sviluppo di Taylor di E (·, n) in 0. Sia,dunque

E(z, n) =

+∞∑k=0

akzk.

Allora

E′(z, n) =

+∞∑k=1

kakzk−1 =

+∞∑k=0

(k + 1)ak+1zk.

e poiché lo sviluppo di Taylor è unico, si ha

a1 = a2 = . . . = an = 0

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7.2 Prodotti (inniti) di funzioni 119

e per ogni j ∈ N0

an+j+1 =bj+n

n+ j + 1< 0.

Dalla denizione di E si ha inoltre

a0 = 1,

dunque

E(z, n) = 1 +

+∞∑k=n+1

akzk, (7.2.1)

con ak < 0 per ogni k ≥ n+ 1. Inne

|E(z, n)− 1| =

∣∣∣∣∣+∞∑

k=n+1

akzk

∣∣∣∣∣≤

+∞∑k=n+1

|ak| |z|k

(|z|≤1)

≤+∞∑

k=n+1

|ak| |z|n+1

= −+∞∑

k=n+1

ak︸ ︷︷ ︸(7.2.1)

= E(1,n)−1

|z|n+1

= −(E(1, n)︸ ︷︷ ︸.=0

−1) |z|n+1

= |z|n+1.

Osservazione 373 (Importantissima!). Sia zjj∈N0⊂ C \ 0, con |zj |

j→+∞−→+∞. Senza perdere in generalità si supponga

0 < |z1| ≤ . . . ≤ |zk| ≤ . . .

Fissato r > 0 è possibile scegliere pjj∈N0⊂ N tale che la serie

+∞∑j=0

(r

|zj |

)pj+1

converga. Questo garantisce (per il Teorema 368) la convergenza uniforme suicompatti di C di

z 7→+∞∏j=0

E

(z

zj, pj

)︸ ︷︷ ︸

=:Ej(z)=:1+fj(z)

,

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7.2 Prodotti (inniti) di funzioni 120

che risulta dunque essere una funzione intera avente come (tutti e soli!) zeri,gli zjj∈N0

. Per convincersi che questa condizione garantisca tutto ciò, si studiper ogni z ∈ C

+∞∑j=0

|fj(z)| =

+∞∑j=0

|Ej(z)− 1| .

Se per qualche r > 0 si ha z ∈ D (0, r), allora per ogni j ∈ N0 sucientementegrande |zj | > r e per il lemma precedente

|Ej(z)− 1| ≤∣∣∣∣ zzj∣∣∣∣pj+1

≤(

r

|zj |

)pj+1

.

Dunque la serie z 7→∑+∞j=0 |fj(z)| converge uniformemente sui compatti di C,

e per il Teorema 368 anche il prodotto innito dei fattori elementari convergeuniformemente sui compatti. Abbbiamo quindi dimostrato il seguente teorema.

Teorema 374. Sia zjj∈N0⊂ C \ 0, con |zj |

j→+∞−→ +∞. Allora esiste

una funzione F intera con zeri esattamente (con molteplicità!) negli zjj∈N0.

Ovvero il prodotto z 7→∏+∞j=0 E

(zzj, pj

)converge uniformemente sui compatti

di C.

Dimostrazione. Basta notare che pjj∈N0= j − 1j∈N0

funziona. Poichégli |zj |j∈N0

divergono. Per ogni r > 0, denitivamente zj > 2r, dunquedenitivamente

r

|zj |≤ 1

2.

Poiché la serie geometrica converge, si ha la tesi.

Osservazione 375. Per avere uno zero anche in z = 0, basta moltiplicare ilprodotto innito scritto sopra per zm dove m è la molteplicità desiderata.

Teorema 376 (Di fattorizzazione di Weierstrass). Sia f : C → C intera. Sia

z = 0 zero di molteplicità m, e siano zjj∈N0⊂ C \ 0, con |zj |

j→+∞−→ +∞ glialtri zeri di f . Allora esiste una funzione g intera tale che, per ogni z ∈ C

f(z) = zm+∞∏j=0

E

(z

zj, j − 1

)eg(z).

Dimostrazione. Denita

F : C → C,

z 7→ F (z) :=f

zm∏+∞j=0 E

(zzj, j − 1

) ,

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7.2 Prodotti (inniti) di funzioni 121

per il teorema precedente F è intera e mai nulla. Dunque, poiché C è semplice-mente connesso, è ben denito un logaritmo

log∗ F =: g ∈ H(C,C).

Denizione 377. Si assegnino z0, . . . , zN punti in C e c0, . . . , cN valori com-plessi. Per ogni j ∈ 1, . . . , N, il polinomio di grado N che si annulla in tuttii punti zk diversi da zj e vale 1 in zj è

z 7→∏k 6=j

z − zkzj − zk

,

dunque il cosiddetto polinomio di interpolazione di Lagrange

z 7→N∑j=1

cj∏k 6=j

z − zkzj − zk

interpola gli N + 1 valori ckNk=0 negli N + 1 punti zkNk=0.

Teorema 378 (Di interpolazione di funzioni intere). Siano zjj∈N0⊂ C \ 0

una successione di punti tutti distinti tra loro, con |zj |j→+∞−→ +∞ e cjj∈N0

⊂C. Sia F intera2 tale che per ogni j ∈ N0, zj sia uno zero semplice per F . Sia

inne qjj∈N0tale che

∑+∞j=0

|cj ||F ′(zj)|

(12

)qjconverga. Allora la serie di funzioni

denita per ogni z ∈ C da

f(z) := F (z)

+∞∑j=0

cjF ′ (zj) (z − zj)

(z

zj

)qjè intera e per ogni j ∈ N0 si ha

f (zj) = cj .

Dimostrazione. Si consideri l'aperto Ω := C \(zjj∈N0

). Si vuole dimostrare

che la serie z 7→∑+∞j=1

cjF ′(zj)(z−zj)

(zzj

)qjconverge uniformemente sui compatti

di Ω. Sia K ⊂ Ω compatto. Allora esiste R > 0 tale che K ⊂ D (0, R). Si ssitale R. Si noti che, poiché D (0, 2R) è compatto3, esiste soltanto un numeronito di z ∈ zjj∈N0

tali che z ∈ D (0, 2R). Sia Z l'insieme di tali zeri di F .Poiché Z è nito e K è compatto esiste un δ > 0 tale che per ogni zh, zk ∈ Z,con zh 6= zk si abbia D (zh, δ) ∩D (zk, δ) = ∅ e

K ⊂ C :=

D (0, R) \⋃zj∈Z

D (zj , δ)

.

2Esiste per il teorema di fattorizzazione di Weierstrass.3Sarà chiaro poco più avanti perché qui è necessario scegliere un disco di raggio 2R.

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7.2 Prodotti (inniti) di funzioni 122

Si ssi tale δ. Si vuole dimostrare che la convergenza della serie

z 7→+∞∑j=0

cjF ′ (zj) (z − zj)

(z

zj

)qjè uniforme sul compatto C. Si noti che per ogni z ∈ C

+∞∑j=0

cjF ′ (zj) (z − zj)

(z

zj

)qj= +

∑zj∈zkk∈N0 ,|zj |≤2R

cjF ′ (zj) (z − zj)

(z

zj

)qj

+∑

zj∈zkk∈N0 ,|zj |>2R

cjF ′ (zj) (z − zj)

(z

zj

)qj

=∑zj∈Z

cjF ′ (zj) (z − zj)

(z

zj

)qj+

∑zj∈zkk∈N0 ,|zj |>2R

cjF ′ (zj) (z − zj)

(z

zj

)qj.

Il primo addendo è una somma nita di funzioni olomorfe (dunque continue)valutate su un compatto, quindi banalmente per ogni zj ∈ Z esiste unMj ∈ R+

tale che ∑zj∈Z

∣∣∣∣ cjF ′ (zj) (z − zj)

(z

zj

)qj ∣∣∣∣ ≤ ∑zj∈Z

Mj .

Per quanto riguarda il secondo addendo, per ogni z ∈ C si ha

∑zj∈zkk∈N0 ,|zj |>2R

∣∣∣∣ cjF ′ (zj) (z − zj)

(z

zj

)qj ∣∣∣∣ ≤ ∑zj∈zkk∈N0 ,|zj |>2R

|cj ||F ′ (zj)| |z − zj |︸ ︷︷ ︸

≥R

≤Rqj︷︸︸︷|z|qj

|zj |qj︸ ︷︷ ︸≥(2R)qj

≤+∞∑j=0

R|cj |

|F ′ (zj)|

(1

2

)qj,

dunque la convergenza è totale (e pertanto uniforme) in C. Per il teorema diWeiestrass, allora, la serie

z 7→+∞∑j=1

cjF ′ (zj) (z − zj)

(z

zj

)qj

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7.2 Prodotti (inniti) di funzioni 123

denisce una funzione intera in Ω. A questo punto basta osservare che graziealla convergenza uniforme sui compatti, per ogni k ∈ N0 esistono i limiti

limz→zk

f (z).= lim

z→zk

+∞∑j=1

F (z) cjF ′ (zj) (z − zj)

(z

zj

)qj

=

+∞∑j=1

limz→zk

F (z) cjF ′ (zj) (z − zj)

(z

zj

)qj= lim

z→zk

F (z) ckF ′ (zk) (z − zk)

(z

zk

)qk︸ ︷︷ ︸→1

= ck1

F ′ (zk)limz→zk

F (z)

z − zk[F(zk)=0]

= ck1

F ′ (zk)limz→zk

F (z)− F (zk)

z − zk= ck.

Denizione 379. Se a ∈ C è una singolarità isolata per f , allora per qual-che R > 0, f è sviluppabile in serie di Laurent in un insieme A := A0,R =0 < |z − a| < R. Esiste dunque una successione ann∈N0

⊂ C tale che, perogni z ∈ A

f(z) =

+∞∑n=−∞

an (z − a)n

=−1∑

n=−∞an (z − a)

n

︸ ︷︷ ︸ga( 1

z−a )

+

+∞∑m=0

am (z − a)m

︸ ︷︷ ︸=:h(z)

=

+∞∑n=1

an

(1

z − a

)n︸ ︷︷ ︸

=:ga( 1z−a )

+h(z).

La funzione ga prende il nome di parte singolare (o parte principale) di f .

Osservazione 380. Si noti che le funzioni ga e h nella denizione precedente sonointere (non solo olomorfa in A, proprio intere!) e che ga (a) = 0. Inoltre a è unm-polo per f se e solo se ga è una funzione polinomiale di grado m, altrimentia è essenziale. Lo scopo del teorema seguente è quello di costruire una funzioneavente parte singolare assegnata (su un ssato insieme di punti) ed olomorfaaltrove.

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7.2 Prodotti (inniti) di funzioni 124

Teorema 381 (Mittag-Leer). Dati zjj∈N0⊂ C distinti con |zj |

j→+∞−→ +∞.

Sia, per ogni j ∈ N, gj intera con gj (zj) = 0. Allora esiste F olomorfa suC \ ∪zjj∈N0

tale che, per ogni j ∈ N0, zj è una singolarità isolata per F con

parte singolare z 7→ gj

(1

z−zj

).

Dimostrazione. Senza perdere in generalità, si supponga che per ogni j ∈ N0,

zj 6= 0. Si noti che per ogn j ∈ N0 la funzione z 7→ gj

(1

z−zj

)è olomorfa

su D (0, |zj |), esiste quindi una successionea

(j)k

k∈N0

⊂ C tale che, per ogni

z ∈ D (0, |zj |)

gj

(1

z − zj

)=

+∞∑k=0

a(j)k zk.

Poiché per ogni j ∈ N0 la serie nella formula precedente converge uniformementenei compatti di D (0, |zj |), esiste un Nj tale che, per ogni z ∈ D (0, |zj | /2) siabbia ∣∣∣∣∣∣gj

(1

z − zj

)−

Nj∑k=0

a(j)k zk

∣∣∣∣∣∣ < 1

2j. (7.2.2)

Si ponga allora, per ogni z ∈ C

F (z) :=

+∞∑j=0

gj ( 1

z − zj

)−

Nj∑k=0

a(j)k zk

︸ ︷︷ ︸

=:fj(z)

.

Procedendo come nel Teorema 378, si vuole ora dimostrare che F è olomorfa suΩ\zjj∈N0

e che per ogni j ∈ N0, F ha in zj parte singolare z 7→ gj (1/ (z − zj)).Si noti che, per ogni j ∈ N0, fj è olomorfa sul piano complesso privato del puntozj e in zj ha parte singolare z 7→ gj (1/ (z − zj)). Basta quindi dimostrare che laserie

∑+∞j=0 fj converge uniformemente sui compatti di Ω. Sia R > 0 arbitrario.

Per ogni z ∈ D (0, R) si ha

F (z) =∑j∈N0:|zj |≤2R

fj (z) +∑h∈N0:|zh|>2R

fh (z) .

La prima è una somma nita di termini che hanno le prescritte singolarità. Perquanto riguarda la seconda, si ssino z ∈ D (0, R) e h ∈ N0 tale che |zh| > 2R.Allora, da |z| < R < 2R < |zh| segue |z| < |zh| /2. Dalla (7.2.2) segue allora che

|fh (z)| .=

∣∣∣∣∣gh(

1

z − zh

)−

Nh∑k=0

a(h)k zk

∣∣∣∣∣<

1

2h.

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7.2 Prodotti (inniti) di funzioni 125

La serie∑+∞j=0 fj converge quindi totalmente e quindi uniformemente suD (0, R),

dunque F ∈ H (Ω,C).

Teorema 382 (Formula di Jensen). Siano A ⊂ C aperto e R > 0 tale cheD (0, R) ⊂ A. Siano quindi f ∈ H (A,C), con f (0) 6= 0 e z1, . . . , zN ⊂D (0, R) \ 0 gli zeri di f in D (0, R) (ripetuti eventualmente più volte pertenere conto della molteplicità). Allora

log (|f (0)|) + log

N∏j=1

R

|zj |

=1

ˆ 2π

0

log(∣∣f (Reiϑ)∣∣) dϑ.

Osservazione 383. Questa è una generalizzazione di un risultato già visto. Senon ci fossero gli zeri, sarebbe possibile denire bene un logaritmo (olomorfo!) suun aperto contenente il disco. Poiché la parte reale del logaritmo è il logaritmodel modulo e poiché il logaritmo del modulo è armonico (dunque soddisfa ilteorema della media), il suo valore nel centro coinciderebbe con l'integrale sullacirconferenza. Non essendoci zeri la parte con la produttoria non ci sarebbe.

Dimostrazione (della formula di Jensen - Idea). Si spezza la dimostrazione invari passaggi.

1. Sia N = 1. Senza perdere in generalità si suppunga inoltre che l'unicozero z1 di f in D (0, R) (che quindi è necessariamente uno zero semplice)appartenga proprio al bordo della circonferenza, ossia che |z1| = R (se nonci appartenesse basterebbe cambiare la circonferenza). Allora invece di fsi consideri la funzione che non ha zeri, ovvero per ogni z ∈ D (0, R) siponga

g(z) :=f(z)

z − z1.

Chiaramente g è olomorfa su A e mai nulla su D (0, R). Applicando a gl'osservazione precedente, si ha

log (|f (0)|)− log (R) = log (|g (0)|)

=1

ˆ 2π

0

log(∣∣g (Reiϑ)∣∣) dϑ

=1

ˆ 2π

0

log(∣∣f (Reiϑ)∣∣) dϑ− 1

ˆ 2π

0

log(∣∣Reiϑ −Reiϑ1

∣∣) dϑ

=1

ˆ 2π

0

log(∣∣f (Reiϑ)∣∣) dϑ− 1

ˆ 2π

0

log(R∣∣∣1−Rei(ϑ−ϑ1)

∣∣∣) dϑ

=1

ˆ 2π

0

log(∣∣f (Reiϑ)∣∣) dϑ− log (R)− 1

ˆ 2π

0

log(∣∣1− eiϑ∣∣)︸ ︷︷ ︸

=0 (esercitazioni)

dϑ.

Poiché log(|z1|R

)= 0, vale dunque la tesi.

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7.2 Prodotti (inniti) di funzioni 126

2. Ci si convinca (procedendo per induzione) che la tesi rimane valida perN ∈ N qualora z1, . . . , zN ⊂ ∂D (0, R).

3. Sia N ∈ N arbitrario e siano z1, . . . , zN ⊂ D (0, R). Per ogni z ∈D (0, R) si denisca la funzione4

F (z) := f (z)

N∏j=1

R2 − zjzR (z − zj)

.

Chiaramente F è prolungabile con olomorfa in un aperto U ⊃ D (0, R) enon ha zeri in D (0, R). Si noti inoltre che per ogni z ∈ ∂D (0, R) si ha

|F (z)| = |f (z)| .

Allora, dal punto 2. segue che

log (|F (0)|) =1

ˆ 2π

0

log(∣∣f (Reit)∣∣) dt.

La tesi segue quindi osservando che, dalla denizione di F , si ha

log (|F (0)|) = log (|f (0)|) + log

N∏j=1

R

|zj |

.

Esercizio 384 (Formula di Jensen). Con le notazioni del teorema precedente,si dimostri che se per ogni t ∈ [0, R] si indica con n (t) il numero di zeri di f inD (0, t), allora

log

N∏j=1

R

|zj |

=

ˆ R

0

n (t)

tdt.

Osservazione 385. Siano f intera avente zeri zjj∈N0⊂ C\0 tali che zj

j→+∞−→+∞ e con z = 0 zero di molteplicità k. Da quanto visto nelle puntate precedenti,se esiste p ∈ N0 tale che, per ogni r > 0

+∞∑j=0

(r

|zj |

)p+1

< +∞,

allora la serie

z 7→+∞∑J=0

(z

|zj |

)p+1

4F è denita in modo ovvio su z1, . . . , zN.

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7.2 Prodotti (inniti) di funzioni 127

converge uniformemente sui compatti di C. È quindi possibile fattorizzare fcon un unico p. Per ogni z ∈ C si ha

f (z) = zkeg(z)+∞∏j=1

E

(z

zj, p

).

Si migliora in questo modo il teorema di Weierstrass.

Osservazione 386 (Fattorizzazione del seno). Sia

f : C → C,z 7→ f (z) := sin (πz) .

È chiaro che f sia intera e che i suoi zeri si accumulino all'innito. Per il Teoremadi fattorizzazione di Weierstrass è possibile fattorizzare f con una successionedi funzioni elementari di Weiestrass, scegliendo per ogni j ∈ N, pj := j − 1. Perl'osservazione precedente, poiché∑

n∈Z\0

1

n2< +∞,

è possibile scegliere p := 1 e fattorizzare f con funzioni elementari dipententisolo da p. Ovvero

z 7→∏n6=0

E( zn, 1)

denisce una funzione intera che si annulla del prim'ordine in tutti gli interirelativi diversi da zero. Aggiungendo anche lo zero in 0 si ottiene

z 7→ z∏n 6=0

E( zn, 1),

ovvero una funzione intera con tutti e soli gli zeri del seno, che dierisce pertantoda lui solo per e elevato ad una funzione intera. Si noti che, per ogni z ∈ C siha

z∏n 6=0

(1− z

n

)ez/n = z

+∞∏n=1

(1− z2

n2

).

Lemma 387 (Fattorizzazione del seno). Per ogni z ∈ C \ Z si ha

πcotg (πz) =1

z+

∑n∈Z\0

(1

z − n+

1

n

). (7.2.3)

Dimostrazione (Da riguardare). Si dimostra inizialmente che vale l'uguaglianzaper le derivate. Si noti che i membri di destra e di sinistra in (7.2.3) denisconofunzioni meromorfe in C, aventi poli del primo ordine in Z e residui integrali

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7.2 Prodotti (inniti) di funzioni 128

uguali ad 1 in ogni polo semplice. Allora la funzione denita per ogni z ∈ C \Zda

h (z) = πcotg (πz)− 1

z−

∑n∈Z\0

(1

z − n+

1

n

).

ha delle singolarità eliminabili in Z, ed è pertanto estendibile con olomora aduna funzione intera. Grazie alla convergenza uniforme sui compatti è lecitoderivare per serie, ottenendo, per ogni z ∈ C

h′ (z) = − π2

sin2 (πz)+∑n∈Z

1

(z − n)2 .

Cominciamo col dimostrare che h′ è limitata. Si noti che h′ è periodica di periodo1. Basta quindi dimostrare che h′ è limitata sulla striscia S := z ∈ C | Re (z) ∈ [0, 1].Poiché h è intera, anche h′ è intera, dunque continua e conseguentemente limita-ta su z ∈ C | Re (z) ∈ [0, 1] , Im (z) ∈ [0, 1] ⊂ S. Rimane quindi da vericareche h′ si mantenga limitata su S∗ := z ∈ C | Re (z) ∈ [0, 1] , |Im (z)| > 1 Os-servo che in generale per ogni z ∈ S∗ e per ogni n ∈ Z, dette x := Re (z) ey := Im (z), si ha

|z − n|2 = (x− n)2

+ y2

≥ (|n| − 1)2

+ 1.

e

|sin (πz)|2 = sin2 (πx)︸ ︷︷ ︸≥0

+ sinh2 (πy)

≥ sinh2 (πy) .

Dunque, con le stesse notazioni, per ogni z ∈ S∗

|h′ (z)| ≤ π2∣∣sin2 (πz)∣∣ +

∑n∈Z

1

|z − n|2

≤ π2∣∣sinh2 (πy)∣∣ + 2

+∞∑n=0

1

(n− 1)2

+ y2.

Sostituendo y = 1 nella maggiorazione precedente si è quindi dimostrato cheh′ è intera e limitata, dunque costante (per il Teorema di Liouville) e si è de-terminata una sua maggiorante convergente. Per il Teorema di convergenzadominata si può pertanto passare al limite sotto il segno di somma ottenendo,dalle maggiorazioni precedenti

lim|y|→+∞,x∈[0,1]

|h′ (z)| = 0.

Quindi h′ (z) ≡ 0, allora h è costante. Da h(1) = 0, segue inne h ≡ 0.

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7.2 Prodotti (inniti) di funzioni 129

Proposizione 388 (Fattorizzazione del seno). Per ogni z ∈ C si ha

sin (πz) = πz∏

n∈Z\0

(1− z

n

)ez/n

=

+∞∏n=1

(1− z2

n2

).

Dimostrazione. Per quanto detto nell'Osservazione 386, risulta che il prodottoinnito

z 7→ πz∏

n∈Z\0

(1− z

n

)ez/n

denisce una funzione f intera, avente uno zero semplice in ogni intero relativo.Sia z0 ∈ C tale che f (z0) 6= 0 ssato arbitrariamente. Dato che f è continua,esiste un R0 > 0 tale che, per ogni z ∈ D (z0, R0), si ha f (z) 6= 0. Dunquein D := D (z0, R0) esiste ed è olomorfo un logaritmo di f , diciamo log (f).Derivando, per ogni z ∈ D si ottiene

f ′ (z)

f (z)=

d

dz[log (f (z))]

(∗)=

d

dz

log (πz) +∑

n∈Z\0

(log(

1− z

n

)+z

n

)=

1

z+

∑n∈Z\0

(1

z − n+

1

n

)

dove va motivato5 che il logaritmo del prodotto è la somma dei logaritmi in (∗).L'identità (7.2.3) dimostrata nel lemma precedente garantisce quindi che perogni z ∈ D

d

dz[log (f (z))] = πcotg (πz) .

Dunque in D abbiamo esplicitato la derivata di log (f). Dato che una primitivadi cotg è log (sin), si può allora integrare e passare all'esponenziale, ottenendol'esistenza di una costante c ∈ C tale che, per ogni z ∈ D

f (z) = c sin (πz) .

Per il principio di identità delle funzioni olomorfe è possibile prolungare questaidentità in tutto C \Z e da un confronto diretto segue che l'uguaglianza vale sututto C. Per valutare la costante è suciente calcolare il limite

1 = limz→0

f (z)

sin (πz)= limz→0

cπz

πz= c.

5Si invita a farlo!

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7.2 Prodotti (inniti) di funzioni 130

Come aermato, dunque, per ogni z ∈ C

sin (πz) = πz∏

n∈Z\0

(1− z

n

)ez/n.

Osservazione 389. A partire dalla fattorizzazione del seno si può dimostrarefacilmente le fattorizzazioni del coseno e delle funzioni iperboliche.

Denizione 390. Sia f intera, di dice che f ha ordine ρ ∈ [0,+∞] se

ρ := inf

λ ∈ [0,+∞)

∣∣∣∣∣ per r → +∞, supz∈∂D(0,r)

|f (z)| = O(erλ)

.

Se ρ 6= +∞ si dice che f ha ordine nito.

Esempio 391. Se f è un polinomio, allora ρ = 0.

Esempio 392. Se f = exp, allora ρ = 1.

Esempio 393. Se per ogni z ∈ C, f (z) = ezn

, allora ρ = n.

Esempio 394. Se per ogni z ∈ C, f (z) = eez

, f non ha ordine nito.

Esempio 395. Se f (z) = e2z, ρ = 1, ma ρ non è un minimo.

Teorema 396. Sia f una funzione intera di ordine ρ. Allora

ρ = infλ ≥ 0

∣∣∣ ∃A, |f (z)| ≤ eA|z|λ

,∀z.

Denizione 397. Sia zjj∈N0⊂ C \ 0, con |zj |

j→+∞−→ +∞. Si dice chezjj∈N0

ha esponente di convergenza b ∈ [0,+∞] se

b = inf

λ ∈ [0,+∞)

∣∣∣∣∣∣+∞∑j=0

1

|zj |λ< +∞

.

Se b 6= +∞ si dice che zjj∈N0ha esponente di convergenza nito.

Esempio 398. Se zjj∈N0=ejj∈N0

, allora b = 0.

Esempio 399. Se zjj∈N0= jj∈N0

, b = 1.

Esempio 400. Se zjj∈N0= log (j)j∈N0

, la successione non ha coecientedi convergenza nito.

Teorema 401. Sia f intera di ordine nito ρ e siano zjj∈N0⊂ C i suoi zeri

diversi da 0 (ordinati, come sempre, in ordine crescente rispetto al modulo).Allora l'esponente di convergenza b di zjj∈N0

soddisfa

b ≤ ρ.

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7.2 Prodotti (inniti) di funzioni 131

Dimostrazione. Basta dimostrare che, per ogni ε > 0

+∞∑j=0

1

|zj |ρ+ε< +∞.

Si ssi ε > 0 in modo arbitrario. Senza perdere in generalità si può supporre chef non si annulli in 0, infatti se 0 fosse un k-zero, la funzione denita per ogniz ∈ C da f (z) /zk è intera, ha gli stessi zeri diversi da zero, e ha lo stesso ordinedi f . Sia dunque f (0) 6= 0. Detto, per ogni r ∈ R+, n(r) il numero di zeri dif in D (0, r), dalla formula di Jensen (J) e dalla denizione di ordine (ρ) seguel'esistenza di due costanti, c1, c ∈ R+ tali che, per ogni r ∈ R+ sucientementegrande, si ha

log (2)n (r) =

ˆ 2r

r

n (r)

tdt ≤

ˆ 2r

r

n (t)

tdt ≤

ˆ 2r

0

n (t)

tdt

(J)=

1

ˆ 2π

0

log(∣∣f (2reit)∣∣)︸ ︷︷ ︸(ρ)

≤ c1rρ+ε

dt− log (|f (0)|)

≤ crρ+ε.

Da cui, per ogni j ∈ N0 sucientemente grande

j ≤ n (|zj |) ≤ c |zj |ρ+ε .

Dunque, per ogni j ∈ N0 sucientemente grande

c

j≥ 1

|zj |ρ+ε

e quindi, per ogni j ∈ N0 sucientemente grande e per ogni λ > 1

1

jλ≥ 1

cλ1

|zj |(ρ+ε)λ,

pertanto, per ogni λ > 1 la serie

+∞∑j=0

1

|zj |(ρ+ε)λ

converge, dunque, per denizione

b ≤ inf (ρ+ ε)λ | ε > 0, λ > 1 = ρ.

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7.2 Prodotti (inniti) di funzioni 132

Osservazione 402. Sia zjj∈N ⊂ C \ 0, zj → +∞ con esponente di conver-genza b nito. Per l'Osservazione 385 di pagina 126, se esiste p ∈ N0 tale che,per ogni r > 0 la serie

+∞∑j=0

(r

|zj |

)p+1

converga, allora il prodotto

z 7→+∞∏j=0

E

(z

zj, p

)converge. Dunque ogni p ∈ N0 tale che

p+ 1 > b

fa sì che il prodotto converga! Si noti inoltre che, poiché p è intero, esiste il piùpiccolo p che soddis p+ 1 > b.

Denizione 403. Sia zjj∈N0⊂ C \ 0, zj → +∞ con esponente di conver-

genza b nito. Il minimo p ∈ N0 tale che il prodotto

z 7→+∞∏j=0

E

(z

zj, p

)

converga prende il nome genere (nito) del prodotto innito z 7→∏+∞j=1 E

(zzj, p).

Si dice anche che p è il genere della successione zjj∈N0.

Osservazione 404. Se zjj∈N0ha esponente di convergenza nito b allora sicu-

ramente ha genere nito p e

p ≤ b ≤ p+ 1.

Se b non è intero le maggiorazioni sono strette. Se b ∈ N0 può succedere siache p = b (serie con b non convergente) che p+ 1 = b (serie con b convergente)ovvero il primo è il caso dell'inf e il secondo del minimo. Si cerchino dueesempi [Suggerimento: logaritmi con potenze opportune].

Osservazione 405. Dalla stima scritta sopra e poiché b ≤ ρ, segue

p ≤ ρ

(nel seno vale l'uguaglianza). Si dimostra che le funzioni per cui p = ρ sono iprodotti inniti della forma

z 7→+∞∏j=0

E

(z

zj, p

).

tali funzioni prendono il nome di prodotti canonici di Weierstrass.

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7.2 Prodotti (inniti) di funzioni 133

Teorema 406 (Hadamard). Sia f intera di ordine ρ e zeri zjj∈N0⊂ C\0,

zjj→+∞−→ +∞ di genere p. Allora, se z = 0 è un k-zero per f , esiste un polinomio

g di grado al più ρ, tale che, per ogni z ∈ C,

f (z) = zk+∞∏j=0

E

(z

zk, p

)eg(z).

Osservazione 407. Le due ipotesi sopra non sono indipendenti (p ≤ ρ).

Osservazione 408. Rispetto al teorema di Weierstrass la tesi del teorema diHadamard è più forte perché p è sso e g è un polinomio.

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Capitolo 8

Prolungamenti analitici

8.1 Denizioni e primi risultati

Denizione 409 (Elemento analitico). Si dice elemento analitico una serie dipotenze con raggio di convergenza strettamente positivo e reale, o meglio unacoppia (f,D), con a ∈ C, r > 0, D := D (a, r), ann∈N0

⊂ C e per ogni z ∈ D

f (z) =

+∞∑n=0

an (z − a)n.

Denizione 410. Con riferimento alle notazioni della denizione precedente,sia a′ ∈ D (a, r) \ a. Poiché f è sviluppabile in serie di potenze anche in a′,esistono una successione bnn∈N0

⊂ C ed un raggio di convergenza1

r′ ≥ r − |a− a′|

tali che, per ogni z ∈ D′ := D (a′, r′) si abbia

g (z) :=+∞∑n=0

bn (z − a′)n

ef |D′ = g|D′ .

Poiché D ∩D′ è connesso, per il Principio di identità delle funzioni olomorfe èben denita ed olomorfa una funzione

F : D ∪D′ → C,

z 7→ F (z) :=

f (z) , se z ∈ D,g (z) , se z ∈ D′,

1Si noti che la disuguaglianza che segue può valere strettamente, come accade per z 7→1/ (z − 1).

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8.1 Denizioni e primi risultati 135

che è l'unica estensione possibile di f sull'insieme D ∪D′. Se

r′ > r − |a− a′|

si dice che l'elemento analitico (g,D′) è dedotto dall'elemento analitico (f,D).

Osservazione 411. Si noti come il disco di convergenza nuovo non possa conte-nere quello vecchio (se no r sarebbe più grande), dunque

r′ ≤ r + |a− a′| ,

da cui si ottiene la limitazione

r − |a− a′| ≤ r′ ≤ r + |a− a′| .

Osservazione 412. La relazione di deduzione non è simmetrica. Come si vededagli insiemi di denizione se g è dedotta da f non è detto cha anche f siadedotta da g, perché il centro del disco di convergenza della funzione nuova deveessere contenuto nel disco di convergenza della funzione vecchia. C'è dunque unordine di deduzione, così come si intuisce dalla scelta della denizione.

Esempio 413. Si consideri l'elemento analitico, denito per ogni z ∈ D :=D (0, 1)

+∞∑n=0

zn =1

1− z.

Scelta a′ ∈ R+ ∩ D, allora r′ = 1 − |a′|, cioè il raggio è minimale. Scegliendoinvece a′ ∈ R−0 ∩D il raggio è massimale, cioè r′ = 1+ |a′|. Per ogni a′ ∈ D\R siha inne r′ = |a′ − 1| ∈ (1− |a′| , 1 + |a′|). Si possono dunque dedurre elementianalitici di qualunque raggio intermedio tra quello massimale e quello minimale.Qui è tutto chiaro perché è nota la somma della serie. Senza questa informazionesarebbe tutt'un altro paio di maniche.

Denizione 414. Gli elementi analitici (f,D) e (g,E) sono detti contigui (oprolungamento analitico diretto l'uno dell'altro) se D∩E 6= ∅ e f = g in D∩E.

Osservazione 415. Si noti che due elementi analitici contigui non sono necessa-riamente uno dedotto dall'altro.

Osservazione 416. Sia (f0, D0) , . . . (fn, Dn) una catena di elementi analiticicontigui, ossia una famiglia di elementi analitici tali che per ogni j ∈ 0, . . . , n− 1,

fj |Dj∩Dj+1= fj+1|Dj∩Dj+1

(si richiede che l'intersezione sia non banale solo tra un elemento analitico ed ilsuccessivo, non tra tutti!). Si noti che se l'intersezione D0 ∩Dn è non banale2,può succedere che

f0|D0∩Dn 6= fn|D0∩Dn .

2Come succede nel logaritmo

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8.1 Denizioni e primi risultati 136

Denizione 417. Si denisce linea una funzione γ : [a, b] → C continua einiettiva.

Denizione 418. Sia γ : [a, b]→ C una linea. Fissata

P := a0 = a < a1 < . . . < an+1 = b

partizione di [a, b], si dice che una famiglia di dischi D0, . . . , Dn ⊂ C è connessalungo γ relativamente a P se per ogni i ∈ 0, . . . n

γ ([ai, ai+1]) ⊂ Di.

Osservazione 419. In questo caso, per ogni j ∈ 1, . . . , n+ 1, si ha γ (aj) ∈Dj−1 ∩Dj , cioè esiste un intorno di γ (aj) fatto dall'intersezione di due dischiadiacenti.

Denizione 420. Siano

(f0, D0) , . . . , (fn, Dn)

una famiglia di elementi analitici, γ : [a, b] → C una linea e P una partizio-ne di [a, b]. Si dice che (f0, D0) , . . . , (fn, Dn) è un prolungamento analiticodi (f0, D0) lungo γ relativamente a P se D0, . . . , Dn è connessa lungo γ,relativamente a P e se, per ogni j ∈ 0, . . . n− 1, si ha

fj |Dj∩Dj+1= fj+1|Dj∩Dj+1

.

Osservazione 421. La denizione precedente è molto insoddisfacente: la di-pendenza dalla partizione e dalla famiglia di dischi non è davvero tollerabile!Pensando al logaritmo, si può capire che la dipendenza dalla linea in alcuni casisia un male necessario, però sarebbe carino se il resto fosse invariante per ilprolungamento.

Teorema 422. Siano γ : [a, b] → C una linea, P1,P2 partizioni di [a, b],D0, . . . , Dn , E0, . . . , Em famglie di dischi connesse lungo γ relativamente(rispettivamente) a P1 e P2. Dati (f0, D0) , . . . , (fn, Dn) e (g0, E0) , . . . , (gm, Em)prolungamenti analitici di (f0, D0) e di (g0, E0) lungo γ, relativamente (rispet-tivamente) a P1 e P2. Se

f0|D0∩E0= g0|D0∩E0

,

allorafn|Dn∩Em = gn|Dn∩Em

(ovvero (fn, Dn) e (gm, Em)sono elementi contigui (prolungamento analiticodiretto l'uno dell'altro in un intorni di γ (b)).

Dimostrazione. Si divide la dimostrazione in due punti.

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8.1 Denizioni e primi risultati 137

1. Si supponga P1 = P2. Allora

f0|D0∩E0= g0|D0∩E0

,

g0|E0∩E1= g1|E0∩E1

,

f0|D0∩D1= f1|D0∩D1

,

pertanto, per ogni z ∈ D0 ∩D1 ∩ E0 ∩ E1 (che è non vuoto perché γ (a1)gli appartiene), si ha

f1 (z) = g1 (z) .

Essendo E0 ∩ E1 ∩ D0 ∩ D1 aperto (intersezione nita di aperti), per ilPrincipio di identità delle funzioni olomorfe si ha, procedendo in modoinduttivo,

fn|Dn∩En = gn|Dn∩En .

2. Per due partizioni diverse si passa ad un ranamento contenente entram-be. Senza perdere in generalità si aggiunga un punto solo. Siano P :=a0 = a < a1 < . . . < an+1 = b una partizione di [a, b] e (f0, D0) , . . . (fn, Dn)un prolungamento di (f0, D0) lungo γ, relativamente alla partizione P.Senza perdere in generalità si consideri allora la partizione

P∗ := a0 = a < a1 < . . . < aj < a∗ < aj+1 < . . . < am+1 = b

e il prolungamento (g0, E0) , . . . , (g∗, E∗) , . . . , (gn, En) di (g0, E0) lungoγ relativamente a P∗. Per ipotesi

g0|D0∩E0= f0|D0∩E0

.

e visto che i prolungamenti coincidono no a j e dopo j + 1, c'è soloda mettere a posto l'elemento analitico asteriscato. Si prenda due voltelo stesso disco per le f tra γ (aj) , γ (a∗) e tra γ (a∗) , γ (aj+1). Poichétutti i prolungamenti delle f sono contigui e lo stesso vale per le g, alloraper il Principio di identità delle funzioni olomorfe fj e gj coincidono suldisco contenente γ (aj) , γ (a∗). Procedendo nello stesso modo dimostraquanto desiderato.

Problema 423. Si può sempre prolungare?

Esempio 424. Se

z 7→ f0 (z) =

+∞∑n=0

zn =1

1− z,

è chiaro che la funzione si possa prolungare lungo ogni curva non passante per1.

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8.1 Denizioni e primi risultati 138

Esempio 425. Se

z 7→ f0 (z) =

+∞∑n=0

zn!,

non esiste alcun prolungamento analitico di f0 fuori da D := D (0, 1). Per ognip, q ∈ Z, con q 6= 0 e siano

zpq := e2πi pq .

Poiché i razionali sono densi dei reali, questi punti sono densi su ∂D. Chiara-mente però la serie

+∞∑n=0

(e2πi pq

)n!

=

q∑n=0

e2πi pq n! +

+∞∑n=q

1

non converge. Allora non può esistere nessun elemento analitico contiguo aquello di partenza, infatti se ci fosse un disco contenente un archetto di circon-ferenza, la funzione f1 che prolunga f dovrebbe essere una serie di potenze, manon converge in in un insieme denso di punti sull'archetto che contiene. As-surdo. Questo è dunque un esempio di un elemento analitico che non si puòprolungare in alcun disco al di fuori del disco di convergenza.

Denizione 426 (Prolungamento analitico). Siano γ : [a, b] → C una linea e(f0, D0) un elemento analitico. Si chiama prolungamento analitico di f0 lungoγ una famiglia nita di elementi analitici (f0, D0) , . . . (fn, Dn) tali che

• esista P := a0 = a, . . . , an+1 = b partizione di [a, b] tale che, per ognii ∈ 0, . . . , n+ 1, γ ([ai, ai+1]) ⊂ Di;

• per ogni i ∈ 0, . . . , n, (fi, Di) sia contigua a (fi+1, Di+1), ovvero perogni i ∈ 0, . . . , n

fi|Di∩Di+1= fi+1|Di∩Di+1

.

Esercizio 427. Si consideri la funzione denita per ogni z ∈ D := D (0, 1) da

f0 (z) :=

+∞∑n=1

(−1)n+1

zn

n

.= Log (1 + z) .

Detta γ := ∂+D, i prolungamenti analitici di f0 lungo γ in un intorno di z = 0sono dati, al variare di n ∈ N0, da z 7→ f0 (z) + 2πn.

Teorema 428 (di monodromia). Siano Ω un dominio, (f0, D0) un elementoanalitico, z0 ∈ D0 ⊂ Ω. Si supponga inoltre che per ogni linea γ con supporto inΩ esista un prolungamento analitico di f0 lungo γ. Date due linee γ, σ : [a, b]→C con supporto in Ω ed estremi comuni γ (a) = σ (a) = z0 e γ (b) = σ (b) =: w0,se γ è omotopa a σ in Ω, allora i prolungamenti analitici di f0 lungo γ e σcoincidono in un intorno di w0.

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8.1 Denizioni e primi risultati 139

Dimostrazione. Sia Ψ : [a, b]× [0, 1]→ C omotopia tra γ e σ, dunque Ψ (·, 0) =γ (·), Ψ (·, 1) = σ, Ψ (a, t) = γ (a) e Ψ (b, t) = γ (b). L'idea è questa: se èpossibile prolungare (per denizione con un numero nito di dischi), si trova unintorno tubolare attorno alla curva interamente contenuto nell'unione dei dischi.Passando dalla curva di partenza ad una vicina quegli stessi cerchi andrannobene. Per ogni t ∈ [0, 1] sia γt := Ψ (·, t). Per ogni t ∈ [0, 1] il prolungamentoanalitico di f0 lungo γt termina con un certo elemento, che battezziamo fγt . Sia

A := t ∈ [0, 1] | fγt (z) = fγ0 (z) in un intorno di w0 .

Si vuole dimostrare che questo insieme è non vuoto, aperto e chiuso. Che nonsia vuoto è ovvio perché 0 ∈ A. Che A sia aperto e chiuso è sostanzialmente lastessa dimostrazione.

• A è aperto) Sia t0 ∈ A (senza perdere in generalità sia t0 > 0, in modo dapoter prendere prendere intorni tubolari interi e non semi-tubi). Sia

(f0, D0) , . . . , (fn0, Dn0

) = (∗)

un prolungamento analitico di f0 lungo γt0 . Sia inoltre

ε := εt0 := dist (supp (γt0) , (D1 ∪ . . . ∪Dt0)c) > 0

cioè la distanza (di un compatto da un chiuso entrambi disgiunti), ovverola grandezza massima del salsicciotto attorno alla curva. Per la conti-nuità dell'omotopia esiste un δ > 0 tale che per ogni t ∈ [0, 1], |t− t0| < δsi ha |Ψ (·, t)−Ψ (·, t0)| < ε. Cioè se |t− t0| < δ il prolungamento anali-tico (∗) è prolungamento analitico di f0 anche lungo γt per ogni t ∈ [0, 1]con |t− t0| < δ, dunque in particolare anche l'elemento nale coincide epertanto tutto l'intorno (t0 − δ, t0 + δ) ⊂ A, pertanto A è aperto.

• A è chiuso) Sia tkk∈N ⊂ A una successione convergente, e sia t∗ :=limk→+∞ tk. Si vuole dimostrare che t∗ ∈ A. Si ssi la curva γt∗ . Costruitoil prolungamento analitico lungo γt∗

(f0, D0) , . . . , (fn∗ , Dn∗) = (∗) ,

si denisca

ε∗ := εt∗ := dist (supp (γt∗) , (D1 ∪ . . . ∪Dn∗)c) .

Per la continuità di Ψ in t∗ esiste un δ∗ > 0 tale che per ogni t ∈ [0, 1],|t− t∗| < δ∗ si ha |Ψ (·, t)−Ψ (·, t∗)| < ε∗; dunque γt ha supporto in unε∗-intorno di γt∗ . È allora possibile uso gli stessi dischi e quindi i valorinali coincidono . Allora t∗ ∈ A e abbiamo vinto.

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8.2 La funzione Γ di Eulero 140

Osservazione 429. Il Teorema di monodromia fornisce una condizione sucienteanché i prolungamenti analitici siano funzioni di punto, indipendenti dallaparticolare scelta per prolungare. Come è chiaro, se l'insieme di partenza èsemplicemente connesso esiste un unico monodromo (i.e. funzione di punto)prolungamento analitico.

Corollario 430. Siano Ω semplicemente connesso, D0 ⊂ Ω disco e (f0, D0)elemento analitico. Se f0 può essere prolungato analiticamente lungo qualun-que linea γ con supporto in Ω, allora è denita una unica funzione olomorfa(monodroma!) in Ω che prolunga f0.

Osservazione 431. Tutti i teoremi basati sull'omotopia si dimostrano mostrandoche ciò che vogliamo (in questo caso il prolungamento) è una funzione continuadell'omotopia (stessa cosa per l'integrale nullo, l'integrale cambia di poco se lacurva cambia di poco).

Osservazione 432. Siano Ω dominio, g olomorfa su Ω, D0 ⊂ Ω disco e z0 ∈ D0.Essendo D0 semplicemente connesso l'integrale di g da z0 ad un generico z ∈ D0

non dipende dalla curva, dunque con un abuso di notazione si può scrivere

f0 : D0 → C,

z 7→ f0 (z) =

ˆz0z

g (w) dw.

Allora (f0, D0) è un elemento analitico. Poiché Ω è connesso per archi, per ogniz ∈ Ω esiste una linea γ : [a, b] → C tale che γ (a) ∈ D0 e γ (b) Ω \D0. Sia z ∈Ω \D0. Per quanto appena detto esiste γ : [a, b]→ C tale che γ (a) =: w0 ∈ D0

e γ (b) = z. È dunque possibile prolungare f0 in z ponendo

F (z) :=

ˆz0w0+ w0z|γ

g (w) dw.

Se g è una funzione intera allora F denisce una funzione monodroma, altrimentiil prolungamento analitico dipende dalla curva.

Esempio 433. Si consideri una funzione con una singolarità semplicissima (unpolo), e.g.

z 7→ g (z) =1

z.

Chiaramente g è olomorfa su Ω := C \ a, che non è semplicemente connesso.Sviluppando g attorno a 1 e prolungando analiticamente g lungo ∂+D (0, 1)si otterrà un prolungamento che dipende dalla curva ∂+D (0, 1). Questo è unmodo semplice per creare funzioni polidrome.

8.2 La funzione Γ di Eulero

Denizione 434 (Γ). La funzione denita per ogni z ∈ C, con Re (z) > 0, da

Γ (z) :=

ˆ +∞

0

tz−1e−t dt

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8.2 La funzione Γ di Eulero 141

prende il nome di funzione Γ di Eulero (o integrale di Eulero).

Osservazione 435. Si noti che per ogni t ∈ [0,+∞) e per ogni z ∈ C, conRe (z) > 0: ∣∣tz−1

∣∣ = tRe(z)−1,

dunque la denizione di integrale di Eulero è ben posta. La funzione integrandaè integrabile secondo Riemann in senso generalizzato.

Teorema 436. Γ è olomorfa in Re (z) > 0.

Dimostrazione. Per ogni z ∈ C, conRe (z) > 0, si ha3

Γ (z + 1) =

ˆ +∞

0

tze−t dt

(IPP )= − e−ttz|+∞0︸ ︷︷ ︸

=0

+

ˆ +∞

0

e−tztz−1 dt

= zΓ (z) .

Poiché l'integranda è continua su Re (z) > 1, passando al limite sotto il segno diintegrale si ottiene che Γ è continua su Re (z) > 1. Dalla relazione Γ (z + 1) =zΓ (z) si ottiene dunque la continuità di Γ su tutto Re (z) > 0. Per ogni curvachiusa ammissibile c in Re (z) > 0, dal Teorema di Fubini segue che

ˆc

Γ (z) dz =

ˆ +∞

0

e−t(ˆ

c

tz−1 dz

)︸ ︷︷ ︸

=0

dt = 0,

dove l'integrale sotto la graa è nullo per il teorena integrale nullo di Cauchy.Per il teorema di Morera si ha dunque la tesi.

Osservazione 437. Per quanto visto nella dimostrazione precedente, per ognin ∈ N si ha

Γ (n+ 1) = nΓ (n)

= n!Γ (1) .

Osservando che Γ (1) = 1 si ottiene che Γ interpola il fattoriale.

Osservazione 438. Per quanto visto nella dimostrazione precedente, per ogniz ∈ C, con Re (z) > 0, si ha

Γ (z) =1

zΓ (z + 1) .

Essendo la parte destra ben denita ed olomorfa su tutto Re (z) > −1\0, èpossibile ottenere un prolungamento analitico di Γ sulla striscia −1 ≤ Re (z) ≤ 0\

3Essendo Re (z) > 0, spostandosi in z + 1 l'integranda diventa continua.

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8.2 La funzione Γ di Eulero 142

0, infatti il membro di destra coincide con Γ su Re (z) > 0. Non abbiamola più pallida idea di quale sia l'espressione analitica di Γ nella striscia aggiun-ta! Tuttavia nessuno ci ferma più, infatti integrando per parti più volte, perinduzione si ottiene per ogni z ∈ Re (z) > 0 e per ogni n ∈ N, l'epressione

Γ (z + n) = (z + n− 1) (z + n− 2) . . . zΓ (z) .

Ma allora, per ogni n ∈ N0 e per ogni z ∈ Re (z) > −n \ 0,−1, . . . ,−n+ 1si ha

Γ (z) =1

z (z + 1) . . . (z + n− 1)Γ (z + n)

ed è possibile estendere la denizione di Γ ad una funzione olomorfa no aRe (z) > −n \ 0,−1, . . . ,−n+ 1.

Teorema 439. La funzione Γ ha prolungamento analitico in Ω := C \ Z−0(meromorfo su C∗). Per ogni n ∈ N0 la funzione Γ ha un 1-polo in z = −n conresiduo

Res (Γ,−n) =(−1)

n

n!.

Dimostrazione. Tutto dimostrato a meno di

limz→−n

(z + n) Γ (z) = limz→−n

(z + n)1

z︸︷︷︸→−n

(z + 1)︸ ︷︷ ︸→−n+1

. . . (z + n− 1)︸ ︷︷ ︸→−1

(z + n)

→1︷ ︸︸ ︷Γ (z + n+ 1) .

Proposizione 440. La funzione Γ di Eulero soddisfa le seguenti proprietà:

1. per ogni z ∈ Ω, Γ (z + 1) = zΓ (z);

2. per ogni n ∈ N, Γ (n+ 1) = n!;

3. Γ(

12

)=√π (comodo perché la misura delle bolle in Rn coinvolge la Γ nei

mezzi interi)

Dimostrazione. Tutto dimostrato tranne l'ultimo punto.

Γ

(1

2

)=

ˆ +∞

0

t−1/2e−t dt

=

√t = x,

dt

2√t

= dx

= 2

ˆ +∞

0

e−x2

dx

= (conti, passando in polari).

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8.3 Costante di Eulero-Mascheroni 143

8.3 Costante di Eulero-Mascheroni

Denizione 441. Si dice costante di Eulero-Mascheroni il numero reale positivoγ denito da

eγ =

+∞∏n=1

(1 +

1

n

)−1

e1/n︸ ︷︷ ︸=:1+αn

Osservazione 442. La denizione è ben posta. Si noti infatti che essendo l'e-sponenziale reale una funzione convessa, certamente per ogni n ∈ N0 si hae1/n ≥ 1/n, dunque se il prodotto nella denizione di γ converge, converge aqualcosa di ≥ 1. Si verica che per n → +∞, αn ∼ 1

2n2 , dunque il prodottoinnito converge. Numericamente γ ≈ 0.577.

Osservazione 443. Non si sa se γ sia un numero algebrico o trascendente.

Proposizione 444. Si ha

γ = limn→+∞

(n∑k=1

1

k− log (n)

).

Dimostrazione. Passando al log, si ha

γ = limn→+∞

n∑k=1

[− log

(1 +

1

k

)+

1

k

]

= limn→+∞

[n∑k=1

1

k− log (n+ 1)

]

= limn→+∞

[n∑k=1

1

k− log (n)

]

dove l'ultima uguaglianza vale perché, per n→ +∞, la dierenza tra log (n+ 1)e log (n) è o (1), e i due limiti divergono4.

Teorema 445. Per ogni z ∈ Ω : C \ Z−0 , si ha

Γ (z) =e−γz

z

+∞∏n=1

(1 +

z

n

)−1

ez/n.

Dimostrazione (Da riguardare) (Idea). Prendo

H (z) =

+∞∏n=1

(1 +

z

n

)e−z/n.

4Se i due limiti non divergessero l'uguaglianza non sarebbe aatto vera!

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8.3 Costante di Eulero-Mascheroni 144

Per la teoria questo è il prodotto canonico di Weierstrass che si annulla con degli1-zeri negli interi negativi (il più semplice perché la lunghezza dei polinomi ine · è sempre = 1). Il membro di destra nella tesi è soltanto

e−γz

zH (z)

che è certamente una funzione olomorfa in Ω e avente 1-poli negli interi negativi.Per dimostrare che sono uguali si fanno 3 cose.

1. (RHS) = lim gn (z) uniformemente sui compatti di Ω (per qualche succes-sione gn). Ci crediamo perché è un prodotto di Weierstrass.

(RHS)

(RHS) =e−γz

zlim

n→+∞

+∞∏k=1

(1 +

z

k

)−1

ez/k

=e−γz

zlim

n→+∞

n!

(z + 1) . . . (z + n)e(z+

z2 +...+ z

n )

= e−γz limn→+∞

n!

z (z + 1) . . . (z + n)e(z+

z2 +...+ z

n )

da cui, partendo da γ = limn→+∞[∑n

k=11k − log (n)

], moltiplicando per

z e passando all'esponenziale

e−γz = limn→+∞

nze−z(1+ 12 +...+ 1

n ),

da cui

(RHS) = limn

n!nz

z (z + 1) . . . (z + n)︸ ︷︷ ︸gn(z)

.

Si verica che la convergenza è uniforme sui compatti di Ω.

2. Γ (z) = lim fn (z) uniformemente sui compatti di Re (z) > 0.

In Re (z) > 0 si ha

Γ (z) =

ˆ +∞

0

tz−1e−t dt.

Si dimostra che per t ∈ [0, n]

0 ≤ e−t −(

1− t

n

)n≤ 1

2

t2

n2.

Per farlo si valutano in 0, poi si vede che la derivata del mebro centrale è≤ di quella del membro di destra. Considerando

fn :=

ˆ n

0

tz−1

(1− t

n

)ndt,

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8.3 Costante di Eulero-Mascheroni 145

questo integrali per DOM convergono a Γ (z) (uniformemente sui compattidi Re (z) > 1).

3. fn (x) = gn (x) per ogni x > 1.

Sia x ∈ R, x > 1. Si ha fn continue, quindi posso integrare per parti,

fn =

ˆ n

0

tx−1

(1− t

n

)ndt

(IPP )=

1

xtx(

1− t

n

)n|n0︸ ︷︷ ︸

la parte di bordo=0

+1

x

ˆtxn

n

(1− t

n

)n−1

dt

= (non riscrivo la parte di bordo)

(IPP )=

1

x (x+ 1)

ˆ n

0

tx+1n (n− 1)

n2

(1− t

n

)n−2

dt

= (induttivamente, dopo n passi)

=n!´ n

0tx+n−1 dt

nnx (x+ 1) . . . (x+ n− 1)

=n!nx+n

nnx (x+ 1) . . . (x+ n)

=n!nx

x (x+ 1) . . . (x+ n)= gn

Corollario 446. Per ogni z ∈ Ω := C \ Z−0 , si ha

Γ (z) Γ (1− z) =π

sin (πz).

Dimostrazione. Si ricordo la fattorizzazione di z 7→ sin (πz). Per ogni z /∈ N0 siha

Γ (−z) =eγz

−z

+∞∏n=1

(1− z

n

)−1

e−z/n,

da cui

Γ (z) Γ (−z) = − 1

z2

+∞∏n=1

(1− z2

n2

)−1

= −1

z

π

sin (πz),

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8.4 La funzione ζ di Riemann 146

da cui

Γ (z) Γ (1− z) = −zΓ (−z) Γ (z)π

sin (πz).

Teorema 447 (Formula di Stirling). Per ogni δ > 0, nel settore

Aδ := z ∈ C | Arg (z) ∈ [−π + δ, π − δ] ,

se |z| → +∞ in A, allora

Γ (z) =∼ zz− 12 e−z

√2π.

Dimostrazione (Idea). Si dimostra che, per ogni δ > 0, se z ∈ Aδ, allora

Log (Γ) =

(z − 1

2

)Log (z)− z +

1

2log (2π)−

ˆ +∞

0

p1 (t)

z + tdt,

dove p1 è la funzione dente di sega, denita su R da t 7→ p1 (t) := t− [t]− 12 .

Osservazione 448. La formula di Stirling nota dai corsi di analisi di base è uncaso particolare della formula di Stirling per la Γ. La stima per n→ +∞

n! ∼ nne−n√

2πn

è infatti ottenibile dalla formula di Stirling per la Γ semplicemente valutandonegli interi ed utilizzando la solita proprietà ricorsiva.

8.4 La funzione ζ di Riemann

Denizione 449 (Funzione ζ di Riemann). Si dice funzione ζ di Riemann lafunzione denita per ogni z ∈ C, con Re (z) > 1, da

ζ (z) :=

+∞∑n=1

1

nz.

Osservazione 450. Dato che la serie di funzioni converge uniformemente suicompatti contenuti in Re (z) > 1,

ζ ∈ H (Re (z) > 1 ,C) .

Teorema 451. Per ogni z ∈ C, con Re (z) > 1, sfruttando la cosiddetta Tra-sformata di Mellin è possibile legare le funzioni ζ di Riemann e Γ di Eulerotramite l'identità

ζ (z) Γ (z) =

ˆ +∞

0

(et − 1

)−1tz−1 dt.

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8.4 La funzione ζ di Riemann 147

Teorema 452. La funzione ζ di Riemann ammette un prolungamento analitico5

su C \ 1, con 1-polo z = 1.

Osservazione 453. Tutti gli interi negativi sono zeri di ζ (facile da dimostra-re) detti zeri banali. Si dimostra che tutti gli altri zeri vivono nella strisciaRe (z) ∈ [0, 1].

Congettura 454 (Ipotesi di Riemann). Tutti gli zeri non banali di ζ giaccionosulla retta

Re (z) = 1

2

.

Osservazione 455. Nei corsi che non sono di analisi complessa, la ζ si deniscecome

z 7→ ζ (z) =

+∞∏n=1

1

1− 1pzn

,

dove pnn∈N è la successione dei numeri primi ordinati in ordine crescente. Daquesta rappresentazione si deduce

+∞∑n=1

1

n=

∏p primi

1

1− 1p

,

che è una dimostrazione (overcomplicated) che i primi sono inniti.

5Come visto per la funzione Γ di Eulero, si procede striscia per striscia.

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Indice analitico

Argomento, 5

C, 4C (Ω,C), 99Cauchy-Riemann, 12, 13, 15, 16Connessione, 8Connessione lungo una linea, 136Connessione per archi, 8Costante di Eulero-Mascheroni, 143Curva ammissibile, 34

Derivabilità, 10Derivabilità all'∞, 10Derivate di Wirtinger, 15Disuguaglianza di Cauchy, 49D (z0, r), 9Dominio, 9

Elemento analitico, 134Elemento analitico dedotto, 135Esponente di convergenza, 130Esponenziale, 5

Fattore elementare di Weierstrass, 118Fattorizzazione del seno, 129Forma algebrica, 5Forma esponenziale, 6Forma polare, 5Formula di Cauchy nel disco, 43Formula di Cauchy per le derivate, 47Formula di De Moivre, 6Formula di Jensen, 125Formula di Stirling, 146Funzione intera, 10Funzione olomorfa, 10

Γ di Eulero, 140Γ di Eulero, 142

Genere, 132

H(A,C), 10

Identità di Eulero, 6Indice di avvolgimento, 43Integrale di tipo Cauchy, 54Integrale nullo di Cauchy (omotopia),

59Integrale su curve complesse, 34Ipotesi di Riemann, 147

Lemma si Schwarz, 95Linea, 136Liouville, 49Locale (equi)limitatezza, 100

Modulo, 5

Normale, 100

O (Ω), 57Omotopia, 58Ordine di funzioni intere, 130Ordine di uno zero, 52

Parametrizzazione di una curva ammis-sibile, 34

Parte singolare, 123Polinomio di interpolazione di Lagran-

ge, 121Principio di identità, 52Prodotto innito, 108Prolungamento analitico, 136, 138Prolungamento analitico diretto, 135

Serie di potenze, 6Sviluppo di Taylor locale, 45

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INDICE ANALITICO 149

Teorema della mappa di Riemann, 102Teorema di Abel, 8Teorema di Cauchy sul disco, 39Teorema di Cauchy-Goursat, 37Teorema di fattorizzazione di Hadamard,

133Teorema di fattorizzazione di Weier-

strass, 120Teorema di interpolazione di funzioni

intere, 121Teorema di Liouville, 49Teorema di massimo modulo, 53Teorema di Mittag-Leer, 124Teorema di monodromia, 138Teorema di Montel, 101Teorema di Morera, 47Teorema di Weiestrass, 56Teorema fondamentale dell'algebra, 51Trasformazioni di Möbius, 97

Unità immaginaria, 4

ζ di Riemann, 146