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Appunti di analisi convessa

Tommaso R. Cesari

APPUNTI NON UFFICIALI1

(Analisi convessa - corso di Libor Vesely)

1Nota del redattore

Questi appunti sono stati scritti da me durante il Corso (A.A. 2012-2013). Sono assoluta-mente indipendenti dall'iniziativa del Docente. Di queste carte non è fornita alcuna garanziaesplicita o implicita di correttezza o di completezza. In particolare, è assai probabile che ri-sultino presenti numerosi errori delle tipologie più svariate, in primo luogo concettuali, dovutiall'imperizia del curatore. Si sottolinea inoltre che non vi è stato da parte mia alcuno sforzoper rendere gli argomenti formalmente corretti, né tanto meno per dare loro una veste chiarae lineare. Usate dunque le informazioni qui contenute a vostro rischio e pericolo.Tommaso R. Cesari

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Indice

1 Insiemi e involucri 41.1 Compattezza dell'involucro convesso . . . . . . . . . . . . . . . . 41.2 Interno topologico/relativo/algebrico e chiusura . . . . . . . . . . 19

2 Funzioni lineari, ani e convesse 262.1 Funzioni lineari, ani e convesse in spazi vettoriali . . . . . . . . 262.2 Continuità di funzionali lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 312.3 Continuità di funzioni convesse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 352.4 Teorema di Banach-Steinhaus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

3 Insiemi convessi (e compatti) 443.1 Punti estremi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 443.2 Teorema di Krein-Milman . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48

3.2.1 Complementi al teorema di Krein-Milman (cenni) . . . . 563.3 Teorema di Helly, applicazioni e parenti . . . . . . . . . . . . . 58

4 Funzioni convesse notevoli 664.1 Funzione indicatrice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 664.2 Funzioni sublineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 664.3 Distanza da un insieme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 684.4 Funzioni di supporto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 704.5 Funzionale di Minkowski . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72

5 Ottimizzazione di funzioni convesse 765.1 Minimizzazione di funzioni convesse . . . . . . . . . . . . . . . . 765.2 I punti più vicini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 775.3 Centri di Chebyshev . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81

6 Disuguaglianza integrale di Jensen 846.1 Disuguaglianza integrale di Jensen . . . . . . . . . . . . . . . . . 846.2 Seconda disuguaglianza di Jensen . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91

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INDICE 3

7 Funzioni convesse di una variabile reale 947.1 Derivabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 947.2 Subdierenziale (in R) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 977.3 Derivabilità seconda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99

8 Dierenziabilità di funzioni convesse in spazi normati 1038.1 Gâteaux e Fréchet-dierenziabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . 1038.2 Subdierenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1088.3 Dierenziabilità a meno di insiemi piccoli . . . . . . . . . . . . . 116

8.3.1 Spazi di Asplund (cenni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121

9 Appendice 1239.1 Categorie e spazi di Baire . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1239.2 Funzioni semicontinue . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1279.3 Teoremi di Hahn-Banach . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1299.4 Net . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1329.5 Topologie deboli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134

9.5.1 Convergenza w e w∗ di net e successioni . . . . . . . . . . 140

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Capitolo 1

Insiemi e involucri

Notazione 1 (Spazi vettoriali reali). A meno che diversamente specicato sisupporrà che ogni spazio vettoriale nominato in questi appunti sia uno spaziovettoriale reale.

1.1 Compattezza dell'involucro convesso

Denizione 2 (Segmento, retta). Sia X uno spazio vettoriale e siano x, y ∈ X.Si deniscono come segue i segmenti

[x, y] := (1− t)x+ ty | t ∈ [0, 1] ,[x, y) := [x, y] \ y ,(x, y] := [x, y] \ x ,(x, y) := [x, y] \ x, y

e la retta

←→xy := (1− t)x+ ty | t ∈ R .

Osservazione 3 (Simmetria). Per ogni x, y ∈ X, si ha [x, y] = [y, x], [x, y) =(y, x] e ←→xy =←→yx.

Denizione 4 (Insieme lineare/ane/convesso). Siano X uno spazio vettorialee A ⊂ X non vuoto. Si dice che

• A è lineare se A è un sottospazio vettoriale di X, i.e. se

∀x, y ∈ A,∀α, β ∈ R, αx+ βy ∈ A;

• A è ane se per ogni x, y ∈ A si ha↔xy ∈ A, i.e. se

∀x, y ∈ A,∀α, β ∈ R, α+ β = 1, αx+ βy ∈ A;

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1.1 Compattezza dell'involucro convesso 5

• A è convesso se per ogni x, y ∈ A si ha [x, y] ∈ A, i.e. se

∀x, y ∈ A,∀α, β ∈ [0, 1], α+ β = 1, αx+ βy ∈ A.

Osservazione 5. Lineare ⇒ ane ⇒ convesso, ma non valgono i viceversa.

Proposizione 6 (Traslati di ani sono ani). Siano X uno spazio vettoriale,A ⊂ X ane e x0 ∈ X. Allora

A := A− x0.= x ∈ X | x = x′ − x0, x

′ ∈ A

è ane.

Dimostrazione. Infatti per ogni x, y ∈ A e per ogni α, β ∈ R con α + β = 1 siha

αx+ βy = α (x′ − x0) + β (y′ − x0)

= αx′ + βy′︸ ︷︷ ︸∈A

− (α+ β)︸ ︷︷ ︸=1

x0

∈ A.

Esercizio 7. Siano X uno spazio vettoriale e A ⊂ X non vuoto. Si dimostriche

1. A è lineare se e solo se A è ane e 0 ∈ A.

2. A è ane se e solo se A è il traslato di un insieme lineare e tale insiemelineare è unico.

3. L'intersezione di una famiglia arbitraria di insiemi lineari(/ani/convessi)è un insieme lineare(/ane/convesso).

Svolgimento.

1. ⇒) Se A è lineare, è chiaro che A sia ane e 0 ∈ A.⇐) Siano A ane e 0 ∈ A. Si ssino arbitrariamente x, y ∈ A e α, β ∈ R.

Per ipotesi

v :=1

α+ β(αx+ βy)︸ ︷︷ ︸

=:w

∈ A.

Si vuole dimostrare che w ∈ A. Essendo A ane e 0 ∈ A,

A ⊃↔0v

.= (1− t) 0 + tv | t ∈ R .= tv | t ∈ R ,

dunque w = (α+ β) v ∈ A.

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1.1 Compattezza dell'involucro convesso 6

2. ⇒) Sia A ane. Si ssi arbitrariamente a ∈ A, allora

L := A− a .= x ∈ X | x = x′ − a, x′ ∈ A

è un insieme ane (per l'osservazione precedente) e contiene lo 0,in quanto 0 = a − a. Per il punto precedente, dunque, L è lineare.Si vuole dimostrare che L sia l'unico traslato lineare di A. Per ognix0 ∈ X \A, l'insieme A−x0 non è lineare, in quanto 0 /∈ A−x0,mentre per ogni x0 ∈ A, l'insieme A−x0 è lineare, in quanto ane econtenente l'origine. Si vuole dunque dimostrare che per ogni x0 ∈ A,L = A− x0. Siano allora x′, x0 ∈ A arbitrari. Si vuole dimostrareche x′ − x0 ∈ L e che x′ − a ∈ A − x0. Poiché L è lineare, dax′ − a ∈ L e x0 − a ∈ L segue x′ − x0 = (x′ − a) − (x0 − a) ∈ L.Poiché A−x0 è lineare, da x′−x0 ∈ A−x0 e a−x0 ∈ A−x0segue x′ − a = (x′ − x0)− (x0 − a) ∈ A− x0.

⇐) Segue banalmente dalle due osservazioni precedenti.

3. Segue in modo ovvio dalle denizioni.

Denizione 8 (Dimensione algebrica di un insieme ane). Siano X uno spaziovettoriale e A ⊂ X ane. Si denisce dimensione (algebrica) di A, e si indicacon dim (A), la dimensione algebrica dell'unico sottospazio vettoriale V di Xtale che esista x0 ∈ X tale che A = V − x0.

Osservazione 9. Per il punto 2 dell'Esercizio 7, la denizione precedente è benposta. Dalla denizione segue inoltre in modo ovvio che se A ⊂ X è ane e Aè un traslato di A, allora dim (A) = dim

(A).

Denizione 10 (Involucro lineare/ane/convesso). Siano X uno spazio vet-toriale e A ⊂ X non vuoto. Si deniscono

• involucro lineare, l'insieme

span (A) :=⋂L ⊂ X | L ⊃ A, L lineare ;

• involucro ane, l'insieme

aff (A) :=⋂Λ ⊂ X | Λ ⊃ A, Λ ane ;

• involucro convesso, l'insieme

conv (A) :=⋂C ⊂ X | C ⊃ A, C convesso .

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1.1 Compattezza dell'involucro convesso 7

Denizione 11 (Dimensione e codimensione algebrica di un insieme non vuo-to). Siano X uno spazio vettoriale e A ⊂ X non vuoto. Si denisce dimensione(algebrica) di A

dim (A) := dim (aff (A)) .

Si dice che A ha codimensione (algebrica) n e si scrive codim (A) = n se, dettoL l'unico traslato lineare di aff (A), esiste un isomorsmo di spazi vettorialiΦ: L× Rn → X.

Esercizio 12. Sia A un sottoinsieme di condimensione n di uno spazio vettorialenito-dimensionale X. Si dimostri che codim (A) := dim (X)− dim (A) .

Denizione 13 (Iperpiano). Siano X uno spazio vettoriale e H ⊂ X. Si diceche H è un iperpiano se H è ane e codim (H) = 1.

Denizione 14 (Funzionale). Siano X uno spazio vettoriale su un campo K.Un funzionale è una qualunque mappa ϕ : X → K.

Denizione 15 (Duale algebrico). Sia X uno spazio vettoriale. Si denisceduale algebrico di X l'insieme

X] := ϕ : X → R | ϕ lineare .

Gli elementi ϕ ∈ X] prendono il nome di funzionali lineari.

Teorema 16. Siano X uno spazio vettoriale e H ⊂ X. Allora H è un iperpianose e solo se esistono ϕ ∈ X] \ 0 e α ∈ R tali che

H = ϕ−1 (α) .

Dimostrazione.

⇒) Sia x0 ∈ H arbitrario. Allora L := H − x0 è lineare di codimensione 1.Esiste dunque v ∈ X \L tale che, per ogni x ∈ X esistono unici tx ∈ R ed`x ∈ L tali che

x = `x + txv.

Si consideri il funzionale lineare

ϕ : X → R,x 7→ ϕ (x) := tx.

Poiché ϕ−1 (0) = L, per ogni x ∈ X si ha

x ∈ H ⇔ x− x0 ∈ L⇔ ϕ (x− x0) = 0⇔ ϕ (x) = ϕ (x0) .

Ponendo α := ϕ (x0), si ha dunque x ∈ H ⇔ x ∈ ϕ−1 (α), ovvero H =ϕ−1 (α).

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1.1 Compattezza dell'involucro convesso 8

⇐) Siano ϕ ∈ X] \ 0, α ∈ R e H := ϕ−1 (α). Si dimostra, per cominciare,che H è un traslato del nucleo ϕ−1 (0). Poiché ϕ 6= 0, esiste y0 ∈ X taleche ϕ (y0) = α. Sia K := H − y0. Allora, per ogni x ∈ K, ϕ (x) = 0,dunque K ⊂ ϕ−1 (0). Viceversa, per ogni y ∈ ϕ−1 (0), da ϕ (y) = 0 ey = y + y0 − y0, segue

ϕ (y + y0) = ϕ (y0) = α,

ovvero y + y0 ∈ H, da cui y ∈ K. Pertanto K = ϕ−1 (0) e H è un suotraslato. Basta inne dimostrare che ϕ−1 (0) ha codimensione unitaria.Analogamente a quanto fatto sopra, poiché ϕ 6= 0, esiste v0 ∈ X tale cheϕ (v0) = 1. Allora per ogni x ∈ X si ha

x = x− ϕ (x) v0︸ ︷︷ ︸∈ϕ−1(0)

+ϕ (x) v0︸︷︷︸/∈ϕ−1(0)

.

Corollario 17. Siano X uno spazio vettoriale e H ⊂ X. Allora H è uniperpiano se e solo se esiste ϕ ∈ X] \ 0 tale che

H = ker (ϕ) oppure H = ϕ−1 (1) .

Denizione 18 (Combinazione lineare/ane/convessa). Siano X uno spaziovettoriale e x1, . . . , xn ∈ X;

• se λ1, . . . , λn ∈ R,si dice che

∑ni=1 λixi è una combinazione lineare;

• se λ1, . . . , λn ∈ R e∑nj=1 λj = 1,

si dice che∑ni=1 λixi è una combinazione ane;

• se λ1, . . . , λn ∈ [0, 1] e∑nj=1 λj = 1,

si dice che∑ni=1 λixi è una combinazione convessa.

Proposizione 19. Siano X uno spazio vettoriale e A ⊂ X non vuoto. AlloraA è convesso ⇔ A contiene ogni combinazione convessa dei suoi elementi (diqualsiasi lunghezza).

Dimostrazione.

⇐) Segue direttamente dalla denizione di insieme convesso.

⇒) Si procede per induzione sulla lunghezza delle combinazioni convesse. Lacombinazione di un punto vale banalmente, quella di due punti per de-nizione di convessità. Si assuma che la tesi valga per combinazioniconvesse di k punti. Si ssino allora arbitrariamente x1, . . . , xk+1 ∈ X

e λ1, . . . , λk+1 ∈ [0, 1] con∑k+1j=1 λj = 1. Senza perdere in generalità

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1.1 Compattezza dell'involucro convesso 9

(se no la tesi è banalmente vericata) si può supporre λk+1 6= 1, ovveroλk+1 ∈ [0, 1). Si ha dunque

k+1∑i=1

λixi =

k∑i=1

λixi + λk+1xk+1.

Osservando chek∑i=1

λi = 1− λk+1,

si ha

(1− λk+1)

k∑i=1

λi1− λk+1

xi︸ ︷︷ ︸∈A (per ip. d'induz.)

+λk+1 xk+1︸ ︷︷ ︸∈A

∈ A

perché A è convesso.

Proposizione 20. Siano X uno spazio vettoriale e A ⊂ X non vuoto. AlloraA è ane⇔ A contiene ogni combinazione ane dei suoi elementi (di qualsiasilunghezza).

Dimostrazione. Analoga alla precedente, con l'atttenzione di indicizzare i puntix1, . . . , xk+1 in modo tale che λk+1 6= 1.

Teorema 21. Siano X uno spazio vettoriale e A ⊂ X non vuoto. Allora

conv (A) = combinazioni convesse di elementi di A .

Dimostrazione. Sia C il membro di destra. Chiaramente C ⊃ A. Inoltre C èconvesso, infatti prese due combinazioni convesse

∑ni=1 λixi e

∑mj=1 µjyj in C,

se α, β ≥ 0 e α+ β = 1, allora

α

n∑i=1

λixi + β

m∑j=1

µjyj =

n∑i=1

αλixi +

m∑j=1

βµjyj

è una combinazione lineare di elementi di A, con coecienti non negativi e taliche

n∑i=1

αλi +

m∑j=1

βyj = α

n∑i=1

λi︸ ︷︷ ︸=1

m∑j=1

yj︸ ︷︷ ︸=1

= α+ β = 1.

Pertanto C ⊃ conv (A). Viceversa, per ogni x ∈ C, poiché x è una combinazioneconvessa di elementi di A e A ⊂ conv (A), allora x è (più in generale) unacombinazione convessa di elementi di conv (A) e la Proposizione 19 garantisceche gli insiemi convessi siano chiusi rispetto a combinazioni convesse.

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1.1 Compattezza dell'involucro convesso 10

Teorema 22. Siano X uno spazio vettoriale e A ⊂ X non vuoto. Allora

aff (A) = combinazioni ani di elementi di A .

Dimostrazione. Analoga alla precedente.

Teorema 23 (Carathéodory). Siano X uno spazio vettoriale di dimensioned ∈ N e A ⊂ X non vuoto. Allora

conv (A) =

d∑i=0

λixi

∣∣∣∣∣ x0, . . . , xd ∈ A, λ0, . . . , λd ∈ [0, 1] ,

d∑j=0

λj = 1

,

ovvero l'involucro convesso di A è l'insieme di tutte le combinazioni convesse dielementi di A di lunghezza (al più) d+ 1.

Dimostrazione. Sia C il membro di destra. Per il Teorema 21, C ⊂ conv (A).Viceversa, sia x ∈ conv (A). Esistono dunque x0, . . . , xn ∈ A e λ0, . . . , λn ∈[0, 1], con

∑ni=0 λi = 1 e

n∑i=0

λixi = x.

Sel n ≤ d, aggiungendo eventualmente dei coecienti nulli, segue x ∈ C. Siadunque n > d. Senza perdere in generalità si può supporre x0 = 0 (basta traslareA in A−x0). Essendo n > d, x1, . . . , xn sono linearmente dipendenti, dunqueesistono α1, . . . , αn ∈ R, non tutti nulli, tali che

∑ni=1 αixi = 0. Senza perdere

in generalità si può supporre che∑ni=1 αn ≥ 0 (basta passare eventualmente da

α1, . . . , αn a −α1, . . . ,−αn). Per ogni t ≥ 0, si ha

x =

n∑i=1

(λi − tαi)︸ ︷︷ ︸=:µi(t)

xi.

Si noti che, per ogni i ∈ 1, . . . , n,

αi ≤ 0 =⇒ µi ≥ 0,

αi > 0 =⇒ [µi ≥ 0 ⇐⇒ t ≤ λi/αi] .

Detto I+ := i ∈ 1, . . . , n | αi > 0, siano dunque1

i0 ∈ arg mini∈I+

(λiαi

),

t0 :=λi0αi0

.

Allora, per ogni i ∈ 1, . . . , n, µi (t0) ≥ 0 ed in particolare µi0 (t0) = 0.Pertanto

x =

n∑i=1i 6=i0

µi (t0)xi

1Si noti che I+ è non vuoto.

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1.1 Compattezza dell'involucro convesso 11

ed osservando che

s :=

n∑i=1i 6=i0

µi (t0) =

n∑i=1

λi︸ ︷︷ ︸≤1

−t0n∑i=1

αi︸ ︷︷ ︸≥0

≤ 1.

si ottiene che

x =

n∑i=1i 6=i0

µi (t0)xi + (1− s) x0︸︷︷︸=0

è una combinazione convessa di (al più) n punti, cioè di (almeno) un puntoin meno di quella di partenza. Iterando il procedimento si conclude quindin ≤ d.

Esempio 24 (Carathéodory è ottimale). Può capitare che per rappresenta-re l'involucro convesso di un insieme non vuoto siano necessarie combinazioniconvesse di esattamente d + 1 punti. Ad esempio, nel piano, dati tre puntinon allineati, tutte le combinazioni convesse di due dei tre punti costituisconoi lati del triagolo aventi i tre punti come vertici (che ovviamente non è conves-so in R2). Le combinazioni convesse dei tre punti costituiscono invece tutto iltriangolo (pieno!) ovvero l'involucro convesso dell'insieme dei tre punti.

0 1

0

1

0 1

0

1

Figura 1.1.1: A sinistra: l'insieme delle combinazioni convesse di due elementidell'insieme (0, 1) , (1, 0) , (0, 1). A destra: l'involucro convesso dell'insieme.

Corollario 25. Sia X uno spazio normato2 nito-dimensionale. Sia K ⊂ Xcompatto e non vuoto. Allora conv (K) è compatto.

Dimostrazione. Sia d := dim (X). Per il Teorema di Carathéodory

conv (K) =

d∑i=0

λiyi

∣∣∣∣∣∣ y0, . . . , yd ∈ K, λ0, . . . , λd ∈ [0, 1] ,

d∑j=0

λj = 1

.

2Il presente risultato rimane valido in spazi vettoriali topologici di Hausdornito-dimensionali. Vedi Corollario 42.

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1.1 Compattezza dell'involucro convesso 12

Posto

Λ :=

λ := (λ0, . . . , λd) ⊂ [0, 1]d+1

∣∣∣∣∣∣d∑j=0

λj = 1

,

si ha chiaramente Λ chiuso in Rd+1 e Λ ⊂ [0, 1]d+1, dunque Λ compatto in Rd+1.

Si noti allora che, posta

F : Λ×Kd+1 → X,(λ, y)7→ F

(λ, y)

:=

d∑i=0

λiyi,

F è continua, Λ×Kd+1 è compatto (per il Teorema di Tychono) e

conv (K) = F(Λ×Kd+1

),

dunque anche conv (K) è compatto.

Esercizio 26. SiaX uno spazio vettoriale normato. Si dimostri che se xnn∈N ⊂X è una successione di Cauchy ed esiste una sua sottosuccessione convergente,allora xnn∈N converge.

Svolgimento. Siano x ∈ X e nkk∈N ⊂ N tali che xnkk→+∞−→ x. Si ssi

arbitrariamente ε > 0. Per ipotesi

• esisteN ∈ N tale che, per ognim,n ∈ N tali chem,n ≥ N , ‖xn − xm‖ < ε,

• esiste M ∈ N tale che, per ogni k ∈ N tale che nk ≥M , ‖xnk − x‖ < ε.

Dunque, per ogni m, k ∈ N tali che m,nk ≥ max N,M,

‖xm − x‖ = ‖xm − xnk + xnk − x‖ ≤ ‖xm − xnk‖+ ‖xnk − x‖ ≤ 2ε.

Teorema 27. Sia X uno spazio vettoriale normato. Le seguenti aermazionisono equivalenti:

1. X è di Banach;

2. ogni serie di elementi di X che converge assolutamente in X, convergesemplicemente in X.

Dimostrazione.

1.⇒ 2.) Sia xnn∈N ⊂ X, con∑+∞n=1 ‖xn‖ < +∞. Allora, se n,m ∈ N, n ≤ m, si

ha

‖Sm − Sn‖ :=

∥∥∥∥∥∥m∑j=1

xj −n∑i=1

xi

∥∥∥∥∥∥ ≤+∞∑i=n+1

‖xi‖ ,

dunque Snn∈N è di Cauchy.

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1.1 Compattezza dell'involucro convesso 13

2.⇒ 1.) Sia xnn∈N ⊂ X di Cauchy. Allora esiste una successione n (k)k∈N ⊂ Ncrescente, tale che, per ogni k, i, j ∈ N, con i, j ≥ n (k) si ha

‖xi − xj‖ ≤ 1/2k. (1.1.1)

Si deniscano allora

y1 := xn(1),

......

...

yk := xn(k) − xn(k−1)

......

...

Da (1.1.1), per ogni k ∈ N si ha ‖yk‖ ≤ 1/2k−1, dunque∑+∞k=1 ‖yk‖ < +∞,

da cui∑+∞k=1 yk converge. Conseguentemente, per ogni m ∈ N,

m∑k=1

yk = xn(1) +

m∑k=2

(xn(k) − xn(k−1)

)= xn(m).

Quindi la successione di Cauchy xnn∈N ha una sottosuccessione conver-gente ed è pertanto convergente.

Esempio 28. In spazi vettoriali innito-dimensionali, non è detto che l'involu-cro convesso di insiemi compatti sia a sua volta compatto. Si consideri lo spaziodi Banach

`2 :=

x = (xn)+∞n=1 ⊂ R

∣∣∣∣∣∣ ‖x‖ :=

(+∞∑n=1

|xn|2)1/2

< +∞

e per ogni n ∈ N, sia en := (0, . . . , 0,

n1, 0, 0, . . .) ∈ `2. Sia

K =

1

nen

∣∣∣∣ n ∈ N∪ 0 .

Chiaramente K è compatto in `2. Si noti che

+∞∑n=1

1

2n= 1.

Si consideri la combinazione convessa innita

x :=

+∞∑n=1

1

2n1

nen.

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1.1 Compattezza dell'involucro convesso 14

Questa converge in `2 poiché converge assolutamente. Si noti che x /∈ conv (K),infatti il supporto di x contiene un'innità numerabile di punti e conv (K) con-tiene solo successioni a supporto nito, in quanto ogni elemento di K è diversoda zero in un unico numero naturale. Detta, per ogni N ∈ N, σN :=

∑Nn=1 1/2n,

si ha

x = limN→+∞

N∑n=1

1

2n

(1

nen

)

= limN→+∞

σN

N∑n=1

1

2n1

σN

(1

nen

)︸ ︷︷ ︸

=:cN∈conv(K)

,

dunque, osservando che esistono i limiti

x = limN→+∞

σNcN = limN→+∞

σN︸ ︷︷ ︸=1

limN→+∞

cN ,

si hax = lim

N→+∞cN ∈ conv (K),

pertanto conv (K) non è chiuso, dunque non è compatto. È proprio la chiusurala proprietà che viene a mancare nel caso generale.

Denizione 29 (Interno topologico). Siano (X, τ) uno spazio topologico e A ⊂X. Si indica con int (A) l'insieme dei punti interni dell'insieme A. Talvolta siscriverà int(X,τ) (o con un abuso di notazione intX (A)) per specicare chel'interno di A è riferito alla topologia dello spazio topologico (X, τ). Si dice cheint (A) è l'interno topologico di A.

Denizione 30 (Spazio vettoriale topologico, topologia lineare). Uno spaziovettoriale topologico è una coppia (X, τ) dove X è uno spazio vettoriale, τ è unatopologia e le seguenti applicazioni sono continue

X ×X → X,

(x, y) 7→ x+ y,

R×X → X,

(t, x) 7→ tx.

Se (X, τ) è uno spazio vettoriale topologico si dice che la topologia τ è lineare.

Osservazione 31 (Importante). Siano X uno spazio vettoriale topologico, y0 ∈X e t0 ∈ R \ 0. Allora

x 7→ x+ y0,

x 7→ t0x

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1.1 Compattezza dell'involucro convesso 15

sono omeomeorsmi di X su X, infatti loro e le loro inverse sono restrizioni difunzioni continue. Dunque l'insieme degli intorni di ogni punto è in corrispon-denza biunivoca con l'insieme degli intorni dell'origine. In formule, detto perogni x0 ∈ X,

U (x0) := V ⊂ X | x0 ∈ int (V ) ,

si ha, per ogni x0 ∈ X,

U (x0) = x0 + V | V ∈ U (0) .

Proposizione 32. Sia X uno spazio vettoriale topologico. Per ogni U ∈ U (0)esiste V ∈ U (0) tale che V + V ⊂ U .

Dimostrazione. Sia U ∈ U (0) arbitrario. Poiché 0 + 0 = 0 ∈ U e la somma ècontinua in (0, 0), esiste V ∈ U (0) tale che V + V ⊂ U .

Osservazione 33 (Spazi normati). Si rilegga l'osservazione precedente nel casodi spazi normati. Per ogni ε > 0 esiste un δ > 0 tale che Bδ (0)+Bδ (0) ⊂ Bε (0),ovvero che per ogni ogni ε > 0 esiste un δ > 0 tale che per ogni x, y ∈ X con‖x‖ , ‖y‖ < δ, si ha ‖x+ y‖ < ε. Dalla disuguaglianza triangolare segue cheun qualunque δ < ε/2 funziona. La proprietà dimostrata nella proposizioneprecedente esprime dunque, in forma più debole, la disuguaglianza triangolare.

Esercizio 34. Sia X uno spazio vettoriale topologico, V ∈ U (0) ed x ∈ X. Sidimostri che esiste t0 > 0 tale che per ogni t ≥ t0 si abbia x ∈ tV . Un insiemecon questa proprietà prende il nome di insieme assorbente. Negli spazi vettorialitopologici reali, dunque, tutti gli intorni sono assorbenti.

Svolgimento. Essendo la moltiplicazione per uno scalare continua in (0, x), esi-ste δ > 0 tale che la preimmagine di V secondo tale applicazione contenga[−δ, δ]×x. In particolare, per ogni t ∈ [0, δ], tx ∈ V ⇔ x ∈ 1

tV , i.e. per ognit ≥ t0 := 1/δ, x ∈ tV .

Fatto 35. Sia X uno spazio vettoriale topologico T2 d-dimensionale. Alloraogni isomorsmo algebrico3 tra X e Rd è un isomorsmo di spazi vettorialitopologici4.

Osservazione 36. Se X non è T2 esistono dei controesempi al risultato prece-dente.

Corollario 37. Siano X,Y spazi vettoriali topologici reali T2 della stessa di-mensione (nita!). Allora X e Y sono isomor (come spazi vettoriali topologi-ci).

Osservazione 38. Il corollario precedente aerma che, a meno di isomorsmi,Rd è l'unico spazio vettoriale topologico T2 di dimensione d.

3Applicazione biunivoca e lineare.4Cioè è anche omeomorsmo.

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1.1 Compattezza dell'involucro convesso 16

Osservazione 39. Vale un risultato analogo in spazi normati. Poiché su Rdtutte le norme sono equivalenti, ogni isomorsmo algebrico T tra uno spazio nor-mato X ed Rd è un isomorsmo di spazi normati. Per ogni α ∈ Rd si può infattidenire una norma |||α||| =

∥∥T−1 (α)∥∥X, che rende T un omeomorsmo. Questo

implica in particolare che ogni spazio vettoriale topologico nito-dimensionaleX sia normabile.

Fatto 40. Siano X uno spazio vettoriale topologico T2 e Y ⊂ X sottospazionito-dimensionale. Allora Y è chiuso.

Osservazione 41. Di nuovo, se X non fosse T2 il risultato non sarebbe valido.

Corollario 42. Siano X uno spazio vettoriale topologico T2 e K ⊂ X compattoe nito-dimensionale. Allora conv (K) è compatto.

Dimostrazione. Senza perdere in generalità (basta traslare) sia 0 ∈ C, dunqueY := aff (K) = span (K) ha dimensione nita. Per il Fatto 35, procedendo comenell'Osservazione 39, segue che Y è normabile. Grazie al Corollario 25 risultapertanto conv (K) compatto in Y e conseguentemente compatto in X.

Corollario 43. Sia X uno spazio vettoriale topologico T2 e K ⊂ X nito.Allora conv (K) è compatto.

Denizione 44 (Chiusura convessa). Siano X uno spazio vettoriale topologicoe A ⊂ X non vuoto. Si denisce chiusura convessa di A in X (o involucroconvesso chiuso di A in X) l'insieme

conv (A) :=⋂C ⊂ X | C convesso, C chiuso, C ⊃ A .

Proposizione 45. Siano X uno spazio vettoriale topologico e A ⊂ X nonvuoto. Allora

conv (A) = conv (A).

Dimostrazione. Per denizione e per l'esercizio precedente conv (A) ⊂ conv (A).Poiché conv (A) ⊃ A, ed è convesso, conv (A) ⊃ conv (A), dunque conv (A) =conv (A) ⊃ conv (A).

Denizione 46 (Insieme totalmente limitato/precompatto). Siano X uno spa-zio metrico e E ⊂ X non vuoto. Si dice che E è totalmente limitato (o precom-patto) se per ogni ε > 0 esiste F ⊂ E nito tale che, per ogni x ∈ E esiste y ∈ Ftale che d (x, y) < ε.

Osservazione 47. In spazi normati la denizione precedente si può riscriverecome segue. Per ogni ε > 0 esiste un insieme nito F ⊂ E tale che

E ⊂ F +Bε (0) =⋃y∈F

Bε (y) ,

dove per ogni x ∈ X, Bε (x) è la bolla aperta centrata in x e di raggio ε. Allaluce di questa osservazione è possibile dare un'analoga denizione negli spazivettoriali topologici.

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1.1 Compattezza dell'involucro convesso 17

Denizione 48 (Insieme totalmente limitato/precompatto). Siano X uno spa-zio vettoriale topologico e E ⊂ X non vuoto. Si dice che E è totalmente limitato(o precompatto) se per ogni V ∈ U (0) esiste F ⊂ E nito tale che E ⊂ F + V .

Esercizio 49. Siano X uno spazio vettoriale topologico e E ⊂ X non vuoto.E è totalmente limitato se e solo se per ogni V ∈ U (0) esiste F ⊂ X5 nito taleche E ⊂ F + V .

Svolgimento. Se E è totalmente limitato la proprietà enunciata è banalmentevera. Viceversa, sia U ∈ U (0) arbitrario. Per la Proposizione 32 esiste V ∈ U (0)tale che V +V ⊂ U . Sia V ′ = V ∩(−V ). Allora V ′ è simmetrico (cioè V ′ = −V ′)e V ′ ∈ U (0). Sia F := x1, . . . , xn ⊂ X tale che per ogni i ∈ 1, . . . , n,(xi + V ′)∩E 6= ∅ e E ⊂ F +V ′. Per ogni i ∈ 1, . . . , n, sia xi ∈ E∩ (xi + V ′):da xi ∈ xi + V ′ segue allora xi ∈ xi − V ′ = xi + V ′ e conseguentementexi + V ′ ⊂ xi + V ′ + V ′ ⊂ xi + U . Detto F := x1, . . . , xn ⊂ E, si ha pertantoE ⊂ F + V ′ ⊂ F + U .

Osservazione 50. Esiste una teoria (detta degli spazi uniformi) che racchiudesia la teoria degli spazi metrici che degli spazi vettoriali topologici. Il formali-smo di questa teoria è però piuttosto pesante, pertanto in questo corso si pre-ferirà enunciare separatamente i risultati per spazi metrici e per spazi vettorialitopologici.

Teorema 51. Siano X uno spazio metrico e E ⊂ X non vuoto. Allora E ècompatto se e solo se E è totalmente limitato e completo.

Osservazione 52. Esiste una versione del teorema precedente che caratterizzai sottoinsiemi compatti degli spazi vettoriali topologici, tuttavia necessita dellanozione di completezza in uno spazio vettoriale topologico che per motivi ditempo (e tutto sommato di rilevanza) non verrà arontata in questo corso.

Teorema 53. Siano X uno spazio vettoriale topologico ed E ⊂ X non vuoto.Se E è compatto, allora E è totalmente limitato.

Dimostrazione. Si ssi arbitrariamente V ∈ U (0). Esiste allora W ∈ U (0)aperto e tale che W ⊂ V . Poiché R := x+W | x ∈ E è un ricoprimentoaperto del compatto E, è possibile estrarre da R un sottoricoprimento nito.Esiste pertanto un insieme nito F tale che E ⊂ x+W | x ∈ F, ovveroE ⊂ F +W e di conseguenza E ⊂ F + V .

Esempio 54. Non vale il viceversa. L'intervallo (0, 1) ⊂ R è totalmente li-mitato ma non è compatto. Come si vedrà poco più avanti (Corollario 60 edOsservazione 61 la mancata compattezza è dovuta all'incompletezza.

Esercizio 55. Sia E ⊂ R. E è limitato se e solo se E è totalmente limitato.5Nella denizione, F ⊂ E.

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1.1 Compattezza dell'involucro convesso 18

Svolgimento. Se E è totalmente limitato, E è banalmente limitato. Viceversa,sia E limitato. Allora esistono a, b ∈ R tali che E ⊂ [a, b]. Senza perdere ingeneralità, sia a = 0 (basta traslare). Senza perdere in generalità, sia b > 0(se no la tesi è banalmente vericata). Sia ε > 0 arbitrario. Se ε ≥ b, E ⊂b/2+ (−ε, ε) e la tesi segue dall'Esercizio 49. Se invece ε < b, per la proprietàdi Archimede dei numeri reali esiste n ∈ N tale che nε ≥ b. Detto dunqueF := kεnk=0, si ha E ⊂ F + (−ε, ε) e la tesi segue nuovamente dall'Esercizio49.

Esercizio 56. Siano X spazio vettoriale topologico (o uno spazio metrico) edE ⊂ X non vuoto. Allora:

1. E è totalmente limitato se e solo se la chiusura E è totalmente limitata;

2. E è totalmente limitato se e solo se per ogni V ∈ U (0) esiste E0 ⊂ Etotalmente limitato tale che E ⊂ E0 + V . (Suggerimento: per la freccianon banale si applichi la denizione, si trova in questo modo una sommadel tipo V + V . Per concludere si sfrutta la Proposizione 32).

Svolgimento.

1. Se E è totalmente limitato, per l'Esercizio 49 E è totalmente limitato.Viceversa, siano E totalmente limitato e U ∈ U (0) arbitrario. Per laProposizione 32 esiste V ∈ U (0) tale che V + V ⊂ U e V = −V (bastapassare a V ′ = V ∩ (−V )). Sia F ⊂ E nito tale che E ⊂ F + V . Perogni x ∈ E, (x+ V )∩E 6= ∅. Poiché E ⊂ F +V , per ogni x ∈ E esistonoy ∈ F , v1, v2 ∈ V tali che x + v1 = y + v2, ovvero per ogni x ∈ E, si hax ∈ F + V − V = F + V + V ⊂ F + U .

2. Se E è totalmente limitato la proprietà enunciata è banalmente vera. Vi-ceversa, siano U ∈ U (0) arbitrario e V ∈ U (0) tale che V + V ⊂ U eV = −V (vedi punto precedente per esistenza). Sia E0 totalmente limi-tato tale che E ⊂ E0 + V . Essendo E0 totalmente limitato esiste F nitotale che E0 ⊂ F + V , dunque E ⊂ E0 + V ⊂ F + V + V ⊂ F + U .

Denizione 57 (Spazio localmente convesso). Sia X uno spazio vettoriale to-pologico. Si dice che X è localmente convesso se per ogni x ∈ X e per ogniintorno U ∈ U (x) esiste un intorno V ∈ U (x), V ⊂ U convesso, i.e. se ogniintorno contiene un intorno convesso.

Teorema 58. Sia X uno spazio vettoriale topologico T2 localmente convesso.Se E ⊂ X è totalmente limitato, allora conv (E) è totalmente limitato.

Dimostrazione. Si ssi arbitrariamente V ∈ U (0). Poiché X è localmente con-vesso esiste un intorno convesso W ∈ U (0) tale che W ⊂ V . Si ssi un tale W .Poiché E è totalmente limitato esiste F ⊂ E nito tale che E ⊂ F +W . Si ssi

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1.2 Interno topologico/relativo/algebrico e chiusura 19

un tale F . Sia x ∈ conv (E). Allora esistono λ1, . . . , λn ∈ [0, 1] e a1, . . . , an ∈ Etali che

∑ni=1 λi = 1 e

x =

n∑i=1

λiai.

Si ssino tali elementi. Poiché E ⊂ F +W , per ogni i ∈ 1, . . . , n esiste yi ∈ Ftale che ai ∈ yi+W . Sostituendo a1, . . . , an con le rispettive approssimazioniy1, . . . , yn si ottiene

y :=

n∑i=1

λiyi ∈ conv (F ) .

Poiché X è T2, per il Corollario 42 conv (F ) è compatto, dunque è totalmentelimitato. Osservando che

x− y =

n∑i=1

λi (ai − yi)︸ ︷︷ ︸∈W

∈ conv (W ) = W ⊂ V,

segue che x ∈ y+V ⊂ conv (F ) +V . Dall'arbitrarietà di x e dall'Esercizio 56segue quindi la tesi.

Esempio 59. Gli spazi normati sono tutti localmente convessi ma esistono spazi(vettoriali topologici o metrici) non localmente convessi. Per ogni p ∈ (0, 1), glispazi Lp ([0, 1]) e `p non lo sono6 e, ad esempio, in Lp l'unico aperto convesso ètutto l'intero spazio.

Corollario 60 (Importantissimo). Sia X uno spazio di Banach. Se K ⊂ X ècompatto e non vuoto, allora conv (K) è compatto.

Dimostrazione. Per il teorema precedente conv (K) è totalmente limitato, dun-que per l'Esercizio 56 anche conv (K) = conv (K) (Proposizione 45) lo è. Datoche conv (K) è chiuso e X è completo, anche conv (K) è completo. Per ilTeorema 51 è pertanto compatto.

Osservazione 61. L'unica cosa che mancava nel controesempio in `2 era lachiusura.

1.2 Interno topologico/relativo/algebrico e chiu-sura

Proposizione 62. Siano X uno spazio vettoriale topologico, C ⊂ X convesso,x ∈ int (C), y ∈ C, t ∈ (0, 1) e z = (1− t)x + ty. Allora, per ogni U ∈ U (x),U ⊂ C, si ha V := (1− t)U + ty ∈ U (z) e V ⊂ C.

6Si ricordi che la metrica in questo caso è denita senza l'elevamento alla 1/p.

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1.2 Interno topologico/relativo/algebrico e chiusura 20

Dimostrazione. Senza perdere in generalità si supponga x = 0 e si ssi arbitra-riamente U ∈ U (0), U ⊂ C. Essendo ogni moltiplicazione per uno scalare nonnullo un omeomorsmo, si ha (1− t)U ∈ U (0). Essendo C convesso e 0 ∈ C,si ha (1− t)U ⊂ (1− t)C ⊂ C. Essendo z = ty e ogni traslazione un omeo-moersmo, si ha V = (1− t)U + ty ∈ U (z). Poiché y ∈ C, dalla convessità diC segue inne V ⊂ C.

Corollario 63. Siano X uno spazio vettoriale topologico, C ⊂ X convesso,x ∈ int (C) ed y ∈ C. Allora [x, y) ∈ int (C).

Dimostrazione. Senza perdere in generalità si supponga x = 0. Sia z ∈ [x, y)arbitrario. Senza perdere in generalità si suppongano z 6= x e x 6= y (altrimentila tesi è banalmente vera). Siano t ∈ (0, 1) tale che z = tz e U ∈ U (0),U ⊂ C. Poiché y ∈ C, esiste y ∈

(y − 1−t

t U)∩ C. Detto x := t

1−t (y − y), si hax ∈ U ⊂ C e

(1− t) x+ ty = t (y − y) + ty = ty = z.

Dalla proposizione precedente segue pertanto z ∈ int (C).

Osservazione 64. Se x ∈ int (C) e y /∈ int (C) i punti sulla retta↔xy successivi

a y non cadranno certamente in int (C) e neanche in C! (Altrimenti si potrebbeapplicare di nuovo il teorema precedente.)

Corollario 65. Siano X uno spazio vettoriale topologico e C ⊂ X convesso.Allora anche int (C) è convesso.

Dimostrazione. Segue direttamente dal Corollario 63.

Esercizio 66. Siano X uno spazio vettoriale topologico e C ⊂ X convesso.Allora anche C è convesso.

Svolgimento. Si ssino arbitrariamente x, y ∈ C e z ∈ [x, y]. Si vuole vericareche z ⊂ C. Siano λ ∈ [0, 1] tale che z = (1− λ)x+λy e W ∈ U (0) arbitrario (siricordi che per l'Osservazione 31 gli intorni dell'origine sono in corrispondenzabiunivoca con gli intorni di ogni punto). Essendo la mappa (a, b) 7→ (1− λ) a+λbcontinua, esistono U, V ∈ U (0) tali che (1− λ)U+λV ⊂W . Si vuole dimostrareche esiste z′ ∈ C ∩ (z +W ). Poiché x, y ∈ C, esistono x′ ∈ C ∩ (x+ U),y′ ∈ C ∩ (y + V ). Essendo C convesso, [x′, y′] ⊂ C ed in particolare z′ :=(1− λ)x′ + λy′ ∈ C. Inne z′ ∈ (z +W ), infatti

z′.= (1− λ)x′ + λy′ ∈ (1− λ) (x+ U) + λ (y + V ) ⊂ z +W.

Denizione 67 (Interno relativo). Siano X uno spazio vettoriale topologico eA ⊂ X non vuoto. Si scrive x0 ∈ ri (A) e si dice che x0 appartiene all'internorelativo di A se x0 ∈ intaff(A) (A). Si considera cioè x0 come elemento dellospazio ane aff (A) e si considera l'interno rispetto alla topologia indotta da Xsu aff (A).

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1.2 Interno topologico/relativo/algebrico e chiusura 21

Esercizio 68. Siano X uno spazio vettoriale topologico e A ⊂ X non vuoto.Allora int (A) ⊂ ri (A) ma in generale non vale il viceversa.

Svolgimento.

⊂) Sia x ∈ int (A). Allora esiste U aperto in A tale che x ∈ U ⊂ A. Perdenizione di topologia sottospazio U ∩ aff (A) è aperto in aff (A) e x ∈U ∩ aff (A) ⊂ A.

6⊃) Siano X = R2, a := (−1, 0), b := (1, 0) e A := [a, b]. Allora aff (A) = R,dunque 0 ∈ ri (A) e 0 /∈ int (A).

Teorema 69 (dell'interno relativo). Siano X uno spazio vettoriale topologicoT2 e C ⊂ X convesso con 0 < dim (C) < +∞. Allora ri (C) 6= ∅.

Dimostrazione. Senza perdere in generalità (basta traslare) sia 0 ∈ C, dunqueY := aff (C) = span (C). Siano d = dim (span (C)) e u1, . . . , ud ⊂ C base perY . Si denisca

T : Rd → Y,

(α1, . . . , αd) 7→d∑i=1

αiui.

Sia e1, . . . , ed la base canonica di Rd. Chiaramente T−1 (C) ⊃ 0, e1, . . . , ed =:E. Essendo T lineare, T−1 (C) è convesso, dunque T−1 (C) ⊃ conv (E). Per ilTeorema di Carathéodory

conv (E) =

α0 · 0 +

d∑j=1

αjei

∣∣∣∣∣∣α0, . . . , αd ∈ [0, 1] ,

d∑j=0

αj = 1

=

(α1, . . . , αd) ∈ [0, 1]d

∣∣∣∣∣∣d∑j=1

αj ≤ 1

,

allora int (conv (E)) 6= ∅. Per il Fatto 35, T è un isomorsmo di spazi vettorialitopologici, pertanto intY (T (conv (E))) 6= ∅ ed essendo T (conv (E)) ⊂ C segueri (C) 6= ∅.

Osservazione 70. Prima di proseguire si consiglia di leggere l'appendice sullecategorie e spazi di Baire (sezione 9.1, pagina 123).

Denizione 71 (Interno algebrico). Siano X uno spazio vettoriale e A ⊂ X.Si dice che x0 ∈ A appartiene all'interno algebrico di A e si scrive x0 ∈ a-int (A)se per ogni v ∈ X esiste δ > 0 tale che, per ogni t ∈ (−δ, δ) si abbia

x0 + tv ∈ A.

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1.2 Interno topologico/relativo/algebrico e chiusura 22

Osservazione 72. La stessa denizione si può enunciare equivalentemente pert ∈ [0, δ).

Osservazione 73 (Informale). Appartenere all'interno algebrico di un insiemesignica che partendo un certo punto ci si può muovere per un po' lungo ognidirezione senza uscire dall'insieme.

Osservazione 74. Siano X uno spazio vettoriale topologico e A ⊂ X nonvuoto. Allora

a-int (A) = x ∈ A | ∀Lx retta passante per x, x ∈ intLx (A ∩ Lx) .

Esercizio 75. Siano X uno spazio vettoriale topologico e A ⊂ X. Se 0 ∈a-int (A), allora A è assorbente, ovvero per ogni x ∈ X esiste t0 > 0 tale che,per ogni t ≥ t0, si abbia x ∈ tA.

Svolgimento. Essendo 0 ∈ a-int (A) esiste δ > 0 tale che, per ogni t ∈ (−δ, δ), siabbia tx ∈ A. Dunque, posto t0 := 1/δ, per ogni t ≥ t0 si ha x ∈ tA.

Esercizio 76. SianoX uno spazio vettoriale topologico e A ⊂ X. Se a-int (A) 6=∅, si ha aff (A) = X.

Svolgimento. Sia x ∈ a-int (A). Allora per ogni y ∈ X esiste δ > 0 tale che(x− δy, x+ δy) ⊂ A, dunque aff (A) ⊃ ←→xy 3 y.

Esempio 77 (int (A) 6= a-int (A)). In uno spazio vettoriale topologico, interno(topologico) ed interno algebrico possono essere diversi. Ad esempio, in R2, siconsideri

A := D (−1, 1) ∪ (0 × [−1, 1]) ∪D (1, 1) .

Chiaramente l'origine non è un punto interno ad A ma appartiene al suo internoalgebrico. Come vedremo nel seguito, per insiemi convessi questi due concettispesso coincidono.

Esercizio 78. Siano X uno spazio vettoriale topologico e A ⊂ X non vuoto.Si dimostri che

int (A) ⊂ a-int (A) .

Svolgimento. Sia x ∈ int (A) arbitrario. Si vuole dimostrare che x ∈ a-int (A).Senza perdere in generalità si può supporre x = 0, infatti x ∈ int (A) se e solose 0 ∈ int (A− x) e x ∈ a-int se e solo se 0 ∈ a-int (A− x) . Siano dunque0 ∈ int (A) e v ∈ X arbitrario. Si vuole dimostrare l'esistenza di δ > 0 tale che,per ogni t ∈ (−δ, δ), si abbia tv ∈ A. Per l'Esercizio 34, A è assorbente. Esistedunque t0 > 0 tale che, per ogni t ≥ t0, si abbia v ∈ tA. Posto δ := 1/t0 si hadunque, per ogni t ∈ (0, δ), vt ∈ A. Essendo 0 ∈ A per ipotesi, dall'Osservazione72 segue la tesi.

Osservazione 79. Nei casi banali in cui int (A) = X o a-int (A) = ∅, chiara-mente int (A) = a-int (A) . Ci si chiede ora in quali altri casi gli intorni topologicicoincidano con quelli algebrici.

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1.2 Interno topologico/relativo/algebrico e chiusura 23

Teorema 80. Siano X uno spazio vettoriale topologico e C ⊂ X convesso. Sisupponga che valga almeno una delle seguenti:

1. int (C) 6= ∅;

2. X è T2 e C è nito-dimensionale;

3. X è uno spazio di Banach, C è di tipo Fσ;

4. X è uno spazio di Banach, C è chiuso;

alloraint (C) = a-int (C) .

Dimostrazione.

1. Per ipotesi e per l'Esercizio 78 esistono y ∈ int (C) ed x ∈ a-int (C). Sivuole dimostrare che x ∈ int (C). Essendo x ∈ a-int (C) esiste δ > 0 taleche x′ := x+ δ (x− y) ∈ C. Per il Corollario 63, dunque

x =δ

1 + δy +

1

1 + δx′ ∈ int (C) .

2. Per ipotesi aff (C) ha dimensione nita. Se esiste x ∈ a-int (C), per l'E-sercizio 76 si ha aff (C) = X. Allora anche X è nito-dimensionale. Peril Teorema 69, ri (C) 6= ∅ ma essendo aff (C) = X si ha int (C) = ri (C) ela tesi segue dal punto precedente.

3. Sia x ∈ a-int (C). Per ipotesi esistono Fnn∈N ⊂ X chiusi tali che

C =⋃n∈N

Fn.

Senza perdere in generalità (basta traslare) sia x = 0. Essendo C assor-bente,

X =⋃k∈N

kC =⋃k∈N

k

(⋃n∈N

Fn

)=

⋃k,n∈N

kFn︸︷︷︸chiuso

.

Per il Teorema di Baire si esistono allora k0, n0 ∈ N tali che int (k0Fn0) 6=

∅. Poiché la moltiplicazione per uno scalare non nullo è un omeomorsmo,si ha int (Fn0

) 6= ∅, da cui int (C) 6= ∅ e la tesi segue nuovamente dalprimo punto.

4. Segue banalmente dal punto precedente.

Esercizio 81. Tutte le ipotesi nel teorema precedente sono necessarie. Per ognipunto, si determinini un controesempio se una delle ipotesi viene a mancare.

Teorema 82. Siano X uno spazio vettoriale topologico e C ⊂ X convesso.

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1.2 Interno topologico/relativo/algebrico e chiusura 24

1. Se int (C) 6= ∅, allora C = int (C).

2. Se vale almeno una delle seguenti

(a) int (C) 6= ∅,

(b) X è T2 e C è nito-dimensionale,

allora int (C) = int(C).

Dimostrazione.

1. È chiaro che C ⊃ int (C). Viceversa, sia x ∈ C. Si vuole dimostrarex ∈ int (C), ovvero che ogni intorno di x interseca l'interno di C. SianoU ∈ U (0) arbitrario e V ∈ U (0) tale che V +V ⊂ U . Essendo x ∈ C esistec ∈ C ∩ (x+ V ) e per ipotesi esiste x0 ∈ int (C). Essendo C convesso,per il Corollario 63 si ha [x0, c) ⊂ int (C). Sia y ∈ [x0, c) ∩ (c+ V ), alloray ∈ int (C) e

y ∈ c+ V ⊂ x+ V + V ⊂ x+ U.

2. È chiaro che int (C) ⊂ int(C).

(a) Senza perdere in generalità, sia int(C)6= ∅ e si ssi arbitrariamente

x ∈ int(C). Si vuole dimostrare x ∈ int (C). Per ipotesi esiste

x0 ∈ int (C). Essendo x ∈ int(C), per l'Esercizio 78, x ∈ a-int

(C).

Esiste dunque ε > 0 tale che x+ε (x− x0) ∈ C. Essendo C convesso,per il Corollario 63 si ha x ∈ [x0, x+ ε (x− x0)) ⊂ int (C).

(b) Per ipotesi aff (C) è nito-dimensionale. Poiché X è T2, essendoaff (C) un sottospazio ane, aff (C) è chiuso. Allora C ⊂ aff (C),dunque se x ∈ int

(C)si ha aff (C) = X. Per il Teorema dell'interno

relativo (Teorema 69), ri (C) 6= ∅ e poiché aff (C) = X, int (C) =ri (C). La tesi segue quindi dal punto precedente.

Esempio 83 (Le ipotesi sono necessarie). Sia X uno spazio normato innito-dimensionale. Si dimostra che esiste sempre un funzionale lineare f discontinuo(Corollario 111) e che, detto C = ker (f), C è convesso (ovvio) e denso in X(Teorema 108). Allora C = X e da int (C) = ∅ segue int (C) = ∅ mentreint(C)

= X.

Esercizio 84 (Importante). Siano X vettoriale topologico e A ⊂ X non vuoto.Si dimostrino i seguenti punti.

1. A è convesso se e solo se per ogni α, β > 0 si ha αA+ βA = (α+ β)A.

2. Si noti che se A non è convesso il ⊂ nel punto precedente non vale (ingenerale).

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1.2 Interno topologico/relativo/algebrico e chiusura 25

3. Siano X uno spazio normato e A chiuso (o A aperto). Allora A è convessose e solo se A+A = 2A.

Svolgimento.

1. Se per ogni α, β > 0 si ha αA+βA = (α+ β)A, questo vale in particolarequando α + β = 1, dunque A è convesso. Viceversa, siano A convesso,α, β > 0 e a, b ∈ A arbitrari. αA+ βA ⊃ (α+ β)A è sempre banalmentevero. Essendo A convesso, α

α+βa+ βα+β b ∈ A, dunque αa+βb ∈ (α+ β)A.

2. Siano X = R2 ed A = ([0, 1]× 0)∪ (0 × [0, 1]), allora A+A 3 (1, 1) /∈2A.

3. Sia A convesso. Allora, per il primo punto, A + A = 2A. Viceversa, siaA+A = 2A. Allora, per ogni a, b ∈ A, a+b

2 ∈ A (si dice in questo caso cheA è mid-point convesso7). Siano a, b ∈ A e λ ∈ (0, 1) arbitrari. Si vuoledimostrare che z := (1− λ) a+ λb ∈ A. Si introduca su [a, b] la relazioned'ordine naturale ≤ indotta da R tramite la mappa t 7→ (1− t) a + tb.Siano a1 := a, b1 := b, z1 := a1+b1

2 e per ogni n ∈ N si deniscano

an+1 :=

an, se z ≤ zn,zn, se z > zn,

bn+1 :=

zn, se z ≤ zn,bn, se z > zn

e zn+1 := an+1+bn+1

2 . Se per qualche n ∈ N, zn = z, A è convesso.Viceversa, poiché per ogni n ∈ N, ‖zn − z‖ ≤ ‖b−a‖2n , si ha limn→+∞ zn =z. Se A è chiuso, si ha pertanto z ∈ A. Si supponga inne che A siaaperto e si ssi ε ∈ (0,min (‖z − a‖ , ‖z − b‖)). Poiché znn∈N ⊂ [a, b]∩Ae zn → z esistono inniti punti znkk∈N ⊂ Bε := (a, b) ∩ Bε (z) ∩ A.Inoltre, poiché A è aperto, l'insieme Nε := (a, b)∩Bε (z)∩Ac non è densoin [a, b] ∩Bε (z). Se così fosse, infatti, per ogni δ > 0, Nε intersecherebbeBδ (zn1

), ma essendo A aperto e zn1∈ A esiste δ′ > 0 tale che Bδ′ (zn1

) ⊂A. A meno di restringere δ′, si può supporre Bδ′ (zn1) ∩ (a, b) ⊂ Bε. SiaD il simmetrico di Bδ′ (zn1) rispetto a z, ovvero l'insieme 2z − Bδ′ (zn1).Chiaramente, anche D ∩ (a, b) ⊂ Bε. Procedendo come per z, si nota cheA ∩ (a, b) è denso in (a, b). In particolare, dunque D ∩ (a, b) ∩ A 6= ∅.Fissato quindi un qualunque b′ ∈ D ∩ (a, b) ∩ A e preso il corrispettivoa′ := 2z − b′ ∈ Bδ′ (zn1

) ⊂ A si sono determinati due punti a′, b′ ∈ A taliche a′+b′

2 = z. Per la convessità mid-point, dunque, z ∈ A.

7Si noti che in generale un insieme mid-point convesso non è convesso. Ad esempio l'insiemedei numeri razionali Q ⊂ R.

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Capitolo 2

Funzioni lineari, ani econvesse

2.1 Funzioni lineari, ani e convesse in spazi vet-toriali

Notazione 85 (X,Y,A,C). Durante l'intera sezione, tranne che quando speci-cato, si indicheranno conX,Y degli spazi vettoriali reali, con A un sottoinsiemeane di X e con C un sottoinsieme convesso di X.

Denizione 86 (Funzione ane). Sia F : A ⊂ X → Y . Si dice che F è unafunzione ane se preserva le combinazioni ani, i.e. se per ogni x, y ∈ A e perogni t ∈ R

F ((1− t)x+ ty) = (1− t)F (x) + tF (y) .

Esercizio 87. Sia F : A ⊂ X → Y . Le seguenti aermazioni sono equivalenti:

1. F è ane;

2. per ogni n ∈ N, per ogni x1, . . . , xn ∈ A e per ogniλ1, . . . , λn ∈ R tali che∑nj=1 λj = 1 si ha

F

(n∑i=1

λixi

)=

n∑i=1

λiF (xi) .

Svolgimento.

1.⇒ 2. Se n = 2 la tesi è banalmente vera. La si supponga vera per n ∈ N. Sianox1, . . . , xn+1 ∈ A e λ1, . . . , λn+1 ∈ R tali che

∑n+1j=1 λj = 1. Senza perdere

in generalità, sia λn+1 6= 1 (altrimenti basta permutare gli indici). Allora

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2.1 Funzioni lineari, ani e convesse in spazi vettoriali 27

∑nj=1 λj = 1− λn+1, dunque

F

((1− λn+1)

n∑i=1

λi1− λn+1

xi︸ ︷︷ ︸∈A

+λn+1xn+1

)

= (1− λn+1)F

(n∑i=1

λi1− λn+1

xi

)+ λn+1xn+1

=

n+1∑i=1

λiF (xi) .

2.⇒ 1. Ovvio.

Esercizio 88. Sia F : X → Y . Allora

1. F è lineare ⇔ F è ane e F (0) = 0;

2. F è ane ⇔ esiste un'unica T : X → Y lineare ed esiste y0 ∈ Y tali che,per ogni x ∈ X, si abbia T (x) = F (x) + y0;

3. F è ane ⇔ per ogni a ∈ R e per ogni y0 ∈ Y , aF + y0 è ane.

Svolgimento.

1. L'implicazione ⇒ è banalmente vericata. Viceversa, per ogni x, y ∈ X,per ogni α, β ∈ R, dalle ipotesi e dall'esercizio precedente segue

F (αx+ βy) = F (αx+ βy + (1− α− β) · 0) = αF (x) + βF (y) .

2. ⇒) Sia T := F − F (0). Allora T (0) = 0 e per ogni x, y ∈ X, per ogniλ ∈ R, dall'anità di F segue

T ((1− λ)x+ λy).= F ((1− λ)x+ λy)− F (0)

= (1− λ)F (x) + λF (y)− F (0)

= (1− λ)F (x) + λF (y)− (1− λ+ λ)F (0)

= (1− λ)T (x) + λT (y) .

Per il punto precedente segue quindi che T è lineare e che per ogniy0 ∈ Y \ F (0), F − y0 non è lineare.

⇐) Per ipotesi esistono T : X → Y lineare e y0 ∈ Y tali che F = T − y0.Per ogni x, y ∈ X w per ogni λ ∈ R, si ha dunque

F ((1− λ)x+ λy) = T ((1− λ)x+ λy)− y0

= (1− λ)T (x) + λT (y)− y0

= (1− λ)T (x) + λT (y)− (1− λ+ λ) y0

= (1− λ)F (x) + λF (y) .

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2.1 Funzioni lineari, ani e convesse in spazi vettoriali 28

3. Lìimplicazione ⇐ è banalmente vericata. Viceversa, siano a ∈ R a y0 ∈Y . Per ogni x, y ∈ X, per ogni λ ∈ R,

aF ((1− λ)x+ λy) + y0 = a ((1− λ)F (x) + λF (y)) + y0

= (1− λ) aF (x) + λaF (y) + (1− λ+ λ) y0

= (1− λ) (aF (x) + y0) + λ (aF (y) + y0) .

Denizione 89 (Funzione c-ane). Sia F : C ⊂ X → Y . Si dice che F è unamappa c-ane se per ogni x, y ∈ C e per ogni t ∈ [0, 1]

F ((1− t)x+ ty) = (1− t)F (x) + tF (y) .

Lemma 90. Sia F : A ⊂ X → Y . Allora F è ane se e solo se F è c-ane.

Dimostrazione. Se F è ane, F è ovviamente c-ane. Viceversa, siano F c-ane, x, y ∈ X e λ ∈ R. Detto z := (1− λ)x+λy, se λ ∈ [0, 1] la tesi è vericata.Se λ > 1, y è una combinazione convessa di x e z, infatti y = 1

λz+ λ−1λ x. Allora

F (y) =1

λF (z) +

λ− 1

λF (x) ⇐⇒ F (z) = (1− λ)F (x) + λF (y) .

Se λ < 0 si procede analogamente esprimendo x come combinazione convessa diz ed y.

Teorema 91. Sia F : C ⊂ X → Y c-ane. Allora esiste ed è unica F : aff (C)→Y estensione ane di F .

Dimostrazione. Banale.

Osservazione 92. Il teorema precedente aerma che le mappe c-ani sonotutte restrizioni di mappe ani. Per questo motivo spesso (con un abuso dinotazione) anche le mappe c-ani vengono chiamate semplicemente ani.

Denizione 93 (Funzione propria, convessa, concava). Sia f : C ⊂ X → R :=[−∞,+∞]. Si dice che

• f è propria se dom (f) := x ∈ C | f (x) ∈ R 6= ∅ e l'insieme dom (f)viene detto dominio (eettivo) di f ;

• f è convessa se epi (f) := (x, t) ∈ C × R | f (x) ≤ t è convesso in X×Re l'insieme epi (f) viene detto epìgrafo (o epigràco) di f ;

• f è concava se −f è convessa.

Teorema 94 (Disuguaglianza di Jensen). Sia f : C ⊂ X → R. Con le con-venzioni1 +∞ + (−∞) = +∞ e 0 · (±∞) = 0, le seguenti aermazioni sonoequivalenti:

1Solo per l'enunciato di questo teorema!

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2.1 Funzioni lineari, ani e convesse in spazi vettoriali 29

1. f è convessa;

2. per ogni x, y ∈ C e per ogni t ∈ [0, 1] si ha

f ((1− t)x+ ty) ≤ (1− t) f (x) + tf (y) ;

3. per ogni n ∈ N, per ogni x1, . . . , xn ∈ C e per ogni λ1, . . . , λn ∈ [0, 1] taliche

∑nj=1 λj = 1 si ha

f

(n∑i=1

λixi

)≤

n∑i=1

λif (xi)

(quest'ultima è nota col nome di disuguaglianza di Jensen2).

Dimostrazione.

1.⇔ 2.) Per denizione, f è convessa se e solo se

(x, t) , (y, s) ∈ epi (f) , ∀λ ∈ [0, 1] ,

((1− λ)x+ λy, (1− λ) t+ λs) ∈ epi (f) ,

che per denizione di epigraco è equivalente a

∀x, y ∈ C, ∀t, s ∈ R,[f (x) ≤ t, f (y) ≤ s]⇒ [∀λ ∈ [0, 1] , f ((1− λ)x+ λy) ≤ (1− λ) t+ λs]

che è a sua volta equivalente a

∀x, y ∈ C, ∀λ ∈ [0, 1] ,

f ((1− λ)x+ λy) ≤ (1− λ) f (x) + λf (y) .

2.⇒ 3.) Se n = 2 la tesi è banalmente vera. La si supponga vera per n ∈ N. Sianox1, . . . , xn+1 ∈ C e λ1, . . . , λn+1 ∈ [0, 1] tali che

∑n+1j=1 λj = 1. Senza

perdere in generalità, sia λn+1 6= 1 (altrimenti la tesi è banalmente vera).Allora

∑nj=1 λj = 1− λn+1, dunque

f

((1− λn+1)

n∑i=1

λi1− λn+1

xi︸ ︷︷ ︸∈A

+λn+1xn+1

)

≤ (1− λn+1)F

(n∑i=1

λi1− λn+1

xi

)+ λn+1xn+1

≤n+1∑i=1

λiF (xi) .

2Curiosità: Jensen si legge Iensen, non Gensen.

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2.1 Funzioni lineari, ani e convesse in spazi vettoriali 30

3.⇒ 2.) Banale.

Osservazione 95. Sia f : R → R una funzione convessa. Si supponga cheJ := f−1 (−∞) sia non vuoto. Per la disuguaglianza di Jensen (n = 2) si haquanto segue:

1. J è un insieme convesso, dunque un intervallo, infatti per ogni x, y ∈ J eper ogni λ ∈ [0, 1] si ha

f ((1− λ)x+ λy) ≤ (1− λ) f (x)︸ ︷︷ ︸−∞

+λ f (y)︸︷︷︸−∞

= −∞;

2. per ogni x ∈ J e per ogni y ∈ dom (f) si ha [x, y) ⊂ J , infatti per ogniλ ∈ [0, 1),

f ((1− λ)x+ λy) ≤ (1− λ) f (x)︸ ︷︷ ︸−∞

+λ f (y)︸︷︷︸∈R

= −∞,

dunque

(a) o esiste a ∈ R tale che J = a, avendosi pertanto necessariamente

f (a) = −∞,∀x ∈ R \ a , f (x) = +∞;

(b) o esistono y1 ∈ [−∞,+∞) e y2 ∈ (y1,+∞) tali che J ⊃ (y1, y2),avendosi pertanto necessariamente

∀x ∈ (y1, y2) , f (x) = −∞,∀x ∈ y1, y2 ∩ R, f (x) ∈ R,∀x ∈ R \ [y1, y2] , f (x) = +∞.

Per questo motivo si esclude generalmente la possibilità che f assuma il valore−∞. In questo caso le funzioni diventano banali, assumendo valori reali in alpiù due punti ed e valendo ±∞ nelle altre due o tre componenti connesse.

Proposizione 96. Per ogni f1, . . . , fn : C → (−∞,+∞] convesse e per ogniα1, . . . , αn ≥, la funzione

∑ni=1 αifi è convessa.

Dimostrazione. Segue facilmente dalla disuguaglianza di Jensen.

Proposizione 97. Sia Γ un insieme di indici arbitrario e per ogni γ ∈ Γ, siafγ : C → (−∞,+∞] convessa. Allora

h : C → (−∞,+∞] ,

x 7→ supγ∈Γ

fγ (x)

è convessa.

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2.2 Continuità di funzionali lineari 31

Dimostrazione. Poiché

(x, t) ∈ epi (h) ⇐⇒ h (x)︸ ︷︷ ︸supγ∈γ fγ(x)

≤ t ⇐⇒ ∀γ ∈ Γ, fγ ≤ t

⇐⇒ ∀γ ∈ Γ, (x, t) ∈ epi (fγ) ,

si ha epi (h) =⋂γ∈Γ epi (fγ), dunque epi (h) è convesso.

Proposizione 98. Sia f : C → (−∞,+∞] convessa. Allora la funzione

f : X → (−∞,+∞] ,

x 7→

f (x) , x ∈ C,+∞, x ∈ X \ C

è un'estensione convessa di f denita su tutto X

Esempio 99 (Per funzioni reali non vale). Se f : C → R è convessa, non esistesempre f : X → R convessa tale che f|C = f . Ad esempio, se

f : [−1, 1] → R,

x 7→ 1−√

1− x2

è chiaro che f non si possa estendere mantenendo la convessità.

Denizione 100 (Insieme bilanciato). Si dice che un insieme V ⊂ X è bilan-ciato se per ogni α ∈ [−1, 1], si ha αV ⊂ V .

Esercizio 101. Si dimostri che V ⊂ X è bilanciato ⇔ V è simmetrico rispettoall'origine (i.e. V = −V ) e stellato rispetto all'origine (i.e. per ogni x ∈ V ,[0, x] ⊂ V )3.

Svolgimento. L'implicazione ⇒ è facilmente vericata. Viceversa, siano x ∈V e α ∈ [−1, 1]. Allora −x ∈ V per la simmetria e [−x, x] ⊂ V in quanto[−x, 0] , [0, x] ⊂ V . Poiché αx ∈ [−x, x], segue αx ∈ V .

Osservazione 102. Gli insiemi bilanciati sono connessi per archi, dunque con-nessi, ma non necessariamente convessi (e.g. X = R2, V = ([−1, 1]× 0) ∪(0 × [−1, 1])).

2.2 Continuità di funzionali lineari

Lemma 103. Sia X uno spazio vettoriale topologico. Allora per ogni U ∈ U (0)esiste un intorno V ∈ U (0) bilanciato tale che V ⊂ U .

3La validità di questa caratterizzazione dipende dal fatto che X sia uno spazio vettorialereale. In spazi vettoriali complessi la denizione diventa: V è bilanciato se per ogni α ∈ C,|α| ≤ 1, si ha αV ⊂ V . L'implicazione ⇐ smette quindi di valere (e.g. X = C, V = [−1, 1]).

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2.2 Continuità di funzionali lineari 32

Dimostrazione. Sia U ∈ U (0) arbitrario. Poiché la mappa (t, x) 7→ tx è continuain (0, 0), esistono ε > 0 e W ∈ U (0) tali che, per ogni t ∈ [−ε, ε] e per ognix ∈W , si abbia tx ∈ U , dunque

V :=⋃

t∈[−ε,ε]

tW ⊂ U.

Rimane da vericare che V ∈ U (0) e che V è bilanciato. Poiché εW ⊂ V ,V ∈ U (0). Per ogni x ∈ V esiste t ∈ [−ε, ε] tale che x ∈ tW , dunque per ogniα ∈ [−1, 1], αx ∈ αtW ⊂ V in quanto αt ∈ [−ε, ε].

Denizione 104 (Funzione uniformemente continua). Siano X,Y due spazivettoriali topologici. Si dice che f : X → Y è uniformemente continua se perogniW ∈ UY (0) esiste U ∈ UX (0) tale che, per ogni x1, x2 ∈ X, se x2−x1 ∈ U ,si ha f (x2)− f (x1) ∈W .

Lemma 105. Siano X uno spazio vettoriale e f ∈ X] \ 0. Allora N :=f−1 (−∞, 0), ker (f) e P := f−1 (0,−∞) sono convessi.

Dimostrazione. Segue immediatamente dalla linearità di f e dalla convessitàdegli insiemi (−∞, 0), 0 e (0,+∞).

Osservazione 106. Se X è uno spazio vettoriale topologico, essendo N , ker eP convessi, sono connessi per archi, dunque connessi.

Lemma 107. Siano X uno spazio vettoriale topologico, C ⊂ X convesso, x0 ∈C ed U ⊂ X aperto, stellato rispetto a x0 e tale che U ∩∂C = ∅. Allora U ⊂ C.

Dimostrazione. Si supponga per assurdo l'esistenza di u ∈ U \ C. Poiché U èstellato, [u, x0] ⊂ U . Poiché C è convesso, anche C ′ := C ∩ ←→x0u è convesso.Esistono dunque c1, c2 ∈ ←→x0u, tali che x0 ∈ [c1, c2] := C ′. Analogamente, poichéU è aperto e stellato rispetto ad x0, esistono u1, u2 ∈ ←→x0u tali che x0, u ∈(u1, u2) := U ∩ ←→x0u. Per ipotesi di assurdo u ∈ (u1, u2) \ [c1, c2], ma x0 ∈(u1, u2) ∩ [c1, c2], dunque esiste i ∈ 1, 2 tale che ci ∈ (u1, u2) ⊂ U , assurdo inquanto U ∩ ∂C = ∅.

Teorema 108. Siano X uno spazio vettoriale topologico ed ` ∈ X] \ 0. Leseguenti aermazioni sono equivalenti:

1. ` è uniformemente continuo su X;

2. ` è continuo su X (i.e. ` ∈ X∗ \ 0);

3. ` è continuo in 0;

4. ` è continuo in qualche x0 ∈ X;

5. ` è limitato su qualche U ∈ U (0);

6. ` è superiormente limitato su almeno un aperto non vuoto;

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2.2 Continuità di funzionali lineari 33

7. ker (`) è chiuso (importante!);

8. ker (`) non è denso.

Inoltre, se X è normato le condizioni precedenti sono equivalenti alle seguenti:

9. ‖`‖ := sup‖x‖≤1 |` (x)| < +∞;

10. ` è lipschitziano.

Dimostrazione. Le implicazioni 1⇒ 2⇒ 3⇒ 4 sono ovvie.

4.⇒ 5.) Sia ` continua in x0 ∈ X e sia ε > 0 arbitrario. Allora esiste un V ⊂ U (0)tale che

` (x0 + V ) ⊂ (` (x0)− ε, ` (x0) + ε) .

Dalla linearità di ` segue ` (x0 + V ) = ` (x0) + ` (V ) e sottraendo ` (x0)dall'inclusione precedente si conclude ` (V ) ⊂ (−ε, ε).

5.⇒ 1.) Sia ` limitata su U ∈ U (0) e sia ε > 0 arbitrario. Allora esiste m > 0 taleche ` (U) ⊂ (−m,m). Sia δ := ε/m. Per ogni x, y ∈ X, se x − y ∈ δU ,allora

` (x)− ` (y) = ` (x− y) ∈ δ` (U) ⊂ δ (−m,m) = (−ε, ε) .

5.⇒ 6.) Ovvio.

6.⇒ 5.) Sia A un aperto non vuoto ed m > 0 tali che `|A ≤ m. Esistono alloraallora x0 ∈ X e V ∈ U (0) tali che `|x0+V

≤ m su x0 + V . Per il Lemma103, si supporre senza perdere in generalità che V sia bilanciato, dunquesimmetrico. Da

` (x0) + ` (V ) = ` (x0 + V ) ⊂ (−∞,m]

e conseguentemente

` (V ) ⊂ (−∞,m− ` (x0)] ⊂(−∞, |m− ` (x0)|︸ ︷︷ ︸

=:M

]segue pertanto

−` (V ) = ` (−V ) = ` (V ) ⊂ (−∞,M ]⇒ ` (V ) ⊂ (−M,+∞] ,

dunque ` (V ) ⊂ [−M,M ].

6.⇒ 7. Basta notare che 6⇒ 5⇒ 1⇒ 7.

7.⇒ 8. Ovvio.

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2.2 Continuità di funzionali lineari 34

8.⇒ 6. Per ipotesi ker (`) 6= X, allora il suo complementare è un aperto non vuo-to. Esistono pertanto x0 ∈ X e V ∈ U (0) bilanciato tali che (x0 + V ) ∩ker (`) = ∅. Dai Lemmi 105 e 107 segue ` (x0 + V ) ⊂ [0,+∞) oppure` (x0 + V ) ⊂ (−∞, 0]. Se dovesse essere ` (x0 + V ) ⊂ [0,+∞) sareb-be suciente notare che anche −x0 − V ∩ ker (`) = ∅ e in questo caso` (−x0 − V ) = −` (x0 + V ) ⊂ (−∞, 0].

Sia (X, ‖·‖) uno spazio normato.

5.⇒ 9.) Siano δ,m > 0 tali che, per ogni x ∈ X con ‖x‖ ≤ δ si abbia |` (x)| ≤ m.Allora, per linearità, per ogni x ∈ X con ‖x‖ ≤ 1 si ha

|` (x)| = |` (δx)|δ

≤ m

δ< +∞.

9.⇒ 10.) Per ogni x, y ∈ X, x 6= y,

|` (x)− ` (y)| = |` (x− y)| =∣∣∣∣`( x− y‖x− y‖

)∣∣∣∣︸ ︷︷ ︸≤‖`‖

‖x− y‖ ≤ ‖`‖ ‖x− y‖ .

10.⇒ 5.) Basta notare che 10⇒ 3⇒ 5.

Denizione 109 (Duale topologico). Sia X uno spazio vettoriale topologico.Si denisce duale topologico di X l'insieme

X∗ := ϕ : X → R | ϕ lineare e continuo .

Osservazione 110. Chiaramente X∗ ⊂ X]. In generale l'inclusione è stretta.

Corollario 111 (Importante). Se X è uno spazio normato innito-dimensionale,allora X] \X∗ 6= ∅.

Dimostrazione. Si vuole determinare esplicitamente un funzionale ` ∈ X] \X∗.Poiché si è interessati ad ` lineare, è suciente denirlo su una base algebrica4

(poi, per linearità, ` si estende naturalmente in modo unico suX). Sia dunque Buna base algebrica di X. Senza perdere in generalità (ogni elemento della base sipuò moltiplicare per uno scalare non nullo) si supponga che B ⊂ B1 (0). EssendoB innito, esiste bnn∈N ⊂ B con, per ogni n, k ∈ N, [n 6= k ⇒ bn 6= bk]. Perogni n ∈ N si denisca allora ` (bn) = n e per ogni b ∈ B \ bnn∈N sia, adesempio, ` (b) = 0. Allora ` non è limitato sulla bolla unitaria. Per il teoremaprecedente, dunque, ` non è continuo.

4Le basi algebriche, specialmente nel contesto degli spazi vettoriali innito-dimensionali,vengono spesso chiamate basi di Hamel .

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2.3 Continuità di funzioni convesse 35

Esercizio 112. Il corollario precedente non vale in generale negli spazi vettorialitopologici. Si dimostri che ogni spazio vettoriale dotato della topologia generatadalla base di aperti

A := C ⊂ X | C convesso, C = a-int (C) ,

detta topologia core, risulta essere uno spazio vettoriale topologico localmenteconvesso con X] = X∗. Si noti come (grazie al Teorema 80) la topologia corerisulti essere la topologia lineare più ne di cui uno spazio vettoriale possa esseredotato (i.e. se (X,+, ·, τ) è uno spazio vettoriale, detta τc la topologia core, siha τ ⊂ τc).

Esercizio 113. Il corollario precedente continua invece a valere in spazi vetto-riali topologici reali metrizzabili. Si dimostri che se X è uno spazio vettorialetopologico metrizzabile, allora X] \X∗ 6= ∅.

2.3 Continuità di funzioni convesse

Denizione 114 (Insieme simmetrico). Siano X uno spazio vettoriale, E ⊂ Xe x0 ∈ X. Si dice che E è simmetrico rispetto ad x0 se per ogni x ∈ E, si hax0 − (x− x0) ∈ E.

Lemma 115. Siano X uno spazio vettoriale, C ⊂ X convesso e simmetricorispetto ad x0 ∈ C, f : C → R convessa:

1. se esiste m ∈ R tale che f ≤ m, allora |f | ≤ 2 |f (x0)|+ |m|;

2. se X è uno spazio normato ed esitono r,M > 0 tali che C = Br (x0) e|f | ≤M , allora per ogni ε ∈ (0, r), f è

(2Mε

)-lipschitziana su Br−ε (x0).

Dimostrazione. Senza perdere in generalità (la composizione di una funzioneconvessa con una traslazione è ancora una funzione convessa e sia la convessitàche la simmetria rispetto a un punto sono invarianti per traslazione), sia x0 = 0.

1. Sia x ∈ C. Allora 0 = 12x + 1

2 (−x) e poiché −x ∈ C, dalla convessità dif segue

f (0) ≤ 1

2f (x) +

1

2f (−x) ≤ 1

2f (x) +

m

2.

Poiché per ogni a, b ∈ R si ha

a− b ≥ a− |b| ≥ − |a| − |b| ,

dalla prima disuguaglianza segue

f (x) ≥ 2f (0)−m ≥ −2 |f (0)| − |m|

e ovviamentef (x) ≤ m ≤ |m| ≤ 2 |f (0)|+ |m| .

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2.3 Continuità di funzioni convesse 36

2. Siano x, y ∈ Br−ε (0), x 6= y e

z := y +ε

‖y − x‖(y − x) ,

ovvero l'ε-prolungamento del segmento [x, y] dopo y. Chiaramente si haz ∈ Br (0) e y ∈ (z, x). Esplicitando la y nella denizione di z, si ottiene

y =ε

‖y − x‖+ εx+

‖y − x‖‖y − x‖+ ε

z,

che è una combinazione convessa di x e z. Dalla convessità di f seguepertanto

f (y) ≤ ε

‖y − x‖+ εf (x) +

‖y − x‖‖y − x‖+ ε

f (z)

m(‖y − x‖+ ε) f (y) ≤ εf (x) + ‖y − x‖ f (z)

mε (f (y)− f (x)) ≤ ‖y − x‖ (f (z)− f (y))︸ ︷︷ ︸

≤2M

≤ 2M ‖y − x‖

m

f (y)− f (x) ≤ 2M

ε‖y − x‖ .

Essendo x ed y aribitrari (a meno di scambiarli tra loro e ripetere le stimeprecedenti), si ottiene

|f (y)− f (x)| ≤ 2M

ε‖y − x‖ .

Osservazione 116. Si noti che per ε = 0 il lemma precedente non vale, stessoesempio della semicirconferenza visto in precedenza (Esempio 99).

Teorema 117. Siano X uno spazio vettoriale topologico, C ⊂ X un apertoconvesso e f : C → R convessa. Le seguenti aermazioni sono equivalenti:

1. f è localmente uniformemente continua;

2. f è continua;

3. f è continua in almeno un x0 ∈ C;

4. f è superiormente limitata su un aperto non vuoto di C;

5. f è localmente limitata su C.

Inoltre, se X è normato le condizioni precedenti sono equivalenti alla seguente:

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2.3 Continuità di funzioni convesse 37

6. f è localmente lipschitziana;

Dimostrazione. Le implicazioni 1.⇒ 2.⇒ 3.⇒ 4. sono ovvie.

4.⇒ 5.) Siano U ⊂ C un aperto non vuoto ed m ∈ R tali che f|U ≤ m. Siax ∈ C \ U arbitrario. Si vuole dimostrare che f è superiormente limitatain un intorno di x. Siano x0 ∈ U , z ∈ C ∩ ←→x0x e λ ∈ (0, 1) tali chex = (1− λ)x0 + λz. Allora

(1− λ)U + λz = (1− λ) (x0 + (−x0 + U)) + λz

= (1− λ)x0 + λz + (1− λ) (−x0 + U)

= x+ (1− λ) (−x0 + U)︸ ︷︷ ︸=:V ∈U(0)

.

Sia u ∈ x + V arbitrario. Dall'identità precedente segue l'esistenza div ∈ U tale che u = (1− λ) v + λz. Dalla convessità di f si ha quindi

f (u) ≤ (1− λ) f (v) + λf (z) ≤ (1− λ)m+ λf (z) ,

da cuif|x+V

≤ max (|m| , |f (z)|) .

Allora f è localmente superiormente limitata su C. Per il Lemma 115 èpertanto localmente limitata.

5.⇒ 1.) Si lascia la dimostrazione di questo punto come esercizio al lettore inte-ressato.

5.⇒ 6.) Segue direttamente dal Lemma 115.

6.⇒ 5.) Banale.

Osservazione 118. Si noti che i punti dal 2. al 5. sono equivalenti anche inspazi vettoriali topologici.

Osservazione 119. In spazi normati la limitatezza inferiore non è in generaleequivalente alla continuità. Ad esempio, se X è uno spazio normato innito-dimensionale, esiste ` ∈ X] \X∗. Chiaramente |`| è convessa e discontinua (suogni punto perché se lo è in un punto lo è ovunque) ma è limitata inferiormente.

Corollario 120. Siano X uno spazio normato nito-dimensionale, C ⊂ Xun aperto convesso e f : C → R convessa. Allora f è localmente lipschitziana(quindi continua) su C.

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2.3 Continuità di funzioni convesse 38

Dimostrazione. Senza perdere in generalità, sia X = Rn. Si ssi x0 ∈ C.Essendo C aperto, esiste un ipercubo chiuso Q ⊂ C tale che int (Q) 6= ∅.Siano v1, . . . , vm ∈ Q i vertici di Q. Allora Q = conv (v1, . . . , vm). Detto m :=max f (vi) | i ∈ 1, . . . ,m, per ogni x ∈ int (Q) esistono λ1, . . . , λm ∈ [0, 1]tali che

∑mi=1 λi = 1 e x =

∑m1 λivi, pertanto

f (x) ≤m∑i=1

λi f (vi)︸ ︷︷ ︸≤m

≤ m

e la tesi segue dal punto 4 del teorema precedente.

Esempio 121 (C aperto è necessario). La funzione χ0 + χ1 è convessa su[0, 1] ma è discontinua su entrambi i punti di bordo.

Corollario 122. Siano X uno spazio normato, C ⊂ X convesso e nito-dimensionale e f : C → R convessa. Allora f è localmente lipschitziana (quindicontinua) su ri (C).

Osservazione 123. Prima di proseguire si consiglia di leggere l'appendice sullefunzioni semicontinue (sezione 9.2, pagina 127).

Esercizio 124. Siano X uno spazio normato, C ⊂ X convesso e δ > 0. Postaper ogni x ∈ X, dist (x,∅) := +∞, si dimostri che gli insiemi

1. D1 := x ∈ X |dist (x,C) < δ ,

2. D2 := x ∈ X |dist (x,C) ≤ δ ,

3. D3 := x ∈ X |dist (x,X \ C) > δ ,

4. D4 := x ∈ X |dist (x,X \ C) ≥ δ

sono convessi, che quelli con indice dispari sono aperti e che quelli con indicepari sono chiusi. Si noti inotlre che se C non ha punti interni gli ultimi due sonovuoti.

Teorema 125. Siano X uno spazio normato, C ⊂ X un aperto convesso ef : C → R convessa. Allora

1. f è superiormente semicontinua su C se e solo se f è continua;

2. se X è uno spazio di Banach, f è inferiormente semicontinua su C se esolo se f è continua.

Dimostrazione.

1. Sia x0 ∈ C. Allora x ∈ C | f (x) < f (x0) + 1 è un aperto non vuoto sucui f è limitata superiormente. Per il Teorema 117, f è continua.

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2.4 Teorema di Banach-Steinhaus 39

2. Posta per ogni x ∈ X, dist (x,∅) := +∞, si denisca per ogni n ∈ N

Fn :=

x ∈ C

∣∣∣∣ f (x) ≤ n, dist (x,X \ C) ≥ 1

n

.

Per l'esercizio precedente, per ogni n ∈ N l'insiemex ∈ C

∣∣∣∣ dist (x,X \ C) ≥ 1

n

è convesso e chiuso. Essendo f convessa ed inferiormente semicontinua,per ogni n ∈ N, x ∈ C | f (x) ≤ n è convesso e chiuso. Dunque, perogni n ∈ N, Fn è convesso e chiuso. Per il Teorema di Baire, X è unospazio di Baire e per l'Esercizio 415, anche C (con la topologia indotta) èuno spazio di Baire. Poiché C =

⋃n∈N Fn, esiste dunque k ∈ N tale che

int (Fk) 6= ∅. Essendo quindi f superiormente limitata su un aperto nonvuoto, risulta f continua.

Esempio 126 (La completezza è necessaria). . Sia

c00 =x = (xn)n∈N ∈ RN ∣∣ ∃n0 ∈ N, ∀n ∈ N, n ≥ n0, xn = 0

lo spazio vettoriale delle successioni reali denitivamente nulle, dotato della nor-ma uniforme x 7→ ‖x‖∞ := maxn∈N |xn|. Chiaramente (c00, ‖·‖∞) è uno spazionormato e incompleto (il suo completamento è lo spazio c0 delle successioni chetendono a zero all'innito). Sia

f : c00 → R,

x 7→+∞∑n=1

xn = supN∈N

(N∑n=1

xn

).

Per ogni N ∈ N, la somma x 7→∑Nn=1 xn è una funzione convessa e conti-

nua. Essendo f l'estremo superiore puntuale di tali somme, f risulta essereconvessa ed inferiormente semicontinua. Tuttavia f non è continua (f è illi-mitata in ogni intorno dell'origine!), infatti per ogni ε > 0 e per ogni n ∈ N,xn :=

(ε, ε, . . . ,

nε, 0, 0, . . .

)∈ Bε (0) ma chiaramente supn∈N f (xn) = +∞. Dal

teorema base sulla continuità delle funzioni convesse segue quindi f discontinuain ogni punto di c00.

2.4 Teorema di Banach-Steinhaus

Denizione 127 (Famiglia di funzioni puntualmente limitata, localmente equi-limitata, localmente equilipschitziana). Siano (X, ‖·‖) uno spazio normato, A ⊂X aperto e F una famiglia di funzioni reali denite su A. Si dice che

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2.4 Teorema di Banach-Steinhaus 40

• F è puntualmente limitata se per ogni x ∈ A, supf∈F |f (x)| < +∞;

• F è localmente equilimitata se per ogni x ∈ A esistono U ∈ U (x), U ⊂ Ae M > 0 tali che, per ogni y ∈ U , supf∈F |f (y)| < M ;

• F è localmente equilipschitziana se per ogni x ∈ A esistono U ∈ U (x), U ⊂A e L > 0 tali che, per ogni y, z ∈ U , supf∈F |f (y)− f (z)| ≤ L ‖y − z‖.

Teorema 128. Siano X uno spazio di Banach, C ⊂ X un aperto conves-so e F una famiglia di funzioni reali convesse e continue denite su C. SeF è puntualmente limitata, allora F è localmente equilimitata e localmenteequilipschitziana.

Dimostrazione. Sia

g : C → R,x 7→ sup

f∈Ff (x) .

Essendo un estremo superiore puntuale di funzioni convesse e continue, g è con-vessa e inferiormente semicontinua. Per il Teorema 125, g è pertanto continua,quindi, in particolare g è localmente limitata. Ovvero per ogni x ∈ C esistonoun raggio rx > 0 ed una costante mx > 0 tali che, per ogni f ∈ F , f ≤ mx suBrx (x), dunque f (0) ≤ mx e dal Lemma 115 segue sia |f | ≤ 3mx su Brx (x)che f 12mx

rx-lipschitziana su Brx/2 (x).

Esercizio 129. Sia, per ogni n ∈ N, fn : C → R una funzione convessa. Sefnn∈N converge puntualmente ad f : C → R, allora f è convessa.

Svolgimento. Segue banalmente dalla disuguaglianza di Jensen.

Teorema 130. Siano X uno spazio di Banach e C ⊂ X un aperto convesso.Se per ogni n ∈ N, fn : C → R è una funzione convessa e continua e fnn∈Nconverge puntualmente ad una funzione f : C → R, allora f è convessa, continuae la convergenza è uniforme sui compatti di C.

Dimostrazione. Poiché converge puntualmente, la successione fnn∈N è pun-tualmente limitata. Per il Teorema 128, quindi, fnn∈N è localmente equilip-schitziana. Per ogni x ∈ C esistono pertanto un intorno U ∈ U (x), U ⊂ C euna costante L > 0 tali che, per ogni n ∈ N e per ogni y, z ∈ U si abbia

|fn (y)− fn (z)| ≤ L ‖y − z‖ .

Passando al limite ad ambo i membri si conclude immediatamente che f è lo-calmente lipschitziana, dunque continua. Per vericare che la convergenza siauniforme sui compatti, sia K ⊂ C compatto. Poiché fnn∈N è localmente equi-

limitata e localmente equilipschitziana, la successione ristretta

(fn)|K

n∈N

ri-

sulta essere (globalmente) equilimitata ed equilipschitziana (basta ricoprire ognipunto diK con un intorno opportuno ed estrarne poi un sottoricoprimento nito

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2.4 Teorema di Banach-Steinhaus 41

grazie alla compattezza), dunque equicontinua. Per il Teorema di Ascoli-Arzelà,

dunque, esiste una sottosuccessione di

(fn)|K

n∈N

convergente uniformemen-

te su K (a f|K ). Nello stesso modo il Teorema di Ascoli-Arzelà garantisce che

ogni sottosuccessione di

(fn)|K

n∈N

ammetta una sottosuccessione convergen-

te uniformemente su K (a f|K ). Si supponga per assurdo che fn non convergauniformemente ad f su K. Allora esistono ε > 0 , nkk∈N ⊂ N strettamentecrescente e xnkk∈N ⊂ K tali che, per ogni k ∈ N, |fnk (xnk)− f (xnk)| > ε.Questo però implica che nessuna sottosuccessione di fnkk∈N possa convergereuniformemente ad f su K. Assurdo.

Notazione 131. Siano S un insieme, σ : N → S una successione e m ∈ N. Siindica con σ|[m,∞)

la successione denita per ogni n ∈ N da σ (n+m).

Lemma 132 (Metodo diagonale). Siano S un insieme, σ1 : N → S una suc-cessione e per ogni n ∈ N, sia σn+1 una sottosuccessione di σn. Allora esi-ste una successione σ∞ : N → S tale che, per ogni m ∈ N, (σ∞)|[m,∞)

è unasottosuccessione di σm.

Dimostrazione. Scrivendo esplicitamente i primi valori delle prime succesioni, siha

σ1 = (σ1 (1), σ1 (2) , σ1 (3) , . . .) ,

σ2 = (σ2 (1) , σ2 (2), σ2 (3) , . . .) ,

σ3 = (σ3 (1) , σ3 (2) , σ3 (3), . . .) .

Essendo per ipotesi, per ogni n ∈ N, ogni successione σn+1 una sottosuccessionedella sua precedente, è chiaro che la successione diagonale

σ∞ := σ1 (1) , σ2 (2) , σ3 (3) , . . .

soddis le richieste.

Teorema 133. Siano X uno spazio di Banach separabile, C ⊂ X aperto e con-vesso, per ogni n ∈ N, fn : C → R convessa e continua e fnn∈N puntualmentelimitata. Allora esiste una sottosuccessione fnkk∈N ⊂ fnn∈N che convergeuniformemente sui compatti ad una funzione f convessa e continua.

Dimostrazione. Sia dnn∈N ⊂ X una successione densa5 in X. Per ipotesi lasuccessione fn (d1)n∈N è limitata in R, dunque esiste una sottosuccessione deinumeri naturali σ1 ⊂ N tale che

fσ1(i) (d1)

i∈N converge ad un certo valore

f (d1). Analogamente, la successionefσ1(i) (d2)

i∈N è limitata in R, dunque

esiste una sottosuccessione σ2 ⊂ σ1 tale chefσ2(i) (d2)

i∈N converge ad un

certo valore f (d2). Procedo in modo diagonale si determina una successione

5Con un usuale abuso di notazione, qui e nel seguito si confondono impunemente lesuccessioni con le loro immagini.

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2.4 Teorema di Banach-Steinhaus 42

σ∞ =: nkk∈N ⊂ N che per ogni k ∈ N è denitivamente sottosuccessione diσk. Allora per ogni m ∈ N si ha

fnk (dm)k→+∞−→ f (dm) ∈ R.

Essendo fnkk∈N puntualmente limitata, per il Teorema 128 è localmente equi-lipschitziana. Si vuole dimostrare che per ogni x ∈ C, fnk (x)k∈N è unasuccesione di Cauchy. Siano x ∈ C e ε > 0 arbitrari. Sia L > 0 tale cheesista δ ∈ (0, ε) tale che, per ogni y, z ∈ Bδ (x) e per ogni k ∈ N, si abbia|fnk (y)− fnk (z)| < L ‖y − z‖. Sia m0 ∈ N tale che ‖dm0 − x‖ < δ. Alloraesiste N ∈ N tale che, per ogni j, k ∈ N, j, k ≥ N ,∣∣fnk (x)− fnj (x)

∣∣ ≤ |fnk (x)− fnk (dm0)|︸ ︷︷ ︸≤L‖x−dm0‖

+∣∣fnk (dm0)− fnj (dm0)

∣∣︸ ︷︷ ︸<ε

+∣∣fnj (dm0

)− fnj (x)∣∣︸ ︷︷ ︸

≤L‖x−dm0‖≤ ε (2L+ 1) .

La succ fnkk∈N è quindi di Cauchy in x, pertanto converge puntualmentea f e per il teorema precedente f è continua e la convergenza è uniforme suicompatti.

Esercizio 134. Siano Y uno spazio normato e y ∈ Y . Si dimostri che

‖y‖Y = supϕ∈Y ∗, |||ϕ|||≤1

ϕ (y) .

Svolgimento. Segue direttamente dalla Proposizione 458.

Corollario 135 (Teorema di Banach-Steinhaus o principio di uniforme limita-tazza). Siano X uno spazio di Banach, Y uno spazio normato, I un insieme esia Tαα∈I una famiglia di operatori lineari e continui deniti in X a valoriin Y . Se la famiglia Tαα∈I è puntualmente limitata, allora esiste M > 0 taleche, per ogni α ∈ I, |||Tα||| ≤M .

Dimostrazione. Per l'esercizio precedente, per ogni y ∈ Y , si ha

‖y‖Y = supϕ∈Y ∗, |||ϕ|||≤1

ϕ (y) .

Dunque, per ogni α ∈ I,

|||Tα||| = supx∈X, ‖x‖X≤1

‖Tx‖Y = supx∈X, ‖x‖X≤1,ϕ∈Y ∗, |||ϕ|||≤1

(ϕ Tα) (x) .

Poiché per ogni α ∈ I, Tα è lineare e continuo, per ogni α ∈ I e per ogniϕ ∈ Y ∗, anche ϕTα è lineare e continuo. Inoltre la famiglia ϕ Tαα∈I,ϕ∈BY ∗

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2.4 Teorema di Banach-Steinhaus 43

è puntualmente limitata, quindi localmente equilimitata, ovvero esiste un raggior > 0 tale che per ogni α ∈ I e per ogni ϕ ∈ Y ∗ si abbia

supα∈I,

x∈X, ‖x‖X≤r,ϕ∈Y ∗, |||ϕ|||≤1

(ϕ Tα) (x) < +∞

mr supα∈I|||Tα||| = r sup

α∈I,x∈X, ‖x‖X≤1,ϕ∈Y ∗, |||ϕ|||≤1

(ϕ Tα) (x) < +∞.

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Capitolo 3

Insiemi convessi (e compatti)

3.1 Punti estremi

Osservazione 136. Prima di proseguire si consiglia di leggere l'appendice suiteoremi di Hahn-Banach (sezione 9.3, pagina 129).

Denizione 137 (Punti estremi). Siano X uno spazio vettoriale, C ⊂ X con-vesso e x ∈ C. Si dice che x è un punto estremo per C e si scrive x ∈ ext (C)se per ogni y, z ∈ C e per ogni λ ∈ (0, 1) tali che x = (1− λ) y + λz, si hax = y = z.

Osservazione 138. La denizione di x punto estremo per C si può riformularerichiedendo che per ogni a, b ∈ C, x appartiene al segmento [a, b] se e solo se xcoincide con uno dei due estremi a, b. I punti estremi sono cioè gli estremi ditutti i segmenti (in C) a cui appartengono.

Esercizio 139. Siano X uno spazio vettoriale e C ⊂ X convesso. Si dimostril'equivalenza delle seguenti aermazioni.

1. x ∈ ext (C);

2. per ogni y, z ∈ C tali che x = y+z2 , si ha x = y = z;

3. per ogni y1, . . . , yn ∈ C e per ogni λ1, . . . , λn ∈ [0, 1] tali che∑nj=1 λj = 1

e x =∑ni=1 λiyi, si ha x = y1 = . . . = yn.

Svolgimento. Le implicazioni 1.⇒ 2. e 3.⇒ 1. sono ovvie.

2.⇒ 1.) Siano y, z ∈ C e λ ∈ (0, 1) \

12

tali che x = (1− λ) y + λz. Allora una

semplice verica mostra che o y′ := 2x− z ∈ [y, z], o z′ := 2x− y ∈ [y, z].

.y

.y′

.x

.z

Figura 3.1.1: Se λ > 12 , allora y

′ := 2x− z ∈ [y, z] e x = y′+z2 .

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3.1 Punti estremi 45

Senza perdere in generalità, sia y′ ∈ [y, z] (altrimenti è suciente ripeterequanto segue per z′). Allora x = y′+z

2 che per ipotesi implica x = y′ = z.Dall'ipotesi x = (1− λ) y + λz segue quindi x = (1− λ) y + λx, ovverox = y.

1.⇒ 3.) Se n = 2, la tesi è vera per ipotesi. Si supponga che la tesi valga pern ∈ N e siano y1, . . . , yn+1 ∈ C, λ1, . . . , λn+1 ∈ [0, 1] tali che

∑n+1i=1 λi = 1

e x =∑n+1i=1 λiyi. Senza perdere in generalità, sia λn+1 6= 1. Da

∑ni=1 λi =

1− λn+1 segue allora

x =

n+1∑i=1

λiyi = (1− λn+1)

n∑i=1

λi1− λn+1

y1︸ ︷︷ ︸=:y∈C

+λn+1yn+1,

dunque x = yn+1 = y. Da

x = y =

n∑i=1

λi1− λn+1

y1

si conclude inne x = y1, . . . , yn.

Osservazione 140. Si noti che

1. ext (C) ⊂ C \ a-int (C).

2. Se C ⊂ R2 è un insieme convesso e chiuso, allora anche ext (C) è chiuso.Infatti se dim (C) ≤ 1, ext (C) ha solo un numero nito di punti. Sedim (C) = 2, esistono in C almeno tre punti non allineati. Essendo Cconvesso, C contiene dunque almeno un triangolo non degenere, pertantoint (C) 6= ∅. Un risultato di geometria piana garantisce che il bordo diinsiemi convessi con interno non vuoto contenuti nel piano euclideo sia unavarietà topologica 1-dimensionale. Essendo C chiuso, ∂C ⊂ C, dunque∂C \ ext (C) ⊂ C. Sia x ∈ ∂C \ ext (C). Per denizione di punto estremo,esistono allora a, b ∈ C tali che x ∈ (a, b). Si noti che necessariamentea, b ∈ ∂C, infatti da C chiuso segue ∂C = C \ int (C) e se per assurdo a ob non appartenessero alla frontiera di C, da a o b appartenenti all'internodi C e dal Corollario 63 seguirebbe x ∈ int (C). Dallo stesso argomentoapplicato ad ogni punto del segmento segue (a, b) ⊂ ∂C. Essendo ∂Cuna varietà topologica 1-dimensionale, (a, b) è aperto in ∂C. Ogni puntodi ∂C \ ext (C) ha pertanto un intorno tutto contenuto in ∂C, ovvero∂C \ ext (C) è aperto in ∂C e conseguentemente ext (C) è chiuso in ∂C.Essendo ∂C a sua volta chiuso in X, segue che ext (C) è chiuso in X.

3. Da dimensione 3 in poi questo non è più vero. Si consideri l'esempio ingura, in cui C ⊂ R3 è l'involucro convesso di una circonferenza γ unita

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3.1 Punti estremi 46

ad un segmento s ortogonale al piano su cui giace γ e tangente alla stessain un punto x0. L'insieme C è convesso e chiuso, ma ext (C) non è chiuso,infatti γ \ x0 ⊂ ext (C) ma x0 /∈ ext (C).

γ

.x0 s

C = conv (γ ∪ s)

Figura 3.1.2: C è convesso e chiuso ma ext (C) non è chiuso.

Proposizione 141 (Teorema di Choquet). Siano X uno spazio vettoriale to-pologico T2, K ⊂ X convesso, compatto e metrizzabie1. Allora ext (K) è di tipoGδ in K2.

Dimostrazione. Sia d : K ×K → [0,+∞) una metrica che induca la topologiadi K. Allora

K \ ext (K) =

x ∈ K

∣∣∣∣∃y, z ∈ K, y 6= z, x =y + z

2

=

⋃n∈N

Fn,

dove, per ogni n ∈ N,

Fn =

x ∈ K

∣∣∣∣∃y, z ∈ K, d (y, z) ≥ 1

n, x =

y + z

2

.

Poiché le distanze sono continue (rispetto alla topologia che inducono), per ognin ∈ N l'insieme Fn :=

(y, z) ∈ K ×K

∣∣ dist (y, z) ≥ 1n

è chiuso nel compatto

K ×K, dunque è compatto. Allora, detta

ψ : X ×X → X,

(y, z) 7→ ψ (y, z) :=y + z

2,

poiché per ogni n ∈ NFn = ψ

(Fn

),

dalla continuità di ψ segue che Fn è compatto (in uno spazio T2), dunque Fn èchiuso. Essendo K \ext (K) di tipo Fσ in K, il suo complementare in K ext (K)è Gδ in K.

1Si noti che K metrizzabile è una richiesta più debole di X metrizzabile, K ⊂ X. Ingenerale uno spazio metrizzabile può essere immerso in uno spazio più grande non metrizzabile.

2In X, se X è metrizzabile.

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3.1 Punti estremi 47

Esempio 142 (La metrizzabilità è necessaria). Esistono uno spazio vettorialetopologico T2 localmente convesso ed un suo sottoinsieme K convesso, compattoma tale che ext (K) non sia boreliano3 (dimostrato da Bishop-de Leuw).

Teorema 143 (Minkowski). Siano X uno spazio vettoriale topologico e K ⊂ Xcompatto, convesso e nito-dimensionale. Allora

K = conv (ext (K)) .

Dimostrazione. Si procede per induzione su d = dim (K). Se d = 0 la tesi èbanalmente vericata. Si supponga che l'asserto valga per d − 1 ∈ N ∪ 0 esia d = dim (K). Poiché ri (K) 6= ∅, a meno di traslazioni si può supporre che0 ∈ ri (K), dunque a meno di immersioni si può supporre X = aff (K) ∼ Rd e0 ∈ int (K). Sia x ∈ K. Si hanno due casi:

1. se x ∈ ∂K, per il Corollario 434 esiste H ⊂ X iperpiano di supportoK passante per x. In quanto intersezione di insiemi convessi e chiusi,l'insieme K ∩H è convesso e chiuso (in K compatto), dunque è compattoe ha dimensione al più d − 1 (perché incluso in H). Sfruttando l'ipotesidi induzione si ha x ∈ conv (ext (K ∩H)). Si vuole dimostrare che questisono punti estremi anche per K, cioè che ext (K ∩H) ⊂ ext (K). Sianoα ∈ R e ϕ ∈ X∗ \ 0 tali che H = ϕ−1 (α) e ϕ|K ≤ α. Siano e ∈ext (K ∩H) e y, z ∈ K tali che e = y+z

2 . Poiché per linearità

α = ϕ (e) =ϕ (y) + ϕ (z)

2≤ α+ α

2= α,

da ϕ|K ≤ α segue ϕ (y) = α = ϕ (z). Dunque y, z ∈ K ∩ H ma poichée ∈ ext (K ∩H), si ha y = z = e. Dunque x ∈ conv (ext (K));

2. se x ∈ int (K), esistono y, z ∈ ∂K tali che x ∈ [y, z] = conv y, z. Per ilpunto precedente, y, z ∈ conv (ext (K)), dunque

conv y, z ⊂ conv (conv (ext (K))) = conv (ext (K)) ,

da cui x ∈ conv (ext (K)).

Corollario 144. Siano X uno spazio vettoriale topologico, K ⊂ X compat-to, convesso e nito-dimensionale, A ⊂ K. Le seguenti aermazioni sonoequivalenti.

1. K = conv (A),

2. ext (K) ⊂ A.3Questa proprietà è importante nella teoria di Choquet.

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3.2 Teorema di Krein-Milman 48

Dimostrazione. L'implicazione 2.⇒ 1. segue direttamente dal Teorema di Min-kowski. Viceversa, sia x ∈ ext (K) e sia n ∈ N il minimo intero tale che xpossa essere scritto come combinazione convessa di n elementi di A. Se n = 1la tesi è banalmente vericata. Se n ≥ 2, dalla minimalità di n segue l'esisten-za di λ1, . . . , λn ∈ (0, 1) e di a1, . . . , an ∈ A tali che x =

∑ni=1 λiai. Essendo

x ∈ ext (K), si ha pertanto x = a1, . . . , an, dunque x ∈ A.

Esercizio 145. Siano X uno spazio vettoriale, E ⊂ X un insieme non vuoto ef : conv (E)→ (−∞,+∞] convessa. Se f assume il massimo su conv (E), alloralo assume su E.

Svolgimento. Sia x0 ∈ K un punto di massimo per f . Senza perdere in genera-lità, siano n ≥ 2, λ1, . . . , λn ∈ (0, 1) e e1, . . . , en ∈ E tali che x0 =

∑ni=1 λiei.

Dalla convessità di f segue

f (x0) ≤n∑i=1

λif (ei) .

Se f (x0) = +∞ esiste k ∈ 1, . . . , n tale che f (ek) = +∞ = f (x0). Sef (x0) ∈ R, si supponga per assurdo che esista k ∈ 1, . . . , n tale che f (x0) >f (ek). Allora, poiché per ogni i ∈ 1, . . . , n si ha f (x0) ≥ f (ei),

f (x0) =

n∑i=1

λif (x0) >

n∑i=1

λif (ei) .

Assurdo.

Esercizio 146. Siano X uno spazio vettoriale topologico, K ⊂ X compatto,convesso e nito-dimensionale e f : K → (−∞,+∞] convessa. Se f assume ilsuo massimo su K, allora lo assume su ext (K).

Svolgimento. Grazie al Teorema di Minkowski, K = ext (K). La tesi seguepertanto dall'esercizio precedente.

3.2 Teorema di Krein-Milman

Denizione 147 (Insieme estremale). Siano X spazio vettoriale, K ⊂ X con-vesso ed E ⊂ K non vuoto. Si dice che E è estremale perK se per ogni x, y ∈ K,se x+y

2 ∈ E, allora x, y ∈ E.

Osservazione 148. K è estremale per se stesso. Quindi esiste sempre almenoun insieme estremale per ogni insieme convesso.

Esercizio 149. Siano X uno spazio vettoriale, K ⊂ C convesso e x ∈ K. Allorax ∈ ext (K) se e solo se x è estremale per K.

Svolgimento. Banale.

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3.2 Teorema di Krein-Milman 49

Osservazione 150. Si estende ora la denizione già introdotta di iperpia-no di supporto al caso più generale di spazi vettoriali (non necessariamentetopologici).

Denizione 151 (Iperpiano di supporto). Siano X uno spazio vettoriale, A ⊂X non vuoto e H ( X un iperpiano. Siano α ∈ R e f ∈ X] \ 0 tali cheH = f−1 (α). Si dice che H è un iperpiano di supporto per A se esiste x ∈ A∩Htale che

f (x) = α = max (f (A)) oppure f (x) = α = min (f (A)) .

.x0

C

H

Figura 3.2.1: Un iperpiano di supporto H per un insieme convesso C separa lospazio in due semispazi algebricamente chiusi, in modo che C sia interamentecontenuto in uno dei due.

Proposizione 152. Siano X uno spazio vettoriale, K ⊂ X convesso ed E ⊂ Kestremale per K. Se H è un iperpiano di supporto per E, allora anche H ∩ Eè estremale per K.

Dimostrazione. Siano x, y ∈ K tali che x+y2 ∈ H ∩ E. Essendo E estremale,

x, y ∈ E. Poiché H è di supporto per E, detti ϕ ∈ X] \ 0 e α ∈ R tali cheH = ϕ−1 (α), si ha

α = ϕ

(x+ y

2

)=

≤α︷ ︸︸ ︷ϕ (x) +

≤α︷ ︸︸ ︷ϕ (y)

2≤ α,

da cui ϕ (x) = α = ϕ (y), i.e. x, y ∈ H.

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3.2 Teorema di Krein-Milman 50

E

H

. x

. y

.x .y

.

Figura 3.2.2: Intuitivamente, poiché H separa lo spazio in due semispazi al-gebricamente chiusi in modo tale che E sia interamente contenuto in uno deidue, se uno dei due punti appartenesse a E \H, necessariamente l'altro puntoapparterrebbe all'altro semispazio.

Osservazione 153. La proposizione precedente fornisce una prima idea sucome cercare insiemi estremali piccoli. Trovato un insieme estremale si cercaun iperpiano di supporto che non lo contenga e si determina così un insiemeestremale più piccolo di quello di partenza.

Denizione 154 (Catena o insieme linearmente ordinato). Sia (S,≤) un insie-me parzialmente ordinato. Si dice che C ⊂ S è una catena (o che è linearmenteordinato), se per ogni x, y ∈ C si ha x ≤ y o y ≤ x.

Teorema 155 (Lemma di Zorn). Sia (S,≤) un insieme parzialmente ordinatoin cui ogni catena ammetta un maggiorante (/minorante). Allora S contienealmeno un elemento massimale (/minimale).

Osservazione 156. Se X è uno spazio topologico e F ⊂ X, F = F è unanotazione compatta per dire che F è chiuso.

Lemma 157 (Lemma base). Siano X spazio vettoriale topologico T2 localmenteconvesso, K ⊂ X compatto e convesso, E ⊂ K chiuso ed estremale per K.Allora E contiene almeno un punto estremo di K.

Dimostrazione. Si consideri l'insieme

S =F ⊂ E

∣∣F = F , F estremale per K.

Si noti che S 6= ∅ (in quanto E ∈ S) e che per ogni F ∈ S, F è compatto(essendo F chiuso in K compatto). Si consideri l'insieme parzialmente ordinato(S,⊂) e si ssi arbitrariamente una catena C ⊂ S. Poiché per ogni F1, F2 ∈ C,sia F1∩F2 6= ∅, dalla compattezza degli elemeti di C segue F0 :=

⋂F∈C F 6= ∅.

Essendo F0 intersezione di chiusi, F0 è chiuso, dunque compatto. Dalla deni-zione di insieme estremale è chiaro che anche l'intersezione di insiemi estremali

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3.2 Teorema di Krein-Milman 51

sia estremale, dunque F0 è estremale, ovvero F0 ∈ S ed é un minorante di C.Allora per il Lemma di Zorn esiste E0 ∈ S minimale. Si vuole dimostrare cheE0 è un singoletto. Si supponga per assurdo l'esistenza di x, y ∈ E0, x 6= y.Dal Corollario 436 segue allora l'esistenza un funzionale f ∈ X∗ \ 0 tale chef (x) > f (y). Essendo E0 compatto e f continuo, esiste m := max (f (E0)),dunque H := f−1 (m) è un iperpiano di supporto per E0. Per la Proposizione152 E0 ∩H è estremale ma E0 ∩H ( E0, perché non contiene y (che ha valoredi f più piccolo). Assurdo per la minimalità di E0.

Osservazione 158. Il lemma precedente aerma che, nelle ipotesi enunciate(che sono tutte necessarie!), ogni insieme convesso e compatto ha almeno unpunto estremo.

Teorema 159 (Krein-Milman). Siano X uno spazio vettoriale topologico T2

localmente convesso e K ⊂ X compatto e convesso. Allora

K = conv (ext (K)) .

Dimostrazione. Sia C := conv (ext (K)). Poiché X è T2 i compatti sono chiusi,dunque è chiaro che K ⊃ C. Viceversa, si supponga per assurdo l'esisttenza dix ∈ K \ C. Per il solito corollario del teorema di separazione di Hahn-Banachesiste f ∈ X∗ \ 0 tale che f (x) > max (f (C)). Sia m := max (f (K)), alloraH := f−1 (m) è un iperpiano di supporto per K. Essendo K estremale per K,anche K ∩H è estremale per K. Per il Lemma base, dunque, K ∩H contieneun punto estremo di K. Questo è assurdo perché tutti i punti estremi di Ksono contenuti in C ma C e K ∩H sono disgiunti in quanto y ∈ H se e solo sef (y) = max (f (K)) ≥ f (x) > max (f (C)) quindi H e C non hanno punti incomune.

Esempio 160 (La locale convessità è necessaria). Esistono uno spazio vettorialetopologico metrizzabile4 (dunque T2) ed un suo sottoinsieme K compatto econvesso ma tale che ext (K) = ∅ (dimostrato da Roberts).

Teorema 161 (Principio del massimo di Bauer). Siano X uno spazio vettorialetopologico T2 localmente convesso, K ⊂ X compatto e convesso ed f : K → Rconvessa e superiormente semicontinua. Allora f assume il suo massimo inqualche punto estremo di K.

Dimostrazione. Sia m := max (f (K)). Si consideri l'insieme

E := x ∈ K | f (x) = m = x ∈ K | f (x) ≥ m .

Poiché la funzione è superiormente semicontinua, l'insieme a destra è chiuso.Inoltre E è estremale per K, infatti per ogni x, y ∈ K, se il punto medio assumeil massimo, per la convessità

m = f

(x+ y

2

)≤ 1

2f (x)︸ ︷︷ ︸≤m

+1

2f (y)︸︷︷︸≤m

≤ m,

4Nello specico, L1/2 ([0, 1]).

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3.2 Teorema di Krein-Milman 52

da cui f (x) = m = f (y). Allora per il Lemma base E ∩ ext (K) 6= ∅.

Osservazione 162. Prima di proseguire si consiglia di leggere l'appendice sullenet (sezione 9.4, pagina 132).

Denizione 163 (Insieme limitato). Siano X uno spazio vettoriale topologicoe E ⊂ X. Si dice che E è limitato se per ogni U ∈ U (0) esiste t > 0 tale cheE ⊂ tU .

Esercizio 164. Siano X uno spazio vettoriale topologico e E ⊂ X. Si dimostril'equivalenza delle seguenti proposizioni:

1. E è limitato;

2. per ogni U ∈ U (0) esiste t0 > 0 tale che, per ogni t ≥ t0 si abbia E ⊂ tU ;

3. per ogni successione xnn∈N ⊂ E e per ogni successione tnn∈N ⊂ R contn → 0, si ha tnxn → 0;

4. per ogni net (xα)α∈I ⊂ E e per ogni net (tα)α∈I ⊂ R con tα → 0, si hatαxα → 0.

Proposizione 165. Siano X uno spazio vettoriale topologico, C1, . . . , Cn ⊂ Xconvessi e D := conv (C1 ∪ . . . ∪ Cn). Allora

1. D =∑n

i=1 λici

∣∣∣ ∀i ∈ 1, . . . , n , ci ∈ Ci, λi ∈ [0, 1] ,∑nj=1 λj = 1

;

2. D = conv (conv (C1 ∪ . . . ∪ Cn−1) ∪ Cn);

3. se C1, . . . , Cn sono compatti, allora anche D è compatto5;

4. se X è T2, C1, . . . , Cn−1 sono compatti e Cn è chiuso e limitato, allora Dè chiuso.

Dimostrazione.

1. Sia D′ il membro di destra. Chiaramente D′ ⊂ D. Viceversa, sia x ∈ D.Allora, senza perdere in generalità, esistono N ∈ N (che non ha nullaa che vedere con n), c1, . . . , cN ∈

⋃nj=1 Cj e λ1, . . . , λN ∈ (0, 1) tali che∑N

j=1 λj = 1 e

x =

N∑j=1

λjcj .

A meno di riordinare gli indici, gli addendi si possono raggruppare nelseguente modo

x = λ1c1 + . . .+ λmcm︸ ︷︷ ︸c1,...,cm∈C1

+ . . .︸︷︷︸...∈C2

+ . . . ,

5Già dimostrato per C1, . . . , Cn singoletti: Corollario 43 a pagina 16.

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3.2 Teorema di Krein-Milman 53

in modo tale che per ogni i ∈ 1, . . . , n, l'i-esimo blocco contenga unacombinazione lineare di elementi di Ci. Per quanto riguarda il primoblocco,

m∑j=1

λj︸ ︷︷ ︸=:µ1

(λ1c1 + . . . λmcm∑m

j=1 λj

)︸ ︷︷ ︸

∈C1

.

Denendo analogamente µ2, . . . µn è chiaro che∑ni=1 µi

∑Nj=1 λj = 1.

2. Sia D′ il membro di destra. Da C1 ∪ . . . ∪ Cn−1 ⊂ conv (C1 ∪ . . . ∪ Cn−1)segue D ⊂ D′. Viceversa, sia x ∈ D′. Per il punto precedente, esisto-no c1 ∈ C1, . . . , cn−1 ∈ Cn−1, cn ∈ Cn, λ1, . . . , λn−1, µ ∈ [0, 1] tali che∑n−1i=1 λi = 1 e

x = µ

(n−1∑i=1

λici

)+ (1− µ) cn =

n−1∑i=1

µλici + (1− µ) cn.

Basta quindi notare che

n−1∑i=1

µλi + (1− µ) = µ

n−1∑i=1

λi︸ ︷︷ ︸=1

+ (1− µ) = 1.

3. Per il punto precedente, è suciente dimostrare la tesi per n = 2. Perl'Esercizio 447 (la compattezza equivale alla compattezza per net), è suf-ciente dimostrare che D = conv (C1 ∪ C2) è compatto per net. Sia(xα)α∈I ⊂ D una net. Allora per ogni α ∈ I esistono c1α ∈ C1, c2α ∈ C2 eλα ∈ [0, 1] tali che xα = (1− λα) c1α + λαc

2α.

• Essendo (λα)α∈I ⊂ [0, 1] una net in uno spazio compatto, esiste unasua subnet

(λαβ

)β∈J convergente ad un certo λ ∈ [0, 1].

• Essendo(c1αβ

)β∈J⊂ C1 una net in uno spazio compatto, esiste una

sua subnet(c1αβγ

)γ∈L

convergente ad un certo c1 ∈ C1.

• Essendo(c2αβγ

)γ∈L⊂ C2 una net in uno spazio compatto, esiste una

sua subnet(c2αβγδ

)δ∈M

convergente ad un certo c2 ∈ C2.

Sia ψ : M → I, δ 7→ αβγδ . Allora, per l'Esercizio 446 (le subnet di net

convergenti convergono agli stessi limiti), λψ(δ)δ∈M−→ λ, c1ψ(δ)

δ∈M−→ c1 e

c2ψ(δ)

δ∈M−→ c2. Poiché somma e moltiplicazione per uno scalare sono con-tinue, dall'Esercizio 447 (la continuità equivale alla continuità per net)

segue che xψ(δ)δ∈M−→ (1− λ) c1 + λc2 ∈ D.

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3.2 Teorema di Krein-Milman 54

4. Per i punti precedenti, è suciente dimostrare la tesi per n = 2. Perl'Esercizio 447 (la chiusura equivale alla chiusura per net), è sucientedimostrare che D = conv (C1 ∪ C2) è chiuso per net. Siano x ∈ X e(xα)α∈I ⊂ D tali che xα → x. Allora per ogni α ∈ I esistono c1α ∈ C1,c2α ∈ C2 e λα ∈ [0, 1] tali che xα = (1− λα) c1α + λαc

2α. Procedendo come

nel punto precedente, dalla compattezza di [0, 1] e di C1 segue l'esistenzadi λ ∈ [0, 1], c1 ∈ C1 e di una subnet (xαδ)δ∈M di (xα)α∈I tale che

λαδδ∈M−→ λ e c1αδ

δ∈M−→ c1. Se λ > 0, senza perdere in generalità, per ogni

δ ∈ M , λαδ > 0, dunquexαδ−(1−λαδ)c

1αδ

λαδ= c2αδ ∈ C2 e dalla continuità

(dunque continuità per net) di somma e prodotto per uno scalare, dalle

convergenze di xαδδ∈M−→ x, λαδ

δ∈M−→ λ e c1αδδ∈M−→ c1, dalla chiusura (dunque

chiusura per net) di C2 e dall'unicità del limite segue la tesi. Se inveceλ = 0, essendo C2 limitato, si ha λαδc

2αδ→ 0, dunque xαδ → c1 ∈ D.

Esercizio 166. Siano X uno spazio vettoriale topologico, n ≥ 2, C1, . . . , Cn ⊂X convessi e D := conv (C1 + . . .+ Cn). Si dimostri che

1. se C1, . . . , Cn sono compatti, allora anche D è compatto;

2. se X è T2, C1, . . . , Cn−1 sono compatti e Cn è chiuso e limitato, alloraanche D è chiuso.

Osservazione 167. Per comprendere il seguente corollario si consiglia di leg-gere l'appendice sulle topologie deboli (sezione 9.5, pagina 134).

Corollario 168. Siano X uno spazio riessivo e C1, . . . , Cn ⊂ X chiusi,convessi e limitati. Allora gli insiemi

D := conv (C1 ∪ . . . ∪ Cn) e D′ := conv (C1 + . . .+ Cn)

sono chiusi, convessi e limitati.

Dimostrazione. Chiaramente D è convesso e limitato. Essendo chiusi e convessi,C1, . . . , Cn sono w-chiusi. Essendo limitati, esiste r > 0 tale che C1, . . . , Cn ⊂Br (0). Poiché la bolla unitaria in spazi riessivi è w-compatta, C1, . . . , Cnsono w-compatti. Per la Proposizione 165, l'insieme D è w-compatto, dunquedebolmente chiuso, pertanto chiuso. Un analogo ragionamento dimostra la tesiper D′.

Lemma 169. Siano X uno spazio vettoriale topologico ed E ⊂ X. Allora

E =⋂

V ∈U(0)

(E + V ) .

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3.2 Teorema di Krein-Milman 55

Dimostrazione. Sia x ∈ X. Allora x ∈ E se e solo se per ogni V ∈ U (0),(x+ V ) ∩ E 6= ∅ se e solo se per ogni V ∈ U (0) esistono v ∈ V ed y ∈ E taliche x+ v = e se e solo se per ogni x ∈ E − V se e solo se

x ∈⋂

V ∈U(0)

(E − V ) =⋂

V ∈U(0)

(E + V ) .

Lemma 170. Sia X uno spazio vettoriale topologico localmente convesso. Perogni U ∈ U (0) esiste V ∈ U (0), V ⊂ U , V convesso, chiuso e simmetrico.

Dimostrazione. Sia U ∈ U (0) arbitrario. Dalla continuità della somma, esi-ste W ∈ U (0) tale che W + W ⊂ U . Essendo X localmente convesso, esisteV ′ ∈ U (0), V ′ ⊂ W convesso. Allora l'insieme V := V ′ ∩ (−V ′) è un intor-no dell'origine convesso (in quanto sia l'intersezione che la chiusura di insiemiconvessi sono convesse), chiuso (per denizione) e simmetrico (segue facilmentedalla chiusura per net di V e dalla continuità per net della moltiplicazione per−1). Inoltre V ⊂ V ′ ⊂W ⊂W +W ⊂ U (dove W ⊂W +W segue dal lemmaprecedente).

Osservazione 171. Se X è uno spazio vettoriale topologico T2 localmente con-vesso e K ⊂ X è convesso e compatto, il Teorema di Krein-Milman aerma cheK = conv (ext (K)). Il seguente risultato garantisce una sorta di minimalitàdi ext (K) come insieme avente questa proprietà.

Teorema 172 (Milman). Siano X uno spazio vettoriale topologico T2 localmen-te convesso e K ⊂ X convesso e compatto. Se A ⊂ K soddisfa K = conv (A),allora

A ⊃ ext (K) .

Dimostrazione. Siano V ∈ U (0) e x ∈ ext (K). Si vuole dimostrare che x ∈ A+V , cosicché per il Lemma 169 si abbia x ∈ A. Per il Lemma 170 esiste U ∈ U (0),U ⊂ V , chiuso, convesso e simmetrico. EssendoK compatto (dunque totalmentelimitato) ed essendo la totale limitatezza una proprietà ereditaria (facile eserci-zio), anche A ⊂ K è totalmente limitato. Siano allora a1, . . . , an ⊂ A tali cheA ⊂

⋃ni=1 (ai + U). Per ogni i ∈ 1, . . . , n, si denisca Ki := K ∩ (ai + U) e

si noti che Ki è convesso e compatto. Poiché K = conv (A) ⊂ conv (⋃ni=1Ki) e

(dalla Proposizione 165) conv (⋃ni=1Ki) = conv (

⋃ni=1Ki), si ha

ext (K) ⊂ K ⊂ conv

(n⋃i=1

Ki

).

Poiché x ∈ ext (K), sfruttando di nuovo la Proposizione 165, segue l'esistenzadi x1 ∈ K1, . . . , xn ∈ Kn e di λ1, . . . , λn ∈ [0, 1] tali che

∑ni=1 λi = 1 e x =∑n

i=1 λixi. Essendo x un punto estremo per K, si ha x = x1 = . . . = xn,dunque

x ∈n⋂i=1

Ki ⊂ A+ U ⊂ A+ V.

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3.2 Teorema di Krein-Milman 56

Osservazione 173. Il Teorema di Milman garantisce che ext (K) sia il piùpiccolo insieme chiuso la cui chiusura convessa permetta di ricostruire l'interoinsieme di partenza.

Corollario 174. Siano X uno spazio vettoriale topologico T2 localmente con-vesso, K ⊂ X convesso e compatto e A ⊂ K. Allora K = conv (A) se e solo seA ⊃ ext (K).

Dimostrazione. Se K = conv (A), per il teorema di Milman A ⊃ ext (K).Viceversa, sia A ⊃ ext (K). Per il teorema di Krein-Milman, dunque, K =conv (ext (K)) ⊂ conv

(A). Dimostrando che conv

(A)⊂ conv (A) (poiché chia-

ramente K ⊃ conv (A)), segue la tesi. Da A ⊂ conv (A) e conv (A) chiusoe convesso, segue A ⊂ conv (A), conv

(A)⊂ conv (A) ed inne conv

(A)⊂

conv (A).

3.2.1 Complementi al teorema di Krein-Milman (cenni)

Notazione 175. Durante questa sezione, si indicano con X uno spazio vet-toriale topologico T2 localmente convesso e K ⊂ X un insieme compatto econvesso.

Problema 176. Se K è nito-dimensionale, il Teorema di Minkowski aermache K = conv (ext (K)). Ci si chiede se sia possibile, in generale, esprimere ognielemento di K come combinazione convessa dei suoi elementi estremi, senzadove passare alla chiusura.

Denizione 177 (Integrale di Pettis). Siano (Ω,Σ, µ) uno spazio di misura ef : Ω→ X una funzione misurabile6. Se esiste x ∈ X tale che, per ogni ϕ ∈ X∗,si abbia

ϕ (x) =

ˆΩ

ϕ (f (ω)) dµ (ω) ,

si dice che x è l'integrale di Pettis di f su Ω e si scrive

x = (P)

ˆΩ

f (ω) dµ (ω) .

Esercizio 178. Si dimostri che, se l'integrale di Pettis esiste, è unico.

Svolgimento. Siano (Ω,Σ, µ) uno spazio di misura, f : Ω → X una funzionemisurabile e x, y ∈ X integrali di Pettis di f . Allora, per ogni ϕ ∈ X∗, si haϕ (x) = ϕ (y). Essendo X di Hausdor, i punti sono chiusi (e compatti). Seper assurdo fosse x 6= y, per il Teorema di Hahn-Banach topologico esisterebbeϕ ∈ X∗ tale che ϕ (x) < ϕ (y).

6Ovviamente rispetto a Σ ed alla σ-algebra di Borel su X.

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3.2 Teorema di Krein-Milman 57

Osservazione 179. Aermare che x ∈ K si possa scrivere come combinazioneconvessa di elementi estremi di K signica chiedere l'esistenza di e1, . . . , en ∈ext (K) e λ1, . . . , λn ∈ [0, 1] tali che

∑ni=1 λi = 1 e

x =

n∑i=1

λiei.

Denotando per ogni i ∈ 1, . . . , n, δei la misura di Dirac in ei, e µ :=∑ni=1 λiδei ,

tale aermazione risulta equivalente a

x = (P)

ˆext(K)

y dµ (y) ,

ovvero che x sia l'integrale di Pettis dell'identità su ext (K) rispetto a µ. Infattidall'unicità dell'integrale di Pettis segue, per ogni ϕ ∈ X∗,

ϕ (x) =

ˆext(K)

ϕ (y) dµ (y)

[µ (y) 6= 0⇔ y ∈ e1, . . . , en]

=

ˆe1,...,en

ϕ (y) dµ (y)

=

n∑i=1

ϕ (ei)µ (ei)︸ ︷︷ ︸=λi

= ϕ

(n∑i=1

λiei

).

Denizione 180 (Misura di probabilità regolare). Sia (Ω,Σ, µ) uno spazio dimisura. Si dice che µ è una misura di probabilità regolare (su Ω) se µ è unamisura di probabilità e per ogni E ∈ Σ, si ha

µ (E) = supµ(K) ∣∣∣ K ⊂ E, K compatto

.

Fatto 181. Se B ⊂ K è un boreliano e µ : Σ→ [0, 1] è una misura di probabilitàregolare su B, allore esiste l'integrale di Pettis

(P)

ˆB

y dµ (y) ∈ K.

Fatto 182 (Teorema di Krein-Milman integrale). Per ogni x ∈ K esiste (nonnecessariamente unica) una misura di probabilità regolare µ su ext (K) tale che

x = (P)

ˆext(K)

y dµ (y) ∈ K

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3.3 Teorema di Helly, applicazioni e parenti 58

Osservazione 183. Se K è metrizzabile, il seguente Teorema di Choquet assi-cura che il Teorema di Krein-Milman integrale valga su ext (K) (senza la chiu-sura). Si noti che la prima metà di questo risultato è stata dimostrata nellaProposizione 141.

Fatto 184 (Teorema di Choquet). Sia K metrizzabile. Allora ext (K) è di tipoGδ e per ogni x ∈ K esiste una misura di probabilità regolare su ext (K) taleche

x = (P)

ˆext(K)

y dµ (y) .

Osservazione 185. Il seguente corollario del Teorema di Choquet aerma chese K è metrizzabile e l'insieme dei suoi punti estremi è numerabile, allora ognix ∈ K si può scrivere come una combinazione convessa innita.

Corollario 186. Siano K metrizzabile ed ext (K) = enn∈N. Allora per ognix ∈ K esiste una successione λnn∈N ⊂ [0, 1] tale che

∑+∞n=1 λn = 1 e

x =

+∞∑n=1

λnen.

3.3 Teorema di Helly, applicazioni e parenti

Notazione 187 (Intersezione ed unione di una famiglia di insiemi). Siano X uninsieme ed F una famiglia di sottoinsiemi di X. Si denota con

⋂F l'intersezione

di tutti gli elementi di F , ovvero⋂F := x ∈ X | ∀F ∈ F , x ∈ F .

Si denota con⋃F l'unione di tutti gli elementi di F , ovvero⋃

F := x ∈ X | ∃F ∈ F , x ∈ F .

Denizione 188 (Famiglia centrata di insiemi). Siano X un insieme ed F unafamiglia di sottoinsiemi di X. Si dice che F è centrata se ogni sua sottofamiglianita ha intersezione non vuota, ovvero se per ogni F0 ⊂ F nita, si ha

⋂F0 6=

∅. Se k ∈ N, si dice che F è k-centrata se ogni sua sottofamiglia di almeno 1ed al più k elementi ha intersezione non vuota, ovvero se per ogni F0 ⊂ F con1 ≤ Card (F0) ≤ k, si ha

⋂F0 6= ∅.

Osservazione 189. Sia F una famiglia di sottoinsiemi di un insieme X.

• F è 1-centrata se e solo se contiene solo insiemi non vuoti.

• F è centrata se e solo se per ogni n ∈ N, è n-centrata.

Fatto 190 (Caratterizzazione della compattezza). Sia X uno spazio topologico.X è compatto se e solo se ogni famiglia centrata di sottoinsiemi chiusi di X haintersezione non vuota.

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3.3 Teorema di Helly, applicazioni e parenti 59

Corollario 191. Siano X uno spazio topologico ed F una famiglia centrata disottoinsiemi chiusi di X. Se esiste una famiglia nita F0 ⊂ F con intersezione⋂F0 compatta, allora

⋂F 6= ∅.

Dimostrazione. Sia C :=⋂F0. Allora G := F ∩ C |F ∈ F è una fami-

glia centrata di chiusi dello spazio compatto C. Per la caratterizzazione dellacompattezza,

⋂F =

⋂G 6= ∅.

Corollario 192. Siano X uno spazio topologico e F una famiglia centrata dichiusi. Se esiste K ∈ F compatto, allora

⋂F 6= ∅.

Esercizio 193. Sia F una famiglia 2-centrata e nita di intervalli di R. Sidimostri che

⋂F 6= ∅ (ovvero che se F è una famiglia di intervalli, i suoi

elementi si intersecano a due a due se e sono se si intersecano tutti).

Svolgimento. Per ogni I ∈ F , si denotino aI := inf (I) e bI := sup (I). Alloraper ogni I, J ∈ F , da I ∩ J 6= ∅ segue aJ ≤ bI e aI ≤ bJ . Detti

α := maxI∈F

(aI) e β := minI∈F

(bI) ,

si ha pertanto α ≤ β.

[aI

]

bI

β

[aJ

α

]

bJ

Se α < β, si ha necessariamente (α, β) ⊂⋂F , dunque

⋂F 6= ∅. Viceversa,

sia γ := α = β. Se per assurdo γ /∈⋂F , esiste I ∈ F tale che γ /∈ I, dunque

γ ≤ aI o γ ≥ bI . Per denizione di α e β è immediato vericare che nessuno deicasi γ < aI , γ > bI , γ = aI e γ = bI possa vericarsi. Assurdo.

Esempio 194 (In R2 non vale). Nel piano non è vero che famiglie 2-centrate(nemmeno se nite!) di insiemi convessi hanno intesezione non vuota. Adesempio sia F la famiglia costituita dai tre segmenti [0, 1] × 0, 0 × [0, 1] econv ((0, 1) , (1, 0)). Chiaramente F è 2-centrata ma

⋂F = ∅.

0 1

1

Proposizione 195. Sia F una famiglia n− 1 centrata di n insiemi convessi inRd. Se n > d+ 1, allora

⋂F 6= ∅.

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3.3 Teorema di Helly, applicazioni e parenti 60

Dimostrazione. Sia F =: C1, . . . , Cn. Per ipotesi, per ogni i ∈ 1, . . . , nesiste un elemento xi ∈

⋂nj=1,j 6=i Cj . Sia

T : Rn → Rd+1,

(α1, . . . , αn) 7→

(n∑i=1

αixi︸ ︷︷ ︸∈Rd

,

n∑i=1

αi︸ ︷︷ ︸∈R

).

Chiaramente T è lineare ed essendo n > d+ 1, T non è iniettiva. Esiste dunqueα := (α1, . . . , αn) ∈ Rn\0 tale che Tα = 0, da cui

∑ni=1 αixi = 0 e

∑ni=1 αi =

0. Siano P = i ∈ 1, . . . , n | αi > 0 eN = i ∈ 1, . . . , n | αi ≤ 0. Essendoα 6= 0, si ha P,N 6= ∅ e

∑i∈P αixi =

∑i∈N |αi|xi. Siano σ :=

∑i∈P αi =∑

i∈N |αi| > 0 e

x :=∑i∈P

αiσxi =

∑j∈N

|αj |σxj .

Poiché per ogni i ∈ P , xi ∈⋂j∈N Cj , per ogni i ∈ N , xi ∈

⋂j∈P Cj e

l'intersezione di insiemi convessi è convessa, da

x =∑i∈P

αiσxi︸ ︷︷ ︸

∈⋂j∈N Cj

=∑j∈N

|αj |σxj︸ ︷︷ ︸

∈⋂i∈P Ci

segue x ∈⋂F .

Teorema 196 (Helly). Sia F una famiglia (d+ 1)-centrata di insiemi convessiin Rd. Se vale almeno una delle seguenti:

1. F è una famiglia nita;

2. gli elementi di F sono chiusi ed esiste F0 ⊂ F nita tale che⋂F0 è

limitata7;

allora⋂F 6= ∅.

Dimostrazione. Se F contiene al più d+1 elementi, la tesi è banale. Procedendoinduttivamente ed utilizzando la proposizione precedente si deduce che per ognin ∈ N, n ≥ d + 2, F è n-centrata, ovvero che F è centrata. Se F è nita,dunque,

⋂F 6= ∅. Inne, se F è nita ed esiste una sottofamiglia nita con

intersezione compatta, la tesi segue dal Corollario 191.

Teorema 197 (della trasversale comune o dello spiedino). Sia F una famigliadi segmenti compatti in R2 tutti paralleli tra loro. Se ogni 3 elementi di F sonointersecati da una retta, allora esiste una retta che interseca tutti gli elementidi F .

7Dunque compatta.

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3.3 Teorema di Helly, applicazioni e parenti 61

Dimostrazione. Senza perdere in generalità (basta ruotare gli assi) si può sup-porre che gli elementi di F siano verticali, ovvero che per ogni I ∈ F esistanoxI , aI , bI ∈ R tale che I = xI× [a1, b1]. Senza perdere in generalità si suppon-ga inoltre che F non sia contenuta in una retta verticale, ovvero della formax × R, per qualche x ∈ R (altrimenti basta prendere quella retta). Per ogni(m, q) ∈ R2, sia `m,q := mx+ q | x ∈ R. Si è allora interessati a determinareun'opportuna retta nella famiglia `m,q(m,q)∈R2 . Ad ogni I ∈ F si associ unafamiglia di coppie di numeri reali nel modo seguente

I 7→ CI :=

(m, q) ∈ R2 | `m,q ∩ I 6= ∅

=

(m, q) ∈ R2 |aI ≤ mxI + q ≤ bI

=

(m, q) ∈ R2 |aI −mxI ≤ q ≤ bI −mxI.

Poiché per ipotesi ogni 3 elementi di F sono intersecati da una retta, la famigliaCII∈F ⊂ R2 è 3-centrata. Inoltre, per ogni I ∈ F , l'insieme

CI =

(m, q) ∈ R2 |m ∈ R, q ∈ [aI −mxI , bI −mxI ]

m

q q = bI −mxI

q = aI −mxICI

è un sottoinsieme convesso e chiuso di R2. Dunque CII∈F è una famiglia3-centrata di convessi e chiusi in R2. È facile convincersi che per ogni I, J ∈ F ,I 6= J , si ha CI ∩CJ limitata. Per il teorema di Helly, si ha pertanto

⋂I∈F CI 6=

∅.

Corollario 198 (Teorema del panino). Siano E ⊂ R un intervallo non vuoto,f, g : E → R ed f ≤ g. Le seguenti aermazioni sono equivalenti:

1. esiste a : E → R ane tale che f ≤ a|E ≤ g,

2. per ogni x, y ∈ E con x < y e per ogni λ ∈ (0, 1) si haf ((1− λ)x+ λy) ≤ (1− λ) g (x) + λg (y) ,g ((1− λ)x+ λy) ≥ (1− λ) f (x) + λf (y) .

Dimostrazione. L'esistenza di a : E → R ane tale che f ≤ a|E ≤ g equi-vale all'esistenza di una retta che interseca ogni elemento dell'insieme F :=

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3.3 Teorema di Helly, applicazioni e parenti 62

x × [f (x) , g (x)]x∈E . Per il Teorema dello spiedino questo equivale ad af-fermare che ogni tre elementi di F sono intersecati da una retta, il che equivale asua volta ad aermare che per ogni x, y, z ∈ E, con x < z < y, ssato λ ∈ (0, 1)tale che z = (1− λ)x+λy, il trapezioide di vertici (x, f (x)), (x, g (x)), (y, g (y)),(y, f (y)) interseca il segmento z × [f (z) , g (z)] in almeno un punto, il cheaccade se e solo se

[(1− λ) f (x) + λf (y) , (1− λ) g (x) + λg (y)] ∩ [f (z) , g (z)] 6= ∅.

La tesi segue osservando che per ogni a, b, c, d ∈ R tali che a ≤ b e c ≤ d, si ha[a, b] ∩ [c, d] 6= ∅ se e solo se a ≤ d e b ≥ c.

.(x, g (x))

.(y, g (y))

.(y, f (y))

.(x, f (x))

.(z, g (z))

.(z, f (z))

. (z, v)

.(z, u)

Figura 3.3.1: La funzione f è disegnata in blu, g è disegnata in rosso. Si sonoinoltre indicate u := (1− λ) f (x) + λf (y) e v := (1− λ) g (x) + λg (y).

Esercizio 199. Siano E ⊂ R un intervallo non vuoto, f, g : E → R ed f ≤ g.Si dimostri che se una tra le due funzioni f e g è convessa e l'altra e concava lacondizione 1. (o equivalentemente, la 2.) del risultato precedente è soddisfatta.

Fatto 200 (Teorema dello spiedino generalizzato). Sia F una famiglia di seg-menti compatti in Rd e paralleli tra loro. Se ogni (d+ 1) elementi di F sonointersecati da un iperpiano, allora esiste un iperpiano che interseca tutti glielementi di F .Fatto 201 (Teorema del panino generalizzato). Siano E ⊂ Rd non vuoto,f, g : E → R ed f ≤ g. Le seguenti aermazioni sono equivalenti:

1. esiste a : E → R ane tale che f ≤ a|E ≤ g,

2. per ogni x1, . . . , xd+1 ∈ E e per ogni λ1, . . . , λd+1 ∈ [0, 1] con∑d+1i=1 λi = 1,

detto z :=∑d+1i=1 λixi ∈ E, si ha

f (z) ≤∑d+1i=1 λig (xi)

g (z) ≥∑d+1i=1 λif (xi)

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3.3 Teorema di Helly, applicazioni e parenti 63

Teorema 202. Siano F una famiglia di sottoinsiemi di Rd, B ⊂ Rd limitato,Y ⊂ Rd sottospazio vettoriale di dimensione k.

1. Si supponga che gli elementi di F siano tutti chiusi, convessi e che almenouno di essi sia compatto. Se per ogni F0 ⊂ F di al più d + 1 elementil'intersezione

⋂F0 contiene un traslato di B, allora anche

⋂F contiene

un traslato di B.

2. Si supponga che B sia compatto e convesso. Se per ogni F0 ⊂ F di al piùd+1 elementi l'unione

⋃F0 è contenuta in un traslato di B, allora anche⋃

F è contenuta in un traslato di B.

3. Si supponga che gli elementi di F siano tutti chiusi, convessi e che esistaF ′ ∈ F tale che la proiezione ortogonale di F ′ su Y ⊥ sia limitata. Se perogni F0 ⊂ F di al più d+ 1− k elementi l'intersezione

⋂F0 contiene un

traslato di Y , allora anche⋂F contiene un traslato di Y .

Dimostrazione.

1. Per ogni F ∈ F , l'insieme CF :=x ∈ Rd

∣∣ x+B ⊂ Fè chiuso, convesso

ed esiste F ∈ F tale che CF è limitato. Poiché la famiglia CF F∈F è(d+ 1)-centrata, dal teorema di Helly segue la tesi.

2. Per ogni F ∈ F , l'insieme CF :=x ∈ Rd

∣∣ F ⊂ x+Bè chiuso e conves-

so. Essendo B limitato, per ogni F ∈ F , CF è limitato. Poiché la famigliaCF F∈F è (d+ 1)-centrata, dal teorema di Helly segue la tesi.

3. Per ogni F ∈ F , l'insieme CF :=z ∈ Y ⊥

∣∣ z + Y ⊂ Fè chiuso e conves-

so. Inoltre CF ′ è limitato. Poiché dim(Y ⊥)

= d−k e la famiglia CF F∈Fdi sottoinsiemi di Y ⊥ è (d− k + 1)-centrata, dal teorema di Helly seguela tesi.

Teorema 203 (alla Klee). Sia F := C0, . . . , Cn una famiglia n-centrata di(n+ 1) insiemi convessi in Rd tutti chiusi o tutti aperti, con

⋃F stellata rispetto

a qualche z0 ∈ Rd. Allora⋂F 6= ∅.

Dimostrazione. Senza perdere in generalità si può supporre che gli elementi diF siano anche limitati (basta intersecare ogni elemento di F con una bolla8

centrata in z0 di raggio abbastanza grande da intersecare tutti gli insiemi di F).Si procede per induzione su n. Se n = 1, da C0 ∪ C1 stellata si deduce C0 ∪ C1

connessa e dalla connessione segue C0 ∩C1 6= ∅. Sia dunque k ∈ N arbitrario esi supponga il teorema valido per n = k− 1. Sia F = C0, C1, . . . , Ck come daipotesi e si supponga per assurdo che

⋂ki=0 Ci = ∅. Senza perdere in generalità,

sia z0 ∈ C0. Essendo F k-centrata,

P :=

k⋂i=1

Ci 6= ∅.

8Aperta se gli elementi di F sono aperti, chiusa se sono chiusi.

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3.3 Teorema di Helly, applicazioni e parenti 64

Si ha dunque P ∩C0 = ∅. Poiché C0 e P sono due convessi disgiunti a chiusuracompatta, per il Teorema di Hahn-Banach topologico si possono separare conun iperpiano H disgiunto da entrambi.

C0

.z0

H

P

C0

.z0

H

P

Figura 3.3.2: A sinistra il caso C0, P chiusi. A destra il caso limite in cui C0 eP sono aperti.

Si ha dunque C0 ∩H = ∅ = P ∩H. Deniti per ogni i ∈ 1, . . . , k,

Di := Ci ∩H,

si ha⋂ki=1Di = P ∩ H = ∅. Si dimostra ora che la famiglia D1, . . . , Dk

è (k − 1)-centrata. Sia infatti i0 ∈ 1, . . . , k. Detta Q :=⋂ki=1,i6=i0 Ci, si ha

Q ⊃ P ed essendo F k-centrata, Q interseca C0. Essendo Q un insieme convessocontenente sia punti di P che punti di C0, Q contiene un segmento avente unestremo in C0 ed uno in P , ovvero un segmento che interseca H. Pertanto⋂ki=1,i6=i0 Di = Q∩H 6= ∅. Si noti che

⋃ki=1Di non è stellata, infatti se lo fosse

si potrebbe applicare l'ipotesi di induzione a D1, . . . , Dk che sono chiusi o apertiin H (rispettivamente, se C1, . . . , Ck sono chiusi o aperti in Rd) che è isomorfoad Rd−1. Siano p ∈ P e z1 ∈ Rd tale che

z1 = (z0, p) ∩H.

Si dimostra ora che dall'ipotesi di assurdo segue che l'unione⋃ki=1Dk è stellata

rispetto a z1. Sia

x ∈k⋃i=1

Di.

Essendo⋃ki=0 Ci stellata rispetto a z0 ed essendo

⋃ki=1Di ⊂

⋃ki=1 Ci si ha

[x, z0] ⊂⋃ki=0 Ci. Poiché per qualche i

′ ∈ 1, . . . , k si ha x ∈ Di′ ⊂ Ci′ , alloratutto il segmento [x, p] ⊂ Ci′ ⊂

⋃ki=0 Ci. Essendo

⋃ki=0 Ci stellato rispetto a z0,

per ogni y ∈ [x, p], [z0, y] ⊂⋃ki=0 Ci. Essendo x, z1 ∈ H si ottiene quindi

[x, z1] ⊂

(k⋃i=0

Ci

)∩H =

k⋃i=0

(Ci ∩H)︸ ︷︷ ︸=∅ se i=0

=

k⋃i=1

Di,

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3.3 Teorema di Helly, applicazioni e parenti 65

assurdo.

.z0

.z1

.p

.x y

⊂⋃ki=1 Ci

Osservazione 204. Una versione del teorema precedente con C0, . . . , Cn chiusie⋃F convessa è stata dimostrata da Klee nel 1951 e ridimostrata in modo indi-

pendente da Berge nel 1959. La versione enunciata qui si può invece far seguireda un teorema topologico di Lassonde del 1997. Segue ora una generalizzazionedel Teorema di Helly, dimostrata da Breen nel 1990.

Denizione 205 (Famiglia di insiemi n-stellata). Siano F una famiglia disottoinsiemi di uno spazio vettoriale X ed n ∈ N. Si dice che F è n-stellata seper ogni F0 ⊂ F di al più n elementi, l'unione

⋃F0 è stellata.

Corollario 206 (Breen). Sia F una famiglia (d+ 1)-stellata di convessi in Rd.Se vale almeno una delle seguenti:

1. F è nita e gli elementi di F sono tutti aperti o tutti chiusi;

2. gli elementi di F sono chiusi ed almeno uno è limitato;

allora⋂F 6= ∅.

Dimostrazione. Sia n il più grande intero tale che n ≤ d+ 1 e F sia n-centrata.Certamente n ≥ 2, infatti per ogni C1, C2 ∈ F , C1 ∪ C2 è connessa, dunqueC1 ∩C2 6= ∅. Procedendo induttivamente (basta applicare il Teorema alla Kleeper ogni n ≤ d + 1), si dimostra n ≥ d + 1 e la tesi segue dal Teorema diHelly.

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Capitolo 4

Funzioni convesse notevoli

4.1 Funzione indicatrice

Osservazione 207. Nella teoria della misura le funzioni caratteristiche sonoimportanti ma in uno spazio vettoriale queste sono convesse se e solo se indicanoil vuoto o l'intero spazio. Per questa ragione vengono introdotte le funzioniindicatrici.

Denizione 208 (Funzione indicatrice). Siano X uno spazio vettoriale e A ⊂X. La funzione

δA : X → (−∞,+∞],

x 7→ δA (x) =

0, x ∈ A,+∞, x ∈ X \A.

si dice funzione indicatrice (dell'insieme A).

Proposizione 209. Siano X uno spazio vettoriale e A ⊂ X non vuoto. AlloraδA è convessa se e solo se A è convesso.

Dimostrazione. Se δA è convessa, A = δA < 1 è convesso. Viceversa, se A èconvesso, per ogni x, y ∈ X e per ogni λ ∈ (0, 1)

δA ((1− λ)x+ λy) ≤ (1− λ) δA (x) + λδA (y) .

4.2 Funzioni sublineari

Denizione 210 (Funzione positivamente omogenea, subadditiva, sublineare).Siano X uno spazio vettoriale e p : X → (−∞,+∞].

• Si dice che p è positivamente omogenea se per ogni x ∈ X e per ogni t ≥ 0,p (tx) = tp (x) .

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4.2 Funzioni sublineari 67

• Si dice che p è subadditiva se per ogni x, y ∈ X, p (x+ y) ≤ p (x) + p (y) .

• Si dice che p è sublineare se p è positivamente omogenea e subadditiva.

Osservazione 211. Se p è positivamente omogenea, p (0) = 0.

Proposizione 212. Siano X uno spazio vettoriale e p : X → (−∞,+∞]. Allorap è sublineare se e solo se p è convessa e positivamente omogenea

Dimostrazione. Se p è sublineare si verica immediatamente che p è convessa.Viceversa, sia p convessa e positivamente omogenea. Allora, per ogni x, y ∈ X,

p (x+ y) = p(

2(x

2+y

2

))= 2p

(x2

+y

2

)≤ 2

(1

2p (x) +

1

2p (y)

)= p (x) + p (y) .

Esercizio 213. Sia p : R → R. Si dimostri che p è sublineare se e solo se p èconvessa, p (0) = 0 e p|(−∞,0)

, p|(0,+∞)sono lineari.

Esempio 214 (Funzioni sublineari). SianoX uno spazio vettoriale e p : X → R.Nei seguenti casi, p è sublineare:

1. p norma su X;

2. per ogni ϕ ∈ X], p : x 7→ |ϕ (x)|;

3. per ogni F ⊂ X] tale che per ogni x ∈ X si abbia supϕ∈F ϕ (x) < +∞,p : x 7→ supϕ∈F ϕ (x).

Esercizio 215. Sia X uno spazio vettoriale. Si dimostrino le seguenti aerma-zioni:

1. per ogni p, q : X → R sublineari, la somma p+ q è sublineare;

2. per ogni famiglia F di funzioni reali sublineari tali che, per ogni x ∈ X,supp∈F p (x) < +∞, l'estremo superiore x 7→ supp∈F p (x) è sublineare.

Proposizione 216. Siano X uno spazio normato, r,M > 0 e p : X → Rsublineare e tale che p|rBX ≤M . Allora p è M

r -lipschitziana.

Dimostrazione. Sia x ∈ X \ 0. Allora

p (x) = p

(‖x‖rrx

‖x‖

)=‖x‖rp

(rx

‖x‖

)︸ ︷︷ ︸∈rBX

≤ M

r‖x‖

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4.3 Distanza da un insieme 68

e lo stesso vale ovviamente anche per x = 0. Per ogni x, y ∈ X si ha pertanto

p (x) = p (y + (x− y))

≤ p (y) + p (x− y)

≤ p (y) +M

r‖x− y‖

m

p (x)− p (y) ≤ M

r‖x− y‖ .

Proposizione 217. Siano X uno spazio normato e p : X → R sublineare. Leseguenti aermazioni sono equivalenti:

1. p è lipshitziana;

2. p è continua;

3. p è continua in 0;

4. p è localmente limitata.

Dimostrazione. Poiché p è convessa, per il Teorema 117, 1 ⇒ 2. ⇔ 3. ⇔ 4.L'implicazione 4.⇒ 1. segue dalla proposizione precedente.

4.3 Distanza da un insieme

Denizione 218 (Distanza da un insieme). Siano (X, ρ) uno spazio metrico eA ⊂ X non vuoto. Si denisce distanza (dall'insieme A), la funzione

dA : X → R,x 7→ dA (x) := dist (x,A) := inf ρ (x, a) | a ∈ A .

Esercizio 219. Siano (X, ρ) uno spazio metrico, L > 0 e F una famiglia di fun-zioni reali L-lipschitziane denite su X tali che, per ogni x ∈ X, inff∈F f (x) ∈R. Si dimostri che l'estremo superiore puntuale

inff∈F

f : X → R,

x 7→ inff∈F

f (x)

è anch'esso una funzione L-lipschitziana.

Svolgimento. Siano x, y ∈ X ed ε > 0 arbitrari. Per denizione di estremoinferiore, esiste g ∈ F tale che

g (y)− ε ≤ inff∈F

f (y) .

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4.3 Distanza da un insieme 69

Allora

inff∈F

f (x)− inff∈F

f (y)︸ ︷︷ ︸≤−g(y)+ε

≤ inff∈F

f (x)︸ ︷︷ ︸≤g(x)

−g (y) + ε ≤ g (x)− g (y)︸ ︷︷ ︸≤Lρ(x,y)

≤ Lρ (x, y) + ε.

Dall'arbitrarietà di x, y ed ε segue la tesi.

Proposizione 220. Siano X uno spazio metrico e A ⊂ X non vuoto. Allora

1. dA = dA;

2. dA è 1-lipschitziana;

3. se X è normato e A è chiuso,

(a) dA è convessa se e solo se A è convesso;

(b) dA è concava su X \A se e solo se X \A è convesso.

Dimostrazione.

1. Ovvio.

2. Per ogni a ∈ A, la mappa da : x 7→ ρ (x, a) è 1-lipschitziana, infatti

∀x, y ∈ X, ρ (x, a) ≤ ρ (x, y) + ρ (y, a)m

∀x, y ∈ X, |ρ (x, a)− ρ (y, a)| ≤ ρ (x, y) .

Essendo dA = infa∈A da, dall'esercizio precedente segue la tesi.

3. (a) Se dA è convessa, A = dA ≤ 0 è convesso. Viceversa, siano x, y ∈X, λ ∈ (0, 1) ed ε > 0. Per denizione di estremo inferiore esistonoa, b ∈ A tali che

‖x− a‖ ≤ dA (x) + ε,

‖y − b‖ ≤ dA (y) + ε.

Allora

dA ((1− λ)x+ λy) ≤ ‖ [(1− λ)x+ λy]− [(1− λ) a+ λb]︸ ︷︷ ︸∈A

= ‖(1− λ) (x− a) + λ (y − b)‖≤ (1− λ) ‖x− a‖+ λ ‖y − b‖≤ (1− λ) dA (x) + λdA (y) + ε.

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4.4 Funzioni di supporto 70

(b) Se dA è concava su X \A, X \A = dA > 0 è convesso. Viceversa,siano C := X \ A convesso e x, y ∈ C. Allora dA (x) , dA (y) > 0 eBdA(x) (x) , BdA(y) (y) ⊂ C. Sia λ ∈ (0, 1) arbitrario. Dalla convessitàdi C segue

E := (1− λ)BdA(x) (x) + λBdA(y) (y) ⊂ C.

Una verica diretta mostra che

B(1−λ)dA(x)+λdA(y) ((1− λ)x+ λy) = E ⊂ C

da cui segue immediatamente

dA ((1− λ)x+ λy) ≥ (1− λ) dA (x) + λdA (y) .

A

C = X \A

.x

.y

.z

BdA(x)(x)

BdA(y)(y)

E

Figura 4.3.1: Si è posto z := (1− λ)x+ λy.

4.4 Funzioni di supporto

Denizione 221 (Funzione di supporto). SianoX uno spazio normato, A ⊂ X∗non vuoto e B ⊂ X non vuoto. Sfruttando il consueto abuso di notazione percui gli elementi di X vengono identicati con la loro immersione canonica nelduale secondo, le due funzioni

sA : X → (−∞,+∞] ,

x 7→ sA (x) := sup (x (A)) ,

σB : X∗ → (−∞,+∞] ,

ϕ 7→ σB (ϕ) := sup (ϕ (B))

vengono dette funzioni di supporto.

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4.4 Funzioni di supporto 71

Proposizione 222. Siano X uno spazio normato, A ⊂ X∗ non vuoto e B ⊂ Xnon vuoto. Allora

• sA è sublineare ed inferiormente semicontinua;

• σB è sublineare e w∗-inferiormente semicontinua1.

Dimostrazione. Essendo un estremo superiore puntuale di funzioni convesse econtinue, sA è convessa ed inferiormente semicontinua. Dalla denizione, segueanche che sA è positivamente omogenea, dunque per la Proposizione 212, sA èsublineare. Analogamente, poiché per ogni ϕ ∈ X∗,

σB (ϕ) = sup (ϕ (B)) = supx∈B

ϕ (x) = supx∈B

x (ϕ) ,

σB è un estremo superiore puntuale di funzioni convesse e w∗-continue, dun-que è convessa e w∗-inferiormente semicontinua. Anche in questo caso, dalladenizione segue immediatamente che σB è postivamente omogenea, da cui latesi.

Osservazione 223. Le seguenti proposizioni caratterizzano la continuità (ov-vero la semicontinuità superiore) di sA e σB .

Proposizione 224. Sia X uno spazio di Banach. Le seguenti aermazionisono equivalenti:

1. sA è reale2 e continua;

2. sA è reale;

3. A è limitato.

Dimostrazione. L'implicazione 1.⇒ 2. è banale.

2.⇒ 3.) Per denizione di funzione di supporto, sA è reale se e solo se la famigliaϕϕ∈A è puntualmente limitata. Per il Principio di Uniforme Limitatez-za, questo implica che ϕϕ∈A è uniformemente limitata, ovvero che A èlimitato.

3.⇒ 1.) SiaM > 0 tale che sup (‖A‖X∗) ≤M . Essendo sA sublineare, è sucientedimostrare che è limitata sulla bolla unitaria. Per ogni x ∈ BX si ha

sA (x) = supϕ∈A

(ϕ (x)) ≤ supϕ∈A

(‖ϕ‖X∗︸ ︷︷ ︸≤M

‖x‖X︸ ︷︷ ︸≤1

) ≤M.

1Quindi in particolare anche inferiormente semicontinua.2I.e. non assume mai il valore +∞.

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4.5 Funzionale di Minkowski 72

Proposizione 225. Siano X uno spazio normato. Le seguenti aermazionisono equivalenti:

1. σB reale e continua;

2. σB reale;

3. B limitato

Dimostrazione. Analoga alla dimostrazione precedente.

Esercizio 226 (Non banale3). Si determinino delle condizioni necessarie esucienti per le seguenti aermazioni.

1. sA è reale e w-continua.

2. σB è reale e w∗-continua?

4.5 Funzionale di Minkowski

Notazione 227. A meno che diversamente specicato, per tutta la sezionesul funzionale di Minkowski si denotano con (X, ‖·‖) uno spazio normato e conC ⊂ X un suo sottoinsieme convesso.

Esempio 228 (Esempio introduttivo). Sia x ∈ X Allora per ogni t > 0, x ∈tBX se e solo se ‖x‖ ≤ t. Dunque

‖x‖ = inf t > 0 |x ∈ tBX .

Convenzione 229. Si pone inf (∅) := +∞.

Denizione 230 (Funzionale di Minkowski). Sia 0 ∈ C. Si denisce funzionaledi Minkowski (di C) la funzione

µC : X → [0,+∞] ,

x 7→ inf t > 0 |x ∈ tC .

Esercizio 231 (Proprietà elementari di µC). Si dimostrino le seguenti aerma-zioni:

1. se C = 0, per ogni x ∈ X \ 0, µC (x) = +∞;

2. per ogni C ⊂ X convesso, µC (0) = 0;

3. per ogni x ∈ X, µC (x) = +∞ se e solo se per ogni t > 0, tx /∈ C, ovverose e solo se C non interseca la semiretta rx | r > 0;

4. per ogni x ∈ X, µC (x) = 0 se e solo se per ogni t > 0, tx ∈ C, ovvero see solo se C contiene la semiretta rx | r > 0;

3È necessario un buon livello di condenza con le topologie deboli.

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4.5 Funzionale di Minkowski 73

5. µC < +∞ se e solo se 0 ∈ a-int (C);

6. se D ⊃ C è convesso, allora µD ≤ µC ;

7. per ogni α > 0, si ha µαC = 1αµC ;

Svolgimento. I punti 1.-6. si vericano banalmente. Per dimostrare il punto 7.basta osservare che per ogni α > 0 e per ogni x ∈ X

µαC = inf t > 0 |x ∈ tαC = inf

t

α> 0

∣∣∣∣ x ∈ tC =1

αµC (x) .

Proposizione 232. Il funzionale di Minkowski µC è sublineare.

Dimostrazione. Dall'esercizio precedente segue µC (0) = 0 e per ogni α > 0, perogni x ∈ X,

µC (αx) = inf t > 0 |αx ∈ tC = inf

t > 0

∣∣∣∣x ∈ t

αC

= µ 1

αC(x)

= αµC (x) ,

dunque µC è positivamente omogenea. Siano ora x, y ∈ X ed ε > 0 arbitrari.Per denizione di estremo inferiore, esistono t, s > 0 tali che t < µC (x) + ε/2,s < µC (y) + ε/2, x ∈ tC e y ∈ sC . Allora

x+ y = t(xt

)+ s

(ys

)= (t+ s)

[t

t+ s

(xt

)+

s

t+ s

(ys

)]︸ ︷︷ ︸

∈C

∈ (t+ s)C

da cui segueµC (x+ y) ≤ t+ s ≤ µC (x) + µC (y) + ε.

Proposizione 233. Le seguenti aermazioni sono equivalenti:

1. µC < +∞ ed è continuo;

2. µC < +∞ ed è lipschitziano;

3. esiste α > 0 tale che µC (·) ≤ α ‖·‖;

4. 0 ∈ int (C).

Dimostrazione. L'equivalenza 1.⇔ 2. vale in generale per funzioni sublineari.

2.⇒ 3.) Sia L > 0 tale che µC è L-lipschitziano. Allora, per ogni x ∈ X,

µC (x) = |µC (x)− µC (0)| ≤ L ‖x− 0‖ = L ‖x‖ .

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4.5 Funzionale di Minkowski 74

3.⇒ 2.) Essendo µC sublineare, basta dimostrare che è limitata su BX . Per ipotesi,per ogni x ∈ BX , µC (x) ≤ α.

3.⇒ 4.) Sia x ∈ BX , allora µC (x) ≤ α < α + 1, dunque x ∈ (α+ 1)C, da cuix

α+1 ∈ C e conseguentemente 1α+1BX ⊂ C.

4.⇒ 3.) Per ipotesi esiste α > 0 tale che αBX ⊂ C, da cui

µC ≤ µαBX =1

αµBX =

1

α‖·‖ .

Proposizione 234. C è limitato se e solo se esite α > 0 tale che µC ≥ α ‖·‖.

Dimostrazione. Se esiste r > 0 tale che C ⊂ rBX , si ha µC ≥ µrBX = 1r ‖·‖.

Viceversa, se esiste α > 0 tale che µC ≥ α ‖·‖, per ogni x ∈ C si ha 1 ≥ µC (x) ≥α ‖x‖ che implica ‖x‖ ≤ 1

α .

Proposizione 235. Le seguenti inclusioni sono sempre vericate:

int (C)(1)⊂ a-int (C)

(2)⊂ µC < 1

(3)⊂ C

(4)⊂ µC ≤ 1

(5)⊂ C.

Dimostrazione. L'inclusione (1) è sempre vericata.

(2) Se x ∈ a-int (C)\0, esiste t > 1 tale che tx ∈ C, ovvero tale che x ∈ 1tC,

dunque µC (x) ≤ 1t < 1.

(3) Dalla denizione di funzionale di Minkowski, se x ∈ X soddisfa µC (x) < 1,allora x ∈ 1 · C.

(4) Dalla denizione di funzionale di Minkowski, se x ∈ X soddisfa x ∈ C =1 · C, allora µC (x) ≤ 1.

(5) Se x ∈ X soddisfa µC (x) ≤ 1, allora per ogni n ∈ N si ha x ∈(1 + 1

n

)C,

dunque xn := x1+ 1

n

∈ C e poiché xn → x, si ha x ∈ C.

Corollario 236. Se C è chiuso, C = µC ≤ 1.

Corollario 237. Se C è aperto o (anche solo) algebricamente aperto, C =µC < 1.

Proposizione 238 (Applicazione del funzionale di Minkowski). Siano X unospazio normato, C,D ⊂ X convessi, limitati ed entrambi chiusi o entrambiaperti, c0 ∈ int (C) e d0 ∈ int (D). Allora esiste un omeomorsmo Φ: X → Xtale che Φ (C) = D e Φ (c0) = d0.

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4.5 Funzionale di Minkowski 75

Φ

Figura 4.5.1: Questa proposizione aerma che, a livello topologico, in ogni spazionormato esiste un unico insieme limitato, convesso e aperto (/chiuso).

Dimostrazione. Senza perdere in generalità (basta traslare C in C − c0, D inD − d0 e considerare Φ (·+ c0) + d0), si può supporre c0 = d0 = 0. Essendo Dlimitato, esiste α > 0 tale che µD ≥ α ‖·‖. Lo stesso vale per C. In particolare,dunque, µD (x) = 0 (/µC (x) = 0) se e solo se x = 0. Sia

Φ: X → X,

x 7→

0, x = 0,µC (x)

µD (x)x, x ∈ X \ 0 .

Allora, per ogni x ∈ X, µD (Φ (x)) = µC (x). Poiché 0 ∈ int (C) e 0 ∈ int (D),µC e µD sono continue, dunque Φ è continua su X \ 0. Per vericare lacontinuità in 0, sia xnn∈N ⊂ X, xn → 0. Allora, per n→ +∞,

‖Φ (xn)‖ =µC (xn)

µD (xn)‖xn‖ ≤

µC (xn)

α ‖xn‖‖xn‖ =

1

αµC (xn)→ 0 = Φ (0) .

Per vericare che Φ è un omeomeorsmo basta notare che

Φ−1 : X 7→ X

y 7→

0, y = 0,µD (y)

µC (y)y, y ∈ X \ 0 ,

che è continua per quanto dimostrato sopra. Rimane da dimostrare che Φ (C) =D. Se C e D sono chiusi, dal Corollario 236 e da µD Φ = µC segue

x ∈ C ⇔ µC (x) ≤ 1 ⇔ µD (Φ (x)) ≤ 1 ⇔ Φ (x) ∈ D.

Se C e D sono aperti le stesse equivalenze valgono con < invece di ≤.

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Capitolo 5

Ottimizzazione di funzioniconvesse

5.1 Minimizzazione di funzioni convesse

Problema 239. Siano X uno spazio normato e f : X → (−∞,+∞] convessa.Si vogliono determinare delle condizioni sucienti anché f assuma il suo mi-nimo assoluto. Le due proprietà principali che verranno utilizzate nei successiviteoremi sono raccolte nella proposizione seguente.

Proposizione 240. Siano X uno spazio normato e f : X → (−∞,+∞] con-vessa. Allora

1. f è inferiormente semicontinua se e solo se f è w-inferiormente semicon-tinua;

2. se X è (isometrico a) uno spazio duale, BX è w∗-compatta.

Dimostrazione.

1. Essendo f convessa, per ogni α ∈ R, f ≤ α è convesso, dunque chiusose e solo se w-chiuso (Proposizione 468, pagina 138).

2. Segue direttamente dal teorema di Banach-Alaoglu.

Esercizio 241. Siano X uno spazio normato e f : X → (−∞,+∞] convessa edinferiormente semicontinua. Si dimostri che per ogni a, b ∈ X, se f|[a,b] < +∞,allora f|[a,b] è continua.

Denizione 242 (Funzione coercitiva). Siano X uno spazio normato e f : X →R. Si dice che f è coercitiva se

lim‖x‖→+∞

f (x) = +∞.

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5.2 I punti più vicini 77

Teorema 243 (Teorema generale). Siano X uno spazio normato e f : X →(−∞,+∞] coercitiva. Se esiste una topologia τ su X tale che f è τ -inferiormentesemicontinua e BX è τ -compatta, allora f assume il suo minimo assoluto.

Dimostrazione. Se f ≡ +∞ la tesi è banalmente vericata. Sena perdere ingeneralità, sia allora i := inf (f (X)) < +∞. Essendo f coercitiva esiste r > 0tale che, per ogni x ∈ X con ‖x‖ > r, si abbia f (x) > i. Dunque, dallageneralizzazione del Teorema di Weiestrass (Teorema 425, pagina 129), segue

inf f (X) = inf f(rBX

)= min f

(rBX

).

Corollario 244. Siano X uno spazio riessivo, f : X → (−∞,+∞] conves-sa, inferiormente semicontinua e coercitiva. Allora f assume il suo minimoassoluto.

Dimostrazione. Segue immediatamente dal teorema precedente e dalla Propo-sizione 240.

Osservazione 245. Una funzione strettamente convessa non può avere più diun punto di minimo, infatti se ce ne fossero due, la funzione valutata nella mediatra questi due punti dovrebbe avere valore minore (stretto).

5.2 I punti più vicini

Denizione 246 (Proiezione metrica, insieme prossiminale/di unicità/di Che-byshev). Siano (X, d) uno spazio metrico e A ⊂ X non vuoto. Per ogni x ∈ X,il sottoinsieme PA (x) ⊂ X denito da

PA (x) :=

a ∈ A

∣∣∣∣ d (x, a) = dA (x).= infy∈A

d (x, y)

si denisce proiezione metrica (di x sull'insieme A) e gli elementi di PA (x)vengono detti punti (di A) più vicini (ad x). Si dice che A è prossiminale seper ogni x ∈ X si ha PA (X) 6= ∅. Si dice che A è di unicità se per ogni x ∈ Xsi ha Card (PA (x)) ≤ 1. Si dice che A è di Chebyshev se per ogni x ∈ X, si haCard (PA (x)) = 1, ovvero se A è prossiminale e di unicità.

Osservazione 247. Se x ∈ A, allora PA (x) = x.

Esercizio 248. Siano (X, d) uno spazio metrico e A ⊂ X non vuoto. Si dimistriche se A è prossiminale, allora A è chiuso.

Svolgimento. Se A non è chiuso esiste ann∈N ⊂ A convergente ad un elementox /∈ A. Chiaramente PA (x) = ∅.

Esempio 249. In uno spazio di Hilbert, ogni insieme convesso e chiuso è diChebyshev.

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5.2 I punti più vicini 78

Problema 250 (Problema (importante) aperto ad oggi: 3 maggio 2013). Valeil viceversa nell'esempio precedente? Se H è di Hilbert e C ⊂ H di Chebyshev,C è chiuso. C è anche convesso? Sono stati dimostrati alcuni risultati parziali.

• Se H = Rd, C è convesso e la dimostrazione sfrutta la compattezza nellatopologia della norma.

• Se C è anche w-chiuso, C è convesso.

• Non è invece vero in spazi prehilbertiani (i.e. a prodotto interno noncompleto) e per il controesempio si mette sullo spazio c00 delle successionia supporto nito la norma ‖·‖2 di `2.

• Se esistesse un insieme di Chebyshev non convesso, allora esisterebbe uninsieme A molto non convesso, ovvero il complementare di un convesso(detto caverna di Klee).

Teorema 251 (Condizioni sucienti alla prossiminalità). Siano X normato,A ⊂ X chiuso e non vuoto. Si supponga vericata almeno una delle seguentiaermazioni:

1. X è (isometrico a) uno spazio duale e A è w∗-chiuso;

2. X è uno spazio riessivo e A w-chiuso;

3. X è uno spazio riessivo e A convesso;

4. A è nito-dimensionale.

Allora A è prossiminale.

Dimostrazione.

1. Siano Z uno spazio normato tale che (X, ‖·‖) = (Z∗, ‖·‖Z∗) e ϕ ∈ Z∗ \A.Si vuole dimostrare l'esistenza dei punti più vicini a ϕ. Si consideri lafunzione

f : Z∗ → (−∞,+∞] ,

ψ 7→ f (ψ) :=

‖ψ − ϕ‖ , ψ ∈ A,+∞, ψ ∈ Z∗ \A.

Chiaramente f è coercitiva. Inoltre, per ogni α ∈ R, si ha

f ≤ α =

∅, se α < 0,

B (ϕ, α) ∩A, se α ≥ 0

ma le bolle chiuse nei duali sono w∗-compatte ed A è w∗-chiuso, quindil'intesezione B (ϕ, α) ∩ A è w∗-chiusa, ovvero f è w∗-inferiormente semi-continua. Per il Teorema generale della sezione precedente, A è alloraprossiminale.

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5.2 I punti più vicini 79

2. Segue immediatamente dal punto precedente.

3. Segue immediatamente dal punto precedente.

4. Per ipotesi, Y := span (A) è isomorfo a Rd. Per ogni x0 ∈ X\A si denisce

f : Y → (−∞,+∞] ,

y 7→ f (y) :=

‖y − x0‖ , y ∈ A,+∞, y ∈ Y \A,

che è coercitiva ed inferiormente semicontinua (in quanto le bolle neglispazi normati nito-dimensionali sono compatte). Per il Teorema generaledella sezione precedente, segue di nuovo che A è prossiminale.

Esercizio 252. Sia X uno spazio normato. Si dimostri l'equivalenza delleseguenti aermazioni1:

1. per ogni A ⊂ X chiuso e non vuoto, A è prossiminale;

2. X è nito-dimensionale.

Teorema 253. Sia X uno spazio di Banach. Le seguenti aermazioni sonoequivalenti:

1. X è uno spazio riessivo,

2. per ogni C ⊂ X convesso e chiuso, C è prossiminale,

3. per ogni H ⊂ X iperpiano chiuso, H è prossiminale.

Dimostrazione. Dal Teorema 251 segue 1.⇒ 2. e l'implicazione 2.⇒ 3. è banale.Si dimostra la contronominale di 3.⇒ 1.. Se X non è riessivo, per il Teoremadi James esiste un funzionale ϕ ∈ X∗ (senza perdere in generalità) con ‖ϕ‖ = 1che non assume la norma sulla bolla unitaria. Detto H := ϕ−1 (1), si ha dunquedH (0) = 1 ma H ∩BX = ∅, pertanto PH (0) = ∅.

..

. 0

BX

H

1L'implicazione 2. ⇒ 1. segue dal teorema precedente. Per dimostrare il viceversa ènecessario un buon livello di condenza con l'analisi funzionale.

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5.2 I punti più vicini 80

Denizione 254 (Spazio normato strettamente convesso). Sia (X, ‖·‖) unospazio normato. Si dice che X è strettamente convesso se ext (BX) = SX .

Osservazione 255. Uno spazio normato è dunque strettamente convesso se lasfera unitaria non contiene segmenti non degeneri.

Teorema 256. Sia X uno spazio normato. Le seguenti aermazioni sonoequivalenti:

1. X è strettamente convesso;

2. ogni insieme convesso C ⊂ X è di unicità;

3. ogni retta L ⊂ C è di Chebyshev;

4. ogni retta L ⊂ X è di unicità;

5. ogni iperpiano chiuso H ⊂ X è di unicità.

Dimostrazione.

1.⇔ 2.) ⇒) Siano C ⊂ X convesso e x ∈ X \ C. Se x ∈ C, allora PC (x) = ∅,quindi senza perdere in generalità siano x /∈ C e r := distC (x) > 0.Dall'inclusione ∂Br (x) ⊃ C ∩ Br (x) = PC (x), essendo X stretta-mente convesso, segue Card (PC (x)) ≤ 1.

⇐) Si dimostra la contronominale. PoichéX non è strettamente convessoesistono a, b ∈ X, a 6= b, tali che [a, b] ⊂ SX . Chiaramente P[a,b] (0) =

[a, b], dunque Card(P[a,b] (0)

)> 1.

2.⇒ 3.) Banale.

3.⇔ 4.) ⇒) Banale.

⇐) Sia L ⊂ X una retta. Essendo L nito-dimensionale, L è chiusa. Peril Teorema 251, L è dunque prossiminale.

4.⇒ 1.) Procedendo come in 2.⇒ 1. si dimostra facilmente l'implicazione voluta.

5.⇔ 1.) ⇒) Si dimostra la contronominale. PoichéX non è strettamente convessoesistono a, b ∈ X, a 6= b, tali che [a, b] ⊂ SX . Poiché [a, b]∩int (BX) =∅, per il teorema di separazione di Hahn-Banach esiste un iperpianoH che separi L e la bolla unitaria BX e per costruzione si ha PH (0) ⊃[a, b], dunque H non è di unicità.

⇐) Dalle implicazioni 1.⇒ 2.⇒ 5. segue banalmente la tesi.

Corollario 257. Sia X uno spazio di Banach. Le seguenti aermazioni sonoequivalenti:

1. X è uno spazio riessivo strettamente convesso;

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5.3 Centri di Chebyshev 81

2. ogni insieme convesso e chiuso è di Chebyshev,

3. ogni iperpiano chiuso è di Chebyshev.

Esempio 258 (Insiemi strettamente convessi). Per ogni p ∈ (1,+∞), per ognimisura positiva µ denita sui boreliani di Rd, lo spazio Lp (µ) è riessivo estrettamente convesso2

Fatto 259. Ogni spazio riessivo separabile ammette una norma equivalenterispetto a cui è ancora riessivo ma anche strettamente convesso.

Fatto 260. I preduali di spazi normati separabili sono a loro volta spazi normatiseparabili3.

Corollario 261. Sia X uno spazio riessivo separabile. Allora tutti i dualisuccessivi sono separabili.

5.3 Centri di Chebyshev

Problema 262 (Centri e mediane). Si immagini di dover costruire un ospedalein una città. Dato un insieme di case, una scelta ragionevole sarebbe costruirel'ospedale in modo che sia al centro dell'insieme di case, ovvero in modo tale daminimizzare la distanza tra ogni casa e l'ospedale, in modo da garantire ad ogniabitante un rapido accesso alla struttura sanitaria in caso di necessità. Matema-ticamente, dato un sottoinsieme limitato A di uno spazio normato X, si vuoleminimizzare la funzione x 7→ f∞ (x) := supa∈A ‖x− a‖. Un altro problema èquello di posizionare un deposito per un fornitore di merci che serva più negozi.In questo caso, supponendo che il fornitore debba tornare indietro e ripartiredopo aver servito ogni negozio, una scelta ragionevole sarebbe posizionare ildeposito in modo tale che la strada totale compiuta per servire ogni negozio siaminima. Matematicamente, dato un sottoinsieme nito A di uno spazio norma-to X, si vuole minimizzare la funzione x 7→ f1 (x) :=

∑Ni=1 ‖x− ai‖. Questa

è talvolta sostituita dalla funzione x 7→ f2 (x) :=∑Ni=1 ‖x− ai‖

2 che è più re-golare e che ad esempio in statistica rappresenta la deviazione standard, unodegli stimatori più utilizzati per l'approssimazione della varianza di una varia-bile aleatoria. Tutte queste funzioni sono convesse, coercitive e inferiormentesemicontinue (f1 e f2 sono addirittura continue). In spazi nito-dimensionali,dunque, per compattezza forte si ottiene l'esistenza dei minimi. In spazi innito-dimensionali il problema è invece più complicato. Esistono esempi in cui insiemidi soli tre punti4 non hanno alcun centro. Nel caso generale l'unico strumentoche permette di recuperare dei risultati facilmente è la compattezza debole. Il

2Si dimostra che per ogni p ∈ (1,+∞), gli spazi Lp ([0, 1]) e `p soddisfano una proprietàpiù forte della stretta convessità, detta uniforme convessità.

3I.e., se X è uno spazio normato e X∗ è separabile, anche X è separabile. Ovviamente nonvale il viceversa.

4Per insiemi di due punti il problema è sempre banale.

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5.3 Centri di Chebyshev 82

problema della caratterizzazione degli spazi normati in cui tutti gli insiemi li-mitati hanno un centro (secondo la denizione seguente) rimane ad oggi unproblema aperto.

Denizione 263 (Centri di Chebyshev, mediane, mediane quadratiche). SianoX uno spazio normato, A ⊂ X limitato e B := b1, . . . , bn ⊂ X. I punti diminimo assoluto della funzione

x 7→ f∞ (x) := supa∈A‖x− a‖

sono detti centri di Chebyshev (di A). I punti di minimo assoluto delle funzioni

x 7→ f1 (x) :=

n∑i=1

‖x− bi‖ e x 7→ f2 (x) :=n∑i=1

‖x− bi‖2

sono detti, rispettivamente, mediane e mediane quadratiche (di A).

Osservazione 264. I centri di Chebyshev di A sono i centri delle bolle di raggiopiù piccolo contenenti A.

Osservazione 265. Se per ogni x ∈ X si considera una permutazione π di1, . . . , n in modo tale da ordinare le distanze∥∥x− aπ(1)

∥∥ ≤ ∥∥x− aπ(2)

∥∥ ≤ . . . ≤ ∥∥x− aπ(n−1)

∥∥ ≤ ∥∥x− aπ(n)

∥∥e si decide di trascurare qualche termine molto piccolo e/o molto grande (adesempio

∥∥x− aπ(1)

∥∥ e/o∥∥x− aπ(n)

∥∥) diversi risultati della teoria dei centri edelle mediane continuano a valere ma la dimostrazione diventa più complicataperché queste permutazioni variano al variare di x.

Proposizione 266 (Esistenza). Sia X uno spazio duale. Allora ogni insiemelimitato A ⊂ X ammette almeno un centro di Chebyshev e ogni insieme nitoammette almeno una mediana e una mediana quadratica.

Dimostrazione. Essendo X uno spazio duale, per ogni a ∈ X, la funzione x 7→‖x− a‖ è w∗-inferiormente semicontinua perché i suoi insiemi di sottolivellosono le bolle chiuse centrata in a (che in uno spazio duale sono w∗ compatte)e ovviamente è anche coercitiva. Un discorso analogo vale, per ogni a ∈ A, perla funzione x 7→ ‖x− a‖2. Le tre funzioni f∞, f1 e f2 ammettono pertanto unminimo.

Esercizio 267.

1. Siano X, Y due spazi normati, A ⊂ X, i : X → Y un'isometria (non ne-cessariamente suriettiva) e P : Y → i (X) ua proiezione 1-lipschitziana. Sidimostri che se i (A) ammette un centro di Chebyshev (/una mediana/unamediana quadratica) in Y , allora A ammette un centro di Chebyshev (/unamediana/una mediana quadratica) in X.

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5.3 Centri di Chebyshev 83

2. Dedurre dal punto precedente che, se esiste una proiezione 1-lipschitzianaP : X∗∗ → X allora, nello spazioX, ogni insieme limitato ammette almenoun centro di Chebyshev e ogni insieme nito ammette almeno una medianaed almeno una mediana quadratica.

3. Si dimostri che le ipotesi del punto precedente sono sempre soddisfatte seX è uno spazio duale (Suggerimento: se esiste uno spazio normato Z taleche X = Z∗, esiste una proiezione abbastanza naturale P : Z∗∗∗ → Z∗

lineare e con norma unitaria.

Fatto 268 (Esistono spazi non duali per cui valgono risultati simili). Esisteuna proiezione lineare con norma unitaria P : (L1 [0, 1])

∗∗ → L1 [0, 1].

Fatto 269 (Curiosità). Ogni spazio di Banach non riessivo può essere rinor-mato con una norma equivalente a quella originaria rispetto alla quale esista uninsieme di tre punti che non ammetta centri di Chebyshev (/mediane/medianequadratiche).

Fatto 270 (Curiosità). Sia in C [0, 1] che c0 esiste un insieme di tre puntiappartenti ad uno stesso iperpiano che non ammette centri di Chebyshev.

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Capitolo 6

Disuguaglianza integrale diJensen

6.1 Disuguaglianza integrale di Jensen

Denizione 271 (σ-algebra di Borel). Sia (X, τ) uno spazio topologico. Si diceche BX è la σ-algebra di Borel di (X, τ) se BX è la σ-algebra di sottoinsiemi diX generata da τ1. Gli elementi di BX prendono il nome di (insiemi) boreliani(di X).

Convenzione 272 (σ-algebre di sottospazi). Siano (X, τ) uno spazio topologi-co, E ⊂ X e τE la topologia su E indotta da τ . Si indica con BE la σ-algebradi Borel di (E, τE) (i.e. si assume canonicamente che i sottoinsiemi degli spazitopologici siano dotati della topologia di sottospazio).

Denizione 273 (Misura δ di Dirac). Siano (Ω,Σ) uno spazio misurabile ex ∈ Ω. La misura di probabilità

δx : Σ → [0, 1] ,

A 7→ δx (A) :=

1, x ∈ A,0, x ∈ X \A,

prende il nome di misura (delta) di Dirac centrata in x.

Denizione 274 (Integrale di funzioni vettoriali). Siano (Ω,Σ, µ) uno spaziodi misura e f := (f1, . . . , fd) : Ω→ Rd. Si dice che f è integrabile su Ω rispettoa µ se esiste in Rd

ˆΩ

f dµ :=

(ˆΩ

f1 dµ, . . . ,

ˆΩ

fd dµ

).

1Ovvero la più piccola σ-algebra di sottoinsiemi di X contenente τ .

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6.1 Disuguaglianza integrale di Jensen 85

Si denota con L1 (µ) lo spazio vettoriale di tutte le funzioni vettoriali integrabilisu Ω rispetto a µ quozientato rispetto all'uguaglianza µ-quasi ovunque.

Proposizione 275 (Linearità dell'integrale vettoriale). Siano (Ω,Σ, µ) uno

spazio di misura e f : Ω→ Rd. Se f ∈ L1 (µ), per ogni ` ∈(Rd)∗, si ha

`

(ˆΩ

f dµ

)=

ˆΩ

` f dµ.

Dimostrazione. Segue immediatamente dalla denizione, sfruttando la linearitàdell'integrale di funzioni scalari.

Problema 276 (Disuguaglianza integrale di Jensen). Siano C un sottoinsie-me convesso e chiuso di Rd ed f : C → (−∞,+∞] una funzione convessa. Sissino x1, . . . , xn ∈ C e λ1, . . . , λn ∈ [0, 1] tali che con

∑ni=1 λi = 1. Det-

te δx1, . . . , δxn : BC → [0, 1] le misure di Dirac centrate in x1, . . . , xn rispetti-

vamente, si deniscano la misura di probabilità µ :=∑ni=1 λiδxi ed il punto

xµ :=´Cy dµ (y)

.=∑ni=1 λixi. Dalla convessità di f segue allora

f (xµ) = f

(ˆC

y dµ (y)

)≤ˆC

f (y) dµ (y) . (6.1.1)

Per generalizzare questo risultato è necessario arontare i seguenti problemi.

1. Per quali C e µ esistono gli integrali in (6.1.1)?

2. Se esiste xµ, quando xµ ∈ C?

3. Quando vale la disuguaglianza in (6.1.1)?

4. È possibile estendere il risultato a spazi più generali di Rd? In particolare,come si denisce xµ in spazi innito-dimensionali?

Notazione 277 (M1 (E)). Sia E ⊂ Rd. Si denota con M1 (E) l'insieme ditutte le misure di probabilità su BE .

Denizione 278 (Misura concentrata in un insieme). Siano (Ω,Σ, µ) unospazio di misura e S ∈ Σ. Si dice che µ è concentrata in S se µ (Ω \ S) = 0.

Esempio 279. Le misure di Dirac sono concentrate in un punto.

Denizione 280 (Baricentro in dimensione nita). Siano E ⊂ Rd e µ ∈M1 (E). una misura di probabilità su BE . Se esiste in Rd

xµ :=

ˆE

y dµ (y)

si dice che xµ è il baricentro di E (rispetto alla misura µ).

Proposizione 281. Siano E ⊂ Rd e µ ∈ M1 (E). Le seguenti aermazionisono equivalenti:

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6.1 Disuguaglianza integrale di Jensen 86

1. esiste xµ ∈ Rd;

2. l'inclusione i : E → Rd appartiene ad L1 (µ);

3. la norma (ristretta ad E) ‖·‖|E appartiene ad L1 (µ);

4. per ogni ` ∈(Rd)∗, si ha ` ∈ L1 (µ).

Dimostrazione. L'equivalenza 1. ⇔ 2. segue direttamente dalla denizione dibaricentro.

2.⇔ 3.) Per ogni i ∈ 1, . . . , d, sia

(·)i : E ⊂ Rd → R,(y1, . . . , yd) 7→ yi.

Allora

i ∈ L1 (µ) ⇔ ∀i ∈ 1, . . . , d , (·)d ∈ L1 (µ)

⇔ ∀i ∈ 1, . . . , d ,ˆE

yi dµ (y) < +∞

⇔ ∀i ∈ 1, . . . , d ,ˆE

|yi| dµ (y) < +∞

⇔ˆE

‖y‖1 dµ (y) < +∞

[le norme in spazi nito-dimensionali sono equivalenti]

⇔ˆE

‖y‖ dµ (y) < +∞.

2.⇔ 4.) L'implicazione 2.⇒ 4. segue direttamente dalla Proposizione 275. Il vice-versa segue notando che le funzioni (·)1 , . . . , (·)d denite come nel puntoprecedente sono lineari e continue.

Corollario 282. Siano E ⊂ Rd e µ ∈ M1 (E) e E′ ∈ BE limitato. Se µ èconcentrata in E′, allora esiste xµ.

Dimostrazione. Segue immediatamente dall'integrabilità della norma.

Osservazione 283. Nel caso della disuguaglianza di Jensen classica si ha sol-tanto un insieme nito di punti quindi la misura è eettivamente concentrata suquell'insieme (limitato). Le proposizione seguente generalizza il fatto che in uninsieme convesso ogni combinazione convessa di elementi dell'insieme appartieneall'insieme.

Proposizione 284. Siano C ⊂ Rd convesso e µ ∈ M1 (C). Se esiste ilbaricentro xµ, allora xµ ∈ C.

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6.1 Disuguaglianza integrale di Jensen 87

Dimostrazione. Si procede per induzione rispetto a n = dim (C). Se n = 0,esiste c0 ∈ Rd tale che C = c0, dunque l'unica misura di probabilità suC è δc0 , pertanto xµ = c0. Si supponga che la proposizione sia valida pern− 1 ∈ 0, . . . , d− 1 e la si dimostri per n ∈ 1, . . . , d. Essendo n ≥ 1, per ilTeorema dell'interno relativo si ha ri (C) 6= ∅. Poiché sia l'insieme che la misurasi possono traslare ottenendo il baricentro traslato, senza perdere in generalitàsi può supporre 0 ∈ ri (C). Dunque span (C) = aff (C) =: L e 0 ∈ intL (C). Sisupponga per assurdo che xµ /∈ C. Si distinguono due casi.

1. Se xµ /∈ L, esiste ` ∈(Rd)∗

tale che ` (xµ) ≥ 0 e `|L ≡ 0, infatti essendoin uno spazio nito-dimensionale è suciente estendere il funzionale nullosu L in modo tale che, e.g., valga 1 in xµ.

2. Se xµ ∈ L\C, per il Teorema di Hahn-Banach topologico esiste ˜∈ L∗\0tale che ˜(xµ) ≥ sup

(˜(C))e questo si può estendere ad un funzionale

` ∈(Rd)∗.

In entrambi i casi, dunque, esiste ` ∈(Rd)∗ \ 0 tale che

ˆC

[` (xµ)− ` (x)]︸ ︷︷ ︸≥0

dµ (x) = ` (xµ)−ˆC

` (x) dµ (x)︸ ︷︷ ︸=`(´Cx dµ(x))

= 0.

Dal Teorema di annullamento segue allora, per µ-quasi ogni x ∈ C, ` (x) =` (xµ) =: α. La misura µ è quindi concentrata sull'insieme chiuso (nella topolo-gia di sottospazio di C) C1 := C ∩ `−1 (α) e dim (C1) < dim (C). Si consideriallora la misura µ1 := µ|BC1

∈ M1 (C1). Essendo µ1 concentrata su C1 ecoincidente con µ su BC1 , dall'ipotesi di induzione segue

xµ =

ˆC

xdµ (x) =

ˆC1

xdµ (x) =

ˆC1

xdµ1 (x) = xµ1 ∈ C1︸ ︷︷ ︸induzione

⊂ C,

che contraddice l'ipotesi di assurdo xµ ∈ C.

Osservazione 285. In dimensione innita la dimostrazione precedente nonsi può scrivere, tuttavia il seguente corollario mostra che un risultato analo-go rimane valido per insiemi convessi nito-dimensionali e misure che siano lacombinazione convessa innita di misure di Dirac.

Corollario 286. Siano X uno spazio vettoriale topologico T2, C ⊂ X convessoe nito-dimensionale, xii∈N ⊂ C e λii∈N ⊂ [0, 1] tale che

∑+∞i=1 λi = 1. Se

esiste in X, x0 :=∑+∞i=1 λixi, allora x0 ∈ C.

Dimostrazione. Detto Y := span (C ∪ x0), si ha dim (Y ) < +∞, dunque, ameno di isomorsmi, Y = Rd. Chiaramente x0 è il baricentro di C rispetto alla

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6.1 Disuguaglianza integrale di Jensen 88

misura µ :=∑+∞i=1 λiδxi denita per ogni E ⊂ BC da

µ (E) =

+∞∑i=1

λiδxi (E) =∑

i∈N, xi∈Eλi.

Essemdp µ ∈M1 (C) ,il suo baricentro xµ = x0 appartiene a C.

Osservazione 287. In dimensione innita questo non è vero in generale. Gliinsiemi in cui la somma di ogni serie convessa dei propri elementi rimanenell'insieme sono detti CS-convessi.

Esercizio 288. Si dimostrino le seguenti aermazioni.

1. Siano X e Y due spazi vettoriali. Allora, a meno dell'isomorsmo di spazivettoriali

Ψ: (X × Y )] → X] × Y ],ψ 7→ ([x 7→ ψ (x, 0)] , [y 7→ ψ (0, y)]) ,

si ha (X × Y )]

= X] × Y ].

2. Siano X e Y due spazi vettoriali topologici. Allora, a meno dell'isomor-smo di spazi vettoriali topologici

Φ: (X × Y )∗ → X∗ × Y ∗,ϕ 7→ ([x 7→ ϕ (x, 0)] , [y 7→ ϕ (0, y)]) ,

si ha (X × Y )∗

= X∗ × Y ∗.

3. SiaX uno spazio vettoriale. Allora, a meno delle identicazioni (X × R)]

=

X] × R] e R] = R, si ha (X × R)]

= X] × R.

4. Sia X uno spazio vettoriale topologico. Allora, a meno delle identicazioni(X × R)

∗= X∗ × R∗ e R∗ = R, si ha (X × R)

∗= X∗ × R.

Svolgimento.

1. Chiaramente Ψ è lineare. Inoltre è immediato vericare che l'inversa di Ψsia data da

Ψ−1 : X] × Y ] → (X × Y )],

(ψX , ψY ) 7→ [(x, y) 7→ ψX (x) + ψY (y)] .

2. Denendo Φ−1 come nel punto precedente è immediato vericare che Ψ eΨ−1 siano lineari e continue.

3. Segue immediatamente dai punti precedenti.

4. Segue immediatamente dai punti precedenti.

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6.1 Disuguaglianza integrale di Jensen 89

Proposizione 289. Siano X uno spazio vettoriale topologico, x0 ∈ X, t1, t2 ∈R con t1 6= t2 e Λ ∈ (X × R)

∗ tale che Λ (x0, t1) 6= Λ (x0, t2). Allora per ogniα ∈ R l'iperpiano Λ−1 (α) coincide con in graco di una funzione ane continuaa : X → R.

Dimostrazione. Per l'esercizio precedente Λ può essere identicato con una cop-pia (`, β) ∈ X∗ × R. Per ipotesi ` (x0) + βt1 6= ` (x0) + βt2, da cui si concludeimmediatamente che β 6= 0. Si noti inoltre che

(x, t) ∈ Λ−1 (α) ⇔ ` (x) + βt = α ⇐⇒ t =α

β− 1

β` (x) =: a (x) ,

che al variare di x ∈ R, descrive il graco di una funzione ane e continuaa : X → R.

Lemma 290. Siano X uno spazio vettoriale topologico localmente convesso,C ⊂ X convesso, f : C → (−∞,+∞] convessa e inferiormente semicontinua,x0 ∈ dom (f) e t0 < f (x0). Allora esiste una funzione a : X → R ane econtinua tale che t0 < a (x0) e a|C < f .

Dimostrazione. Fissato arbitrariamente α ∈ (t0, f (x0)), essendo f inferiormen-te semicontinua, l'insieme f > α è aperto in C. Poiché X è localmenteconvesso, esiste V ∈ U (x0) aperto, convesso e tale che f|V∩C > α. DunqueD := V × (−∞, α) è un sottoinsieme di X × R aperto e convesso. Essen-do anche epi (f) convesso e epi (f) ∩ D = ∅, per il Teorema di Hahn-Banachtopologico esiste Λ ∈ (X × R)

∗ tale che sup (Λ (D)) ≤ inf (Λ (epi (f))). Siaβ ∈ [sup (Λ (D)) , inf (Λ (epi (f)))]. Poiché per l'Osservazione 428 ed il Teore-ma 80, per ogni t ∈ (t0, α) si ha Λ (x0, t) < Λ (x0, f (x0)), per la proposizioneprecedente Λ−1 (β) coincide con il graco di una funzione ane e continua a.Osservando la gura seguente è facile convincersi dell'esistenza di ε > 0 tale chea− ε soddis le proprietà desiderate.

t0

x0

.

.

f (x0)

X

R

epi (f)

D

V

α

aa− ε

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6.1 Disuguaglianza integrale di Jensen 90

Osservazione 291. Se nel lemma precedente lo spazio fosse T2, il punto (x0, t0)sarebbe chiuso e la tesi seguirebbe banalmente dal Teorema di Hahn-Banachtopologico.

Teorema 292 (Disuguaglianza integrale di Jensen). Siano C ⊂ Rd convesso,µ ∈ M1 (C) e f : C → (−∞,+∞] convessa ed inferiormente semicontinua. Seesiste il baricentro xµ :=

´Cxdµ (x), allora esiste l'integrale

´Cf dµ e

f

(ˆC

x dµ (x)

)≤ˆC

f (x) dµ (x) .

Dimostrazione. Per ipotesi e per la Proposizione 284, xµ ∈ C, dunque il membrodi sinistra è ben denito. Si dimostra l'esistenza dell'integrale a secondo membro(eventualmente innito). Per ipotesi f è inferiormente semicontinua, dunque perogni α ∈ R, f ≤ α è chiuso in C, pertanto f è BC-misurabile. Poiché se fossef ≡ +∞ la tesi sarebbe banalmente vericata, si supponga senza perdere ingeneralità che esista x0 ∈ dom (f). Per il lemma precedente esistono dunque` ∈ X∗ e β ∈ R tali che, denita a := `+ β, si abbia a|C < f . Per denizione dia, se gli integrali seguenti esistono, si ha

´Ca (x) dµ (x) =

´C` (x) dµ (x) + β.

Poiché xµ esiste, si ha ` ∈ L1 (µ), dunque anche a ∈ L1 (µ) e da f− ≤ a−|C seguef− ∈ L1 (µ). Pertanto l'integrale

´Cf dµ esiste. Poiché se fosse

´Cf dµ = +∞

la tesi sarebbe banalmente vericata, si supponga senza perdere in generalitàche´Cf dµ < +∞. Questo implica in particolare che f (xµ) < +∞, infatti se

valesse f (xµ) = +∞, si avrebbeˆC

f dµ =

ˆC\xµ

f dµ (x) +

ˆxµ

f dµ

=

ˆC\xµ

f+ dµ (x)︸ ︷︷ ︸≥0

−ˆC\xµ

f− dµ (x)︸ ︷︷ ︸∈R

+ f (xµ)︸ ︷︷ ︸=+∞

= +∞.

Poiché xµ ∈ dom (f), supponendo per assurdo t0 :=´Cf dµ < f (xµ) ed usando

di nuovo il lemma precedente, esistono l ∈ X∗ e γ ∈ R tali che, denita a′ :=l + γ, si abbia t0 < a′ (xµ) e a′|C < f . Allora

t0 =

ˆC

f dµ ≥ˆC

a′ dµ =

ˆC

l (x) dµ+ γ

= l

(ˆC

xdµ

)+ γ = a′ (xµ) > t0,

assurdo.

Osservazione 293 (Baricentro in dimensione innita). Vale più in generaleil seguente risultato, in cui il baricentro viene generalizzato con l'integrale diPettis. Si ricordi che per l'Esercizio 178, se l'integrale di Pettis esiste, è unico.

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6.2 Seconda disuguaglianza di Jensen 91

Fatto 294. Siano X uno spazio vettoriale topologico localmente convesso, C ⊂X convesso, µ ∈ M1 (C) e f : C → (−∞,+∞] convessa ed inferiormentesemicontinua. Si denoti con xµ l'integrale di Pettis dell'identità su C:

xµ := (P)

ˆC

xdµ (x) .

1. Se C è aperto o chiuso e xµ esiste, allora xµ ∈ C.

2. Se C è compatto, allora xµ esiste.

Osservazione 295. Si presenta ora una semplice ma interessante applicazionedella disuguaglianza di Jensen.

Corollario 296 (Disuguaglianza di Hermite-Hadamard). Sia f : [a, b] → Rconvessa e continua. Allora

f

(a+ b

2

)(1)

≤ 1

b− a

ˆ b

a

f (x) dx(2)

≤ 1

2f (a) +

1

2f (b) .

Dimostrazione. Si consideri la misura di Lebesgue normalizzata dµ := dxb−a .

Allora chiaramente µ ∈M1 ([a, b]) e

xµ =1

b− a

ˆ b

a

xdx =1

b− a1

2

(b2 − a2

)=a+ b

2.

La stima (1) segue quindi dalla disuguaglianza di Jensen. Per dimostrare ledisuguaglianza (2) è suciente osservare che

1

b− a

ˆ b

a

f (x) dx =

[x = a+ t (b− a)

dx = (b− a) dt

]=

ˆ 1

0

f (a+ t (b− a))︸ ︷︷ ︸=f((1−t)a+tb)

dt

≤ˆ 1

0

((1− t) f (a) + tf (b)) dt

= f (a)

ˆ 1

0

(1− t) dt︸ ︷︷ ︸=1/2

+f (b)

ˆ 1

0

tdt︸ ︷︷ ︸=1/2

.

6.2 Seconda disuguaglianza di Jensen

Denizione 297 (Immagine di una misura). Siano (Ω,Σ, µ) uno spazio di mi-sura, (X,B) uno spazio misurabile e g : Ω→ X una funzione (Σ− B)-misurabile,

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6.2 Seconda disuguaglianza di Jensen 92

ovvero tale che per ogni B ∈ B, si abbia g−1 (B) ∈ Σ. La funzione d'insieme

ν : B → [0,+∞] ,

B 7→ ν (B) := µ(g−1 (B)

)prende il nome di misura immagine di µ tramite g.

Osservazione 298. Si verica immediatamente che ν è una misura, che ν (X) =µ (Ω), che ν è di probabilità se e solo se µ lo è e che una ν è σ-nita se e solo seµ lo è.

Esercizio 299 (Teorema di cambiamento di variabili). Siano (Ω,Σ, µ) uno spa-zio di misura, (X,B) uno spazio misurabile, g : Ω → X una funzione (Σ− B)-misurabile e ν = µ g−1. Per ogni f : X → R (B − BR)-misurabile, l'integrale´Xf dν esiste se e solo se esiste

´Ωf g dµ e in tal caso si ha

ˆX

f dν =

ˆΩ

f g dµ.

Svolgimento. È un'applicazione diretta della macchina standard.

Teorema 300 (Seconda disuguaglianza di Jensen). Siano (Ω,Σ, µ) uno spaziodi probabilità, C ⊂ Rd convesso e g : Ω → Rd tale che g ∈ L1 (µ) e per µ-quasiogni t ∈ Ω, g (t) ∈ C. Sia inoltre f : C → (−∞,+∞] convessa ed inferiormentesemicontinua. Allora

1.´

Ωg dµ ∈ C;

2. esiste l'integrale´

Ωf g dµ;

3. vale la seguente maggiorazione, detta seconda disuguaglianza di Jensen

f

(ˆΩ

g dµ

)≤ˆ

Ω

f g dµ.

Dimostrazione. Si considerino lo spazio misurabile (C,BC) e l'immagine ν dellamisura µ tramite g.

1. Poiché il primo integrale esiste, dal teorema di cambiamento delle variabilisegue ˆ

Ω

g dµ =

ˆC

xdν (x).= xν ,

ovvero xν esiste, dunque dunque xν ∈ C.

2. Poiché esiste il baricentro xν , dalla disuguaglianza integrale di Jensensegue l'esistenza del primo integrale e dal teorema di cambiamento divariabili si ha l'esistenza del secondo e l'uguaglianza

ˆC

f dν =

ˆΩ

f g dµ.

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6.2 Seconda disuguaglianza di Jensen 93

3. Applicando il teorema di cambiamento delle variabili e la disuguaglianzadi Jensen , si ha

f

(ˆX

g dµ

)= f

(ˆX

x dν (x)

)≤ˆX

f dν =

ˆΩ

f g dµ.

Esempio 301 (Applicazioni delle disuguaglianze integrali di Jensen). Siano(Ω,Σ, µ) uno spazio di probabilità e g : Ω→ R, g ∈ L1 (µ). Allora

1. e´Ωg dµ ≤

ˆΩ

eg dµ;

2. per ogni p ∈ [1,+∞), ∣∣∣∣ˆΩ

g dµ

∣∣∣∣ ≤ (ˆΩ

|g|p dµ

)1/p

;

3. se g > 0,

log

(ˆΩ

g dµ

)≥ˆ

Ω

log (g) dµ.

Osservazione 302. Il secondo punto nell'esempio precedente è un caso parti-colare della disuguaglianza di Hölder. Vale la pena di menzionare che è possibiledimostrare la disuguaglianza di Hölder a partire dalla disuguaglianza di Jensenqui esposta.

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Capitolo 7

Funzioni convesse di unavariabile reale

Notazione 303 (I, f , E, Q). Durante l'intero capitolo, tranne che quandospecicato, si indicheranno con I ⊂ R un intervallo, con f : I → R una funzioneconvessa, con E il prodotto cartesiano di I con se stesso privato della diagonaleE := (I × I) \ (x, x) | x ∈ I e con Q la funzione rapporto incrementale

Q : E → R,

(x, y) 7→ Q (x, y) :=f (x)− f (y)

x− y.

7.1 Derivabilità

Osservazione 304 (Simmetria). Per ogni (x, y) ∈ E, si ha Q (x, y) = Q (y, x).

Lemma 305 (Monotonia dei rapporti incrementali). Per ogni x, y ∈ I, irapporti incrementali Q (x, ·) e Q (·, y) sono monotoni non decrescenti.

Dimostrazione (idea). Siano x, y, z ∈ I, x < y < z. Essendo f convessa, dallagura seguente è facile convincersi che Q (x, y) ≤ Q (x, z) ≤ Q (y, z).

.

.

.

x

f (x)

y

f (y)

z

f (z)

f

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7.1 Derivabilità 95

Denizione 306 (Derivata sinistra/destra). Siano J ⊂ R un intervallo aperto,x0 ∈ J e g : J → R. I limiti

g′− (x0) := limx→x−0

g (x)− g (x0)

x− x0e g′+ (x0) := lim

x→x+0

g (x)− g (x0)

x− x0

sono detti, rispettivamente, derivata sinistra e derivata destra di g in x0.

Denizione 307 (Funzione continua da sinistra/destra). Siano J ⊂ R unintervallo aperto, x0 ∈ J e g : J → R. Si dice che g è continua da sini-stra in x0 se limx→x−0

g (x) = g (x0) e che g è continua da destra in x0 selimx→x+

0g (x) = g (x0). Si dice che g è continua da sinistra (/destra) se per ogni

x ∈ J , g (x) è continua da sinistra (/destra).

Teorema 308. Sia I aperto. Allora

1. per ogni x ∈ I esistono f ′− (x) e f ′+ (x);

2. f è localmente lipschitziana;

3. per ogni a, b ∈ I, a ≤ b, f|[a,b] è lipschitziana;

4. per ogni x, y ∈ I, x ≤ y, si ha f ′− (x) ≤ f ′+ (x) ≤ f ′− (y) ≤ f ′+ (y);

5. f ′− e f ′+ sono monotone non decrescenti;

6. f ′+ è continua da destra e f ′− è continua da sinistra;

7. l'insieme Nf := x ∈ I | f non è derivabile in x è al più numerabile.

Dimostrazione.

1. Segue immediatamente dalla monotonia dei rapporti incrementali.

2. Segue direttamente dal Teorema 117 di pagina 36.

3. Segue immediatamente dal punto precedente e dalla compattezza degliintervalli chiusi e limitati.

4. Siano x, t, y ∈ I, x ≤ t ≤ y. Dalla monotonia dei rapporti incrementalisegue che le derivate sinistre/destre di f in x e y coincidono con gli estremisuperiori/inferiori di f in un intorno sinistro/destro di x e y. Dunque

f ′− (x) ≤ Q (t, x) ≤ Q (t, y) ≤ f ′+ (y) .

Dall'arbitrarietà di t segue la tesi.

5. Segue direttamente dal punto precedente.

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7.1 Derivabilità 96

6. Sia x0 ∈ I arbitrario. Per ogni x, y ∈ I con x0 < x < y, si ha f ′+ (x0) ≤f ′+ (x) ≤ Q (x, y). Dalla continuità di f segue inoltre che Q è continua,pertanto

f ′+ (x0) ≤ limx→x+

0

f ′+ (x) ≤ Q (x0, y) ≤ limy→x+

0

Q (x0, y) = f ′+ (x0) ,

dunque f ′+ è continua da destra. Procedendo analogamente si dimostrache f ′− è continua da sinistra.

7. Per denizione Nf =x ∈ I

∣∣ f ′− (x) < f ′+ (x). Ad ogni x ∈ Nf si può

dunque associare in modo biunivoco un intervallo Jx :=(f ′− (x) , f ′+ (x)

).

Per il punto 4. gli intervalli di questa famiglia sono a due a due disgiuntie una famiglia di intervalli aperti e disgiunti è al più numerabile (ogniintervallo contiene un numero razionale che non appartiene a nessun altrointervallo).

Esercizio 309. L'ultimo punto del teorema precedente non può essere migliora-to. Si dimostri che per ogni insieme al più numerabile E ⊂ I esiste una funzioneconvessa che non sia derivabile esattamente su E.

Corollario 310. Sia I aperto. Se f è derivabile, allora f ∈ C1 (I).

Dimostrazione. Per ogni x ∈ I, limy→x f′ (y) = f ′ (x) se e solo se limy→x− f

′ (y) =f ′ (x) e limy→x+ f ′ (y) = f ′ (x) ma poiché f è derivabile, f ′ = f ′+ = f ′−. Le tesisegue pertanto dalla continuità da destra di f ′+ e dalla continuità da sinistra dif ′−.

Corollario 311. Siano I aperto e x0 ∈ I, allora

1. f ′+ (x0) = limx→x+0f ′− (x) ,

2. f ′− (x0) = limx→x−0f ′+ (x) .

Dimostrazione.

1. Per il punto 4. del teorema precedente, per ogni x ∈ I, x0 ≤ x,

f ′+ (x0) ≤ f ′− (x) ≤ f ′+ (x) .

Essendo f ′+ è continua da destra, è suciente passare primo ed ultimomembbro al limite per x→ x+

0 e sfruttare il teorema dei due carabinieri.

2. Analogo al caso precedente.

Osservazione 312. Il seguente risultato è una versione particolare del teoremafondamentale del calcolo integrale.

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7.2 Subdierenziale (in R) 97

Corollario 313. Siano I aperto e a, b ∈ I. Allora, indicando con (L) l'integraledi Lebesgue e con (R) l'integrale di Riemann, si ha

f (b)− f (a)(1)= (L)

ˆ b

a

f ′ (x) dx(2)= (R)

ˆ b

a

f ′+ (x) dx(3)= (R)

ˆ b

a

f ′− (x) dx.

Dimostrazione. Essendo f lipschitziana su [a, b], f ∈ AC ([a, b]). L'uguaglianza(1) segue dunque dal teorema fondamentale del calcolo integrale per l'integraledi Lebesgue. Le identità (2) e (3) si dimostrano allo stesso modo. Poiché f ′ (èdenita e) coincide quasi ovunque con f ′±, si ha

(L)

ˆ b

a

f ′ (x) dx = (L)

ˆ b

a

f ′± (x) dx

ma essendo f ′± monotone e limitate, f ′± ∈ R ([a, b]), dunque l'integrale diLebesgue coincide con quello di Riemann.

Corollario 314. Siano X uno spazio vettoriale topologico, C ⊂ X convesso,g : C → (−∞,+∞] convessa e a, b ∈ C tali che [a, b] ⊂ dom (g). Allora g|[a,b] ècontinua.

Osservazione 315. Il lemma seguente garantisce una certa regolarità di fanche qualora I non sia aperto. Nonostante le funzioni convesse denite suintervalli non aperti possano avere dei salti sui punti di bordo, la semicontinuitàsuperiore viene sempre mantenuta.

Lemma 316. Se esistono a, b ∈ R tali che I = [a, b), I = (a, b] o I = [a, b], fè superiormente semicontinua.

Dimostrazione. Senza perdere in generalità, sia I = [a, b). Sia c ∈ I arbitrario.Poichè per ogni x ∈ C esiste t ∈ R tale che x = (1− t) a + tc, dalla convessitàdi f segue

lim supx→a+

f (x) = lim supt→0+

f ((1− t) a+ tc)︸ ︷︷ ︸≤(1−t)f(a)+tf(c)

≤ f (a) .

Per un analogo del Teorema 423 di pagina 127, f è pertanto superiormentesemicontinua.

7.2 Subdierenziale (in R)Osservazione 317 (Motivazioni). Se in un certo punto x0 ∈ I la funzione fha un punto angoloso, la derivata prima non è ben denita. In questo punto,invece di avere un unico iperpiano di supporto, si ha una famiglia di iperpianidi supporto per il graco di f . Per questo motivo si fornisce la denizione disubdierenziale che generalizza il concetto di derivata di una funzione.

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7.2 Subdierenziale (in R) 98

x0

f

.

Figura 7.2.1: In un punto angoloso esistono innite rette di supporto per ilgraco di f .

Denizione 318 (Subdierenziale). Sia x0 ∈ I. Si denisce subdierenziale dif in x0, l'insieme

∂f (x0) := m ∈ R | ∀x ∈ I, f (x) ≥ f (x0) +m (x− x0) .

Osservazione 319 (Curiosità). La denizione di subdierenziale si può esten-dere a funzioni denite in spazi di Banach. Al posto delle rette si utilizzano fun-zioni ani, ovvero traslazioni di elementi del duale. Grazie al teorema di Hahn-Banach è possibile dimostrare buona parte dei risultati che qui si presentanosoltanto nel caso reale.

Esercizio 320. Sia x0 ∈ I. Si verichi che ∂f (x0) =[f ′− (x0) , f ′+ (x0)

].

Osservazione 321. Poiché la derivata sinistra in un punto è sempre mag-giorata da quella destra, l'esercizio precedente aerma in particolare che ilsubdierenziale di una funzione convessa non è mai vuoto.

Denizione 322 (Funzione di selezione). Si dice che una funzione ϕ : I → R èuna (funzione di) selezione di ∂f se per ogni x ∈ I, ϕ (x) ∈ ∂f (x).

Proposizione 323. Sia x0 ∈ int (I). Le seguenti aermazioni sono equivalenti:

1. f è derivabile in x0;

2. Card (∂f (x0)) = 1;

3. esiste una selezione di ∂f continua in x0,

4. ogni selezione di ∂f è continua in x0.

Dimostrazione.

1.⇔ 2.) Segue direttamente dall'esercizio 320.

1.⇒ 4.) Sia ϕ : I → R un'arbitraria selezione di ∂f . Dall'Esercizio 320, per ognix ∈ I

f ′− (x) ≤ ϕ (x) ≤ f ′+ (x) .

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7.3 Derivabilità seconda 99

Per il Corollario 311 ed il teorema dei due carabinieri, facendo tenderex → x±0 nel primo e nell'ultimo membro, da f derivabile in x0 segue ϕcontinua in x0.

4.⇒ 3.) Banale.

3.⇒ 1.) Sia ϕ : I → R una selezione di ∂f continua in x0. Dall'Esercizio 320, perogni x ∈ I

f ′− (x) ≤ ϕ (x) ≤ f ′+ (x) .

Per il Corollario 311, dalla continuità di ϕ in x0 segue f ′− (x0) = ϕ (x0) =f ′+ (x0), dunque f è derivabile in x0.

Osservazione 324. Si noti che la proposizione precedente generalizza il Corol-lario 310.

7.3 Derivabilità seconda

Teorema 325. Siano I aperto, x0 ∈ I, ∆ ∈ R e D1 := x ∈ I | f è derivabile in x.Le seguenti aermazioni sono equivalenti:

1. x0 ∈ D1 e

limx→x0,x∈D1

f ′ (x)− f ′ (x0)

x− x0= ∆,

(i.e. f è derivabile in x0, f ′ : D1 → R è derivabile in x0 e (f ′)′(x0) = ∆);

2. f ′+ è derivabile in x0 e(f ′+)′

(x0) = ∆;

3. f ′− è derivabile in x0 e(f ′−)′

(x0) = ∆;

4. esiste una selezione ϕ di ∂f derivabile in x0, con ϕ′ (x0) = ∆;

5. per ogni ϕ selezione di ∂f , ϕ è derivabile in x0 e ϕ′ (x0) = ∆;

6. x0 ∈ D1 e vale la formula di Taylor arrestata al secondo ordine con il restodi Peano, ovvero, per h→ 0

f (x0 + h)− f (x0) = f ′ (x0)h+∆

2h2 + o

(h2).

Inoltre, se vale una qualunque delle precedenti proprietà, si ha ∆ ≥ 0.

Dimostrazione. Si noti per prima cosa che la condizione 2. implica l'ultimaaermazione. Lo schema della dimostrazione sarà il seguente:

1 =⇒ (2, 3) =⇒ 6 =⇒ 5 =⇒ 4 =⇒ 1.

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7.3 Derivabilità seconda 100

1.⇒ 2.) Per ogni h ∈ I−x0, sia ω (h) := f ′+ (x0 + h)−f ′+ (x0)−∆h. Si noti cheper ipotesi

limh→0,

h∈D1−x0

ω (h)

h= 0.

Per ogni h ∈ I − x0, h 6= 0, si ssino

s′h ∈(h− h2, h

)∩ (D1 − x0) e sh ∈

(h, h+ h2

)∩ (D1 − x0)

(si noti che sh e s′h esistono per ipotesi) e si noti che f ′+ (s′h) ≤ f ′+ (h) ≤f ′+ (sh). Allora, se h→ 0+,

ω (h)

h≤ ω (sh) + ∆ (sh − h)

h=ω (sh)

h+ ∆

(shh− 1)→ 0;

ω (h)

h≥ ω (s′h) + ∆ (s′h − h)

h=ω (s′h)

h+ ∆

(s′hh− 1

)→ 0.

Scrivendo le analoghe maggiorazioni e minorazioni per h → 0− (facendoattenzione ad invertire le disuguaglianze in quanto h < 0), si dimostrafacilmente la tesi.

1.⇒ 3.) Analoga al caso precedente.

2.⇒ 6.) Si denisca ω : I − x0 → R come sopra. Poiché per h→ 0, ω (h)→ 0 eω (0) = 0, la funzione ω è continua in 0. Inoltre, poiché somma di funzioniRiemann-integrabili, per ogni a, b ∈ I − x0 si ha ω ∈ R ([a, b]). Si notiinne che essendo derivabile in x0, f ′+ è continua in x0, dunque

f ′+ (x0) = limx→x+

o

f ′+ (x) = limx→x−o

f ′+ (x) = f ′− (x0) ,

pertanto anche f è derivabile in x0. Dal Corollario 313, per ogni h ∈I − x0,

f (x0 + h)− f (x0) = (R)

ˆ x0+h

x0

f ′+ (x) dx

[x = x0 + t]

= (R)

ˆ h

0

f ′+ (x0 + t) dt

[per denizione di ω]

= (R)

ˆ h

0

[f ′ (x0) + ∆t+ ω (t)] dt

= f ′ (x0)h+∆

2h2 + (R)

ˆ h

0

ω (t) dt.

Rimane allora soltanto da dimostrare che per h → 0, (R)´ h

0ω (t) dt =

o(h2). Per il Teorema di de L'Hôpital ed il Teorema fondamentale del

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7.3 Derivabilità seconda 101

calcolo integrale (per l'integrale di Riemann), si ha

limh→0

(R)´ h

0ω (t) dt

h2= limh→0

ω (h)

2h= 0.

3.⇒ 6.) Analoga al caso precedente.

6.⇒ 5.) Senza perdere in generalità si possono supporre f (x0) = 0 e f ′ (x0) = 0,infatti una verica diretta dimostra che f è sviluppabile al secondo ordinese e solo se lo è la funzione x 7→ f (x)−[f (x0) + f ′ (x0) (x− x0)]. Pertanto,se h → 0, f (x0 + h) = ∆

2 h2 + o

(h2). Sia dunque ϕ una selezione di ∂f ,

allora ϕ (x0) = f ′ (x0) = 0. Per ogni ε ∈ (0, 1) si ha quindi

lim suph→0+

ϕ (x0 + h)−=0︷ ︸︸ ︷

ϕ (x0)

h≤ lim sup

h→0+

f ′+ (x0 + h)

h

≤ lim suph→0+

Q (x0 + h, x0 + h+ εh)

h

= lim suph→0+

f (x0 + h+ εh)− f (x0 + h)

εh2

= lim suph→0+

∆ (2 + ε)

2+ o (1) =

∆ (2 + ε)

2.

Analogamente si dimostra che per ogni ε ∈ (0, 1),

lim infh→0+

ϕ (x0 + h)− ϕ (x0)

h≥ ∆ (2− ε)

2,

da cui si deduce ϕ′+ (x0) = ∆. Procedendo nello stesso modo si concludeche anche ϕ′− (x0) = ∆, da cui la tesi.

5.⇒ 4.) Banale.

4.⇒ 1.) Per ogni x ∈ D1, si ha necessariamente ϕ (x) = f ′ (x) = f ′+ (x) = f ′− (x).Essendo ϕ continua in x0 e D1 denso in I, si ha la tesi.

Osservazione 326. È sempre vero che se una funzione è due volte derivabile,vale 6. Tuttavia, se una funzione è derivabile (una volta) e vale 6, non è vero(in generale) che f sia due volte derivabile (vedi esempio successivo). Il teoremaprecedente aerma che se f è convessa, vale anche questo viceversa.

Esempio 327. Sia g : R→ R denita per ogni x ∈ R da

g (x) :=

x3 sin

(1x

), x 6= 0,

0, 0.

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7.3 Derivabilità seconda 102

Un calcolo esplicito mostra che g è derivabile ovunque e che la formula di Tay-lor arrestata al secondo ordine con resto secondo Peano vale per ogni x ∈ R.Tuttavia, una verica esplicita mostra che g non è due volte derivabile in 0.

Denizione 328 (Funzione avente derivata seconda). Siano I aperto, x0 ∈ Ie ∆ ≥ 0. Si dice che f ha derivata seconda ∆ in x0 e si scrive f ′′ (x0) = ∆ sevale una qualunque delle proprietà equivalenti del Teorema 325.

Osservazione 329. Avere derivata seconda è una richiesta più debole di esseredue volte derivabile nel senso dell'analisi classica. Non si richiede infatti l'esi-stenza di un intorno in cui in tutti i punti la funzione sia due volte derivabile.La funzione potrebbe addirittura non essere nemmeno derivabile una volta inalcun intorno!

Corollario 330. Ogni funzione convessa ha derivata seconda in quasi ognipunto del proprio intervallo di denizione (rispetto alla misura di Lebesgue).

Dimostrazione. È suciente ricordare che f ′+ è monotona, dunque, per un notorisultato di analisi reale, è quasi ovunque derivabile (rispetto alla misura diLebesgue).

Corollario 331. Ogni funzione convessa ha quasi ovunque (rispetto alla misuradi Lebesgue) uno sviluppo di Taylor al secondo ordine con resto secondo Peano.

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Capitolo 8

Dierenziabilità di funzioniconvesse in spazi normati

8.1 Gâteaux e Fréchet-dierenziabilità

Denizione 332 (Funzione Gâteaux-dierenziabile). Siano X ed Y due spa-zi normati, A ⊂ X aperto, a ∈ A e F : A → Y . Si dice che F è Gâteaux-dierenzibile (o G-dierenzibile, o dierenziabile secondo Gâteaux ) in a se l'o-peratore

F ′ (a, ·) : X → Y,

v 7→ F ′ (a, v) := limt→0

F (a+ tv)− F (a)

t,

detto dierenziale (o derivata) di Gâteaux di f in a, è ben denito, lineare econtinuo.

Osservazione 333. In altre parole, una funzione è G-dierenziabile in un puntonon solo se ivi esistono tutte le derivate direzionali ma se c'è una dipendenzalineare e continua tra una direzione e la rispettiva derivata direzionale.

Esercizio 334. Siano X ed Y due spazi normati, A ⊂ X aperto, a ∈ A eF : A → Y . Si dimostri che F è G-dierenziabile in a se e solo se esiste unoperatore lineare e continuo T : X → Y tale che, per ogni v ∈ X con ‖v‖ = 1,se t→ 0, si abbia

F (a+ tv) = F (a) + tTv + o (t) ,

ovvero se F si possa approssimare localmente (ma non in modo uniforme, soloretta per retta) con una funzione ane (chiaramente T = F ′ (a, ·)).

Esempio 335 (G-dierenziabile ; continua). La nozione di G-dierenziabilitàè molto debole. Una funzione G-dierenziabile in un punto non è infatti (in

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8.1 Gâteaux e Fréchet-dierenziabilità 104

generale) nemmeno continua in quel punto. La seguente funzione, ad esempio,è G-dierenziabile ma discontinua nell'origine:

(x, y) 7→

x4yx6+y3 , (x, y) ∈ R2 \ (0, 1) ,

0 (x, y) = (0, 0) .

Si introduce allora il concetto di Fréchet-dierenziabilità, in cui la l'approssi-mazione retta per retta nella G-dierenziabilità viene sostituita da un'approssi-mazione uniforme.

Denizione 336 (Funzione Fréchet-dierenziabile). Siano X ed Y due spazinormati, A ⊂ X aperto, a ∈ A e F : A→ Y . Si dice che F è Fréchet-dierenzibile(o F-dierenzibile, o dierenziabile secondo Fréchet) in a se esiste un operatorelineare e continuo F ′ (a) : X → Y , detto dierenziale (o derivata) di Fréchet dif in a, tale che, per h→ 0

F (a+ h) = F (a) + F ′ (a)h+ o (‖h‖) .

Osservazione 337 (Gâteaux vs Fréchet). Una funzione F-dierenziabile è chia-ramente anche G-dierenziabile, con F ′ (a, ·) = F ′ (a) ma non vale (in generale)il viceversa (ad esempio, la funzione nell'Esercizio 334 è G-dierenziabile ma nonF-dierenziabile). È altrettanto chiaro che se una funzione è G-dierenziabile eil limite nella denizione di F ′ (a, ·) vale in modo uniforme (anche solo rispettoai versori della sfera unitaria), la funzione è anche F-dierenziabile.

Osservazione 338. Se F ha valori reali è chiaro che F ′ (a, ·) , F ′ (a) ∈ X∗ aseconda che sia G o F-dierenziabile.

Lemma 339. Siano A ⊂ Rd aperto, Y uno spazio normato, F : A→ Y , a ∈ A,U ∈ U (a) e L > 0. Se F è L-lipschitziana in U , allora F è F-dierenziabile ina se e solo se F è G-dierenziabile in a.

Dimostrazione. Se F è F-dierenziabile in a, è anche G-dierenziabile in a conF ′ (a, ·) = F ′ (a). Viceversa, si supponga che F sia G-dierenziabile ma nonF-dierenzabile in a e si ponga F ′ (a) := F ′ (a, ·). Allora esiste una successionehnn∈N ⊂ Rd \ 0 tale che a+ hnn∈N ⊂ A, limn→+∞ ‖hn‖ = 0 e pern→ +∞

yn :=F (a+ hn)− F (a)− F ′ (a)hn

‖hn‖9 0.

Per ogni n ∈ N, detti tn := ‖hn‖ e vn := hn/ ‖hn‖, si ha hn = tnvn, ‖vn‖ = 1e tn → 0. Per la compattezza della bolla unitaria esiste una sottosuccessioneconvergente di vnn∈N. Senza perdere in generalità, si supponga che la stessa

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8.1 Gâteaux e Fréchet-dierenziabilità 105

vnn∈N converga ad un certo v0 ∈ Rd con ‖v0‖ = 1. Per n→ +∞ si ha dunque

‖yn‖ =

∥∥∥∥F (a+ tnvn)− F (a)

tn− F ′ (a) vn

∥∥∥∥=

∥∥∥∥F (a+ tnvn)− F (a)

tn− F ′ (a) vn ±

F (a+ tnv0)

tn± F ′ (a) v0

∥∥∥∥≤

∥∥∥∥F (a+ tnv0)− F (a)

tn− F ′ (a) v0

∥∥∥∥︸ ︷︷ ︸=o(1)

+

∥∥∥∥F (a+ tnvn)− F (a+ tnv0)

tn

∥∥∥∥︸ ︷︷ ︸=o(1)

+ ‖F ′ (a) (vn − v0)‖︸ ︷︷ ︸=o(1)

.

Corollario 340. Siano A ⊂ Rd un aperto convesso, a ∈ A e F : A → Rconvessa, allora

f è F-dierenziabile in a ⇐⇒ f è G-dierenziabile in a.

Dimostrazione. Segue immediatamente dalla locale lipschitzianità delle funzioniconvesse.

Lemma 341 (Funzioni sublineari). Siano X uno spazio vettoriale e p : X → Rsublineare. Allora

1. per ogni v ∈ X, −p (−v) ≤ p (v);

2. l'insieme V := v ∈ X | −p (−v) = p (v) è un sottospazio vettoriale di Xe p|V è lineare.

Dimostrazione.

1. Dalla sublinearità di p, per ogni v ∈ X si ha

0 = p (0) = p (v − v) ≤ p (v) + p (−v) .

2. Poichè p (0) = 0, 0 ∈ V . Siano v ∈ V e λ ∈ R \ 0. Per la positivaomogeneità e poiché v ∈ V , se λ > 0

−p (−λv) = −λp (−v) = λp (v) = p (λv)

e se λ < 0−p (−λv) = λp (v) = −λp (−v) = p (λv) ,

dunque λv ∈ V e p|V è omogenea. Se u ∈ V , per la subadditività, poichéu, v ∈ V e per il punto precedente

p (u+ v) ≤ p (u) + p (v) = − (p (−u) + p (−v)) ≤ −p (− (u+ v))

≤ p (u+ v)

dunque u+ v ∈ V e p|V è additiva.

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8.1 Gâteaux e Fréchet-dierenziabilità 106

Denizione 342 (Derivata direzionale sinistra e destra). Siano X uno spazionormato, A ⊂ X aperto e convesso, a ∈ A e f : A→ R convessa e continua. Ledue funzioni f ′− (a, ·) e f ′+ (a, ·) denite da

f ′± (a, ·) : X → R,

v 7→ f ′± (a, v) := limt→0±

f (a+ tv)− f (a)

t

sono dette, rispettivamente, derivata (direzionale) sinistra e derivata (direzio-nale) destra di f in a. Per ogni v ∈ X si dice che f ′± (a, v) è la derivata(direzionale) destra/sinistra di f in a nella direzione v.

Osservazione 343. Per il Teorema 308 le semiderivate direzionali sono bendenite.

Esercizio 344. Siano X uno spazio normato, A ⊂ X aperto e convesso, a ∈ A,v ∈ X e f : A→ R convessa e continua. Si dimosti che

1. f ′− (a, v) = −f ′+ (a,−v);

2. esiste f ′ (a, v) := limt→0f(a+tv)−f(a)

t se e solo se f ′+ (a, v) = −f ′+ (a,−v);

3. f ′+ (a, 0) = 0;

4. per ogni λ > 0, f ′+ (a, λv) = λf ′+ (a, v);

5. f ′+ (a, ·) è sublineare.

Svolgimento.

1. Segue immediatamente dalla denizione.

2. Segue immediatamente dal punto precedente.

3. Segue immediatamente dalla denizione.

4. Segue immediatamente dalla denizione.

5. Essendo positivamente omogenea per i due punti precedenti, è sucientedimostrare che f ′+ (a, ·) è convessa. Per ogni u, v ∈ X e per ogni λ ∈ (0, 1)si ha

f ′+ (a, (1− λ)u+ λv)

= limt→0+

=f((1−λ)(a+tu)+λ(a+tv))︷ ︸︸ ︷f (a+ t [(1− λ)u+ λv])−

=(1−λ)f(a)+λf(a)︷ ︸︸ ︷f (a)

t

≤ limt→0+

(1− λ) [f (a+ tu)− f (a)] + λ [f (a+ tv)− f (a)]

t

= (1− λ) f ′+ (a, u) + λf ′+ (a, v) .

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8.1 Gâteaux e Fréchet-dierenziabilità 107

Proposizione 345. Siano X uno spazio normato, A ⊂ X aperto e convesso,a ∈ A e f : A→ R convessa e continua. Allora f ′+ (a, ·) è lipschitziana.

Dimostrazione. Segue facilmente dal fatto che f è localmente lipschitziana.

Corollario 346. Siano X uno spazio normato, A ⊂ X aperto e convesso, a ∈ Ae f : A→ R convessa e continua. Le seguenti aermazioni sono equivalenti:

1. f è G-dierenziabile in a;

2. per ogni v ∈ X, esiste nita f ′ (a, v);

3. esiste B ⊂ X tale che span (B) = X e per ogni v ∈ B esista nita f ′ (a, v).

Dimostrazione. Le implicazioni 1. ⇒ 2. ⇒ 3. sono ovvie. Si supponga cheesista B ⊂ X tale che span (B) = X e per ogni v ∈ B esista nita f ′ (a, v).Si consideri V :=

v ∈ X

∣∣ f ′+ (a, v) = f ′− (a, v). Chiaramente V ⊃ B. Per il

lemma sulle funzioni sublineari, l'insieme V è un sottospazio vettoriale di X.Inoltre, essendo f ′+ (a, ·) continua, V è chiuso. Allora V = X e per il lemmasulle funzioni sublineari f ′ (a, ·) = f ′+ (a, ·) è lineare e continua.

Corollario 347 (Utilissimo). Siano X = Rd, a ∈ X e f : X → R convessa. Leseguenti aermazioni sono equivalenti:

1. f è F-dierenziabile in a;

2. f è G-dierenziabile in a;

3. per ogni i ∈ 1, . . . , d esiste nita la derivata parziale ∂f∂xi

(a).

Dimostrazione. Segue immediatamente dal corollario precedente e dal Corolla-rio 340.

Osservazione 348. Il risultato precedente aerma che per funzioni convessedenite in Rd l'esistenza delle derivate parziali equivale alla dierenziabilità.

Esempio 349 (In dimensione innita Gâteaux 6= Fréchet). Siano

X := `1 =

x := (x (n))n∈N ⊂ R

∣∣∣∣∣ ‖x‖ :=

+∞∑n=1

|x (n)| < +∞

e f := ‖·‖. Sia B := ek | k ∈ N la base canonica di Schauder di `1, data

per ogni k ∈ N da ek = (0, . . . , 0,k1, 0, . . .). Chiaramente span (B) = `1. Per

il Corollario 346, f è G-dierenziabile in a se e solo se per ogni k ∈ N esistef ′ (a, ek) e dalle denizioni di f , di norma di `1 e di derivata direzionale questovale se e solo se per ogni k ∈ N, a (k) 6= 0. La funzione f è pertanto G-dierenziabile in tutti i punti aventi coordinate non nulle. Si dimostra ora chef non è mai F-dierenziabile. Senza perdere in generalità, sia a ∈ `1 avente

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8.2 Subdierenziale 108

coordinate non nulle (altrimenti non f non sarebbe neanche G-dierenziabile ina). Poiché la derivata di Gâteaux è un operatore lineare e continuo, per ogniv := (v (k))k∈N ∈ X si ha

f ′ (a, v) = f ′

(a,

(+∞∑k=1

v (k) ek

))

=

+∞∑k=1

v (k) f ′ (a, ek)

=

+∞∑k=1

v (k) sign (a (k)) .

Per vericare che questo dierenziale di Gâteaux non sia di Fréchet si consideriper ogni n ∈ N il vettore vn := −2a (n) en. Poiché limn→+∞ ‖vn‖ = 0, se ffosse F-dierenziabile in a, dovrebbe tendere a zero anche il limite

limn→+∞

f (a+ vn)− f (a)−∑+∞k=1 vn (k) sign (a (k))

‖vn‖

= limn→+∞

=0︷ ︸︸ ︷|a (n)− 2a (n)| − |a (n)|+

=2|a(n)|︷ ︸︸ ︷2a (n) sign (a (n))

2 |a (n)|= 1,

dunque f non è F-dierenziabile in a.

Fatto 350. In ogni spazio innito-dimensionale esiste una funzione G-dieren-ziabile ma non F-dierenziabile in un punto.

8.2 Subdierenziale

Notazione 351 (X, A, a, f). Durante l'intera sezione, tranne che quandospecicato, si indicheranno con X uno spazio normato, con A ⊂ X un apertoconvesso, con f : A→ R una funzione convessa e continua e si sserà un puntoa ∈ A.Denizione 352 (Subdierenziale e subgradienti). Si denisce subdierenzialedi f in a il sottoinsieme del duale

∂f (a) := ϕ ∈ X∗ | ∀x ∈ A, f (x) ≥ f (a) + ϕ (x− a) .

Gli elementi di ∂f (a) prendono il nome di subgradienti di f in a e la mappax0 7→ ∂f (x0) prende il nome di mappa subdierenziale di f .

Osservazione 353. Il signicato geometrico del subdierenziale è lo stessovisto in R. Si è solo aggiunta nella denizione la continuità delle mappe anidi supporto (che è automatica in spazi nito-dimensionali). Il subdierenzialeè una nozione locale, è suciente cioè che la sua proprietà sia soddisfatta inun intorno del punto interessato. Si consideri la seguente denizione locale disubdierenziale.

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8.2 Subdierenziale 109

Denizione 354 (Subdierenziale). Sia r > 0 tale che Br (a) ⊂ A. Si deniscesubdierenziale di f in un intorno Br (a) di a il sottoinsieme del duale

∂f (a)r := ϕ ∈ X∗ | ∀x ∈ Br (a) , f (x) ≥ f (a) + ϕ (x− a) .

Proposizione 355. Per ogni r > 0 tale che Br (a) ⊂ A, si ha ∂f (a) = ∂f (a)r.

Dimostrazione. Sia r > 0 tale che Br (a) ⊂ A. Chiaramente ∂f (a) ⊂ ∂f (a)r.Viceversa, sia ϕ ∈ ∂f (a)r. Fissando arbitrariamente x ∈ A, esiste λ ∈ (0, 1)tale che (1− λ) a+ λx =: z ∈ Br (a). Allora

f (a) + ϕ (z − a)︸ ︷︷ ︸=λ(x−a)

≤ f (z) = f ((1− λ) a+ λx) ≤ (1− λ) f (a) + λf (x) .

Sottraendo f (a) a primo ed ultimo membro e dividendo per λ si ha la tesi.

Osservazione 356. La proposizione precedente conferma la natura locale delsubdierenziale. Funzioni convesse (anche molto) diverse tra loro ma coincidentiin un intorno di un punto hanno lo stesso subdierenziale in quel punto.

Lemma 357. Siano v ∈ X e m ∈ R tali che f ′− (a, v) ≤ m ≤ f ′+ (a, v). Alloraesiste ϕ ∈ ∂f (a) tale che ϕ (v) = m.

Dimostrazione. Siano L := a + Rv e h : L → R denita per ogni t ∈ R dah (a+ tv) := f (a) +mt. Per ipotesi h|A∩L ≤ f|A∩L . Detto C := epi (f), poichéf è convessa e continua su un aperto, l'insieme C è convesso e int (C) 6= ∅.Detto D il graco di h, poiché (a, f (a)) ∈ C ∩ D e D ∩ int (C) = ∅, per ilTeorema di Hahn-Banach topologico esiste un iperpiano H ⊂ X × R separanteC e D. Si noti che H non può essere verticale1 (perché separa tutta una bollacontenuta nell'epigraco di f) e che H è chiuso (perché non è denso, infattiogni iperpiano è il traslato del nucleo di una mappa lineare, che è continua see solo se il suo nucleo non è denso). Per la Proposizione 289, H è il graco diuna funzione ane e continua h : X → R tale che h (a) = f (a), dunque esisteϕ ∈ X∗ tale che, per ogni x ∈ X, h (x) = f (a)+ϕ (x− a). Poiché h|A∩L ≤ f|A∩Le H separa C e D, si ha f ≥ h|A , dunque ϕ ∈ ∂f (a). Sfruttando di nuovo ilfatto che H separa C e D, per ogni t ∈ R si ha2

f (a) + tm.= h (a+ tv) ≤ h (a+ tv)

.= f (a) + tϕ (v) ,

da cui, sottrendo f (a) a primo ed ultimo membro e valutando in t = 1, si ottieneϕ (v) = m.

Osservazione 358. Geometricamente, il lemma precedente aerma che siasempre possibile estendere una retta di supporto (per l'epigraco di una funzioneconvessa) ad un iperpiano di supporto.

1Ovvero della forma x0 × R, con x0 ∈ X.2Il signicato geometrico di ciò che segue è semplicemente questo: due funzioni ani tali

che una maggiori l'altra non possono essere sghembe, devono essere parallele, altrimenti primao poi si intersecherebbero in un punto e dopo quel punto la maggiorazione si invertirebbe.

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8.2 Subdierenziale 110

epi (f)

H

graph (h).

(a, f (a))

Figura 8.2.1: Si fa riferimento alle notazioni utilizzate nella dimostrazioneprecedente. Il graco di h è indicato con graph (h).

Corollario 359. ∂f (a) 6= ∅.

Dimostrazione. Segue immediatamente dal Lemma 357.

Osservazione 360. Il risultato seguente generalizza il fatto che una funzionereale derivabile denita su un aperto di R è L-lipschitziana se e solo il modulodella derivata è minore o uguale ad L.

Proposizione 361. Sia L > 0. Allora f è L-lipschitziana su A se e solo se∂f (A) ⊂ BL (0).

Dimostrazione.

⇒) Siano ϕ ∈ ∂f (a). Per ogni r > 0 tale che Br (a) ⊂ A, per denizione disubdierenziale,

‖ϕ‖X∗ =1

rsupu∈X,‖u‖=1

(ϕ (ru)) =1

rsupu∈X,‖u‖=r

(ϕ (u))

[u = (u+ a)− a]

≤ 1

rsupu∈X,‖u‖=r

(f (a+ u)− f (a))︸ ︷︷ ︸≤L‖u‖

≤ L.

⇐) Siano x, y ∈ A con x 6= y, ϕ ∈ ∂f (x) e ψ ∈ ∂f (y). Per ogni z ∈ A, perdenizione di subdierenziale

f (x)− f (z) ≤ ϕ (x− z) ,f (y)− f (z) ≤ ψ (y − z) .

Allora

f (x)− f (y) ≤ ϕ (x− y) ≤ ‖ϕ‖︸︷︷︸≤L

‖x− y‖ ≤ L ‖x− y‖ ,

f (y)− f (x) ≤ ψ (y − z) ≤ ‖ψ‖︸︷︷︸≤L

‖x− y‖ ≤ L ‖x− y‖ .

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8.2 Subdierenziale 111

Corollario 362. Per ogni a ∈ A esiste r > 0 tale che l'insieme ∂f (Br (a)) sialimitato in X∗.

Dimostrazione. Segue immediatamente dalla localmente lipschitzianità delle fun-zioni convesse.

Osservazione 363. Per brevità il corollario precedente si enuncia spesso di-cendo che ∂f è localmente limitata su A.

Proposizione 364. ∂f (a) è convesso e w∗-compatto.

Dimostrazione. Per denizione,

∂f (a) =⋂x∈Aϕ ∈ X∗ | ϕ (x− a) ≤ f (x)− f (a)

=⋂x∈Aϕ ∈ X∗ | [J (x− a)] (ϕ) ≤ f (x)− f (a)

dunque ∂f (a) è l'intersezione di semispazi (quindi convessi) w∗-chiusi, pertan-to ∂f (a) è convesso e w∗-chiuso. Poiché per il corollario precedente ∂f (a) èlimitato e le bolle nel duale sono w∗-compatte, si ha la tesi.

Proposizione 365. ∂f (a) =ϕ ∈ X∗

∣∣∀v ∈ X, ϕ (v) ≤ f ′+ (a, v).

Dimostrazione. Sia C il membro di destra. Se ϕ ∈ ∂f (a), per ogni v ∈ X e perogni t > 0 tale che a+tv ∈ A, si ha tϕ (v) = ϕ ((a+ tv)− a) ≤ f (a+ tv)−f (a),da cui

ϕ (v) ≤ inft>0

(f (a+ tv)− f (a)

t

)= f ′+ (a, v) ,

dunque ϕ ∈ C. Viceversa, se ϕ ∈ C, per ogni x ∈ A si ha

ϕ (x− a) ≤ f ′+ (a, (x− a)) = inft>0

(f (a+ t (x− a))− f (a)

t

)[t=1]

≤ f (x)− f (a) .

dunque ϕ ∈ ∂f (a).

Esercizio 366. ∂f (a) ⊂ϕ ∈ X∗

∣∣∀v ∈ X, ϕ (v) ≥ f ′− (a, v).

Svolgimento. Si procede come nella proposizione precedente. Sia C il membrodi destra. Se ϕ ∈ ∂f (a), per ogni v ∈ X e per ogni t < 0 tale che a+ tv ∈ A, siha tϕ (v) = ϕ ((a+ tv)− a) ≤ f (a+ tv)− f (a), da cui

ϕ (v) ≥ supt<0

(f (a+ tv)− f (a)

t

)= f ′− (a, v) ,

dunque ϕ ∈ C.

Corollario 367. ∂f (a) =ϕ ∈ X∗

∣∣ f ′− (a, ·) ≤ ϕ ≤ f ′+ (a, ·).

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8.2 Subdierenziale 112

Dimostrazione. Segue direttamente dalla Proposizione 365 e dall'Esercizio 366.

Osservazione 368 (Informalmente). Geometricamente il corollario preceden-te aerma che toccare da sotto con un iperpiano il graco di una funzioneconvessa equivale a toccare da sotto con un iperpiano il cono tangente datodalle derivate direzionali.

.

Proposizione 369. Per ogni v ∈ X,

f ′+ (a, v) = max ϕ (v) |ϕ ∈ ∂f (a) e f ′− (a, v) = min ϕ (v) |ϕ ∈ ∂f (a) .

Dimostrazione. Sia v ∈ X. Detto M := sup ϕ (v) |ϕ ∈ ∂f (a) ∈ (−∞,+∞],per il risultato precedente f ′+ (a, v) ≥M , (in particolare, dunque, M ∈ R). Ap-plicando il Lemma 357 con m := f ′+ (a, v) si ottiene l'esistenza di ϕ ∈ ∂f (a) taleche ϕ (v) = f ′+ (a, v), pertanto le disuguaglianze f ′ (a, v) ≥M ≥ ϕ (v) = f ′ (a, v)sono uguaglianze ed il massimo viene assunto (in ϕ). Procedendo in modocompletamente analogo si dimostra che f ′− (a, v) = min ϕ (v) |ϕ ∈ ∂f (a).

Denizione 370 (Operatore monotono). Sia E ⊂ X. Un operatore multivocoT : E → 2X

∗si dice monotono se per ogni x, y ∈ E, per ogni ϕ ∈ T (x) e per

ogni ψ ∈ T (y), si ha (ϕ− ψ) (x− y) ≥ 0.

Osservazione 371. Per un operatore univoco T : E ⊂ R→ R (= R∗) la deni-zione precedente si riduce all'usuale monotonia. Il risultato seguente generalizzadunque il fatto che su R la derivata di una funzione convessa derivabile sia mo-notona non decrescente. Infatti per f : R→ R aermare che per ogni x, y ∈ R,(f ′ (x)− f ′ (y)) (x− y) ≥ 0 equivale ad aermare che le dierenze nella formulaabbiano lo stesso segno.

Proposizione 372 (Monotonia di ∂f). La mappa subdierenziale ∂f : A→ 2X∗

è un operatore monotono.

Dimostrazione. Siano x, y ∈ A, ϕ ∈ ∂f (x) e ψ ∈ ∂f (y). Per denizione disubdierenziale

f (x)− f (y) ≤ ϕ (x− y) ,

f (y)− f (x) ≤ ψ (y − x) .

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8.2 Subdierenziale 113

Sommando membro a membro la prime e la seconda disuguaglianza si ha latesi.

Corollario 373. f è G-dierenziabile in a se e solo se Card (∂f (a)) = 1.

Dimostrazione.

⇐) Per ipotesi f ′+ (a, ·) = f ′− (a, ·) ma per il Corollario 346 questo equivalealla G-dierenziabilità di f in a.

⇒) Si dimostra la contronominale. Se Card (∂f (a)) > 1, esiste v ∈ X taleche f ′− (a, v) < f ′+ (a, v), dunque f non è G-dierenziabile in a.

Denizione 374 (Funzione multivoca semicontinua). Siano (T, τ), (S, σ) duespazi topologici e g : T → 2S . Si dice che

• g è (τ − σ)-superiormente semicontinua se per ogni x ∈ T e per ogniW ⊂ S tale che W è σ-aperto e g (x) ⊂ W esiste U ∈ U (x) tale cheg (U) ⊂W ;

• g è (τ − σ)-inferiormente semicontinua se per ogni x ∈ T e per ogniW ⊂ S tale che W è σ-aperto e g (x) ⊂ W esiste U ∈ U (x) tale cheg (U) ∩W 6= ∅.

Osservazione 375. Per funzioni univoche la semicontinuità superiore equivalealla continuità.

Teorema 376. La mappa subdierenziale ∂f : A→ 2X∗è (‖·‖ − w∗)-superior-

mente semicontinua.

Dimostrazione. Si supponga per assurdo l'esistenza di a ∈ A e di W ⊂ X∗

insieme w∗-aperto e contenente ∂f (a) tali che per ogni r > 0 esista x ∈ Br (a)tale che ∂f (x) 6⊂ W . Allora esiste una successione xnn∈N ⊂ A tale che

xn‖·‖→ a e per ogni n ∈ N esiste ϕn ∈ ∂f (xn) \W . Per il Corollario 362, la

successione ϕnn∈N è limitata in X∗. Poiché le bolle chiuse nei duali sonow∗-compatte, esistono una sottorete (ϕnα)α∈I di ϕnn∈N e un elemento ϕ0 ∈X∗ \W tali che ϕnα

w∗→ ϕ0 (infatti ϕnn∈N ⊂ X∗ \W , che è w∗-chiuso). Perprovare la contraddizione si dimostrerà che ϕ0 ∈ W . Applicando la denizionedi subdierenziale, per ogni y ∈ A, per ogni n ∈ N e per ogni α ∈ I si ottiene

f (y) ≥ f (xnα) + ϕnα (y − xnα) .

Applicando la Proposizione 487 di pagina 141 è possibile passare al limite nelladisuguaglianza precedente, ottenendo, per ogni y ∈ A, f (y) ≥ f (a)+ϕ0 (y − a),da cui ϕ0 ∈ ∂f (a) ⊂W . Assurdo.

Corollario 377. Se f è G-dierenziabile in a con f ′ (a, ·) = ϕ, xnn∈N ⊂ A

con xn‖·‖→ a e per ogni n ∈ N, ϕn ∈ ∂f (xn), allora ϕn

w∗→ ϕ.

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8.2 Subdierenziale 114

Osservazione 378. Il corollario precedente mostra una sorta di continuità dellamappa dierenziale.

Esercizio 379. Si dimostri il corollario precedente.

Svolgimento. Sia W ∈ U (ϕ) un intorno w∗-aperto. Si vuole dimostrare cheϕnn∈N è denitivametne contenuta in W . Dalla semicontinuità superiore del-la mappa dierenziale segue l'esistenza di r > 0 tale che ∂f (Br (a)) ⊂W . Poi-ché xnn∈N è denitivamente contenuta in Br (a), ϕnn∈N è denitivamentecontenuta in ∂f (Br (a)), a sua volta incluso in W .

Denizione 380 (Oscillazione). Si denisce oscillazione di f in a il numeroreale non negativo

osc (f, a) := infδ>0

(diam (∂f (Bδ (a)))) .

Esercizio 381. Si dimostri che osc (f, a) < +∞ e che

infδ>0

(diam (∂f (Bδ (a)))) = limδ→0+

(diam (∂f (Bδ (a)))) .

Teorema 382 (Caratterizzazione della F-dierenziabilità). Le seguenti aer-mazioni sono equivalenti:

1. f è F-dierenziabile in a;

2. esiste ϕ ∈ X∗ tale che ∂f (a) = ϕ e vale l'implicazione[xnn∈N ⊂ A, xn

‖·‖→ a, ∀n ∈ N, ϕn ∈ ∂f (xn) =⇒ ϕn‖·‖∗→ ϕ

];

3. osc (f, a) = 0.

Dimostrazione. Per la dimostrazione di 2.⇔ 3. si veda l'esercizio successivo.

2.⇒ 1.) Sia hnn∈N ⊂ X \ 0 tale che hn → 0. Per ogni n ∈ N, sia ϕn ∈∂f (a+ hn). Per denizione di subdierenziale e per ipotesi, se n→ +∞si ha

0 ≤ f (a+ hn)− f (a)− ϕ (hn)

‖hn‖≤ ϕn (hn)− ϕ (hn)

‖hn‖

≤ ‖ϕn − ϕ‖ ‖hn‖‖hn‖

→ 0.

1.⇒ 2.) Per ipotesi f è anche G-dierenziabile, dunque esiste ϕ ∈ X∗ tale che∂f (a) = ϕ. Dalla F-dierenziabilità di f in a segue inoltre che perv → 0,

ε (v) :=f (a+ v)− f (a)− ϕ (v)

‖v‖→ 0.

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8.2 Subdierenziale 115

Essendo f convessa, esistono r, L > 0 tale che Br (a) ⊂ A e f sia L-lipschitziana su Br (a). Sia hnn∈N tale che a+ hnn∈N ⊂ Br (a) e

a+ hn‖·‖→ a. Per ogni n ∈ N sia inoltre ϕn ∈ ∂f (a+ hn). Per ogni v ∈ X

tale che a+ v ∈ A, si ha

(ϕn − ϕ) (v)

= ϕn ((a+ v)− (a+ hn)) + ϕn (hn)− ϕ (v)

[per denizione di subdierenziale e di ε (v)]

≤ f (a+ v)− f (a+ hn) + ϕn (hn) + ε (v) ‖v‖ − f (a+ v) + f (a)

= f (a)− f (a+ hn) + ϕn (hn) + ε (v) ‖v‖≤ L ‖hn‖+ ϕn (hn) + ε (v) ‖v‖≤ L ‖hn‖+ ‖ϕn‖︸ ︷︷ ︸

≤L

‖hn‖+ ε (v) ‖v‖

≤ 2L ‖hn‖+ ε (v) ‖v‖ .

Per ogni ρ ∈ (0, r) si ha pertanto

‖ϕn − ϕ‖∗ = sup‖v‖=1

((ϕn − ϕ) (v)) =1

ρsup‖v‖=1

((ϕn − ϕ) (ρv))

[a+ ρv ∈ A]

≤ 1

ρsup‖v‖=1

(2L ‖hn‖+ ε (ρv) ρ)

=1

ρ2L ‖hn‖+ sup

‖v‖=ρ(ε (v))

da cui si conclude

lim supn→+∞

‖ϕn − ϕ‖∗ ≤ sup‖v‖=ρ

ε (v)ρ→0+

−→ 0.

Esercizio 383. Si dimostri l'equivalenza 2. ⇔ 3. nel Teorema precedente.(Suggerimento: per l'implicazione 3. ⇒ 2. si sfrutti la completezza degli spaziduali.)

Osservazione 384. La prima parte del punto 2. equivale alla G-dierenziabilitàdi f in a. La seconda parte è il raorzamento della continuità del die-renziale vista nel Corollario 377 per punti di G-dierenziabilità. Con questaulteriore proprietà si riempie esattamente il divario tra G-dierenziabilità eF-dierenziabilità.

Corollario 385. Le seguenti aermazioni sono equivalenti:

1. f è G-dierenziabile in A con f ′ : A→ X∗ continua;

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8.3 Dierenziabilità a meno di insiemi piccoli 116

2. f è F-dierenziabile in A;

3. f ∈ C1 (A).

Osservazione 386. È possibile dimostrare un risultato analogo al precedenteanche per altre classi di funzioni. Il risultato che segue, invece, è precipuo dellefunzioni convesse.

Corollario 387. Se X = Rd e in ogni punto di A esistono tutte le derivateparziali, allora f ∈ C1 (A).

Osservazione 388. Il seguente risultato mostra come il subdierenziale godadi proprietà simili a quelle del dierenziale studiato nell'analisi classica.

Fatto 389 (Calcolo subdierenziale). Siano X uno spazio normato, A ⊂ Xaperto e convesso, a ∈ A e f, g, f1, . . . , fn : A→ R convesse e continue. Allora

1. ∂ (f + g) (a) = ∂f (a) + ∂g (a);

2. denendo la funzione h : X → R, x 7→ max f1 (x) , . . . , fn (x) e l'insiemeI (a) := i ∈ 1, . . . , n | fi (a) = h (a), si ha

∂h (a) = conv

⋃i∈I(a)

∂fi (a)

;

3. se I ⊂ R è un intervallo aperto, f : A → I e ϕ : I → R è convessa e nondecrescente, si ha h := ϕ f convessa e continua e vale

∂h (a) = ∂ϕ (f (a)) · ∂f (a) .

8.3 Dierenziabilità a meno di insiemi piccoli

Denizione 390 (Insiemi piccoli e σ-ideali). Siano X uno spazio normato eS ⊂ 2X . Se S soddisfa le seguenti condizioni

1. per ogni A ∈ S, per ogni B ⊂ A, si ha B ∈ S;

2. per ogni Ann∈N ⊂ S, si ha⋃n∈NAn ∈ S;

3. per ogni A ∈ S, per ogni v ∈ X, si ha A+ v ∈ S;

4. per ogni G ⊂ X aperto non vuoto, si ha G /∈ S;

si dice che S è una famiglia di insiemi piccoli. Se S soddisfa soltanto le primetre condizioni, si dice che S è un σ-ideale.

Esempio 391 (Insiemi piccoli). Sia X uno spazio normato, X 6= 0.

1. La famiglia C := insiemi al più numerabili dei countable sets è unafamiglia di insiemi piccoli.

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8.3 Dierenziabilità a meno di insiemi piccoli 117

2. Se X = Rd, la famiglia N := insiemi di misura di Lebesgue nulla deinull sets è una famiglia di insiemi piccoli3.

3. La famigliaM := insiemi di I categoria di Baire dei meager sets4 sod-disfa le prime tre condizioni. Se X è uno spazio di Banach, per il Teoremadi Baire,M è una famiglia di insiemi piccoli.

Osservazione 392. L'esempio precedente illustra come la nozione di famiglia diinsiemi piccoli generalizzi in modo rigoroso i concetti di insiemisticamente pic-colo, piccolo per la teoria della misura e topologicamente piccolo. Un'altraimportante famiglia di insiemi piccoli è la famiglia L degli insiemi lipschitz-smalldi uno spazio normato, discussa nel seguito.

Denizione 393 (Ipersuperci lipschitziane, insiemi lipschitz-small). Sia Xuno spazio normato. Si dice che L ⊂ X è una ipersupercie lipschitziana seesistono H ⊂ X sottospazio vettoriale chiuso di codimensione 1, un vettore v0 ∈X\H e una funzione lipschitziana ψ : H → R tali che L = u+ ψ (u) v0 | v0 ∈ H.Si denisce famiglia dei lipschitz-small sets, la collezione L dei sottoinsiemi diX che siano contenuti in unioni al più numerabili di ipersuperci lipschitziane.

Proposizione 394. Siano X uno spazio vettoriale topologico, H ⊂ X unsottospazio vettoriale chiuso di codimensione 1 e v0 ∈ X \H. Allora la mappa

Φ: H × R → X,

(x, t) 7→ x+ tv0

è un isomorsmo di spazi vettoriali topologici.

Dimostrazione. Senza perdere in generalità (altrimenti la tesi è banale), siaX 6= ∅. Poiché H ha codimensione 1, Φ è un isomorsmo algebrico. Essendo lasomma continua, Φ è anche continuo. Si dimostra che anche l'inversa è continua.Poiché H è un iperpiano, esiste ϕ ∈ X∗ tale che H = ker (ϕ), dunque ϕ (v0) 6= 0e poiché per ogni y ∈ X esistono (x, t) ∈ H ×R tali che y = x+ tv0, a meno dimoltiplicare ϕ per la costante non nulla 1/ϕ (v0), si ha

ϕ (y) = ϕ (x)︸ ︷︷ ︸=0

+t ϕ (v0)︸ ︷︷ ︸wlog=1

= t.

Pertanto per ogni y ∈ X esiste x ∈ H tale che y = x+ϕ (x) v0, da cui Φ−1 (y) =(x− ϕ (x) v0, ϕ (x)), quindi anche Φ−1 è continua.

3Se dim (X) = +∞ non esiste una misura µ boreliana, invariante per traslazioni e tale che,per ogni x ∈ X e r > 0 si abbia 0 < µ (Br (x)) < +∞. L'idea è che le bolle chiuse non sianocompatte, dunque esiste una successione di punti aventi a due a due distanza maggiore di unnumero ssato (e.g. 1). La famiglia delle bolle bolle centrate in quei punti e di raggi piccoli(e.g < 1/3) è pertanto contenuta nella bolla originaria e se tali bolle non hanno misura nulla,la misura dell'unione è innita.

4Letteralmente, insiemi magri.

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8.3 Dierenziabilità a meno di insiemi piccoli 118

Corollario 395. Siano X uno spazio normato, H ⊂ X un iperpiano chiuso,v0 ∈ X \H, Φ: H×R→ X, (x, t) 7→ x+tv0 e L ⊂ X. Allora L è una ipersuper-cie lipschitziana se e solo se Φ−1 (L) è il graco di una funzione lipschitzianaψ : H → R.

Dimostrazione. Banale.

Osservazione 396. Siano X uno spazio normato.

• Chiaramente L soddisfa le prime tre proprietà della denizione di famigliadi insiemi piccoli.

• Poiché Φ−1 (L) è il graco di una funzione lipschitziana, è chiuso e hainterno vuoto. Poiché Φ è un isomorsmo di spazi vettoriali topologici,anche L è un chiuso con int (L) = ∅, dunque L è mai denso. Pertanto glielementi di L sono di I categoria. Allora, se X è uno spazio di Banach, Lè una famiglia di insiemi piccoli.

• SeX = Rd, per il Teorema di Fubini L ha misura di Lebesgue d-dimensionalenulla (informalmente, ogni retta parallela a v0 interseca L in un solopunto).

R

H

graph (ψ)

Φ

Rv0

H

L

• Se X = R, si ha L = C.

• Se X = Rd, valgono le seguenti inclusioni tra C, N ,M ed L,

C

L

NM

Esercizio 397. Siano (X, ρ) uno spazio metrico, E ⊂ X non vuoto, L > 0 eψ : E → R una funzione L-lipschitziana. Si denisca

ψ : X → R,x 7→ ψ (x) := inf

y∈E(ψ (y) + Lρ (x, y)) .

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8.3 Dierenziabilità a meno di insiemi piccoli 119

Si dimostri che ψ (è ben denita ed) è un'estensione L-lipschitziana di ψ. Sidimostri inoltre che se X è uno spazio normato, E è convesso e ψ è convessa,anche ψ è convessa.

Svolgimento. Per ipotesi, per ogni x ∈ X, per ogni y, z ∈ E,

f (z) ≤ f (y) + L ‖z − y‖ ≤ f (y) + L ‖z − x‖+ L ‖x− y‖⇓

f (z)− L ‖z − x‖ ≤ f (y) + L ‖x− y‖⇓

f (z)− L ‖z − x‖ ≤ infy∈C

(f (y) + L ‖x− y‖) = f (x) ,

dunque ψ è ben denita. Poiché chiaramente F := ψ (y) + Lρ (·, y)y∈E è una

famiglia di funzioni L-lipschitziane, per l'Esercizio 219 anche ψ è L-lipschitziana.Poiché, per ogni x ∈ E, si ha

ψ (x) = infy∈E

(ψ (y) + Lρ (x, y)) ≤ ψ (x) + Lρ (x, x)︸ ︷︷ ︸=0

≤ ψ (y) + Lρ (x, y) ,

passando primo ed ultimo membro all'estremo inferiore per y ∈ E, ψ risultapertanto un'estensione di ψ. Si supponga inne che X sia uno spazio normato,che E sia convesso e che ψ sia convessa. Si ssino arbitrariamente x1, x2 ∈ X edε > 0. Allora esistono y1, y2 ∈ X tali che, se i ∈ 1, 2, ψ (yi) + L ‖xi − y1‖ ≤ψ (xi) + ε, da cui segue, per ogni λ ∈ (0, 1),

ψ ((1− λ)x1 + λx2)

≤ ψ ((1− λ) y1 + λy2) + L ‖(1− λ) (x1 − y1) + λ (x2 − y2)‖≤ (1− λ)ψ (y1) + λψ (y2) + (1− λ)L ‖x1 − y1‖+ λL ‖x2 − y2‖≤ (1− λ) ψ (x1) + λψ (x2) + ε.

Teorema 398 (Zají£ek). Siano X uno spazio normato separabile, T : X → 2X∗

un operatore monotono, allora M (T ) := x ∈ X |Card (T (x)) > 1 ∈ L.

Dimostrazione. Senza perdere in generalità, sia X 6= 0. Sia D ⊂ SX nume-rabile e denso nella sfera unitaria. Si ssi z ∈M (T ) (se M (T ) = ∅ il teoremaè banalmente vericato). Allora esistono a∗z, b

∗z ∈ T (z) tali che a∗z 6= b∗z. Poi-

ché a∗z, b∗z sono continui e D è denso, esiste dz ∈ D tale che (senza perdere in

generalità) a∗z (dz) < b∗z (dz). Esistono allora due numeri αz, βz ∈ Q tali che

a∗z (dz) < αz < βz < b∗z (dz) . (8.3.1)

Esiste inoltre mz ∈ N tale che ‖a∗z‖ ≤ mz e ‖b∗z‖ ≤ mz. Si denisca per ognid ∈ D, per ogni α, β ∈ Q e per ogni m ∈ N, l'insieme

E (d, α, β,m) := y ∈M (T ) | esistono (deniti come sopra) dy=d, αy=α, βy=β,my=m .

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8.3 Dierenziabilità a meno di insiemi piccoli 120

Chiaramente M (T ) =⋃d,α,β,mE (d, α, β,m) e l'unione è numerabile. Basta

quindi dimostrare la tesi su uno di questi insiemi. Si ssino arbitrariamente(d, α, β,m) ∈ D × Q2 × N e si denisca E := E (d, α, β,m). Si ssi ora (chia-ramente esiste) v∗ ∈ X∗ tale che v∗ (d) > 0 e si ponga H := ker (v∗). Si had ∈ X \ H. Si ssino arbitrariamente x, y ∈ E. Allora esistono ux, uy ∈ H etx, ty ∈ R tali che x = ux+txd e y = uy+tyd. Poiché l'operatore T è monotono,si ha

0 ≤(a∗x − b∗y

)(x− y)

=(a∗x − b∗y

)(ux − uy) + (tx − ty)

(a∗x − b∗y

)(d)

⇓(tx − ty)

(b∗y − a∗x

)︸ ︷︷ ︸(8.3.1)> β−α

(d) ≤(a∗x − b∗y

)(ux − uy)

≤∥∥a∗x − b∗y∥∥ ‖ux − uy‖

≤(‖a∗x‖+

∥∥b∗y∥∥)︸ ︷︷ ︸≤2m

‖ux − uy‖

tx − ty ≤ 2m

β − α‖ux − uy‖

⇓ [dall'arbitrarietà di x e y]

|tx − ty| ≤2m

β − α‖ux − uy‖ .

L'ultima disuguaglianza dimostra che per ogni h ∈ H, se ux = h = uy, alloratx = ty, dunque x = y. Allora per ogni h ∈ H esiste al più un x′ ∈ E tale cheux′ = h. Si deniscano dunque A := ux′ | x′ ∈ E ⊂ H e ψ : A → R, ux 7→tx. Si ha E = u+ ψ (u) d | u ∈ A e la funzione ψ è 2m

β−α -lipschitziana. Per

l'Esercizio 397 esiste pertanto ψ : H → R estensione lipschitziana di ψ, quindi Eè un sottinsieme dell'ipersupercie lipschitziana L =

u+ ψ (u) d

∣∣∣u ∈ H.Osservazione 399. Questa dimostrazione (abbastanza naturale) è il tipicoesempio di come si possa spezzare un insieme in un unione numerabile disottoinsiemi controllando quanto i punti siano distanti tra loro.

Corollario 400. Siano X uno spazio di normato separabile, A ⊂ X aperto econvesso e f : A→ R convessa. Allora

NG (f) := x ∈ A | f non è G-dierenziabile in x ∈ L.

Dimostrazione. È suciente denire

T : X → 2X∗,

x 7→ T (x) :=

∂f (x) , x ∈ A0, x ∈ X \A.

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8.3 Dierenziabilità a meno di insiemi piccoli 121

Osservazione 401. Il risultato precedente aerma in particolare che NG (f)è di I categoria. Anché l'essere di I categoria signichi eettivamente cheNG (f) sia piccolo, si assume spesso che X sia uno spazio di Banach.

Corollario 402. Se A ⊂ Rd è aperto e convesso e f : A→ R è convessa, allora

NF (f) := x ∈ A | f non è F-dierenziabile in x ∈ L,

dunque NF (f) è di I categoria ed ha misura di Lebesgue nulla.

Dimostrazione. Segue immediatamente dal corollario precedente, ricordandoche le funzioni convesse denite in Rd sono G-dierenziabili se e solo se sonoF-dierenziabili.

Fatto 403 (Teorema di Preiss-Zají£ek). Siano X uno spazio normato, X∗ se-parabile, T : X → 2X

∗un operatore monotono e per ogni x ∈ X si denisca

osc (T, x) = limδ→0+ diam (T (Bδ (x))). Allora

NC (T ) = x ∈ X | osc (T, x) > 0 ∈ M.

Corollario 404 (Importante). Siano X uno spazio normato, X∗ separabile,A ⊂ X aperto e convesso e f : A→ R convessa e continua. Allora

NF (f) := x ∈ A | f non è F-dierenziabile in x ∈ M.

Dimostrazione. Segue immediatamente dal Teorema di Preiss-Zají£ek e dal Teo-rema 382 sulla caratterizzazione della F-dierenziabilità.

8.3.1 Spazi di Asplund (cenni)

Denizione 405 (Spazio di Asplund). Sia X uno spazio di Banach.

• X si dice spazio di Asplund se ogni funzione convessa e continua denitasu un aperto convesso di X è F-dierenziabile a meno di un insieme di Icategoria;

• X si dice spazio di Asplund debole se ogni funzione convessa e continua de-nita su un aperto convesso di X è G-dierenziabile a meno di un insiemedi I categoria.

Osservazione 406. Gli spazi di Asplund sono quelli per cui vare l'importantecorollario del teorema di Teorema di Preiss-Zají£ek.

Denizione 407 (Slice). Siano X uno spazio vettoriale topologico ed E ⊂ Xnon vuoto. Si dice che S ⊂ E è una slice di E se S è un intresezione non vuotadi E con un semispazio aperto.

Fatto 408. Sia X uno spazio di Banach. Le seguenti aermazioni sono equi-valenti:

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8.3 Dierenziabilità a meno di insiemi piccoli 122

1. X è uno spazio di Asplund;

2. per ogni Y ⊂ X sottospazio separabile, Y ∗ è separabile;

3. per ogni ε > 0 e per ogni E ⊂ X∗ limitato esiste una slice S di E condiam (S) < ε;

4. vale il Teorema di Radon-Nikodym per misure a valori in X∗, ovvero perogni spazio misurabile (Ω,Σ), per ogni coppia di misure5 ν : Σ → X∗ eµ : Σ → [0,+∞], con ν assolutamente continua rispetto a µ, esiste unafunzione f : Ω→ X∗ misurabile e µ-integrabile secondo Bochner tale che,per ogni E ∈ Σ, ν (E) =

´Ef dµ.

Fatto 409. Sia (X, ‖·‖) uno spazio di Banach;

• se X ammette una norma F-dierenziabile su X \ 0 ed equivalente a‖·‖, allora X è uno spazio di Asplund;

• se X ammette una norma G-dierenziabile su X \ 0 ed equivalente a‖·‖, allora X è uno spazio di Asplund debole.

5Funzioni d'insieme σ-additive e nulle sull'insieme vuoto.

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Capitolo 9

Appendice

9.1 Categorie e spazi di Baire

Denizione 410 (Categorie e spazi di Baire). Siano X uno spazio topologicoe A ⊂ X.

1. Si dice che A è mai denso se int(A)

= ∅, i.e. se non è denso in alcunaperto non vuoto1;

2. A è di prima categoria (di Baire) se esiste una successione Ann∈N ⊂ Xdi insiemi mai densi tali che2

A =

+∞⋃n=1

An;

3. A è di seconda categoria (di Baire) se A non è di I categoria.

4. X è uno spazio di Baire se per ogni G ⊂ X aperto non vuoto, G è di IIcategoria3.

Esercizio 411. Siano X uno spazio topologico e A ⊂ X. Allora:

1. A è mai denso se e solo se Ac è denso;

2. A è un chiuso mai denso se e solo se Ac è un chiuso denso;

3. se A è mai denso e E ⊂ A, allora anche E è mai denso;

4. se esiste B ⊃ A di I categoria, allora anche A è di I categoria;

5. se esiste E ⊂ A di II categoria, allora anche A è di II categoria;1Gli insiemi mai densi sono da interpretarsi come topologicamente piccoli.2Anche gli insiemi di I categoria sono da pensarsi piccoli in molti spazi topologici. Sono

un po' l'equivalente degli insiemi di misura nulla negli spazi di misura.3Cioè se tutti gli aperti non vuoti sono topologicamente grandi.

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9.1 Categorie e spazi di Baire 124

Svolgimento.

1. Segue immediatamente dalla seguente identità:

∀E ⊂ X, (Ec) =[int(E)]c

.

2. Segue direttamente dal punto precedente.

3. Se E ⊂ A, allora E ⊂ A e conseguentemente int(E)⊂ int

(A)

= ∅.

4. Sia B ⊃ A di I categoria. Allora esiste una successione Bnn∈N ⊂ Xdi insiemi mai densi tali che B =

⋃n∈NBn. Detto per ogni n ∈ N,

An := A ∩Bn, si ha An mai denso (punto precedente) e

A = A ∩⋃n∈N

Bn︸ ︷︷ ︸=B⊃A

=⋃n∈N

(A ∩Bn) =⋃n∈N

An.

5. Sia E ⊂ A di II categoria. Si supponga per assurdo che A sia di I categoria.Per il punto precedente allora E è di I categoria. Assurdo.

Teorema 412. Sia X spazio topologico. Le seguenti aermazioni sono equiva-lenti:

1. X è di Baire;

2. per ogni Gnn∈N ⊂ X successione di aperti densi in X, l'intersezione⋂n∈NGn è densa4 in X.

Inoltre entrambe le precedenti implicano le due aermazioni equivalenti:

a. per ogni successione di insiemi chiusi Fnn∈N ⊂ X tali che X =⋃n∈N Fn,

esiste n0 ∈ N tale che int (Fn0) 6= ∅;

b. X è di II categoria.

Dimostrazione. Si dimostrano separatamente le varie implicazioni.

1.⇒ 2.) Si supponga che X sia di Baire. Sia Gnn∈N ⊂ X una successione diaperti densi. Si supponga per assurdo che⋂

n∈NGn ( X.

Sia H :=(⋂

n∈NGn

)c. Allora H è un aperto non vuoto e

H.=

(⋂n∈N

Gn

)c⊂

(⋂n∈N

Gn

)c=⋃n∈N

(Gn)c.

4In particolare è dunque non vuota. Questo fatto si utilizzerà spesso nel seguito.

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9.1 Categorie e spazi di Baire 125

Per ogni n ∈ N, poiché Gn è un aperto denso, per l'Esercizio 411 (Gn)c è

un chiuso mai denso. Allora per ogni n ∈ N anche H ∩ (Gn)c è mai denso.

DunqueH =

⋃n∈N

(H ∩ (Gn)c)︸ ︷︷ ︸

mai denso

è un aperto non vuoto di I categoria. Assurdo.

2.⇒ 1.) Si dimostra la contronominale. Sia G ⊂ X una aperto non vuoto di Icategoria. Esiste allora una successione di insiemi mai densi Ann∈N ⊂ Xtale che

G =⋃n∈N

An.

Per ogni n ∈ N si denisca l'aperto denso Hn :=(An)c. Allora anche⋃

n∈NHn è un aperto denso, tuttavia

G ∩

(⋂n∈N

Hn

)= G ∩

(⋂n∈N

(An)c)

= G ∩

(⋃n∈N

An

)c

⊂ G ∩

(⋃n∈N

An

)c= G ∩Gc = ∅.

Assurdo.

2.⇒ a.) Si dimostra la contronominale. Sia Fnn∈N ⊂ X una successione di chiusitale che

X =⋃n∈N

Fn (9.1.1)

e per ogni n ∈ N, int (Fn) = ∅. Allora, per ogni n ∈ N, Gn := F cn è unaperto denso. Passando al complementare nella (9.1.1), si ottiene pertanto

∅ = Xc =⋂n∈N

Gn.

Assurdo

a.⇔ b. Si lascia la verica di questa ultima equivalenza come esercizio al lettoreinteressato.

Esercizio 413. Sia X uno spazio di Baire. Le seguenti aermazioni sonoequivalenti:

a. per ogni successione di insiemi chiusi Fnn∈N ⊂ X tali che X =⋃n∈N Fn,

esiste n0 ∈ N tale che int (Fn0) 6= ∅;

b. X è di II categoria.

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9.1 Categorie e spazi di Baire 126

Svolgimento.

a.⇒ b.) Per assurdo, sia Ann∈N ⊂ X una successione di insiemi mai densi taliche X =

⋃n∈NAn. Allora X =

⋃n∈NAn, assurdo.

b.⇒ a.) Dalla contronominale segue immediatamente la tesi.

Esempio 414 (II categoria 6⇒ Baire). Se X è di II categoria non è detto che Xsia di Baire. Ad esempio sia X = [0, 1]∪ ([2, 3] ∩Q) con la topologia indotta daquella euclidea su R. Allora X è di II categoria (in quanto [0, 1] lo è) ma non èdi Baire perchè l'aperto [(2, 3)] ∩Q è di I categoria.

Esercizio 415. Sia X uno spazio di Baire ed A ⊂ X un aperto non vuoto.Allora

1. se E ⊂ A è mai denso in A (con la topologia indotta da X), allora E èmai denso in X;

2. A (con la topologia indotta da X) è uno spazio di Baire.

Svolgimento.

1. Si supponga per assurdo che intX

(EX)6= ∅. Allora esiste U ⊂ X aperto

in X tale che U ⊂ EX. Per denizione di chiusura, dunque, U ∩ E 6= ∅.

Essendo E ⊂ A, in particolare, U ∩ A 6= ∅ e per denizione di topologiaindotta, U ∩ A è aperto in A. Poiché E

A= E

X ∩ A, da U ⊂ EX

segueU ∩A ⊂ EA, ovvero E non è mai denso in A. Assurdo.

2. Essendo A un aperto non vuoto, G ⊂ A è aperto in A se e solo se G èaperto in X. Si supponga per assurdo l'esistenza di G ⊂ A aperto in A(dunque in X), non vuoto, di I categoria in A. Si vuole dimostrare che Gè di I categoria in X (dunque che X non è di Baire). Sia Fnn∈N ⊂ Auna successione di insiemi mai densi in A, tali che G =

⋃n∈N Fn. Per il

punto precedente, per ogni n ∈ N, Fn è mai denso in X, dunque G è unaperto non vuoto di I categoria in X. Assurdo.

Denizione 416 (Spazio localmente compatto). Sia X uno spazio topologico.Si dice che X è localmente compatto se per ogni x ∈ X e per ogni intornoU ∈ U (x) esiste un intorno V ∈ U (x), con V ⊂ U compatto.

Teorema 417 (di Baire). Si supponga la validità di almeno una delle seguenti:

1. X è uno spazio metrico completo;

2. X è uno spazio topologico compatto di Hausdor;

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9.2 Funzioni semicontinue 127

3. X è uno spazio topologico di Hausdor localmente compatto.

Allora X è uno spazio di Baire.

Esempio 418. Con il Teorema di Baire si può dimostrare che esistono (tante!)funzioni continue mai derivabili. Con un po' di artici tecnici si dimostra chein C ([0, 1]) l'insieme delle funzioni in mai derivabili è di II categoria mentrel'insieme delle funzioni derivabili in almeno un punto è soltanto di I categoria.

9.2 Funzioni semicontinue

Denizione 419 (Funzione semicontinua). Siano T uno spazio topologico,f : T → R e x0 ∈ T . Si dice che f è inferiormente semicontinua in x0 seper ogni t ∈ R, t < f (x0) esiste un intorno U ∈ U (x0) tale che, per ognix ∈ U , t < f (x) . Si dice che f è superiormente semicontinua in x0 se −f èinferiormente semicontinua in x0.

Esercizio 420. Siano T uno spazio topologico, f : T → R e x0 ∈ T . Si dimostriche f è continua in x0 se e solo se f è inferiormente e superiormente semicontinuain x0.

Denizione 421 (lim sup e lim inf). Siano T uno spazio topologico, f : T → Re x0 ∈ T . Si deniscono

lim infx→x0

f (x) := supU∈U(x0)

infx∈U\x0

f (x) ,

lim supx→x0

f (x) := infU∈U(x0)

supx∈U\x0

f (x) .

Esercizio 422. Siano T uno spazio topologico, f : T → R e x0 ∈ T . Si dimostriche esiste il limite limx→x0

f (x) se e solo se lim infx→x0f (x) = lim supx→x0

f (x).

Teorema 423. Siano T uno spazio topologico e f : T → R. Le seguenti aer-mazioni sono equivalenti.

1. f è inferiormente semicontinua su T ;

2. per ogni t ∈ R, l'insieme x ∈ T | f (x) > t è aperto;

3. per ogni t ∈ R, l'insieme x ∈ T | f (x) ≤ t è chiuso;

4. l'epigraco epi (f) := (x, t) ∈ T × R | f (x) ≤ t è chiuso in T × R;

5. per ogni x0 ∈ T si ha

f (x0) ≤ lim infx→x0

f (x) .

Dimostrazione.

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9.2 Funzioni semicontinue 128

1.⇔ 2.) Per ogni t ∈ R e x ∈ T | f (x) > t è aperto se e solo se per ogni t ∈R e per ogni x0 ∈ x ∈ T | f (x) > t esiste U ∈ U (x0) tale che U ⊂x ∈ T | f (x) > t se e solo se per ogni t ∈ R e per ogni x0 ∈ T tali chet < f (x0) esiste U ∈ U (x0) tale che per ogni x ∈ U si abbia t < f (x) see solo se per ogni x0 ∈ T f è inferiormente semicontinua in x0.

2.⇔ 3.) Ovvio.

1.⇔ 4.) L'epigraco epi (f) è chiuso in T ×R se e solo se il complementare dell'epi-graco T \epi (f) = (x, t) ∈ T × R | f (x) > t è aperto in T ×R se e solose per ogni x ∈ T e per ogni t ∈ R tali che t < f (x) esistono U ∈ U (x) eV ∈ U (t) tali che, per ogni x′ ∈ U e per ogni t′ ∈ V si abbia t′ < f (x′).Quest'ultima aermazione implica in particolare (per t′ = t) che f siainferiormente semicontinua su T . Viceversa, siano f inferiormente semi-continua su T e (x, t) ∈ T ×R tale che t < f (x). Sia t ∈ R, t < t < f (x).Essendo f inferiormente semicontinua su T esiste U ∈ U (x) tale che, perogni x′ ∈ U si abbia t < f (x′). Detto V :=

(t− 1, t

)∈ U (t) si ha allora,

per ogni x′ ∈ U e per ogni t′ ∈ V , t′ < f (x′).

1.⇒ 5.) Sia x0 ∈ T . Per denizione, per ogni V ∈ U (x0)

lim infx→x0

f (x) = supU∈U(x0)

infx∈U\x0

f (x) ≥ infx∈V \x0

f (x) .

Essendo f inferiormente semicontinua in x0, per ogni t ∈ R, t < f (x0), esi-ste V ∈ U (x0) tale che, per ogni x ∈ V , t < f (x), dunque lim infx→x0

f (x) ≥t. Dall'arbitrarietà di t segue la tesi.

5.⇒ 2.) Siano t ∈ R e x0 ∈ x ∈ T | f (x) > t. Si vuole dimostrare l'esistenza diun intorno U ∈ U (x0) tale che U ⊂ x ∈ T | f (x) > t. Poiché

supU∈U(x0)

infx∈U\x0

f (x) = lim infx→x0

f (x) ≥ f (x0) > t,

esiste un intorno U ∈ U (x0) tale che infx∈U\x0 f (x) > t.

Corollario 424. Siano T uno spazio topologico, I un insieme arbitrario, perogni α ∈ I, fα : T → R una funzione inferiormente semicontinua e

g : T → R,x 7→ sup

α∈Ifα (x) .

Allora g è inferiormente semicontinua.

Dimostrazione. Basta osservare che

epi (g) = (x, t) ∈ T × R | g (x) ≤ t= (x, t) ∈ T × R | ∀α ∈ I, fα (x) ≤ t=

⋂α∈I

epi (fα) .

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9.3 Teoremi di Hahn-Banach 129

Teorema 425 (Importante!). Siano T uno spazio topologico compatto e f : T →R inferiormente semicontinua. Allora f assume il suo minimo5.

Dimostrazione. Sia α := inf f (T ) ∈ R. Se α = +∞, la tesi è banalmentevericata. Se α < +∞ esiste una successione monotona strettamente decre-scente ann∈N ⊂ R tale che, per n → +∞, an α. Per ogni n ∈ N, siaFn := x | f (x) ≤ an . Poiché Fnn∈N è una successione di compatti (inquanto chiusi inclusi in un compatto) non vuoti (in quanto per ogni n ∈ N, si hαn > α = inf f (T )) inscatolati (in quanto per ogni n ∈ N, si ha αn > αn+1), siha

x ∈ T | f (x) = α =⋂n∈N

Fn 6= ∅.

Corollario 426. Siano T uno spazio topologico compatto e f : T → R inferior-mente semicontinua. Allora f è limitata inferiormente.

Dimostrazione. Segue banalmente dal teorema precedente.

9.3 Teoremi di Hahn-Banach

Teorema 427 (Hahn-Banach algebrico). Siano X uno spazio vettoriale, A,B ⊂X convessi, non vuoti, con a-int (A) 6= ∅ e a-int (A) ∩ B = ∅. Allora esisteϕ ∈ X] \ 0 tale che

sup (ϕ (A)) ≤ inf (ϕ (B)) .

Osservazione 428 (Signicato geometrico). Sia α ∈ [sup (ϕ (A)) , inf (ϕ (B))]e si consideri l'iperpiano H = ϕ−1 (α). Allora l'iperpiano H separa A e B. Inparticolare, per ogni x ∈ a-int (A) si ha ϕ (x) < inf (ϕ (B)), infatti se non valessela separazione stretta ci si potrebbe muovere su punti di B senza uscire da A.

A B

H = ϕ−1(α)

Figura 9.3.1: Anche se si toccano sul bordo, H separa A e B.

5È una versione più debole del teorema di Weiestrass. In modo analogi si dimostra che lefunzioni superiormente semicontinue assumono il massimo sui compatti. Conseguentementele funzioni continue denite su compatti assumono massimo e minimo.

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9.3 Teoremi di Hahn-Banach 130

Esempio 429 (La convessità è necessaria). Se uno dei due insiemi non èconvesso, non esistono in generale iperpiani che separano i due insiemi.

Figura 9.3.2: Due insiemi non linearmente separabili.

Esercizio 430. SianoX uno spazio vettoriale topologico T2 localmente convessoe A,B ⊂ X convessi e non vuoti. Se A è compatto, B è chiuso e A ∩ B 6= ∅,esiste V ∈ U (0) aperto, convesso e tale che (A+ V ) ∩B = ∅.

A

A+ V

B

Figura 9.3.3: Separazione forte

Teorema 431 (Hahn-Banach topologico). Siano X uno spazio vettoriale topo-logico e A,B ⊂ X convessi e non vuoti.

1. Se int (A) 6= ∅ e int (A) ∩ B = ∅, allora esiste ϕ ∈ X∗ \ 0 tale chesup (ϕ (A)) ≤ inf (ϕ (B)).

2. Sia X localmente convesso e T2, A compatto, B chiuso e A ∩ B = ∅.Allora esiste ϕ ∈ X∗ \ 0 tale che sup (ϕ (A)) < inf (ϕ (B)).

Dimostrazione.

1. Per il Teorema 80, si ha int (A) = a-int (A), dunque dal Teorema di Hahn-Banach algebrico esiste ϕ ∈ X] \ 0 tale che sup (ϕ (A)) ≤ inf (ϕ (B)).Poiché ker (ϕ) non è denso, per il Teorema 108, ϕ è continua.

2. Per l'esercizio precedente esiste V ∈ U (0) aperto, convesso e tale che(A+ V )∩B = ∅. Poiché int (A+ V ) 6= ∅, (A+ V ) e B si possono separareper il punto precedente.

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9.3 Teoremi di Hahn-Banach 131

Teorema 432. Siano X uno spazio vettoriale topologico T2 localmente convessoe A,B ⊂ X convessi, nito-dimensionali e con ri (A)∩ ri (B) = ∅. Allora esisteϕ ∈ X∗ \ 0 tale che

sup (ϕ (A)) ≤ inf (ϕ (B))

e ϕ|A∪B non è costante (i.e. inf (ϕ (A)) < sup (ϕ (B))).

Esempio 433 (L'ipotesi ri (A) ∩ ri (B) = ∅ è necessaria). Nonostante sianonito-dimensionali, se i due insiemi non hanno interni relativi disgiunti il teo-rema precedente è falso in generale. Ad esempio, siano in R2 B una retta edA = B. La separazione diventa allora banale (iperpiano separatore H = A = B)ma ϕ|A∪B è costante.

Corollario 434. Siano X uno spazio vettoriale topologico, C ⊂ X convessocon int (C) 6= ∅ e x0 ∈ ∂C. Allora esiste ϕ ∈ X∗ \ 0 tale che

ϕ (x0) ≥ sup (ϕ (C)) .

L'iperpiano H := ϕ−1 (x0) viene detto iperpiano di supporto6 l'insieme C,passante per x0.

C

H.x0

Figura 9.3.4: Iperpiano di supporto

Dimostrazione. Segue direttamente dal Teorema di Hahn-Banach topologico.

Esempio 435 (Gli iperpiani di supporto non sono unici). Il corollario preceden-te garantisce l'esistenza di almeno un iperpiano di supporto. L'unicità è peròfalsa. Si noti infatti che nei punti angolosi gli insiemi convessi supportanoinniti iperpiani.

6La notazione corrette è iperpiano di supporto l'insieme C, non iperpiano di supportoall'insieme C. È l'insieme C che supporta l'iperpiano, non viceversa.

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9.4 Net 132

C

.x0

Figura 9.3.5: Iperpiano di supporto

Corollario 436. Sia X uno spazio vettoriale topologico T2 localmente convesso,C ⊂ X convesso e chiuso, x0 ∈ X \ C. Allora esiste ϕ ∈ X∗ \ 0 tale cheϕ (x0) > sup (ϕ (C)).

C

.x0

Figura 9.3.6: Separazione forte di un punto da un insieme convesso chiuso

Dimostrazione. Segue direttamente dal Teorema di Hahn-Banach topologico.

9.4 Net

Osservazione 437 (Da successioni a net). Dato un insieme E, una successioneè una mappa ϕ : N → E. Spesso si confonde (con un abuso di notazione) lasuccessione con la sua immagine, indicandola con xnn∈N := ϕ (n)n∈N. Sidice poi che ϕ′ è una sottosuccessione di ϕ (o di xnn∈N) se esiste una mappaψ : N→ N strettamente crescente tale che ϕ′ = ϕ ψ. Utilizzando il medesimoabuso di notazione, si indica nkk∈N := ψ (k)k∈N e si dice che xnkk∈N èuna sottosuccessione di xnn∈N. Per denizire ed utilizzare le net si procedein modo analogo, sfruttando gli stessi abusi di notazione ma ad N si sostituisceun insieme di indici più generale.

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9.4 Net 133

Denizione 438 (Insieme diretto). Sia I un insieme. Si dice che I è un insiemediretto (verso l'alto) se

1. su I è denito un preordine (parziale) ≤ (cioè è una relazione riessiva etransitiva),

2. per ogni α, β ∈ I esiste un γ ∈ I tale che γ ≥ α e γ ≥ β.Osservazione 439. Gli insiemi diretti sono quelli utilizzabili come insiemi diindici. Intuitivamente sono insiemi crescenti. La seconda richiesta (I cre-scente) va espressa in questo modo perché gli indici non sono in generale tutticonfrontabili tra loro.

Esempio 440. Esempi di insiemi diretti sono (N,≤) , (R,≤) o per ogni insiemeS, l'insieme delle parti di S dotato dell'inclusione(P (S) ,⊂).

Esercizio 441. Siano −∞ < a < b < +∞ e sia P l'insieme delle partizioni di[a, b]. Si dimostri che (P,⊂) è un insieme diretto.

Svolgimento. L'inclusione ⊂ è un preordine, infatti se S, T, V sono insiemi qua-lunque, si ha S ⊂ S e

[S ⊂ T, T ⊂ V ]⇒ S ⊂ V.Inoltre l'insieme è crescente, infatti per ogni P,Q ∈ P è chiaro che P ∪Q ∈ Pe che P,Q ⊂ P ∪Q.

Esercizio 442 (Importante). SianoX uno spazio vettoriale topologico e x ∈ X.Si dimostri che la famiglia U (x) degli intorni di x dotata della relazione denitaper ogni U, V ∈ U (x) da

U ≤ V ⇔ U ⊃ V

è un insieme diretto7.

Svolgimento. Per ogni U ∈ U (x) si ha U ≤ U , infatti U ⊃ U . Per ogni U, V,W ∈U (x), da U ≤ V e V ≤ W segue U ≤ W , infatti da U ⊃ V e V ⊃ W seguechiaramente U ⊃ W . Dunque (U (x) ,⊃) è un preordine. Per dimostrare cheU (x) è crescente basta osservare che se U, V ∈ U (X) esistono GU ⊂ U apertotale che x ∈ GU e GV ⊂ V aperto tale che x ∈ GV . Poiché l'intersezione di dueaperti è ancora un aperto, GU ∩GV ∈ U (x) e chiaramente U, V ⊃ GU ∩GV .

Denizione 443 (Net, subnet). Siano I un insieme diretto ed E un insieme(qualunque). Una net in E è una mappa ϕ : I → E. Una subnet di ϕ è unamappa

ϕ ψ : Jψ−→ I

ϕ−→ E,

dove J è un insieme diretto e ψ : J → I è una net che tende all'innito, cioètale che per ogni α ∈ I esiste β0 ∈ J tale che per ogni β ∈ J , β ≥ β0 si haψ (β) ≥ α. Analogamente a quanto fatto per le successioni, se si denota la netcon (xα)α∈I := (ϕ (α))α∈I ⊂ X e, posto (αβ)β∈J := (ψ (β))β∈J , si denota lasubnet con

(xαβ

)β∈J :=

(xψ(β)

)β∈J .

7Si noti che la relazione di inclusione è rigirata!

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9.5 Topologie deboli 134

Osservazione 444. Ogni successione è una net.

Denizione 445 (Limite di una net). Siano X uno spazio topologico, (xα)α∈Iuna net in X e x ∈ X. Si dice che la net tende (o converge) a x (o che x è unlimite della net) e si scrive

xαα∈I−→ x

se per ogni U ∈ U (x) esiste un α0 ∈ I tale che, per ogni α ∈ I, α ≥ α0 si haxα ∈ U . Qualora non ci sia rischio di confusione tra gli indici, la notazione dilimite verrà semplicata in xα → x.

Esercizio 446. Ogni subnet di una net convergente converge agli stessi limiti.

Svolgimento. Siano X uno spazio topologico, x ∈ X, (xα)α∈I ⊂ X una net taleche xα → x e

(xαβ

)β∈J una sua subnet. Sia U ∈ U (x). Per denizione di limite

esiste α0 ∈ I tale che, per ogni α ∈ I, α ≥ α0, si ha xα ∈ U . Per denizionedi subnet, αββ∈J tende all'innito, ovvero per ogni α ∈ I esiste β0 ∈ J taleche, per ogni β ∈ J , β ≥ β0, si ha αβ ≥ α. Questo vale in particolare per α0. Siè dunque dunque dimostrato che esiste β0 ∈ J tale che, per ogni β ∈ J , β ≥ β0,si ha αβ ≥ α0 che per la convergenza di (xα)α∈I implica xαβ ∈ U .

Esercizio 447 (Proprietà di base delle net). Sia X uno spazio topologico. Sidimostri che

1. X è T2 ⇔ ogni net ha al più un limite;

2. A ⊂ X è chiuso ⇔ per ogni net (xα)α∈I ⊂ A e per ogni x ∈ X,

[xα → x ⇒ x ∈ A] ;

3. X è compatto ⇔ ogni net in X ha una subnet convergente;

4. se anche Y è uno spazio topologico, F : X → Y è continua⇔ per ogni net(xα)α∈I ⊂ X e per ogni x ∈ X ,

[xα → x ⇒ F (xα)→ F (x)] .

9.5 Topologie deboli

Denizione 448 (Topologia debole σ (X,L)). Siano X uno spazio vettoriale edL ⊂ X] un sottospazio vettoriale. Per ogni insieme nito F := f1, . . . , fn ⊂ Le per ogni ε > 0, sia

VF,ε :=

n⋂k=1

|fn| < ε .

La topologia lineare generata dal sistema fondamentale di intorni dell'origineVF,ε | F ⊂ L nito, ε>0 prende il nome di topologia debole su X determinatada L e si indica con σ (X,L).

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9.5 Topologie deboli 135

Osservazione 449. Scritti in modo esplicito, gli aperti di σ (X,L) sono insiemiA ⊂ X tali che per ogni x ∈ A esistano F ⊂ L nito ed ε > 0 tali chex+ VF,ε ⊂ A.

Osservazione 450. Ameno di un isomorsmo di spazi vettoriali, si haX ⊂ RL.Infatti ogni x ∈ X si può identicare con la mappa8

x : L → R,` 7→ ` (x) .

Chiaramente x ∈ L] ⊂ RL e la mappa x↔ x è biunivoca e lineare. Ritorneremosu questa mappa in seguito.

Esercizio 451 (Proprietà di σ (X,L)). SianoX uno spazio vettoriale ed L ⊂ X]

un sottospazio vettoriale. Si dimostrino le seguenti aermazioni.

1. σ (X,L) è una topologia lineare localmente convessa.

2. Le seguenti aermazioni sono equivalenti:

(a) σ (X,L) è T2;

(b) L separa i punti di X (ovvero se e solo se per ogni x, y ∈ X, x 6= yesiste f ∈ L tale che f (x) 6= f (y));

(c) ⊥L :=⋂f∈L ker (f) = 0.

3. Se τ è una topologia su X, le seguenti aermazioni sono equivalenti:

(a) τ = σ (X,L);

(b) τ è la topologia più debole9 che renda continui gli elementi di L;

(c) τ è la topologia lineare più debole tale che (X, τ)∗

= L;

(d) τ è la topologia indotta su X dalla topologia prodotto su RL.

Esercizio 452 (Metrizzabilità di σ (X,L)). Siano X uno spazio vettoriale edL ⊂ X] un sottospazio vettoriale. Si dimostrino le seguenti aermazioni.

1. (X,σ (X,L)) è metrizzabile se e solo se la dimensione di X è al piùnumerabile.

2. Se X è normato e L ⊂ X∗ è chiuso, (X,σ (X,L)) è metrizzabile se e solose X è nito-dimensionale.

3. Se X è normato, (BX , σ (X,L)) è metrizzabile se e solo se L è separabile.

Denizione 453 (Bolla/sfera unitaria). Sia (X, ‖·‖) uno spazio normato. Siindicano con BX la bolla unitaria chiusa, BX := x ∈ X | ‖x‖ ≤ 1 e con SXla sfera unitaria chiusa, SX := ∂BX = x ∈ X | ‖x‖ = 1.

8Proprio a causa di quest'identicazione, la mappa x viene spesso indicata con x.9Qui e nel seguito con più debole si intende meno ne, ovvero contenente il minor numero

di aperti.

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9.5 Topologie deboli 136

Osservazione 454. Sia X uno spazio normato. Per il Teorema 108, per ogniϕ ∈ X∗ si ha supx∈BX ϕ (x) < +∞.

Denizione 455 (Norma duale). Sia X uno spazio normato. La funzione

‖·‖ : X∗ → [0,+∞) ,

ϕ 7→ ‖ϕ‖ := supx∈BX

ϕ (x)

prende il nome di norma duale.

Proposizione 456 (Il duale è sempre di Banach). Sia X uno spazio normato.Lo spazio vettoriale X∗ dotato della norma duale è uno spazio di Banach.

Dimostrazione. La dimostrazione che la norma duale sia una norma è una sem-plice verica. Sia ϕnn∈N ⊂ X∗ di Cauchy. Allora, per ogni ε > 0 esiste N ∈ Ntale che, per ogni n,m ∈ N, n ≥ N ,

ε > ‖ϕn − ϕm‖= sup

x∈BX(ϕn (x)− ϕm (x))

= supx∈BX

|ϕn (x)− ϕm (x)| ,

ovvero la successione di funzioni

(ϕn)|BX

n∈N

soddisfa la condizione di Cau-

chy uniforme, pertanto converge uniformemente alla restrizione su BX di unafunzione lineare e continua ϕ ∈ X∗.

Osservazione 457. Nel seguito si assumerà sempre che X∗ sia dotato dellanorma duale.

Proposizione 458. Sia (X, ‖·‖) uno spazio normato. Allora, per ogni x ∈ X,

‖x‖ = maxϕ∈BX∗

ϕ (x) .

Dimostrazione. Senza perdere in generalità, sia x ∈ X con ‖x‖ = 1. Per ogniϕ ∈ BX∗ si ha

ϕ (x) ≤ |ϕ (x)| ≤ ‖ϕ‖X∗︸ ︷︷ ︸≤1

‖x‖︸︷︷︸=1

,

dunque supϕ∈BX∗ ϕ (x) ≤ 1. Per il solito corollario del Teorema di Hahn-Banachtopologico esiste ψ ∈ X∗ \ 0, che senza perdere in generalità si può supporrecon ‖ψ‖X∗ = 1, tale che ψ (x) ≥ sup (ψ (BX)) = ‖ψ‖X∗ . Dalle disuguaglianzeprecenti segue quindi che ψ assume la sua norma in x, ovvero che ψ (x) = 1.

Osservazione 459 (Norma e norma duale). Siano X uno spazio normato,y ∈ X e ψ ∈ X∗. Si noti la somiglianza nei due modi di esprimere la norme

‖ψ‖X∗ = supx∈BX

ψ (x) e ‖y‖X = maxϕ∈BX∗

ϕ (y) .

L'importante dierenza è che nel secondo caso la norma viene assunta.

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9.5 Topologie deboli 137

Proposizione 460. Sia X uno spazio normato. Per ogni x ∈ X, il funzionale10

x : X∗ → R,ϕ 7→ ϕ (x)

è continuo e la mappa

X → X∗∗,

x 7→ x

è un'isomertia lineare.

Dimostrazione. Per ogni x ∈ X,

supϕ∈BX∗

|x (ϕ)| =

.=‖x‖X∗∗︷ ︸︸ ︷sup

ϕ∈BX∗x (ϕ)

.= sup

ϕ∈BX∗ϕ (x)

= ‖x‖X .

La linearità è una verica immediata.

Denizione 461 (Immersione canonica nel duale secondo o mappa di James).Sia X uno spazio normato. La mappa

J : X → X∗∗,

x 7→ x := [ϕ 7→ ϕ (x)]

viene detta immersione canonica di X in X∗∗ o mappa (canonica) di James.

Osservazione 462. Poiché la mappa di James è un'isometria lineare, a menodi questa identicazione canonica (che nel seguito si darà sempre per scontata)X è un sottospazio (chiuso se X è completo) di X∗∗.

Denizione 463 (Spazio riessivo). Sia X uno spazio normato. Si dice che Xè uno spazio riessivo se X = X∗∗.

Osservazione 464. Poiché i duali sono sempre completi, sono uno spazio diBanach può essere riessivo. Tutti gli spazi riesivi sono pertanto spazi diBanach.

Denizione 465 (Topologia debole). Sia X uno spazio normato. La topologiaw := σ (X,X∗) prende il nome di topologia debole (su X).

Denizione 466 (Topologia debole star). Sia X uno spazio normato. Latopologia w∗ := σ (X∗, X) (più precisamente, w∗ := σ (X∗, J (X))) prende ilnome di topologia debole star (su X∗).

10Introdotto più in generale nell'Osservazione 450.

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9.5 Topologie deboli 138

Esercizio 467. Siano (X, ‖·‖) uno spazio normato e τ‖·‖ la sua topologianaturale indotta dalla norma. Si dimostrino le seguenti aermazioni.

1. La topologia debole w è una topologia lineare localmente convessa T2 etale che (X,w)

∗= X∗.

2. Si ha sempre w ⊂ τ‖·‖ e vale l'uguaglianza se e solo seX è nito-dimensionale.

3. La topologia debole w è una topologia lineare localmente convessa T2 etale che (X∗, w∗)

∗= X (più precisamente, (X∗, w∗)

∗= J (X)).

4. Detta w la topologia debole su X∗, si ha sempre w∗ ⊂ w e vale l'ugua-glianza se e solo se X è uno spazio riessivo.

Proposizione 468 (Convessità). Siano X uno spazio normato e C ⊂ Xconvesso. Allora C è chiuso se e solo se C è w-chiuso.

Dimostrazione. Se C è w-chiuso, chiaramente C è chiuso. Viceversa, sia Cchiuso. Si vuole dimostrare che X \ C è w-aperto. Sia x ∈ X \ C. Allora esisteϕ ∈ X∗ \ 0 tale che ϕ (x) > sup (ϕ (C)) =: σ. Allora l'insieme ϕ > σ è unw-intorno di x che non interseca C.

Corollario 469. Siano X uno spazio normato ed E ⊂ X. Allora

convw (E) = conv (E) .

Fatto 470 (Compattezza). Sia X uno spazio normato. Allora

1. BX è compatta se e solo se X è nito-dimensionale;

2. le seguenti aermazioni sono equivalenti:

(a) BX è w-compatta,

(b) X è uno spazio riessivo,

(c) BX è w-compatta per successioni (Teorema di Eberlein-mulian),

(d) ogni ϕ ∈ X∗ assume la sua norma su BX , ovvero per ogni ϕ ∈ X∗,‖ϕ‖X∗ = max (ϕ (BX)) (Teorema di James);

3. BX∗ è w∗-compatta (Teorema di Banach-Alaoglu).

Corollario 471. Sia X uno spazio normato. Allora

1. ogni insieme w-chiuso e limitato in uno spazio riessivo è w-compatto;

2. ogni insieme convesso chiuso e limitato in uno spazio riessivo è w-compatto;

3. ogni insieme w∗-chiuso e limitato in X∗ è compatto;

Corollario 472 (Punti estremi). Sia X uno spazio normato. Allora

1. BX∗ = convw∗

(ext (BX∗));

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9.5 Topologie deboli 139

2. se X è riessivo e C ⊂ X è convesso, chiuso e limitato, allora C =conv (ext (C));

3. se ext (BX∗) è nito, allora X è nito-dimensionale;

4. se ext (BX) è nito e X è uno spazio di Banach innito-dimensionale,allora X non è (isometrico a) uno spazio duale.

Dimostrazione.

1. Segue direttamante dai teoremi di Krein-Milgram e di Banach-Alaoglu.

2. Segue direttamente dal corollario precedente e dall'equivalenza tra chiu-sura e chiusura debole.

3. Dal primo punto segue che BX∗ (e quindi X∗) è nito-dimensionale e ingenerale X è nito-dimensionale se e solo se X∗ è nito dimensionale.Infatti se X è nito dimensionale è chiaro che anche X∗ lo sia. Viceversa,se X∗ è nito dimensionale per quanto appena detto anche X∗∗ è nito-dimensionale e X ⊂ X∗∗.

4. Segue direttamente dal punto precedente.

Esercizio 473. Si noti che per il corollario precedente i primi tre esercizi im-plicano che c0, C ([0, 1]) e L1 (0, 1) non sono dei duali. Cosa si deduce nelquarto?

1. Si dimostri che la bolla unitaria di c0 non ha punti estremi.

2. Si dimostri che la bolla unitaria di C ([0, 1]) ha solo due punti estremi: lefunzioni costanti 1 e −1.

3. Si dimostri che la bolla unitaria di L1 (0, 1) non ha punti estremi.

4. Si determinino i punti estremi della bolla unitaria di `1 e di `∞.

5. Si determinino i punti estremi della bolla unitaria di c e si dimostri cheBc = conv (ext (Bc)) (nonostante sia noto che c non è nemmeno isomorfoad un duale).

Fatto 474 (Teorema di Goldstine). Sia X uno spazio normato. Allora BX èw∗-densa in X∗∗.

Corollario 475. Sia X uno spazio normato. Allora X è w∗-denso in X∗∗.

Fatto 476 (Metrizzabilità). Sia X uno spazio normato. Allora

(BX , w) è metrizzabile ⇔ X∗ è separabile

⇓6⇑(BX∗ , w

∗) è metrizzabile ⇔ X è separabile.

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9.5 Topologie deboli 140

Teorema 477. Siano X uno spazio di Banach, D ⊂ X, E ⊂ X∗.

1. Se D è compatto, allora conv (D) è compatto.

2. Se D è w-compatto, allora convw (D) è w-compatto.

3. Se E è w∗-compatto, allora convw∗

(E) è w∗-compatto.

Dimostrazione.

1. Già dimostrato nel Corollario 60.

2. Per motivi di tempo (e tutto sommato di rilevanza) si omette la dimostra-zione di questo punto.

3. Dal principio di uniforme limitatezza di deduce che E è limitato, alloraesiste r > 0 tale che E ⊂ rBX∗ . Essendo BX∗ convessa e w∗-compatta,convw

∗(E) ⊂ rBX∗ . Essendo convw

∗(E) un insieme w∗-chiuso incluso in

un insieme w∗-compatto, convw∗

(E) è a sua volta w∗-compatto.

9.5.1 Convergenza w e w∗ di net e successioni

Denizione 478 (Convergenza debole e debole star). Sia X uno spazio nor-mato.

• Se x ∈ X e (xα)α∈I ⊂ X è una net, si denota con xαw→ x la convergenza

della net (xα)α∈I ad x nello spazio topologico (X,w).

• Se ϕ ∈ X∗ e (ϕα)α∈I ⊂ X∗ è una net, si denota con ϕαw∗→ ϕ la convergenza

della net (ϕα)α∈I a ϕ nello spazio topologico (X∗, w∗).

Osservazione 479. Si ricorda che se Y è uno spazio topologico, y ∈ Y e(yα)α∈I ⊂ Y è una net, la convergenza della net (yα)α∈I ad y nella topologiadi Y si denota con yα → y. In particolare, dunque, se Y è uno spazio normatoyα → y denota la convergenza nella topologia della norma.

Fatto 480. Sia X uno spazio normato.

1. Se x ∈ X e (xα)α∈I ⊂ X è una net, si haxα

w→ x ⇐⇒ ∀ϕ ∈ X∗, ϕ (xα)→ ϕ (x).

2. Se ϕ ∈ X∗ e (ϕα)α∈I ⊂ X∗ è una net, si ha

ϕαw∗→ ϕ ⇐⇒ ∀x ∈ X, ϕα (x)→ ϕ (x).

Osservazione 481. Il fatto precedente aerma che le convergenze deboli equi-valgono alle convergenze puntuali nei rispettivi spazi (più precisamente, indi-cando come di consueto con J l'immersione canonica di X in X∗∗, xα

w→ xequivale a dire che (J (xα))α∈I ⊂ X∗∗ converge puntualmente su X∗).

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9.5 Topologie deboli 141

Proposizione 482. Siano X uno spazio normato, x ∈ X e xnn∈N ⊂ X unasuccessione. Se xn

w→ x, allora xnn∈N è limitata.

Dimostrazione. Segue dal principio di uniforme limitatezza. Infatti J (xn)n∈N ⊂X∗∗ è una famiglia di funzioni lineari e continue denite su X∗ (che essendo unduale è uno spazio di Banach) a valori in R. Questa famiglia è puntualmentelimitata, infatti per ogni ϕ ∈ X∗ si ha

supn∈N

J (xn) (ϕ) = supn∈N

ϕ (xn) < +∞

in quanto ϕ (xn) → ϕ (x). Dal teorema di Banach-Steinhaus segue quindiJ (xn)n∈N uniformemente limitata. Essendo J un'isometria, anche xnn∈Nrisulta essere limitata.

Osservazione 483. Il risultato precedente non vale per net. Infatti non è veroin generale che, date (yα)α∈I ⊂ R ed y ∈ R, se yα → y allora (yα)α∈I limitata.Informalmente, il fatto che la net sia denitivamente vicina ad y non implicache a sinistra venga lasciato un numero nito di termini.

Proposizione 484. Siano X uno spazio di Banach ϕ ∈ X∗ e ϕnn∈N ⊂ X∗

una successione. Se ϕnw∗→ ϕ, allora ϕnè limitata.

Dimostrazione. Analoga al caso della convergenza debole.

Osservazione 485. Analogamente a quanto osservato sopra, il risultato pre-cedente non vale per le net.

Proposizione 486. Siano X uno spazio normato, x ∈ X, (xα)α∈I ⊂ X, ϕ ∈X∗ e (ϕα)α∈I ⊂ X∗. Se xα

w→ x, (xα)α∈I è limitata, e ϕα → ϕ. Allora

ϕα (xα)→ ϕ (x) .

Dimostrazione. Per ogni α ∈ I si ha

|ϕα (xα)− ϕ (x)| ≤ |ϕ (xα)− ϕ (x)|+ |ϕα (xα)− ϕ (xα)|= |ϕ (xα)− ϕ (x)|+ |(ϕα − ϕ) (xα)|≤ |ϕ (xα)− ϕ (x)|︸ ︷︷ ︸

→0

+ ‖ϕα − ϕ‖︸ ︷︷ ︸→0

· ‖xα‖︸ ︷︷ ︸limitata

.

Proposizione 487. Siano X uno spazio normato, x ∈ X, (xα)α∈I ⊂ X, ϕ ∈X∗ e (ϕα)α∈I ⊂ X∗. Se ϕα

w∗→ ϕ, (ϕα)α∈I è limitata e xα → x, allora

ϕα (xα)→ ϕ (x) .

Dimostrazione. Analoga alla proposizione precedente.

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9.5 Topologie deboli 142

Esempio 488 (Le ipotesi nelle proposizioni precedenti sono necessarie). È im-mediato vericare che la famiglia enn∈N ⊂ c0 denita per ogni n ∈ N da

en := (0, . . . , 0,n1, 0, . . .) sia una cosiddetta base di Schauder per c0, ovvero

che per ogni x := (xn)n∈N ∈ c0 esista un'unica successione (λn)n∈N ⊂ R ta-le che x =

∑n∈N λnen (basta prendere, per ogni n ∈ N, λn = xn). Con

enn∈N si verica facilmente che (c0)∗ è isometrico a `1, associando ad ogni

ϕ ∈ (c0)∗ l'unico (ϕn)n∈N ∈ `1 tale che, per ogni x := (xn)n∈N ∈ c0, si ab-

bia ϕ (x) =∑+∞n=1 ϕnxn (chiaramente, per ogni n ∈ N, si ha ϕn = ϕ (en)). È

immediato vericare che questa sia un'isometria lineare. Si consideri l'analogabase di Schauder e∗nn∈N ⊂ `1 di `1, denita anch'essa per ogni n ∈ N da

e∗n := (0, . . . , 0,n1, 0, . . .). Si noti che

enw→ 0,

infatti, per ogni ϕ := (ϕn)n∈N ∈ `1, si ha ϕ (en) = ϕn → 0. Analogamente

e∗nw∗→ 0,

infatti, per ogni se x := (xn)n∈N ∈ c0, si ha e∗n (x) = xn → 0. Inoltre entrambe lesuccessioni (en)n∈N ed (e∗n)n∈N sono limitate (da 1) nei rispettivi spazi. Tuttavia

e∗n (en)︸ ︷︷ ︸≡1

6→ 0 (0) = 0.

Questo accade perché nessuna delle due successioni è convergente (in norma).

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Indice analitico

Baricentro, 90in dimensione nita, 85

Basedi Hamel, 34di Schauder, 142

Bolla unitaria, 135

Categoria di Baire, 123Catena, 50Caverna di Klee, 78Centro di Chebyshev, 82Chiusura convessa, 16Codimensione algebrica, 7Combinazione

ane, 8convessa, 8lineare, 8

Convergenzadebole, 140debole star, 140di una net, 134

Derivatadi Fréchet, 104di Gâteaux, 103direzionalesinistra/destra, 106

sinistra/destra, 95Dierenziale

di Fréchet, 104di Gâteaux, 103

Dimensione algebrica, 6, 7Distanza da un insieme, 68Disuguaglianza

di Hermite-Hadamard, 91di Jensen, 29integrale, 90

Dominio eettivo, 28Duale

algebrico, 7topologico, 34

Epigraco/epigrafo, 28

Famiglia di funzionilocalmenteequilimitata, 39equilipschitziana, 39

puntualmentelimitata, 39

Famiglia di insiemin-stellata, 65centrata, 58

Formula di Taylor, 99Funzionale, 7

di Minkowski, 72lineare, 7continuo, 34

Funzioneane, 26avente derivata seconda, 102c-ane, 28coercitiva, 76concava, 28continuada sinistra/destra, 95uniformemente, 32

convessa, 28di James, 137di selezione, 98di supporto, 70Fréchet-dierenziabile, 104Gâteaux-dierenziabile, 103indicatrice, 66

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INDICE ANALITICO 144

positivamente omogenea, 66propria, 28semicontinua, 127multivoca, 113

subadditiva, 66sublineare, 66

Immagine di una misura, 91Immersione canonica nel duale secon-

do, 137Insieme

ane, 4assorbente, 15bilanciato, 31boreliano, 84convesso, 4CS-convesso, 88di Chebyshev, 77di unicità, 77diretto, 133estremale, 48limitato, 52lineare, 4linearmente ordinato, 50lipschitz-small, 117mid-point convesso, 25piccolo, 116precompatto, 16, 17prossiminale, 77simmetrico, 35totalmente limitato, 16, 17

Integrale di Pettis, 56Interno

algebrico, 21relativo, 20topologico, 14

Involucroane, 6convesso, 6lineare, 6

Iperpiano, 7di supporto, 49, 131

Ipersupercie lipschitziana, 117

Lemmabase, 50

di Zorn, 50lim inf/lim sup, 127Limite di una net, 134

Mappa di James, 137Mediana, 82

quadratica, 82Metodo diagonale, 41Misura

concentrata in un insieme, 85δ di Dirac, 84di probabilità regolare, 57

Net, 133subnet, 133

Norma duale, 136

Operatore monotono, 112Oscillazione, 114

Preordine, 133Principio

del massimo di Bauer, 51di uniforme limitatazza, 42

Proiezione metrica, 77Punto estremo, 44

Retta, 4

Segmento, 4Selezione, 98Sfera unitaria, 135σ-algebra di Borel, 84σ-ideale, 116Slice, 121Spazio

normatodi Asplund, 121di Asplund debole, 121riessivo, 137strettamente convesso, 80

topologicodi Baire, 123localmente compatto, 126

vettoriale topologico, 14localmente convesso, 18

Subdierenziale, 98, 108, 109

Page 145: Appunti di analisi convessacesari.di.unimi.it/notes/analisi_convessa-cesari.pdfAppunti di analisi convessa Tommaso R. Cesari APPUNTI NON UFFICIALI 1 (Analisi convessa - corso di Libor

INDICE ANALITICO 145

mappa, 108Subgradiente, 108

Teoremaalla Klee, 63del panino, 61, 62dell'interno relativo, 21della trasversale comune, 60dello spiedino, 60, 62di Baire, 126di Banach-Alaoglu, 138di Banach-Steinhaus, 42di Breen, 65di Carathéodory, 10di Choquet, 46, 58di Eberlein-mulian, 138di Goldstine, 139di Hahn-Banachalgebrico, 129topologico, 130

di Helly, 60di James, 138di Krein-Milman, 51integrale, 57

di Milman, 55di Minkowski, 47di Preiss-Zají£ek, 121di Radon-Nikodym, 122di Zají£ek, 119

Topologiacore, 35debole, 137σ (X,L), 134

debole star, 137lineare, 14