APPUNTI DEL CORSO DI BONIFICHE DEI SITI CONTAMINATI ... · Università degli Studi di Napoli...

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Università degli Studi di Napoli Federico II Master: “Ingegneria sanitaria ed ambientale:ciclo dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati” Bonifica dei siti contaminati: trattamenti chimici Dott. Ing. Paola Morgese – A.A. 2008/2009 APPUNTI DEL CORSO DI BONIFICHE DEI SITI CONTAMINATI: TRATTAMENTI CHIMICI 1/92

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Università degli Studi di Napoli Federico IIMaster: “Ingegneria sanitaria ed ambientale:ciclo dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati”

Bonifica dei siti contaminati: trattamenti chimiciDott. Ing. Paola Morgese – A.A. 2008/2009

APPUNTI DEL CORSO DI

BONIFICHE DEI SITI CONTAMINATI:

TRATTAMENTI CHIMICI

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PROGRAMMA GENERALE DEL CORSO

BONIFICHE DEI SITI CONTAMINATI: TRATTAMENTI CHIMICI

1. Bonifica dei siti contaminati: storia, progetti e generalità

2. Inquinamento e protezione del suolo e delle falde

3. Contaminanti

4. Dati richiesti

5. Trattamenti chimici e tecnologie di bonifica

5.1 Trattamenti chimico-fisici suolo5.2 Trattamenti chimico-fisici acqua5.3 Aria5.4 Rifiuti

6. Nuove frontiere produzione industriale/rifiuto

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SALUTE UMANADefinizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità:“Salute non è solo assenza di malattie, ma uno stato di benessere fisico, psichico e sociale”

AMBIENTEComponenti naturaliComponenti economicheComponenti tecnologicheComponenti sociali

PROGETTO

Azione temporanea intrapresa per creare un unico prodotto, servizio o risultato.

Azione temporanea ed unica intrapresa per il raggiungimento di unparticolare obiettivo.

Temporaneo: ogni progetto ha un inizio e una fine ben definiti.

Unico: ogni progetto ha caratteristiche proprie ed è diverso dagli altri.

Obiettivo: SMART

5 GRUPPI DI PROCESSI

Avvio

Pianificazione

Esecuzione

Controllo

Chiusura

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9 AREE DI CONOSCENZA

1. Integrazione2. Ambito (o contenuto) del progetto3. Tempi4. Costi5. Qualità6. Risorse umane7. Comunicazione8. Rischi9. Approvvigionamenti

VINCOLI

QualitàCaratteristiche della risorsa

TempiTempi biologici, tempi geologici

CostiCosti di realizzazione degli interventi, costi ambientali

RisorseEconomiche, tecnologiche, umane

RischiImpatto, probabilità di accadimento

StakeholderTutti i soggetti terzi coinvolti direttamente o indirettamente (Es.: imprenditori, comunità, enti, associazioni ambientaliste)

Due diversi casi pratici:

progetto di bonifica di uno stabilimento siderurgico a ciclo integrale;

progetto di bonifica di una ex cava di tufo riempita illegalmente di rifiuti

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TECNOLOGIETRATTAMENTI DI BONIFICA

Sul sito (On site)• In situ (senza escavazione)• Ex situ (previa escavazione)

Fuori sito (Off site)• Ex situ (previa escavazione)

MATRICI AMBIENTALI

Suolo• Suolo, sottosuolo, sedimenti, fanghi

Acqua• Profonda, superficiale, percolato

Aria• Tellurica, emissioni

TRATTAMENTI CHIMICO-FISICI

SUOLO

In situ• Ossidazione chimica• Separazione elettrocinetica• Lavaggio del terreno (flushing)• Estrazione di vapori• Stabilizzazione

Scavo

Ex situ• Estrazione chimica• Lavaggio del terreno (washing)• Ossidoriduzione chimica• Dealogenazione• Separazione• Stabilizzazione

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TRATTAMENTI CHIMICO-FISICI

ACQUA

In situ

• Ossidazione chimica• Air sparging• Air stripping in pozzo• Bioslurping• Estrazione bifase• Barriere permeabili

Pompaggio

Ex situ

ARIA

RIFIUTI

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SUOLO

CICLI BIOGEOCHIMICI

GENESI DEL SUOLO

PROCESSI FISICI, CHIMICI E BIOLOGICI

Disgregazione delle rocce

Decomposizione dei minerali

Accumulo di sostanza organica

Trasformazione di sostanza organica

Rimozione e trasferimento di sostanze chimiche

Sviluppo della struttura

Equazione fondamentale di Jenny: s = f (cl, o, r, p, t, …)

s = suolo

cl = clima (umidità, temperatura, cicli gelo/disgelo, piogge, deserto)

o = entità biotiche (piante, apparato radicale, copertura dei rami, microrganismi, lombrichi, roditori, formiche, termiti)

r = rilievo (altitudine, morfologia, quota, esposizione, pendenza, drenaggio, profondità della falda, idrologia, erosione, microclima)

p = matrice litologica (stato del suolo all’inizio della pedogenesi)

t = età del suolo (datazione della sostanza organica, spore e pollini)

… = altri fattori (attività antropica)

ATTIVITÀ ANTROPICHE DANNOSE PER LA PEDOGENESI

MATRICE LITOLOGICASomministrazione di sostanze in quantità tossica per piante e animaliAlterazione dei costituenti del suolo con conseguente diminuzione della produttività

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CLIMARimozione della copertura vegetaleSmog

ENTITÀ BIOTICHERimozione di piante e animaliRiduzione del contenuto della sostanza organica con incendi, aratura, pascolo, raccolto, dilavamento (allontanamento di sostanze solubili)Aggiunta o mancato controllo di organismi patogeniAggiunta di sostanze radioattive

RILIEVOAccelerazione dei fenomeni erosiviOpere di drenaggio e attività minerarie con sprofondamenti conseguentiOpere di scavo

TEMPOAccelerazione della rimozione di elementi nutritivi e degradazione del suoloSeppellimento di suolo sotto copertura solida o di acqua

CARATTERISTICHE DEL SUOLO

IL SUOLO È UN PRODOTTO POLIFASICO DELL’AMBIENTEcostituito da elementi chimici e da elementi biologici.

ELEMENTI NUTRITIVI15 elementi essenziali, indispensabili per la vita delle piante:

CARBONIO, IDROGENO, OSSIGENO (C, H, O)Provengono dall’atmosfera o dalle precipitazioni

AZOTO, FOSFORO, POTASSIO (N, P, K)Elementi principali della fertilità, provengono direttamente oindirettamente dal terreno

ZOLFO, CALCIO, MAGNESIO (S, Ca, Mg)Elementi secondari della fertilità, provengono direttamente oindirettamente dal terreno

FERRO, MANGANESE, ZINCO, RAME, BORO, MOLIBDENO(Fe, Mn, Zn, Cu, B, Mo)Microelementi, provengono direttamente o indirettamente dal terreno

ELEMENTI BIOLOGICILombrichi (biomassa animale più abbondante sulla terra)Scoiattoli, roditori, rettili, lumache, insetti, ragni, acari, millepiedi, centopiedi, anellidiRotiferi, flagellati, ciliati, amebeBatteri (nitrificanti, solfobatteri), microalghe, funghi (lieviti)

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ACQUAAcqua libera nei pori del suoloAcqua legata in soluzione a specie cationiche o anionicheAcqua capillare presente nei pori più sottiliAcqua legata sotto forma di pellicole ai costituenti solidi del terreno

GASAria tellurica con stessa composizione dell’aria atmosferica ma percentuali diverseCO2 presente in percentuale maggiore (se arriva al 20% sostituisce completamente l’ossigeno)H2O allo stato di vapore presente quasi sempre fino alla saturazioneO2 fattore limitante per la respirazione delle radici (> 2%)CH4, H2S, NH3 possono essere presentiIl ricambio dell’aria tellurica da parte dell’aria atmosferica avviene con movimento verso il basso dell’ossigeno e verso l’alto di anidride carbonica e vapor acqueo attraverso i pori non occupati da acqua

PROPRIETÀ FISICHE DEL SUOLO

TESSITURAComposizione granulometricaFrazioni di particelle ripartite in classi granulometriche a seconda del loro diametroScheletro: particelle con diametro > 2 mmTerra fine: particelle con diametro ≤ 2 mmTerra fine = sabbia, limo, argillaInfluenza la porosità, la capillarità, i rapporti terreno-acqua-aria

POROSITÀSpazi “vuoti” tra le particelle del terreno occupati da aria o acquaRapporto fra volume degli spazi non occupati da componenti solide e volume totaleCaratteristiche dei poriPori capillari: trattengono l’acqua destinata a perdersi nel drenaggio, permettono la risalita dalla falda sotterraneaPori di maggiori dimensioni che permettono la libera circolazione dell’aria e dell’acqua

STRUTTURAStato di aggregazione delle particelle solide del terrenoComposizione, dimensioni, forma, stabilitàLegami tra le particelle (flocculi, grumi, zolle)Legami chimici: cementiLegami chimico-fisici: flocculazioneLegami biologici: formazione di composti polisaccaridici (gomme) e umici leganti

COLORECarbonato di calcio e sali solubili (bianco)Ossidi di ferro (giallo-rosso scuro ferrico, grigio-verdastro ferroso condizioni di anossia)Sostanza organica umificata (bruno- nero acidi umici, bruno chiaro-rossastro acidi fulvici)

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TEMPERATURA

ACCUMULATORI BIOLOGICI DI INQUINANTI

LOMBRICHIBiomassa animale più abbondante sulla terraFattore di concentrazione dello Zn = 7,4Fattore di concentrazione del Cd = 16,3

PIANTEAssorbimento radicale Le piante assorbono elementi in forma ionica dalla soluzione del terreno attraverso l’apparato radicale.

Assorbimento fogliare Le foglie possono assorbire cationi, anioni e molecole di piccole dimensioni a contatto con soluzioni saline (aerosol, acque di precipitazione contenenti elementi dilavati dall’atmosfera).

INQUINAMENTO DA METALLI PESANTI

Cd, Co, Cr, Cu, Hg, Mn, Ni, Pb, Sn, Zn, Mo

Meccanismi di contaminazione: diretti (fumi, aerosol, acque di scarico);indiretti (vernici, rifiuti, combustibili).

Meccanismi di diffusione dell’inquinamento attraverso la catena trofica:assorbimento radicale, trasporto nelle parti edule delle piante, utilizzo da parte dei consumatori primari e poi secondari o direttamente da parte dei primari.

Principali fonti di inquinamento atmosferico:centrali elettriche a carbone e nafta, impianti di riscaldamento, carburanti, miniere, produzione metalli, incenerimento di rifiuti,fertilizzanti fosfatici, cementifici.

I metalli pesanti sono presenti nel terreno:

in soluzione nell’acqua interstiziale (ioni, complessi e chelati solubili);

sull’interfaccia acqua-solido (in forma scambiabile con legami di tipo elettrico su minerali argillosi, ossidi o sostanza organica; adsorbiti con legami covalenti in forma idratata; come idrati sotto forma di precipitato sulle superfici solide);

allo stato solido (ossidi, idrossidi, carbonati, fosfati, solfuri; come vicariante nelle strutture cristalline dei minerali; come precipitato biologico nel citoplasma di radici, microrganismi e altri animali).

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Comportamento dei metalli pesanti nel terreno influenzato da:

Capacità di scambio cationico C.S.C.Scambio di ioni tra minerali e soluzioni acquose percolanti; procede dall’esterno verso l’interno delle particelle.Lo scambio cationico è legato alla valenza dello ione metallico, è direttamente proporzionale alla densità di carica e inversamente proporzionale al raggio ionico.Ordine di selettività:

Fe3+ > Al3+ > Pb2+ > Ca2+ > Cu2+ > Mg2+ > K+ > NH4+ > Na+ > Li+

pH Al diminuire del pH del terreno aumenta la concentrazione dei metalliin soluzione e quindi la loro mobilità.All’aumentare del pH del terreno diminuisce la mobilità dei metalli, che precipitano come idrati, carbonati e fosfati oppure formano complessi stabili con la sostanza organica.

INQUINAMENTO DA SOSTANZE ORGANICHE

IdrocarburiFitofarmaci (fungicidi, insetticidi, erbicidi)PCB (bifenili policlorurati) (idrocarburi aromatici clorurati)

MECCANISMI DI INTERAZIONE CON IL SUOLOAdsorbimento da parte delle argille (elevata superficie specifica ecarica elettrica) e delle sostanze organiche (affinità di struttura) presenti nel terreno.

Degradazione (decomposizione metabolica) da parte dei microrganismi (funghi e batteri) presenti nel terreno favorita da abbondante presenza di ossigeno.Degradazione più lenta, e conseguente maggiore persistenza nell’ambiente, per i composti contenenti più atomi di cloro.

ALTRI MECCANISMI

Decomposizione chimica (reazioni di idrolisi, ossidazione, isomerizzazione, riduzione)

Idrolisi = aspetto dell’equilibrio acido-base (NH3 + H2O = NH4+ + OH-)

Ossido-riduzione = trasferimento elettronico (una sostanza chimica viene ossidata quando perde elettroni Es.: 2CO + O2 = 2CO2)Isomeri = molecole con gli stessi atomi legati in maniera diversa

Fotodecomposizione (modificazioni chimiche nelle molecole provocate dalla radiazione solare ultravioletta)

Volatilizzazione (aumento della temperatura e dell’intensità del flusso di aria)

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Dilavamento

Diluizione

Rimozione meccanica

Assorbimento da parte dei vegetali

EROSIONE IDRICA

Conformazione topograficaGranulometriaClimaRegime delle precipitazioniCopertura vegetalePiogge acide

PIOGGE ACIDE

SO2 Anidride solforosaSO2 + ½ O2 → SO3 Anidride solforicaSO3 + H2O → H2SO4 Acido solforicoM + H2SO4 → MSO4 + H2 Solfati (sali metallici)

CaCO3 + SO2 + ½ O2 → CaSO4 + CO2 Solfato di calcio (solubile)

EROSIONE EOLICA

GranulometriaClimaCopertura vegetale

DESERTIFICAZIONE

Annullamento o depauperamento della fertilità del suolo

L’instaurarsi di condizioni climatiche di temperatura e di umidità, che rendono impossibile o assai precaria la crescita vegetale.

Incendi

Disboscamento

Cementificazione

Cambiamenti climatici

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Contaminanti

Composti organici volatili non alogenati Composti organici volatili alogenati Composti organici semivolatili non alogenati Composti organici semivolatili alogenati Combustibili Inorganici Radionuclidi Esplosivi

Principali composti organici volatili non alogenati (esclusi combustibili, BTEX e contaminanti in fase gassosa inclusi nella sezione “Combustibili”)

1-butanol Cyclohexanone Methyl isobutyl ketone4-Methyl-2-pentanone Ethanol n-Butyl alcoholAcetone Ethyl acetate StyreneAcrolein Ethyl ether TetrahydrofuranAcrylonitrile Isobutanol Vinyl acetateAminobenzene Methanol Carbon disulfide Methyl ethyl ketone (MEK)

Principali composti organici volatili alogenati

1,1,1,2-Tetrachloroethane Bromoform Glycerol trichlorohydrin1,1,1-Trichloroethane Bromomethane Hexachlorobutadiene1,1,2,2-Tetrachloroethane Carbon tetrachloride Hexachlorocyclopentadiene1,1,2-Trichloroethane Chlorodibromomethane Hexachloroethane1,1-Dichloroethane Chloroethane Methylene chloride1,1-Dichloroethylene Chloroform Neoprene1,2,2-Trifluoroethane (Freon 113)

Chloromethane Pentachloroethane

1,2-Dichloroethane Chloropropane Perchloroethylene1,2-Dichloropropane Cis-1,2-dichloroethylene Propylene dichloride1,2-Trans-dichloroethylene Cis-1,3-dichloropropene Trichlorotrifluoroethane1,3-cis-dichloro-1-propene Dibromochloropropane Monochlorobenzene1,3-trans-dichloropropene Dibromomethane Tetrachloroethylene

(Perchloroethylene) (PCE)1-chloro-2-propene Dichlorobromomethane Trichloroethylene (TCE)2-butylene dichloride Dichloromethane Vinyl chlorideAcetylene tetrachloride Ethylene dibromide Vinyl trichlorideBromodichloromethane Fluorotrichloromethane (Freon Vinylidene chloride

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Principali composti organici semivolatili non alogenati (esclusi combustibili ed esplosivi inclusi nelle sezioni “Combustibili” ed “Esplosivi”)

1,2-benzacenaphthene Benzidine Ethyl parathion1,2-Diphenylhydrazine Benzo(a)anthracene Fluorene1-aminonaphathalene Benzo(a)pyrene Indeno(1,2,3-cd)pyrene2,3-phenylenepyrene Benzo(b)fluoranthene Isophorone2,4,-Dinitrophenol Benzo(k)fluoranthene Malathion2-aminonaphthalene Benzoic Acid Methylparathion2-Methylnaphthalene Benzyl alcohol Naphthalene2-Nitroaniline Bis(2-ethylhexyl)phthalate n-Nitrosodimethylamine2-Nitrophenol Butyl benzyl phthalate n-Nitrosodi-n-propylamine3-Nitroaniline Chrysene n-Nitrosodiphenylamine4,6-Dinitro-2-methylphenol Dibenzofuran Parathion4-Nitroaniline Diethyl phthalate Phenanthrene4-Nitrophenol Dimethyl phthalate Phenyl naphthaleneAcenaphthene Di-n-butyl phthalate PyreneAcenaphthylene Di-n-octyl phthalate tetrapheneAllyldioxybenzene methylene ether

Diphenylenemethane

Anthracene Ethion

Principali composti organici semivolatili alogenati (esclusi combustibili ed esplosivi inclusi nelle sezioni “Combustibili” ed “Esplosivi”)

1,2,4-Trichlorobenzene 4-Chloroaniline Hexachlorobenzene1,2-Bis(2-chloroethoxy) ethane 4-Chlorophenyl phenylether Hexachlorobutadiene1,2-Dichlorobenzene Bis(2-chloroethoxy) ether Hexachlorocyclopentadiene1,3-Dichlorobenzene Bis(2-chloroethoxy) methane o-dichlorobenzene1,4-Dichlorobenzene Bis(2-chloroethoxy) phthalate p-Chloro-m-cresol2,4,5-Trichlorophenol Bis(2-chloroethyl) ether p-dichlorobenzene2,4,6-Trichlorophenol Bis(2-chloroisopropyl) ether Pentachlorobenzene2,4-Dichlorophenol Chlordane Pentachlorophenol (PCP)2-Chloronaphthalene Chlorobenzene Polychlorinated biphenyls (PCBs)2-Chlorophenol Chlorobenzilate Quintozene3,3-Dichlorobenzidine Chlorphenothane Tetrachlorophenol4-Bromophenyl phenyl ether Hexachlorobenzene Unsym-trichlorobenzene

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• Principali pesticidi (organici semivolatili alogenati)

Aldrin 4,4´-DDT Ethyl parathionBHC-alpha Dieldrin HeptachlorBHC-beta Endosulfan I Heptachlor epoxideBHC-delta Endosulfan II MalathionBHC-gamma Endosulfan sulfate MethylparathionChlordane Endrin Parathion4,4´-DDD Endrin aldehyde Toxaphene4,4´-DDE Ethion

Principali combustibili

1,2,3,4-Tetramethylbenzene

2-Methylheptane Benzo(k)fluoranthene n-Decane

1,2,4,5-Tetramethylbenzene

2-Methylnaphthalene Chrysene n-Dodecane

1,2,4-Trimethyl- 5-ethylbenzene

2-Methylpentane Cis-2-butene n-Heptane

1,2,4-Trimethylbenzene 2-Methylphenol Creosols n-Hexane1,3,5-Trimethylbenzene 3,3,5-Trimethylheptane Cyclohexane n-Hexylbenzene1-Pentene 3,3-Dimethyl-1-butene Cyclopentane n-Nonane2,2,4-Trimethylheptane 3-Ethylpentane Dibenzo(a,h)anthracene n-Octane2,2,4-Trimethylpentane 3-Methyl-1,2-butadiene Dimethylethylbenzene n-Pentane2,2-Dimethylheptane 3-Methyl-1-butene Ethylbenzene n-Propylbenzene2,2-Dimethylhexane 3-Methyl-1-pentene Fluoranthene n-Undecane2,2-Dimethylpentane 3-Methylheptane Fluorene o-Xylene2,3,4-Trimethylheptane 3-Methylhexane Ideno(1,2,3-c,d)pyrene Phenanthrene2,3,4-Trimethylhexane 3-Methylpentane Isobutane Phenol2,3,4-Trimethylpentane 4-Methylphenol Isopentane Propane2,3-Dimethylbutane Acenaphthene Methylcyclohexane p-Xylene2,3-Dimethylpentane Anthracene Methylcyclopentane Pyrene2,4,4-Trimethylhexane Benz(a)anthracene Methylnaphthalene Pyridine2,4-Dimethylphenol Benzene Methylpropylbenzene Toluene2-Methyl-1,3-butadiene Benzo(a)pyrene m-Xylene Trans-2-butene2-Methyl-2-butene Benzo(b)fluoranthene Naphthalene Trans-2-pentene2-Methyl-butene Benzo(g,h,i)perylene n-Butane Vinylbenzene

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Principali contaminanti inorganici

• Metalli

Alumina Cobalt SeleniumAluminum Copper SilverAntimony Iron SodiumArsenic* Lead ThalliumBarium Magnesium TinBeryllium Manganese TitaniumBismuth Mercury VanadiumBoron Metallic cyanides ZincCadmium Molybdenum ZirconiumCalcium Nickel Chromium Potassium

• Altri contaminanti inorganici

AmiantoFluoro

Cianuro

Principali radionuclidi

Americium-241 Iodine-129,-131 Ruthenium-103,106Barium-140 Krypton-85 Silver-110mCarbon-14 Molybdemum-99 Strontium-89,-90Cerium-144 Neptunium-237 Technetium-99Cesium-134, -137 Plutonium-238, -239,-241 Tellurium-132Cobalt-60 Polonium-210 Thorium-228, -230, -232Curium-242,-244 Radium-224, -226 TritiumEuropium-152, -154, -155 Radon-222 Uranium-234, -235, -238

Principali esplosivi

• TNT (2,4,6-Trinitrotoluene) • Picrates• RDX (Cyclo-1,3,5-trimethylene-2,4,6-trinitramine) • TNB (Trinitrobenzenes)• Tetryl (N-Methyl-N,2,4,6-tetranitrobenzeneamine) • DNB (Dintrobenzenes)• 2,4-DNT (2,4-Dinitrotoluene) • Nitroglycerine• 2,6-DNT (2,6-Dinitrotoluene) • Nitrocellulose• HMX (1,3,5,7-Tetranitro-1,3,5,7-tetraazocyclooctane) • AP (Ammonium perchlorate)

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• Nitroaromatics • Nitroglycerine

Principali dati richiesti nella scelta della tecnologia per suolo, sedimenti e fanghi

Tessitura (composizione granulometrica)Ripartizione percentuale delle particelle in funzione del loro diametro.Influisce su trattamenti quali il lavaggio del terreno e la stabilizzazione.

Omogeneità ed isotropiaInfluisce su tecnologie in situ, quali il lavaggio del terreno e l’estrazione di vapori, e su

tecnologie ex situ, quali l’estrazione chimica e la stabilizzazione.

Densità apparente (vuoto per pieno)Peso per unità di volume di un campione di suolo indisturbato, inclusi acqua e vuoti. Si usa

nel dimensionamento.Per suoli organici misura in media 1,0 g/cm3 Per argille e sabbie varia in generale tra 1,2 e 2,0 g/cm3

Densità delle singole particelle di terrenoInfluisce sul lavaggio del terreno, sulla velocità di sedimentazione, sui processi di

flocculazione.

Permeabilità del suoloDeterminante nella verifica preliminare dell’efficacia delle tecnologie di trattamento in sito.Influisce sul lavaggio del terreno, sull’estrazione di vapori.

Umidità del suoloInfluisce sull’estrazione di vapori, sullo scavo.

pHFattore determinante nella scelta della tecnologia.Influisce sulla solubilità dei contaminanti inorganici, sull’efficacia dei processi di

flocculazione.(> pH < mobilità degli inquinanti inorganici nel suolo)(< pH > mobilità degli inquinanti inorganici nel suolo)

Eh potenziale di ossidoriduzione (redox)Nei suoli coltivati ha in generale un valore variabile tra 0 e 0,6 V per pH=7Un valore basso di Eh indica la tendenza di una sostanza ad acquistare elettroni e quindi ad

essere ridotta.Viceversa, una sostanza con Eh elevato, tenderà a perdere elettroni e quindi ad essere

ossidata.Tipiche reazioni chimiche di ossidoriduzione sono l’ossidazione aerobica di sostanze

organiche in CO2 e H2O e la decomposizione anaerobica di sostanza organica in CO2 e CH4.

Kow coefficiente di separazione ottanolo/acquaSi usa soprattutto per valutare il comportamento dei pesticidi nell’ambiente.Rapporto tra la concentrazione di una sostanza in ottanolo e la concentrazione della stessa

sostanza in fase acquosa in un sistema bifasico ottanolo/acqua.

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Bonifica dei siti contaminati: trattamenti chimiciDott. Ing. Paola Morgese – A.A. 2008/2009

Misura la tendenza di una sostanza chimica a separarsi in una fase organica (per esempio idrocarburi policiclici aromatici in un solvente) e in una fase acquosa.

Sostanze con un basso Kow (< 10) sono idrofiliche, presentano cioè elevata solubilità in acqua, basso coefficiente di adsorbimento nei sedimenti e basso fattore di bioaccumulazione negli organismi acquatici.

Viceversa, sostanze con un elevato Kow (< 104) sono idrofobiche e tendono ad accumularsi su supporti organici come suolo e specie acquatiche.

Contenuto di humus (frazione organica)Rappresenta la frazione organica del terreno in naturale decomposizione.Un elevato contenuto di humus può inibire tecnologie come l’estrazione di vapori e il

lavaggio del terreno, a causa dell’elevato grado di adsorbimento degli inquinanti operato dal materiale organico, può aumentare i tempi di reazione per la dealogenazione chimica e richiedere troppo ossigeno per una ossidazione chimica.

In un suolo coltivato il carbonio organico varia in genere tra 0,3 e 2,1 % e la sostanza organica (C org. x 1,72) tra 0,5 e 3,6 %.

TOC (carbonio organico totale)Un valore elevato di TOC influisce negativamente sulle reazioni di ossidoriduzione,

richiedendo un grosso quantitativo di reagenti chimici.In siti inquinati da petrolio e derivati è utile misurare anche gli idrocarburi volatili,

l’ossigeno (O2) e l’anidride carbonica (CO2) per determinare l’estensione dell’area contaminata.

BOD, CODCOD/BOD per la verifica dell’utilizzo dell’ossidazione chimica.

Grassi e oliPossono rivestire le particelle di terreno e interferire ad esempio con trattamenti di

ossidoriduzione o di stabilizzazione.

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Principali dati richiesti nella scelta della tecnologia per le acque sotterranee, quelle superficiali ed i percolati

pHFattore determinante nella scelta della tecnologia.Un pH basso interferisce con i processi di ossidoriduzione chimica.Influisce sulla solubilità e sulla tossicità dei contaminanti inorganici, sull’efficacia dei

processi di flocculazione.

Eh potenziale di ossidoriduzione (redox)Un valore basso di Eh indica la tendenza di una sostanza ad acquistare elettroni e quindi ad

essere ridotta.Viceversa, una sostanza con Eh elevato, tenderà a perdere elettroni e quindi ad essere

ossidata.La decomposizione di composti alogenati è favorita da condizioni di anaerobiosi (basso Eh).

TOC (carbonio organico totale)Un valore elevato di TOC influisce negativamente sulle reazioni di ossidoriduzione,

richiedendo un grosso quantitativo di reagenti chimici.In siti inquinati da petrolio e derivati è utile misurare anche gli idrocarburi volatili,

l’ossigeno (O2) e l’anidride carbonica (CO2) per determinare l’estensione dell’area contaminata.

BOD, COD, TOCForniscono indicazioni rispettivamente su:

• frazione biodegradabile, • frazione ossidabile chimicamente, • frazione combustibile.

Grassi e oliOstacolano i processi di trattamento, anche in basse concentrazioni.Possono essere presenti in fase separata.

Solidi sospesiPossono essere di ostacolo nei trattamenti primari e devono essere rimossi con

coagulazione/sedimentazione o filtrazione.Principali anioni (cloruri, solfuri, fosfati e nitrati).Principali cationi (calcio, magnesio, sodio, potassio).

Parametri geologici e idrogeologiciCaratterizzazione geologica di dettaglio.Gradiente idraulico.Porosità efficace (da bibliografia o da prove di pompaggio).Conducibilità idraulica (prove di pompaggio).

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Ossidazione chimica suoloTrattamento chimico/fisico in situ

= sopra la media; = nella media; = sotto la media

Composti organici volatili non alogenati Composti organici volatili alogenati Composti organici semivolatili non alogenati Composti organici semivolatili alogenati Combustibili Inorganici Livello di efficacia fortemente dipendente dal

contaminante specifico e da una adeguata applicazione/progettazione della tecnologia

Radionuclidi Esplosivi

Stato di sviluppo e di utilizzo della tecnologia Utilizzata in più siti, ben documentata, studiata, compresa

Efficacia come trattamento a sé stante Tecnologia a sé stante (non complessa, in termini di numero di mezzi e di tecnologie di trattamento, usuale)

Frequenza relativa delle operazioni di esercizio e manutenzione

Alto grado di frequenza delle operazioni di esercizio e manutenzione

Investimento relativo di capitale Medio investimento di capitaleGrado di affidabilità e di facilità di manutenzione dimostrate, in confronto ad altre tecnologie di uguale efficacia

Affidabilità e manutenzione medi

Costi relativi di progettazione, costruzione, esercizio e manutenzione dell’intero processo di trattamento (compresi eventuali pre e post trattamenti)

Costi generali medi

Tempo di decontaminazione per un sito “medio” Meno di 1 annoDisponibilità (numero di fornitori capaci di eseguire progettazione, costruzione e manutenzione)

Più di 4 fornitori

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Ossidazione chimica

SuoloTrattamento chimico/fisico in situ

L’ossidazione chimica trasforma i contaminanti pericolosi in sostanze non pericolose o comunque meno tossiche, che sono più stabili, meno mobili e/o inerti.Gli agenti ossidanti più comunemente usati sono ozono, perossido di idrogeno, ipocloriti, cloro, biossido di cloro e permanganato.Questi ossidanti si usano per l’abbattimento di composti tossici organici. In generale raggiungono alte efficienze, maggiori del 90%, nel trattamento di composti alifatici, come il tricloroetilene (TCE), e aromatici, come il benzene. La velocità di reazione è elevata, si ha una rapido e completo abbattimento chimico del 90% dei contaminanti in tempi dell’ordine dei minuti.Le applicazioni sul campo hanno indicato che i fattori determinanti, per l’efficacia del trattamento, sono: la scelta dell’agente ossidante più adatto, il sistema di convogliamento in sito e le condizioni del sito.

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OzonoL’ozono è un gas instabile dal caratteristico odore penetrante, percepibile anche a basse concentrazioni (0,01 ppm). Ha una permanenza media di circa 20 – 30 minuti in acqua distillata a 20° C e di circa 12h in atmosfera. Di solito è usato in dispersione in un mezzo acquoso. È un ossidante relativamente costoso. Spesso è usato in combinazione con i raggi ultravioletti.L’ozono gassoso può ossidare i contaminanti in modo diretto oppure attraverso la formazione di radicali OH-. Come per il perossido di idrogeno, le reazioni dell’ozono hanno maggiore efficacia in ambiente acido (pH compreso tra 2 e 4). La reazione di ossidazione procede con estrema rapidità. A causa delle elevate reattività e instabilità dell’ozono, l’O3 viene prodotto in sito e nelle immediate vicinanze della zona da trattare, in genere in prossimità dei pozzi di iniezione. La trasformazione dell’ozono in sito favorisce l’ossigenazione e la biostimolazione. Esempio di reazione con il cianuro:

NaCN + O3 → NaCNO + O2

Perossido di idrogenoIl perossido di idrogeno è disponibile in soluzione acquosa incolore a concentrazioni variabili tra il 30% e il 70%. È fortemente ossidante e durante le reazioni chimiche genera ossigeno e calore. Non è tossico, ma è estremamente pericoloso nel contatto con pelle, occhi e abiti. Richiede particolari precauzioni nella manipolazione e nello stoccaggio. È usato soprattutto nell’abbattimento di cianuri, formaldeide, solfuro di idrogeno, mercaptani, fenoli, solfiti.L’ossidazione con il perossido di idrogeno (H2O2) in forma liquida porta, in presenza di ioni ferrosi (Fe+2), alla formazione di radicali idrossile (OH-), che sono dei forti ossidanti non specifici in grado di ossidare una grande varietà di composti organici. Le reazioni sono estremamente rapide e hanno maggiore efficacia in ambiente fortemente acido (pH compreso tra 2 e 4).Esempio di reazione con il cianuro:

NaCN + H2O2 → NaCNO + H2O

PermanganatoIl permanganato è usato in forma sia liquida che solida come KMnO4, ma anche come sali di Na, Ca o Mg. Le reazioni chimiche assumono forme complesse, sono più lente di quelle con l’ozono o con il perossido di idrogeno e hanno maggiore efficacia per valori del pH compresi tra 3,5 e 12.In particolare il permanganato di potassio è disponibile in granuli rosso porpora di aspetto metallico. È usato in soluzione acquosa. Può presentare reazioni violente, anche esplosive, se viene a contatto con alcune sostanze organiche allo stato liquido o con alcuni metalli in polvere. È usato soprattutto nell’abbattimento di fenoli, inquinanti industriali, ferro e manganese, cianuri.Esempio di reazione del permanganato di potassio con il cianuro:

NaCN + 2KMnO4 + 2KOH → 2K2MnO4 + NaCNO + H2O

IpocloritiL’ipoclorito di sodio è probabilmente l’ossidante più usato. È facilmente disponibile, trasportabile e conservabile in soluzione acquosa. È usato soprattutto nell’abbattimento di cianuri, che sono dapprima trasformati in cianati, poi in bicarbonato e azoto.Esempio di reazione dell’ipoclorito di sodio con il cianuro:

2NaCN + 5NaOCl + H2O → N2 + 2NaHCO3 + 5NaCl

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L’ipoclorito di calcio (usato anche per disinfettare l’acqua delle piscine) è disponibile in forma granulare o in tavolette. È il più facile da maneggiare tra gli ossidanti. Sviluppa calore e ossigeno durante le reazioni che, in presenza di sostanze organiche, possono portare ad incendi di notevoli dimensioni. È usato soprattutto nell’abbattimento di cianuri di rame e nichel.Esempio di reazione dell’ipoclorito di calcio con il cianuro:

4NaCN + 5Ca(OCl)2+ 2H2O → 2N2 + 2Ca(HCO3)2 + 3CaCl2 + 4NaCl

ApplicabilitàSi usa soprattutto per il trattamento di contaminanti organici. L’applicabilità di questa tecnologia è funzione della natura dei composti chimici, del pH, della temperatura, della concentrazione dell’agente ossidante, della concentrazione di altre sostanze organiche, ad esempio il contenuto di humus del terreno, della presenza di carbonato. Di rilevante importanza è il sistema di convogliamento e di distribuzione degli ossidanti nel sottosuolo. Di solito il convogliamento è realizzato con pozzi di iniezione verticali o orizzontali e i punti di spargimento con una irrorazione forzata, per consentire all’ossidante di diffondersi rapidamente nel sottosuolo.

Il permanganato è relativamente più stabile e relativamente più persistente nel sottosuolo e, di conseguenza, può migrare attraverso processi di diffusione.

Possibili effetti negativi sul sottosuolo da considerare sono: la riduzione del pH, a seguito delle reazioni di ossidazione; la formazione di sostanze colloidali, che possono ridurne la permeabilità; la mobilità o lo scambio di ioni metallici; la formazione di sottoprodotti tossici; la produzione di calore e di gas; le variazioni biologiche.

LimitazioniI fattori che possono limitare l’applicabilità e l’efficacia dell’ossidazione chimica sono i seguenti:

• restrizioni sulla manipolazione di grosse quantità di sostanze chimiche ossidanti, dovute al quantitativo richiesto per il trattamento dei contaminanti e a quello richiesto al di fuori del trattamento da altra sostanza organica presente;

• la presenza di inquinanti resistenti all’ossidazione;• potenziali effetti dannosi indotti dal trattamento.

Dati richiestiDati generali: tessitura, omogeneità ed isotropia, peso specifico, permeabilità, umidità, pH, Eh, Kow, frazione organica, TOC, BOD, COD, grassi e oli, solidi sospesi, parametri idrogeologici.

Particolare attenzione deve essere prestata allo studio delle reazioni chimiche e dei processi di trasporto dei contaminanti e dei sottoprodotti, alla formazione dei lavoratori, alla manipolazione delle sostanze chimiche e alla gestione dei rifiuti prodotti nelle operazioni di bonifica. La progettazione e la realizzazione devono essere accompagnate ed integrate da simulazioni con modelli e da prove di trattamento in laboratorio e in sito.

UtilizzazioniL’ossidazione chimica in situ è una tecnologia di bonifica utilizzabile sia per il terreno contaminato che per la falda. I potenziali benefici dell’ossidazione in situ sono costituiti dalla rapidità di reazione con una vasta gamma di inquinanti e dall’applicabilità a molti contaminanti organici ed a sottosuoli difficilmente trattabili per via biologica. Può essere adattata alle specifiche esigenze del sito e

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realizzata con un’attrezzatura relativamente semplice e facilmente disponibile. Esistono le potenziali limitazioni sopra riportate.

CostiNon disponibili.

Sicurezza

Analisi dei rischi

L’adozione di questa tecnologia comporta i seguenti rischi, caratteristici delle operazioni di trivellazione di pozzi di estrazione/iniezione/monitoraggio (pozzi orizzontali, verticali, lavaggio del terreno in situ):

a. Rischi di natura fisicab. Rischi di natura chimicac. Rischi di natura radioattivad. Rischi biologici

a. Rischi di natura fisicaPresenza di carichi sospesi, cavi, ingranaggi in movimento, tubazioni, attrezzature di trivellazione, reti di sottoservizi, serbatoi interrati.Pericolo di incendio, esplosione, elettrocuzione.Potenziale presenza di sostanze infiammabili quali: bisolfuro di carbonio (CS2), metano, biogas, etano, propano, etilene, benzene.In presenza di tali sostanze, bisognerebbe usare metodi di trivellazione con acqua o fango e prestare attenzione ad eventuali scintille.Potenziale presenza di solfuro di idrogeno (H2S), asfissiante.L’elettricità usata (ad esempio durante le operazioni di spurgo o di pompaggio) in ambiente umido ed in concomitante presenza di sostanze galleggianti infiammabili, quali i NAPL, può causare incendi o esplosioni.Potenziale pericoloso contatto con gli occhi di acque calde di lavaggio.Potenziale scivolamento su superfici bagnate o nel fango.Rumorosità.Posizionamento delle attrezzature di trivellazione.Esposizione diretta o indiretta al sole, ai raggi ultravioletti, ai colpi da calore in ambiente caldo-umido.Movimentazione manuale di oggetti pesanti.

b. Rischi di natura chimicaEsposizione a polveri, composti organici volatili e metalli presenti nel suolo contaminato e/o nelle acque di falda portate in superficie nel corso delle operazioni di trivellazione, durante i campionamenti e durante l’installazione dei pozzi di iniezione.Pericoli per contatto diretto, per ingestione o per inalazione di vapori.Accertamento della presenza nel suolo di materiale reattivo, altamente infiammabile o corrosivo.In presenza di pericolo, ad esempio elevate quantità di CO2, evitare di produrre scintille.Prestare attenzione all’eventuale uso di additivi chimici durante il trattamento e al loro comportamento con i contaminanti presenti.Pericolo di incendio, esplosione, inalazione, ingestione, asfissia per la presenza di particolari sostanze nelle reti di sottoservizi, se danneggiate durante le operazioni di perforazione.

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L’eventuale uso, o iniezione nel terreno, di acidi può causare pericoli per la pelle, per gli occhi e per inalazione.

c. Rischi di natura radioattivaEventuale uso improprio o danneggiamento di attrezzature, che utilizzano sostanze radioattive, neutroni o raggi gamma.Presenza di rifiuti radioattivi interrati.Presenza naturale di materiale radioattivo (radio, torio, uranio, radon) nel suolo trivellato.Raramente il materiale radioattivo, eventualmente presente nel suolo o nelle acque di falda, può essere inalato o ingerito durante le operazioni di installazione, campionamento e monitoraggio di una rete di pozzi. Il pericolo sussiste solo se si registrano elevati livelli di radioattività.

d. Rischi biologiciI microrganismi presenti nel suolo e nelle acque sotterranee costituiscono un potenziale pericolo per esposizione diretta, durante le operazioni di installazione, campionamento e monitoraggio di una rete di pozzi, nei siti in cui siano stati rinvenuti rifiuti sanitari o fanghi di fognatura.Potenziale inalazione e/o ingestione e/o contatto con la pelle di agenti patogeni.Ricorso a lavanderie industriali specializzate per il lavaggio degli abiti da lavoro.Potenziale presenza di serpenti, ragni, scorpioni o di altri insetti o animali pericolosi annidati o intrappolati nelle teste e nelle chiusure dei pozzi.Potenziali pericoli da animali, presenti in sito durante tutte le fasi della bonifica, quali: serpenti, api, vespe, zecche, calabroni, roditori.

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Separazione elettrocineticaTrattamento chimico/fisico in situ

= sopra la media; = nella media; = sotto la media

Composti organici volatili non alogenati Composti organici volatili alogenati Composti organici semivolatili non alogenati Composti organici semivolatili alogenati Combustibili Inorganici Radionuclidi Esplosivi

Stato di sviluppo e di utilizzo della tecnologia Utilizzata in più siti, ben documentata, studiata, compresa

Efficacia come trattamento a sé stante Complessa (più tecnologie, più mezzi da trattare, genera eccessivi rifiuti)

Frequenza relativa delle operazioni di esercizio e manutenzione

Alto grado di frequenza delle operazioni di esercizio e manutenzione

Investimento relativo di capitale Medio investimento di capitaleGrado di affidabilità e di facilità di manutenzione dimostrate, in confronto ad altre tecnologie di uguale efficacia

Media affidabilità e media manutenzione

Costi relativi di progettazione, costruzione, esercizio e manutenzione dell’intero processo di trattamento (compresi eventuali pre e post trattamenti)

Costi generali elevati

Tempo di decontaminazione per un sito “medio” Da 1 a 3 anniDisponibilità (numero di fornitori capaci di eseguire progettazione, costruzione e manutenzione)

Da 2 a 4 fornitori

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Separazione elettrocinetica

SuoloTrattamento chimico/fisico in situ

La separazione elettrocinetica si utilizza per la rimozione di metalli e di contaminanti organici da terreni a bassa permeabilità, fanghi, melme e materiale di dragaggio. Attraverso processi elettrochimici ed elettrocinetici provoca dapprima il desorbimento e poi la rimozione di metalli e dipoli organici. È una tecnica di separazione e di rimozione in situ per l’estrazione di contaminanti dal suolo.

Il principio su cui si basa la separazione elettrocinetica è l’applicazione di una corrente continua di bassa intensità nel suolo tra elettrodi ceramici suddivisi in una batteria di anodi e un’altra di catodi. Questa corrente provoca il movimento nel sottosuolo di particelle cariche elettricamente (ioni e acqua) verso gli elettrodi. Gli ioni metallici, gli ioni ammonio (NH4+) e le sostanze organiche a carica positiva si spostano verso il catodo (elettrodo negativo). Gli anioni come il cloro, il cianuro, il fluoro, i nitrati e le sostanze organiche cariche negativamente si spostano verso l’anodo (elettrodo positivo). Questa corrente crea un fronte acido in corrispondenza dell’anodo e un fronte basico in corrispondenza del catodo. Queste condizioni acide nel terreno in sito aiutano a rimuovere i contaminanti metallici adsorbiti sulle particelle di terreno e a convogliarli verso il sistema di raccolta presso il catodo.

Il trasporto dei contaminanti nel suolo verso uno dei due elettrodi avviene secondo due meccanismi principali: l’elettromigrazione e l’elettroosmosi. Nell’elettromigrazione le particelle cariche vengono trasportate attraverso il substrato solido, mentre nell’elettroosmosi si spostano in un liquido contenente gli ioni. Nella separazione elettrocinetica prevale il meccanismo dell’elettromigrazione. La direzione e la velocità di movimento degli ioni dipendono dalla carica, intesa sia in grandezza che in polarità, e dalla velocità del flusso dell’elettroosmosi indotta. Le specie non ioniche, sia inorganiche che organiche, sono trasportate insieme con il flusso di acqua indotto con l’elettroosmosi.

La separazione elettrocinetica può avvenire con o senza la rimozione dei contaminanti.

Nel trattamento con rimozione dei contaminanti, questi vengono convogliati e concentrati verso gli elettrodi per essere successivamente asportati e trattati ex situ. La rimozione dei contaminanti in corrispondenza dell’elettrodo può avvenire in vari modi, tra cui: galvanizzazione (deposizione per elettrolisi di un sottile strato di ioni metallici), precipitazione o precipitazione coadiuvata, pompaggio dell’acqua, utilizzo di resine a scambio ionico. È un trattamento ampiamente usato nella bonifica di suoli contaminati da metalli.

La separazione elettrocinetica senza la rimozione dei contaminanti prevede il trasporto elettroosmotico dei contaminanti attraverso zone di trattamento posizionate tra i due elettrodi. La polarità degli elettrodi viene invertita periodicamente, per invertire il verso di spostamento dei contaminanti. La frequenza con cui viene invertita la polarità degli elettrodi è determinata dalla velocità di trasporto dei contaminanti nel terreno. Questa tecnica è utilizzata per la bonifica in situ di suoli contaminati da sostanze organiche.

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ApplicabilitàQuesta tecnologia si usa per la rimozione di metalli pesanti, anioni e molecole organiche bipolari presenti in suolo, fanghi, melme e materiale di dragaggio. Le concentrazioni che possono essere trattate vanno da poche parti per milione (ppm) a decine di migliaia di ppm. La separazione elettrocinetica è applicabile soprattutto in terreni a bassa permeabilità. Questi suoli sono in genere argille sature e parzialmente sature e miscele limo-argilla e non drenano velocemente.

LimitazioniI principali fattori che possono limitare l’applicabilità e l’efficacia del processo sono:

• l’efficacia è drasticamente ridotta per rifiuti con un contenuto di umidità minore del 10%; la massima efficacia si raggiunge quando il contenuto di umidità è compreso tra il 14 e il 18%;

• la presenza di materiale metallico o isolante sepolto può produrre condizioni di variabilità nella conducibilità elettrica del suolo, deve quindi essere delineata la variabilità geologica spaziale naturale, inoltre, la presenza di depositi di minerali grezzi, dalla conducibilità elettrica molto elevata, rende la tecnica inefficace;

• devono essere usati elettrodi di materiale inerte (carbone, grafite o platino) per non introdurre residui nella massa di suolo trattata, gli elettrodi metallici possono disciogliersi per effetto dell’elettrolisi e rilasciare prodotti corrosivi nel terreno;

• la separazione elettrocinetica è più efficace nelle argille a causa delle cariche superficiali negative delle particelle di argilla, tuttavia la carica superficiale delle argille è alterata dalle cariche presenti nei contaminanti adsorbiti e dal pH del fluido presente nei pori;

• valori estremi del pH agli elettrodi e reazioni di ossidoriduzione possono ridurre l’efficacia del processo, sebbene condizioni acide favoriscano la rimozione dei metalli;

• reazioni di ossidoriduzione possono generare prodotti indesiderati, ad esempio cloro gassoso.

Dati richiestiDati generali: tessitura, omogeneità ed isotropia, peso specifico, permeabilità, umidità, pH, Eh, Kow, frazione organica, TOC, BOD, COD, grassi e oli, solidi sospesi, parametri idrogeologici.

UtilizzazioniNegli Stati uniti ci sono pochi esempi di utilizzazioni in campo di questa tecnologia, maggiori se ne ritrovano invece in Europa. Molte sono le sperimentazioni su impianti pilota e con una di queste, in particolare, è stato possibile ridurre la concentrazione di piombo nel terreno di un poligono di tiro da 4.500 mg/kg a meno di 300 mg/kg in 30 settimane di processo elettrocinetico.

CostiI costi variano con il quantitativo di suolo da trattare, la conducibilità del terreno, il tipo di inquinanti, la distanza tra gli elettrodi e il tipo di processo impiegato. Gli studi in corso su impianti pilota indicano che le spese di energia per l’estrazione dei metalli dal suolo possono essere superiori a 500 kWh/m3 per elettrodi distanti da 1,0 m a 1,5 m. Un costo medio di riferimento può essere stimato in circa 100 euro a metro cubo. Questa tecnica può dimostrarsi comunque competitiva rispetto ad altre per il trattamento di terreni a grana fine.

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Sicurezza

Analisi dei rischi

Non disponibile

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Lavaggio del terreno (flushing)Trattamento chimico/ fisico in situ

= sopra la media; = nella media; = sotto la media

Composti organici volatili non alogenati Composti organici volatili alogenati Composti organici semivolatili non alogenati Composti organici semivolatili alogenati Combustibili Inorganici Radionuclidi Esplosivi

Stato di sviluppo e di utilizzo della tecnologia Utilizzata in più siti, ben documentata, studiata, compresa

Efficacia come trattamento a sé stante Tecnologia a sé stante (non complessa, in termini di numero di mezzi e di tecnologie di trattamento, usuale)

Frequenza relativa delle operazioni di esercizio e manutenzione

Alto grado di frequenza delle operazioni di esercizio e manutenzione

Investimento relativo di capitale Medio investimento di capitaleGrado di affidabilità e di facilità di manutenzione dimostrate, in confronto ad altre tecnologie di uguale efficacia

Affidabilità e manutenzione medi

Costi relativi di progettazione, costruzione, esercizio e manutenzione dell’intero processo di trattamento (compresi eventuali pre e post trattamenti)

Costi generali medi

Tempo di decontaminazione per un sito “medio” Da 1 a 3 anniDisponibilità (numero di fornitori capaci di eseguire progettazione, costruzione e manutenzione)

Più di 4 fornitori

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Bonifica dei siti contaminati: trattamenti chimiciDott. Ing. Paola Morgese – A.A. 2008/2009

Lavaggio del terreno (flushing)

SuoloTrattamento chimico/ fisico in situ

Il suolo contaminato è attraversato in sito da una corrente sotterranea di acqua, che discioglie ed asporta i contaminanti, o di acqua contenente un additivo per aumentare la solubilità degli inquinanti. Per estrarre i contaminanti organici si può iniettare una miscela di solventi, per esempio acqua addizionata con alcol. L’acqua, pura o additivata, viene fatta percolare oppure viene iniettata per innalzare la superficie piezometrica a monte della zona inquinata. L’acqua contaminata viene poi pompata in superficie, a valle dell’area inquinata, e opportunamente trattata e smaltita o riutilizzata in un ciclo chiuso.Principali ostacoli al riutilizzo in sito delle acque reflue sono gli elevati costi dei tensioattivi da usare nel trattamento; lo smaltimento dei fanghi e dei residui solidi di processo, quali ad esempio carboni attivi e resine a scambio ionico esausti; la raccolta e il trattamento delle emissioni gassose di eventuali contaminanti volatili contenuti nei fluidi portati in superficie.Nel suolo potrebbero inoltre restare residui indesiderati di additivi di lavaggio.

Questo trattamento può essere usato sia in corrispondenza della sorgente di contaminazione, sia nella zona in cui l’inquinamento si è poi diffuso o nel sottosuolo o in falda.

ApplicabilitàI contaminanti, che si possono abbattere con questa tecnologia, sono principalmente gli inorganici, compresi i radionuclidi. Si può utilizzare anche per trattare suoli contaminati da composti organici volatili e semivolatili, combustibili e pesticidi, ma è meno conveniente economicamente rispetto ad altre tecnologie alternative di uguale efficacia. L’uso di tensioattivi nella soluzione di lavaggio, che aumentino la solubilità degli inquinanti e che non siano dannosi per l’ambiente, può alterare comunque le proprietà fisico-chimiche del suolo in sito. Questa tecnologia offre l’opportunità di un eventuale recupero di materiali e di rimozione di una vasta gamma di contaminanti, sia organici che inorganici, in terreni a grana grossa.

LimitazioniI seguenti fattori possono limitare l’applicabilità e l’efficacia del processo:

• i suoli a bassa permeabilità o eterogenei sono di difficile trattamento;• i tensioattivi possono aderire alle particelle di terreno, riducendone così la porosità efficace;• le reazioni tra i fluidi di lavaggio e il suolo possono ridurre la mobilità dei contaminanti;• le soluzioni di lavaggio immesse nel sottosuolo potrebbero non essere adeguatamente

confinate alla zona di intervento o totalmente recuperate a valle di essa;• i costi per il trattamento in superficie delle acque reflue recuperate potrebbero essere elevati.

Dati richiestiDati generali: tessitura, omogeneità ed isotropia, peso specifico, permeabilità, umidità, pH, Eh, Kow, frazione organica, TOC, BOD, COD, grassi e oli, solidi sospesi, parametri idrogeologici.

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Bonifica dei siti contaminati: trattamenti chimiciDott. Ing. Paola Morgese – A.A. 2008/2009

Bisogna eseguire delle prove di trattabilità per verificare la fattibilità dello specifico processo di lavaggio. Principali parametri da verificare per la caratterizzazione chimico-fisica del suolo sono: permeabilità, struttura, tessitura, porosità, contenuto di umidità, carbonio organico totale (TOC), capacità di scambio cationico, pH.Principali caratteristiche dei contaminanti da verificare sono: concentrazione, solubilità, coefficiente di partizione Kow, solubilità dei prodotti di reazione, potenziale di ossidoriduzione, stabilità.Le caratteristiche del suolo e dei contaminanti sono quelle che determinano la scelta dei fluidi di lavaggio, la loro compatibilità e le loro variazioni in funzione delle variazioni degli inquinanti.

UtilizzazioniIl lavaggio del terreno in sito è una tecnologia che si è sviluppata e affermata solo di recente e che necessita comunque di accurati studi di trattabilità, condotti in laboratorio o in scala, prima di poter essere applicata direttamente sul sito.

CostiI costi disponibili si riferiscono ad una analisi condotta nel 2006, che prendeva in considerazione i seguenti due parametri principali:

• permeabilità del suolo (i suoli a bassa permeabilità sono difficilmente trattabili con questa tecnologia, in quanto richiederebbero tempi di bonifica molto lunghi e conseguenti costi elevati);

• profondità della falda (una falda troppo profonda rispetto al piano campagna comporterebbe degli eccessivi costi di realizzazione).

Sono stati considerati quattro siti di differente complessità.I siti di riferimento erano inquinati da materiale radioattivo, con superficie di circa 200 m2 e 900 m2, profondità della falda di circa 4,5 m, permeabilità del suolo di 0,1 e 0,001 cm/s; lavaggio effettuato con acqua e tensioattivi; 10 cicli di lavaggio, percentuale dei costi attribuita alla fase di progettazione variabile tra l’11 e il 13% del costo utile di impianto.

Un costo medio stimato di trattamento per siti di differente dimensione e complessità è, come ordine di grandezza, di circa 33,00 euro/m3

Sicurezza

Analisi dei rischi

L’adozione di questa tecnologia comporta i seguenti rischi, caratteristici delle operazioni di trivellazione di pozzi di estrazione/iniezione/monitoraggio (pozzi orizzontali, verticali, lavaggio del terreno in situ):

a. Rischi di natura fisicab. Rischi di natura chimicac. Rischi di natura radioattivad. Rischi biologici

a. Rischi di natura fisicaPresenza di carichi sospesi, cavi, ingranaggi in movimento, tubazioni, attrezzature di trivellazione, reti di sottoservizi, serbatoi interrati.Pericolo di incendio, esplosione, elettrocuzione.

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Potenziale presenza di sostanze infiammabili quali: bisolfuro di carbonio (CS2, liquido colorato, punto di ebollizione 46,3°C), metano, biogas, etano, propano, etilene, benzene.In presenza di tali sostanze, bisogna usare metodi di trivellazione con acqua o fango e prestare attenzione ad eventuali scintille.Potenziale presenza di solfuro di idrogeno (H2S), asfissiante.L’elettricità usata (ad esempio durante le operazioni di spurgo o di pompaggio) in ambiente umido ed in concomitante presenza di sostanze galleggianti infiammabili, quali i NAPL, può causare incendi o esplosioni.Potenziale pericoloso contatto con gli occhi di acque calde di lavaggio.Potenziale scivolamento su superfici bagnate o nel fango.Rumorosità.Posizionamento delle attrezzature di trivellazione.Esposizione diretta o indiretta al sole, ai raggi ultravioletti, ai colpi da calore in ambiente caldo-umido.Movimentazione manuale di oggetti pesanti.

b. Rischi di natura chimicaEsposizione a polveri, composti organici volatili e metalli presenti nel suolo contaminato e/o nelle acque di falda portate in superficie nel corso delle operazioni di trivellazione, durante i campionamenti e durante l’installazione dei pozzi di iniezione.Pericoli per contatto diretto, per ingestione o per inalazione di vapori.Accertamento della presenza nel suolo di materiale reattivo, altamente infiammabile o corrosivo.In presenza di pericolo, ad esempio elevate quantità di CO2, evitare di produrre scintille.Prestare attenzione all’eventuale uso di additivi chimici durante il trattamento e al loro comportamento con i contaminanti presenti.Pericolo di incendio, esplosione, inalazione, ingestione, asfissia per la presenza di particolari sostanze nelle reti di sottoservizi, se danneggiate durante le operazioni di perforazione.L’eventuale uso, o iniezione nel terreno, di acidi può causare pericoli per la pelle, per gli occhi e per inalazione.

c. Rischi di natura radioattivaEventuale uso improprio o danneggiamento di attrezzature, che utilizzano sostanze radioattive, neutroni o raggi gamma.Presenza di rifiuti radioattivi interrati.Presenza naturale di materiale radioattivo (radio, torio, uranio, radon) nel suolo trivellato.Raramente il materiale radioattivo, eventualmente presente nel suolo o nelle acque di falda, può essere inalato o ingerito durante le operazioni di installazione, campionamento e monitoraggio di una rete di pozzi. Il pericolo sussiste solo se si registrano elevati livelli di radioattività.

d. Rischi biologiciI microrganismi presenti nel suolo e nelle acque sotterranee costituiscono un potenziale pericolo per esposizione diretta, durante le operazioni di installazione, campionamento e monitoraggio di una rete di pozzi, nei siti in cui siano stati rinvenuti rifiuti sanitari o fanghi di fognatura.Potenziale inalazione e/o ingestione e/o contatto con la pelle di agenti patogeni.Ricorso a lavanderie industriali specializzate per il lavaggio degli abiti da lavoro.Potenziale presenza di serpenti, ragni, scorpioni o di altri insetti o animali pericolosi annidati o intrappolati nelle teste e nelle chiusure dei pozzi.Potenziali pericoli da animali, presenti in sito durante tutte le fasi della bonifica, quali: serpenti, api, vespe, zecche, calabroni, roditori.

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Estrazione di vaporiTrattamento chimico/ fisico in situ

= sopra la media; = nella media; = sotto la media

Composti organici volatili non alogenati Composti organici volatili alogenati Composti organici semivolatili non alogenati Composti organici semivolatili alogenati Combustibili Inorganici Radionuclidi Esplosivi

Stato di sviluppo e di utilizzo della tecnologia Utilizzata in più siti, ben documentata, studiata, compresa

Efficacia come trattamento a sé stante Complessa (più tecnologie, più mezzi da trattare, genera eccessivi rifiuti)

Frequenza relativa delle operazioni di esercizio e manutenzione

Alto grado di frequenza delle operazioni di esercizio e manutenzione

Investimento relativo di capitale Medio investimento di capitaleGrado di affidabilità e di facilità di manutenzione dimostrate, in confronto ad altre tecnologie di uguale efficacia

Alta affidabilità e bassa manutenzione

Costi relativi di progettazione, costruzione, esercizio e manutenzione dell’intero processo di trattamento (compresi eventuali pre e post trattamenti)

Costi generali bassi

Tempo di decontaminazione per un sito “medio” Da 1 a 3 anniDisponibilità (numero di fornitori capaci di eseguire progettazione, costruzione e manutenzione)

Più di 4 fornitori

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Estrazione di vapori

SuoloTrattamento chimico/ fisico in situ

I contaminanti volatili in fase gassosa vengono rimossi dal suolo attraverso pozzi di estrazione, nei quali è stata preventivamente creata una depressione, che ha modificato il gradiente di pressione/concentrazione degli inquinanti nel terreno.Questa tecnologia si usa nella zona insatura del suolo. I gas estratti possono essere trattati per il recupero o l’abbattimento dei contaminanti, in funzione dei regolamenti di legge.Si usano pozzi di estrazione verticali profondi 1,5 m o più e sono stati usati con successo anche pozzi profondi fino a 91 m. I pozzi di estrazione orizzontali, installati in trincee o in trivellazioni orizzontali, sono usati solo in relazione ad una particolare geometria della zona contaminata, a esigenze di accesso all’attrezzatura di trivellazione o ad altri fattori specifici del sito.Per prevenire corto circuiti e per aumentare il raggio di influenza dei pozzi, spesso vengono disposte delle geomembrane sulla superficie del terreno da trattare.Per aumentare la profondità della zona insatura e per contrastare la risalita della falda, prodotta dalla depressione indotta con il trattamento, si possono usare sistemi di pompaggio per l’abbattimento della piezometrica.Per facilitare l’estrazione degli inquinanti in aree dove la contaminazione è spinta in profondità o ricade nella zona satura o se il terreno presenta bassa permeabilità, si ricorre all’iniezione di aria.

ApplicabilitàQuesta tecnologia si usa per i composti organici volatili e per alcuni combustibili, si applica di solito solo per sostanze con una costante della legge di Henry maggiore di 0,01 o con una pressione di vapore maggiore di 0,5 mm Hg.

(La relazione di equilibrio che regola il processo è la legge di Henry, applicabile a molti gas per concentrazioni molto basse, secondo la quale la pressione parziale di un gas o di una sostanza volatile in aria al di sopra di una soluzione acquosa diluita è direttamente proporzionale alla sua concentrazione in soluzione.

PA = HA · xA

Dove:PA = pressione parziale della sostanza A, espressa in atmHA = costante della legge di Henry della sostanza A, espressa in atm xA = frazione molare di A in acqua, adimensionale

Equilibrio dinamico liquido-vapore. Un liquido, avente la temperatura di ebollizione relativamente bassa, posto in un recipente aperto alla pressione atmosferica evaporerà interamente.A una certa temperatura, in un cilindro chiuso la pressione di equilibrio è sempre la stessa, indipendentemente dalla direzione seguita dal sistema liquido-vapore per raggiungere l’equilibrio stesso.)

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La sua efficacia è inoltre influenzata da altri fattori quali il contenuto di umidità del suolo, il suo contenuto di sostanza organica e la sua permeabilità all’aria.Questa tecnologia non si usa per la rimozione di oli pesanti, metalli, PCB o diossine.Poiché il processo prevede un continuo flusso di aria attraverso il suolo, esso favorisce anche la biodegradazione in sito di composti organici a bassa volatilità eventualmente presenti nel terreno.

LimitazioniI principali fattori che possono limitare l’applicabilità e l’efficacia del processo sono:

• un terreno con elevata percentuale di particelle fini o con un alto grado di saturazione richiede depressioni maggiori, e quindi costi maggiori, e ostacola il corretto esercizio del sistema di estrazione di vapori;

• terreni con alta variabilità nella permeabilità o nella stratificazione richiedono l’installazione di tubi fessurati con filtri di dimensioni molto diverse, che portano ad una disuguale distribuzione del flusso di aria proveniente dalle zone contaminate;

• terreni con elevato contenuto di sostanza organica o eccessivamente secchi hanno una elevata capacità di assorbimento dei composti organici volatili, che può portare a bassi tassi di rimozione dei contaminanti;

• l’aria estratta può dover essere trattata in superficie per eliminare qualunque possibile pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente;

• i residui liquidi, derivanti dal trattamento dei gas estratti, possono a loro volta richiedere un trattamento o uno smaltimento appropriati, bisogna provvedere allo smaltimento o alla rigenerazione di eventuali carboni attivi esausti;

• l’estrazione di vapori non ha efficacia nelle zone sature, in ogni caso è possibile intervenire abbassando localmente la superficie piezometrica della falda, anche se ciò può comportare controindicazioni per l’eventuale presenza di LNAPL.

Dati richiestiDati generali: tessitura, omogeneità ed isotropia, peso specifico, permeabilità, umidità, pH, Eh, Kow, frazione organica, TOC, BOD, COD, grassi e oli, solidi sospesi, parametri idrogeologici.

Principali dati richiesti sono: il volume del terreno contaminato (profondità ed estensione superficiale), la concentrazione degli inquinanti, la profondità della superficie piezometrica della falda, tipologia e proprietà del suolo (struttura, tessitura, permeabilità, contenuto di umidità).

Devono essere effettuati degli studi pilota per valutare alcuni parametri di progettazione quali: i pozzi di estrazione, il raggio di influenza, le portate dei gas da estrarre, la depressione ottimale da applicare e i tassi di rimozione dei contaminanti.

UtilizzazioniUno studio pilota sul campo è necessario per stabilire la fattibilità e per ottenere le informazioni necessarie per la progettazione e per la configurazione del sistema di trattamento.È possibile far funzionare l’impianto ad intermittenza, sospendendo temporaneamente il trattamento quando il tasso di rimozione degli inquinanti nell’aria estratta ha raggiunto un valore asintotico.Il funzionamento ad intermittenza può aumentare l’efficienza economica del sistema, consentendo di operare solo quando nel terreno ci sono maggiori concentrazioni dei contaminanti. In genere i progetti di estrazione di vapori in situ giungono a completamento in tempi variabili tra 1 e 3 anni. Dopo la rimozione degli inquinanti con l’estrazione di vapori in sito, se non sono stati raggiunti gli obiettivi della bonifica, è possibile ricorrere ad altre tipologie di trattamento quali la biodegradazione.

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CostiI costi si riferiscono ad una stima statunitense del 2006, che prendeva in considerazione i seguenti parametri principali:

• economia di scala (influenzata dalla quantità di materiale trattato);• tipologia di suolo (influisce sul numero di pozzi richiesti);• necessità o meno di un trattamento dell’aria estratta (influisce radicalmente sui costi).

Sono stati considerati quattro siti di differente complessità. I siti di riferimento presentavano il suolo inquinato da composti organici semivolatili, il trattamento realizzato con pozzi di estrazione verticali, tessitura del terreno variabile (sabbiosa, limosa, argillosa, mista), area della superficie contaminata di circa 40 m2 e 250 m2, profondità raggiunta dalla contaminazione di circa 1,5 m, profondità media dei pozzi di circa 1,5 m, trivellazioni eseguite in terreno non consolidato con metodo di perforazione ad aste cave, pozzi realizzati in PVC, con 1 campione di suolo per ogni pozzo, distanza tra i pozzi di circa 10 m e 7 m, numero di pozzi di estrazione di vapori variabile tra 1 e 8, portata media di vapore per singolo pozzo di circa 0,4 m3/min e 0,2 m3/min, portata complessiva di vapore variabile tra circa 0,4 m3/min e 1,6 m3/min, 2 anni di durata del trattamento, livello medio di manutenzione richiesta, frequenza di campionamento mensile, costi complessivi di esercizio e manutenzione variabili tra circa 40.000 euro e 140.000 euro, costo complessivo della progettazione 10% del costo utile di impianto (minimo 10.000 euro).

Un costo medio stimato di trattamento per siti di differente dimensione e complessità è, come ordine di grandezza, di circa 800,00 euro/m3 .

Il costo dell’estrazione di vapori in situ varia da sito a sito. È strettamente dipendente dalla estensione dell’area contaminata, dalla natura e dall’entità della contaminazione, dalle condizioni idrogeologiche. Tutti fattori che influiscono sul numero di pozzi di estrazione necessari, sulla capacità delle soffianti, sul livello di depressione richiesto e sul tempo necessario a portare a termine la bonifica.Spesso durante il processo viene estratta anche dell’acqua, che necessita di un trattamento prima dello smaltimento e che comporta quindi un incremento dei costi.

Sicurezza

Analisi dei rischi

L’adozione di questa tecnologia comporta i seguenti rischi, caratteristici delle operazioni di estrazione dei vapori dal suolo in situ:

a. Rischi di natura fisicab. Rischi di natura chimicac. Rischi di natura radioattivad. Rischi biologici

a. Rischi di natura fisicaDurante lo scavo di trincee per l’installazione di sistemi di pozzi orizzontali, le attrezzature utilizzate possono ferire o uccidere i lavoratori; rumorosità.Potenziale pericolo di incendio o di esplosione per danneggiamento di reti sotterranee di sottoservizi, come linee elettriche o del gas, durante l’installazione dei macchinari.

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Possono verificarsi incendi o esplosioni durante il trasferimento di gas infiammabili dai pozzi di estrazione all’impianto di trattamento.L’estrazione di vapori coadiuvata termicamente può prevedere l’utilizzo di vapore per riscaldare il suolo da trattare. Eventuali ostruzioni nel sistema di convogliamento di vapori caldi possono causare aumenti di pressione con conseguenti fuoriuscite o esplosioni.Potenziale pericolo di ustioni per contatto con superfici calde di apparecchiature, ad esempio generatori di vapore, e tubazioni non isolate termicamente.Potenziale pericolo di ustioni per contatto con superfici fredde di apparecchiature, ad esempio sistemi criogeni associati con immissione di O2, e tubazioni non isolate termicamente. Pericolo di congelamento.Potenziale pericolo per eccessiva rumorosità di compressori e soffianti.Potenziale pericolo per l’impigliarsi di abiti o parti di essi in soffianti o ventilatori non adeguatamente schermati.Potenziale pericolo per la presenza di carichi sospesi durante le operazioni di trivellazione.Pericolo generato dalla pressione idraulica eventualmente utilizzata nelle apparecchiature di perforazione.Potenziale pericolo di elettrocuzione per l’uso di apparecchi di illuminazione, generatori di corrente.Uso e stoccaggio impropri di gas compressi.Potenziale pericolo per l’uso di acqua calda per il lavaggio delle attrezzature, schizzi negli occhi, scivolamento, ustioni.Sollevamento manuale di oggetti pesanti.

b. Rischi di natura chimicaLa biodegradazione di alcune sostanze organiche può produrre prodotti intermedi (CO2, H2S, VC), ad esempio la degradazione di TCE porta alla formazione di DCE e VC tossico. Il cloruro di vinile si presenta sotto forma di gas e può accumularsi in grosse quantità nei fori di trivellazione o nel sistema di trattamento. I lavoratori potrebbero essere esposti a questi inquinanti secondari durante le fasi di esercizio e manutenzione dell’impianto.Pericolo di esposizione per contatto o per inalazione di sostanze contenute nei rifiuti come polveri, particolati e emissioni di composti organici volatili durante l’installazione dei pozzi e durante le fasi di esercizio e manutenzione dell’impianto. Uso di acqua o di acqua addizionata con tensioattivi durante l’installazione per tenere sotto controllo polveri, particolati e emissioni di composti organici volatili. Controllo di eventuali perdite e fuoriuscite durante le fasi di esercizio e manutenzione dell’impianto. Appropriato trattamento dei gas.Potenziale pericolo di esplosione o di esposizione diretta causato da eventuali composti organici volatili, migrati in scantinati e fognature o in altre strutture sotterranee, a causa dell’immissione di aria nei pozzi.Potenziale pericolo di fuoriuscita di composti organici volatili dalle soffianti in uso, che dovrebbero essere dotate di apposito filtro a carboni attivi.Pericolo di incendio, esplosione, inalazione, ingestione, asfissia per la presenza di particolari sostanze nelle reti di sottoservizi, se danneggiate durante le operazioni di perforazione.

c. Rischi di natura radioattivaPotenziale pericolo di esposizione (inalazione, ingestione) a gas radon di origine naturale in alcune formazioni geologiche, ad esempio banchi di tufo. Il gas viene convogliato dal suolo nel sistema di estrazione di vapori. Il gas radon e i suoi derivati, nelle concentrazioni normalmente rinvenibili, non sono particolarmente pericolosi.

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d. Rischi biologiciI microrganismi presenti nel suolo e nelle acque sotterranee costituiscono un potenziale pericolo per esposizione diretta, durante le operazioni di installazione del sistema di trattamento, nei siti in cui siano stati rinvenuti rifiuti sanitari o fanghi di fognatura.Potenziale inalazione e/o ingestione e/o contatto con la pelle di agenti patogeni.Ricorso a lavanderie industriali specializzate per il lavaggio degli abiti da lavoro.Potenziali pericoli da animali, presenti in sito durante tutte le fasi della bonifica, quali: serpenti, api, vespe, zecche, calabroni, roditori.

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StabilizzazioneTrattamento chimico/ fisico in situ

= sopra la media; = nella media; = sotto la media

Composti organici volatili non alogenati Composti organici volatili alogenati Composti organici semivolatili non alogenati Composti organici semivolatili alogenati Combustibili Inorganici Radionuclidi Esplosivi

Stato di sviluppo e di utilizzo della tecnologia Utilizzata in più siti, ben documentata, studiata, compresa

Efficacia come trattamento a sé stante Tecnologia a sé stante (non complessa, in termini di numero di mezzi e di tecnologie di trattamento, usuale)

Frequenza relativa delle operazioni di esercizio e manutenzione

Medio grado di frequenza delle operazioni di esercizio e manutenzione

Investimento relativo di capitale Elevato investimento di capitaleGrado di affidabilità e di facilità di manutenzione dimostrate, in confronto ad altre tecnologie di uguale efficacia

Elevata affidabilità e bassa manutenzione

Costi relativi di progettazione, costruzione, esercizio e manutenzione dell’intero processo di trattamento (compresi eventuali pre e post trattamenti)

Costi generali bassi

Tempo di decontaminazione per un sito “medio” Meno di 1 annoDisponibilità (numero di fornitori capaci di eseguire progettazione, costruzione e manutenzione)

Più di 4 fornitori

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Stabilizzazione

SuoloTrattamento chimico/ fisico in situ

Nella stabilizzazione viene ridotta la mobilità dei contaminanti attraverso reazioni chimiche con un agente stabilizzante. (Diversa dalla solidificazione, in cui i contaminanti sono legati fisicamente o inglobati in una massa stabilizzata. È una tecnica estremamente invasiva, che compromette irreparabilmente la fertilità del suolo e danneggia tutte le forme di vita presenti).

A differenza di altre tecnologie di bonifica, nelle quali si ottiene la rimozione dei contaminanti con un trattamento chimico fisico del terreno in sito, la solidificazione e la stabilizzazione intrappolano o immobilizzano gli inquinanti all’interno del mezzo stesso che li contiene, ad esempio suolo, sabbia, materiale da costruzione. Il grado di immobilizzazione dei contaminanti viene misurato attraverso prove di eluizione. Le tecniche di solidificazione e stabilizzazione possono essere usate da sole o insieme ad altri metodi di trattamento o di smaltimento, per produrre un materiale da smaltire appropriatamente o da riutilizzare. Possono essere utilizzate come sistemi di bonifica intermedi o finali.

Si usano sistemi a trivella e cassone e sistemi a iniettori per diffondere gli agenti solidificanti o stabilizzanti nel suolo, intrappolando o immobilizzando in questo modo i contaminanti.

È necessaria la realizzazione di una barriera impermeabile orizzontale sotterranea al di sotto dei rifiuti, per impedire migrazioni dei contaminanti in senso verticale. La barriera di fondo viene realizzata con perforazioni direzionali, in cui è iniettata malta liquida in pressione (jet grouting). La realizzazione di questa tecnologia è fortemente influenzata dalle proprietà fisiche del suolo.

ApplicabilitàQuesta tecnologia si usa per i composti inorganici e per i radionuclidi. Ha efficacia limitata con i composti organici semivolatili e i pesticidi e nessuna efficacia con i composti organici volatili, esistono tuttavia dei sistemi in fase sperimentale per il trattamento delle sostanze organiche.

LimitazioniI principali fattori che possono limitare l’applicabilità e l’efficacia del processo sono:

• profondità dei contaminanti;• usi futuri del sito possono alterare i materiali e compromettere la capacità di immobilizzare i

contaminanti;• alcuni processi possono portare a notevoli incrementi di volume, anche al doppio del volume

originale;• alcuni rifiuti non sono compatibili con questo processo ed è necessario effettuare prove di

trattabilità;• la distribuzione e la miscelazione ottimali dei reagenti sono più difficili rispetto ad analoghe

applicazioni ex situ;

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• come per tutti i trattamenti in situ, è più difficile ottenere dei campioni di verifica rispetto ad analoghi trattamenti ex situ;

• il materiale solidificato può ostacolare usi futuri del sito;• potrebbero essere necessarie operazioni di prosciugamento per interventi al di sotto della

superficie piezometrica.

Dati richiestiDati generali: tessitura, omogeneità ed isotropia, peso specifico, permeabilità, umidità, pH, Eh, Kow, frazione organica, TOC, BOD, COD, grassi e oli, solidi sospesi, parametri idrogeologici.

Principali dati richiesti sono: dimensione delle particelle di terreno, limiti di Atterberg (limiti di consistenza: limite di plasticità, limite di fluidità), contenuto di umidità, concentrazione dei metalli, contenuto di solfati, frazione organica, densità, permeabilità, resistenza a compressione a dilatazione trasversale libera (modulo di elasticità), eluizione, pH e analisi della microstruttura.

UtilizzazioniI sistemi a trivella e cassone e i sistemi a iniettori sono ben conosciuti ed applicati alle più comuni tipologie di siti e di rifiuti, richiedono l’adozione di attrezzature di uso comune e sono disponibili presso numerosi fornitori. Anche la maggior parte dei reagenti e additivi è ampiamente disponibile in commercio a costi relativamente bassi.

I sistemi a trivella e cassone e i sistemi a iniettori hanno dimostrato la capacità di ridurre la mobilità dei rifiuti contaminati di più del 95%. Gli effetti a lungo termine degli agenti atmosferici(cicli gelo-disgelo, piogge acide, erosione eolica), percolazione in falda e alterazioni fisiche associate ad un incontrollato futuro uso del terreno possono minare in maniera significativa l’integrità della massa stabilizzata e la mobilità dei contaminanti in modi, che non possono essere predetti con le prove di laboratorio.

Sono state raggiunte profondità massime di 6 metri in suoli relativamente omogenei. La profondità raggiungibile è limitata invece in terreni eterogenei.

CostiI costi per i sistemi a trivella e cassone e i sistemi a iniettori variano molto in funzione dei materiali e dei reagenti usati, della loro disponibilità, delle dimensioni del sito e della natura chimica dei contaminanti (tipologia e livelli di concentrazione per applicazioni poco profonde). Le tecniche di miscelazione con trivella costano circa in media da 40 a 60 euro per metro cubo per applicazioni poco profonde e da 150 a 250 euro al metro cubo per applicazioni di maggiore profondità.

Con la tecnica di miscelazione di suolo poco profondo si possono trattare in media da 36 a 72 tonnellate all’ora e in suolo profondo in media da 18 a 45 tonnellate all’ora.

Il principale fattore che condiziona il processo di selezione della tecnologia, oltre alla compatibilità con il rifiuto, è la disponibilità dei reagenti adatti. I sistemi a trivella e cassone e i sistemi a iniettori richiedono il trasporto in sito di grossi quantitativi di reagenti e additivi. I costi del trasporto possono influenzare l’economia del progetto e possono facilmente diventare gravosi nei casi, in cui i materiali non siano disponibili nelle immediate vicinanze.

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Il costo per le iniezioni di malta liquida (jet grouting) variano in funzione delle condizioni specifiche del sito. I costi delle perforazioni posso andare da circa 125 a 380 euro al metro lineare e per la malta liquida da circa 125 a 190 euro al metro lineare, ad esclusione dell’installazione, dello smaltimento delle acque di perforazione e di eventuali spese per avverse condizioni del sito.

Sicurezza

Analisi dei rischi

L’adozione di questa tecnologia comporta i seguenti rischi, caratteristici delle operazioni di stabilizzazione sia in situ che ex situ:

a. Rischi di natura fisicab. Rischi di natura chimicac. Rischi di natura radioattivad. Rischi biologici

a. Rischi di natura fisicaDurante lo scavo del terreno le attrezzature utilizzate possono ferire o uccidere i lavoratori.Potenziale pericolo per la presenza di carichi sospesi durante le operazioni di trivellazione.Potenziale rumorosità dei macchinari utilizzati.Potenziale pericolo per l’impigliarsi di abiti o parti di essi in apparecchiature in rotazione.Potenziale pericolo di incendio o di esplosione per danneggiamento di reti sotterranee di sottoservizi, come linee elettriche o del gas, durante l’installazione dei macchinari.Potenziale pericolo di restare impigliati alle parti in rotazione (alberi di trasmissione, ruote dentate, catene, pulegge) delle macchine impastatrici usate nella miscelazione del suolo.Possono talvolta verificarsi fuoriuscite di gas tossici o pericolosi, per esempio quando nei rifiuti è presente del magnesio e si usa del cemento nel trattamento del suolo. La reazione acqua-magnesio genera idrogeno gassoso, che può provocare incendi o esplosioni. Il pericolo è maggiore se si opera all’interno di fusti o altri contenitori.Potenziale pericolo per l’uso di acqua calda per il lavaggio delle attrezzature, schizzi negli occhi, scivolamento, ustioni.Potenziale pericolo per la presenza nel suolo di quarzo inalabile (materiale fine).Esposizione diretta o indiretta al sole, ai raggi ultravioletti, ai colpi da calore in ambiente caldo-umido.Potenziale pericolo di elettrocuzione per l’uso di apparecchiature elettriche o per la presenza di linee elettriche.Potenziale pericolo di ribaltamento di attrezzature pesanti su terreni instabili o su sponde a forte pendenza.Potenziale prossimità del cantiere di lavoro a strade pubbliche e conseguente esposizione dei lavoratori ai pericoli causati dal normale traffico veicolare nelle operazioni di attraversamento, carico e trasporto del terreno da trattare.Sollevamento manuale di oggetti pesanti.

b. Rischi di natura chimicaPotenziale pericolo di inalazione, ingestione e contatto cutaneo con polveri sollevate contaminate, composti organici volatili e materiali di rifiuto durante le operazioni di scavo e di miscelazione. Potenziale contatto con le seguenti sostanze usate nel trattamento: cemento Portland, calce viva,

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calce idrata, polveri da forno, ceneri volanti, silicato di sodio, gesso. Inoltre, l’aggiunta di cemento può portare a reazioni chimiche con i rifiuti, che rilasciano gas in atmosfera. Le polveri sollevate e le sostanze chimiche possono causare irritazioni, graffi e ferite agli occhi. Anche eventuali spruzzi e schizzi di sostanze chimiche, derivanti dall’iniezione ad alta pressione dei composti stabilizzanti, possono danneggiare gli occhi.Potenziale pericolo di rottura accidentale di manufatti sotterranei, ad esempio fognature e tubazioni, contenenti gas e liquidi e conseguente esposizione a sostanze chimiche.Potenziali emissioni gassose di composti organici volatili dovute al calore generato durante il processo di stabilizzazione. Potenziale rilascio di ammoniaca dovuto alla miscelazione con il cemento di composti ammoniacali. L’esposizione può avvenire per inalazione o per contatto cutaneo.

c. Rischi di natura radioattivaRaro pericolo dovuto ai contaminanti presenti nel suolo scavato e nell’acqua. Pericolo normale dovuto alla naturale presenza di materiale radioattivo nel suolo, nei fanghi e nelle falde. Alcune sostanze radioattive sono piroforiche (sostanze che a contatto con l’aria si infiammano spontaneamente). Sostanze radioattive come uranio e torio possono prendere fuoco spontaneamente e costituire un pericolo di incendio e di diffusione di radioattività nell’aria. Potenziale pericolo esterno costituito dallo scavo di materiale radioattivo sotterrato in discariche esistenti. Tutte le sostanze radioattive possono invece costituire un pericolo interno se inalate o ingerite.

d. Rischi biologiciI microrganismi presenti nel suolo e nelle acque sotterranee costituiscono un potenziale pericolo per esposizione diretta, durante le operazioni di miscelazione del terreno e di stabilizzazione dei rifiuti, nei siti in cui siano stati rinvenuti rifiuti sanitari o fanghi di fognatura.Potenziale inalazione e/o ingestione e/o contatto con la pelle di agenti patogeni.Ricorso a lavanderie industriali specializzate per il lavaggio degli abiti da lavoro.Potenziali pericoli da animali, presenti in sito durante tutte le fasi della bonifica, quali: serpenti, api, vespe, zecche, calabroni, roditori.

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ScavoScavo, recupero e conferimento fuori sito

Preliminare ai trattamenti ex situ

= sopra la media; = nella media; = sotto la media

Composti organici volatili non alogenati Composti organici volatili alogenati Composti organici semivolatili non alogenati Composti organici semivolatili alogenati Combustibili Inorganici Radionuclidi Esplosivi

Stato di sviluppo e di utilizzo della tecnologia Utilizzata in più siti, ben documentata, studiata, compresa

Efficacia come trattamento a sé stante Tecnologia a sé stante (non complessa, in termini di numero di mezzi e di tecnologie di trattamento, usuale)

Frequenza relativa delle operazioni di esercizio e manutenzione

Basso grado di frequenza delle operazioni di esercizio e manutenzione

Investimento relativo di capitale Basso investimento di capitaleGrado di affidabilità e di facilità di manutenzione dimostrate, in confronto ad altre tecnologie di uguale efficacia

Elevata affidabilità e bassa manutenzione

Costi relativi di progettazione, costruzione, esercizio e manutenzione dell’intero processo di trattamento (compresi eventuali pre e post trattamenti)

Fortemente dipendente dal contaminante specifico e da una adeguata applicazione/progettazione della tecnologia

Tempo di operatività per un sito “medio” Meno di 6 mesiDisponibilità (numero di fornitori capaci di eseguire progettazione, costruzione e manutenzione)

Più di 4 fornitori

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Scavo

Scavo, recupero e conferimento fuori sitoSuoloPreliminare ai trattamenti ex situ

Il materiale contaminato è rimosso e trasportato fuori sito ad impianti autorizzati per il trattamento e/o lo smaltimento. Potrebbero essere necessari dei pretrattamenti.

ApplicabilitàQuesta tecnologia si può usare per tutte le tipologie di contaminanti. Prevede lo scavo e la ricollocazione, in genere accompagnata da opportuni pretrattamenti, dei rifiuti fuori sito in un luogo differente e presumibilmente più sicuro.

LimitazioniI principali fattori che possono limitare l’applicabilità e l’efficacia del processo sono:

• la generazione di emissioni gassose può costituire un problema durante le operazioni di scavo;

• la distanza tra il sito contaminato e gli idonei impianti di smaltimento autorizzati può influire sui costi;

• devono essere prese in considerazione la profondità e la composizione del mezzo (terreno misto a rifiuti) da scavare;

• il trasporto del terreno contaminato attraverso aree densamente popolate può non incontrare il favore della collettività;

• le opzioni di smaltimento per alcune tipologie di rifiuto, ad esempio rifiuti di natura mista o transuranici, possono essere limitate; potrebbero non esistere impianti autorizzati ad accettarli;

• i contaminanti potrebbero migrare dall’impianto di smaltimento, in genere discarica controllata e autorizzata, nell’ambiente circostante attraverso diversi meccanismi, inclusi scarico dell’effluente in acque superficiali, dilavamento superficiale con le acque di pioggia, percolazione nelle acque di falda, volatilizzazione in atmosfera e superamento degli argini di contenimento;

• le discariche controllate e autorizzate possono comunque creare problemi di cattivi odori, di zanzare e di insetti se non appropriatamente progettate e gestite.

Dati richiestiDati generali: tessitura, omogeneità ed isotropia, peso specifico, permeabilità, umidità, pH, Eh, Kow, frazione organica, TOC, BOD, COD, grassi e oli, solidi sospesi, parametri idrogeologici.

Per un eventuale smaltimento fuori sito esistono requisiti e restrizioni su tipologia e concentrazione dei contaminanti. È importante anche la caratterizzazione del suolo per un eventuale smaltimento in discarica. La maggior parte dei rifiuti pericolosi deve comunque essere preliminarmente trattata per poter essere accettata in discarica. Per i rifiuti radioattivi ci sono poi requisiti particolari.

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UtilizzazioniScavo e smaltimento fuori sito sono una tecnologia consolidata e di pronta realizzazione. Sono stati per decenni il metodo più comune adottato per ripulire i siti dai rifiuti pericolosi. Lo scavo è la fase iniziale di tutti i trattamenti ex situ.

La capacità di scavo dipende da diversi fattori, incluso numero di escavatori e di camion disponibili. Lo scavo di 18.200 tonnellate di suolo contaminato richiede in genere circa 2 mesi. Lo smaltimento del terreno contaminato dipende dalla disponibilità di adeguati mezzi di trasporto per il conferimento dei rifiuti pericolosi all’impianto autorizzato.

Oggi si preferisce il trattamento dei contaminanti allo scavo e smaltimento fuori sito. Ci sono specifici requisiti di legge sia per il trasporto di rifiuti pericolosi, sia per il loro corretto smaltimento.

Tra le metodologie di scavo innovative si può ricordare un sistema criogeno di recupero dei rifiuti interrati, messo a punto dal Dipartimento della difesa degli Stai Uniti. Si usa azoto liquido per congelare il suolo e i rifiuti interrati, riducendo i pericoli legati alla diffusione della contaminazione durante l’operazione di recupero del materiale inquinato.

CostiI costi stimati per lo scavo e lo smaltimento variano da circa 230 a 400 euro per tonnellata in funzione della natura dei rifiuti pericolosi e del metodo di scavo. Queste stime includono scavo, rimozione, trasporto e smaltimento in un impianto autorizzato. Possono essere richiesti costi aggiuntivi di trattamento. Lo scavo e lo smaltimento fuori sito sono un processo relativamente semplice e con procedure consolidate. È una pratica intensiva di lavoro, difficilmente migliorabile con ulteriori automazioni. Costi aggiuntivi possono essere costituiti dalla caratterizzazione del suolo e dal trattamento necessario a raggiungere i requisiti per lo smaltimento.

Sicurezza

Analisi dei rischi

L’adozione di questa tecnologia comporta i seguenti rischi, caratteristici delle operazioni di scavo, rimozione e smaltimento fuori sito:

a. Rischi di natura fisicab. Rischi di natura chimicac. Rischi di natura radioattivad. Rischi biologici

a. Rischi di natura fisicaDurante lo scavo del terreno le attrezzature utilizzate possono ferire o uccidere i lavoratori.Potenziale rumorosità dei macchinari utilizzati.Durante lo scavo in terreni contaminati da sostanze esplosive, infiammabili o combustibili (ad esempio bisolfuro di carbonio, solfuro di idrogeno, metano, piombo tetraetile), la pala di un

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escavatore o la lama tagliente di un cingolato può generare scintille nel contatto con rocce, metalli sepolti o altri oggetti e incendiare dei vapori infiammabili eventualmente presenti nell’area.Potenziale pericolo di incendio o di esplosione per danneggiamento di reti sotterranee di sottoservizi, come linee elettriche o del gas, durante le operazioni di scavo da parte delle macchine per il movimento di terra.Potenziale pericolo di elettrocuzione per il danneggiamento di linee elettriche sotterranee durante lo scavo ad opera di macchinari per il movimento di terra.Eventuale ingresso dei lavoratori in un’area di scavo, in cui c’è un potenziale pericolo di operatività in spazi chiusi (carenza di ossigeno, presenza di gas combustibili, asfissianti o tossici, sia più pesanti che meno pesanti dell’aria) o che presenta rischi di cedimento nelle pareti scavate. L’allagamento di uno scavo può causare annegamento o elettrocuzione, se ci sono apparecchiature elettriche in uso.Potenziale pericolo di tagli ed escoriazioni durante le operazioni di scavo e trasporto di oggetti taglienti o abrasivi contenuti nei rifiuti.Potenziale pericolo per l’uso di acqua calda per il lavaggio delle attrezzature, schizzi negli occhi, scivolamento, ustioni.L’uso di apparecchiature pesanti su terreni instabili (ad esempio soggetti a pompaggi o a trattamenti sotterranei) può generare sprofondamenti o avvallamenti in superficie, provocando spostamenti o ribaltamenti dei macchinari e il ferimento dei lavoratori.Potenziale pericolo per la presenza nel suolo di quarzo inalabile (materiale fine).Esposizione diretta o indiretta al sole, ai raggi ultravioletti, ai colpi di calore in ambiente caldo-umido.Potenziale pericolo di elettrocuzione per l’uso di apparecchiature elettriche o per la presenza di linee elettriche.Potenziale prossimità del cantiere di lavoro a strade pubbliche e conseguente esposizione dei lavoratori ai pericoli causati dal normale traffico veicolare nelle operazioni di attraversamento, carico e trasporto del terreno da trattare.

b. Rischi di natura chimicaPotenziale pericolo di esposizione ai composti organici volatili e a particolato di sostanze contaminate da composti organici semivolatili o inquinanti inorganici. I pericoli di inalazione sono particolarmente accentuati durante i periodi caldi e secchi, in cui c’è maggiore probabilità di sollevare polveri.Potenziale pericolo di esposizione cutanea ai rifiuti durante le operazioni di scavo e trasporto.Potenziale pericolo di ingestione involontaria di contaminanti e di materiale di rifiuto, che si raccoglie durante lo scavo sulle mani e sugli abiti sotto forma di polvere. L’ingestione accidentale di polvere può anche avvenire durante le pause per bere o per mangiare o dopo aver lasciato l’area di lavoro, se non vengono seguite le appropriate norme di igiene (ad esempio il lavaggio delle mani prima di consumare i pasti) e le procedure di decontaminazione.

c. Rischi di natura radioattivaC’è una naturale presenza di materiale radioattivo in tutti i terreni, acque sotterranee e superficiali. Per i valori tipici di fondo naturale, questo materiale radioattivo non costituisce pericolo né interno né esterno durante le operazioni di scavo, rimozione e smaltimento fuori sito. Elevati livelli di radioattività naturale sono comunque stati rilevati in materiali quali fanghi di fogna, combustibili fossili, fertilizzanti e bacini di evaporazione. Per concentrazioni superiori a quelle naturali sussiste un potenziale pericolo interno per inalazione o ingestione. Il pericolo esterno dipende dalla tipologia e dall’estensione della contaminazione.

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Alcune sostanze radioattive (piccole particelle metalliche di uranio e alcune leghe di uranio) sono piroforiche. Si infiammano spontaneamente a contatto con l’aria, in funzione della loro superficie specifica (rapporto superficie/volume). Bruciano rapidamente a temperature molto elevate, costituendo un pericolo di incendio e di diffusione di radioattività nell’aria.Potenziale pericolo di ritrovamento di apparecchiature (strumenti di misura dipinti con radio-226, bussole, radar) contenenti materiale radioattivo eventualmente presenti nel suolo o nei rifiuti da scavare e movimentare. I dispositivi integri non presentano particolari pericoli, rispetto invece a quelli danneggiati, che possono costituire, ad esempio con i loro frammenti di vernice al radio, un pericolo interno per ingestione o per inalazione.

d. Rischi biologiciI microrganismi presenti nel suolo e nelle acque sotterranee costituiscono un potenziale pericolo per esposizione diretta, nei siti in cui siano stati rinvenuti rifiuti sanitari o fanghi di fognatura.Potenziale inalazione e/o ingestione e/o contatto con la pelle di agenti patogeni.Ricorso a lavanderie industriali specializzate per il lavaggio degli abiti da lavoro.Potenziali pericoli da animali, presenti in sito durante tutte le fasi della bonifica, quali: serpenti, api, vespe, zecche, calabroni, roditori.

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Estrazione chimicaTrattamento chimico/fisico ex situ

= sopra la media; = nella media; = sotto la media

Composti organici volatili non alogenati Composti organici volatili alogenati Composti organici semivolatili non alogenati Composti organici semivolatili alogenati Combustibili Inorganici Radionuclidi Esplosivi

Stato di sviluppo e di utilizzo della tecnologia Utilizzata in più siti, ben documentata, studiata, compresa

Efficacia come trattamento a sé stante Complessa (più tecnologie, più mezzi da trattare, produce eccessivi rifiuti)

Frequenza relativa delle operazioni di esercizio e manutenzione

Alto grado di frequenza delle operazioni di esercizio e manutenzione

Investimento relativo di capitale Elevato investimento di capitaleGrado di affidabilità e di facilità di manutenzione dimostrate, in confronto ad altre tecnologie di uguale efficacia

Affidabilità e manutenzione medi

Costi relativi di progettazione, costruzione, esercizio e manutenzione dell’intero processo di trattamento (compresi eventuali pre e post trattamenti)

Costi generali medi

Tempo di decontaminazione per un sito “medio” Da 6 mesi a 1 annoDisponibilità (numero di fornitori capaci di eseguire progettazione, costruzione e manutenzione)

Più di 4 fornitori

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Estrazione chimica

SuoloTrattamento chimico/fisico ex situ(previa escavazione)

Il suolo contaminato dai rifiuti e il solvente sono miscelati in un estrattore, in cui avviene la dissoluzione degli inquinanti. La soluzione estratta è poi inviata ad un separatore, dove i contaminanti e i solventi sono separati ed inviati a successivo smaltimento i primi e trattamento e riutilizzo i secondi.

L’estrazione chimica separa i contaminanti pericolosi da suolo, fanghi e sedimenti, riducendo quindi il volume di rifiuti tossici da trattare. La tecnologia utilizza un solvente chimico e differisce dal lavaggio del terreno (washing), in cui di solito è usata acqua o acqua con additivi. Le unità di trattamento utilizzate variano in funzione dei solventi chimici, del tipo di attrezzatura e delle modalità di conduzione degli impianti.

L’estrazione chimica è spesso preceduta da fasi di separazione fisica per suddividere il terreno in frazione grossolana e frazione fine, assumendo che la maggior parte dei contaminanti sia contenuta nella frazione fine.

Estrazione con acidiCome agente per l’estrazione si può anche utilizzare un acido. L’estrazione avviene con acido cloridrico (HCl) per la separazione dei metalli pesanti dal suolo. In questo processo il terreno viene prima vagliato per rimuovere i solidi grossolani. Poi viene introdotto l’acido cloridrico nel suolo nell’unità di estrazione. Il tempo di permanenza in questa unità varia in funzione del tipo di suolo, dei contaminanti, della concentrazione dei contaminanti, ma è generalmente compreso tra 10 e 40 minuti. La miscela suolo-acido è continuamente pompata fuori dal contenitore di miscelazione e inviata agli idrocicloni per la separazione del suolo dall’acido.Ad estrazione completata, il terreno è trasferito a un sistema di risciacquo. Il suolo è sciacquato con acqua per rimuovere i metalli e gli acidi residui. La soluzione di estrazione e le acque di risciacquo vengono rigenerate utilizzando prodotti per la precipitazione disponibili in commercio, come idrossido di sodio, calce e simili, insieme a flocculanti, che rimuovo i metalli e ricostituiscono l’acido. I metalli pesanti vengono concentrati in modo da renderne potenzialmente possibile il recupero. Durante la fase finale, il terreno viene disidratato e miscelato con calce e fertilizzante per neutralizzare qualunque residuo acido.

Estrazione con solventiL’estrazione con solventi è una tipologia comune di estrazione chimica, che utilizza solventi organici. Di solito è usata insieme ad altre tecnologie, come solidificazione/stabilizzazione, incenerimento o lavaggio del terreno, in funzione delle particolari caratteristiche del sito. L’estrazione con solventi può anche essere usata come tecnologia a sé stante in alcuni casi. Possono essere estratti i contaminanti organici e i metalli legati a composti organici, dando luogo a residui che necessitano di essere manipolati con cautela. Tracce di solvente possono rimanere all’interno della matrice solida trattata, quindi è importante considerare la tossicità del solvente utilizzato. Di solito il terreno trattato viene rideposto in sito, se presenta i giusti requisiti.

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ApplicabilitàI contaminanti, che si possono abbattere con questa tecnologia, sono principalmente i contaminanti organici come PCB, composti organici volatili, solventi alogenati, residui petroliferi. Questo processo è applicabile per la separazione di contaminanti organici contenuti nelle seguenti tipologie di rifiuti: vernici, residui di produzione di gomma sintetica, catrame di carbone, fanghi di perforazione, residui da trattamento del legno, fanghi da processi di separazione, pesticidi, insetticidi, residui da raffinerie petrolifere.L’estrazione con acidi è adatta al trattamento di sedimenti, fanghi e suoli contaminati da metalli pesanti.

LimitazioniI seguenti fattori possono limitare l’applicabilità e l’efficacia del processo:

• per alcuni tipi di suolo e per alcuni contenuti di umidità il trattamento può essere difficile;• un elevato contenuto di argilla può diminuire l’efficienza dell’estrazione e richiedere tempi

di contatto più lunghi;• i metalli legati a composti organici possono essere estratti insieme ai contaminanti organici,

il che comporta difficoltà nella successiva gestione dei residui;• la presenza di detergenti e emulsionanti può influenzare in maniera sfavorevole la resa del

trattamento;• tracce di solvente possono restare nel terreno trattato, è quindi importante tenere in

considerazione la tossicità del solvente;• l’estrazione con solventi di solito è meno efficace per sostanze organiche di elevato peso

molecolare e per sostanze molto idrofiliche;• dopo l’estrazione con acidi è necessario neutralizzare ogni residuo acido presente nel suolo

trattato;• il capitale da investire può essere relativamente elevato e la tecnologia può risultare più

economica per siti di grandi dimensioni;• può risultare antieconomico raggiungere i valori di legge previsti per le concentrazioni di

metalli pesanti nel suolo.

Dati richiestiDati generali: tessitura, omogeneità ed isotropia, peso specifico, permeabilità, umidità, pH, Eh, Kow, frazione organica, TOC, BOD, COD, grassi e oli, solidi sospesi.

Bisogna eseguire delle prove di trattabilità per verificare la cinetica delle reazioni e l’applicabilità di questa tecnologia.Tra le principali proprietà del suolo da determinare ci sono: dimensione delle particelle, pH, coefficiente di partizione, capacità di scambio cationico, contenuto di sostanza organica, contenuto di umidità, presenza di metalli, composti volatili, argille e miscele di rifiuti.

UtilizzazioniL’estrazione chimica è utilizzata con successo da più di un ventennio.

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Tipiche applicazioni sono nelle raffinerie di petrolio. In genere il suolo trattato viene rideposto in sito, il petrolio recuperato può essere riciclato come miscela di olio combustibile e l’acqua recuperata, dopo opportuna correzione del pH, smaltita presso impianti di trattamento per acque reflue industriali.

CostiI costi disponibili si riferiscono ad una analisi condotta nel 2006, che prendeva in considerazione i seguenti due parametri principali:

• economia di scala (la quantità di materiale trattato influenza molto le valutazioni economiche),

• contenuto di umidità del rifiuto (lieve aumento dei costi tra suolo e fango).

Sono stati considerati quattro siti di differente complessità.I siti di riferimento erano inquinati da composti organici semivolatili, il materiale contaminato era fango o suolo, quantità di materiale da trattare di circa 770 m3 e 38.000 m3, capacità dell’impianto di trattamento circa 1150 m3/mese e 4600 m3/mese, sempre richiesto un pretrattamento, fuoriservizio 10%, difficoltà di trattamento 20%, durata del trattamento variabile tra 1, 12 e 23 mesi, percentuale dei costi attribuita alla fase di progettazione del 10% del costo utile di impianto o almeno di 10.000 euro.

Un costo medio stimato di trattamento per siti di differente dimensione e complessità è, come ordine di grandezza, di circa 800,00 euro/m3.

Sicurezza

Analisi dei rischi

L’adozione di questa tecnologia comporta i seguenti rischi, caratteristici sia del lavaggio del terreno sia dell’estrazione con solventi ex situ:

a. Rischi di natura fisicab. Rischi di natura chimicac. Rischi di natura radioattivad. Rischi biologici

a. Rischi di natura fisicaPotenziale pericolo dovuto all’uso di grosse attrezzature di lavoro.Rumorosità.Potenziale pericolo di incendio o di esplosione durante lo scavo in terreni saturi di sostanze combustibili o infiammabili. La benna di un retroescavatore o la lama di un cingolato possono produrre scintille nel contatto con rocce, metalli sepolti o altri oggetti e dar fuoco a eventuali vapori infiammabili.La movimentazione del terreno dall’area di scavo a quella di trattamento effettuata con sistemi trasportatori (nastri, carrelli), può costituire un potenziale pericolo, poiché abiti o parti di essi possono impigliarsi nei rulli.Potenziale pericolo di incendio o esplosione durante le operazioni di frantumazione e vagliatura di suolo contenente materiali infiammabili. Nella fase di frantumazione, il calore prodotto potrebbe essere sufficiente per dar fuoco ai vapori, che si volatilizzano dal terreno. Potenziale rumorosità e

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vibrazioni delle apparecchiature. Potenziale pericolo di esposizione a schegge volanti prodotte nel corso delle operazioni di frantumazione e macinazione.Potenziale pericolo di incendio e esplosione durante la distillazione dei solventi usati nel processo di estrazione. Potenziale rottura di serbatoi per sovrappressioni, con conseguente fuoriuscita di solventi infiammabili.Potenziale pericoloso contatto con gli occhi di acque calde di lavaggio.Potenziale scivolamento su superfici bagnate.Potenziale pericolo per la presenza nel suolo di quarzo inalabile (materiale fine).Esposizione diretta o indiretta al sole, ai raggi ultravioletti, ai colpi di calore in ambiente caldo-umido.Potenziale pericolo di esposizione ad atmosfere tossiche o ad assenza di ossigeno in spazi confinati, durante l’ingresso per operazioni di manutenzione in contenitori di miscelazione e reazione.Potenziali pericoli di natura elettrica dovuti all’uso di apparecchiature quali, luci, generatori, componenti del sistema di trattamento.Potenziale pericolo di natura elettrica o di scivolamento durante le periodiche prove, previste per la verifica del funzionamento delle attrezzature di sicurezza (docce di emergenza, apparecchi per il lavaggio degli occhi), se non opportunamente isolate e drenate.

b. Rischi di natura chimicaPotenziale pericolo di esposizione a emissioni di composti organici volatili provenienti sia dalle sostanze usate nel processo o presenti nelle acque reflue (tensioattivi, acidi concentrati, solventi), che dai rifiuti trattati. Esempi di solventi utilizzati sono metil etil chetone, pentano, derivati dell’acido citrico.Potenziale pericolo di esposizione ai solventi e alle sostanze chimiche utilizzate nel trattamento in caso di guasto, avaria, malfunzionamenti, sovrappressioni nell’impianto.Potenziale pericolo di esposizione per inalazione, ingestione o contatto cutaneo con sostanze chimiche, acide o caustiche, usate durante il trattamento delle acque reflue o con i fanghi prodotti nel processo. Il fango può contenere metalli pesanti, incluso piombo, o composti organici come i combustibili.

c. Rischi di natura radioattivaMateriale radioattivo può essere separato durante il processo di lavaggio del terreno contaminato oppure può essere già presente in natura in suolo, fango e acqua di falda. Alcune sostanze radioattive costituiscono pericolo per esposizione esterna. Tutti i materiali radioattivi possono essere pericolosi per esposizione interna attraverso inalazione e ingestione.

d. Rischi biologiciI microrganismi presenti nel suolo e nelle acque sotterranee costituiscono un potenziale pericolo per esposizione diretta, durante le operazioni di miscelazione del suolo e trattamento dei rifiuti, nei siti in cui siano stati rinvenuti rifiuti sanitari o fanghi di fognatura.Potenziale inalazione e/o ingestione e/o contatto con la pelle di agenti patogeni.Ricorso a lavanderie industriali specializzate per il lavaggio degli abiti da lavoro.

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Lavaggio del terrenoTrattamento chimico/fisico ex situ (washing)

= sopra la media; = nella media; = sotto la media

Composti organici volatili non alogenati Composti organici volatili alogenati Composti organici semivolatili non alogenati Composti organici semivolatili alogenati Combustibili Inorganici Radionuclidi Esplosivi

Stato di sviluppo e di utilizzo della tecnologia Utilizzata in più siti, ben documentata, studiata, compresa

Efficacia come trattamento a sé stante Complessa (più tecnologie, più mezzi da trattare, produce eccessivi rifiuti)

Frequenza relativa delle operazioni di esercizio e manutenzione

Alto grado di frequenza delle operazioni di esercizio e manutenzione

Investimento relativo di capitale Elevato investimento di capitaleGrado di affidabilità e di facilità di manutenzione dimostrate, in confronto ad altre tecnologie di uguale efficacia

Elevata affidabilità e bassa manutenzione

Costi relativi di progettazione, costruzione, esercizio e manutenzione dell’intero processo di trattamento (compresi eventuali pre e post trattamenti)

Costi generali medi

Tempo di decontaminazione per un sito “medio” Meno di 6 mesiDisponibilità (numero di fornitori capaci di eseguire progettazione, costruzione e manutenzione)

Più di 4 fornitori

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Lavaggio del terreno

SuoloTrattamento chimico/fisico ex situ (washing)(previa escavazione)

La frazione fine del terreno, alla quale sono legati gli inquinanti, viene separata dalla componente grossolana e lavata con acqua additivata con agenti basici liscivianti, tensioattivi, regolatori di pH o agenti chelanti, per rimuovere sostanze organiche e metalli pesanti.

Il lavaggio del terreno si basa soprattutto su tecniche derivanti dall’industria di lavorazione dei minerali ed è ampiamente usato in Nord Europa e in America nel trattamento di suoli contaminati. In questo processo la rimozione dei contaminanti avviene secondo i due seguenti meccanismi:

• per dissoluzione o sospensione degli inquinanti nell’acqua di lavaggio (previo temporaneo aggiustamento chimico del pH);

• per concentrazione degli inquinanti in un minore volume di terreno attraverso una separazione delle particelle per dimensioni, per gravità o per attrito (con tecniche simili a quelle usate per sabbie e ghiaie).

I sistemi di lavaggio del terreno, incorporando più tecniche di rimozione, possono essere applicati a suoli contaminati da una vasta gamma di in inquinanti (metalli pesanti, radionuclidi, sostanze organiche). Il processo non è comunque ampiamente commercializzato.

La riduzione del grado di contaminazione di un suolo attraverso la separazione per dimensioni delle particelle di terreno si basa sull’osservazione che la maggior parte degli inquinanti, sia organici che inorganici, tendono a legarsi, sia chimicamente che fisicamente, all’argilla, al limo e alla frazione organica del suolo. Il limo e l’argilla, a loro volta, sono legati alle particelle di sabbia e di ghiaia, tramite meccanismi fisici di compattazione e di adesione. I processi di lavaggio, che separano le particelle fini di limo e di argilla dalla parte più grossolana costituita da sabbia e ghiaia, sono in grado di separare e di concentrare i contaminanti in un volume più piccolo di suolo, che può essere ulteriormente trattato o smaltito.La separazione per gravità si usa nella rimozione di particelle con elevato peso specifico, come composti contenenti metalli pesanti (piombo, ossido di radio).La separazione per attrito si usa per la rimozione di strati aderenti di contaminanti, che ricoprono la superficie delle particelle grossolane. In ogni caso, il lavaggio per attrito può aumentare la frazione fine presente nel terreno trattato. La frazione di maggiori dimensioni, ripulita, può essere rideposta in sito.

La presenza di miscele complesse di contaminanti nel suolo (ad esempio miscele di metalli, composti organici non volatili e sostanze organiche semivolatili) e di inquinanti eterogenei nel terreno da trattare rendono difficile la formulazione di una singola appropriata soluzione di lavaggio, che consenta una rimozione compatibile e affidabile per tutte le diverse tipologie di contaminanti. In questi casi si ricorre al lavaggio in sequenza, utilizzando differenti formulazioni per le soluzioni di lavaggio o diverse proporzioni tra suolo e fluido di lavaggio.

Il lavaggio del terreno è considerato in genere una tecnologia di trasferimento dell’inquinamento da un mezzo solido (terreno) ad un mezzo liquido (acqua di lavaggio). L’acqua contaminata, prodotta con il lavaggio del terreno, deve essere trattata con una tecnologia appropriata in funzione degli specifici contaminanti.

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ApplicabilitàI contaminanti, che si possono abbattere con questa tecnologia, sono principalmente composti organici semivolatili, combustibili e metalli pesanti. Il lavaggio del terreno può essere usato anche con alcuni composti organici volatili e pesticidi. Con questa tecnologia sono possibili il recupero dei metalli e la rimozione di un’ampia gamma di inquinanti organici ed inorganici da terreni a grana grossa.

LimitazioniI seguenti fattori possono limitare l’applicabilità e l’efficacia del processo:

• miscele complesse di rifiuti, per esempio metalli con sostanze organiche, rendono difficile la formulazione del fluido di lavaggio;

• un elevato contenuto di humus nel suolo può richiedere un pretrattamento;• necessità di trattare le acque reflue a fine trattamento;• necessità di inserire ulteriori fasi di trattamento per la rimozione di livelli residui pericolosi

dei solventi di lavaggio nel terreno trattato;• difficoltà di rimozione delle sostanze organiche adsorbite dalla frazione argillosa.

Dati richiestiDati generali: tessitura, omogeneità ed isotropia, peso specifico, permeabilità, umidità, pH, Eh, Kow, frazione organica, TOC, BOD, COD, grassi e oli, solidi sospesi.

Distribuzione granulometrica (intervallo ottimale tra 0,24 e 2 mm), tipologia di suolo, forma fisica, proprietà di manipolazione, contenuto di umidità, tipologia e concentrazione dei contaminanti; tessitura, frazione organica, capacità di scambio cationico, pH e capacità di accumulo. Qualunque applicazione di questa tecnologia deve essere preceduta da studi e prove di trattabilità.

UtilizzazioniIl lavaggio del terreno è una tecnologia ampiamente usata in Europa, meno negli Stati Uniti.

Costituisce una valida alternativa, dal punto di vista sia economico che ambientale, alla stabilizzazione e allo smaltimento in discarica.

CostiI costi disponibili si riferiscono ad una analisi condotta nel 2006, che prendeva in considerazione i seguenti due parametri principali:

• economia di scala (la quantità di materiale trattato influenza molto le valutazioni economiche),

• velocità di trattamento (dipendente a sua volta dalla quantità di rifiuto da trattare).

Sono stati considerati due siti di differente complessità.

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I siti di riferimento erano inquinati da composti organici semivolatili, volume da trattare di circa 7.700 m3 e 150.000 m3, peso specifico circa 1,7 t/m3, quantità 13.000 t e 260.000 t, capacità dell’impianto di lavaggio del terreno 50 t/h e 100 t/h, distanza di trasporto circa 160 km, quantità di tensioattivo utilizzata di circa 1,8 kg per tonnellata di terreno da trattare, tipologia di suolo miscela di sabbia limosa e sabbia argillosa, temperatura dell’acqua fornita di circa 13° C, temperatura dell’acqua di processo di circa 13° C, portata acqua di trattamento di circa 200 l/min e 380 l/min, previste 16 ore di trattamento al giorno, 2 ore di fuori servizio al giorno, per 5 giorni lavorativi a settimana, per 42 settimane lavorative all’anno, percentuale dei costi attribuita alla fase di progettazione del 10% del costo utile di impianto o almeno di 10.000 euro.

Un costo medio stimato di trattamento per siti di differente dimensione e complessità è, come ordine di grandezza, di circa 100,00 euro/m3.

Sicurezza

Analisi dei rischi

L’adozione di questa tecnologia comporta i seguenti rischi, caratteristici sia del lavaggio del terreno sia dell’estrazione con solventi ex situ:

a. Rischi di natura fisicab. Rischi di natura chimicac. Rischi di natura radioattivad. Rischi biologici

a. Rischi di natura fisicaPotenziale pericolo dovuto all’uso di grosse attrezzature di lavoro.Rumorosità.Potenziale pericolo di incendio o di esplosione durante lo scavo in terreni saturi di sostanze combustibili o infiammabili. La benna di un retroescavatore o la lama di un cingolato possono produrre scintille nel contatto con rocce, metalli sepolti o altri oggetti e dar fuoco a eventuali vapori infiammabili.La movimentazione del terreno dall’area di scavo a quella di trattamento effettuata con sistemi trasportatori (nastri, carrelli), può costituire un potenziale pericolo, poiché abiti o parti di essi possono impigliarsi nei rulli.Potenziale pericolo di incendio o esplosione durante le operazioni di frantumazione e vagliatura di suolo contenente materiali infiammabili. Nella fase di frantumazione, il calore prodotto potrebbe essere sufficiente per dar fuoco ai vapori, che si volatilizzano dal terreno. Potenziale rumorosità e vibrazioni delle apparecchiature. Potenziale pericolo di esposizione a schegge volanti prodotte nel corso delle operazioni di frantumazione e macinazione.Potenziale pericolo di incendio e esplosione durante la distillazione dei solventi usati nel processo di estrazione. Potenziale rottura di serbatoi per sovrappressioni, con conseguente fuoriuscita di solventi infiammabili.Potenziale pericoloso contatto con gli occhi di acque calde di lavaggio.Potenziale scivolamento su superfici bagnate.Potenziale pericolo per la presenza nel suolo di quarzo inalabile (materiale fine).Esposizione diretta o indiretta al sole, ai raggi ultravioletti, ai colpi da calore in ambiente caldo-umido.Potenziale pericolo di esposizione ad atmosfere tossiche o ad assenza di ossigeno in spazi confinati, durante l’ingresso per operazioni di manutenzione in contenitori di miscelazione e reazione.

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Potenziali pericoli di natura elettrica dovuti all’uso di apparecchiature quali, luci, generatori, componenti del sistema di trattamento.Potenziale pericolo di natura elettrica o di scivolamento durante le periodiche prove, previste per la verifica del funzionamento delle attrezzature di sicurezza (docce di emergenza, apparecchi per il lavaggio degli occhi), se non opportunamente isolate e drenate.

b. Rischi di natura chimicaPotenziale pericolo di esposizione a emissioni di composti organici volatili provenienti sia dalle sostanze usate nel processo o presenti nelle acque reflue (tensioattivi, acidi concentrati, solventi), che dai rifiuti trattati. Esempi di solventi utilizzati sono metil etil chetone, pentano, derivati dell’acido citrico.Potenziale pericolo di esposizione ai solventi e alle sostanze chimiche utilizzate nel trattamento in caso di guasto, avaria, malfunzionamenti, sovrappressioni nell’impianto.Potenziale pericolo di esposizione per inalazione, ingestione o contatto cutaneo con sostanze chimiche, acide o caustiche, usate durante il trattamento delle acque reflue o con i fanghi prodotti nel processo. Il fango può contenere metalli pesanti, incluso piombo, o composti organici come i combustibili.

c. Rischi di natura radioattivaMateriale radioattivo può essere separato durante il processo di lavaggio del terreno contaminato oppure può essere già presente in natura in suolo, fango e acqua di falda. Alcune sostanze radioattive costituiscono pericolo per esposizione esterna. Tutti i materiali radioattivi possono essere pericolosi per esposizione interna attraverso inalazione e ingestione.

d. Rischi biologiciI microrganismi presenti nel suolo e nelle acque sotterranee costituiscono un potenziale pericolo per esposizione diretta, durante le operazioni di miscelazione del suolo e trattamento dei rifiuti, nei siti in cui siano stati rinvenuti rifiuti sanitari o fanghi di fognatura.Potenziale inalazione e/o ingestione e/o contatto con la pelle di agenti patogeni.Ricorso a lavanderie industriali specializzate per il lavaggio degli abiti da lavoro.

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Ossidoriduzione chimicaTrattamento fisico/chimico ex situ

= sopra la media; = nella media; = sotto la media

Composti organici volatili non alogenati Composti organici volatili alogenati Composti organici semivolatili non alogenati Composti organici semivolatili alogenati Combustibili Inorganici Radionuclidi Esplosivi

Stato di sviluppo e di utilizzo della tecnologia Utilizzata in più siti, ben documentata, studiata, compresa

Efficacia come trattamento a sé stante Tecnologia relativamente semplice, ben compresa, ampiamente applicata

Frequenza relativa delle operazioni di esercizio e manutenzione

Medio grado di frequenza delle operazioni di esercizio e manutenzione

Investimento relativo di capitale Elevato investimento di capitaleGrado di affidabilità e di facilità di manutenzione dimostrate, in confronto ad altre tecnologie di uguale efficacia

Elevata affidabilità e bassa manutenzione

Costi relativi di progettazione, costruzione, esercizio e manutenzione dell’intero processo di trattamento (compresi eventuali pre e post trattamenti)

Costi generali medi

Tempo di decontaminazione per un sito “medio” Meno di 6 mesiDisponibilità (numero di fornitori capaci di eseguire progettazione, costruzione e manutenzione)

Più di 4 fornitori

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Ossidoriduzione chimica

SuoloTrattamento fisico/chimico ex situ(previa escavazione)

L’ossidazione chimica trasforma i contaminanti pericolosi in sostanze non pericolose o comunque meno tossiche, che sono più stabili, meno mobili e/o inerti.Gli agenti ossidanti più comunemente usati sono ozono, perossido di idrogeno, ipocloriti, cloro e biossido di cloro.Le reazioni di ossidoriduzione comportano il trasferimento di elettroni da una sostanza ad un’altra. In particolare un composto viene ossidato (perde elettroni) ed un altro viene ridotto (acquista elettroni).

OzonoL’ozono è un gas instabile dal caratteristico odore penetrante, percepibile anche a basse concentrazioni (0,01 ppm). Ha una permanenza media di circa 20 – 30 minuti in acqua distillata a 20° C e di circa 12h in atmosfera. Di solito è usato in dispersione in un mezzo acquoso. È un ossidante relativamente costoso. Spesso è usato in combinazione con i raggi ultravioletti.L’ozono gassoso può ossidare i contaminanti in modo diretto oppure attraverso la formazione di radicali OH-. Come per il perossido di idrogeno, le reazioni dell’ozono hanno maggiore efficacia in ambiente acido (pH compreso tra 2 e 4). La reazione di ossidazione procede con estrema rapidità. A causa delle elevate reattività e instabilità dell’ozono, l’O3 viene prodotto in sito. Esempio di reazione con il cianuro:

NaCN + O3 → NaCNO + O2

Perossido di idrogenoIl perossido di idrogeno è disponibile in soluzione acquosa incolore a concentrazioni variabili tra il 30% e il 70%. È fortemente ossidante e durante le reazioni chimiche genera ossigeno e calore. Non è tossico, ma è estremamente pericoloso nel contatto con pelle, occhi e abiti. Richiede particolari precauzioni nella manipolazione e nello stoccaggio. È usato soprattutto nell’abbattimento di cianuri, formaldeide, solfuro di idrogeno, mercaptani, fenoli, solfiti.L’ossidazione con il perossido di idrogeno (H2O2) in forma liquida porta, in presenza di ioni ferrosi (Fe+2), alla formazione di radicali idrossile (OH-), che sono dei forti ossidanti non specifici in grado di ossidare una grande varietà di composti organici. Le reazioni sono estremamente rapide e hanno maggiore efficacia in ambiente fortemente acido (pH compreso tra 2 e 4).Esempio di reazione con il cianuro:

NaCN + H2O2 → NaCNO + H2O

IpocloritiL’ipoclorito di sodio è probabilmente l’ossidante più usato. È facilmente disponibile, trasportabile e conservabile in soluzione acquosa. È usato soprattutto nell’abbattimento di cianuri, che sono dapprima trasformati in cianati, poi in bicarbonato e azoto.Esempio di reazione dell’ipoclorito di sodio con il cianuro:

2NaCN + 5NaOCl + H2O → N2 + 2NaHCO3 + 5NaCl

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L’ipoclorito di calcio (usato anche per disinfettare l’acqua delle piscine) è disponibile in forma granulare o in tavolette. È il più facile da maneggiare tra gli ossidanti. Sviluppa calore e ossigeno durante le reazioni che, in presenza di sostanze organiche, possono portare ad incendi di notevoli dimensioni. È usato soprattutto nell’abbattimento di cianuri di rame e nichel.Esempio di reazione dell’ipoclorito di calcio con il cianuro:

4NaCN + 5Ca(OCl)2+ 2H2O → 2N2 + 2Ca(HCO3)2 + 3CaCl2 + 4NaCl

CloroIl cloro (Cl2) è un gas estremamente tossico. È disponibile in bombole. Richiede estrema cautela nel trasporto, nello stoccaggio e nell’utilizzo. È usato soprattutto nell’abbattimento di cianuri.Esempio di reazione del cloro con il cianuro:

2NaCN + 5Cl2 + 12NaOH → N2 + 2NaCO3 + 10NaCl + 6H2O

Biossido di cloroIl biossido di cloro (ClO2) viene prodotto direttamente sul posto dalla reazione tra cloro gassoso (Cl2) o acido cloridrico (HCl) e clorito sodico (NaClO). Ha elevata reattività, ma costi elevati.

ApplicabilitàI contaminanti, che si possono abbattere con l’ossidoriduzione chimica, sono principalmente i composti inorganici. Questa tecnologia si può usare anche con composti organici volatili e semivolatili non alogenati, combustibili, idrocarburi e pesticidi, ma con minore efficacia.

LimitazioniI fattori che possono limitare l’applicabilità e l’efficacia dell’ossidoriduzione chimica sono i seguenti:

• possono verificarsi una ossidazione incompleta o la formazione di composti intermedi, in funzione delle caratteristiche dei contaminanti presenti e degli agenti ossidanti utilizzati;

• il processo non è economicamente conveniente per alte concentrazioni dei contaminanti a causa del grosso quantitativo di agenti ossidanti richiesto;

• per ottimizzare l’efficienza del processo dovrebbe essere ridotta la presenza di oli e grassi.

Dati richiestiDati generali: tessitura, omogeneità ed isotropia, peso specifico, permeabilità, umidità, pH, Eh, Kow, frazione organica, TOC, BOD, COD, grassi e oli, solidi sospesi.

Dovrebbero essere eseguite prove di trattabilità per identificare parametri quali contenuto di acqua, metalli alcalini e frazione organica nel suolo, la presenza di fasi multiple e gli alogenuri organici totali, che potrebbero influenzare tempi e costi del trattamento.

UtilizzazioniL’ossidoriduzione chimica è una tecnologia di uso ampiamente consolidato nella disinfezione delle acque potabili e reflue ed è un trattamento abituale per rifiuti contaminati da cianuro (ossidazione) e

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cromo (riduzione di cromo esavalente a cromo trivalente previa precipitazione). Viene inoltre usata sempre più frequentemente per trattare rifiuti pericolosi nei terreni.

CostiSi stimano costi che variano da circa 150 a 500 euro per metro cubo.

Sicurezza

Analisi dei rischi

L’adozione di questa tecnologia comporta i seguenti rischi:a. Rischi di natura fisicab. Rischi di natura chimicac. Rischi di natura radioattivad. Rischi biologici

a. Rischi di natura fisicaPotenziale pericolo di incompatibilità tra i reagenti chimici utilizzati nel processo e i materiali costituenti le apparecchiature di trattamento. Potenziale pericolo di incendio, oppure di sovrappressioni e conseguenti esplosioni. Le apparecchiature utilizzate nel convogliamento dei fluidi di processo (pompe, tubazioni e relativi accessori, valvole, strumentazione), a diretto contatto con liquidi e sostanze chimiche, devono essere realizzate con materiali chimicamente resistenti.Reazioni incontrollate (quando ad esempio vengono miscelati insieme acidi o basi concentrate senza sufficiente raffreddamento o diluizione), che possono generare calore e pressione eccessivi, provocando incendi o esplosioni.Prima dell’avviamento dell’unità di trattamento, il sistema potrebbe venire spurgato con fluidi di lavaggio incompatibili con i reagenti chimici usati nel processo di trattamento (ad esempio cloro, ipocloriti, tipo NaOCl). Il mescolarsi di queste sostanze provoca un aumento di calore e di pressione all’interno del sistema, che può portare ad una esplosione.Il fango derivante dai processi chimici può ostruire la linea fanghi, se il tasso di sedimentazione è maggiore di quello di rimozione. L’intasamento delle tubazioni può provocare delle sovrappressioni con conseguenti esplosioni o degli incendi per surriscaldamento dei motori delle pompe.Le apparecchiature delle vasche di miscelazione possono produrre spruzzi di reagenti chimici o impigliare gli abiti da lavoro a contatto con eliche e alberi.Potenziale pericolo di scosse elettriche in ambienti umidi o bagnati.Potenziale pericolo di natura elettrica o di scivolamento durante le periodiche prove, previste per la verifica del funzionamento delle attrezzature di sicurezza (docce di emergenza, apparecchi per il lavaggio degli occhi), se non opportunamente isolate e drenate.

b. Rischi di natura chimicaIl trattamento di rifiuti pericolosi con l’ausilio di sostanze chimiche può portare all’esposizione a reagenti chimici tossici e reattivi durante il loro uso e la loro conservazione. I reagenti, in particolari condizioni, possono reagire generando calore e aumento di pressione all’interno dei contenitori, in cui sono conservati. Fuoriuscite accidentali, che provochino il mescolamento di reagenti incompatibili, possono generare vapori tossici o esplosivi (come cloro o idrogeno) o produrre abbastanza calore da incendiare materiali combustibili. (Appropriata etichettatura di serbatoi, vasche e tubazioni, controllo di temperatura e umidità nelle aree di stoccaggio, predisposizione di argini di contenimento nelle aree di stoccaggio e di apparecchiature per il controllo delle perdite).

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Potenziale esposizione ai reagenti chimici e/o ai prodotti di reazione attraverso inalazione, ingestione, contatto cutaneo. Queste sostanze possono essere tossiche, come ad esempio il monossido di carbonio (CO) e il cloro (Cl2) o esplosive come l’idrogeno.Le acque reflue possono contenere significative concentrazioni di reagenti chimici, che possono danneggiare occhi e cute. In caso di sovradosaggio di reagenti chimici, i loro residui possono dare luogo a reazioni chimiche e a temperature elevate. Un sottodosaggio di reagenti chimici può invece causare delle reazioni incomplete, che possono provocare sovrappressioni nel sistema con conseguenti fessurazioni e perdite.Lo spurgo delle tubazioni prima dell’avviamento dell’impianto può provocare delle reazioni chimiche con i reagenti di processo e un aumento della pressione durante il successivo esercizio dell’impianto. Verificare la compatibilità dei prodotti chimici utilizzati.I reagenti chimici utilizzati nel processo possono corrodere tubazioni, guarnizioni e raccordi provocando delle perdite ed esposizione dei lavoratori. In ogni caso l’alimentazione dell’impianto di trattamento non deve essere effettuata manualmente, ma attraverso un sistema chiuso di tubazioni.Durante le operazioni di vagliatura di materiale contaminato, i lavoratori possono essere esposti, per contatto diretto o per inalazione, a suolo, fanghi, polveri e materiale di scarto fuori misura.

c. Rischi di natura radioattivaNon applicabile

d. Rischi biologiciNon applicabile

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Bonifica dei siti contaminati: trattamenti chimiciDott. Ing. Paola Morgese – A.A. 2008/2009

DealogenazioneTrattamento chimico/fisico ex situ

= sopra la media; = nella media; = sotto la media

Composti organici volatili non alogenati Composti organici volatili alogenati Composti organici semivolatili non alogenati Composti organici semivolatili alogenati Combustibili Inorganici Radionuclidi Esplosivi

Stato di sviluppo e di utilizzo della tecnologia Utilizzata in più siti, ben documentata, studiata, compresa

Efficacia come trattamento a sé stante Tecnologia relativamente semplice, ben compresa e ampiamente applicata

Frequenza relativa delle operazioni di esercizio e manutenzione

Alto grado di frequenza delle operazioni di esercizio e manutenzione

Investimento relativo di capitale Alto investimento di capitaleGrado di affidabilità e di facilità di manutenzione dimostrate, in confronto ad altre tecnologie di uguale efficacia

Bassa affidabilità e alta manutenzione

Costi relativi di progettazione, costruzione, esercizio e manutenzione dell’intero processo di trattamento (compresi eventuali pre e post trattamenti)

Costi generali elevati

Tempo di decontaminazione per un sito “medio” Da 6 mesi a 1 annoDisponibilità (numero di fornitori capaci di eseguire progettazione, costruzione e manutenzione)

Da 2 a 4 fornitori

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Dealogenazione

SuoloTrattamento chimico/fisico ex situ(previa escavazione)

La dealogenazione consiste nell’aggiunta di reagenti al suolo contaminato da composti organici alogenati e si può ottenere attraverso due meccanismi:

1. decomposizione e parziale volatilizzazione dei contaminanti;2. sostituzione delle molecole alogene.

Il terreno contaminato viene sottoposto a vagliatura, frantumazione e miscelazione con reagenti. La miscela è poi in genere riscaldata in un reattore.

Questa tecnologia è una valida alternativa all’incenerimento per la decontaminazione di suoli, sedimenti e fanghi inquinati da PCB (bifenili pliclorurati) e loro miscele, da dibenzodiossine policlorurate (PCDD), di cui la più tristemente famosa per le ripercussioni sull’ambiente è la TCDD (tetraclorodibenzodiossina). Si usa anche per terreni contaminati da benzofurani e dibenzofurani. I PCB furono per la prima volta introdotti sul mercato nel 1929 dalla Monsanto Company e sono stati ampiamente utilizzati negli scambiatori di calore di apparecchiature elettriche e come fluidi idraulici. I PCDD sono dei loro sottoprodotti, vengono generati nel corso di diversi processi chimici, durante gli incidenti industriali o durante l’incendio di trasformatori, contenenti appunto all’origine PCB.

BCD Decomposizione basata sulla catalizzazioneÈ un processo, sviluppato negli Stati Uniti in cooperazione tra il laboratorio di ingegneria per la riduzione dei rischi dell’EPA e il centro di servizi di ingegneria di appoggio alla Marina, per la bonifica di terreni e sedimenti contaminati da composti organici clorurati, in particolare PCB, diossine e furani. Il suolo inquinato viene sottoposto a vagliatura, frantumazione e miscelazione con bicarbonato di sodio (NaHCO3). La miscela è poi riscaldata in un reattore a oltre 330° C (riduzione catalitica 300-600° C), per ottenere una parziale decomposizione e volatilizzazione dei contaminanti. Gli inquinanti volatilizzati sono poi catturati, condensati e trattati separatamente.

BCD(H2CO3 acido carbonico)

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APEG Glicolato (Glicole di polietilene alcalino)(glicole = alcol alifatico bivalente, glicerina + alcol, es.: glicole etilenico usato come antigelo per radiatori d’auto)Il glicolato è una tecnologia in cui viene utilizzato come reagente il glicole di polietilene alcalino, in particolare il più usato è il KPEG o glicole di polietilene di potassio. Il suolo contaminato ed il reagente sono miscelati e riscaldati in un reattore. Il glicole di polietilene si sostituisce alle molecole alogene nel corso della reazione e rende il composto non pericoloso o meno tossico. Il reagente (APEG) dealogena l’inquinante formando un glicole e/o un composto idrossile e un sale metallico alcalino, che sono dei prodotti solubili in acqua. La dealogenazione (APEG/KPEG) è generalmente considerata una tecnologia a sé stante, tuttavia può essere utilizzata in combinazione con altre tecnologie. Il trattamento delle acque reflue generate dal processo può includere l’ossidazione chimica, la biodegradazione, l’adsorbimento su carboni attivi o la precipitazione.

APEG

ApplicabilitàI contaminanti, che si possono abbattere con questa tecnologia, sono principalmente composti organici semivolatili alogenati e pesticidi. La dealogenazione APEG, glicolato, è uno dei pochi processi disponibili in alternativa all’incenerimento, che è stato applicato con successo nel trattamento dei PCB. Questa tecnologia può essere utilizzata, ma con minor efficacia, nel trattamento di alcuni composti organici volatili alogenati. Si usa in applicazioni su piccola scala. La dealogenazione basata sulla catalizzazione, BCD, può essere anch’essa usata nel trattamento dei composti organici volatili alogenati, ma è di solito più costosa di altre tecnologie utilizzabili in alternativa.

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LimitazioniI fattori che possono limitare l’applicabilità e l’efficacia del processo sono i seguenti:

• un elevato contenuto di argilla e di umidità aumenta i costi del trattamento;• la tecnologia APEG/KPEG (glicolato) non è economicamente conveniente per grossi volumi

di rifiuti;• concentrazioni di sostanze organiche clorurate maggiori del 5% richiedono grandi

quantitativi di reagente;• con il processo BCD (catalizzazione), la cattura e il trattamento dei residui (contaminanti

volatilizzati, polveri e altre sostanze condensate) possono essere difficoltosi, specialmente quando il terreno contiene elevati livelli di particelle fini e di umidità.

Dati richiestiDati generali: tessitura, omogeneità ed isotropia, peso specifico, permeabilità, umidità, pH, Eh, Kow, frazione organica, TOC, BOD, COD, grassi e oli, solidi sospesi.

Devono essere eseguite delle prove di trattabilità per identificare parametri quali: acqua, metalli alcalini e frazione organica contenuti nel suolo, la presenza di fasi multiple e gli alogenuri organici totali, che potrebbero influenzare tempi e costi del trattamento.

UtilizzazioniIl processo BCD (catalizzazione) non ha applicazioni commerciali, ma solo sperimentali e solo sui PCB.Il processo APEG (glicolato) è stato usato con successo nel trattamento di PCB per ridurre concentrazioni maggiori di 45.000 ppm fino a meno di 2 ppm.Questa tecnologia utilizza attrezzature di comune reperimento. Il contenitore usato come reattore deve essere equipaggiato per miscelare e riscaldare terreno e reagenti. Si utilizzano sistemi ad alimentazione continua, non ad intermittenza.

CostiIl costo può essere stimato variabile tra circa 170 e 420 euro per tonnellata e non include scavo, riempimento, smaltimento dei residui e costi delle analisi. Fattori quali un elevato contenuto di argilla o di umidità possono leggermente aumentare il costo del trattamento.

Sicurezza

Analisi dei rischi

L’adozione di questa tecnologia comporta i seguenti rischi:a. Rischi di natura fisicab. Rischi di natura chimicac. Rischi di natura radioattivad. Rischi biologici

a. Rischi di natura fisicaPotenziale pericolo di incompatibilità tra i reagenti chimici utilizzati nel processo e i materiali costituenti le apparecchiature di trattamento. Potenziale pericolo di incendio, oppure di

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sovrappressioni e conseguenti esplosioni. Le apparecchiature utilizzate nel convogliamento dei fluidi di processo ( pompe, tubazioni e relativi accessori, valvole, strumentazione), a diretto contatto con liquidi e sostanze chimiche, devono essere realizzate con materiali chimicamente resistenti.Reazioni incontrollate (quando ad esempio vengono miscelati insieme acidi o basi concentrate senza sufficiente raffreddamento o diluizione), che possono generare calore e pressione eccessivi, provocando incendi o esplosioni.Prima dell’avviamento dell’unità di trattamento, il sistema potrebbe venire spurgato con fluidi di lavaggio incompatibili con i reagenti chimici usati nel processo di trattamento (ad esempio cloro, ipocloriti, tipo NaOCl). Il mescolarsi di queste sostanze provoca un aumento di calore e di pressione all’interno del sistema, che può portare ad una esplosione.Il fango derivante dai processi chimici può ostruire la linea fanghi, se il tasso di sedimentazione è maggiore di quello di rimozione. L’intasamento delle tubazioni può provocare delle sovrappressioni con conseguenti esplosioni o degli incendi per surriscaldamento dei motori delle pompe.Le apparecchiature delle vasche di miscelazione possono produrre spruzzi di reagenti chimici o impigliare gli abiti da lavoro a contatto con eliche e alberi.Potenziale pericolo di scosse elettriche in ambienti umidi o bagnati.Potenziale pericolo di natura elettrica o di scivolamento durante le periodiche prove, previste per la verifica del funzionamento delle attrezzature di sicurezza (docce di emergenza, apparecchi per il lavaggio degli occhi), se non opportunamente isolate e drenate.

b. Rischi di natura chimicaIl trattamento di rifiuti pericolosi con l’ausilio di sostanze chimiche può portare all’esposizione a reagenti chimici tossici e reattivi durante il loro uso e la loro conservazione. I reagenti, in particolari condizioni, possono reagire generando calore e aumento di pressione all’interno dei contenitori, in cui sono conservati. Fuoriuscite accidentali, che provochino il mescolamento di reagenti incompatibili, possono generare vapori tossici o esplosivi (come cloro o idrogeno) o produrre abbastanza calore da incendiare materiali combustibili. (Appropriata etichettatura di serbatoi, vasche e tubazioni, controllo di temperatura e umidità nelle aree di stoccaggio, predisposizione di argini di contenimento nelle aree di stoccaggio e di apparecchiature per il controllo delle perdite).Potenziale esposizione ai reagenti chimici e/o ai prodotti di reazione attraverso inalazione, ingestione, contatto cutaneo. Queste sostanze possono essere tossiche, come ad esempio il monossido di carbonio (CO) e il cloro (Cl2) o esplosive come l’idrogeno.Le acque reflue possono contenere significative concentrazioni di reagenti chimici, che possono danneggiare occhi e cute. In caso di sovradosaggio di reagenti chimici, i loro residui possono dare luogo a reazioni chimiche e a temperature elevate. Un sottodosaggio di reagenti chimici può invece causare delle reazioni incomplete, che possono provocare sovrappressioni nel sistema con conseguenti fessurazioni e perdite.Lo spurgo delle tubazioni prima dell’avviamento dell’impianto può provocare delle reazioni chimiche con i reagenti di processo e un aumento della pressione durante il successivo esercizio dell’impianto. Verificare la compatibilità dei prodotti chimici utilizzati.I reagenti chimici utilizzati nel processo possono corrodere tubazioni, guarnizioni e raccordi provocando delle perdite ed esposizione dei lavoratori. In ogni caso l’alimentazione dell’impianto di trattamento non deve essere effettuata manualmente, ma attraverso un sistema chiuso di tubazioni.Durante le operazioni di vagliatura di materiale contaminato, i lavoratori possono essere esposti, per contatto diretto o per inalazione, a suolo, fanghi, polveri e materiale di scarto fuori misura.

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c. Rischi di natura radioattivaNon applicabile

d. Rischi biologiciNon applicabile

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SeparazioneTrattamento chimico/fisico ex situ

= sopra la media; = nella media; = sotto la media

Composti organici volatili non alogenati Composti organici volatili alogenati Composti organici semivolatili non alogenati Composti organici semivolatili alogenati Combustibili Inorganici Radionuclidi Esplosivi

Stato di sviluppo e di utilizzo della tecnologia Utilizzata in più siti, ben documentata, studiata, compresa

Efficacia come trattamento a sé stante Tecnologia relativamente semplice, ben compresa, ampiamente applicata

Frequenza relativa delle operazioni di esercizio e manutenzione

Alto grado di frequenza delle operazioni di esercizio e manutenzione

Investimento relativo di capitale Medio investimento di capitaleGrado di affidabilità e di facilità di manutenzione dimostrate, in confronto ad altre tecnologie di uguale efficacia

Elevata affidabilità e bassa manutenzione

Costi relativi di progettazione, costruzione, esercizio e manutenzione dell’intero processo di trattamento (compresi eventuali pre e post trattamenti)

Costi generali medi

Tempo di decontaminazione per un sito “medio” Meno di 6 mesiDisponibilità (numero di fornitori capaci di eseguire progettazione, costruzione e manutenzione)

Più di 4 fornitori

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Separazione

SuoloTrattamento chimico/fisico ex situ(previa escavazione)

Le tecniche di separazione concentrano i solidi contaminati attraverso meccanismi fisici e chimici. Questi processi cercano di separare i contaminanti dal mezzo che li contiene (suolo, sabbia, sedimenti).

I processi di separazione sono utilizzati per la rimozione di frazioni di suolo ad elevata concentrazione di contaminati, la rimanente frazione, che costituisce il suolo trattato, è relativamente incontaminata. La separazione ex situ può essere realizzata con molti processi. La separazione per gravità e la separazione fisica e per vagliatura sono due processi ben sviluppati, che sono da lungo tempo utilizzati nel trattamento delle acque reflue urbane. La separazione magnetica è un processo più recente e ancora in fase sperimentale.

Separazione per gravitàLa separazione per gravità è un processo di separazione solido/liquido, che si basa sulla differenza di densità tra due fasi. Le dimensioni delle attrezzature necessarie e l’efficacia della separazione per gravità dipendono dalla velocità di sedimentazione delle particelle solide, che è funzione delle dimensioni delle particelle, della differenza di densità, della viscosità del fluido e della concentrazione delle particelle (sedimentazione ostacolata). La separazione per gravità è usata anche per la rimozione di fasi oleose immiscibili e per la classificazione, in cui vengono separate particelle di diverse dimensioni. È spesso preceduta da coagulazione e flocculazione per aumentare le dimensioni delle particelle, consentendo quindi la rimozione delle frazioni fini.

Chiarificazione. Nella chiarificazione le particelle solide in sospensione, in concentrazioni tipicamente minori di 100 ppm, sono rimosse da una corrente acquosa. Si produce un effluente acquoso chiarificato, che può essere scaricato direttamente o ulteriormente trattato. I solidi sospesi vengono invece concentrati e inviati ad opportuno trattamento e successivo smaltimento.

Precipitazione chimica. La precipitazione chimica è applicabile a rifiuti pericolosi acquosi contenenti sostanze tossiche, che possono essere trasformate in una forma insolubile. In particolare è applicabile a terreni contaminati da arsenico, bario, cadmio, cromo, piombo, mercurio, selenio, argento. Il processo consiste nell’aggiungere in una vasca di agitazione un agente precipitante al rifiuto acquoso da trattare. Qui avvengono delle reazioni chimiche, che trasformano i metalli disciolti in una loro forma insolubile. I solidi sospesi sono poi inviati ad un chiarificatore per essere separati per sedimentazione. Per ottimizzare la rimozione dei solidi sospesi si può ricorrere alla flocculazione, con o senza l’aggiunta di una sostanza coagulante o di un coadiuvante per la sedimentazione. Per la rimozione dei metalli pesanti dai rifiuti acquosi possono essere utilizzate varie sostanze per la precipitazione. Il metodo più usato è quello dell’aggiunta di calce per la precipitazione come idrossidi. Per la maggior parte dei metalli la precipitazione può avvenire come solfuri, per alcuni come carbonati.

Precipitazione come idrossidi. Prevede l’uso di idrossido di calcio (calce) o di idrossido di sodio (soda caustica). M++ + Ca(OH)2 → M(OH)2 + Ca++

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È influenzata da: metallo, reagente usato, pH e presenza di materiali, che possono inibire la precipitazione. Il pH deve essere per lo più compreso tra 9 e 11, selezionato sulla base dei jar test e del particolare rifiuto, per avere un effluente accettabile. La precipitazione del cromo come idrossido si ha solo per il cromo trivalente. In presenza di cromo esavalente, bisogna prima trasformarlo in trivalente abbassando il pH tra 2 e 3 e aggiungendo un agente riducente come biossido di zolfo, bisolfito di sodio, solfato ferroso. 3SO2 + 3H2O → 3H2SO3 3H2SO3 + H2Cr2O7 → Cr2(SO4)3 + 4H2O

Precipitazione come solfuri. Prevede l’uso di solfuro di sodio (Na2S) e idrosolfuro di sodio (NaHS), che sono solubili, e di solfuro di ferro (FeS), che è solo debolmente solubile. M++ + FeS → MS + Fe++

Il cromo esavalente può essere direttamente trasformato in idrossido di cromo secondo la reazione: Cr2O7

-- + 2FeS + 7H2O → 2Fe(OH)3 + 2Cr(OH)3 +2S + 2OH- Nella precipitazione come solfuri sussiste il potenziale pericolo di sviluppo di solfuro di idrogeno gassoso tossico.

Precipitazione come carbonati. È utilizzata soprattutto per cadmio e piombo in alternativa alla precipitazione come idrossidi, perché si realizza per valori più bassi del pH e produce un fango più denso e più facilmente filtrabile. Tipica reazione di uno ione metallico bivalente con carbonato di sodio (cenere di soda) è la seguente:Na2CO3 + M++ → MCO3 + 2Na+

Separazione per gravità

Separazione magneticaLa separazione magnetica è usata per estrarre particelle radioattive debolmente magnetiche dal materiale che le ospita, come acqua, suolo o aria. Tutti i composti dell’uranio e del plutonio sono leggermente magnetici, mentre la maggior parte del materiale che li contiene non è magnetico. Il processo consiste nel far passare il fluido o il fango contaminato attraverso un volume magnetizzato. Il volume magnetizzato contiene una matrice di materiale magnetico come la lana d’acciaio, che estrae le particelle contaminanti debolmente magnetiche dal fango.

Separazione fisica e per vagliaturaNella separazione fisica e per vagliatura vengono utilizzati crivelli e setacci di diverse dimensioni per concentrare i contaminanti in volumi più piccoli. La separazione fisica è basata sul fatto che la maggior parte dei contaminanti organici e inorganici tende a legarsi, sia chimicamente che fisicamente, con la frazione fine (argilla e limo) del terreno. Le particelle di argilla e limo sono a loro volta fisicamente legate alle particelle più grossolane di sabbia e ghiaia per compattazione e adesione. In questo modo, separando le particelle fini di limo e argilla da quelle più grossolane di sabbia e ghiaia, si concentrano i contaminanti in un volume più piccolo di terreno, che può poi essere ulteriormente trattato o smaltito.

Applicabilità

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I contaminanti, che si possono abbattere con i processi di separazione ex situ, sono principalmente i composti organici semivolatili, i combustibili e gli inorganici, inclusi i radionuclidi. Queste tecnologie possono essere utilizzate per particolari composti organici volatili e pesticidi. La separazione magnetica è usata in modo specifico con metalli pesanti, radionuclidi e particelle magnetiche radioattive, come composti di uranio e plutonio.

La separazione fisica spesso precede i trattamenti ex situ, per il fatto che la maggior parte dei contaminanti è legata alla frazione più fine di suolo, che quindi necessita essa sola di un trattamento specifico. La separazione fisica risulta anche molto utile nel caso da metalli pesanti presenti sotto forma di particolato (ad esempio nei terreni provenienti da poligoni di tiro per armi leggere). Uno dei vantaggi dei processi di separazione fisica è che si possono raggiungere elevati livelli di produttività e prestazioni con apparecchiature relativamente piccole.

LimitazioniI fattori che possono limitare l’applicabilità e l’efficacia dei processi di separazione sono i seguenti:

• un elevato contenuto di argilla e di umidità aumenta i costi del trattamento;• i processi di separazione per gravità si basano sulla differenza di densità tra le due fasi

solido/liquido. Il peso specifico delle particelle determinerà il tasso di sedimentazione e l’efficienza del processo. In aggiunta, la velocità di sedimentazione è funzione della viscosità del fluido, che deve essere conosciuta per stimare l’efficienza del processo e per dimensionare le attrezzature;

• potrebbe essere necessario adottare delle misure per ridurre problemi di cattivi odori, derivanti dal fango organico che passa attraverso condizioni settiche.

Dati richiestiDati generali: tessitura, omogeneità ed isotropia, peso specifico, permeabilità, umidità, pH, Eh, Kow, frazione organica, TOC, BOD, COD, grassi e oli, solidi sospesi.

Devono essere noti: distribuzione granulometrica delle particelle, tipologia di suolo, forma fisica, proprietà di manipolazione, contenuto di umidità, tipologia e concentrazione dei contaminanti, tessitura e contenuto organico.

UtilizzazioniLa separazione per gravità e la separazione fisica e per vagliatura sono tecnologie ben consolidate e usate soprattutto nel trattamento delle acque reflue, di suoli, sedimenti e fanghi contaminati. La separazione magnetica è una recente tecnica promettente usata per rimuovere i contaminanti radioattivi dal terreno.

CostiNon disponibili.

Sicurezza

Analisi dei rischi

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L’adozione di questa tecnologia (nella sola fase di raccolta e conferimento del materiale da decontaminare) comporta i seguenti rischi:

a. Rischi di natura fisicab. Rischi di natura chimicac. Rischi di natura radioattivad. Rischi biologici

a. Rischi di natura fisicaPotenziale pericolo nello scavo di trincee per l’estrazione del terreno da trattare (cadute, macchinari, cedimenti).Rumorosità dei macchinari.Potenziale pericolo che si possano impigliare gli abiti da lavoro nelle parti in movimento dei macchinari.Potenziale pericolo di tracimazione del materiale da trattare dai serbatoi di raccolta.Potenziale esposizione per inalazione a vapori di composti organici volatili.Potenziale pericolo di ustioni per contatto con acqua calda di lavaggio, di schizzi negli occhi, di scivolamento su superfici bagnate.Sollevamento di oggetti pesanti.

b. Rischi di natura chimicaLe apparecchiature per la raccolta, il trasferimento, il trattamento e lo stoccaggio del materiale da decontaminare possono presentare delle perdite e causare esposizione per ingestione, inalazione, contatto cutaneo, provocando ad esempio irritazioni alla pelle, agli occhi e alle vie respiratorie.

c. Rischi di natura radioattivaPotrebbero essere stati sotterrati materiali radioattivi o potrebbe essere presente una radioattività naturale in suoli, fanghi e acque sotterranee. Del materiale radioattivo potrebbe restare inglobato nel terreno da trattare, accumulandosi alla fine come scoria nelle tubazioni e nei sistemi di trattamento. Alcuni materiali radioattivi presentano un pericolo per esposizione esterna. Tutti i materiali radioattivi possono rappresentare un pericolo per esposizione interna attraverso inalazione o ingestione. L’esposizione alle radiazioni per questa tecnologia di bonifica è rara.

d. Rischi biologiciNon applicabile

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StabilizzazioneTrattamento chimico/fisico ex situ

= sopra la media; = nella media; = sotto la media

Composti organici volatili non alogenati Composti organici volatili alogenati Composti organici semivolatili non alogenati Composti organici semivolatili alogenati Combustibili Inorganici Radionuclidi Esplosivi

Stato di sviluppo e di utilizzo della tecnologia Utilizzata in più siti, ben documentata, studiata, compresa

Efficacia come trattamento a sé stante Tecnologia a sé stante (non complessa, in termini di numero di mezzi e di tecnologie di trattamento, usuale)

Frequenza relativa delle operazioni di esercizio e manutenzione

Medio grado di frequenza delle operazioni di esercizio e manutenzione

Investimento relativo di capitale Elevato investimento di capitaleGrado di affidabilità e di facilità di manutenzione dimostrate, in confronto ad altre tecnologie di uguale efficacia

Elevata affidabilità e bassa manutenzione

Costi relativi di progettazione, costruzione, esercizio e manutenzione dell’intero processo di trattamento (compresi eventuali pre e post trattamenti)

Costi generali bassi

Tempo di decontaminazione per un sito “medio” Meno di 6 mesiDisponibilità (numero di fornitori capaci di eseguire progettazione, costruzione e manutenzione)

Più di 4 fornitori

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Stabilizzazione

SuoloTrattamento chimico/fisico ex situ(previa escavazione)

Nella stabilizzazione viene ridotta la mobilità dei contaminanti attraverso reazioni chimiche con un agente stabilizzante. (Diversa dalla solidificazione, in cui i contaminanti sono legati fisicamente o inglobati in una massa stabilizzata).

Il terreno così trattato di solito deve essere inviato allo smaltimento; in pochi casi può essere rideposto in sito.

È una tecnologia in continua innovazione, che trova utilizzazioni sia nel campo dei rifiuti propriamente detti che nel trattamento di suoli contaminati. Possono essere distinti i seguenti nove gruppi di processi: con bitume, con asfalto emulsionato, con cemento sulfureo modificato, estrusione con polietilene, con cemento Portland pozzolanico, solidificazione di rifiuti radioattivi, stabilizzazione dei fanghi, con fosfati solubili e vetrificazione o vetro fuso.

Processo con bitumeI rifiuti sono inglobati nel bitume fuso ed in esso incapsulati a raffreddamento avvenuto.

Processo con asfalto emulsionatoFormazione di una matrice continua idrofobica di asfalto intorno ai rifiuti solidi.

Processo con cemento sulfureo modificatoMiscelazione dei rifiuti, a temperatura variabile tra circa 130 e 150° C, con una matrice termoplastica di cemento sulfureo modificato e successivo raffreddamento della massa omogenea così ottenuta.

Processo di estrusione con polietileneMiscelazione a caldo di rifiuti secchi con leganti di polietilene, estrusione della miscela omogenea e successivo raffreddamento.

Processo con cemento Portland pozzolanicoSi usa soprattutto per legare i contaminanti inorganici in una matrice ad elevato pH, che può favorirne la precipitazione e l’immobilizzazione. L’efficacia di questo processo con i contaminanti organici è variabile.

Solidificazione di rifiuti radioattiviIncapsulamento di materiali radioattivi in una matrice stabile e uniforme.

Stabilizzazione dei fanghiAggiunta di un reagente, sia scorie che materiali cementizi, al fango per rendere meno mobili o meno tossici gli inquinanti in esso presenti.

Processo con fosfati solubiliA differenza della maggior parte dei processi di stabilizzazione, non comporta la trasformazione del rifiuto in una massa solida monolitica, ma prevede l’aggiunta di fosfati solubili per controllare il pH

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e per formare molecole complesse di metalli a bassa solubilità, immobilizzandoli e rendendoli insolubili.

Processo di vetrificazione o vetro fusoTrasformazione dei rifiuti in vetro o in matrice vetrosa attraverso fusione a 1200° C. L’elevata temperatura distrugge tutti i composti organici e produce pochi sottoprodotti di rifiuto. I metalli pesanti e i radionuclidi vengono inglobati in una struttura vetrosa relativamente resistente, durevole e resistente al dilavamento. Possono essere trattati rifiuti solidi, liquidi, umidi, secchi e anche combustibili. La matrice vetrosa è costituita principalmente da borosilicati e calce soda.

Tipico diagramma di flusso

ApplicabilitàQuesta tecnologia si usa per i composti inorganici, inclusi i radionuclidi. Ha efficacia limitata con i composti organici e i pesticidi, ad eccezione della vetrificazione, che distrugge la maggior parte dei contaminanti organici.

LimitazioniI principali fattori che possono limitare l’applicabilità e l’efficacia del processo sono:

• condizioni ambientali che possono compromettere l’immobilizzazione a lungo termine dei contaminanti;

• alcuni processi comportano un eccessivo aumento di volume, anche del doppio di quello iniziale;

• non tutti i rifiuti sono compatibili con i diversi processi, bisogna quindi eseguire delle prove preliminari di trattabilità;

• i composti organici di solito non possono essere immobilizzati;• l’efficacia a lungo termine non è stata dimostrata per molte delle combinazioni processo-

contaminanti.

Dati richiestiDati generali: tessitura, omogeneità ed isotropia, peso specifico, permeabilità, umidità, pH, Eh, Kow, frazione organica, TOC, BOD, COD, grassi e oli, solidi sospesi.

Principali dati richiesti sono: dimensione delle particelle di terreno, limiti di Atterberg (limiti di consistenza: limite di plasticità, limite di fluidità), contenuto di umidità, concentrazione dei metalli, contenuto di solfati, frazione organica, densità, permeabilità, resistenza a compressione a dilatazione trasversale libera (modulo di elasticità), eluizione, pH, analisi della microstruttura, durabilità fisica e chimica.

UtilizzazioniSono disponibili diversi riferimenti, per utilizzazioni sia in prove di laboratorio su piccola scala sia in scala reale, dei vari processi.

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CostiI costi disponibili si riferiscono ad una analisi condotta nel 2006, che prendeva in considerazione i seguenti due parametri principali:

• tipologia dei rifiuti (il contenuto di umidità nel fango rende i costi simili a quelli dei rifiuti in forma solida; la concentrazione e la tipologia dei contaminanti determina il quantitativo di reagenti da aggiungere al rifiuto, per ottenere i risultati richiesti nel trattamento);

• dimensioni del sistema di trattamento su unità mobili (scelta della giusta taglia dell’impianto mobile per trattare con appropriata produttività il volume di rifiuti).

Sono stati considerati quattro contesti di differente complessità.I siti di riferimento presentavano terreni in forma solida, con peso specifico di circa 1,6 g/cm3, inquinati da metalli o terreni in forma di fango, con peso specifico di circa 1,3 g/cm3, inquinati da metalli e da composti organici semivolatili, da trattare ex situ previa escavazione, quantità di terreno di circa 770 m3 e 38.000 m3, capacità dell’impianto di trattamento di circa 1,5 m3 e 7,6 m3, contenuto iniziale di umidità 15% e 60%, durata del trattamento ad intermittenza 20 minuti, volume di rifiuti da smaltire di circa 1.000 m3 e 50.000 m3 (pari a circa 1,3 volte il volume iniziale), rapporti degli additivi chimici cemento:rifiuto 0,15:1 e 0,40:1, acqua:cemento 0,40:1 per i solidi (non applicabile per i fanghi), reagenti brevettati:rifiuto 0,01:1, ceneri volanti:rifiuto 0,001:1, idem per i rapporti polveri di cemento:rifiuto, calce idrata:rifiuto, bitume:rifiuto, carbone attivo:rifiuto, costi per la progettazione esecutiva della bonifica di circa 14.000 euro per il sito piccolo e 300.000 euro per quello grande.

Un costo medio stimato di trattamento per siti di differente dimensione e complessità è, come ordine di grandezza, di circa 150,00 euro/m3.

Sicurezza

Analisi dei rischi

L’adozione di questa tecnologia comporta i seguenti rischi, caratteristici delle operazioni di stabilizzazione sia in situ che ex situ:

a. Rischi di natura fisicab. Rischi di natura chimicac. Rischi di natura radioattivad. Rischi biologici

a. Rischi di natura fisicaDurante lo scavo del terreno le attrezzature utilizzate possono ferire o uccidere i lavoratori.Potenziale pericolo per la presenza di carichi sospesi durante le operazioni di trivellazione.Potenziale rumorosità dei macchinari utilizzati.Potenziale pericolo per l’impigliarsi di abiti o parti di essi in apparecchiature in rotazione.Potenziale pericolo di incendio o di esplosione per danneggiamento di reti sotterranee di sottoservizi, come linee elettriche o del gas, durante l’installazione dei macchinari.Potenziale pericolo di restare impigliati alle parti in rotazione (alberi di trasmissione, ruote dentate, catene, pulegge) delle macchine impastatrici usate nella miscelazione del suolo.Possono talvolta verificarsi fuoriuscite di gas tossici o pericolosi, per esempio quando nei rifiuti è presente del magnesio e si usa del cemento nel trattamento del suolo. La reazione acqua-magnesio

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genera idrogeno gassoso, che può provocare incendi o esplosioni. Il pericolo è maggiore se si opera all’interno di fusti o altri contenitori.Potenziale pericolo per l’uso di acqua calda per il lavaggio delle attrezzature, schizzi negli occhi, scivolamento, ustioni.Potenziale pericolo per la presenza nel suolo di quarzo inalabile (materiale fine).Esposizione diretta o indiretta al sole, ai raggi ultravioletti, ai colpi da calore in ambiente caldo-umido.Potenziale pericolo di elettrocuzione per l’uso di apparecchiature elettriche o per la presenza di linee elettriche.Potenziale pericolo di ribaltamento di attrezzature pesanti su terreni instabili o su sponde a forte pendenza.Potenziale prossimità del cantiere di lavoro a strade pubbliche e conseguente esposizione dei lavoratori ai pericoli causati dal normale traffico veicolare nelle operazioni di attraversamento, carico e trasporto del terreno da trattare.Sollevamento manuale di oggetti pesanti.

b. Rischi di natura chimicaPotenziale pericolo di inalazione, ingestione e contatto cutaneo con polveri sollevate contaminate, composti organici volatili e materiali di rifiuto durante le operazioni di scavo e di miscelazione. Potenziale contatto con le seguenti sostanze usate nel trattamento: cemento Portland, calce viva, calce idrata, polveri da forno, ceneri volanti, silicato di sodio, gesso. Inoltre, l’aggiunta di cemento può portare a reazioni chimiche con i rifiuti, che rilasciano gas in atmosfera. Le polveri sollevate e le sostanze chimiche possono causare irritazioni, graffi e ferite agli occhi. Anche eventuali spruzzi e schizzi di sostanze chimiche, derivanti dall’iniezione ad alta pressione dei composti stabilizzanti, possono danneggiare gli occhi.Potenziale pericolo di rottura accidentale di manufatti sotterranei, ad esempio fognature e tubazioni, contenenti gas e liquidi e conseguente esposizione a sostanze chimiche.Potenziali emissioni gassose di composti organici volatili dovute al calore generato durante il processo di stabilizzazione. Potenziale rilascio di ammoniaca dovuto alla miscelazione con il cemento di composti ammoniacali. L’esposizione può avvenire per inalazione o per contatto cutaneo.

c. Rischi di natura radioattivaRaro pericolo dovuto ai contaminanti presenti nel suolo scavato e nell’acqua. Pericolo normale dovuto alla naturale presenza di materiale radioattivo nel suolo, nei fanghi e nelle falde. Alcune sostanze radioattive sono piroforiche (sostanze che a contatto con l’aria si infiammano spontaneamente). Sostanze radioattive come uranio e torio possono prendere fuoco spontaneamente e costituire un pericolo di incendio e di diffusione di radioattività nell’aria. Potenziale pericolo esterno costituito dallo scavo di materiale radioattivo sotterrato in discariche esistenti. Tutte le sostanze radioattive possono invece costituire un pericolo interno se inalate o ingerite.

d. Rischi biologiciI microrganismi presenti nel suolo e nelle acque sotterranee costituiscono un potenziale pericolo per esposizione diretta, durante le operazioni di miscelazione del terreno e di stabilizzazione dei rifiuti, nei siti in cui siano stati rinvenuti rifiuti sanitari o fanghi di fognatura.Potenziale inalazione e/o ingestione e/o contatto con la pelle di agenti patogeni.Ricorso a lavanderie industriali specializzate per il lavaggio degli abiti da lavoro.

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Potenziali pericoli da animali, presenti in sito durante tutte le fasi della bonifica, quali: serpenti, api, vespe, zecche, calabroni, roditori.

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ACQUA

Trattamenti chimico-fisici in situ

• Ossidazione chimica• Air sparging• Air stripping in pozzo• Bioslurping• Estrazione bifase• Barriere permeabili

OSSIDAZIONE CHIMICA

L’ossidazione chimica trasforma i contaminanti pericolosi in sostanze non pericolose o comunque meno tossiche, che sono più stabili, meno mobili e/o inerti.Gli agenti ossidanti più comunemente usati sono ozono, perossido di idrogeno, ipocloriti, cloro, biossido di cloro e permanganato.Si usa soprattutto per l’abbattimento di composti tossici organici.Il trattamento dura in genere meno di tre anni.

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AIR STRIPPINGPropedeutico allo studio delle due tecnologie di seguito descritte Air sparging e Air stripping in pozzo

È un processo fisico utilizzato per il recupero di rifiuti pericolosi, con il quale le molecole inquinanti disciolte in acqua sono trasferite dal liquido in una corrente gassosa. La forza che governa questo trasferimento di massa è fornita dal gradiente di concentrazione esistente tra la fase liquida e quella gassosa, con le molecole di soluto che si spostano dal liquido al gas, fino a quando non è stata raggiunta una condizione di equilibrio.Il gas utilizzato è l’aria, di solito a temperatura ambiente e a pressione atmosferica, e l’equilibrio è governato dalla legge di Henry. Questo processo è utilizzato per rimuovere da acque inquinate o da rifiuti acquosi i contaminanti organici relativamente volatili in essi disciolti, come il toluene e il tricloroetilene. Un valore massimo accettabile della concentrazione dei contaminanti, affinché il trattamento sia in pratica realizzabile, è di circa 100 mg/l.Un simile trattamento, progettato ed eseguito correttamente, è in grado di rimuovere più del 99% degli inquinanti dall’acqua, producendo come residui la stessa acqua trattata, di solito riutilizzabile, e il gas contaminato in uscita.Sono immediatamente trattabili a temperatura ambiente i composti organici volatili, che presentano le costanti della legge di Henry superiori alle 10 atmosfere, come tricloroetilene, tricloroetano (solventi clorurati) e benzene e toluene (solventi aromatici).Questo trattamento trova la sua più ampia applicazione nella bonifica delle acque sotterranee contaminate da solventi.La relazione di equilibrio che regola il processo è la legge di Henry, secondo la quale la pressione parziale di un gas o di una sostanza volatile in aria al di sopra di una soluzione acquosa diluita è direttamente proporzionale alla sua concentrazione in soluzione.

PA = HA · xA

Dove:PA = pressione parziale della sostanza A, espressa in atmHA = costante della legge di Henry della sostanza A, espressa in atm xA = frazione molare di A in acqua, adimensionale

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AIR SPARGING

Iniezione di aria nell’acquifero contaminato. L’aria attraversa il suolo saturo sia in orizzontale che in verticale, provocando la rimozione dei contaminanti volatili dall’acqua e il loro trascinamento verso l’alto nella zona insatura, nella quale è in genere utilizzato in affiancamento un sistema di estrazione di vapori.L’aggiunta di ossigeno all’acqua di falda e al sottosuolo può favorire la biodegradazione degli inquinanti.Si usa per l’abbattimento di contaminanti organici volatili e di combustibili.Il trattamento dura in genere meno di 3 anni.

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AIR STRIPPING IN POZZO(lavaggio con corrente di aria in pozzo)

Iniezione di aria in pressione al di sotto della superficie piezometrica in pozzo con doppia finestratura. L’aria iniettata solleva l’acqua dalla falda, aspirandola attraverso il filtro inferiore, posto in zona satura, e spingendola contemporaneamente ad uscire attraverso il filtro superiore, posizionato in zona insatura. Una volta nel pozzo, alcuni dei composti organici volatili presenti nell’acqua inquinata passano dalla fase disciolta in acqua alla fase gassosa attraverso le bolle di aria che, risalendo verso l’alto, superano la superficie piezometrica. L’aria contaminata sale attraverso il pozzo, viene raccolta con un sistema di estrazione di vapori e convogliata al trattamento.L’acqua sotterranea, parzialmente trattata e restituita in corrispondenza della zona insatura, viene poi aspirata di nuovo attraverso il filtro inferiore del pozzo e sottoposta a successivi cicli di trattamento, per consentire una graduale riduzione della concentrazione dei contaminanti.Si usa soprattutto per l’abbattimento di composti organici volatili e semivolatili alogenati e per i combustibili.Il trattamento dura in genere più di 10 anni.

Procedimento UVB (Unterdruck-Verdampfer Brunner) usato in Germania

Procedimento con il sistema NoVOCsTM della Stanford University

Procedimento DDC (Denstiy Driven Convection) della Wasatch Environmental, Inc.

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BIOSLURPING(biodegradazione + risucchio)

Combinazione di due trattamenti: bioventing e recupero di prodotto libero in galleggiamento sulla superficie della falda per depressione indotta.Con il bioventing si crea una serie di canali di aerazione nella zona insatura per stimolare la biodegradazione aerobica dei suoli contaminati da idrocarburi. Con il recupero di prodotto libero per depressione indotta si estraggono i LNAPL dalla frangia capillare e dalla superficie della falda.Si usa per i terreni contaminati da idrocarburi e per profondità della falda anche maggiori di 10 metri dal piano campagna.Il trattamento dura in genere fra i 3 e i 10 anni.

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ESTRAZIONE BIFASE

Applicazione di una forte depressione per la rimozione contemporanea dal sottosuolo di varie combinazioni di acque di falda contaminate, prodotti del petrolio in fase separata (ad esempio prodotto libero in galleggiamento) e vapori di idrocarburi.I liquidi e i vapori estratti vengono poi adeguatamente trattati e smaltiti.La forte depressione indotta abbassa notevolmente la piezometrica nell’intorno dei pozzi di trattamento, creando una zona insatura dalla quale i contaminanti possono essere rimossi con l’ausilio della tecnologia dell’estrazione di vapori.Se sono presenti tra gli inquinati idrocarburi a catena lunga, a questo trattamento si affiancano la biodegradazione, l’air sparging o il bioventing per accelerare i tempi di bonifica.Si usa soprattutto per l’abbattimento di composti organici volatili e di combustibili, ad esempio LNAPL.Il trattamento dura in genere fra i 3 e i 10 anni.

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BARRIERE PERMEABILI

Barriere sotterranee permeabili, che vengono attraversate per gravità dall’acqua di falda inquinata, consentendo la degradazione oppure la concentrazione e successiva rimozione dei contaminanti.Per il trattamento dell’acqua vengono utilizzati ioni metallici zerovalenti, agenti chelanti, adsorbenti, batteri.Le barriere possono intercettare la falda nel suo movimento sotterraneo naturale e sono chiamate barriere permeabili passive. Oppure le acque di falda possono essere convogliate verso le barriere sotterranee, con la creazione combinata di direzioni preferenziali di flusso (zone ad elevata conducibilità idraulica) e di barriere impermeabili di contenimento, e sono quindi chiamate barriere permeabili attive. Altro esempio di barriere permeabili attive è costituito dalle barriere in ferro granulare, usate soprattutto per l’abbattimento di sostanze clorurate come TCE (tricoloroetilene), DCE (dicloroetilene) e VC (cloruro di vinile).Si usano soprattutto per l’abbattimento di sostanze organiche volatili e semivolatili e inorganici.Il trattamento dura in genere più di 10 anni.

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NUOVE FRONTIERE PRODUZIONE INDUSTRIALE/RIFIUTO

MODELLO C2C

Cradle to Cradle Design

ovvero

La progettazione “Dalla culla alla culla”

L’ Environmental Protection and Encouragement Agency (EPEA) fu fondata nel 1987 ad Amburgo, in Germania, dal Prof. Dr. Michael Braungart, fondatore e guida iniziale della divisione chimica di Greenpeace. EPEA divenne indipendente da Greenpeace nel 1988.

EPEA è un istituto internazionale di consulenza e di ricerca scientifica.Opera con clienti in tutto il mondo per applicare la metodologia “Dalla culla alla culla” per progettare nuovi processi, prodotti e servizi.

(Michael Braungart, William McDonough, EPEA Internationale Umweltforschung GmbH, and McDonough Braungart Design Chemistry LLC)

Eliminare il concetto di rifiuto

Usare l’energia da fonti rinnovabili (principalmente dal sole)

Celebrare la diversità culturale e biologica

Trarre ispirazione dalla natura, nella quale non c’è posto per il concetto di rifiuto, ma in cui

rifiuto = nutrimento

(come avviene ad esempio per il compostaggio)

Ripristinare i cicli continui di nutrienti, sia biologici che tecnici, con effetti positivi a lungo termine su profitti aziendali, ambiente e salute umana

Efficienza (quantità) / Efficacia (qualità)

Comportamento passivo (proteggere l’ambiente, salvaguardare le risorse, minimizzare gli impatti antropici)

Comportamento attivo (agire sui cicli biologici e tecnici, aumentare le risorse, eliminare i rifiuti)

Modello a ciclo lineare, che intacca le risorse e accumula rifiuti.

materie prime → produzione → utilizzo → rifiuto

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Modello a ciclo chiuso, che elimina il concetto di rifiuto.

---------------------------------------------------------------------------------------------------↓ → nutrienti biologici → ciclo biologico → ↑

materie prime → produzione → utilizzo ↕ ↑ → nutrienti tecnici → ciclo tecnico → ↓----------------------------------------------------------------------------------------------

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Bibliografia

Harry M. Freeman : Standard Handbook of Hazardous Waste Treatment and Disposal, Mc Graw-Hill Book Company, U.S.A.B. H. Mahan : Chimica generale ed inorganica, Casa Editrice AmbrosianaP. Morgese : Trattamento e smaltimento di residui industriali siderurgici in stabilimenti dismessi - Aspetti normativi e criteri per la bonifica dei materiali, del suolo e delle falde, Tesi di Diploma della Scuola di specializzazione in ingegneria sanitaria ed ambientale, Università degli Studi di Napoli Federico II, A.A.1993/1994Robert H. Perry et alia : Perry's chemical engineers' handbook, McGraw-Hill Book Company, New YorkProject Management Institute PMI® : A guide to the Project Management Body Of Knowledge PMBOK®, PMI®, U.S.A.Paolo Sequi : Chimica del suolo, Patron Editore, Bologna

www.epa.gov

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