Applicazioni Rilevazioni he Nel Monitoraggio Del Territorio

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UNIVERSITA DEGLI STUDI MILANO-BICOCCA CORSO DI LAUREA IN SCIENZE E TECNOLOGIE PER LAMBIENTE

Andrea Mangeruca Mat. 028258

APPLICAZIONI, RILEVAZIONI INFORMATICHE NEL MONITORAGGIO DEL TERRITORIO CON PARTICOLARE RIFERIMENTO A FENOMENI FRANOSI E DEFLUSSI IDRICI.

INDICE

CAPITOLO I FINALITA DEL PROGETTO SEGUITO DURANTE LO STAGE1.1 LA SEDE DELLO STAGE 1.2 DESCRIZIONE DEL PROGETTO SEGUITO E DELLE SUE FINALITA

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CAPITOLO II SISTEMI DI MONITORAGGIO DI DISSESTI FRANOSI2.1 IL MONITORAGGIO GEOLOGICO 2.2 STRUMENTI PER IL MONITRAGGIO GEOTECNICO 2.2.1 INCLINOMETRI 2.2.2 ESTENSIMETRO MULTIBASE 2.2.3 PIEZOMETRI 2.2.4 ESTESIOMETRI A FILO 2.2.5 MISURATORI DI GIUNTI E DI FESSURE 2.2.6 FESSURIMETRI 2.2.7 CLINOMETRI 2.2.8 DISTOMETRI 2.3 INSTALLAZIONE DI UNA RETE DI MONITORAGGIO

88 10 10 11 11 13 14 14 15 15 16

2.4 RACCOLTA, ORGANIZZAIONE E ARCHIVIAZZIONE DEI DATI E CRAZIONE DI UN PROGETTO IN ARCVIEW 17 2.5 SOPRALLUOGHI 22

CAPITOLO III DESCRIZIONE DEI DISSESTI MONITORATI3.1 DESCRIZIONE DELLE AREE DI DISSESTO 3.2 PRINCIPALI TIPOLOGIE DI FRANE 3.2.1 I CROLLI 3.2.2 I RIBALTAMENTI 3.2.3 GLI SCIVOLAMENTI (SLIDE) 3.2.4 LE COLATE 3.2.5 GLI SPROFONDAMENTI 3.2.6 DEFORMAZIONI GRAVITATIVE PROFONDE DI VERSANTE (DGPV) 3.3 INQUADRAMENTO GEOLOGICO-GEOMORFOLOGICO E CARATTERISTICHE GENERALI DI STABILITA DELLA PROVINCIA DI BERGAMO 3.3.1 INQUADRAMENTO GEOLOGICO-GEOMORFOLOGICO

2424 24 25 25 26 27 28 29

31 31

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CARATTERISTICHE DI STABILITA: 3.3.2 VALLE BREMBANA 3.3.3 VALLE IMAGNA 3.3.4 VALLE SERIANA SUPERIORE 3.3.5 VALLE SERIANA INFERIORE 3.3.6 VALLE DI SCALVE 3.3.7 BASSO SEBINO 3.3.8 ALTO SEBINO 3.3.9 VALLE CAVALLINA 3.4 SCHEDE TECNICHE 3.4.1 LOC. IL PIZZO COMUNE DI BRANZI 3.4.2 LOC. LONGA E LOC. CAMORETTI COMUNE DI ALMENNO 3.4.3 TORRENTE ANDRIA COMUNE DI BRACCA 3.4.4 LOC. CA MORONE COMUNE DI BREMBILLA 3.4.5 LOC. MEDEGA COMUNE DI CAPIZZONE 3.4.6 DOSSENA 3.4.7 LOC. SAN FELICE AL LAGO COMUNE DI ENDINE GAIANO 3.4.8 LOC. PAGAFONE COMUNE DI FUIPIANO IMAGNA 3.4.9 LOC.TEZZI COMUNE DI GANDELLINO 3.4.10 LOC.RIPA COMUNE DI GROMO 3.4.11 LOC.PACCACORNA COMUNE DI SAN GIOVANNI BIANCO 3.4.12 LOC. MAZZOLENI E FORNACE COMUNE DI SANTOMOBONO IMAGNA ALLEGATI-TABELLA DEGLI STRUMENTI DI MONITORAGGIO BIBLIOGRAFIA

33 33 33 34 34 35 35 35 36 37 37 40 43 46 49 52 55 58 61 64 67 70 73 78

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CAPITOLO I

FINALITA DEL PROGETTO SEGUITO DURANTE LO STAGE

1.1 LA SEDE DELLO STAGELo stage valido come prova finale per la Laurea in Scienze e Tecnologie per lAmbiente stato svolto presso gli uffici della Struttura sviluppo del territorio della sede territoriale della Regione Lombardia a Bergamo. Le sedi territoriali della Regione Lombardia sono delle diramazioni della sede centrale, sviluppate per agevolare lattivit amministrativa propria della Regione nel suo territorio. Questa organizzazione stata realizzata allo scopo di agevolare il dialogo con i vari Enti Locali e le diverse realt rappresentative del territorio e in questo modo favorire unazione coordinata e concordata con i diversi soggetti nellamministrazione. La Struttura Sviluppo del Territorio fa parte della Direzione Generale Sicurezza, Polizia Locale e Protezione Civile, e si occupa dellistruttoria tecnica dei progetti e della realizzazione di opere pubbliche dinteresse regionale. Le principali competenze riguardano la gestione delle concessioni demaniali riguardanti le derivazioni dei corsi dacqua, delle autorizzazioni per lestrazione di materiale lapideo e degli scarichi. La Struttura Sviluppo del Territorio assicura inoltre consulenza e assistenza tecnica agli Enti Locali per la progettazione di opere pubbliche ed interviene direttamente per la tutela della pubblica incolumit in caso di calamit naturali. In particolare lattivit di stage stata svolta presso lUnit Operativa addetta al rischio idrogeologico e alla difesa del suolo.

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Documentazione

sopralluogo

Progetti di sistemazio ne dei dissesti

Raccolta dati

Registrazione dati in una tabella Excel

Creazione di un progetto in Arcview

Creazione di schede tecniche descrittive del dissesto per ogni localit

Figura 1.1-Rappresentazione di come l'attivit di stage stata suddivisa.

1.2 DESCRIZIONE DEL PROGETTO SEGUITO E DELLE SUE FINALITALattivit dello stage svolto presso la sede territoriale di Bergamo della Regione Lombardia stata dedicata alla realizzazione di un censimento dei monitoraggi geologici presenti nel territorio della provincia di Bergamo, con laiuto di alcune applicazioni informatiche utilizzate nellambito del monitoraggio del territorio. Partendo dal Piano dEmergenza Provinciale per il rischio idrogeologico da frana della Provincia di Bergamo, in cui gi contenuta una sommaria lista dei siti monitorati nella Provincia, si provveduto ad approfondirla, integrandola con i dati dei sistemi monitorati non presenti nel piano e creando un data base di tutti gli strumenti di monitoraggio installati su frane nella provincia. Sono state individuate quindici localit in cui situazioni di dissesto idrogeologico sono monitorate (Tab.1.1). La base di dati raccolta stata utilizzata come data base per la realizzazione di un progetto attraverso un sistema informativo territoriale, che permettesse di rappresentare la collocazione degli strumenti su base cartografica. A questa serie di dati stata associata una relazione che partendo da una descrizione generale del monitoraggio geologico e delle caratteristiche geologiche-geomorfologiche della Provincia di Bergamo arriva a descrivere, per ogni frana considerata, lassetto geologico dellarea, levoluzione del dissesto e i sistemi installati per il monitoraggio (Fig.1.1).

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COMUNEDOSSENA ADRARA SAN MARTINO ALMENNO S.BARTOLOMEO

LOCALITA

STRUMENTI INSTALLATI3 PIEZOMETRI, 3 INCLINOMETRI 2 INCLINOMETRI, 1 PIEZOMETRO

LONGA CAMORETTO

2 INCLINOMETRI, 2 PIEZOMETRI 2 INCLINOMETRI, 2 PIEZOMETRI 2 ESTENSIOMETRI A FILO, FESSURIMETRI 1 STAZIONE METEOROLOGICA

ALMENNO S.BARTOLOMEO

BRACCA BRANZI BREMBILLA IL PIZZO CAMORONE

1 INCLINOMETRO, 2 PIEZOMETRI 11 BASI DISTOMETRICHE CATENE ESTENSIOMETRICHE PLUVIOMETRO 5 INCLINOMETRI, 6 PIEZOMETRI 14 BASI DISTOMETRICHE. OSSERVAZIONI TOPOGRAFICHE 10 INCLINOMETRI, 4 PIEZOMETRI 4 INCLINOMETRI, 4 PIEZOMETRI 5 INCLINOMETRI, 8 PIEZOMETRI, 1 STAZIONE METEOROLOGICA 2 INCLINOMETRI 4 INCLINOMETRI, 3 PIEZOMETRI,

CAPIZZONE ENDINE GAIANO GANDELLINO GROMO S.OMOBONO IMAGNA S.OMOBONO IMAGNA

MEDEGA SAN FELICE AL LAGO TEZZI RIPA ALTA MAZZOLENI FORNACE

FUIPIANO IMAGNA

PAGAFONE

2 MISURATORI DI GIUNTI, 2 CLINOMETRI, 8 FESSURIMETRI, 1 STAZ.METEOROLOGICA 2 STAZIONI DI OSS. TOPOGRAFICA

SAN GIOVANNI BIANCO

PACCACORNA

1 PIEZOMETRO

Tabella 1.1-Elenco dei siti nella provincia di Bergamo in cui installato un sistema di monitoraggio geologico.

Il piano della provincia, raccoglie e rielabora i dati che descrivono lo stato del dissesto da frana del territorio provinciale, al fine di definire la pericolosit di tali dissesti e poterne ridurre i danni derivanti dal manifestarsi di un fenomeno franoso. Partendo dalla parte del piano provinciale dedicata al monitoraggio, lobbiettivo dello stage, a differenza di quello del piano, ideato in un ottica di protezione civile, stato quello di fornire alla U.O. rischio idrogeologico e difesa del suolo della Regione Lombardia, uno strumento per ovviare al frastagliamento presso le differenti Enti Locali delle informazioni sui sistemi di monitoraggio installati sul territorio. La progettazione e la gestione degli interventi sulle aeree colpite da dissesto non infatti riferibile ad un unico ente ma suddivisa fra Regione, Provincia, Comunit Montane e comuni. E quindi difficoltoso per gli enti che operano sul territorio potere essere in grado di avere una chiara rappresentazione dello stato del monitoraggio nellintero territorio della Provincia. Lobbiettivo dellattivit svolta stato quindi 6

quello di fornire agli uffici della sede locale della regione, che spesso chiamata a fornire consulenza tecnica agli Enti locali oltre a realizzare direttamente la progettazione degli interventi, un documento che riproducesse un quadro generale del monitoraggio geologico nella provincia di Bergamo (Fig.1.2).

PROVINCIA PROGETTAZIONE DI INTERVENTI IN AEREE DI DISSESTO REGIONE

COMUNI COMUNITA MONTANE

CONSULENZA

Figura 1.2-Competenze dei vari Enti negli interventi di sistemazione di versanti franosi.

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CAPITOLO II

SISTEMI DI MONITORAGGIO DI DISSESTI FRANOSI

2.1 IL MONITORAGGIO GEOLOGICOOggetto dellattivit di stage stata, come detto, la registrazione di tutti gli strumenti di monitoraggio di dissesti installati allinterno della Provincia di Bergamo. Gli strumenti utilizzati per il controllo dellevoluzione di una frana sono numerosi e sono scelti in modo tale da potersi adattare il pi possibile alle esigenze che una particolare instabilit richiede. I sistemi di monitoraggio installati presso le frane presenti sul territorio della Provincia di Bergamo comprendono principalmente strumenti per il monitoraggio geotecnico, topografico e meteorico. I sistemi di monitoraggio geotecnico consentono di acquisire informazioni puntuali direttamente dalla superficie e dallinterno del corpo di frana. Tali informazioni permettono di individuare le caratteristiche geometriche del materiale coinvolto, le modalit, lentit e la direzione del movimento del corpo franoso nonch il livello di saturazione del terreno.

Figura 2.1-carta delle soglie pluviometriche per l'innesco di frane superficiali (eventi con durata di 12h). Da: primo programma Regionale di Previsione e Prevenzione di Protezione Civile, Regione Lombardia, 1998

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Il monitoraggio topografico si basa su misure di spostamenti superficiali ottenute tramite gli strumenti del rilievo geodetico e topografico, ovvero tramite il controllo degli spostamenti di mire topografiche installate sul corpo di frana. Data limportanza che le precipitazioni meteoriche rivestono come fattore innescante di un dissesto, determinando laumento del peso dei terreni, la formazione di reticoli di filtrazione, laumento della pressione interstiziale e la saturazione dei suoli, il monitoraggio geotecnico e topografico pu essere affiancato da centraline per il monitoraggio meteorologico. I dati sulle precipitazioni vengono messi in funzione di quelli dei movimenti del dissesto, in modo tale da poter definire dei valori soglia dinnesco per i parametri meteorologici. Attraverso lanalisi di dati climatici si pu arrivare allelaborazione di un modello previsionale dinnesco di movimenti franosi superficiali. Una possibile applicazione la realizzazione di carte tematiche delle soglie pluviometriche di innesco (fig.2.1). Nel monitoraggio delle frane presenti nella Provincia di Bergamo sono stati utilizzati con maggiore frequenza due tipi di strumenti: gli inclinometri (cfr.2.2.1), in quanto si adattano a pi di una situazione, e i piezometri (cfr.2.2.3), poich spesso i dissesti sono collegati a movimenti del livello di falda (fig.2.2). Nei casi in cui il dissesto non ha ancora raggiunto il completo collasso del versante e si manifestato soprattutto con fessure e crepe nelle infrastrutture o in rocce affioranti, il monitoraggio viene effettuato soprattutto con fessurimetri e misuratori di giunti (cfr.2.2.5, 2.2.6), come nel caso del dissesto di Mazzoleni nel comune di SantOmobono Imagna.

Inclinometri

40 35 30 25 N di strumenti 20 installati 15 10 5 0

38 36 25 17 6 1 10 3 3 1 2

Pieometri Estesimetri multibase Estensimetri a filo Misure Topografiche Misuratori di ginti Fessurimetri Distometri Staz. Meteo Pluviometri Clinometri

Tipologia di sturmenti

Figura 2.2-Distribuzione delle diverse tipologie di strumenti utilizzati.

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2.2 STRUMENTI PER IL MONITRAGGIO GEOTECNICOMISURE DI SPOSTAMENTO IN FORO: 2.2.1 INCLINOMETRIGli inclinometri permettono di misurare i movimenti laterali del terreno nei terreni franosi e nei terrapieni. Sono costituiti da un tubo inclinometrico installato allinterno del corpo di frana (fig.2.4), provvisto di quattro scalanature ortogonali con funzione di guida (fig.2.3), dentro le quali viene fatta scorrere una sonda inclinometrica per le misurazioni.

Figura 2.3-Sezione di un tubo inclinometrico (Sisgeo).

I rilievi consistono in misurazioni dellinclinazione rispetto alla verticale di punti significativi a differenti profondit. Le misure sono quindi puntuali, riferite cio ad una precisa quota. Confrontando i dati ottenuti dalle misure della posizione iniziale (misura di zero) con quelle della nuova posizione permettono, tramite integrazione numerica, di risalire alla velocit, alla profondit e allampiezza dello spostamento. Le misure possono essere eseguite tramite sonde (inclinometro) removibili, qualora non certa la precisa profondit della superficie di scivolamento, che permette quindi di variare la posizione della sonda, o con sonde inclinometriche fisse quando le superficie di scorrimento sono identificate con certezza.

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Figura 2.4-Rappresentazione di un in clinometro (Arpa)

2.2.2 ESTENSIMETRO MULTIBASESono usati per controllare i movimenti di terreni e rocce. Viene rilevata la posizione rispetto alla superficie di determinati punti di misura, installati in modo permanente a profondit definite, allinterno di tubi di perforazione. Si determina in questo modo il profilo deformativo del terreno monitorato. Nel caso non si conoscano con precisione le profondit alle quali avviene lo spostamento presunto, le misure possono essere eseguite mediante estensimetri removibili (incrementali).

2.2.3 PIEZOMETRI

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I piezometri servono per il monitoraggio delle falde acquifere, o ancora per la misura delle pressioni interstiziali in terreni saturi e vadosi. Il foro di sondaggio utilizzato per linstallazione di piezometri, viene riempito con una speciale tubazione piezometrica con sabbia e ghiaietto che permette lingresso di acqua nel tubo (Fig.2.5). Dopo un certo periodo di tempo, lacqua si stabilizza ad un livello che rappresenta il livello della falda acquifera circostante. Esistono due principali tipi di piezometri: a tubo aperto e piezometri Casagrande. Il primo viene utilizzato per la misurazione del livello di falda. Il piezometro Casagrande invece permette la misurazione della pressione interstiziale dellacqua in terreni mediamente impermeabili. La parte filtrante del piezometro Casagrande isolata dal resto del foro in modo da misurare la pressione nello strato in cui installata. Solitamente le misure sono effettuate con uno scandaglio elettrico o con trasduttori di pressione. Lo scandaglio elettrico (sondina di livello) costituito da un cavo centimetrato dotato di un puntale che al contatto con lacqua aziona un indicatore sonoro o luminoso.

Figura 2.5-Un tubo piezometrico (Arpa).

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MISURE DI SPOSTAMENTO IN SUPERFICIE:

2.2.4 ESTESIOMETRI A FILO

Figura 2.6-Schema di un estensiometro a filo.

Viene utilizzato per il controllo e le misure di movimenti superficiali in pendii franosi o su versanti in roccia, qualora siano state osservate evidenze del movimento come fratture o giunti. Lestensiometro comprende due punti dancoraggio posti sui lati opposti della frattura, collegati da un filo dacciaio che termina su di una puleggia con potenziometro (Fig.2.6).

Figura 2.7-Catena estensiometrica installata per il monitoraggio della frana di Ca' morone comune di Brembilla.

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Ogni movimento del cavo, dovuto allo spostamento di uno dei due punti dancoraggio, provoca la rotazione della puleggia. Questa rotazione produce un segnale elettrico proporzionale allo spostamento che viene misurato dal potenziometro.

2.2.5 MISURATORI DI GIUNTI E DI FESSURESono installati in corrispondenza di fratture su corpi solidi (Fig.2.8). Sono costituiti da unastina ancorata mediante tassello ad un lato del giunto che si muove rispetto al corpo dello strumento in funzione degli spostamenti del giunto. Gli spostamenti vengono misurati attraverso un impulso elettrico dal sensore dello strumento.

2.2.6 FESSURIMETRISempre in presenza di fratture, solitamente quando riguardano infrastrutture, i movimenti possono essere monitorati con i fessurimetri. Sono strumenti costituiti da due elementi realizzati in materiale plastico dotati di asole per il fissaggio, che vengono collocati ai lati opposti della frattura in modo da poterne misurare gli spostamenti nelle due direzioni del piano. Le misure vengono fatte attraverso un reticolo millimetrato posto nella parte centrale dello strumento che collega i due elementi fissati (Fig.2.8).

Figura 2.8-Un fessurimetro lineare (strumento in basso) e un misuratore di giunto (in alto) installati su una frattura a SantOmobono (BG).

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2.2.7 CLINOMETRIVengono utilizzati per le misure di movimenti rotazionali rispetto alla verticale, di strutture o di situazioni geologiche in superficie (Fig.2.9). Sono strumenti in grado di dare una misura delleffetto del dissesto sulloggetto monitorato. Rilevando i valori di inclinazione si avr una doppia informazione: relativa alla stabilit dellopera e relativa al comportamento del terreno su cui insiste lopera. La misura pi significativa risulta essere la differenza tra rilievi successivi. In molti casi necessario ottenere misure in pi punti cos da evidenziare un comportamento globale non influenzato da fenomeni locali.

Figura 2.9-Rappresentazione di un clinometro

2.2.8 DISTOMETRIPossono essere utilizzati in alternativa agli estensimetri a filo per misure manuali di movimenti superficiali di pendii franosi e versanti in roccia. Permettono misure di grande precisione controllando la distanza tra due punti di riferimento (bulloni di convergenza) installati sulle due parti in movimento. Sono costituiti da un corpo rigido da cui si allunga un nastro (Fig.2.10). Le misure sono effettuate ancorando lo strumento ad un bullone e allungando il capo libero del nastro

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allaltro caposaldo. La distanza tra i due punti sar data dalla somma algebrica della lettura del nastro e di quella del comparatore centesimale di cui lo strumento dotato.

Figura 2.10-Rappresentazione di una misura con distometro.

2.3 INSTALLAZIONE DI UNA RETE DI MONITORAGGIOLinstallazione di una rete di monitoraggio per un suo corretto funzionamento prevede una conoscenza approfondita delle caratteristiche geometriche e strutturali della frana. La possibilit di poter ottenere dati significativi che possano rappresentare con precisione il reale andamento del dissesto presuppone che questi siano stati installati in punti che ne possano rilevare il movimento. E per questo che linstallazione di una rete di monitoraggio deve essere progettata, laddove possibile, in fasi successive in modo da riuscire ad ottimizzare il sistema pi efficace. Una prima rete di monitoraggio elastica ed essenziale dovr costituire un preliminare sistema, che permetta continue verifiche dellevoluzione del dissesto e fornisca informazioni per poter aggiornare i modelli ipotizzati. Sulla base dei dati registrati si potr giungere ad ottimizzare la resa strumentale del sistema, ottenendo una rete di monitoraggio agile ed efficiente che permetta di valutare integralmente la possibile evoluzione del dissesto e la messa in sicurezza delle zone identificate a rischio. La necessit di dover arrivare ad un sistema di monitoraggio efficiente importane laddove prevalga una logica di non intervento sulla zona dissestata, che pu essere dettata sia da una scelta gestionale del territorio sia dallimpossibilit di poter affrontare con un intervento attivo dissesti di enormi dimensioni, come nel caso delle DGPV. La prima fase prevede quindi linstallazione di una prima rete minima che possa successivamente essere implementata. I dati dacquisizione dovranno consentire il corretto posizionamento degli strumenti che verranno installati nella seconda fase, e costituiranno dei parametri importanti per la definizione dei dati rilevati. Questa fase preliminare molto importante per evitare che reti di 16

monitoraggio molto sofisticate, sotto laspetto dellacquisizione, trasmissione ed elaborazione dei dati, abbiano strumenti posizionati in punti di nessun interesse tecnico. La seconda frase dovr essere attivata in relazione ai valori strumentali ottenuti, ad un opportuna distanza di tempo, in modo da avere una sufficiente base di dati,. Dovr essere prevista in questa fase la completa automatizzazione dellacquisizione e la trasmissione dei dati consentendo letture giornaliere. Nella rete definitiva gli strumenti saranno collegati a delle centraline per la registrazione dei dati, in grado di trasmetterli tramite GSM ad ununit centrale dacquisizione (fig.2.11). Dallunit centrale sar possibile interrogare anche a cadenza giornaliera le unit remote, permettendo allente competente di avere un monitoraggio continuo dellarea del dissesto. Tale sistema valido non solo in una logica di gestione del territorio a livello locale ma pu assumere anche dimensioni a livello regionale, permettendo di assegnare ad un unico ente, la gestione del monitoraggio dei dissesti idrogeologici di un determinato territorio.

I FASE Installazione di una preliminare rete di monitoraggio.

DATI ACQUISITI Definizione delle caratteristiche del dissesto.

II FASE Installazione di una rete di monitoraggio definitiva.

AUTOMATIZZAZIONE Dell acquisizione e trasmissione dei dati.

Possibilit di trasmettere i dati a UNITA REMOTE.

Figura 2.11-Fasi successive per l'installazione di una rete di monitoraggio.

2.4 RACCOLTA, ORGANIZZAIONE E ARCHIVIAZZIONE DEI DATI E CRAZIONE DI UN PROGETTO IN ARCVIEWUna volta acquisita unindispensabile base tecnica sui dissesti, lattivit stata rivolta alla ricerca di dati sui sistemi di monitoraggio installati allinterno del territorio provinciale, in modo da poterli raggruppare in una tabella Excel e poter in questo modo essere utilizzati per la creazione di Data Base e come base di dati per Sistemi Informativi Territoriali. I dati riportati nella tabella sono stati ricavati dai progetti per linstallazione dei sistemi di monitoraggio, redatti da studi di ricerca specializzati, su commissione, a seconda delle competenze, della Regione Lombardia, della Provincia di Bergamo, delle varie comunit montane e comuni. Dalla lettura di questi documenti stato possibile ricavare lubicazione, la quota, le modalit di misurazione e lente gestore di ogni strumento di monitoraggio installato. 17

E stato possibile consultare questi progetti attraverso le copie conservate presso lU.O. Rischio Idrogeologico e Difesa del Suolo e gli altri uffici della sede di Bergamo della Regione Lombardia, dove stato svolto lo stage, ad eccezione del dissesto di Branzi, per il quale stato necessario richiedere la documentazione allA.R.P.A. di Milano, che ha realizzato il progetto. La tabella dExcel (cfr.allegati) stata organizzata in modo tale che per ogni singolo strumento installato venissero riportati, nelle varie colonne, i dati riguardanti: il codice identificativo della tabella; il codice identificativo originale dello strumento; lente gestore dello strumento; il comune e la localit in cui installato lo strumento; la quota s.l.m. e le coordinate Gauss-Boaga in cui ubicato; la tipologia di strumento; il formato (analogico o digitale), la metodologia di registrazione, la frequenza di rilevazione e la frequenza dinvio del dato; il terminale darrivo del dato (solitamente coincide con lente gestore),(fig.2.12).

ID

ID ORIGINALE

ENTE GESTORE Comunit

COMUNE

LOCALITA' UBICAZIONE

COORD. X

COORD. Y

QUOTA [m s.l.m.]

FUIINCL1

IC2

Montana Valle Imagna Comunit

Fuipianoi Valle Imagna

Pagafone

1540240

5078040

860

FUIINCL2

IC4

Montana Valle Imagna

Fuipianoi Valle Imagna

Pagafone

1540530

5077820

1010

METODOLOGIA STRUMENTO DI REGISTRAZIONE DEL DATO

FORMA DEL DATO

FREQUENZA DI RILEVAZIONE DELLA CENTRALINA

FREQUENZA DI INVIO DATI DALLA CENTRALINA

MODALITA' DI TRASMISSIONE DEL DATO COMUNITA' TERMINALE DEL DATO

INCL

MANUALE

A

45G

45G

R.MANUALE

MONTANA VALLE IMAGNA COMUNITA'

INCL

MANUALE

A

45G

45G

R.MANUALE

MONTANA VALLE IMAGNA

Figura 2.12-Le prime due righe della tabella creata in excel. La tabella intera e riportata in allegato.

La principale difficolt nel ricavare la quota e le coordinate del punto dinstallazione degli strumenti di monitoraggio, stata riscontrata nel trovare una corrispondenza fra la posizione indicata nelle carte a grande scala, solitamente a 1:500, dei progetti con quella nella Carta Tecnica Regionale a scala 1:10000, anche se spesso la prima una carta derivata dalla seconda. Questo favorisce lindividuazione dei punti, in quanto si posso ricercare particolari elementi indicati sulla carta dei 18

progetti, quali per esempio cimiteri, chiese, intersezioni di strada, case con particolari forme o toponimi indicati, e utilizzarli come punti di riferimento sulla Carta Tecnica Regionale. La misura delle coordinate stata fatta manualmente, ad eccezione di casi in cui era disponibile una CTR caricata su un sistema informativo territoriale.

Figura 2.13- Esempio di un particolare elemento di una carta che pu essere daiuto nellindividuazione di determinati punti.

Il codice identificativo della tabella stato inserito in modo tale da avere un campo chiave allinterno della tabella. E costituito da 7 lettere e un numero. Le prime tre lettere derivano dalle prime tre lettere del nome del comune o della localit, nel caso siano presenti pi frane nello stesso comune, le ultime quattro identificano la tipologia dello strumento, il numero differenzia uguali strumenti nello stesso sito. Il codice originale invece rappresenta leventuale codice che lo strumento ha nel progetto per la sistemazione della frana. La tabella stata aggiornata nei casi in cui successive stesure dei progetti comprendevano delle modificazioni sullinstallazione degli strumenti di monitoraggio. In una seconda fase, la tabella ultimata stata utilizzata come Data Base per la realizzazione di un progetto in un sistema informativo territoriale, utilizzando il programma Arcview. Attraverso Arcview i punti contenuti nella tabella sono stati georeferenziati utilizzando come base cartografica la CTR alla scala di 1:10.000. La georeferenziazione non altro che un processo attraverso cui si associa a un punto con coordinate determinate un insieme di dati spaziali non spaziali. In questo caso i dati sono quelli registrati nella tabella Excel, ovvero per ogni punto che individua la posizione distallazione di uno strumento associata ogni informazione dello stesso strumento riportata nella tabella creata precedentemente. Un tale abbinamento tra dati attributo e dati geografici permette di arrivare ad una rappresentazione cartografica delle informazioni contenute nella tabella. Consente quindi di organizzare grandi quantit dinformazioni territoriali in modo

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coordinato, riferendole sempre ad una base cartografica, costituendo in questo modo uno strumento indispensabile per qualsiasi azione di gestione del territorio.

Figura 2.14-Progetto in Arcview, rappresentazione del monitoraggio nella Provincia di Bergamo.

Lutilizzo del S.I.T., oltre ad una facile rappresentazione dei dati, permette inoltre di effettuare elaborazioni e calcoli favorendo la loro comunicazione e presentazione. I S.I.T. sono sistemi che permettono unorganizzazione a strati dei dati, ovvero ogni tipologia dinformazione che si vuole assegnare ad un determinato punto ordinata in temi, consentendo di strutturare la serie di dati in diversi livelli e quindi poter raggiungere un certo grado di complessit nella rappresentazione degli elementi. Oltre alla CTR sono stati aggiunti i temi del reticolo idrico principale, in quanto la presenza di corsi dacqua spesso contribuisce allinnesco dei dissesti idrogeologici, dei confini comunali e di quelli provinciali (fig.2.15).

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Figura 2.15-Particolare dei temi dei confini provinciali e comunali aggiunti al progetto in Arcview.

Ad ogni tipo di strumento stato assegnato un differente simbolo in modo da avere una chiara rappresentazione grafica della tipologia di sistemi di monitoraggio installati in una determinata area (Fig.2.15).

Figura 2.16-La rappresentazione simbolica utilizzata per indicare i diversi strumenti di monitoraggio.

La creazione di un progetto con il S.I.T. ha consentito di avere uno strumento che attraverso una rappresentazione su CTR degli strumenti di monitoraggio presenti sul territorio della Provincia di Bergamo, permettesse di risalire facilmente alle informazioni memorizzate nella tabella Excel, per ogni singolo strumento (fig.2.17).

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Figura 2.17-Attraverso il progetto in Arcview si accede facilmente alle informazioni registrate per ogni singolo strumento.

In coerenza con il fine dellattivit di stage, il progetto fornisce quindi una rappresentazione molto semplice della situazione generale del monitoraggio nella Provincia, e permette ad ogni singolo utente di poter accedere facilmente e in modo immediato alle principali informazioni riguardanti la gestione di ogni singolo strumento, senza dover ricercare i progetti, operazione che spesso risulta difficile e non breve.

2.5 SOPRALUOGHIA sostegno dellattivit svolta, durante il periodo di stage sono stati svolti una serie di sopraluoghi. In due giornate differenti, sono stati visitati le frane nei comuni di Capizzone, SantOmobono, Brembilla e Gromo. Durante i sopraluoghi stato possibile prendere visione diretta della tipologia di interventi realizzati per la messa in sicurezza dei versanti colpiti da dissesti idrogeologici e verificare il reale posizionamento degli strumenti per il monitoraggio. In particolare gli interventi di consolidamento di versanti instabili hanno due principali obbiettivi, ovvero la riduzione di quei fattori che contribuiscono allinstabilit e la difesa da eventuali dissesti. Per quanto riguarda gli interventi effettuati per migliorare la stabilit di un versante, stato possibile, durante i sopraluoghi, osservare opere di drenaggio e regimentazione idraulica dei versanti. La presenza dacqua di percolazione e lazione di scalzamento del piede di frana operata dai fiumi sono spesso due dei principali fattori responsabili nellattivazione di una frana. Per questo 22

in presenza di un dissesto, vengono predisposti dei drenaggi profondi del detrito di frana per fare in modo di allontanare le acque di falda, evitando cos la saturazione dei terreni. Per evitare lerosione spondale dei corsi dacqua al piede di una frana, vengono costruiti degli argini artificiali in modo da dare un sostegno ai detriti di frana e proteggerli dallo scalzamento ad opera del fiume. Inoltre viene diminuita la forza erosiva delle acque dando una differente inclinazione allalveo del corso dacqua. Per quanto riguarda la difesa da eventi franosi i principali interventi sono orientati al consolidamento di versanti instabili e a vere e proprie opere di difesa. Per consolidare detriti di frana vengono predisposti dei muri di sostegno ancorati con dei micropali al substrato integro e stabile sottostante. Come opera di difesa sono stati osservati dei valli artificiali in grado di difendere zone a rischio, incanalando i detriti trasportati durante le colate (Debris Flow, cfr.3.2.4) verso zone despansione.

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CAPITOLO III

DESCRIZIONE DEI DISSESTI MONITORATI

3.1 DESCRIZIONE DELLE AREE DI DISSESTOTerminata la fase di raccolta ed inserimento dati, lattivit dello stage stata dedicata, sempre con lintento di fornire un quadro generale del monitoraggio nella Provincia di Bergamo, a creare delle schede tecniche che descrivessero, affiancando e approfondendo le informazioni contenute nel data base e nel progetto in Arcview, le caratteristiche dellarea e del dissesto oltre a quelle del monitoraggio. La scheda tecnica si collega quindi ai dati sugli strumenti di monitoraggio descrivendo il contesto allinterno del quale sono stati posati. Le frane sono movimenti di ammassi rocciosi dovuti alla gravit, ovvero si sviluppano quando le forze di taglio delle masse di roccia o sedimenti superano quelle dattrito. Questo comporta che un ruolo fondamentale nellinnesco di un movimento franoso sia svolto da quei fattori, quali la pressione dellacqua sotterranea nei pori e nelle fessure e la coesione dei materiali, che possono agire diminuendo le resistenze al movimento dovuto allattrito. Di conseguenza una determinata area, per la sua conformazione geologicageomorfologica, pu possedere una certa predisposizione allinstabilit dei versanti. La composizione litologica, la presenza di discontinuit e lalterazione delle masse rocciose, la presenza di versanti molto acclivi e terrazzamenti, lesistenza di accumuli di detrito molto permeabili e poco consolidati, lerosione di sponda dei fiumi e la saturazione dei terreni sono, quindi, tutte componenti che contribuiscono allevoluzione di un dissesto. Gli aspetti descritti in queste schede permettono una preliminare conoscenza di quei fattori che contribuiscono la comprensione di come il fenomeno franoso si sia generato e come evoluto. Sono descritte, infatti, oltre alle caratteristiche geologiche, le principali strutture del dissesto, come la nicchia principale e i margini, indicandone la quota e le caratteristiche geometriche e indcazioni sulle dinamiche della frana. Le frane monitorate allinterno del territorio Bergamasco sono ascrivibili a differenti tipologie di dissesto anche se molte sono riconducibili agli stessi fattori innescanti.

3.2 PRINCIPALI TIPOLOGIE DI FRANE

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La classificazione di una frana rappresenta un importante punto di partenza per le successive analisi del dissesto, sia per ricostruirne la probabile evoluzione sia per individuare le prime tecniche d intervento pi adatte. Solitamente una frana viene classificata in base alla tipologia del meccanismo di movimento e alla tipologia del materiale coinvolto. In base a questo criterio vengono individuate cinque tipologie di frane: i crolli; i ribaltamenti; gli scivolamenti; gli sprofondamenti e le colate. Una categoria a parte rappresentata dalle deformazioni gravitative profonde in quanto non sono ascrivibili a nessuna delle categorie elencate, sia per la tipologia del movimento che per la grande estensione degli ammassi rocciosi coinvolti.

3.2.1 I CROLLII crolli sono un distacco di blocchi o di una massa rocciosa di dimensioni comprese fra il decimetro ed alcune centinaia di metri cubi. Il distacco di roccia avviene lungo un pendio ripido su una superficie dove non presente, se non lievemente, un deformazione di taglio (fig.3.1a). Il movimento avviene per caduta libera, rotolamento e rimbalzo. Il movimento va dal rapido al molto rapido. Il crollo spesso causato da uno scalzamento al piede con formazione di una parete strapiombante oppure a seguito di modesti movimenti di scivolamento o ribaltamento che contribuiscono a eliminare il sostegno a blocchi isolati.. Il crollo solitamente ha origine in pendii con inclinazione non inferiore ai 75.

Figura 3.1-Schema di una crollo (a) e di un ribaltamento (b).

3.2.2 I RIBALTAMENTISono delle rotazioni verso lesterno del pendio di una massa di terreno o roccia attorno ad un punto o ad un asse di rotazione posto al di sotto del baricentro della massa (fig.3.1b). La spinta per la 25

rotazione del corpo pu essere data da un aumento del peso a monte ( accumulo di materiale, infrastrutture, vegetazione, ecc..) o dalla pressione dovuta alla presenza di acqua o ghiaccio nelle discontinuit. La velocit del movimento varia da estremamente lenta a molto veloce solitamente si evolve con un accelerazione durante il movimento. Si possono distinguere: I Ribaltamenti con flessione, che avvengono solitamente in presenza di materiali rocciosi non particolarmente rigidi come quelli costituiti da Filladi, Scisti e Argille. I Ribaltamenti a blocchi, coinvolgono rocce piuttosto rigide quali i calcari, i basalti e le rocce intrusive. I Ribaltamenti tipo chevron, sono dei particolari ribaltamenti a blocchi in cui per ben evidente una superficie di rottura lungo la quale avviene una netta variazione dellinclinazione delle discontinuit principali.

3.2.3 GLI SCIVOLAMENTI (SLIDE)

Gli scivolamenti sono caratterizzati da un movimento che avviene solitamente lungo una determinata superficie di rottura o lungo una zona di limitato spessore soggetta a intense deformazioni di taglio. Il movimento non inizia solitamente contemporaneamente lungo tutta quella che poi diverr la superficie di scivolamento, ma parte da una determinata zona e si estende a tutta larea. Il volume in movimento pu rimanere integro oppure pu spezzettarsi in pi blocchi e presentare al suo interno superfici di scivolamento secondarie. Segnali dinstabilit facilmente individuabili sono delle fratture che si formano nella zona che evolver nella scarpata principale. In base alla geometria della superficie di scivolamento si possono distinguere: Gli scivolamenti rotazionali, dove il movimento avviene lungo un piano curvo e concavo verso lalto e coinvolge soprattutto terreni e rocce deboli ed omogenee (fig.3.2a). Gli scivolamenti traslazionali, avvengono lungo una superficie di rottura piana o ondulata e quando coinvolgono terreni detritici, se la presenza dacqua notevolmente cospicua, possono evolversi in colate (fig.3.2b). Gli scivolamenti rotazionali in roccia si possono a loro volta distinguere in: scivolamento in blocco o planare, quando una porzione di roccia si muove lungo una singola discontinuit; scivolamento a cuneo, quando due discontinuit intersecandosi isolano una porzione cuneiforme di roccia; scivolamento a gradini, quando due famiglie di discontinuit aventi direzioni simili ma inclinazioni molto diverse isolano un copro roccioso lungo una superficie di rottura che ricorda una struttura a gradini. Frequenti sono anche gli scivolamenti compostiti con caratteristiche intermedie fra i rotazionali e i traslazionali. Presentano una scarpata principale ripida che pi in basso diventa meno pendente e 26

pi prossima ad un piano, con una superficie di rottura che pu talvolta presentarsi rialzata nella parte basale (fig.3.2c). Solitamente questi movimenti misti sono associati alla presenza di una zona di debolezza nel materiale o ad un passaggio tra porzione superficiale alterata e substrato non alterato. Si originano prevalentemente in terreni e si distinguono in Mud Slide, movimenti lenti in argilliti fessurate e in argille sovraconsolidate, e Flow Slide, movimenti estremamente rapidi che si originano quando in rocce deboli e molto porose si crea unimprovvisa sovrappressione interstiziale.

Figura 3.2-Rappresentazione schematica di uno scivolamento rotazionale (a), traslazionale (b) e composito (c).

Gli scivolamenti vengono distinti anche in base alla profondit della superficie di scivolamento. Vengo definiti superficiali o profondi a seconda che il piano del movimento si trovi ad una profondit inferiore o maggiore ai 2 m. Vengono inoltre ascritti agli scivolamenti le cosiddette erosioni di sponda che causano il franamento di porzioni di versante innescato dalla progressiva erosione al piede del pendio da parte di acque superficiali.

3.2.4 LE COLATESi tratta di movimenti in cui la distribuzione della velocit nella massa mobilizzata molto simile a quella di un fluido viscoso. Le colate presentano una nicchia di frana con una zona di svuotamento, una zona di transito stretta e lunga e una zona di accumulo con forma lobata. La zona di transito spesso segue settori incanalati come impluvi o vallecole, scavando solchi con profilo a V e lasciando depositi laterali a forma di argine. Le colate si possono distinguere in: colate di terra, colate pellicolari e colate di detrito.

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Figura 3.3-Immagine di un debris flow.

Le colate di terra (earth flow e mud flow) sono lenti movimenti plastici in argille o rocce contenenti argilliti con adeguata liquidit, che si possono verificare anche su versanti debolmente inclinati. Le colate pellicolari, si verificano invece in modo anche molto rapido, coinvolgono un sottile strato di suolo e si attivano in prevalenza nella stagione primaverile allo scioglimento dei ghiacci. Infine le colate detritiche (debris flow), sono movimenti che coinvolgono le coperture detritiche su versanti acclivi non sostenuti da vegetazione. Nella maggior parte dei casi si verificano in coincidenza di piogge molto intense e in seguito a ruscellamento superficiale cospicuo che saturano la copertura detritica (fig.3.3).

3.2.5 GLI SPROFONDAMENTISono un particolare tipo di dissesto che si genera per il cedimento di porzioni superficiali di terreno o di roccia a causa di cavit naturali o antropiche presenti nel sottosuolo. Sono fenomeni legati allattivit erosiva delle acque sotterranee sulle rocce carbonatiche, carsismo, e alla presenza di miniere o cave abbandonate a cui non pi stata dedicata unadeguata manutenzione.

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3.2.6 DEFORMAZIONI GRAVITATIVE PROFONDE DI VERSANTE (DGPV)Le Deformazioni Gravitative Profonde di Versante (DGPV) sono fenomeni che originano instabilit che non sono riconducibili interamente alle normali dinamiche che originano movimenti franosi ma che si collocano in una posizione intermedia tra i movimenti franosi superficiali e i fenomeni di tettonica gravitativa. Bench queste aree presentino movimenti continui e lenti, la probabilit che origino improvvisi ed estesi fenomeni franosi molto limitata. Questi si possono verificare localmente come fenomeni secondari dovuti al riassetto del versante.

Figura 3.4-Schema di un Rock Flow (colamenti in ammassi rocciosi) (Varnes)

I DGPV, sono di particolare importanza in quanto coinvolgono solitamente grossi volumi di masse rocciose con deformazioni che interessano grandi spessori e aree con estensioni dellordine dei chilometri ( Kojan & Hutchinsons, 1975). A differenza dei fenomeni franosi superficiali la massa rocciosa non necessita della presenza di una superficie di rottura continua. Questi fenomeni solitamente nello stadio iniziale seguono un comportamento meccanico denominato Creep gravitazionale, caratterizzato da deformazioni di taglio in evoluzione molto lenta nel tempo, la cui velocit controllata dal comportamento reologico della roccia ovvero la sua resistenza viscosa. Questo contribuisce alla peculiarit del fenomeno che presenta piccoli spostamenti in confronto alle dimensioni planimetriche dellarea interessata. I DGPV si presentano con delle particolari strutture geomorfologiche dellarea interessata che ne permettono il riconoscimento. Le forme superficiali pi tipiche e diffuse sono: doppie creste, fratture beanti, controtendenze di versante, superfici di collasso immerse a franapoggio e rotture di pendio che determinano scarpate rivolte verso valle. La loro combinazione origina delle strutture simili a trincee (trincee naturali) che sono le forme pi vistose e significative. Queste hanno forma allungata e stretta con il fondo spesso ricoperto di materiale detritico con scarsa matrice. Sembra che esista una stretta relazione tra i set di fessure e faglie presenti nel rilievo e lorientamento delle 29

trincee le quali sono quasi sempre parallele alle discontinuit. Le trincee sono anche influenzata dalla litologia del substrato, sono infatti con struttura fitta e parallela in roccie metamorfiche, mentre sono incrociate in rocce sedimentarie.

Figura 3.5-Modelli di spandimento laterale (Lateral Spread) propostiin letteratura. Simboli:1) rocce rigide carbonatiche; 2) rocce plastiche; 3) rocce rigide molto fratturate o scistose. I casi: 1 e 2, da Zuruba & Menck, 1969; 3 da Cavallin et al, 1988; 4 e 5, da Jahn,1964; 6, da Engelen, 1963.

Le principali tipologie di DGPV sono lo Sackung o Rock Flow, le Lateral Spread e le Block Slide. I Rock Flow (indicati anche come colamenti in ammassi rocciosi) sono causati dalla gravit e si sviluppano come movimenti molto lenti e continui lungo una serie di micropiani di discontinuit o come lenta deformazione plastica della masse rocciosa (fig.3.4). Nellarea sommatale si generano una serie di superfici di movimento e di cedimento immerse a franapoggio. I Rock Flow possono essere associati a sdoppiamenti di creste e a profili di versante a forma concava nella parte alta con un rigonfiamento al piede, aumentando lenergia di versante. I Lateral Spread sono spostamenti laterali di rocce rigide al di sopra di un substrato pi duttile come nel caso di arenarie massive o calcari poggianti su rocce argillose. Linnesco di questi fenomeni e solitamente dovuto al rilascio pensionale in conseguenza del verificarsi di erosione o crolli su pareti (fig.3.5). I Block Slide lo scorrimento per distanze ridotte di grossi blocchi rocciosi dovuti a fenomeni di tettonica regionale.

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3.3 INQUADRAMENTO GEOLOGICO-GEOMORFOLOGICO E CARATTERISTICHE GENERALI DI STABILITA DELLA PROVINCIA DI BERGAMO3.3.1 INQUADRAMENTO GEOLOGICO-GEOMORFOLOGICOIl primo aspetto descritto per ogni localit sono gli aspetti geologici-geomorfologici allinterno del quale si verificato il dissesto. La conformazione geologica-strutturale di unarea un fattore estremamente importante nellinnesco di un movimento franoso. La morfologia della provincia di Bergamo caratterizzata da incisioni vallive con andamento prevalente N-S, dove nascono e si sviluppano i principali corsi dacqua. Il territorio montano appartiene al dominio geologico delle Prealpi Orobiche, ovvero il settore delle Alpi Meridionali che si estende fra la Val Canonica e il Lago di Como. Le alpi orobiche hanno sviluppo trasversale N-S di circa 50 Km e sono comprese fra la Linea Insubrica a Nord, che le separa dal dominio Austroalpino, e la cosiddetta Milan Belt a Sud. Vengono distinte in diversi domini strutturali con andamento E-O (Fig.3.6). A sud della Linea Insubrica si posiziona la fascia dei Basamenti Orobici, delimitati a Sud dalla linea Orobica. Lalloctono formato da rocce del basamento metamorfico con foliazioni e figure dinterferenza tra pieghe.

Figura 3.6-Lassetto geologico-strutturale della provincia di Bergamo. 1) Zona orobica; 2) Zona delle anticlinali orobiche; 3) Unit Grigna sett., Pegherolo; 4) Autoctono Camuno e scaglie di Valtorta-Valcanale; 5a) Unit alloctona superiore; 5b) Unit alloctona inferiore e parautoctono; 5c) Unit a pieghe e pieghe-faglie.

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Seguono pi a Sud la fascia delle anticlinali Orobiche. Queste strutture rappresentano tre vasti inarcamenti della successione permo-scitica disposti en-chelon destro, con assi orientati ENEWSW in genere immersi a Ovest. Caratteristica comune di queste strutture il coinvolgimento del basamento cristallino, che affiora in modo discontinuo alla base della copertura sedimentaria permo scitica. Sul fianco meridionale delle Anticlinali Orobiche sincontra la Linea Valtorta-Valcanale a cui fa seguito le Unit Alloctone Carbonatiche che determinano la ripetizione della sequenza anisicocarnica. Queste unit stratigrafia appartenenti al Triassico possono essere suddivise in due gruppi: le unit alloctone superiori e quelle inferiori. Le unit alloctone inferiori costituiscono lo zoccolo basale dei rilievi quali il massiccio dellArera-Cima di Fop, del Monte Vigna Voga e del Pizzo della Presolana. Linclinazione regionale fa si che emerga solo il margine settentrionale di queste unit e di limitate porzioni di margini laterali di natura erosionale. Le porzioni meridionali non affiorano essendo ricoperte dalle unit strutturali sovrastanti. Le unit alloctone superiori invece costituiscono la zona sommitale, costituendo i cosiddetti Klippe di vetta, e gran parte del versante meridionale dei massicci carbonatici citati. Le unit alloctone carbonatiche sono limitate lungo il margine S-E dalla Faglia di Elusone (Vinser W.A., 37).Continuando la descrizione, procedendo verso Sud, nella parte orientale sincontra lAutoctono Camuno (Jadul e Rossi, 82) in continuit stratigrafica con la copertura permo-scitica e il Massiccio Cristallino Bresciano. Ad occidente il "Parautoctono Lombardo", forma una zona dampiezza variabile che tra la Valsassina e la Valcamonica si addossa direttamente al fianco meridionale dell'Anticlinale Orobica s.s.. A ovest in questa fascia, si trovano la finestra tettonica di San Pellegrino e i lembi alloctoni della media Val Brembana. Si tratta di settori complessi messi in evidenza dallincisione del Brembo, caratterizzato dal parziale raddoppio della successione carnico-retica e dalla presenza di un a finestra tettonica a fondo valle. Nellunit strutturale inferiore affiora un potente successione di Argilliti di Riva di Solto (Fig.) molto ripiegata e sovrastata dalla Dolomia Principale. Le superfici daccavallamento della Dolomia Principale in questa fascia sono deformate o dislocate da faglie e scomposte da vari collassi e scivolamenti gravitativi. Lassetto geomorfologico dellarea stato successivamente modellato dagli agenti esogeni che a partire dalla formazione della catena alpina, ovvero dal cenozoico superiore, hanno interessato il territorio. Durante il pliocene inferiore vennero a formarsi una serie di depositi marini a seguito di fenomeni di trasgressione (avanzata delle terre emerse) che interessarono il territorio subalpino-padano. Questi depositi sono formati da argille siltose, grigio azzurre con livelli ghiaiosi calcarei. 32

In seguito il quaternario fu interessato da ripetute oscillazioni della superficie dei ghiacci. Lazione dei ghiacci lorigine dei principali depositi quaternari che costituiscono numerose unit glaciali presenti in pi parti del territorio provinciale (lUnit di Cant, depositi dellapparato glaciale dellAdda; lUnit di Brembate; i depositi dellapparato glaciale della valle Brembana; i depositi delle valli orientali). Pi recenti sono i depositi post glaciali originati dalla deposizione torrentizia, dai depositi di versante e dai depositi di conoide alluvionale, caratterizzati da una forma a ventaglio e ubicati allo sbocco delle valli su zone poco acclivi. Questultimi sono costituiti da ghiaie ben selezionate con matrice sabbiosa abbondante, a supporto sia clastico che di matrice grossolanamente stratificate Leterogeneit di questo territorio determina che le principali valli siano caratterizzate da differenti situazioni di instabilit. In questo modo ogni valle pu essere descritta come area o insieme di aree contraddistinte da situazioni di dissesto con propriet simili.

CARATTERISTICHE DI STABILITA:

3.3.2 VALLE BREMBANAQuesto territorio caratterizzato da frequenti situazioni di criticit di modesta entit, anche se non mancano casi di notevole rilevanza. I dissesti nelle localit Valtaleggio, S.Brigida e Dossena sono legati alla presenza di substrati costituiti da litotipi con scarse caratteristiche geomeccaniche quali le Argilliti e i Gessi. In Val Mora e in localit Selvino (versante NW del monte Poieto) si registrano fenomeni di crollo legati al collasso gravitativi cos come a Piazzatorre, Branzi (cfr.3.4) e Isola di Fonda. La presenza di dissesti legati a conoidi attivi si sono verificati in corrispondenza delle valli tributarie del Brembo, nei comuni di Branzi, Carona, Piazzatorre e Isola di Fonda. Fenomeni di scivolamento si sono verificati con frequenza elevata in Val Brembilla e Val Serina.

3.3.3 VALLE IMAGNA

Nella valle si registrano frequenti situazioni di criticit per frane, per la maggior parte riconducibili alle scarse caratteristiche geomeccaniche delle rocce affioranti, appartenenti allUnit delle Argilliti di Riva di Solto, rocce che si deteriorano facilmente formando coltri eluviali molto potenti che tendono a destabilizzarsi (Fig.3.7).

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Figura 3.7-Le argiliti di Riva di Solto, formazione dalle scarse propriet geomeccaniche che forma spessi depositi eluviali.

Le aree maggiormente interessate da questo fenomeno sono SantOmobono Imagna, Berbenno, Capizzone, Corna Imagna e Valsecca. La presenza di fenomeni di collasso gravitativo in localit Roncola San Bernardo e Fuipiano Imagna determinano fenomeni franosi di elevate dimensioni, ma generalmente si sviluppano lentamente. Questi fenomeni sono dovuti a deformazioni gravitative di versante individuate attraverso il monitoraggio radar.

3.3.4 VALLE SERIANA SUPERIOREIn questa zona si registrano la presenza di numerosi fenomeni di criticit per frana. Lungo il fondovalle la presenza di importanti conoidi, in caso di forti piogge, potrebbero dare origine a fenomeni di dissesto particolarmente pericolosi per la presenza di centri abitati e strade lungo il fondovalle. E nota la presenza di frane complesse nei territori di Gandellino e Valbondione che interessano vaste aree e che si manifestano con movimenti lenti. Numerosi fenomeni di caduata massi si riscontrano nei comuni di Ardesio, Parre e Gromo mentre i fenomeni di scivolamento sono stati rilevati nei comuni di Ponte Nossa, Gromo e Gandellino.

3.3.5 VALLE SERIANA INFERIORELe caratteristiche geomorfologiche dellarea garantiscono una certa stabilit. La natura litologica del substrato, con buone caratteristiche geotecniche, la bassa acclivit dei versanti e lassetto 34

strutturale con una giacitura delle unit geologiche favorevole alla stabilit rendono poco probabili fenomeni di dissesto. Fenomeni franosi potrebbero verificarsi in corrispondenza delle numerose conoidi formate dagli affluenti del Serio qualora si verificassero precipitazioni pi che elevate.

3.3.6 VALLE DI SCALVE

Questa zona presenta numerosi casi dinstabilit. Le cause sono riconducibili alle locali condizioni geologiche sfavorevoli. Le unit geologiche affioranti danno vita ad imponenti pareti rocciose fortemente fratturate i cui detriti si accumulano lungo il versante in condizioni di scarsa stabilit. La presenza di versanti vallivi molto acclivi favorisce la formazione di frane complesse e di numerosi conoidi nella Valle del Dezzo e nella Valle del Vo. Un dissesto di notevoli dimensioni quello in prossimit della frazione Barzesto in Schilpario. Fenomeni di caduta massi sono stati registrati nel comune di Colere mentre una frana da scivolamento presente a Vilminore.

3.3.7 BASSO SEBINO

La zona non presenta fenomeni franosi di grossa entit anche se la loro frequenza abbastanza elevata. Le caratteristiche litologiche del substrato e dei depositi superficiali sono in alcuni casi predisponenti allo sviluppo di dissesti, ma la pendenza dei versanti piuttosto bassa non ne favorisce linnesco. I fenomeni franosi si verificano principalmente in corrispondenza dei bordi delle scarpata dei terrazzi fluvioglaciali. Fenomeni di caduta massi sono stati registrati nei comuni di Parzanica, Tavernola, Predore e Castro mentre sono rilevanti le conoidi individuate nei comuni di Sarnico, Predore e Tavernola Bergamsca. Frane di scivolamento si sono verificate nei comuni di Foresto Sparso, Predore e Vigolo.

3.3.8 ALTO SEBINO

Cos come il Basso Sebino questa zona non presenta casi di particolare gravit anche se i fenomeni franosi sono piuttosto diffusi. La litologia del substrato, costituito prevalentemente da massicci Dolomitici e depositi superficiali, favorevole alla stabilit dei versanti. Anche le ingenti falde detritiche presenti nella zona sono in genere stabili.

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Conoidi attive sono, invece, state individuate in corrispondenza dello sbocco sul fiume Olio dei suoi affluenti di destra idrografica (costa volpino, Rogno). Fenomeni di crollo sono presenti nelle localit di Lovere, Predore, Poltragno.

3.3.9 VALLE CAVALLINA

La zona presenta una criticit diffusa con numerosi fenomeni di dissesto alcuni di particolare rilevanza per intensit e pericolosit. Questa alta incidenza dei fenomeni franosi riconducibile alle scarse qualit geomeccaniche del substrato roccioso. Nellarea affiorano infatti rocce appartenenti alla formazione delle Argilliti di Riva di Solto (Fig.3.7) e del Calcare di Zorzino rocce molto deformate e facilmente sfaldabili. Linstabilit dovuta alle caratteristiche meccaniche del substrato aggravata dalla presenza nellarea di versanti molto acclivi. Da evidenziare sono le frane di scivolamento nel comune di Grone, i crolli nel comune di Ranzanico e la presenza di conoidi alcune delle quali attive sparse lungo il fondovalle.

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3.4 SCHEDE TECNICHE3.4.1 LOC. IL PIZZO COMUNE DI BRANZI

3.4.1.1 INQUADRAMENTO GEOLOGICO-GEOMORFOLOGICO Larea interessata dal potenziale dissesto ubicata in comune di Branzi in sponda destra del fiume Brembo e si sviluppa dal rilievo roccioso del Monte il Pizzo, q 1600-1650 m s.l.m., sino a fondo valle a q. 800 m circa. Il versante sottostante il Pizzo conserva solo in parte le tracce del modellamento glaciale Pleistocenico per lazione dei processi erosivi succedutisi dopo il ritiro dei ghiacci. Questo presenta unacclivit contenuta nel settore alto 1600-1700 m di quota, mentre raggiunge i 40 dinclinazione nella parte inferiore. Larea de Il Pizzo caratterizzata da pareti instabili per la presenza di diverse discontinuit che isolano blocchi rocciosi anche di grosse dimensioni. Dal punto di vista geologico non sicuro che nellarea affiori il basamento cristallino in quanto i grandi massi di cristallino affioranti, principalmente gneiss e in minor misura micascisti, non sono con certezza attribuibili al Bed-rock. Nellarea si trovano le due tipiche sotto-unit della formazione di Collio. Il conglomerato di Ponteranica nella parte superiore, costituito da arenarie, siltiti e argilliti e i porfidi quarziferi nella parte inferiore, che dal punto petrografico rappresentano Rioliti pi o meno alcaline. In particolare il monte Pizzo costituito da Rioliti rese molto cataclastiche da pi sistemi di fitte discontinuit subverticali. La parte superiore della formazione di Collio invece costituita da rocce sedimentarie ben stratificate costituite soprattutto da siltiti grigio-scure e da arenarie grigio-verdi sino a rossastre. Sul versante meridionale de il Pizzo sono individuabili tre famiglie di discontinuit con significato tettonico strutturale. Le pi importanti per la densit e frequenza sono quelle con orientazione NESO, e sono definite da allineamenti di scarpate, vallecole ed insenature.

3.4.1.2 DESCRIZIONE DEL DISSESTO Larea de Il Pizzo soggetta a frequenti fenomeni di caduta massi segnalati sin dallanno 1950. Il dissesto del M.te Il Pizzo si riconduce ad un ribaltamento di blocchi rocciosi e alla mobilitazione di colate di detrito. Lattivit di monitoraggio infatti rivolta a valutare le condizioni dei pinnacoli 37

rocciosi in presunto equilibrio instabile posti in prossimit de Il Pizzo (Fig.3.8). Questi affioramenti, costituiti da rocce vulcaniche e vulcanoclastiche della Formazione di Collio, sono interessati da diversi sistemi di fatturazione assai pervasivi, inclinati fino a verticali o sub-verticali. Il distacco di blocchi, date le grosse dimensioni, potrebbe costituire un grosso pericolo per le abitazioni della frazione Rivieni.

Figura 3.8-Vista laterale dei blocchi instabili.

Il versante stato inoltre soggetto a numerose colate detritiche lultima delle quali originatasi in seguito agli eventi alluvionali del 1987. Le colate si originano dalla grossa copertura detritica, che si trova alla base degli affioramenti rocciosi, la quale si trova in stato di saturazione permanente poich in essa sinfiltrano le acque di una sorgente perenne che affiora a q.1280 m..

3.4.1.3 MONITORAGGIO Il monitoraggio deriva da uno studio commissionato dalla Regione Lombardia allinterno del piano di interventi di cui alla legge 102/90 e legge regionale 23/92. E stata posta lattenzione sulla valutazione delle condizioni di stabilit dei pinnacoli rocciosi posti in prossimit de il Pizzo, che in caso di crollo potrebbero raggiungere il fondovalle dove sono presenti alcune abitazioni della frazione Rivioni e la S.P. 2. E stato quindi installato un sistema di monitoraggio costituito da 11 basi distometriche per il controllo delle principali fratture, con misurazioni manuali mensili quando la presenza di neve non lo impedisca (Fig.3.9). Tali strumentazioni hanno rilevato movimenti consistenti e impulsivi, fino a 38

7 centimetri. Questi movimenti hanno indotto la Regione Lombardia ha commissionare uno studio approfondito per modellare i possibili meccanismi e cause di destabilizzazione e delimitare le aree di possibile interessamento. Questo studio sembra escludere un massiccio interessamento del fondo valle a meno di un improbabile franamento in massa di volumi rilevanti (> 500.000 mc). Il fattore di innesco sono piogge molto intense con apporti idrici tali da saturare le fratture presenti: questo meccanismo sembra per abbastanza improbabile dal momento che il reticolo di fratture drena rapidamente le acque di infiltrazione ed quindi difficile che vengano a crearsi elevate sovrappressioni idrauliche. Con il finanziamento del Piano Valtellina di seconda fase prevista unimplementazione e automatizzazione della rete di controllo a cura del Comune di Branzi che dovrebbe prevedere una stazione meteo (pluviometro, termometro, nivometro), la posa di 6 7 estensimetri a filo, e di 4 5 inclinometri superficiali biassiali, il tutto gestito da data logger locale con trasmissione in tempo reale via GSM.

Figura 3.9-Collocazione delle basi distometriche

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3.4.2 LOC. LONGA E LOC. CAMORETTI COMUNE DI ALMENNO SAN BARTOLOMEO3.4.2.1 INQUADRAMENTO GEOLOGICO-GEOMORFOLOGICO Le due localit sono situate presso le prime pendici collinari dellAlbenza a poca distanza luna dallaltra e hanno caratteristiche geologiche-morfologiche molto simile. Entrambe si trovano sul crinale che separa il torrente Tornago dalla pianura di Almenno. La zona caratterizzata da formazioni appartenenti al cretaceo, sovrapposte in serie stratigrafica continua, con strutture monoclinalica, immergente con pendenza media verso S Tali formazioni sono: le Radiolariti della Bergamasca, il Rosso ad Aptici, la Maiolica e la Marne di Bruntino. La Radiolariti della Bergamasca sono costituite da selci a stratificazione piano-parallela o pianoondulata, con interstrati argillosi e marnosi. Lo spessore va da pochi metri fino a 70m. Affiora in modo considerevole lungo molti spaccati stradali che attraversano le due localit. Il Rosso ad Aptici una successione di calcari marnosi, marne calcaree e marne, a stratificazione sottile e media, piano-parallela o piano-ondulata, con liste e noduli di selce. La Maiolica una successione di calcilutiti bianche e grigio chiare a stratificazione sottile, con liste e noduli di selce. La Marne di Bruntino comprende una succesione di argilliti, marne, siltiti e areniti fini torbiditiche, con sporadica intercalazioni di corpi conglomeratici lenticolari. Di spessore dellordine di 80 m affiora al piede delle pendici collinari. Il substrato roccioso si presenta coperto quasi ovunque da depositi eluvio-colluviale, di natura limosa-argillosa, di colore variabile da marrone ad ocra, fino a rossiccio, con la presenza di ciottoli di alterazione derivati dal substrato sottostante. Lo spessore di questi depositi va da alcuni metri fino al massimo a 9m. Nella zona sono presenti piccole emergenze dacqua non captate.

3.4.2.2 DESCRIZIONE DELLE CAUSE DEL DISSESTO E DELLO STATO DI FATTO

Il territorio del comune di Almenno San Bartolomeo presenta alcuni elementi di criticit naturale e potenzialmente predisponenti fenomeni di dissesto. In particolare tutto il territorio caratterizzato da bruschi cambi di pendenza, avvallamenti e dossi, potenti terreni dalterazione argillosa, substrato a franapoggio, emergenze idriche diffuse e aree con vegetazione con indici di movimento. 40

I due fenomeni franosi di Longa e Camoretti sono da ricondurre alla riattivazione di frane quiescenti in seguito alle forti precipitazioni del novembre 2002. Le piogge intense e prolungate, il conseguente innalzamento del livello di falda e locclusione di zone di drenaggio si sono quindi sommate ai fattori predisponenti della struttura dellarea portandola al collasso.

3.4.2.3 MONITORAGGIO

In seguito ai dissesti riattivatisi nel novembre del 2002 il comune di Almenno San Bartolomeo, con i finanziamenti della Regione Lombardia, ha realizzato un progetto di monitoraggio delle due situazioni a maggiore rischio, le localit Longa e Camoretti. Considerato, che larea soggetta a numerosi fenomeni franosi e che la presenza antropica diffusa e molto vulnerabile su tutto il territorio, il progetto prevede la realizzazione di un sistema di monitoraggio che permetta di creare un modello di controllo del dissesto idrogeologico su tutto il versante. In particolare, accertato che i fenomeni franosi si sono attivati in seguito a forti e prolungate precipitazioni, il monitoraggio dellarea affianca agli strumenti geotecnici quelli meteorologici, in modo da ricostruire, da unanalisi dei dati di pioggia che hanno innescato dissesti, delle curve rappresentative delle piogge dinnesco e predisporre i livelli delle soglie dallarme ed emergenza direttamente dai dati delle stazioni pluviometriche.

Figura 3.10- Posizione dei piezometri (p.ti rossi), dell'inclinometri (p.ti gialli), del fessurimetro (p.to blu), degli estensimetri a filo (p.to rigato blu) e della stazione meteo (disco azzurro e nero) a Longa.

Il monitoraggio geologico consentir di verificare i reale progredire delle deformazioni, di misurare laltezza della falda e quindi linsorgere delle condizioni critiche precedenti il collasso. I dati idrogeologici e quelli geotecnici permetteranno di analizzare la reale correlazione fra gli eventi 41

alluvionali e gli spostamenti dei dissesti. Per questo sullarea delle localit Camoretti e Longa sono stati installati una serie dinclinometri e piezometri oltre ad una stazione meteo, ad un fessurimetro e due estensimetri a filo. (Fig.3.10 e fig.3.11).

Figura 3.11-Posizione dei piezometri (p.ti rossi), dell'inclinometri (p.ti gialli), del fessurimetro (p.to blu), degli estensimetri a filo (p.to rigato blu) e della stazione meteo (disco azzurro e nero) a Camoretto.

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3.4.3 TORRENTE ANDRIA COMUNE DI BRACCA3.4.3.1 INQUADRAMENTO GEOLOGICO-GEOMORFOLOGICO Il substrato roccioso dellarea di dissesto costituito dalla formazione delle Argilliti di Riva di Solto, nel caso specifico rappresentato dalla facies superiore, costituita da unalternanza ciclica delle argilliti nere fogliettate, spesso con laminazioni parallele, con calcari marnosi. Ogni ciclo caratterizzato da una base argillitico-marnosa laminata, una porzione mediana con contenuto di carbonato crescente e una superiore quasi completamente carbonatica, ben stratificata. Lungo la porzione medio-inferiore interessata dal dissesto e lungo il fondovalle, affiorano infatti calcari in strati di spessori anche pluridecimetrico con itercalazioni argillitiche. Particolarmente significativo la giacitura con inclinazione marcatamente a franapoggio nel settore medio-inferiore del versante ed debolmente a reggipoggio nel settore superiore. Tra i due settori dove il substrato roccioso affiorante si rileva una fascia marcatamente tettonizzata da mettere in relazione ad una faglia o ad un piega-faglia. I terreni di copertura presenti nellarea, di spessore piuttosto contenuto, sono costituiti da depositi detritico-eluviali e localmente (nei settori a pendenza limitata) eluvio-colluviali, di granulometria prevalentemente fine. Sono costituiti da clasti argillitici e carbonatici residuali, localmente in matrice costituita da sabbie e limi. La pedogenesi risulta essere da poco a scarsamente sviluppata ed presente un orizzonte regolitico relativamente sviluppato.

Figura 3.12-Vista aerea del dissesto.

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3.4.3.2 DESCIRIZIONE DEL DISSESTO E DELLO STATO DI FATTO La frana si verificata il 15 giugno 2001, ma larea di frana aveva gi precedentemente manifestato evidenze di dissesto se pur di minor entit. Nel novembre dellanno 2002 a seguito delle forti precipitazione di quel periodo la frana ha subito alcune modificazioni dovute, sia allerosione operata al piede dal torrente Ambria, sia allazione erosiva delle acque di ruscellamento. Larea di frana si sviluppa da una quota attorno ai 480 m s.l.m. fino allalveo del Andria (Fig.3.12). La scarpata di frana principale si trova ad una quota massima di 470 m s.l.m., ha un andamento arcuato ed chiaramente identificabile lungo il margine settentrionale della frana, fino a quasi a fondovalle. Una scarpata secondaria presente solo nella parte alta del versante, 4m a monte da quella principale. Ulteriori fratture di trazione, che interessano solo gli strati pi superficiali, sono identificabili ancora pi a monte fino a quota 480 m s.l.m.. Gli eventi del 2002 hanno provocato franamenti nella zona del piede e alcune colate di fango. Il dissesto si sviluppato molto probabilmente a partire da fenomeni di crollo in roccia e scivolamento nel settore inferiore, lungo una fascia ad elevata pendenza e con un assetto a franapoggio. Successivamente deve aver avuto unevoluzione verso monte e lateralmente coinvolgendo sia il substrato roccioso che i limitati depositi di copertura. Infine una terza fase con ulteriore evoluzione del dissesto verso monte con lapertura di alcune fratture secondarie.

3.4.3.3 MONITORAGGIO ED INTERVENTI PROGETTATI Il dissesto stato in parte monitorato attraverso linstallazione di due piezometri e un tubo inclinometrico a monte dellapice della nicchia di frana e delle nicchie di richiamo superiori, intorno a quota 485 m s.l.m (Fig.3.13). I piezometri sono stati letti dal dicembre 2001 al marzo 2002, registrando costantemente lassenza di acqua. Sullinclinometro sono state effettuate una serie di sette letture fino al 30 marzo 2002 evidenziando un leggero movimento di 4-5 mm verso E-NE, riguardante i depositi di copertura e la porzione superficiale( 3-3.5 m di profondit al massimo). Sulla base dei dati ricavati da queste misure la Comunit Montana Valle Brembana ha commissionato uno progetto per la completa sistemazione idrogeologica del versante. Tale progetto ha individuato quattro tipologie di interventi ovvero il consolidamento del pendio, la sistemazione idraulica, il recupero ambientale e il monitoraggio della frana. Sulla base delle disponibilit economiche sono stati attivati solo gli interventi di consolidamento del versante con opere di contenimento del piede di frana e riprofilatura del versante e la regimentazione idraulica.

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Figura 3.13-Posizione degli inclinometri installati in corrispondenza della nicchia di frana

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3.4.4 LOC. CA MORONE COMUNE DI BREMBILLA3.4.4.1 INQUADRAMENTO GEOLOGICO-GEOMORFOLOGICO La loc. Ca Morone si estende sul versante sud-occidentale del monte Zuccone alla quota di 490 m s.l.m.. Il substrato dellarea dinteresse costituito da unit geologiche con formazioni della copertura sedimentaria di et Triassico superiore. In particolare nella zona coinvolta da dissesto sono presenti esclusivamente le rocce appartenenti alla formazioni del Calcare di Zu e dellArgillite di Riva di Solto. Il Calcare di Zu comprende alla base marne, calcari marnosi scuri e calcari grigio scuri localmente bioclastici, con spessori plurimetrici. La porzione centrale caratterizzata da prevalenti calcari bioclastici, oolitici e con patch reef. Nella parte superiore riprendono le intercalazioni cicliche marnose-carbonatiche con alla sommit un secondo orizzonte fossilifero. Al tetto locali facies calcaree sottilmente stratificate. Le Argilliti di Riva di Solto sono costituite da alternanze cicliche di argilliti nere, marne e calcari marnosi grigio scuri con sottili intercalazioni bioclastiche. Dal punto di vista morfologico, il versante sui cui si estende la loc. Ca Morone caratterizzato da pendii fortemente acclivi, interrotti da continue rotture di pendenza che danno luogo a piccoli ripiani instabili. I diversi ordini di terrazzi sono probabilmente dorigine alluvionale per quanto riguarda quelli a quote pi basse, mentre, alle quote pi elevate, si sviluppano in corrispondenza di depositi glaciali. In alcuni casi le rotture di pendio appaiono connesse ad accumuli di paleofrana. In particolare, lo stesso ripiano sui cui si estende Ca Morone impostato su di un accumulo di paleofrana. Nellarea sono state individuate due principali famiglie di faglia con direzione rispettivamente NNW-SSE e NE-SW.

3.4.4.2 DESCRIZIONE DEL DISSESTO E DELLO STATO DI FATTO

La riattivazione della frana ha evidenziato una nicchia principale a quota 600 m con sviluppo trasversale di 200m. Al margine destro evidente una seconda nicchia di distacco a quota fra 480m e 520m, che circonda completamente una casa. Il limite sinistro orografico della frana attuale e della paleofrana coincidono ed di tipo tettonico e non stratigrafico. Sempre sul margine sinistro, vi una seconda faglia, che delimita, proprio in corrispondenza dellabitato di Ca Morone, una 46

scaglia tettonica che ha provocato una sorta di torsione nel movimento di frana lungo il margine sinistro (Fig.3.14). Allinterno del corpo di frana sono presenti alcune venute dacqua che rimangono persistenti, anche se con portate inferiori, anche dopo un prolungato periodo di siccit. Il movimento franoso si sviluppato inizialmente come scivolamento rotazionale e come riattivazione di una paleofrana. La frana di scivolamento si mossa, con movimento relativamente veloce, sino allabitato di Ca Morone, dove ha distrutto lintero antico nucleo abitato. Da qui, a causa dellabbondantissima e continua venuta dacqua, il movimento si trasformato in una colata di terra e detriti (debris flow) che molto rapidamente ha raggiunto il fondo valle, provocando la distruzione di unabitazione e ricoprendo la strada provinciale. Inoltre laccumulo di detriti ha provocato il temporaneo sbarramento del torrente creando un pericoloso invaso.

Figura 3.14-Veduta aerea della frana che a colpito la frazione di Ca' Morone

Le scarse caratteristiche geotecniche dellarea, costituita da depositi di paleofrana e argilliti con scarse propriet di resistenza al taglio, e le pi che abbondanti precipitazioni del periodo a cavallo tra la fine di novembre e gli inizi di dicembre 2002, hanno portato il versante al collasso. Le condizioni di stabilit ancora precarie e lalto grado di saturazione dei depositi della frana rendono larea ancora fortemente a rischio.

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3.4.4.3 MONITORAGGIO E INTERVENTI EFFETTUATI

Al fine di controllare eventuali movimenti del corpo di frana e correlarli ad dati sulle precipitazioni, la provincia di Bergamo ha provveduto allinstallazione di un sistema di monitoraggio comprendente due catene estensiometriche (Fig.3.15), una termosonda e un pluviometro.

Figura 3.15-Posizionamento delle catene estensiometriche e del pluviometro (azzurro pi chiaro).

In particolare le catene estensiometriche sono state collocate in prossimit della nicchia principale e lungo il margine sinistro della frana in modo da monitorare la scaglia tettonica in corrispondenza dellabitato di Ca Morone. Inoltre per consentire la messa in sicurezza e la stabilizzazione del versante sono state effettuati interventi di riprofilatura, dando cos allarea una geometria pi stabile, e opere di drenaggio profondo molto diffuse lungo i depositi di frana. Per bloccare il piano di scivolamento e consolidare gli edifici danneggiati sono stati realizzati una serie di muri di sostegno daltezza variabile dai 2 m ai 4 m solidamente ancorati al terreno con una doppia fila di tiranti. Alcuni di questi sono state realizzate con una serie di micropali a ridistribuzione delle forze di compressione.

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3.4.5 LOC. MEDEGA COMUNE DI CAPIZZONE3.4.5.1 INQUADRAMENTO GEOLOGICO-GEOMORFOLOGICO

I terreni coinvolti nel dissesto sono costituiti da spesse coltri di depositi di versante e di frana, poligenici, altamente alterati ed appartenenti allUnit di Fuipiano (pleistocene-Olocene). Privi di materiale derivato da depositi glaciali, hanno una composizione determinata dalle unit affioranti a monte che vanno dai calcari marnosi e marne del Calcare di Zu ( Norico sup.-Retico) ai calcari micritici del Calcare di Cedrina (Hettangiano p.p.). Tali depositi hanno subito numerosi rimodellamenti per azione della gravit e delle acque superficiali che hanno agito sulla loro alta erodibilit. Inoltre parte del materiale coinvolto costituito da materiale di riporto di attivit antropiche con provenienze molto diverse.

Figura 3.16-Veduta aerea della frana di Capizzone. Al centro della foto si noti come il margine destro della scarpata di frana abbia attraversato un'abitazione.

3.4.5.2 DESCRIZIONE DEL DISSESTO E DELLO STATO DI FATTO

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Il movimento franoso in localit Medega da ricondurre ad uno scorrimento rotazionale che ha creato movimenti di taglio lungo pi superfici. Le cause del dissesto sono da ricondurre alla concomitanza di precipitazioni prolungate e ripetute con scrosci dintensit eccezionale che, oltre ad imbibire i terreni, hanno innalzato il livello delle acque sotterranee nei depositi e aumentato lazione derosione di sponda del torrente Imagna sul versante orografico destro. La frana ha causato linterruzione della strada provinciale e creato danni molto gravi ad alcune abitazioni, infatti il coronamento della scarpata principale ha attraversato parte dellabitato di Medaga, andando a tagliare in due parti una palazzina, con un ribassamento fino a 5 m (Fig.3.16). Al piede del corpo di frana il movimento ha prodotto un innalzamento del fondo dellalveo ed un suo spostamento verso la sinistra orografica. Questo ha generato un piccolo invaso a monte che ha creato notevoli problemi per il deflusso delle acque, gi difficile per la numerosa presenza di arbusti allinterno dellalveo.

3.4.5.3 MONITORAGGIO

Figura 3.17-Posizionamento dei piezometri (p.ti rossi), degli inclinometri (p.ti gialli) e delle basi distometriche (p.to viola).

Una delle prime misure dintervento stata la predisposizione, da parte della Provincia di Bergamo, dellinstallazione di una serie di strumenti di monitoraggio per definire meglio le caratteristiche del dissesto verificatosi in seguito ai forti eventi alluvionali del novembre 2002. Tali strumenti sono 50

stati collocati in modo da coprire in modo omogeneo il corpo di frana e poter ottenere il maggior numero possibile di dati per poter effettuare un intervento definitivo di sistemazione della frana. Sullarea di frana sono state installate una serie di basi distometriche, sia alla nicchia di coronamento sia sul corpo di frana, per monitorare eventuali movimenti superficiali. A queste si aggiungono i cinque inclinometri e sei piezometri per le misure del movimento interno della frana e dellaltezza della falda acquifera (Fig.3.17).

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3.4.6 DOSSENA3.4.6.1 INQUADRAMENTO GEOLOGICO-GEOMORFOLOGICO

Il versante interessato da dissesto situato nella Valle Asnera, una tributaria di destra della media Valle Brembana, sulle pendici meridionali del monte Dossena, tra le quote 1200 m e 800 m s.l.m.. Labitato di Dossena sorge in unarea caratterizzata da una spessa copertura detritica, di diversa origine, spessa fino a 20m e che ricopre il substrato roccioso. In particolare diffusa estensione hanno i detriti di frana che vanno ad interessare gran parte del versante. Si tratta di depositi eterometrici e caotici con abbondante matrice limosa-argillosa, caratterizzati dalla presenza di grossi blocchi calcarei in vicinanza delle rocce sottostanti e da vuoti. Il substrato roccioso costituito da unit litostratigrafiche det triassica di natura terrigenocarbonatica ed vaporitica. La Formazione di San Giovanni Bianco, la pi recente, quella pi estesa nellarea interessata. suddivisibile in tre differenti facies. La pi superficiale rappresentata da anidriti e gessi, in strati decimetrici, laminati, con spessore fino ad alcune decine di metri. Al di sotto della facies evaporitica si trova quella delle siltiti e argilliti di colore verde dello spessore di qualche decina di metri, frequentemente laminate. La parte inferiore appare costituita da unalternanza di dolomie giallastre e di siltiti-areniti grigio verdi o nerastre sottilmente stratificate. Tutte le litologie di questa formazione appaiono intenasamente fratturate e piegata soprattutto nella Valle Moia a sud dellabitato di Dossena. Lunit sottostante costituita dalla Formazione di Gorno, si trattta di calcari marnosi grigio scuri in strati di spessore decimetrico con intercalate marne nerastre. Anche questa formazione appare fratturata e con evidenti pieghe, e molto probabilmente costituisce il substrato roccioso di parte di Dossena. Lassetto strutturale della zona caratterizzato dalla presenza di diffuse pieghe, di dimensione decametrica e asse orientato ONO-ESE, e un sistema di faglie con orientazione NNE-SSO che creano zone a maggior fratturazione. Gli strati hanno inclinazione compresa tra i 30 e i 60, orientata verso SO, a franapoggio con pendenza maggiore o uguale al pendio.

3.4.6.2 DESCRIZIONE DEL DISSESTO Larea ritenuta coinvolta nel fenomeno di dissesto e di circa 0.2 km, anche se la fascia dove i movimenti sono pi evidenti, quella concentrata lungo la parte frontale del corpo di frana che si 52

affaccia sulla valle Moia e della Croce al margine meridionale del centro abitato. Si possono distinguere due fasce coinvolte da fenomeni di dissesto. La prima, che comprende la parte alta dellabitato ed limitata a Ovest e Sud da una scarpata molto acclive fino alla valle Moia, mostra piccoli smottamenti e soliflusso con traslazione del terreno che ha lesionato alcune murature in cemento. La seconda fascia comprende larea edificata ad est della valle Moia, in zona cimitero, dove il ciglio principale di frana corrisponde al margine meridionale dellabitato. Le lesioni agli edifici sono diffuse in questa parte. Tutta larea di Dossena quindi coinvolta in un movimento franoso impostato sul substrato a franapoggio ed accelerato dallerosione al piede nella valle Moia e Croce. Grande importanza riveste la circolazione idrica sotterranea in quanto i maggiori movimenti sono stati registrati in corrispondenza delle precipitazioni.

3.4.6.3 MONITORAGGIO

Figura 3.18-I Piezometri (p.to rosso) e gli inclinometri (p.ti giallo) installati attorno al cimitero di Dossena.

Al fine di monitorare levoluzione dei dissesti che interessano labitato di Dossena sono state installate dei fessurimetri, in corrispondenza delle lesioni sulle strutture del cimitero e del muro di sostegno. A seguito del finanziamento del progetto di messa in sicurezza dellarea stato installato un sistema di monitoraggio che affianchi gli interventi previsti in modo da fornire sia i dati per

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verificare lefficacia dei lavori sia il livello di pericolosit residuo. Tale sistema costituito da tre tubi inclinometrici e tre tubi piezometrici (Fig.3.18).

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3.4.7 LOC. SAN FELICE AL LAGO COMUNE DI ENDINE GAIANO3.4.7.1 INQUADRAMENTO GEOLOGICO-GEOMORFOLOGICO La morfologia dellarea di studio deriva dallazione combinata di rapido sollevamento del territorio con lerosione dei corsi dacqua, e, in passato, con quella del ghiacciaio Camuno. Di conseguenza la valle principale ha un profilo ad U, e lungo i fianchi, sono riconoscibili depositi glaciali a diverse quote. Lazione di modellamento dei ghiacci risulta particolarmente rilevante per la morfologia dellarea. Un deposito glaciale, con uno spessore massimo di 10m, ricopre lintero pianoro ondulato presente in corrispondenza delle Piane. I depositi morenici sono costituiti da ciottoli e blocchi subarrotondati in abbondante matrice ghiaiosa-sabbiosa poco alterata. Altro fattore importante risultano le forme di erosione collegate alle dinamiche evolutive del versante. Particolari depositi sono quelli di travertino, originati da precipitazione di carbonati in corrispondenza dei punti di emergenza di acque ricche di questi sali, presenti sia nellalveo della Valle del Pat, sia presso un piccolo ripiano a quota 398 m s.l.m. Il reticolo idrografico costituito da aste fluviali di basso grado di gerarchizzazione (I, II ordine). Lunica importante forma di deposito connessa alla circolazione idrica il conoide alluvionale formatosi in corrispondenza della valle del Moj. Nellarea di studio affiorano rocce del triassico superiore appartenenti alla formazione del Calcare di Zu e, principalmente, delle Argilliti di Riva di Solto. Alla formazione del Calcare di Zu appartengono calcari, calcari marnosi compatti, di colore grigio nocciola o grigi, a stratificazione piano parallela con strati a base leggermente ondulata di spessore da decimetrico a metrico. Ad essi si intercalano marne e argilliti bruno nerastre. Questi litotipi si alternano, terminando con il prevalere di calcari micritici e bioclastici. La formazione delle Argilliti di Riva di Solto costituita da due unit informali: una litozona inferiore prevalentemente argillosa, e una superiore costituita da alternanze cicliche di litotipi argillosi-marnosi-carbonatici.La prima unit costituita da argilliti, argilliti marnose nere fogliettate spesso con laminazione parallele millimetriche. Questa struttura determina la tipica sfaldabilit con produzione di listarelle allungate. Le argilliti sono disposte in banchi da decimetrici a metrici. Il passaggio alla litozona superiore e caraterizzato da un aumento del contenuto di CaCO3 ed costituita da unalternanza di: peliti marnose fogliettate grigio chiare; siltiti marnose grigio chiare, giallastre allalterazione, tenaci, laminate parallelamente; strati di calcari micritici grigi. Tali rocce risultano particolarmente fratturate e disarticolate in prossimit della zona di nicchia.

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Dal punto di vista strutturale, le aereofoto mettono in evidenza una serie di fotolineamenti in corrispondenza del versante sottostante al corno Vadul. Essi hanno un andamento rettilineo, sono orientati NE-SW, e appaiono paralleli alla faglia verticale della Valle di Moj. Nel versante sovrastante la loc. Le Piane la stratigrafia appare costantemente disposta a reggipoggio con immersione SE.

3.4.7.2 DESCRIZIONE DELLO STATO DI FATTO E DELLE CAUSE DEL DISSESTO Lintera area stata caratterizzata da diversi eventi franosi tant che la zona a monte di San Felice nota come la Ruina. Segni di questi sono facilmente riscontrabili sul territorio. Si riconoscono una nicchia di frana principale che separa la zona delle Piane da quella del dissesto, delle nicchie secondarie e contropendenze a monte di quella principale, e una scarpata che limita ad ovest il Pianazzo. In genere, le nicchie, sono state classificate come quiescenti, in quanto non sono stati riscontrati segni di attivit o ripresa del movimento franoso. Alla base del versante, in corrispondenza dello sbocco delle valli che sono state interssate da movimenti franosi si trovano dei coni detritici la cui origine legata a fenomeni di colata detritica (debris flow). In particolare la Valle della Ruina il cui tracciato stato traslato di alcune decine di metri pi a nord in seguito alla frana del 1939, presenta ancora condizioni predisponenti ad una nuova colata, a causa di un vasto settore con substrato roccioso disarticolato e accumulo di materiali detritici presenti nellalveo e nel versante. Condizioni simili, sebbene meno evidenti, sono presenti anche allo sbocco delle due vallette presenti sul versante. In alcuni punti, in corrispondenza delle scarpate rocciose, rilevante il rischio di crolli di blocchi instabili. Particolarmente importante per la sua vicinanza allabitato, quella posta a quota 420 m, costituita da un deposito di travertino fortemente fratturata e alta 5-6 m. La presenza di numerose risorgenze idriche, sia lungo la Valle della Ruina, che nella zona a monte della fraz.di Moj, testimoniano una continua e diffusa circolazione idrica nel sottosuolo . I numerosi dissesti di questarea, che coinvolgono sia lo strato roccioso, che quello detritico, potrebbero essere correlati a fenomeni di rilascio tensionale verificatisi al termine dei periodi glaciali, nonch allelevata fratturazione del substrato.

3.4.7.3 INTERVENTI PREVISTI La situazione di dissesto dellarea, caratterizzata da una debole stabilit, ha indotto la Comunit Montana Val Cavallina, dopo uno studio preliminare dellarea, a realizzare un progetto per la 56

predisposizione di un sistema di monitoraggio e sistemazione del versante.

Figura 3.19-Posizione delle mire topografiche di precisione sulla di nicchia di frana.

In particolare sono previste la posa di una serie di mire topografiche di precisione in corrispondenza della nicchie di frana, e dei settori del versante che risultano pi instabili (Fig.3.19). Le misure dovranno essere realizzate da una stazione posta sulla riva opposta del lago, con frequenza mensile per la durata di un anno, in modo da registrare eventuali movimenti del versante. Per riuscire ad abbassare la superficie piezometrica nellarea con elevate emergenze idriche, prevista la realizzazione di un sistema di drenaggio e raccolta acque. Al fine di evitare il riattivarsi di colate detritiche saranno ripuliti gli alvei delle tre vallecole. In corrispondenza del