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APAT Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici GUIDA RELATIVA ALLA TECNICA DI ILLUMINAZIONE IN FUNZIONE DEL CONTENIMENTO DELL’INQUINAMENTO LUMINOSO E DEI CONSUMI ENERGETICI RTI CTN_AGF 3/2005

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APAT Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici

GUIDA RELATIVA ALLA TECNICA DI ILLUMINAZIONE

IN FUNZIONE DEL CONTENIMENTO DELL’INQUINAMENTO LUMINOSO E

DEI CONSUMI ENERGETICI

RTI CTN_AGF 3/2005

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Dipartimento Stato dell’Ambiente e Metrologia Ambientale Guida relativa alla tecnica di illuminazione in funzione

del contenimento dell’inquinamento luminoso e dei consumi energetici

Autori Tommaso Aureli e Marco Frascarolo (ARPA Lazio)

Responsabile di progetto APAT Responsabile CTN_AGF Giancarlo Torri Sandro Fabbri

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Informazioni legali L’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici o le persone che agiscono per conto dell’Agenzia stessa non sono responsabili per l’uso che può essere fatto delle informazioni contenute in questo rapporto. Informazioni addizionali sull’argomento sono disponibili nel sito Internet (http:/www.sinanet.apat.it) Riproduzione autorizzata citando la fonte Stampato in Italia Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici Dipartimento Stato dell’Ambiente e Metrologia Ambientale Via Vitaliano Brancati, 48 00144 Roma Centro Tematico Nazionale – Agenti Fisici c/o ARPA Emilia-Romagna – Sezione Provinciale di Piacenza Via XXI Aprile, 48 29100 Piacenza

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PREMESSA Il lavoro nasce dall’esigenza di produrre una guida tecnica che costituisca uno strumento di riferimento per l’applicazione delle varie Leggi sul contenimento dell’inquinamento luminoso e per la valutazione della conformità, alle stesse, di progetti per nuove installazioni nonché per gli impianti già esistenti. L’obiettivo è stato quello di fornire uno strumento completo sull’argomento, contenente tutte le nozioni tecniche necessarie, in forma sintetica e mirata, rimandando ai testi riportati in bibliografia per eventuali approfondimenti. La Guida, con la sua struttura a schede tematiche, consente di accedere facilmente ai singoli argomenti, in modo da costituire un riferimento sia per coloro che già conoscono l’argomento che per coloro che vi si avvicinano per la prima volta. I primi 3 capitoli, contengono tutte la informazioni tecniche necessarie per la comprensione dei contenuti delle varie Leggi Regionali già esistenti materia. Nel capitolo 4 vengono analizzati i contenuti tecnici delle Leggi Regionali esistenti, approfondendo gli strumenti di controllo in maniera critica, ovvero fornendo le chiavi di lettura necessaria per trovare le soluzioni tecniche migliori o per valutare le soluzioni adottate in casi reali. Ad ogni paragrafo è associata una tabella che illustra, a titolo di esempio, le peculiarità delle singole Leggi Regionali sul singolo argomento. Nel capitolo 5 viene fornito il quadro normativo in campo illuminotecnico e specificamente nell’ambito del risparmio energetico e del controllo dei flussi dispersi. Il motivo conduttore di tutta la Guida è il tentativo di inquadrare la problematica dell’inquinamento luminoso in un contesto più vasto, da cui non si può prescindere, che va dal contenimento dei consumi energetici al rispetto dei parametri illuminotecnici necessari per il comfort visivo e la sicurezza del cittadino. Il quadro normativo di riferimento è aggiornato al mese di gennaio 2005 e fa riferimento solo alle norme approvate in tale data. Fanno eccezione alcuni riferimenti ai contenuti del Regolamento regionale n. 8 del 18 aprile 2005, promulgato in attuazione della Legge della Regione Lazio, (a cui ha lavorato uno degli autori del Manuale, l’ing. Marco Frascarolo), che presentano elementi innovativi rispetto alle normative preesistenti.

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INDICE

1. FONDAMENTI DI ILLUMINOTECNICA.....................................................1

1.1 Il fenomeno della visione ....................................................................................1

1.2 Grandezze fotometriche .....................................................................................2

1.2.1 Grandezze che caratterizzano le lampade e gli apparecchi

di illuminazione ...................................................................................................3

1.2.2 Grandezze che caratterizzano l’ambiente luminoso ...........................................4

1.2.3 Proprietà di riflessione dei materiali...................................................................4

2 METODI DI MISURA E VERIFICA DELL’AMBIENTE VISIVO.............5

2.1 Introduzione ........................................................................................................5

2.2 Misura delle grandezze fotometriche................................................................6

2.2.1 Misura dell’illuminamento..................................................................................7

2.2.2 Misura della luminanza ......................................................................................8

2.2.3 Misura delle proprietà di riflessione dei materiali ............................................9

2.2.4 Misure del colore ..............................................................................................10

3 IMPIANTI DI ILLUMINAZIONE OUTDOOR............................................12

3.1 Sorgenti luminose..............................................................................................12

3.1.1 Lampade ad incandescenza ...............................................................................13

3.1.2 Lampade a scarica di gas...................................................................................15

3.1.3 LED ....................................................................................................................23

3.2 Apparecchi di illuminazione ............................................................................24

3.3 Regolatori di flusso luminoso...........................................................................26

3.4 Impianti di illuminazione .................................................................................27

3.4.1 Impianti di tipo stradale.....................................................................................28

3.4.2 Impianti ornamentali e di arredo urbano .........................................................30

4 CONTROLLO DEI FLUSSI LUMINOSI DISPERSI...................................31

4.1 Introduzione .....................................................................................................31

4.2 Finalità ed ambito di applicazione degli strumenti normativi .....................34

4.3 Classificazione del territorio ...........................................................................36

4.4 Caratteristiche emissive delle lampade ed aspetti energetici .......................38

4.5 Flusso emesso verso l’alto dagli apparecchi di illuminazione.......................39

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4.6 Flusso riflesso verso l’alto dal suolo e da altre superfici ..............................43

4.7 Illuminazione delle superfici verticali ............................................................45

4.8 Regolazione dei flussi .......................................................................................49

4.9 Enti, figure professionali ed adempimenti amministrativi ..........................52

5 QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO ............................................55

5.1 I diversi approcci al problema dell’inquinamento luminoso........................56

5.2 Strumenti normativi in campo illuminotecnica .............................................59

5.3 Normativa in tema di contenimento dei consumi energetici.........................61

5.4 Norme Tecniche ................................................................................................62

CONCLUSIONI ..........................................................................................................64

GLOSSARIO ...............................................................................................................65

BIBLIOGRAFIA .........................................................................................................69

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1. FONDAMENTI DI ILLUMINOTECNICA

1.1 Il fenomeno della visione La luce è un fenomeno fisico di natura energetica. La propagazione avviene sotto forma di radiazioni nello spazio vuoto e nei materiali solidi, liquidi ed aeriformi, che consideriamo trasparenti alla luce. La teoria ondulatoria della luce interpreta queste radiazioni come onde elettromagnetiche, caratterizzate attraverso una grandezza, chiamata lunghezza d’onda ed espressa in nanometri (10-9m). Se la lunghezza d’onda della radiazione si trova al di fuori del campo di sensibilità dell’occhio si parla di ultravioletti e di infrarossi, per lunghezze d’onda, rispettivamente, inferiori e superiori rispetto a quelle del visibile (Figura n. 1.1). La radiazione nell’infrarosso rappresenta il calore, mentre la radiazione nell’ultravioletto attiva fenomeni foto-chimici sulla pelle e nei materiali, specialmente se di natura organica e costituisce una delle cause principali del degrado dei beni storici ed artistici. L’occhio è l’organo periferico della visione, che ha la duplice funzione di ricevitore del messaggio luminoso e di processore dello stesso per la sua trasmissione al cervello (che ne è l’interprete finale). La sensibilità dell’occhio è massima per la lunghezza d’onda di circa 555 nm (colore giallo-verdastro), posta al centro del campo di visibilità e tende ad annullarsi agli estremi (380-780 nm) (Figura n. 1.2). Le lunghezze d’onda utili ai fini della visione coprono un campo molto limitato dello spettro di emissione termica di un corpo nero, quale può essere considerato, per esempio, il sole o una lampada ad incandescenza, la cui emissione è concentrata prevalentemente nell’infrarosso (nel caso del sole anche nell’ultravioletto). Nella Figura n. 1.2 è mostrato come si modifica la curva di visibilità quando l’intensità della radiazione diventa particolarmente debole (visione scotopica); in questo caso il massimo della sensibilità dell’occhio si ha per una sorgente monocromatica di colore azzurro-verdastro: non a caso le guide ottiche impiegate negli ospedali e aeroporti per motivi di sicurezza hanno lampade con queste caratteristiche. Il passaggio tra queste due modalità di funzionamento dell’occhio è dovuto alla disattivazione, in caso di luce scarsa dei recettori denominati “coni”, specializzati nella visione dei colori, a vantaggio dei “bastoncelli”, la cui maggiore sensibilità alla luce si paga con l’incapacità di distinguere le diverse lunghezze d’onda della radiazione luminosa. In presenza di impianti di illuminazione le condizioni sono praticamente sempre di visione fotopica o comunque vi si avvicinano: pertanto in tutto il manuale faremo implicitamente riferimento alla curva di visibilità fotopica.

Eλ= V(λ) = K (λ) / Kmax

Figura n. 1.1. Il fenomeno della visione (rif. 1) Figura n. 1.2. Curva di visibilità dell’occhio umano (rif. 2)

Effetti vari

Corpo umano

Ultravioletti

SENSAZIONE VISIVA

OCCHIO

LUCE

Riscaldamento

Corpo umano

Infrarossi

RADIAZIONE

OGGETTO

RADIAZIONE

SORGENTE

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1.2 Grandezze fotometriche L’illuminotecnica utilizza grandezze e metodi derivanti dalla fotometria, che quantifica la luce non in termini assoluti ma in termini di stimolazione visiva. Le grandezze fotometriche, misurano quindi la quantità di energia radiata nello spettro visibile, non in maniera assoluta ma in maniera relativa, rispetto alla sensibilità spettrale dell’occhio CIE (curva di visibilità). Di seguito vengono descritte le grandezze fondamentali per la misurazione della luce: flusso luminoso, intensità luminosa, illuminamento e luminanza che caratterizzano le sorgenti e gli apparecchi di illuminazione.

1.2.1 Grandezze che caratterizzano le lampade e gli apparecchi di illuminazione Flusso luminoso Ф= k(λ) P(λ) unità di misura: lumen (lm) Esprime la quantità di energia emessa da una sorgente luminosa nell’unità di tempo. Il flusso luminoso, è normalmente identificato con il simbolo Ф. Il lumen è definito come il flusso luminoso emesso nell’angolo solido unitario da una sorgente puntiforme posta al centro di una sfera di intensità luminosa pari a 1 cd in tutte le direzioni (Figura n. 1.3).

Intensità luminosa I = dΦ / dω unità di misura: candela (cd) Esprime la quantità di energia emessa in una specifica direzione (Figura n. 1.4). Si definisce intensità luminosa I, il rapporto tra il flusso luminoso infinitesimale emesso da una sorgente entro un angolo solido e lo stesso angolo solido.

Figura n. 1.3. Flusso luminoso emesso da una sorgente

Figura n. 1.4. Intensità luminosa emessa in una direzione fissata

Temperatura di colore La temperatura di colore indica il colore apparente della luce. Essa viene espressa in K (gradi Kelvin). Questo parametro rappresenta la reale temperatura all’interno della lampada (più precisamente sul filamento) solo per radiatori termici (lampade ad incandescenza). Al fine di estendere il concetto alle lampade a scarica l’indice viene chiamato temperatura di colore correlata (o isoprossimale) e viene definito come la temperatura in gradi K, del radiatore termico il cui colore percepito più si avvicina alla sorgente in oggetto.

Indice di Resa Cromatica Indica la capacità di una sorgente luminosa di restituire fedelmente il colore degli oggetti illuminati. La massima fedeltà di restituzione del colore, per convenzione, è pari a 100 ed è associata agli standard prestazionali delle lampade ad incandescenza. Negli altri casi si parla di categorie 1A (90-100), 1B (80-90), 2 (70-80), 3 (60-70).

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1.2.2 Grandezze che caratterizzano l’ambiente illuminato

Illuminamento E = dΦ / dA unità di misura: lux L’illuminamento è la quantità di luce, che investe una certa superficie (Figura n. 1.5) . Si definisce illuminamento E il rapporto tra il flusso luminoso che incide su una superficie e l’area dell’elemento preso in esame. L’illuminamento rappresenta la potenza di energia luminosa che investe una superficie e non la potenza che la superficie riflette in direzione dell’occhio dell’osservatore: pertanto tale grandezza non è adatta a rappresentare il campo visivo come lo percepisce l’osservatore. E’ la grandezza più usata soprattutto nell’illuminazione di ambienti interni per la facilità di misura e soprattutto per l’indipendenza dei risultati di misura dalla posizione dell’osservatore.

Luminanza L = dI/dA cosβ unità di misura=nit (cd/m2) La luminanza esprime l’entità della luce emessa da una sorgente di dimensioni estese nella direzione dell’osservatore. Si definisce luminanza L il rapporto tra l’intensità luminosa di una sorgente nella direzione di un osservatore e la superficie emittente proiettata su un piano perpendicolare alla direzione di osservazione, detta superficie apparente (L = dI / dAapparente) (Figura n. 1.6 e 1.7)

Figura n. 1.5. Illuminamento su una superficie orizzontale (rif. 3)

Figura n. 1.6. Area apparente per l’osservatore (rif. 3)

Figura n. 1.7. Luminanza di una sorgente primaria (lampada) e una secondaria (superficie illuminata) (rif. 3)

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1.2.3 Proprietà di riflessione dei materiali La luce che raggiunge i nostri occhi e la volta celeste è data dalla somma di due contributi: l’energia proveniente direttamente dalla sorgente di illuminazione e proveniente da riflessioni multiple sul suolo e sugli oggetti circostanti. Il contributo di riflessione dipende dalla quantità di luce incidente e dalle caratteristiche superficiali del riflettore. La quantità di energia riflessa dipende esclusivamente dal coefficiente di riflessione (detto fattore di riflessione, se espresso in %, anziché con numeri compresi tra 0 ed 1), che è direttamente legato al colore ma non in maniera biunivoca (a 2 colori uguali corrisponde lo stesso fattore di riflessione, mentre ad un fattore di riflessione possono corrispondere più colori diversi).

Fattore di riflessione: r = Φ riflesso / Φ incidente x 100 [%]

Tabella n. 1.1. Coefficiente di riflessione dei materiali più comuni (rif. 1)

Le modalità con cui l’energia riflessa viene distribuita nello spazio dipendono invece dalla finitura del materiale. Se il materiale è estremamente compatto e levigato la riflessione si dice speculare e l’energia viene riflessa interamente lungo un’unica direzione (es. specchio). Se il materiale presenta una rugosità distribuita di dimensioni comparabili alla lunghezza d’onda della radiazione incidente, la riflessione si distribuisce nello spazio in maniera diffusa con andamento sferico detto lambertiano (es. intonaco). Negli altri casi la riflessione si dice semidiffusa e presenta una componente dominante di tipo speculare ed una dispersione intorno a tale direzione (es. vernici lucide). Nel caso della perfetta diffusione, la luminanza è costante in tutte le direzioni, perché all’aumentare dell’intensità diminuisce l’area apparente ed il rapporto tra le due grandezze resta costante.

A

B

CFigura n. 1.8. A) Riflessione speculare; B) Riflessione diffusa; C) Riflessione semidiffusa

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2. METODI DI MISURA E VERIFICA DELL’AMBIENTE VISIVO

2.1 Introduzione La qualità dell’ambiente luminoso è legata alla facilità con cui avviene il processo di percezione per ogni compito visivo previsto in loco. La misura di questa qualità può essere ottenuta dalla “visual performance” definita già nel 1941 da Weston per gli ambienti di lavoro come il rapporto fra il lavoro svolto con un dato illuminamento e lo stesso lavoro svolto con un illuminamento ideale. L’ambiente deve garantire livelli adeguati di benessere e di sicurezza all’utente; con benessere si intende il minimo affaticamento possibile degli organi visivi e con sicurezza, un requisito variabile a secondo del compito svolto, sostanzialmente legato ai livelli di illuminamento ed all'equilibrio tra le luminanze che entrano nel campo visivo dell'osservatore. La verifica di ambienti luminosi esistenti prevede l'uso di una metodologia di indagine, che agisce a 2 livelli: • indagine oggettiva, volta alla misura in campo, in condizioni di luce naturale ed artificiale, delle grandezze proprie del fenomeno luminoso nell'ambiente in generale e su particolari piani di riferimento; • indagine soggettiva, che, complementare alla precedente, si riferisce alle sensazioni che l'ambiente luminoso genera sui soggetti utenti. I dati ottenuti, tanto dall'indagine oggettiva quanto da quella soggettiva, devono poi essere elaborati per ottenere indici significativi alla valutazione delle prestazioni fornite dall'ambiente luminoso. AI fine di definire tali indici è necessario utilizzare, una metodologia che, fondata sul rapporto fra benessere, spazio fisico ed attività che si svolgono al suo interno, si sviluppi attraverso diverse fasi:

analisi delle attività; determinazione delle esigenze e relativi requisiti di prestazione; scelta di indici e parametri di riferimento.

L’indagine soggettiva si rende necessaria quando si devono individuare le condizioni di comfort visivo per un individuo medio. Nel caso specifico che stiamo trattando, non riteniamo opportuno un approfondimento. Per condurre la verifica delle caratteristiche oggettive dell'ambiente luminoso è necessario innanzitutto individuare l'insieme delle grandezze rappresentative, vale a dire quei parametri misurabili in campo, caratteristici del tipo di luce presente (artificiale o naturale), delle sorgenti e delle superfici delimitanti l'ambiente, ed in secondo luogo definire quali strumenti sono utilizzabili, verificando che le loro caratteristiche risultino confacenti alla necessità di precisione, di praticità e di maneggevolezza per procedere ad una verifica in campo. Le misure fotometriche, in base alla sede di esecuzione, si possono classificare in:

misure in laboratorio, in cui si rilevano le caratteristiche illuminotecniche di alcune parti dell'impianto (lampade, apparecchi illuminanti) o di materiali facenti parte dell'ambiente di misura;

misure in campo con cui si rilevano le caratteristiche illuminotecniche dell'ambiente, dell'impianto o di parti di questo in condizioni di esercizio.

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2.2 Misura delle grandezze fotometriche Le misure fotometriche che vengono comunemente effettuate riguardano le seguenti grandezze: 1. intensità luminosa; 2. flusso luminoso; 3. fattori di riflessione e di trasmissione; 4. illuminamento; 5. luminanza; 6. coordinate tricromatiche, temperatura di colore, indice di resa cromatica. Relativamente a ciascuna delle grandezze fotometriche identificate esistono indicazioni precise circa le modalità di misurazione e le condizioni ambientali in cui devono essere svolte. A questo proposito, ogni prova deve essere corredata di una documentazione descrittiva di tutti quei fattori e condizioni al contorno che possono influenzare i risultati. Ogni misurazione è affetta da errori: il risultato di una misurazione deve essere sempre accompagnato dalla stima dell'incertezza di misura. L’incertezza di misura è caratterizzata da numerose componenti che dipendono dalle cause che possono produrre errori durante il processo di misurazione. Alcune componenti hanno carattere statistico e possono essere ridotte ripetendo, in condizioni stabili, la misurazione un numero conveniente di volte. Altre componenti derivano dalla natura del processo di misura, dalla incertezza del riferimento metrologico (taratura della strumentazione), dalle grandezze di influenza (per esempio temperatura ambiente) e sono difficilmente eliminabili. Le principali fonti di incertezza comuni alle misure fotometriche sono:

variazioni della tensione e della frequenza di alimentazione elettrica; instabilità della sorgente; disallineamento dei componenti ottici dell'apparecchio; instabilità della temperatura ambiente; valutazione e correzione dell'influenza della luce parassita; condizioni elettriche e termiche dell'alimentatore. influenza degli strumenti di misura dei paramenti elettrici; influenza della lunghezza

dei fili di collegamento e delle capacità parassite; velocità dell'aria nei pressi della sorgente; polvere nell'ambiente; condizioni di pulizia dei componenti ottici dell'apparecchio; condizioni di taratura e classe della strumentazione elettrica; condizioni di taratura e classe della testa fotometrica.

Prima di effettuare le misurazioni occorre prevedere alla stabilizzazione delle lampade con le seguenti durate minime di funzionamento.

1 h, se l'impianto è realizzato con lampade fluorescenti o con lampade a scarica ad alta intensità (vapori di mercurio, sodio alta e bassa pressione, a ioduri metallici);

nessun periodo di stabilizzazione se l'impianto è realizzato con lampade ad incandescenza o alogene.

Nel caso l'impianto disponga di lampade nuove, esse devono aver funzionato per almeno 100 h prima della misura.

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2.2.1 Misura dell’illuminamento La misura dell'illuminamento è affidata alle celle fotovoltaiche nei luxmetri a cellula fotoelettrica (Figura n. 2.1). La caratteristica di queste celle a strato di sbarramento, come anche vengono chiamate, è quella dì produrre sotto l'azione della luce una forza elettromotrice che provoca un passaggio di corrente in un circuito chiuso senza l'applicazione di forza elettromotrice esterna. Per le misure (Figura n. 2.2) sono impiegati luxmetri, talvolta telecomandabili, che impiegano cellule fotoelettriche (Figura n. 2.3) al selenio o al silicio, queste ultime preferite nei laboratori di misura. Il luxmetro portatile (classe B) presenta un ingombro molto contenuto ed è disponibile sia con testa fotometrica incorporata che separata: in questo caso il collegamento può avvenire via cavo o via radio. Il luxmetro di precisione presenta un ingombro maggiore ed un livello di precisione più elevato (classe A) rispetto al portatile. I suddetti strumenti coprono un campo di misura che, a seconda dei modelli, varia da 0,0001 lux a 600.000 lux.

Figura n. 2.1. Luxmetro (rif. 4)

Figura n. 2.2. Schema di misura dell’illuminamento (rif. 3)

Figura n. 2.3. Curva di sensibilità dello strumento confrontata con la curva di visibilità dell’occhio umano (rif. 5)

Figura n. 2.4. Testa fotometrica speciale con correttore di coseno (rif. 6)

Figura n. 2.5. Schema della cellula fotometrica (rif. 6)

Tanto per le misurazioni d'illuminamento orizzontale, quanto per quelle dí illuminamento verticale è richiesta l'applicazione di sospensioni cardaniche alla testa fotometrica del luxmetro in modo da assicurare la complanarità della superficie sensibile alla luce dello strumento con la sua superficie di appoggio; in alternativa, il controllo della posizione orizzontale della testa fotometrica può essere effettuato con una livella. E' importante evitare che l'operatore formi ombre sul fotoricevitore durante la misura. Se si ammette un errore massimo dell'ordine del 10% è d'obbligo l'uso di una lente particolare, detta "correttore di coseno", che permette al fotoricevitore di rilevare in maniera corretta la luce proveniente dalle angolazioni diverse da 90°. Le teste fotometriche (Figura n. 2.4 e 2.5) dei luxmetri lavorano correttamente in un campo di temperature compreso tra 15 e 50°C.

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2.2.2 Misura della luminanza La misura della luminanza può essere effettuata o mediante misure dirette o mediante misure indirette (Figura n. 2.6), secondo che si paragonino tra loro due luminanze, oppure che il valore della luminanza venga dedotto analiticamente da formule che comportino la misura di altre grandezze (per esempio l'illuminamento). Nella categoria dei telefotometri ad apertura variabile, detti anche luminanzometri, lo strumento oggi maggiormente impiegato per scopi sia scientifici che industriali è lo Spectra Prichard Photometer (Figura n. 2.7), usato per le misure della luminanza stradale e per la caratterizzazione fotometrica dei manti stradali. Il luminanzometro descritto, di impiego molto versatile, consente di eseguire misure di luminanza locali, a distanza ravvicinata, anche su piccole superfici, qual'è ad esempio un tratto del filamento di una lampada ad incandescenza. Per questi scopi si utilizzano appropriate lenti addizionali da applicare sull'ottica dello strumento.L'operatore vede attraverso lo strumento la zona che comprende l'area di misura, con al centro un bollo nero più o meno grande a seconda dell'apertura selezionata; l'apertura in tal modo definisce esattamente la porzione di superficie entro la quale lo strumento valuta la luminanza media. Al diminuire del campo di apertura aumenta la sensibilità dello strumento.

Figura n. 2.6. Misura della Luminanza (rif. 7) Figura n. 2.7. Spectra Prichard

Photometer (rif. 4)

L’obiettivo di queste misure è quello di quantificare il grado di luminosità percepita dai soggetti durante lo svolgimento delle proprie attività, individuando le caratteristiche qualitative dell'ambiente legate alla direzionalità della luce ed alla possibile presenza di abbagliamento diretto e riflesso. Per ottenere questo risultato è essenziale che lo strumento venga posizionato in corrispondenza delle probabili posizioni degli occhi dell’osservatore, ripetendo per ognuna tante misure quanti sono gli elementi significativi in termini di luminanze che rientrano nel campo visivo. La rappresentazione grafica dei dati emergenti dalle misure è alquanto complessa in quanto alle 3 variabili spaziali, legate alla posizione dello strumento, si aggiungono i 2 angoli che definiscono la direzione di osservazione. Una possibile soluzione del problema è costituita dall'uso di una rappresentazione prospettica dello spazio, utilizzando come punto di osservazione volta per volta la posizione assunta dagli occhi dell’osservatore. Per caratterizzare l'ambiente luminoso bisogna dunque ricorrere ad un numero di diagrammi pari al numero dei punti di osservazione previsti. Inoltre la superficie apparente all'osservatore cambia di dimensioni al variare dell'angolo di osservazione a parità di dimensioni della superficie reale corrispondente, con conseguente variazione della luminanza percepita dall'osservatore.

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2.2.3 Misura delle caratteristiche di riflessione dei materiali La misura delle caratteristiche di riflessione dei materiali, a livello di fattore di riflessione e di modalità di riflessione nello spazio, serve per caratterizzare le cosiddette “sorgenti secondarie” e conseguentemente definire la distribuzione delle luminanze nel campo visivo ed affrontare i problemi di abbagliamento, nonché la quota parte dei flussi emessi che viene indirizzata verso la volta celeste. Attraverso la conoscenza di tali proprietà è possibile concettualmente passare in maniera biunivoca dai valori di illuminamento ai valori di luminanza, come avviene nelle normative relative all’illuminazione stradale.

Figura n. 2.8. Misura delle proprietà di riflessione spaziale di una superficie (gonioriflettometro) (rif. 6)

Figura n. 2.9. Curva di gonioriflettanza di una superficie per un determinato angolo di intensità incidente (rif. 6)

Nella figura seguente viene riportato un modello di gonioriflettometro utilizzato per caratterizzare le proprietà di riflessione delle vernici a livello industriale (misuratore di brillantezza). La misura di brillantezza dei materiali avviene secondo tre angoli di misurazione (20°, 60° e 85°), considerati rappresentativi del comportamento globale di riflessione, nel pieno rispetto delle norme ISO, ASTM, DIN, BS e JIS.

Figura n. 2.10. Gonioriflettometro (rif. 4)

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2.2.4 Misure del colore Per completezza di trattazione si riporta una breve descrizione dei metodi di misura delle caratteristiche cromatiche della luce proveniente direttamente dalle sorgenti o da superfici riflettenti, seppur non richiesti espressamente dalle normative sul contenimento dell’inquinamento luminoso. Si ricorda che il colore della luce (tonalità, ossia temperatura di colore, per la luce bianca) e la sua capacità di riprodurre fedelmente i colori degli oggetti (resa cromatica) è connesso allo spettro di radiazione nella gamma del visibile: allo stesso parametro è connessa anche l’efficienza energetica di una sorgente e quindi si può dire che le norme in oggetto, indirettamente, considerano gli aspetti spettrali. La misurazione del colore si effettua con il termocolorimetro, uno strumento fotoelettrico che consente di effettuare misure sulle sorgenti luminose e sulle superfici su cui la luce si riflette, secondo il sistema tricromatrico CIE (Figura n. 2.11). Si tratta della rappresentazione su un piano di uno stimolo di colore, dove sono indicate le aree dei tre colori fondamentali (rosso, verde, blu) e dei tre complementari (giallo, magenta, ciano). La curva a campana è ottenuta congiungendo i punti rappresentativi delle radiazioni monocromatiche da 380 a 780 nm. All’interno del diagramma cromatico CIE, in particolare nella zona del bianco, viene inserita la curva di Plank, o luogo del corpo nero (curva delle coordinate tricromatiche caratteristiche della radiazione emessa da un corpo nero a diverse temperature), che è intersecata dai segmenti (rette isoprossimali al colore) in modo tale che ogni punto di essi abbia la stessa temperatura di colore. Alla base del sistema c’è la constatazione sperimentale che dalla opportuna combinazione di tre fasci di luce colorata è possibile ottenere un infinito numero di colori del fascio risultante. I tre colori fondamentali sono chiamati “stimoli” e vengono contrassegnati dalle lettere maiuscole X,Y,Z, che indicano convenzionalmente il rosso, il verde ed il blu. Così, ogni colore viene specificato da tre numeri corrispondenti al valore quantitativo con cui le tre sorgenti assunte come primarie partecipano alla riproduzione di tale colore. Se le componenti tricromatiche X,Y,Z, vengono definite con rapporti adimensionali, come avviene sul pino CIE, prendono il nome di coordinate tricromatiche x,y,z. Le tre coordinate sono legate tra loro da una relazione analitica (x+y+z=1), pertanto è sufficiente la conoscenza di due (x, y, per convenzione), per poter risalire alla terza (z): è per questo motivo che è possibile avere una rappresentazione bidimensionale, sul piano CIE.

Figura n. 2.11. Diagramma del colore CIE

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Esistono vari tipi di termocolorimetro: 1. strumento che effettua misure sulla luce incidente sulla fotocellula da tutto il

semispazio superiore, che oltre a misure di illuminamento, fornisce i valori delle coordinate tricromatiche, ed attraverso il diagramma CIE, la definizione del colore e della tonalità;

2. strumento che effettua misure sulla luce emessa e/o riflessa da un elementino di una superificie, verso cui viene puntato (tipo luminanzometro), che oltre a misure di luminanza, fornisce i valori delle coordinate tricromatiche, ed attraverso il diagramma CIE, arriva alla definizione del colore e della tonalità;

3. strumento che effettua un’analisi spettrale completa della luce, da cui ricava i valori delle coordinate tricromatiche, ed attraverso il diagramma CIE, arriva alla definizione del colore e della tonalità (spettrofotometro se si limita al campo del visibile o spettroradiometro se si estende al campo degli ultravioletti e degli infrarossi).

Figura n. 2.12. Colorimetro di

tipo 1 (rif. 4) Figura n. 2.13. Colorimetro di

tipo 2 (rif. 4) Figura n. 2.14. Spettrofotometro

(rif. 4)

Avendo a disposizione gli spettri di emissione forniti dai costruttori delle lampade è possibile valutarne la resa cromatica da una semplice considerazione: il valore di Ra è proporzionale al livello di continuità che caratterizza il diagramma di emissione spettrale. Tanto maggiori sono le differenze di altezza dei rettangoli che rappresentano l’energia spettrale emessa nell’intorno delle singole lunghezze d’onda, tanto maggiori sono le distorsioni cromatiche che la lampada produce sugli oggetti illuminati. Analogamente è possibile valutare la tonalità della luce emessa: quanto più il baricentro di emissione si sposta a sinistra (Figura n.2.15), tanto più si alza la temperatura di colore e la luce assume una tonalità “fredda” (ricca si componenti cromatiche blu-viola); quanto più il baricentro di emissione spettrale si sposta a destra (Figura n.2.16), tanto più si abbassa la temperatura di colore e la luce assume una tonalità “calda” (ricca di componenti cromatiche rosse).

Figura n. 2.15. Spettro di emissione di una

lampada a scarica (rif. 1) Figura n. 2.16. Spettro di emissione di una lampada

ad incandescenza (rif. 1)

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3. IMPIANTI DI ILLUMINAZIONE OUTDOOR

3.1 Sorgenti luminose Le sorgenti di illuminazione possono essere classificate secondo lo schema riportato in Figura n. 3.1.

Figura n. 3.1. Classificazione delle sorgenti luminose

La distinzione fondamentale è sicuramente tra le lampade a incandescenza, nelle quali la luce viene prodotta per riscaldamento di un radiatore termico (filamento) e le lampade a scarica, nelle quali la luce viene prodotta attraverso una scarica di elettroni in un involucro pieno di gas. Le lampade per l’illuminazione pubblica devono possedere i seguenti requisiti rispetto ai parametri fondamentali: Efficienza luminosa. L’efficienza luminosa delle lampade a scarica è decisamente più elevata di quella delle lampade ad incandescenza, che restano perciò escluse dall’illuminazione stradale, salvo in casi particolari di illuminazione di opere d’arte, che richiedono una resa cromatica elevatissima. Vita utile. Il periodo di accensione dell’illuminazione pubblica è valutato pari a circa 4300 ore all’anno. In ogni caso è quindi sconsigliato l’impiego di lampade ad incandescenza, la cui vita è valutabile intorno alle 2000 ore. Alcuni tipi di lampade in atmosfera di xeno e sottoalimentate hanno una vita utile di oltre 20.000 ore, ma possono essere usate solo per l’illuminazione di monumenti a causa della ridotta efficienza luminosa. Resa dei colori. La possibilità di percepire i colori assicura un maggior livello di sicurezza. È quindi sconsigliabile l’impiego di lampade a vapore di sodio a bassa pressione, che emettono luce praticamente monocromatica. Parzializzazione del flusso. Possibilità di ridurre il flusso luminoso emesso dalle lampade, nelle ore di minor traffico o di minor presenza di pubblico, nel caso dell’illuminazione ornamentale.

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3.1.1 Lampade ad incandescenza Sono le più antiche ed ancora oggi le più diffuse e il loro successo nel tempo è dovuto ad un compromesso tra prezzo, vita media, resa cromatica ed efficienza specifica.Attualmente le lampade ad incandescenza possono dividersi in tre categorie: GLS, reflector ed alogene.

Figura n. 3.2. Spettro di emissione di una lampada ad incandescenza (rif. 8)

Lampade ad incandescenza GLS Le lampade GLS (General Lighting Service) sono il modello più comune delle lampade ad incandescenza. I pregi di queste lampade sono: l’ottima resa cromatica e il costo di acquisto assai modesto; inoltre sono facili da installare e sono disponibili in varie forme (a bulbo, a sfera, a fungo, paraboliche, a torciglione, ecc..). Tuttavia una loro caratteristica sfavorevole è il pericolo di abbagliamento, dovuto alla superficie ridotta di emissione; questo inconveniente può essere però ridotto utilizzando bulbi satinati.

Figura n. 3.3. Lampada ad incandescenza GLS, caratteristiche generali (rif. 9)

Lampade ad incandescenza con riflettore incorporato PAR Le caratteristiche tecniche sono analoghe a quelle delle lampade GLS con le quali condividono pregi e difetti: la presenza del riflettore ne permette l’utilizzo senza un’ottica esterna: i fasci disponibili sono di 12° e 30°.

Figura n. 3.4. Lampada con riflettore incorporato PAR, caratteristiche generali (rif. 9)

- POTENZA:15W-200W - EFFICIENZA LUMINOSA: 6-15 lm/W - DURATA:1.000 ore - RESA DEI COLORI: Ra=100 - TEMPERATURA DI COLORE: 2700° K - TEMPO DI ACCENSIONE: immediata - TEMPO DI RIACCENSIONE: immediata - APPARECCHIATURE AUSILIARIE: nessuna

- POTENZA: 25W-120W - EFFICIENZA LUMINOSA: 6-15 lm/W - DURATA: 1.000 ore - RESA DEI COLORI: Ra=100 - TEMPERATURA DI COLORE: T=2.700° K - TEMPO DI ACCENSIONE: immediata - TEMPO DI RIACCENSIONE: immediata - APPARECCHIATURE AUSILIARIE: nessuna

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Lampade ad incandescenza alogene In queste lampade al gas di riempimento (argon) è aggiunta una miscela di alogeni quali iodio, cloro, bromo. Tali sostanze, assieme ai gas inerti, consente l’instaurarsi di un ciclo rigenerativo del tungsteno, grazie al quale è possibile aumentare la temperatura sul filamento, con il vantaggio di spostare a sinistra il massimo dell’emissione e quindi avvicinarlo al campo del visibile (pur rimanendo sempre nel campo degli infrarossi) e parallelamente aumentare la vita utile della lampada. Spesso vengono vendute complete di ottica, che può essere una parabola riflettente o parzialmente trasparente alle lunghezze d’onda dell’infrarosso al fine di minimizzare il calore emesso in direzione dell’oggetto da illuminare: in tal caso si dicono “dicroiche”. L’ampiezza del fascio varia da 4° a 60°.

Figura n. 3.5. Lampade alogene, caratteristiche generali (rif. 9) Lampade ad incandescenza a bassa tensione Xenon Queste lampade, di piccola dimensione e potenza, vengono normalmente utilizzate in file continue, al fine di configurarsi come sorgenti lineari e poter essere impiegate per l’illuminazione di superfici, tipicamente facciate di edifici, in alternativa ai tubi fluorescenti. Il vantaggio rispetto a questi è costituito dall’indipendenza del funzionamento dalla temperatura, dall’altissima resa cromatica, dalla tonalità calda, particolarmente adatta per illuminare materiali da costruzione come il tufo, i mattoni e d in generale i materiali lapidei con colorazione gialla, marrone, rossa. L’emissione luminosa avviene in tutte le direzioni, evitando zone d’ombra. Le versioni con temperatura sul filamento limitata a 2.400-2.800 K raggiungono una durata di 20.000 ore, che ne permette l’uso in posizioni difficilmente raggiungibili per la manutenzione, come nel caso dell’illuminazione delle facciate. L’efficienza luminosa, estremamente inferiore a quella delle lampade a scarica ed il costo, ne limitano l’applicazione ad edifici di elevato valore storico-artistico.

Figura n. 3.6. Lampade allo Xenon, caratteristiche generali (rif. 10)

- POTENZA: 25W-120W - EFFICIENZA LUMINOSA: 10-21 lm/W - DURATA: 2.000-4.000 ore - RESA DEI COLORI: Ra=100 - TEMPERATURA DI COLORE: T=3.100° KEsiste un tipo particolare tra le dicroiche che arriva a 4000 k - TEMPO DI ACCENSIONE: immediata - TEMPO DI RIACCENSIONE: immediata - APPARECCHIATURE AUSILIARIE: nessuna, se alimentate a tensione di rete, trasformatore, se alimentate a 12 volt

- POTENZA: 3-10 W - EFFICIENZA LUMINOSA: 4-12 lm/W - DURATA: 1.000-20.000 ore - RESA DEI COLORI: Ra= 100 - TEMPERATURA DI COLORE: T=2.400°K-2.800° K - TEMPO DI ACCENSIONE: immediata - TEMPO DI RIACCENSIONE: immediata - APPARECCHIATURE AUSILIARIE: trasformatore

Lampada con riflettore in alluminio

Lampada dicroica

Spettro di emissione di una lampada alogena

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3.1.2 Lampade a scarica di gas

Le lampade a scarica di gas sono caratterizzate tutte dall’avere efficienze specifiche superiori alle normali lampade ad incandescenza. Anche la vita media è superiore rispetto a quella delle lampade ad incandescenza e varia da 5.000 a 35.000 ore a seconda del tipo di lampade. Per contro si può dire che generalmente queste sorgenti non rispondono altrettanto bene ai requisiti di resa cromatica. In particolare, mentre tutte le lampade fluorescenti hanno un buon indice di resa cromatica (85-95), le lampade al sodio a bassa pressione sono le più sfavorite sotto questo aspetto, non essendo praticamente possibile attribuire loro un indice Ra. Occorre però ricordare che mentre è sufficiente collegare alla rete le lampade ad incandescenza per farle funzionare, le lampade a scarica necessitano di un reattore in serie alla linea per stabilizzare la scarica, che presenta una resistenza elettrica negativa. Inoltre, è necessario un dispositivo di accensione per l’innesco della scarica. Reattore ed accenditore costituiscono i cosiddetti “ausiliari elettrici” che devono sempre essere presenti con le lampade a scarica. Le lampade a scarica si dividono in lampade a bassa e ad alta pressione: da notare che queste ultime richiedono un periodo di riscaldamento di qualche minuto e non possono essere riaccese immediatamente dopo essere state spente, salvo l’impiego di accenditori particolari, in quanto l’innesco della scarica è più difficile in presenza di pressioni elevate. Le prestazioni delle diverse tipologie di lampade sono molto articolate e solo la conoscenza di tutti i parametri e dei requisiti di progetto può portare ad una scelta corretta. Le uniche lampade che si può dire a priori essere superate sotto il profilo tecnologico e prestazionale sono le lampade al mercurio ad alta pressione, che vengono tuttavia riportate nelle schede seguenti, perché costituiscono una parte importante del parco lampade esistenti negli impianti di illuminazione pubblica. Le lampade al mercurio a bassa pressione, le cosiddette lampade fluorescenti, lineari o compatte, sono usatissime, ma soprattutto in ambienti interni a causa della variazione del loro funzionamento al variare delle condizioni di temperatura. In esterni, le lampade fluorescenti compatte sono molto usate nell’illuminazione da giardino. Anche le lampade a luce miscelata vengono usate sempre meno perché l’evoluzione della tecnologia delle lampade a scarica permette sempre di più di migliorarne le caratteristiche cromatiche, senza bisogno di ricorrere alla miscelazione con flussi prodotti da lampade ad incandescenza. Le lampade a induzione, infine, vengono usate solo quando il prolungamento della vita utile costituisce il requisito di prestazione preponderante.

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Lampade a vapori di sodio Bassa pressione: costruttivamente, sono analoghe ai tubi fluorescenti, salvo che non necessitano di rivestimento fluorescente in quanto la scarica nel vapore di sodio porta all’emissione di luce al centro dello spettro del visibile, sui toni dell’arancione, praticamente monocromatica. L’efficienza luminosa è elevata, fino a 200 lm/W, ma l’indice di resa dei colori pressoché nullo e la difficoltà di parzializzazione dei flussi ne fanno una lampada non consigliabile per l’illuminazione stradale, anche al di fuori dei centri urbani, perché non permette di distinguere i colori della segnaletica, che contengono essi stessi delle informazioni importanti (es. il rosso implica la presenza di pericolo).

Figura n. 3.7. Lampade a vapori di sodio – bassa pressione, caratteristiche generali (rif. 9)

Alta pressione: sono lampade che raggiungono elevati valori di efficienza specifica (150 lm/W) e di vita utile (anche oltre 20.000 ore), a condizione però di evitare sbalzi di tensione superiori al 5%. A seconda del tipo di lampada, l’indice di resa dei colori varia da 23 a 65, scendendo parallelamente con l’efficienza fino a 60 lm/W. Le dimensioni limitate e la possibilità di parzializzazione ne fanno la lampada ideale per l’illuminazione stradale.

Figura n. 3.8. Lampade a vapori di sodio – alta pressione, caratteristiche generali (rif. 9)

- POTENZA: 50W-1000W - EFFICIENZA LUMINOSA: fino a 150 lm/W - DURATA: 12.000 ore - RESA DEI COLORI: Ra= 23 - 65 - TEMPERATURA DI COLORE: T=1950°K - 2150°K - TEMPO DI ACCENSIONE: 5 minuti - TEMPO DI RIACCENSIONE: 5 minuti a lampada calda con uno speciale accenditore - APPARECCHIATURE AUSILIARIE: alimentatore, accenditore e condensatore di rifasamento

- POTENZA: 18W-400W - EFFICIENZA LUMINOSA: fino a 200 lm/W se alimentatore ibrido - DURATA: 35.000 ore - RESA DEI COLORI: Ra= quasi 0 - TEMPERATURA DI COLORE: T=2.000° K-2.500°K - TEMPO DI ACCENSIONE: 12 minuti - TEMPO DI RIACCENSIONE: 1-10 minuti a lampada calda con uno speciale accenditore - APPARECCHIATURE AUSILIARIE: alimentatore, accenditore e condensatore

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Alta pressione e resa cromatica migliorata (tipo White-Son): Queste lampade, confrontate con le lampade al sodio ad alta pressione standard, presentano una luce più bianca. Sono meno efficienti ma hanno una resa cromatica migliore e quindi possono essere usate nelle applicazioni di qualità in sostituzione delle lampade a ioduri metallici, soprattutto in presenza di materiali con colorazioni calde (es.: tufo, mattoni). Rispetto alle lampade a ioduri metallici hanno valori di potenza e di efficienza specifica inferiori, e quindi sono sconsigliabili quando servono flussi luminosi molto elevati. Insieme alle lampade a ioduri metallici ad elevatissima resa cromatica (tipo mastercolour) rappresentano le sorgenti più costose.

Figura n. 3.9. Lampade a vapori di sodio – resa cromatica migliorata, caratteristiche generali

(rif. 9)

- POTENZA: 35W-100W - EFFICIENZA LUMINOSA: 40-52 lm/W - DURATA: non dichiarata - RESA DEI COLORI: Ra= 83 - TEMPERATURA DI COLORE: T=2.500 K - TEMPO DI ACCENSIONE: 2 minuti - TEMPO DI RIACCENSIONE: 1 minuti a lampada calda con uno speciale accenditore - APPARECCHIATURE AUSILIARIE: alimentatore, accenditore, condensatore di rifasamento, dispositivo di controllo per compensare la loro particolare sensibilità alle alterazioni cromatiche dovute alle fluttuazioni della tensione di rete

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Lampade a ioduri (o alogenuri) metallici Alta pressione standard: emettono luce bianca con una buona resa dei colori, con un’efficienza luminosa di 80-95 lm/W. Rispetto alle lampade a vapore di sodio ad alta pressione presentano una vita più ridotta (6.000-9.000 ore) ed è difficile da parzializzare il flusso. Per questi motivi il loro impiego nell’illuminazione pubblica è di solito limitato ai monumenti ed alle aree dove la resa cromatica elevata e’ un requisito fondamentale

Figura n. 3.10. Lampade a ioduri metallici, caratteristiche generali (rif. 9)

Alta pressione e resa cromatica migliorata (tipo Master Color): emettono luce bianca di eccellente qualità (Ra=85 per tonalità a 3000°K e Ra=95 per tonalità a 4000°K), mantenendo inalterata la stabilità del colore, per tutta la durata di vita.

Figura n. 3.11. Lampade a ioduri metallici a resa cromatica migliorata, caratteristiche generali (rif.9)

- POTENZA: 35W-3500W - EFFICIENZA LUMINOSA: 80-95 lm/W - DURATA: 6.000-9.000ore - RESA DEI COLORI: Ra= 90 - TEMPERATURA DI COLORE: T=3000°-6000° K - TEMPO DI ACCENSIONE: 2 minuti - TEMPO DI RIACCENSIONE: 1 minuti a lampada calda con uno speciale accenditore - APPARECCHIATURE AUSILIARIE: alimentatore, accenditore e condensatore di rifasamento

- POTENZA: 70W - EFFICIENZA LUMINOSA: 82-92 lm/W- DURATA: > 12.000ore - RESA DEI COLORI: Ra= 83 - TEMPERATURA DI COLORE: T=2.800° K - TEMPO DI ACCENSIONE: 3 minuti - TEMPO DI RIACCENSIONE: 15 minuti - APPARECCHIATURE AUSILIARIE: alimentatore, accenditore e condensatore di rifasamento

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Lampade fluorescenti (mercurio a bassa pressione)

La scarica elettrica avviene in un tubo di vetro, con lunghezze da 13 cm a 150 cm e diametri tipicamente di 26 mm e 16 mm, di cui le seconde costituiscono l’evoluzione tecnologica delle prime. La scarica avviene a bassa pressione e porta all’emissione soprattutto di radiazione ultravioletta. Questa viene convertita in radiazione visibile tramite un rivestimento di opportune polveri fluorescenti all’interno del tubo di vetro. Il tipo di rivestimento influenza l’efficienza luminosa, il colore della luce e l’indice di resa dei colori, con valori che normalmente superano 80 (rivestimento trifosforo) e possono raggiungere 95 (rivestimento pentafosforo), ma attualmente solo nelle lampade di 26 mm di diametro. Il vantaggio dei tubi fluorescenti è la bassa temperatura della sorgente, l’accensione e la riaccensione immediata dopo lo spegnimento e l’ampia possibilità di parzializzazione tramite reattori elettronici, che permettono di operare con flussi luminosi pari anche solo all’1% del valore nominale. Esistono però numerosi svantaggi per le loro applicazioni in impianti outdoor, le grandi dimensioni, che rendono difficile costruire apparecchi di illuminazione che emettano la luce in direzioni preferenziali, e l’influenza della temperatura dell’aria. Questi tubi sono infatti realizzati soprattutto per l’illuminazione interna e sono quindi ottimizzati per una temperatura ambientale di 25°-35°C: la loro efficienza luminosa decresce rapidamente a temperature diverse. Inoltre si possono avere difficoltà di innesco della scarica con basse temperature esterne, superabili con l’impiego di reattori elettronici.

Figura n. 3.12. Lampade fluorescenti lineari, caratteristiche generali (rif. 9)

Figura n. 3.13. Lampade fluorescenti compatte, caratteristiche generali (rif. 9)

- POTENZA: 6W-80W - EFFICIENZA LUMINOSA: fino a 104 lm/W- DURATA: 10.000 ore, con alimentatori convenzionali > 18.000 ore, con alimentatori elettronici - RESA DEI COLORI: Ra= 98 - TEMPERATURA DI COLORE: T=2.700° K- 6.500°K - TEMPO DI ACCENSIONE: 0 minuti - TEMPO DI RIACCENSIONE: 0 minuti - APPARECCHIATURE AUSILIARIE: alimentatore, starter e condensatore; oppure

- POTENZA: 3W-23W - EFFICIENZA LUMINOSA: 60 lm/W - DURATA: 6.000-15.000 ore - RESA DEI COLORI: Ra> 80 - TEMPERATURA DI COLORE: T=2.700° K- 6.000°K - TEMPO DI ACCENSIONE: 0 minuti - TEMPO DI RIACCENSIONE: 0 minuti - APPARECCHIATURE AUSILIARIE: alimentatore, starter e condensatore; oppure

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Lampade a vapori di mercurio ad alta pressione Storicamente, sono le prime lampade a scarica a luce bianca e dimensioni ridotte e per questo motivo hanno avuto larga diffusione. Come per i tubi fluorescenti, anche in questo caso il bulbo fluorescente deve essere rivestito internamente con materiali fluorescenti. L’efficienza luminosa non è elevatissima (60 lm/W) e l’indice di resa dei colori è insufficiente per molte applicazioni (33-50). Tale tecnologia risulta superata grazie all’immissione sul mercato di altre lampade a luce bianca, principalmente gli ioduri metallici, che le surclassano sia sul piano dell’efficienza specifica, che sul piano della resa cromatica. Queste lampade vengono messe fuori norma dalle Leggi Regionali sull’Inquinamento Luminoso attraverso il limite minimo sul valore dell’efficienza luminosa.

Figura n. 3.14. Lampade ai vapori di mercurio ad alta pressione, caratteristiche generali (rif. 9)

- POTENZA: 50W-1000W - EFFICIENZA LUMINOSA: 32- 60 lm/W- DURATA: 10.000 ore - RESA DEI COLORI: Ra= 33-50 - TEMPERATURA DI COLORE: T=3000°- 4200° K - TEMPO DI ACCENSIONE: 5 minuti - TEMPO DI RIACCENSIONE: 10 minuti - APPARECCHIATURE AUSILIARIE: alimentatore, accenditore e condensatore di rifasamento

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Lampade ad induzione Il loro funzionamento si basa ancora sulla scarica in un gas, ma la ionizzazione non richiede la presenza di elettrodi. La caratteristica principale infatti è proprio la mancanza di elettrodi che condizionano normalmente la durata delle lampade a scarica tradizionali. Si possono ottenere così periodi di funzionamento valutabili fino a 60.000 ore. Questo tipo di lampada presenta una durata di circa 5 volte maggiore rispetto le altre lampade a scarica. Sono tuttavia costose e le grandi dimensioni ne rendono difficile l’integrazione con le ottiche.

Figura n. 3.15. Lampade ad induzione, caratteristiche generali (rif. 9)

- POTENZA: 55W-165W - EFFICIENZA LUMINOSA: 65- 70 lm/W - DURATA: 60.000 ore - RESA DEI COLORI: Ra= 80 - TEMPERATURA DI COLORE: T= non dichiarata - TEMPO DI ACCENSIONE: 0.1 secondi - TEMPO DI RIACCENSIONE: 0.1 secondi - APPARECCHIATURE AUSILIARIE: generatore, dispositivi di raffreddamento supplementari e conformi agli standard internazionali EMC

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Lampade al mercurio a luce miscelata Rappresentano una sintesi fra una lampada ad incandescenza di tipo tradizionale ed una lampada ai vapori di mercurio: sono infatti caratterizzate dalla presenza, all'interno del bulbo, di un filamento di tungsteno, che agisce da stabilizzatore di corrente; pertanto, esse operano senza l'ausilio di un reattore esterno. La presenza del filamento consente di ottenere, a discapito dell'efficienza luminosa, delle qualità cromatiche migliori; l'emissione è caratterizzata da una distribuzione più omogenea e costante, con squilibri meno sensibili fra le varie lunghezze d'onda, anche se la tonalità di luce complessiva risente dei picchi presenti. L'adozione di questo sistema misto consente di ottenere vantaggi anche in relazione ai tempi di accensione e riaccensione, che risultano immediati anche se, nel periodo iniziale, la luce proviene essenzialmente dal filamento incandescente.

Figura n. 3.16. Lampade ai vapori di mercurio a luce miscelata, caratteristiche generali (rif. 9)

- POTENZA: 100W-500W - EFFICIENZA LUMINOSA: 11- 28 lm/W - DURATA: non dichiarata - RESA DEI COLORI: Ra= 48-72 - TEMPERATURA DI COLORE: T=3200°- 4100° K - TEMPO DI ACCENSIONE: 5 minuti - TEMPO DI RIACCENSIONE: 10 minuti - APPARECCHIATURE AUSILIARIE: alimentatore, accenditore e condensatore di rifasamento

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3.1.3 LED

Sorgente a luminescenza costituita da dispositivi solidi detti Light Emitting Diode ( LED) Ancora in fase di miglioramento, hanno già raggiunto sia in termini di flusso emesso, che di resa cromatica, ottimi risultati,ma il loro punto di forza è la vita utile media, le dimensioni estremamente ridotte e la possibilità di produrre direttamente luce colorata. Previsioni commerciali e di enti metrologici indicano che lampade a LED, già attualmente realizzate, nei prossimi venti anni raggiungeranno le prestazioni delle attuali lampade ad incandescenza e fluorescenti. Queste potranno permettere una ottima resa cromatica associata ad una elevata efficienza luminosa (flusso luminoso/potenza elettrica assorbita). Tuttavia, non vi è ancora una definizione normativa chiara delle condizioni nelle quali le prestazioni dei LED devono essere valutate.

Figura 3.17. Applicazione dei LED in esterno

Figura n. 3.18. Alcune tipologie di LED in commercio (rif. 11)

Figura n. 3.19. Spettro di emissione dei LED bianchi e curva di visibilità dell’occhio umano

- POTENZA: fino a 1W - EFFICIENZA LUMINOSA: 30 lm/W - DURATA: fino a 100.000 ore (*) - RESA DEI COLORI: Ra= 80 - TEMPERATURA DI COLORE: T= non dichiarata - TEMPO DI ACCENSIONE: immediata - TEMPO DI RIACCENSIONE: immediata - APPARECCHIATURE AUSILIARIE: nessuna - RESISTENZA TERMICA : 200 K/W - TEMPERATURE di funzionamento : da -40°C a + 100°C (*) valore per i LED bianchi.

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3.2 Apparecchi di illuminazione Gli apparecchi di illuminazione hanno il compito di convogliare il flusso luminoso emesso da una o più lampade verso le zone da illuminare con le minori dispersioni possibili. Per gli scopi dell’illuminazione, specialmente per quanto riguarda quella stradale, gli apparecchi di illuminazione vengono considerati sorgenti di luce puntiformi e possono quindi essere caratterizzati dalla “ripartizione dell’intensità luminosa”, ossia dall’insieme dei vettori intensità luminosa emessi da un unico punto nelle diverse direzioni. Tali vettori definiscono nello spazio il cosiddetto solido fotometrico, la cui intersezione con alcuni piani di riferimento, normalmente trasversale, longitudinale, individua le curve fotometriche, normalmente fornite dai costruttori di apparecchi. Ogni progetto di illuminazione porta alla scelta delle ottiche, che dipende dai compiti visivi e dalla posizione di installazione degli apparecchi. Non deve essere mai consentito alcun intervento a posteriori sugli impianti che modifichino il solido di emissione, perché cambiano completamente le caratteristiche dell’impianto e le condizioni di sicurezza,specialmente nel caso dell’illuminazione stradale.

Figura n. 3.20. Solido fotometrico Figura n. 3.21. Curve fotometriche

Nel caso di apparecchi ad emissione simmetrica talvolta vengono forniti dai costruttori due dati in aggiunta o in sostituzione alle curve fotometriche: l’intensità massima sull’asse e l’apertura del fascio. In entrambi i casi le intensità vengono spesso fornite in cd/klm, ciò significa che il valore in candele deve essere moltiplicato per un fattore correttivo nel caso in cui il flusso emesso dalla lampada installata sia diverso da 1000 lm: si tratta di un artificio per utilizzare un unico diagramma per diverse lampade.

Figura n. 3.22. Relazione tra le curve fotometriche e l’angolo di apertura del fascio luminoso (rif. 8)

A titolo di esempio si riporta un elenco schematico di ottiche per l’illuminazione di superfici verticali (facciate) e di superfici orizzontali (strade), con i valori di illuminamento e la dimensione delle superfici illuminate per varie distanze di installazione.

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Figura n. 3.23. Ottiche e sorgenti luminose per l’illuminazione di facciate (rif. 12)

Figura n. 3.24. Ottiche e sorgenti luminose per l’illuminazione stradale (rif. 12)

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3.3 Regolatori di flusso luminoso La stabilizzazione della tensione di alimentazione di una lampada è estremamente importante per assicurarle una lunga vita ed andrebbe quindi adottato in tutti gli impianti di illuminazione. In realtà, praticamente tutti gli stabilizzatori si prestano alla parzializzazione di una lampada con modifiche limitate: nel seguito verranno quindi descritti sommariamente i così detti regolatori di flusso luminoso, che si basano tutti su una riduzione del valore efficace della tensione di alimentazione. Questa può avvenire mediante metodi diversi, che possono portare a prestazioni notevolmente diverse. La gestione dei regolatori è affidata a circuiti elettronici collegati sia a un sensore, ad esempio di luminanza o di traffico, sia ad un temporizzatore. Occorre tener presente che le lampade che maggiormente si prestano alla parzializzazione sono quelle a vapore di sodio ad alta pressione. Riducendo però il flusso luminoso emesso, diminuisce anche l’efficienza luminosa: non risulta quindi conveniente sovradimensionare le lampade se già si prevede di doverle parzializzare continuamente. Nel seguito vengono descritti per sommi capi i tipi di regolatori disponibili sul mercato.

Regolatori ad autotrasformatore a spazzole mobili. Sono costituiti da semplici autotrasformatori, dotati di un dispositivo elettromeccanico che sposta uno dei morsetti di uscita lungo la parte dell’avvolgimento che funge da secondario mediante una spazzola mobile comandata da un motore elettrico gestito da un dispositivo elettronico. Consentono una parzializzazione fino al 50% del flusso luminoso emesso.

Regolatori ad autotrasformatore a prese commutabili. Sono costituiti come i precedenti, ma dispongono di numerosi morsetti di uscita corrispondenti a tensioni di uscita diverse, che vengono commutate sul carico per mezzo di teleruttori o di interruttori elettronici. Le prestazioni sono simili al tipo precedente, ma con affidabilità di solito migliore per la mancanza di parti in movimento.

Regolatori a booster. Sono costituiti da un trasformatore (booster) il cui secondario è in serie al carico, mentre sul primario può venire “iniettata” una tensione in fase o in opposizione per regolare la tensione di uscita tramite un dispositivo elettronico e prese multiple. Le prestazioni sono simili al tipo precedente, con minori dimensioni del trasformatore che gestisce solo una parte della potenza di uscita.

Regolatori a taglio di fase. Mediante diodi controllati si taglia la parte iniziale della forma d’onda della corrente in uscita, riducendo il valore efficace della tensione di uscita. Prestazioni simili ai casi precedenti, ma con dimensioni minori e maggiore affidabilità. Per contro, si generano armoniche di cui occorre verificare la compatibilità con la rete di alimentazione.

Regolatori a taglio di fase simmetrica. La forma d’onda della corrente in uscita viene tagliata in modo simmetrico, mantenendo il valore massimo della tensione di uscita. In questo modo si consente l’innesco della scarica anche con valori efficaci della tensione di alimentazione molto bassi. La regolazione può giungere fino al 10% del flusso luminoso nominale per una lampada a vapore di sodio ad alta pressione.

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3.4 Impianti di illuminazione I componenti descritti nei paragrafi precedenti, insieme ad altri non analizzati approfonditamente, quali i sostegni e la componentistica elettrica in genere, concorrono alla definizione degli impianti di illuminazione pubblica e privata. L’illuminazione pubblica ha lo scopo di garantire la sicurezza nelle città nelle ore notturne, sia a livello di sicurezza stradale che di difesa dagli atti criminosi, nonché di permettere la fruizione del contesto urbano per tutti i cittadini ed i turisti, concetto che comprende la valorizzazione dei beni architettonici, artistici, culturali e naturali. Tali obiettivi primari devono essere perseguiti con modalità che ottimizzino il controllo dei flussi luminosi dispersi verso l‘alto ed al contenimento dei consumi energetici. In relazione alle finalità per cui vengono costruiti, la norma UNI 10819 divide gli impianti di illuminazione in 5 categorie come indicato dalla Figura n. 3.25.

Tipo Descrizione A Impianti dove la sicurezza ha carattere prioritario (esempio illuminazione

stradale) B Impianti sportivi, commerciali, ricreativi, parchi e giardini C Impianti di interesse ambientale e monumentale D Impianti pubblicitari illuminati E Impianti a carattere temporaneo (esempio luminarie natalizie)

Figura n. 3.25. Classificazione degli impianti di illuminazione secondo la norma UNI 10819

All’interno delle Leggi Regionali la classificazione degli impianti viene riportata solo in maniera indiretta quando si parla di limitazione del flusso emesso verso l’alto (Tabella n. 4.6)

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3.4.1 Impianti di tipo stradale L’illuminazione stradale ha lo scopo di garantire la sicurezza nelle ore notturne per tutti gli utenti della strada con un sufficiente comfort visivo e nel rispetto delle esigenze energetiche ed ambientali. Così deve rendere visibili per i conducenti degli autoveicoli gli eventuali ostacoli sulla strada e quanto presente anche oltre i limiti della stessa (marciapiedi, edifici, ecc.), limitando l’abbagliamento a valori che non compromettano la sicurezza. Inoltre, l’illuminazione stradale deve consentire il flusso regolare dei pedoni ai lati della strada, consentendo il riconoscimento dei tratti personali di chi si incontra, sia per scoraggiare azioni criminose, sia come ausilio psicologico alla sicurezza. La norma nazionale UNI 10439, aggiornata nel luglio 2001, riguarda le sole strade con traffico veicolare, ossia quelle definite dal Codice della strada e dal DM LLPP 12 aprile 1995 “Direttive per la redazione, adozione ed attuazione dei piani urbani del traffico”. Si tratta di 11 tipi di strada, suddivisi secondo classi da A a F, a ciascuno dei quali la norma attribuisce una categoria illuminotecnica, da 6 per le strade di grande traffico a 2 per quelle di minore importanza. Per ciascuna categoria, la norma assegna i valori minimi della luminanza media mantenuta sul piano stradale, della uniformità globale e longitudinale, nonché il valore massimo dell’indice di abbagliamento debilitante TI. La disuniformità dei valori di luminanza è particolarmente rischiosa perché crea delle zone d’ombra, in cui è più difficile scorgere la presenza di eventuali ostacoli, che in condizioni normali vengono percepiti come oggetti scuri su fondo chiaro, come si può vedere nella Figura n. 3.26.

Figura n. 3.26. Illuminazione e sicurezza stradale (rif. 3)

L’ottimizzazione dei costi di installazione e di gestione richiede di distanziare i pali quanto più possibile e di ridurre la potenza complessiva assorbita dalle lampade dell’impianto. Per ottenere un simile risultato non si può adottare la finestra piana di chiusura, ma occorre impiegare apparecchi con chiusura a coppa, liscia o prismata: infatti, con tali angoli di incidenza il vetro piano riflette verso l’interno dell’apparecchio anche il 40% del flusso luminoso che riceve, riducendo il flusso luminoso emesso ed in conseguenza il rendimento dell’apparecchio di illuminazione, surriscaldando la lampada

A

B

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e riducendone la vita utile. La sostituzione di vetri a coppa con vetri piani in impianti esistenti può portare dalle condizioni di visione B alle condizioni di visione A. La norma specifica che le prescrizioni sono valide “con il flusso orario di traffico riferito al valore massimo previsto” per ogni classe di strada. Dato però che in orari particolari durante la notte il flusso di traffico può diminuire, la norma prevede che i livelli di illuminazione possano scendere fino al 50% di quelli prescritti quando il flusso di traffico si riduca a meno del 25% del valore massimo, a condizione naturalmente che non ne derivi una riduzione del livello di sicurezza per gli utenti della strada. La norma UNI 10439 contiene anche le procedure di misura e di calcolo delle grandezze fotometriche, nonché le prescrizioni sugli strumenti di misura, con indicazioni chiare e dettagliate per chi opera in questi settori. A questo proposito è bene notare che i rivestimenti stradali non sono materiali diffondenti. Essi si comportano come riflettori speculari se illuminati in direzione radente e l’illuminotecnica utilizza questa proprietà per ottimizzare gli impianti di illuminazione riducendo i consumi energetici: la UNI 10439 assegna le caratteristiche di due tipologie di rivestimenti stradali, di cui una è quella tipica degli asfalti delle strade. A livello europeo, i Comitati tecnici del CEN 169 “Luce e illuminazione” e 226 “Equipaggiamenti stradali” hanno congiuntamente preparato la norma 12301 “Illuminazione stradale” comprendente tutti i casi di illuminazione urbana, per la quale è in corso la procedura di voto finale. Questa norma, che si basa sulla pubblicazione CIE 115, in corso di aggiornamento, sarà tradotta dall’UNI e potrebbe così sostituire la 10439: le prescrizioni sull’illuminazione delle strade con traffico veicolare non subiranno però mutamenti sostanziali, per cui il riferimento alla UNI 10439 risulta comunque valido. La nuova norma conterrà invece le indicazioni per gli altri tipi di strada, tra cui quelle pedonali, a cui si fa riferimento nel seguito per tutto quanto non di pertinenza della norma UNI 10439. Da notare che la nuova norma adotterebbe prescrizioni anche sul valore minimo dell’illuminamento verticale nelle zone pedonali, in modo da permettere il riconoscimento dei tratti personali come detto più sopra. A titolo di esempio si riportano tre tipologie ricorrenti di impianti di illuminazione stradale, a cui si aggiunge senz’altro la tipologia a doppio apparecchio in disposizione laterale.

Figura n. 3.27. Singolo apparecchio

disposizione centrale (rif. 3)

Figura n. 3.28. Singolo apparecchio

disposizione laterale (rif. 3)

Figura n. 3.29. Doppio apparecchio

disposizione centrale (rif. 3)

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3.4.2 Impianti ornamentali e di arredo urbano L’illuminazione decorativa ha caratteristiche differenziate da luogo a luogo, che non possono essere riassunte in semplici prescrizioni normative. Indicazioni progettuali possono essere contenute nel Piano Regolatore dell’Illuminazione Comunale (PRIC); in caso di Comuni sprovvisti di questo strumento, i progetti di illuminazione di edifici, luoghi e monumenti tutelati dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali devono essere approvati dalle Soprintendenze di competenza. Enti, Società e singoli cittadini che intendono illuminare edifici di loro proprietà, compatibilmente ai limiti imposti dalle Leggi Regionali sull’I.L. dovrebbero ottenere l’autorizzazione sul progetto dall’Ufficio Tecnico Comunale, anche se gli impianti non sono alimentati dalla rete di illuminazione pubblica, al fine di non alterare l’equilibrio delle luminanze previste per l’ambiente in cui sono ubicati. Tali impianti comprendono le categorie B e C della classificazione UNI.

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4. CONTROLLO DEI FLUSSI LUMINOSI DISPERSI 4.1 Introduzione Nelle aree dove non esistono le leggi regionali, la norma di riferimento è la UNI 10819/99 “Limitazione del flusso luminoso emesso verso il cielo”. Tale norma definisce l’inquinamento luminoso come “ogni forma di irradiazione di luce artificiale al di fuori della aree a cui essa è funzionalmente dedicata ed in particolare modo verso la volta celeste” (art. 2, comma 1). Viene inoltre definito l’inquinamento ottico come “qualsiasi illuminamento diretto prodotto dagli impianti di illuminazione su oggetti e soggetti che non è necessario illuminare” (art. 1, comma 2). Effetti indesiderati dell’illuminazione pubblica sono provocati dal flusso luminoso riflesso dalle superfici illuminate (strade, edifici, vegetazione, ecc.) e da quello emesso dagli apparecchi di illuminazione verso zone indesiderate (luce spuria). Ciò può arrecare fastidio ai cittadini e generare una luminanza artificiale del cielo che si somma a quella naturale, con una conseguente riduzione della visibilità dei corpi celesti. Qui di seguito, sono proposte due immagini in notturna dal satellite. Nella prima, una porzione della Terra, dove sono riconoscibili, attraverso l’osservazione della concentrazione delle sorgenti luminose, i paesi con maggiore densità di popolazione e maggior tasso di urbanizzazione; a seguire una mappa della penisola italiana, dove la stessa analisi della distribuzione luminosa rende riconoscibile, come unica zona sostanzialmente esente dalla presenza di sorgenti luminose la dorsale appenninica, e le zone interne della Sardegna e della Sicilia.

Figura n. 4.1. La Terra vista dal satellite (rif. 13) Figura n. 4.2. L’Italia dal satellite (rif. 14) Le due immagini che seguono, sono parte di una ricerca per comprendere gli effetti dell’inquinamento luminoso e la possibilità di verificare la luminanza a distanza, effettuata dall’ing. Paolo Soardo, dell’Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris di Torino. Trattasi di una veduta notturna a falsi colori di Torino da una collina a 15 km. di distanza attraverso un multiluminanzometro: sono visibili solo un migliaio di apparecchi di illuminazione su circa 67.000. La luminanza misurata di 0,28 cd/m2 è praticamente uguale a quella calcolata (0,27 cd/m2) in base al modello che prevede gli apparecchi nascosti nelle cavità costituite dagli edifici. Il valore medio della luminanza nell’area in rosso è estremamente inferiore a quello di un solo palo stradale installato sulla collina da cui avviene l’osservazione. Questo implica che lo spegnimento di un apparecchio di illuminazione in prossimità dell’ipotetico sito d’osservazione sarebbe più efficace dello spegnimento degli impianti di tutta la città, al fine di migliorare le condizioni di osservazione delle stelle.

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Figura n. 4.3. Sopra, Torino vista da una collina a 15 km di distanza; accanto, analisi della stessa vista panoramica con rappresentazione in false color delle luminanze (rif. 17) Va precisato che il livello di luminanza dipende dalla distanza e dalle condizioni atmosferiche.La possibilità di quantificare il numero di stelle visibili dipende da un parametro, la magnitudo, funzione sia della luminosità che della distanza della terra. Ad una magnitudo bassa corrisponde una buona visibilità, il sole infatti ha magnitudo - 26,8, la stella polare ha una magnitudo di 2,1 mentre le stelle più piccole visibili ad occhio nudo hanno una magnitudo pari a 7. Le due immagini seguenti, proposte dall’ente americano Dark Sky Association, dimostrano in modo chiaro gli effetti dell’inquinamento luminoso sulla visibilità del cielo stellato. E’ opportuno evidenziare, tuttavia, che l’ambiente urbano è caratterizzato da attività umane che richiedono adeguati livelli di illuminamento e quindi le condizioni di black-out costituiscono una situazione ideale, che nulla ha a che vedere con le condizioni di vita nella città. L’obiettivo di un buon progetto di illuminazione è quello di garantire una situazione intermedia tra i due casi limite illustrati, nel rispetto di tutte le esigenze del cittadino, tra cui il contenimento dell’inquinamento luminoso.

Figura n. 4.4. Goodwood, Ontario, 14 Agosto 2003 (rif. 15)

L’andamento del fenomeno dell’inquinamento luminoso nel tempo dipende dalla crescita demografica, dai fenomeni di urbanizzazione e dalla crescita del livello di benessere, che sposta verso l’alto gli standard illuminotecnici. La compresenza di queste

Condizioni di black-out Condizioni

normali Condizioni di black-out

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variabili conferisce al trend di crescita un andamento che si avvicina all’esponenziale, come illustrato in fig. 4.1.4. In prospettiva, con l’applicazione delle Leggi Regionali è presumibile che la pendenza di crescita diminuisca sensibilmente.

Figura n. 4.5. Andamento della brillanza artificiale nel cielo notturno presso l’Osservatorio

Astronomico di Asiago ,dal 1960 al 2000 (rif. 14)

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4.2 Finalità ed ambito di applicazione degli strumenti normativi Le normative in tema di riduzione e prevenzione dell’inquinamento luminoso, hanno per obiettivo la valorizzazione del cielo notturno come bene ambientale, nonché del contenimento dei consumi energetici connessi all’uso di impianti di illuminazione esterna di qualsiasi tipo, anche a carattere pubblicitario, sia pubblici che privati. Le normative riguardano tutti gli impianti di illuminazione esterna ad eccezione di impianti:

installati in gallerie, sottopassi, porticati e tettoie in grado di schermare totalmente l’emissione di luce verso l’emisfero superiore;

impianti di illuminazione connessi al traffico aereo, navale e ferroviario previsti dalle convenzioni nazionali e internazionali in materia;

impianti siti in comuni in cui risultino vigenti Regolamenti con parametri più restrittivi rispetto alle presenti disposizioni per quanto riguarda le prescrizioni relative al flusso luminoso emesso verso l’alto;

impianti di illuminazione, a carattere temporaneo, utilizzati nel corso di feste o ricorrenze particolari, salvo i fasci luminosi, di cui all’articolo 4 lettera n) del presente regolamento, comunque vietati.

La finalità resta quindi quella di contenere le emissioni del flusso luminoso affinché non si verifichi inquinamento luminoso nella volta celeste, sia per non ostacolare gli studi del cielo da parte degli astronomi e degli astrofili sia per non snaturare la vista notturna con le sue valenze socio-culturali. Riguardo alla prima esigenza le Leggi Regionali obbligano ad individuare gli osservatori astronomici accreditati, che necessitano una particolare tutela. Riguardo al livello di applicazione degli strumenti normativi alcune Leggi Regionali individuano delle soglie sulle dimensioni, in termine di flusso emesso, degli impianti, al di sotto delle quali sono previste notevoli semplificazioni, con particolare riferimento agli adempimenti formali previsti (progetto, dichiarazioni di conformità, collaudo, piano di manutenzione). Al fine di evidenziare le peculiarità delle singole Leggi Regionali sull’argomento, si riporta la tabella seguente (Tabella n. 4.1).

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Le Leggi Regionali sull’Inquinamento Luminoso non si applicano a:

Veneto: installazioni, impianti e strutture pubbliche, civili e militari, la cui progettazione, realizzazione e gestione sia già regolata da specifiche norme statali; impianti privati di illuminazione esterna, costituiti da non più di dieci sorgenti luminose con un flusso luminoso per ciascuna sorgente non superiore a 1.500 lumen Valle d’Aosta: impianti di entità modesta fino a cinque centri luminosi, in ciascuno dei quali le sorgenti di luce non emettano un flusso luminoso maggiore di 1.200 lumen; forze armate, corpi armati dello Stato, Corpo Forestale Valdostano, Protezione Civile, servizi antincendio, strutture aeroportuali, interventi di soccorso, gallerie e sottopassi, alla segnaletica luminosa di sicurezza; impianti per manifestazioni all’aperto con carattere di temporaneità e provvisorietà, cantieri di lavoro, illuminazione di monumenti, edifici o siti monumentali tutelati dalla normativa in materia di beni culturali e gli impianti sportivi Toscana: installazioni, impianti e strutture pubbliche, civili e militari, la cui progettazione, realizzazione e gestione sia già regolata da specifiche norme statali; impianti privati di illuminazione esterna, costituiti da non piu’ di dieci sorgenti luminose con un flusso luminoso, per ciascuna sorgente, non superiore a 1.500 lumen Piemonte: sorgenti di luce già strutturalmente protette: porticati, logge, gallerie e in generale quelle installazioni che per loro posizionamento non possono diffondere luce verso l’alto; sorgenti di luce non a funzionamento continuo che non risultino comunque attive oltre due ore dal tramonto del sole; impianti che impiegano piu’ sorgenti luminose complessivamente non superiori a 25.000 lumen; impianti di uso saltuario od eccezionale, perché destinati ad impieghi di protezione, sicurezza o per interventi di emergenza; impianti destinati all’illuminazione di monumenti, edifici e siti monumentali tutelati dalla normativa in materia di beni culturali e gli impianti sportivi Lombardia: sorgenti luminose internalizzate (sorgenti interne agli edifici, nei sottopassaggi, nelle gallerie e strutture simili che possono schermare le dispersioni della luce verso l’alto) e quindi non inquinanti; sorgenti con emissione non superiore ai 1.500 lumen cadauna in impianti di modesta entità (fino a tre centri con singolo punto luce); sorgenti di uso temporaneo che vengano spente entro le ore 20 nel periodo di ora solare e entro le ore 22 nel periodo di ora legale Basilicata: fasci di luce per la sicurezza aerea, marittima e quelli degli Enti Militari Lazio: impianti installati in gallerie, sottopassi, porticati e tettoie in grado di schermare totalmente l’emissione di luce verso l’emisfero superiore; impianti di illuminazione, a carattere temporaneo, utilizzati in occasione di pubblica rilevanza e per conto di istituzioni pubbliche, civili e religiose Marche: fari costieri, delle carceri, delle caserme, degli impianti sportivi soggetti ad illuminazione temporanea e per la sicurezza del traffico aereo negli aeroporti; sorgenti di luce internalizzata e quindi non inquinanti, per quelle con emissione non superiore a 1.500 lumen cadauna (fino a un massimo di tre centri con singolo punto luce); per quelle a uso temporaneo che vengano spente normalmente entro le ore 20 nel periodo di ora solare ed entro le 22 nel periodo di ora legale; quelle di cui sia prevista la sostituzione entro quattro anni dalla data di entrata in vigore della presente legge; illuminazione di monumenti e di edifici di particolare e comprovato valore artistico Campania: impianti di porti, aeroporti, strutture militari e civili, limitatamente agli impianti e ai dispositivi di segnalazione strettamente necessari a garantire la sicurezza della navigazione marittima ed aerea; impianti sotto tettoie, portici, sottopassi, gallerie e strutture similari con effetto schermante; strutture in cui sono esercitate attività di ordine pubblico ed all’amministrazione della giustizia limitatamente agli impianti necessari a garantire la sicurezza; impianti all’aperto o itineranti con carattere di temporalità e provvisorietà che hanno ottenuto autorizzazioni, per un limite massimo di 3 giorni al mese per ciascun Comune interessato; gli impianti con massimo 7 punti luce e con emissione non superiore a 1.200 lumen per punto purchè il flusso diretto non ecceda il 20% di quello nominale prodotto dalle lampade Emilia Romagna: sorgenti interne ed internalizzate; impianti con emissione complessiva al di sopra del piano dell’orizzonte non superiore ai 2.250 lumen, costituiti da sorgenti di luce con flusso totale emesso in ogni direzione non superiore a 1.500 lumen cadauna; sorgenti di uso temporaneo che vengono spente entro le ore 20 nel periodo di ora solare ed entro le ore 22 nel periodo di ora legale; per gli impianti di modesta entità

Tabella n. 4.1. Quadro sinottico delle deroghe per ciascuna Regione (*) si intende per centro luminoso il complesso costituito dall’apparecchio di illuminazione, dalle lampade in esso installate e dagli eventuali ausiliari elettrici, anche se non incorporati

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4.3 Classificazione del territorio La norma UNI 10819 limita il valore del rapporto di emissione superiore in modo differenziato per tre zone, di forma circolare con raggio definito intorno ai punti di particolare sensibilità agli effetti del flusso luminoso diretto verso l’alto. Il territorio nazionale dovrà essere suddiviso secondo le zone della norma (Tabella n. 4.2) dalle autorità competenti, ovvero le Regioni.

Zona Descrizione Raggio [km]

1 Zona altamente protetta ad illuminazione limitata (esempio: osservatori astronomici di rilevanza internazionale).

5

2 Zona protetta intorno alla zona 1 o intorno ad osservatori a carattere nazionale e/o di importanza divulgativa.

5 - 25

3 Territorio non classificato nelle zone 1 e 2

Tabella n. 4.2. Classificazione delle zone secondo la norma UNI 10189

Il documento ispiratore della UNI 10819 è la pubblicazione CIE 126. La CIE ha previsto la divisione del territorio in 4 zone da proteggere in maniera diversa dal fenomeno dell’inquinamento luminoso, elencate nella Tabella n. 4.3. A questa suddivisione si è attenuta la norma UNI 10819, riducendo a 3 le zone, in quanto detta norma non si occupa di parchi nazionali. Relativamente alla percentuale del flusso luminoso emesso verso l’alto dagli impianti di illuminazione, va ricordato che la CIE si riferisce ai singoli impianti mentre l’UNI riguarda il valor medio di detto parametro per ogni area urbana considerata globalmente, ed è pertanto corretto che i valori di R siano più piccoli per la norma UNI rispetto alla CIE. Le due prescrizioni sono equivalenti: a favore della norma UNI va la maggior flessibilità concessa alle Amministrazioni competenti. L’indicazione Rn = 0 per la zona E1 della CIE è compatibile solo con l’assenza di illuminazione, tipica dei parchi nazionali. Nelle immediate vicinanze di un osservatorio la eventuale luce indirizzata verso il telescopio può essere di maggior disturbo di quella diffusa dal tessuto urbano: ciò porta all’adozione della zona UNI 1, nella consapevolezza di maggiori costi di installazione e di gestione ed a condizione che gli insediamenti urbani non emettano un flusso luminoso di entità tale da pregiudicare comunque oltre i 5 Km le osservazioni astronomiche.

Prescrizioni Descrizione Osservazioni Zone Rn [%]

CIE UNI CIE UNI E1 - 0 - Parchi nazionali Non contemplati dalla norma UNI 10819 E2 1 5 1 Osservatori

internazionali Raggio UNI: 5 km

Riduzione della luce emessa dagli apparecchi di illuminazione anche a spese di maggiori costi di installazione e di gestione

E3 2 15 5 Osservatori nazionali Raggio UNI: 5-25 km

Ottimizzazione dei consumi di energia e ridotta illuminazione decorativa

E4 3 25 10 Resto del territorio Fruibilità del territorio urbano in condizioni notturne con costi ottimizzati

Tabella n. 4.3. Confronto tra la pubblicazione CIE 126 e la norma UNI 10189

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Le Leggi Regionali sull’Inquinamento Luminoso contengono disposizioni per la salvaguardia di siti di particolare interesse culturale (parchi o altri luoghi all’aperto, dove il visitatore, lontano dalle luci artificiali della città, può osservare la volta celeste a occhio nudo o con telescopi mobili). Alcune Leggi assegnano agli Osservatori un ruolo attivo nella lotta contro l’Inquinamento Luminoso che si può tradurre in un ruolo divulgativo, ma anche di controllo sugli impianti installati.

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Elenco siti da proteggere

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Misure minime di protezione degli Osservatori Astronomici

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No

Ruolo attivo degli Osservatori Astronomici

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No

Tabella n. 4.4. Disposizioni per zone protette

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E

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Osservatori astronomici professionali

Km 25

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Km 25

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Osservatori astronomici NON professionali

Km 10

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Km 10

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Km 1

Km 25 Km 15 Km 10

Km 10

Km 2 (U)

Km 10

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Siti di osservazione

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-

-

-

Si

Km 1

-

Km 5

Km 2

-

Tabella n. 4.5. Fascia di rispetto per la tutela dei centri astronomici (I) per gli osservatori di importanza internazionale (U) nei centri urbani

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38

4.4 Caratteristiche emissive delle lampade ed aspetti energetici L’efficienza luminosa, definita dal rapporto fra flusso luminoso emesso (lumen) e potenza elettrica assorbita (Watt ), è un parametro molto importante nella scelta delle sorgenti. I dati di confronto fra le diverse sorgenti mostrano come l’efficienza luminosa delle lampade al sodio e agli alogenuri metallici sia più elevata, addirittura doppia, delle lampade al mercurio, cioè a parità di lumen emessi lampade al sodio e alogenuri metallici consumano metà dell’energia. L'efficienza luminosa delle lampade rispetto ai 683 lm/W teorici è ridotta; le lampade al sodio a bassa pressione raggiungono i 180 lumen/W, ad alta pressione 140 lumen/W con un media di 100 - 110 lm/W, gli alogenuri metallici raggiungono i 90 lm/W, le lampade al mercurio i 50 lm/W. La maggiorparte delle Leggi Regionali indica in 90 lm/W l’efficienza minima richiesta per le lampade, ad eccezione della Regione Lazio che indica tale efficienza per gli impianti stradali con armatura stradale e impianti di qualsiasi tipo con proiettori e torri-faro, con ottiche simmetriche e asimmetriche, mentre scende a 60 lm/W l’efficienza per impianti a carattere ornamentale e di arredo urbano con lanterne, lampare o corpi illuminanti similari dotati di ottica interna e impianti ornamentali e di arredo urbano con ottiche aperte di altro tipo. La Regione Campania poi, distingue il limite di efficienza luminosa secondo le sorgenti chiedendo 100 lm/W per le lampade al sodio e 90 lm/W per le restanti tipologie. Tuttavia, nel Regolamento di Attuazione della Regione Lazio, in corso di approvazione, è stato proposto di portare il limite minimo dell’efficienza luminosa a 85 lm/W, per consentire l’impiego di lampade agli ioduri metallici ad alta resa cromatica (tipo Master Color) da 70W oltre a quelle da 150W, ovvero poter utilizzare lampade di potenza inferiore, quando sufficienti, evitando il sovradimensionamento dei flussi installati, a tutto vantaggio del risparmio energetico, e del contenimento dell’Inquinamento Luminoso.

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4.5 Flusso emesso verso l’alto dagli apparecchi di illuminazione Le Leggi Regionali prescrivono che tutti gli impianti di illuminazione esterna di nuova realizzazione o in ristrutturazione, dovranno essere adeguati alle norme tecniche dell’Ente Italiano di Normalizzazione (UNI) e del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI) che definiscono i criteri di qualità dell’illuminazione stradale e delle aree esterne in generale, per le limitazione dell’inquinamento luminoso. Le Giunte regionali, possono individuare ulteriori criteri tecnici da osservare per le nuove installazioni e l’adeguamento di quelle esistenti, nonché gli impianti da sottoporre a collaudo. Le limitazioni sul flusso luminoso emesse verso l’alto possono essere imposte direttamente sui valori di flusso emesso nell’emisfero superiore (Figura n. 4.7) oppure attraverso il controllo della distribuzione dei vettori intensità (Figura n. 4.6). Tutte le Leggi Regionali fanno riferimento al metodo di verifica sulle intensità, mentre la norma UNI li descrive entrambi. E’ evidente che il metodo basato sul flusso è quello più direttamente connesso con il fenomeno dell’inquinamento luminoso, tuttavia il metodo sulle intensità è di più facile utilizzo, perché i dati necessari sono disponibili direttamente attraverso la lettura delle curve fotometriche fornite dai costruttori.

Figura n. 4.6 . Visualizzazione del flusso

disperso attraverso la distribuzione di I

Figura n. 4.7. Visualizzazione del flusso emesso verso l’emisfero inferiore/superiore: area

campita (rif. 16)

A titolo di esempio si riporta la fotografia di due apparecchi utilizzati per l’illuminazione di giardini o aree urbane: il primo non prevede il controllo del flusso emesso verso l’alto, mentre il secondo è conforme ai parametri contenuti nelle Leggi Regionali.

Figura n. 4.8. Globo, apparecchio con emissione non controllata

Figura n. 4.9. Apparecchio con alette interne ed esterne per il controllo del flusso luminoso

Nella pagina seguente si riporta una scheda relativa al metodo di controllo sui flussi, che si esprime attraverso il Rapporto Medio di Emissione Superiore, completa di classificazione delle tipologie di apparecchi più diffuse, secondo tale metodo.

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40

Rapporto medio di emissione superiore Il coefficiente è definito come il rapporto fra la sommatoria dei flussi luminosi dispersi dei singoli corpi illuminanti e la sommatoria dei flussi luminosi emessi:

Rn% = ( S(i:n) F / S(i:n) Fit ) / 100 dove n è il numero dei corpi illuminanti, Fi il flusso disperso dal singolo corpo, Fit il flusso emesso dal singolo corpo. Il coefficiente medio di emissione superiore è importantissimo riguardo alla caratteristiche inquinanti dell'apparecchio illuminante: tanto è più elevato tanto maggiore è l'energia luminosa dispersa verso l'emisfero superiore. I valori medi stimati di R% sono: - globi luminosi rivolti verso l'alto: 40 - 50%; - globi luminosi con alette rivolti verso l'alto: 15 - 20%; - globi luminosi rivolti verso terra: 20 - 30%; - globi luminosi con alette rivolti verso terra: 10 - 15%; - globi luminosi schermati: 3 -5%; - lanterne con vetro superiore e lampada in evidenza: 20 - 30%; - lanterne con lampada in evidenza: 10 - 15%; - lanterne schermate con lampada incassata: <1%; - lampioni schermati su palo diritto con vetro di protezione piano: 0,1 - 0,3%; - lampioni schermati inclinati di 5/10°su pali dritti con vetro di protezione piano: 3 - 5%; - lampioni a coppa sporgente paralleli al terreno su pali dritti: 1 - 3%; - lampioni con parabola a coppa sporgente su palo curvo : 10 - 15%; - torri faro/fari simmetrici paralleli al terreno: 50%; - torri faro/fari simmetrici con l'asse ottico a 20 ° rispetto al terreno: 30 - 35%; - torri faro/fari simmetrici con l'asse ottico a 45° rispetto al terreno: 20 - 25%; - torri faro/fari simmetrici con l'asse ottico a 60° rispetto al terreno : 10 - 15%; - fari simmetrici rivolti verso l'alto con l'asse ottico a 45° rispetto al terreno: 70 - 75%; - torri faro schermate parallele al terreno con lampade incassate: < 1%; - fari asimmetrici su palo dritto con asse ottico a 0° con l'ortogonale al terreno: 1 - 3%.

Figura n. 4.10. Rapporto medio di emissione superiore di tre apparecchi-tipo per l’illuminazione

urbana (rif. 16)

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Al fine di evidenziare le peculiarità delle singole Leggi Regionali sull’argomento, si riportano le tabelle seguenti:

Ven

eto

Val

le

d’A

osta

Tos

cana

Piem

onte

Lom

bard

ia

Bas

ilica

ta

L

azio

M

arch

e

C

ampa

nia

E

mili

a R

omag

na

Ottiche ed armature di tipo stradale

-

-

-

-

0 cd/klm a 90° ed oltre

-

5 cd/klm a

90° 0 cd/klm a 95° ed oltre

0 cd/klm a 90° ed oltre

5 cd/klm a 90°

0 cd/klm a 90° ed oltre

0 cd/klm a 90° ed

oltre

Impianti con lanterne, globi e simili

-

-

-

-

15 cd/klm a 90° ed oltre

-

5 cd/klm a 90°

0 cd/klm a 95° ed oltre

-

10 cd/Klm a 90° 0 cd/Klm a oltre

90°

-

Impianti con ottiche aperte ed ornamentali

-

-

-

-

15 cd/klm a 90° ed oltre

-

35 cd/klm a

90° 5 cd/klm a

100°

-

35 cd/Klm a 90° cd/Klm fino a

100° 0 cd/klm oltre100°

-

Impianti con fari asimmetrici e simmetrici, proiettori e torri faro

-

-

-

-

0 cd/klm a 90° ed oltre

-

10 cd/klm a 90°

0 cd/klm a 95° ed oltre

-

10 cd/Klm a 90° 0 cd/Klm a oltre

90°

-

Tabella n. 4.6. Limiti sull’intensità luminosa nell’emisfero superiore – zone non protette

Ven

eto

Val

le

d’A

osta

Tos

cana

Piem

onte

Lom

bard

ia

Bas

ilica

ta

L

azio

M

arch

e

C

ampa

nia

E

mili

a R

omag

na

Ottiche ed armature di tipo stradale

-

-

-

-

0 cd/klm a 90° ed

oltre

-

0 cd/klm a

90° ed oltre

0 cd/klm a

90° ed oltre

5 cd/klm a 90° e 0 cd/klm a 90°

ed oltre

0 cd/klm

a 90° ed oltre

Impianti con lanterne, globi e simili

-

-

-

-

15 cd/klm a 90° ed

oltre

-

2 cd/klm a 90°

0 cd/klm a 95°

ed oltre

-

10 cd/Klm a 90° 0 cd/Klm a 100°

ed oltre

-

Impianti con ottiche aperte ed ornamentali

-

-

-

-

15 cd/klm a 90° ed

oltre

-

25 cd/klm a 90° 5 cd/klm a

95°

15 cd/klm a 90°

ed oltre

25 cd/klm a 90° 5 cd/klm a 100° e

0 cd/klm a 110° e oltre

-

Impianti con fari asimmetrici e simmetrici, proiettori e torri faro

-

-

-

-

0 cd/klm a 90° ed

oltre

-

0 cd/klm a 90° ed oltre

-

-

-

Tabella n. 4.7. Limiti sull’intensità luminosa nell’emisfero superiore – zone protette

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Un altro caso in cui il flusso luminoso viene indirizzato direttamente verso la volta celeste è costituito dai fasci roteanti, impiegati normalmente per scopi pubblicitari e di richiamo. A tale riguardo le Leggi Regionali ne vietano l’uso quando gli stessi siano rivolti dal basso verso l’alto con diffusione verso l’emisfero superiore. Ogni elemento preposto alla riflessione direzionale dei fasci luminosi deve essere considerato parte integrante del sistema di illuminazione (sorgente secondaria) e quindi soggetto alle limitazioni sull’emissione di flusso. Analogo divieto si estende alla proiezione di immagini o messaggi luminosi nel cielo sovrastante il territorio regionale o sul territorio stesso, anche se gli impianti che li generano sono situati al di fuori di esso. E’ altresì vietato utilizzare le superfici facenti parte di edifici o di elementi naturali per la proiezione o l’emissione di immagini, messaggi o fasci luminosi. Alcune Regioni prevedono deroghe per i Comuni per eventi speciali, circoscritti nel tempo, su autorizzazione del Sindaco: un caso tipico è costituito dalle festività, siano esse Civili o Religiose.

Figura n. 4.11. Dresda, 2002 esempio di fasci roteanti (rif. 13)

Alcune Regioni impongono limitazioni parziali. Per esempio, le Regioni Veneto e Toscana, hanno disposto una restrizione ai privati vietando l’impiego di fasci di luce di qualsiasi tipo e modalità, fissi e rotanti, diretti verso il cielo o verso superfici che possono rifletterli versi il cielo, nella fascia compresa tra il raggio di 25 Km. e il raggio di 50 Km, dagli Osservatori professionali, Osservatori non professionali e Stazioni di osservazione, che svolgono attività di ricerca all’interno dei progetti istituiti e coordinati dagli Osservatori e Centri professionali, mentre la Regione Basilicata impone una fascia di rispetto di 30 Km, per gli Osservatori professionali; detti fasci dovranno essere orientati ad almeno 90 (novanta) gradi dalla direzione in cui si trovano i telescopi.

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4.6 Flusso riflesso verso l’alto dal suolo e da altre superfici Le riflessioni delle superfici illuminate (strade, edifici, vegetazione, ecc.) sono inevitabili ed anzi costituiscono lo scopo stesso dell’illuminazione (in caso contrario le superfici non sarebbero visibili). Il flusso luminoso riflesso verso l’alto si somma alla luce spuria emessa dagli apparecchi di illuminazione e costituisce la causa preponderante dell’Inquinamento Luminoso. In relazione a quest’ultima considerazione si deve aggiungere che un impianto di illuminazione stradale installato nella zona 1 della norma UNI 10819 deve usare apparecchi di illuminazione con finestra a vetro piano, l’unica compatibile con la prescrizione Rn ≤ 1%. Per motivi fotometrici, questo tipo di soluzione richiede l’installazione di un numero superiore di apparecchi di illuminazione rispetto agli apparecchi con finestra a coppa, a parità di tipo e di potenza di lampada: ne segue che il flusso luminoso che incide sulla strada è più elevato e con esso anche quello riflesso verso l’alto. Può avvenire cioè che un impianto di illuminazione stradale con finestra a coppa installato nella zona 2 invii meno luce verso l’alto di un impianto nella zona 1 a causa del numero inferiore di apparecchi di illuminazione con vetro piano. Tuttavia, nelle dirette vicinanze di un osservatorio astronomico il flusso luminoso emesso in direzione del telescopio può portare ad un disturbo maggiore del flusso luminoso riflesso dalle superfici illuminate: di qui la necessità di prevedere la zona 1 intorno agli osservatori la cui attività, scientifica o divulgativa, giustifichi un rilevante incremento dei costi di installazione e di gestione. Per verificare l’ottimizzazione impiantistica da tutti i punti di vista occorre confrontare i risultati ottenibili, per impianti sia nuovi sia ristrutturati, mediante apparecchi di illuminazione dotati della stessa lampada, istallati alla stessa altezza, e soprattutto che illuminano la stessa area con gli stessi valori di illuminamento/luminanza e le stesse uniformità che abbiamo visto essere fondamentali per garantire le condizioni di sicurezza stradale. In base a confronti corretti di questo tipo, recenti ricerche hanno dimostrato che con apparecchi di illuminazione con vetro di chiusura piano le interdistanze si riducono ed aumenta il numero degli apparecchi per chilometro di strada: i costi di installazione ed i consumi salgono anche del 40%. Inoltre, nonostante la luce spuria emessa verso l’alto da questo tipo di apparecchi di illuminazione sia limitata (Rn ≤ 1%), il flusso luminoso emesso globalmente verso l’alto (emissione diretta più riflessioni delle superfici illuminate) aumenta del 15-20% rispetto ad impianti di illuminazione ottimizzati che impiegano apparecchi con chiusura a coppa (Rn ≈ 3%), con un aumento della luminanza del cielo ed un peggioramento della visibilità stellare. Ma il divieto di utilizzare apparecchi con flusso rivolto verso l’alto non basta a risolvere il problema dell’inquinamento luminoso e neppure riesce a contribuire in modo soddisfacente ad attenuarlo. Questo perché, anche se utilizzassimo apparecchi con flusso diretto al suolo, pur avendo solo una minima percentuale di flusso verso l’alto (2%) il resto, una volta arrivato a terra sarebbe riflesso verso l’alto con una delle modalità di riflessione illustrate in precedenza e nella figura 4.12, in funzione delle caratteristiche superficiali del materiale e allora determinerebbe comunque una forma di inquinamento. Il problema dunque va risolto ponendo attenzione non a “limitare” il flusso verso l’alto, ma al “controllo” del flusso totale.

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Figura n. 4.12. Confronto tra l’emissione di due apparecchi a vetro piano e a vetro curvo

In nessuna delle Leggi Regionali attualmente in corso, è data alcuna disposizione circa il contenimento dei flussi riflessi. Tuttavia le prescrizioni sulla regolazione dei flussi, contengono implicitamente una soluzione, seppur parziale a tale fenomeno. Per tale argomento si rimanda al paragrafo 4.8.

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4.7 Illuminazione delle superfici verticali Le Leggi Regionali intervengono sull’argomento in due modi: limitano i livelli medi di luminanza sulle superfici verticali e regolamentano, se non addirittura vietano, gli impianti di illuminazione dal basso verso l’alto. Questi limiti sono giustamente calibrati al variare dell’importanza storica, artistica e culturale del soggetto illuminato. Nelle Leggi vengono menzionati gli edifici “a carattere monumentale o particolare e comprovato valore artistico”: per l’individuazione di tali edifici si può fare riferimento alle liste degli edifici tutelati redatte dalle Soprintendenze, considerando che spesso tali liste non sono aggiornate e non contengono gli edifici moderni e contemporanei.

L’illuminazione urbana utilizza, come strumenti compositivi principali, le differenze di luminanza per evidenziare i dettagli architettonici e scultorei e le differenze cromatiche per evidenziare le caratteristiche dei materiali. Limitare la luminanza, arrivando a mantenere il valore di 1 cd/mq, come molte Leggi impongono, significherebbe imporre una luminanza analoga a quella della sede stradale e degli edifici non illuminati con impianti dedicati. Imporre limiti rigidi sui valori di luminanza sulle facciate oltretutto costituisce un metodo di controllo inefficace, per i seguenti motivi:

il calcolo della media su una superficie illuminata in maniera estremamente disuniforme presuppone un numero di misure tali da scoraggiare l’applicazione della norma;

i valori di luminanza variano sensibilmente con impercettibili traslazioni della maglia di misura, o nel caso di materiali non perfettamente diffondenti, con la variazione dell’angolo di incidenza del luminanzometro sulla parete.

Un approccio corretto, proposto nel Regolamento d’Attuazione della Legge regionale del Lazio, in corso di approvazione, propone di introdurre una tolleranza rispetto ai valori di riferimento, compensata da riduzioni di luminanza su superfici limitrofe, tali da garantire l’invariabilità del flusso luminoso complessivo. Il metodo può essere applicato anche alle prescrizioni relative alla regolazione e spegnimento notturno. Il divieto assoluto di ricorrere ai sistemi di illuminazione dal basso verso l’alto, presente in alcune Leggi Regionali, non tiene conto delle modalità di riflessione dei materiali. Infatti facendo riferimento allo schema grafico che illustra il comportamento perfettamente diffondente, tipico dei materiali da costruzione e di finitura più diffusi nelle nostre città, si evince che la distribuzione nello spazio dei vettori intensità riflessi, rimane invariata al variare della direzione di provenienza del raggio incidente. Ciò significa che la quota di energia luminosa che raggiunge la volta celeste è la stessa nel caso di illuminazione dal basso verso l’alto e dall’alto verso il basso. Premesso questo, occorre dire tuttavia che l’illuminazione dal basso comporta due tipi di problemi: il primo è che difficilmente il flusso diretto viene intercettato integralmente dalla sagoma dell’edificio, specialmente se si vuole ottenere un’illuminazione perfettamente uniforme o se l’oggetto da illuminare, facciata o scultura, ha una sagoma irregolare ( Figure dal n. 4.7.2. al n. 4.7.7.); il secondo è che nel tempo i puntamenti degli apparecchi tendono a stararsi ed ad aumentare la parte fuori sagoma. A questo proposito alcune norme prevedono il piano di manutenzione e le verifiche periodiche sui dati illuminotecnici.

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Figura n. 4.13. A) riflessione speculare, B) riflessione diffusa, C) riflessione semidiffusa

Nei casi in cui le facciate dell’edificio sono speculari, come avviene nel caso del vetro e del metallo levigato il comportamento in riflessione cambia completamente ed il divieto di illuminare dal basso torna ad essere ragionevole. Tuttavia le criticità del sistema di illuminazione dal basso e soprattutto l’esigenza di verifiche e tarature continue, hanno portato ad accettarlo solo nel caso di edifici di valore storico-artistico. L’attenzione ai puntamenti, affinché il flusso fuoriesca il meno possibile dalla sagoma dell’edificio non significa aver risolto il problema se si considera l’alta percentuale di flusso luminoso disperso per riflessione; la soluzione più completa è quella di intervenire sempre a livello di contenimento della quantità di flusso luminoso emesso non solo per limitare gli effetti di disturbo dell’Inquinamento Luminoso ma anche per contenere i costi dell’impianto stesso. Per quanto riguarda l’aspetto cromatico della luce è assolutamente non corretto a livello concettuale la preclusione aprioristica di alcune categorie di lampade: innanzitutto perché solo un’analisi approfondita del luogo può portare alla definizione del tipo di luce ideale (informazione riportata nel Piano Regolatore dell’Illuminazione Comunale, se esistente), poi perché eventuali limiti andrebbero imposti sulle caratteristiche tecniche e non sulla tipologia delle sorgenti, che sono in continua evoluzione a livello tecnologico e prestazionale.

Figura n. 4.14. Illuminazione corretta di un edificio con sagoma regolare (rif. 3)

Figura n. 4.15. Illuminazione errata di un edificio con sagoma regolare (rif. 3)

A B C

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Al fine di evidenziare le peculiarità delle singole Leggi Regionali sull’argomento, si riportano le tabelle seguenti:

V

enet

o

Val

le

d’A

osta

Tos

cana

Piem

onte

Lom

bard

ia

Bas

ilica

ta

Laz

io

Mar

che

Cam

pani

a

Em

ilia

Rom

agna

Facciate di edifici privati e pubblici senza valore storico-artistico

-

-

-

-

-

-

1 cd/m2

1 cd/m2

1 cd/m2

se dintorni

bui

-

Facciate di edifici privati e pubblici con valore storico-artistico

-

-

-

-

-

-

1 cd/m2

0,5

cd/m2

1 cd/m2 dintorni

bui 2 cd/m2 dintorni

illuminati

-

Insegne pubblicitarie non dotate di luce interna

-

-

-

-

1 cd/m2

-

1 cd/m2

(*)

1 cd/m2

1 cd/m2

-

Tabella n. 4.8. Limiti sui valori medi di luminanza sulle facciate – zone non protette (*) nel Regolamento d’Attuazione, in corso di approvazione, tale limite è stato portato a 2 cd/m2

V

enet

o

Val

le

d’A

osta

Tos

cana

Piem

onte

Lom

bard

ia

Bas

ilica

ta

Laz

io

Mar

che

Cam

pani

a

Em

ilia

Rom

agna

Facciate di edifici privati e pubblici senza valore storico-artistico

-

-

-

-

1 cd/ m2

-

1 cd/ m2

1cd/ m2

1 cd/ m2

-

Facciate di edifici privati e pubblici con valore storico-artistico

-

-

-

-

1 cd/ m2

-

1 cd/ m2

0,5 cd/ m2

Meno di 1 cd/ m2

-

Insegne pubblicitarie non dotate di luce interna

-

-

-

-

1 cd/ m2

-

1 cd/ m2

1 cd/ m2

1 cd/ m2

-

Tabella n. 4.9. Limiti sui valori medi di luminanza sulle facciate – zone protette

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Percentuale di flusso ammessa fuori dalla sagoma dell’oggetto illuminato, nelle Leggi Regionali:

V

enet

o

Val

le

d’A

osta

Tos

cana

Piem

onte

Lom

bard

ia

Bas

ilica

ta

Laz

io

Mar

che

Cam

pani

a

Em

ilia

Rom

agna

Percentuale di flusso ammessa fuori sagoma

3%

3%

3%

-

(indirizzare

flusso luminoso entro 1

metro dalla sagoma)

-

10%

10%

sagome irregolari

10%

sagome regolari

5%

-

Tabella n. 4.10. Limitazioni di Rn , dovute alla percentuale di potenza luminosa che viene indirizzata al di fuori della sagoma dell’edificio – zone non protette

V

enet

o

Val

le

d’A

osta

T

osca

na

Pi

emon

te

L

omba

rdia

B

asili

cata

L

azio

M

arch

e

C

ampa

nia

Em

ilia

Rom

agna

percentuale di flusso ammessa fuori sagoma

3%

3%

3%

-

(indirizzare

flusso luminoso entro 1

metro dalla sagoma)

-

sagome irregolari

5%

sagome regolari

2%

10%

sagome irregolari

10%

sagome regolari

5%

-

Tabella n. 4.11. Limitazioni di Rn , dovute alla percentuale di potenza luminosa che viene indirizzata al di fuori della sagoma dell’edificio – zone protette

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4.8 Regolazione dei flussi emessi Si tratta di uno dei mezzi più efficaci per ridurre non solo i consumi energetici ma anche l’inquinamento luminoso. La norma UNI 10439 prevede la possibilità di ridurre i livelli di illuminazione per l’illuminazione stradale nelle ore di minor traffico fino al 50% del valore minimo prescritto, a condizione naturalmente che le autorità preposte verifichino l’assenza di problemi di sicurezza. Per quanto riguarda l’illuminazione monumentale e decorativa, si può spegnerla quando si vuole: dipende ovviamente dalle finalità, dal tipo di fruizione del monumento, piazza, area pedonale, da parte del cittadino e del turista.

Figura n. 4.16. Andamento del traffico nella città di Torino in una giornata-tipo, 1991

Figura n. 4.17. Modalità di gestione degli impianti (rif. 12) La regolazione dei flussi emessi risulta essere la soluzione più opportuna, che consente di avere buoni livelli di sicurezza stradale, di comfort visivo e di visibilità dell’oggetto da valorizzare quando serve, e contemporaneamente conseguire obiettivi di risparmio energetico e non interferire con le attività degli Osservatori a partire da una certa ora.

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Allo scopo di evidenziare le peculiarità delle singole Leggi Regionali rispetto alla Regolazione e Spegnimento degli impianti, si riporta la seguente tabella.

V

enet

o

Val

le

d’A

osta

T

osca

na

Piem

onte

L

omba

rdia

Bas

ilica

ta

L

azio

M

arch

e

C

ampa

nia

Em

ilia

Rom

agna

ILLUMINAZIONE STRADALE

Regolazione

Vedere

UNI 10439

Vedere

UNI 10439

Prevista

-

Riduzione 30% entro le 24 ore

-

-

Riduzione del 30%

Prevista

Riduzione fino al del

30%

Spegnimento

-

-

Previsto

dove possiblile

-

-

-

-

-

-

-

ILLUMINAZIONE MONUMENTALE E ORNAMENTALE

Regolazione

Riduzione 50% dopo le ore 22

-

Riduzione del 50%

dopo le ore 22 (S)

ore23 (L)

-

Riduzione

30% (S)

(L)

-

Riduzi

one 30%

(S) (L)

Riduzione 30% entro le 24 ore

Riduzione 50%

(S) (L)

Riduzione fino al del

30%

Spegnimento

-

-

-

-

-

-

-

-

-

-

INSEGNE

Regolazione

-

-

-

-

-

-

Riduzione

fino al del

30%

Riduzione 30% entro le 24 ore

-

Riduzione fino al del

30%

Spegnimento

-

-

-

-

Alle ore 22 (S)

23 (L)

-

-

Entro le ore 24 o fine

attività

Entro le ore 24 o

fine attività

-

Tabella n. 4.12. Controllo e regolazione intensità luminosa nelle aree NON protette

(S) alle 23:00 nel periodo di ora solare (L) alle 24:00 nel periodo di ora legale

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Rom

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ILLUMINAZIONE STRADALE Regolazione

Vedere

UNI 10439

Vedere

UNI 10439

Prevista

-

Riduzione

30% entro le 24 ore

-

-

Riduzione del 30%

Prevista

Riduzione fino al del 30%

Spegnimento

Previsto

dove possibile

-

-

-

Entro le ore 24

del 50% impianti (S)

(L)

-

-

-

-

-

ILLUMINAZIONE MONUMENTALE E ORNAMENTALE

Regolazione

-

-

Prevista

-

Riduzione del 30%

-

-

-

Riduzione fino al del 50%

Riduzione fino al del 30%

Spegnimento

Riduzione 50% dopo le ore 22

-

-

-

-

-

Entro le ore 24

Entro le ore 24 o

fine attività

Alle ore 24

-

INSEGNE

Regolazione

-

-

Prevista

-

Riduzione del

30%

-

-

Riduzione del 50%

-

Riduzione fino al 30%

Spegnimento

-

-

-

-

ore 22 (S)

ore 23 (L)

-

(S)

(L)

Entro le ore 24 o

fine attività

(S)

(L)

-

Tabella n. 4.13. Controllo e regolazione intensità luminosa nelle aree protette

(S) alle 23:00 nel periodo di ora solare (L) alle 24:00 nel periodo di ora legale

Alcune Regioni trattano solo la Regolazione nelle strade con traffico motorizzato, facendo riferimento ai contenuti della norma UNI 10439 “Requisiti illuminotecnici delle strade con traffico motorizzato”.

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52

4.9 Enti, figure professionali ed adempimenti amministrativi Il progetto illuminotecnica deve tener conto di una serie di fattori:

risparmio energetico sicurezza stradale sicurezza del cittadino contro gli eventi criminosi qualità dell’ambiente urbano in relazione alle attività sociali evidenziazione delle emergenze architettoniche ed ambientali esigenze di tipo commerciale

Elemento fondamentale nell’individuazione delle priorità è l’assunto che le soluzioni tecniche per la limitazione dell’inquinamento luminoso debbano essere individuate tra quelle che non abbattono la qualità dell’ambiente illuminato sotto gli altri profili. Nel Regolamento d’Attuazione della Legge della Regione Lazio, in corso di approvazione, è stato introdotto il concetto di “misura compensativa”: si sposta così l’attenzione, dalla definizione di una serie di regole rigide, che tentino di coprire una casistica irrimediabilmente incompleta, ad un sistema di qualità sul progetto, la realizzazione, la conduzione/ manutenzione dell’impianto. In sede normativa tale obiettivo dovrebbe essere perseguito attraverso una procedura tecnico-amministrativa che tenda a definire tutte le responsabilità delle figure professionali coinvolte, che sono le seguenti: Committente, Progettista, Costruttore dei componenti dell’impianto, Installatore, Collaudatore, Conduttore, Manutentore. mentre il ruolo ispettivo e di coordinamento viene assegnato ai Comuni, alle Provincie ed alle Regioni. Per quanto riguarda la figura del Progettista e del Collaudatore sarebbe opportuno che tutte le Regioni istituissero di una lista di professionisti qualificati, in analogia a quanto già avviene nel settore acustico abilitati alla firma del progetto ed all’esecuzione delle verifiche illuminotecniche. La taratura del sistema (soggetti da coinvolgere, complessità della documentazione di progetto e di verifica, coinvolgimento delle amministrazioni pubbliche) deve dipendere da:

categoria di appartenenza dell’impianto, in relazione al flusso luminoso nominale emesso

caratteristiche ambientali del luogo e delle attività La procedura dovrebbe articolarsi nelle seguenti fasi: 1. ad inizio lavori il proprietario dovrà affidare ufficialmente i lavori alla Ditta

Installatrice 2. a fine lavori la Ditta Installatrice produrrà una certificazione di rispondenza della

realizzazione a quanto previsto nel progetto 3. le case costruttrici dovranno certificare la rispondenza degli apparecchi di

illuminazione alle Norme 4. nel caso di impianti di grosse dimensioni, sarà obbligatorio:

il collaudo tecnico, basato su misure strumentali a campione dei parametri illuminotecnici di progetto

il piano di manutenzione, che dovrebbe garantire il mantenimento degli standard di progetto nel tempo

il verbale di verifica periodica dei consumi e dei parametri illuminotecnici, per poter verificare l’avvenuta manutenzione e correggere le eventuali anomalie

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Nelle seguenti tabelle, vengono riportate le competenze, gli strumenti normativi e le figure professionali previste dalle diverse Leggi Regionali:

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Val

le

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Tos

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Piem

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Laz

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Cam

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Rom

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Competenze alle Regioni

Si

Si

Si

Si

Si

No

Si

Si

Si

Si

Competenze alle Province

No

No

No

Si

Si

Si

No

No

Si

Si

Competenze ai Comuni

Si

No

Si

Si

Si

No

Si

Si

Si

Si

Tabella n. 4.14. Competenze istituzionali assegnate dalla Legge Regionale

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Val

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Rom

agna

Esiste il Piano Regionale per la lotta all’Inquinamento Luminoso

No

No

No

No

No

No

No

No

No

No

Obbligo di Piano Comunale dell’Illuminazione

Si (Criteri previsti

dal PRPIL)

No

Si

Si (per

comuni >5000

ab.)

Si

No

No

No

Si

No

Norme Tecniche di riferimento

Si

UNI 10819

Si

UNI 10819

Si

Si

Si

No

Si

No

Regolamento Tecnico di Attuazione

No

No

No

No

Si

No

Si

No

No

No

Tabella n. 4.15. Strumenti normativi previsti dalle Leggi Regionali

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Rom

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Committente

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-

-

-

-

-

-

-

-

Progettista

-

-

-

-

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-

-

-

-

Costruttore

-

-

-

-

-

-

-

-

-

-

Installatore

-

-

-

-

Si

-

-

-

-

-

Collaudatore

-

-

-

-

-

-

-

-

-

-

Manutentore

-

-

-

-

Si

-

-

-

Si

-

Obbligo di autorizzazione del progetto da parte del Comune

Si

No

Si

Si

Si

No

Si

No

Si

No

Obbligo di certificazione degli apparecchi da parte dei costruttori

No

No

No

No

Si

No

No

Si

No

-

Obbligo di adeguamento degli impianti esistenti

Si (Criteri previsti

dal PRPIL)

No

Si

Si (per

comuni >5000

ab.)

Si

No

No

No

Si

No

Tabella n. 4.16. Figure professionali previste dalle Leggi Regionali

NB. La Regione Valle d’Aosta, incarica la sede locale dell’A.R.P.A. per la certificazione di conformità degli impianti

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5. QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO La normativa in campo illuminotecnico è costituita da un insieme di leggi, decreti, raccomandazioni estremamente eterogeneo. Ogni documento nasce per un determinato ambito di applicazione e con determinate finalità: sicurezza stradale, sicurezza sul lavoro, conservazione dei beni culturali, risparmio energetico, tutela del cielo stellato. Quello che manca è un riferimento normativo integrato, in cui vengano analizzati tutti i requisiti di prestazione che si richiedono ad un impianto di illuminazione, con un’indicazione sulle priorità qualora alcuni requisiti fossero in contrasto tra loro. Uno strumento di pianificazione ideale a livello globale esiste ed è il cosiddetto Piano Regolatore Comunale dell’Illuminazione Pubblica (PRIC). Questo strumento è reso obbligatorio per i Comuni di una certa entità dalle Leggi Regionali per il controllo dell’inquinamento luminoso in alcune regioni, come la Lombardia; ciò non avviene in altre Regioni, come il Lazio. Altra ambiguità presente nel quadro normativo è costituita dalla presenza di documenti a vari livelli che trattano gli stessi argomenti in maniera a volta contraddittoria, fornendo indicazioni diverse a livello concettuale ed a livello quantitativo (limiti imposti su alcuni parametri). In caso di contenuti contraddittori nei documenti normativi, descritti nei paragrafi 5.2 e 5.3, vale la seguente gerarchia: 1. Strumenti normativi a livello nazionale 2. Strumenti normativi a livello regionale 3. Strumenti normativi a livello comunale 4. Norme UNI, EN 5. Raccomandazioni CIE, ISO

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5.1 I diversi approcci al problema dell’Inquinamento Luminoso Si vuole qui fornire un quadro generale su quanto è stato fatto nel tempo a livello nazionale ed internazionale in tema di contenimento dei flussi luminosi dispersi. Trattandosi di un tema che coinvolge svariati ambiti disciplinari, è interessante monitorare la presenza delle diverse aree culturali all’interno del dibattito, nel tempo, ed individuarne l’effetto sulla produzione normativa. La prima voce a sollevarsi contro il fenomeno dell’inquinamento luminoso fu quella dell’astronomo inglese sir John Herschel intorno alla metà del XIX secolo. Negli anni ’60 i forti fenomeni di urbanizzazione portano alla ribalta il problema: al 1958 risale la prima ordinanza emessa a Flagstaff, negli Stati Uniti, per il controllo dell’illuminazione esterna. Nel 1970 viene completato il primo studio sistematico sullo stato del cielo in California. Nel 1973 la International Astronomical Union (IAU) crea la Commissione 50 “Identificazione e protezione dei siti osservativi esistenti e potenziali”. In Italia la prima ordinanza viene emessa nel 1964 dal comune di Asiago per tutelare l’Osservatorio Astronomico; il primo studio sulla brillanza del cielo risale al 1973. All’inizio degli anni ’70, negli Stati Uniti, si assiste al primo tentativo di legare il problema del controllo dei flussi luminosi al risparmio energetico, visto sia in chiave di risparmio economico per gli utenti, che di tutela dell’ambiente. La prima iniziativa promossa da più organismi operanti in settori diversi, è rappresentata dall’assemblea promossa nel 1988 da IAU, Commission Internationale d’Eclairage (CIE), Committee on Space Research (COSPAR) ed Union Radio Scientifique Internationale (URSI) sul tema “Inquinamento luminoso, interferenze radio e detriti spaziali”: partecipano 120 tra astronomi ed ingegneri. All’interno della Commissione 50 dell’IAU viene istituito il gruppo di lavoro “Controlling Light Pollution”, che ha, tra i compiti istituzionali quello di gestire i rapporti con le associazioni operanti nel campo dell’illuminotecnica, in particolare la CIE e la IESNA (Illumination Engineering Society of North America). La CIE costituisce il Comitato Tecnico TC-4.21 “Interferenza della luce sulle osservazioni astronomiche”. Si tratta di uno dei 20 Comitati che operano all’interno della Divisione 4 “Lighting and signalling for transport”. Il Comitato TC-4.21 è complementare per competenze al Comitato TC-5.12 “Light trespass” (all’interno della Divisione 5: ”Exterior and other lighting applications”), che studia gli altri fenomeni di disturbo prodotto dalla dispersione della luce. Un primo importante risultato è rappresentato dalla pubblicazione CIE “Guidelines for minimizing urban sky glow near astronomical observatory” del 1980. Nel 1997 viene pubblicata la norma “Guidelines for minimizing sky glow”, che insieme alla CIE TC5-12 “Obstrusive light” rappresentano ad oggi i documenti di riferimento prodotti rispettivamente dalle Divisioni 4 e 5; si prevede l’elaborazione di un documento integrato. Nel 1990 la Società Astronomica Italiana (SAIt) istituisce una Commissione di Studio sull’inquinamento luminoso; segue la istituzione della Commissione omologa dell’Unione Astrofili Italiani (UAI). Nel 1991 la UNI pubblica la norma tecnica UNI 10819 “Requisiti per la limitazione della dispersione verso l’alto del flusso luminoso”. La Commissione della SAIt predispone una proposta di legge da presentare in Parlamento: “Misure urgenti in tema di risparmio energetico ed uso di illuminazione esterna e di lotta all’inquinamento luminoso”, presentata in più legislature alla Camera dei Deputati ed al Senato. Tale proposta di legge ha poi costituito il principio ispiratore

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di Leggi Regionali, Regolamenti Comunali, Circolari Prefettizie, che forniscono indicazioni discontinue e talvolta discordanti sul territorio nazionale. A questi strumenti si affianca in alcuni comuni il Piano Regolatore Comunale dell’Illuminazione Pubblica (PRIC), uno strumento di pianificazione integrata della luce, che tra gli obiettivi prevede il risparmio energetico ed il controllo dell’inquinamento luminoso. Nel 1988 nasce negli Stati Uniti la International Dark-Sky Association (IDA), organizzazione finalizzata alla divulgazione di informazioni sull’inquinamento luminoso: i soci sono sostanzialmente astronomi, astrofili, professionisti operanti nel campo dell’illuminazione. Con il medesimo scopo il Committee of the Challenge of Modern Society della NATO avvia uno studio pilota (PS 189) coinvolgendo Francia, Olanda, Gran Bretagna, USA, Canada e Spagna. Nel 1992 l’UNESCO, la IAU ed il Consiglio delle Unioni Scientifiche Internazionali (ICSU) richiedono all’assemblea dell’ONU di far pressione sugli stati membri affinché approvino protezioni legali per gli Osservatori Astronomici. Documenti redatti da organi che vedono una prevalenza di una delle diverse categorie culturali implicate, possono presentare evidenti differenze di metodo e di sostanza, a cui si aggiungono le differenze dovute a fattori geografici e culturali. Per evidenziare quanto sopra sono state confrontate le norme che riguardano la realtà locale del Lazio (a partire dalla pubblicazione CIE, fino ad arrivare alla Legge Regionale), con le norme vigenti nello stato della California, che rappresenta sicuramente la realtà locale più attiva sull’argomento. Nel caso della California è molto sentito il problema del risparmio energetico e pertanto le norme sono fortemente orientate verso tale esigenza: in tale contesto opera dal 1977 la California Energy Commission ed in tale direzione si muove l’Executive Order emesso nel 2001 dal Governatore della California, in cui viene ordinato ai commercianti di ridurre i consumi nelle ore di chiusura. E’ interessante notare che le norme promosse al di fuori delle Commissioni scientifiche CIE ed UNI non prevedono la divisione del territorio in zone caratterizzate da caratteristiche ambientali omogenee, su cui differenziare i livelli di “inquinamento” ammissibili: si tratta di un esempio evidente di approccio al problema di tipo non esaustivo, dove l’interesse di preservare le osservazioni astronomiche non viene opportunamente integrato con le altre esigenze della comunità. Dallo studio delle norme americane, infine, si evince una maggior maturità del sistema, che garantisce la qualità del sistema di illuminazione attraverso la definizione di ruoli e responsabilità a livello progettuale, autorizzativo e di controllo a fronte di una maggiore flessibilità sulle soluzioni progettuali ammesse, attraverso il sistema di deroghe, a cui può accedere qualsiasi cittadino.

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Tabella n. 5.1. Quadro comparativo di alcune norme italiane e dello stato della California

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5.2 Strumenti normativi in campo illuminotecnico Le Leggi se redatte correttamente, contengono l’indicazione dei criteri essenziali, rinviando alle norme la definizione dei valori limite, in ciò seguendo le indicazioni delle Direttive europee: in questo modo infatti si assicura che le prescrizioni rispettino le esigenze della legge garantendo al contempo la realizzazione degli impianti secondo le norme, ossia a regola d’arte, e dall’altro è possibile aggiornare tempestivamente le prescrizioni normative, in seguito ad esempio a innovazioni tecnologiche, senza toccare le Leggi, la cui modifica è senz’altro più lunga e complessa.

Strumenti a livello nazionale Ad oggi non esiste uno strumento normativo a livello nazionale sul tema dell’inquinamento luminoso, esistono solamente dei disegni di legge non ancora approvati. Esiste una Legge dedicata al risparmio energetico, all’interno della quale l’illuminazione rappresenta uno dei settori di possibile intervento: Legge n. 10 del 9 gennaio 1991 "Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia". Relativamente all’interazione tra luce e uomo ed alla qualità del campo visivo richiesta al variare delle attività, lo strumento di riferimento è il Dlgs 626/94 “Attuazione delle Direttive riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”.

Strumenti a livello regionale A livello regionale sono attualmente vigenti le seguenti Leggi in tema di contenimento dell’inquinamento luminoso: Legge Regionale 27 giugno1997, n. 22 –Veneto; Legge Regionale 28 aprile 1998, n. 17 - Valle d’Aosta; Legge Regionale 21 marzo 2000, n. 37 – Toscana; Legge Regionale 24 marzo 2000, n. 31 – Piemonte; Legge Regionale 27 marzo 2000, n. 17 – Lombardia; Legge Regionale 10 aprile 2000, n. 41 – Basilicata; Legge Regionale 13 aprile 2000, n. 13 – Lazio; Legge Regionale 24 luglio 2002, n. 10 – Marche; Legge Regionale 25 luglio 2002, n. 12 - Campania; Legge Regionale 29 settembre 2003, n. 19 - Emilia Romagna.

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Legge anti Inquinamento

Luminoso

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Regolamento di Attuazione

x

Provvisti di Proposta di

Legge

x

x

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x

x

x

Senza normativa

x

x

x

x

Tabella n. 5.2. Quadro riassuntivo della situazione legislativa regionale in Italia

Strumenti a livello comunale Alcuni Comuni hanno adottato misure contro l’Inquinamento Luminoso, con Regolamenti Comunali come Civitavecchia (Rm), Ladispoli (Rm), Frosinone, Ferentino (Fr), Alatri (Fr), Ceccano (Fr), Fumone (Fr), Giuliano di Roma (Fr), Guarcino (Fr), Trevi nel Lazio (Fr), Firenze, Scandicci (Fi), Sona (Vr), Bassano del Grappa (Vi), Piacenza, Desenzano sul Garda (Bs), Spino d’Adda (Cr), Romano d’Ezzelino (Vi), Nove (Vi), Molvena (Vi), Lodi, Acquaviva delle Fonti (Ba), Alessano (Le), Savignano; Alcuni Comuni sono dotati di Circolari Prefettizie come Alessandria, Biella, Novara, Matera, Rieti, Rimini, Venezia e Vicenza.

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5.3 Normativa in tema di contenimento dei consumi energetici L’illuminazione pubblica costituisce una esigenza sociale, non solo perché assicura la sicurezza sulla strada a tutti i cittadini, ma anche in quanto i costi di installazione, di gestione e di manutenzione sono sostenuti da finanziamenti pubblici. Per quanto riguarda la pubblica illuminazione, sostanzialmente la legge 10/1991, norme per l’attuazione del Piano Energetico Nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia, fissa i principi generali per conseguire il risparmio energetico e demanda ad una serie di decreti attuativi la definizione di strumenti normativi per il conseguimento dei seguenti obiettivi:

migliorare i processi di trasformazione dell’energia; ridurre i consumi di energia; migliorare la compatibilità ambientale senza alcun “sacrificio” energetico.

Per raggiungere tali obiettivi la legge ha stabilito che dovevano essere emanati specifici provvedimenti legislativi a cura di diverse Amministrazioni ed organi dello Stato, oltre ad incentivi finanziari per la realizzazione degli interventi di risparmio energetico. Nell’ambito della Legge 10/1991, si deve ricordare che è stato emanato, anche in attuazione della Legge 59/1997, il D.Lgs. 112/1998 che riporta le disposizioni per conferire funzioni e compiti dello Stato, alle Regioni ed agli Enti Locali. Secondo questo decreto, le Regioni devono determinare le funzioni amministrative che richiedono l’esercizio unitario a livello regionale e trasferire tutte le altre agli Enti Locali. In particolare le Regioni devono svolgere una funzione di coordinamento dei compiti attribuiti agli Enti Locali, riguardo l’attuazione della Legge 10/1991 e del DPR 412/1993, nonché assistere gli stessi per le attività di informazione dei cittadini e di formazione di operatori pubblici e privati nei settori della progettazione, installazione, esercizio e controllo degli impianti. Fra gli aspetti relativi al contenimento energetico, vi è quello relativo alla corretta gestione dell’energia per gli usi finali per illuminazione, dovuto anche da un più razionale utilizzo dell'illuminazione degli edifici, aree esterne e strade, utilizzando sistemi di illuminazione efficienti, in grado di migliorare la qualità dell’illuminamento stesso.

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5.4 Norme Tecniche A livello nazionale ed europeo le norme sull’inquinamento luminoso si inseriscono in un contesto più ampio di cui diamo un quadro sintetico di riferimento. I documenti che sono considerati nel campo della fotometria e dell'illuminotecnica sono emessi da tre organismi:

la Commission Internationale de l'Eclairage (CIE), a livello mondiale il CEN in Europa Comitato Europeo di normalizzazione (CENELEC) l'UNI in Italia Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI)

mentre l'ISO è praticamente assente da quei settori, se non per alcune norme che pubblica insieme alla CIE. Questi enti lavorano in modo coordinato secondo uno schema che può essere così esemplificato: la CIE pubblica raccomandazioni che costituiscono la base scientifica per la normativa; il CEN e il CENELEC preparano le norme europee su mandato della Commissione europea o al fine di armonizzare il mercato; l'UNI partecipa all'attività del CEN, ne pubblica le norme in italiano e prepara norme in assenza di norme CEN. Il CEI e il CENELEC operano nel settore sicurezza in campo elettrico. I documenti emessi da CIE, ISO, UNI si configurano come norme prestazionali. Il CEN prepara norme su mandato della Commissione Europea, in attuazione delle Direttive Europee. Tutte le norme hanno carattere volontario, a meno che una disposizione legislativa nazionale o regionale non le renda obbligatorie. Tuttavia, la volontarietà della norma non ne riduce l’importanza: numerose leggi nazionali, tra cui la nota 46/90, dichiarano che la conformità alle norme costituisce “presunzione di esecuzione a regola d’arte”, il che significa che chi non opera secondo le norme ha l’onere di provare di aver conseguito almeno le stesse prestazioni e lo stesso livello di sicurezza garantito dalla conformità alle norme. Dato che anche la giurisprudenza si attiene a questi principi, è consigliabile attenersi alle norme. Le norme di interesse nell’illuminazione pubblica sono elencate di seguito.

UNI 10439 “Requisiti illuminotecnici delle strade con traffico motorizzato” UNI 10819 “Impianti di illuminazione esterna - Requisiti per la limitazione della

dispersione verso l'alto del flusso luminoso” Norma CEI 34 - 33 "Apparecchi di Illuminazione. Parte II: Prescrizioni particolari.

Apparecchi per l’illuminazione stradale" Norme CEI del comitato 34 “Lampade e relative apparecchiature” Norma CEI 11 - 4 "Esecuzione delle linee elettriche esterne" Norma CEI 11 – 17 "Impianti di produzione, trasmissione e distribuzione di energia

elettrica. Linee in cavo" Norma CEI 64 - 7 "Impianti elettrici di illuminazione pubblica e similari" Norma CEI 64 - 8 "Esecuzione degli impianti elettrici a tensione nominale non

superiore a 1000 V" Le norme ad oggi pubblicate dal CEN, relativamente all’illuminazione outdoor, sono le seguenti: EN 12193/1999 Luce e illuminazione - Illuminazione per gli impianti sportivi. EN13201-1/2004 Illuminazione stradale, Parte 1: selezione delle classi di Illuminazione. EN13201-2/2003 Illuminazione stradale, Parte 2: requisiti prestazionali.

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EN13201-3/2003 Illuminazione stradale, Parte 3: calcolo delle prestazioni EN13201-4/2003 Illuminazione stradale, Parte 4:metodi di misura delle prestazioni illuminotecniche La Commissione tecnica UNI "Luce e illuminazione" ha iniziato a lavorare contemporaneamente a CEN TC169, di cui costituisce il comitato nazionale. In campo illuminotecnico l'UNI ha prodotto norme sia traducendole dagli analoghi testi CEN, quando esistenti, sia in settori non affrontati dal CEN. Le norme ad oggi pubblicate nel settore dell’illuminazione outdoor, dell’UNI sono le seguenti: UNI 9316 1989 Impianti sportivi, Illuminazione per le riprese televisive a colori. Prescrizioni. Storicamente, questa è la prima norma pubblicata dall'UNI in campo illuminotecnico sulla spinta dei campionati mondiali di calcio del 1990. UNI 9821 1991 Impianti sportivi. Collaudo illuminotecnico. UNI 10439 2001 Illuminotecnica. Requisiti illuminotecnici delle strade con traffico motorizzato UNI EN 12193 2001 Luce e illuminazione - Illuminazione di installazioni sportive UNI EN 12464 2001 Luce e illuminazione - Illuminazione dei posti di lavoro in interni UNI EN 13201-2/2004 Illuminazione stradale, Parte 2: requisiti prestazionali. UNI EN 13201-3/2004 Illuminazione stradale, Parte 3: calcolo delle prestazioni UNI EN 13201-4/2004 Illuminazione stradale, Parte 4: metodi di misura delle prestazioni illuminotecniche. A questi documenti si aggiungono gli strumenti legislativi correnti a livello nazionale, regionale e comunale. La CIE sta preparando una nuova pubblicazione sull’influenza della illuminazione pubblica nella prevenzione delle azioni criminose. Viene dimostrato che un aumento dei livelli di illuminazione scoraggia la criminalità ed aumenta il flusso pedonale nelle ore notturne, probabilmente a causa della maggior sicurezza che l’illuminazione dà ai cittadini. E’ in fase di avanzata preparazione una pubblicazione della CIE sulla limitazione degli effetti intrusivi dell’illuminazione. In particolare, la pubblicazione prevedrà la limitazione dell’illuminamento delle finestre dovuto alla luce spuria emessa lateralmente e verso l’alto, in modo da non arrecare disturbo alla attività domestica e lavorativa. Ciò vale in particolare per l’illuminazione destinata agli impianti sportivi.

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CONCLUSIONI La situazione normativa attuale sul problema del controllo dei flussi dispersi a livello nazionale è alquanto frammentata e presenta molti punti oscuri. D’altro canto anche la cultura in materia è generalmente scarsa; se poi si parla di cultura illuminotecnica a tutto campo la situazione peggiora notevolmente. Il sistema ispettivo è attualmente un altro punto debole della catena, in quanto le stesse Leggi Regionali non sono sempre chiare sulle competenze di tutti i soggetti coinvolti e le responsabilità. Relativamente al primo punto occorre intervenire a due livelli: a livello verticale, ovvero arrivando alla tanto annunciata emanazione di una legge nazionale sull’argomento, per superare le contraddizioni esistenti su scala territoriale; a livello orizzontale, o meglio trasversale attraverso l’utilizzo di uno strumento di indirizzo sull’illuminazione urbana, ovvero il Piano Regolatore di Illuminazione Comunale. Relativamente al secondo punto, ovvero alla divulgazione, la presente Guida tecnica rappresenta un contributo in tale direzione, cercando di chiarire le modalità di applicazione delle normative esistenti e dando degli elementi per trovare le soluzioni ottimali laddove le Leggi Regionali lasciano dei margini di discrezionalità. Analogamente la Guida tenta di fornire un contributo anche in relazione al terzo punto, costituendo uno strumento necessario a supportare il lavoro del personale delle Agenzie Regionali in tale ambito.

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GLOSSARIO In questa sezione vengono definiti i termini a carattere fotometrico ed illuminotecnico necessari per la comprensione del presente manuale. I vari termini, elencati in ordine alfabetico, sono accompagnati tra parentesi quadre, quando è il caso, dalle loro dimensioni secondo quanto previsto dal Sistema internazionale delle unità di misura.

Definizione

Brillanza Attributo di una sensazione visiva secondo cui una superficie appare emettere più o meno luce. Questo termine non deve essere usato come sinonimo di luminanza (vedi).

Candela [cd] Unità SI di intensità luminosa: la candela è l'intensità luminosa, in una data direzione, di una sorgente di luce che emette radiazioni

monocromatiche di frequenza pari a 540 x 1012

Hertz e di cui l'intensità energetica in quella direzione è pari a 1/683 Watt per steradiante.

Colore La caratteristica della luce che consente ad un osservatore umano di distinguere tra due zone luminose prive di struttura propria aventi le stesse dimensioni e la stessa forma. Oltre a questa definizione a carattere generale che riguarda la percezione, a questo termine viene associato il significato di specifica di uno stimolo di colore tramite tre componenti tricromatiche.

Colorimetria Misurazione dei colori, fondata su un insieme di convenzioni Componenti tricromatiche Quantità dei tre stimoli di colori di riferimento che, in un sistema

tricromatico dato, sono necessarie per uguagliare il colore dello stimolo considerato. Nei sistemi di riferimento colorimetrico CIE, le componenti tricromatiche sono rappresentate dai simboli X, Y, Z .

Coordinate tricromatiche Rapporto fra ciascuna delle componenti tricromatiche e la loro somma. Nel sistema di riferimento colorimetrico CIE, le coordinate tricromatiche sono rappresentate dai simboli x, y, z e x10, y10, z10 . Dato che la somma delle coordinate tricromatiche risulta uguale a 1, due coordinate sono sufficienti per definire la cromaticità (vedi).

Diagramma colorimetrico Diagramma piano i cui punti, definiti dalle rispettive coordinate tricromatiche, rappresentano le cromaticità degli stimoli di colore.

Efficienza luminosa [lm W-1]

Quoziente tra il flusso luminoso emesso e la potenza consumata dalla sorgente.

Fattore di riflessione (per una radiazione incidente di composizione spettrale, polarizzazione e ripartizione spaziale date) Rapporto tra il flusso luminoso riflesso e quello incidente nelle condizioni date.

Fattore spettrale di visibilità (di una radiazione monocromatica di lunghezza d'onda λ). Simbolo: V(λ).

Rapporto tra il flusso energetico di lunghezza d'onda λ e quello di lunghezza d'onda λo, quando le due radiazioni producono sensazioni luminose di uguale intensità nelle condizioni fotometriche specificate e λo è scelta in modo tale che il valor massimo di questo rapporto sia uguale a 1. Salvo indicazioni contrarie, i valori del fattore spettrale di visibilità in visione fotopica sono quelli raccomandati dal Comitato Internazionale dei Pesi e delle Misure nel 1972 e riportati nella norma CIE-ISO.

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Flusso energetico [W] Potenza emessa, trasmessa o ricevuta sotto forma di radiazione.

Flusso luminoso [lm]. Simbolo: Φ.

Grandezza derivata dal flusso energetico pesato secondo la sua azione sull'osservatore di riferimento fotometrico CIE.

Fotometria Misurazione delle grandezze che si riferiscono alla radiazione valutata secondo un fattore spettrale di visibilità dato, per esempio V(λ).

Fotometro Strumento destinato alle misurazioni delle grandezze fotometriche.

Goniofotometro Fotometro per la misurazione della ripartizione angolare di una grandezza luminosa caratteristica di una sorgente di luce, di un apparecchio di illuminazione, di un mezzo o di una superficie.

Grandezza Attributo di un fenomeno, un corpo o una sostanza che può essere identificato qualitativamente e determinato quantitativamente.

Illuminamento (in un punto di una superficie) [lx]. Simbolo: E.

Quoziente fra il flusso luminoso dΦ, ricevuto da un elemento di superficie contenente il punto, e l'area dA di detto elemento.

Indice di resa cromatica Valutazione quantitativa del grado di accordo tra il colore psicofisico di un oggetto illuminato dall'illuminante in prova e quello dello stesso oggetto illuminato dall'illuminante di riferimento, avendo tenuto conto dello stato di adattamento cromatico.

Intensità luminosa (di una sorgente, in una direzione data) [cd]. Simbolo I

Quoziente fra il flusso luminoso dΦ emesso dalla sorgente entro l'elemento di angolo solido dϕ contenente la direzione data, e detto elemento di angolo solido.

Luce (percepita) Attributo indispensabile e comune a tutte le percezioni e sensazioni che sono peculiari del sistema visivo. A volte questo termine viene usato come sinonimo di radiazione visiva (vedi).

Lumen [lm] Unità SI di flusso luminoso: il lumen è il flusso luminoso emesso nell'angolo solido unitario da una sorgente puntiforme e uniforme avente l'intensità luminosa di 1 candela.

Luminanza [cd m-2] (in una direzione data, in un punto dato di una superficie reale o fittizia) Simbolo L

Flusso luminoso trasmesso da un fascio elementare passante per il punto dato e propagantesi entro l'angolo solido dΩ contenente la direzione data, dA è l'area di una sezione di detto fascio nel punto dato, α è l'angolo tra la normale a detta sezione e la direzione del fascio.

Luminanza stradale media mantenuta

Valore medio della luminanza stradale in un tratto definito della carreggiata che deve essere garantito dai gestori dell’impianto di illuminazione attraverso interventi di manutenzione programmata e/o straordinaria.

Luminanzometro Strumento destinato alla misurazione della luminanza.

Lux [lx] Unità SI di illuminamento: illuminamento prodotto su una superficie con area pari a 1 metro quadrato da un flusso luminoso di 1 lumen uniformemente ripartito su questa superficie.

Luxmetro Strumento destinato alla misurazione dell'illuminamento.

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Miscela additiva di stimoli di colore

Stimolazione che combina sulla retina le azioni di vari stimoli di colore in tal modo che essi non possano essere percepiti individualmente.

Osservatore di riferimento fotometrico CIE

Osservatore ideale la cui curva di sensibilità spettrale è conforme alla funzione V(λ) per la visione fotopica o alla funzione V'(λ) per la visione scotopica, e che soddisfa alla legge additiva implicita nella definizione di flusso luminoso.

Radianza [W m-2 sr-1]

Grandezza definita come la luminanza (vedi) quando nella formula di definizione si ponga il flusso energetico al posto del flusso luminoso.

Radiatore di Plank: corpo nero

Radiatore termico ideale che assorbe completamente tutte le radiazioni incidenti, qualunque sia la loro lunghezza d'onda, la loro direzione e la loro polarizzazione. Si tratta del radiatore termico che, per tutte le lunghezze d'onda e in tutte le direzioni, presenta la massima densità spettrale di luminanza energetica per un radiatore termico in equilibrio termico a una temperatura data.

Radiazione ultravioletta Radiazione ottica con lunghezze d'onda inferiori a quelle della radiazione visibile. Nel campo tra 100 e 400 nm la radiazione ultravioletta è generalmente indicata con i simboli UVA tra 315 e 400 nm, UVB tra 280 e 315 nm e UVC tra 100 e 280 nm.

Radiazione visibile

Radiazione ottica che provoca direttamente una sensazione visiva Anche se il campo di lunghezze d'onda interessato dalla visione dipende dall'individuo e dall'illuminamento sulla retina, il limite inferiore è normalmente indicato tra 360 nm e 400 nm e quello superiore tra 760 nm e 830 nm.

Resa dei colori Effetto di un illuminante sull'aspetto cromatico degli oggetti illuminati, aspetto che viene paragonato consciamente o inconsciamente a quello degli stessi oggetti illuminati da un illuminante di riferimento.

Riflessione Rinvio di una radiazione da parte di una superficie o un mezzo senza cambiamento di frequenza delle sue componenti monocromatiche.

Riflessione diffusa Diffusione per riflessione in cui, in scala macroscopica, non si manifesta alcuna riflessione regolare.

Riflessione regolare; riflessione speculare

Riflessione secondo le leggi dell'ottica geometrica, senza diffusione.

Sistema tricromatico; sistema colorimetrico

Sistema di specificazione degli stimoli di colore nei termini delle componenti tricromatiche, fondato sull'uguagliamento dei colori per mezzo di una miscela additiva di tre stimoli di riferimento convenientemente scelti.

Sorgente primaria di luce Superficie o oggetto che emette luce prodotta da una trasformazione di energia.

Sorgente secondaria di luce Superficie o oggetto che, non emettendo luce di per se stesso, riceve luce e la restituisce, almeno parzialmente, per riflessione o per trasmissione.

Spettrofotometro Strumento destinato alla misurazione del rapporto di due valori di una grandezza radiometrica alla medesima lunghezza d'onda.

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Steradiante Unità SI derivata di angolo solido: angolo solido che, avendo il proprio vertice nel centro di una sfera, taglia un'area della superficie sferica uguale a quella di un quadrato avente per lato il raggio della sfera.

Temperatura di colore [K] Temperatura del radiatore di Plank la cui radiazione ha la stessa cromaticità di quella di uno stimolo dato.

Temperatura isoprossimale di colore [K]

Temperatura del radiatore di Plank il cui colore percepito assomiglia il più possibile, nelle condizioni di osservazione specificate, a quella di uno stimolo dato con la stessa luminosità.

Visione fotopica Visione dell'occhio normale quando è adattato a livelli di luminanza di almeno alcune candele per metro quadrato.

Visione mesopica Visione intermedia tra la visione fotopica e la visione scotopica.

Visione scotopica Visione dell'occhio normale quando è adattato a livelli di luminanza inferiore a qualche centesimo di candela per metro quadrato.

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BIBLIOGRAFIA

Leggi Nazionali

- Legge 10/1991 Norme per l’attuazione del Piano Energetico Nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia

- Dlgs 626/94 Attuazione delle Direttive riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro

Leggi Regionali

- Legge Regionale 24 marzo 2000, n. 31 "Disposizioni per la prevenzione e lotta all’inquinamento luminoso e per il corretto impiego delle risorse energetiche” - regione Piemonte (aggiornata con L.R. 23 marzo 2004, n. 8)

- Legge Regionale 27 giugno1997, n. 22 - regione Veneto - Legge Regionale 28 aprile 1998, n. 17 - regione Valle d’Aosta - Legge Regionale 21 marzo 2000, n. 37 - regione Toscana - Legge Regionale 27 marzo 2000, n. 17 - regione Lombardia (aggiornata con L.R.

21 dicembre 2004, n.38) - Legge Regionale 13 aprile 2000, n. 13 - regione Lazio - Legge Regionale 10 aprile 2000, n. 41 - regione Basilicata - Legge Regionale 25 luglio 2002, n. 12 - regione Campania - Legge Regionale 17 luglio 2002, n. 98 - regione Marche - Legge Regionale 29 settembre 2003, n. 19 - regione Emilia Romagna - P. Soardo, Linee guida per l’applicazione della L.R. 31/2000 (Regione Piemonte)

Norme UNI

- UNI 10439/2001 - “requisiti illuminotecnici delle strade con traffico motorizzato” - UNI 10819/1999 - “luce e illuminazione- impianti di illuminazione esterna-

requisiti per la limitazione della dispersione verso l’alto del flusso luminoso emesso”

Raccomandazioni CIE

- CIE n.92/1992 - “Guide to the lighting of urban areas” - CIE n.93/1992 - “Road lighting as an accident countermeasure” - CIE n.115/1995 - “Recommendations for the lighting of roads for motor and

pedestrian traffic” - CIE n.126/1997 - “Guidelines for minimizing sky glow” - CIE n.129/ 1998 - “Guide for lighting exterior work areas” - CIE n.136/2000 - “Guide to the lighting of urban areas” - CIE n.150/2003 - “Guide on the limitation of the effects of obtrusive light from

outdoor” Pubblicazioni scientifiche

- AIDI, “E le stelle stanno a guardare…, di P.Preti”, Luce, Maggio 2001 - AIDI, “Le leggi regionali contro l’inquinamento luminoso, di F.Prono”, Luce,

Maggio 2001 - AIDI, “Inquinamento luminoso: nuove soluzioni per le armature stradali, di

R.Biggi,”, Luce, 1/2003

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- AIDI, “Parzializzazione dell’illuminazione stradale, di P.Soardo”, Luce, 1/2003 - AIDI, “Risparmio energetico e flusso luminoso verso l’alto, di P.Soardo”, Luce,

1/2003 - AIDI, “La luce è anche molesta, di P.Soardo”, Luce, 3/2003 - AIDI, “Risparmio energetico e limitazione della luce verso l’alto non sono

sinonimi, di P.Soardo”, Luce, 5/2003 - AIDI, “Le norme UNI, di R.Lensi”, Luce, 7/2003 - AIDI, “Illuminazione pubblica e osservazioni astronomiche, di C.Rossi”, Luce,

6/2004 - Frascarolo M., “Controllo dei flussi luminosi dispersi: i diversi approcci al

problema a livello nazionale ed internazionale”. Atti Convegno Nazionale AIDI 2001, 2001

- Frascarolo M., Grignaffini S., “Un nuovo approccio metodologico al problema del controllo dei flussi dispersi: il regolamento tecnico d’attuazione della legge della Regione Lazio 23/2000”. Atti Convegno Nazionale AIDI 2001, 2001

- Frascarolo M., “Appunti per le lezioni al Master in Lighting Design”, Università “La Sapienza” di Roma, 2004-2005, www.masterlighting.it

- Suss M., “Appunti per le lezioni al Master in Lighting Design”, Università “La Sapienza” di Roma, 2004-2005, www.masterlighting.it

- Mercatelli L., “Appunti per le lezioni al Master in Lighting Design”, Università “La Sapienza” di Roma, 2004-2005, www.masterlighting.it

Testi

- Moncada Lo Giudice G., De Lieto Vollaro A., 1993, Illuminotecnica, Milano, Italia, Masson editoriale ESA

- Cinzano P., 1997, Inquinamento luminoso e protezione del cielo notturno, Venezia, Italia, Istituto di Scienze, Lettere ed Arti

- Tornquist J., 1999, Colore e Luce, teoria e pratica, Milano, Italia, Istituto del Colore, Edizioni Unicopli

- AIDI – Associazione Italiana di Illuminazione AA.VV, 1999, Manuale di Illuminotecnica, Milano, Italia, Tecniche Nuove

Cataloghi

- “LightExpress 2003-2004”, Osram - “Luce per l’era digitale”, Osram (moduli LED) - “Lampade ed accessori 2004”, Philips - “Master City White”, Philips - “Sistemi di illuminazione per l’esterno 2002-2003”, iGuzzini - “Contro l’inquinamento luminoso” iGuzzini - “AGABEKOV, Lighting Company International”, lampade Xenon L’inquinamento luminoso nel Web, Associazioni e Siti

- www.aidi.it (Associazione Italiana di Illuminazione) - www.anie.it (Associazione Nazionale Produttori di Illuminazione) - www.apat.gov.it (Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici) - www.afamweb.com (Associazione friulana di Astronomia e Meteorologia)

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- www.inquinamentoluminoso.it a cura di Pierantonio Cinzano - www.castfvg.it (Commissione Nazionale Inquinamento Luminoso) - www.cielobuio.org (Coordinamento per la Protezione del Cielo Notturno) - www.darksky.org (International Dark Sky Association ) - www.minoltakonica.com - www.istil.it (Istituto per l’Illuminazione) - www.sait.it (Società Astronomica Italiana) - www.uai.it (Unione Astrofili Italiani) - www.legambiente.it - www.enel.it (Ente Nazionale Energia Elettrica) - www.iguzzini.com (Sezione sull’inquinamento luminoso) - www.debora.pd.astro.it/cinzano/ (Inquinamento luminoso in Italia, a cura di

Pierantonio Cinzano) - www.dark-skies.freeserve.co.uk/ (Campaign for Dark Skies of the British

Astronomical Association) - www.darksky.ch (Dark-Sky Switzerland ) - www.astrosolare.it (Associazione Astrofili Monti della Tolfa) - www.iesna.org (Illuminating Engineering Society of North America) - www.hesnet.it a cura di Paolo Candy - www.gaspra.org (Gruppo Astrofili Pescaresi) - www.astrofilispezzini.org (Osservatorio Astronomico M.te Viseggi) - www.iac.es/proyect/otpc/INDEX.HTM (Oficina Tecnica Para La Proteccion De La

Calidad Del Cielo dell'Istituto di Astrofisica delle Canarie) - www.iap.fr/saf/cnpcn1.htm (Le Comite National pour la Protection du Ciel

Nocturne) - www.celfosc.org/mag6 (Magnitudo 6. Joint european effort to prevent lighting

pollution) - www.eso.org/outreach/spec-prog/aol/market/collaboration/lpoll/

(European Southern Observatory- Astronomy on line) Siti-web regionali consultati

- www.regione.veneto.it - www.regione.lombardia.it - www.regione.vda.it - www.regione.toscana.it - www.regione.piemonte.it - www.basilicata.net.it - www.regionelazio.it - www.regionemarche.it - www.regione.campania.it - www.regione.emilia-romagna.it

Riferimenti figure

- rif. 1: M. Frascarolo, Appunti per le lezioni del Master in Lighting Design, Dipartimento Itaca Università di Roma “La Sapienza” www.masterlighting.it

- rif. 2: J. Tornquist, 1999, Colore e Luce, teoria e pratica - rif. 3: M. Suss, Appunti per le lezioni al Master in Lighting Design Dipartimento

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Itaca Università di Roma “La Sapienza” www.masterlighting.it - rif. 4: Sito web MinoltaKonica - rif. 5: L. Mercatelli , Appunti per le lezioni al Master in Lighting Design

Dipartimento Itaca Università di Roma “La Sapienza” www.masterlighting.it - rif. 6: G. Moncada Lo Giudice, A. de Lieto Vollaro, 1993, Illuminotecnica, Masson

editoriale ESA - rif. 7: P. Soardo, Linee guida per l’applicazione della L.R. 31/2000 - rif. 8: Catalogo Osram, LightExpress 2003-2004 - rif. 9: Catalogo Philips, Lampade ed accessori 2004, - rif.10: AGABEKOV, Lighting Company International - rif.11: Catalogo Osram, Luce per l’era digitale - rif.12: iGuzzini, Sistemi di illuminazione per l’esterno 2002-2003 - rif.13: Sitoweb UAI,Unione Astrofili Italiani - rif.14: P. Cinzano, Inquinamento luminoso e protezione del cielo notturno (versione

online) - rif.15: Sitoweb DarkSky - rif.16: iGuzzini, Contro l’inquinamento luminoso - rif.17: AIDI, Luce, 5/2003, Risparmio energetico e limitazione della luce verso

l’alto non sono sinonimi, di P.Soardo, pagg. 36-37