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85 AOSTA. Emigrazioni e immigrazioni tra necessità economiche e strategie politiche La Valle d’Aosta rappresenta un caso particolare nella storia dell’emigrazione italiana. Sottopopolata dopo la peste del 1630, essa attirò sempre un numero di immigrati pari o superiore, a quello degli emigrati 1 , con l’eccezione del cinquantennio postunitario, quando, caso unico in Italia 2 , la popolazione residente diminuì. Il fenomeno è stato attribuito a diverse cause, sulle quali manca un orientamen- to storiografico condiviso per scarsità di studi 3 . È, invece, certo l’impatto negativo dell’Unità sulla demografia della regione 4 , cosicché è possibile individuare quattro momenti nell’andamento migratorio tra il 1861 e il 2020. Il primo, concluso nel 1915, vede l’espulsione di popolazione dal territorio; il secondo, fino agli anni Sessanta, il proseguimento dell’emigrazione degli autoctoni e la loro sostituzione con immigrati provenienti da altre zone d’Italia, principalmente veneti e calabresi; il terzo, una stasi nell’emigrazione e il proseguimento dell’immigrazione, questa volta anche extraeuro- pea; il quarto, corrispondente all’ultimo quindicennio, una nuova ondata emigratoria sia di cittadini italiani sia di stranieri di recente immigrazione. La Seconda guerra mondiale non costituisce, pertanto, una cesura significativa per la storia delle migrazioni valdostane. Infatti, l’immigrazione continuò ininterrotta dal primo sviluppo industriale, avviato con la creazione dell’Ansaldo Cogne nel 1917 5 , fino alla crisi degli anni Settanta, in contemporanea con l’esodo dalla montagna 6 tipico dell’intero arco alpino. A questo periodo seguì un quarantennio (1970-2010) caratterizzato dallo sposta- mento del baricentro economico dalla Cogne Acciai Speciali all’Ente Regione, che di Alessandro Celi, Fondation Émile Chanoux, Institut d’études fédéralistes et régionalistes di Aosta 1 Stuart J. Woolf, “Emigrati e immigrati in Valle d’Aosta”, in Stuart J. Woolf, a cura di, La Valle d’Aosta, Einaudi, Torino, 1995, p. 627. 2 Nel 1861 la popolazione residente era di 85.900 persone, scese a 81.457 nel 1911. La cifra del 1861 sarebbe stata superata soltanto solo dopo il 1945, grazie all’immigrazione. 3 Le uniche monografie edite sull’argomento sono: Elio Riccarand - Tullio Omezzoli, Sur l’émi- gration valdôtaine, Musumeci, Aosta, 1974 e Association Valdôtaine Archives Sonores, Émigration valdôtaine dans le monde, Musumeci, Quart, 1986. La prima si concentra soprattutto sugli anni tra le due guerre mondiali, la seconda presenta i dati noti all’epoca, che necessitano oggi di integrazione. 4 Cinzia Castagnaro - Lisa Francovich, Evoluzione della popolazione e comportamenti demografici in Valle d’Aosta, Fondation Chanoux, Aoste, 2004, p. 16. 5 Sulla storia dell’industria siderurgica: Corrado Binel, a cura di, Dall’Ansaldo alla Cogne Un esempio di siderurgia integrale, 1917-1945, Electa, Milano 1985. In Valle operarono anche l’ILLSA-Viola (metallurgia) e industrie tessili come la Châtillon. 6 Istituto Nazionale Economia Agraria, Lo spopolamento montano in Italia. Indagine geografico-economico- agraria Le Alpi liguri-piemontesi. Volume 1, Roma 1932.

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AOSTA. Emigrazioni e immigrazioni tra necessità economiche e strategie politiche

La Valle d’Aosta rappresenta un caso particolare nella storia dell’emigrazione italiana. Sottopopolata dopo la peste del 1630, essa attirò sempre un numero di immigrati pari o superiore, a quello degli emigrati1, con l’eccezione del cinquantennio postunitario, quando, caso unico in Italia2, la popolazione residente diminuì.

Il fenomeno è stato attribuito a diverse cause, sulle quali manca un orientamen-to storiografico condiviso per scarsità di studi3. È, invece, certo l’impatto negativo dell’Unità sulla demografia della regione4, cosicché è possibile individuare quattro momenti nell’andamento migratorio tra il 1861 e il 2020. Il primo, concluso nel 1915, vede l’espulsione di popolazione dal territorio; il secondo, fino agli anni Sessanta, il proseguimento dell’emigrazione degli autoctoni e la loro sostituzione con immigrati provenienti da altre zone d’Italia, principalmente veneti e calabresi; il terzo, una stasi nell’emigrazione e il proseguimento dell’immigrazione, questa volta anche extraeuro-pea; il quarto, corrispondente all’ultimo quindicennio, una nuova ondata emigratoria sia di cittadini italiani sia di stranieri di recente immigrazione.

La Seconda guerra mondiale non costituisce, pertanto, una cesura significativa per la storia delle migrazioni valdostane. Infatti, l’immigrazione continuò ininterrotta dal primo sviluppo industriale, avviato con la creazione dell’Ansaldo Cogne nel 19175, fino alla crisi degli anni Settanta, in contemporanea con l’esodo dalla montagna6 tipico dell’intero arco alpino.

A questo periodo seguì un quarantennio (1970-2010) caratterizzato dallo sposta-mento del baricentro economico dalla Cogne Acciai Speciali all’Ente Regione, che

di Alessandro Celi, Fondation Émile Chanoux, Institut d’études fédéralistes et régionalistes di Aosta1 Stuart J. Woolf, “Emigrati e immigrati in Valle d’Aosta”, in Stuart J. Woolf, a cura di, La Valle

d’Aosta, Einaudi, Torino, 1995, p. 627.2 Nel 1861 la popolazione residente era di 85.900 persone, scese a 81.457 nel 1911. La cifra del 1861

sarebbe stata superata soltanto solo dopo il 1945, grazie all’immigrazione.3 Le uniche monografie edite sull’argomento sono: Elio Riccarand - Tullio Omezzoli, Sur l’émi-

gration valdôtaine, Musumeci, Aosta, 1974 e Association Valdôtaine Archives Sonores, Émigration valdôtaine dans le monde, Musumeci, Quart, 1986. La prima si concentra soprattutto sugli anni tra le due guerre mondiali, la seconda presenta i dati noti all’epoca, che necessitano oggi di integrazione.

4 Cinzia Castagnaro - Lisa Francovich, Evoluzione della popolazione e comportamenti demografici in Valle d’Aosta, Fondation Chanoux, Aoste, 2004, p. 16.

5 Sulla storia dell’industria siderurgica: Corrado Binel, a cura di, Dall’Ansaldo alla Cogne Un esempio di siderurgia integrale, 1917-1945, Electa, Milano 1985. In Valle operarono anche l’ILLSA-Viola (metallurgia) e industrie tessili come la Châtillon.

6 Istituto Nazionale Economia Agraria, Lo spopolamento montano in Italia. Indagine geografico-economico-agraria Le Alpi liguri-piemontesi. Volume 1, Roma 1932.

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sostituì l’industria siderurgica quale primo datore di lavoro a livello locale7. Questa fase vide una pausa nell’emigrazione, grazie ai benefici finanziari dell’autonomia regionale, e l’aumento degli immigrati, provenienti ancora dalla Calabria, poi dal Maghreb, dall’Europa balcanica e orientale, infine dal Sudamerica e dalla Cina.

Gli effetti della crisi economica del 2008 colpirono la Valle in ritardo, ma con conseguenze dirompenti sull’edilizia, principale settore produttivo locale. La diminu-zione delle commesse provocò la partenza degli immigrati, mentre la limitazione del-la spesa imposta dallo Stato alla Regione, dopo il 2012, si è riflessa sulla sua capacità di assumere laureati, provocando l’emigrazione dei giovani più qualificati.

Un secondo aspetto caratterizzante il caso valdostano è lo stretto rapporto tra emigrazione e conservazione dell’identità regionale. La popolazione locale fu total-mente francofona fino agli inizi del XX secolo, quando le politiche del Regno d’Italia cominciarono a pesare negativamente anche in campo linguistico, con l’imposizione della lingua italiana nelle scuole e nell’amministrazione.

Divenuta oppressiva durante il fascismo, tale imposizione suscitò una resistenza culturale sostenuta dalle associazioni dell’emigrazione. Come altri emigrati, anche i Valdostani crearono associazioni di mutuo soccorso nei paesi di destinazione: la più antica ancora attiva, l’Union Valdôtaine de Paris, venne fondata nel 1897, seguita da analoghe iniziative a Lione, Ginevra e Losanna, mentre a New York gli emigrati che si ritrovavano presso una Pension valdôtaine fondarono nel 1909 La Valdôtaine Aid Society8, sciolta negli anni Ottanta. Particolare significativo, per statuto questo sodali-zio impiegava il francese al proprio interno. La fedeltà alla lingua materna fu, infatti, una costante dell’emigrazione valdostana che non si estrinsecò, però, nell’istituzione di corsi scolastici nei luoghi di emigrazione, ma nella partecipazione alle iniziative culturali9 e alla vita politica in Patria.

Per meglio chiarire questo fondamentale aspetto è opportuno procedere descri-vendo le caratteristiche di ciascuna delle fasi sopra individuate.

La prima fase: 1861-1915

Con l’istituzione del Regno d’Italia, la Valle d’Aosta entrò in una crisi profonda. La politica liberoscambista di Cavour aveva distrutto la plurisecolare industria metal-lurgica locale e la nuova frontiera con la Savoia, consueto polo di attrazione per il

7 Oggi la Cogne Acciai Speciali conta solo un migliaio di dipendenti a fronte degli oltre cinquemila della Regione.

8 Carlo Rossi - Stefania Roullet, La Vallee d’Aoste en Amerique. La Valdôtaine Société de Secours Mutuel de New York fondée en 1909 d’après Jean Perrod (1893-1979), AVAS, Aoste, 2019.

9 Come le Pro Schola di Champdepraz e di Challand-Saint-Victor, enti di assistenza scolastica per i bambini dei due Comuni, finanziati dagli emigrati a Parigi. In merito: Giuseppe Ciardullo, Valdôtains à Paris Le rôle joué par la Pro schola de Champdepraz dans l’émigration valdôtaine à Paris, 1919-1967, Musumeci, Quart, 1996.

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Ducato di Aosta10, limitò l’emigrazione stagionale, tipica della regione e di altre zone delle Alpi nell’età moderna11. Oltre a rendere difficili i passaggi verso la Francia, la nuova situazione comportò l’interruzione di quelli con i paesi a Nord, dove i valdo-stani germanofoni, i Walser, si erano diretti per secoli come commercianti ambulanti, seguiti da altri come mercenari12.

La Grande Depressione del 1873 aggravò ulteriormente la situazione, favorendo la spinta emigratoria e dando origine sia a una nutrita schiera di sacerdoti e suore missionarie13 sia a fenomeni di sfruttamento minorile e femminile denunciati dalla stampa del tempo14.

Prima della Grande Guerra, le mete privilegiate dell’emigrazione furono, oltre ai Paesi confinanti, l’Inghilterra e i continenti extraeuropei, in particolare le Americhe e gli Stati Uniti, che accolsero in maniera definitiva oltre 3.000 valdostani (il 3,5% circa della popolazione censita nel 1861). Colonie valdostane sorsero a New York, Chicago, in alcune contee del Colorado15 e nella Napa Valley16, in California. Le destinazioni rispondevano, di solito, alle caratteristiche fisiche e alle competenze pro-fessionali dei migranti, avvezzi a lavorare in montagna e al freddo, abili a lavorare il legno e col bestiame. Così i valdostani a Parigi svolsero principalmente due attività, frotteurs de parquet (lucidatori di pavimenti) e vetturini, poi divenuti tassisti: nel pri-mo caso, lavoravano il legno; nel secondo, dovevano resistere al freddo in attesa di clienti e gestire i cavalli. La medesima dinamica si riscontra in California, dove essi si stabilirono nelle zone vitivinicole, forti di un’esperienza millenaria, e in Colorado, dove lavorarono nelle miniere in altitudine prima di acquistare fattorie in valli simili a quelle del paese d’origine.

Le competenze in agricoltura svolsero un ruolo importante anche nell’emigrazio-ne in Sudamerica: Grat Nicco di Donnas, emigrato col fratello a Curitiba in Brasile

10 La Valle dipese amministrativamente dalla Savoia fino al 1861, tanto per il civile quanto per il reli-gioso.

11 Esemplare la presenza di un venditore ambulante di stampe valdostano, Louis Savoye, a Feltre nel 1543: Alessandro Paris - Massimo Rospocher, Lutero per via Ambulanti e stampe in Trentino e in Valsugana al tempo della Riforma, Museo Per Via, Pieve Tesino, 2019, p. 74.

12 La valle di Gressoney era conosciuta come Krämertal, “valle dei mercanti”, mentre da Torgnon in Valtournenche provenivano i Besenval, cittadini di Soletta (CH) dal 1628, nel Settecento alla guida del reggimento delle Guardie Svizzere alla Corte di Francia, nei cui ranghi militarono altri Valdostani, come dimostra il caso di Jean-Baptiste Gal. Si veda: Alessandro Celi, Tra due frontiere Soldati, armi e identità locali, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2013, p. 260-262).

13 Tra essi mons. Joseph Obert PIME, vescovo di Dinajpour in Bangladesh dal 1948 al 1968, e numerosi Fratelli maristi, il cui studentato a Bairo Canavese, località vicina alla Valle, costituì un polo di attrazione per molti valdostani.

14 La traite des blancs dans la Vallée d’Aoste, «Le Duché d’Aoste», 16 maggio 1900, p. 2. Più noti i casi degli spazzacamini (Avas, Les ramoneurs de la Vallée d’Aoste, Musumeci, Quart, 1981) e di Laetitia Toureaux Nourissat, prima vittima di omicidio nel métro di Parigi, nel 1937 (Annette Finley-Croswhite - Gayle K. Brunelle, Murder in the Metro, Old Dominion University, Norfolk, 2006).

15 George L. Vagneur, L’histoire des Vagneur, «Le Flambeau», 154, 1995, pp. 5-29.16 Marie-Rose Colliard, Un jeune prêtre au cœur valdôtain, R.A.V.A., Aoste, 2011, pp. 63-67.

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nel 1878, portò con sé viti e fragole, sviluppando una coltivazione che gli meritò il titolo di Ingegnere Agronomo17.

Il caso non è isolato: le memorie familiari e di paese ricordano numerosi perso-naggi le cui capacità imprenditoriali permisero fortunate carriere professionali. Oltre al barone Maurice Bich, fondatore della quasi omonima società produttrice di penne a sfera, si ricordano i Beck-Peccoz, commercianti gressonari divenuti produttori di birra in Baviera e lì nobilitati nel 1840 per meriti industriali, o i più recenti Kenneth Deffeyes, tra i massimi esperti mondiali di prospezioni petrolifere, e Jorge Lettry, preparatore automobilistico e pilota italo-brasiliano18, che fondò una fabbrica di dolciumi chiamata, non a caso, Gressoney Chocolate. Ultimo in ordine di tempo, Daniele Trèves, esperto di cave di marmo a livello mondiale, recentemente emigrato da Issogne in Colorado, dove ha trovato i discendenti dell’emigrazione valdostana di inizio Novecento19.

Come accennato, particolarmente utile agli emigranti si rivelò la conoscenza della lingua francese, che permise ai valdostani in Francia di confondersi con i “cugini” della Savoia, evitare le persecuzioni xenofobe e, più in generale, i controlli sull’emi-grazione clandestina. Essa risultò importante anche negli USA, dove «le français fut le grand gagne-pain des Valdôtains»20, permettendo loro di distinguersi dagli italiani21, di aspirare ad impieghi presso le famiglie agiate di New York e, nei casi più fortunati, di intraprendere la carriera universitaria. Esemplare il caso di Ernestina Branche, nata a Saint-Pierre nel 1890 ed emigrata nella Grande Mela nel 1912 per lavorare come hou-semaid, che riuscì a conseguire il diploma presso la Washington Irving High School, frequentare la New York University e diventare docente di lingue romanze nei college fino alla pensione, quando rientrò in Valle. Ugualmente legato alla conoscenza delle lingue il caso, più tardo, di Lilyan Zemoz Chauvin, nata a Parigi nel 1925 da padre valdostano, attrice e docente di recitazione ad Hollywood per la sua capacità di utiliz-zare gli accenti delle sei lingue che conosceva.

La seconda fase: 1915-1970

La seconda fase della storia migratoria della Valle d’Aosta vide tra il 1921 e il 1939 l’arrivo di 30.000 immigrati veneti e la partenza di altrettanti valdostani, su una popo-lazione che superava di poco le 80.000 unità, tanto che quest’ultima rimase stabile. In quegli anni gli Stati Uniti avevano chiuso le frontiere e la meta preferita fu la Francia, in particolare Parigi, i Comuni limitrofi di Aubervilliers, La Courneuve e Levallois-

17 Marco Cout - Francesco Maolet - Giorgio Nicco, Da Donnas a Curitiba, Bollettino della Bibliote-ca comunale di Donnas, n. 8, 2003, p. 40.

18 Su di lui si veda:<htpp://retroauto.com.br/Jorge-Lettry.php>.19 Frank Vanzetti L’emigrazione valdostana in Colorado, LJ Videoproduzioni, 2018.20 Ernestine Branche La Race qui meurt, allegato a «Le Flambeau», 247, 2019, p. 34.21 Ibidem: «Il ne fallait pas faire comprendre qu’il y avait la moindre relation avec l’Italie : même les

lettres qui portaient le timbre italien suscitaient des doutes».

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Perret22, e le fattorie della Seine-et-Marne, pur non mancando chi raggiunse mete più esotiche, spesso legate all’Impero coloniale francese23.

L’emigrazione tra le due guerre ebbe cause economiche e politiche. Tra le prime, occorre ricordare il crollo del sistema creditizio locale, basato su Istituti cattolici che non ressero alla politica di Quota 90 voluta da Mussolini. Tra le seconde, l’orienta-mento antifascista di molti emigrati, come testimonia Jacques Heurgon, negli anni Trenta studente dell’École française de Rome e addetto culturale dell’Ambasciata francese nel 1944. Egli ricorda come «Le hasard m’avait fait connaître, dès 1924, plu-sieurs amis italiens, presque tous Valdôtains, tous antifascistes»24. Il dato è confermato dall’esistenza di una sezione valdostana del Partito Comunista Francese a Parigi e dal ruolo, poco conosciuto, di un emigrato di Champdepraz, Augusto Jory, nell’orga-nizzare i rifornimenti alle truppe repubblicane durante la Guerra civile spagnola per conto del PCF.

Nell’emigrazione rimase, comunque, forte l’influenza cattolica grazie alla presen-za dell’abbé Auguste Petigat, un sacerdote diocesano di Aosta, ordinato nel 1908 e inviato a Parigi nel 1912 dal vescovo Jean-Vincent Tasso, a sua volta proveniente dalla Congrégation de la Mission con sede nella capitale francese, dove il futuro prelato aveva iniziato l’opera di assistenza agli emigrati italiani25.

A Parigi, Petigat creò, sull’esempio di agenzie quali l’Italica Gens26, il Secrétariat valdôtain d’émigration, fondò un giornale che, sotto vari nomi27, avrebbe pubblicato le cronache dell’emigrazione e della Valle d’Aosta fino agli anni Ottanta e organizzò ma-nifestazioni ed eventi sociali come l’Arbre de Noël, il veglione natalizio con spettacolo, premi, canti e danze, la cui tradizione continua ancora oggi, tanto a Parigi quanto nelle altre città sede di un’associazione di emigrati valdostani.

Inoltre, il sacerdote entrò in contatto con ambienti e circoli culturali che sosten-nero la sua lotta a favore della francofonia valdostana. Personaggio chiave in questa vicenda fu il principe Pierre d’Alcantara, conosciuto come Duca di Bauffremont, esponente di un’antica famiglia della Franca Contea. Questi rivendicava una lontana ascendenza valdostana e coinvolse Petigat nella redazione di una rivista, «La Pensée de France», dedicata alle letterature francofone nei paesi non francesi. A lui e all’abbé Petigat si deve attribuire la persistenza dei contatti degli intellettuali valdostani tanto con l’ambiente culturale francese quanto con altre minoranze francofone, come quel-

22 Sede di stabilimenti automobilistici dal 1898 al 1988, di industrie di cosmetici all’inizio del Novecen-to, di numerosi garage e società di taxi, è ricordato come il più popoloso Comune valdostano al mondo, per il gran numero di emigrati e di discendenti di emigrati che lo abitano.

23 Per l’Indocina, esemplare il caso di Éméric Lugon riferito da «Il Corriere della Valle d’Aosta», 21 gennaio 1960, p. 3.

24 Jacques Heurgon, La réconciliation franco-italienne en 1944-45, in Jacques Heurgon, Mélanges de l’École française de Rome. Italie et Méditerranée, tome 103, n. 2, 1991, p. 574.

25 Pietro Arbinolo, La colonia italiana a Parigi, Tipografia dell’Immacolata, Mondovì, 1911. 26 L’I.G. ebbe una propria agenzia ad Aosta, gestita dal salesiano don Livio Farina, tra il 1918 e il 1924.27 Sul tema, Gianna Cuaz Bonis - Paolo Momigliano Levi, a cura di, Giornali in Valle d’Aosta, 1841-

1948, Le château, Aosta, 1998.

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le delle Valli valdesi e del Québec. Gli influssi derivati da questi contatti confluirono nel pensiero di Émile Chanoux, teorico del federalismo valdostano, cosicché è possi-bile affermare che, almeno a partire dagli anni Venti del secolo scorso, l’emigrazione rappresentò un elemento fondamentale nella vita ideologica e politica della Valle.

Il ruolo politico dell’emigrazione divenne ancor più rilevante nell’immediato Dopoguerra, quando la Francia tentò di annettersi la regione: mentre continuava l’e-sodo dei valdostani28, gli annessionisti ebbero l’iniziale appoggio di Petigat e dei suoi collaboratori, nonché del Partito Comunista Francese, probabilmente all’interno di una più ampia strategia che guardava anche alla situazione di Trieste. Al di là dell’esito della vicenda, il rilievo assunto dalle associazioni dell’emigrazione rimase importante nella vita culturale e politica della Valle d’Aosta dei decenni successivi.

Così, mentre a Parigi sorgevano accanto all’UVP una compagnia teatrale, il Ride-au valdôtain29, e un’associazione dedicata agli sport tradizionali valdostani, l’A.S.UVP, in Francia e Svizzera continuavano a operare o nascevano ulteriori associazioni di emigrati valdostani30 e in Valle queste attività erano seguite dalle autorità politiche e dalla Chiesa.

Particolare importanza ebbe in questi anni un’iniziativa dell’abbé Petigat. Il prete raccoglieva ogni estate i figli degli emigrati e li conduceva in Valle, con un viaggio in treno e corriera. Qui i petits émigrés erano accolti dai parenti, nei villaggi di origine dei loro genitori: in tal modo non cessarono i contatti tra le generazioni e si mantennero i legami con gli emigrati dell’area francese, mentre quelli con altre zone del globo dipesero dai soli contatti familiari.

L’abbé Petigat morì nel 1958 e fu sostituito dal canonico Elia Pession31, che seppe tenere unite le diverse anime dell’emigrazione in anni di forte contrapposizione ide-ologica.

Nel 1953, le associazioni diedero vita alla Fête des émigrés, il pranzo annuale degli emigrati che raggiungevano il paese natale per le ferie estive e si riunivano con i resi-denti in un incontro che costituiva un segnale politico molto forte perché gli émigrés affermavano l’identità francofona loro e dei parenti rimasti in Valle, contribuendo in tal modo a rafforzare l’autonomismo, all’epoca in difficoltà. Questa impostazione fortemente politicizzata vide un ulteriore sviluppo negli anni Sessanta, quando l’a-pertura del tunnel del Monte Bianco eliminò una delle cause che avevano indotto la Francia ad abbandonare la questione valdostana, vent’anni prima, ossia l’isolamento della regione durante i mesi invernali.

28 Sandro Rinauro, Il cammino della speranza L’emigrazione clandestina degli italiani nel secondo dopoguerra, Einaudi, Torino, 2009, dedica un capitolo al caso valdostano.

29 Ne fu madrina Denise Grey, attrice nota al grande pubblico per il ruolo di Poupette ne Il Tempo delle mele, nata a Châtillon.

30 Nel momento di massima espansione, esistevano associazioni a Parigi, Losanna, Lione, Levallois, Grenoble, Ginevra, in Savoia, Costa Azzurra e a New York.

31 La sua biografia nell’ampio necrologio pubblicato dal «Corriere della Valle d’Aosta», 3 dicembre 1981, p. 2.

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L’inaugurazione del traforo, nel 1965, coincise con la ripresa dell’attenzione fran-cese per la situazione valdostana e con un maggiore impegno dell’amministrazione regionale a favore degli émigrés. Quest’ultima si concretizzò nella fondazione del Co-mité Fédéral des Sociétés de l’Émigration Valdôtaine (Co.Fe.S.E.V.), che riuniva – e riunisce ancora – le associazioni dell’emigrazione e contribuì a sviluppare iniziative per la formazione degli insegnanti e la trasmissione dei canali televisivi francesi in Val-le d’Aosta, grazie alla collaborazione tra l’ambasciatore Bernard Dorin – artefice del famoso discorso del generale De Gaulle a Montréal32 – e alcuni figli dell’emigrazione, tra i quali si ricordano: Marcel Jans, compagno di Georges Pompidou al liceo Louis Le Grand e nella Ligue d’Action Universitaire Républicaine et Socialiste33; Parfait Jans, sindaco di Levallois-Perret dal 1965 al 1983 e deputato PCF all’Assemblée Nationale a più riprese; Georges Valbon34, per oltre vent’anni Presidente comunista del Conseil départemental della Seine-Saint-Denis e del Charbonnage de France per alcuni anni.

La citazione di singoli personaggi può stupire, ma le piccole dimensioni della Valle rendono spesso il ruolo di una persona fondamentale nelle vicende collettive. Questo vale in particolare per l’abbé Petigat, prima, e per Fidèle Charrère, poi. Nato ad Aymavilles nel 1906, Charrère emigrò in Francia ed entrò nella redazione del giornale di Petigat; già impegnato nel movimento annessionista, divenne successivamente la personalità di riferimento tra gli émigrés: primo Presidente del Co.Fe.S.E.V., svolse un prezioso ruolo di collegamento con Dorin, sul quale mancano ancora studi specifici.

Nel Dopoguerra riprese anche l’afflusso in Valle degli immigrati, principalmente dalla Calabria, per lavorare alla Cogne, all’epoca società statale, nel contesto di un progetto politico ben preciso. Dopo la Liberazione, lo stabilimento siderurgico era stato il serbatoio di voti del Partito Comunista, che non a caso espresse il sindaco di Aosta fino al 1966. Con l’avvento del centro-sinistra, tale situazione doveva cambiare e per favorire la crescita elettorale del PSI, alleato con la DC, venne inviato ad Aosta un nuovo Segretario di partito, Francesco Froio, originario di Montauro (CZ). Questi utilizzò le assunzioni in fabbrica dei propri conterranei per scalzare l’egemonia della CGIL a favore della UIL e aumentare i consensi per il PSI. Malgrado suscitasse qual-che preoccupazione nello Scudo Crociato35, l’operazione ebbe successo: il PCI fu relegato all’opposizione in Regione e al Comune di Aosta; Froio divenne Presidente della Società Cogne e iniziò una fortunata carriera che lo condusse prima alla Came-ra, poi alla guida della Società del Traforo del Frejus.

La Valle d’Aosta vide, invece, modificare stabilmente la propria composizione demografica, con la componente di origine calabrese che raggiunse, in pochi decen-

32 Si veda la testimonianza dello stesso Dorin: <www.youtube.com/watch?v=BO02Ts0zbEw>.33 Archives Fondation Emile Chanoux, Fonds Charrère, lettera del 23 ottobre 1967 di Jans a Pompidou.34 Si veda: <www.leparisien.fr/seine-saint-denis-93/bagnolet-93170/georges-valbon-est-mort-20-07-2009-

585406.php>.35 Per contrastare la crescente influenza socialista sugli immigrati, in quegli anni la DC valdostana

sostenne la creazione di un «Centro Immigrati» affidato al prof. Orlando Formica, anch’egli calabrese. Il tentativo non riuscì, anche perché mancò il sostegno dell’Azione Cattolica diocesana, che rifiutò a Formica l’aiuto richiesto, come testimoniano i documenti dell’Archivio diocesano dell’associazione.

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ni, il 40% dei residenti totali, imponendo i propri usi e costumi, come la festa dei Santi Giorgio e Giacomo, patroni di San Giorgio Morgeto (RC), celebrata ad Aosta dal 1993.

La terza fase: 1970-2010

I quarant’anni successivi furono contrassegnati dalla grande disponibilità finanzia-ria dell’Ente Regione, che interruppe l’emigrazione e favorì ulteriore immigrazione. Ancora una volta, furono i calabresi a rappresentare la componente maggiore tra i nuovi arrivati, occupati principalmente nel settore edilizio, dove li seguirono albanesi e rumeni, tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del nuovo secolo. Nei medesimi anni, divenne rilevante anche la presenza degli immigrati maghrebini, inizialmente occupati negli alpeggi, dove si affermarono soprattutto quelli provenienti dall’Atlan-te: le ultime statistiche (2019) indicano in 1.580 i marocchini presenti in Valle, primi assoluti davanti agli albanesi (737), mentre sono 315 i tunisini e solo 58 gli algerini.

L’egemonia dell’Union Valdôtaine36 nella politica locale portò a nuovi cambia-menti, esemplificati dalla trasformazione della Fête des émigrés in Rencontre valdôtaine nel 1977. La formula dell’evento rimase la stessa, con la Messa, l’inaugurazione di un monumento agli émigrés e i discorsi ufficiali, seguiti dal pranzo durante il quale autorità politiche e religiose, emigrati in vacanza e residenti si trovano fianco a fianco per un pomeriggio in compagnia, ma la sua gestione fu assunta dall’Amministrazio-ne regionale, in collaborazione con quella del Comune ospitante37. La caratteristica principale della festa è, infatti, quella di svolgersi ogni anno in un Comune diverso, che ottiene un finanziamento specifico per l’evento e le iniziative ad esse correlate, come il recupero di edifici di interesse turistico e la realizzazione di pubblicazioni o esposizioni permanenti sul tema dell’emigrazione, grazie alle quali si è conservato un importante patrimonio di conoscenze e testimonianze.

Tanta attenzione nei confronti degli emigrati corrispose, però, alla progressiva perdita della loro influenza nelle vicende locali: gli emigrati e i loro discendenti sono ormai integrati nel paese di destinazione e molti di essi hanno perso i contatti con i parenti rimasti in Valle, mentre la loro funzione politica è venuta meno con l’af-fermarsi del partito autonomista. Così, pur essendo ancora attivo, il Co.Fe.S.E.V ha visto aumentare l’età media dei propri aderenti, scomparire alcune associazioni e annunciare la chiusura della Maison du Val d’Aoste, sede parigina del comitato.

36 Il movimento politico, fondato nel 1945, ottenne la maggioranza assoluta nelle elezioni regionali del 2003.

37 In proposito, si veda: <www.regione.vda.it/Eventi_istituzionali/manifestazioni/rencontre/default_i.asp>.

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Aosta. Emigrazioni e immigrazioni tra necessità economiche e strategie politiche 93PASSAPORTO

PASSAPORTO

L’ultimo decennio

Quest’ultima vicenda riassume simbolicamente la parabola dell’emigrazione valdo-stana nel Novecento. A lungo vagheggiata nei decenni postbellici come luogo di incontro per la comunità valdostana di Parigi, la Maison divenne realtà nel 2008, quando la Regione comprò a tal scopo un locale in centro a Parigi. La spinta degli emigrati si stava, però, esaurendo e la sua gestione venne affidata a un privato tramite appalto, col compito di renderlo un centro per la promozione della Valle in Francia. Così, quello che doveva essere un aiuto all’associazionismo spontaneo dei valdostani divenne, di fatto, un ente pararegionale, di cui è stata annunciata la chiusura nel gennaio 2020, non senza polemiche e interessamenti da parte della Magistratura.

Il paradosso della situazione risiede nella contemporanea ripresa dell’emigrazione da parte dei valdostani, molti dei quali si dirigono proprio in Francia per motivi di studio o di lavoro, grazie alla superiore conoscenza del francese rispetto ai coetanei italiani. Il fenomeno ha assunto proporzioni percentualmente rilevanti e dato origine a una prima ricerca, nel 201838, secondo la quale il 54,71% dei 1.484 valdostani iscritti all’AIRE risiede in paesi francofoni (in ordine decrescente, Svizzera, Francia, Belgio e Paesi africani), ma slegati dalle reti di sostegno utilizzate nel Novecento.

Ora come allora, però, sono le competenze professionali che permettono ai val-dostani di emigrare. All’epoca si mettevano sul mercato la resistenza fisica e le cono-scenze in campo agricolo, sostenute da una diffusa alfabetizzazione e dalla conoscen-za del francese, ora le lingue studiate dai valdostani fin dalla scuola di base sono tre, per l’aggiunta dell’inglese, e il fenomeno della fuga dei talenti rischia di ipotecare il futuro della regione, già segnata dalla ripartenza di una percentuale significativa dei nuovi immigrati. Dal 2014, infatti, i residenti stranieri sono diminuiti di oltre 1.200 unità (-13%) e l’incidenza percentuale di questo segmento di popolazione sul totale dei residenti in regione è scesa nel 2018 al 6,4% rispetto al 7,3% iniziale39. Particolare interessante, coloro che partono sono soprattutto donne, che ritornano nel Paese d’origine o cercano nuovo lavoro in altre zone d’Italia e d’Europa.

38 Michela Ceccarelli Émigrés 2.0, Musumeci, Saint-Christophe, 2018.39 Si veda: <www.regione.vda.it/statistica/statistiche_per_argomento/immigrazione/default_i.aspx>.

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PARTE SECONDA. SPECIALE PROVINCE D’ITALIA94PASSAPORTO

PASSAPORTO

AOSTA

Popolazione AIRE, residente e incidenza. Graduatoria primi 5 comuni per iscrizione AIRE.

Comune di iscrizione AIRE

1/1/2006

Comune di iscrizione AIRE

1/1/2020

Pop.AIRE

Pop. Residente

Incidenza%

Pop.AIRE

Pop. Residente

Incidenza%

Aosta 1.059 34.610 3,1 Aosta 2.093 34.052 6,1

Saint-Vincent 176 4.858 3,6 Saint-Vincent 303 4.564 6,6

Chatillon 128 4.829 2,7 Sarre 242 4.856 5,0

Quart 120 3.318 3,6 Chatillon 232 4.582 5,1

Sarre 108 4.509 2,4 Pont-Saint-Martin 219 3.638 6,0

Totale Provincia 3.544 123.978 2,9 Totale Provincia 6.965 125.501 5,5

Popolazione AIRE, residente e incidenza. Graduatoria primi 5 comuni per incidenza AIRE.

Comune di iscrizione AIRE1/1/2006

Comune di iscrizione AIRE1/1/2020

Pop.AIRE

Pop. Residente

Incidenza%

Pop.AIRE

Pop. Residente

Incidenza%

Saint-Rhemy-en-Bosses 44 369 11,9 Saint-Rhemy-en-Bosses 84 329 25,5

Issime 41 405 10,1 Rhemes-Notre-Dame 17 84 20,2

Perloz 41 467 8,8 Saint-Oyen 34 200 17,0

Saint-Oyen 18 221 8,1 Chamois 16 96 16,7

Rhemes-Saint-Georges 16 206 7,8 Issime 45 405 11,1

Totale Provincia 3.544 123.978 2,9 Totale Provincia 6.965 125.501 5,5

Iscritti AIRE, per comune di iscrizione e Stato estero di residenza. Primi 5 comuni e primi 5 Stati di residenza per ciascun comune.Comune iscrizione AIRE e Stato estero residenza

AIRE al 1/1/2006Comune iscrizione AIRE e Stato estero residenza

AIRE al 1/1/2020

Aosta Svizzera Francia Argentina USA Germania Aosta Francia Svizzera UK Germania Argentina

Totale (1.059) 35,4 17,4 4,8 4,8 4,7 Totale (2.093) 24,8 24,1 6,6 4,9 4,6

Saint Vincent Svizzera Francia USA UK Belgio Saint-Vincent Svizzera Francia UK Spagna USA

Totale (176) 36,8 25,7 6,6 4,4 3,7 Totale (303) 29,4 23,1 7,3 6,6 4,6

Chatillon Svizzera Francia Brasile Lussemburgo USA Sarre Francia Svizzera Spagna UK Belgio

Totale (128) 38,9 25,6 12,2 4,4 4,4 Totale (242) 38,0 19,4 7,9 7,0 4,5

Quart Svizzera Francia Germania UK Belgio Chatillon Francia Svizzera Brasile Lussemburgo Marocco

Totale (120) 40,0 19,0 16,2 6,7 5,7 Totale (232) 36,6 25,4 6,5 5,6 3,4

Sarre Svizzera Francia Spagna Brasile UK Pont-Saint-Martin Francia Svizzera Argentina Sud Africa UK

Totale (108) 33,3 27,2 11,1 8,6 8,6 Totale (219) 42,0 16,9 8,7 6,8 4,6

Totale Provincia Svizzera Francia Argentina Germania USA Totale Provincia Francia Svizzera UK Argentina Germania

Totale (3.544) 39,3 24,5 4,6 4,3 3,4 Totale (6.965) 29,0 26,7 5,4 5,0 4,2

Popolazione italiana residente

2006

2020

123.978

125.501

3.5446.965

Iscritti all’AIRE

+ 96,5%+ 1,2%