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“PROLUNGHIAMO IL PROLUNGATO” “PROLUNGHIAMO IL PROLUNGATO” giornalino scolastico - edizione on-line giornalino scolastico - edizione on-line anno 2016-2017 – marzo anno 2016-2017 – marzo In questo numero: “Uomini e lupi”: viaggio di istruzione classi seconde Laboratorio di epica Laboratorio di scrittura: personaggi Scoperti sette nuovi pianeti Laboratorio di scrittura: racconti di avventura Animali a rischio di estinzione Potenziamento classi seconde: diario Laboratorio di scrittura: leggende e fantasy Torneo di pallavolo Torino: viaggio di istruzione classi terze Fotografia al femminile Incontro con una Wjlma Badalini, partigiana Poetesse del 1500 Laboratorio di scrittura: fantascienza e horror Orto didattico: i lavori di marzo Poesie (1 D) Cultura quechua Racconti autobiografici Incendi in Liguria Racconto giallo: “La veste rossa” Storia della moda: gli anni '50 Castello della Manta: viaggio di istruzione delle classi prime Unplugged

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“PROLUNGHIAMO IL PROLUNGATO”“PROLUNGHIAMO IL PROLUNGATO”

giornalino scolastico - edizione on-linegiornalino scolastico - edizione on-lineanno 2016-2017 – marzoanno 2016-2017 – marzo

In questo numero:

“Uomini e lupi”: viaggio di istruzione classi seconde Laboratorio di epica Laboratorio di scrittura: personaggi Scoperti sette nuovi pianeti Laboratorio di scrittura: racconti di avventura Animali a rischio di estinzione Potenziamento classi seconde: diario Laboratorio di scrittura: leggende e fantasy Torneo di pallavolo Torino: viaggio di istruzione classi terze Fotografia al femminile Incontro con una Wjlma Badalini, partigiana Poetesse del 1500 Laboratorio di scrittura: fantascienza e horror Orto didattico: i lavori di marzo Poesie (1 D) Cultura quechua Racconti autobiografici Incendi in Liguria Racconto giallo: “La veste rossa” Storia della moda: gli anni '50 Castello della Manta: viaggio di istruzione delle classi prime Unplugged

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Impressioni sul viaggio d'istruzione a EntraqueImpressioni sul viaggio d'istruzione a Entraque

Il giorno 6 marzo sono andata in viaggiodi istruzione con la mia classe a Entraqueper visitar il “Centro faunistico Uomini eLupi” Quando siamo arrivati non credevo aimiei occhi: avevo davanti della vera neve!Soffice e candida neve che copriva imonti, i lati delle strade e alcuni prati; erodavvero felice ed entusiamata. Purtroppo poco dopo l'arrivo è iniziato a piovere, ma per fortuna ha smesso eabbiamo potuto contnuare la prima attività. Dovevamo dividerci in “branchi” e dare le risposte alle domande che ciponevano i lupetti, che erano delle monete di legno da “puntare” sulla rispostadata: erano dati al capobranco e poi da lui/lei puntati. A me non è piaciutamolto; invece la seconda attività, svoltasi all'interno, mi ha interessata di più.Si passava da una stanza all'altra guardando dei video che raccontavano lastoria di una donna appassionata di lupi, che da un suo amico viene a sapere diun lupo, Ligabue, libero, con un collare che permetteva agli uomini dicontrollarlo. Dopo aver passato tutte le sale siamo saliti sulla torrettad'avvistamento e abbiamovisto l'intero branco di lupi! Sono animali bellissimi,che mi danno impressione di fedeltà, coraggio e spirito di gruppo. È stato un viaggio bellissimo ed emozionante, che spero di ripetere in famiglia.

Inoltre ho sempre voluto un lupo, e quando vedo un 'cane-lupo' per strada mi emoziono esogno di averne uno; ora però sono più informata sulle loro abitudini e sul loro modo di vivere. Ci vorrei tornarecon tutto il mio cuore

fra quelle montagne che per me sono davvero magnifiche. Jamila Sane

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LABORATORIO DI EPICA IN PRIMA A : DAL CONFRONTO TRA I PROEMI DI ILIADEE ODISSEA AL BREVE PARAGONE TRA I PERSONAGGI DI ACHILLE E ULISSE

Il protagonista dell’ Iliade è il furioso e quasi non umano Achille, mentre quello dell’ Odissea è Ulisse: sono uomini totalmente diversi, condividono un grande orgoglio, ma le loro differenze sono tante.Achille era vendicativo e quasi testardo: un esempio evidente di questo aspetto è quando dice ad Agamennone che non parteciperà alla guerra, anche perché offeso.Ulisse, invece, è un uomo curioso e vede nel viaggio una nuova scoperta, ogni giorno, ma non si spaventa davanti al pericolo, come quando trova un’ enorme impronta, ossia quella del Ciclope Polifemo.Insomma, Achille ed Ulisse sono uomini di grande potere, ma con molte differenze.Pace Alessia

Achille è molto forte e veloce, non prova tante emozioni e non pensa primadi agire: è molto irascibile.Invece Odisseo, prima di agire, pensa e prova tante emozioni, è molto furboe convincente; cerca di aiutare i suoi compagni, prova nostalgia per lapatria lontana e amore per sua moglie e suo figlio, nonché odio per i Proci.Maicol Novelli

Ulisse era molto curioso, amava l’avventura e provava molto dolore per la sua famiglia e anche per la nostalgia della sua patria; comunque, Ulisse prima di agire rifletteva , invece Achille non pensava neanche: agiva subito ed era molto impulsivo, irascibile.Il confronto tra l'Odissea e l'Iliade è questo: nel primo poema si parla maggiormente della pace, ma anche dell'avventura e del viaggio di Ulisse; l'Iliade, invece, tratta di guerra e del conflitto tra la città di Troia e la Grecia.Bevilacqua Beatrice

Achille è molto aggressivo, non pensa prima di agire ed è irascibile: è un semidio.Odisseo è molto furbo e intelligente, utilizza l’inganno e tiene a sua moglie, al figlio e al suo fedele cane Argo.Fabio Nicolosi

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Achille, il Pelide, agisce con forza bruta; è vendicativo, con Ettore, ma alla fine, di fronte al divino Priamo, non sa resistere alla sua richiesta di restituire il corpo di Ettore elmo lucente, dimostrando ilsuo rispetto!

Invece Odisseo è favorevole alla guerra ragionata; nel suo poema si parla di odio verso i nemici, madi amore verso gli amici e fa di tutto per difendere prima loro e poi se stesso.Infine si può dire che Achille è più egoista e irrazionale, mentre Odisseo è altruista e favorevole al ragionamento.Luca Legrottaglie

Dal poema dell’ira funesta “che infiniti addusse lutti agli Achei”, possiamo capire che Achille è molto violento: si fa prendere dall’ira. Assomiglia all’uomo per i suoi sentimenti e istinti.

Odisseo è molto scaltro, furbo e credibile: sembra l’uomo moderno.Achille, confrontato con Odisseo, non ragiona prima di agire; Odisseo, invece, ragiona e poi agisce.Matteo Piras

Achille, il guerriero più forte tra i Greci, non pensa due volte prima di andare a combattere, invece Odisseo, re di Itaca, ragiona.Achille non compie un viaggio, mentre Odisseo ne affrontò uno di dieci anni.La lontananza da casa dura vent’anni perché Odisseo trascorre dieci anni in guerra e dieci in viaggioin mare; l’Iliade dura molto meno.Ad Achille muore il cugino Patroclo e ad Odisseo la madre: entrambi, in qualche modo, soffrono.Odisseo è più intelligente ed usa la sua intelligenza per affrontare i nemici, mentre Achille non ragiona e si arrabbia facilmente; Odisseo, invece, è subito pronto ad aiutare i suoi amici, ma quandova contro i nemici è molto valoroso.Simone Tolaini

Achille è un semidio impulsivo, irascibile, che non pensa a quello che fa e che usa solo la forza: è vendicativo, ma se si sa quali parole utilizzare si trasforma, come accade con Priamo.Invece Odisseo (o Ulisse) è furbo, calmo: non agisce subito, ma pensa, è convincente e sa usare bene le parole; è spietato verso i nemici, ma molto altruista e caritatevole con gli amici e nel suo cuore ha sempre la sua famiglia lontana.Valdiserra Mattia

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Odisseo è un uomo molto furbo, che vuole conoscere ciò che gli altri uomini non sanno, ma è legatoalla famiglia.Achille è un uomo molto coraggioso, forte con le armi ed, anche se alla vista sembra in grado solo di provare rabbia e combattere, in realtà è capace di avvertire emozioni.Odisseo e Achille sono molto diversi, perché Odisseo agisce con furbizia, pensando alle conseguenze, mentre Achille si fa prendere dall’ ira ed agisce senza pensare.Odisseo è molto curioso e vuole esplorare nuove terre, mentre Achille è interessato solo al combattimento, dedicandosi quindi alle armi.Damonte Emma

Achille, al contrario di Odisseo, è spietato ed è molto impulsivo: non ragiona su quello che fa ed Achille è molto irascibile; non è molto umano, perché non prova emozioni vere, a parte la rabbia.Odisseo, invece, è più pacato, ragiona su quello che fa, protegge i suoi amici, ma è anche molto spietato quando deve difendere la sua gente: ricordiamo la sua intelligenza .Riccardo Marchi

I PERSONAGGI CHE MI PIACCIONO Odisseo mi assomiglia per il modo di inventare stratagemmi, con i quali riesce a superare ogni avversità: per esempio durante la guerra di Troia inventò lo stratagemma del cavallo e, con quello, i Greci vinsero la guerra.La personalità di Odisseo è complessa: egli è molto ingegnoso, furbo, scaltro e anche generoso; riesce a convincere le persone grazie alla parola e per questo è molto persuasivo, ma è anche molto vendicativo.Per esempio, nell’avventura del Ciclope, Odisseo non si lascia scoraggiare, anzi: riesce, utilizzando l’inganno di presentarsi come Nessuno, a sconfiggere Polifemo; mi è molto piaciuta questa scena, perché non si è fatto intimorire dai muscoli e dalla brutalità, ma lo ha battuto con l’inganno e l’intelligenza.Odisseo amava inventare ed anche a me piace realizzare oggetti: per l’inventiva gli somiglio, perchéa me piace molto costruire; proprio in questi gironi sto cercando di costruire, per gioco, un aereoporto.Un altro personaggio che apprezzo, questa volta della narrativa, è Willy Wonka perché, come lui, mipiace molto magiare i dolci: è molto diverso dagli altri, non ha paura del giudizio di altre persone e penso di assomigliargli.Anche Willy Wonka, come Odisseo, è molto creativo; inoltre ama gli scherzi e prova ad inventare cose impossibili. Queste caratteristiche mi piacciono molto; a lui non importa cosa diranno le persone o il loro giudizio negativo.Mi ha insegnato a provare e riprovare, finché non si riesce nel proprio scopo.Willy Wonka, quando è in pericolo, non va in panico, ma cerca sempre di agire e questo mi piace molto.Un altro aspetto che ho in comune con Willy Wonka è la capacità di immaginazione, di rimanere bambino e non diventare una mente adulta che pensa solo al guadagno: egli infatti rimane pieno di fantasia.Ho apprezzato molto l’episodio dell’ascensore, di vera fantasia.Questi due sono i personaggi che mi assomigliano, per il modo di essere e di fare, ma che mi hanno anche trasmesso ciò che non sapevo prima: Odisseo mi ha insegnato a non arrendermi mai e Willy Wonka a non interessarmi costantemente del giudizio degli altri, a non perdere mai la fantasia.Anche se sono due personaggi diversi, mi assomigliano, tra libertà, diversità, un pizzico di vendetta,e sono entrambi importanti per me. Fabio Nicolosi, I A

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Guido Maluccio

Guido, un vecchio bacucco, abitava proprio davanti alla mia magione; era un tipo strambo, indossava dei vestiti da fare invidia alla Maga Magò : scarpe nere, pantaloni bianchi, giubbetto nero e capello bianco.Egli era un grande pilota e insieme al compagno Pino De Fustis, dall’albero genealogico pieno di ramificazioni, raggiunse svariati traguardi; tra quelli più importanti ricordiamo la “ Piston Bar ”, che consisteva in una gara di tre giri dove, chi arrivava prima al bar, vinceva grappa gratis per un giorno.Da quando il suo migliore amico Pino era bruciato in un incendio, egli era diventato cupo; non andò neanche a ritirare il premio “ Guiness World Record“ come uomo dalle orecchie più lunghe; infatti si diceva che Dumbo lo invidiasse così tanto che era lui ad accompagnarlo alle gare!

Luca Legrottaglie Classe 1a A

Laboratorio di scrittura: personaggiLaboratorio di scrittura: personaggi

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Scoperti pianeti simili alla Terra!Scoperti pianeti simili alla Terra!

È la più importante scoperta degli ultimi anni: si trovano in un sistema solarea 40 anni luce da noi e molti di loro sono in una "zona abitabile",

potenzialmente adatti a ospitare la vita.

Una delle notizie scientifiche più importanti degli ultimi anni é la scoperta degliesopianeti paragonabili alla Terra . I sette nuovi pianeti si trovano in un sistema solarea 40 anni luce di distanza. Almeno tre di loro sono in una “zona abitabile”, forse conacqua liquida sulla superficie, condizione che avrebbe reso più probabile laformazione della vita. La scoperta degli esopianeti è stata effettuata da un gruppo diastronomi dello STAR Institute dell’Università di Liegi, in Belgio, ed è statapubblicata sulla rivista scientifica “Nature”. Questo sistema planetario ha la quantitàpiù alta di pianeti con le dimensioni della Terra, mai scoperta fino ad ora, e conun’alta probabilità di avere laghi e oceani sulla loro superficie.

Struttura e Scoperta

I sette esopianeti orbitano intorno a una “nana rossa”, più piccola e fredda del Sole, TRAPPIST-1, che è visibile nella costellazione dell’Acquario. I pianeti sono stati chiamati col nome della loro stella di riferimento, a cui è stata aggiunta una lettera in ordine alfabetico dal più vicino al più lontano:TRAPPIST-1b, TRAPPIST-1c, fino a TRAPPIST-1h.

Trappist ha una massa pari all’8% di quella del Sole, paragonabile a quelle diGiove, e un diametro di circa 11 volte quello della Terra. La stella era già conosciutada Gillon e colleghi e aveva portato alla scoperta, nel 2015, di tre dei sette pianetioggi conosciuti di quel sistema planetario.

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I ricercatori hanno determinato l’esistenza e le caratteristiche dei sette pianetigrazie alle osservazioni e ai dati raccolti da diversi telescopi in orbita intorno allaTerra per evitare i disturbi e le distorsioni che si hanno osservando il cielo attraversol’atmosfera. La loro scoperta è stata effettuata con una tecnica che consente di osservareindirettamente nuovi corpi celesti; semplificando molto: si osserva una stella e sirilevano i suoi periodici cambiamenti di luminosità, che si verificano quando unpianeta le passa davanti coprendola in parte. Basandosi su questi parametri, gliastronomi riescono a ricostruire molte informazioni sui pianeti, determinando le lorodimensioni, la composizione e la distanza dalla stella di riferimento.

Gillon e colleghi scrivono nel loro studio che almeno 6 pianeti su 7 sono comparabilicon la Terra per le dimensioni e la temperatura. I dati dicono anche che i 6 pianeti piùvicini alla nana rossa sono rocciosi, come il nostro. Le orbite intorno a TRAPPIST-1sono inferiori persino all’orbita di Mercurio, il pianeta più vicino al Sole. La minoredistanza non comporta che il clima sugli esopianeti scoperti sia torrido einsostenibile per la vita, perché TRAPPIST-1 è meno calda rispetto alla nostra stella. I ricercatori stimano che TRAPPIST-1c, d ed f ricevano energia quanto Venere,Terra e Marte grazie al Sole. Potenzialmente tutti e sette gli esopianeti potrebberoavere acqua allo stato liquido sulla loro superficie, anche se TRAPPIST-1b, c e dsono forse troppo caldi per averne grandi quantità diffuse in più aree. Ci sono inoltreulteriori prudenze sull’ultimo, per il quale si ipotizza un clima troppo freddo permantenere molta acqua allo stato liquido in superficie. Nel complesso, i tre pianeticon i requisiti più in ordine per essere abitabili sono TRAPPIST-1e, f e g. È naturalmente ancora prematuro sostenere che ci sia vita su uno dei 7 pianeti, ma la loro scoperta consentirà ora ai ricercatori di concentrare le attenzioni su un gruppo planetario vicino, in termini astronomici, e che potrà essere indagato meglio in futuro con i nuovi telescopi più potenti cui sono al lavoro sia ESO sia NASA, e che dovrebbero essere pronti entro pochi anni.

Tratto dal sito ''Il Post'' del 23 Febbraio 2017

K. Nanfria e M. De Giovanni

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UN'ANTICA SCOPERTA

Quando partii, tutta l'Italia si mise a ridere: in molti mi dicevano che non avrei trovato nulla, perché già Colombo aveva scoperto ciò che serviva.Partii con la sola fiducia di due o tre persone, non di più, ma quando sbarcai, dopo aver attraversato delle terribili tempeste marine, mi fu restituita tutta la felicità che avevo perso per quell' enorme sfiducia. Avevo trovato un'isola abbastanza grande, che sulla cartina non c'era.Subito mi sembrò deserta, ma mano a mano che attraversavo la sua intricata giungla, mi ritrovai davanti un enorme villaggio abitato.Provai a comunicare con gli abitanti, nelle diverse lingue che conoscevo, ma era tutto inutile :non mi capivano; alla fine presi un ramoscello e disegnai sul terreno.Allora mi portarono dal loro capo, che mi fece vedere, in una grotta, alcuni disegni dei suoi antenati.Guardandoli, capii che erano probabilmente discendenti della stirpe degli "indios" d' America, scampati e scappati durante la colonizzazione dei "conquistadores".Per un mese rimasi a vivere con loro in tutta tranquillità ed imparai qualche parola di quella strana lingua, portando a scuola i bambini.La figlia maggiorenne del capo, la principessa Luna Splendente, si offrì di aiutarmi ad imparare gli usi ed i costumi della sua civiltà.Quando decisi di tornare a casa, promisi che non avrei raccontato nulla di loro e della loro isola, anche se questo avrebbe voluto dire rinunciare alla fama ed alla gloria della scoperta.Alla principessa, essendole molto riconoscente, promisi che l' avrei portata in seguito, in America, ilsuo continente d' origine.Infatti, dopo quasi un anno, andai di nuovo sull' isolotto "Desperados": lo chiamavo così, perché c' erano appunto i disperati scappati dalle Americhe. Ero deciso a mantenere la promessa fatta a Luna Splendente, ma la situazione si complicò un giorno in cui facemmo l' ultima gita nella foresta pluviale.Presi dai nostri discorsi, emozionati dall' essere insieme, abbagliati dalle bellezze dall' isola, coi suoicolori, le cascate e le verdi cime, non trovammo più il sentiero per il villaggio.Era strano che un esperto esploratore come me non riuscisse a rintracciare la strada, ma dopo una limpida notte sotto le stelle, con Luna, all' alba trovai dei segni familiari: sembravano dei segnavia, proprio come quelli che indicano i sentieri anche sulle nostre montagne.Seguendo i segnali, trovammo una tenda in mezzo ad una radura, dove la fitta vegetazione tropicale lasciava spazio ad un bel praticello. Era la tenda, molto antica, forse di qualche esploratore o scienziato, che si era perso, anche lui, scoprendo questa lussureggiante isola misteriosa.Tra gli strumenti trovai una vecchia bussola, un po’ impolverata, ma funzionante; con quella non

Laboratorio di scrittura: il racconto d'avventuraLaboratorio di scrittura: il racconto d'avventura

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avrei più avuto problemi a ritrovare la strada, anche nella più intricata giungla.Io e Luna Splendente ritornammo al villaggio, stanchi e affaticati, ma salvi.Ella decise che sarebbe rimasta a fianco della sua gente; quindi, ancora una volta, io ripartii da solo.Un po’ di tristezza mi assalì : sarei riuscito a trovare la via di casa anche questa volta? È sarei stato capace di ritornare a vedere Luna?Quando raggiunsi, finalmente, casa mia, ero felice, anche se confuso di questa strana avventura.Un giorno mi decisi a scrivere la mia storia, per quanto assurda fosse, ma solo per me, per emozionarmi di nuovo al ricordo di quella scoperta e delle amicizie strette.

Ilaria Penco, II B

Avventura nella foresta amazzonica.

Un giorno, con un gruppo di esploratori, decisi di andare a fare delle ricerche nella grande foresta amazzonica tropicale.Quando giungemmo lì, l’elicottero mosse tutti gli alberi e scendemmo. Dopo essere arrivatisulla terra americana, andammo a perlustrarla e, come primo animale, vedemmo un serpenteverde su di un albero, ma non ci facemmo intimorire e proseguimmo. Camminando nelbosco, osservammo che le radici erano alte ed enormi spuntavano dal terreno. Ci furononumerosi pericoli, tra i quali animali come: ragni, vipere o altri esseri velenosi.Uno dei miei compagni, che percorse l’altro versante della quercia, cadde nelle sabbiemobili, però non ce ne accorgemmo subito: venne avvolto tra i granelli di sabbia e portato inprofondità; dato che era spaventato, iniziò ad urlare: così lo sentimmo. Un mio compagno gli lanciò rapidamente una corda e lo aiutò a risalire in superficie. Inquel periodo anche i ladri delle nostre notizie giornalistiche erano lì e nell’enorme polmoneverde c’era solo il loro capo, di nome Mark. La loro base era segreta e si trovava a NewYork e il titolo del giornale era: “News Thief”; allora gli chiedemmo perché fosse lì e cirispose che non erano affari nostri; detto questo, continuò a camminare. Dopo le sue parole,quando andò via, lo tenemmo d’occhio, spiandolo e mimetizzandoci tra le piante e sui rami.Questo fu molto pericoloso, ma ne valse la pena, perché continuò a camminare avanti,tranquillo, senza sospettare di essere seguito.Quando ci sembrò che tutto andasse per il meglio, ricominciammo a percorrere la nostrastrada. Però, proprio quando non ce l’aspettavamo, sentimmo uno strano grido e la voceassomigliava a quella del nemico. Quando giungemmo sul posto, dopo aver percorso tantastrada, lo guardammo ferito a terra; i miei quattro compagni ed io accorremmoimmediatamente.

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Era stato colpito da una pianta carnivora. Era spietata e cattiva, dopo che il ladro le avevatagliato una parte di radice e sembrava volersi vendicare di lui.In seguito a numerosi tentativi, riuscimmo a catturarla e a portarla nel veicolo volante,insieme all’antagonista; così, quando arrivammo a Los Angeles, città di partenza, il vegetalevenne portato al museo, dove fu nutrito dai biologi.Quanto a Mark, insieme ai suoi collaboratori, finì di rubare le novità al nostro giornale;inoltre, dato che c’era lì la polizia, per far giustizia, egli disse che non avrebbe fatto più delmale a nessuno e, sotto la nostra fiducia, sarebbe entrato a far parte del nostro giornale: noi,con un po’ di timore, che durò solo nei primi giorni, lo accogliemmo volentieri, perchéaveva doti giornalistiche stupende e lavorammo tutti insieme con il nome di: “Team Work”.

Pandiscia Davide, II B

Il tesoro scomparso

Sam, un giovane avventuroso, mentre legge il giornale, nota un articolo che parla di un tesoro nascosto da un nobile da poco deceduto. Ormai pronto, con provviste di cibo sufficienti per un mese, il ragazzo parte all’ avventura. Sbarcato dal suo aereo, si trova a vagare nella foresta pluviale; grazie ad alcuni indizi, capisce dove si trova il tesoro. Il mattino seguente si sveglia e si incammina verso una cripta, ma Jack, un cacciatore di tesori senza scrupoli, lo cattura, costringendolo a rivelare la posizione del tesoro. Una volta giunti alla cripta, c’è una complicazione: un enigma. Sam, mentre il bandito dorme, si libera, risolve l’indovinello e si avventura nella catacomba. Grazie ai racconti di suo nonno, scova le trappole e le disabilità con alcuni sassi, vistoche si tratta di tranelli a pressione. Ormai giunto alla sala del tesoro viene raggiunto da Jack, che avido di potere e oro corre, inciampa e cade, premendo così un interruttore che fa sparare venti bocchette piene di frecce: queste lo trapassano. Sam, cauto, recupera il tesoro e, tornato a casa, lo deposita nel museo di famiglia.Luca Martinelli, II B

"Il cucchiaio d'oro"Un pomeriggio di Gennaio Alberico e Rossella trovarono in cantina un vecchio libro che narrava la leggenda del cucchiaio d'oro.Secondo quest'ultimo l'oggetto si trovava sulla cima del Monte Rosa, da diversi secoli.I due ragazzi decisero che avrebbero tentato l'impresa.Preparati gli zaini, la mattina seguente si misero in cammino.Il paesaggio era splendido: la neve avvolgeva tutti i prati e gli alberi; il cielo era coperto dalle nuvole, la temperatura era di molto sotto lo zero e diversi animali

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attraversavano, furtivi, il sentiero.Tutto sembrava perfetto, ma Alberico, senza l'approvazione di Rossella, decise di avventurarsi nel bosco, lasciando il sentiero, per accorciare il percorso.Poco dopo, i due ragazzi videro, in mezzo alla nebbia, due luccicanti occhi azzurri, poco amichevoli: capirono subito che si trattava di una lupa con i suoi cuccioli.L'animale, per difendere i suoi piccoli, iniziò a ringhiare, mostrando i denti aguzzi.I ragazzi sapevano che non sarebbero dovuti scappare e restarono immobili, fissando negli occhi la lupa, finché quest'ultima non indietreggiò e andò via.I due ragazzi, dopo quel grande spavento, raggiunsero le parete rocciosa e iniziarono la scalata.La montagna era molto ripida e ricca di pericoli; una roccia appuntita tagliò la mano di Rossella, ma i due coraggiosi ragazzi erano determinati a proseguire.All'improvviso una terribile bufera di neve interruppe la scalata.I ragazzi non potevano andare avanti e si trovarono ricoperti di neve e ghiaccio; la temperatura scese ulteriormente e, per diverse ore, i due resistettero, stando vicini, in modo da fornire calore l'uno all' altro.Non appena la bufera si allontanò i ragazzi, stanchi, ripresero la salita.Arrivati in cima, videro il maestoso cucchiaio d'oro davanti ai loro occhi: erano stupefatti dalla sua bellezza; così lo afferrarono e, con forza, lo estrassero dalla roccia.Fieri della loro impresa, scesero dalla montagna, mostrando il cucchiaio d'oro in tutta la sua maestosità.

Serena Carta, II B

L’ULTIMO VIAGGIO

Una sera un gruppo di vecchi amici si riunì , dopo molto tempo, a casa di Luca per giocare a “poker”. Tra una mano e l’altra ricordarono le grandi avventure vissute insieme: i viaggi in Australia, in Alaska , in Africa e in molti altri luoghi. Presi dalla nostalgia , decisero ,sul momento, di intraprendere un’ultima avventura insieme. Le opzioni erano tante, ma alla fine scelsero si andare in Sud America, nella forestapluviale. La partenza fu fissata per il “week-end” successivo. Noleggiato l’elicottero e ultimati i preparativi, arrivò il giorno tanto atteso. S’incontrarono all’alba e, salutate le rispettive mogli, partirono, felici come i bambini il giorno di Natale. Il viaggio fu molto lungo e dovettero fare numerose soste. Tutto era sotto controllo e la destinazione era ormai vicina. All’improvviso, però, l’elicottero inizioad inclinarsi, perché si era alzato un forte vento; la situazione peggiorò, quando videro una pala staccarsi dall’elica e si accorsero che l’elicottero stava precipitandonella foresta. A quel punto ci fu il buio. Quando Marco aprì gli occhi, non seppe dire per quanto tempo avessero perso i sensi lui e i suoi amici e, in più, lo scenario non era dei più rassicuranti: il loro unicomezzo per tornare a casa giaceva, distrutto, tra gli alberi. Rianimati i suoi

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compagni, Marco si accorse che, fortunatamente, nessuno era rimasto gravementeferito, grazie alla vegetazione che aveva attutito lo schianto. Il primo problema fu costruire un riparo dove trascorrere la notte, utilizzando i resti dell’elicottero. Dopo qualche giorno, le scorte di cibo si esaurirono e, per di più, non si era ancora trovato il modo per tornare a casa. Ora conoscevano piuttosto bene la zona circostante, avendo girovagato già abbastanza nei dintorni,senza troppe difficoltà. Il cibo, però, continuava a scarseggiare e, quindi, gli amici furono costretti a spingersi più lontano, andando incontro a luoghi ancor più sconosciuti, senz’altro, ricchi di pericoli e sorprese. Decisero, così, di dividersi i compiti: Marco e Luca avrebbero dovuto trovare dell’acqua, mentre Giacomo, Andrea e Alessio procurare da mangiare per tutti. I primi due trovarono, non molto lontano dal loro accampamento, un piccolo fiume. Luca si tuffò per rinfrescarsi e, all’improvviso, senza accorgersene, venne attaccato da un coccodrillo molto grande. Nel fuggire da quest’ultimo, si fece male ad un piede e Marco fu costretto a scappare il più velocemente possibile, con Luca sopra le spalle. Per fortuna fu solo una distorsione alla caviglia, ma nei giorni successivi eglinon poté più essere d’aiuto. Giacomo ,Andrea ed Alessio ,invece, dovettero allontanarsi molto per trovare una quantità di cibo adeguata a soddisfare le cinque bocche. Perlustrando le varie zone, trovarono una grotta e decisero di fermarsi, per riprendersi dalla fatica del cammino e per ripararsi dalla forte pioggia. Si consultarono per capire come sarebbero tornati nelle proprie case , perché la situazione era diventata insostenibile e devastante. All’improvviso, alle spalle dei tre, apparve una tribù, con fare violento; ovviamente non parlavano la stessa lingua, ma con qualche gesto spiegarono loro tutto l’accaduto. Il clan sembrava non voler sentir ragioni, tanto da decidere di portarli nel proprio villaggio, come trofei, per poi bruciarli vivi. Trascorsero i giorni nel nuovo accampamento e i tre furono nutriti a pane ed acqua, mentre Luca e Marco erano sempre più disperati, non vedendoli tornare. Decisero, allora, di tentare le ricerche e, addentratisi nella fitta foresta, con la speranza e la paura nel cuore, si avventurarono. Non fu proprio così semplice come avevano immaginato: la pioggia battente li sorprese più volte e numerosi incontri con animali feroci resero le loro ricerche più difficili e più lente, quando finalmente il destino andò loro incontro … vicino alla riva di un fiume ,infatti ,videro la luce di un fuoco, si avvicinarono e rimasero stupefatti: laggiù si trovavano i loro tre amici, insieme ad una tribù di uomini quasi primitivi. La gioia di ritrovarsi fu tanta. Nel frattempo, però, la denuncia della loro scomparsa, da parte delle mogli, ebbe isuoi frutti positivi. Tratti in salvo e riportati alle proprie case, i cinque amici decisero di ritornare nella foresta del Sud America ogni anno, per poter costruire casette di legno, nel caso in cui qualcuno ne avesse avuto bisogno. SOFIA CAMMAROTO, II B

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Salve a tutti, siamo le ragazze che si occupano dell'ambiente. Abbiamo deciso di occuparci di questo argomento per far sapere alle persone che cosa succede fuori dal paese in cui si vive. Alcune cose sono orribile altre un po' meno, ma comunque interessanti. Non vi vogliamo trattenere troppo, quindi... andate a leggere! Alessia Cattalinich e Marta Cartagenova

LA SALVAGUARDIA DEGLI ANIMALI

Esistono molte specie animali che rischiano di scomparire dalla faccia della

terra, soprattutto per colpa del bracconaggio, delle strade, ferrovie e super strade. Ve ne elencheremo alcuni:

- orso bruno - orso bianco - tigre - gorilla- orango

ORSO BIANCOORSO BIANCO

L’Artico si sta letteralmente fondendo sotto le zampe degli orsi polari e

un’immensa porzione della banchisa scomparirà nei prossimi anni se non interveniamo subito.

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A causa della fusione dei ghiacci, gli orsi sono costretti a percorrere chilometri e chilometri, anche a nuoto, in cerca di cibo. Stremati dalla fame e dalla fatica, in molti non riescono a sopravvivere. Ma esiste un luogo dove lo spessore dei ghiacci e le dinamiche degli ecosistemi possono offrire rifugio alle future generazioni di orsi. È la "Last ice area", il cuore pulsante dell’Artico, l'ultima arca per l’orso bianco

ORSO BRUNOORSO BRUNO

Sapevate che l’orso bruno è in via di estinzione? Nonostante la diffusione dell'orso bruno sia diminuita e in alcuni luoghi sia

addirittura estinto, continua ad essere valutato come una specie a basso rischio. La forte ingerenza umana sta limitando sempre di più lo spazio vitale di questoanimale e gli errori umani hanno ridotto questa imponente specie in via di estinzione. Dalle Alpi agli Appennini, gli orsi sono costantemente minacciati dall'uomo. Muoiono sulle strade o avvelenati dalla popolazione locale, oppure vengono perseguitati e uccisi perchè si avvicinano troppo alle attività dell'uomo. E' necessario restituire spazio agli orsi perchè possano trovare cibo, rifugio e la tranquillità di cui hanno bisogno, tutelando il loro territorio.

TIGRE

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Ogni settimana due tigri vengono uccise dal commercio illegale di pelle e ossa.Ancora oggi nel mondo asiatico parti di tigri come ossa, pelle, vibrisse, coda,cistifellea e tanti organi vengono usati nella cosiddetta "medicina tradizionale". È così che le tigri scompaiono giorno dopo giorno. Nel 2010 da un primocensimento svolto in India, Russia, Nepal, Bangladesh e Bhutan risultavanoesserci soltanto 3.200 tigri in natura, oltre il 97% in meno rispetto alla fine delsecolo scorso.

Il WWF ha lanciato una grande sfida: raddoppiare il numero di tigri entro il2022. Ad Aprile 2016, la stima globale di tigri selvagge è 3890.

Le strategie di tutela e conservazione della tigre tendono sia a misure diemergenza per salvare le tigri in pericolo, sia ad azioni a lungo termine perassicurare loro un futuro.

ORANGO

Sull’isola di Sumatra e del Borneo, la foresta dove vive l’orango viene distrutta aritmi sempre maggiori: gli alberi vengono abbattuti per far posto alle coltivazionidi olio di palma e coltivazioni di acacia, per la produzione industriale di polpa dicarta. La distruzione del suo habitat forestale minaccia gravemente la sopravvivenzadi questa specie. La riduzione della superficie forestale, spinge l'orango adentrare nelle aree agricole per la ricerca di cibo, e spesso viene ucciso perchédanneggia i raccolti, oppure diventa facile preda dei cacciatori di frodo che nevendono la carne illegalmente.

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GORILLA

Ogni anno il 10% della popolazione di gorilla di pianura viene cancellata dal bracconaggio. Un duro colpo per una popolazione già ridotta al lumicino da deforestazione e malattie. E in alcune foreste dell'Africa centrale è andato già perso il 90% di questi meravigliosi esemplari. Il bracconaggio è il crimine che negli ultimi decenni in Africa ha più contribuito al drammatico declino nella popolazione di gorilla, in particolare il commercio di “bushmeat” (carne da animali selvatici), che oggi avviene in tutta l’Africa occidentale e centrale, è la più grave minaccia per i gorilla. A questo si aggiunge la deforestazione e la perdita degli habitat.Ogni anno perdiamo circa 700.000 ettari di foreste: una superficie enorme, che corrisponde a tre volte il Belgio, viene distrutta, sottraendo così anche spazi ed habitat a moltissime specie animali, tra cui quella dei gorilla.Deforestazione e taglio illegale a loro volta sono legati allo sfruttamento delle risorse del sottosuolo, tra cui oro, diamanti, petrolio e minerali richiesti e usati dall’occidente per i beni elettronici di largo consumo. Informazioni tratte dal sito: www.wwf.it

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POTENZIAMENTO RIVOLTO ALLE CLASSI SECONDE (30 Marzo): stesura di un diario personale, in 20 minuti, a seguito della visione di immagini e dell’ascolto di suggerimenti

Caro diario, ricordo un giorno passato: sono in montagna, a circa duecento o trecento metri d’altezza.Ricordo il suono degli uccellini: quel dolce cinguettio mi fa viaggiare in posti impossibili e pazzeschi.Poi mi siedo su una roccia, chiudo gli occhi, sento un falco e la mente va: non so dove, ma va.Comincio a fantasticare sul futuro e cerco di immaginare i personaggi che entreranno nella mia vita;poi un fresco venticello soffia delicatamente sul mio viso; ascolto senza guardare ciò che mi circonda: vedo senza l’inganno della vista, con la mente, cosa c’è attorno a me; aprendo gli occhi vedrei un panorama incredibile, una piccola foresta, ma ascoltando … ascoltando gli uccellini e sentendo il vento, il movimento delle piante, mi ritroverei su uno scoglio di fronte al mare, pensando al suono degli alberi come alle onde.Poi penso di aprire gli occhi e far finire la magia: è un errore.A questo punto mi trovo in un mondo finito, mentre chiudendoli, vedendo l’orizzonte e il cielo stellato sono nell’infinito, nel regno dove l’unica limitazione è di non avere realismo, ma di fantasticare su tutto.Sarebbe bello se questo fosse realtà, ma in fondo, se fosse la realtà, che gusto ci sarebbe?Anonimo

Caro diario, tutte le persone di questo mondo hanno un sogno, un sogno da raggiungere: può essere scolastico, sportivo, … ed alla sera, dopo un incontro, ci si trova sotto la doccia a chiudere gli occhi e a pensare alla prestazione di quella lunga giornata trascorsa, chiedendosi: “Ce la farò? Forse sarà per sempre un sogno, irraggiungibile?”.Non si sa, ma comunque vada si è consapevoli di aver dato tutto.Mi ricordo di quest’estate: sono andato dopo cena al mare e con i piedi scalzi sulla sabbia, in pieno contatto con l’ambiente ed il paesaggio circostante; mi sono ricordato di un avvenimento successo in passato, con quella luce crepuscolare, del tramonto all’orizzonte, di un sole che sta per sparire e per far tornare a casa la gente.Il mare si è tinto di un colore giallo e arancione, che si è riflesso nei nostri occhi, suscitando emozioni e sentimenti molto intensi.Spero che tutti ce la possano fare nella vita: se non si raggiunge la meta desiderata, comunque, non bisogna mai tirare giù la testa, ma andare avanti e affrontare tutte le difficoltà dell’ esistenza.Davide Calcagno, II B

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Caro diario, oggi all’alba ero sveglia: mi sono affacciata dalla finestra della mia cameretta e si vedevano ancora le luci dei lampioni della serata scorsa.I gabbiani volavano già nel cielo e gli uccellini cominciavano a canticchiare, dando un’atmosfera stupenda e indisturbata.Sono rimasta per molto tempo lì e pian piano il sole è salito nel cielo, che ha assunto un colore meraviglioso, con una sfumatura dall’azzurro fino al rosa e le nuvole erano arancioni.Tutto era fantastico, ma purtroppo alle sette e venti mi sono dovuta alzare dal letto, abbandonando così quel fantastico senso di magia.Quando sono uscita di casa per andare a scuola, ho continuato a guardare il cielo e proprio lo stesso uccellino, che si era fermato sul mio davanzale, si è posato sulla ringhiera al di fuori del portone; subito pensavo volesse dirmi qualcosa, ma poco dopo è ritornato al suo nido.In quel momento mi sembrava di essere in paradiso, immersa nel candore dell’universo: il mio cuore era tranquillo, ma dentro di me si scatenavano forti emozioni, principalmente di felicità.E’ stata, insomma, una fantastica avventura della mente.

Federica Frisone, II B

Caro diario, oggi ho veramente bisogno di parlarti. Hai mai pensato all’infinito, all’ignoto irraggiungibile?Provo a scriverti di cosa si tratta e di cosa ho provato quando sono arrivata all’orizzonte.Insomma, cerco sempre di parlarne con qualcuno, ma mi prenderebbe per pazza.Così ho deciso di confidarmi con te. Sembra impossibile raggiungere l’ignoto, vedere l’orizzonte e cercare l’infinito, ma io l’ho fatto. L’ho fatto scrivendo, sognando, osservando, leggendo.L’ho fatto guardando il tramonto e ascoltando emozioni, sentimenti e stati d’animo dentro di me.Ho camminato sulla riva del mare e ascoltato le onde. Ho osservato la natura. Ho immortalato le prime emozioni, i primi ricordi. Ho ascoltato il silenzio. Ho chiuso gli occhi, trovando nuovi mondi,nuovi spazi diversi e mai visti. Ho capito di essere tanto piccola di fronte a questa vastità.So che tu mi comprendi e sai di cosa parlo.Ebbene, se mi chiedono: “Hai mai raggiunto l’orizzonte? Hai mai scrutato l’infinito? Hai mai percepito l’ignoto?”, io rispondo: “Sì, l’ho fatto”.

Sara Marinelli, II A

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Caro diario, oggi ero stanca di stare chiusa in casa sempre con la stessa monotonia: così ho deciso diandare nel bosco dietro casa mia.Appena arrivata lì, mi sono tolta le scarpe, com’è mio solito fare, e mi sono seduta appoggiata all’albero, guardando le tre fasi, come le chiamo io: i monti innevati per primi, la città per seconda einfine il mare.Quella vista mi ha fatto provare una tale pace!Chiudendo gli occhi, mi sembrava di fluttuare, in uno spazio infinito.Sotto le foglie che mi cadevano accanto e il sole che dolcemente mi accarezzava il viso, mi sembrava di essere ripulita da tutti i problemi. C’era una tale pace in quel posto!Provavo una tale tranquillità: mi sembrava di essere uno di quegli alberi. Beati loro che provano quella pace tutti i giorni! Anche io vorrei, ma purtroppo vivo tra smog, macchine e rumore. Invece in quel bosco si sentivano solo gli uccellini canticchiare e il rumore del vento che muoveva le foglie.Amo quel posto!Camilla Blandini, II A

Caro diario, l’altra notte il vento soffiava forte tra le casette del piccolo Bood.Il chiaro bagliore della luna rischiarava, soffuso, il nero della notte, mentre io me ne stavo lì ad ascoltare lo sciabordio delle onde sui ciottoli grigi.Un gatto è passato leggiadro vicino al mio fianco e facendo scivolare come in un fruscio la coda sulla mia schiena si è seduto ed attento ha guardato l’orizzonte.Se ne stava lì, immobile, quasi trattenuto da una forza invisibile ad osservare, guardiano, la luna, con tutte le sue forme.Nonostante io lo guardassi con insistenza, non si è deciso a girarsi, finché un camioncino di quelli che portano ogni giorno il latte fresco è comparso da dietro una baracca e, borbottando rumoroso, ciè passato davanti.Il gatto allora se n’è andato, tranquillo, con quell’andamento ondulato e mi ha guardato.Si è girato: mi ha guardato e mi ha trafitto con quegli occhi penetranti.Erano ocra e mi hanno dato una di quelle sensazioni che si percepiscono fino all’ultimo, che scuotono e fanno rimanere immobili come a lacerare, mangiare, divorare dentro.E’ stato quel giorno, il fatidico giorno, quello in cui tutto è avvenuto: ancora il ricordo mi fa rabbrividire.Ma solo quando i pensieri erano sulla via del ritorno mi sono ricordata il suo nome.

Aurora Piccardo, II A

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Caro diario, ti scrivo per raccontarti un fatto accaduto prima di entrare a scuola; oggi sono arrivata molto presto: l’ingresso era deserto, a parte un solo gruppo di ragazze, che chiacchierava, ed io ero in un lato del cortile, con gli occhi chiusi, le cuffie alle orecchie e mille pensieri in testa; pensavo alla mia infanzia, ma anche ai compiti da svolgere per la mattinata scolastica: mi chiedevo se fosse tutto completo.Mi sono svegliata molto pensierosa e ieri sono andata a letto tardi, per riflettere sulle faccende domestiche, sui mobili da comprare; in questi giorni moltissimi pensieri affollano la mia testa: il trasloco, la salute dei miei cari e soprattutto le parole di un libro recentemente letto.Ho provato ad immaginare di essere su di un’isola deserta, per distrarmi da tutti i problemi: ed ecco l’acqua limpida, la sabbia bianca, il rumore delle onde che s’infrangono sugli scogli.Immediatamente mi son sentita rilassata e, quando ho riaperto gli occhi, il cortile era pieno di ragazzi, vestiti di mille colori, che strillavano ad alta voce.Ho provato davvero molta calma e tranquillità in quel breve attimo, ma soprattutto ho avuto molta ispirazione per questa nuova pagina di diario.Ti saluto, carissimo!Serena Carta, II B

Caro diario, oggi è stata una giornata terribile: sono molto provato e stanco, ma qui il torpore del sole mi rilassa le membra e mi tranquillizza.Il mare che scroscia contro gli scogli ed i versi dei gabbiani calmano la mia stanchezza: mi riportano a quei momenti felici e tranquilli trascorsi a leggere il mio adorato libro.Il tema di quest’ultimo è la noia e condivido ciò di cui tratta: il silenzio e quei momenti in cui non si

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fa nulla sono attimi di inattività, ma dal nulla può scaturire tutto.Io ora mi sento in pace con me stesso e con il mondo, cammino senza una meta, mi sfilo lentamentele scarpe e mi lascio bagnare dalle fresche e pure acque del mare, che mi rinfresca, mi rinnova di nuova energia e così passeggio e vedo le mie orme sulla sabbia, cancellate dal mare: penso.Non voglio dimenticare e perciò scrivo: lo faccio per permettere a chi legge o prende in mano un foglio di provare queste emozioni, indimenticabili.Scrivere è un modo per dar vita alle parole, così che esse raccontino a qualcun altro ciò che davveroracchiudono: sentimenti e sensazioni. Luca Martinelli, II B

Caro diario, oggi è il mio compleanno e sono molto felice: ho praticamente fatto un “tour” per la scuola, dato che prima ho portato il diario di una mia amica ad una bidella, perché stava male, e poco fa sono arrivata nella classe seconda A per svolgere la lezione di potenziamento a classi parallele. E’ bello rivedere le compagne delle elementari: anche loro sono sempre felici di rivedermi.Fra due ore la Prof. di Italiano mi consegnerà la verifica di Letteratura e sono sicura al cento per cento di non aver preso la sufficienza: per fortuna è il mio compleanno, altrimenti mia mamma mi ammazzerebbe!Non vedo l’ora che sia domani sera: festeggerò con una pizzata insieme ai miei compagni e poi la mia migliore amica verrà a dormire da me e mangeremo i wafer alla nutella … che buoni!Sabato sera festeggerò di nuovo, in un’altra pizzeria, insieme ad altri amici.La parte che preferisco in tutti i compleanni è la torta, o meglio la cosiddetta “pizza alla nutella”!Sono una “patita” di questa prelibatezza: la mangerei sempre; poi però penso ai brufoli e alla panciache ingrassa e allora cambio idea!Ora devo terminare di scriverti, caro diario: ho sempre e comunque paura per Letteratura!Speriamo bene! Ciao Beatrice Serrau, II D

Caro diario, cammino lenta sulla spiaggia, scontrando le pietre e i granelli di sabbia: guardo l’orizzonte blu, azzurro e in certi momenti anche giallo e verde.Sento le emozioni che all’improvviso sembrano più forti e contrastano i pensieri.Ho un senso di pace, libertà, calma e agitazione nello stesso momento, guardando il mare, le sue onde diventare grandi e infrangersi contro gli scogli, per poi scoppiare in mille spruzzi, così leggeri,piccoli, bianchi.Sotto il calore del sole penso e mi vedo in un futuro roseo, su quel mare che prima era tanto agitato: ora c’è solo una distesa blu, calma, che ospita la mia immaginazione, la mia fantasia, il mio sogno; è il sogno che devo e voglio inseguire, realizzare, aspettare e vivere.Adesso vedo più chiaramente quell’immagine bellissima: ora ho più forza e sento di poter inseguire quel sogno senza fermarmi a metà percorso, per riprendere fiato, senza aspettare qualcuno che mi porti dal mio desiderio; ci arriverò da sola, io, solo io.Una folata di vento accarezza la mia faccia, mi sveglia da questo sogno e interrompe la pace, un momento magico. Ginevra Giacon, II C

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Caro diario, mi è sempre piaciuto leggere, scrivere, esprimermi. Il mio sogno è di diventare scrittrice. Lo so: è molto ambizioso. Mi ricordo quando ancora non avevo capito chi fossero i miei autori preferiti, quando in terza elementare, a luglio, nel periodo del mio compleanno, andai in libreria e mi venne presentata un’autrice che è tuttora la mia preferita: Agatha Christie.Volendo diventare anch’io una giallista, prendo spunto da lei: tutti i giorni scrivo e vado avanti coi miei gialli e le mie avventure.Tutti i giorni leggo i suoi stuzzicanti e interessanti libri, che amo.Diventerò mai brava come lei? Io mi ispiro a lei: per me è davvero bravissima, un vero genio.Vorrei seriamente pubblicare dei gialli di successo… ma accadrà mai? Nelle storielle che scrivo cerco di “mettere in pratica” il suo stile.Secondo me i gialli stimolano le cellule grigie, come dice Poirot.Sono sempre stata così fin da quando ho iniziato a leggere: trovavo magari termini nuovi, ma non li cercavo sul dizionario, perché capivo il significato dal contesto … forse è per questo che li uso un po’ incoscientemente!Mi piacerebbe tantissimo veder realizzato il mio sogno. Come farò quando leggerò tutti i libri di Agatha? Con il mio ritmo non so proprio. Quest’estate ne ho letti trentasette e ogni anno supero il mio “record”!A domani!

Martina Comparini, II C

P.S. Miss Marple o Poirot? Ho sempre avuto difficoltà a scegliere: una è apparentemente innocua, l’altro è superbo e vanitoso, ma brillante.

Caro diario, mi sono dimenticata di raccontarti di quella volta in cui andai in montagna, per funghi, ed ero sola, dove l’aria fresca e incontaminata sembrava che mi volesse portare via, su e giù per i monti, per farmi godere lo splendido panorama, e i raggi del sole picchiavano contro di me; il cinguettio degli uccelli sembrava un cigolio fine e delicato.In quel momento chiusi gli occhi e vidi tutto il mondo davanti a me e poi lo spostarsi continuo delle foglie e dei rami fu molto rilassante.Quando entrai nel bosco i raggi del sole penetravano tra le foglie e subito dopo venni sopraffatta dallo stupendo odore di funghi; infine, quando arrivai a casa, ripensai alla stupenda giornata trascorsa in mezzo alla Natura.Veronica Bottazzi, II C

Cara Cami, oggi sono andata a Camogli, luogo natale della bisnonna: sono tornata alle mie radici.Adoro quella cittadina di mare, perché lì sono più libera di andare in giro da sola e perché è come seil mare avesse preso una parte di me quando ho immerso i piedi nell’acqua nel mio sesto mese di vita: è una sensazione che ritrovo e rivivo ogni volta in cui vado a sguazzare, per ore, nel golfo di Camogli.E’ un paesino generalmente tranquillo, anche se un po’ rumoroso nelle vacanze estive.Mi piace spesso passeggiare di notte sulla spiaggia piena di sassolini, quando la luna risplende con tutta la sua bellezza sul mare camogliese.Sai: mi son sempre chiesta l’origine del nome di Camogli; in molti mi dicono che deriva dal Genovese, dai termini: “Cà” e “moggê”, e significhi: “casa delle mogli”, perché proprio lì rimanevano le donne in attesa del ritorno dei mariti marinai.A presto! Ilaria Penco, II B

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Caro diario, oggi è stata una giornata piena di emozioni. Dovevamo affrontare una partita difficile, decisiva: questa competizione era determinante.Se l’avessimo vinta, avremmo vinto anche il campionato. Ero agitatissima! Avevo molta paura, ma allo stesso tempo cercavo di soffocarla perché dovevo essere forte: sapevo che non avrei giocato perché era una partita difficile, ma io dovevo comunque esserci, per le mie compagne, per mia squadra.Mentre mi scaldavo, la palla scivolava dalle mani che continuavano a sudare.La pallavolo è la mia più grande passione: raggiungere quell’obiettivo per me sarebbe stato come ricevere la luna in regalo.La partita era lunga e gli scambi interminabili. E poi, all’ultimo punto, vedendo quella palla cadere per terra, era come se mi avessero tirato un colpo al cuore … avevamo perso e tutto quello per cui avevamo lavorato durante l’anno era perduto; mi sentivo come se il mondo mi fosse caduto addosso, come se non avessi dato abbastanza. Ero a terra: avevamo lavorato così tanto e avevamo così tanta voglia di vincere che mi sembrava impossibile la sconfitta. Non volevo crederci!Alla fine ci premiarono come terze qualificate: non era male e di fronte a ciò eravamo contente, anche se deluse; avremmo potuto farcela e forse non avevamo dato il massimo.Comunque non importa: cercheremo di fare meglio il prossimo anno!

Martina Cossu, II C

Caro diario, volevo parlare di quella parte della giornata che preferisco: la sera.Prima di addormentarmi penso a quanto sarebbe bello realizzare i propri sogni, con una bacchetta magica.Alla fine, però, è anche giusto lottare, perché vuol dire credere nei propri desideri.Molte volte sono rimasta delusa, anche da me stessa, per essermi arresa, ma posso anche dire di essere soddisfatta di essere caduta cento volte ed essermi rialzata sempre.Il mio sogno più grande è di raggiungere traguardi maggiori rispetto a quelli già ottenuti nel mio sport.Purtroppo sono quasi quattro mesi che non salgo più su di un cavallo e non provo più l’ebbrezza di saltare gli ostacoli: anche se questi superavano di poco il metro, mi sembrava di essere in cielo, toccare le nuvole assieme al mio puledro, che ormai da due anni mi accompagna.Quindi non bisogna mai smettere di lottare per ciò che si vuole ottenere e ricordarsi che, se si cade sette volte, bisogna rialzarsi otto.Il sogno ci permette di entrare in un mondo nostro, dove solo noi ed i nostri pensieri possiamo stare.A domani, mio caro diario! Chiara Menini, II B

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Cara Eavie, mi sento di mostrarti qualcosa che ancora non ho mai provato.Penso che l’amore rappresenti un aspetto del quale l’essere umano non può fare a meno.Accanto a me sta una persona della quale non posso non sentire la voce o i consigli, altrimenti sarei persa.Desidero il meglio per lei e mi piacerebbe vederla sempre felice.Devo confessarti che in questo periodo mi immagino molto spesso cosa potrebbe frullare nella sua mente, immersa nella confusione.L’immagine che ho di lei è quella di un “tunnel” che, purtroppo, non riesce ancora a vedere quel bagliore di luce.Quando mi espone i suoi problemi, la trovo parecchio sofferente ed io la conosco molto bene; non riesce a nascondermi il suo malessere. Sinceramente, in questi momenti, non so proprio cosa risponderle, perché sulla mia stessa pelle non ho ancora provato un’emozione simile.Sai, Eavie, mi dispiace vederla in quello stato perché è una persona sempre sorridente. Questo non te l’ho mai detto: il tuo nome è proprio ispirato a lei … Se vuoi altre informazioni, fai un giro nel suo diario e vedrai: ti capterà in un altro mondo.

Giorgia Fibrini, II B

1/11/2015

Caro diario, oggi è stata una giornata particolare per la mia vita.Questa mattina mi sono svegliato alle sei circa; mi chiederai: “Perché così presto, la domenica?”.Ero a Cervinia per sciare e l’appuntamento era molto presto, per fare colazione, dopo la quale ci siamo messi gli scarponi e ci siamo diretti verso gli impianti sciistici.Abbiamo sciato la mattina e tutto procedeva bene: dopo pranzo abbiamo ripreso e, dopo due o tre piste, mentre facevamo un esercizio ed io avevo quasi finito, un uomo mi ha investito in pieno; dopo circa mezz’ora, è arrivato un elicottero che ha caricato per primo l’altro ragazzo, perché pareva si fosse fatto più male; dopo un’ora è giunto l’elicottero anche per me ed il soccorritore mi ha somministrato l’anestesia.Mi hanno condotto al confine tra Italia e Svizzera, dove sono salito su di un altro elicottero, che mi ha portato in ospedale.Sono stato investito alle due del pomeriggio e mi hanno operato circa alle sette di sera.

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Mi sono risvegliato alle due del mattino ed avevo un dolore lancinante alla gamba sinistra: infatti erano rotti la tibia e il femore.

30/03/2017Caro diario, per fortuna è tutto passato e adesso, nel 2017, posso di nuovo sciare come prima.Un abbraccio Romildo Taffetani, II B

Caro diario, ogni pomeriggio vado in spiaggia per ascoltare il mare.Mi siedo su di una piccola barca, lasciata lì dai pescatori.Quando mi siedo, chiudo gli occhi e mi allontano dalla Terra, come fossi in una navicella spaziale.Mi allontano dai fatti spiacevoli del mondo: il bullismo, la guerra, la violenza sulle persone o semplici prese in giro.Quando chiudo gli occhi mi sembra di essere uno spirito che può fluttuare allegramente e dimenticare che ci sono persone malvagie.Quando chiudo gli occhi penso alle persone che mi vogliono bene come i miei genitori e i miei amici, ma specialmente mia sorella. E’ la persona più importante della mia vita, insieme a mia nonna: è saggia e molto divertente.Il mare mi fa sentire scuro, cupo, e le onde mi parlano, mi dicono di non aver paura di nessuno.Questi pensieri svaniscono con la voce di mia madre, che mi dice di svolgere i compiti.Durante tutto il giorno poi mi sento debole, ma mi sembra di diventare quasi imponente quando giungo in questo luogo, dove non c’è nessuno e ci sono solo la sabbia, la barca e la voce del mare.

Lorenzo Iasi, II A

Caro diario, mi ricordo di Livorno: stavo camminando in riva al mare, con le onde che sbattevano sulla spiaggia e che poi ritornavano indietro, per riunirsi all’acqua.Ero molto felice: chiudevo gli occhi e mi ricordavo della mia vita e di tutte le belle esperienze, composte da azioni stupende o magari tristi, alcune che, magari, non ho potuto svolgere.

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Forse, mi sono lasciato anche sfuggire occasioni che, nella vita, non mi capiteranno più.Rammentavo e dimenticavo, ma ad un certo punto ricordavo quando un giorno avevo chiuso gli occhi e immaginato tutta la vita che avrei potuto vivere; pensai ai molti sogni da poter raggiungere, ma anche agli obiettivi nello sport, nella scuola, ma soprattutto nella vita.Riaprii gli occhi e vidi che il sole tramontava: lo guardai in modo strano e immaginai il più grande obiettivo che volevo e vorrei raggiungere, quello di diventare un grande giocatore di tennis e battermi con gli altri.Poi decisi di tornare indietro e proprio in quell’istante ero molto emozionato e felice.

Tommaso Di Pietro, II D

Caro diario, camminando per le strade, vedevo persone, persone che circondavano le case con i loropassi lenti e senza vita; ogni tanto mi fermavo a guardare le abitazioni, mi immaginavo le loro storie.Mi perdevo a fissare il vuoto: forse al di fuori potrei sembrare pure un pozzo, un povero pozzo senza pensieri; in realtà forse lo sono, ma di certo ho pensieri e molti.Alcune volte mi fa quasi impressione: la testa esplode di idee, colori, voci, come un mercato nei giorni della vigilia.I miei pensieri vennero interrotti da un ragazzo: correva per le affollate strade con una valigetta nera, mi fermai a guardarlo e aveva la faccia da John, forse da Jonathan … sicuramente stava correndo per andare ad un appuntamento di lavoro; sembrava giovane, una ventina d’anni al massimo: per la sua età probabilmente si recava ad un colloquio; sembrava molto agitato e al novantanove per cento non lo avrebbero assunto: era troppo poco curato, con la camicia fuori dai pantaloni e non stirata.Spostai lo sguardo sulla mia città: il rosso del tramonto tingeva il cielo, le nuvole, quelle fantastichecase e il protagonista di numerose storie. Il nostro Jonathan ormai era scomparso nella via interna.Sospirai e tornai a guardare le numerose case.

Martina Sciutto, II A

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Caro diario, oggi sono tornata dal bosco. Mi sento a casa lì, sai. Ho come la sensazione che gli alberi, le loro verdi chiome, mi facciano da pareti e che il vento formi un tetto da cui niente può entrare o andar via.Sono entrata e subito ho chiuso gli occhi, immaginandomi di essere il più piccolo degli animali, per esplorare lentamente, schiacciare ogni foglia secca, caduta da qualche albero che aveva deciso di cambiare vestito.Il mio silenzio è stato interrotto da un rumore di legna pestata.Di solito sarei corsa via, ma da quando sono a conoscenza di quel posto mi sento più coraggiosa.Così ho deciso di andare a vedere: era una famiglia di cervi, la più bella che io abbia mai visto; il piccolo mi ha guardato intensamente negli occhi, come se volesse dirmi qualcosa.Che emozione, diario!Ho sentito fiducia, in quello sguardo, la stessa con cui guardo mio papà. Sai, è lui che mi ha fatto conoscere quel luogo e gliene sarò infinitamente grata. Mi ricordo ancora quando andavamo sull’albero più alto e leggevamo le storie delle persone che incontravamo e di una particolare amica:la magia.Spero di incontrarla anch’io, un giorno.Quando tutto ciò accadrà, te lo farò sapere.Per ora chiudo qua!Agnese Teodori, II C

P.S. Sto tornando dal bosco

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Il tappeto magico parlanteIl tappeto magico parlante

Tom, un ragazzo curioso ed intraprendente, volle andare alla ricerca delmagico tappeto parlante, nella casa diroccata ed inquietante, sulla cima di unacollina. Entrando, fece un balzo dallo spavento, per la comparsa improvvisa di un elfoche gli chiese il motivo della sua presenza: nessuno aveva mai provato adavvicinarsi a quella casa. Tom gli rispose che era deciso a trovare, ad ogni costo, il magico tappetoparlante per esprimere un desiderio: la guarigione del nonno a lui più caro. L'elfo gli disse che lo avrebbe aiutato a trovarlo, in cambio della sua amiciziae Tom ne era contento. Entrarono e vennero attaccati da spiriti maligni di ogni genere: Tom ordinòall'elfo di fare qualcosa ed egli gli rispose che un vero amico non si comportacosì, ma il ragazzo non volle sentire ragioni e così l'elfo svanì. Tom si pentì veramente di ciò che aveva fatto e, in onore del suo amico,sconfisse gli spiriti con l'astuzia e l'intelletto. Superati questi ostacoli, l'elfo riapparve; Tom urlò e pianse di gioia epentimento, perché aveva creduto che l'amico fosse morto. Arrivarono all'ultimo passo; si trattava di aprire una porta, risolvendo questoindovinello: "Non è un Re, ma ha la corona; non porta l'orologio ma conta leore...che cos'è?"; i due amici, in coro, urlarono: "Il gallo!" e la porta si aprì. Entrarono in un giardino stupendo, dove il tappeto magico parlante esaudì il desiderio di Tom, senza che egli se ne ricordasse dettagliatamente; il giorno seguente tutto gli sembrò un sogno, ma il nonno del ragazzo guarì definitivamente. Rita Bianco, II B

Laboratorio di scrittura: il fantasyLaboratorio di scrittura: il fantasy

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Perché il pettirosso ha la macchia sul petto?

Finalmente una mattina, dopo giorni di preparativi, un passero prese il volo ed iniziò, così, l' avventura. Appena cominciò il suo viaggio incontrò una zebra. Dopo averla ammirata, si fece forza e le chiese dove avesse preso quelle strisce. La zebra, noncurante, gli disse d' esser nata così. Il passero ripartì e, dopo un po', incontrò una tigre. Pose a quest' ultima la medesima domanda ed essa rispose d' esser nata così. Il passero ripartì e, alla fine, incontrò un camaleonte. Gli chiese dove avesse imparato a cambiare colore e gli rispose che, sin da piccolo, riusciva a fare ciò. Il passero sconsolato, accorgendosi che il Sole si stava per addormentare, cercò riparo. Trovò un papavero rosso, grande abbastanza per lui e lì dormì a pancia in giù per tutta la notte. Al risveglio, si trovò col petto sporco di rosso.Decise di non andarsi a pulire al lago, perché aveva raggiunto il suo scopo: essere tutto colorato!

Mattia Valdiserra, I A

Una leggenda narra di un piccolo pettirosso: un grazioso uccellino dalle piume marroncine che, un mattino, uscì dal suo nido in cerca di cibo.Aveva nevicato tutta la notte, il paesaggio era imbiancato e la temperatura era sotto lo zero.Udì un cinguettio provenire da un nido a fianco e andò a vedere: c'erano dei piccoli con la loro mamma, che non stava bene; questi erano affamati.Il pettirosso li rassicurò, promettendo che sarebbe tornato e che avrebbe procurato loro delcibo.L'uccellino iniziò a volare, nonostante il forte vento ed, infine, decise di scendere per provare a beccare in mezzo alla neve, in cerca di qualche vermicello.Appena vi affondò il becco, una spina enorme, nascosta da quella bianca coltre, gli si conficcò nel petto, proprio mentre il suo becco aveva afferrato un enorme lombrico.Il dolore era lancinante, ma non voleva abbandonare quei piccini e si feceforza: si liberò dall'enorme spina e, volando a malapena, raggiunse il nido, diede il lombrico

Laboratorio di scrittura: leggendLaboratorio di scrittura: leggendee

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ai piccini e morì.Il buon Dio che, da lassù aveva visto tutto, si commosse e raccolse, con la sua mano possente, l'uccellino, mettendo una sua lacrima sul petto, colorandolo di rosso perché, anche negli anni a venire, tutti ricordassero e prendessero esempio da questo gesto di altruismo e coraggio.Ecco perché ancora oggi i pettirossi hanno quella macchia sul cuore.

Maicol Novelli

Tanto tempo fa, alle Hawaii, viveva un uccello tutto grigio, molto brutto.L’ animale era arrabbiato perché tutti i pappagalli erano vestiti di colori sgargianti, come l’Ara o il Parrocchetto; questi ultimi lo prendevano in giro per il suo colore grigio.L’ uccello, per non essere deriso, scappò e si arruolò nell’ “Aviazione Militare Americana“.Un giorno giunse il momento di entrare in guerra nel deserto dell’Afghanistan contro i ribelli.Appena toccato il suolo, un suo compagno venne ferito al petto.Nessuno dei soldati lo volle aiutare.L’uccello grigio ripensò alle frasi di sua mamma: << Ricorda, figlio mio: se puoi aiutare, aiuta! >>.Allora andò a soccorrerlo e si macchiò il petto di sangue; da lì diventò il Pettirosso.

Luca Legrottaglie, classe 1a A

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L'angolo dello sport

“Giustiniani, Paparella, vi ho iscritto entrambe al torneo scolasticoprovinciale di pallavolo”: queste sono le esatte parole del prof. Ferrera quando,una settimana fa, ci ha comunicato che avremmo dovuto spaccare. Ed eccomi qui oggi, 8\03\2017, alle 7:40, al capolinea del 48, insieme allamia squadra, composta da me, Marta Paparella (3^A), Giorgia Api AliceCartagenova, Martina Cassu (2^A), Anja Gesmundo, Alessia Frixione, IrisTabbi, Agnese Marenco e Rebecca Echer (3^C) accompagnata dal prof. Ferrerae dal prof. Pisanti, per aspettare l’autobus che ci porterà a Brignole, doveprenderemo la metropolitana alla volta di Pontedecimo.

Arrivammo cariche in palestra, dove era già in corso una partita, dopo la qualesarebbe stato il nostro turno. Dopo esserci riscaldate… iniziamo! Finiamo in poco tempo, vincendo due set a zero, come da regolamento, pocoaffaticate e fiere del risultate ottenuto dal nostro lavoro. Dopo una breve pausa vinciamo anche la seconda per due a zero, piazzandocial primo posto e passando ai giorni successivi. E ora che sto scrivendo questo testo mi rendo conto che non avrei potutochiedere di meglio da una giornata piena di vittorie, passata con le mie amiche agiocare alla mia passione: ”la pallavolo”.

Chiara Giustiniani

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Viaggio di istruzione a TORINO

Il giorno 15 Marzo le classi terze sono andate in viaggio di istruzione a Torino per vederela GAM ed il museo del Cinema. Il nome esteso della GAM è “Galleria civica d’Arte moderna e contemporanea” e contieneopere del 1800, 1900 e 2000. Nacque come Museo Comunale, ma poi entrò a far parte della“Torino Musei” che gestisce la maggior parte dei musei torinesi. L’architetto che disegnòl’edificio lo volle trasversale per rompere l'equilibrio delle stradi torinesi. Avendo più di quattrocentomila opere, tra pitture, sculture, fotografie, video, disegni einstallazioni, devono essere fatte delle selezioni, e ne vengono esposte due-trecento, mentre lealtre sono esposte durante mostre temporanee. Mentre di solito i musei sono strutturati inordine cronologico, la GAM va in ordine di tematiche, come 'etica', 'natura' e altre. Le sezioni hanno la prima stanza in ordine cronologico, però andando avanti il temaprende il sopravvento. Il primo quadro da noi visto, nella sezione 'etica', era di Giacomo Grasso, ed eraottocentesco; si chiamava “La cella delle Pazze”. C'erano delle suore che ne trattenevanoun’altra intenta ad andare verso la finestra; a sinistra c’era una suora nel buio chetrasmetteva staticità, mentre a destra le altre suore erano mosse e drammatiche. La suora alcentro era pallida, verdognola e non stava bene. Il pittore s’era ispirato a “Storia d’unaCapinera” di Giovanni Verga: la suora era in quello stato perché era dovuta entrare nelmonastero, quando ne uscì si innamorò e, rientrata, nel convento impazzì.

“La cella delle pazze” rappresentava la storia di una giovane suora alla quale era statanegata la libertà; mi ha impressionato in tutti i sensi della parola, trattandosi di unbellissimo quadro raffigurante una scena che a me è rimasta impressa, anche con unpo' di angoscia. Marta Il secondo quadro si intitolava “Un Natale al Pio Albergo Trivulzio”; era del 1909, ed era deldivisionista Angelo Morbelli. I personaggi erano solo due e neanche protagonisti. Un fascio diluce che sembrava viva trasmetteva energia, il resto sufferiva riposo, solitudine, tristezza,noia e soprattutto freddo (era un uomo appoggiato alla stufa e l’altro dormiva). I due anziania Natale erano nell'ospizio perché non avevano famiglia. Morbelli, contemporaneo diGiovanni Pellizza da Volpedo (che dipinse “Il quarto Stato”) era un divisionista (come ipointilliste francesi), per cui non mischiava i colori sulla tavolozza, ma creava molta luce coivari colori ravvicinati: infatti da lontano i colori sembrano uniti ma sono più tonalità messeuna vicino all'altra.

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Andando avanti, abbiamo visto il quadro-composizione “Regno di fiori musicale, Universosenza bombe” di Nicola De Maria, che è stato dipinto nel 2004; egli era a quel tempo uno deipochi artisti che usava ancora la pittura. Oltre al quadro c'era una batteria, in parte dipinta,con pennelli posati sopra, inoltre non c'era la cornice in quanto l'opera non era solo il quadro.L'opera rappresenta un cielo stellato e trasmette felicità tramite i colori accesi, accentuati daun contorno bianco. Il titolo ha un significato composto: floreale per via delle stelle a forma difiore, musicale per via della batteria che rappresenta proprio la musica, Universo senzabombe poiché “non c'era la guerra” in quell'istallazione.

Tra le altre opere, abbiamo visto un mezzobusto femminile molto dettagliato: “Saffo”,scolpito da Antonio Canova tra il 1819 e il 1820. Canova fu un importante artistaneoclassicista e scolpì “Amore e Psiche” e “Le tre Grazie”. Saffo era stata una poetessa grecacon una vita turbolenta (che alcuni dicono sia terminata col suo suicidio per amore) maCanova la ritrasse tranquilla; la sua bocca era statica, non esprimeva emozioni poichérappresentava il mondo divino. Canova faceva le sculture prima in gesso, poi in marmo, cosìvenivano perfette.

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La seconda scultura era “Miracolo/Olocausto” di Marino Marini, fatta tra il 1958 e il 1960.Era composta da un cavallo che stava morendo e sopra un cavaliere cadente, molto menodettagliato. Solitamente le sculture equestri venivano fatte di bronzo e ben composte, in piedi,e di solito rappresentavano una vittoria; invece questa è in legno, rappresenta la sconfittadell'umanità e il dramma della Seconda Guerra Mondiale. La testa del cavallo, fatta con latecnica cubista, riporta a “Guernica” (famoso quadro di Picasso che rapprenta ilbombardamento del 26 aprile 1937), dove era la testa del cavallo ad essere scomposta.

Abbiamo visto una scultura in legno che mi ha affascinato molto, che rappresenta unuomo su un cavallo che non ha né testa né braccia, per far capire a chi lo osserval'orrore della guerra, e il fatto che non colpisce solo i soldati, ma la specie umana. Ilcavallo ha la testa chinata, come se stesse morendo, e sembra che riesca a malapena areggere il cavaliere. Mi ha colpito molto perché la guerra non ha colore, come il legnodella scultura, e soprattutto non ha senso. Pietro B.

Nella seconda metà del 1900 si vennero a creare opere astratte, non figurative. Il sestoquadro da noi esaminato era “Immagine del tempo 3V” di Emilio Vedova. Esso rappresentavail caos che era dentro gli artisti di quel tempo e la società. La settima pittura era di Felice Casorati, che s'inserì in un contesto di ritorno ad una formadefinita e comprensibile. Il quadro, “L'uomo delle botti”, fu dipinto nel 1919-1920 erappresenta un uomo dormiente in una cantina. L'utima opera era sempre di Casorati,“Ragazza con scodella”. Le figure umane sembrano manichini, squadrati e disumanizzati, egli spazi dipinti sono chiusi; in Casorati c'è un senso di chiusura, come per l'uomo di queltempo.

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Avendo poco tempo ancora a disposizione, la guida ci ha mostrato solo un quadro dellasezione 'natura'. Si trattava di “Aprile” di Antonio Fontanesi, del 1872-73. Fontanesiinterpretava la natura in modo tradizionale. Nel dipinto c'erano un albero spoglio in primopiano e uno in fiore sullo sfondo; c'erano uomini ma sembravano macchie, e l'albero spogliopareva morto. Fontanesi voleva esprimere le emozioni umane attraverso la natura. Egli era ametà tra il Romanticismo e l'Impressionismo. Sullo sfondo la pittura si sfaldava e non c'eranocontorni a matita. All'epoca questo artista venne molto criticato, ma ottenne lo stesso lacattedra di “Paesaggio” all'Accademia di Belle Arti di Torino.

Dopo essere usciti e aver pranzato in un parco, si siamo diretti alla Mole Antonelliana, doveuna guida ci ha parlato della storia di questo edificio e ci ha poi guidati nel Museo del Cinema.

Nel 1862 la comunità ebraica di Torino aveva bisogno di un luogodi culto, così l'Antonelli fu incaricato di fare il progetto. Dapprimala Mole doveva essere alta 46 meri, ma poi passò a 167,5, e così gliEbrei torinesi abbandonarono il progetto poiché divenuto troppocostoso, e questo venne comprato dal Comune. Recentemente sonostate aggiunte colonne in cemento perché l'edificio era instabile.

Il cinema 'nacque' il 26 dicembre 1896, il giorno in cui i fratelliLumière proiettarono in un caffé parigino una scena tramite ilcinematografo. Antenato del cinema è il teatro d'ombre, che comparve nella metàdel 1700 a Parigi: la luce investiva le sagome che venivanoproiettate su un telo, e si creavano le ombre; veniva chiamataretro-proiezione, e le sagome venivano mosse dall'imbonitore.Piacque molto ai Parigini, non solo ai popolani ma anche ai nobili,

a tal punto che dal 1840 ne vennero fatti dei kit per bambini. Il teatro d'ombre nacque inrealtà in Cina prima della nascita di Cristo. Il teatro d'ombre occidentale era ludico, avevasolo come scopo l'intrattenimento, e le sagome, mosse dall'im bonitore, potevano solo andareavanti e indietro. Il teatro d'ombre orientale invece era religioso, veva scopo filosofico, e lesagome, sempre mosse da un imbonitore, erano però più snodate, con gambe e braccia mobili,ed erano anche più dettagliate e a volte colorate. In occidente le sagome erano fatte di cartone,spesso nero, mentre in oriente usavano ferro e pelle; nelle sagome turche veniva usata la pelled'asino. Si usavano come proiezione anche le ombre cinesi, fatte con le mani. Nel corso del 1500 e 1600 aumentarono gli studi sulla luce e sull'occhio umano, fino allascoperta della camera oscura, che funzionava e funziona come l'occhio umano, cioèprendendo le immagini tramite il raggio di luce e ribaltandole. I pittori amavano la cameraoscura perché permetteva di fare una copia perfetta del soggetto da riprodurre e ottenere legiuste proporzioni: bastava appendere la tela sulla parete opposta al foro e ricalcare; dopoaver finito bisognava girare la tela. La differenza tra la camera oscura e la fotocamera è chela fotocamera cattura le immagini, mentre l'altra no.

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Per modificare un raggio luminoso si può usare lo specchio o la lente; da ciò possono nascerele illusioni ottiche. L'anamorfosi è un disegno fatto in modo che si possa vedere solo da uncerto punto di vista, o guardato attraverso lo specchio. Quest'effetto rende protagonista lospettatore: per esempio c'è un quadro che sembra una macchia ma da un punto di vistadiventa un teschio.

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Come il teatro d'ombre, anche la scatola ottica viene usata per intrattenimento; in essa sipotevano vedere ad esempio famosi monumenti di una città. In Italia questo sistema venivachiamato “Mondo nuovo”. Permetteva anche l'illusione di una visione notturna: la lucepassava attraverso piccoli ritagli dell'immagine (le finestre) schermate da cartoncini colorati;la fonte di luce (candele) veniva posta dietro.

La nostra visione in 3D avviene perché gli occhi vedono da due punti leggermente diversi dueimmagini, e poi il cervello le fonde; la stessa cosa veniva applicata negli stereoscopi, ed è usatanel cinema attuale: al cinema si proiettano due films e gli occhialini assemblano le immagini. Tutte queste macchine servivano però per la visione delle singole persone. Nel 1650 fuinventato un dispositivo che permetteva la visione collettiva, la lanterna magica: c'è una fontedi luce che proietta l'immagine su uno specchio concavo, che riflette sul condensatore e laproietta su uno schermo. La lanterna magica aveva lo stesso scopo della scatola magica nelcampo scientifico, per le conferenze (come un'attuale presentazione): era chiamatamegalografia. Essa permetteva anche la visione del colore e del movimento: lo fondo fisso eraposto su una diapositiva posteriore, le altre davanti erano mobili: tramite manovelle e levevenivano fatte agire. Noi abbiamo assistito ad un singolare spettacolo di 'fantasmagoria',realizzato con queste lanterne. Le scoperte scientifiche portarono a migliorare l'effetto del movimento nella proiezione,sfruttando la persistenza retinica. Un'immagine rimane nel cervello per un poco e a quella sisovrappone la seguente: da questo principio nacque il cinema. In un primo tempo si usavanostrumenti primitivi, come la rotazione veloce di due disegni su due facce di un sostegno, cheapparivano in movimento. Il teatro ottico proiettava le immagini più velocemente: due bobinecon una pellicola viaggiavano dai rocchetti e passavano davanti ad una lanterna magica,l'immagine viaggiava su una serie di specchi e si proiettava su un telo. Le bobine eranodisegnate a mano (si dice che lo stress di tale lavoro abbia portato uno dei più famosi

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disegnatori a gettare tutto nella Senna). Era quasi la stessa cosa del cinema, ma con quattro ocinque fotogrammi al secondo (invece dei ventiquattro del cinema), quindi il risultato era lavisione di un movimento a scatti. Con la cinematografia si passò dal movimento reale all'illusione del movimento. Si iniziò conserie di fotografie a tempi molto ravvicinati (famose quelle di un percorso di corsa di uncavallo, per accertare se in qualche momento avesse tutte e quattro le zampe alzate). Nato perinteressi scientifici, il cinema passò presto all'intrattenimento. Si giunge così ai fratelliLumière, che riprendevano e proiettavano; all'inizio in bianco e nero, il colore era talvoltaaggiunto dipingendo la pellicola. I filmati erano corti e senza sonoro; i personaggi erano ingenere non attori ma persone riprese senza che lo sapessero. C'è un aneddoto che dice chedurante la prima proiezione dei Lumière, l'effetto del treno che arriva era così vero che alcunispettatori scapparono. Terminata questa interessantissima spiegazione, potemmo girare per le stanze cheriproducevano piccoli set cinematografici di genere, poste intorno alla sala centrale, in attesadi salire con l'ascensore panoramico.

La parte che mi è piaciuta di più è stata l'ultima, cioè quella in cui c'erano dei piccoli set difilm e tu ci potevi entrare. Lì è stato molto bello e divertente, sembrava veramente di entrarenei film ed essere la protagonista.

Dopo aver visitato tutto il Museo del Cinema, agruppetti siamo saliti con un ascensore bellissimo a82 metri di altezza sulla Mole Antonelliana. Arrivatiin cima alla Mole è stato bellissimo: era altissimo,vedevi tutta Torino dall'alto. Quando ero lassùprovavo una sensazione di vuoto e di libertà. Rebecca Siamo saliti di 85 metri e sembrava di essere inparadiso, è stato bellissimo. Alessio

A me Torino è piaciuta molto, in quanto non ha il solito schema di Genova, maampi giardini e strade che s'incrociano a x, essendo nata come città romana. Lavista della città dall'alto è stata spettacolare, perché si poteva vedere tuttaTorino. Infine Palazzo Madama, Palazzo Reale e i suoi giardini erano magnifici.testo di Kevin Nanfria

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Il mondo della fotografia femminile, ieri e oggiNel numero precedente abbiamo parlato di un grandissimo fotografostatunitense. Però, visto che ci tocca da vicino, vorremmo ora parlarvidella fotografia femminile e di come è cambiata nel tempo.

IeriIeri Julia Margaret CameronJulia Margaret Cameron ì

Julia Margaret Cameron, nata a Calcutta l'11giugno 1815, morta a Ceylon il 26 gennaio1879, è stata una fotografa inglese, esponentedel pittorialismo. Trascorse la sua vita tra la Francia, l’India el’Inghilterra.

Julia Margaret Cameron

La passione per la fotografia nacque solo nel1863, quando ricevette in regalo unafotocamera dalla figlia Julia.

L'attività fotografica conquistò la Cameron, che praticò principalmente ilritratto e la rappresentazione allegorica di racconti e romanzi.

Le sue immagini incorporano l'atmosfera sognante dell'epoca vittoriana, illeggero "fuori fuoco" restituisce eterei ritratti di bambini e di donne immersenella natura.

La sua tecnica era consideratacarente, e in effetti spesso i suoinegativi sono rovinati e malpreparati, ma il gusto compositivoera fuori discussione. Scelse didedicarsi al ritratto interpretatosecondo il suo modo, che poirispecchiava molto quello della

pittura preraffaellita a lei contemporanea. I suoi soggettipreferiti erano i bambini e gli adolescenti.Con i suoi plastici chiaroscuri riescea cogliere l’essenza di un volto, di un’espressione o un’emozione con verasensibilità, anche se con estenuanti sessioni fotografiche.

Le fotografie della Cameron diventano presto famose oltre la cerchia diamici e iniziano ad essere esposte nelle mostre d’arte (a quei tempi pittura efotografia venivano presentate insieme come “belle arti”), ottenendo ampiconsensi dal pubblico. Sarà la prima donna ammessa alla RoyalPhotographicSociety, e questo le permette di confrontarsi con gli altri fotografi, primo tratutti Rejlander.

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OggiOggiAnnie LeibovitzAnnie Leibovitz Annie Leibovitz, nata a Waterbury il 2 ottobre 1949, è una fotografastatunitense.

Ritrattista affermata, Leibovitz ha uno stile caratterizzato dalla strettacollaborazione tra fotografo e modello.

Divenne famosa durante i tredici anni passati come fotografa per la rivistaRolling Stone. Negli anni 80’ ha lavorato come fotografa per varie rivisteamericane. Annie Leibovitz ha inoltre pubblicato cinque libri di sue fotografie.

“Quando dico che voglio fotografare qualcuno, significa, in realtà,

che vorrei conoscere qualcuno, consultarne la personalità.

Per realizzare il miglior scatto possibile devo calarmi nel contesto, nella situazione.

La fotografia perfetta immortala ciò che ti circonda,

un mondo di cui divieni parte”

Questa frase pronunciata da Annie Leibovitz, oggi 66enne, riassume allaperfezione la sua filosofia artistica, basata sul feeling con il suo soggetto,innanzitutto.

Che Annie Leibovitz sia una fotografa diversa da tutti gli altri lo dicono i suoiritratti, pieni di una carica emotiva difficilmente riscontrabile nella storia dellafotografia e che spesso sono diventati delle vere e proprie icone. Ed è ancheper questo motivo che praticamente tutti i personaggi più famosi e importantidel pianeta fanno a gara per farsi fotografare da lei. Il ritratto di Annie ègaranzia di immortalità, perché il suo obiettivo riesce a tirar fuori l’anima achiunque gli si ponga davanti.

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Annie Leibovitz

Jennifer Lawrence

Angelina Jolie

Beatrice Beggi, Sofia Maraschi

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Testimonianze della ResistenzaTestimonianze della Resistenza

Martedì abbiamo incontrato la signora Wjlma Badalini, una partigiana che ha combattutoper la liberazione dell’Italia dai nazifascisti. La signora Wjlma si è presentata a noi in maniera molto semplice ma allo stesso tempodecisa e fiera. Il suo viso e il suo modo di fare non dimostravano assolutamente gli anni cheaveva: davanti a noi avevamo una signora molta distinta e curata e di un’intelligenza elucidità incredibili; occhi svegli e furbi e una bella faccia. Appena entrata ci ha salutato e per prima cosa ci ha mostrato i suoi documenti e leonorificenze da lei ricevute (Croce al merito di guerra). Dopo ha cominciato a raccontarcidella sua vita da partigiana.

Ha iniziato così parlandoci della suafamiglia: una famiglia antifascista, tanto èvero che le fu dato un nome straniero per fareun “dispetto” al regime, che in quegli anniosteggiava tutto ciò che non era italiano. La signora ci ha narrato molte cose dellasua vita da ragazza partigiana, poco piùgrande di noi, e soprattutto ha cercato ditrasmetterci che cosa aveva provato. Unacosa che mi ha colpito è stato quando ci haraccontato di aver visto una stazione dopo un

bombardamento, e che ciò era una delle tante scene che le aveva fatto decidere dicombattere per la libertà della nazione. La signora Wjlma ha raccontato che quando andava a scuola lei gli oggetti che eranosempre presenti nelle aule erano la foto del re, quella del duce e la croce di Gesù. Ciòovviamente era un modo per imporre alle persone determinate ideologie, limitando così ilpensiero di ognuno. Il fatto che lei ricordasse questa cosa ci fa capire che probabilmentel’averla subita, senza possibilità di esprimere liberamente le sue idee, l’aveva molto segnatae ne ha fatto la persona che è stata ed è. La signora Wjlma ci ha raccontato poi un particolare episodio della sua adolescenza ecioè quando, per sfuggire ad un arresto da parte di un ragazzo fascista, lo aveva spinto giùda un sentiero e lei era riuscita così a scappare e a salvarsi. Tutto ciò che ci è stato raccontato mi ha molto interessato, perché la Resistenza è unperiodo della storia Italiana che mi appassiona molto. Ciò forse perché i miei nonni (che ormai non ci sono più, ma che erano molto anziani) miraccontavano tante storie di questo genere che anche loro avevano vissuto sulla loro pelle. Io credo che noi ragazzi dovremmo sempre ricordarci di persone stupende come laSignora Wjlma e tanti altri partigiani e combattenti che hanno rischiato la loro vita per farein modo che ora noi possiamo essere liberi. Loro avevano capito che la libertà è un diritto ditutti e che ciò valeva anche la propria vita.

Pietro Romani

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Nel numero precedente eravamo andati alla scoperta delle poetesse del 1300; e nei secoli seguenti...?

Poetesse del '500

DALLE RICERCHE FATTE RISULTA CHE MOLTE POETESSE SI MISERO IN LUCE NEL 1500.

LE PIU' IMPORTANTI E CHE OGGI RICORDIAMO SONO :LE PIU' IMPORTANTI E CHE OGGI RICORDIAMO SONO :

Gaspara Stampa, cortigiana veneziana molto colta, che raggiunse un alto rango sociale e scrisse intense rime d’amore non corrisposto, un amore vissuto come spinta metafisica dell’esistenza.

Veronica Gambara, autrice di rime di argomento platonizzante in stile petrarchesco.

Isabella di Morra, uccisa dai fratelli che scoprirono unacorrispondenza segreta tra lei e il poeta spagnolo Diego Sandoval deCastro, nel castello di famiglia in Basilicata, ora visitabile come “parcoletterario.

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Vittoria Colonna la più famosa del periodo, soprattutto per il circoloche animava e che annoverava tra gli altri Michelangelo Buonarrotiche di lei scrisse “Un uomo in una donna, anzi uno dio” e che lededicò rime e sonetti in sua lode alle quali la donna, tormentatadalla passione d’amore per un marito bello ed arido e poi dal doloreper la sua morte, rispondeva con sonetti di argomento religioso. Allasua morte il devoto ammiratore, che non smise mai di vegliarla,superando la differenza di genere, per il dolore di quella perditascrisse: “Morte mi tolse un grande amico”.

QUESTE POETESSE ERANO ITALIANE, MA ANCHE ALL’ ESTERO CI FURONO IMPORTANTI POETESSE, TRA CUI RICORDIAMO :

Margherita di Navarra, sorella del Re di Francia, poetessa,moralista, mistica e umanista, che scrisse rime e prosa e leggevaDante in italiano, Platone in greco, Lutero in tedesco, e fuinterlocutrice diretta di Calvino e Marie le Jars de Gournay, allievadi Montaigne, di cui curò la prima edizione degli “Essais”, ed autricedel trattatello “Egalité des hommes et des femmes”

Giulia Pienovi

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Pianeta terra anno 3000… la macchina del tempo che ci porta nel futuro…

Il 3 agosto del 2017 è stata rivelata a tutto il mondo l’esistenza di un laboratorio in fondo al mare,precisamente negli abissi del Mar Rosso. Questo posto è stato tenuto in segreto tantissimo tempo,proprio perché si stavano facendo cose veramente molto pericolose. All’inizio non si sapeva a cosastessero lavorando quegli 800 scienziati così in segreto; poi, poco tempo dopo, su tutti i giornali siviene a sapere di una misteriosa macchina del tempo! Tutti gli abitanti erano euforici di sapere che la loro generazione era così avanzata, ma eranoanche abbastanza sconvolti, poiché avevano vissuto tranquillamente per molti anni, e poi, tutto adun tratto, erano venuto a sapere di una cosa così grande, la macchina del tempo… di cui centinaia difumetti avevano sempre parlato! L’inventrice della macchina si chiamava Mischel: era una donna, italiana, alta, snella, bionda, e ilcamice bianco da scienziata le stava proprio bene! La macchina del tempo venne chiamata “After”, proprio perché il suo scopo non era più andareindietro nel tempo, ma più che altro avanti. L’After venne ricontrollato moltissime volte: era una macchina pericolosa, poteva causare danni altempo. Ma dopo giorni e giorni di controlli Mischel pensò: “Se continuiamo cosi, non faremo piùniente, dobbiamo agire!” e poi parlò:” Ok, ok, allora; preparate tutto, accendete la macchina eselezionate una data a caso, anzi, il 3000: voglio vedere come saranno gli esseri umani a queltempo: chissà quante invenzioni, che macchinari si useranno? Ah… finalmente ci siamo; ma hobisogno di un accompagnatore, da sola il viaggio sarà brutto, ed è comunque imprudente: allora, chiviene?- Io!- No, io!- Io, io! Loro no! -No! Voi non sapete neanche come si accende! Io! Io!A quel punto Mischel urlò: “Ouuu! Shhh… scelgo io! Voglio… vediamo… te!” Con il dito indicòPietro, un nuovo ragazzo: avrà avuto sui vent'anni; era basso, aveva i capelli neri, portava degliocchiali, era magro e non aveva l'aria di un gran scienziato, sembrava poco sveglio… ma come sidice sempre: “l'apparenza inganna”! Era giovane… Sì! Ma la sua mente aveva un quozienteintellettivo altissimo. E sarebbe stato sicuramente un ottimo compagno per Mischel e il suo viaggio.“ Io?” chiese quello incredulo “ Sì, proprio tu, dai, preparati che andiamo!”“ Sì, sì … Ok… faccio velocissimo!”; era proprio felice.Ma solo al punto della partenza Pietro si ricordò che non sapeva cosa doveva fare. “No, aspettate! Mischel, cosa devo fare?” La scienziata lo guardò, fece un profondo respiro e gli rispose:“Allora, la macchina del tempo non ti teletrasporta lei, automaticamente, alle date che vuoi; leiaggiunge alla tua realtà la quarta dimensione; sì, tu diventerai quadridimensionale, avrai dalla tuaparte l'altezza, la lunghezza, la profondità e il tempo! Cosa molto importante, è che il tempo, che èla tua quarta dimensione, la puoi comandare, al contrario delle altre.”“E allora perché avete inserito la data 3000 nelle macchine?”“Ecco, questa è una domanda intelligente. Allora, appena l'After verrà azionato, dei raggi fortissimiti daranno la quarta dimensione! Bisogna inserire però la giusta potenza; di certo non è ugualel'intensità del raggio per andare un anno avanti o mille anni avanti. Quando riceverai il “tempo”sarai super veloce o super lento, a seconda di come vuoi viaggiare; per andare avanti nel tempo,dovrai spaccare in mille pezzi il muro del suono, quella è la minima velocità che devi avere persaltare avanti negli anni!”“Ok, dai, allora andiamo!”

Laboratorio di scrittura: il racconto di fantascienza

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I due entrarono nella macchina, e, come è stato detto, due enormi raggi li colpirono, ed ad un certopunto nessuno più li vide. Erano troppo veloci per l'occhio e la mente umana.

Pietro e Mischel erano felicissimi, ridevano, ed erano molto lieti del gran successo. Entrambi nonvollero perdere tempo e corsero a gran velocità. Era una cosa veramente molto strana, poichéavevano paura di sbattere contro i muri o i pali della luce, ma appena li vedevano riuscivano afermarsi di colpo e a schivarli. Si sentì un forte boato: il muro del suono si era sgretolato per lavelocità dei due scienziati. Essi, dopo aver superato la velocità minima per trasportarsi nel tempo, si ritrovarono nel futuro: laloro spedizione aveva avuto successo! Erano felicissimi, Mischel si mise pure a piangere dalla gioiae Pietro l'abbracciava dal forte entusiasmo. I due quasi impazzirono: vedere tutta quella nuova tecnologia, e tutte le innovazioni tecniche!Vollero rimanere lì tutto il giorno. L'After era quasi perfetto. Aveva solo un difetto, una piccola disattenzione della scienza: quandosi viaggiava nel tempo, la data reale, da cui provenivano i “viaggiatori”, si fermava; sembrava cosada poco, ma purtroppo non era cosi: nel futuro, una persona venuta dal passato cresceva piùvelocemente, un'ora passata nel passato equivaleva a un anno futuro nella data reale. QuandoMischel e Pietro tornarono al laboratorio correndo semplicemente all'indietro… i loro colleghi nonli riconoscevano: erano vecchi, avevano le rughe, i capelli bianchi e sembravano distrutti, stanchidalla lunga vita, che non avevano mai vissuto. Avranno avuto quasi novant'anni, erano vecchissimi.E dispiaciuti di non aver vissuto l'attimo presente della loro vita, godendone la bellezza. Morirono poco dopo il ritorno.

Maxim De Giovanni

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UNA CORSA HORROR

Mi trovo in una città buia, freddissima e desolata .

Non mi spiego come, da un momento all’altro, non ci siano persone.

Per vedere se è sparita la specie umana, prendo la mia “motocross”: dopo un paio di chilometri vedo una forma umana , ma quando mi avvicino scopro una creatura senza testa; vedendola, accelero con la mia moto, la sorpasso ad alta velocità , ma questo essere comincia a correre a cento chilometri all’ora : mi giro e, con la mia pistola, sparo all’essere.

Continua a correre ad alta velocità per venti metri e poi si accascia a terra .La benzina della moto si è esaurita e il veicolo si spegne .Lo lascio ad un ciglio della strada, corro sulla via, ma passa una macchina : mi ignora , perché l’autista pensa che io sia un essere cattivo ; ad un certo punto sparano e mi prendono ad una spalla .Dopo essere stato ferito, cammino finché uno di quegli esseri non mi morde ed io, piano piano … divento uno di loro. VIOTTI SIMONE, I A

Laboratorio di scrittura: l'horrorLaboratorio di scrittura: l'horror

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Gli zombie cercano di assaltare l’aereo, l’ultimo per scappare dall’inferno di Israele.Io fascio il petto con dei frammenti del mio maglione di spugna , in modo che assorba ilsangue .Gli zombie stanno per entrare nel “Boeing 747” , ma i motori alzati al massimo nemaciullano almeno trenta .Saliamo: siamo sopra alle nuvole .Mentre sorvoliamo la Russia, esplode una granata e l’aereo precipita .Svengo.Mi risveglio con un dolore pazzesco alle costole, mi levo la maglietta e vedo la “cloche”piantata nel fegato; me la levo tamponandomi con altri stracci .Penso che Joel sia morto perché non trovo il corpo.Mi allontano dall’aereo e trovo un paese disabitato; nelle case non c’è nessuno : sono vuote.Mi arriva il colpo di una mazza.Svengo di nuovo.Mi risveglio in un laboratorio e con me ci sono Joel e altre due persone , non rese zombie:Frank e Andrey.Ho notato una particolare ad Israele mentre andavo all’aereoporto: tra gli zombie c’era unbambino probabilmente malato e questi lo trascuravano .Ne parlo agli altri ed essi mi dicono che, ai piani sotterranei, ci sono dei dipendenti -zombie .Il laboratorio è farmaceutico : perciò mi inietto un virus nel sangue e, prima di andare giù,mi rinforzo le braccia con il cotone dei cuscini e lo scotch. Scendo.Vado in una camera con gli altri virus non mortali: il reparto 41-F .C’è solo un zombie e, cautamente, entro dentro : faccio silenzio perché gli zombiediventano furiosi quando sentono i rumori . La creatura mostruosa mi annusa e grido: scappo con il bottino .Ho trovato la soluzione per la fine della guerra ?

LUCA LEGROTTAGLIE, I A

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ORTO DIDATTICO

Martedì 28 marzo siamo andati nell’orto a pulire le aiuole dalle erbacce; in quasi un’ora eun quarto abbiamo cambiato aspetto all’orto. Abbiamo incominciato dall’aiuola delle fragole, quella un po’ più complicata, e in pocotempo abbiamo finito di pulirla; poi è arrivato il momento di zappare la terra per aerare ilterreno.

Dopo io e Gabriele ci siamo messi a pulire un po’ tutto l’orto, mentre Marta, Andrea e Kevinparlavano con la professoressa delle coltivazioni e dei progetti che vorremmo fare, tra cuiriuscire a potare gli alberi che ci sono e levarne alcuni troppo grossi. Alla fine abbiamo ammucchiato l’erba in un unico grande cumulo che poi mi porterò a casae getterò nella compostiera per trasformarlo in terriccio. Ci siamo divertiti tutti perché è uno svago e serve a scoprire come si può imparare in mododiverso.

Pietro Borgarelli - foto di Gabriele Manca

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo...

LA PAURA

La paura,il timoreChe ti fa tremare il cuoreUn rumore,uno schianto

Si sente un urlo,un pianto.

Le porte,il pavimento scricchiolanteCome le ossa di uno scheletro penzolante

Un sogno è statoUn orrendo incubo è passato.

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ALBA LUCENTE

Un'alba lucenteDopo un giorno splendentePoi un chiaro di LunaChe è da tempo che digiuna

Un'alba lucenteChe è stata brillanteBellissima è stataMa oramai è passata.

Diego Tomasino, 1 D

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Culture del mondo: Bolivia

Io mi chiamo Alan, sono nato in Bolivia. Sono nato in un paesino di campagnail 29 dicembre 2003 A 7 anni facevo tante cose in campagna con mio nonno, poi andavo a scuoladove facevo i compiti e studiavo con i miei compagni; la mie materie preferiteerano matematica e lingua. Alle dieci facevamo ricreazione, poi alle dodicimangiavamo a mensa. Alle tre uscivo da scuola. Dopo essere uscito da scuola, giocavo a calcio con i miei amici e arrivavo a casatardi, e mia nonna si arrabbiava. A casa facevo i compiti assegnati dalla maestra, eandavo a dare da mangiare ai cavalli e alle pecore.

Questa mappa illustra la Bolivia; al centro c'è la città di Cochabamba, vicino sitrova il paese dove io sono nato.

Questa è la bandiera della Bolivia:

Consiste in tre bande orizzontali di uguali dimensioni. I colori delle bande,partendo dall'alto sono: rosso, giallo e verde.

Il colore rosso rappresenta il valore militare del popolo, il giallo la ricchezza delsottosuolo e il verde i prodotti dell'agricoltura.

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La gente del mio paese parla la lingua “quechua”; il mio paese è in campagna, in periferia si parla spagnolo.

I Quechua

I Quechua provengono probabilmente da una piccola regione nell'altipiano andinonel Perù meridionale. Hanno costituito il gruppo etnico più importante dell'imperoInca, tanto che la loro lingua si è imposta come lingua ufficiale dell'impero. Lepopolazioni quechua abitano una zona delle Ande centrali che occupa diversi statisudamericani come Perù, Bolivia ed Ecuador.

Nonostante le diversità sul piano etnico e linguistico, i vari gruppi etnici quechuacondividono numerose caratteristiche culturali comuni. La tipica comunità andina vive in luoghi di elevata altitudine, e ciononostantepratica la coltivazione di diverse varietà di cereali. La terra appartiene, in generale,all'ayllu, la comunità locale, ed è coltivata collettivamente oppure ridistribuita subase annuale. I grandi proprietari terrieri, a cominciare dall'epoca coloniale e poi in maniera piùintensa con la nascita degli stati sudamericani indipendenti, si sono appropriati ditutta o di gran parte della terra coltivabile e hanno costretto le popolazioni a lavorare

per loro. Le aspre condizioni di sfruttamento hanno portato ripetutamente a rivolte da

parte dei contadini che sono state soppresse con la forza. La più grande di queste

rivolte ebbe luogo nel biennio 1780-1781 sotto la guida di Tupac Amaru II. Le riforme agrarie inclusero espropriazioni ai danni dei grandi proprietari terrieri e inBolivia la terra venne redistribuita alla popolazione indigena come proprietà privata.

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Questo è l'alfabeto quechua, e qui sotto vediamo la corrispondenza tra alcune parole in italiano, spagnolo e quechua.

Italiano Spagnolo Quechua

sole sol inti

pane pan t'anta

tavolo mesa wanp'ar

palla pelota lunp'u

cane perro alqo

piatto plato p'uku

nuvola nuve phuyu

uomo hombre qhari

donna mujer warmi

tartaruga tortuga charapa

maiale cerdo khuchi

gatto gato misi

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temperamatite tajador thupana

gallo gallo k'anka

mano mano maki

bastone baston tawna

fuoco fuego nina

foglia hoja raphi

L'ABBIGLIAMENTO DEL MONDO QUECHUA

L'abbigliamento Quechua è molto antico, e il vestiario è fatto di lana o pelli di animali. Ecco alcuni nomi relativi all'abbigliamento, in italiano, spagnolo e quechua.

Quechua Spagnolo Italiano

Anaku Falda Gonna

Chumpi Faja. Striscia

Churana Ropa. Abbigliamento

Kunkallina Bufanda. Borsa

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Kushma Saco Sciarpa

Kushma Camisa. Camicia

Llawtu Corona. Corona

Maki-watana Manilla, pulsera. Munilla Bracciale

Mama chumpi Faja-madre. Madre cintura

Muchiku Sombrero. Borretto

Muntira Gorra. Capello

Pakcha Sábana. Lenzuolo

Pintu Manta, trapo. coperta

Pintu ushuta Medias. Calze

Raku kushma Abrigo Avvolgere

Rinrina Arete. orecchino

Ruwana Poncho. Poncho

Shikra Bolso. Borsa

Shiwi Anillo. Anello

Tupu Prendedor. Spilla

Uku kushma Camiseta. Camizetta

Ushuta Zapato. Scarpa

Ushuta Alpargates Alpargates

Wallka Collar. Collana

Wara Pantalón. pantalone

Warmi wara Blusa Camicetta

Wawa chumpi Faja-delgada Striscia sottile

Come si vede, i termini per i vestiti in quechua sono molto diversi dai nostri. Questo abbigliamento è alternativo e a noi piace. E a voi?

Questa era la mia vita in Bolivia. Spero che questo articolo vi sia piaciuto.

Alan Cutile Ricaldez Paolo Immordino

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Il racconto autobiografico

La mia prima recita

Ero un bambino di circa sei anni: quello era il mio primo anno di scuola. Quando mi dissero che avremmo dovuto organizzare una recita scolastica, io subito pensai: “Ci portano a vedere un piccolo spettacolo!”. Tutto contento, tornai il giorno seguente a scuola e vidi la maestra che faceva alcune fotocopie; ciò non mi insospettì, ma quando, arrivata vicino al mio banchetto, disse che avrei dovuto imparare una poesia, molto corta, solo di poche righe, ma anche molto dolce e musicale, iniziai a pensare che la mia classe avrebbe dovuto fare lo spettacolo; così mi venne un po’ d’ ansia. La poesia recitava così:

“Gesù bambino,dolce e piccino,mettiti un fiore sul cuoricino,un fiore azzurro della bontàe benedici mamma e papà”.

Non ho idea di chi l’abbia scritta, ma questi versi non mi hanno mai abbandonato. In pratica i bambini più grandi avrebbero inscenato una sorta di cena di Natale e poi noi avremmo dovuto ripetere quella piccola poesia. Dapprima ero agitato, ma quandosalimmo sul palco diventai tutto rosso: infatti, nel video registrato da mio nonno, si può notare uno sbalzo d’ umore sul mio viso; il mio cuoricino batteva velocissimo: “Tum, tum!”. Non accennava a calmarsi e continuò così tutto il tempo. In quell’istante non provavo nulla e, al tempo stesso, avvertivo ogni emozione: era una sensazione indescrivibile. Tra il pubblico riuscivo a scorgere mio nonno, con la sua telecamera, mia nonna vicino a lui, tutta contenta e felice, e mia mamma, con mio fratello in braccio; mio papà, in quel momento, era a lavorare e vide la “recita” proprio grazie alla videocassetta registrata da mio nonno, che è sempre stato buono e amorevole con me;infatti tuttora, alla veneranda età di ottantaquattro anni, mi fa riprese con la sua videocamera.

Luca Martinelli, II B

Ricordo con emozione il Dicembre 2015, quando, con la mia scuola di danza, ho fatto un’esibizione al teatro Modena, per la trasmissione televisiva: “Stella Danzante”.Io ed il mio gruppo siamo arrivati a teatro, nel tardo pomeriggio, per fare le prove, con e senza i costumi di scena. Mentre provavo il balletto, mi vergognavo un po’, perché erano presenti anche quelli del gruppo agonistico, molto più bravi di noi.Io ed il mio gruppo, per fortuna, eravamo undicesimi: così, vedendo i nostri compagni ballare, ci siamo tranquillizzate.Nel momento in cui sono salita sul palco, dall’emozione non ricordavo i passi, ma

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appena iniziata la musica, come per magia, mi sono tornati in mente ed ho ballato sicura di me, fino alla fine.Durante la mia esibizione, malgrado le luci abbaglianti, sono riuscita ad intravedere i miei parenti, che sorridevano ed erano fieri di me.Dopo lo spettacolo, sono scesa in platea, dove i miei familiari mi hanno fatto i complimenti, per la bella esibizione ed anch’io ero molto soddisfatta di me stessa.

Irene Saravo, II B

“Passione per la fotografia”Qualche anno fa desideravo moltissimo diventare una fotografa, perché mi piaceva l’idea di poter fermare i momenti più significativi della mia vita in un’ immagine.Guardavo le fotografie sulle riviste, ricche di colori, fiori e frutti; mi soffermavoanche sulle immagini delle sfilate, che rappresentavano modelle con vestiti e gioielli all’ultima moda e desideravo essere in quei posti per catturare i momenti più significativi.Un giorno decisi di andare in un negozio di elettronica, per informarmi sui prezzi e sui modelli di macchine fotografiche.Entrandovi, provai moltissima gioia ed entusiasmo, perché sentivo che il mio sogno sarebbe potuto diventare realtà.Osservando tutti i modelli, scelsi in breve tempo quello che faceva per me: era la “Canon 1300d”; aveva delle magnifiche prestazioni ed un fantastico obbiettivo.Contentissima della mia scelta, tornai a casa e, durante il tragitto, non feci altro che immaginare i molteplici usi della macchina.Quando arrivai, corsi dai miei genitori e comunicai la mia intenzione di comprare la macchina fotografica, che avevo scelto; feci capire loro quanto era importante per me, ma non ne volevano sapere: dicevano che la macchina era troppo costosa e che avrei dovuto aspettare fino alla terza media.Io ero infuriata e delusa, ma mentre mettevo a posto la mia camera trovai la miavecchia: ”Casio Exlim ex-zr10”, un regalo della mia Prima Comunione.La accesi e provai a scattare una foto alla mia cricetina: con grande meraviglia, mi accorsi che funzionava molto bene.Da quel giorno, la portai sempre con me, fotografando ogni momento che mi dava ispirazione.Diventai molto brava: presto, la casa fu tappezzata dalle mie fotografie e gli ospiti che venivano mi facevano molti complimenti.Capii che non c’era bisogno di un sofisticato modello di macchina , ma di esperienza e pazienza, e che la “Canon”, vista in vetrina , poteva essere un sogno, da realizzare in futuro. Serena Carta, II B

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INCENDIO SUL MONTE FASCE!

Il 7 settembre 2016 intorno alle 21.30 sul fronte meridionale del Monte Fasce c’è stato un incendio. Subito dopo sono intervenuti i Canadair e i vigili che hanno chiuso le strade. Sono state evacuate alcune persone.E’incerto, ma si è pensato che la causa sia stata la caduta di un lampione che erain manutenzione o l’azione di un piromane.Sul posto durante l’incendio sono intervenuti due Canadair e un elicottero della Regione Liguria.

La sera stessa i Vigili del Fuoco e i volontari hanno iniziato la bonifica dell’area.Altri incendi si erano sviluppati a Pegli, a Voltri dove oltre 300 persone sono state costrette ad evacuare, come pure nella zona di Sant’Antonino (vicino a Staglieno).

A Genova accadono molto frequentemente incendi Genova ha infatti molte aree verdi e queste soprattutto in estate sono a rischio. Però i proprietari dovrebbero eliminare i sterpaglie, rovi, erba e immondizia. E’ vietato accendere fuochi per questa azione.

Se si avvista un incendio bisogna chiamare subito i seguenti numeri:

1515 Corpo Forestale 112 Vigili del Fuoco 800 807047 Sistema regionale di antincendio boschivo

Abbiamo esaminato alcuni grafici relativi ad incendi di questi ultimi anni in Liguria

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Possiamo notare dai grafici che negli anni 1989 e 1990 in Liguria c’è stato un grande susseguirsi di incendi (tra i 1600 e i 1800), come pure nel 1997, mentre dal 2004 al 2007 sono calati.

Sempre dal 1989 al 2007, le province di Genova e Imperia hanno avuto molti incendi (tra i 4000 e i 4500), invece La Spezia e Savona si sono mantenute al di sotto dei 3000.

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Il 2004 è stato l’anno in cui ci ci sono stati meno incendi. Complessivamente, dal 1989 al 2004 la quantità di incendi è scesa. Speriamo che questo sia dovuto anche ad una maggiore sensibilità ed attenzione dei cittadini nei riguardi di questo problema.

Tommaso Cantù e De Giovanni Timothy

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Racconto giallo“La veste rossa”

(tema in classe)

In una tranquilla giornata d’inverno, in una scuola superiore di moda pressoLondra, le tende frusciavano, mosse dal vento gelido, le classi erano silenziose ealcuni alunni uscirono da queste ultime per dirigersi al bagno.Marco era stato espulso dalla classe, perché disturbava la lezione; così era sedutosu di una sedia, a lato del corridoio e osservava ogni movimento che accadevalungo quest’ultimo.Ad un tratto vide uscire dalla classe quarta sezione D una ragazza, molto magra edesile, con addosso una veste bianca e delle ballerine, anche queste dello stessocolore.Era diretta verso il bagno; quando tornò, Marco notò una macchia rossa,probabilmente di rossetto, ma non si preoccupò molto.Pochi minuti dopo la ragazza uscì di nuovo, ma questa volta era diretta nel secondocorridoio della scuola; Marco interessato, la salutò, ma ella non lo considerò.Trascorsa un’ora, “la misteriosa” non era di ritorno; così Marco, curioso come alsolito, andò a cercarla.Percorse tutto il corridoio da cima a fondo, ma non vide nessuna traccia di lei.Ad un certo punto si sentirono un urlo ed il rumore di un vestito che venivastrappato; Marco era molto coraggioso, ma in quel momento si spaventòmoltissimo.Provò a dirigersi verso la sartoria della scuola, ma la ragazza non era lì; andò versoil bagno e, aprendo la porta, rimase scioccato: vide un corpo bianco, disteso aterra, solo vestita di biancheria intima e delle ballerine che aveva notato ai piedidella ragazza. Questa aveva il collo sanguinante, le mani e i piedi legati dietro allaschiena, ma era ancora in vita.Con molta furtività, la slegò e provò a tamponare l’emorragia al collo.Dopo molti tentativi, il sangue cessò di uscire dalla ferita e Marco riuscì a parlarecon la ragazza.Con voce tremolante ella si presentò: si chiamava Sonia, si era vestita in quel modoperché il giorno prima aveva perso una scommessa ed era stata minacciata dimorte.Ella, però, si era dimenticata di indossare un velo sopra la testa: per questo iragazzi, con cui aveva scommesso, non la uccisero, ma la maltrattaronoduramente; la ferita al collo, spiegò, era dovuta alla corda di ferro che le avevanolegato alla gola.Marco disse alla ragazza che aveva visto sul suo vestito una macchia rossa e Soniaspiegò che, la prima volta in cui era uscita, in bagno si era tolta il rossetto, perché

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la Professoressa l’aveva rimproverata.Marco le chiese chi fossero i colpevoli di questa azione e Sonia risposesemplicemente: ”delle persone ingrate”.Marco e Sonia segnalarono il fatto successo alla polizia, anche se la ragazza non erapienamente d’accordo, perché temeva che i compagni di scuola potesseroprendersela con lei, ma non fu così ed i colpevoli furono rinchiusi nel carcereminorile di Londra.Con le parole dell’ispettore della polizia, Sonia capì che non si devono maiaccettare scommesse da chi non si conosce e, soprattutto, se si tratta di minacce.Marco e Sonia divennero amici; da quel giorno, si difesero l’uno con l’altra ecapirono l’importanza di confidarsi con i propri cari.

Carta Serena, II B

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STORIA DELLA MODA

ANNI'50ANNI'50

Gli anni ’50 sono gli anni dell’eleganza: gli anni del cool, soprattutto per noi che li guardiamo con

l’occhio di chi subisce il fascino del vintage.

La moda comincia ad essere influenzata dalla musica e dal cinema:i ragazzi indossano T-shirtbianche,giacconi di pelle e jeans ispirandosi a Marlon Brando e James Dean nei loro film più famosi; leragazze invece indossano jeans aderenti oppure le gonne arricciate molto ampie e ai piedi portano leballerine (è un po’ l’abbigliamento che ritroviamo in “Grease”).

In Europa sono gli anni della ricostruzione e del miracolo economico, e anche il mondo della modacomincia ad essere investito dal consumo di massa. Se Parigi continua a dettar legge, nasce a Firenzel’industria della moda italiana, e nel 1952 a Palazzo Pitti si tiene la prima di molte sfilate emanifestazioni. L’organizzazione di questa si volge alla ricerca di nuovi sarti non tra le storiche case dimoda italiane, ma tra quelle che più tentano di distaccarsi dai modelli parigini, come Emilio Schuberth,Emilio Pucci, Simonetta Fabiani, le sorelle Fontana.

Parigi però continua a dettar legge e Dior*, fino alla sua morte, avvenuta nel 1957 ,lancia due collezionil’anno. Alcune fra le più importanti collezioni di Dior si ispirano alle lettere dell’alfabeto,come la linea Hdel ’54, con la vita spostata sui fianchi e il busto allungato e irrigidito. Successivamente si hanno la lineaY e la linea A,mentre gli abiti da sera sono solitamente lunghi fino ai piedi. Nel 1957 infine rivoluzionaancora la moda con la linea “sacco”, che crea molto scalpore perché nasconde totalmente il punto vita.

Nel 1954 si conclude la prima parte di questo decennio, perché in quest’anno Coco Chanel riapre la sua casa di moda e,fedele alle sue idee, lancia indumenti rivolti ad un nuovo tipo di donna più dinamica e al passo coi tempi, ovvero i suoi tailleurs dalla giacca senza collo

e dalla gonna semplice e dritta. E' sempre lei a lanciare la scarpa Chanel, senza tallone e con la

punta in colore diverso, che rappresenta un’alternativa ai massacranti tacchi a spillo. Per quanto riguarda i suoi gioielli la produzione viene incentrata su catene e perle e nel 1955 crea la borsa 2.55.

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Nello stesso periodo si sviluppa anche la moda per il tempo libero e sulle spiagge fa la sua comparsa ilbikini. I pantaloni continuano la loro marcia verso il successo,si usano per l’estate e per lo sport.

Vestirsi elegante significa imitare lo stile della metà del secolo, anche se magari per la gentedell’epoca, appunto perché gli uomini andavano vestiti in abito dappertutto, era la normalità.Cappello, buone maniere e giacche con fiore all’occhiello era poi la 'mise' lanciata da Cary Grant.Questa attenzione per il buon gusto e l’eleganza veniva quindi spalmata a più livelli, dal divo del cinema

ad un normale assicuratore. In quest’epoca fatta di moda in stile classico non sonomancate però le eccezioni, ovvero coloro che infrangendo la regola hannoinventato un look nuovo, più trasgressivo ma altrettanto carismatico. Eancora una volta a lanciare la moda sono stati gli attori. Ancora oggiquindi,stilisti che imitano il carattere anni ’50 sono molti, dando alle lorocreazioni un taglio formale, se si vuole uscire una sera all’opera e sembrareCary Grant, oppure un tono più leggero, per imitare James Dean e Marlon

Brando.

Christian Dior, figlio di un industriale, assecondò il desideriodei propri genitori frequentando l'École des Sciences Politiques. Alla fine Dior lasciò gli studi, e grazieall'aiuto finanziario del padre nel 1928 riuscì ad aprire una piccola galleria d'arte, che però dovettechiudere pochi anni dopo per via del crollo dell'azienda di famiglia. Dal 1937 al 1939 lo stilista lavoròcon Robert Piguet finché non fu chiamato per il servizio militare. Nel 1942, Dior cominciò a lavorarenella casa di moda di Lucien Lelong, dove lui e Pierre Balmain diventarono i principali stilisti. Nel 1946Dior aprì un suo atelier a Parigi con l'aiuto finanziario di Marcel Boussac, il re del cotone. Dior riuscìnell'impresa di rivoluzionare la moda, introducendo uno stile e un'idea di femminilità completamentenuovi. La donna di Dior aveva spalle arrotondate rispetto a quelle imbottite precedentemente in uso;gonna lunga a forma di corolla a venti centimetri dal suolo; vita di vespa ottenuta con un leggerobustino, la celebre guêpière; tessuti raffinati e costosi, che sostituirono il panno usato durante laguerra. L'abbondanza di stoffa dei suoi modelli fu di non poco aiuto alla ripresa dell'industria tessile.La sua linea, detta New Look, fu lanciata nel 1947 in America, dove aprì nel 1948 la boutique Dior NewYork.

Christian Dior

abito Dior 1956 a cura di Bianca Lucianò, Jamila Sane e Martina Sciutto

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Vi racconto il Castello della Manta, meta della gita scolastica delle classi prime!

Sulle colline tra Saluzzo e Cuneo, nel paese da cui prende il nome, sorge il Castello della Manta. E' un

maniero medievale, costruito nel XIII secolo. Non ha una geometria precisa perché è il risultato di una serie

di trasformazioni nei secoli.

All’inizio dell'anno 1400 il castello iniziò a prendere le forme attuali, grazie all'opera della nobile famiglia

di marchesi Saluzzo della Manta: fu trasformato da una semplice piazzaforte medievale ad un castello

signorile.

L' interno del castello è costituito da diversi ambienti, ma il più prestigioso è il salone baronale. La stanza

è caratterizzata da numerosi affreschi, che ne ricoprono totalmente le pareti. I più belli sono le pitture

dedicate ai 18 eroi, 9 eroine e i 9 eroi. Sono figure a grandezza naturale, dipinte su di un fondo color

marroncino, intorno all’anno 1420, da un anonimo pittore, denominato “Maestro della Manta”, e

raffigurano eroi epici e storici.

Di fronte alla parete, si può ammirare la “Fontana della Giovinezza”: questo era un antico sogno,

desiderato nel Medioevo e narrato nei romanzi medioevali francesi. Negli affreschi, infatti, sono disegnate

delle persone anziane, che corrono alla fontana, per ritornare alla loro gioventù.

Un’altra stanza degna di essere visitata, decorata da figure rappresentative e che narra anche delle scene

mitologiche, è la sala delle Grottesche.

A fianco al castello c’è la Chiesa, chiamata “Santa Maria”. L’ interno è rappresentato da due parti che sono

quella in cui si celebrava la santa messa e quella dipinta, con affreschi.

All’interno, nella cappella del Cristo Risorto, vi è la tomba di Michele Antonio di Saluzzo, che fu il

tredicesimo dei Marchesi di Saluzzo, famiglia di governanti della città piemontese e del suo territorio, fino

all'estinzione della famiglia e all'annessione del Piemonte al Regno di Francia, intorno al Cinquecento.

Nell’anno 1984, il castello è stato donato al FAI, acronimo di “Fondo per l’ambiente Italiano”.

Questa associazione si occupa della manutenzione, per far visitare il meraviglioso maniero al pubblico.

Gabriele Guadalupi, I A

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Veduta del Castello

Il Salone Baronale

La Sala delle Grottesche

Veduta esterna della chiesa di Santa Maria

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UNPLUGGED: una guida per aiutarci...UNPLUGGED: una guida per aiutarci...

Diciamo subito che Unplugged èun progetto che riscuote tutto ilnostro rispetto, perch combatteèle debolezze che ci affliggono ognigiorno.Per debolezze intendiamo ladipendenza da diverse sostanze(gli stupefacenti, le sigarette,l'alcol) o le semplici critiche checi rendono cos insicuri di noi stessi. ì Nella nostra classe il laboratorio stato diretto dalla professoressa Vinellièche ci ha spiegato veramente bene e a cui siamo infinitamente grati. La prima unit ha riguardato la capacit di far entrare una persona nelà àproprio gruppo, la seconda l'alcol e il rischio, la terza le proprie opinioni, ecos via.ì Non ci hanno spiegato esplicitamente che cos' Unplugged in tutto il suoèspessore, ma col passare delle lezioni abbiamo appreso pienamente il suosignificato, che consiste nel sapersi autocontrollare e nel riuscire a capire il

vero pericolo di queste tentazioni. La prima impressione che ci aveva dato nonera stata molto positiva perch all'inizio cièannoiava, ma approfondendo sempre di piùl'argomento abbiamo capito che era importante,che ci spiegava cose giuste e che dovevamoseguirle tutte alla lettera. Per questo ringraziamo sinceramente laprofessoressa Vinelli, ma soprattutto i creatori di

Unplugged, e speriamo vivamente che continuino il loro progetto. Aurora Piccardo, Emma Malossi