“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno...

100

Transcript of “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno...

Page 1: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati
Page 2: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo

stati noi a scoprire la terra del Brasile’. Ma i nostri

antenati conoscono questa terra da sempre. ‘Noi

abbiamo i libri e perciò siamo importanti’ dicono i

bianchi. Ma sono solo bugie. L’unica cosa che i

bianchi hanno fatto è stato rubare la terra ai popoli

della foresta e distruggerli. Io sono figlio di un

vecchio Yanomami e vivo nella foresta dove

viveva il mio popolo quando sono nato, ma non

vado in giro a dire ai bianchi di averla scoperta io!

Io non dico di aver scoperto questa terra solo

perché il mio sguardo si è posato su di essa e non

pretendo per questo di esserne il proprietario. É

sempre stata qui, ancor prima di me. Io non dico:

‘Ho scoperto il cielo’ e non grido nemmeno ‘Ho

scoperto i pesci e gli animali”, perché sono

sempre stati qui fin dall’inizio dei tempi”. Davi Yanomami, 1999

Page 3: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati
Page 4: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati
Page 5: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Nel 1500 in Brasile vivevanooltre 1000 popoli diversi. Oggine sono sopravvissuti 215.

Page 6: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

“Le nostre terre sono invase, le foreste distrutte, gli animali sterminati

e i nostri cuori lacerati dall’arma micidiale che si è rivelata essere la

civilizzazione. Per i bianchi e per i cosiddetti uomini civilizzati, volerci restare

non è altro che puro ‘romanticismo’. Non per noi; per noi è la nostra vita”. Donna Kaingang, 1975

Page 7: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Int roduzione

Mappa

Il genocidio più lungo

Popoli non contat tat i

In fuga

Primo contat to

Ritorno a casa

La strada del la rovina

Genocidio

Ult ima generazione

Nessuna ragione di v i ta

Sciamanesimo

Contro ogni previsione

Proprietà del la terra

Intervieni

Survival

Ringraziamenti

1

6

9

21

27

33

39

45

49

55

61

69

75

79

87

89

90

215 popoli diversi53 gruppi mai contattati

0 terre di proprietà degli Indiani

Diseredati Indiani del Brasile

INDICE

Page 8: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati
Page 9: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Introduzione 1

“Quando si parla della scomparsa dei seimilioni di persone nei campi di concentra-mento, si conoscono i nomi e la data dimorte di gran parte di loro. Noi popoliindigeni ci ricordiamo di circa 6 milioni difratelli e sorelle che sono stati sterminati,ma nella maggior parte dei casi non esistenessuna informazione riguardo questimassacri. Si è trattato di uno sterminiosilenzioso e ininterrotto, che continuatuttora”. Nailton Pataxó in visita in un campo di

concentramento nazista, Germania, maggio 2000

Quando i primi Europei arrivarono inBrasile, 500 anni fa, nel paese vivevanopresumibilmente 5 milioni di Indiani.Oggi ne sopravvivono solo 350.000.Cinque secoli di massacri, sfruttamento,torture e malattie hanno annientato granparte della popolazione indigena, e di centinaia di tribù non si conserva piùnessuna traccia. Che vi sia stato ungenocidio è un fatto indiscutibile.

I Nazisti hanno sterminato più della metàdegli Ebrei europei. In Brasile, invece, il numero degli Indiani è diminuito del93% quasi esclusivamente per mano deicoloni europei e dei loro discendenti, che hanno ucciso milioni di persone o le hanno messe in condizioni tali daprovocarne inevitabilmente la morte.

Gli Indiani del Brasile contano oggi una gran varietà di popoli e vivono nelleforeste pluviali tropicali, nelle praterie,nelle savane e anche nei deserti. Alcunisono indistinguibili dalla moltitudine deiBrasiliani poveri. Molti altri, invece,conservano la loro identità distinta, anche se, in qualche caso, vivono da

INTRODUZIONE

Ragazza Araweté

Secondo la legge brasiliana,gli Indiani sono minorenni e anessuna tribù è riconosciuto ildiritto di proprietà della terra.

Page 10: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

secoli a stretto contatto con i coloni. Altri, invece, non hanno alcun contattocon l’esterno: il Brasile è probabilmente il paese che ospita il maggior numero ditribù isolate del mondo. Differenziazionicome queste sono comuni in tutto il SudAmerica, tuttavia esistono 4 fattori cherendono la situazione brasiliana unica:

• in Brasile vivono molte tribù che nonhanno mai avuto contatti con l’esterno o quasi, e che perciò sono estremamentevulnerabili;

• lo stato non riconosce i diritti degliIndiani alla proprietà della terra, sebbenequesti siano sanciti dalle leggiinternazionali;

• il governo dispone di un ufficio agliaffari indiani e di ingenti fondi perprogetti a favore dei popoli indigeni;

• malgrado ciò e con poche eccezioni, leautorità non proteggono assolutamente gliIndiani e alcuni di loro devono affrontareoggi il loro sesto secolo di genocidio.

Il Brasile è l’unico stato del Sud Americaa disporre di un grande dipartimentogovernativo agli affari indiani, il FUNAI(Fondazione Nazionale Indiana). IlFUNAI venne istituito agli inizi delsecolo scorso da un ufficiale dell’esercitosensibile al problema, con il compitospecifico di proteggere e assistere gliIndiani. Tuttavia, non ha saputo impedirela scomparsa di intere tribù, al punto chedurante il XX secolo, gli Indiani si sonoestinti al ritmo medio di un popolo ognidue anni. In alcuni momenti, il FUNAI hacontribuito direttamente al genocidio.

I governi successivi non sono riusciti aporre fine a questa sconvolgente tragedia.Potenti lobby minacciano da sempre chiha a cuore la causa degli Indiani, sia al governo sia presso il FUNAI. Moltipolitici ricevono denaro e voti dallecompagnie minerarie o del legname,mentre altri incrementano i loro contiprivati stornando denaro dai fondiinternazionali destinati allo “sviluppo”.Le forze armate continuano a inventarefalse minacce straniere per giustificare

2 Introduzione

Tra il 1986 e il 1993, 40.000 cercatori d’orohanno invaso la terra degli Yanomamiportando con sé malattie verso cui gliIndiani non hanno difese immunitarie. Morìil 20% della popolazione. Questa donna fu soccorsa dal ponte aereo d’emergenza.

Le prime campagne diSurvival per i diritti dei popolitribali sono iniziate in Brasilenel 1969.

Page 11: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

la presenza dei militari nelle aree diconfine, dove vivono gli Indiani,rafforzando così il controllo su di loro.Tutti costoro considerano i popoli tribaliun intralcio ai loro piani e alle loroambizioni. Spesso sono i loro interessi ad avere la meglio, vanificando e disarmando tutte le leggi e i decreti pro-indigeni. Non si fa nemmeno in tempo a tracciare sulla mappa i confini di unariserva indiana che una potente lobbytenta di ridurli o cancellarli.

Nell’ultimo mezzo secolo, in Brasile sonoconfluiti miliardi di dollari da parte diagenzie internazionali come la BancaMondiale e, di conseguenza, da parte deicontribuenti nord americani ed europei.La pressione esercitata dai sostenitoridegli Indiani è riuscita ad assicurare cheuna parte di questo denaro (piccola ma pursempre dell’ordine di milioni di dollari)venisse destinata dal governo allaprotezione delle terre indiane. Il governobrasiliano aveva promesso la

demarcazione di tutti i territori indigenientro il 1993. Un terzo dei territori non èancora stato demarcato, mentre dove ciò èstato fatto, la terra non è protetta in modoadeguato, e chi la invade illegalmente,spesso con la violenza, rimane di solitoimpunito.

Se la demarcazione sarà completata e fattarispettare, rappresenterà un passoimportante per i popoli indigeni ma nonsarà ancora una garanzia totale disicurezza. Le tribù indigene resterannovulnerabili finché il Brasile rifiuterà dirispettare la legge internazionale,ratificata formalmente dal Brasile nel1965 e poi subito dimenticata. Il fatto chenel XXI secolo si pensi che i popoli cheabitano il Brasile da almeno 10.000 anninon abbiano il diritto di possederne unaparte, è una tragica parodia di ciò cheprescrive perfino la legge naturale.

Introduzione 3

La foresta amazzonica continua ad essereabbattuta e bruciata su vastissima scala.

Page 12: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Confrontando questa situazione conquella del vicino Perù, che non sidistingue certo per i suoi atteggiamentifavorevoli agli Indiani, risulta ancora piùchiaro che il Brasile ha fortissimi motiviper vergognarsi. In Perù, un paeseestremamente più povero del Brasile, nonsono giunti contributi internazionaliconsistenti per finanziare programmi a favore degli indigeni, ma rispetto al Brasile vi abitano molti più Indianiamazzonici. Ciò nonostante, dal 1974,moltissime comunità indianedell’Amazzonia peruviana hanno ottenuto

reali titoli di proprietà sul territorio, checonferiscono loro diritti comunitariperpetui. In Brasile, al contrario, il massimo a cui gli Indiani possonoaspirare sono le riserve, chiamate “areeindigene” (che gli Indiani possono solousare ma non diventarne i proprietari).Negli anni successivi all’entrata in vigoredella legge del 1974, due comunitàindiane peruviane a settimana hannoricevuto il titolo di proprietà terriera.

Forse gli eccessi peggiori della storiabrasiliana sono finiti: l’avvelenamentodeliberato e premeditato degli abitanti diinteri villaggi, il bombardamento aereo e la distruzione delle case da parte deicostruttori di strade appartengono al passato. E’vero anche che i sociologinon consigliano più il governo brasilianodi sradicare gli Indiani, come fecero gliantropologi fino agli anni ‘30. Negli

4 Introduzione

Xavante al raduno indiano che si è tenutonell’aprile del 2000 a Coroa Vermelha percontro-celebrare il cinquecentenario dellosbarco del primo Europeo in Brasile. Allamarcia pacifica, la polizia aprì il fuoco suipartecipanti e li disperse con gas lacrimo-geni e pallottole di gomma. Gli Indiani checercarono di proseguire vennero picchiati.

Page 13: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

ultimi trent’anni si è sviluppato, inoltre,un piccolo ma vigoroso movimento disostenitori degli Indiani che si è diffusoanche ai livelli più alti dello Stato e dellaChiesa. E, cosa più importante, è sorto unmovimento composto dagli Indiani stessi;sebbene sia allo stato embrionale, hafavorito la nascita di molte organizzazio-ni che si battono per i propri diritti.

Rimane il fatto che gli Indiani vengonoancora uccisi e che nessuno vienecondannato; che a causa della mancanzadi terra e di futuro i bambini si suicidanoanche a 10 anni, e che un gran numero di indigeni soccombe per malattie“importate”: in soli sette anni, un’ondatadi malaria diffusa dai minatori ha uccisopiù del 20% degli Yanomami.

Le tribù contattate negli ultimi anni e quelle che sono appena state contattate,rischiano ancora di essere sterminate.Quando riescono a sopravvivere, devonosopportare decimazioni e sofferenzeproprio come nel passato. L’unica vera

soluzione a lungo termine è che il governo rispetti la legge internazionalee riconosca finalmente la proprietàterriera indigena. Il rifiuto a ottemperareil proprio dovere è la chiara prova del piùestremo razzismo istituzionalizzato; unaconvinzione tanto radicata in Brasile cheperfino i sostenitori degli Indiani temono,sollevando la questione della terra, discatenare forti sentimenti anti-Indiani neicorridoi del potere.

Questo dossier non vuole essere unresoconto completo dei 215 popoliindigeni del Brasile, ma pone l’attenzionesoprattutto sui popoli meno contattati epiù vulnerabili. Nelle sue pagine sisosterrà che questi popoli affrontano ungenocidio, forse non intenzionale comeprima, ma pur sempre un genocidio,come cinque secoli fa. Questo crimineatroce non può essere considerato solocome un problema “interno” al Brasile: èun crimine contro l’umanità, cioè controtutti noi, e quindi un problema e unaresponsabilità di ciascuno di noi.

Introduzione 5

“Sono orgogliosa di appartenere a un popolo

diverso, con una sua terra e una sua cultura.

Voglio che i bianchi riconoscano che gli Indiani

hanno un valore e voglio che il mio popolo sia

orgoglioso della sua cultura. I Portoghesi

vennero per conquistarci e inviarono molta

gente per ucciderci e prendersi la nostra terra. Prima eravamo

autosufficienti. Malgrado tutto, oggi sono ancora un’Indiana e morirò

dicendo di essere Sateré Mawé”. Zenilda da Silva Vilacio, Indiana Sateré Mawé, 1998

Page 14: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

MatisKorubo

6 Mappa

Yanomami

Sateré Mawé

Nambiquara

Enawene Nawe

Guarani

Kaingang

Panará

XavanteBororo

TapayúnaKayabi

PareciIrantxeUmutima

Cinta Larga

Waiãpi

ArawetéArara

Kayapó

Tukano

Tikuna

Oro Uim

Kanoê

MakuxiWapixanaIngarikóTaurepang

Boa Vista

Manaus

Belém

COLOMBIA

BOLIVIA

URUGUAY

PARAGUAY

ARGENTINA

CILE

VENEZUELA

SURINAME

GUYANA

PERU’

GUIANA FRANCESE

Amazzonia

Savana

Parco Xingu

PACIFICO

Page 15: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Mappa 7

Tupinikim

MaxakaliXacriabá

Pataxó Hã Hã Hãe

Ka’apor

Awá

Cabrália – doveapprodarono i Portoghesi

Brasília

São PauloRio de Janeiro

Mappa

215 tribù in totale 11% del Brasile

designato cometerra indianaLe dimensioni dei

territori variano dai

9.4 milioni di ettari

degli Yanomami

ai 9 ettari dei 400

Guaraní di Campestre.

0% di terra diproprietà deipopoli tribali

E

Arido nord-est

ATLANTICO

delle tribù a cui questo libro è dedicato

AváCanoeiro

Page 16: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Nel 1500 gli Indiani del Brasileerano almeno 5 milioni. Oggisono 350.000.

Page 17: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Il genocidio più lungo 9

Prima del 1500

Non si sa con certezza come i primipopoli del Brasile siano arrivati nelle loroterre. La teoria più comune sostiene chealcune tribù di cacciatori-raccoglitoriabbiano attraversato la lingua di terra cheanticamente univa l’Alaska all’Asia circa30-40.000 anni fa, e che i loro discendentisi siano gradualmente spinti verso sudfino a raggiungere il Brasile intorno al10.000 a.C. Tuttavia, sono statirecentemente rinvenuti dipinti rupestri eresti di insediamenti più antichi di quantoquesta teoria possa spiegare, risalenti acirca 50.000 anni fa. Alla luce di taliscoperte, sono state proposte nuove teoriesecondo cui alcune tribù sarebberoarrivate in Brasile molto prima, forse viamare.

Quando arrivarono gli Europei, il Brasileera sicuramente abitato da almeno 1.000popoli diversi, e, secondo le stime piùaccreditate, la popolazione era compresafra i 5 e i 6 milioni di persone. I popolierano molto differenti gli uni dagli altri.Nelle pianure amazzoniche vivevanosocietà agricole urbanizzate, custodi diuna cultura ricca e solida, capace dimobilitare grandi eserciti. Sulle colline onelle foreste lontane dai fiumi vi eranoinvece popoli di cacciatori-raccoglitori,probabilmente organizzati in societàegualitarie ; vivevano prevalentementecome nomadi, in piccoli gruppi mobili,simili ai cacciatori-raccoglitori attuali.

1500-1900

Il primo incontro con gli Europei avvenneil 22 aprile del 1500, nel territorio degliIndiani Tupinikim. Questi Indianicontavano all’epoca decine di migliaia diindividui mentre ora sono meno di mille.

Il genocidiopiù lungo

Sciamano Umutima. Nel 1969, dopo solicinquanta anni di contatto con i bianchi,un’epidemia di morbillo uccise gli ultimi 75 membri della sua comunità.

Page 18: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Lo scambio di un cappello con uncopricapo di penne segnò l’inizio diun’invasione che presto avrebbe spazzatovia cinque milioni di persone. I primicontatti furono ragionevolmenteamichevoli e furono caratterizzati dagliscambi e dalla curiosità. Gli Europeierano molto attratti dagli esotici Indiani ementre alcuni ne portavano degli“esemplari” in patria come “curiosità”,molti scrittori e filosofi europei, comeMontaigne e più tardi Rousseau, furonoaffascinati dalla loro palese onestà elibertà e scrissero sull’argomento trattatiche dettero vita al mito, ancora vivo, del"buon selvaggio”.

Ma l’atteggiamento dei loro connazionalieuropei in Brasile diventava sempre piùostile. Le relazioni tra i coloni e gli Indianivennero ben presto controllate dalle armi

più potenti degli Europei e dalla lorobrama di ricchezza: una brama che permolti dei popoli nativi apparivasconcertante o incomprensibile. Conl’arrivo dei Portoghesi e di altri Europeicominciò il saccheggio delle nuove terre emigliaia di Indiani furono fatti schiavi.Intere tribù furono sterminate dagli orroridella schiavitù e migliaia di personemorirono di malattie nuove, verso cui nonavevano difese immunitarie. Nel XVIsecolo, nelle aree delle piantagioni dicanna da zucchero della costa eranorimasti così pochi uomini che icolonizzatori decisero di importareschiavi dall’Africa. Sebbene nel 1755 siastata abolita la schiavitù degli Indiani e

10 Il genocidio più lungo

Sir... il comandante della Vostra flotta e glialtri capitani scrivono a Vostra Altezza perparlarVi della scoperta della Vostra nuovaterra. Pêro Vaz de Caminha scrivendo a Dom

Manuel, re del Portogallo, il primo maggio 1500

L’incisione rappresenta una famigliabotocudo. Famosi per aver posto resistenzaagli attacchi militari, i Botocudo insorserocontro i missionari cappuccini che licostringevano a vivere in villaggi stanziali eavevano sottratto loro i figli. Quando arrivòl’esercito, furono uccisi moltissimi Indiani e altri 400 morirono per un’epidemia dimorbillo in seguito al contatto.

Page 19: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Il genocidio più lungo 11

“Le ingiustizie e le tirannie praticate contro gli Indiani di queste terre superano

di gran lunga quelle effettuate in Africa. Nell’arco di 40 anni, lungo questa costa

e nell’interno sono stati uccisi più di 2 milioni di Indiani e distrutti oltre 500

villaggi, grandi come città. Ma nessuno è stato punito”. Antonio Vieira, Gesuita, 1657

Page 20: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

nel 1888 quella dei neri, l’abitudine aschiavizzare gli Indiani continuòapertamente per anni e anni per mano dei"baroni della gomma" che sfruttaronospietatamente l’Amazzonia e i suoiabitanti fino agli inizi del XX secolo. Unaforma meno esplicita di schiavitù, la"schiavitù per debiti", è stata praticatacomunemente fino agli anni ‘70 e ancoraoggi si verificano casi di Indiani tenuti inschiavitù per debiti o costretti a lavoraresottopagati, come i Guaraní e gli IndianiXacriabá.

Nel 1609, il re Filippo II del Portogalloproclamò la "libertà completa" degliIndiani. Al contempo, però, li definìanche "legalmente minorenni". Ilprincipio dell’inferiorità legale degliIndiani vige ancora oggi e gli Indiani non

hanno ancora ottenuto il riconoscimentodi tutti i diritti degli uomini adulti. Percentinaia di anni furono "affidati" a varieautorità: prima ai missionari e poi aifunzionari del governo coloniale, il cuitentativo di raggruppare, assimilare,convertire o sfruttare questi popoli portòsolo disperazione e morte. Molti sisuicidarono, altri furono annientati dallemalattie o uccisi dal lavoro forzato.

Gli Indiani del Brasile opposero sempreresistenza allo sfruttamento e allaassimilazione: si ribellavano ecombattevano per difendere le loro terre ei loro diritti, o scappavano per sfuggire achi li avrebbe oppressi. Per un po’ditempo, alcune tribù ebbero la megliosugli Europei: alcune li vinsero inbattaglie aperte, altre con la guerriglia.Ma poi, la superiorità numerica deicolonialisti e la potenza delle loro armifinirono per prevalere anche suisopravvissuti alle malattie e alle violenze.

12 Il genocidio più lungo

“Il lavoro [nelle piantagioni di zucchero] èinsopportabile. Sono morti molti schiavi...i padroni commettono moltissimi peccati”. Fernão Cardim, prete Gesuita, 1584

Page 21: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

1900

In alcuni casi, gli Indiani trovarono deglialleati tra gli amministratori. CândidoMariano da Silva Rondon fu il fondatoree il primo responsabile del Serviziogovernativo per la Protezione degliIndiani (SPI), costituito nel 1910.Rondon era nipote di un Indiano Bororo ele sue intenzioni verso gli indigeni eranobuone. Tuttavia, l’organizzazione cheguidava aveva l’obiettivo di assimilaregli Indiani alla società dominante e risultòdisastrosa. Quando vennero a mancare ifinanziamenti, gli idealisti, Rondoncompreso, furono sostituiti da personeincompetenti e da burocrati insensibili enon ci si accorse più nemmeno degliabusi che venivano perpetrati. Lo SPI nonriuscì a fornire assistenza medica alle

tribù più vulnerabili e ad assicurare unaprotezione adeguata delle terre indigeneprovocando molti morti.

1940-1960

Lo SPI visse un periodo felice tra la finedegli anni ‘40 e i primi anni ‘50, quandosorse un altro movimento pro-Indiani piùefficace, promosso dai tre fratelli VillasBôas. I fratelli Bôas ammiravano erispettavano gli Indiani, tuttavia avevanonei loro confronti un approccio chetendeva a proteggerli piuttosto che adassicurare i loro diritti o la loroautodeterminazione. Negli anni ‘50,fondarono il Parco dello Xingu, che aquel tempo era considerato un progettoradicale, da imitare ovunque possibile. Ilparco era considerato un "porto sicuro"

NOMI INDIANIMalgrado la società brasiliana sia dominata dai discendenti dei Portoghesi e dialtri colonizzatori europei, dappertutto si trovano anche nomi indiani. Moltemontagne, fiumi e località, come la baia di Guanabara a Rio de Janeiro, hannonomi indiani. Manaus, la capitale dello stato di Amazzonia, deriva il suo nomedalla tribù, oggi estinta, dei Manoa, che un tempo viveva lì. Il nome delleimponenti cascate di Iguaçu significa "grandi acque", e lo stadio di calcio di Rio, il Maracanã, prende il nome da una parola tupi-guaraní che significa "grandefracasso", che tra l’altro è anche il nome di un particolare pappagallo.

Il tupi, uno dei principali gruppi linguistici indiani, mantiene tuttora un’influenzaimportante sulla lingua e sulla terminologia brasiliana. Per comunicare con letribù di lungua tupi, i primi Europei usavano una forma adattata del tupi-guaraní.Questo linguaggio si diffuse in tutto il Brasile e divenne noto come lingua geralche a tutt’oggi è parlata da alcuni popoli dell’Amazzonia.

Molti animali, uccelli e pesci hanno nomi indiani: “caimano” e “amaca” derivanoda una parola caribe e "tapioca" è una parola tupi ( “scorie spremute fuori”).

Il genocidio più lungo 13

Page 22: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati
Page 23: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

per gli Indiani e divenne la dimora di 16tribù, che cedettero le loro terre ancestralisituate all’esterno del parco in cambiodella sicurezza e della salute dell’interno.Il paternalismo di quel progetto eraevidente, anche perché agli Indiani nonveniva offerta possibilità di scelta.Tuttavia, al di là dei suoi grandi limiti, ilParco era il frutto del lavoro delle uniche,rare persone disposte, nel Brasile

dell’epoca, a sostenere i popoli tribali. Ifratelli Bôas lo difesero anche a costo digrandi rischi personali: pensavano checontattare e trasferire le tribù minacciate,in molti casi fosse l’unica alternativaall’integrazione, a cui erano contrari:"Integrare, pacificare e acculturare sonoespressioni assurde, forse addiritturacriminali. L’integrazione si è semprerivelata una politica disastrosa".

Nel 1967 venne denunciata la veradimensione delle azioni "criminali"compiute nei confronti dei popoli natividel Brasile e fu documentata nel dossier diFigueiredo. Il documento era composto di5000 pagine e rivelò una serie di atrocità.

Il genocidio più lungo 15

IL MASSACRO DEI CINTA LARGATra il 1920 e il 1960, il popolo dei “Cinta Larga” subì parecchi attacchi feroci eraccapriccianti per mano dei raccoglitori di gomma. Nel 1963, presso le sorgentidel fiume Aripuanã, dove la società di Arruda, Junqueira & Co raccoglieva gomma,si verificò un episodio che passò alla storia come il "massacro dell’undicesimoparallelo". A organizzare l’eccidio fu il responsabile della compagnia, AntonioMascarenhas Junqueira, per evitare che i “Cinta Larga” potessero intralciare lesue attività commerciali: "Questi Indiani sono parassiti, sono infami. E’ tempo disterminarli, è tempo di eliminare queste pesti. Liquidiamo questi vagabondi".

Noleggiò un piccolo aereo, sorvolò il villaggio degli Indiani e sganciò sopra di lorocandelotti di dinamite. Più tardi, alcuni degli assassini ritornarono a piedi perfinire i sopravvissuti. Videro una donna che stava allattando un bambino.Strapparono il piccolo alla madre e gli tagliarono la testa. A questo puntoappesero la donna a testa in giù e la tagliarono in due. Durante il processo di unodegli accusati, il giudice disse di “non aver mai visto altri casi di una simileignominia e ferocia”, e di non aver mai visto “tanto disprezzo della vita umana".

Nel 1975, uno dei colpevoli, José Duarte de Prado, fu condannato a 10 anni diprigione, ma fu graziato in quello stesso anno. Nel corso del processo avevadichiarato che: "Uccidere gli Indiani è giusto: sono pigri e infidi".

Nel 1989, i Kaiapó manifestarono adAltamira contro la proposta del governo di costruire una diga idroelettrica sul fiumeXingu. La loro protesta raccolse il sostegnomondiale e il progetto fu abbandonato. Se fosse stata costruita, la diga avrebbeallagato la maggior parte delle loro terre.

Page 24: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

“Hanno affrontato cani, catene, winchester, mitragliatrici, napalm, arsenico,

abiti infettati di vaiolo, certificati falsi, sfratti, deportazioni, autostrade,

steccati, incendi, mandrie, decreti legge e... la negazione dei fatti”. Darcy Ribeiro, antropologo brasiliano e senatore, 1981

Page 25: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Il genocidio più lungo 17

Documentava assassini di massa, torturee guerre batteriologiche, denunciava casidi schiavitù, abusi sessuali, furti enegligenze. Il rapporto rendeva noto chealcuni gruppi di indiani Pataxó erano statiinfettati deliberatamente col vaiolo; che iproprietari terrieri avevano fattoubriacare i Maxacali per poi farli uccideredai loro sicari. L’autore paragonava lesofferenze degli Indiani a quelle subitenei campi di concentramento nazisti econcludeva affermando che 80 tribù sierano completamente estinte. Lanegligenza criminale dello SPI eraresponsabile della perdita di intere tribù.

L’inchiesta giudiziaria promossa inseguito alle denunce del rapporto portòall’incriminazione di 134 funzionarigovernativi, accusati di oltre 1000crimini. 38 di loro furono licenziati, manessuno andò mai in carcere. Il dossiernon fu mai reso pubblico: al di fuori delgoverno lo lessero poche persone e, pochianni dopo, bruciò in un misteriosoincendio. La sua scomparsa arrivò peròtardi perché aveva già causato un clamorepubblico tale da superare i confini dellanazione. Un giornale inglese, il SundayTime, inviò il giornalista Norman Lewis ainvestigare. Il suo articolo "Genocidio"scioccò il pubblico e portò, nel 1969, allafondazione di Survival International. Neitre anni successivi, i missionari dellacroce Rossa, Survival e l’AboriginesProtection Society visitarono decine ditribù e la pubblicazione delle loroscoperte portò la situazione degli Indianiall’attenzione del mondo.

Lo SPI, ormai screditato, fu sostituito nel1967 dal FUNAI (National IndianFoundation), tuttora responsabile degliaffari indiani. Perennemente a corto difondi e inutilmente burocratico, è statospesso indebolito o perfino controllato dapolitici e funzionari anti-Indiani. Uno deisuoi ex presidenti descrisse gli Indianicome "cisti etniche" che il Brasile "nonavrebbe tollerato entro i suoi confini";altri, come Romero Jucá, furono accusatidi aver venduto illegalmente lucrosicontratti per il taglio del legname neiterritori degli Indiani.

“Dal fuoco e dalle spade all’arsenico e allepallottole, la civilizzazione ha portato 6 milioni di Indiani all’estinzione” (SundayTimes 1969). Questo articolo di NormanLewis portò alla fondazione di Survival.

Donna e bambino Matis.

Page 26: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

EMANCIPAZIONENel 1981, il governo brasiliano mise a punto un nuovo piano per strappare la terraalle tribù indiane. In 10 giorni, il dipartimento governativo agli affari indianistabilì dei criteri di "indianità", contenuti in un dossier che affermava che gliIndiani avevano "caratteristiche biologiche, fisiche e culturali indesiderabili".

I criteri di "indianità" si basavano sul fatto che un individuo si vestisse o meno e parlasse o meno la lingua nazionale. Quelli giudicati "Indiani" avrebberocontinuato ad essere privati di molti dei diritti sociali e politici, mentre quelli che non lo erano, compresi gli Indiani che sapevano il portoghese, si sarebbero"emancipati", cioè non sarebbero più stati considerati come minorenni per legge,ma avrebbero comunque perso ogni diritto di vivere sulla terra indiana e farneuso.

La protesta fu immediata. Dabiel Cabixi, un Indiano Pareci, dichiarò: "questaemancipazione’ è un’arma letale che ci toglierà ogni possibilità e ogni strumentodi protesta contro la violazione dei nostri diritti". Un vescovo brasiliano definì il progetto di emancipazione come "un atto sofisticato di genocidio".

Survival organizzò una campagna internazionale. Di fronte alle proteste, inBrasile e all’estero, il governo desistette.

18 Il genocidio più lungo

C ARCERIIl FUNAI aveva una sua prigione, tenuta segreta per molti anni, che da un suo eximpiegato venne descritta come un “campo di concentramento”. Vi venivanoincarcerati gli Indiani che si ribellavano al FUNAI e venivano costretti ai lavoriforzati. Non ebbe mai molti ospiti e chiuse dopo qualche anno.

La prigione veniva usata anche per formare i giovani della “Guardia Indiana”, unaforza governativa fondata dal Servizio di Protezione Indiana (SPI), i cui membri,imbevuti di “disciplina militare”, dovevano tornare nei loro villaggi perinstaurarvi un regime di terrore. Dopo otto anni di protesta, nel 1974 la GuardiaIndiana venne sciolta.

Page 27: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Il genocidio più lungo 19

1770-1990

Lo scopo esplicito del FUNAI era di"integrare" gli Indiani, al di là della lorovolontà. Nello stesso periodo,l’Amazzonia fu aperta a programmi disviluppo imponenti, la cui motivazioneera sia economica sia politica: ilsovraffollamento nel Brasilenordorientale e meridionale generavamalcontento e problemi al governo, chetentò di trasferire i coloni in Amazzonia.L’esercito pretese di insediarsi nelle zonedi confine per proteggere il paese dapresunte minacce provenienti dai vicinimeno potenti. I coloni che arrivaronoportarono altre malattie e gli Indianifurono nuovamente cacciati dalle loroterre, questa volta per far posto a dighe,miniere e strade.

Negli anni ‘70, alcuni gruppi indiani,sempre più consapevoli che le loroesperienze di violenza e discriminazioneerano condivise da molti altri popoli delBrasile, cominciarono a riunirsi perdiscutere i loro problemi. La primaassemblea nazionale si tenne nel 1977 e laprima organizzazione degli Indiani delBrasile, l’Unione delle Nazioni Indiane(UNI) si costituì nel 1980.Prevedibilmente il Governo disse di nonpoterla tollerare: "Gli Indiani non hannodiritti civili completi: un’organizzazionesimile è illegale dato che gli Indiani sonodei minori". Ma il movimento dei dirittiindiani rifiutò di essere messo a tacere.Oggi esistono in Brasile oltre 100organizzazioni indiane che operano suscala locale e nazionale, e ogni momentone nascono di nuove. Variano molto per

dimensioni e livello di organizzazione mala maggior parte di esse fa capo allaCOIAB, che coordina le loro attività.

In Brasile esistono oggi anche molteorganizzazioni non indiane. Alcune sonostate fondate da missionari, altre daantropologici o esperti. Le più antichesono il Consiglio Missionario Indigeno(CIMI), fondato dai missionari cattolici, ela Commissione Pro-Yanomami (CCPY),fondata da Claudia Andujar e altrisostenitori. Il CCPY ha avuto un ruoloimportante nel riconoscimento della terraYanomami avvenuto nel 1992. Altreorganizzazioni importanti pro-indianisono l’Istituto socio ambientale (ISA), ilCentro di avvocatura indigena (CTI), laCommissione Pro Indiani (CPI-SP) el’Operation Native Amazon (OPAN).

2000 - sesto secolo di genocidio

La violenza e gli abusi contro gli Indianicontinuano. Recentemente, i Pataxó HãHã Hãe sono stati costretti allasterilizzazione; molti Tikuna sono statimassacrati e tanti Indiani incontattatisono stati fucilati e mutilati. Nonostantegli Indiani resistano con coraggio eabbiano molti sostenitori, continuano asubire attacchi e persecuzioni da parte dicoloni ed enti che vogliono la loro terra aogni costo; vengono ignorati da ungoverno che li considera ancora comeminori e rifiuta di riconoscere i loro dirittidi proprietà della terra, e continuano aessere stereotipati dal mondo esternocome “primitivi”, “rarità esotiche” o“eroi dell’ecologia”.

Page 28: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati
Page 29: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Popoli non contattati 21

Generalmente si stima che nel mondo visiano almeno 70 popoli non ancoracontattati. La maggior parte di essi, più di50 probabilmente, vive in Brasile. Le lorodimensioni variano molto e oscillano traquelle degli Akuntsu e dei Kanoê, checontano probabilmente solo poche decinedi persone, ai Korubo e agli Awá che sipensa siano tra i 100 e i 200.

Spiegare cosa realmente significhi essereun popolo "non contattato" nel XXIsecolo è piuttosto complicato. Qualcunodi questi, infatti, può anche non aver maiavuto contatti con i Brasiliani bianchi oneri, ma, almeno in passato, avràcertamente conosciuto le tribù vicine. Ealtri hanno avuto contatti con i coloni, siapure centinaia di anni fa. Alcuni dei

"popoli" non contattati sono di fattopiccoli gruppi appartenenti a tribù di cuialtri membri, invece, hanno rapporti congli stranieri, spesso in "luoghi di contatto"stabiliti dal governo. Non è facile evitareil contatto: ritirarsi in zone sempre piùremote è il frutto di una decisioneobbligata, presa per scongiurare ilcontagio di nuove malattie e l’incontrocon uomini armati, taglia-legna, cercatoridi schiavi e missionari.

Ma anche quando le tribù restano"nascoste", a volte per secoli,continueranno a “spiare” gli stranieri e,all'occasione, si approprieranno diqualche loro bene. Potrebbero anche

Popoli non contattati

Una donna appartenente all’unico gruppo diKorubo che sia stato contattato. Il suopopolo ha subito negli ultimi anni minaccecrescenti dai parte dei disboscatori. Lamaggior parte dei Korubo vivono isolatinella valle Javari.

In Brasile vi sono almeno 50tribù mai contattate, più che in qualsiasi altro paese delmondo.

Page 30: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

uccidere, se necessario: per una tribù cheha una conoscenza degli stranieri chederiva solo da racconti che li dipingonocome assassini spietati, è comprensibileche l'incontro con l'uomo bianco siavissuto come una minaccia mortale.Tuttavia, i popoli isolati sono di solitomolto amichevoli verso coloro che liapprocciano in modo pacifico;l’aggressione viene solitamente daibianchi.

La maggior parte dei popoli noncontattati del Brasile vive nel profondo

della foresta pluviale dell'Amazzonia,secondo uno stile nomade o semi-nomade. Per molti di loro, tuttavia, non sitratta dello stile di vita "tradizionale": gliAwá, per esempio, erano agricoltoristanziali e sono divenuti nomadi persfuggire alle continue aggressioni deglistranieri.

Tutti i popoli non contattati hanno unaconoscenza sofisticata del loro ambiente,indispensabile per la loro sopravvivenza:oggi, le loro terre si trovano spesso nellezone meno attraenti e meno fertili, dove èmeno probabile che i coloni li seguano,

22 Popoli non contattati

Un Indiano Korubo appena contattatoosserva un Indiano Matis, membro dellamissione incaricata del contatto, attraversol’obiettivo di una macchina fotografica. Fino ad allora, questi Korubo erano rimastinascosti per proteggersi dalle malattie.

Un Indiano Matis prepara una freccia dacerbottana. Le cerbottane, che possonoarrivare anche a tre metri di lunghezza,sono armi estremamente precise e vengonoutilizzate per cacciare uccelli e scimmie.

Page 31: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

VELENI In tutto il Sud America gli indigeni usano i veleni naturali come importanti armi da caccia. Il curaro, ad esempio, può essere ricavato da diverse piante. Le foglievengono bollite e spalmate sulla punta di una freccia o di un giavellotto. Questiveleni rilassano i muscoli della preda e la paralizzano, ma non hanno effettoquando se ne mangia la carne. Si può estrarre veleno anche da alcuni rospi.

Per produrre veleni da pesca, in Amazzonia vengono utilizzate più di 30 speciediverse di piante e liane. Le piante sono battute e polverizzate, e la polpa che ne rimane viene versata in un ruscello. Il veleno intontisce i pesci che salgonoin superficie per prendere ossigeno e vengono facilmente catturati con le reti. Gli animali non catturati si riprendono velocemente e tornano a nuotareliberamente nell’acqua.

Popoli non contattati 23

Page 32: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

ma dove, per sopravvivere, è necessarioconoscere a fondo la natura circostante.

Nel 1988, il FUNAI, dipartimento delgoverno agli affari indiani, ha fondato unasezione apposita per gli Indiani noncontattati. Secondo il suo statuto, questipopoli possono essere disturbati solo sesono seriamente minacciati come nel casodei Korubo, che nel 1996, quando furonocontattati nell'Amazzonia occidentale,stavano per essere massacrati daitaglialegna. Coerentemente con questapolitica, il FUNAI ha demarcato un'area,il Massacó, senza prendere alcun contattocon la tribù che la abita. Sidney Possuelodel FUNAI ha descritto questademarcazione come "una pietra miliare...E’ il primo territorio del Brasile ad esserstato demarcato senza sapere nulla delpopolo che vi vive tranne che esiste: non ilnome, non la lingua, né il numero. Non èimportante conoscerli o studiarli: ciò checonta è garantire la loro sopravvivenza”

Ma i popoli non contattati del Brasile sonoancora molto vulnerabili: rischiano ognigiorno l'invasione e tutti i pericoliconseguenti; e mentre sanno benissimocome sopravvivere nella foresta, sonoancora poco abituati a difendere i lorodiritti contro i potenti interessi degli altri.Survival organizza le sue campagneproprio allo scopo di far riconoscere eproteggere con urgenza i diritti allaproprietà della terra di tutti i popoli noncontattati del Brasile.

24 Popoli non contattati

Un gruppo di cacciatori Awá con le loroprede: tartarughe, uccelli e aguti.

Page 33: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

In Brasile esistono oltre 110lingue tribali, parlate da nonpiù di 400 persone ognuna.

Page 34: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati
Page 35: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

In fuga 27

Gli Awá (che i Brasiliani e gli altri Indianichiamano Guajá) sono una delle pochetribù nomadi di cacciatori raccoglitori delBrasile. Nessuno sa quanti siano: ne sonostati contattati 250 e oggi vivono suquattro aree, di cui una proprio accantoalla ferrovia Carajás. Oltre a questi, ilFUNAI, il dipartimento governativo agliaffari indiani, stima che esistano almenoaltri 100 nomadi, mai contattati. Si hannoregolari notizie di gruppi di Awá avvistativicino alle città o mentre si avventuranonelle piantagioni in cerca di cibo. La lorodimora, sempre più minacciata daprogetti di "sviluppo" industriale, si trovanelle foreste devastate dell'Amazzoniaorientale.

Un tempo, gli Awá erano agricoltoristanziali. Le invasioni dei bianchi e lemalattie che essi importavano li

costrinsero ad abbandonare il loro stile divita tradizionale intorno al 1800. MoltiAwá morirono per le malattie e leviolenze perpetrate dai coloni. Allora, perrendere più semplice la mobilità, siframmentarono in piccoli gruppi di 20-30persone: di fronte a queste minacce,infatti, la vita nomade offriva le miglioripossibilità di sopravvivenza. Coloro chesono tuttora nomadi sono molto mobili, sispostano da un accampamento all'altroportando con sé bastoni ardenti di legnache brucia lentamente per poteraccendere nuovi fuochi.

Le persecuzioni subite in questo secolosono state addirittura peggiori di quelleche originariamente li costrinsero alnomadismo. Molti gruppi sono statisterminati sistematicamente dagliallevatori e dai coloni. Nel 1979, adesempio, sette Awá mai contattatimorirono avvelenati quando i contadinilasciarono loro in "regalo" farina intrisadi un pesticida letale. Molti Awá dell'AltoTuriaçu, contattati per la prima volta

In fugaG L I A W Á

Rapatia e Hoyeera, una coppia awásopravvissuta ad un eccidio insieme al loro bambino. Il resto del gruppo era statomassacrato. Questa foto è stata scattata nel1992, due giorni dopo il loro ritrovamento.

Page 36: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

“La distruzione degli Indiani delle Americhe è stato di gran lunga

il più grande atto di genocidio della storia dell’umanità”.David E Stannard, storico, 1992

28 In fuga

Page 37: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

all'inizio degli anni ‘70, morirono perun'epidemia di influenza.

La maggior parte degli Awá contattati, eanche molti di coloro che non lo sonostati, sono i sopravvissuti di massacribrutali, che hanno lasciato profondecicatrici fisiche e psicologiche. Uno diquesti sopravvissuti è Karapiru, la cuistoria incredibile dimostra la resistenzadel popolo Awá. Nel 1988, in una città aovest di Bahia, i locali cominciarono araccontare che i loro animali venivanocolpiti da frecce. Qualche tempo dopo,pochissimi chilometri fuori dalla città, uncontadino vide un Indiano checamminava solo nella boscaglia e loseguì: lo sconosciuto aveva con sé dellefrecce, un machete, alcuni contenitori perl'acqua e un pezzo di maiale affumicato.Quando l'indigeno lo vide, appoggiò aterra le sue cose, una per una. Poi sisalutarono. L'indigeno seguì il contadinofino al villaggio, dove visse per un po’ditempo insieme a una famiglia locale cheaiutava a tagliare la legna e a dar damangiare ai maiali.

Quando la notizia dell'indigeno si diffuse,alcuni antropologi, incuriositi, lo volleroconoscere. Capirono che il suo linguaggioapparteneva al gruppo tupi, e pensaronoche fosse un Awá Canoeiro; ma quando ilFUNAI lo condusse nella capitale e lo

In fuga 29

Gli Awá divennero nomadi persfuggire ai coloni bianchi cheavevano invaso la loro terra.

Page 38: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

presentò ad alcuni membri di quella tribù,non riuscirono a comunicare. Alla fine ilFUNAI fece arrivare a Brasilia ungiovane Awá. Non solo i due riuscirono aparlarsi, ma l'Indiano, Karapiru,riconobbe il giovane come suo figlio,Tiramucum, che credeva morto da 13anni.

Si erano separati pressappoco nel 1975,quando Karapiru e la sua famiglia furonoattaccati dagli allevatori. Il ragazzo erastato ferito dagli aggressori, che poi loportarono con loro. Passarono diversi anniprima che il FUNAI lo conducesse nelposto stabilito per contattare gli Awá.Anche Karapiru e sua figlia, Korainsopravvissero all'attacco e dovetterofuggire. Korain morì poco dopo per leferite riportate e per 12 anni Karapiruvisse da solo, osservando da lontano e insilenzio i bianchi. Dormiva sugli alberi eparlava da solo. Durante il suo esiliosolitario, percorse circa 400 chilometri earrivò fino a Bahia.

Nel 1992 si seppe che Karapiru potériabbracciare anche il fratello, appenacontattato dal FUNAI. Oggi Karapiru si èrisposato e vive con la moglie Manimi e lafiglia Makriankwa nel villaggio Awá diTiracambú.

Il popolo Awá è ancora minacciato esoggetto allo stesso tipo di aggressionisubite dalla famiglia di Karapiru.L'imponente progetto industriale Carajásha ottenuto fondi dalla Banca Mondiale edall'Unione Europea per la costruzione didighe, ferrovie, strade e miniere. Gli Awáhanno subito pesantemente lo sviluppoindustriale sulle loro terre, che, con lacostruzione di strade, ha portato ondatesuccessive di coloni, tagliatori di legna eminatori. Malgrado l'accordo didemarcare tutte le terre indigene comecondizione per ottenere il prestito dallaBanca Mondiale nel 1982, le autorità nonhanno fatto nulla per proteggere gli Awánon contattati. Per sopravvivere, gli Awárimasti e traumatizzati hanno bisogno, orapiù che mai, della loro terra.

Page 39: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

In fuga 31

LA STORIA DI KARAPIRU così come è stata raccontata a Survival nel 2000

“All’epoca del massacro, io ero l’unico sopravvissuto

della famiglia. Riuscii a sfuggire ai bianchi

nascondendomi nella foresta. Uccisero mia madre, i miei

fratelli, le mie sorelle e mia moglie. Ho vissuto cercando

sempre di evitare gli allevatori. Ho camminato tanto,

tantissimo, nascondendomi sempre nella foresta. Ero molto affamato e

sopravvivere era molto difficile. Mangiavo piccoli uccelli. In seguito, quando

mi ritrovai molto lontano dal luogo in cui era avvenuto il massacro, cominciai

a rubare qua e là gli animali ai bianchi e poi riprendevo la fuga. Trovai un

machete e lo portai sempre con me: era un’arma e mi era utile anche per

procurarmi il miele.

Quando fui ferito, durante il massacro, soffrii moltissimo perché non riuscivo a

medicarmi la schiena. Non potevo vedere la ferita. É straordinario che sia

riuscito a scappare: è stato merito di Tupã (spirito). Per giorni e giorni vagai in

preda ai dolori, sanguinante e con il piombo del proiettile nella schiena. Non

mi spiego come mai la ferita non si sia riempita di insetti. In ogni modo riuscii

a sfuggire ai bianchi.

Vissi a lungo nella foresta, affamato e inseguito dagli allevatori. Scappavo

sempre da qualche cosa. Ero solo, non avevo una famiglia che mi aiutasse e

con cui parlare. Così mi addentrai sempre di più nella foresta. Non saprei dirvi

fin dove arrivai. Fu molto duro: ci sono momenti in cui non ho voglia di

ricordare quello che mi è successo e il periodo che ho passato nella foresta.

Adesso sto bene qui, con gli altri Awá. E ho anche ritrovato mio figlio, dopo

tanti anni.

Mi auguro che quando sarà cresciuta, mia figlia non debba affrontare tutte le

difficoltà che ho affrontato io. Spero che per lei vada tutto meglio. Spero che

non le succedano le cose accadute a me. Spero che possa crescere sana.

Spero che non sia come ai miei tempi”.

Page 40: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati
Page 41: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Primo contatto 33

Per una tribù isolata, il pericolo più graveè sempre stato ed è tuttora il contatto. Perun gruppo tribale, incontrare i non-Indiani significa generalmente subireperdite anche superiori al 50%. Nel 1936,ad esempio, nei sei mesi successivi alcontatto, i Mëbêngôkre (un gruppo deiKayapó) si ridussero da 350 a 85 unità.L'80% dei Panará morì nei 15 anni cheseguirono il primo contatto avvenuto agliinizi degli anni ‘70. I Kabixi e i Marawásono solo alcuni tra i numerosissimigruppi che sono stati completamentesterminati. Di episodi come questi ce nesono moltissimi, e di tanti altri non si sanulla perché alcune tribù si sono estinteancor prima che la loro storia potesseessere raccontata e il loro nomeconosciuto.

Un fattore determinante di morte èl'esposizione alle malattie nuove che ilcontatto introduce: una delle peggiori è lamalaria, che probabilmente non esistevanelle Americhe prima della conquista eche è tuttora sconosciuta in alcune areeremote. Letali sono anche alcuni virussemplici come l'influenza, verso cui gliIndiani non hanno immunità. Quandoinsorgono queste malattie, che i guaritoridella tribù non conoscono e per curare lequali non sono disponibili farmaciappropriati, gli ammalati non possonoandare a caccia né dedicarsi al raccolto;inevitabilmente, si indeboliscono ancoradi più. Insieme alla malattia arriva loshock psicologico dell'incontro con unpopolo che sembra determinato adappropriarsi della loro terra; che possiedetecnologie e armi di una potenzainimmaginabile e che, cosa ancor piùimportante, è così numeroso da non poteressere nemmeno contato.

Primo contatto

Doni lasciati da una squadra di contatto peravvicinare un gruppo di Panará. Per gliIndiani incontattati i coltelli sono preziosiperché più efficaci di quelli di pietra.

Page 42: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

34 Primo contatto

Per quasi tutto il XX secolo, il Brasilepromosse spedizioni di ricerca animatodalla convinzione che gli Indiani fossero"primitivi" e che il contatto fosse“positivo” per loro indipendentementedalla loro opinione. Durante questemissioni, che il Brasile fu l’unica nazioneamazzonica ad organizzare, gli esperti delgoverno e le guide indiane entravanonelle terre di una tribù disseminandooggetti come coltelli e pentole. Gli Indianiaccettavano i doni e lentamente siinstaurava una relazione di fiducia: ibianchi lasciavano altri regali e gli Indianiricambiavano. Una volta consolidato ilrapporto, le regalie cessavano.Nonostante conoscessero i rischi, lesquadre non davano assistenza medica aivulnerabili Indiani, lasciandoli in baliadelle epidemie. A questo punto, la tribù,ormai decimata e indebolita, venivacondotta sulla strada dello "sviluppo".Bina, originario della valle Javari, lungo ilconfine col Perù, è metà Matis e metàKorubo. Incontrò una spedizionegovernativa quando era ragazzo e nel1996 raccontò la sua storia a Survival.

"Ricordo l'aereo che volava sopra ilnostro villaggio. Fece cadere macheti,accette e coperte. Quindi, tornò un altrogiorno e fece cadere altre cose. Ricordoche stavamo preparando il veleno per lacaccia. L'aereo scomparve e io non avevoidea di cosa fosse. Poi arrivarono gliuomini del FUNAI. Avevano seguito lenostre tracce e ci lasciarono in donocoltelli e tegami. All'inizio eravamo moltospaventati perché i bianchi avevanosempre cercato di ucciderci. Così ioscappai nella foresta. Dopo un po’ditempo, scendemmo verso il campo delFUNAI e questo fu il nostro primocontatto. Ci diedero accette, macheti eanche due cani. Raccontammo a tuttil’accaduto e poi tornammo per chiederedell'altro. Io cercai di parlare ai bianchi,ma loro non mi capivano. In poco tempoci ammalammo di polmonite e fuggimmoverso il folto della foresta. Morirono inmolti. Le malattie colpivano tutti, persinogli sciamani, e oggi non ne esistono più".

GUARANÁIl Guaraná è una bevanda che gli Indiani preparano da centinaia se non migliaiadi anni, tostando i semi del frutto del guaraná. É uno stimolante naturale, con uncontenuto di caffeina superiore al caffè e al tè, usato per attività speciali come la caccia. E’ inoltre importante per i loro riti e per curare mal di testa e febbre.

I bianchi conobbero il guaraná nel 1669, quando incontrarono per la prima volta i Sateré Mawé. Da allora si continua a consumarlo sotto forma di bevandafrizzante. Oggi in Amazzonia si producono annualmente 300 tonnellate di guaranásotto forma di bastoncini, polvere o liquidi.

I villaggi degli Indiani incontattati vengonospesso individuati via aerea, come questovillaggio panará, avvistato negli anni ‘70.

Page 43: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Primo contatto 35

“Un giorno vedemmo un coleottero volare sopra il tetto della nostra casa.

Era enorme e trasportava molte persone. Non erano come noi, erano

un popolo molto diverso. Era un coleottero gigante, venuto a dominarci”.Orlando Makuxi, 1996

Page 44: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

36 Primo contatto

“Dobbiamo farla finita con gli Indiani entro il 2000”.Helio Jaguaribe, ex-ministro, 1994

Page 45: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Il contatto coi Matis avvenne nel 1978 erapidamente ne uccise più della metà.Smisero di praticare le loro cerimonie e,come molti Indiani in crisi per il traumadel primo contatto, smisero di avere figli.Cinque anni dopo ne erano sopravvissutisolo 87. Negli anni '70, dopo esser statitestimoni di molte di queste tragedie,alcuni degli esperti più illustri del Brasilecominciarono a rifiutarsi di prender partealle spedizioni dicendo di esser “stanchidi scavare tombe” per gli Indiani cheavevano avuto fiducia in loro. Oggiquesta politica viene adottata solo se gliIndiani sono già in pericolo.

Generalmente, dopo 20-30 anni le tribùche sopravvivono al contattoricominciano a crescere . Alcuni popolicontattati nelle ultime due generazionisono tornati ad essere società forti purdovendo convivere con molti problemi.Anche se si sono verificate raramente,queste “rinascite” sono incoraggianti, manon possono far dimenticare le tragedieche migliaia di Indiani hanno affrontato eaffrontano tuttora, decimati e annientatidalla "civiltà".

In molte parti del Brasile avvengonoancora contatti molto rischiosi. Tuttavia,se, come sostiene Survival, il territorioindigeno venisse adeguatamente protetto,o meglio ancora riconosciuto comeproprietà indigena, gli Indiani avrebberouna speranza di sopravvivere.

Primo contatto 37

DAVI YANOMAMI IN INGHILTERRANel 1989 a Survival fu assegnato il prestigioso Right Livelihood Award, conosciutocome "premio Nobel alternativo". Survival decise di far venire un rappresentanteYanomami, Davi, a ricevere il premio in sua vece. La visita di Davi in Europa, la sua prima uscita dal Brasile, suscitò grandissima attenzione da parte dellastampa e lanciò nell’arena internazionale la campagna per la protezione dellaterra degli Yanomami. Questo evento influì in modo decisivo sulla decisionefinale del Governo che, due anni dopo, acconsentì alla creazione del ParcoYanomami.

Tempo dopo, descrivendo l’Inghilterra, Davi disse: "Ricordo come mi sembravatutto strano quando venni qui la prima volta: una grande città, tanto rumore e tantipalazzi enormi. Gli alberi erano piccoli, radi e tagliati. Quanta gente! E anche ilrumore dei treni e delle auto. Ero triste perché era un posto così inquinato. E avevopaura: troppo rumore e troppe attività, litigi, ladri. La terra era bella, ma noni palazzi. La gente viveva una sopra l’altra: c’erano 1-2-3-4-5-piani, sembravanovespe in un alveare! La gente era così diversa. Molti luoghi erano belli, malgradol’inquinamento e il freddo: che freddo! Un posto freddo dove sono nati i bianchi".

Un villaggio panará fotografato nei primianni ‘70 dalla squadra dei fratelli VillasBôas mentre volavano sopra l’area nel tentativo di contattare gli Indiani.

Page 46: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati
Page 47: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Ritorno a casa 39

La vicenda dei Panará è un esempioclassico di ciò che si è ripetutoinnumerevoli volte nel Sud America: unatribù remota confinata dallacolonizzazione in un’area sempre piùristretta; l’inevitabile contatto con l’uomobianco e la morte, per malattia, dellamaggior parte della tribù. Questa volta,tuttavia, nella storia si è verificata unasvolta inaspettata e molto significativa.

Negli anni ‘60, nel Brasile centralecorreva voce dell’esistenza di una tribù diIndiani “giganti” e schivi. I Kayapó lichiamavano "Kren Akrore" (teste rasate),mentre per gli Indiani Kayabi erano gli"Ipeuí" o "popolo delle piccole trappole",perché chiunque tentasse di seguirli dopouna loro incursione rischiava di rimanereimpalato in bastoni appuntiti nascostisotto le foglie.

Agli inizi degli anni ‘70, i Panará, (questoil loro vero nome) erano tra i 350 e i 400 evivevano in cinque villaggi: molti di loroerano già stati uccisi dai Kayapó, che aloro volta erano stati spinti nel territoriodei Panará dai coloni bianchi. Questi"giganti" erano soliti decorare il corpocon cicatrici simmetriche e i loroestesissimi orti si sviluppavano secondocomplessi disegni geometrici. Al centrodei loro villaggi, c’erano grandi case pergli uomini e i ragazzi, circondate daabitazioni più piccole. Dormivano sufoglie di banana e usavano mucchietti diterra come cuscini. Di solito, il ciboveniva cucinato in foglie di banana supietre calde.

Nel 1972, gli operai cominciarono adaprire strade coi bulldozer nel territoriodei Panará che furono costretti a ritirarsisempre più all’interno della foresta. Congli operai arrivarono anche le malattie,che ridussero ulteriormente il loro

Ritorno a casa I P A N A R Á

Uno dei primi Panará incontrati dallasquadra capeggiata dai fratelli Villas Bôasnel 1973. La foto fu scattata non appenal’uomo fece la sua comparsa lungo il fiume.

Page 48: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

numero. Finalmente, nel 1973, l’espertodi Indiani Claudio Villas Bôas tentò unapproccio: naturalmente, i "giganti" nonerano più alti della media.

Nei cinque mesi successivi, 40 indianimorirono di malattie a loro sconosciute,come l’influenza e la varicella. Icostruttori di strade distribuivano alcol eviolentavano le donne. Akè, un leader deiPanará, ricorda così quel tragico periodo:"Nel villaggio la gente cominciava amorire. Alcuni andavano a morire nellaforesta. Eravamo malati e deboli, tanto danon essere capaci di seppellire i nostrimorti, che giacevano per terra putrefatti.Gli avvoltoi mangiavano tutto."

I fratelli Villas Bôas decisero che l’unicomodo per salvare i Panará era di trasferirlinel Parco dello Xingu, “il porto sicuro”appena creato. In una lettera a Survival,Orlando Villas Bôas, fratello di Claudio,spiegava: "In linea di principio siamocontrari a spostare dalle loro terre gli

Indiani che sono stati contattati.Evidentemente il loro mondo e le lorotradizioni sono lì... Ma nel caso dei KrenAkrore la questione è diversa. La loro areaè violentemente minacciata. Fino aquando resteranno lì, saranno vicini aicoloni o alle strade che sono state aperte, econtinueranno ad essere esposti a contattiindiscriminati. Una strada vicina stuzzicala curiosità degli Indiani nei confronti deicoloni, che sono imprudenti e indifferentiai danni che possono causare. Pertantoabbiamo concluso che la sola salvezzapossibile è il loro trasferimento in unposto dove per qualche tempo, Dio vogliasia molto lungo) riescano a proteggersidagli invasori.

Tra il 1973 e il 1975 morirono 186 Panará:i sopravvissuti furono trasferiti in aereonel Parco dello Xingu, dove ne morironoancora di più. Ben presto ne rimasero solo69. In 8 anni furono uccisi più dei quattroquinti della tribù.

40 Ritorno a casa

LE AMAZZONI Nel corso dei secoli sono state raccontate molte storie fantastiche sul Brasile e isuoi popoli. Una delle prime riguardava l’esistenza di impavide donne guerriere. Iviaggiatori spagnoli del sedicesimo secolo dicevano di aver sentito parlare di loroe anche di averle viste: "Sono donne bianche e molto alte, con capelli lunghissimi,intrecciati e raccolti sulla testa. Sono molto forti, e vanno in giro nude, coprendosisolo le parti intime; tengono in mano archi e frecce e combattono come dieciuomini indiani messi insieme". (Frate Gaspar de Carvajal, 1542). Gli Europei lebattezzarono "Amazzoni" dal nome delle donne guerriere della mitologia greca.

E’ probabile che gli Spagnoli avessero scambiato per donne degli uomini con icapelli lunghi oppure uomini che indossavano gonne d’erba, come gli Yagua. Chesi trattasse di fantasia o meno, le "Amazzoni" sono state rese immortali col nomedel maestoso Rio delle Amazzoni.

Page 49: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

I Panará non si adattarono mai alla loronuova dimora, tanto che si spostarono perben sette volte all’interno del Parco. Laterra non era adatta alle loro coltivazioni,la selvaggina era scarsa e talvoltaentravano in conflitto con gli altri Indianiche vivevano nel Parco. I riti Panará nonfurono più celebrati e poiché nonnascevano più bambini, smisero dicostruire le case per i ragazzi.

E qui ci si sarebbe aspettati la fine dellastoria. Ma i Panará avevano un desideriostruggente di ritornare nella loro terra e

non rinunciarono mai alla speranza dipoterla rivedere. Finalmente, nel 1991, seiPanará ritornarono nel loro territorio,completamente distrutto da minatori eallevatori. Akè e i suoi amici si feceroforza e decisero di reclamare unrisarcimento: "Il vecchio uomo (n.d.t. leautorità brasiliane) mi deve ascoltare. Lanostra terra è stata devastata. La nostraterra è stata divorata... Non c’è più terrafertile e non ci sono più alberi da frutto. Ilvecchio uomo mi deve risarcire..."

Sorvolando il territorio, i Panará

Ritorno a casa 41

Page 50: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

identificarono un’area ancoraincontaminata alle sorgenti del fiumeIriri. Decisero così di rinunciare ai dirittisu quello che rimaneva della loro terra incambio del riconoscimento legale diquell’area. Nell’agosto del 1994, i Panarácominciarono a costruirvi un villaggio enei due anni successivi vi si trasferironogradualmente. Finalmente, nel 1996, ilMinistro della Giustizia firmò un decretoche definiva 495.000 ettari di terra come“Area dei Panará”, pur nonriconoscendoli come veri proprietari.Dopo vent’anni di esilio, i Panarátornarono ad avere un proprio territorio.

Ma c'è di più. L’Istituto brasilianosocioambientale (ISA) decise diincriminare il Governo per le atrocitàinflitte ai Panará. Il 22 ottobre del 1997un giudice riconobbe lo Stato brasilianoresponsabile di aver causato a questopopolo "morte e danni culturali", giudizioche costituiva un successo impensabilesolo dieci anni prima. Tre anni dopo,l’ISA impose allo Stato di pagare aisuperstiti l’equivalente di circa 750milioni di lire come risarcimento per latragedia, del tutto evitabile, che si eraabbattuta sul loro popolo. Per la primavolta in 40 anni, i Panará possonoricominciare a sperare.

Dopo due decenni di esilio, i Panará sono ritornati a casa.

42 Ritorno a casa

Page 51: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati
Page 52: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati
Page 53: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Nel 1915, i Nambiquara del Brasileoccidentale erano circa 7.000. Nel 1975ne erano rimasti solo 530. La tragicaperdita di vite umane (più del 90% dellapopolazione scomparso in 60 anni), non èstata provocata da cause naturali ma daiprogetti del governo, finanziati dallaBanca Mondiale e agevolati dal FUNAI.

Nel 1960, venne costruita un’autostradanel cuore della fertile valle in cuivivevano i Nambiquara. Nonostantefosse pienamente consapevole che sitrattava di territorio nambiquara, ilFUNAI rilasciò dei "certificati negativi"che attestavano che in quella terra nonvivevano indigeni. Molti Nambiquaramorirono per l’improvvisa esposizione a

malattie come l’influenza e il morbillo.Con il moltiplicarsi delle vie di accesso,gran parte della lussureggiante vallevenne invasa da grandi aziende etrasformata in pascoli. I Nambiquararimasti furono confinati in una riserva.

La riserva era piccola, arida e del tuttoinadeguata. Così, i Nambiquara saniripartirono a piedi tutti insieme, perritornare nella loro terra distante 320 km.Un funzionario del FUNAI che era statotestimone della tragedia rassegnò ledimissioni in segno di protesta: "Nonappena arrivati nella riserva, furonosubito colpiti da epidemie di malaria e diinfluenza, a causa delle condizioni pocosalubri. Si resero conto che nonavrebbero potuto sopravvivere e,abbandonati a se stessi, decisero diritornare nei loro villaggi. Almeno il 30%della tribù morì durante il viaggio. Fu unamarcia tragica: gli Indiani cadevanostremati ai lati della strada e morivano lì".

La strada della rovina 45

La strada della rovinaI N A M B I Q U A R A

Nel 1994, l’antropologo Claude Lévi-Strauss,che fotografò i Nambiquara negli anni ‘30,disse: “Guardando questa fotografia provoun senso di vuoto e dolore... per il contrastoesistente tra un passato caratterizzato dallagioia della conoscenza e un presentesegnato da racconti strazianti”.

Page 54: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Durante quel terribile viaggio nemorirono migliaia: un gruppo di 400Nambiquara perse tutti i bambini sotto i15 anni, sopraffatti dalle malattie e dallafame. Molti altri, indeboliti dalle malattie,vagarono per anni nell’area sararé senzauna meta né una casa. Finalmente, venneorganizzata un’operazione di salvataggioe i Nambiquara ammalati e denutritifurono portati via in aereo. La squadradella Croce Rossa internazionale che livisitò nel 1970 affermò: "Tutto questo èimperdonabile. Non solo per il Brasile,ma anche per l’intera umanità".

La situazione era grave anche per iNambiquara che erano sfuggiti altrasferimento o cercavano di ritornare acasa. Negli anni ‘80 la Banca Mondialefinanziò l’ampliamento dell’autostrada,restringendo ulteriormente il territorio

“Nambiquara” è un nome tupi: significa‘orecchie lunghe’ o ‘foro nell’orecchio’, ederiva dal tappo di legno che portano ai lobi.I vicini Pareci li chiamano ‘Uiakoakore’, cioè“coloro che dormono per terra” per la loroinsolita abitudine di dormire sulla sabbia esulle ceneri del fuoco per mantenersi caldidi notte. Quasi tutti gli Indiani del Brasiledormono nelle amache.

46 La strada della rovina

Un gruppo di 400 Nambiquaraha perso tutti i figli per fame e malattia.

Page 55: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

degli Indiani. Vi si riversarono a migliaia,tra minatori, coloni e disboscatori.Arrivarono in modo massiccio anche icercatori d’oro, che nel novembre del1996 torturarono e picchiaronobrutalmente un gruppo di NambiquaraKithaurlu. La polizia ripulì l’area dei10.000 cercatori d’oro solo in seguito alleproteste nazionali e internazionali.

Oggi, i Nambiquara continuano a subire leintimidazioni dei deforestatori e deicoloni, che abbattono le loro foreste ecacciano la selvaggina da cui dipende laloro sopravvivenza. Privi di aiuti esterni, i

Nambiquara hanno deciso di difendere leloro terre da soli: "I bianchi voglionocontinuare a depredarci. Ma noi stiamoall’erta. Nel 1991 abbiamo tracciato unconfine perché i bianchi possano vederlo erispettarlo. Manu fu quasi ucciso da unproiettile. Ora andiamo in giro armati. Liavvisiamo: "se voi sparate, spariamoanche noi". Ma io non ho mai ucciso unbianco”. José Nambiquara

La strada della rovina 47

Negli anni ‘80, la Banca Mondiale finanziòla costruzione di una strada attraverso ilterritorio nambiquara. La strada portò consè allevatori, minatori, disboscatori emalattie: l’impatto sulla tribù fu devastante.

“I nostri antenati vivevano tutt’insieme, Nambiquara, Irantxe, Pareci. Ad un

certo punto, arrivarono delle persone che volevano derubarci... Arrivarono di

nascosto. La nostra terra è stata venduta, rubata. Il governo non dice nulla.

Sono triste. I bianchi sono arrivati per toglierci la nostra terra, civilizzarci e

farci lavorare come loro”. Tamrã, un leader Irantxe, 1976

Page 56: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati
Page 57: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Nell'agosto del 1993, agli uffici delFUNAI di Boa Vista, nell'Amazzoniasettentrionale, arrivò un messaggioframmentario. Era stato scritto da unasuora missionaria in servizio presso ilvillaggio yanomami di Xidéia, e diceva:"Gli Indiani (del vicino villaggio diHaximú) sono tutti qui... non voglionotornare a casa perché i cercatori d’orosono entrati in una maloca (casa comune)e hanno ucciso sette bambini, cinquedonne e due uomini, e poi l’hannodistrutta". C'era voluto un mese perchétrapelasse la notizia.

La storia era cominciata diversi mesiprima, quando alcuni minatori ucciseroun gruppo di Yanomami. I loro parentiuccisero per rappresaglia due minatori.

Fu allora che altri cercatori d’orodecisero di "dare una lezione" agliYanomami della comunità di Haximú, al confine tra Brasile e Venezuela.

I dettagli dell’accaduto sono emersimolto tempo dopo. Appena arrivati, iminatori spararono contro la maloca incui vivevano circa 100 Yanomami, e poile appiccarono il fuoco e la bruciarono.Chi riuscì, scappò e si rifugiò nellaforesta. Una donna anziana e cieca rimaseindietro e i minatori la picchiarono amorte. I minatori spararono anche a unneonato disteso in un'amaca e quando siaccorsero che non era morto, lo fecero apezzi col machete. Quando tutto finì,

Genocidio 49

Genocidio

Una Yanomami sopravvissuta al massacrodi Haximú. Lei e gli altri superstiticremarono i loro morti e trasportarono leceneri dentro delle ceste attraverso laforesta per diversi giorni finché nontrovarono rifugio in un altro villaggio.

Nel ventesimo secolo èscomparsa in media una tribùogni due anni.

Page 58: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

UN POPOLO FEROCENel corso degli anni, gli Indiani sono stati spesso descritti come “selvaggiviolenti”. Uno dei loro ritratti peggiori e più recenti è quello che ha dipintol’antropologo americano Napoleon Chagnon, ai cui libri fanno ancora oggiriferimento gli studenti di antropologia. Chagnon costruì un’immaginesensazionalista e razzista degli Yanomami definendoli “scaltri e aggressivi”, e dichiarando erroneamente che essi vivevano in uno “stato di guerra cronica”.

Le opinioni di Chagnon sugli Yanomami vennero severamente criticate da altriche avevano avuto lunghe esperienze di vita con loro ma furono indubbiamentedisastrose per gli Indiani. Il governo brasiliano fece riferimento ad esse quandoprogettò la frammentazione della terra yanomami nel 1989: una propostacatastrofica che fu bloccata solo grazie ad una grande campagna. Negli anni ‘90,il governo inglese rifiutò di finanziare un progetto didattico yanomami sostenendoche ogni iniziativa legata a loro dovesse essere finalizzata a “ridurne la violenza”.Negli anni ‘70, il decano dell’antropologia britannica, Sir Edmund Leach, si basòsulla teoria di Chagnon quando si oppose all’aiuto che Survival stava dando agliYanomami sostenendo che si sarebbero uccisi l’un l’altro. Survival ignorò il suogiudizio e con la Commissione brasiliana pro Yanomami (CCPY) lottò finché nel1992 non furono assicurati i diritti sulla terra agli Yanomami.

50 Genocidio

Page 59: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

alcuni sopravvissuti tornarono indietroper cremare i corpi dei parenti. Alla fine,portarono con sé le ceneri dei congiunti ecercarono rifugio nel villaggio vicino. Intotale erano morti 16 Yanomami.

Dopo interminabili ritardi, alla fine del1996 il caso fu portato in tribunale e ilgiudice riconobbe cinque minatoricolpevoli di genocidio. Sebbene sianostate inflitte condanne per 19 e 20 anni,solo due uomini furono effettivamentearrestati: gli altri si erano ormai rifugiatiall'arresto.

Per il Brasile è stata la seconda condannaper genocidio. Due anni prima unraccoglitore di gomma era statoriconosciuto colpevole di un "crimineefferato" per l'assassinio di otto Indiani

Oro Uim, la maggior parte bambini edonne, avvenuto nel 1963. Dopol'attacco, aveva portato i sopravvissutinella sua piantagione, dove li tenneschiavi. Agli inizi degli anni '90 gli OroUim erano rimasti in 55.

Il fatto che la corte brasiliana abbiadefinito "genocidi" questi assassini è unriconoscimento importante della gravitàdel crimine. Tuttavia, puntare l'indicesolo contro un pugno di minatori e unraccoglitore di gomma potrebbe anchesignificare aver mancato l'obiettivo: se ilmassacro di 16 Yanomami da parte di ungruppo di minatori è un genocidio, èlegittimo considerare genocida iltrattamento disumano riservato dalgoverno brasiliano agli Indiani?

Questo è il mio messaggio: non dimenticatevi degli

Yanomami e degli altri popoli indigeni del Brasile e

del mondo. Il nostro sangue scorre: siamo affamati

e malati. Non possiamo andare avanti così.

Abbiamo bisogno della terra per cacciare, pescare

e vivere in pace, non per combattere. Non possiamo

combattere né difenderci. Non possiamo più scappare da nessuna parte,

siamo circondati. Le autorità non fanno altro che distruggere sempre di più,

stanno esaurendo le ricchezze del pianeta. Oggi ho guardato la vetrina di un

negozio e ho visto una grande quantità di beni: bicchieri, scarpe e abiti. Non vi

manca niente e tuttavia volete sempre di più. Avete una quantità enorme di

auto, mentre gli Indiani non hanno né macchine, né aerei, né elettricità. Noi

vogliamo solo la terra. La terra ci fornisce cibo e salute a sufficienza. Senza la

terra non possiamo mangiare. Affido questo messaggio ai vostri cuori. Appello di Davi Yanomami durante la sua visita in Europa nel 1999

Genocidio 51

Page 60: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

52 Genocidio

“Genocidio non significa solo sparare agli Indiani. Si commette un genocidio

anche tollerando l’ingiustizia e collaborando con chi si prefigge l’obiettivo di

sterminare gli Indiani e la loro cultura... non possiamo disprezzarli, prendere

le loro terre e massacrarli nel nome dello sviluppo. Assolutamente no.”Orlando Villas Bôas, 1971

Page 61: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Nel caso degli Yanomami, il governobrasiliano ha una chiara responsabilità:per oltre quattro anni non ha espulso iminatori che operavano illegalmentenell'area yanomami, lasciando via libera aviolenze ed epidemie. Quando l'invasionedei minatori crebbe e la situazionesanitaria peggiorò, il governo espulsetutte le unità mediche che operavano nellatribù. A causa delle malattie e degliattacchi, la popolazione Yanomamidiminuì di oltre un quinto in sette anni.

Gli Yanomami non sono un caso isolato:molti altri popoli stanno anche peggio. Lepolitiche governative di integrazione,insediamenti o sviluppo sono stateresponsabili della scomparsa di moltetribù. Lo stato di abbandono deliberatodegli Indiani (dovuto a corruzione,scarsità di fondi e interessi politici) ne hadistrutte ancora di più. Spesso vengonoelaborate politiche apertamente razziste,che portano inevitabilmente al genocidio:nel 1999 un politico presentò un disegnodi legge che chiedeva l'amnistia per iminatori che si erano macchiati di crimininelle aree indigene protette, e molti altristanno facendo pressioni sul governoperché tutte le aree indiane siano apertealle attività minerarie.

Di fronte a tali scenari, negli ultimi 50anni molti avevano predetto la rapidaestinzione di tutti gli Indiani del Brasile.Per fortuna, non si corre più tale pericolo:nel suo complesso, la popolazioneindigena è in crescita. Tuttavia, le tribù

piccole e isolate sono ancora a rischio e laloro gente viene uccisa.

Secondo la convenzione delle NazioniUnite, sono considerabili come genocidio"tutte le azioni elencate, compiute conl'intenzione di distruggere, in tutto o inparte, gruppi nazionali, etnici (sic),razziali o religiosi:

a) uccidere membri del gruppo;

b) causare seri danni fisici o mentali aimembri del gruppo;

c) imporre deliberatamente al gruppocondizioni di vita che provochino lasua distruzione, totale o parziale...”

Secondo l’ONU, le "azioni perseguibili"come “genocidio” comprendono anche lacospirazione, l'incitamento e il tentativodi commettere genocidio, nonché lacomplicità nel genocidio.

Quindi, di fatto, lo stato Brasiliano haseguito, e sta seguendo tuttora, politicheche conducono prevedibilmente einevitabilmente alla distruzione di tribùvulnerabili. Pur non avendo l’obiettivo didistruggerle, il governo continua ainvadere intenzionalmente le loro terre ead appropriarsene pur sapendo che ciòimplica la loro distruzione. Anche questoè genocidio, un genocidio che potrebbefacilmente essere evitato.

Genocidio 53

Ragazza Cinta Larga. Nel 1963, la suacomunità subì uno dei più feroci attacchimai sferrati verso una comunità indiana.

Il genocidio è un criminecontro l’umanità, e quindi una responsabilità di ciascunodi noi.

Page 62: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati
Page 63: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Ultima generazione 55

A solo cinque ore di macchina daBrasilia, la futuristica capitale delBrasile, piccoli gruppi di Indiani sinascondono in una boscaglia vasta espinosa: sono gli Avá Canoeiro, gli ultimieredi di una tribù forte e orgogliosa che èin fuga dal 1780 e che oggi è al limitedell'estinzione.

Per centinaia di anni hanno resistitofieramente agli invasori bianchi cheinviavano sicari a ucciderli. Con le canoesi spostavano velocemente lungo i fiumi eper questo erano conosciuti come i"canoeiros". Rinforzavano la punta delleloro frecce con il metallo e per respingeregli attacchi lanciavano mazze di legnoduro legate all’estremità di una corda.Spesso facevano incursioni nelle fattorie

dei coloni per rubare mucche e cavalli.Nel 1811, il principe del Portogalloproclamò: "ormai non ci resta cheintimidirli e, se necessario, distruggerli".

Fino al 1850 gli Avá tennero sotto assediotutto il Goiás settentrionale, nel Brasilecentrale. Ma nel corso del XIX secolo iBrasiliani portoghesi colonizzarono ilterritorio e cacciarono gli Avá di cui siperse il ricordo intorno al 1870. Ridotti dinumero, gli Avá Canoeiro rimasti visseroper decenni in piccole bande di diecipersone o anche meno, nascosti nelleboscaglie, costretti a diventare nomadi.

Agli inizi degli anni ‘80, arrivarono nelterritorio degli Avá Canoeiro centinaia dioperai per costruire una diga sul fiumeTocantins. Il lago formato dalla digasommerse la Serra de Mesa, ultimorifugio degli Indiani, nonché loroterritorio di caccia. Quando ebbe inizio lacostruzione, il dipartimento governativoagli affari indiani, il FUNAI, promosse

UltimagenerazioneG L I A V Á C A N O E I R O

A sinistra: Naquatcha.

Nella pagina successiva: i suoi nipotiniTrumak e Putdjawa sono gli ultimi eredi delsuo popolo. Nonostante siano piccoli, ognitanto chiedono: “con chi ci sposeremo?”

Page 64: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati
Page 65: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati
Page 66: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

58 Ultima generazione

una missione urgente per contattare ipochi Avá Canoeiro rimasti e, nel 1983,riuscì a trovare Iawi e Tuia, una coppia diAvá, insieme alla madre e alla zia di Tuia,Matcha e Naquatcha. Il piccolo gruppoera sopravvissuto a un massacroavvenuto nel 1962 e aveva trascorsovent'anni trovando rifugio nelle grotte incima alle montagne. Di notte, scendevanoverso valle alla ricerca di cibo e facevanoincursioni negli orti dei coloni. Inalternativa, si nutrivano di piccolimammiferi. Per consentire al gruppo dimuoversi rapidamente e in silenzio, Tuiainterrompeva le gravidanze.

Un altro piccolo gruppo di Avá Canoeiro,

che ora conta una decina di persone, fucontattato nel Tocantins nel 1973. Quasitutti avevano cicatrici da arma da fuocoprovocate dai sicari dei gestori del ranchCamagua, di proprietà di una bancabrasiliana. Il gruppo viveva nascosto inuna palude all’interno di quello che unavolta era il loro territorio di caccia, in unrifugio circondato da reticolato di filospinato: tutti soffrivano di malnutrizione.Il FUNAI li fece trasferire nel parconazionale di Araguaia nell'isola Bananal.Dopo l'incontro col FUNAI, Iawi e Tuiahanno avuto due figli, Trumak ePutdjawa. Nessuno sa se sianosopravvissuti altri Avá Canoeiro; se lafamiglia di Iawi non potrà riunirsi ad altrimembri della tribù, molto probabilmenteil loro popolo si estinguerà.

La diga nella Serra de Mesa ha inondatogran parte del territorio degli Avá Canoeiro,sommergendo il loro ultimo rifugio.

Un terzo delle tribù del Brasileconta meno di 200 personel’una.

Page 67: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Ultima generazione 59

PIANTEIl Brasile, e l’Amazzonia in particolare, è un ambiente enormemente variegato, e i popoli indigeni che vi abitano conoscono il mondo della natura in modostraordinariamente approfondito. Gli Indiani utilizzano parti differenti di centinaiadi piante diverse non solo come cibo e medicinali, ma anche per costruire case,intrecciare cesti e amache, costruire fionde, cerbottane, archi e frecce, perdipingersi il corpo e celebrare riti, per distillare veleni, saponi, deodoranti,contraccettivi e profumi.

Nella loro vita quotidiana, gli Yanomami utilizzano 500 specie di piante differentimentre i Ka’apor usano 112 piante diverse solo per ricavare medicine.

Le piante dell’Amazzonia hanno dato al mondo il chinino e il curaro, usati oggi in tutto il mondo.

Page 68: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati
Page 69: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Nessuna ragione di vita 61

Per quanto riescano a ricordare, i Guaranísono sempre stati alla ricerca continua diun luogo rivelato loro dagli avi, in cui ‘gliuomini vivono liberi dal dolore e dallesofferenze’. La chiamano "Terra senzaDemonio" e la stanno ancora cercando.La condizione in cui versa oggi la tribùrende questa ricerca più necessaria chemai.

I Guaraní sono stati in contatto con glistranieri per secoli ma hanno mantenutola loro identità peculiare e, insieme adessa, “il desiderio inarrestabile diraggiungere terre nuove, capaci diassicurare immortalità e serenitàperenne” (Pero de Magalhães deGandavo, 1576). Nel corso dei secoli, iGuaraní hanno percorso distanze enormiin cerca di queste terre, e oggi le loro

comunità si ritrovano sparpagliate tracinque diversi stati brasiliani, lontanodalle loro terre originarie del sud.All’inizio del XIX secolo, per esempio,centinaia di Indiani si misero in viaggio,ispirati dai loro profeti, chepreannunciavano la fine del mondo eprofetizzavano come unica speranza ilritrovamento della “Terra senzaDemonio”. Viaggiarono per circa 800 kmdal sud del Mato Grosso do Sul fino a SãoPaulo. Qui si scontrarono con l’esercitobrasiliano che, nella battaglia che nederivò, subì molte perdite e fu costretto alasciare che i Guaraní si insediassero lì.

La ricerca mai conclusa di una terra“promessa” è una caratteristica unica deiGuaraní, una "differenza" che gli stranierihanno spesso sottolineato. Oggi, però,questa diversità si manifesta nel suorisvolto più tragico: profondamenteaffranti per aver perduto quasi tutta laloro terra nel giro dell’ultimo secolo, iGuaraní si suicidano a un ritmo che non

Nessunaragione di vitaI G U A R A N I

Una vedova Guaraní con il suo bambinoaccanto a una bara. L’ondata di suicidi cheha trafitto i Guaraní negli ultimi 15 anni nonha eguali in tutto il Sud America.

Page 70: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

TABACCOPer tradizione il tabacco è una pianta importante per molte tribù del Brasile.Popoli differenti usano il tabacco in modi diversi; le sue foglie possono esseresucchiate, bollite per farne una pasta da mangiare, seccate e triturate per poterleaspirare o fumate con la pipa e i sigari. Alcune tribù usano un osso cavo peraspirare il tabacco col naso o insufflarlo in quello di altri. Alcuni, come gliYanomami, spesso ne tengono un boccone nella parte più bassa della bocca. Oltreche usarlo come una droga distensiva, molte tribù lo considerano sacro e lo usanonei loro riti. Presso gli Araweté, tutti lo fumano ma solo gli sciamani lo inalano.Spesso, gli sciamani soffiano il fumo sopra gli ammalati per guarirli e, a volte, per proteggere sia il paziente sia loro stessi dagli effetti delle forze del demonio.

Page 71: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Nessuna ragione di vita 63

ha uguali in tutto il Sud America.

Un tempo, i Guaraní erano un milione emezzo e occupavano un territorio di350.000 kmq di foreste e pianure situatein quattro paesi diversi dell'AmericaLatina. Oggi, pur essendo stati la tribù piùnumerosa del Brasile, sono rimasti solo in30.000, ammassati in minuscoli fazzolettidi terra, circondati da allevamenti e davaste piantagioni di soia e canna dazucchero. “Ricordo sempre un vecchioche diceva: ‘i bianchi vengono persterminarci, per distruggere le nostrecase, i nostri pesci e anche i nostriraccolti. E quando saranno scomparsetutte le nostre foreste, per il nostro popolosarà la fine. Sta cambiando tutto e lanostra terra diventerà piccolissima’.Quell’uomo, sai, tanti anni fa avevaprevisto ogni cosa con precisione"(Paulito, un vecchio sciamano Guaraní).

Nei 15 anni che hanno preceduto il 2000,si sono suicidati 300 Guaraní, per lamaggior parte ragazzi e bambini. Il piùgiovane è stato Luciane Ortiz, di 9 anni.Per un popolo così profondamente legatoallo “spirito della terra”, assistere al furtoe alla distruzione dei propri territori èstato davvero lacerante: "I Guaraní sisuicidano perché non hanno più spazio.Prima eravamo liberi, ora non lo siamopiù. I nostri giovani si guardano intorno,pensano che non è rimasto più nulla e si

Stanche di aspettare la restituzione delleloro terre da parte delle autorità, alcunecomunità guaraní sono ritornate a casa dipropria iniziativa pur correndo gravi rischidi ritorsione da parte degli allevatori.

Sciamano Araweté

“Noi Indiani non vogliamodenaro o ricchezze. Vogliamosolo terra a sufficienza pervivere come preferiamo”.

Page 72: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

domandano come possano continuare avivere. Si sentono abbandonati a se stessi,si lasciano vivere per un po’e infine sisuicidano" (Rosalino Ortiz). "I giovani sisuicidano perché rimpiangono il passato.Rimpiangono le loro foreste, voglionomangiare i suoi frutti e uscire in cerca delmiele; vogliono usare i loro rimedinaturali e tradizionali. A Dourados, dove èavvenuta la maggior parte dei suicidi, ungiovane mi disse che non voleva piùvivere perché con le sorgenti inquinate esenza alcuna possibilità di cacciare e dipescare, non c'era più ragione di vita" (A.Lopes).

Confinati in aree piccolissime, costretti avivere in comunità stipate e inquinate,dove i suicidi e le violenze si diffondonocome epidemie, probabilmente i Guaranísono riusciti a sopravvivere grazie allaloro spiritualità. Correndo gravi rischi,alcuni villaggi sono riusciti a rioccuparele terre che una volta appartenevano loro,sottraendole ad agricoltori che ora lereclamano come proprie. Una donnaGuaraní, Marta Silva, ci ha detto: "Pensoalle condizioni in cui viviamo, in questecase così piccole, sopraffatti da unamiseria degradante. Non abbiamo nienteda mangiare, eppure il nostro popolo haancora la forza di cantare con gioia e consperanza, e continua a cercare la "Terrasenza Demonio"... Noi Indiani nonvogliamo denaro o ricchezze. Vogliamosolo terra sufficiente per poter viverecome preferiamo".

64 Nessuna ragione di vita

Un camion attraversa un campo guaraní difortuna. Molti Indiani che sono stati cacciatidalle loro terre sopravvivono vendendomanufatti sui bordi delle strade.

Page 73: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Nessuna ragione di vita 65

Page 74: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

66 Nessuna ragione di vita

Dal 1992, 26 bambini guaraní al di sotto dei 14 annisi sono avvelenati, impiccati o uccisi con un colpodi pistola:

Luciane Ort iz , d i anni 9 ; Agnaldo daSi lva ,d i anni 14; Hél io Marques d i anni14;Fortunata Escobar d i anni 10; Hél ioMarques d i anni 14; Janevan Rosa d ianni 13; Luciana Espínola d i anni 15;Mar ina Vasques d i anni 14; Nena Aguerodi anni 12; Ni lsa Isnarde d i anni 13;Or id io Ramires d i anni 13; RoasanaIsnarde d i anni 13; Marcenei de Souza d ianni 11; A lceu Raul ino d i anni 13; Ide leIsnarde d i anni 13; Ni lza Cavanha d i anni13; Va ldec i r A. V ie i ra d i anni 13;Franciso Duarte d i anni 13; A lexandr inoQuevedo d i anni 12; Geni ldo Mart ins d ianni 12; Va ld i r Vera d i anni 12; Vani ldoVi lha lva d i anni 12; De l iana da Si lvaPedro d i anni 10; Edna Ramires d i anni13; Va ld i r Lemes d i anni 13; Aparec idaPere i ra da Si lva d i anni 13; Jonair deOlve i ra d i anni 12; Cé l ia Amar í l ia d i anni1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999

Tra il 1986 e il 1999, tra i Guaraní sono stati registrati 304 casi di suicidio.

56 persone: nel 1995 si è verificato più di un suicidio a settimana.

29 persone

23 persone

8 persone

5 persone

Fonte: CIMI-Mato Grosso do Sul

Page 75: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

“Questi Indiani sono dei vagabondi, sono i reietti della società”.Ezequiel dos Santos, proprietario di una distilleria, parlando dei Guaraní nel 1990

Page 76: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati
Page 77: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Sciamanesimo 69

La parola "sciamano" provienepresumibilmente dalla tribù Evenk dellaSiberia; oggi, tuttavia, è usata in ognipaese del mondo per indicare coloro chesanno comunicare col mondo naturale econ i suoi spiriti. Solitamente glisciamani sono guaritori che fanno ricorsosia alle medicine naturali sia alla fede nelmondo degli spiriti. Spesso sono visticome rappresentanti terreni degli spiriti esono rispettati per i loro poteri.

Tutti i popoli tribali del Brasile hanno, oavevano, degli sciamani. Naturalmenteogni popolo attribuisce un nomespecifico allo sciamano, che, nelledifferenti comunità, assume anche ruolidifferenti; alcuni, come i karais dei

Guaraní, sono veggenti ed hanno il donodella profezia. Altri sono cantanti e poeti,oppure hanno il ruolo di buffoni oimbroglioni. I Tukano pensano che glisciamani possano trasformarsi ingiaguari, gli animali più forti e temutidella foresta. Presso certi popoli, solo gliuomini possono diventare sciamani; inaltri lo possono diventare anche le donne.Alcuni credono che lo possano diveniresolo coloro che provengono da famigliedi sciamani per tradizione, mentre gliAraweté, per esempio, credono chechiunque possa averne la capacità e lequalità.

Per entrare in trance e comunicare con glispiriti, gli sciamani usano danze, canti epiante allucinogene. La maggior parteinterpreta i sogni e gli eventi quotidiani, esono esperti dei cicli mitici del loropopolo. Diventare uno sciamano puòrichiedere anni di duro apprendistato ecomporta restrizioni alimentari e sessuali.

Sciamanesimo

Uno sciamano Yanomami cura un bambinofebbricitante. Il processo è spossante per ilguaritore e può durare diverse ore, durantrele quali si stabilisce un legame profondo tra lo sciamano e il paziente. Il forte sensodi sicurezza che questo legame crea è allabase di tutte le guarigioni.

Page 78: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

"Noi Yanomami impariamo col grande shapiri (gli spiriti). Impariamo come

riconoscere gli shapiri, come vederli e ascoltarli. Solo chi li conosce può

vederli perché gli shapiri sono molto piccoli e brillano come luci. Non sono

pochi ma molti, moltissimi; sono migliaia, come le stelle. Sono belli e

decorati con penne di pappagallo e dipinti con l’urucum (una pasta rossa

estratta da una bacca). Altri portano orecchini e usano tinture nere e ballano

con grazia e cantano in modo diverso. I bianchi credono che i nostri sciamani

cantino: in realtà, essi non cantano, ma accompagnano la musica e le canzoni

degli shapiri: la canzone del makaw, del pappagallo, del tapiro, della

tartaruga, dell'aquila e di tutti gli uccelli. Ecco cosa sono pressappoco gli

shapiri. E' difficile vederli.

Page 79: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

In ogni caso, uno sciamano li deve accettare per poterli conoscere. Devi

lasciare tutto: non puoi più mangiare il tuo cibo. Non puoi bere l'acqua o stare

vicino alle donne o al profumo del fuoco, né ai bambini che giocano e fanno

chiasso, perché gli shapiri vogliono vivere in silenzio. Sono un altro popolo e

vivono diversamente da noi. Alcuni vivono in cielo, altri sotto terra, e altri sulle

montagne ricoperte di foreste e fiori. Alcuni vivono nei fiumi, nel mare e altri

sulle stelle, sulla luna o sul sole. Omame (il creatore) li ha scelti perché erano

capaci di lavorare, non negli orti ma come sciamani, per curare la gente. Sono

belli, ma difficili da vedere. Gli shapiri si prendono cura di ogni cosa. Si

prendono cura del mondo".

Davi Yanomami, sciamano della comunità di Watoriki-Theri (popolo della montagna ventosa).

Page 80: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

72 Sciamanesimo

CORAGGIO (in basso)“Il giaguaro è lo spirito della forza e delcoraggio. Vive nel petto delle personevalorose. Lo sciamano può invocare lospirito sulle persone malate e deboli, perdar loro la forza di combattere la malattia.Può anche salvarli da una morte troppoprecoce”. Disegni di Joseca Yanomami.

TOOTHACHE (in alto)“Lo spirito manda i suoi cani da caccia astrappare i denti della vittima. I caniestirpano l’essenza dei denti e li portano damangiare a Kamakari. Questo è ciò cheKamakari fa, lui mangia i denti, ed è sempreaffamato. Fortunatamente, abita lontano enon lo si vede mai; ma se si impossessa deituoi denti e li mangia, fa molto, moltomale”.

SPIRITI SCIAMANICI DISEGNATI DAGLI YANOMAMI

Page 81: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

ALLUCINOGENI Come molti altri popoli, anche gli Indiani del Brasile usano le piante per alterareil proprio stato mentale ed entrare in contatto con gli spiriti. Alcune tribù del norddel paese sniffano una sorta di tabacco allucinogeno chiamato yopo o yokoana.Tostano l’interno della corteccia di certi alberi, ne mischiano le ceneri con lefoglie ridotte in polvere e lo aspirano dal naso con una cannuccia.

Altre tribù producono una bevanda chiamata caapi (o anche ayahuasca) facendobollire particolari specie di viti e rampicanti. La caapi viene bevuta in occasione di speciali feste durante le quali gli Indiani mettono in scena i loro miti e chiedonol’aiuto delle forze benigne o una protezione da quelle maligne. I disegni degliIndiani amazzonici, come i dipinti sulle case, sono influenzati dalle visioni.

Le tribù del nord-ovest dell’Amazzonia coltivano e usano l’ipadú, o coca. Le foglievengono tostate, polverizzate e mescolate con la cenere. La polvere verde e fineche ne risulta viene messa in bocca, dove gli ingredienti attivi (compresa lacocaina) producono lentamente un effetto stimolante.

Tutte queste piante sono considerate potenti e sacre, ma potenzialmente dannosese usate impropriamente. Sono utilizzate in contesti rituali, a condizioni precise e severe, e mai casualmente o per divertimento.

Sciamanesimo 73

Page 82: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati
Page 83: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Contro ogni previsione 75

Negli anni ‘70, i Waiãpi dell’Amazzoniasettentrionale furono quasi completamen-te annientatia dalle invasioni della loroterra: oggi si stanno riprendendo ma laloro battaglia è stata costellata di insidie ediscriminazioni alimentate da grandiinteressi, dalle agenzie governative eanche dai missionari.

Nel passato, i Waiãpi vivevano nel sud,lungo le rive di un grande fiume. Duranteil periodo coloniale furono costretti adallontanarsi dalla loro terra originaria persfuggire alle incursioni dei mercanti dischiavi e ai missionari più invadenti. Sistabilirono nelle foreste pluvialidell’Amazzonia settentrionale, doveebbero contatti molto radi con i bianchi(incontravano solo cacciatori occasionalie geologi), fino a quando, tra il 1975 e il1976 non fu costruita una strada

attraverso il loro territorio. Contagiati damalattie verso cui non avevano difeseimmunitarie, morirono quasi tutti glianziani e molti giovani. Nel 1824 eranocirca 6.000. Quando i minatori invaserola loro foresta distruggendola e contami-nandola, il loro numero crollò a 150.

Joapirea Waiãpi rimase orfano e fuadottato da un minatore. Non appena fucresciuto abbastanza, fuggì dalle “pene”della città e ritornò tra i Waiãpi. "Quandoincontrammo per la prima volta iminatori, mio padre e mia madremorirono per le malattie che contrasseroda loro... Molti Waiãpi morirono diinfluenza e di morbillo. Stavano male,

Contro ogniprevisioneI W A I Ã P I

I Waiãpi si sono riscattati dal rischiodell’estinzione e oggi il loro numero è increscita.

Due terzi di tutte le tribù delBrasile vivono in Amazzonia.

Page 84: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

avevano dolore alla lingua e continuavanoa vomitare, così cominciarono a scappare.I minatori non se ne preoccupavano.Volevano sterminarci. Continuavano adarrivarne... A quel tempo noi nonconoscevamo le vostre medicine: iminatori sì, ma a noi non volevano darle”.

Quando i minatori dilagarono, i pochiWaiãpi sopravvissuti, che non parlavanoil portoghese e non si rendevano piena-mente conto di ciò che stava accadendo, si rifugiarono all’interno della foresta...Lentamente cominciarono a riprendersidallo shock del primo contatto che liaveva portati al limite dell’estinzione.

Oggi i Waiãpi hanno tracciato una mappadel loro territorio e hanno segnato i suoiconfini. Per difendersi meglio, hannocostruito nuovi villaggi in punti strategici.Negli ultimi anni, hanno anchecominciato a fare attività mineraria supiccola scala nelle aree già sfruttate daiminatori bianchi. In tal modo si procuranodei piccoli introiti, che usano peracquistare vestiti, sale e zucchero nellecittà vicine. Nel 1997, minatori bianchi,politici conniventi, missionari

fondamentalisti della Missione delleNuove Tribù e perfino i funzionari localiagli affari indiani tentarono di impedire aiWaiãpi di continuare a cercare l’oro efecero di tutto per ottenere la riduzione delloro territorio. Il governo, infatti, sospese iprogetti sanitari ed educativi dei Waiãpiimpedendo a dottori e insegnanti diraggiungerli. I Waiãpi si sentironocircondati dai nemici: "Sono sempre glistessi: agenti federali, cercatori d’oro,cacciatori di pelli e disboscatori...".

Survival e il CTI (Centro di AvvocaturaIndigeno) organizzarono insieme unaforte campagna internazionale e nel 1999un giudice sentenziò che i Waiãpi avevanodiritto di estrarre l’oro. Nonostante lesofferenze, i Waiãpi hanno saputodifendersi da ogni aggressione fisica opsicologica, e il loro numero staricominciando a crescere. La loro storiaprova che anche tribù piccole e isolatepossono sopravvivere e affermarsi consuccesso.

76 Contro ogni previsione

Per i Waiãpi, feste e danze sono moltoimportanti così come il celebrare gli eventiciclici della natura.

"Non voglio che un domani i miei nipoti possano dire

che loro nonno era pazzo. Non voglio che possano

dire che ho venduto la nostra terra ai Brasiliani. Le

generazioni future dovranno dire che le ho difese

bene. Se i Brasiliani si stabilissero qui, non avremmo

niente da mangiare. Gli animali scomparirebbero

perché i Brasiliani li ucciderebbero tutti. Allora, non ci sarebbero più Waiãpi.

Ma io non lo saprei, perché sarei morto". Wai Wai, capo Waiãpi

Page 85: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Contro ogni previsione 77

“Le nostre grida raggiungono i quattro angoli del paese ma non per chiedere

progetti sanitari o comunitari, che sono obiettivi secondari nel dramma

che i popoli tribali del Brasile stanno vivendo in questo momento. La cosa

più importante oggi è la garanzia delle nostre terre che sono l’eredità

e la culla delle nostre tradizioni culturali”.Assemblea dei Rappresentanti degli Indiani, 1978

Page 86: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati
Page 87: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Proprietà della terra 79

Secondo la legge internazionale, i popolitribali hanno il diritto di possedere la terrain cui vivono e che usano. E’così dal1957, da quando cioè l’OrganizzazioneInternazionale del Lavoro delle NazioniUnite (OIL) emanò la convenzione 107,sottoscritta dal Brasile fin dal 1965.Malgrado ciò, il Brasile rimane l’unicanazione del Sud America (a parte ilSuriname) in cui agli Indiani non vienericonosciuto alcun diritto di proprietàdella terra. Questo fatto costituisce siauna violazione degli obblighi legali delBrasile, sia una negazione dei principiche hanno ispirato l’ONU negli ultimi 40anni o più, e colloca la terra indiana inuna posizione di enorme vulnerabilità.

Secondo il sistema brasiliano, gli Indianisono “minorenni” e non possonopossedere terra; possono solo vivere eusare certe aree di proprietà del governo,riconosciute come "aree indiane" o"parchi". Per giunta, tale riconoscimento,sancito di norma da un decretopresidenziale, può essere facilmentemodificato o annullato da decretipresidenziali successivi: e troppo spessoquesto è esattamente ciò che accade.

Perché un’area venga destinata ad "uso"indiano, occorre prima “delimitarla”(cioè tracciare i suoi confini su unamappa) e poi “demarcarla” (cioèconficcare fisicamente dei paletti nellaterra, lungo i suoi confini). Per essereattuate, queste operazioni richiedononormalmente molti anni e non hannonemmeno inizio se i sostenitori degliIndiani, sia fuori sia dentro il governo,non esercitano in tal senso una grande einstancabile pressione. Nello stesso

Proprietà della terra

Durante le loro battaglie per ilriconoscimento dei loro diritti territoriali,i Makuxi hanno sofferto per mano dellapolizia e dei sicari. Nel 1995, UmbelinaViriato e altri rappresentanti Makuxi hannoviaggiato attraverso l’Europa per portare la loro storia all’attenzione dei media. Laloro battaglia continua, al fianco di Survival.

Page 88: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

80 Proprietà della terra

modo, il rispetto della leggeinternazionale viene osteggiato da potentilobby : compagnie minerarie o del legno,oppure politici locali in cerca di voti o divantaggi economici personali. Anche ipiù alti ufficiali dell’esercito sioppongono fermamente alriconoscimento dei territori indianicollocati nelle aree di frontiera, cheritengono strategicamente importanti.

Per effetto di tutti questi interessi, sulgoverno viene esercitata una pressionecostante il cui fine è quello di impedire lacreazione di nuove aree indigene, di farridurre le dimensioni di quelle esistenti edi far annullare quelle già decretate. Nel1996, il ministro della giustizia promulgòun decreto che attribuiva a terzi, peresempio a compagnie del legname ocoloni, il diritto di mettere in discussionei confini delle terre demarcate. Otto areevennero così destinate a una “revisione”;in altre parole, a una riduzione. Lo stessoministro firmò un atto per ridurre la terragià demarcata dei 12.000 Indiani chevivono a Raposa/Serra do Sol: il suoobiettivo era quello di liberare almeno unquinto di quel territorio per destinarlo aminatori e allevatori, e perciò concentraregli indigeni in tanti piccoli appezzamentiseparati, come era stato proposto nelpassato, in altre occasioni. Dopo vigoroseproteste, il presidente promise diriconoscere l’intero territorio comeun’unica area. Ciononostante, un gruppodi allevatori della zona, sostenuto daipolitici locali, si rivolse al tribunale pertentare di ribaltare la sentenza.

La riduzione di un territorio indiano vienesempre presentata come una decisionedettata “dall’interesse nazionale". Inrealtà è sempre motivata da interessieconomici di pochi e potenti individui.Sicuramente si tratta di decisionidisastrose per i popoli indiani coinvolti edi solito non portano nessun beneficioalla popolazione brasiliana nel suocomplesso.

Il Brasile dovrebbe cessare di violare leleggi internazionali e iniziare ariconoscere i diritti di proprietà che gliIndiani hanno sulle loro terre. Azionisimili, infatti, sono l’unica rispostaefficace ai tentativi che vengono fatticostantemente per ridurre il territorioindiano, e l’unico modo per cominciare arisarcire gli indigeni delle graviingiustizie subite per cinque secoli.Riconoscere il loro diritto alla proprietàdella terra costituisce ovunque l’unicomodo per garantire ai popoli tribali unasicurezza a lungo termine. La terra deveessere considerata proprietà di tutti, ossiadell’intera comunità, e il suo diritto deveessere inalienabile e perpetuo. Qualunqueiniziativa minore, come per esempiol’assegnazione di piccoli appezzamenti asingoli, o l’attribuzione di titoli chepossano essere trasferiti o venduti,significa creare le condizioni per ladissoluzione definitiva della proprietà.Chiunque infatti potrebbe essere indotto acedere il proprio appezzamento con leminacce, il denaro o l’inganno. Perdistruggere deliberatamente le comunitàindigene, i governi degli USA e del Cilehanno utilizzato proprio questa tattica: laconcessione di diritti individuali.

Page 89: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Proprietà della terra 81

LA STORIA DI CLEONICEI Makuxi, i Wapixana, gli Ingarikó e i Tuarepang vivono

nell’Amazzonia settentrionale e sono vittime di una

delle peggiori violenze mai perpetrate contro gli Indiani

del Brasile per il solo fatto di lottare per il

riconoscimento legale della loro terra, Raposa/Terra do

Sol. Una quindicina di Indiani sono stati uccisi e altri centinaia sono stati

picchiati e si sono visti distruggerele loro case e uccidere i loro animali dalla

polizia locale e dagli allevatori che si opponevano alla loro protesta.

Maria Cleonice Servino, una giovane donna wapixana, racconta un tipico

incidente occorso quando la polizia militare, chiamata dagli allevatori locali,

assalì il suo villaggio nel 1987:

"A quel tempo ero incinta di tre mesi. Arrivarono dodici camion pieni di

poliziotti. Venivano avanti rompendo tutto e picchiando la gente. Ruppero le

costole a uno dei miei fratelli e gettarono a terra le donne mentre i loro figli

piangevano e si nascondevano sotto i tavoli. Io rimasi in piedi e allora un

militare si avvicinò e mi ordinò di buttarmi giù. Io risposi che non l’avrei fatto.

"Non sono un cane a cui si possono dare ordini, e sono a casa mia". Stava

piovendo e tutti i bambini erano coperti di fango. Tirarono una tavola contro

alcuni uomini, che andarono a finire uno sopra l’altro. Tutti piangevano,

tranne me: non so perché.

Il soldato mi colpì allo stomaco col calcio del fucile: "Perché non mi uccidi?

Sono incinta di tre mesi e se mio figlio muore nel mio ventre è colpa tua.

Tu sarai il capo nella tua caserma ma i padroni qui siamo noi." Tentai

di allontanare il calcio del fucile con le mani ed egli disse: "Oggi te la sei

cavata, ma non sarà così la prossima volta".

Page 90: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati
Page 91: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Proprietà della terra 83

“Voglio parlare di Urihi. Urihi per noi significa "il nostro

posto", "la nostra terra". Questa Urihi yanomami non è in

vendita. Urihi non ha assolutamente prezzo. Non c’è

denaro che possa comperare la terra yanomami. Gli

Yanomami si sono sempre presi cura di questa terra, da

molto prima che arrivassero i politici. Noi non usiamo

carta. La nostra carta sono i nostri pensieri, i nostri

credo... La nostra "carta" è molto antica: l’abbiamo da

molto prima dell’arrivo dei bianchi, che sono venuti a rubarci la nostra Urihi.

Noi pensiamo in modo diverso da voi. Noi tagliamo solo una piccola parte di

foresta, e lo facciamo per lavorare, per coltivare. Non abbattiamo gli alberi per

venderli. Noi li abbattiamo col permesso della comunità e coltiviamo piante

commestibili per nutrire la comunità. Omame (il creatore) diede Urihi alle

comunità perché potessero vivere qui, qui dove noi siamo nati. Vogliamo che

la nostra Urihi sia rispettata. I bianchi hanno portato con sé le malattie e

hanno contaminato noi, il nostro sangue e le nostre vite. Noi abbiamo già il

cibo di cui abbiamo bisogno, e quindi non è necessario distruggere la foresta e

coltivare nuove piante. Noi abbiamo bisogno di alberi e di frutti e di fiumi e di

montagne spazzate dal vento, e di pioggia e di uccelli che cantano. Noi

abbiamo bisogno di tutto questo, ma vivo.

La terra è come un padre perché ti dà il cibo. L’acqua è come una madre:

quando hai sete, ti dà acqua. Urihi è come un fratello: ci dà la forza per

crescere e far crescere i nostri figli, così come ci dà alberi, animali e pesci. Noi

abbiamo radici. Demarcare la nostra terra significa riconoscere queste radici

che affondano qui, nella nostra terra. Le nostre radici sono molto antiche, ma

non sono morte: per questo abbiamo la foresta, una terra buona e i minerali,

cioé tutto quello che vogliono i bianchi... ma noi non permetteremo loro di

prenderli. Ricordatevi di noi: voi siete forti. Voi siete la nostra unica forza

esterna. Le autorità vi criticano perché ci aiutate, ma voi non abbiate paura:

continuate a fare pressioni perché gli Yanomami possano continuare a vivere.

Davi Yanomami ai sostenitori di Survival nel 1992

Page 92: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Naturalmente, niente può garantire conassoluta certezza la sopravvivenza di unpopolo; tuttavia, il riconoscimento dellaproprietà comunitaria della terra è lamigliore garanzia che gli Indiani delBrasile possano ottenere. Anche se nonpotrà impedire alle compagnie di tentaredi invadere la loro terra o di ucciderli, enemmeno cancellare le epidemie giàdiffuse, darà ai popoli tribali unostrumento legale molto efficace perproteggere le loro terre e le loro vite,anche se gli Indiani continueranno ad averbisogno di aiuti sanitari e dellacollaborazione della pubblica sicurezza.Ma assicurare loro il diritto alla terra è ilprimo passo da compiere, un passocruciale che si potrebbe realmente farecon poca spesa, una spesa sicuramentenon superiore ai costi che vengonosostenuti per una "demarcazione". Le areegià esistenti potrebbero facilmente essereridefinite come “aree di proprietà dellatribù”, e i fondi internazionali giàdisponibili per le demarcazionipotrebbero essere utilizzati per ladelimitazione di nuove terre.

Questa proposta scatenerà in Brasile unagrande ostilità e la reazione durissimadelle correnti anti-indiane. Il fatto che inBrasile sia considerato tabù ciò che inaltre nazioni amazzoniche è ormaiconsiderato normale, fa parte sicuramente

del problema e se non si solleverà undibattito sul tema, gli Indiani del Brasilenon potranno mai sperare di possedere leloro terre.

Alla lobby anti-indiana brasiliana appar-tengono tutti coloro che ambiscono allosfruttamento delle terre indigene. La loroposizione è alimentata da un razzismoprofondo e contagioso, che porta aconsiderare i popoli tribali inferiori ai"bianchi". Questa lobby si opporrà contutte le sue forze al riconoscimento dellaproprietà della terra degli Indiani e ladenuncerà come un’ennesima fantasia dei"nemici del Brasile". Naturalmente, similiargomentazioni sono prive di fondamen-to: molti sostenitori degli Indiani (e quindidi Survival) sono Brasiliani e alcuni sitrovano oggi ai vertici del governo o dellachiesa. La maggior parte di loro sostienela rivendicazione degli Indiani ma nelpaese c’è un tale clima di ostilità erazzismo che il problema non viene maiaffrontato apertamente.

Il rifiuto del Brasile di riconoscere agliIndiani il diritto alla proprietà della terra èillegale e costituisce una delle violazionidei diritti umani più antiche e gravi in attooggi nel mondo. E’uno scandalo cheprovoca enormi sofferenze. Per il governobrasiliano è tempo di agire, di smettere diviolare la legge e di accettare che i pochipopoli indiani sopravvissuti a 500 anni dipersecuzioni sono i legittimi proprietaridella loro terra. Così facendo, il Brasilecompirà l’unico passo capace di porre fineal genocidio degli Indiani più vulnerabilidel Brasile e offrirà loro una possibilitàconcreta di sopravvivenza.

84 Proprietà della terra

Il diritto alla proprietà dellaterra è la chiave dellasopravvivenza dei popolitribali di ogni paese.

Page 93: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

Proprietà della terra 85

SCRIVI AL PRESIDENTE DEL BRASILESe vuoi aiutare i popoli tribali del Brasile, scrivi una lettera cortese al presidentedel Brasile esprimendogli la tua disapprovazione per le continue violazioni deidiritti degli indiani. Puoi scrivere una lettera molto breve in italiano, in portogheseo in qualunque altra lingua.

Le autorità brasiliane sono sensibili all’opinione pubblica internazionale in temadi popoli indigeni: la tua voce conta veramente qualcosa. Scrivi a:

Presidente della RepubblicaPalácio do PlanaltoPraça dos Três Poderes70150-900, Brasília DFBrasile

(Inizia con “Sua Eccellenza”)

Page 94: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati
Page 95: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

intervieni 87

Dopo 500 anni, i diritti dei popoli indigeni del Brasile devono essere finalmente

rispettati, in particolar modo il loro diritto alla vita, alla pace, alla sicurezza e alla terra.

Gli indiani che ci hanno raccontato le loro storie in questo libro non cercano la nostra

compassione: si sentono ingannati e diseredati, e molti di loro sono estremamente

vulnerabili. Hanno bisogno solo di sostegno. Se sosterremo tutti insieme la loro

protesta, li aiuteremo ad assicurarsi il rispetto dei loro diritti.

II modo migliore per farlo è unirsi alla voce di Survival che da più di 30 anni lavora con

i popoli tribali mobilitando l’opinione pubblica internazionale e facendo pressione sui

governi e sulle società per far rispettare i diritti dei popoli tribali e proteggere le loro

terre.

Se ciò che hai letto in questo dossier ti ha colpito e puoi donare 30.000 lire, una busta,

un francobollo e qualche minuto del tuo tempo alla causa dei popoli indigeni, per

favore fallo. In Brasile abbiamo registrato tanti casi urgenti e con il tuo aiuto potremo

affrontarli.

Per favore, intervieni. Il tuo sostegno può significare molto per il futuro di alcuni dei

popoli più minacciati del mondo.

GRAZIE.

IntervieniA I U T A I P O P O L I T R I B A L I .

S O S T I E N I I L N O S T R O A P P E L L O P E R

I P O P O L I D I S E R E D A T I D E L B R A S I L E

Page 96: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

VOGLIO AIUTARE I POPOLI TRIBALI

I suoi dati personali sono raccolti al solo fine di promuovere le iniziative di Survival e sono gestiti elettronicamente. Scrivendo otelefonando al nostro responsabile dati, potrà ottenerne l’aggiornamento o la cancellazione.

Totale Lire

Mi iscrivo a Survival versando una quota annuale di Lire:

Assegno bancario non trasferibile intestato a Survival

Versamento sul conto corrente postale nº18151209 intestato a Survival, c.p.

1194, 20101 Milano

Carta di credito CartaSi (affinché il pagamento sia valido, nello spazio

destinato alla firma deve essere apposta la firma del titolare della carta)

FirmaData di scadenza

famiglia (50.000 lire)

ordinario (40.000lire) classe (60.000 lire)

sostenitore (50.000 lire)

benemerito (100.000 lire)

a vita (1.000.000 lire)

Ritagli o fotocopi il modulo e lo spedisca a: Survival International (Italia), casella postale 1194, 20101 Milano.

Desidero contribuire con una donazione di Lire:

Effettuo il pagamento tramite:

Nome

Cognome

Via n°

CAP Città

Email

Page 97: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

I popoli indigeni contano oggi 300 milioni di persone in tutto il mondo, di cui 150milioni sono tribali. Vengono quasi tutti perseguitati senza sosta, sommersi dalledighe, sterminati dalle malattie, sfrattati dai coloni e dalle compagnie minerarie e del legname.

Survival è stata fondata nel 1969 in risposta alle atrocità inflitte agli Indiani del Brasile.Per più di 30 anni ha lavorato per salvaguardare i diritti dei popoli tribali in tuttoil mondo, dalla Siberia al Kalahari, e per aiutarli a risolvere i loro problemi, causati da stranieri che vogliono le loro terre e tutto ciò che esse contengono.

Survival lancia campagne per sostenere il diritto dei popoli tribali alle loro terre e adecidere liberamente del proprio futuro. Sostiene le loro organizzazioni e offre loro la possibilità di far conoscere la loro causa in tutto il mondo; le sue attività didattichecombattono il pregiudizio razzista che dipinge i popoli tribali come primitivi ponendole basi per una soluzione radicale e a lungo termine del problema.

Survival non accetta fondi dai governi. A finanziare le sue attività sono solo i suoisostenitori: sono loro a mantenere la voce di Survival forte e indipendente.

SurvivalS U R V I V A L E ’ U N ’ O R G A N I Z Z A Z I O N EM O N D I A L E D I S O S T E G N O A I P O P O L IT R I B A L I . D I F E N D E I L L O R O D I R I T T O D I D E C I D E R E D E L P R O P R I O F U T U R O E L I A I U T A A P R O T E G G E R E L E L O R O V I T E ,L E L O R O T E R R E E I L O R O D I R I T T I U M A N I .

www.survival.it

Page 98: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

R I N G R A Z I A M E N T INel corso degli ultimi trent’anni, le comunità e le organizzazioni indigene che hanno accolto Survival e hanno diviso conlei i loro punti di vista sono moltissime. Questo libro lo si deve a tutte loro. Non le possiamo menzionare tutte ma siamoprofondamente grati ad ognuna di esse. Ringraziamo anche le persone e le organizzazioni che nel corso degli anni hannocollaborato con noi sia in Brasile sia in altri paesi del mondo. Un sincero ringraziamento va anche ai fotografi che ci hannogenerosamente donato le loro fotografie.

Grazie a Zé Karajá da Cunha, Clare Dixon, John Hemming, Telma Holanda, Lesley Anne Knight e Jan Smith

per averci aiutato e incoraggiato alla realizzazione di questo libro.

CAFOD rappresenta l’Inghilterra e il Galles presso la Caritas Internazionale. Crede che tutti gli essere viventi abbianodiritto alla dignità e al rispetto, e che le risorse del mondo siano un bene da condividere con tutti gli uomini e le donne diqualunque nazionalità, etnia o religione essi siano. Informazioni sull’attività diCAFOD in Brasile e altrove si possono trovare all’indirizzo http://www.cafod.org.uk

Survival è grata a CAFOD per l’incoraggiamento e l’aiuto dato alla realizzazione diquesta pubblicazione.

C R E D I T ICopertina: ragazza Kayabil © CIMI; seconda di copertina: Sciamano Yanomami © Claudia Andujar; pagina seguente:Padre e figlio Enawene Nawe © Fiona Watson/Survival; indice: Uomo Arara © John Miles/Panos; introduzione: ©Eduardo Viveiros de Castro; p2 © Charles Vincent/Survival; p3 © Adrian Cowell/Hutchison Picture Library; p4 ©Fernando López/CIMI-Norte 1; p5 © Jan Smith; p8 © José Idoyaga/Survival; p11 e 12 © Royal Geographical SocietyPicture Library; p14 © Sue Cunningham/SCP; p16 © Philippe Erikson; p20 © Erling Söderström/Survival; p22 © ErlingSöderström/Survival; p23 © Philippe Erikson; p24 © Fiona Watson/Survival; p26 © Fiona Watson/Survival; p28 © FionaWatson/Survival; p30 © Fiona Watson/Survival; p31 © Fiona Watson/Survival; p32 ©Pedro Martinelli; p35 ©PedroMartinelli; p36 ©Pedro Martinelli; p38 ©Pedro Martinelli; p41 © Pilly Cowell/Hutchison Picture Library; p42 © PillyCowell/Hutchison Picture Library; p44 © Claude Lévi-Strauss; p46 © Claude Lévi-Strauss; p47 ©Marcos Santilli/PanosPictures; p48 © Carlo Zacquini/CCPY; p50 © Sue Cunningham/SCP; p51 © Helen Dent/Survival; p52 © CIMI/Survival;p54 © Fiona Watson/Survival; p56 © Adrian Cowell/Hutchison Picture Library; p58 © Adrian Cowell/Hutchison PictureLibrary; p59 © Victor Englebert 1980/Survival; p60 ©João Rippper; p62: sciamano Araweté © Eduardo Viveiros deCastro; p63 ©João Ripper; p64 © Simon Rawles; p67 ©João Ripper; p68 © Victor Englebert 1980/Survival; p70:Yanomami © Claudia Andujar; p73 © Victor Englebert 1980/Survival; p74 © Fiona Watson/Survival; p76 © AlanCampbell/Survival; p77 © Dominique Gallois/Survival; p78 © Mario Ruggeri/Survival; p81 © Fiona Watson/Survival;p82: Yanomami © Peter Frey/Survival; p83 © Fiona Watson/Survival; p85: Yanomami © Alfredo Cedeño/Panos Pictures;p86 © Survival; p91: Kayapó © Sue Cunningham/Survival; retro di copertina: bimbe Arara © John Miles/Panos Pictures.

Mappa a pag.6: © 1993 Digital Wisdom, Inc.

O R G A N I Z Z A Z I O N I B R A S I L I A N E MARI, l’Unità di Educazione Indigena presso l’università di São Paulo ([email protected]) ha pubblicato e distribuiscegratuitamente l’elenco delle organizzazioni indiane del Brasile. Alcune organizzazioni non governative brasilianeimpegnate nella difesa degli Indiani sono contattabili a questi indirizzi:

ANAI National Indian Support Association: [email protected] CCPY Commissione Pro-Yanomami (Pro-Yanomami Commission): www.uol.com.br/yanomami CIMI Consiglio Missionario Indigeno (Indigenous Missionary Council): www.cimi.org.brCPI Commissione pro Indiani (Pro-Indian Commission), São Paulo: [email protected] Centro di Avvocatura Indigeno (Indigenous Advocacy Centre): [email protected] Istituto Socio Ambientale (Socio-environmental Institute): www.socioambiental.orgOPAN Operation Native Amazon: [email protected]

Page 99: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati

© Survival International, 2000

Survival è un’organizzazione mondiale

di sostegno ai popoli tribali. Difende

il loro diritto di decidere del proprio futuro

e li aiuta a proteggere le loro vite, le loro terre

e i loro diritti umani.

Survival International (Italia)

casella postale 1194, 20101 Milano

Tel: 02-8900671 - Fax: 02-8900674

Email: [email protected]

www.survival.it

Survival International

11-15 Emerald Street

London WC1N3QL

www.survival-international.org

Team editoriale Fiona Watson,

Stephen Corry e Caroline Pearce.

Progetto grafico Honor Drysdale

Edizione italiana Francesca Carolina Casella

Una pubblicazione di Survival International

Survival n° 44, anno XVIII, II semestre 2000

Editore/redazione: Survival International

via Morigi 8, 20123 Milano. Tel: 02-8900671.

Direttore resp: Casella Carolina Francesca.

Stampa Mediaprint, via Mecenate 76, Milano.

Aut. nº 122 del 13/03/1993

Page 100: “Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo bianchi hanno ...assets.survivalinternational.org/documents/1203/dossier...“Oggi i bianchi proclamano ad alta voce: ‘Siamo stati