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G. ZADRA - R. MASERA - G. D’AGOSTINO - C. BARBAGALLO FINANZIARE L’ECONOMIA IN TEMPO DI CRISI: LE RISPOSTE DEI MERCATI, IL RUOLO DEGLI INTERMEDIARI, GLI ORIENTAMENTI DELLE AUTORITÀ“Sadibatrentotto” Interventi tenuti nell’ambito del seminario su “L’industria bancaria verso gli anni 2020: rigenerazione manageriale” Castello dell’Oscano - Perugia, 22 marzo 2014 QUADERNO N. 281 Università Cattolica del Sacro Cuore Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa

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G. ZADRA - R. MASERA - G. D’AGOSTINO - C. BARBAGALLO

“FINANZIARE L’ECONOMIA IN TEMPO DI CRISI:LE RISPOSTE DEI MERCATI, IL RUOLO DEGLI INTERMEDIARI,

GLI ORIENTAMENTI DELLE AUTORITÀ”

“Sadibatrentotto”

Interventi tenuti nell’ambito del seminario su“L’industria bancaria verso gli anni 2020:

rigenerazione manageriale”Castello dell’Oscano - Perugia, 22 marzo 2014

QUADERNO N. 281

Università Cattolicadel Sacro Cuore

Associazioneper lo Sviluppodegli Studi diBanca e Borsa

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G. ZADRA - R. MASERA - G. D’AGOSTINO - C. BARBAGALLO

“FINANZIARE L’ECONOMIA IN TEMPO DI CRISI:LE RISPOSTE DEI MERCATI, IL RUOLO DEGLI INTERMEDIARI,

GLI ORIENTAMENTI DELLE AUTORITÀ”

“Sadibatrentotto”

Interventi tenuti nell’ambito del seminario su“L’industria bancaria verso gli anni 2020:

rigenerazione manageriale”Castello dell’Oscano - Perugia, 22 marzo 2014

I PARTE

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INDICE

1 – Dott. Giuseppe Zadra

La securitisation per finanziare la ripresa. pag. 5

2 – Prof. Rainer Masera

Crediti deteriorati, contesto macroeconomicoe implicazioni per il settore bancario pag. 23

3 – Dott. Giuseppe D’Agostino

Evoluzione del quadro normativo europeo sugli “strumentidi finanziamento della crescita”. Le sfide alla crisi tra tuteladegli investitori ed efficienza dei mercati finanziari pag. 49

4 – Dott. Carmelo Barbagallo

Doveri e responsabilità degli amministratori delle banche: il punto di vista della Banca d’Italia pag. 79

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La securitisation per finanziare la ripresa

IntroduzioneDalla crisi del 2008 il sistema bancario europeo attraversaun periodo di profonda difficoltà, stretto tra inasprimentodella regolamentazione, aumento del rischio di credito eriduzione delle opportunità di raccolta. La combinazione diquesti fattori impedisce alle banche di fungere da motoredel sistema economico, cioè di indirizzare le risorse finan-ziarie verso gli usi più produttivi. A fronte di fabbisogni finanziari sempre maggiori, la capa-cità delle banche di estendere direttamente credito alleimprese è limitata (sez. 1), mentre rimangono sotto-utiliz-zati differenti sistemi di intermediazione che, tramite ilmercato finanziario, sembrerebbero in grado di colmarequesto vuoto, aumentando la redditività delle banche e alcontempo favorendo la ripresa dell’economia reale in uncircolo virtuoso. Minibond e cartolarizzazione rappresen-tano due esempi di intermediazione basata sul mercato.A differenza del sistema delle cartolarizzazioni, i minibondnon soddisfano però alcune desiderabili proprietà, primafra tutte la liquidità delle singole emissioni (sez. 2). La car-tolarizzazione, se condotta prudentemente (traendo sugge-rimenti e tecniche dall’esperienza dello shadow banking),può essere invece appetibile tanto alle banche, in termini diservizi da offrire, quanto agli investitori, in grado di sfrut-tare nuove combinazioni rischio/rendimento (sez. 3).

Il Funding Gap La crisi del 2008 ha generato una drastica diminuzionedegli attivi bancari (de-leveraging)1 e una nuova e più

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Dott. Giuseppe ZADRASegretario Generale Fondazione Istituto L. Einaudi

1 In parte attenuata dalla politica monetaria espansiva e in alcuni casi innova-tiva della BCE (es. LTRO)

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stringente regolamentazione finanziaria in conseguenzadella quale gli oneri in termini di capitale e liquidità per lebanche europee sono aumentati considerevolmente. Ilnuovo quadro regolamentare incide in modo particolare sutre aspetti della gestione bancaria: a) nuovo capitale e dimigliore qualità2; b) limiti all’uso della leva finanziaria3; c)requisiti minimi in termini di liquidità, intesa come lacapacità di una banca di sopravvivere per un mese senzaaccesso a fondi esterni4. A questi nuovi vincoli bisogna poiaggiungere la necessità per l’economia che le bancheriportino il volume del credito non solo ai livelli preceden-ti (ri-leveraging) ma anche a livelli idonei a sostenere unavera ripresa, con il conseguente obbligo per le banche didover aumentare ancora il capitale.Un computo prudente del nuovo capitale richiesto alle ban-che europee deve partire dalla stima di nuove attività e cioèdagli oltre €4 trilioni (≈ €4200 miliardi) di fondi aggiunti-vi necessari per finanziare almeno parzialmente la crescitadel Sistema Europa5, così ripartiti:

1. €2 trilioni per processi di ri-leveraging (circa il 7%del bilancio delle banche)6, cioè per tornare al livello diattivi del 20072. €1,6 trilioni per finanziare la crescita dell’economiareale7 oltre i livelli del 20073. €600 miliardi per adempiere alla nuova normativasulla liquidità (Liquidity Coverage Ratio, LCR)8

Applicando i coefficienti di rischio di Basilea III a questestime, per le banche europee il fabbisogno di nuovo capi-tale si attesta a circa €330 miliardi9. In aggiunta a quanto

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2 Risk-weights più stringenti in Basilea III3 Introduzione di una leverage ratio4 Istituzione di una Liquidity Coverage Ratio, LCR5 (IMF, October 2012) e (European Banking Authority, EBA, September 2012)6 (IMF, October 2012)7 Al 2% annuo nel periodo 2012-20168 (PCS Secretariat, March 2013)9 € 4100 mld 8%

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detto, è anche necessario considerare l’attuale congiunturamacroeconomica, in cui un circolo vizioso fra contrazionedei profitti (che non permette di attingere a fonti interne) eperdite sui crediti (che erodono il capitale) continua a met-tere pressione sui bilanci delle banche (de-leveraging). Nelle condizioni di mercato attuali, per le banche apparequindi complicato reperire mezzi propri così ingenti perquattro motivi principali:

I. Basso livello di utili. Il modello di business tradizio-nale, ossia basato prevalentemente su raccolta e impie-ghi, determina attualmente un ROE medio prossimoallo zero a fronte di un costo del capitale ben superiore.II. Resistenza degli azionisti a una diluizione dellequote,10 che spesso comporta la necessità di alterare gliequilibri di controlloIII. Elevata incertezza. La lentezza e la disomogeneitàcon cui sta procedendo la ripresa economica in Europaincidono negativamente non solo sulla capacità di rica-pitalizzazione delle banche ma anche sulla necessità daparte delle banche di risolvere i loro problemi struttura-li11 prima di estendere nuovo credito.IV. Ridotto supporto istituzionale. L’incremento deldebito pubblico, in alcuni casi dovuto al salvataggiodegli intermediari finanziari (es. Irlanda o RegnoUnito), ha ridotto notevolmente la garanzia implicitadei governi a supporto delle banche in difficoltà e difatto scoraggia gli interventi legati al tema del “too bigto fail”.

D’altre parte, i canali tradizionali di raccolta: depositi,obbligazioni e covered bond non sembrano in grado disoddisfare l’ingente esigenza di fondi. Anche ammettendola fattibilità tecnica e la disponibilità di fondi sul mercato,a capitale invariato i coefficienti di rischio di Basilea III

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10 Si veda il caso di MPS11 Elevato livello di sofferenze, alti costi di gestione …

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non consentirebbero comunque di estendere credito all’e-conomia reale12. Altre strade per rilanciare gli investimentisono però teoricamente possibili. Ad esempio, il settorepubblico potrebbe finanziare direttamente l’economiareale e promuovere la ripresa, ma per ovvie ragioni difinanza pubblica (es. Patto di stabilità) questa opzione nonè fattibile. Al contrario, la “strada dei mercati” può rappre-sentare un’importante svolta. In quest’ottica, i finanzia-menti mancanti all’economia dovranno quindi essere attin-ti dai mercati finanziari per mezzo di una differente proce-dura di intermediazione, che metta in contatto utilizzatoridi fondi, banche e investitori all’interno di un sistema dicredito più esteso del tradizionale. Di recente, l’Italia ha sperimentato due iniziative concretein questo senso: i minibond e la cartolarizzazione. Semprepiù, infatti, si volge lo sguardo al sistema finanziario ame-ricano, in cui il mercato creditizio cartolarizzato (taloradefinito shadow banking) nel 2007 portava all’economiaoltre il 50% di finanziamenti in più del sistema bancariotradizionale13. In estrema sintesi, per finanziare la ripresa servono circa€4000 miliardi, ma se si utilizza solo il sistema bancariosono necessari oltre €300 miliardi di capitale, difficilmen-te reperibili. Per non congelare la possibilità di sviluppo ènecessario studiare un altro percorso.

Intermediazione creditizia basata sul mercatoPer rispondere alle esigenze di finanziamento delle banche edell’economia reale, un sistema di intermediazione crediti-zia basato sul mercato deve soddisfare alcuni requisiti mini-mi, sia dal lato delle banche sia dal lato degli investitori.In primo luogo, deve permettere alla banca di soddisfare ivincoli di capitale di Basilea III. La banca deve essere cioè

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12 Ci si può chiedere come potranno superare quest’ostacolo le banche che sifinanzieranno direttamente con la BCE. Per effettuare prestiti con i fondi for-niti dalla BCE serve comunque mantenere i ratios di capitale.13 $12 contro $8 trilioni (Federal Reserve Bank of New York, 2010).

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in grado di procurare nuovo credito senza dover ricorrere acapitale aggiuntivo o nei limiti in cui vi riesce. A questoproposito, è bene ricordare che gli aumenti di capitaleeffettuati nel periodo recente sono destinati a raggiungere ivari ratios imposti dalla normativa e quindi solo a fronteg-giare il livello attuale degli attivi e non già a consentire l’e-stensione degli stessi (re-leveraging).Gli strumenti che consentano di espandere in via indirettail credito devono però essere appetibili anche alle diversetipologie di investitori che operano nei mercati finanziari.Come la crisi del 2008 ha chiaramente mostrato, requisitiessenziali sotto questo profilo sono la trasparenza e la stan-dardizzazione degli strumenti utilizzati. Gli investitori cheoperano nel mercato globale14 e ai quali è necessario rivol-gersi15 sono tipicamente lontani sia fisicamente sia econo-micamente dall’originatore del credito e devono quindiessere posti in grado di comprendere, prezzare adeguata-mente e confrontare asset che, pur appartenendo alla stes-sa classe, sono denominati in valute diverse ed emessi inlocalità differenti. In termini generali, la standardizzazione è favorita dallegrandi società di revisione dei bilanci, che certificano lacorrettezza della rappresentazione della situazione econo-mica-patrimoniale dell’azienda, e dalle agenzie di rating,che rilasciano un parere sul rischio di credito dello stru-mento utilizzando metodologie uniformi a livello globale.Al requisito di standardizzazione dello strumento finanzia-rio si aggiunge poi la necessità per gli investitori e le ban-che di operare all’interno di un quadro regolamentare bendefinito e armonizzato fra paesi. Va infine ricordato che sui mercati finanziari operano inve-stitori che sono interessati a diversi orizzonti temporali

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14 Principalmente essi sono Pension Funds, Asset Managers e grandi tesorerie,che ragionano nell’ottica dell’investimento in titoli e non di concessione dicredito.15 poiché attualmente in Italia il rapporto impieghi/depositi è già superiore al100% (e quindi siamo in una situazione di funding gap).

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(dagli hedge funds ai fondi pensione) e a diverse combina-zioni di rischio\rendimento, e che tutte le diverse categoriedi investitori sono particolarmente interessate alla liquiditàdello strumento. Quest’ultima è misurata attraverso variindicatori (dallo spread bid-ask alla “profondità” del merca-to in questione) ed è intesa come la facilità di trovare uncompratore senza subire perdite di valore. In caso di stru-menti illiquidi, il premio richiesto dagli investitori, e dunqueindirettamente alle aziende che chiedono credito, può esserecosì alto da scoraggiare ogni forma di intermediazione.Un buon sistema di intermediazione creditizia basata sulmercato dovrebbe dunque rispondere perlomeno a tuttequeste esigenze.

Intermediazione creditizia basata sul mercato: il casodei minibondI minibond, istituiti con decreto legge 83/2012 dal governoMonti, sono sostanzialmente corporate bonds, emessi ingenere da una singola PMI, con un orizzonte temporalenon inferiore ai trentasei mesi. Nel periodo che va danovembre 2012 a dicembre 2013, in Italia si sono registra-te circa venti operazioni per un totale di quasi €6 miliardi16.Se i mini-bond sono un primo interessante tentativo di faraccedere direttamente le PMI ai mercati finanziari, alcuniloro limiti appaiono tuttavia evidenti.Per come sono stati strutturati finora, i minibond non sonoappetibili alla maggior parte degli investitori nel mercatofinanziario internazionale: mancano infatti dei requisiti distandardizzazione ma soprattutto non sono emessi in volu-me sufficiente ad interessare il mercato internazionale esono sostanzialmente illiquidi17, essendo privi di un attivo

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16 Quasi tutti gli emittenti sono società di medio/grande dimensione in Italia.Nei primi tre mesi del 2014 sono avvenute altre cinque emissioni per unimporto medio di €16 milioni da parte di piccole e medie imprese. (Bancad’Italia, Maggio 2014). 17 Gli strumenti preferiti per acquistare minibond risultano essere Fondi ChiusiSpecializzati, quindi investitori di medio-lungo periodo.

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mercato secondario (che si sviluppa solo in presenza di unflusso significativo e sistematico di emissioni). Al contrario, il sistema delle cartolarizzazioni può essereorganizzato in modo da alimentare un mercato secondarioed essere quindi abbastanza liquido per gli investitori.Inoltre, se le banche usassero la tecnica della cartolarizza-zione, il loro fabbisogno di capitale si ridurrebbe significa-tivamente, in quanto la nuova normativa vigente prevedeuna retention del solo 5% dell’importo cartolarizzato.Tornando ai dati della prima parte18, a fronte dei nuovi €4trilioni di finanziamento alle imprese e ipotizzando di uti-lizzare esclusivamente la tecnica della cartolarizzazione, ilfabbisogno di capitale delle banche potrebbe essere nongià di €330 miliardi ma (con retention del 10%) di soli €40miliardi, con un bel vantaggio in termini di reperibilità.

Intermediazione creditizia basata sul mercato: il casodelle cartolarizzazioniIl sistema delle cartolarizzazioni nella sua forma più sem-plice19 prevede un originatore di crediti (tipicamente labanca) e un veicolo speciale (Special Purpose Vehicle,SPV) cui è trasferita la proprietà dei crediti stessi. Perfinanziarsi il veicolo speciale emette a sua volta titoli didebito garantiti dai suoi attivi creditizi (Asset-BackedSecurities, ABS), che vende a investitori con vari livelli dipropensione al rischio. Diversi processi ancillari accompa-gnano la cartolarizzazione dei crediti: dal continuo moni-toraggio della qualità degli asset stessi e dei relativi cashflow (servicing) ai contratti di swap necessari a convertirei flussi di cassa degli underlying asset nei flussi di cassarichiesti dagli investitori.Prima ancora di esaminare se la cartolarizzazione può rap-presentare un buon sistema di credito basato sul mercato, èopportuno analizzare il ruolo delle cartolarizzazioni nella

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18 Cfr. sez. 1 “Il Funding Gap”.19 Cash securitisation.

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crisi finanziaria globale del 2008.Innanzitutto, occorre ricordare che nessun artificio di inge-gneria finanziaria può produrre titoli di elevata qualità se lagaranzia sottostante (es. i crediti) non soddisfa alcunirequisiti minimi. Ad esempio, durante il periodo che va daluglio 2007 al terzo trimestre 2013, il tasso di default delleprudenti cartolarizzazioni europee basate su prodotti dicredito ai consumatori (mutui, carte di credito, finanzia-menti vari) è stato del 0,05%20. Al contrario, il tasso didefault dell’equivalente statunitense, che comprende carto-larizzazioni basate sui mutui subprime, è stato del 18,4%21.In secondo luogo, la crisi è stata, almeno nella sua primafase, una crisi di liquidità, a sua volta causata da un siste-ma finanziario fuori controllo che, oltre a un uso sproposi-tato della leva finanziaria, impiegava anche tecniche di tra-sformazione della scadenza portate all’estremo, attraversole quali portafogli di titoli a lungo termine erano finanzia-ti da titoli a brevissima scadenza (in alcuni casi su mercatiovernight)22. Con la nuova regolazione proposta, il proces-so di cartolarizzazione tenderebbe ad allinearsi verso unorizzonte “self-liquidating”, ossia gli interessi e il montan-te dell’asset corrisponderebbero grossomodo a interessi emontante dell’ABS23.Infine, un’ulteriore causa della crisi è stato il cambiamen-to di modello di business delle banche: da un modello ori-ginate-to-hold (OTH) a un modello originate-to-distribute(OTD), causando un disallineamento di incentivi fra l’ori-ginatore dei crediti e l’investitore finale sottoscrittore delleobbligazioni garantite dai crediti stessi. Mentre nell’OTHla banca (originatore) conserva interessi economici nel cre-dito che elargisce (e che rimane nel proprio bilancio) ed è

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20 Migliore quindi di quello medio sui prestiti.21 (Bank of England; European Central Bank, May 2014).22 Ad esempio il caso dei SIV (Structured Investment Vehicle, SIV) che sifinanziavano vendendo titoli a brevissimo termine (es. Asset-BackedCommercial Paper, ABCP) e acquistavano titoli a lungo termine (es. RMBS).23 (Bank of England; European Central Bank, May 2014).

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dunque incentivata a condurre un’approfondita e continuaanalisi di rischio del credito, nell’OTD l’originatore, nelgiro di pochi mesi, trasferisce interamente il rischio all’in-vestitore finale, che non è in grado di valutare adeguata-mente un prodotto tendenzialmente opaco. Per ovviare aquesto problema, la nuova legislazione introduce il cosid-detto skin-in-the-game: l’originatore mantiene obbligato-riamente nel proprio bilancio il 5% dei crediti dell’ABSceduto (retention), re-introducendo così un incentivo acondurre un’analisi del rischio prudente e a proseguirenella funzione di monitoraggio.Se la “buona” cartolarizzazione è dunque possibile, rima-ne però aperto il quesito se un sistema di intermediazionecreditizia basato sulla cartolarizzazione può ancora funzio-nare. A questo proposito, il recente documento della Bankof England e della Banca Centrale Europea24 mette in evi-denza tutti gli elementi che una “qualifying securitisation”dovrebbe osservare per poter essere appetibile agli investi-tori, conveniente alle banche e certamente utile all’econo-mia reale. Inoltre, a mio giudizio, rompe meritoriamente itabù rappresentati dalle espressioni di “finanza struttura-ta”, “shadow banking” e “economia di carta” di cui lastampa si è nutrita negli ultimi anni.Sotto il profilo del capitale, all’interno del nuovo quadroregolamentare (all’interno del quale andrebbe a configu-rarsi la “qualifying securitisation”), è evidenziato che labanca, cartolarizzando i crediti, ne trasferisce definitiva-mente la proprietà all’SPV, liberando temporaneamentecapitale da allocare a nuove attività creditizie\produttive.Sotto il profilo della trasparenza e standardizzazione, inuovi regolamenti introdurranno rilevanti migliorie rispet-to al passato, in sintesi: gli originatori dovrebbero soddi-sfare standard minimi di analisi del rischio di credito; cor-redare il prospetto degli ABS con informazioni granularisui crediti sottostanti all’ABS; ricevere un rating da agen-

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24 (Bank of England; European Central Bank, May 2014).

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zie di rating accreditate; essere qualificati per continuare asvolgere il servicing…Gli investitori, a differenza del mercato dei minibond,potranno potenzialmente trovare un mercato in cui sonoscambiati prodotti strutturati (ma da cui si può facilmenterisalire alla storia del credito sottostante), standardizzati econ rating di agenzie accreditate. Per un investitore ope-rante in mercati finanziari globali, la standardizzazione e latrasparenza rappresentano sicuramente due requisiti fonda-mentali25. Infatti, invece di ricostruire internamente (a costiprobabilmente proibitivi) l’equivalente dell’ufficio creditidi una banca per analizzare (e monitorare nel continuo) larischiosità delle ABS26, l’investitore può affidarsi diretta-mente alle banche che mantengono il ruolo di servicing eche hanno già sia l’esperienza sia la necessaria infrastrut-tura dislocata sul territorio. È evidente come questo pro-cesso comporti economie di scala vantaggiose a entrambele controparti (banche e investitori).In più, proprio a causa del procedimento di cartolarizzazio-ne che crea gli ABS (l’aggregazione di asset differenti),l’ABS sfrutta naturalmente i benefici della diversificazionedei rischi e si presta facilmente al tranching, per cui il por-tafoglio di ABS viene “tagliato” per classi di rischio di cre-dito (attraverso classi di privilegio in caso di default)27, didurata (raggruppando i flussi di cassa per periodi di scaden-ze diversificate) o di valuta. Infine, attraverso una combina-zione di tranching e structuring (e cioè la trasformazione deiflussi di cassa del portafoglio per classi di rischio e durata)si possono creare titoli completamente nuovi28 e adatti alladiversa propensione per il rischio degli investitori.

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25 Cfr. sez. 2.26 Il quale deriva magari da crediti elargiti a PMI geograficamente distanti dal-l’investitore, causando un’ovvia difficoltà a reperire dati sulle aziende in que-stione.27 per cui le perdite vengono prima coperte dalla classe più junior e poi via viaallocate alla classe superiore in caso le perdite superino la capacità di assorbi-mento della precedente.28 Titoli sintetici.

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Nonostante le potenzialità della cartolarizzazione ben evi-denziate dal paper congiunto di BCE e BoE, alcuni ostaco-li impediscono tuttora la (ri-)nascita di un mercato europeodelle cartolarizzazioni. Sotto il profilo normativo, i risk-weights di Basilea III per le cartolarizzazioni sono staticoncepiti durante la fase più acuta della crisi e risultanodunque eccessivamente punitivi per cartolarizzazioni dicrediti di buona qualità. La nuova regolamentazione pro-posta è però troppo orientata verso un’eccessiva semplifi-cazione del meccanismo della cartolarizzazione, scorag-giando la ri-cartolarizzazione e diminuendo quindi signifi-cativamente la possibilità di fare structuring (e dunque diaccedere a una più ampia platea di investitori). Tuttavia, a mio giudizio, il percorso delineato per le “qua-lifying securitisation” non prende in considerazione a suf-ficienza l’ostacolo principale allo sviluppo di un mercatodi questi strumenti: la liquidità. Infatti, come per i mini-bond, le emissioni di ABS di un solo originatore sonocaratterizzate da operazioni singole che non raggiungonouna dimensione rilevante e non garantiscono un flusso suf-ficiente di dimensione e continuità. Il problema chiave èquindi la liquidità dei titoli, causata dall’assenza di un mer-cato secondario per gli ABS, che, sotto il profilo della natu-ra dello strumento, rientrano nella categoria delle debt-securities o non-equity securities.

Una proposta sul fronte della liquidità: “qualifyingCDO”I principali documenti sulle cartolarizzazioni sono, a miogiudizio, tre: quello dello IOSCO (2010) sulla trasparenza(dei prodotti cartolarizzati); quello del segretariato PCS(marzo 2013) che dà grande evidenza alla securitisationcome soluzione al Funding Gap; e quello, sicuramente conpotenziale di maggiore impatto, di BCE e BoE (maggio2014), che esamina quasi tutti i problemi della securitisatione ne evidenzia soluzioni anche di tipo regolamentare. Tuttavia, nessuno di questi documenti analizza a fondo la

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questione della liquidità dei mercati dei titoli di debito e dun-que anche dei mercati dei titoli cartolarizzati (ABS e CDO),che sono a ogni effetto “non-equity” o “debt securities”. In anni passati, in Italia il tema è stato approfondito primain occasione della costruzione del MTS e poi in seguitoalle discussioni promosse dalla Consob per la predisposi-zione della MiFID I, del TUF29 e più di recente dellaMiFID II, sotto la denominazione di “trasparenza dei mer-cati secondari non-equity”, tuttora oggetto di lavoro neigruppi IOSCO e nella consultazione EBA.Il dibattito verte sulla microstruttura del mercato seconda-rio dei titoli di debito e in particolare se la trasparenza delmercato (in termini di fase pre-trade e post-trade) sia, difatto, in contrasto con la sua liquidità. L’argomento poggiasulla natura di questo mercato secondario, caratterizzatodalla presenza di grandi intermediari in proprio (dealer), iquali reclamano che la trasparenza pre-trade (competitivefirm offers) e post-trade (immediata disclosure) mette inluce la loro strategia individuale e quindi incentiva i con-correnti ad adottare contro di loro comportamenti compe-titivi che consentono di dedurre dalla trade transparency laloro posizione finanziaria e di sfruttarla aggressivamente. Quest’antico problema ha avuto un momento di grandenotorietà in occasione del celebre caso di una grandissimabanca che è entrata in conflitto con il MTS e altri mercatiorganizzati di titoli di stato. Il tema rimane tendenzialmen-te più rilevante in Italia (in cui è sviluppato un fortissimomercato di titoli di stato e di corporate bond bancari aper-to al retail), che non in Europa, in cui la presenza di ope-ratori all’ingrosso rende meno necessaria la tutela dei pic-coli investitori. Resta il fatto che questi ultimi 20-25 anni (dalla creazionedi MTS e dei mercati telematici) hanno mostrato come ilmercato secondario del debito, essendo un mercato di dea-ler, ha, in termini di liquidità degli strumenti, esigenze di

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29 Testo Unico della Finanza.

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funzionamento particolari. Nello specifico, è utile disporre di un gruppo di primarydealers disposti ad acquistare grandi quantità di titoliobbligazionari per poi rivenderli ai grandi investitori isti-tuzionali, che sono interessati a una varianza del return(interessi e capital gain) minore di titoli azionari e dipen-dente in grandissima parte dalle attese delle variazioni deitassi di interesse e dei cambi (cioè da variabili poco dipen-denti dall’emittente dei titoli) e molto meno da variazionidel rischio di credito del singolo titolo30.Solo se gli scambi correnti sul mercato sono di ammonta-re sistematicamente consistente, il gestore del portafogliosi assumerà il rischio di prendere una posizione che primao poi dovrà liquidare per aggiornare il suo portafoglio allemutate condizioni del mercato. La quantità e la continuità delle emissioni sono quindi ele-menti essenziali e la prova migliore è stata la politica diemissione del debito pubblico italiano all’inizio degli anni’90, caratterizzata da una riduzione e standardizzazione delnumero di emissioni (per ridurre la frammentazione tipo-logica) e da una programmazione e continuità delle emis-sioni (per dar modo al mercato di conoscere in anticipo iflussi su cui contare)31.In sintesi, un titolo di debito sviluppa un buon mercatosecondario se la sua offerta sul mercato primario è stan-dardizzata e di volume consistente e continuo, dunque pre-vedibile e affidabile per gli investitori finali e per quegliinvestitori di breve periodo che sono gli intermediari (dea-lers o market makers). Di conseguenza, la securitisation dei crediti potrebbediventare una valida soluzione solo se si riuscisse a orga-

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30 Si pensi, ad esempio, al gestore di un portafoglio obbligazionario che deveottimizzare il ritorno tenendo conto del rischio paese, del rischio emittente, delrischio valuta e infine della cedola. Tipicamente, gli asset obbligazionari sonoripartiti per classi di durata (vita media), di rating (rischio di credito), di valu-ta e infine di tasso.31 Il Tesoro italiano ha imparato a gestire queste variabili con una professiona-lità internazionalmente riconosciuta.

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nizzare un’emissione di flusso consistente e continuo, ecioè il contrario della situazione attuale dei minibond edelle cartolarizzazioni fatte. A questo proposito, la mia proposta è dunque di cercare disviluppare un mercato secondario sufficientemente liquidoricorrendo a una tecnica tipica dello Structured Finance ecioè la ri-cartolarizzazione per arrivare ad emissioni con-solidate. Per fare ciò serve un grande Aggregatore, checompri nel mercato primario ABS e minibond e si finanzicon operazioni di ri-cartolarizzazione, attraverso cui gliABS sono a loro volta ricompattati in titoli di debito (ABSdi “secondo livello” o Collateralized Debt Obligation,CDO) da vendere sul mercato europeo e internazionale ingrande quantità e continuità. Dovendo questi CDO esserebasati su un pool accuratamente diversificato ma traspa-rente di ABS (a loro volta basati su un pool diversificato dicrediti di buona qualità), questi nuovi CDO sarebbero radi-calmente diversi dai CDO pre-crisi che in maniera opacacombinavano crediti buoni con crediti pessimi32 e meritanoun nome diverso. Idealmente, almeno in una prima fase, l’Aggregatoredovrebbe essere un unico soggetto che emette titoli didebito (CDO) di varia durata e di diverse caratteristiche,garantiti dai crediti nei confronti del complesso delleimprese locali (es. imprese italiane) a imitazione (e conmetodi analoghi) del Tesoro che emette titoli del debitogarantiti dalla generalità del paese. Inoltre, tramite tran-ching e structuring il rischio potrebbe essere gestito peressere concentrato in titoli junior che dovrebbero essereacquistati o da consorzi delle banche coinvolte (eventual-mente con agevolazioni fiscali come quelle usate per lebad banks) o da soggetti pubblici nell’interesse del paese

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32 Alcuni errori comuni nel creare e prezzare i CDO pre-crisi erano causati daimprecisioni nelle stime dei parametri del modello di riferimento, sostituzionedi rischio sistemico con rischio idiosincratico (diversificabile) e errata assun-zione di bassa correlazione fra asset diversi (es. i mutui subprime). Nel nostrocaso, un emittente centralizzato e regolato dovrebbe evitare questi errori.

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come avviene in Germania (KWF), Francia (Caisse desdépôts et consignations) e USA (Fannie Mae).

ConclusioniE’ necessario accettare che nel mercato finanziario moder-no la pura e tradizionale intermediazione bancaria non èpiù sufficiente, poiché il risparmio mondiale si concentrasempre più in grandi investitori internazionali che operanocon le logiche dei mercati, su cui si negoziano titoli la cuiliquidità è data dall’esistenza di mercati secondari efficien-ti e la cui “qualità” è certificata dalle grandi agenzie dirating e di revisione di bilanci. Lo sviluppo finanziario negli ultimi venti anni ha dimo-strato la potenza dell’intermediazione svolta sul mercatointernazionale dei capitali e, subito dopo, la rischiosità dinon controllarla adeguatamente. La difficoltà del controlloè analoga a quella collegata allo sfruttamento delle energienaturali e alla necessità di riuscire a dominarle, non poten-do rinunciarvi solo a causa della difficoltà di controllarlefino a dar loro una forma adatta ai nostri usi. Negli USA siè ammesso francamente che il fenomeno dello shadowbanking (tranching e structuring multilevel e intermediarinon regolati) era sfuggito al sistema di regolamentazione esi sta cercando di rimediare ma non di evitarlo.Non bisogna dimenticare, infatti, che durante la crisinumerosi ABS hanno fatto default, ma tanti invece hannoperformato bene. Dobbiamo convincerci, con atteggiamen-to umile e scientifico, che dobbiamo studiare33 e essere pru-denti nel procedere, ma che non possiamo più affidarciesclusivamente al nobile modello “depositi delle fami-glie\impieghi alle imprese” per finanziare lo sviluppodell’EU (e quindi anche del nostro paese) lasciando così inombra la parte potenzialmente più importante del mercatofinanziario.

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33 La quantità d’investimenti in questo tipo di ricerca economico-finanziaria èprobabilmente solo una piccola frazione degli investimenti in ricerca scientifi-ca (fisica, chimica, farmaceutica, ecc.).

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BibliografiaBanca d’Italia. (Maggio 2014). Relazione Annuale anno2013.Bank of England; European Central Bank. (May 2014).The case for a better functioning securitisation market inthe European Union.Deloitte. (2012). Capital gain, asset loss.European Banking Authority, EBA. (September 2012).Results of the Basel III monitoring exercise based on dataas of 31 December 2011.Federal Reserve Bank of New York. (2010). ShadowBanking.IMF. (October 2012). Global Financial Stability Report.IOSCO. (2010). Transparency of Structured FinanceProducts.PCS Secretariat. (March 2013). Europe in transition.Zadra, G. (Dicembre 2012). Lo Shadow Banking System:un potenziale nuovo canale di finanziamento da regolare.Bancaria.

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Crediti deteriorati, contesto macroeconomico e impli-cazioni per il settore bancario

1. La crisi del credito in ItaliaLa problematica delle sofferenze bancarie in Italia va inqua-drata nell’ambito della grande crisi del 2007-2013, e in parti-colare nella seconda fase dal 2010 in poi. La crisi finanziariainternazionale del 2007-2009 non aveva colpito direttamentele banche italiane, come era avvenuto per le grandi bancheamericane ed europee, a seguito del modello «tradizionale» dibanca e dell’attenta vigilanza di Banca d’Italia. A partire dal2010, la recessione reale in Europa dipende anche dall’ecces-siva rigidità e simultaneità delle restrizioni fiscali e dalla pro-spettiva di avvio degli standard di capitale connessi a BasileaIII (le fallacie di composizione sono illustrate nella Fig.1).

Fig.1 – The European policy paradox from correct pre-mises to wrong conclusions (2010-2012)

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Prof. Rainer MASERAPreside della Facoltà di Economia Università G. Marconi Roma

Fonte: Masera (2012a)

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Per quanto riguarda la politica fiscale, il Fiscal Compact(2012) risulta rigido, «ottuso» e in ultima analisi contro-producente, come mostra la dinamica del rapporto debitopubblico/PIL durante i governi Monti e Letta. Le previsio-ni di rapido rientro formulate ufficialmente non sono state(e non potevano essere) rispettate (Masera, 2012b). Il pro-blema del rapporto debito/prodotto in Italia è oggi piùgrave di quello ereditato nel novembre 2011 (Figg. 2 e 3).L’equazione chiave che identifica la condizione di stabili-tà debito/prodotto è, infatti, la seguente:

dove PB = avanzo primario, Y = prodotto; D = debito; g =tasso di crescita del prodotto nominale; i = tasso nominaledi interesse sul debito (Masera, 2012b). L’equazionemostra che l’elemento fondamentale per la sostenibilità delrapporto è rappresentato dalla differenza fra il tasso di inte-resse e il tasso di crescita.

Fig. 2 – Rapporto debito/PIL: Eurozona e Italia (% delPIL; 2007-2014)

Fonte: Elaborazione su dati IMF, General government gross debt, 2014

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Fig. 3 - Rapporto debito/PIL: differenza tra Italia edEurozona (% del PIL; 2007-2014)

Fonte: Elaborazione su dati IMF, General government gross debt, 2014

Importanti correzioni sono intervenute nel 2013 e nei primisei mesi del 2014:

• Basilea III/CRD IV sono state posposte di un anno perridurne la prociclità;

•i vincoli di liquidità sono stati rivisti in modo significa-tivo e rinviati al 2015;

•le interpretazioni estremamente rigide del FiscalCompact sono in corso di revisione nell’Unione euro-pea, per ridurre le pressioni recessive, su impulso delGoverno Renzi. Resta, peraltro, il problema di unimpianto che non favorisce il riavvio della crescita inEuropa;

•l’EFSF è stato trasformato nell’ESM, che può fornirestop gap finance anche alle banche in difficoltà;

•è stata presa la decisione di creare la Banking Union el’SSM e – come sappiamo – si sta passando alacremen-te alla fase di realizzazione, in un contesto olistico(Figg. 9 e 10);

•la BCE ha continuato a perseguire politiche monetarie edi sostegno dei titoli pubblici accomodanti, con unpunto di svolta connesso alle decisioni del 5 giugno2014.

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2. Politiche economiche e crescita in EuropaLa pressante sfida di riportare l’Europa su un sentiero dicrescita (smart, sustainable and inclusive), di creare nuoviposti di lavoro soprattutto per i giovani e di aumentare laproduttività e la competitività nella economia globalerichiede di sciogliere i nodi connessi alla ripresa degliinvestimenti e della capacità di finanziarli. Ricreare le con-dizioni per tornare a un tasso soddisfacente di crescita eco-nomica di medio termine richiede idonee politiche finan-ziarie e creditizie, un vero risanamento fiscale sostenibile eriforme economiche strutturali.Sono questi problemi dell’Eurozona, purtroppo ingigantitiper l’Italia. Da venti anni l’Italia cresce meno dei partnerdell’Unione monetaria, con divari che devono essere asso-lutamente riassorbiti, per non ricreare in Europa il duali-smo strutturale tra il Mezzogiorno e il resto d’Italia (Figg.4-5). Osservo che il problema del divario preesiste rispettoall’Unione monetaria.

Fig. 4 – Crescita del PIL reale nell’Eurozona e in Italia(1993-2013)

Fonte: Elaborazione su dati IMF (2014)

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Fig. 5 – Crescita del PIL reale: differenza tra Eurozonae Italia (1993-2013)

Fonte: Elaborazione su dati IMF (2014)

L’Euro è stato salvato dalla BCE e dal Presidente Draghi,superando anche potenziali difficoltà istituzionali. Il puntodi svolta è rappresentato dal famoso discorso di Londra diluglio del 2012:

«Within our mandate, the ECB is ready to do whatever ittakes to preserve the euro. And believe me, it will beenough. [...] To the extent that the size of the sovereignpremia (borrowing costs) hamper the functioning of themonetary policy transmission channels, they come withinour mandate».

Ma, dopo il salvataggio dell’Euro la BCE non è riuscita ainnescare un processo di crescita della moneta e del credi-to a sostegno dell’economia (Fig. 6). Si manifesta oggi ilpericolo di deflazione, in particolare nei Paesi perifericidell’Eurozona.

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Fig. 6 – EU Private Sector Loan Growth

Fonte: European Commission

Un confronto con gli Stati Uniti (e con il Giappone) mostrache la Fed ha continuato a espandere la base monetaria nel2013-2014, contrariamente a quanto è avvenuto per laBCE (Fig. 7). Questi andamenti contribuiscono a spiegarela tendenza all’apprezzamento dell’Euro.

Fig. 7 – Attività totali delle banche centrali: ECB, Fede BoJ (US$ trillion)

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Il credito bancario è ripreso nel 2014 negli USA, contra-riamente a quanto è avvenuto in Europa, come abbiamovisto nei grafici precedenti (Fig. 8). Questo è anche avve-nuto grazie al successo dei TARP Programs a favore dellebanche (Box 1). A rendiconto, a fine 2013, gli interventieffettuati pari a $250 miliardi a favore di tutte le banche,sulla base di un principio di investimento e non di fondoperduto, si sono chiusi con un guadagno netto del Tesoro(e del contribuente) dell’ordine del 10%. Negli Stati Unitilo schema TARP (Troubled Asset Relief Program) è stato,inoltre, accompagnato da securitizzazioni molto rilevantidi crediti bancari con le Government SponsoredEnterprises (GSEs). Sottolineo che le securitizzazioni sonoavvenute sia per crediti in bonis, sia per crediti deteriorati:è un punto che riprenderò nel seguito.

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Fig. 8 – Commercial and industrial loans: all commer-cial banks

Box 1 – Banks Investment Programs

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3. I crediti deteriorati della banche italiane in una pro-spettiva europeaL’adozione di CRR/CRD IV e la prospettiva della necessa-ria creazione dell’Unione Bancaria e del MeccanismoUnico di Sorveglianza, affidato alla BCE, implicano unafase di severo accertamento dell’adeguatezza patrimonialee dell’effettiva qualità del credito delle banche. Il nuovoassetto e, in particolare, le nuove regole di capitale e dicontabilità sono illustrate nella Fig. 9.

Fig. 9 – CRR/CRD IV, Banking Union, Ricovery andResolution, EU accounting rules: the overall framework

Occorre sottolineare (Fig. 10) l’approccio olistico con quat-tro pilastri: le regole di capitale, la supervisione micro-pru-denziale, la sorveglianza macro-prudenziale, i meccanismidi risanamento e risoluzione (ancora in corso di definizio-ne). Dalla interazione di questi elementi dipende il succes-so dell’Unione bancaria: occorre, in particolare, assicurarel’opportuno equilibrio tra valutazioni macro e micropru-denziali nella fase delicata di riavvio della crescita.

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Fig. 10 – CRR/ CRD IV, Banking Union, Micro andmacro-prudential supervision

4. Prestiti performanti e prestiti deteriorati: le nuoveregole contabili e di capitaleLa sorveglianza unica richiede naturalmente una omoge-nea valutazione dei crediti in bonis, di quelli deteriorati edei relativi accantonamenti in un raffronto sia tra i Paesidell’Eurozona, sia – per quanto possibile – intertemporale.Le definizioni di credito deteriorato in ambito EU sonoeterogenee. Inoltre, il rapporto fra credito erogato e valoredelle garanzie (LTV ratio) è significativamente diverso. Inparticolare, molte grandi banche europee escludono dalcredito deteriorato le posizioni interamente garantite. Ènoto che in Italia le banche richiedono elevate garanzie, inparticolare reali (Banca d’Italia, 2012). Inoltre, si modificano le regole contabili a livello europeo.Potremmo definire il cambiamento richiesto un doppiosalto mortale (con l’auspicio che non ci sia né avvitamen-to, né tantomeno evento mortale!). Le nuove regole conta-bili passano da un approccio di incurred loss (perdita regi-

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strata) a un concetto di perdita attesa, peraltro più coerenticon i modelli expected/unexpected loss tipici degli stan-dard di Basilea.Sotto questo profilo, occorre sottolineare come l’EBAabbia predisposto un dettagliato rapporto volto a definirealcune delle problematiche sopraindicate, in vista dell’av-vio dell’Asset Quality Review (AQR ) da parte della BCEe delle autorità di vigilanza nazionali.

5. Crediti bancari e qualità del credito in Italia I prestiti bancari complessivi, e segnatamente alle imprese,in Italia hanno avuto una forte flessione a partire dal 2011.I prestiti alle imprese a fine 2013 mostrano una riduzionedell’ordine dell’11% (100 miliardi di euro) dal picco rag-giunto nel settembre 2011: hanno sofferto, in particolare lePMI e le imprese nel Mezzogiorno. Il calo è connesso inmisura significativa a credit crunch (offerta vincolata) percarenze di capitale e vincoli di raccolta, nonché per preoc-cupazioni sul rischio di credito da parte delle banche.Peraltro, molte medie e grandi imprese inserite nel merca-to globale non hanno chiesto nuovi fidi, perché non inte-ressate ad aumentare la capacità produttiva, contribuendoal calo degli investimenti registrato naturalmente anchedalle imprese più deboli (Fig. 11).

Fig.11 – Credito bancario in diminuzione

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A) Credit crunch B) Minor domanda di credito delle imprese

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È fondamentale ricuperare solidità e fiducia nei bilancibancari per riavviare il processo di creazione creditizia.Qualità del credito e capacità delle banche di sostenere inuovi flussi (capitale patrimoniale e capitale umano) sonoevidentemente processi interattivi. Occorre, in particolare,ritrovare condizioni di redditività bancaria sostenibile(ROA – WACC), per consentire una sana crescita deimezzi patrimoniali in condizioni di redditività soddisfa-cente sul capitale.L’evoluzione e le prospettive del credito bancario perfor-ming e non-performing in Italia sono illustrate nelleseguenti figure e tabelle. In particolare, la Fig. 12 pone inevidenza che il tasso di crescita dei prestiti erogati dallebanche è diminuito a partire dal 2008, portandosi su valo-ri negativi dal 2012. La contrazione dei prestiti ha caratte-rizzato, sia pure in misura diversa, tutti i gruppi dimensio-nali di banca.

Fig. 12 – Prestiti bancari per gruppo dimensionale dibanca (dati mensili; variazioni percentuali sui 12 mesi)

Fonte: Banca d’Italia (2014)

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La Fig. 13 mostra che, sempre dal 2008, il rapporto franuove sofferenze e prestiti si è dilatato con un forte dete-rioramento della qualità del credito complessivo. Taledeterioramento ha comunque rallentato a partire dallaseconda metà del 2013. I prestiti alle imprese hanno subi-to il più ampio peggioramento.

Fig. 13 – Nuove sofferenze in rapporto ai prestiti (datitrimestrali destagionalizzati e annualizzati; valori percen-tuali)

Fonte: Banca d’Italia (2014)

Anche a seguito dell’azione prudenziale della Bancad’Italia, le banche italiane hanno significativamenteaumentato, a partire dal 2013, il tasso di copertura dei cre-diti deteriorati (dal 39 al 41,7%) (Tab. 1 e Box 2). Per lesofferenze, il tasso di copertura è salito dal 55,1 al 57,1%.

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Tab. 1 – Qualità del credito delle banche e dei gruppibancari italiani (dati di fine periodo in milioni di euro evalori percentuali)

Fonte: Banca d’Italia (2014)

Box 2 – Classificazione dei crediti deteriorati secondola regolamentazione italiana

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Fonte: Banca d’Italia (2013)

(pm: crediti deteriorati = non-performing loans; sofferenze = bad debts; incagli = substandard;

ristrutturato = restructured; credito scaduto = past-due)

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La rilevanza non solo micro, ma anche macro economica,degli accantonamenti e delle rettifiche operate dalle ban-che italiane nel biennio 2012-2013 si evince dalla Tab. 2:gli accantonamenti e le rettifiche per deterioramenti di cre-diti e per svalutazione degli avviamenti hanno raggiunto95 miliardi di euro!

Tab. 2 – Conto economico delle banche e dei gruppibancari italiani (milioni di euro e variazioni percentuali)

Fonte: Banca d’Italia (2014)

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Nel 2013, come mostra la Fig. 14, ha inciso significativa-mente la revisione degli avviamenti in bilancio.

Fig. 14 – Variazione dell’utile tra il 2012 e il 2013: con-tributo delle principali voci di conto economico (milio-ni di euro)

Fonte: Banca d’Italia (2014)

Gli ultimi dati sulle sofferenze lorde mostrano (Fig. 15),nel periodo più recente, un ulteriore peggioramento, anchese con una dinamica in decelerazione. Ad aprile 2014 essehanno raggiunto quasi 166,5 miliardi (33,2 miliardi in piùrispetto ad un anno prima pari a +24,9% su base annua;percentuale in diminuzione rispetto al +27,2% di inizioanno), le sofferenze nette a quota 76,7 miliardi (+15,5% lavariazione annua, in decelerazione rispetto al +32,4% diaprile 2013). In rapporto al totale impieghi, le sofferenzelorde risultano pari al 8,8%, in crescita dal 6,8% di un annoprima. Rispetto al periodo pre-crisi, marcato è stato il peg-gioramento per le imprese più piccole: da dicembre 2007ad aprile 2014 il rapporto in questione è più che triplicatonel complesso del settore privato (da 3,3% a 10,2%); piùche raddoppiato per le famiglie produttrici (dal 7,1% al14,9%) e quasi quadruplicato per le imprese non finanzia-rie (dal 3,6% al 14,2%) (ABI, 2014).

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Fig. 15 – Rapporto tra sofferenze lorde/prestiti bancari

Fonte: ABI (2014)

6. Considerazioni conclusive e proposte operativeNella prima fase della recessione, a frenare l’offerta di cre-dito erano le risorse da destinare al provisioning del flussodi nuovi NPL (in quella fase è diventato molto ampio ildivario tra i rendimenti di titoli e quelli dei prestiti, se valu-tati al netto del rischio, come si vede nel riquadro dedicatoagli investimenti in Titoli di Stato nel citato Rapporto sullastabilità finanziaria di Banca d’Italia). In questa fase, cisono segnali di attenuazione dei flussi di nuovi NPL ed èprobabile che il freno provenga invece soprattutto dallostock di crediti immobilizzati.

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Sono state proposte tre principali ipotesi di soluzione siste-mica alla questione dello stock dei crediti immobilizzati:

• il Fondo Bad Bank, sul modello spagnolo, superato daifatti e comunque inadatto1. Come indica la tavola alle-gata, lo schema spagnolo può peraltro essere profonda-mente innovato nelle attuali diverse condizioni in Italia(Fig. 16);

• la creazione di bad bank all’interno delle singole ban-che, come sta di fatto avvenendo per le principali ban-che italiane (Unicredit, Intesa SanPaolo, MPS);

• l’attivazione di forme di securitizzazione, articolate suuna famiglia di Fondi specializzati, con idonee forme diguida e sostegno pubblico.

Le ipotesi (ii) e (iii) possono, peraltro, essere rese almenoparzialmente complementari. Un’operazione condotta suattivi bancari in Italia potrebbe sfruttare alcuni vantaggi epeculiarità rispetto al caso spagnolo. Tale diversità potràriflettersi favorevolmente sul prezzo degli attivi ceduti.

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1 Il modello Bad Bank italiana è stato proposto nel marzo 2013 da MediobancaSecurities. Nello studio si auspicava la creazione di un fondo dotato di circa 20miliardi di euro, a copertura dei crediti non-performing. Il Fondo sarebbe statoin larga misura finanziato dall’ESM. La proposta non ha trovato riscontro né daparte delle banche e dell’ABI, né da parte delle autorità monetarie, preoccupatein particolare dagli effetti immagine negativi che avrebbero accomunato le dif-ficoltà delle banche italiane alla vera crisi di quelle spagnole. È da sottolinearesoprattutto che il finanziamento ESM avrebbe incontrato enormi difficoltà sottoil profilo contabile e di finanza pubblica. Queste remore della Commissioneeuropea sono discutibili, ma occorre tener conto del fatto che le autorità tedeschesono irremovibili sul fatto che l’Unione Bancaria non può essere la back doorper far passare il concetto di mutualizzazione dei debiti pubblici.

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Fig. 16 - Italia vs Spagna - un contesto economico diver-so e più favorevole

Si manifestano oggi le condizioni per muovere verso unasignificativa attivazione degli schemi (ii) e (iii). In primoluogo, le banche hanno aumentato in modo rilevante lecoperture e possono affrontare la cessione senza eccessivepreoccupazioni per i bilanci. In secondo luogo, il “mood”molto migliorato degli investitori internazionali e la cadu-ta del rischio sovrano spingono le grandi banche di inve-stimento e i fondi specializzati (Loan Star, Cerberus,Fortress, Blackstone, Apollo, …) a investire in Italia, ridu-cendo il tasso di ritorno richiesto. Il bid-ask price gap sista, pertanto, contraendo e favorisce le operazioni sui pre-stiti deteriorati, sia secured sia unsecured, per tipologie easset class ben identificate (Fig. 17). Ulteriori fattori diriduzione del gap sono connessi alla implementazionedella AQR e degli stress test nel contesto della supervisio-ne unica (SSM), come precedentemente indicato.I processi delineati dovrebbero essere accompagnati daidonei modelli di cartolarizzazione, specializzati per assetclass, con possibile credit enhancement da parte di opera-tori pubblici.

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Fig.17 – La morfologia dei non-performing loans

In termini generali, l’esigenza di riattivare in Europa formeidonee, sicure e trasparenti di securitizzazione dei prestitibancari è stata riaffermata dalla BCE e dalla Bank ofEngland (Figg. 18 e 19). Lo stesso Presidente Draghi hafatto esplicito riferimento a questa problematica nella con-ferenza stampa del 5 giugno. L’infrastruttura di base si rife-risce ai crediti in bonis, ma può essere opportunamenteintegrata per i non-performing loans, con idonee cautele.

Fig. 18 - European ABS outstanding (EUR billion)

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Fonte: ECB e Bank of England su dati Association for Financial Markets in Europe (AFME) (end obser-vation: 2013 Q4).

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Fig. 19 - European ABS issuance (EUR billion)

L’intreccio perverso di securitizzazioni non opportuna-mente strutturate e di conflitti di interesse all’interno dellerating agencies ha contribuito all’esplosione dei bad loansnegli Stati Uniti e in Europa e alla crisi del 2007-2009. Lelezioni sono servite e oggi è possibile riesaminare la pro-blematica, evitando gli errori del passato (Klein, 2013).La securitizzazione dei crediti bancari libera capitale chepuò essere destinato a nuovi crediti. Il rapido avvio di unmercato ampio, efficiente, trasparente dei prestiti securitiz-zati in Europa ha rilievo fondamentale per alleviare glioneri della regolamentazione CRR/CRD IV, per favorire ilriavvio del processo creditizio, per contribuire alla cresci-ta dell’intermediazione finanziaria di mercato. Le condi-zioni per rivitalizzare il mercato richiedono il concorsodegli operatori (segnatamente banche e fondi specializza-ti), della BCE e della Bank of England, della BEI e dellebanche di sviluppo, della Commissione europea e dei rego-latori: il lavoro già svolto è significativo, sono state esplo-rate le ipotesi più promettenti. Lo stesso comitato diBasilea sta rivisitando le regole per consentire di utilizzareforme di securitizzazione trasparenti e opportunamente

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Fonte: ECB e Bank of England su dati Association for Financial Markets in Europe (AFME) (end obser-vation: 2013 Q4).

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garantite nelle «fette mezzanine e senior». Occorre orapassare alla fase realizzativa, creando un quadro organico.Il Financial Forum dell’Eurofi del 10 e 11 settembre 2014a Milano e il successivo Ecofin potrebbero rappresentare ilpunto di svolta per decisioni operative. In Italia occorre sottolineare l’importanza e le potenzialità2

del Decreto Destinazione Italia (D.L. 145/2013), converti-to in legge e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 20 febbraio2014. All’art. 12 viene modificata la Legge 130/1999 cheregolamenta in Italia le cartolarizzazioni; sono semplifica-ti i processi di strutturazione e di gestione dei portafoglicrediti cartolarizzati e introdotti incentivi per favorire lasottoscrizione di titoli derivanti dalla cartolarizzazione dicrediti alle PMI. Questi interventi favoriscono anche la dif-fusione dei cosiddetti mini-bond. Le potenzialità operativesarebbero al meglio realizzate con una sinergia tra pubbli-co e privato, creando un’apposita “cabina di regia”.Le infrastrutture di base per la securitizzazione dei prestitibancari sono comuni a prestiti in bonis e prestiti deteriora-ti. Questi ultimi richiedono naturalmente specifiche atten-zioni, cautele e regole. Nel seguito faccio specifico riferi-mento alla securitizzazione dei non-performing loans e uti-lizzo due immagini: una mela marcia rovina l’intero panie-re, ma una mela intaccata – se si taglia la fetta rovinata –può essere salvata. Si tratta, cioè, di intervenire in manieratrasparente e tempestiva per evitare che i danni crescanooltremisura. Un esempio illustrerà come si potrebbe inter-venire (Box 3 e Fig. 20).

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2 Si tratterebbe, in particolare, di valorizzare al meglio alcuni importanti provve-dimenti tributari recentemente adottati in Italia, quali: la tassazione delle perditesui crediti delle banche; il meccanismo Allowance for Corporate Equity (ACE),che riduce la penalizzazione per il finanziamento delle imprese tramite capitalerispetto al debito; la penalizzazione fiscale per l’emissione di titoli subordinati.Su questi punti cfr. De Vincenzo e Ricotti (2014).

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Box 3 - Descrizione sintetica di una ipotesi operativa

Gli originator cedono pro-soluto un selezionato portafo-glio di crediti ipotecari non performing alla SPV ad unvalore congruo, a seguito di apposita valutazione. L’SPVemette titoli ABS «pari passu», ossia con identica prio-rità di rimborso, per un controvalore pari al valore di ces-sione.I titoli sono sottoscritti da un Intermediario finanziarioper un controvalore pari al valore dei crediti ceduti chesi finanzia mediante emissione di titoli di debito senior ejunior e azioni. I titoli senior sono sottoscritti dagli origi-nator mediante cessione del credito verso il veicolo. Ititoli «junior» e le azioni sono emessi per costituire unariserva di liquidità in eccesso e sottoscritti per cassa daInvestitori professionali privati e pubblici (questi ultimi inquota minoritaria).L’intermediario finanziario utilizza i proventi dei flussisugli attivi ceduti e la liquidità in eccesso per effettuareinvestimenti in titoli di Stato e/o altri attivi. I profitti ineccesso al pagamento dei dividendi saranno ripartitialla scadenza dell’operazione in ragione di un 1/3 attri-buito agli investitori senior e 2/3 agli investitori junior chebeneficeranno di un IRR elevato.La durata delle operazioni può essere stimata nell’arco5-10 anni.

OPPORTUNITÀ:- Riconoscimento della derecognition contabile degliattivi ceduti.- Redistribuzione fra tutti i partecipanti al capitale del-l’intermediario finanziario degli eventuali oneri da man-cati recuperi dei crediti NPL rispetto al loro valore dicessione.- Flussi di rendimenti adeguati al profilo di investimento.

CRITICITÀ:- Determinazione di un congruo prezzo di cessione deicrediti non performing e della quota Junior.- Coinvolgimento di Investitori istituzionali al rischio(remunerato) dell’operazione.

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Fig. 20 - Schema descrittivo

Per avviare un mercato securitizzato dei prestiti problema-tici, articolato secondo le asset class già descritte, è oranecessario realizzare idonee iniziative a livello europeo: lestime disponibili mostrano che le banche europee detene-vano circa €1,2 trilioni di non performing loans a fine2013. Lo sviluppo di un mercato dei NPL deve garantiretrasparenza e coerenza del trasferimento dei rischi con leregole di vigilanza e assicurare la cancellazione definitivadall’attivo delle partite cedute (e dei rischi ad esse connes-si, anche con idonee formule assicurative), salvo eventual-mente una quota ben identificata, per evitare rischi diazzardo morale. Occorre al riguardo chiarire le difficoltàapplicative e definire operativamente la regolamentazionedi operazioni di cartolarizzazione dei NPL in chiave euro-pea e in Italia. I tasselli principali sono disponibili: si trat-ta di collegarli e integrarli in modo organico, soprattutto intempi brevi.

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Evoluzione del quadro normativo europeo sugli “stru-menti di finanziamento della crescita”

Le sfide alla crisi tra tutela degli investitori ed efficienzadei mercati finanziari

1. PremessaLa crisi finanziaria ha messo in luce le fragilità strutturalie le carenze del sistema finanziario internazionale, incapa-ce di monitorare l’esposizione ai rischi sostenuti dagli atto-ri in gioco e di comprenderne la natura e la portata, l’inef-ficacia della regolamentazione e l’inadeguatezza deimodelli di vigilanza (su base nazionale) in presenza diforme di finanza interdipendente su base globalizzata. Il fenomeno di contagio e le conseguenti turbolenze suimercati finanziari hanno determinato un significativo peg-gioramento delle attese degli operatori e una radicale revi-sione delle prospettive di crescita delle economie avanza-te, innescando una spirale negativa fra crollo della fiduciae deterioramento delle aspettative. La crisi economica è la risultante di una diffusa sfiducianella funzionalità allocativa del sistema finanziario e diun’accumulazione massiva di rischio sistemico indotta daun uso eccessivo della leva finanziaria, da modalità opache(e azzardate) di trasferimento del rischio di credito e da unaestensione incontrollata del mis-matching temporale traattività e passività finanziarie da parte degli intermediarifinanziari, con un ruolo rilevante (ancorché non predomi-nante) di quelli non sottoposti ad alcuna forma di regola-mentazione e di controllo (appartenenti al sistema c.d. dishadow banking).

Dott. Giuseppe D’AGOSTINOVice Direttore Generale CONSOB

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Il deterioramento della crisi del debito sovrano nell’Areaeuro e una serie di shock e tensioni geopolitiche hannocontribuito a rafforzare le spinte recessive dell’economia.Il disegno degli interventi di contrasto alla crisi, definitinel contesto dell’UE, è stato fin dal 2009 primariamentefinalizzato a definire gli strumenti di salvaguardia e distabilizzazione del sistema finanziario europeo lungo gliindirizzi individuati dal G20 e promossi dal FinancialStability Board in risposta alla crisi finanziaria interna-zionale. Nella prima fase, minore attenzione è stata postaagli effetti sull’economia reale delle più stringenti condi-zioni di disciplina delle attività d’intermediazione finan-ziaria nel suo complesso.Le iniziative delle istituzioni europee e quelle derivantida accordi intergovernativi nell’ambito UE, susseguitesia partire dal 2010, hanno privilegiato soprattutto il con-trollo della stabilità dei conti pubblici dei paesi membririspetto all’obiettivo della crescita.La politica monetaria posta in essere dalla BCE nel perio-do in parola ha avuto l’effetto benefico di comprimere lostato d’incertezza economica, attraverso l’uso prolungatodi una ampio spettro di misure ordinarie e di misurestraordinarie1. Il sostegno della BCE alla liquidità degliintermediari non è stato tuttavia di per sé sufficiente agenerare un miglioramento delle condizioni di accesso alfinanziamento delle banche nei paesi più esposti alla crisie, di conseguenza, di favorire una riduzione del costo deiprestiti bancari a famiglie e imprese a beneficio dell’eco-nomia reale. La contrazione dell’offerta di finanziamentoha interessato anche le forme alternative d’intermediazio-ne creditizia.Infatti, è ben presente che la perdurante frammentazione

1 Tra queste vanno annoverate le aste di rifinanziamento del sistema bancarioa 36 mesi effettuate, nel dicembre 2011 e febbraio 2012, al tasso dell’uno percento nonché il programma Outright Monetary Transactions per l’acquisto sulmercato secondario di titoli di Stato di quei paesi che accettano un programmadi consolidamento della finanza pubblica sotto il controllo dell’ESM.

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del sistema finanziario europeo su basi nazionali, cometestimoniato soprattutto dalla divaricazione delle condi-zioni di erogazione del credito bancario al settore privatotra economie periferiche ed economie core, ostacola ilripristino del canale di trasmissione della politica mone-taria espansiva al settore reale. Le tensioni che le banchestanno sperimentando sul fronte patrimoniale e redditua-le per il deterioramento degli attivi legato al peggiora-mento della qualità del credito erogato e la bassa redditi-vità, in un contesto di tassi di interesse livellati ai minimistorici, non favoriscono la “traduzione” dell’offerta diliquidità della BCE in nuovo credito bancario all’econo-mia. Per altro verso, è pur vero che l’incertezza macro-economica non crea incentivi per le imprese a pianificarenuovi investimenti e richiedere nuovi finanziamenti perla crescita. Il razionamento del credito bancario e delle altre forme difinanziamento all’economia ha colpito in modo più mar-cato le imprese di piccole e medie dimensioni a motivodel più elevato tasso di indebitamento che contraddistin-gue tali imprese, nonché della minore redditività rispettoa imprese di maggiori dimensioni che possono sfruttareeconomie di scala e di scopo, rafforzando gli impulsirecessivi per l’economia. Le PMI basate in alcuni paesieuropei sono state penalizzate anche dalla mancanza diun mercato integrato del credito nell’Eurozona.Per altro verso, la crisi finanziaria e l’attuale situazione didebolezza macroeconomica hanno avuto un impattonegativo sulla fiducia e sulla propensione al rischio degliinvestitori istituzionali, in particolare negli Stati Membriin difficoltà finanziarie, riducendo anche la capacità delsettore finanziario europeo di incanalare risparmi ancheverso gli investimenti innovativi. Il problema fondamentale che la Commissione Europea siè posto è quello dell’ampliamento dei canali di finanzia-mento disponibili per le imprese, soprattutto le PMI, al finedi salvaguardare il potenziale di crescita del sistema pro-

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duttivo europeo2. In tal modo, accanto ad interventi volti aridurre i rischi sistemici, sono state adottate misure perfavorire lo sviluppo di investitori specializzati nell’investi-mento in capitale di debito e di rischio delle piccole emedie imprese (private equity e venture capital) e in pro-getti infrastrutturali di lungo periodo3.

2. Le iniziative normative di rafforzamento del sistemafinanziario europeoI processi normativi intrapresi nell’ambito dell’UE (e quel-li in atto) hanno perseguito (perseguono) l’obiettivo comu-ne di rafforzare e adeguare la disciplina complessiva delsistema finanziario europeo in relazione alle dinamicheoperative e tecnologiche dei mercati, alla necessità di con-trastare i fattori di rischio evidenziati dalla crisi, di mitiga-re la diffusione di nuovi rischi, di porre le basi per un soli-do, trasparente e funzionale meccanismo di mercatopaneuropeo. Essi s’inquadrano nello scenario internazio-nale di riforma del settore finanziario e della relativa vigi-lanza delineato dal G20 nel 2009 e 2010.

Molte iniziative legislative si sono concluse e certamentesaranno idonee a rimodellare il sistema finanziario europeonel prossimo futuro. Il focus dell’azione riformatrice è permolti versi sull’effettiva implementazione e applicazionecoerente del nuovo quadro regolamentare che ne discende.

2 Infatti, la necessità di assicurare forme finanziarie stabili e sufficienti per lePMI per assicurare condizioni di crescita economica in Europa è intrinseca-mente legata alla rilevanza che esse ricoprono nell’ambito dell’economiaeuropea. Secondo i dati della Banca Centrale Europea (Monthly Bulletin,luglio 2013) le piccole e medie imprese rappresentano: 1) circa il 98% delleunità produttive; 2) il 70% del totale della forza lavoro; 3) il 60% del valoreaggiunto prodotto.3 Nella Comunicazione della Commissione Europea “An action plan to impro-ve access to finance for SMEs” del 7 dicembre 2011 si legge «The Commissionwill use regulation to make SMEs [PMI] more visible to investors and marketsmore attractive and accessible for SMEs. Regulatory changes will keep theright balance between prudential regulation and financing of SMEs, and bet-ween investor protection and tailored measures for SMEs».

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Le aree di maggiore attenzione nella strategia di “messa insicurezza” del sistema finanziario europeo possono esserecosì delineate:

1) Banking: con il “pacchetto” normativo sulle regole pru-denziali per le banche (CRD IV e CRR), il Legislatoreeuropeo ha inteso innalzare i requisiti patrimoniali minimie la qualità del capitale degli istituti di credito, in partico-lare per quanto riguarda i requisiti patrimoniali per le atti-vità detenute in entità finanziarie, comprese le attività nonregolamentate e le forme di trasferimento del rischio dicredito. La riforma prevede anche l’introduzione di normeper la gestione delle banche insolventi e per la protezionedei depositanti. Queste iniziative andranno ad iscriversi nelc.d. single rulebook che costituirà il corpo normativo vali-do per tutti gli intermediari bancari nei 28 paesi membridell’Unione Europea. In parallelo, si è dato avvio al pro-getto di Banking Union che prevede la costruzione dellasupervisione bancaria europea (il c.d. Single SupervisionMechanism - SSM), relativamente a tutti i paesi apparte-nenti alla euro-zona e a quelli non appartenenti all’euro-zona che decidono di aderirvi tramite un meccanismo distretta cooperazione, volta a spezzare “il potenziale circo-lo vizioso tra banche [di rilevanza sistemica] e debitisovrani”. L’innovazione comporta: i) l’assegnazione allaBCE della vigilanza diretta sulle banche (rilevanti) deipaesi dell’Area euro (ed eventualmente di altre economieeuropee che intendano aderire); ii) la creazione del SingleResolution Mechanism che è volto a fornire uno strumentooperativo di gestione delle crisi di banche appartenenti alSSM attraverso un single resolution fund controllato dalsingle resolution Board.

2) Shadow Banking: (cfr. Libro verde della CE sul sistemabancario ombra, marzo 2012; Comunicazione della CE sulsistema bancario ombra: affrontare le nuove fonti di rischionel settore finanziario, settembre 2013). Il settore bancario

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ombra che comprende l’insieme dei soggetti che operanoin parallelo al sistema creditizio nell’erogazione del credi-to alle imprese, senza tuttavia essere sottoposti ai rigidirequisiti patrimoniali e di vigilanza previsti per le banche,figura tra le priorità dell’agenda internazionale fissata dalG20 e coordinata dal Financial Stability Board (FSB), perla sua dimensione, per i suoi stretti legami con il settorefinanziario regolamentato e per il rischio sistemico cheesso comporta. In quest’ottica la Commissione, unitamen-te ai co-legislatori europei, ha già costruito un quadroarmonizzato per i gestori di fondi di investimento alterna-tivi (tra cui meritano attenzione i gestori di hedge funds)(c.d. AIFMD e regolamenti attuativi), la proposta di rego-lamentazione dei Money Market Funds e le norme che raf-forzano i rapporti fra le banche e i soggetti non regola-mentati (CRD IV) (per es., nel caso di operazioni di carto-larizzazione; obblighi di informazione relativi alle esposi-zioni fuori bilancio in caso di trasferimento di attivitàfinanziarie).

3) Infrastrutture: la crisi finanziaria ha evidenziato il ruolocentrale svolto dai derivati, quali ad esempio i derivati sucrediti, negoziati fuori dai mercati regolamentati (OTC). Ilregolamento sugli strumenti derivati OTC, le controparticentrali e le trade repositories (noto come EMIR -Regolamento sulle infrastrutture di mercato europee) pre-scrive la compensazione a livello centralizzato di tutti icontratti derivati standardizzati, la reintegrazione del mar-gine per i contratti non standardizzati nonché la comunica-zione delle informazioni su tutte le transazioni in derivatieuropei alle trade repositories, accessibili alle autorità divigilanza nazionali e all’ESMA. Parimenti, degno di men-zione è il Regolamento sui Depositari Centrali di strumen-ti finanziari, che disciplina i meccanismi di settlement delletransazioni trattate nelle trading venues.

4) Mercati di negoziazione di strumenti finanziari: nel qua-

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dro delle misure per rafforzare l’integrità del mercati s’i-scrive il Regolamento sulle vendite allo scoperto, renden-do più trasparenti le posizioni in credit default swap (CDS)e vietando i credit default swap scoperti su emittenti sovra-ni. Attraverso la MiFID II viene rafforzata la strutturaregolamentata dei mercati di negoziazione organizzati subase multilaterale (c.d. trading venues, TV) (MR, MTF e ilnuovo OTF per i non-equity), introdotto l’obbligo di tra-ding nelle TV delle azioni quotate e dei derivati ammessial clearing ai sensi dell’EMIR, introdotta la trasparenzapre-trade e post-trade per titoli di debito e derivati nego-ziati nelle TV. E per il controllo del rischio sistemico rego-le sull’algo-trading.

Graf. 1. I campi d’azione del Legislatore Europeo aseguito della crisi finanziaria

3. Lo Shadow Banking: dalla “gestione” di una minac-cia alla “scoperta” di un’opportunità.Il perseguimento da parte della Commissione Europeadello sviluppo dei mercati dei capitali europei e delle sueinfrastrutture è da intendersi come la contro-misura strate-gica per un più bilanciato e robusto sistema finanziarioeuropeo, capace di assicurare risorse finanziarie per ilsostegno di lungo termine dell’economia europea.

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In questo disegno, una particolare attenzione va postaall’approccio della Commissione Europea allo shadowbanking. E’ del tutto evidente come la valutazione da partedella stessa del modus operandi tipico degli attori finan-ziari non-bancari sia mutato nel corso del processo norma-tivo generale di riforma del quadro regolamentare relativoal sistema finanziario, anche in coerenza con la letturadello spazio operativo che le banche possono attualmente(e nella prospettiva di Basilea III) coprire in termini diintermediazione creditizia per le imprese.

In effetti, la regolamentazione dello shadow banking devela sua genesi alla preoccupata consapevolezza che ilrischio di credito sia trasferito da intermediari soggetti avigilanza prudenziale ad operatori non sottoposti ad alcuncontrollo delle Autorità competenti, con un innalzamentodel rischio sistemico non osservabile e foriero di conse-guenze imprevedibili. Solo in un secondo momento, lavalutazione si è spostata sulla funzionalità per il sistemanel suo complesso delle forme di “circolazione finanzia-ria” esterne al circuito bancario.

Nelle Conclusioni della citata Comunicazione COM(2013) 614, la Commissione Europea rivela la consapevo-lezza del ruolo strategico di questo “settore” finanziarioper la crescita economica: <<Questo settore [lo ShadowBanking] non deve essere guardato esclusivamente nellaprospettiva dei rischi che pone, ma anche riconoscendol’importante ruolo che svolge nel settore finanziario. Essocostituisce un canale di finanziamento alternativo, essen-ziale per l’economia reale, soprattutto in un momento incui gli operatori tradizionali del sistema bancario riduco-no il loro sostegno finanziario>>.

Le istituzioni europee si sono mosse, una volta “messa insicurezza la stabilità finanziaria”, per favorire lo sviluppo dicanali di finanziamento all’economia reale, incoraggiando

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l’aumento di capitali non bancari a disposizione delle impre-se come complementari rispetto al credito bancario. In que-sto contesto si iscrivono gli atti normativi (direttive e rego-lamenti relativi alle forme di gestione collettiva di investi-menti alternativi, l’approfondimento economico-legale pro-dromico all’introduzione di una disciplina comunitaria sulcrowd-funding (il dibattito è ancora imperniato sulla ricercadi una definizione armonizzata del fenomeno e di perime-trazione del suo ambito) nonché l’impegno ad affrontare iltema di una possibile regolamentazione armonizzata del pri-vate placement quale modalità di classamento di strumentifinanziari tipicamente di società non finanziarie non quotatenei portafogli di investitori istituzionali4.

* * *

L’AIFMD (Direttiva UE 2011/61), insieme alle misure diesecuzione contenute nel Regolamento delegato (UE) n.231/2013, dai Regolamenti CE (UE) nn. 447 e 448 del 15maggio 2013, direttamente applicabili negli ordinamentidegli Stati membri, nonché dalle Guide-lines on Key-con-cept of the AIFMD dell’ESMA (ESMA/2013/611), costi-tuiscono un’importante risposta legislativa dell’UE al temadei rischi (macro-prudenziali) posti da forme di interme-diazione finanziaria non regolamentata a livello comunita-rio (c.d. shadow banking) per la stabilità e sicurezza delsistema finanziario europeo5.

Per questa ragione la nozione di gestore di fondi d’investi-

4 Inoltre, la Commissione Europea ha preso una serie di altre iniziative nor-mative volte a migliorare l’accesso delle piccole e medie imprese (PMI) aimercati dei capitali, avuto riguardo alla rilevanza della loro crescita per il suc-cesso economico dell’Europa, introducendo mercati per gli strumenti finan-ziari emessi dalle PMI nella forma di MTF appositamente denominati SMEGrowth Market (pacchetto MiFID II) e semplificando e riducendo i requisiti egli obblighi di informativa e di reporting delle stesse imprese (DirettivaTransparency e Direttiva Prospetti).5 Cfr. Green Paper on Shadow Banking 2012.

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mento “alternativi” (c.d. FIA) è molto ampia e tale da cat-turare nel perimetro della AIFMD tutta una serie di veico-li societari, sia quotati che non quotati, che tradizional-mente gravitano fuori dalla gestione collettiva. LaDirettiva si preoccupa di dettare una disciplina sulle moda-lità di svolgimento dell’attività di gestione; per questo lenorme riguardano l’organizzazione e il comportamento del“gestore” e non trattano la struttura del portafoglio delfondo e di dettare vincoli alla natura dei beni investibili. Lavarietà degli attivi oggetto d’investimento da parte di unfondo alternativo rimane amplissima (da tutta la gamma distrumenti/contratti finanziari, ai beni immobili, merci,opere d’arte e altro).

La crisi aveva mostrato una serie di carenze in materia ditrasparenza delle posizioni di rischio assunte dai gestorialternativi, carenze nella gestione del rischio e nelle moda-lità di valorizzazione degli asset in portafoglio, oltre alledebolezze nei processi di due diligence per la selezionedegli investimenti.

L’obiettivo primario della AIFMD è quello di creare, per laprima volta, un quadro completo e sicuro per la vigilanzamicro-prudenziale e la sorveglianza macro-prudenziale deigestori di fondi c.d. alternativi nella UE

6. Gli effetti poten-

zialmente destabilizzanti sono riconducibili agli elementidistintivi delle politiche di investimento di tali fondi, quali

6 L’AIFMD introduce una serie di obblighi di trasparenza e robusti presidi inrelazione all’uso della leva finanziaria da parte dei gestori di fondi alternativi.Ogni gestore sarà tenuto a fissare un limite alla leva finanziaria che utilizza esarà obbligato a rispettare questi limiti su base continuativa. Il gestore saràinoltre tenuto ad informare le autorità competenti circa l’uso della leva finan-ziaria, in modo che le autorità possano valutare se l’uso della leva finanziariada parte del gestore contribuisce all’accumulo di rischi sistemici nel sistemafinanziario. Queste informazioni saranno condivise con l’European SystemicRisk Board. La AIFMD attribuisce anche poteri alle autorità competenti diintervento per imporre limiti all’utilizzo della leva finanziaria quando ritenutonecessario, al fine di assicurare la stabilità e l’integrità del sistema finanziario.

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l’obiettivo di conseguire ‘rendimenti assoluti’ indipenden-temente dall’andamento dei mercati, l’utilizzo della levafinanziaria, anche attraverso derivati OTC, e il possibileinvestimento in attività illiquide o difficilmente liquidabilinel breve periodo.

Contemporaneamente, l’AIFMD si pone l’obiettivo difavorire lo sviluppo di un mercato unico nel quale i gesto-ri, avvalendosi del passaporto europeo, possono realizzareeconomie di scala e i risparmiatori possono accedere a unpiù ampio insieme di opzioni di investimento.

Con specifico riguardo ai fondi di private equity, si paven-tava il rischio di comportamenti opportunistici dei gestorinei processi di ristrutturazione d’imprese o nelle acquisi-zioni di grandi imprese nell’UE (si parlò di “fondi locu-ste”7). Così l’AIFMD ha introdotto precisi obblighi infor-mativi per aumentare la trasparenza di questo tipo di inve-stimento nei confronti dei dipendenti delle società acquisi-te e il pubblico in generale e per affrontare i rischi poten-ziali per la società acquisite da fondi di private equity (inparticolare, l’AIFMD introduce norme relative alla comu-nicazione delle partecipazioni rilevanti o di controllo disocietà non quotate o di controllo di emittenti quotati perconto di FIA italiani, FIA UE e FIA non UE e, in caso diacquisizione del controllo, l’obbligo per il gestore didivulgare informazioni rilevanti in relazione alle intenzio-ni circa l’attività futura della società e le fonti di finanzia-mento dell’acquisizione. L’AIFMD comprende anchenorme specifiche per ridurre i rischi per la salute a lungotermine delle aziende legate all’ “asset stripping”.

L’AIFMD è stata concepita come un tassello fondamenta-

7 Espressione usata nel 2005 da un importante politico tedesco, FranzMüntefering, per rappresentare l’attività dei fondi di private equity nei con-fronti delle imprese finanziate o partecipate.

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le del Piano della Commissione Europea per un sistemafinanziario sicuro che supporta e stimola l’economia realeattraverso la raccolta e l’impiego di capitale cross-border.

* * *

La necessità di facilitare l’accesso ai finanziamenti alter-nativi a quello bancario da parte delle PMI - non solo permigliorarne la competitività e il potenziale di crescita, maper salvaguardarne l’esistenza in una fase caratterizzata daun calo dei prestiti all’economia reale - ha condotto laCommissione Europea a introdurre strumenti normativi, adarmonizzazione massima e immediatamente esecutivi,dedicati ai fondi di venture capital (Regolamento EUVE-CA) e ai fondi per le imprese sociali (Regolamento EuSEF- European Social Entrepreneurships Funds).

Il Regolamento EuVECa è stato adottato per consentire agestori di fondi di investimento, anche di piccole dimen-sioni, di effettuare il fund raising via commercializzazionedei fondi su base pan-Europea e di finanziare le PMI prin-cipalmente con capitale di rischio.

Sullo stesso fronte del programma di azione dell’Unioneper favorire l’accesso al credito, si segnala la recente pro-posta di regolamento sui fondi di investimento a lungo ter-mine (ELTIF) volta ad accrescere nell’immediato futuro lamassa di capitale disponibile per gli investimenti a lungotermine nell’economia reale dell’Unione europea (come igrandi progetti infrastrutturali o di ingegneria industriale)ossia in tutti i tipi di attività che non sono negoziate neimercati regolamentati. Si tratta di attività illiquide che, pertale ragione, richiedono un impegno a lungo termine daparte del fondo che le acquista.

I meccanismi di finanziamento devono affrontare il pro-blema della frammentazione del mercato e agevolare gli

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investitori e i progetti in vari paesi dell’Unione europea,consentendo ai gestori di ELTIF l’accesso agli investitoriretail di tutta l’Unione secondo modalità ancora non defi-nite; il tema della soglia per l’accesso del retail è attual-mente in discussione presso le istituzioni europee.L’importanza di affrontare tali questioni è già stata illu-strata nell’Atto per il mercato unico II (Ottobre 2012): unodei suoi dodici obiettivi principali è stimolare gli investi-menti a lungo termine nell’economia reale8. Per consegui-re tale obiettivo, l’Atto per il mercato unico II ha propostodi sviluppare una nuova serie di norme UE volte a facilita-re la raccolta transfrontaliera del capitale necessario perpoter gestire in modo efficiente sotto il profilo dei costifondi di investimento che sfruttino opportunità di investi-mento a lungo termine.

Il contesto più ampio nel quale si inquadra questo lavoro èstato definito nel Libro verde della Commissione Europeaintitolato “Il finanziamento a lungo termine dell’economiaeuropea” (Marzo 2013), che delinea le questioni inerentiall’offerta e alla domanda per tutte le strutture di finanzia-mento, e confermato nel documento finale del marzo 2014.

4. La Direttiva AIFMD, i Regolamenti del Parlamentoeuropeo e del consiglio EuVECA ed EuSEF, il proget-to di regolamento ELTIF.Nell’ambito di interesse della presente nota, sono da evi-denziare le specifiche misure normative deputate a disci-plinare gli strumenti operativi per il finanziamento dell’e-conomia reale alternativi (ma complementari) ai canalibancari: si fa riferimento alla disciplina di matrice AIFMD,ricomprendente non solo – e non tanto, per quanto qui rile-

8 Una sfida del futuro è raggiungere una maggiore integrazione dei mercatieuropei dei capitali che possono portare a una “Capital Markets Union”, comeesplicitato dal nuovo Presidente della Commissione Europea, Jean ClaudeJuncker, nel programma politico della Commissione presentato nel settembre2014.

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va - la direttiva 2011/61/UE, ma anche i successivi regola-menti comunitari direttamente applicabili con cui il legis-latore sovranazionale ha provveduto a tratteggiare specifi-ci regimi normativi riguardanti determinate tipologie diOICR alternativi ricadenti nel raggio d’azione dellaAIFMD nonché alla proposta di regolamentazione suifondi d’investimento di lungo termine.

La direttiva 2011/61/UE del Parlamento Europeo e delConsiglio dell’8 giugno 2011 (di seguito “AIFMD”) - con-cernente i gestori di fondi di investimento alternativi -introduce una serie di misure volte a promuovere un’inte-grazione del mercato europeo del risparmio gestito, armo-nizzando la disciplina applicabile ai gestori (“GEFIA”) difondi alternativi (“FIA”), vale a dire gli organismi di inve-stimento collettivo non rientranti nell’ambito di applica-zione della direttiva 2009/65/CE (UCITS IV).Le norme della direttiva AIFM sono state dettagliate dallemisure di esecuzione contenute nel Regolamento delegato(UE) n. 231 della Commissione del 19 dicembre 2012 -che ha introdotto norme puntuali in materia di deroghe,condizioni generali di esercizio, depositari, leva finanzia-ria, trasparenza e sorveglianza - direttamente applicabilenegli ordinamenti degli Stati membri nonché dalleGuidelines on key concepts of the AIFMD dell’ESMA del13 agosto 2013 (ESMA/2013/611). Il quadro normativo comunitario dei gestori alternativi èstato inoltre completato dai Regolamenti (UE) n. 345/2013e n. 346/2013 che hanno disciplinato i gestori di fondieuropei per il venture capital (“EUVECA”) e i gestori difondi europei per l’imprenditoria sociale (“EUSEF”), iquali per la loro dimensione ridotta sono consideratiGEFIA sotto-soglia ai sensi della AIFMD.

4.1 La Direttiva AIFMLa AIFMD stabilisce norme in materia di autorizzazione,funzionamento e trasparenza dei gestori di fondi di inve-

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stimento alternativi (GEFIA) che gestiscono e/o commer-cializzano OICR alternativi (FIA) nell’ambito dell’UnioneEuropea, introducendo un regime di operatività transfron-taliera basato sulla c.d. “passaportazione” e sul sistema del“home country control”.La necessità di disciplinare il vasto e articolato mondodello shadow banking ha condotto alla definizione diOICR alternativo “per differenza” rispetto alla nozione diUCITS ed include, pertanto, tutti i prodotti a gestione col-lettiva non ricadenti nel perimetro applicativo della diretti-va 2009/65/UE (c.d. “UCITS IV”). Siffatta definizione sipresta, pertanto, a sussumere al suo interno un’amplissimacategoria di OICR. Nel qualificare gli OICR alternativi laAIFMD adotta un approccio sostanzialistico, che prescin-de dalla forma giuridica adottata (contrattuale o societaria)per concentrarsi sulle connotazioni intrinseche del prodot-to gestito (gestione a monte in conformità ad una predeter-minata politica di investimento del capitale raccolto tra unapluralità di investitori).Si tratta, in estrema sintesi, dei fondi hedge o speculativi(che possono essere aperti o chiusi), dei fondi chiusi di pri-vate equity e immobiliari e dei fondi aperti non armoniz-zati e non speculativi.L’armonizzazione prefigurata dal legislatore comunitario,distinguendosi dalla UCITS, investe esclusivamente igestori alternativi e non si spinge a livello dei prodottigestiti, in relazione ai quali permane la piena competenzanormativa di ciascuno Stato membro.La AIFMD si occupa di tracciare un regime comunitariounitario dei gestori di OICR alternativi che si situano al disopra di una determinata soglia di patrimonio gestito, man-tenendo in capo agli Stati membri la competenza a disci-plinare, secondo la propria discrezionalità nazionale, lastruttura e la composizione dei portafogli degli OICR alter-nativi stessi, sottraendone la relativa regolamentazione allevel playing field sovranazionale.La direttiva prevede due ordini di deroghe: non si applica,

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in primo luogo, ai gestori di OICR alternativi i cui uniciinvestitori siano i gestori medesimi o soggetti ricompresinel relativo gruppo. L’altra tipologia di deroga concerne igestori il cui ammontare di asset under management sisitui al di sotto di soglie prefissate: 100.000.000 euro o500.000.000 euro per i gestori di OICR che non ricorronoalla leva finanziaria e non concedono agli investitori dirit-ti di rimborso per un periodo di cinque anni. I gestori sotto-soglia non beneficiano di nessuno dei diritticoncessi ai sensi della direttiva (e in special modo di quel-li concernenti il passaporto transfrontaliero) a meno chenon scelgano volontariamente di sottoporsi alle normedella direttiva richiedendo la prescritta autorizzazioneesercitando il c.d. “opt-in”.Per i gestori rientranti nell’ambito di applicazione dellaDirettiva viene sancito l’obbligo di autorizzazione e sonodefinite le condizioni che gli stessi devono soddisfare sianella fase iniziale che nel continuo per ottenere la stessa9.La commercializzazione degli OICR alternativi è di regolariservata a investitori professionali, con obbligo di notifica

9 Tra le condizioni iniziali si rammentano quelle relative all’ammontare mini-mo del capitale sociale, ai requisiti di onorabilità dei soci e a quelli di onora-bilità e professionalità degli esponenti aziendali; dovrà, inoltre, essere presen-tata una relazione sulla struttura organizzativa ed un programma di attività;dovranno essere fornite informazioni specifiche con riferimento alla tipologiadei fondi che si intende gestire ed alla relativa strategia di investimento.Tra le condizioni che il gestore è chiamato a soddisfare nel continuo, si pos-sono richiamare l’obbligo di agire secondo i principi di correttezza e diligen-za e nell’interesse degli investitori nonché gli obblighi organizzativo-procedu-rali funzionali all’individuazione e alla gestione delle situazioni in conflitto diinteresse, all’efficace gestione dei rischi e, in particolare, del rischio di liqui-dità, gravanti sui portafogli gestiti, alla valutazione corretta dei beni ed allasicurezza dei meccanismi di deposito. Sono stati definiti specifichi obblighi in tema di trasparenza ed obblighi infor-mativi che il gestore di fondi alternativi è chiamato ad ottemperare. Al riguar-do, si prevede la pubblicazione su base annuale, in riferimento a ciascun por-tafoglio gestito, di un rendiconto concernente l’attività gestoria posta in esse-re; adeguata documentazione d’offerta relativa alle principali caratteristichedella politica di investimento dei fondi deve essere fornita ai potenziali inve-stitori, preliminarmente alla sottoscrizione delle quote dei fondi; adeguatainformativa in materia di composizione dei portafogli e di profilo di rischiodegli stessi deve, infine, essere indirizzata alle Autorità competenti.

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all’autorità dell’ “home country”;Tuttavia, l’AIFMD prevede la possibilità che ciascunoStato membro consenta nel proprio territorio l’offerta adinvestitori retail di tutte o di talune tipologie di OICR alter-nativi gestiti da società di gestione autorizzate comeGEFIA, potendo imporre requisiti più stringenti di quellirichiesti dalla direttiva per l’offerta ad investitori profes-sionali. Tale disciplina è sottratta al perimetro di armoniz-zazione della direttiva e non permette, quindi, di fruire diun passaporto comunitario per offrire OICR alternativi airetail in un altro Stato dell’UE. In tale caso, lo Stato mem-bro dovrà assicurare parità di trattamento a tutti gli OICRcomunitari aventi pari caratteristiche.

Tav.1 Macro differenze d’impostazione tra la DirettivaUCITS e la Direttiva AIFM

Direttiva UCITS Direttiva AIFM

Disciplina del Gestore Si Si

Disciplina del Prodotto Si No

Destinatari Retail Professionali…con facoltà agli Stati

Membri di consentireofferta al retail

Prospetto Informativo Si Si(per offerte al retail)

Commercializzazione Passaporto PassaportoGestore & Fondo Solo Gestore

Passaportoper offerte ai

professionali

No passaportoper offerte al retail

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4.2 I Regolamenti EUVECA e EUSEF (pienamente ope-rativi dal 22 luglio 2013)Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno successiva-mente adottato due regolamenti di primo livello che rita-gliano, all’interno del regime AIFMD, una disciplina spe-ciale, armonizzata a livello comunitario, sui gestori di talu-ne specifiche tipologie di OICR alternativi, OICR identifi-cati in ragione degli specifici limiti di investimento emodalità gestionali ammissibili.Si fa riferimento, in particolare, ai regolamenti in tema digestori di fondi EuVECA (n. 345/2013) ed EuSEF(346/2013).I menzionati regolamenti concernono i gestori dei fondieuropei di venture capital (“EUVECA”) e dei fondi euro-pei per l’imprenditoria sociale (“EUSEF”) e prevedono unregime agevolato al fine di favorire gli investimenti trans-frontalieri in PMI europee di nuova costituzione o comun-que piccole e innovative (EuVECA) ovvero impegnate inattività a sfondo sociale (EuSEF). Tali provvedimenti normativi si applicano ai gestori alter-nativi sotto-soglia10, consentendo loro di fruire, a seguito diapposita registrazione presso lo Stato membro “home”, delpassaporto comunitario e della denominazione EuVECAed EuSEF laddove rispettino determinate condizioni, tracui figurano gli specifici limiti di investimento e di com-posizione del patrimonio degli OICR gestiti. Anche laddo-ve il gestore si situi sopra-soglia potrà continuare ad utiliz-zare le indicate denominazioni sempreché continui a gesti-re gli OICR secondo le disposizioni sancite dai due rego-lamenti comunitari.Dei due provvedimenti in commento riveste particolarerilievo, per quanto qui è d’interesse, il regolamento n.345/2013 concernente i fondi europei per il venture capital

10 Tali soglie, previste dalla AIFMD, si riferiscono all’asset under managemente sono pari a 100.000.000 euro o di 500.000.000 euro di per i gestori di OICRche non ricorrono alla leva finanziaria e non concedono agli investitori dirittidi rimborso per un periodo di cinque anni (c.d. de minimis exemption).

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(EuVECA), poiché l’obiettivo dichiaratamente perseguitodal legislatore con tale strumento normativo è quello difavorire la crescita e l’innovazione delle piccole e medieimprese attraverso i veicoli EuVECA.In particolare, i fondi EUVECA:

(a) devono investire almeno il 70% del proprio patrimo-nio (risorse disponibili) in quote o azioni di uno o piùfondi per il venture capital ovvero strumenti rappre-sentativi di equity o di c.d. quasi-equity emessi daimprese (c.d. imprese ammissibili) che: (1) al momento dell’investimento non abbiano titoli

ammessi alla negoziazione su un mercato regola-mentato o un MTF;

(2) impieghino meno di 250 dipendenti; (3) abbiano un fatturato annuo non superiore a € 50

mln. o un bilancio annuale totale non superiore a€ 43 mln;

(4) non siano OICR, o società finanziarie, o banca,impresa d’assicurazione o impresa d’investimento;

(5) non siano stabilite in paradisi fiscali; (b) possono anche effettuare prestiti a dette società tar-

get entro il limite del 30% del patrimonio gestito;non devono utilizzare oltre il 30% del proprio patri-monio in investimenti diversi da quelli di cui alpunto a).

La disciplina in commento consente, come sopra indicato,ai gestori di erogare direttamente (in una misura limitata)prestiti alle PMI a valere su patrimonio del fondo, chiaren-do implicitamente, per tale via, la generale ammissibilitàdel loan origination nel novero delle attività investibili daparte degli OICR alternativi. Si rimarca, infine, che il vei-colo EuVECA non può essere utilizzato per investire pre-valentemente in strumenti obbligazionari “puri”, essendopensato per sostenere le PMI acquisendone capitale dirischio o capitale “ibrido” (avente, cioè, una componenteassimilabile a quello di rischio) ovvero quote di altri fondiEuVECA.

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I regolamenti introducono un regime di passaporto per lacommercializzazione dei fondi EUVECA e EUSEF subase transfrontaliera nei confronti di investitori con suffi-ciente professionalità ed esperienza. In particolare, i regolamenti prevedono che la commercia-lizzazione possa riguardare esclusivamente: a) investitori professionali o che chiedono di essere tratta-

ti come tali (ai sensi della direttiva MiFID 2004/39/UE); e

b) altri investitori che: (i) si impegnino a investire almeno100.000 Euro e (ii) dichiarino di essere consapevoli deirischi connessi all’investimento previsto.

Si evidenzia che il gestore di EuVECA è assoggettato aregole di condotta e di gestione dei conflitti di interessianaloghe a quelle previste dalla disciplina AIFMD (mutua-ta dalla UCITS e dalla MiFID). Infatti, in linea con le diret-tive AIFMD e UCITS, le regole di condotta previste neiregolamenti impongono al gestore di osservare un obbligodi correttezza nei confronti degli investitori (c.d. “fairtreatment”) che si estrinseca: 1) nel rispetto di obblighi di trasparenza pre-contrattualeagli investitori (informazioni sul gestore, sugli eventualiservice providers e sull’ammontare di mezzi propri; unadescrizione della strategia e degli obiettivi di investimentodel fondo; una descrizione del profilo di rischio del fondo,informazioni sul processo di valutazione degli assets esulle politiche di remunerazione del gestore; una descri-zione dei costi e dei loro importi massimi; la descrizionedei servizi resi alle imprese target, la performance storica e– per i fondi EuSEF – indicazioni sui metodi di misurazio-ne dell’impatto sociale)2) nell’adozione di procedure: 1. idonee a prevenire pratiche scorrette ed evitare tratta-

menti preferenziali;2. di selezione e controllo degli investimenti (e delle

imprese in cui si investe);3. di valorizzazione dei beni del fondo,

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4. di identificazione e gestione delle situazioni di conflittod’interessi.

A differenza delle menzionate direttive e fedelmente all’o-biettivo di prevedere una normativa speciale di favore, iregolamenti non introducono misure di secondo livellovolte a dettagliare la disciplina primaria con riguardo astandard di condotta e requisiti organizzativi. Esistonomisure di L2 sui conflitti d’interessi e per EuSEF sullavalorizzazione e sulla misurazione dell’impatto sociale.EuVECA e EuSEF in quanto Regolamenti sono diretta-mente applicati negli ordinamenti degli Stati membri dal22 luglio 2013 senza necessità di una formale attività direcepimento nazionale.

4.3 La proposta di regolamento ELTIF (European Long-Term Investment Funds)Anche la disciplina tracciata dalla proposta diRegolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio con-cernente i c.d. ELTIF (i fondi di investimento europei alungo termine) si inscrive nel contesto normativo disegna-to dalla direttiva 2011/61/UE (c.d. AIFMD), le cui normeunitamente alle relative disposizioni attuative sono diretta-mente applicabili ai gestori di fondi ELTIF. La proposta di Regolamento in commento ha come obiet-tivo l’introduzione di regole di armonizzazione massimaattinenti a fondi di investimento specializzati in attività alungo termine che intendono avvalersi della denominazio-ne ELTIF e del relativo regime normativo. Pertanto, le attività dei gestori di ELTIF continueranno adessere soggette alla AIFMD e regolamenti attuativi, ma ifondi di investimento a lungo termine sono disciplinati dalregolamento proposto.Allo stato del processo normativo in atto (il Consigliodell’Unione Europeo ha licenziato nel giugno 2014 untesto per la discussione del Trilogo), la proposta prevedeche gli investimenti a lungo termine degli ELTIF siano

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diretti a finanziare progetti infrastrutturali (per es. traspor-ti e tele-comunicazioni), attività immateriali (per es., ricer-ca e sviluppo, formazione ecc.), società non quotate cheemettono strumenti rappresentativi di equity o strumenti didebito, avendo tali società difficoltà di accesso ai mercatidi capitale, ossia PMI quotate identificate come in EUVE-CA. In particolare, la proposta introduce un obbligo a carico deigestori di impiegare almeno il 70% delle risorse disponibi-li in c.d. “investimenti ammissibili” così definibili conintervento diretto o indiretto (mediante investimento tra-mite mercato secondario)11:

• partecipazioni in imprese target qualificate tramitesottoscrizione diretta di equity;

• partecipazioni in imprese target qualificate, acquista-te da altri fondi ELTIF;

• strumenti di finanziamento quasi-equity emesse daimprese target qualificate;

• finanziamenti a medio lungo termine (loans) a favo-re delle imprese target qualificate;

• strumenti di debito emessi da imprese target qualifi-cate;

• quote o azioni di fondi alternativi d’investimento chepresentano determinati requisiti;

• attività reali [in discussione] che richiedono un inve-stimento iniziale pari o superiore a 10 milioni dieuro.

Le imprese c.d. target devono essere imprese non finanzia-rie e non quotate in un mercato regolamentato o in un MTFossia PMI con strumenti finanziari trattati nelle suddettetrading venues. Non sono definite caratteristiche dimen-sionali per le imprese target12. La proposta prevede specifi-

11 L’investimento tramite il mercato secondario è un tema aperto di discussione.12 L’impresa target può essere stabilita in un paese extra UE a condizione chesi tratti di un paese cooperativo – nel quale sia assicurata la cooperazione aifini fiscali – e non sia indicato quale paese ad alto rischio.

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che regole volte ad assicurare una sufficiente diversifica-zione13 e una limitazione all’uso della leva finanziaria14,introducendo come accennato un regime di armonizzazio-ne massima del prodotto ELTIF.In conformità con il testo in discussione, l’ELTIF non puòeffettuare vendite allo scoperto di attività, non assumeesposizioni dirette verso commodities, conclude accordi diprestito titoli fino ad un ammontare pari al 10% dell’attivo[in discussione], non realizza operazioni di vendita conpatto di riacquisto né utilizza strumenti finanziari derivatise non per fini di copertura dei rischi. Vi sono comunqueproposte emendative. La proposta in commento concede all’ELTIF un periodopari a cinque anni dal rilascio dell’autorizzazione per rag-giungere la soglia del 70% di investimenti in attivitàammissibili.Allo scopo di garantire una gestione efficace del flusso dicassa è prevista la possibilità che gli ELTIF investano inattività diverse da quelle c.d. “ammissibili”15, purché taliinvestimenti siano coerenti con la strategia di investimen-to a lungo termine adottata dal fondo e nei limiti del 30%del capitale dell’ELTIF. La scelta di disciplinare gli ELTIF nella forma di fondichiusi (come previsto nella posizione del Consiglio) oanche aperti (come proposto dal Parlamento) è in discus-sione al Trilogo.Con riguardo alla commercializzazione nei confronti degliinvestitori retail, il testo approvato dal Consiglio prevedeche essa debba avvenire previa effettuazione di un test diadeguatezza (immaginato dalla MiFID nel caso di presta-

13 Sono stabiliti limiti di concentrazione delle risorse disponibili (capitale sot-toscritto e capitale richiamabile) pari a: 1) 10% in attività finanziarie /equity,quasi-equity, titoli di debito e prestiti) relative ad una singola impresa target;2) 10% di una singola attività reale e 3) 10% di una singola ELTIF/EUVECA.14 La leva finanziaria può essere attivata tramite prestiti finanziari minoro ouguali al 30% del capitale dell’ELTIF per effettuare investimenti ammissibili.15 Vi rientrano gli investimenti nelle attività previste dalla direttiva 2009/65/CE(c.d. UCITS IV) all’articolo 50.

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zione di servizio di consulenza e di gestione individuale),con un entry ticket di Euro 10.000 e un cap d’investimen-to in ELTIF pari al 10% del portafoglio finanziario delcliente nel caso in cui il suo controvalore non ecceda i500.000 euro. La disciplina della commercializzazione airetail è sottratta alla discrezionalità normativa dei vari Statimembri e introduce il passaporto per l’offerta transfronta-liera al pari dell’offerta agli investitori professionali16.Con riguardo agli obblighi di trasparenza, ne sono previstidi ulteriori rispetto a quelli imposti ai GEFIA dallaAIFMD, tra i quali la redazione e la pubblicazione di undocumento di offerta modellato al contenuto informativoprevisto dalla direttiva 2003/71/CE (c.d. Direttiva“Prospetto”) e della relativa disciplina attuativa (anche perla commercializzazione ad investitori professionali).Gli ELTIF saranno prodotti di investimento ai sensi delladirettiva sui mercati degli strumenti finanziari (MiFID) equindi soggetti a tutti gli obblighi previsti da tale direttiva inrelazione alla commercializzazione, alla distribuzione eall’informativa in coordinamento con lo stesso RegolamentoELTIF.Rimangono ancora non definiti alcuni aspetti relativi agliattivi investibili e alle condizioni/presidi da adottare nelcaso di commercializzazione agli investitori retail.

16 In particolare, gli obblighi aggiuntivi che il gestore dell’ELTIF deve rispet-tare per poter offrire azioni o quote del fondo ad investitori al dettaglio sonodi seguito compendiati: il regolamento o i documenti costitutivi dell’ELTIFdevono assicurare parità di trattamento tra tutti gli investitori e nessun tratta-mento preferenziale è concesso a singoli investitori o gruppi di investitori (trat-tamenti preferenziali che, invece, sono consentiti in via generale dallaAIFMD); l’ELTIF non deve essere strutturato come un partenariato; gli inve-stitori al dettaglio devono poter usufruire di un diritto di ripensamento nelcorso del periodo di sottoscrizione e almeno due settimane dopo la sottoscri-zione delle azioni o quote dell’ELTIF, esercitando il quale possono annullarela sottoscrizione e ottenere il rimborso del denaro versato senza incorrere inpenalità. Un’ulteriore condizione – aggiuntiva rispetto a quanto prescritto dallaAIFMD – concerne l’obbligo di pubblicare la documentazione d’offerta (pro-spetto e KID).

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4.4. La comparazione dei diversi regimi normativi euro-pei dei fondi d’investimento alternativiPer fornire un quadro d’insieme degli elementi strutturalidelle diverse discipline, di cui si è fornita una breve rap-presentazione in precedenza, sono state individuate talunearee tematiche che consentono una più agevole letturadelle differenze e delle similarità (cfr. Tav.2). Operando la distinzione per tema di regolamentazione(disciplina “Gestore” vs. disciplina “prodotto”) e per sogliadimensionale degli ammontari in gestione, è possibileosservare come la Direttiva AIFM introduca una disciplinagenerale armonizzata del gestore dei fondi alternativi(senza riguardo alle specializzazioni dei diversi regimi) nelcaso in cui il controvalore dei portafogli in gestione siasuperiore alle soglie indicate (ossia, maggiore di Euro 500milioni per i portafogli privi di leva finanziaria, ovveromaggiore di Euro 100 milioni nel caso di utilizzo di levafinanziaria). Viceversa, nel caso di patrimoni in gestionesotto soglia si applicherà sempre la disciplina nazionale,fatto salvo il regime europeo per i fondi EUVECA. Da evidenziare come la scelta del Legislatore europeo dilasciare ai singoli Stati membri la disciplina della strutturadel prodotto “Fondo d’investimento alternativo” (nellaTav.2 indicato Fondo), che non sia configurato comeEuVECA, è da leggersi nel senso di aver privilegiato l’o-biettivo della flessibilizzazione delle politiche d’investi-mento realizzabili tramite lo strumento dei fondi alternati-vi, in coerenza con le caratteristiche delle economie di cia-scun paese. (cfr. Tavv. 3 e 4). Il “costo” di questa scelta èdato dalla difficoltà di comparazione della rischiosità deiportafogli dei FIA da parte degli investitori nell’ambito diun mercato europeo, anche in virtù della circostanza che ladisponibilità di informazioni relative ai FIA sotto soglia (intermini di frequenza e dettaglio) non sarà disciplinato inmodo uniforme.La non confrontabilità a priori dei fondi alternativi èsuscettibile di generare una frammentazione dei relativi

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mercati su basi nazionali nel caso di offerte retail, con con-seguente perdita dei notevoli benefici che si avrebbero nelcaso di un mercato pan-europeo integrato.

Tav.2 Comparazione delle discipline applicate ai Fondid’Investimento Alternativi per soglia dimensionale eprofilo Gestore vs. Fondo.

NB: ELTIF è una proposta di regolamento dellaCommissione Europea.

Con specifico riferimento alle politiche d’investimento,considerando con riguardo all’Italia l’attuale disciplina peri fondi non UCITS, è facilmente osservabile la finalità difinanziamento dell’economia reale per gli ELTIF e per ifondi EUVECA, con una soglia minima d’investimentodel 70% del portafoglio in gestione per singolo fondo instrumenti finanziari emessi da imprese non finanziarie enon quotate.

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Tav.3 Comparazione delle discipline applicate ai Fondid’Investimento Alternativi per attività d’investimento.

Tav.4 Comparazione delle discipline applicate ai Fondid’Investimento Alternativi per caratteristiche degliattivi investibili.

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Va doverosamente osservato che la regolamentazione suilimiti d’investimento, sulla concentrazione/diversificazionedel rischio e sull’utilizzo della leva finanziaria con riguardoagli OICR alternativi di diritto italiano è in fase di riformaper l’implementazione dell’AIFMD. Le direttrice di rifor-ma sono rappresentate dall’esigenza di consentire una mag-giore flessibilità nella gestione degli investimenti, per iltramite dall’ampliamento del novero degli attivi ammissibi-li (tra cui il loan origination) e delle strategie realizzabili.

Documenti consultati1. Commissione Europea: An action plan to improve accessto finance for SMEs COM(2011) 870 (7.12.2011);

2. Commissione Europea: Libro Verde sul Finanziamento alungo-termine dell’Economia Europea (25 marzo 2013);

3. Commissione Europea: Communication on long termfinancing of the European economy – 27.03.2014;

4. L’Atto per il Mercato Unico II – Insieme per una nuovacrescita (3 ottobre 2012);

5. European Commission – European Central Bank: Reporton the Access to Finance of Small and Medium sizedEnterprises (SAFE) in 2013;

6. Commissione Europea: 2013 Annual Growth Survey;

7. Commissione Europea: Green Paper on Shadow Banking2012;

8. Commissione Europea: Il sistema bancario ombra:affrontare le nuove fonti di rischio nel settore finanziario,COM (2013) 614 (4 settembre 2013);

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9. Commissione Europea: “Regulating Financial Servicesfor Sustainable Growth”, COM (2010) 301 - (2 giugno2010);

10. International Monetary Fund, Global FinancialStability Report (nn. aprile 2009, aprile 2010, settembre2011 e ottobre 2012).

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Doveri e responsabilità degli amministratori delle ban-che: il punto di vista della Banca d’Italia

Premessa La Vigilanza della Banca d’Italia ha dedicato costanteattenzione al tema dei doveri e delle responsabilità degliamministratori delle banche, nelle norme secondarie e nel-l’esercizio dei controlli. Interrogarsi oggi su questo tema, individuare le aree dimiglioramento, valutarne le prospettive, è importante peralmeno tre ragioni. La prima ha carattere strutturale. La capacità degli ammi-nistratori di interpretare al meglio doveri e responsabilità èrilevante ai fini della qualità complessiva del governosocietario di qualsiasi impresa, ma per le banche è crucia-le. Depongono in tal senso la delicata natura e la comples-sità dell’attività bancaria, il ruolo fondamentale rivestitodall’elemento fiduciario, le forti esternalità negative chel’inadeguatezza dei vertici può generare. Agli amministra-tori delle banche spetta deliberare le strategie e controllar-ne la corretta implementazione; definire l’appetito per ilrischio; assicurare che la banca sia in grado di individuare,gestire e monitorare i rischi; “sfidare” il management sullemodalità con le quali quest’ultimo attua strategie, politichee scelte di rischio. L’efficacia e la correttezza dei consi-glieri di amministrazione condizionano il grado di tutelaofferto a investitori e clienti, influiscono sullo stesso costodel capitale. La seconda ragione ha natura più contingente ed è collega-ta con la presente situazione economica. Compiti e respon-sabilità del board sono messi oggi alla prova. Essere unbuon banchiere è diventato oggettivamente difficile: a fron-te di un quadro macroeconomico che stenta a migliorare,

Dott. Carmelo BARBAGALLODirettore Centrale Area Bancaria e Finanziaria Banca d’Italia

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non è facile coniugare adeguata prudenza nell’erogazionedel credito, crescita della redditività, rafforzamento delpatrimonio. Nelle fasi congiunturali sfavorevoli l’attenzio-ne del pubblico si accresce e il giudizio del mercato si fa piùsevero; in momenti come questi la corretta comprensionedel ruolo delle banche, dei doveri e delle responsabilità deiloro amministratori diventano fondamentali. La terza ragione discende dalle prospettive dell’attività ban-caria. L’avvio del Meccanismo di Vigilanza Unico e, piùavanti, il completamento dell’Unione Bancaria cambieran-no radicalmente ordinamenti e mercati. I sistemi bancarisaranno sottoposti a una vigilanza unitaria, fondata su unset di regole armonizzate e stringenti; il mercato unicorisulterà rafforzato e le banche dovranno fronteggiare livel-li più elevati di concorrenza. Grado di patrimonializzazio-ne, struttura dei costi, capacità manageriali saranno sempredi più fattori distintivi della competizione globale; disporredi una governance adeguata diventerà indispensabile.Per tutte queste ragioni il tema è oggetto di novità signifi-cative sul piano normativo, in ambito internazionale edeuropeo, volte a colmare, per quanto possibile, le lacuneche la crisi finanziaria ha fatto emergere. Le disposizionisul governo societario in via di emanazione si muovonolungo la stessa lunghezza d’onda. Prima di affrontare contenuti e motivazioni della normati-va di Vigilanza, vorrei sottolineare, per quanto ovvio, chele regole di settore non sono sufficienti ad assicurare lacornice entro la quale garantire lo sviluppo di una buonagovernance. Fondamentali sono fattori quali le regole didiritto comune sul funzionamento delle società di capitali,sulla responsabilità degli amministratori e sui diritti degliazionisti; l’efficienza della giustizia civile e penale; la qua-lità del mercato del lavoro dei managers; le capacità discrutinio degli shareholders.

1. La situazione del sistema bancario italianoLa crisi finanziaria internazionale, la doppia recessione, le

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tensioni sui mercati del debito sovrano e della raccoltaall’ingrosso hanno messo alla prova la tenuta del sistemabancario italiano. A oltre sei anni dall’inizio della crisi, lacapacità delle banche di finanziare l’economia e sostenerela ripresa si è ridotta. Hanno pesato, prima, la crisi di liqui-dità e, più di recente, il forte aumento del rischio di credito. Il sistema non ha ceduto, come accaduto in altri paesi del-l’area dell’euro. Alla tenuta hanno contribuito vari fattori:la fiducia che le famiglie italiane hanno continuato a man-tenere verso le banche; l’assenza, nei bilanci delle banche,di asset “tossici”; la robustezza patrimoniale. Il sostegnodella banca centrale ha evitato le ripercussioni, potenzial-mente disastrose, della crisi di liquidità sui mercati all’in-grosso. Le azioni, europee e nazionali, volte a contrastarela crisi dei debiti sovrani hanno ulteriormente allentato lepressioni sul fronte del costo della raccolta bancaria. In un contesto in cui erano sorti forti incertezze sulla realecapacità del sistema di reggere all’urto della crisi, laVigilanza ha agito, da un lato, per stimolare il processo dirafforzamento patrimoniale e, dall’altro, per accrescere latrasparenza dei bilanci bancari. Ha contribuito a preserva-re, prima, e a rafforzare, poi, la fiducia del mercato e degliinvestitori nelle banche. Il peso elevato delle partite deteriorate nei bilanci bancaricostituisce oggi il principale elemento di debolezza delsistema. Le posizioni in sofferenza rappresentano un attivoimmobilizzato e infruttifero, un freno alla capacità dellebanche di erogare nuovi prestiti. Di recente sono emersisegnali di un possibile, lieve miglioramento. Il flusso dinuove partite deteriorate si è stabilizzato, e potrebbe comin-ciare a ridursi nel corso dei prossimi trimestri; alcune ban-che hanno realizzato operazioni di cessione con investitorispecializzati; presso alcuni intermediari sono state adottateiniziative volte a migliorare il processo di gestione dellepartite anomale attraverso la creazione di strutture dedicate.Sono sviluppi positivi, che potranno contribuire alla gra-duale riduzione dello stock di distressed assets.

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Al recupero della capacità del sistema bancario italiano dierogare credito potrà contribuire l’esercizio di valutazioneapprofondita dei bilanci delle maggiori banche dell’areadell’euro (comprehensive assessment) che la Banca centra-le europea e le autorità di vigilanza nazionali stanno con-ducendo. Obiettivo dell’esercizio è di dissipare i dubbisulla qualità degli attivi bancari, rafforzando la fiducia delmercato e degli investitori. In tale contesto, l’equilibrio dell’assetto di governo, l’effi-cacia del Consiglio di amministrazione sono condizioninecessarie perché le banche siano non solo in grado di reg-gere alle pressioni della crisi economica, ma anche di con-tribuire al suo superamento.

2. Le lacune emerse dalla crisi e le misure internazio-nali ed europee Prima della crisi era diffusa l’opinione che la stabilità dellebanche non avesse bisogno di essere supportata da regolesul governo societario ulteriori rispetto a quelle previsteper le altre imprese. Non si negava la specialità delle ban-che, ma si riteneva che lo scrutinio del mercato fosse suf-ficiente ad assicurare la qualità dei vertici e che le normedi vigilanza potessero limitarsi a regole essenzialmentequantitative. La crisi ha dimostrato quanto questo assunto fosse debole.Sono venuti alla luce i fattori di potenziale debolezza delsistema: l’intrinseca opacità dei bilanci delle banche, i con-flitti di interesse di operatori che avrebbero dovuto fornire leinformazioni necessarie alla “disciplina di mercato” (reviso-ri, società di rating), il moral hazard connesso con l’aspetta-tiva di garanzie implicite di salvataggio pubblico, specie perle banche di maggiori dimensioni (too big to fail).Le analisi condotte a livello internazionale sulla governan-ce degli intermediari più colpiti dalla crisi hanno restituitoun quadro con molte ombre, anche sui temi su cui si con-centra il convegno di oggi: consigli di amministrazione,carenti sul piano delle professionalità, non in grado di fis-

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sare ex ante chiari obiettivi di rischio e di valutare ex postl’effettiva situazione dell’intermediario; amministratorinon esecutivi scarsamente informati e poco attivi nella fun-zione di controllo; consigli con numerosi comitati internisenza una chiara definizione dei rispettivi compiti; incenti-vi ad amministratori e ad altre figure aziendali (cd. risktakers) distorti da prassi di remunerazione non ben colle-gate ai rischi e all’andamento non di breve periodo dei pro-fili economico-patrimoniali e di liquidità della banca. Lelacune si sono riflesse sugli assetti organizzativi e di moni-toraggio degli intermediari: sistemi di gestione e controllodei rischi frammentati e incompleti; flussi informativi pocotempestivi e affidabili. La risposta regolamentare è stata ampia a livello interna-zionale1. In ambito europeo, ha portato all’emanazione diLinee Guida da parte dell’EBA sul governo interno dellebanche e sui requisiti degli esponenti aziendali e alla pre-visione, nell’ambito della direttiva CRD IV, di regole inmateria di governo societario delle banche, più organiche epuntuali rispetto al passato. La direttiva richiede la predisposizione di “solidi dispositi-vi di governance, ivi compresa una chiara struttura dell’or-ganizzazione con linee di responsabilità ben definite, tra-sparenti e coerenti, di processi efficaci per l’identificazio-ne, la gestione, la sorveglianza e la segnalazione dei

1 La relazione tra corporate governance e crisi bancarie è stata esplorata afondo dai policy-maker. Senza pretese di esaustività: sul tema sono intervenu-ti l’OCSE nel 2009, il comitato di Basilea nel 2010 e il Financial StabilityBoard nel 2013. In tutti i casi, ampie parti sono state dedicate al board e allesue debolezze, prima fra tutte la mancanza di una visione e pianificazione divertice. Le ricette proposte sono simili: va svolto un processo di autovaluta-zione per individuare il mix di competenze necessario all’interno dell’organodi amministrazione; va prestata attenzione alla composizione del board inmodo che le competenze siano adeguate e diffuse; agli amministratori devonoessere attribuiti compiti specifici, rispetto a cui essi devono essere committed,ovvero dedicare sufficiente impegno. Queste valutazioni hanno portato all’ag-giornamento delle best practices, come previsto – solo per citare un caso – dainuovi Principles for enhancing corporate governance adottati nel 2010 dalcomitato di Basilea.

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rischi…, e di adeguati meccanismi di controllo interno…”. Distilla poi le lezioni emerse dalla crisi, specificandoi compiti del Consiglio di amministrazione, identificandocriteri di adeguata composizione del board, rafforzandosignificativamente il sistema di gestione e controllo deirischi. Opera anche su altri fronti: il sistema degli incenti-vi (in particolare, i sistemi di remunerazione); la trasparen-za al mercato; i poteri, anche sanzionatori, delle autorità divigilanza. Altre aree della regolamentazione europea vanno, seppureindirettamente, nella stessa direzione. Chiedere alle banchepiù capitale di migliore qualità (come nel RegolamentoCRR) o prevedere misure di trasferimento delle perdite suazionisti e creditori negli intermediari in difficoltà (comenella direttiva sulla gestione delle crisi bancarie e nelRegolamento sul Meccanismo Unico di Risoluzione)significa implicitamente accrescere l’importanza di unabuona governance e di buoni consigli di amministrazione.Da un lato, infatti, assetti di governo equilibrati e boardrobusti diventeranno sempre più necessari per attrarrecapitali; dall’altro, il maggior rischio di subire perditeaccrescerà l’incentivo di azionisti e creditori a monitorareattentamente la gestione della banca. Un maggiore scruti-nio sull’operato degli amministratori sarà la cifra dellanuova regolamentazione, la sfida che i board delle banchedovranno fronteggiare.

3. L’evoluzione della normativa italiana A partire dagli anni ’90, le modifiche strutturali intervenu-te nel nostro sistema finanziario – derivanti dai processi diprivatizzazione e di concentrazione e dalla crescente pres-sione concorrenziale – hanno indotto la Banca d’Italia adefinire norme sul ruolo dei consigli di amministrazione.Si è dapprima sottolineata, con le Istruzioni di vigilanzadel 1999, l’importanza di un sistema efficace di controlliinterni, efficacia che presuppone l’esistenza di un boardconsapevole e attivo nella gestione dei rischi.

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Nel tempo, l’autonomia degli intermediari si è accresciuta:le banche hanno avuto maggiore flessibilità nel definire lastruttura di gruppo, l’articolazione territoriale e i modellioperativi; con la riforma del diritto societario hanno potu-to scegliere tra diversi modelli societari; la disciplina pru-denziale ha ammesso l’uso di modelli sviluppati interna-mente anche per la quantificazione di rischi e requisitipatrimoniali; connotati storici del sistema bancario italianosono stati profondamente riconsiderati (si pensi, ad esem-pio, al principio di separatezza banca-industria). La Banca d’Italia ha assecondato questo processo, pur sot-toponendolo a una scrupolosa verifica sul campo. E’ statotenuto saldo il binomio autonomia-responsabilità, nellaconsapevolezza che senza una coerente responsabilità l’au-tonomia può degenerare in arbitrio, accentuando i rischi diinstabilità.Nel tempo, le indicazioni dei policy-maker internazionalisi sono fatte più specifiche. Anche ispirandosi ad esse, laBanca d’Italia ha compiuto un percorso evolutivo, le cuitappe principali sono state le disposizioni sulla governan-ce del 2008, la comunicazione al sistema del 2012, lenorme sui controlli interni del 2013, fino ad arrivare allenuove disposizioni sul governo societario in corso di defi-nizione. Prima di soffermarmi sulle modifiche in corso, vorrei fareuna rapida rassegna delle principali regole di governovigenti. In questi anni sono stati delineati i contorni delle funzionistrategiche e gestionali del board, richiedendo una chiaradistinzione di ruoli e un trasparente esercizio del potere didelega. Si è così inteso assicurare la corretta allocazionedelle responsabilità ed agevolare i processi decisionali. Gliamministratori sono stati chiamati a comprendere e gestireadeguatamente i rischi bancari, a predisporre il sistema deicontrolli interni e di risk management, a verificarne nelcontinuo la funzionalità. Specifiche previsioni sono state rivolte ad alcune figure

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(ad esempio agli amministratori non esecutivi e agli indi-pendenti) in grado di apportare una dialettica costruttivaall’interno del board e di contrastare il rischio di egemoniadi un unico soggetto. Il ruolo del Presidente è stato valo-rizzato come figura super partes garante del corretto fun-zionamento dell’organo di appartenenza e degli interessidei molteplici stakeholders della banca. E’ stata al contem-po valorizzata la funzione di gestione, al fine di garantireunivocità e tempestività all’azione della banca, oltre chel’autonomia da indebite ingerenze. Sono stati fissati prin-cipi sulla numerosità del board, sull’istituzione di comita-ti interni ad esso, sui flussi informativi.Anche la professionalità dei singoli amministratori e del-l’organo nel suo complesso è stata oggetto di crescenteattenzione: come in più occasioni ricordato, l’idoneitàdegli amministratori all’esercizio delle proprie funzioni èun concetto che va oltre la meccanica verifica del posses-so di predeterminate qualifiche, che vanno valutate in con-creto, in relazione alle caratteristiche della singola banca eal ruolo che ciascun amministratore ricopre. Le regole sul governo societario rappresentano inoltre lacornice generale in cui si collocano prescrizioni relative adambiti più specifici, nei quali pure viene valorizzato ilruolo dell’organo amministrativo. Si pensi, ad esempio,alla disciplina sulle operazioni con parti correlate, cheidentifica nelle procedure deliberative e, in generale, negliadempimenti richiesti al board, uno dei presidi di corret-tezza; alle disposizioni in materia di rapporti intermediari-clienti, che richiedono alle funzioni di controllo di secon-do livello (“organizzate” dagli amministratori) di assicura-re trasparenza e correttezza nei rapporti con i risparmiato-ri; alle responsabilità del board nella riduzione del rischiodi riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. Quali risultati sono stati conseguiti? Negli anni, la governance delle banche italiane è sicura-mente migliorata. Vi è ora maggiore consapevolezza inmerito alle funzioni e alle responsabilità del board; la

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distinzione tra funzioni di supervisione strategica e compi-ti di gestione si è fatta più chiara; è aumentata la presenzadi soggetti in grado di apportare dialettica costruttiva,come gli amministratori indipendenti. Dalle nostre analisi di vigilanza emergono tuttavia margininon trascurabili di miglioramento. Il numero dei compo-nenti dei consigli permane in media elevato; la valutazionedella loro professionalità non sempre è sufficiente ad assi-curare la presenza nel board di esperienze adeguate ediversificate; l’equilibrio di genere è sovente trascurato; ilruolo svolto dal Presidente non è sempre coerente con lafunzione non esecutiva assegnatagli. La necessità di intervenire su questi aspetti emerge speci-ficamente dalle evidenze ispettive. Nell’ultimo biennio irilievi ispettivi sull’area di governo e controllo sono staticirca un centinaio (su circa trecentocinquanta ispezioni abanche); per tre quarti dei rilievi mossi sono state avviateprocedure sanzionatorie. I profili di criticità più ricorrentiriguardano la presenza di figure che egemonizzano il pro-cesso decisionale e sintomi di ridotta funzionalità dell’or-gano amministrativo. Quanto al primo aspetto, non sono rari i casi di espansionedelle prerogative di Amministratori delegati che, anche pereffetto delle ampie deleghe conferite, tendono a relegare ilConsiglio di amministrazione a un ruolo di mera ratifica didecisioni già assunte. In altri casi, scelte erronee o com-portamenti anomali sono direttamente riferibili alPresidente del Consiglio di amministrazione che, lungi dalperseguire obiettivi di equilibrio e di mediazione tra idiversi poteri, assume un ruolo egemonico, condizionandol’operato dell’Amministratore delegato e gli stessi lavoridell’organo amministrativo. Quanto alla funzionalità del Consiglio, l’esame dei rappor-ti ispettivi pone in evidenza, nelle situazioni patologiche,l’acritica adesione a proposte poco prudenti dell’Esecutivoe, più in generale, una insufficiente capacità dell’organo diadottare efficaci interventi di ordine strategico coerenti con

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la crescente complessità del contesto economico e finan-ziario.

4. Le novità proposte nel documento per la consultazio-ne pubblicaIl documento in consultazione sul governo societario siraccorda strettamente con l’esperienza maturata dallaVigilanza sui temi in esame. I lavori sono in corso; emane-remo le disposizioni definitive nell’arco di qualche setti-mana; stiamo valutando con la dovuta attenzione i com-menti ricevuti. Una critica mossa dal mercato si appunta sul grado di det-taglio delle norme emanande, considerate troppo prescrit-tive e quindi limitative dell’autonomia organizzativa dellebanche. Gli interventi proposti, certamente perfettibili, intervengo-no tuttavia proprio sulle aree di maggiore debolezza primarichiamate; il Governatore ha ricordato al sistema bancarioin più occasioni la necessità di agire su di esse con maggio-re incisività. Alcune di tali carenze sono state rilevate anchedal Fondo Monetario internazionale, nel recente FSAP. Le nuove norme perseguono l’obiettivo di assicurare che ilConsiglio di amministrazione governi efficacemente l’im-presa bancaria chiedendo consiglieri congrui per numero eprofessionalità, nominati attraverso un processo trasparen-te che elimini la percezione di indebite interferenze, con-sapevoli del proprio ruolo, attivamente partecipi alle deci-sioni aziendali. E’ un risultato cui le banche per primedovrebbero tendere, ma sul quale l’iniziativa privata èfinora risultata insufficiente. Su alcuni punti delle proposte la critica è più vivace: si trat-ta delle disposizioni sul numero massimo di componentidel board, previsto per le banche più grandi, e di quelle sulruolo non esecutivo del Presidente. Sul primo aspetto, già le attuali disposizioni chiedono allebanche di evitare composizioni pletoriche del board. Innumerosi interventi pubblici, il sistema bancario è stato

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richiamato a una corretta applicazione di questo principio,sia per assicurare la funzionalità dell’organo, sia per i costiconnessi con una compagine eccessivamente numerosa.Nonostante i richiami effettuati nel corso degli anni, ilnumero dei componenti dei board è rimasto ingiustificata-mente elevato. Studi comparati confermano la pletoricitàdei consigli delle banche italiane. Sul secondo aspetto, relativo al ruolo del Presidente delConsiglio di amministrazione, vorrei sottolineare che lenorme poste in consultazione mirano a valorizzarne la figu-ra e non, come da taluno sostenuto, a svilirla. I compiti chegli vengono attribuiti sono cruciali per favorire la correttadialettica endoconsiliare, l’effettivo bilanciamento dei pote-ri, l’assunzione di decisioni informate anche da parte degliamministratori non esecutivi. Ciò che la proposta chiede èdi evitare la commistione di ruoli: il Presidente è, ed èopportuno che rimanga, una figura non esecutiva; se parte-cipa al Comitato esecutivo, è bene che lo faccia in veste diosservatore, non come compartecipe delle decisioni.

5. Il regime di responsabilità degli amministratori tradiritto comune e sanzioni di vigilanza Dalle riflessioni sin qui svolte emerge che i compiti richie-sti agli amministratori sono molteplici e complessi. LaBanca d’Italia esercita un controllo attento sul loro corret-to assolvimento, concorrendo a determinare il regime diresponsabilità a carico degli amministratori, insieme allealtre fonti del diritto (civile, penale).L’esistenza di più piani di enforcement rispecchia la parti-colare natura dell’impresa bancaria, la cui attività incidenon solo sugli azionisti e sui creditori direttamente colle-gati con la banca, ma su una ben più ampia e variegatacategoria di risparmiatori e sulla collettività in generale. Definire un regime ottimale di responsabilità non è sem-plice; numerose sono le implicazioni di cui tener conto,come suggerisce anche la letteratura economica. Un regi-me di responsabilità severo può indurre a comportamenti

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diligenti da parte del board, rispettosi degli interessirichiamati, perché accresce il costo-opportunità di condot-te irregolari. Tuttavia, se troppo afflittivo, può avere effet-ti indesiderati: un’eccessiva avversione al rischio nellagestione della società; la richiesta di compensi troppo ele-vati o di garanzie che possano schermare le condotte daeventuali azioni di responsabilità; la restrizione del noverodi amministratori disposti a ricoprire il ruolo, anche conpericolosi effetti di selezione avversa (a vantaggio dimanager più spregiudicati). Ne discende che, per essere efficace, oltre che doverosa-mente equa, l’irrogazione di sanzioni amministrative daparte della Banca d’Italia deve soddisfare l’esigenza digarantire un regime equilibrato. Come confermato dalla giurisprudenza, le fattispecie san-zionatorie presuppongono sempre che la violazione siaimputabile all’autore a titolo di dolo o di colpa, in ragionedi una sua azione od omissione cosciente e volontaria. LaBanca d’Italia pone attenzione al fatto che, pur a frontedella progressiva dilatazione dei compiti del Consiglio diamministrazione e di una azione di Vigilanza sempre piùincisiva, non si vada a sanzionare una responsabilità mera-mente oggettiva degli amministratori2. Nell’ambito del sistema sanzionatorio, la responsabilitàche scaturisce da atti compiuti dagli amministratori indivi-dualmente, in quanto titolari di deleghe di poteri o di par-ticolari cariche (es. Presidente), si distingue da quella cheessi assumono in ragione della propria azione o omissionein seno all’organo consiliare di cui fanno parte.

2 Come noto, il sistema sanzionatorio delineato dal TUB (art. 144) è tradizio-nalmente imperniato sulla responsabilità della persona fisica che ha commes-so la violazione. Quella solidale, per il pagamento della sanzione della bancaa cui appartiene chi ha commesso la violazione, è temperata dall’obbligo del-l’ente di esercitare il regresso verso i responsabili. L’individuazione dei sog-getti responsabili sulla base delle funzioni effettivamente esercitate garantisceinoltre la neutralità del sistema sanzionatorio rispetto alle scelte del modello digovernance adottato.

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Gli amministratori non esecutivi, in particolare, possonoesser chiamati a rispondere per non aver adempiuto aidoveri di controllo e propulsivi connessi con l’obbligo divigilare sull’andamento generale della gestione che ladisciplina societaria e quella bancaria impongono loro. Direcente la giurisprudenza ha evidenziato come il generaledovere di “agire informati” dei consiglieri non esecutivi siatteggi in modo particolarmente stringente in materia diorganizzazione e governo societario delle banche. Ciòanche in ragione degli interessi protetti dall’art. 47 dellaCostituzione - tutela del risparmio ed esercizio del credito- che sostanziano la specialità dell’impresa bancaria3. Sin qui il regime attuale. E’ noto che con il recepimentodella direttiva CRD IV il sistema sanzionatorio in campobancario sarà interessato da profonde modifiche. Le san-zioni potranno essere irrogate, non solo nei confronti dellepersone fisiche, ma anche delle banche stesse; i massimalidelle misure pecuniarie aumenteranno significativamente.Il novero degli strumenti di vigilanza si amplierà: si pensiai provvedimenti del public warning, del cease and desiste del temporary ban, che consentiranno di intervenire inmaniera più calibrata e tempestiva. Nella stessa direzionesi colloca la prospettata attribuzione alla Banca d’Italia delpotere di rimuovere, nei casi più gravi, gli esponenti azien-dali, come sollecitato anche dal Fondo Monetario. Il mede-simo potere è previsto, in capo all’Autorità di vigilanza,nella prossima direttiva sulla gestione delle crisi bancarie(cd. BRRD) e, in capo alla BCE, nel Regolamento sulsistema di supervisione unico.

3 Il loro dovere di agire informati non si esaurisce, nelle banche, nel riceverele informazioni che gli amministratori delegati forniscono. Essi sono compar-tecipi delle decisioni assunte dall’intero Consiglio e hanno, come ribadito dallasuprema Corte, “l’obbligo di contribuire ad assicurare un governo efficace deirischi in tutte le aree della banca e di attivarsi in modo da poter utilmente edefficacemente esercitare una funzione dialettica e di monitoraggio sulle sceltecompiute dagli organi esecutivi attraverso un costante flusso informativo”(così Cass., 5.2.2013 n.ri 2737, 2738 e 2739).

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L’obiettivo è di accrescere l’efficacia e la gradualità dellemisure che possono essere irrogate dalle autorità di vigi-lanza. Anche nel nuovo contesto la Banca d’Italia, nell’e-sercizio concreto delle sue funzioni di vigilanza e nell’am-bito dei poteri di intervento e sanzionatori attribuiti dalRegolamento sul sistema di supervisione unico, perseguiràl’equilibrio complessivo del sistema e il rispetto dei prin-cipi prima richiamati.

Conclusioni Nell’esercitare i compiti che l’ordinamento gli assegna,l’amministratore di una qualsiasi impresa deve operare condiligenza e rispondere del proprio operato. Questo principio assume per una banca connotati partico-lari: implica consapevolezza della peculiarità della gestio-ne bancaria e coscienza della molteplicità degli interessi ingioco; richiede di basare le scelte di erogazione 18 del credito sul merito dei prenditori e di fondare le relazio-ni con la clientela su canoni di trasparenza e correttezza;raccomanda di perseguire l’efficienza e di preservare lafiducia del pubblico in ogni circostanza; impone di nonfarsi influenzare da modelli quantitativi sofisticati madeboli, di non avventurarsi in rischi eccessivi, al di fuoridella capacità di controllo e di gestione aziendale. La declinazione di tale principio richiede, in sintesi, com-petenza, professionalità, capacità di visione strategica,autonomia di giudizio. Per l’amministratore esecutivo di una banca, ciò vuol diresvolgere la propria funzione con apertura al confronto maanche al riparo da indebite ingerenze di azionisti, rappre-sentanti del territorio, gruppi di interesse; per un consiglie-re non esecutivo o indipendente, significa contribuire alladialettica del board, agendo in modo informato e rappor-tandosi al management con autorevolezza; per ilPresidente mantenere un ruolo super partes a garanzia delcorretto funzionamento del board e della circolarità delleinformazioni.

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Un buon board non è solo un presidio di stabilità, ma unapotente leva competitiva. Alcuni fattori evolutivi porteran-no a un miglior funzionamento del sistema bancario euro-peo, eliminando frammentazioni e accrescendo la compe-tizione. Altri aumenteranno le informazioni a disposizionedi azionisti e creditori e i loro incentivi a monitorare l’atti-vità delle banche. Si leverà più forte la voce di chi solleci-ta assetti di governo societario solidi, idonei a ridurre irischi di perdite a carico dei finanziatori. Oggi, come domani, una gestione corretta e professionaledel board è il miglior segnale che si può dare al mercatosull’affidabilità di una banca e sulla sua capacità di tutela-re adeguatamente il risparmio.

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ADERENTI ALLA ASSOCIAZIONEPER LO SVILUPPO DEGLI STUDI DI BANCA E DI BORSA

Alba Leasing S.p.A.Allianz Bank Financial Advisors, S.p.A.Asset Banca S.p.A.Associazione Nazionale per le Banche PopolariBanca Agricola Commerciale della Repubblica di San MarinoBanca Agricola Popolare di RagusaBanca Akros S.p.A.Banca di BolognaBanca della Campania S.p.A.Banca Carige S.p.A.Banca Carime S.p.A.Banca Cassa di Risparmio di Asti S.p.A.Banca Credito Cooperativo di CambianoBanca Fideuram S.p.A.Banca del Fucino S.p.A.Banca di Imola S.p.A.Banca Mediolanum S.p.A.Banca del Mezzogiorno S.p.A. - MCCBanca della Nuova Terra S.p.A.Banca di PiacenzaBanca del Piemonte S.p.A.Banca Popolare dell’Alto Adige S.p.A.Banca Popolare di Ancona S.p.A.Banca Popolare di BariBanca Popolare di Bergamo S.p.A.Banca Popolare di Cividale Scpa.Banca Popolare Commercio e Industria S.p.A.Banca Popolare dell’Emilia RomagnaBanca Popolare dell’Etruria e del LazioBanca Popolare di MarosticaBanca Popolare del Mezzogiorno S.p.A.Banca Popolare di MilanoBanca Popolare di Puglia e BasilicataBanca Popolare PuglieseBanca Popolare di Ravenna S.p.A.Banca Popolare di SondrioBanca Popolare Valconca S.p.ABanca Popolare di VicenzaBanca Regionale Europea S.p.A.Banca di San Marino S.p.A.Banca di Sassari S.p.A.Banca Sella Holding S.p.A.Banca del Sud S.p.A.Banca Tercas S.p.A.Banca Valsabbina ScpaBanco di Brescia S.p.A.Banco di Desio e della BrianzaBanco Popolare ScpaBanco di Sardegna S.p.A.BCC di Spello e BettonaBNL Gruppo Bnp ParibasCarifermo S.p.A.Cassa Lombarda S.p.A.

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Cassa di Risparmio in Bologna S.p.A.Cassa di Risparmio di Cento S.p.A.Cassa di Risparmio di Ferrara S.p.A.Cassa di Risparmio Friuli Venezia Giulia S.p.A.Cassa di Risparmio di Pistoia e della Lucchesia S.p.A.Cassa di Risparmio di Ravenna S.p.A.Cassa Risparmio di Rimini S.p.A.Cassa di Risparmio di San Miniato S.p.A.Cassa di Risparmio di Savona S.p.A.Cassa di Risparmio del Veneto S.p.A.Cassa di Risparmio di Venezia S.p.A.Cedacri S.p.A.Credito Bergamasco S.p.A.Credito Emiliano S.p.A.Credito Industriale Sammarinese S.p.A.Credito di Romagna S.p.A.Credito Siciliano S.p.A.Credito ValtellineseCSE - Consorzio Servizi BancariDeutsche Bank S.p.A.Extra Banca S.p.A.Federazione Lombarda Banche di Credito CooperativoFinanziaria Internazionale Holding S.p.A.Ing DirectIntesa SanPaolo S.p.A.Istututo Bancario Lavoro S.p.A.Istituto Centrale Banche Popolari ItalianeMediocredito Trentino Alto Adige S.p.A.SEC Servizi ScpaSIA S.p.A.State Street Bank S.p.A.UBI Banca ScpaUBI Banca Private Investment S.p.A.UBI Pramerica SGR S.p.A.Unicredit S.p.A.Unipol Banca S.p.A.Veneto Banca Scpa

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Amici dell’AssociazioneArca SGR S.p.A.Associazione Studi e Ricerche per il MezzogiornoCarta Si S.p.A.Consilia-Business Management Crif Decision Solution S.p.A.KPMG Advisory S.p.A.Oasi Diagram S.p.A.Pitagora S.p.A.Unione Fiduciaria S.p.A.

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ELENCO DEGLI ULTIMI QUADERNI PUBBLICATI

PER L’ELENCO COMPLETO DELLE PUBBLICAZIONI ASSBB CONSULTARE IL SITOwww.assbb.it

I testi precedenti sono disponibili a richiesta

N. 250 "BANCA, IMPRESA E MERCATI: LA SFIDA DELLO SVILUPPO” CommentiC. Faissola - M. Perini - G. Vegas - aprile 2009

N. 251 "QUALE BANCA DOPO LA CRISI” Commenti M. Lossani - A. Baglioni - E. Beccalli - P. Bongini - E. Panetta - A. Sironi - marzo 2009

N. 252 “NUOVE REGOLE PER UN’ATTIVITÀ BANCARIA ETICA.”“COMPORTAMENTI DEL BUON BANCHIERE” Commenti T. Bianchi -marzo 2010

N. 253 “LE BANCHE NELL’ATTUALE MERCATO E L’OPINIONE DEI CLIENTI”N. Pagnoncelli -aprile 2010

N. 254 “LA GESTIONE DEL CREDITO NELL’ATTUALE FASE ECONOMICA”F. Bellotti - D. Gronchi - F. Kerbaker - marzo 2010

N. 255 “LA CONGIUNTURA, LA DINAMICA DEL CREDITO E LA STRUTTURAFINANZIARIA DELLE IMPRESE”

M. Lossani - F. De Novellis - F. Panetta - G. De Felice - giugno 2010

N. 256 “REGOLE E MERCATO”V. Conti - I. Visco - C. Faissola - giugno 2010

N. 257 “LA GESTIONE DEL CREDITO NELL’ATTUALE FASE ECONOMICA”G. Viciago - E. La Mecca - V. Missab - L. Moscatello - C. Salvatori - luglio 2010

N. 258 “LEZIONI SULLA FORMAZIONE DEL SISTEMA BANCARIO ITALIANO”G. Conti - A. Cova - S. La Francesca - dicembre 2010

N. 259 “ANSIA PER I DEBITI SOVRANI: UNA QUESTIONE MORALE PER LEBANCHE”T. Bianchi - marzo 2011

N. 260 “ASPETTI REPUTAZIONALI DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI”I. Pagnoncelli - aprile 2011

N. 261 “LE PROSPETTIVE DELLA REDDITIVITÀ”A. banfi - G. Piccini - C. Salvatori - aprile 2011

N. 262 “SCENARI DI CONTESTO ECONOMICO”L. Lossaci - R. Sabbatini - A. Campenile - aprile 2011

N. 263 “IL FUNDING DELLE BANCHE ITALIANE: PROBLEMI E PROSPETTIVE”G. Vaciago - M. Bianconi - G. De Felice - maggio 2011

N. 264 “GLI SCENARI DELLA REGOLAMENTAZIONE E DEI CONTROLLI: COSTIED OPPORTUNITÀ PER L’INDUSTRIA BANCARIA E FINANZIARIA”R. Ranci - V. Conti - G. Sabatini - A.M. Tarantola - giugno 2011

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N. 265 “ALLA RICERCA DELL'EQUILIBRIO DI MEDIO/LUNGO PERIODO NELLE GESTIONI BANCARIE”Prof. Tancredi Bianchi, Professore Emerito nell'Università Bocconi di Milano - marzo 2012

N. 266 “TRE PROTAGONISTI DEL NOVECENTO: MENICHELLA, MATTIOLI, DELL’AMORE”G. Conti - A. Cova - S. La Francesca - aprile 2012

N. 265 “ALLA RICERCA DELL'EQUILIBRIO DI MEDIO/LUNGO PERIODO NELLE GESTIONI BANCARIE”Prof. Tancredi Bianchi, Professore Emerito nell'Università Bocconi di Milano - marzo 2012

N. 266 “TRE PROTAGONISTI DEL NOVECENTO: MENICHELLA, MATTIOLI, DELL’AMORE”G. Conti - A. Cova - S. La Francesca - aprile 2012

N. 267 “LO SCENARIO ECONOMICO”M. Lossani - A. Generale - P. Bongini - aprile 2012

N. 268 “RISCHIO, REGOLE E RESPONSABILITÀ”P. Ranci - A. Baglioni - V. Conti - L.F. Signorini - aprile 2012

N. 269 “LE SFIDE DELLA COMPLESSITÀ: IL RUOLO DELLE RISORSESTRATEGICHE”A. Banfi - F. Micheli - G. Sabatini - C. Dell’Aringa - aprile 2012

N. 270 “RISCHIO, REGOLE E RESPONSABILITÀ”A. Enria - G. Mussari - maggio 2012

N. 271 “LE SFIDE DELLA COMPLESSITÀ: LE IMPLICAZIONI SULL’ATTIVITÀ DI INTERMEDIAZIONE”G. Vaciago - M. Massacesi - G. Zadra - marzo 2012

N. 272 “QUANDO FINISCONO LE CRISI”G. Vaciago - febbraio 2013

N. 273 “QUALE MODELLO DI BANCA PER LE SFIDE DEL FUTURO?”T. Bianchi - F. Panetta - marzo 2013

N. 274 “IL SISTEMA BANCARIO ITALIANO NELL’ECONOMIA GLOBALE(1970 - 2000)”G. Conti - A. Cova - S. La Francesca - giugno 2013

N. 275 “QUALE MODELLO DI BANCA PER LE SFIDE DEL FUTURO?”II PARTEG. Vaciago - M. Onado - G. Sabatini - V. Conti - luglio 2013

N. 276 “BANCHE E IMPRESE DI FRONTE ALLA SFIDA DELLA GLOBALIZZAZIONE:IL PUNTO DI VISTA DELLE BANCHE”A. Banfi - G. Ajassa - G. de Felice - A. Santilli - A. Cataldo - marzo 2013

N. 277 “L’EUROPA TRA CRISI E INTEGRAZIONE: EFFETTI SULLE BANCHE”

M. Lossani - A. Baglioni - D. Focarelli - marzo 2013

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N. 278 “LE CRISI BANCARIE IN ITALIA NELL’OTTOCENTO E NEL NOVECENTO: CAUSE E SVOLGIMENTI”C. Conti - A. Cova - S. La Francesca - maggio 2014

N. 279 “BANCHE E IMPRESE DOPO LA LUNGA RECESSIONE: LA SFIDA DELLACRESCITA”M. Lossani - P. Sella - A. Bombassei - giugno 2014

N. 280 “BANCA E MERCATO DEI CAPITALI AL SERVIZIO DELL’IMPRESA: IL FINANZIAMENTO DEGLI INVESTIMENTI E DELL’INTERNAZIONALIZZAZIONE”G. Vaciago - I. Cipolletta - G. Costa - G. Sabatini - C. Salvatori - A. Baban - marzo 2014

N. 267 “LO SCENARIO ECONOMICO”M. Lossani - A. Generale - P. Bongini - aprile 2012

N. 268 “RISCHIO, REGOLE E RESPONSABILITÀ”P. Ranci - A. Baglioni - V. Conti - L.F. Signorini - aprile 2012

N. 269 “LE SFIDE DELLA COMPLESSITÀ: IL RUOLO DELLE RISORSESTRATEGICHE”A. Banfi - F. Micheli - G. Sabatini - C. Dell’Aringa - aprile 2012

N. 270 “RISCHIO, REGOLE E RESPONSABILITÀ”A. Enria - G. Mussari - maggio 2012

N. 271 “LE SFIDE DELLA COMPLESSITÀ: LE IMPLICAZIONI SULL’ATTIVITÀ DI INTERMEDIAZIONE”G. Vaciago - M. Massacesi - G. Zadra - marzo 2012

N. 272 “QUANDO FINISCONO LE CRISI”G. Vaciago - febbraio 2013

N. 273 “QUALE MODELLO DI BANCA PER LE SFIDE DEL FUTURO?”T. Bianchi - F. Panetta - marzo 2013

N. 274 “IL SISTEMA BANCARIO ITALIANO NELL’ECONOMIA GLOBALE(1970 - 2000)”G. Conti - A. Cova - S. La Francesca - giugno 2013

N. 275 “QUALE MODELLO DI BANCA PER LE SFIDE DEL FUTURO?”II PARTEG. Vaciago - M. Onado - G. Sabatini - V. Conti - luglio 2013

N. 276 “BANCHE E IMPRESE DI FRONTE ALLA SFIDA DELLA GLOBALIZZAZIONE:IL PUNTO DI VISTA DELLE BANCHE”A. Banfi - G. Ajassa - G. de Felice - A. Santilli - A. Cataldo - marzo 2013

N. 277 “L’EUROPA TRA CRISI E INTEGRAZIONE: EFFETTI SULLE BANCHE”M. Lossani - A. Baglioni - D. Focarelli - marzo 2013

N. 278 “LE CRISI BANCARIE IN ITALIA NELL’OTTOCENTO E NEL NOVECENTO: CAUSE E SVOLGIMENTI”C. Conti - A. Cova - S. La Francesca - maggio 2014

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N. 279 “BANCHE E IMPRESE DOPO LA LUNGA RECESSIONE: LA SFIDA DELLACRESCITA”M. Lossani - P. Sella - A. Bombassei - giugno 2014

N. 280 “BANCAE MERCATO DEI CAPITALI ALSERVIZIO DELL’IMPRESA: ILFINANZI-AMENTO DEGLI INVESTIMENTI E DELL’INTERNAZIONALIZZAZIONE”G. Vaciago - I. Cipolletta - G. Costa - G. Sabatini - C. Salvatori - A. Baban - giugno 2014

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Per ogni informazione circa le pubblicazioni ci si può rivolgere alla Segreteriadell’Associazione - tel. 02/62.755.252 - E-mail: [email protected] - sito web: www.assbb.it

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novembre 2014