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69 Conservazione e conservatori La vicenda conservativa dell’opera che Giambattista Tiepolo dipinse nel 1759 per il Duomo di Este ha ufficialmente inizio il primo luglio 1892, quando Alessandro Prosdocimi, allora assessore alla pubblica istruzione del Comune atestino, illu- stra con accorate parole al Consiglio comunale la storia del prezioso dipinto, “solennemente interprete di quel sentimento religioso, veramente profondo, che allora affratellava gli estensi nelle opere di decoro del Tempio e della Patria” 2 . Come costata con una precisa descrizione il pubblico ammi- nistratore, “la grandiosa tela pende floscia dalla sua vecchia e tarlata armatura; gli smaglianti colori […] si veggono quasi offuscati per l’opera edace e continua del fumo degli incensie- ri e delle candele, per modo che sono quasi interamente vela- ti non pochi di quei minuti pregi che fanno lodatissimo l’insu- perabile sfondo del quadro e per i quali acquistano pregi mag- giori le bellissime figure che in esso vi campeggiano” 3 ; è quindi più che mai necessario un restauro, con operazioni sia di tipo meccanico sia di tipo artistico secondo le procedure del tempo, che Prosdocimi chiede al Consiglio comunale di approvare e sostenere 4 . I numerosi documenti inediti sulla pala, recentemente ritrova- ti, permettono di ricostruire, grazie alla varietà e ricchezza d’informazioni che contengono, una storia affascinante e sfac- cettata, che riguarda non solo le tecniche di restauro e i restau- ratori, ma, anche le competenze e l’avvicendamento delle isti- tuzioni statali preposte alla tutela, i rapporti tra i diversi orga- nismi che operavano a livello locale, le vicissitudini delle per- sone a vario titolo coinvolte nella salvaguardia del patrimonio storico-artistico. In questo breve contributo, che anticipa un più articolato studio monografico, si darà conto dei tre più importanti restauri a cui è stato sottoposto nei secoli il dipin- to di Este, per concludere con un l’accurato studio condotto sulle sue attuali condizioni conservative e la descrizione del- l’intervento che si è reso necessario al fine esporre l’opera nella attuale mostra. La “riparazione” del 1893 è la prima importante operazione conservativa documentata della pala di Santa Tecla, quella che segue “vecchi e grossolani restauri” 5 , verosimilmente ese- guiti con intento manutentivo dopo la messa in opera del qua- dro oltre un secolo prima. Promotore dell’iniziativa, come già evidenziato, è l’instancabile Alessandro Prosdocimi, persona- lità di spicco della vita civile atestina, nominato proprio in quell’anno ispettore onorario ai monumenti e agli scavi. La tela, in origine priva di telaio e inchiodata con borchie al tavo- lato di larice curvo, che Tiepolo volle fosse addossato alla muratura di fondo dell’abside 6 , presenta dei difetti di tensio- namento nella parte bassa, ossidazioni della vernice e cadute di colore. Municipio e Fabbriceria del duomo condividono il comune desiderio di restituire decoro all’opera per mezzo di un intervento che ripari i danni subiti e assicuri la sua futura conservazione. Il primo pittore invitato dall’abate Antonio Pertile a valutare le condizioni del dipinto è il veneziano Francesco Vason, da cui Giacomo Favretto era stato a botte- ga. Agli inizi del 1892 l’artista redige un progetto d’interven- to che prevede le seguenti fasi: foderatura della pala, costru- zione di un telaio per sostenere l’opera senza inchiodarla al primitivo tavolato pensato da Tiepolo, garantendo così la cir- colazione dell’aria anche sul retro, consolidamento dei solle- vamenti di colore, leggera pulitura. Il compenso previsto per le operazioni è di lire 1.150, necessarie per il pagamento sia di Vason sia del signor Riccoboni, forse un falegname, che si sarebbe occupato della parte meccanica del restauro. La scelta dell’operatore e l’entità della spesa, come risulta dal- le delibere comunali, sono pienamente condivise dalla muni- cipalità di Este, che scrive al Prefetto di Padova Saladino Saladini affinché assuma informazioni presso l’Ufficio regio- nale per la conservazione dei monumenti del Veneto sulla capacità di Francesco Vason a eseguire il lavoro. Federico Berchet, direttore di quest’ultimo ufficio, si rivolge al presi- dente dell’Accademia di belle arti di Venezia Nicolò Barozzi affinché convochi la Commissione permanente di pittura ed esprima il giudizio di competenza. Dopo varie sedute e un sopralluogo a Este, il 18 novembre 1892 la Commissione si pronuncia unanimemente in senso negativo, poiché Vason non ha sufficiente esperienza per compiere l’intervento neces- sario. Non senza imbarazzo da parte degli interlocutori atestini, il pittore riparatore viene congedato e il Comune sceglie al suo posto il veneziano Giovanni Zennaro autore, assieme a Giovanni Spoldi, di molti restauri a Palazzo Ducale. “A noi tutti sarebbe obbligo sacrosanto di tramandare quest’opera che tanto ci onora intatta ai più tardi nepoti” 1 . Conservazione e conservatori della Pala di Este dall’Ottocento ai giorni nostri Elisabetta Francescutti Franco Del Zotto Tiepolo Francescutti 29-11-2012 15:37 Pagina 69

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Conservazione e conservatori

La vicenda conservativa dell’opera che Giambattista Tiepolodipinse nel 1759 per il Duomo di Este ha ufficialmente inizioil primo luglio 1892, quando Alessandro Prosdocimi, alloraassessore alla pubblica istruzione del Comune atestino, illu-stra con accorate parole al Consiglio comunale la storia delprezioso dipinto, “solennemente interprete di quel sentimentoreligioso, veramente profondo, che allora affratellava gliestensi nelle opere di decoro del Tempio e della Patria”2.Come costata con una precisa descrizione il pubblico ammi-nistratore, “la grandiosa tela pende floscia dalla sua vecchia etarlata armatura; gli smaglianti colori […] si veggono quasioffuscati per l’opera edace e continua del fumo degli incensie-ri e delle candele, per modo che sono quasi interamente vela-ti non pochi di quei minuti pregi che fanno lodatissimo l’insu-perabile sfondo del quadro e per i quali acquistano pregi mag-giori le bellissime figure che in esso vi campeggiano”3; èquindi più che mai necessario un restauro, con operazioni siadi tipo meccanico sia di tipo artistico secondo le procedure deltempo, che Prosdocimi chiede al Consiglio comunale diapprovare e sostenere4.I numerosi documenti inediti sulla pala, recentemente ritrova-ti, permettono di ricostruire, grazie alla varietà e ricchezzad’informazioni che contengono, una storia affascinante e sfac-cettata, che riguarda non solo le tecniche di restauro e i restau-ratori, ma, anche le competenze e l’avvicendamento delle isti-tuzioni statali preposte alla tutela, i rapporti tra i diversi orga-nismi che operavano a livello locale, le vicissitudini delle per-sone a vario titolo coinvolte nella salvaguardia del patrimoniostorico-artistico. In questo breve contributo, che anticipa unpiù articolato studio monografico, si darà conto dei tre piùimportanti restauri a cui è stato sottoposto nei secoli il dipin-to di Este, per concludere con un l’accurato studio condottosulle sue attuali condizioni conservative e la descrizione del-l’intervento che si è reso necessario al fine esporre l’operanella attuale mostra.La “riparazione” del 1893 è la prima importante operazioneconservativa documentata della pala di Santa Tecla, quellache segue “vecchi e grossolani restauri”5, verosimilmente ese-guiti con intento manutentivo dopo la messa in opera del qua-

dro oltre un secolo prima. Promotore dell’iniziativa, come giàevidenziato, è l’instancabile Alessandro Prosdocimi, persona-lità di spicco della vita civile atestina, nominato proprio inquell’anno ispettore onorario ai monumenti e agli scavi. Latela, in origine priva di telaio e inchiodata con borchie al tavo-lato di larice curvo, che Tiepolo volle fosse addossato allamuratura di fondo dell’abside6, presenta dei difetti di tensio-namento nella parte bassa, ossidazioni della vernice e cadutedi colore. Municipio e Fabbriceria del duomo condividono ilcomune desiderio di restituire decoro all’opera per mezzo diun intervento che ripari i danni subiti e assicuri la sua futuraconservazione. Il primo pittore invitato dall’abate AntonioPertile a valutare le condizioni del dipinto è il venezianoFrancesco Vason, da cui Giacomo Favretto era stato a botte-ga. Agli inizi del 1892 l’artista redige un progetto d’interven-to che prevede le seguenti fasi: foderatura della pala, costru-zione di un telaio per sostenere l’opera senza inchiodarla alprimitivo tavolato pensato da Tiepolo, garantendo così la cir-colazione dell’aria anche sul retro, consolidamento dei solle-vamenti di colore, leggera pulitura. Il compenso previsto perle operazioni è di lire 1.150, necessarie per il pagamento siadi Vason sia del signor Riccoboni, forse un falegname, che sisarebbe occupato della parte meccanica del restauro. La scelta dell’operatore e l’entità della spesa, come risulta dal-le delibere comunali, sono pienamente condivise dalla muni-cipalità di Este, che scrive al Prefetto di Padova SaladinoSaladini affinché assuma informazioni presso l’Ufficio regio-nale per la conservazione dei monumenti del Veneto sullacapacità di Francesco Vason a eseguire il lavoro. FedericoBerchet, direttore di quest’ultimo ufficio, si rivolge al presi-dente dell’Accademia di belle arti di Venezia Nicolò Barozziaffinché convochi la Commissione permanente di pittura edesprima il giudizio di competenza. Dopo varie sedute e unsopralluogo a Este, il 18 novembre 1892 la Commissione sipronuncia unanimemente in senso negativo, poiché Vasonnon ha sufficiente esperienza per compiere l’intervento neces-sario. Non senza imbarazzo da parte degli interlocutori atestini,il pittore riparatore viene congedato e il Comune sceglie alsuo posto il veneziano Giovanni Zennaro autore, assiemea Giovanni Spoldi, di molti restauri a Palazzo Ducale.

“A noi tutti sarebbe obbligo sacrosanto di tramandare quest’opera che tanto ci onoraintatta ai più tardi nepoti”1. Conservazione e conservatori della Pala di Estedall’Ottocento ai giorni nostri Elisabetta FrancescuttiFranco Del Zotto

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70Figura 1. Este, Duomo di Santa Tecla, Santa Tecla libera Este dalla pestilenza, eliotipia Jacobi, inizi del XX secolo.

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Anche questa volta si interpella, per mezzo degli organi pre-posti, la Commissione permanente di pittura che, con delibe-razione 24 febbraio 1893, approva le operazioni conservativee ritiene l’operatore prescelto “pienamente capace” di ese-guirle, avendo già avuto prova “della sua idoneità e diligenza”in precedenti lavori.Il sospirato restauro della pala di Tiepolo per opera diZennaro, coadiuvato dall’atestino Ausonio Raimondi, iniziasoltanto il 12 agosto, dopo la felice soluzione di un vero e pro-prio incidente diplomatico generatosi tra il Comune e ilMinistero della Pubblica Istruzione che, su proposta unanimedella Commissione conservatrice dei monumenti di Padova,aveva contestualmente assegnato il medesimo incarico alrestauratore padovano Antonio Bertolli.La successione delle operazioni, concluse il 14 settembre, èpuntualmente riportata nel «Giornale dei lavori di riordinodel dipinto di Giambattista Tiepolo “Este liberata dallapestilenza del 1630 per intercessione di S. Tecla” conserva-to nel Duomo di Este»7, custodito nell’archivio storicocomunale, un documento molto prezioso per la conoscenzadei materiali usati e delle scelte di fondo operate, controlla-te e condivise da una commissione di sorveglianza, apposi-tamente creata, costituita da Alessandro Prosdocimi,Federico Tietze e Giuseppe Riccoboni. La pala, staccata daltavolato, viene arrotolata da Zennaro su un cilindro di legno,trasportata nel Castello di Este e distesa con il verso appog-giato al pavimento. Qui l’artista protegge la pellicola pitto-rica con veli fatti aderire per mezzo di colletta animale(“colla di carnicci”); poi costruisce un telaio interinale pertendere la tela di rifodero e prepara una colla di pasta (“colladi fior di farina”) per le operazioni di foderatura. Asciugatala velinatura gira il dipinto con l’ausilio del cilindro, e conla pietra pomice spiana “l’orlo prominente della cucitura cheuniva i due teli” e ogni altra asperità per ottenere un pianoperfettamente dritto. Servendosi di paranchi (“taglie”), il pit-tore fa aderire al retro del quadro cosparso di colla il telaiointerinale con la tela di rifodero ben tesa e verosimilmente lostira (“si eseguì la foderatura”); quindi postolo in verticale,assicurato con funi e legacci, lo lascia asciugare. Ultimatal’asciugatura, toglie le veline sul fronte con acqua tiepida,che rimuove la colla ma anche la polvere e lo sporco grasso;in seguito ravviva la superficie pittorica “con alcool edessenza di trementina in dosi più o meno forti a seconda delbisogno”. Le stuccature sono realizzate da Zennaro congesso di Bologna e colla animale, levigate e integrate concolori a tempera, previa stesura di un leggerissimo film divernice di mastice. Ultimato l’intervento, il restauratorearrotola su di un cilindro di 70 cm di diametro la tela toltadal telaio interinale, la riporta in chiesa e, tesa su un telaiodiritto di abete a cunei realizzato dal falegname ValentinBarbato8, la ricolloca al suo posto, sulla parete di fondo del-l’abside (Figura 1).

L’intervento, svolto da Zennaro con diligenza e meticolositàe con materiali potenzialmente reversibili, costituisce ilpunto di partenza dei problemi che ancora oggi affliggono latela, a causa delle tensioni non controllabili determinate dallafoderatura e dalla messa in opera su un telaio piano. La deci-sione di non utilizzare più il tavolato curvo come supporto,pensato da Tiepolo stesso e necessario all’equilibrio del-l’opera, era destinata infatti a condizionare i restauri futuri ela salute della preziosa opera. La scelta, tuttavia, rispondevaall’epoca all’esigenza conservativa, ritenuta fondamentale, diconsentire la circolazione dell’aria dietro alla pala ma anche,forse soprattutto, al desiderio di parte della comunità di valo-rizzare il dipinto che “non debba servire come fino ad oggisolo a scopo di decorazione, ma debba essere messo in con-dizioni tali […] da poter essere ammirato in migliori condi-zioni di luce, come richiede il suo pregio”9.Dopo soli dieci anni, la riconoscenza e le lodi nei confronti diZennaro, dei suoi committenti e della Commissione di vigi-lanza si trasformano in critiche sempre più frequenti e puntua-li, diffuse anche per mezzo della stampa locale. Secondomolti e competenti interlocutori, l’improvvido restauro nonsolo aveva stravolto l’idea progettuale di Tiepolo, ma provo-cato nuovi danni alla pala, alterato le linee architettoniche del-l’abside del duomo e deturpato i postergali del coro e la sediaabaziale “che trovasi così quasi sepolta sotto il vuoto lasciatoper lo spostamento del quadro dalla parete”. Tra il 1903 e il1904 è ancora Alessandro Prosdocimi, nella sua veste di regioispettore, a informare il direttore dell’Ufficio regionale per laconservazione dei monumenti del Veneto dei malumori circo-lanti a Este e della volontà di alcuni consiglieri di rimettere ildipinto sul tavolato, come era originariamente. La questionesembra però esaurirsi dopo la relazione formulata dall’inge-gner Riva al direttore dell’Ufficio regionale e da questi parte-cipata alla Fabbriceria del duomo di Este, nella quale si sostie-ne la bontà dell’intervento di Zennaro e la facilità di ovviareagli inconvenienti esistenti ritensionando meglio la tela tiepo-lesca sul telaio dritto10. Il primo maggio 1907, tuttavia, la vicenda sembra subireun’accelerazione: Gino Fogolari, direttore delle RegieGallerie di Venezia, accompagna il direttore generale per leantichità e belle arti Corrado Ricci a fare un sopralluogo aEste e scrive al Ministro della pubblica istruzione che “lapala di Tiepolo nel Duomo, di rarissima bellezza, ha bisognodi essere meglio tesa e di essere rafforzata nella cornice”.Viene così di nuovo invitato Giovanni Zennaro a visionarel’opera e a presentare un preventivo, che prontamente il pit-tore restauratore redige il 24 maggio, proponendo le seguen-ti operazioni: “levare il dipinto dal posto, distaccare la teladal telaio e chiudere le morse che sono molto aperte, mettereun’aggiunta al detto telaio per ridurlo nella misura giusta deldipinto e così aver modo di far agire i cunei e mettere la telain perfetta e durevole tensione. Eseguente tali operazioni sarà

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necessario levare la polvere dal dipinto e ravvivare la vecchiavernice in parte ossidata e poscia collocare il quadro al suoposto” (Figura 2). Per tale lavoro preventiva la spesa di lirequattrocento, escluso il ponteggio; la somma salirebbe a lirecinquecento se si volesse “collocare il grandioso dipinto,come in origine, sull’assito del coro senza telaio […] essen-do il lavoro più complicato e difficile”11. La volontà di trovare una soluzione adeguata spingeFogolari a interpellare nel mese di settembre il falegname diVenezia Antonio Acerbi12 che, per la parte strutturale, cosìformula la sua proposta operativa: “costruzione impalco for-mato a bilancino pensile, levio delle cornici, smontatura deldipinto dalla parete e trasporto in Chiesa sopra tavolato dilegname piallato/forellato costruito espressamente per leva-re la tela dal telaio attuale. Costruzione nuovo telaio inlegname m 6.75 x 3.90 formato a curva di cm 40 nella sualarghezza con immorsature squadre di ferro stagnate, viti dicollegamento, cunei per tensione della tela e montatura della

medesima nel telaio, con relativa cantinella all’ingiro.Montatura del dipinto nella parete assicurato con lame a vitie montata la cornice all’ingiro”13. Il compenso previsto è dilire 375, compreso il ponteggio e la mano d’opera.Informato della proposta, Zennaro dichiara che sollevatodella spesa per il telaio, il suo corrispettivo, relativo al solointervento sulla superfice pittorica, può essere ridotto a lire300. I due preventivi vengono così inviati a Roma, doveottengono l’approvazione ministeriale. Sembra oramai tutto pronto per l’intervento, ma le lungaggi-ni determinate dal reperimento dei fondi si trascinano fino aglianni cruciali della Prima Guerra mondiale; dopo la disfatta diCaporetto l’opera, che Fogolari voleva rimuovere già nel1915, viene smontata dal telaio dritto, rullata, imballata, cari-cata su un camion e ricoverata in un luogo sicuro a Roma14.Riportata in Veneto nel 1919, per volontà della Soprinten-denza è depositata nel Museo Civico di Padova, dove Fogo-lari si accerta del “perfetto stato di conservazione”.

Figura 2. Este, Duomo di Santa Tecla, Santa Tecla libera Este dalla pestilenza, particolare prima del restauro Acerbi, secondo decennio del XX secolo.

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Sono tempi difficili e non è possibile realizzare il restauroprogrammato prima del conflitto. Al soprintendente non restache comunicare in tono asciutto la sua decisione al sindaco:“credo […] più opportuno risollevare la tela come era prece-dentemente all’asporto, rimandando la foderatura a tempi piùtranquilli per noi. Appena finiti alcuni lavori in corso saràperciò mia cura di far trasportare dai miei e di rimetterla aposto”15. La pala giunge a Este nel mese di luglio del 1920,“in ottimo stato di conservazione” e viene riposizionata sultelaio piano nel coro del duomo.È Evaristo Sartori, abate mitrato del duomo di Este, che nel1923 comunica a Fogolari l’intenzione di provvedere alrestauro della tela di Tiepolo e alla sua ricollocazione incurva e chiede gli venga suggerito un artista capace. Ilsoprintendente consiglia Antonio Acerbi, che nel frattempoaveva provveduto al restauro del dipinto di Piazzetta conser-vato nella chiesa dei Santi Giovanni e Paolo di Venezia conottimi risultati. Quest’ultimo il 14 giugno 1923 scrive aldirettore delle Regie Gallerie allegando il preventivo direstauro, la cui spesa ammonta a lire 4.800, destinate a salirese non si potrà trasportare la pala a Venezia. Due sono i pro-blemi cui si deve far fronte per iniziare i lavori: decidere illuogo in cui saranno effettuati e reperire i fondi necessari. Lamobilitazione è totale: Fabbriceria, Comune e Ministero con-tribuiranno in misure diverse alle spese, mentre l’abate, nonsenza manifestare il suo disappunto, concede che l’opera siaportata via da Este. Il 27 novembre la tela di Tiepolo, muni-ta di sigilli16, parte alla volta di Venezia per ritornare a Esteil 6 febbraio 1924, “regolarmente rifoderata e collocata suapposito telaio ricurvo”, da Acerbi17, che vi aveva provvedu-to in un locale di Palazzo Ducale. In tale occasione vieneanche realizzata una nuova cornice modanata e dorata conoro zecchino “a lire 50 al metro” da Pietro Michieli18, dora-tore e decoratore di Venezia (Figura 3).Ma il restauro e la sistemazione della pala nel sito originariosembrano non rispondere alle aspettative della cittadinanza.Il 7 maggio Fogolari comunica all’abate Sartori che: “giàl’Ispettore on. Dr. Callegari mi ha scritto a proposito della S.Tecla del Tiepolo. La foderatura è stata eseguita regolarmen-te ponendo i vari teli della nuova tela per il lungo, comeerano prima, e come prima qualche leggero rilievo per illungo era inevitabile che si vedesse; ma doveva esser visibi-le, in tutto quel po’ che le cuciture rendevano, appena messoin opera il dipinto. Non mancherò quindi di venire a vedere ea rendermi conto della cosa con Loro. Era prevedibile che ladisposizione in curva, che toglie modo di tendere la tela tra-sversalmente, importasse qualche inconveniente, e credo cheè stato per por rimedio ad esso che si era già deciso di met-terlo in piano. I vantaggi del vedere il dipinto come era statoideato dall’artista devono renderci tolleranti a sopportarequalche scherzo che la luce radente non può mancar difare”19. La spiegazione del fitto carteggio dei mesi seguenti

tra l’abate e il soprintendente non è, tuttavia, da ricercare nel-l’imperizia di Antonio Acerbi, quanto piuttosto nel compen-so per il restauro richiesto dal medesimo a Evaristo Sartori,ammontante a lire 9.445 al posto delle lire 4.800 preventiva-te. In realtà, come risulta dalla minuziosa “Specifica del lavo-ro eseguito” inviata all’abate nel maggio 1924, il costo del-l’intervento corrisponde al preventivo (ammonta infatti a lire4.795); sono le spese di trasporto (lire 1.450) e il compensoper la cornice (lire 3.200) le voci che fanno quasi raddoppia-re la parcella, sconvolgendo l’altrettanto minuziosa politicadi finanziamento che era stata messa in atto per far fronteall’onere dell’intervento20. Veri e propri problemi conservativi si evidenziano però nel1929, anno in cui l’attenzione si concentra sull’opera aseguito della richiesta di prestito, poi negata, alla Mostra delSettecento italiano (Venezia, Giardini della Biennale). Ilregio ispettore onorario Adolfo Callegari invita più volteFogolari a fare un sopralluogo perché “nella pala di S. Teclail colore si è sollevato dove è la Gloria in due punti, e cioèsu un’estremità del manto del Signore e sul braccio di unangelo. Anche nel basso, qua e là, si notano screpolature epuntini bianchi dove il colore è caduto”21. Callegari ritieneanche “necessario che venga l’Acerbi per applicare dei veli,operazione delicata, che è meglio affidare a chi fece l’inte-laiatura quattro anni fa”22. Il suggerimento è accolto dalsoprintendente e Antonio Acerbi si reca a Este, dopo variesollecitazioni, a velinare la tela; torna in seguito per toglierele veline e “per lavare il dipinto che è piuttosto sporco”.Nonostante il pronto intervento, le condizioni dell’operacontinuano a destare preoccupazione e alla fine dell’anno ilregio ispettore comunica a Fogolari che “la congiunzionedei teli coi quali la pala è stata rintelata dall’Acerbi si fasempre più visibile con danno della giusta visione del qua-dro. Inoltre la tela non è più bene trincata, e in qualche puntoil colore accenna a gonfiarsi. Ritengo […] necessario unsopralluogo per decidere sul da farsi”23.È chiaro che i due precedenti restauri, se da un lato avevanorisolto alcuni dei difetti di adesione e coesione della pellicolapittorica, dall’altro, modificando l’originario sistema di tensio-namento della tela, provocavano nuove emergenze conservati-ve a carico sia del supporto sia del colore. Fogolari sa che ènecessario intervenire di nuovo ed è consapevole che i proble-mi che si sono manifestati devono essere risolti definitivamen-te per non pregiudicare la conservazione futura del dipinto. La scelta del restauratore, questa volta, cade sul bergamascoFrancesco Steffanoni. Il soprintendente, sentito anche l’amicoEttore Tito, nel 1931 comunica in questa forma al Ministeroproblematiche e proposte operative: “L’inconveniente mag-giore, e più volte da noi rilevato, deriva dal fatto che il telaioin curva non permette di tendere bene la tela e qua e là sideposita la polvere e appaiono con brutto aspetto, specialmen-te in certe condizioni di luce, le linee di unione delle varie tele

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usate per la foderatura, ritornando alla disposizione di prima.Nell’occasione si potrà anche eseguire una più accurata puli-tura poiché ora appaiono qua e là come delle macchie. Per talelavoro avrei intenzione di servirmi dell’opera del Cav. France-sco Steffanoni, che delle foderature ha una pratica grande”24.Il Ministero prontamente risponde a Fogolari e dispone di daresubito avvio alle operazioni, precisando che non potrà peròcontribuire alla spesa. Il restauratore infatti, dopo aver analiz-zato l’opera, quantifica in lire 8.000 il suo intervento chenecessita di cinque importanti fasi: “1. […] completa sfodera-tura […], poiché, tutte le congiunzioni di tela fattevi a mezzodi cuciture, […] si sono impresse come un cordone in rilievosul davanti del dipinto, disturbandone così la visione quieta e re-golare […]; 2. nuova doppia foderatura […] (previa copertura

di veli con colletta, s’intende) e, mediante stiratura al dipinto,oltreché far scomparire le attuali impressioni di cordonature,si rinsalderanno altresì le diverse sollevazioni di colore cheminacciano di cadere; 3. stuccatura delle particelle mancanti;4. rimozione leggera della vernice per pulire il dipinto daquella specie di nebbia che lo vela, causata, ora non potrei consicurezza dire, se da sporco sepolto, oppure da collette nonben lavate. Ripassatura in fine di una leggerissima mano divernice, per vedere di ridare al dipinto, dopo la suddetta puli-tura, quella luminosità e chiarezza di toni, tutti propri delTiepolo, che, presentemente lasciano molto a desiderare; 5.rimontatura del dipinto. Vedere di rimettere il dipinto in pienaluce, e piano come una tavola, il che, si otterrà per benemediante le due foderature di cui sopra e, magari, su telaiodiritto, abbandonando l’attuale curvo […]. Così, io credo, piùnulla ci ostacolerà la visione perfetta e grandiosa di quella stu-penda Pala!”25. Steffanoni precisa che “tavolati e telai” saran-no conteggiati a parte se l’intervento si farà a Este; mentreverranno considerati a suo carico se potrà eseguire il lavoronel laboratorio di Bergamo. Anche in questo caso il carteggio tra i vari interlocutori è fit-tissimo. Fogolari riesce ad ottenere dal Ministero la sommarichiesta per l’intervento; l’abate si impegna a pagare le speseper il tavolato e il telaio, il restauratore acconsente a lavorarenella sacrestia del duomo di Este e così, il 17 ottobre 1932 ini-ziano le operazioni di smontaggio. Ma anche stavolta qualco-sa non va per il verso giusto. Il giorno 23 novembre l’ispetto-re onorario sollecita un sopralluogo perché “lo Steffanoni hacominciato la pulitura del Tiepolo. La figura della Santa ingi-nocchiata ha riacquistato l’originaria vivacità di colorito(Figura 4). Non nascondo però il timore che in taluni punti sipulisca troppo e perciò io La pregherei di mandare in settima-na il dott. Moschini (Ella so che è occupato col DirettoreGenerale) perché veda e giudichi. Così si avrà l’accordoanche sul criterio che ha lo Steffanoni di restaurare qua e làdove il colore assicura”26. Il sopralluogo avviene il giorno 26,ma non se ne conoscono gli esiti; il restauro si conclude vero-similmente il 31 dicembre, come risulta dalla nota spese delfalegname Cesare Bissaro27.Agli inizi del nuovo anno, la tela manifesta però già segni disofferenza; l’abate Sartori e l’ispettore Callegari scrivono aFogolari e quest’ultimo, in tono imperativo, a Steffanoni:“[…] veda di sostenersi a Este, se no andiamo male”28. Il re-stauratore però non pare preoccupato e replica: “Ricevo qui aFirenze la di Lei lettera […] che mi da notizie di Este riguar-do al Tiepolo. Le premetto subito che tutto lo spavento ènulla! Nulla, dal fatto che è più che naturale, che un dipinto disì vaste dimensioni, levato dalla sacrestia appena foderatodoppiamente, e la quale sacristia aveva una temperatura bensecca, per l’opera di stiratura ivi compiuta, e, portato nellaCattedrale montato sul telaio e collocato subito a posto, sen-tisse l’umidità d’ambiente, specie in quest’epoca, e più parti-

Figura 3. Duomo di Santa Tecla, Santa Tecla libera Este dalla pestilenza,dopo il restauro Acerbi.

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colarmente in questi giorni di continue piogge. Non è propria-mente nulla! Poiché la stabilità del Tiepolo (del dipinto) ed ilsuo nuovo sole di luce e splendore che ha ripreso, non saran-no per nulla scossi né offuscati. In ogni modo, La assicuro,che fra otto o dieci giorni passerò io stesso da Este, vedrò il dafarsi, ed allora, solo allora, disporrò immediatamente perchéogni ombra o timore venga tolto a tutti quei signori. Ella cheda tempo ben mi conosce, potrà farsi, verso di Essi, al caso,mallevadore di tutto ciò, mentre io non mancherò presso diLei di sostenermi a testa alta!”29.Dopo questa missiva, le carte d’archivio testimoniano soltan-to un’interessante corrispondenza che si riferisce ai pagamen-ti dei vari attori dell’intervento – restauratore, falegname, ope-rai – e alla suddivisione delle spese. È quindi verosimile che,nell’immediato, Steffanoni abbia risolto il problema, mamuffe e sollevamenti di colore continuano a manifestarsinegli anni. Nella primavera del 1941, il soprintendenteVittorio Moschini fa costruire un’impalcatura “per provvede-re alla apposizione dei veli ovvero alle saldature – secondo lenecessità – per assicurare il colore della pala del Tiepolo in S.Tecla”30, sotto la vigilanza dell’ispettore Adolfo Callegari.Si addensano intanto sull’Italia le nubi del secondo conflittomondiale; così “in data […] 8 settembre 1944 la Soprinten-denza alle Gallerie di Venezia nella persona di Pagan cav. Uff.Angelo prende in consegna da mons. Camillo Naselli-FeoArciprete-Abate Mitrato della Basilica di S. Tecla di Este leseguenti opere: Pala di G.B. Tiepolo rappresentante SantaTecla che implora dal Cielo la liberazione della città di Estedalla peste, per trasportarle nei luoghi di raccolta designati dalMinistero, per essere ivi conservate fino alla cessazione dellecause che hanno dato luogo alla rimozione”31. L’opera saràcustodita, verosimilmente arrotolata, in Veneto ed esposta allamostra Cinque secoli di pittura veneta (Venezia – Procuratienuove), curata da Rodolfo Pallucchini nel 1945.Dopo la sua ricollocazione nella tribuna del duomo, è solo nel1958 che l’abate Mario Zanchin sollecita un sopralluogo dellaSoprintendenza perché “la tela del Tiepolo […] presenta dellepieghe, che si fanno sempre più visibili. Qualcuno rilevò chela cosa è effetto del clima e delle variazioni di temperatura”. Siaffretta a verificarne le condizioni Francesco Valcanover, allo-ra funzionario di zona, che in questi termini replica: “ho esa-minato con il prof. Lazzarin la grande tela del Tiepolo, la cuiconservazione non sembra destare preoccupazioni. Certo chebisognerà una buona volta riesaminare accuratamente il pro-blema del fissaggio della tela al telaio curvo”32. Il giovane sto-rico dell’arte, che aveva capito il principale problema dell’ope-ra, nota anche una scalfittura recente nell’angolo in basso adestra, causata da un corpo contundente, che ha danneggiatoprofondamente il colore per oltre quindici centimetri.Nel 1961 è ancora la Soprintendenza, per mezzo del primoaiuto restauratore Mario Franceschini, che si occupa “del-l’asportazione della polvere accumulatasi sulla superficie

dipinta della famosa tela del Tiepolo” a seguito di lavori archi-tettonici svoltisi nel duomo; l’operazione termina, com’è desi-derio dell’abate, prima della festa di Santa Tecla che si cele-bra il 23 settembre.Dieci anni dopo il dipinto è rimosso per l’esposizione allaMostra del Tiepolo, organizzata da Aldo Rizzi a Villa Manin diPassariano. L’opera lascia Este anche a seguito del parere favo-revole del soprintendente Francesco Valcanover, che scriveall’abate Giovanni Foffani: “poiché da tempo la grandiosa telaha bisogno di un intervento di restauro, per riparare i danniarrecati da un urto, si pensa che detto restauro possa essere ese-guito in occasione del prestito alla mostra di Udine”33. La Santa Tecla ritorna in duomo al termine dell’esposizionesanata dal deterioramento prodotto dall’urto, ma ancora afflit-ta dai problemi indotti dal suo cattivo tensionamento; è que-sta la pagina che ci apprestiamo a scrivere grazie al restauropromosso in occasione dell’attuale mostra.

E. F.

Figura 4. Duomo di Santa Tecla, Santa Tecla libera Este dalla pestilenza,particolare dopo il restauro Steffanoni.

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Il nuovo restauro

La presenza del dipinto raffigurante Santa Tecla in questamostra su Giambattista Tiepolo è il frutto di un’intensa attivi-tà istituzionale e amministrativa, condotta dagli organismipreposti con la consapevolezza della necessità d’intervenire,non per il fine ultimo dell’esposizione, bensì per far coincide-re l’evento culturale con la reale necessità di tutelare un bene,considerato eredità collettiva d’inestimabile valore. Decidere quindi di spostare una tela così grande dalla sua ubi-cazione abituale e intraprendere un’operazione di restauro èstata una scelta molto impegnativa, a causa della tipologiastessa dell’opera: una tela di grandissime dimensioni, sorrettada una struttura verticale concava. Tuttavia il dipinto necessi-tava di un urgente intervento conservativo a causa è di unaserie di restauri impropri, subiti nel corso dei suoi due secoliabbondanti di vita. Tutti gli interventi precedenti hanno, infatti, cercato di dareresistenza e robustezza alla pala aggiungendo sul retro teli dirifodero e colle, fino a determinare a una forma di laminazio-ne della tela originale. È stata così messa in secondo piano lafunzione strutturale di quest’ultima, a causa dell’intenzione direndere inerte il suo movimento attraverso l’abrasione dellefibre. Tuttavia nessuno dei restauri passati è riuscito a daresicurezza strutturale e dignità espositiva all’opera e, per oltredue secoli, la comunità locale ha lamentato la presenza diondulazioni e insaccature nella parte bassa, oltre che di rilie-vi, fasce verticali e diffuse cadute di colore. In tutti gli inter-venti manutentivi è stato privilegiato il tensionamento vertica-le, senza considerare che il grande telero doveva essere revi-

sionato soprattutto attraverso una adeguata distribuzione delleforze per eliminare tutte le problematiche in fieri. Lo scopo del restauro attuale è quello di individuare e risolve-re i problemi che affliggono il dipinto: per raggiungere que-st’obiettivo si è progettato un intervento diviso in due fasi.Nella prima l’opera è stata messa in sicurezza e riposizionatasul suo telaio in maniera controllabile, al fine di recuperare,nell’arco temporale della permanenza in mostra, la giusta pla-narità e una serie di dati necessari a compiere le scelte d’inter-vento definitivo. In una seconda fase sarà ultimato il restauroe sulla base dei e i dati raccolti si potrà realizzare il supportometodologicamente più coretto per il re-inserimento nella nic-chia originale.

Stato di conservazione

La tela in situ aveva tre grandi curve di rilassamento vertica-li, che partendo dai 2/3 dell’altezza, si incurvavano orizzon-talmente a sacco nella parte bassa. Superiormente, in corri-spondenza del vincolo con il telaio, e per una altezza di circa60 cm, si sviluppavano una serie di ondulazioni verticali. Alcentro la tela usciva dal suo profilo naturale, verso l’esterno,per circa 12 cm dalla traversa. Mentre alla base e in sommitàil raggio di curvatura era pari a circa 587,5 cm, nella partecentrale il raggio era di circa 924 cm (Figura 5, Figura 5a).Il dipinto era tensionato quasi totalmente con la sola forza digravità, determinata dal suo peso; nella porzione superiore erateso solo in senso verticale, come dimostra la tipologia diondulazioni. Nella parte centrale era visibile un’ondulazioneverticale causata dal peso della materia ed un raddrizzamento

Figura 5. Elaborazione grafica in pianta della nicchia absidale in cui era inserita l’opera: 1 telaio, 2 tavolato, 3 nicchia muraria.

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della tela dovuto all’eccessiva presenza di forza orizzontale.Questo difetto si notava infine anche nella parte inferiore, conevidenti gibbosità e insaccature (Figura 6, Figura 6a).Dopo lo smontaggio è stato possibile analizzare ogni singoloelemento compositivo dell’opera, cioè il telaio, il tavolato sot-tostante, la tela e la policromia.L’attuale telaio34, realizzato da Acerbi nel 1924, presenta unaconcavità inferiore a quella della nicchia di almeno 3 cm(Figura 5) ha infatti una freccia di 32 cm, mentre quella deltavolato originario su cui poggiava l’opera (tutt’ora presente)è di circa 36-37 cm. Il telaio è in buono stato di conservazio-ne, sebbene alcuni incastri abbiano subito delle perdite e cisiano parecchie tracce di chiodature. Esattamente lungo ilperimetro interno dei lati orizzontali, si nota una serie di fori,uniformemente distribuiti ad una distanza di circa 10 cm.Questo fa ipotizzare che Acerbi avesse usato queste traverseper tendere longitudinalmente dei fili sul retro della tela chepossono aver avuto due funzioni. La prima è quella di forni-re un appoggio alla tela durante la chiodatura sul telaio.

Ma è anche possibile che Acrebi, conscio della problematici-tà di tensionare correttamente la tela stessa, abbia usato dei filitesi verticalmente per fornire ulteriore supporto alla pala, vin-colando tali fili alla tela di rifodero da lui applicata. Ciò avreb-be permesso alla tela di mantenere una concavità anche nellaparte centrale dell’opera. Tuttavia questa funzione rimanesolo un’ipotesi che sarà difficile verificare.Sappiamo che Tiepolo fece realizzare il tavolato di supportosul quale il dipinto era imbullettato. La struttura fungeva siada sostegno sia da protezione e coibentazione, impedendoponti termici e punti di rugiada dannosi per la fibra tessile. Iltavolato, benché molto sudicio, è in buono stato di conserva-zione; non poggia direttamente sulla parete muraria ma distacirca 2,5 cm dal muro perché fissato a 9 traversine di legnolarghe circa 10 cm, che corrono verticalmente lungo tutta lanicchia, con un interasse di circa 50 cm. Su tali aste, Tiepoloha fatto chiodare 19 tavole orizzontali in larice di 36 cm di lar-ghezza, dello spessore di circa 2,3 cm. Questo tavolato attual-mente non riveste tutta la nicchia ma è troncato a circa 50 cm

Figura 5a. Spaccato prospettico della nicchia, particolare della deforma-zione della tela: 1 tela, 2 telaio, 3 tavolato, 4 nicchia muraria.

Figura 6. Particolare degli ampi rilassamenti presenti nella tela primadel restauro.

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dalle estremità, a causa di antichi rimaneggiamenti strutturali(Figura 7). La tela originale è composta da un tessuto di cana-pa di 9 fili di ordito per 7 fili di trama al cm2, un tessuto nonfitto e di filato alquanto leggero. L’opera è costituita di due teliverticali rispettivamente di circa 126 cm e 264 cm (Figura 8).La prima tela di rifodero a contatto diretto con l’originale ècomposta sempre da una fibra di canapa che possiede 10 filidi trama per 8 fili di ordito al cm2, e sembra molto fragile. Lesuccessive tele di rifodero, che corrispondono alla doppiafoderatura dello Steffannoni, hanno rispettivamente 10 x 9 filial cm2, sono d’identica fattura e incollate a versi incrociati(Figura 9). Infine, lungo i bordi, le tele di rifodero hannoperso la giusta adesione con la tela originale. Purtroppo l’ap-pesantimento strutturale apportato dalle foderature, l’aumen-

to della sensibilità alle variazioni igrometriche, il cattivo ten-sionamento e il facile cambiamento dimensionale della tela,hanno creato uno sfibramento ed un relativo allungamentodelle fibre tessili. Osservando la preparazione originale, si nota che è stata rea-lizzata con un sottile strato di bolo veneziano steso a spatolasulla tela35. È certo che la mestica rossa con legante oleoso hadeteriorato la fibra tessile originale. La trama e la tipologia diesecuzione della preparazione hanno infatti determinato unasuperficie materica quadrettata (una sorta di mosaico a tesse-re convesse) ed un relativo craquelure ortogonale. Alla luce diciò, quindi, tutti gli interventi di restauro antico hanno contri-buito al suo deterioramento, rendendola ancora più fragile, acausa di puliture con sostanze basiche, pietra pomice per

Figura 6a. Grafico delle deformazioni presenti nella tela prima delrestauro.

Figura 7. Tavolato originario su cui era imbulletta la tela precedente-mente all’inserimento del telaio.

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livellare il retro e soprattutto per l’uso di grossi quantitativi dicolle di pasta, calore e pressione. Sicuramente nel corso degli anni la tela non ha subito solo laconsunzione della cucitura dei due teli, che ha provocato pro-blemi di distacco, come nella testa della bambina piangente inprimo piano (Figura 10), ma anche una serie di strappi e colpi,come testimoniano diverse tracce di ridipinture visibili a luceradente e a luce ultravioletta, (Figura 11) distribuiti un po’ovunque nella policromia. In alcuni punti la tela ha subito infi-ne dei colpi, che hanno generato sulla policromia un craque-lure orizzontale tipico da urti meccanici36.Altro particolare da tenere in considerazione è la presenza dialcuni fori passanti (Figura 12). Degno di attenzione è un foroabbastanza grande al centro dell’opera a circa 80 cm dalla

Figura 8. Schema delle pezze di tela che compongono l’opera origi-nale.

Figura 9. Particolare della stratificazione delle foderature: 1 tela ori-ginale, 2 foderatura Acerbi, 3 e 4 doppia foderatura Stefanoni.

Figura 10. Particolare delle deformazioni della tela e strappi celatidalle ridipinture.

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Figura 11. Particolari della policromia a luce ultravioletta che evidenziano i diversi ritocchi presenti sulla policromia.

Figure 11a, 11b. Particolari della policromia a luce ultravioletta che evidenziano i diversi ritocchi presenti sulla policromia.

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Figure 11c, 11d. Particolari della policromia a luce ultravioletta cheevidenziano i diversi ritocchi presenti sulla policromia.

Figura 12. Particolari della policromia, fori sulla tela originale celatida ridipinture.

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base dalla forma classica di bruciatura di candela. Per nascon-derlo è stato usato dello stucco e una ridipintura. Nella parteinferiore c’è un altro danno evidente determinato da qualchetrauma meccanico. Infine la chiodatura perimetrale interessa-va spesso anche porzioni del recto.La policromia presenta diffuse cadute di colore, zone abrase espulite, e diverse vernici che con il tempo si sono ossidate einsudiciate. Antichi ritocchi celano anche porzioni di policro-mia originaria.

Intervento propedeutico

Al fine di eseguire in sicurezza lo smontaggio, la grande teladi Tiepolo è stata prudentemente schiodata dal telaio e porta-ta con cautela in posizione orizzontale. Una volta planare, èstata velinata nelle zone dove si riscontravano problemi dicoesione o sollevamenti della pellicola pittorica e lungo tuttoil bordo perimetrale della policromia, in alcuni punti decoesoe rovinato dalle chiodature.Il dipinto è stato arrotolato ad un rullo di circa 85 cm diame-tro, lungo 450 cm, posto in una cassa e trasportato con uncamion condizionato nel laboratorio di Villa Manin diPassariano di Codroipo, dove è stato predisposto un microcli-ma idoneo e un piano di lavoro adeguato a supportare l’operaed eseguire il restauro. Il tavolo è stato progettato per avereanche la funzione di supporto interinale, considerate le grandidimensioni della pala e l’impossibilità di restaurarla in posizio-ne verticale. Il piano di lavoro, composto da diversi moduli(Figura 13), misura circa 488 x 854 cm37, mentre la tela misu-ra circa 410 x 705 cm; le porzioni di tavolo eccedenti sono

state progettate per le varie operazioni conservative sull’opera. Giunta a Passariano, la pala è stata srotolata delicatamente sulpiano. È stato così possibile constatare la deformazione che iltempo ha causato sulla fibra tessile: la lunghezza dei lati peri-metrali dell’opera, infatti, è superiore alle dimensioni assialidella tela. Questa condizione è la causa delle ondulazioni pre-senti lungo tutto il suo perimetro; per cercare di appianarle, ibordi della tela sono stati vincolati in maniera provvisoria condegli agganci particolari. Sono stati appositamente realizzantidue tipi di tensori: uno rigido ma calibrabile tramite una vite,l’altro con sistema flottante a molla, altrettanto calibrabile.Entrambi i tensori sono muniti di pinze che si agganciano aimargini delle tele di rifodero per pressione, senza bisogno dicollanti o fasce (Figura 14).Il sistema ideato ha permesso di vincolare i bordi in manieraelastica e flottante, consentendo di tenere in tensione il dipin-to e di conoscere sempre la forza di carico applicata; allo stes-so tempo è stato possibile imprimere una forza di trazionelocalizzata attraverso il sistema rigido. La struttura di vincoloelastico perimetrale ha dato subito risultati positivi: la minimaforza applicata ha infatti rapidamente determinato una disten-sione del “sandwich” di quattro tele sovrapposte. Questaprima fase ha evidenziato la necessità di monitorare scientifi-camente i movimenti della tela prima di individuare e realiz-zare il supporto definitivo per il ricollocamento a Este.In posizione planare sono stati controllati tutti i sollevamentidella policromia, effettuati i primi fissaggi per permettere lesuccessive operazioni ed eliminate le velinaure di protezioneapplicate per la fase di trasporto. In seguito il recto dell’operaè stato pulito superficialmente dal particellato di deposito con

Figura 13. Elaborazione grafica del supporto interinale per supportare la tela nelle fasi di lavoro.

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stoppini leggermente inumiditi con Ligroina 100-140°.Sono quindi state eseguite le riprese fotografiche dell’operaattraverso una struttura realizzata ad hoc. Data l’impossibilitàdi fotografare l’insieme della pala a causa delle dimensioni, siè resa necessaria una ripresa del dipinto “a mosaico”. Si sonocosì realizzate delle fotografie ricche di dettagli, caratterizza-te da una qualità superiore rispetto ad una semplice foto gene-rale, che costituiscono un documento estremamente preciso.Per tali riprese è stato costruito uno stativo a ponte mobile, alquale è stata applicata l’apparecchiatura fotografica. Allo stes-so modo sono state eseguite anche le fotografie a luce ultra-violetta (Figura 11), che hanno confermato la gravità dellostato di conservazione della policromia e i restauri antichidella pellicola pittorica. Infine è stato realizzato un carrellomobile sopra la tela, di 125 x 500 cm, che scorre sui marginidel tavolo, necessario per tutte le fasi di restauro, soprattuttoper raggiungere le zone centrali dell’opera.Successivamente la superficie pittorica è stata consolidata everniciata; si è creato uno strato d’intervento preliminare,steso con lo scopo di separare l’originale dagli interventi suc-cessivi che serviranno per l’esposizione in mostra. Per questo

motivo è stata adoperata una resina reversibile atossica a phneutro38, che ha dato forza di coesione alla pellicola pittoricae ha funzionato da strato isolante per la policromia sottostan-te. Le stuccature, indispensabili in alcuni punti, sono state rea-lizzate con gesso caricato con resina acrilica adeguatamentediluita39, additivata da un elastomero sintetico.Dopo tale intervento è stato steso un leggerissimo film diRegal Varnish40. In seguito, dove necessario, sono stati ese-guiti i ritocchi pittorici, abbassando di tono i punti che presen-tavano ridipinture evidenti, al fine di permettere una correttavisione dell’opera. L’integrazione è stata eseguita a tratteggio,con colori a vernice. Per l’esposizione del dipinto in mostra si è scelto di non rin-chiodare la tela sul telaio curvo realizzato nel 1924 da Acerbi,ma di fissarla al medesimo con un sistema flottante, privo divincoli rigidi, al fine di garantire comunque una buona distri-buzione delle forze alla tela nel periodo d’esposizione (Figura15). Si è quindi realizzato un meccanismo con cui è possibiletarare la tensione laterale della tela in maniera millimetrica ela tensione verticale in maniera flottante. Con tale sistemaverranno assorbite le evidenti variazioni microclimatiche a

Figura 14. Sistema di tensionamento applicato sul supporto interinale e spaccato del meccanismo: 1 tensore flottante, 2 tensore rigido.

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cui sarà sottoposta la pala che, innalzandosi verticalmentenegli spazi espositivi per oltre sette metri, sarà soggetta adiverse percentuali di riscaldamento e umidità. Per renderepossibile tutto ciò sono state preparate, attorno al perimetrodella tela, delle fasce di aggancio in tessuto sintetico sottilema molto robusto, resistente anche alla trazione a 45°. Questeprendono a sandwich tutte e tre le tele di rifodero e girano sulretro del telaio. All’estremità delle fasce è stata realizzataun’asola, necessaria per inserire un profilato di alluminio,utile per metterle in tensione attraverso dei tenditori41, coadiu-vati nella loro azione flottante e di scivolamento da un profi-lo perimetrale in legno a bordi arrotondati appositamente rea-lizzato, disposto sul margine esterno del telaio originale(Figura 15). Lungo i montanti laterali e nella traversa superio-re tali sistemi di aggancio sono flottanti, ossia a molla tarabi-le; ciò permette di calcolare e modificare anche in corsod’opera la forza da applicare alla tela, potendo così verificareogni suo spostamento.I quattro mesi nei quali l’opera sarà esposta in mostra sarannoutili per monitorare il comportamento della tela e realizzare suc-cessivamente il supporto definitivo per il suo re-inserimento

Figura 16. Particolare della policromia deturpata da interventi antichi.

Figura 15. Sistema di tensionamento flottante della tela sul telaioattuale: 1 telaio, 2 bordo distanziatore di scivolamento, 3 fasce perime-trali di ampliamento, 4 asta di irrigidimento, 5 vincolo al telaio, 6 ten-ditore.

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nella nicchia originaria. Questo periodo di controllo si rendeindispensabile ai fini della taratura finale delle forze da appli-care per la sua conservazione in funzione del comportamentodella tela stessa, che necessita di tempo per assestare i proprimovimenti interni. Non sarebbe stato infatti adeguato e fun-zionale al controllo delle forze meccaniche che agiscono inessa proporre subito la struttura definitiva di sostegno.Possiamo considerare il periodo espositivo un momento diverifica fondamentale e obbligatorio per la corretta finalizza-zione delle operazioni di restauro e a tale scopo verrà pro-grammato un monitoraggio.

Intervento finale

1. Intervento sulla policromia e sulla fibra tessile

I controlli effettuati durante le fasi preliminari dell’interven-to di restauro hanno permesso di verificare che il movimen-to della tela, in base a cambiamenti di umidità relativa, èmolto repentino ed evidente. Molti sollevamenti del colore –come ad esempio quelli localizzati nei panneggi dell’abitodella Santa, dove il Tiepolo ha usato strati di colore più cor-posi – seguono l’andamento longitudinale della tela ed inmolti casi sono a cresta; il colore è staccato, assieme allapreparazione rossa dalla tela sottostante e non c’è spazio perdistenderli. Questo accade perché la grossa quantità di colladi pasta stesa sul retro e la tripla foderatura, sommata all’im-possibilità di tirare in maniera uniforme la tela anche insenso orizzontale, hanno determinato il sopravvento deglistrati di tessuto e delle colle sulla resistenza degli strati poli-cromi. I teli di rifodero, a causa dei trattamenti ricevuti, sisono ristretti nel tempo, determinando una forza di compres-sione sugli strati di preparazione e di colore soprastanti. Inmolte zone la compressione ha superato le forze di adesionedegli strati policromi alla fibra sottostante e generato dei sol-levamenti. Per appianare correttamente la policromia sulsupporto, si rende necessario liberare la fibra originale datutte le aggiunte di colla e tela ora presenti. Solo in questomodo si potrà ristendere e ripianare la fibra eliminando leforze di compressione sulla pellicola pittorica. Inoltre le teledi rifodero non sono in buono stato di conservazione, sonorealizzate a pezze, la loro fibra è fragile e ci sono segni digrossi attacchi microbiologici42. La pulitura dell’opera,quindi, dovrà essere eseguita prima della sfoderatura, ancheper il fatto che le tele di rifodero compiono, in tale fase,un’azione di sostegno della policromia stessa.La situazione delle ridipinture e/o rimaneggiamenti è diversa-mente stratificata sulla tela, sia dal punto di vista cronologicoche qualitativo (Figura 11). Nessuna delle integrazioni esi-stenti è di una qualità tale da poter essere mantenuta; inoltrele ridipinture alcune volte nascondono parti parzialmenterovinate o abrase. Sicuramente bisognerà eliminare i ritocchi

del 1971, liberare la policromia dalle vernici recenti e da quel-le più ingiallite e, soprattutto, togliere il sudiciume inglobatonelle vernici e/o nei resti di vecchie vernici. Sarebbe auspica-bile eliminare anche i ritocchi più antichi, proprio per cercaredi recuperare la “freschezza” e “trasparenza” della materiaoriginale. Si spera inoltre che i ritocchi del restauro del 1893non abbiano modificato la stratigrafia originale per mezzo divelature ad ampie campiture.La pulitura sarà effettuata con prodotti idonei, dopo unaserie di test, anche alla luce di alcuni aspetti operativi impor-tanti. Oltre al “rispetto massimo” della materia originale,bisognerà evitare la persistenza del solvente negli strati pit-torici: non si dovrà penetrare troppo in profondità ma rima-nere in superficie, non si dovrà bagnare con acqua la telasottostante, e non si dovranno innescare reazioni fisichepericolose usando prodotti poco appropriati per la prepara-zione rossa della tela. Verosimilmente verrà utilizzata unasoluzione gelificata di miscele di solventi organici neutricon polarità abbastanza bassa visto che con una miscelaLA243 si ottiene un risultato soddisfacente sullo spesso stra-to di vernici pigmentate e ossidate. La pulitura andrà effettuata non solo per campiture maanche per livelli e/o per qualità di materia da rimuovere,considerata la presenza di diversi strati disomogenei dovutia interventi antichi (Figura 16). Questo permetterà di com-prenderne adeguatamente la mappatura e, di conseguenza, dicontrollare meglio la pulitura che metterà in luce alcuneparti ammalorate, come ad esempio la zona della cucitura(localizzata a sinistra nei pressi della bambina riversa sullamadre morta) o quella della bruciatura di candela. Inoltre senecessario verranno eliminate anche le vecchie stuccature. Liberata la policromia dalle vernici e dalle ridipinture, il cra-quelure sarà pulito e predisposto ad accogliere il consolidan-te. Come nell’intervento preliminare, questa stesura avrà laduplice funzione di film protettivo degli stati sottostanti e diconsolidante della materia policroma del dipinto. Compiuta questa fase operativa, con la tela vincolata al tavo-lo interinale e quindi adeguatamente tensionata, si potrà pro-cedere con la protezione della policromia, che verrà esegui-ta con più veli di carta giapponese e con collanti che nondovranno entrare in conflitto con il consolidante steso prece-dentemente. Una volta protetto il recto si procederà a riav-volgerla sul rullo e srotolata con il verso a vista. L’eliminazione delle tele di rifodero appare semplice, men-tre sarà più complessa l’eliminazione dei residui di colla dipasta a contatto con la tela originale, poiché non si conosceesattamente lo stato di conservazione della fibra tessile. Sarànecessario individuare un sistema di eliminazione della colladi pasta che non necessiti né di mezzi acquosi né di abrasi-vi, entrambi pericolosi per la sensibilità all’acqua e la deli-catezza della preparazione rossa, già reiteratamente vessatinel passato: la tela originale infatti è molto abrasa. Una volta

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liberata tutta la fibra dai residui di colla e individuati lo statodi conservazione, gli strappi passanti e le abrasioni dellacucitura, si metterà in atto un programma il cui scopo saràquello di ricomporre la forza strutturale della fibra tessile.Una delle tecniche possibili per eseguire l’intervento è lacucitura di testa dei fili, unita all’inserimento di inserti conricucitura perimetrale e rinforzi con incollaggio di ponti difilo nelle zone più critiche a livello strutturale per la fibratessile. Ciò consentirà di rendere omogenea la resistenzastrutturale della tela originale. Solo a questo punto sarà possibile capire se quest’ultimaavrà ancora potere portante degli strati soprastanti o seinvece sarà necessario intervenire con una nuova e adegua-ta foderatura o con uno strip lining o con una foderatura aisoli margini con tela di appoggio su tutto il retro. Le fasceperimetrali dovranno essere sottili ma allo stesso tempomolto resistenti. Sarà preferibile usare delle fibre naturalicome lino cotto, magari adeguatamente trattato. Le fasce ditessuto leggero saranno ripiegate su se stesse a formareun’asola e il margine sormonterà un paio di millimetri ibordi del recto originale. Questo permetterà di dare unaggancio migliore e una protezione ulteriore al perimetrodella tela. Tali fasce, oltre a essere indispensabili per ilmontaggio sul telaio definitivo, saranno utili per tendere latela sul tavolo interinale. Se necessario, per l’operazione difissaggio dello strip lining, si potrà usare anche il vuotolocalizzato. È già possibile sostenere l’inopportunità di rea-lizzare una nuova foderatura a colla di pasta; se si dovràfoderare, sarà logico indirizzarsi verso una foderatura afreddo e a bassa pressione.Una volta completato il risanamento della fibra tessile sipotrà rigirare nuovamente l’opera con il recto a vista e, con

il nuovo strip lining o con il margine della tela di rinforzo, sipotrà nuovamente ritensionare perimetralmente l’opera sulpiano interinale. Il tensionamento dovrà essere molto delica-to e graduale: si potranno usare dei sistemi a pistoncino flot-tante a lenta tensione per controllare il comportamento dellatela (Figura 17). La taratura della vite determinerà una varia-zione di tensione: sarà così possibile tensionare la tela inmaniera diversificata nella varie zone del dipinto e gestireanche la taratura della tensione per fasi successive di equili-bratura, fino ad arrivare ad un adeguato appianamento delleeventuali ondulazioni e gibbosità ancora presenti. Completata questa fase di tensionamento preliminare sipotrà liberare la policromia dai veli di protezione, control-lando il suo stato di salute. Si verificherà nuovamente il fis-saggio del colore e l’appianamento delle creste ancora par-zialmente prominenti. Terminate le predette operazioni saranno a disposizione tuttii dati per scegliere il livello di integrazione pittorica. Cisaranno delle zone da stuccare e forse delle zone ove primadi stuccare servirà fare degli inserti in tela. Le stuccatureandranno a ricostruire la superficie volumetrica delle partimancanti imitando la texture della materia policroma; saran-no realizzate con uno stucco studiato appositamente e suffi-cientemente elastico rispetto alla tela originale. Tutte le tex-ture verranno realizzate a bisturi. Ultimate le stuccature, sipotrà procedere con l’integrazione pittorica che sarà diffe-renziata a seconda delle problematiche. Nelle zone spatina-te si potrà intervenire con acquerelli; in quelle abrase, l’in-tervento dovrà essere più corposo e coprente e saranno piùindicati i colori a vernice. Ci saranno quindi delle parti conpiccole stuccature puntiformi, dove saranno sufficienti ritoc-chi a vernice. Sulle stuccature più ampie si renderà necessa-

Figura 17. Pistoncino flottante: 1 supporto interinale, 2 fasce di aggan-cio con bordo di irrigidimento, 3 vincolo al tavolo interinale, 4 pistoneflottante.

Figura 18. Particolare della parte inferiore del tavolato originale disupporto: 1 tracce di vecchie chiodature di vincolo, 2 antichi pernifilettati di aggancio.

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rio stendere una campitura di base a tempera, per avvicinar-si cromaticamente al colore circostante ed avere una “chiu-sura” della preparazione, che fungerà da interfaccia per iltratteggio ad acquerello. L’ultima fase di ritocco ed equili-bratura verrà poi fatta con colori a vernice. Tutti gli interven-ti saranno completamente reversibili, compatibili e ricono-scibili da vicino. L’ultima fase estetica sarà la protezione finale, eseguita consuccessive sottili velature a vernice, previa completa asciu-gatura di ogni singolo film. La verniciatura verrà fatta adaerosol. Tale metodologia permetterà di rendere la superfi-cie priva di macchie di assorbimento. Allo scopo sarà utiliz-zata la vernice Regal Varnish44. La tela, una volta ultimataquesta fase, potrà essere montata sul supporto definitivo.

2. Intervento sulla struttura portante

Tiepolo aveva fatto inchiodare la grandiosa tela direttamen-te sul tavolato di larice, opportunamente predisposto e fis-sato alla muratura dell’abside. Dopo lo smontaggio deldipinto, sono ora visibili gli elementi strutturali del suppor-to originariamente voluti dall’artista e ciò che rimane degliaccorgimenti utilizzati per montare la pala (Figura 18). Èinfatti rilevabile la traccia della chiodatura nella parte supe-riore ed inferiore del tavolato; non è possibile affermare consicurezza che essa continuasse anche lungo le estremitàlaterali, sebbene ciò appaia verosimile, poiché il tavolato hasubito delle consistenti riduzioni in tempi antichi. Infatti,già nel 1924, una parte laterale era stata resecata ai bordiper il re-inserimento in curva del dipinto, montato sulnuovo telaio progettato da Acerbi (Figura 7). Tiepolo, con-scio del problema determinato dalla forma del telero e dallesue grandi dimensioni, ha realizzato un dipinto molto “snel-lo” e leggero: tela sottile, mestica rossa elastica ed altrettan-to sottile, ed infine strati di colore alquanto sottili. Questoper evitare movimenti eccessivi dell’insieme. La presenzadi perni filettati inghisati al basamento inferiore della nic-chia, inducono a pensare ad un antico sistema di tensiona-mento, al momento in fase di studio. Queste tracce e lagrandezza dell’opera richiamano alla mente il concetto disospensione dei “ciclorama”45, enormi dipinti circolari diquindici metri di altezza, che venivano tensionati solo inverticale, sfruttando come forza la tensione determinata dalpeso della materia dell’opera. La tela ha bisogno di una tensione verticale, che eviti la for-mazione di insaccature, ma necessita anche di una tensioneorizzontale, che contrasti la formazione delle fenditure per-pendicolari a cresta; la forza impressa, tuttavia, non deveessere troppo elevata, perché altrimenti rettificherebbe laconcavità della tela nella parte centrale. Per questo motivola tensione orizzontale da imprimere sarà di valore diversoa seconda dell’allontanamento dai bordi e sarà maggiore

alle estremità e minore al centro. Tensionando infatti la telasolo verticalmente, ai lati si manifesterebbe un restringi-mento orizzontale, superiore nella parte centrale a causadell’effetto Poisson46 (Figura 19). Cioè, se viene applicatasulla fibra tessile una forza verticale e la fibra ha un sempli-ce vincolo perimetrale, al suo interno si forma una tensioneorizzontale. Lo scopo dell’intervento è quello di trovare un equilibrio trale forze, tale da permettere una distribuzione corretta delletensioni. Si dovrà considerare sia l’opportunità di riutilizza-re o trasformare il telaio già esistente, sia quella di sostituir-lo con uno nuovo, costruito con una diversa metodologia.Sicuramente sarà necessario applicare un sistema di aggan-cio che non abbia vincoli rigidi, ma che sia flottante e dia lapossibilità di rimozione del dipinto senza nuovi danneggia-menti, anche in tempi brevi, in caso di emergenza.

Le caratteristiche funzionali del nuovo supporto dovrannogarantire le seguenti condizioni:

• aiutare la protezione della tela, aumentando la coibentazione;

• facilitare l’inserimento e l’eventuale sfilamento della palanella nicchia;

• avere un vincolo perimetrale mobile e scorrevole lungo ibordi;

• avere un aggancio di tali vincoli rapido ed elastico;

• trasformare il telaio da rigido a flottante;

• creare un supporto flottante con la possibilità di interveniredal recto per eventuali tarature senza smontare l’opera dallanicchia;

• presupporre metodologie tecniche e materiali che siano ingrado di mantenere una stabilità strutturale nel tempo perevitare deformazioni;

• dare la possibilità di creare un meccanismo di allontana-mento della tela dal supporto per permettere un controllodal retro dello stato di conservazione

Per garantire tali requisiti sarà necessario realizzare uno o piùmodelli in scala che simulino il comportamentoreale. Oltre ad eventuali pistoncini elastici per tensionarela tela47 e oltre a sistemi di dilatazione del perimetro dellastruttura portante, verranno prese in considerazione dellemodalità di collegamento elastico, distribuito al centro dellasuperficie tessile. Il fine sarà quello di creare un “effettoventosa” sul retro del dipinto. Allo scopo è ipotizzabilel’uso di un sistema a campi elettromagnetici regolabili,basati sull’uso di magneti per tenere in curva la superficiedel tessile. Si può affermare, in sintesi, che tensionando l’opera inmaniera tradizionale, pur con una tensione corretta, la telanella parte centrale tenderebbe comunque a raddrizzarsi,

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assumendo una forma trapezoidale decrescente dal centroverso i lati (Figura 19). È necessario quindi privilegiare untensionamento verticale con un sistema flottante nella partesuperiore e inferiore48 A tal fine si possono adottare asteperimetrali che si dilatino (Figura 20). Verticalmente le fasce perimetrali girate sul retro e aggan-ciate a dei tiranti regolabili permetterebbero un vincolo piùelastico in senso trasversale e più scorrevole in senso longi-tudinale49. Come agganci potrebbero essere adottati dei ten-ditori (Figura 20), collocati con maggiore concentrazione

agli angoli. La tensione descritta sarà tuttavia insufficientea mantenere perfettamente in piano la pala, nonostante agi-sca in verticale e solo parzialmente in trazione orizzontale,poiché creerà automaticamente un parziale raddrizzamentodella tela al centro. Per evitare questo movimento è neces-sario applicare una forza ortogonale alla fibra, se pur mini-ma, che la tenga aderente alla forma concava della nicchia.L’utilizzo di un campo magnetico basato sul principio delneodimio50, potrebbe risolvere il problema. In questo modoinfatti si può ottenere una forza ortogonale alla tela, distri-buita su tutta la superficie e calcolabile precisamente. Per sostenere l’opera sarà quindi necessario costruire unnuovo telaio. Il nuovo supporto potrebbe essere costituitoda quattro moduli uguali, concepiti con un sistema a centi-na, ovvero da un insieme di centine che seguano tutta lasuperficie in altezza, con un passo di circa 20 cm l’una dal-l’altra. Tali centine, di pochi centimetri di profondità (circa5 cm) e dello spessore di 2 cm, che verranno tagliate al laserper ottenere una precisione di calcolo massima, sarannotenute assieme da aste verticali. Si formerà così un’intelaia-tura molto leggera ma allo stesso tempo indeformabile edelastica (Figura 21). I margini esterni verticali verrannoirrobustiti e arrotondati per permettere lo scorrimento late-rale delle fasce perimetrali. La centina perimetrale superio-re e la centina perimetrale inferiore verranno irrobustite eaffiancate da un profilo rigido di espansione che permette-rà l’ampliamento del telaio stesso. Tutti i margini verrannotrattati con apposito materiale per facilitare lo scivolamen-to della tela; l’intera superficie sarà composta da una seriedi reticoli quadrati di dimensioni di circa 20x20 cm. Nelverso della concavità, e cioè dove poggerà la tela originale,

Figura 19. Grafico raffigurante la deformazione della tela in riferimen-to al tensionamento perimetrale dell’attuale telaio curvo. La zona cele-ste indica la crescente variazione di raggio di curvatura della fibra tes-sile verso il centro dell’opera.

Figura 20. Sistema di tensionamento flottante in senso longitudinale:1 perimetro della struttura portante, 2 fasce perimetrali rovesciate, 3profilo di dilatazione con bordi di scivolamento, 4 pistone flottante consistema di taratura delle forze, 5 stop di sicurezza regolabile.

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tutta la superficie verrà rivestita con uno strato di materialeche seguirà perfettamente la forma concava. Un’idea sareb-be quella di usare del Kevlar o del Goretex, oppure un com-pensato molto leggero: si otterrebbe così una superficie per-fettamente concava, senza difetti di continuità. Inoltre peraiutare la stabilità, pur mantenendo la struttura elastica, sipotrebbero inserire anche dei tiranti metallici molto sottili.In tal modo si otterrebbe una sorta di “rilettura” contempo-ranea del vecchio tavolato tiepoleco.Sul retro del telaio, ad una distanza di circa sei centimetri,e per tutta la superficie, si ipotizza di appoggiare dei picco-li magneti al neodimio, i quali però non saranno incollatisulla struttura, bensì semplicemente appoggiati su deicuscinetti in silicone, che daranno al magnete la possibilitàdi scivolare di alcuni millimetri sulla superficie in tutte ledirezioni. Questo permetterebbe alla tela un movimentominimo, garantendo sempre il tensionamento. Il retro deldipinto, per appoggiarsi alla struttura di supporto, dovràessere trattato in maniera specifica. Allo scopo si possonostudiare dei micro-ragnetti molto sottili (quattro decimi dimillimetro) nichelati e dorati, per evitare qualsiasi ossida-

zione, che potrebbero avere sei “zampe”di aggancio che,disposte a formare un esagono, diano forma a dei moduliripetibili e regolari, capaci di formare strutture estese, simi-li a dei reticoli alveolari.Quest’ultimi verranno appoggiati esclusivamente sulla teladi rifodero, e non sull’originale, usando le “zampe” comepunti di adesione. In alternativa ai ragnetti metallici, si pos-sono inoltre creare dei gel magnetici, magari utilizzando leodierne tecnologie serigrafiche, da stendere in maniera pun-tiforme sulla tela di rifodero, senza creare delle tensionisuperficiali. Un’altra ipotesi potrebbe essere quella di realizzare un tes-suto nuovo, con trattamento in gel ferroso secondo un dise-gno particolare, da far aderire in maniera superficiale sullatela di rifodero. Questi meccanismi da elaborare e testare, avranno lo scopodi tenere sempre aderente la tela al telaio concavo sottostan-te. Il sistema di tensione perimetrale sarà quindi coadiuva-to dal sistema di tensione generato a campi magnetici sututta la superficie, che applicheranno una forza ortogonalealla fibra in modo omogeneo e costante.

Figura 21. Elaborazione grafica della nuova struttura portante per la tela che si addosserà al tavolato esistente: 1 vista del recto,2 vista del verso.

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Per concludere è d’obbligo evidenziare come l’attualemostra su Tiepolo abbia avuto il pregio di creare una rete dirapporti di lavoro che hanno prodotto una compatta squa-dra, operativa su più fronti (scientifici, tecnici, storici earchivistici). Si rende doveroso quindi ringraziare tutte le

persone che hanno collaborato, nella speranza che tutto illavoro fatto fin ora prosegua in futuro e abbia un adeguatocompletamento sotto ogni profilo.

F.D.Z.

A tutti i colleghi che credono nello Stato.Il presente studio non sarebbe stato possibile senza uno splendido lavo-ro di squadra. Desideriamo ringraziare: Irina Baldescu, Denis Boem,Annalisa Bristot, Luca Caburlotto, Stefano Candusso, Luciano Carraro,Margherita Caporusso, Maurizio Chittaro, Bruno Cogo, FabrizioInfanti, Marco Fratucello, Ennio Malisan, Marica Mercalli, OdoricoNella, Lucia Pigozzo, Angelo Pizzolongo, Monica Pregnolato, MassimoRighini, Maddalena Santi, Lucia Sartor, Ugo Soragni. Grazie a VeraFerigo per il suo impegno instancabile, intelligente e generoso. Un par-ticolare segno di gratitudine giunga anche a Erika Crosara edElisabetta Favaron, per la collaborazione costante e tenace. Un abbrac-cio a Luca Majoli, paladino sognante della tutela.

1 Questo contributo si basa sui documenti inediti reperiti in quattro archivi:l’Archivio della Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropo-logici per le Province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, Atti genera-li, Este Duomo di Santa Tecla, PD.2.EST.1.CH1.4 (di seguitoA.Sop.BSAE.VE); l’Archivio della Soprintendenza per i beni architetto-nici e paesaggistici di Venezia e laguna, busta A15 Provincia, EsteMonselice Montagnana: Este, Duomo di Santa Tecla e Torre Civica(1892-1924) (di seguito A.Sop.BAP.VE); l’Archivio Storico Comunale diEste, Sezione ottocentesca, busta 1017 (di seguito ASCE); l’Archivio par-rocchiale del duomo di Este (di seguito APDE). La vicenda conservativadell’opera, i materiali e le tecniche utilizzate, come pure le persone coin-volte, le istituzioni, la normativa prevista in caso di guerra e molti altriaspetti, meriterebbero approfondimenti mirati e una bibliografia specificache non è possibile fornire in questa sede, per motivi editoriali e di tempo.Ci limiteremo pertanto a segnalare alcuni testi di riferimento, utili perapprofondire problemi specifici. Notizie sui restauratori e le metodologiedi intervento sono in: G. Gambarin, I dipinti del duomo di Este: storia ecatalogazione, tesi di laurea, Università degli studi di Padova, Facoltà dilettere e filosofia, a.a. 1976/77; A. Conti, Storia del restauro e della con-servazione delle opere d’arte, Milano 1988; A. Torresi, Primo dizionariobiografico dei pittori restauratori italiani dal 1750 al 1950, Ferrara 1999;Il restauro dei dipinti nel secondo Ottocento, a cura di G. Perusini, Udine2002; C. Cennini, Il libro dell’arte, a cura di F. Frezzato, Venezia 2003;M. Ciatti, Appunti per un manuale di storia e teoria del restauro, Firenze2009; Giambattista Tiepolo. Il restauro della Pala di Rovetta, a cura di A.Pacia, Firenze 2011. Per i Soprintendenti si consulti: Dizionario biografi-co dei Soprintendenti storici dell’arte (1904-1974), Bologna 2007;Dizionario biografico dei Soprintendenti architetti (1904-1974), Bologna2011. Utili anche gli articoli comparsi sulla stampa locale: Ristauro di unquadro, in “L’Adriatico”, 16 settembre 1893; Un quadro di Tiepolo, in“Gazzetta di Venezia”, 20 settembre 1893; Ristauri al capolavoro di Gio.Batta Tiepolo nel nostro Duomo, in “Il Berico”, 18 agosto 1903; Ristaturial capolavoro di Giovanni Battista Tiepolo nel nostro Duomo, in “LaProvincia di Padova”, 19-20 agosto 1903; F. Franceschetti, Il restauro delCapolavoro di Gio. Batta Tiepolo nella Basilica Abbaziale di S. Tecla, in“Il Popolo Veneto”, 2 dicembre 1923; F[rancesco] F[ranceschetti], Ilcapolavoro di Gio. Batt. Tiepolo nella Basilca Abbaziale di Este. Notiziestorico-artistiche, in “Il Popolo Veneto”, 5 febbraio 1924. Il titolo è trattodalla relazione letta dall’assessore alla pubblica istruzione Alessandro

Prosdocimi al Consiglio comunale di Este il primo luglio 1892, conserva-ta in ASCE.

2 ASCE, I luglio 1892.

3 Ibidem.

4 La suddivisione delle operazioni di restauro in meccaniche e artisticheriflette il concetto ottocentesco d’intervento conservativo, così come veni-va allora sistematizzandosi nella manualistica tecnica. Il pittore restaura-tore, cui era riconosciuto il ruolo di “riparatore” delle opere d’arte, inter-veniva in genere esclusivamente sulla pellicola pittorica (restauro artisti-co), mentre la foderatura e la realizzazione dei telai, come pure il risana-mento dei supporti in caso di dipinti su tavola (restauro meccanico), eralasciata ad artigiani, in genere falegnami. Per ulteriori informazioni sivedano almeno: G. Piva, L’arte del restauro, Milano 1988 (terza ed.); U.Forni, Manuale del pittore restauratore, a cura di G. Bonsanti- M. Ciatti,Firenze 2004; La cultura del restauro tra tutela e conservazione dell’ope-ra d’arte, atti del Convegno Internazionale di Studi (Bergamo 9-11 marzo1995), in “Bollettino d’Arte”, supplemento al n. 98 (1996).

5 Francesco Franceschetti, nel suo articolo Il capolavoro di Gio. Batt.Tiepolo nella Basilca Abbaziale di Este. Notizie storico-artistiche, pubbli-cato il 5 febbraio 1924 su “Il Popolo Veneto”, scrive “[…] da lungo tempose ne lamentava l’abbandono e a togliere da esso la polvere depositatavida tanti anni, provvide con mezzi abbastanza sbrigativi, intorno al 1890,l’arciprete Antonio Pertile. Una sera, dopo chiuse le porte della Basilicaonde evitare non desiderati controlli, fece rizzare attorno al dipinto unaimpalcatura ed operai di sua fiducia eseguirono la lavatura generale delgrandioso dipinto”. È molto probabile che i fondi archivistici citati nellanota n. 1 restituiscano notizie relative anche a interventi precedenti.

6 Tutti i documenti testimoniano l’assenza del telaio e il tensionamento ori-ginario della tela, voluto dall’artista, mediante chiodatura sul tavolato dilarice. In occasione dello smontaggio del dipinto, avvenuto il 30 ottobre2012, è stato possibile verificare l’esistenza del tavolato medesimo, tut-t’oggi in ottimo stato di conservazione, costituito da un assito orizzontalein larice sostenuto da mezzi morali assicurati alla muratura curva dell’ab-side. I pittori veneziani, abituati a lavorare in un ambiente umido, aveva-no sempre l’accortezza di frapporre un tavolato tra il muro e l’opera, anchequando utilizzavano un telaio, consapevoli della funzione di volano termi-co garantita dal legno. Nel nostro caso Tiepolo, considerate le dimensionidella pala e la sua funzione complementare all’architettura, ha pensato adun sistema di supporto sottile e a un tensionamento a tenda, che poi è statostravolto dall’utilizzo di un telaio prima planare e poi curvo.

7 ASCE, 9 novembre 1893. Il regio ispettore Prosdocimi trasmette al sinda-co di Este i verbali e il collaudo della commissione di vigilanza e il gior-nale dei lavori tenuto da Zennaro, un documento di eccezionale importan-za per la storia conservativa dell’opera.

8 La costruzione del telaio, operazione ritenuta essenzialmente “meccanica”,è lasciata al falegname, quasi mancasse la consapevolezza dei problemi che

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si sarebbero generati dal cambiamento del supporto. Documenti novecen-teschi asseriscono che Zennaro tagliò la tela lungo i lati verticali, anzichégirarla e ribatterla sul bordo del telaio: la notizia è in corso di verifica.

9 ASCE, 16 febbraio 1893, lettera del sindaco di Este al Commissario distret-tuale di Este. Nell’opinione pubblica si era diffuso il convincimento che iltavolato sottostante fosse marcito per l’umidità. Il rilassamento della telaera invece dovuto in parte agli incauti lavaggi effettuati per pulirla, in parteall’umidità stessa.

10 A.Sop.BAP.VE, 27 marzo 1904, prot. n. 289/A30 (copiato il 29 marzo1904). L’Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti del Venetocomunica alla Fabbriceria del duomo il parere del proprio ingegner Riva,invitato a esprimersi sulle condizioni del dipinto. Quest’ultimo reputa ilrilassamento della tela una conseguenza del restringimento del telaio (sic)e dell’umidità che agisce sulle fibre tessili. Ritiene utile provvedere esclu-sivamente a un nuovo tensionamento, senza che sia assolutamente neces-sario riposizionare la pala sul tavolato curvo; anzi sul telaio piano esisten-te sono meglio garantite le condizioni di illuminazione.

11 A.Sop.BSAE.VE, 24 maggio 1907, prot. n. 5330/XII. La nota testimo-nia della consapevolezza di Zennaro che i problemi potrebbero derivaredalla messa in opera della tela sul telaio a cunei.

12 Nei vari documenti Acerbi è indicato come impresario, falegname, capomastro.

13 A.Sop.BSAE.VE, preventivo del 30 settembre 1907, prot. n. 5640/XIIdel 2 ottobre 1907.

14 Per le vicende relative alla tutela del patrimonio storico artistico durantela Prima Guerra mondiale si veda almeno: G. Fogolari, Relazione sul-l’opera della Soprintendenza alle gallerie e agli oggetto d’arte del Venetoper difendere gli oggetti d’arte dai pericoli della guerra, in “Bollettinod’arte del Ministero della Pubblica Istruzione”, XII, fasc. IX-XII, 1918,pp. 185-229.

15 A.Sop.BSAE.VE, 5 dicembre 1919, prot. n. 931.

16 Per evitare che la pala fosse sostituita con una copia, “sugli orli dei latiminori alla tela vennero applicati due cartoncini, contrassegnati dentro efuori dai timbri dell’Abbazia e del Comune e fissati alla tela da funicelle,con piombo fuso e sigla”. Cfr. F. Franceschetti, Il restauro del Capolavorodi Gio. Batta Tiepolo nella Basilica Abbaziale di S. Tecla, in “Il PopoloVeneto”, 2 dicembre 1923.

17 Il telaio realizzato per il restauro Acerbi, seguendo la curvatura del muroabsidale, è quello che ancora sostiene la pala. Reca le firme di Acerbi, del-l’abate Evaristo Sartori e di Francesco Steffanoni. La struttura non ha maisvolto correttamente la sua funzione portante per l’impossibilità di tensio-nale la tela lungo i lati verticali; si notano delle modifiche agli angoli(aggiunta di biette) e la messa in opera di un’ulteriore traversa orizzonta-le mediana.

18 APDE, 20 dicembre 1925. Pietro Michieli scrive all’abate per sapere sepuò essere pagato direttamente dalla parrocchia, visto che Acerbi tardaa saldare il dovuto.

19 A.Sop.BSAE.VE, 7 maggio 1924, prot. n. 04567.

20 In APDE, carte sparse.

21 A.Sop.BSAE.VE, lettera scritta dall’ispettore onorario il 22 aprile 1929,prot. 457/7 Rest. e cons. del 30 aprile 1929.

22 Ibiem.

23 A.Sop.BSAE.VE, lettera scritta dall’ispettore onorario il 12 dicembre1929, prot. 1316/2 Padova del 13 dicembre 1929. Le operazioni di fodera-

tura a cui è stata sottoposta la tela devono essere state fatte con rulli pesan-ti e caldi, come si desume dal fatto che nella pellicola pittorica sono impres-se le tavole del piano su cui poggiava. Non è da escludere che, a luce raden-te, anche questi segni potessero recare disturbo.

24 A.Sop.BSAE.VE, 11 settembre 1931, prot. n. I/756/2 Padova.

25 A.Sop.BSAE.VE, copia del preventivo Steffanoni datato 8 ottobre 1931.

26 A.Sop.BSAE.VE, lettera dell’ispettore onorario del 23 novembre 1932,prot. 842/2 Padova del 24 novembre 1932.

27 A.Sop.BSAE.VE, la polizza perviene alla Soprintendenza il 21 gennaio1933.

28 A.Sop.BSAE.VE, 9 gennaio 1933, minuta di Fogolari senza protocollo.

29 A.Sop.BSAE.VE, lettera del 10 gennaio 1933, prot. n. 41/2 Padovadell’11 gennaio 1933.

30 A.Sop.BSAE.VE, la lettera del I maggio 1941, prot. n. 711/2 Padova, èindirizzata all’ispettore onorario Adolfo Callegari.

31 Copia della ricevuta si conserva nell’A.Sop.BSAE.VE. Per la salvaguardiadelle opere d’arte durante il secondo conflitto mondiale si vedano: La pro-tezione del patrimonio artistico nazionale dalle offese della guerra aerea,a cura della Direzione Generale delle Arti, Firenze 1942; G. Fogolari,Alcuni scritti d’arte, a cura di G. Fogolari-S. Fogolari, Trento 1974; E.Franchi, Arte in assetto di guerra, Pisa 2006.

32 Nell’A.Sop.BSAE.VE si conserva copia di una lettera inviata a titolo per-sonale da Francesco Valcanover all’abate Mario Zanchin.

33 A.Sop.BSAE.VE, lettera dell’abate al soprintendente datata 19 novembre1971, prot. 23 novembre 1971 n. 3249/2 Padova.

34 Il nuovo telaio, di dimensioni in sviluppo di 390x676 cm, possiede due asteverticali di larghezza di 19 cm e spessore di 4,5 cm, realizzate usando l’as-semblaggio di due tavoloni di abete da 390 cm di lunghezza, con un inca-stro longitudinale centrale, inclinato di una lunghezza di circa 76 cm. Ledue aste perimetrali curve misurano 21,5x4,5 cm, e sono realizzate in legnodi larice a cinque strati longitudinali (con la tecnica lamellare). Sono pre-senti una traversa verticale in abete di 12,5x3,5 cm, e due traverse orizzon-tali in legno di larice, con una sezione di 12,5x3,5 cm. L’incastro tra i pro-filati è di tipo mortasa e tenone; il telaio possiede anche delle zeppe e car-telle di legno per bloccare gli angoli ai lati.

35 Era consuetudine dell’epoca per gli artisti Veneziani acquistare tele già pre-parate da artigiani specializzati, denominati “imprimidori”. La preparazio-ne tipica che veniva fatta nelle botteghe era di intonazione calda, spessofrutto di mescolanze di terre colorate, ossidi di ferro e minio ed infine oliocome medium, a cui venivano poi aggiunti biacca e neri carboniosi peraccelerare l’essicazione. Cfr. Giambattista Tiepolo. Il restauro della Paladi Rovetta, a cura di A. Pacia, , Firenze, 2011, p. 30.

36 Vedasi V. Schaible, Reflexions sur la formation de cuvettes a la surface despeintures sur toile, in Preprints, vol. I, (9th Triennal Meeting Dresden, 26-31 August 1990), Los Angeles 1990, pp. 139-144.

37 Ognuno dei sette moduli che costituisco il piano misura 122 x 488 cm, edè composto da una struttura portante metallica e da un piano in multistratosoprastante. Tutti i moduli sono vincolati assieme tramite imbullonatura, eformano così un piano unico senza interruzioni di continuità. La superficiedel tavolo è stata protetta con tessuto non tessuto, necessario a creare unostrato cuscinetto uniforme.

38 È stato utilizzato l’Aquazol, una ammide terziaria alifatica, la poli(2-Etil-2-Ossazolina), polimero idrosolubile, stabile termicamente, atossico e a phneutro.

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39 Plextol B-500, resina acrilica termoplastica a media viscosità in dispersio-ne acquosa chimicamente molto stabile.

40 Vernice finale a base di Regalrez 1094, un polimero alifatico a basso pesomolecolare, che possiede un indice di rifrazione elevato, simile alle resinenaturali, una maggiore stabilità all’invecchiamento e ingiallimento e unapiù ampia reversibilità rispetto alle classiche vernici finali acriliche e che-toniche.

41 Questi tenditori sono costituiti da barre in acciaio filettate a uncino. La bar-retta aggancia con l’uncino l’asta in alluminio inserita nell’asola, attraversa lalama, o altra tipologia di vincolo inserito nel telaio, passa la molla e si con-clude con un dado che regola millimetricamente il carico della molla. Il tiran-te possiede uno stop di sicurezza regolabile tramite un dado oltre il quale latensione predefinita non può andare, a tutela dell’integrità del dipinto.

42 Muffe antiche probabilmente manifestatesi a seguito delle foderature pre-gresse.

43 Miscela di Ligroina 80% e Acetone 20% (rapporto in peso).

44 Vedasi nota n. 40.

45 G. A. Berger, The role of tension in the preservation of canvas paintings: astudy of panoramas, in ICOM Committee for Conservation 6th TriennalMeeting, Preprints, Ottawa, 25-27 September 1981, Paris, 1981, pp.1-12.

46 F. Del Zotto, Preservation of canvas paintings. Structural solutions in rela-tion to environmental changes. Preliminary report, in Science Technologyand European Cultural heritage, (Proceedings of European Symposium,Bologna,13-16 June 1989), Brussels-Luxembourg 1991, pp. 717-721.

47 Cfr.F. Del Zotto, Preservation of canvas paintings. Structural solutions inrelation to environmental changes, in ICOM Preprints, Dresda 1990, pp.113-118; F. Del Zotto, Self-expansion stretcher for two-sided paintings:floating auto-adapting suspension system, in ICOM-CC Preprints, Rio deJaneiro 2002, pp. 338-345; F. Del Zotto, Il telaio come strumento di con-servazione preventiva: recenti soluzioni per l’equilibrio delle forze e ilmantenimento delle strutture di supporto originali, in Lo stato dell’arte,(Atti del primo congresso nazionale dell’IGIIC), Torino 2003, pp. 396-408;F. Del Zotto, Bastidores y pinturas sobre lienzo. Equilibrio de las tensionesy propuestas operativas (secunda parte), in “PH57 - Boletin del InstitutoAndaluz del Patrimonio Historico”, 57, (Febrero 2006), pp. 82-96.

48 Il sistema a spinta è composto da due elementi avvitati fra loro: una bus-

sola, filettata all’interno, inserita nella sezione del telaio di legno, e unpistoncino cavo che si avvita all’interno della bussola medesima. Ciòconsente di modificare l’altezza della camera di contenimento dellamolla. La porzione di barra filettata che esce dal pistoncino cavo permet-te da una parte di leggere la forza impostata sulle molle in fase di mon-taggio, dall’altra di monitorare le variazioni di carico delle stesse mollea seguito dei movimenti della tela nel tempo. In questo modello le bus-sole possono essere costruite anche con diametri diversi, quindi si pos-sono utilizzare anche molle di diametro superiore a favore di dipinti digrande formato, che necessitano di tensioni di carico più elevate e quin-di di molle più grandi.

49 Per vincolo elastico si intende un meccanismo esterno da poter utilizza-re sia sul telaio esistenze che su quello nuovo. È un pistoncino cheaggancia ad una estremità i bordi della tela e dall’altra è bloccato al tela-io. Il vincolo al telaio avviene per mezzo di un supporto cubico avvitatoal legno, oppure di una lama, inserita per maggiore solidarietà in unaapposita fresatura nel telaio e poi avvitata allo stesso. Entrambi i suppor-ti sono internamente filettati per sostenere la bussola che alloggia ilpistoncino. Questa contiene una molla adeguata per formato, deflessio-ne e carico alle esigenze e alle caratteristiche del singolo dipinto. Lamolla è attraversata da una barra filettata, che fuoriesce dal supportocubico oppure dalla lama, e aggancia la tela del dipinto o le fasce peri-metrali. Il vincolo fra la barra e la tela può avvenire in diverse forme:mediante una estremità sagomata a gancio che entra in appositi fori sullelame applicate a rinforzo del perimetro del tessile, oppure incastrandosifra le due lame del sandwich in una apposita sagomatura con un elemen-to di blocco cilindrico a pressione. Fra il supporto cubico, o a lama, e ilpunto di aggancio della barra alla tela è inserito un freno esterno costi-tuito da un dado. All’estremità opposta del pistoncino, sulla barra filettata, sono inseriti:in un caso una rondella e un dado, in successione, che caricano la mollaal valore desiderato, nell’altro caso un cilindretto regolatore, a paretiesterne lisce, con filettatura interna del diametro della barra filettata etesta a dado, che, avvitandosi sulla barra filettata stessa, entra all’inter-no della bussola e, anche qui, carica la molla al valore desiderato. Iltirante possiede uno stop di sicurezza regolabile tramite un dado oltre ilquale la tensione predefinita non può andare, a tutela dell’integrità deldipinto. Il neodimio è un metallo argenteo e lucente appartenente algruppo delle “terre rare”, o lantanidi, presente nella lega chiamatamischmetal fino al 18%.

50 Il neodimio viene utilizzato per produrre magneti permanenti ad elevataforza coercitiva ed è meno costoso dei magneti al samario-cobalto.

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Bibliografia storica

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1903Ristauri al capolavoro di Gio. Batta Tiepolo nel nostro Duomo, in “Il Berico”,18 agosto 1903.Ristaturi al capolavoro di Giovanni Battista Tiepolo nel nostro Duomo, in “LaProvincia di Padova”, 19-20 agosto 1903.

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1923F. Franceschetti, Il restauro del Capolavoro di Gio. Batta Tiepolo nellaBasilica Abbaziale di S. Tecla, in “Il Popolo Veneto”, 2 dicembre 1923.

1924F[rancesco] F[ranceschetti], Il capolavoro di Gio. Batt. Tiepolo nella BasilcaAbbaziale di Este. Notizie storico-artistiche, in “Il Popolo Veneto”, 5 febbraio1924.

1942La protezione del patrimonio artistico nazionale dalle offese della guerraaerea, a cura della Direzione Generale delle Arti, Firenze 1942.

1974G. Fogolari, Alcuni scritti d’arte, a cura di G. Fogolari-S. Fogolari, Trento1974.

1976/77G. Gambarin, I dipinti del duomo di Este: storia e catalogazione, tesi di lau-rea, Università degli studi di Padova, Facoltà di lettere e filosofia, a.a. 1976/77.

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1996La cultura del restauro tra tutela e conservazione dell’opera d’arte, atti delConvegno Internazionale di Studi (Bergamo 9-11 marzo 1995), in “Bollettinod’Arte”, supplemento al n. 98 (1996).

1999A. Torresi, Primo dizionario biografico dei pittori restauratori italiani dal1750 al 1950, Ferrara 1999.

2002Il restauro dei dipinti nel secondo Ottocento, a cura di G. Perusini, Udine2002.

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2006E. Franchi, Arte in assetto di guerra, Pisa 2006.

2007Dizionario biografico dei Soprintendenti storici dell’arte (1904-1974),Bologna 2007.

2009M. Ciatti, Appunti per un manuale di storia e teoria del restauro, Firenze2009.

2011Dizionario biografico dei Soprintendenti architetti (1904-1974), Bologna2011.Giambattista Tiepolo. Il restauro della Pala di Rovetta, a cura di A. Pacia,Firenze 2011.

Bibliografia tecnica

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