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Il lato hollywoodianodell’aziendaLe strutture organizzative a rete si affermano nelle impreseper soddisfare le esigenze di flessibiltà e rapidità.E l’esempio viene dall'industria dell'entertainment

Si parla spesso dei businessmodel innovativi di SiliconValley. In California esisteco munque anche un’altraindustria, si occupa non ditecnologia ma d’intratteni-mento, che ha sviluppatomodi nuovi di fare business.

È quello che Borg ha chiamato TheHollywood Style of Business Organisation2.Si tratta in sintesi di creare organizzazioni adhoc attraverso combinazioni collaborative tradiverse partner (aziende o strutture di azien-de), focalizzate alla realizzazione di un proto-tipo. Una volta realizzato il prototipo, l’orga-nizzazione si scioglie, salvo ricomporsi intutt’altra forma per un altro scopo. Si trattadel cosiddetto “approccio reticolare” al busi-ness reso possibile dalla tecnologia. Le reti,infatti, sono flessibili e perfettamente adatte

alla natura volatile della nuova economia glo-bale. La cooperazione e l’approccio di squa-dra alla soluzione dei problemi permette aipartner di reagire tempestivamente ai muta-menti dell’ambiente esterno. La rete imponea chi vi partecipa la rinuncia ad una parte dellapropria autonomia e del proprio potere didecisione; d’altro canto, la spontaneità e lacreatività che si sviluppano in un ambientecooperativo offrono ai partecipanti un vantag-gio collettivo nella nuova economia high tech.Dato che le reti comportano canali co mu -nicativi complessi, prospettive diverse, elabora-zione parallela dell’informazione e feedbackcontinuo, e tendono a premiare il pensiero‘fuori dagli schemi’, chi vi partecipa è stimola-to a creare nuove connessioni, produrre nuoveidee, generare nuovi schemi e mettere in attonuovi piani d’azione in quello che si sta trasfor-mando in un ambiente creativo.

Enrico Beltramini, 47 anni, laurea alla Università Cattolica di Milano, un Mba e due dottorati diricerca in Gran Bretagna, insegna Organizzazione Aziendale all’Università Cattolica. Le sue ricerche riguardano il rapporto tra cultura e business. L’ultimo suo libro e Hippiedotcom (Vita e Pensiero). Siede in consigli di amministrazione di aziendeprivate italiane e americane.

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La tendenza alla burocratizzazione,cioè alla proliferazione delle regoleformali, continua a caratterizzare il

funzionamento delle organizzazioni anchenell’era della flessibilità. Pur in presenzadelle piu’ ardite innovazioni organizzativeideate per aggiungere flessibilità alle orga-nizzazioni, il ruolo esercitato dai sistemi diregole continua ad essere altissimo. Infatti,“molte delle analisi disponibili sul cosiddet-to post-fordismo si occupano di casi in cuil’aumento della varietà delle soluzioni e deicomportamenti, assunta come espressionedi una recuperata autonomia degli attori, èreso possibile da titanici processi di regola-zione gerarchica e di standardizzazione aiquali, per coerenza, dovrebbe essere ricono-sciuto un ruolo positivo”3. Thompson4

descriveva trenta anni fa il trade-off tra effi-cienza e flessibilità come il “paradosso del-l’amministrazione”. Ancora oggi questoparadosso non ha trovato una soluzioneteorica soddisfacente, e la tradizionale pra-tica della gestione aziendale (il manage-ment come tecnologia) è utilizzata in man-canza di alternative migliori. Peraltro leimprese non possono più scegliere tra con-trollo ed apprendimento, efficienza e flessi-bilità, attività di routine ed innovazione,ma devono trovare il modo di raggiungereentrambi gli obiettivi allo stesso tempo.Non solo: l’evoluzione futura ten de sem-pre di più a situazioni di mercato in cui sicapovolge il tradizionale rapporto di forzatra produttore e consumatore. Que stocambiamento, certamente dovuto a mo -dificazioni della struttura sociale di conte-sto, è stato comunque aiutato dallo svilup-po delle tecnologie della comunicazione.La facilità di accesso all’informazione con-sente, infatti, a qualunque consumatore diconfrontare prezzi e qualità delle offerte. Ilcliente non è piu’ solamente consumer, masi avvia ad essere pro-sumer, cioè in gradodi influenzare egli stesso le caratteristiche e

le modalità di offerta del prodotto e a inci-dere in maniera profonda sul comporta-mento delle aziende. Si assiste ad un’enor-me diversificazione del prodotto, ad unaumento esponenziale del numero dellevarianti, il che comporta un ripensamentodel sistema produttivo e logistico (crescen-ti livelli di flessibilità e rapidità). Insiemeall’ampliamento quantitativo delle propo-ste, i clienti hanno maturato aspettativeanche sulla qualità e l’affidabilità del pro-dotto. Inoltre, l’accorciamento dei tempidi reazione al mercato è diventata la carat-teristica chiave per l’azienda per emergere erestare sul mercato, tanto da far parlare dicompetizione basata sulla velocità5. Nuovimodelli organizzativi sono stati dunque ela-borati e sperimentati per rispondere a mutateesigenze di mercato e per soddisfare obiettividi business in evoluzione. L’evoluzione tec-nologica rende possibili questi cambiamentifacilitando molti processi prima proibitivi otroppo onerosi. È in questo ambito che ilruolo delle regole formali è andato via viadiminuendo, mentre la ricerca ha privilegiatolo studio delle organizzazioni organiche6 edelle organizzazioni ad hoc7, cioè delle formeorganizzative in cui le regole formali noncostituiscono il principale meccanismo di co -ordinamento. La flessibilità, in questa pro-spettiva, è il campo d’azione delle orga-nizzazioni poco formalizzate, mentre leorganizzazioni burocratiche (formali) pos-sono ottenere risultati soddisfacenti sol-tanto in contesti stabili. I due ultimi de -cenni sono stati caratterizzati da un grandedinamismo del pensiero organizzativo, chesi è andato via via discostando dai modelliclassici ed ha elaborato modelli quali laproduzione snella, l’impresa rete, l’orga-nizzazione che apprende, la reingegneriz-zazione dei processi, l’impresa strutturataper processi, la de-integrazione verticale,l’impresa flessibile, fino a parlare oggid’impresa virtuale.

Il post-fordismo

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La tendenza per il presente ed il futuroprevede che potranno riuscire vincentile imprese che sapranno soddisfare i

desideri dei loro clienti in termini di qualità,costo e servizio. Per raggiungere questi obiet -tivi, le imprese dovranno possedere certamen-te tre caratteristiche chiave: flessibilità, velo-cità, efficienza. Alle imprese sarà, infatti,ri chiesto di essere sempre più flessibili e quin-di più veloci nel riuscire ad adattare il propriosistema produttivo alla variabilità del merca-to, sia dal punto di vista del continuo adatta-mento delle quantità e delle tipologie di pro-dotto richieste in ogni istante di tempo, chedal punto di vista della rapidità di sviluppoed immissione sul mercato di nuovi prodot-ti. Analogamente, l’efficienza continuerà adessere un requisito chiave, al fine del conte-nimento dei costi. La flessibilità è usata perrecuperare efficienza e migliorare le perfor-mance delle organizzazioni. Nella teoria del-l’organizzazione la flessibilità può esseredefinita come l’attitudine di una organizza-zione a ricombinare nel tempo e nello spazioi suoi elementi costitutivi e a ridefinire lecaratteristiche al fine di mantenere o aumen-tare il proprio livello di performance, a fron-te dei cambiamenti intervenuti nell’ambien-te e nelle strategie degli attori. Fles si bi lità evelocità non potranno, dunque, essere otte-

nute utilizzando maggiori quantità di risor-se: più uomini, più macchinari o più scorte.Per rispondere a queste nuove esigenze pra-tiche, la ricerca ha iniziato qualche decenniofa a immaginare alternative possibili alle tra-dizionali configurazioni or ga nizzative.Ricordiamo che definire una con fi gu ra zioneo struttura organizzativa si gni fica scegliere ilmodo col quale i compiti debbano esseredistribuiti tra gli individui e come gli indivi-dui vadano aggregati in enti ed unità orga-nizzative. Una prima alternativa è quella diconsiderare le organizzazioni come organi-smi viventi. La lettura organicistica consentedi spiegare come le organizzazioni sianoorganismi a contatto con l’ambiente esterno,e possano vivere, prosperare ed evolvereall’interno di esso. Secondo questa imposta-zione, non esistono dei principi universali diprogettazione organizzativa, ma piuttostoalcuni modelli organizzativi sono più adattidi altri a svilupparsi ed affermarsi in un deter-minato ambiente. Altri testi parlano diimpresa-rete intendendo una impresa in cui“non vi è coincidenza tra i confini giuridico-organizzativi del “soggetto impresa” ed iconfini dell’azienda gestionale dello stessosoggetto”8. Si tratta, infatti, di un sistema diimprese tra loro collegate, tra le quali nonintercorrono legami societari né collegamen-

La prima opzione: l’organizzazione organica

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ti organizzativi, ma soltanto accordi e sistemidi cooperazione. In questo schema organiz-zativo, ciascuna impresa può concentrarsi sulproprio settore ed apportare il proprioknow-how attraverso un rapporto di colla-borazione paritaria, all’interno di progetti odi opportunità di business. I principali van-taggi della configurazione reticolare risiedo-no nella capacità di conservare un elevatogrado di specializzazione e di consentire nelcontempo una notevole flessibilità e rapiditàdi risposta. Da parte di alcuni sono statedistinte due sottocategorie all’interno diquesta particolare configurazione. Da un la -to si troverebbe il modello reticolare pro-priamente detto, il quale prevede la presen-za, in posizione preminente rispetto allealtre, di una impresa “guida”; dall’altro unmodello che viene definito virtuale, in cuinon vi è alcuna impresa centrale. Nello sche-ma virtuale, le diverse funzioni necessarie alfunzionamento dell’azienda vengono svolteall’interno di una “impresa virtuale di area”,costituita da un insieme di aziende collegatetra loro a costituire un unico processo, purmantenendo ciascuna la propria autonomia.Va detto, comunque, che non esiste ancorauna terminologia chiara e condivisa al riguar-do e che pertanto autori differenti utilizzanodefinizioni diverse. In generale, nuove tecnologie, globalizza-zione, incertezza sulla lunghezza dei cicli disviluppo, rapidità sui cambiamenti sul frontedella domanda, rappresentano le condizionicompetitive di molti settori, definiti comeambienti iperturbolenti. In molti paesi, i set-tori ad alto contenuto simbolico9, quali quel-

li della comunicazione, della cultura e del-l’entertainment, stanno svolgendo da diversianni un ruolo di traino nella crescita econo-mica, con importanti effetti sull’occupazionee sugli stili di vita e di consumo. La ricerca incampo organizzativo ha identificato proprioin questi settori un importante area di inno-vazione e sperimentazione di forme organiz-zative flessibili10. La dominanza di formeorganizzative flessibili nell’industria dellaproduzione simbolica è generalmente spie-gata dall’elevato grado di incertezza dei pro-getti di sviluppo in assenza di standard conso-lidati. Questa incertezza rende poco at traentiforme organizzative altamente strutturate elascia il campo alla sperimentazione di solu-zioni altamente flessibili, specie sul fronte deiconfini organizzativi. Esiste tuttavia un altroaspetto del problema. Infatti, nell’industriadei beni simbolici, la combinazione efficacetra momenti creativi e momenti industriali oproduttivi non è realizzabile in modo additi-vo, come accade in altri settori sempre conrilevante contenuto di creatività (design omoda). Questo fatto impone lo sviluppo diforme organizzative caratterizzate da un altolivello di integrazione tra i processi creativied industriali, invece che da semplici ottimiz-zazioni funzionali o, al limite, da logiche dioutsourcing. Negli ultimi anni un nuovodirompente cambiamento legato alle nuovetecnologie ed alla “rivoluzione digitale” hareso il tema dell’integrazione ancora più cri-tico. Le piattaforme tecnologiche innovative,infatti, aprono nuovi spazi di accesso, nuovemodalità di fruizione delle idee e dei prodot-ti ad alto contenuto simbolico, ma pongono

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in gioco, per le imprese, il problema crucialedell’integrazione tra i “possessori” della tec-nologia e i “detentori” delle competenze econoscenze per lo sviluppo dei contenuti. Sitratta di competenze profondamente etero-genee, possedute da imprese che operano insettori distanti tra loro per modalità operati-ve, ciclo di vita, strutture del mercato etc. Ilcarattere innovativo dei progetti culturali,artistici e comunicativi realizzati attraverso lenuove piattaforme tecnologiche fa sì che leconoscenze da organizzare siano complesse escarsamente codificate. La natura di questeconoscenze genera un elevato fabbisogno diintegrazione tra gli attori organizzativi coin-volti, fabbisogno che si risolve attraversoforme di coordinamento più complesserispetto a quelle con minore livello di com-mittenza. Tuttavia i livelli di incertezza deiprogetti, tra cui l’assenza di standard, è taleda escludere il ricorso a forme d’integrazio-ne proprietaria, i cui rischi finanziari e dimercato sarebbero insostenibili anche peruna grande impresa conglomerata. Si può,quindi, dire come la dominanza di formereticolari nell’industria dei beni simbolici siaspiegata dai livelli di incertezza che caratte-rizzano i progetti di sviluppo di questo set-tore. L’operare simultaneo di più standard diprodotto/tecnologia, la condivisione dei

rischi, la ricerca di soluzioni organizzativeflessibili e a minori costi di uscita, la ricercadi sinergie nei progetti di innovazione, ren-dono convenienti le forme reticolari. Questaseconda evidenza è spiegata dalla natura deiprogetti che le reti interorganizzative devo-no governare nel processo di convergenzatra nuove tecnologie e contenuti simbolici.La convergenza è quindi guidata dalla crea-zione di organizzazioni caratterizzate da unalto livello di integrazione tra i processi crea-tivi, produttivi e distributivi. La necessitàdell’integrazione organizzativa è generatadalla complessità e dal grado di innovazionedei progetti di sviluppo. Se l’incertezzadetermina la scelta di forme organizzativereticolari, la complessità dei progetti condi-ziona le caratteristiche di queste forme,imponendo l’utilizzo di soluzioni altamentestrutturate. L’elevato grado di strutturazionedelle relazioni interorganizzative è legato,inoltre, all’eterogeneità del patrimonio dicompetenze ed esperienze che i partnerapportano nei progetti di convergenza tratecnologie e contenuti. Le reti per la conver-genza, pur restando forme esterne, devonooperare attraverso i meccanismi tipici deiteam, al fine di generare la massima integra-zione possibile tra le competenze apportatedai partner.

Toffler coniò il termine di “adhocrazia”nel suo “Future Shock”11. L’adho -crazia è una organizzazione con una

scarsa formalizzazione del comportamento;un’elevata specializzazione orizzontale dellemansioni; la tendenza a raggruppare gli spe-cialisti in piccoli gruppi di progetto fondatisul mercato; il ricorso ai meccanismi di colle-gamento per favorire il reciproco adattamen-to e coordinamento all’interno dei gruppi e

tra i gruppi. Inoltre l’adhocrazia prevede undecentramento selettivo ed una struttura condifferenti sezioni che sono collocate in varipunti dell’organizzazione e che implicanocombinazioni diverse di manager di line, distaff e di esperti appartenenti al nucleo ope-rativo. Per il suo carattere teso all’innovazio-ne e quindi alla rottura degli schemi esisten-ti consolidati, l’organizzazione ad hoc nonpuò ricorrere per il coordinamento ad alcuna

La seconda opzione: l’organizzazione ad hoc

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forma di standardizzazione, evitando cosìburocratizzazioni, rigide divisione del lavo-ro, ampia differenziazione delle unità, com-portamenti altamente formalizzati ed enfasisu sistemi di pianificazione e controllo.Resta, in questo modo, una struttura flessibi-le. L’adhocrazia è, perciò, la configurazioneche rispetta di meno i principi classici dell’or-ganizzazione, in particolare l’unità delcomando. Anche i flussi, processi informativie decisionali, si sviluppano in maniera flessi-bile ed informale per promuovere l’innova-zione e, se è necessario, l’aggiornamentodella linea di autorità. È, quindi, una struttu-ra organica con la capacità di innovare inambienti complessi e sofisticati grazie alle suecompetenze specialistiche. L’adhocrazia,

infatti, deve utilizzare ed affidare potere agliesperti e ai professionisti. Le conoscenzedegli esperti diventano le basi sulle qualicostruire nuove conoscenze (apprendimen-to); questo avviene attraverso la combinazio-ne e la collaborazione in forme diverse delleconoscenze e delle capacità esistenti. Nonesiste, perciò, specializzazione di competen-za o differenziazione dell’unità funzionale,ma combinazione degli sforzi e delle risorsedegli esperti. Si formano, a tal proposito,gruppi mutidisciplinari costituiti attorno aspecifici progetti di innovazione.L’adhocrazia tende ad utilizzare contempo-raneamente le basi di raggruppamento fun-zionale e di mercato. Gli esperti sono rag-gruppati in unità funzionali solo per motividi aggregazione professionale (assunzione,

Nelle organizzazioni ad hoc

la specializzazione orizzontale delle mansioni

elimina ogni tipo di monopolio:

il potere decisionale spetta a chi ha la competenza( )

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comunicazioni professionali etc), ma sonoutilizzati in gruppi di progetto per svolgerel’attività fondamentale di innovazione.Avendo escluso il ricorso alla standardizza-zione per esigenze di flessibilità ed alla super-visione diretta per la complessità del lavoro,il coordinamento deve essere assicurato dacoloro che hanno le conoscenze, cioè dagliesperti che svolgono effettivamente il lavorodi progetto. Ciò rinvia all’adattamento reci-proco, cioé al principale meccanismo dicoordinamento dell’adhocrazia. L’enfasi sul-l’adattamento reciproco comporta un’analo-ga enfasi sui parametri di progettazioneorganizzativa e cioè sull’insieme dei mecca-nismi di collegamento: integratori e posizio-ni di intermediazione per coordinare gli sfor-zi tra unità funzionali e gruppi di progetto,gruppi intesi come task forces e l’organizza-zione a matrice per consentire il contempo-raneo raggruppamento su base funzionale edi mercato. Ne risulta una ampiezza di con-trollo limitata e differente perché la maggiorparte dei manager non dirige nel senso tradi-zionale del termine, dando ordini attraversola supervisione diretta, ma impiega granparte del suo tempo in attività di collega-mento e di negoziazione, coordinando insenso laterale l’attività tra i diversi gruppi etra i gruppi e le unità funzionali. Molti diquesti manager sono in effetti anche espertiche operano insieme con gli altri specialistinei gruppi di progetto. Nell’adhocrazia gliesperti sono presenti in tutta l’organizzazio-ne, nello staff di supporto e nella linea inter-media come pure nel nucleo operativo; diconseguenza, invece di essere concentratonel nucleo operativo, il potere è diffuso inmodo più uniforme in tutte le parti dell’or-ganizzazione. Il suo decentramento è di tiposelettivo nella dimensione sia orizzontale cheverticale: il potere decisionale è distribuitotra i manager e i non manager a tutti i livellidella gerarchia in relazione alla natura dellediverse decisioni che debbono essere assunte.Nell’adhocrazia, quindi, nessuno monopo-lizza il potere di innovare. Nell’organizzazione ad hoc il potere decisio-nale spetta a chi ha la competenza, a prescin-

dere dalla posizione. Lo staff di supportosvolge un ruolo di primaria importanza.Infatti, la relazione tra nucleo operativo ecomponente direzionale è diversa da quellariscontrabile in configurazioni piu’ tradizio-nali. La necessità di manager di line che eser-citino una stretta supervisione diretta suimembri del nucleo operativo è scarsa; piutto-sto, i manager diventano membri effettivi deigruppi di progetto con la responsabilità spe-cifica di realizzare il coordinamento. Essiagiscono in questo ruolo più come colleghiche come capi, servendosi più della lorocompetenza e delle capacità interpersonaliche della loro posizione formale. Sfuma inquesto modo l’importanza della distinzionetra line e staff, non avendo più significatodistinguere coloro che hanno il potere for-male di decidere da coloro che hanno solo ildiritto informale di consigliare. Lo staff disupporto non è generalmente differenziatoin modo netto dalle altre parti dell’organiz-zazione come accade, invece, nelle configu-razioni di tipo burocratico, dove il suo inter-vento avviene soltanto su richiesta. I membridello staff di supporto insieme con i managerdi line formano un pool di esperti da cui èprelevato il personale per i gruppi di proget-to. La necessità di una struttura che elabori isistemi di regolazione è molto limitata.Concludendo, la componente direzionaledell’adhocrazia appare come un insiemeorganico di manager di line e di esperti distaff (e dei membri del nucleo operativo nel-l’adhocrazia operativa) che lavorano insiemein una rete di rapporti sempre mutevoli suuna base di progetti ad hoc. Le parti sono,quindi, fuse insieme; in quella operativa que-sta massa comprende la linea intermedia, lostaff di supporto, la tecnostruttura ed ilnucleo operativo; in quella amministrativa lostesso tranne il nucleo operativo tenutodistinto in una organizzazione burocraticaseparata. Infine, anche il vertice strategico èparzialmente fuso nella massa centrale.La caratteristica fondamentale dell’adhocra-zia operativa è quella di innovare per risolve-re i problemi dei suoi clienti. I gruppi multi-disciplinari delle società di consulenza, dei

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produttori di prototipi industriali o delleagenzie pubblicitarie; delle agenzie cinema-tografiche o delle compagnia teatrale, difronte ad un problema del cliente, si impe-gnano in uno sforzo creativo per trovare unasoluzione nuova (a differenza della burocra-zia professionale che lo classifica in una cate-goria conosciuta ed applica automaticamenteun programma standard). I gruppi si impe-gna nell’innovazione, intesa come una sfidacreativa, e considerano un numero infinito dicontingenze e soluzioni. Il metodo di coor-dinamento viene svolto dagli specialisti cheinteragiscono informalmente attraversol’adattamento reciproco in gruppi di proget-to strutturati in modo organico. Fattore fon-damentale diventa lo sforzo comune dell’at-tività direzionale e di quella operativa che sifondono in una tale coesione che diventa dif-ficile differenziare la pianificazione e la pro-gettazione del lavoro dalla sua esecuzionepoiché entrambe richiedono le stesse capaci-tà specialistiche su una base di progetto perprogetto. Di conseguenza, l’adhocrazia ope-rativa non si preoccupa di distinguere i livel-li intermedi dal nucleo operativo. I managerdalla linea intermedia e i membri di quelloche in altre organizzazioni è lo staff di sup-porto (tipicamente molto importante e adalta specializzazione nell’adhocrazia operati-va) possono partecipare insieme con gli spe-cialisti del nucleo operativo ai gruppi di pro-getto. Anche quando le distinzioni vengonoeffettuate, tra il livello direzionale ed il livel-lo operativo, deve comunque svilupparsi unrapporto talmente integrato da consentireun libero interscambio di ruoli.Le condizioni dell’ambiente rappresentano ifattori di contesto più importanti della adho-crazia, la quale chiaramente esprime ilmeglio in un ambiente dinamico e comples-so. Un ambiente dinamico richiede un’orga-nizzazione di tipo organico, un ambientecomplesso richiede una struttura decentrata,e l’adhocrazia è la sola configurazione che siacontemporaneamente organica e relativa-mente decentrata. Per questo motivo leadhocrazie si riscontrano laddove prevalgo-no contemporaneamente condizioni di dina-

mismo e di complessità. In particolare leaziende fondate sulla ricerca sono spinteverso la configurazione adhocratica poiché laloro attività è per sua natura complessa,imprevedibile e spesso competitiva. Di con-seguenza se i professionisti possono lavorareda soli quando applicano le loro conoscenzee capacità standard, essi debbono, invece,riunirsi e formare gruppi organici multidisci-plinari per creare nuove conoscenze e capaci-tà. Le agenzie pubblicitarie e le società diconsulenza, per esempio, che preferisconoassumere la configurazione della burocraziaprofessionale, cercano ambienti stabili men-tre quelle che preferiscono l’adhocrazia cer-cano ambienti che siano dinamici, dove ibisogni dei loro clienti sono imprevedibili.Nella configurazione adhocratica, quindi, unruolo privilegiato spetta all’ambiente che sti-mola l’organizzazione e ne riceve rispostecontinue e multiformi. L’eterogeneità del-l’ambiente spinge, infatti, l’azienda ad opera-re un decentramento selettivo a costellazionidi lavoro differenziate, in altri termini a con-figurarsi come un’adhocrazia amministrativa.Dal punto di vista organizzativo essa creacostellazioni di lavoro diverse per trattare idifferenti aspetti dell’ambiente e successiva-mente integrare tutti i loro sforzi. Le impre-se multinazionali, le cui diverse linee di pro-dotti sono interdipendenti e che affrontanoun ambiente caratterizzato da complessità edinamismo crescenti, saranno spinte versol’ibrido dell’adhocrazia divisionale chediventa un ulteriore stadio di sviluppo orga-nizzativo dopo la struttura semplice, la buro-crazia meccanica e la soluzione divisionale.L’adhocrazia divisionale, infatti, è una con-figurazione ibrida che presenta le caratteri-stiche contemporaneamente di una strutturadivisionale, perché i suoi mercati sono diver-sificati, e di una struttura adhocratica per lacomplessità ed il dinamismo di alcune partidel suo ambiente. Esiste, poi, l’adhocraziaimprenditoriale che è un ibrido dell’adho-crazia operativa. La sua attività è complessaed il suo ambiente dinamico; queste impre-se si fondano su specialisti con un’elevataformazione che operano in gruppi interdi-

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sciplinari; esse sono comunque piccole e diproprietà di singoli imprenditori che nemantengono il controllo grazie ad una pre-parazione simile a quella degli specialisti.Esempi ne sono le industrie del settore delladifesa, aerospaziale, ecc.. Abbiamo poil’adhocrazia competitiva detta così perchèopera in mercati così competitivi da dovercambiare quasi continuamente i suoi pro-dotti. Il ciclo di vita estremamente breve deisuoi prodotti e l’incerto flusso richiedonouna risposta estremamente rapida fondata suuna approfondita conoscenza interna.Esempi di questi tipi di adhocrazie sonoriscontrabili nell’industria discografica, far-maceutica, ecc..Dato che, come si è detto, l’attività delleadhocrazie è molto condizionato dall’am-biente, ci si potrebbe chiedere se questeorganizzazioni facciano uso di strategie. Larisposta è affermativa, almeno entro certilimiti. Nell’adhocrazia il controllo del pro-cesso di formulazione della strategia non èchiaramente attribuibile al vertice strategicoo ad una qualunque parte dell’organizzazio-ne. Inoltre il processo è più correttamenteconcepibile in termini di formazione di stra-tegia, poiché in questa configurazione lastrategia più che essere formulata consape-volmente dalle persone si forma implicita-mente attraverso le singole decisioni che esseassumono. Nell’adhocrazia, infatti, la dicoto-mia formulazione/implementazione nelprocesso strategico, tipico della burocraziameccanica, perde il suo significato. Infatti, lestrategie prendono forma attraverso l’assun-zione di decisioni specifiche all’interno eintorno ai progetti. Il fatto è che l’organizza-zione adhocratica è continuamente tenuta asoddisfare le richieste di utenti esigenti edimprevedibili e pertanto non può affidarsi astrategie già stabilite. In altre parole non puòpredeterminare un preciso piano d’azione erealizzarlo seguendo le indicazioni di unaprogrammazione formale. Al contrario, lamaggior parte delle sue iniziative devonoessere decise a livello individuale e secondole necessità del momento. La sua strategia sisviluppa progressivamente. Qualsiasi proces-

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Già da tempo l’industria hollywoo-diana ha maturato un’esperienzaspecifica di approccio all’organizza-

zione basato sulle reti e, per tale motivo, èdiventata un punto di riferimento per lariorganizzazione, secondo il modello reti-colare, di altri settori. Per esempio,Internet: mentre in un’economia radicatageograficamente venditori e compratori siscambiano beni fisici e servizi, nel cyberspa-zio utenti e fornitori si scambiano informa-zioni, conoscenze, esperienze e persino fan-tasie. La parola chiave diventa connessione.Le aziende si collegano con fornitori eclienti per condividere risorse intangibili,come informazioni e conoscenze, e risorsefisiche, nella convinzione che, mettendo incomune le forze, ognuno possa ottimizzarei risultati. È, infatti, integrando l’attivitàeconomica di ciascuno in un reticolo direlazioni reciproche, mutuamente vantag-giose, pensato per ottimizzare lo sforzo col-lettivo, che il successo di ogni impresadiviene più probabile, grazie a quella chealcuni hanno battezzato win-win strategy.Un’economia delle reti, dunque, differiscein maniera sostanziale sia dai mercati tradi-zionali, sia dalle organizzazioni gerarchi-che. L’industria dell’intrattenimento devegestire il rischio che si accompagna a pro-dotti con un ciclo di vita brevissimo. Ognifilm è un’esperienza a se stante, che devetrovare rapidamente un pubblico, cosicchéil produttore possa recuperare l’investimen-

to effettuato. Questo rende l’approccioreticolare all’attività economica una necessi-tà prima ancora che una possibilita’. WalterIsaacson, della Time-Warner, ha sintetizza-to il senso di tale cambiamento nell’orga-nizzazione del business dell’intrattenimen-to osservando che “il vecchio establishmentera un club. Il nuovo è un network”12. Giàda tempo l’industria culturale hollywoodia-na ha maturato un’esperienza specifica diapproccio all’organizzazione basato sullereti e, per tale motivo, è diventata un puntodi riferimento per la riorganizzazione dialtri settori del sistema capitalistico secondoil modello reticolare. In primo luogo, l’in-dustria dell’intrattenimento deve gestire ilrischio che si accompagna a prodotti con unciclo di vita brevissimo: ogni film è un’espe-rienza a sé stante, che deve trovare rapida-mente un pubblico, cosicché il produttorepossa recuperare l’investimento effettuato.Questo rende l’approcio reticolare all’attivi-tà economica una necessità. Ma non sempreè stato così. L’industria cinematografica degli esordi siaffidava ai principi di produzione “fordisti”,in voga nei primi anni Venti in un vastissi-mo spettro di settori. I film cosiddetti “digenere” erano prodotti come le automobiliin una sorta di catena di montaggio. Unodei pionieri, la Universal FilmManufacturing Company, produceva più diduecentocinquanta film all’anno. Agli inizidella diffusione commerciale del cinemato-

Un caso particolare della adhocracy: l’organizzazione hollywoodiana

so strategico in cui l’ideazione è distinta dal-l’attuazione, in cui programmazione ed ese-cuzione sono fasi separate, toglie all’organiz-zazione la possibilità di rispondere in modoflessibile e creativo alle richieste del suoambiente dinamico. Si concretizza, quindi,

una strategia fatta di tentativi ed errori allaprogressiva ricerca della situazione che otti-mizzi le risorse a disposizione e sia il più coe-rente possibile con le variabili ambientali esituazionali, pure loro in continuo muta-mento.

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grafo, i film erano venduti a metro, indi-pendentemente dal contenuto, il che dimo-strava un evidente orientamento alla produ-zione seriale di massa. Nei primi anniTrenta, un piccolo numero di colossi delcinema, tra i quali Warner Brothers, Pa ra -mount, Me troGol dwyn-Mayer e Twen tiethCentury Fox, controllava l’intero settorecinematografico. Le loro organizzazionierano strutturate gerarchicamente e pensateper supervisionare e regolare ogni aspettodel processo produttivo, dalla scelta delsoggetto alla distribuzione. Poi nei primianni Cinquanta l’industria cinematograficafu colpita da due shock esterni che costrin-sero a riorganizzarsi sulla base dei principireticolari attualmente in uso. Infatti, unasentenza antitrust della Corte Supremadegli Stati Uniti costrinse le maggiori casedi produzione a cedere le proprie catene disale cinematografiche. L’im pos si bi li tà dicontrollare l’utente finale al botteghinoinsieme all’avvento della televisione ebbeun effetto nefasto sulla redditività delle casedi produzione. L’industria cinematograficadovette modificare il suo approccio allaproduzione. I maggiori studios cominciaro-no a sperimentare dalla produzione di volu-mi più ridotti di film che però fossero capa-ci di catturare l’attenzione del pubblico.Una produzione, quindi, più attenta, com-plessa e costosa aiutata dalla pubblicità e lapromozione. L’aumento dei costi provoca-to dall’abbassamento dei volumi di produ-zione e dalla differenziazione dei prodottifece aumentare il rischio finanziario e resemeno certo il ritorno dell’investimento. Ilsistema di produzione cinematografica arete emerse negli anni Cinquanta, comerisposta parziale al bisogno di disporre diprofessionalità diverse per ciascun progettoe di ripartire il rischio in caso di un suo fal-limento. Gli studios più importanti comin-ciarono a ricercare al di fuori del proprioambito le professionalità e le risorse neces-sarie alla realizzazione del film, acquisendo-le solo in funzione del singolo progetto. Intal modo, iniziarono a proliferare case diproduzione indipendenti, costituite da arti-

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giani ed artisti ex dipendenti degli studios.Oggi, i pochi grandi studios sopravvissutiproducono raramente film in proprio: ten-dono, invece, ad agire da investitori, for-nendo ai produttori indipendenti le risorsefinanziarie necessarie in cambio del dirittodi distribuzione del prodotto finale nellesale cinematografiche e, in seguito, in tele-visione ed in videocassetta. Intorno ad ogniproduzione cinematografica si raccoglie ungruppo di società di produzione specializ-zate e di appaltatori indipendenti, ciascunodei quali contribuisce al successo dell’im-presa apportando le proprie competenze ele proprie esperienze. Nel loro insieme,queste entità costituiscono una rete, la cuivita è limitata alla durata del progetto.Sceneggiatura, casting, scenografie, riprese,costumi, missaggio sonoro, masterizzazio-ne, edizione e sviluppo delle pellicole ven-gono eseguiti da agenti indipendenti chelavorano in partnership temporanea conuna casa di produzione altrettanto autono-ma. As sem blan do le competenze di diversesocietà specializzate, il produttore può tro-vare l’esatta combinazione di talenti e capa-cità per trasformare ogni specifico progettoin un film di successo. A loro volta, le sin-gole società specializzate minimizzano il

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Walter Powell14, direttore del So cialand Behavioral Sciences Researchdella University of Ari zona, sotto-

linea come le transazioni tendano a prevale-re quando lo scambio è, per propria natu-ra, semplice, diretto, non ripetitivo erichiede investimenti scarsi. Nei mercati tra-

dizionali non è richiesto l’instaurarsi di unprofondo rapporto fiduciario tra venditoree compratore; sono, invece, i contrattilegalmente vincolanti la garanzia che il tra-sferimento del prodotto verrà onorato o lapromessa di servizio soddisfatta. Le transa-zioni si fondano su incontri che, in genere,

rischio assumendo contemporaneamentecommesse differenti, in diversi segmenti dimercato. L’approccio reticolare all’organizzazioneproduttiva permette così alle principaliaziende cinematografiche di liberarsi delfardello di impianti, attrezzature e compe-tenze creando relazioni strategiche con ifornitori per la produzione dei contenuti.In un mondo di crescente concorrenza, dibeni e servizi più diversificati e di cicli divita del prodotto sempre più brevi, leimprese mantengono la leadership control-lando i canali di finanziamento e di distri-buzione, trasferendo ad entità più piccole ilpeso della proprietà e della gestione delcapitale fisico. L’approccio reticolare diHollywood all’organizzazione della produ-zione sta aprendo la strada ad una nuovaeconomia del cybespazio, basata sulle reti.Non sorprende quindi scoprire che ilmodello organizzativo hollywoodiano siastato rapidamente adottato nei settori dipunta dell’economia del ventunesimo seco-lo: l’informatica e le scienze biologiche.Tom Peters descrive efficacemente il nuovoapproccio reticolare alle attività economi-che. Nel futuro, secondo Peters, “reti dipezzi e bocconi di aziende verranno in con-tatto per sfruttare un’opportunità di merca-to, forse staranno insieme per un paio d’an-ni (ma cambiando forma, drasticamente,parecchie volte nel corso dell’operazione),poi si dissolveranno per non esistere mai piùsotto quella stessa forma”13.

Non è una coincidenza che tutti i settoritentino di strutturarsi nel modo in cui si èorganizzata l’industria dell’intrattenimento.Le industrie culturali, tra le quali quelladiscografica, il mercato dell’arte, la televi-sione e la radio, mercificano, confezionanoe commercializzano esperienze, non pro-dotti materiali o servizi; loro principalescopo è vendere un accesso temporaneo amondi simulati e a stati emotivi specifici.Per tale ragione, esse rappresentano unmodello organizzativo ideale per un’econo-mia globale che sta effettuando una transi-zione dalla mercificazione di beni e servizialla mercificazione dell’esperienza culturale.Nel ciberspazio, i rapporti tra fornitori edutenti somigliano sempre di più al genere direlazioni che nel corso degli anni le indu-strie culturali hanno costruito con il pubbli-co. Ci stiamo avvicinando ad una forma dicapitalismo immateriale, in cui il prodotto èrappresentato dall’accesso al tempo ed allamente, mentre la fabbricazione e il trasferi-mento della proprietà di beni fisici da ven-ditori a compratori, ancora parte integrantedella nostra realtà quotidiana, occuperannoprogressivamente il livello meno pregiatodell’attività economica. In generale, il busi-ness migra dai mercati geografici al cyber-spazio e dalla vendita di beni e servizi allacommercializzazione di intere aree di espe-rienza umana, e il modello organizzativodello studio hollywoodiano diventa lo stan-dard per l’organizzazione di attività econo-miche.

Conclusione

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non prevedono impegni futuri. In questosenso, riflettono alla perfezione il concettoespresso da Adam Smith di parti mosse dal-l’interesse personale che cercano di trarre ilmassimo vantaggio dall’interazione in unambiente competitivo e, spesso, antagoni-stico. Le burocrazie tradizionali sono orga-nizzazioni di “performance” e quindi bensi adattano a questo contesto; sono tuttaviapoco adatte alla soluzione di problemi;sono state progettate, infatti, per perfezio-nare i programmi standard e non perinventarne di nuovi. La soluzione divisio-nale risolve il problema della rigidità strate-gica della burocrazia meccanica, ma a causadel suo orientamento teso al controlloattraverso la standardizzazione degli out-put non incoraggia l’innovazione. Per unainnovazione più complessa è necessaria,perciò, una configurazione diversa che siacapace di fondere esperti appartenenti adiscipline differenti in armonici gruppi diprogetto ad hoc. L’adhocrazia supera alcuni problemi tipicidelle organizzazioni tradizionali. In parti-colare, supera l’inadeguatezza della struttu-ra semplice, i conflitti della burocrazia mec-canica e si pone come una nuova alternativaalla burocrazia professionale ed alla soluzio-ne divisionale. Ovviamente, qualunquestrutturazione di una organizzazione pos-siede dei vantaggi e degli svantaggi specifi-ci. Il piu’ importante tra gli svantaggi dellaadhocrazia è la sua inefficienza. È ormaievidente che nessuna organizzazione è piùadatta dell’adhocrazia per la soluzione diproblemi complessi e che, inoltre, nessunaconfigurazione può eguagliarla per realizza-re innovazioni sofisticate minimizzando icosti di tali innovazioni.L’adhocrazia non è un’organizzazioneadatta alla realizzazione di attività ordina-rie o di routine, ma bensì per attività stra-ordinarie. Infatti se essa non operasse sucommessa, ma si costituisse come unastruttura standardizzata, si rivelerebbeestremamente costosa oltre che inefficien-te. Le basi di questa inefficienza risiedonoinnanzitutto negli elevati costi di comuni-

cazione: in questa configurazione l’orga-nizzazione è intessuta di comunicazioniinterpersonali, poiché è in questo modoche le diverse conoscenze si combinano persviluppare nuove idee. Questo modo diprocedere richiede, però, molto tempo:infatti, qui intervengono i manager, gliesperti, tutti. Il processo decisionale èlungo e sofferto, per quanto coinvolgente,ricco di contributi e progressivamente fina-lizzato alla soluzione innovativa. Il proble-ma è definito e ridefinito, sono generate edibattute le idee per la sua soluzione, intor-no alle differenti alternative si costruisconoe si rompono le alleanze, e ciascuno siimpegna in modo deciso per sostenere lasoluzione preferita. Alla fine è presa in con-siderazione una decisione che sarà proba-bilmente modificata più tardi. Si devecomunque osservare che gli alti costi soste-nuti per pervenire ad una decisione sonoparzialmente recuperati nella sua esecuzio-ne: una vasta partecipazione all’assunzionedelle decisioni assicura un ampio supportoverso le decisioni prese. Di conseguenzanell’adhocrazia la fase di esecuzione puòessere più rapida di quanto non accadanella burocrazia meccanica, dove si riscon-trano spesso resistenze da parte degli ope-ratori che non hanno partecipato alla deci-sione. Pur con questi limiti, comunque, l’adhocra-zia è veramente la configurazione deldomani: un’organizzazione adatta per unapopolazione con livelli di scolarità e di spe-cializzazione crescenti, ma che deve nelcontempo adottare un approccio sistemico(considerare il mondo come un insiemeintegrato di parti non indipendenti). È l’or-ganizzazione adatta per ambienti complessiche richiedono l’innovazione e per sistemitecnici che diventano più sofisticati ed alta-mente automatizzati. Citiamo in chiusural’opinione di Langley che fa un paragonetra tre forme organizzative, tra cui quellaadhocratica: “Lo studio sembra indicareche diversi tipi di organizzazione possonousare l’analisi formale in modi differenti,coerentemente con la natura della configu-

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razione strutturale. Le organizzazioniburocratiche, con il loro stile decisionaledall’alto verso il basso, possono utilizzarel’analisi prevalentemente a fini informativi edi direzione e controllo, per determinare lasostanza delle decisioni e per assicurare chele decisioni adottate al vertice vengano det-tagliate ed implementate. Le organizzazio-ni professionali, nelle quali le iniziative stra-tegiche spesso provengono dal basso,possono richiedere l’analisi soprattutto perscopi di comunicazione (persuasione diret-ta) e informazione (verifica reattiva) allor-

ché le proposte avanzano verso l’approva-zione. In un’adhocrazia, infine, la vasta par-tecipazione dei singoli nelle decisioni el’ambiguità che circonda l’autorità formalepossono generare un utilizzo persino piùesteso dell’analisi formale per finalità dicomunicazione (segnatamente posiziona-mento e persuasione diretta)”15.

Si ringrazia Iacobo Bagni per aver steso unaprima parziale versione del testo. L’ultima partedi questo articolo è stato pubblicato sull’insertoNova de Il Sole 24 Ore, 8 febbraio 2007.

Bibliografia.Borg, S., Getting Ready for the Coming Bio-Economy, Boston(Ms): Center for Business Innovation, working paper, 2001.Bourdieu, P., Language and Symbolic Power, Cambridge(Mass): Harvard University Press, 1999 (prima edizione 1996).Burns, T., e Stalker, G.M., The Management of Innovation,Oxford: Oxford University Press, 1994 (prima edizione 1961).Butera, F., L’Orologio e l’Organismo, Milano: F. Angeli, 1992. Costa, G., e Nacamulli, R. (a cura di), Manuale di organizza-zione aziendale, Torino: Utet, 1999. Hesselbein, F., Goldsmith, M., e Beckhard, R., The Leader ofthe Future: New Visions, Strategies and Practices for the NextEra, San Francisco: Jossey-Bass, 1997.Ilinitch, A., Lewin, A.Y., e D’Aveni, R., Managing in Times ofDisorder: Hypercompetitive Organizational Responses,:Thousand Oaks (Ca): Sage, 2005 (prima edizione 1996);Langly, A., In Search of Rationality: The Purposes Behind theUse of Formal Analysis in Organizations, AdministrativeScience Quarterly, XXXIV, December 1989, 622.Mintzberg, H., La Progettazione dell’OrganizzazioneAziendale, Bologna: Il Mulino, 1985.Peters, T., Liberation Management (trad. it.: LiberationManagement, Milano: Sperling & Kupfer, 1993).Powell, W.W., Neither Market Nor Hierarchy: Network Formsof Organization, in Research in Organizational Behaviour, 12,1990, 296-326.Rifkin, J., L’Era dell’Accesso, Milano: Mondadori, 2000.Thompson, J.D., Organisations in Action, New York: McGraw-Hill, 1967.Toffler, A., Future Shock, New York: Bantam Books (trad. it.:Lo Shock del Futuro, Milano: Rizzoli, 1971).

2 - “The Hollywood style of business organization affects industrieslike firm production, theatre, and software, Internet and high-tech start-ups. All of these are highly fluid industries where mostof the effort is directed at producing a prototype. In these indu-stries, a number of individual collaborators and other relativelyexpensive organizational components will be assembled to coopera-te in the creation of a prototype. The prototype could be a firmnegative, a theatrical production, a software program, anInternet business model, a genetically engineered organism, or a

bio-engineered process. In generally, it needs to be intellectual pro-perty that is easily scalable and has the potential to produce largeamount of additional value with only limited additional inve-stment. After the prototype has been created, the original organi-zation will be disbanded, and a leaner, less expensive organizationwill be assigned the task of exploiting the prototype. While the lessexpensive organization is beginning to exploit the prototype, theoriginal collaborators will already be working on new prototypesin different collaborative combinations”. From: Borg, S., GettingReady for the Coming Bio-Economy, Boston (Ms): Center forBusiness Innovation, working paper, 2001.3 - Costa, G., e Nacamulli, R. (a cura di), Manuale di organiz-zazione aziendale, Torino: Utet, 1999.4 - Thompson, J.D., Organisations in Action, New York:McGraw-Hill, 1967.5 - Il riferimento è alla cosiddetta ‘time-based competition’.6 - Burns, T., e Stalker, G.M., The Management of Innovation,Oxford: Oxford University Press, 1994 (prima edizione 1961).7 - Mintzberg, H., La Progettazione dell’OrganizzazioneAziendale, Bologna: Il Mulino, 1985.8 - Butera, F., L’Orologio e l’Organismo, Milano: F. Angeli, 1992.9 - Bourdieu, P., Language and Symbolic Power, Cambridge(Mass): Harvard University Press, 1999 (prima edizione 1996).10 - Ilinitch, A., Lewin, A.Y., e D’Aveni, R., Managing inTimes of Disorder: Hypercompetitive Organizational Responses,:Thousand Oaks (Ca): Sage, 2005 (prima edizione 1996);Hesselbein, F., Goldsmith, M., e Beckhard, R., The Leader of theFuture: New Visions, Strategies and Practices for the Next Era,San Francisco: Jossey-Bass, 1997.11 - Toffler, A., Future Shock, New York: Bantam Books (trad. it.:Lo Shock del Futuro, Milano: Rizzoli, 1971).12 - Powell, W.W., Neither Market Nor Hierarchy: Network Formsof Organization, in Research in Organizational Behaviour, 12,1990, 296-326.13 - Peters, T., Liberation Management ( trad. it.: LiberationManagement, Milano: Sperling & Kupfer, 1993).14 - Citato in: Rifkin, J., L’Era dell’Accesso, Milano: Mondadori,2000.15 - Langly, A., In Search of Rationality: The Purposes Behind theUse of Formal Analysis in Organizations, Administrative ScienceQuarterly, XXXIV, December 1989, 622.