Antonio Guizzi. Ingegnere ed Urbanista

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Raccolta di articoli giornalistici di Antonio Guizzi

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ANTONIO GUIZZIINGEGNERE ED URBANISTA

Piazza dei Martiri, 58 – 80121 Napolitel. 081.421900 – fax 081.422212www.denaro.it • [email protected]

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INDICE

7 INTRODUZIONE

9 UNA LIMPIDA COSCIENZA CRITICA

15 PERCHÉ È ILLEGITTIMA LA VARIANTE DI SALVAGUARDIA

17 IL NICHILISMO EDILIZIO DELL’ASSESSORE DE LUCIA

19 I GUARDIANI DELL’HAREM

22 LE STRAORDINARIE IMPRESE DELLA COMMISSIONE EDILIZIA

25 STERMINATELE SENZA PIETÀ

28 GLI SCONTENTI DI BASSOLINO

31 SE QUESTO È UN ASSESSORE

34 LA MIGLIORE DI TUTTE LE STAGIONI

37 LA CARTA FANTASMA DEL SOTTOSUOLO

41 TUTTA COLPA DELLE FOGNE (E DEGLI AMMINISTRATORI LOCALI)

44 LA LUNGA CATENA DELLE RESPONSABILITÀ

47 IL GRANDE CIRCO BARNUM DELL’URBANISTICA

50 BUONE NUOVE PER L’EDILIZIA?

53 L’ITALIA? PAESE DI LEGGI E PIANI URBANISTICI

56 EDILIZIA ELETTORALE

60 REVOCANDO S’IMPARA

64 C’È UNA SOLUZIONE POSSIBILE: “STRALCI CON RACCOMANDAZIONI”

67 CORO CON VOCI DISSONANTI

70 COMUNE E REGIONE: GEMELLAGGIO NELL’ILLEGITTIMITÀ

74 INUTILITÀ DI CHIAMARSI MASSIMO

77 TANGENZIALE: UNA STORIA INFINITA

80 È IL PROGETTO DEL SECOLO (SCORSO)

83 ASPETTANDO IL PIANO REGOLATORE

86 INTERVENTI AMMESSI NELLA ZONA A

89 URBANISTICA E PECCHE LESSICALI

92 INTERVENTI AMMESSI NELLA ZONA C. RESTANO SCARSE

LE OPERAZIONI PREVISTE PER LE AREE PERIFERICHE

95 PUP: PUBBLICAZIONE ILLEGITTIMA

99 RISCHIO EDIFICI: QUALI PRIORITÀ

103 L’ASSESSORE E LA “SUA” EDILIZIA

106 DRIBBLATA IN PUGLIA LA LEGGE GALASSO

109 URBANISTICA: IL VANGELO SECONDOMARCO

113 LA PROCURA SBAGLIA SEMPRE DUE VOLTE

117 È IL MOMENTO DI METTERE ORDINE

120 STORIA DI DUE EPISODI CONTROVERSI

124 PROTOCOLLO D’INTESA, UNA SBORNIA D’ESTATE

126 QUANDO LA NATO DISSE “NO GRAZIE” A VEZIO DE LUCIA

128 SCELTE SBAGLIATE DELL’ASSESSORE MARCO DI LELLO

131 CARO DI LELLO, IL GUINZAGLIO NON TI SI ADDICE

133 È FEDERALISMO ALLA ROVESCIA

136 TESTO UNICO, ALBERO CON TROPPI RAMI

140 COMUNE, UN CASO DI TOLLERANZA

142 PAGINE DI STUPIDARIO COMUNALE

144 E VOILÀ, I PRECEDENTI IMPEGNI

146 PONTE DI ARCHIMEDE NEI MARI DELLA CINA

150 INCONGRUENZE DI PALAZZO SAN GIACOMO

153 STRETTO, QUESTIONE MERIDIONALE

155 IL MARCHESINO EUFEMIO A PALAZZO SAN GIACOMO

157 MAZZIOTTI, LA PASSIONE DI UN TESTIMONE

162 BISOGNA IMPEDIRE L’ABUSIVISMO DI RITORNO

166 TANGENZIALE, IL PEDAGGIO DELLA QUALITÀ

172 VARIANTE PRG, MODI E TEMPI SBAGLIATI

175 REGISTRO FABBRICATI: LEGGE INAPPLICABILE

178 SUL REGISTRO DEL FABBRICATO ASCOLTATE I GEOMETRI

181 MA OCCORRE DISBOSCARE LA GIUNGLA NORMATIVA

183 QUEI PREFETTI CHE AMAVANO IL CEMENTO

187 VITE SPEZZATE DA ERRORI GIUDIZIARI

191 CONDONO, 18 ANNI E LI DIMOSTRA TUTTI

195 ABUSIVISMO, NON BASTA UN FORUM

199 SUL CONDONO EDILIZIO ANTONIO BASSOLINO È D’ACCORDO CON ME

202 ZONA ROSSA, ECCO CHE COSA SI PUÒ FARE

205 AREE VINCOLATE, SÌ ALLA SANATORIA

208 NON È L’APOCALISSE, È SOLTANTO BABILONIA

210 UNA CAVALCATA ATTRAVERSO TRE SECOLI

213 QUEL PASTICCIACCIO DEL PRG DI NAPOLI

216 IL COMUNE RIPESCA NORME ABROGATE

219 IN MUNICIPIO C’È CHI HA PAURA DI FIRMARE

222 QUEL PASTICCIACCIO DEL NUOVO CONDONO EDILIZIO

225 L’AUTOSTRADA DIMENTICATA DI VITTORIO DI PACE

230 FERDINANDO, SINDACO ILLUMINATO

235 LA QUESTIONE DELLE AREE URBANE

238 AREE URBANE: TROPPE LEGGI, POCHI INTERVENTI

241 PALAZZO ROCCELLA, QUELLA NOTTE BRAVA

244 VIETATO A NAPOLI DEMOLIRE GLI EDIFICI INDECENTI

247 CONSULTA DELLE COSTRUZIONI: UN COMITATO DI SALUTE PUBBLICA

250 LA BUROCRAZIA GENERA ILLEGALITÀ

253 PENSARE IN GRANDE, AGIRE SUBITO

256 “LE MANI SULLA CITTÀ”, FILM DI CULTO

259 TABELLE, INVESTIMENTI A RISCHIO

262 ANIAI, UN PONTE CON IL FUTURO

265 VINCOLI, VERSO L’ABROGAZIONE

268 ECCO PERCHÉ È NECESSSARIO ELIMINARE QUESTO VINCOLO

270 NAPOLI, IL REGNO DELL’IMPOSSIBILE

274 CI SARÀ UN DOMANI PER NAPOLI

277 AGENDA PER IL PROSSIMO SINDACO DI NAPOLI

281 VELE DI SCAMPIA: ROSA PRENDI IL FUCILE

284 CITTÀ METROPOLITANA, RILANCIO DIFFICILE

288 DELIBERA-REBUS SOLO PER ADDETTI AI LAVORI

291 UNMASTER SULLA CITTÀ ANTICA

294 NITTI E LA CITTÀ METROPOLITANA

297 MOLTI PROGETTI, POCHE OPERE

300 VIETATO RINNEGARE IL PROGRESSO

303 ARENACCIA, UNA DEMOLIZIONE IRRAGIONEVOLE

306 MAZZONI, CINQUANT’ANNI DA PROTAGONISTA

312 ESPROPRI: INTERVIENE LA CONSULTA

315 GLI ESPROPRI E LE SENTENZE DELLA CONSULTA

318 POCO SPAZIO AI TECNICI QUALIFICATI

321 IL SACCO DELLA CITTÀ E I SUOI VERI RESPONSABILI

323 MAZZIOTTI, IL SUPERTESTIMONE

I PARCHEGGI A NAPOLI

327 ALLA RICERCA DI CHI VUOLE FARE

331 BATTAGLIA NAVALE

333 DIRE ANCHE IN PUBBLICO CIÒ CHE SI DICE IN PRIVATO

335 PARCHEGGI TOGNOLI: LA GRANDE ILLUSIONE

339 NULLA DI NUOVO SUL FRONTE COMUNALE

342 PENALIZZATI I PARCHEGGI PRIVATI. IL PUT GENERA SOLO CONFUSIONE

345 QUESTO PUP È PROPRIO UN BLUFF

349 PUP: QUESTO PIANO È DA RIFARE

353 PARCHEGGI A NAPOLI, QUESTI FANTASMI

356 NAPOLI PARK PARTE BENE

358 TUTTI I LIMITI DEL PIANO PARCHEGGI

361 PARCHEGGI, ROMA BATTE NAPOLI 5000 A ZERO

364 LEGGE TOGNOLI, 14 ANNI MA NON LI DIMOSTRA

367 PARCHEGGI: AVANTI ADAGIO, QUASI INDIETRO

369 COMMISSARIO-PARCHEGGI: RIMEDIO TARDIVO

371 PARCHEGGI, TUTTI I SE E TUTTI I MA

374 PARCHEGGI. ELIMINARE I VINCOLI PERTINENZIALI

377 PARCHEGGI, GEMELLIAMOCI CON ROMA

380 PARCHEGGIARE, VERBO DEL FUTURO

383 VARIANTE AL PUP: MANCA L’INTESA

386 PARCHEGGI, DIALOGO CON IL COMUNE

389 PARCHEGGI A NAPOLI, FALSA PARTENZA

392 NAPOLI, UNA CITTÀ PARALIZZATA: SERVONO PIANIFICAZIONE TERRITORIALE

E PARCHEGGI SIA PUBBLICI CHE PRIVATI

395 URBANISTICA A NAPOLI TRA PASSATO E FUTURO

Non mi è facile ricordare Antonio Guizzi in poche parole perchésono tanti e tali gli episodi che spingono e si accavallano per farsi spa-zio sul foglio bianco che alla fine, per contenerli tutti, ci vorrebbe unaltro libro.

Dirò che Antonio mi è stato subito molto caro perché molto ca-ro era al mio maestro Orazio Mazzoni che me lo presentò, io giova-nissimo, raccomandandomi di averlo come punto di riferimento per itemi di natura urbanistica. C’era un codice per identificare l’importanzadelle segnalazioni e in quel caso l’indicatore segnava il massimo.

Non ci volle molto perché al legame mediato se ne aggiungesseun altro, diretto e altrettanto schietto. Antonio era un uomo giusto eun combattente. Due qualità che possono distruggere una persona inuna città come Napoli propensa all’aggiustamento e all’accettazionepiù o meno rassegnata delle storture.

Era bello riconoscere in Antonio le caratteristiche tipiche del ca-valiere medievale, senza paura e senza macchia. Quando credeva in unacausa le si donava tutto, e non era certamente poco, scacciando il ti-more di compromettersi e la paura di fallire.

I suoi nemici, ne aveva tanti, si divertivano a tagliarli addosso i pan-ni del don Chisciotte. Ma la sua grandezza stava proprio in questo: nel-l’andare nel campo di battaglia a viso aperto e petto in fuori, disprezzan-do i mediocri che invece di esporsi si mettono d’accordo col nemico.

Antonio non era in vendita. E questa circostanza mandava in be-stia molti di quelli che denigrandolo avrebbero voluto acquistare la suaintelligenza, il suo favore. A costoro riservava battute fulminanti e qual-cuno non s’è più ripreso.

Antonio era coraggioso. Credevo e credevamo, tutti i suoi soste-nitori, che lo fosse naturalmente nelle dispute verbali e per interpostogiornale dove sfoggiava conoscenza dei problemi, proprietà di lin-guaggio, chiarezza di scrittura. Ma non era tutto.

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INTRODUZIONE

di Alfonso Ruffo

Antonio era speciale. Perché il coraggio più grande l’ha riserva-to al modo con il quale ha fronteggiato il male che gli aveva oscuratola vista lasciandolo per il resto in piena forza fisica e mentale. Non unlamento, nessun freno all’attività.

Antonio era amato. In redazione tutti lo ricordano con affetto.Dettava i suoi articoli da vicino o per telefono e sempre qualcuno (piùspesso Pina) si candidava a batterli e correggerli con lui perché c’erasempre da imparare e da ricevere qualche particolare complimento.

Antonio, che nel suo campo d’azione – ingegnere con il pallinodella legge – non aveva rivali per rigore e capacità di comprensione,nella vita di tutti i giorni, nei piccoli e grandi gesti quotidiani, era uncampione.

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Questo volume, realizzato con il contributo di Marcello Fasoli-no, amico che proprio Antonio volle farmi conoscere molti anni fa ri-tenendolo iscritto al Club dei “leoni combattenti”, raccoglie una sele-zione degli articoli realizzati per il Denaro in tanti anni di collabora-zione. Un’antologia dei mali e dei possibili rimedi per Napoli che an-drebbe letta e capita da chiunque si candidi a far qualcosa di buonoper la città.

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UNA LIMPIDA COSCIENZA CRITICA

di Marcello Fasolino

Ho conosciuto Antonio Guizzi molti anni fa, verso la fine deglianni Settanta, in occasione di un convegno- voi vi aspettereste su “Na-poli e l’urbanistica”, invece, di tutt’altro genere- sul cinema, di cui eraun grande intenditore, a testimonianza di una versatilità, che non co-nosceva confini, espressa, però, sempre con molto rigore mai con au-toreferenzialità.

Il convegno si tenne al vecchio Circolo della stampa di Napoli,in Villa Comunale, ed io, dopo avere apprezzato molto il suo inter-vento, ebbi modo di conoscerlo poi durante il pranzo, che segui al con-vegno, nel corso del quale, la conversazione spaziò dal Cinema al-l’urbanistica, ad altri temi cittadini, anche perché pranzando all’aper-to, uscimmo un po’ tutti dalle coordinate convegnistiche. In quei gior-ni, in cui ancora una volta v’era alla ribalta il Piano Regolatore di Na-poli, si parlava ancora molto di Guizzi per un suo libro di cocenti ri-flessioni sulla Napoli delle occasioni perdute, che egli aveva chiama-to provocatoriamente “i Magliari dell’urbanistica”, suscitando pole-miche a non finire nel mondo politico e delle professioni. Io lo avevoletto qualche anno prima e mi aveva colpito la lucida franchezza concui esprimeva il proprio pensiero, i propri convincimenti, dando la sen-sazione che quanto diceva era sì frutto di particolari visioni urbani-stiche, filtrate però da un credo riformista, disposto sempre a discu-tere più che a imporre come si pretendeva da talune istituzioni locali.

Il modo di argomentare una tesi diventava per lui così un piccolosaggio giornalistico, ricco di varie e molteplici spunti, che spaziavanodalla letteratura, alla narrativa, al cinema all’ultimo trattato di urbani-stica, tutti convergenti nel renderne la lettura piacevole, accessibile, for-mativa, favorendo un giusto rapporto dialettico tra istituzioni e cittadi-ni per costruire città e comunità più degne. Le tribune delle sue “Predi-

che inutili” per riprendere un titolo Einaudiano, che, però, lasciarono ilsegno, furono “Il Roma”, “L’Avanti” e tanti altri giornali, su cui, con lafirma di Astrolabio, menò fendenti senza riguardo per alcuno, sempreperò sorretto da grande educazione e civiltà del vivere, compagna fede-li e rigorose. Indipendentemente da ogni altro giudizio, basta sfogliareappena uno scritto di Guizzi per rendersi conto che nessuno come luisapeva coniugare dottrina e sapere intuitivo, in uno spazio di due, trepagine, che aprivano infinite discussioni nel dibattito cittadino, da ac-creditarlo e legittimarlo come una limpida coscienza critica, non solo nelcampo suo specifico della urbanistica ma della vivibilità stessa di Na-poli, altrettanto attivo e praticato dalla sua sensibilità.

Avendo letto quel suo libro, in cui emergevano la dirittura del-l’uomo, lo spessore del professionista e il riformismo del politico, nelsentirlo conversare, come può conversare chi ama Napoli, restai mol-to ammirato del rispetto, che lui aveva per la città, della sua grandepassione civile, vissuta come doveroso tributo reso al proprio luogo,mai racchiuso nel mero dato anagrafico ma visto nel segno di una con-sapevole stratificazione di civiltà e quindi di appartenenza valoriale didoveri e di diritti.

Da allora divenne un riferimento continuo, come persona concui era un privilegio confrontarsi, discutere per la civiltà del discorre-re e la pacatezza di ogni suo giudizio, fermo e meditato. La sua gior-nata io la dividevo in due tempi: il tempo dedicato alle riflessioni mat-tiniere in rapporto alla vita della città, delle istituzioni, delle informa-zioni che l’alimentavano, in cui si distingueva sempre come sostenito-re di una visione di sviluppo policentrico: e il tempo, dell’attività pro-fessionale, fatto di consulti, approfondimenti con gli allievi e i colle-ghi di studio, che, alla fine, approdavano sempre a scelte condivise eavanzate.

Anche se da allora cercai di non perderlo mai di vista, essendorimasto incantato dalla sua affabilità, la nostra amicizia divennestretta, nel senso di decisiva frequentazione, quando intorno agli an-ni ’90 diedi vita insieme con lui a quel programma di insediamenti, chemi portò alla coraggiosa creazione del Centro Commerciale San Pao-lo di Fuorigrotta.

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Grazie ad Antonio Guizzi e alla mia tenacia, che trovò in lui unsensibile e ineguagliabile alleato, mi fu possibile realizzare una grandeopera, da cui partì il mio fortunato cammino e che rappresentò, in lun-ghi anni di frequenti e di costanti contatti, il collaudo più vero e auten-tico della nostra amicizia, in una Napoli dove c’è sempre un ostacolodietro l’angolo ad aggiungere difficoltà di cronico ordine strutturale aquelle di emergenze avventizie destinate a diventare definitive.

Quei giorni sono semprevivi in me con un profondo senso di gra-titudine, avendo avuto la fortuna di averlo sempre al mio fianco co-me un riferimento di grandissima professionalità, di altissimo rigoremorale, sempre attento a trovare soluzioni ai mille problemi, che, dache mondo è mondo, si parano a Napoli davanti a un imprenditore,ogni qualvolta cerca di creare qualcosa di nuovo e di positivo per que-sta nostra, difficile e pur amata, città. Solo lui sapeva l’odissea che do-vemmo affrontare in una giungla di “lacci e lacciuoli”, da cui venim-mo fuori con fatica, molta fatica.

Allora si cementò un tale rapporto amicale che- anche dopo cheegli si trasferì a Roma con lo studio, per una ulteriore sfida, tra le tan-te di varia natura professionale, familiare e anche di salute- che ne mi-sero a dura prova il suo indomito carattere- è stato sempre molto stret-to, mai interrotto.

Ogni qualvolta veniva a Napoli, fermandosi all’hotel Royal perincontrare amici, discutere e concordare importanti impegni di lavo-ro, a sera, per me e mia moglie era un piacere, sempre rinnovato, aver-lo a cena, ritrovarci a tavola insieme con lui davanti a un bel piatto dispaghetti al filetto, semplice e profumato con un ciuffetto di basilicoin cima, che egli trovava come un regalo sempre più sorprendente sot-to lo sguardo sornione, del caro e rimpianto Gaetano, il mio mastinonapoletano che lo annunciava e poi lo accompagnava con passo proiet-tivo. Della “squisita” ospitalità era molto grato a mia moglie ma leera grato anche del fatto che Iole, poco attratta da dispute urbanisti-che, si appassionava però nel sentire le sue gradevoli e originali anali-si, che sapevano rendere ogni tema, ogni argomento, anche il più osti-co, degno di una serena conversazione. Gli piaceva vivere con sempli-cità, da persona di elevati sentimenti; già il fatto di ritrovarsi a casa di

GLI ARTICOLI

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amici, circondato da amici, come io, mia moglie Jole, i miei figli Lo-renzo e Laura, ci siamo sempre onorati di essergli, lo gratificava. Inquelle sere discutevamo fino a tarda notte, incuranti degli impegni delgiorno dopo: quando si parlava di Napoli, e questo avveniva quasi sem-pre, non vi era orario che tenesse, saltava ogni “crono programma”distratti da un approfondimento puntiglioso delle complesse temati-che, e perché no le storiche patologie napoletane, che egli conoscevatalmente bene come se lui ne fosse lui per tutte “l’archiatra” .

Che piacere sentirlo parlare e spaziare nei risvolti noti e menonoti della nostra storia, sempre corredati da curiosità calzanti e rap-portati con suggestivi paragoni con il mondo di oggi, in cui, senza in-fierire, di mostrava che a risultare inadempiente, era sempre il presente,il nostro tempo. Questo non perché fosse lui a volerlo, ma perché egliconosceva i limiti oggettivi della nostra città, gli errori storici commessidal dopoguerra in poi e anche prima e durante il regime fascista, e an-cora perduranti per la mediocrità che spesso prevaleva sulla compe-tenza. Un fenomeno che lo irritava, in quanto- diceva- penalizza le mi-gliori intelligenze, spingendole addirittura a trovare altri lidi e altri ap-prodi, con grave danno per la città.

La cosa, però, che di lui ricordo come se fosse un incancellabiletratto iconografico, anche specchio memoria significativo della sua bel-lezza d’animo erano quei suoi occhi cerulei, sempre aperti e rivolti aricercare conoscenze e verità, a sondare un umore: anche se da tempoavevano perso il bene sconfinato della vista, lui riusciva lo stesso adanimarli, trovandoteli addosso come dei fari luminosi, specchio dellasua intelligenza e interiore ricchezza.

Questa sensazione però non posso ricordarla senza citarne l’a-more, la dedizione della cara e amabilissima moglie Velia, che gli ren-deva la vita vivibile e ancora molto bella, standogli sempre devotamentevicino, seguendolo dove gradiva andare, digitando fino agli ultimigiorni gli arguti e acuti articoli di Antonio che gettavano scompiglioper la forte e stringente logica che avevano nell’ inchiodare chi era inmalafede e voleva far passare come eccellente soluzione una furbizia.

In tutto questo, devo anche dire, che non ho mai sentito da luiuna parola di troppo o di sospettabile offesa su qualcuno, anche se av-

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versario, perché non teneva nemici; se oggi dovessi dare su di lui unsecco giudizio, lo definirei un “uomo giusto, al di sopra di ogni me-schinerie, che però non le lascava mai passare”. Quanto al resto, allasua filosofia di vita, o meglio alla sua esistenza di uomo scomodo masimpatico, penso se ben ricordo che nessuno meglio di lui l’abbia de-finita, sposando in pieno un motto di Leon Blum, il grande socialistariformista francese che disse: “ Il potere è tentatore, per cui solo l’op-posizione è gratificante”. Non è casuale che la trincea di una vita delcaro Antonio, sia sempre stata l’opposizione. Oltre che un carissimoamico, per me Antonio è stato un grande maestro, lo intuii dal primogiorno che ebbi la fortuna di parlargli, trovando da allora e ogni qual-volta lo incontravo, in ogni suo discorso o scritto, sempre sottili mo-tivi di insegnamento.

GLI ARTICOLI

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Perché è illegittima la variante di salvaguardia

Attenzione, però: all’atto dell’adozione (cioè dell’approvazione daparte del consiglio comunale di una qualsivoglia variante) non sonoapplicabili le norme in essa contenute, perché bisogna attendere, perla loro vigenza, la definizione dell’iter procedimentale, cioè l’appro-vazione della variante da parte della Regione. La “ripresa degli inter-venti” potrà avvenire, dunque, in tempi certamente non brevi, giacchénon celere sarà l’iter per l’approvazione della variante, per il tiro in-crociato cui essa sarà sottoposta, prima in sede di osservazioni, cioèdi quelle critiche e di quelle proposte che enti, associazioni e anche iprivati possono presentare al Comune entro 60 giorni dalla pubblica-zione della variante (la scadenza, per il caso in questione, è il 5 apri-le), poi nel corso dell’istruttoria da parte della Regione. Le osservazioni,nella nostra Repubblica democratica fondata sul lavoro (lo dice l’ar-ticolo 1 della Costituzione) e sull’ipocrisia (lo confermano i fatti quo-tidiani) generalmente vengono accolte solo se presentate dalle asso-ciazioni culturali e ambientalistiche che vivono al riparo dell’ombrel-lo della sinistra. (L’ombrello – Italia vegetariana – è stato sostituito, direcente, da quercia, ulivo e cespugli). C’è da attendersi, quindi, che sa-ranno rigettate tutte le eccezioni sulla illegittimità della variante di sal-vaguardia, che costituisce un vincolo di sostanziale inedificabilità digran parte del territorio comunale.Perché il nostro paese, si sa, è culla del diritto e anche tomba della

giustizia. Se si vuole procedere a un esame, sia pure sommario dellavariante, bisogna iniziare dall’articolo 2, che evidenzia un sicuro mo-tivo – ovvio e inconfutabile – di illegittimità della delibera. Quest’ar-ticolo precisa infatti che gli elaborati sono costituiti da una relazione,da no sette grafici e dal testo delle norme di attuazione. La rappresen-tazione in scala 1 a 10 mila di cinque tavole su sette (strumento urba-

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nistico vigente; vincoli delle leggi 1497/39 e 431/85; vincoli archeolo-gici; stabilità dei versanti e – soprattutto – zonizzazione) non appareaffatto accettabile, perché non consente al cittadino – e nemmeno altecnico – la lettura del disegno, la identificazione dei confini delle di-verse destinazioni d’uso della aree, l’individuazione delle proprietà. Ilche comporta la difficoltà, se non l’impossibilità, di produrre osser-vazioni o impugnative alla variante. Il non aver rappresentato il terri-torio in scala leggibile non costituisce però una mancanza di riguardoverso il cittadino o una scelta infelice del rapporto, ma un gravissimoerrore, tale da comportare l’annullamento della deliberazione per vi-zio di legittimità (Coreco, dove sei?). La legge regionale 20 marzo1982 (Allegato, Titolo II), nell’elencare gli elaborati occorrenti per lapresentazione del piano regolatore o di variante ad esso, ha stabilitoinfatti che le tavole, comprendenti l’intero territorio comunale inte-ressato al Piano, devono essere in scala non inferiore a 1 a 5 mila. IlComune, dunque, avendo rappresentato tutte le parti del territorio inscala 1 a 10 mila (toh! solo per le zone agricole ha redatto tavole 1 a4 mila), non ha rispettato un preciso disposto della legge regionale. Loso, il Comune interpreta e applica disinvoltamente le leggi dello Stato(rammentate la delibera anti-Tognoli sui parcheggi, bocciata dal Co-reco?) e, per rispettare la par condicio, applica a suo modo anche leleggi regionali. Ma Bassolino è grande e De Lucia è il suo profeta.

16-03-1996Commenti & Dibattiti / Cose di casa nostra

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Il nichilismo edilizio dell’assessore De Lucia

C’è innanzi tutto un’illegittimità pregiudiziale, concernente il vin-colo di sostanziale immodificabilità di gran parte del territorio co-munale, di cui, però, è inutile fare cenno, per due ragioni. La prima,perché i motivi di illegittimità li ho già ampiamente esposti da que-ste colonne (Il diritto-rovescio di Alessia Stachanova, 23 gennaio ’95)quando commentai il documento sugli indirizzi di pianificazione ur-banistica presentato dall’assessore De Lucia nel 1994, in cui veniva-no precisati i “fondamenti giuridici” della variante di salvaguardia.Seconda ragione. L’assoluta inutilità di un’opposizione di princi-

pio, che – con i tempi che corrono, con il filo rosso-verde che legasinistra e ambientalisti a vasti settori della magistratura – non avreb-be alcuna possibilità di accoglimento.Esaminiamo quindi gli aspetti di illegittimità (e di stupidità) di al-

cune parti della variante.Tutto il territorio comunale viene destinato a conservazione, sia

quello inedificato che quello edificato.La “conservazione del territorio” non edificato viene attuata con

la sua destinazione a zona nE, come prevede l’articolo 6 delle nuo-ve norme di attuazione introdotte con la variante di salvaguardia.La sigla nE – non ci vuole molto a capirlo – significa nuova zona

E delle norme di attuazione (nel vigente piano regolatore la zona Eriguarda invece i centri direzionali).Desta qualche imbarazzo la definizione successiva: “componenti

strutturanti la conformazione naturale del territorio”, la quale ap-pare di oscura chiarezza morotea. Per comodità dei lettori, non abi-tuati al lessico del culturese, scusandomi per la banalità della defi-nizione, traduco: zona a verde. Ma i redattori della variante, se nonsanno quello che fanno, sanno quello che dicono: se avessero defi-

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nito – tout court – zona a verde il vastissimo territorio destinato aconservazione, non avrebbero potuto aggiungere: “le parti del terri-torio ricadenti in detta zona comprendono i beni immobili qualifi-cati di bellezza naturale, aventi valore paesistico, storico e ambien-tale nel loro complesso e, come tali, sottoposti a tutela improntata aintegralità e globalità”.Viene poi stabilito che “la disciplina della zona nE, si applica al-

le cinque sottozone in cui essa si articola, salvo le specifiche normead esse relative. Dette sottozone sono identificate in base ai loro ca-ratteri distintivi prevalenti, e segnatamente: zone agricole, aree in-colte produttive, aree boscate, aree a verde ornamentale, rupi e co-stoni”. I successivi commi dell’articolo 6 stabiliscono tutto quello che(non) si può fare sulle aree effettivamente agricole e su quelle che ta-li vengono considerate anche se, per stato di fatto e dimensione, nonhanno alcuna connotazione agricola. E la contraddizione appare evi-dente al comma 8, laddove vengono precisate “le utilizzazioni com-patibili negli edifici esistenti nella zona nE”, fra le quali vengono com-prese le abitazioni ordinarie, quelle specialistiche, le attrezzaturepubbliche e private, le strutture ricreative, i pubblici servizi, le at-trezzature tecnologiche.C’è da domandarsi però con quale disinvoltura si possano clas-

sificare zona agricola aree su cui preesistono edifici con tante va-rietà di destinazione d’uso che in nessun modo sono connesse, in unlogico rapporto funzionale, con l’attività agricola.Ma che si vogliano destinare all’inedificabilità assoluta tutte indistin-

tamente le aree libere del territorio comunale, contrabbandandole peragricole, lo si capisce subito, ove si esaminino – come faremo – i successi-vi articoli, ambigui e contraddittori, delle nuove norme di attuazione.Mala cosa non deve sorprendere, perché è ormai noto il nichilismo edilizio diDe Lucia, primatista da Guinness, il quale, dopo tanti anni, ancora nonha compreso che la genesi dell’abusivismo va ricercata proprio in questidivieti assoluti che sono il suo chiodo fisso.

23-03-1996Commenti & Dibattiti / Cose di casa nostra

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