ANTOLOGIA DISCREZIONALE DELLA POESIA … tema, l'emigrante per le commendatizie. ... narsi di...

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ANTOLOGIA DISCREZIONALE DELLA POESIA ITALIANA DEL ‘900 A CURA DEL PROFESSOR R. GUADAGNIN

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ANTOLOGIA DISCREZIONALE DELLA POESIA ITALIANA DEL ‘900

A CURA DEL PROFESSOR R. GUADAGNIN

I

TRA LIBERTY E CREPUSCOLARISMO

Corrado Govoni

da “Poesie Elettriche”

Autunno O triste vento! Volteggiano come volani i frutti alati delle samare. Tra gli alberi il frumento si stende lontano lontano come una verde nevicata d'astri. Le oche in triangolo vanno in numero pari verso le paludi. Addio belle nubi kleksografiche! Addio bei tramonti di cinabro! Scricchiolano sotto i piedi i piccoli obici delle ghiande (pensate al figliuol prodigo!) Un triste ritornello fischia sul labro. Addio belle notti crittografiche! E il sonno che non viene più... Oh ma quando ci sarai tu e metterai nelle lenzuola dei mazzetti odorosi di lavanda!

Aldo Palazzeschi

da “Poesie”

Chi sono? Son forse un poeta? No, certo. Non scrive che una parola, ben strana, la penna dell’anima mia: “follia”. Son dunque un pittore? Neanche. Non ha che un colore la tavolozza dell’anima mia: “malinconia”. Un musico, allora? Nemmeno. Non c’è che una nota nella tastiera dell’anima mia: “nostalgia”. Son dunque... che cosa? Io metto una lente davanti al mio cuore per farlo vedere alla gente. Chi sono? Il saltimbanco dell’anima mia.

II

POETI CREPUSCOLARI

Sergio Corazzini

da “Piccolo libro inutile”

Per un organo di Barberia

I Elemosina triste di vecchie arie sperdute, vanità di un'offerta che nessuno raccoglie! Primavera di foglie in una via diserta! Poveri ritornelli che passano e ripassano e sono come uccelli di un cielo musicale! Ariette d'ospedale che ci sembra domandino un'eco in elemosina! II Vedi: nessuno ascolta. Sfogli la tua tristezza monotona davanti alla piccola casa provinciale che dorme; singhiozzi quel tuo brindisi folle di agonizzanti una seconda volta, ritorni su' tuoi pianti ostinati di povero fanciullo incontentato, e nessuno ti ascolta.

Guido Gozzano

da “I Colloqui”

Totò Merúmeni

II Totò ha venticinque anni, tempra sdegnosa, molta cultura e gusto in opere d'inchiostro, scarso cervello, scarsa morale, spaventosa chiaroveggenza: è il vero figlio del tempo nostro. Non ricco, giunta l'ora di “vender parolette” (il suo Petrarca!...) e farsi baratto o gazzettiere, Totò scelse l'esilio. E in libertà riflette ai suoi trascorsi che sarà bello tacere. Non è cattivo. Manda soccorso di danaro al povero, all'amico un cesto di primizie; non è cattivo. A lui ricorre lo scolaro pel tema, l'emigrante per le commendatizie. Gelido, consapevole di sé e dei suoi torti,

non è cattivo. È il buono che derideva il Nietzsche “...in verità derido l'inetto che si dice buono, perché non ha l'ugne abbastanza forti...” Dopo lo studio grave, scende in giardino, gioca coi suoi dolci compagni sull'erba che l'invita; i suoi compagni sono: una ghiandaia rôca, un micio, una bertuccia che ha nome Makakita...

III

POETI FUTURISTI

Filippo Tommaso Marinetti

Il bombardamento di Adrianopoli

ogni 5 secondi cannoni da assedio sventrare spazio con un accordo tam-tuuumb ammutinamento di 500 echi per azzannarlo sminuzzarlo sparpagliarlo all´infinito nel centro di quei tam-tuuumb spiaccicati (ampiezza 50 chilometri quadrati) balzare scoppi tagli pugni batterie tiro rapido violenza ferocia regolarita questo basso grave scandere gli strani folli agita- tissimi acuti della battaglia furia affanno orecchie occhi narici aperti attenti forza che gioia vedere udire fiutare tutto tutto taratatatata delle mitragliatrici strillare a perdifiato sotto morsi shiafffffi traak-traak frustate pic-pac-pum-tumb bizzzzarrie salti altezza 200 m. della fucileria Giù giù in fondo all'orchestra stagni diguazzare buoi buffali pungoli carri pluff plaff impen narsi di cavalli flic flac zing zing sciaaack ilari nitriti iiiiiii... scalpiccii tintinnii 3 battaglioni bulgari in marcia croooc-craaac

[ LENTO DUE TEMPI ] Sciumi Maritza o Karvavena croooc-craaac grida delgli ufficiali sbataccccchiare come piatttti d'otttttone pan di qua paack di là cing buuum

cing ciak [ PRESTO ] ciaciaciaciaciaak su giù là là intorno in alto attenzione sulla testa ciaack bello Vampe

vampe

vampe vampe

vampe vampe

vampe ribalta dei forti die-

vampe

vampe tro quel fumo Sciukri Pascià comunica te- lefonicamente con 27 forti in turco in te- desco allò Ibrahim Rudolf allò allò attori ruoli echi suggeritori scenari di fumo foreste applausi odore di fieno fango sterco non sento più i miei piedi gelati odore di sal- nitro odore di marcio Timmmpani flauti clarini dovunque basso alto uccelli

cinguettare beatitudine ombrie cip-cip-cip brezza

verde mandre don-dan-don-din-bèèè tam-tumb- tumb tumb-tumb-tumb-tumb-tumb- tumb Orchestra pazzi ba- stonare professori d'orchestra questi bastona- tissimi suooooonare suooooonare Graaaaandi fragori non cancellare precisare ritttttagliandoli rumori più piccoli minutisssssssimi rottami di echi nel teatro ampiezza 300 chilometri quadri Fiumi Maritza Tungia sdraiati Monti Ròdopi ritti alture palchi logione 2000 shrapnels sbracciarsi esplodere fazzoletti bianchissimi pieni d'oro Tumb- tumb 2000 granate protese strappare con schianti capigliature tenebre zang-tumb-zang-tuuum tuuumb orchesta dei rumori di guerra gonfiarsi sotto una nota di silenzio tenuta nell'alto cielo pal- lone sferico dorato sorvegliare tiri parco aeroatatico Kadi-Keuy BILANCIO DELLE ANALOGIE

(1» SOMMA ) Marcia del cannoneggiamento futurista

colosso-leitmotif-maglio-genio-novatore-ottimismo fame-ambizione ( TERRIFICO ASSOLUTO SOLENNE EROICO PESANTE IMPLACABILE FECONDANTE ) zang-tuumb tumb tumb

(2» SOMMA ) difesa Adrianopli passatismo mi nareti dello scetticismo cupole- ventri dell'in- dolenza vigliaccheria ci-penseremo-domani non- c'è-pericolo non-è-possibile a-che-serve dopo- tutto-me-ne-infischio consegna di tutto lo stock in stazione-unica = cimitero

( 3» SOMA) intorno ad ogni obice-passo del co- losso-accordo cadere del maglio-creazione del genio-comando correre ballo tondo galoppante di fucilate mitragliatrici violini monelli odori- di-bionda-trentenne cagnolini ironie dei critici ruote ingranaggi grida gesti rimpianti (ALLE- GRO AEREO SCETTICO FOLLEGGIANTE AEREO CORROSIVO VOLUTTUOSO ) (4» SOMMA ) intorno a Adrianopoli + bombardamento + orchestra + passeggiaita-del-coloso + offi- cina allargarsi cerchi concentrici di riflessi plagi echi risate bambine fiori fischi-di-vapore attese piume profumi fetori angoscie ( INFINITO MONOTONO PERSUASIVO NOSTALGICO ) Questi pesi spessori rumori odori turbini moleco- lari catete reti corridoi di analogie comcorrenze e sincronismi offrirsi offrirsi offrirsi offrirsi in dono ai miei amici poeti pittori musicisti e runositi futuristi zang-tumb-tumb-zang-zang-tuuumb tatatatatatatata picpacpam

pacpacpicpampampac uuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu ZANG-TUMB TUMB-TUMB TUUUUUM

IV

POESIE DI GUERRA

Clemente Rebora

da “Le poesie 1913 – 1957”

Voce di vedetta morta C’è un corpo in poltiglia con crespe di faccia, affiorante sul lezzo dell’aria sbranata. Frode la terra. Forsennato non piango: affar di chi può, e del fango. Però se ritorni, tu, uomo, di guerra a chi ignora non dire; non dire la cosa, ove l’uomo e la vita s’intendono ancora. Ma afferra la donna una notte, dopo un gorgo di baci, se tornare potrai; soffiale che nulla del mondo redimerà ciò che è perso di noi, i putrefatti di qui; stringile il cuore a strozzarla: e se t’ama, lo capirai nella vita più tardi, o giammai.

Clemente Rebora

da “Le poesie 1913 – 1957”

Viatico O ferito laggiù nel valloncello tanto invocasti se tre compagni interi cadder per te che quasi più non eri. Tra melma e sangue tronco senza gambe e il tuo lamento ancora, pietà di noi rimasti a rantolarci e non ha fine l’ora, affretta l’agonia, tu puoi finire, e conforto ti sia nella demenza che non sa impazzire, mentre sosta il momento il sonno sul cervello, lasciaci in silenzio... grazie, fratello.

Eugenio Montale

da “Ossi di seppia”

Valmorbia Valmorbia, discorrevano il tuo fondo fioriti nuvoli di piante agli àsoli. Nasceva in noi, volti dal cieco caso, oblio del mondo. Tacevano gli spari, nel grembo solitario non dava suono che il Leno roco. Sbocciava un razzo su lo stelo, fioco lacrimava nell’aria. Le notti chiare erano tutte un’alba e portavano volpi alla mia grotta. Valmorbia, un nome – e ora nella scialba memoria, terra dove non annotta.

Pietro Jahier

da “Poesie”

Mare Hanno preso il suo figliolo ànno preso quello che l’era appena rilevato e per andà non può essere andato che nel posto più brutto indifeso. E per restà non può esser restato che dove tronca la vita le granate e quando ànno finito di troncare scendono le valanghe a sotterrare. E se non scrive è che vuol ritornare e queste notti è camminato camminato per chiedere una muta alla sua mare. La muta era ben pronta al davanzale e alla finestra mare l’à aspettato. L’à aspettato infino alla mattina quando squilla la tromba repentina e alla sua casa non può più rivare. Hanno preso il suo figliolo alla mare Hanno preso il suo tosàt ànno preso quel ch’era così tanto delicato e si ritrova lontano trasportato nel bastimento sopra l’acqua acceso. Di giorno il bastimento gli cammina ma nella notte è sempre arrestato e tutte l’acque bussan per entrare dove il suo tosàtel sta addormentato. I fanno preso il suo tosàt alla mare Hanno preso il suo omo ànno preso Quello che la doveva accompagnare che avea giurato davanti all’altare di non lasciarla sola a questo peso. Lui coi suoi bòcia è contento di andare non si è quasi voltato a salutare Ma ànno preso il suo òmo alla mare. E la mattina si è levata a solo e à messo tutte le sue filigrane;

à bevarato le sue armente chiare; a steso tutti i suoi panni a asciugare; A agganciato il più grande suo paiolo; A Apparecchiato il più bel fuoco acceso e dopo si è seduta al focolare. Anche se tornano non si può più alzare. Hanno preso ànno preso anche la mare.

V

LIRICI NUOVI

Vincenzo Cardarelli

da “Poesie”

Gabbiani

Non so dove i gabbiani abbiano il nido, ove trovino pace. Io son come loro, in perpetuo volo. La vita la sfioro com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo. E come forse anch'essi amo la quiete, la gran quiete marina, ma il mio destino è vivere balenando in burrasca.

Umberto Saba

da “Trieste e una donna”

Trieste

Ho attraversato tutta la città. Poi ho salita un’erta, popolosa in principio, in là deserta, chiusa da un muricciolo: un cantuccio in cui solo siedo; e mi pare che dove esso termina termini la città. Trieste ha una scontrosa grazia. Se piace, è come un ragazzaccio aspro e vorace, con gli occhi azzurri e mani troppo grandi per regalare un fiore; come un amore con gelosia. Da quest’erta ogni chiesa, ogni sua via scopro, se mena all'ingombrata spiaggia, o alla collina cui, sulla sassosa cima, una casa, l'ultima, s’aggrappa. Intorno circola ad ogni cosa un’aria strana, un'aria tormentosa, l'aria natia. La mia città che in ogni parte è viva, ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita pensosa e schiva.

Giuseppe Ungaretti

da “L’Allegria”

In memoria

Si chiamava Moammed Sceab Discendente di emiri di nomadi suicida perché non aveva più Patria Amò la Francia e mutò nome Fu Marcel ma non era Francese e non sapeva più vivere nella tenda dei suoi dove si ascolta la cantilena del Corano gustando un caffè E non sapeva sciogliere il canto del suo abbandono L’ho accompagnato insieme alla padrona dell’albergo dove abitavamo a Parigi dal numero 5 della rue des Carmes appassito vicolo in discesa. Riposa nel camposanto d’Ivry sobborgo che pare sempre in una giornata di una decomposta fiera E forse io solo so ancora che visse

VI

POETI ERMETICI

Alfonso Gatto

da “Poesie”

Poveri

I poveri hanno il freddo della terra. Nella città spiovente, ai tetti, al fumo tranquillo delle case, il giorno migra nel colore d'oriente: così calma la sera agli occhi mesti si fa lume. Io li ricordo contro un cielo d'aria, i poveri stupiti, come l'agro verde dei prati sfiora nella pioggia una velata eternità di sole.

Vittorio Sereni

da “Frontiera”

Concerto in giardino

A quest'ora innaffiano i giardini in tutta Europa. Tromba di spruzzi roca raduna bambini guerrieri, echeggia in suono d'acque sino a quest'ombra di panca. Ai bambini in guerra sulle aiole sventaglia, si fa vortice; suono sospeso in gocce istante ti specchi in verde ombrato; siluri bianchi e rossi battono gli asfalti dell'Avus, filano treni a sud-est tra campi di rose. Da quest'ombra di panca ascolto i ringhi della tromba d'acqua: a ritmi di gocce il mio tempo s'accorda. Ma fischiano treni d'arrivi. S'e' strozzato nel caldo il concerto della vita che svaria in estreme girandole d'acqua.

VII

SPERIMENTALISMO REALISTICO

Cesare Pavese

da “Lavorare stanca”

La notte Ma la notte ventosa, la limpida notte che il ricordo sfiorava soltanto, è remota, è un ricordo. Perdura una calma stupita fatta anch'essa di foglie e di nulla. Non resta, di quel tempo di là dai ricordi, che un vago ricordare. Talvolta ritorna nel giorno nell'immobile luce del giorno d'estate, quel remoto stupore. Per la vuota finestra il bambino guardava la notte sui colli freschi e neri, e stupiva di trovarli ammassati: vaga e limpida immobilità. Fra le foglie che stormivano al buio, apparivano i colli dove tutte le cose del giorno, le coste e le piante e le vigne, eran nitide e morte e la vita era un'altra, di vento, di cielo, e di foglie e di nulla. Talvolta ritorna nell'immobile calma del giorno il ricordo di quel vivere assorto, nella luce stupita.

Elio Pagliarani

da “I Novissimi”

Poème antipoème

VIII

I NOVISSIMI

Nanni Balestrini

da “Come si agisce”

Tape mark

La testa premuta sulla spalla, trenta volte più luminoso del sole, io contemplo il loro ritorno finché non mosse le dita lentamente e, mentre la moltitudine delle cose accade, alla sommità della nuvola esse tornano tutte, alla loro radice, e assumono la ben nota forma di fungo cercando di afferrare. I capelli tra le labbra, esse tornano tutte alla loro radice, nell’accecante globo di fuoco io contemplo il loro ritorno, finché non muove le dita lentamente, e malgrado che le cose fioriscano assume la ben nota forma di fungo, cercando di afferrare mentre la moltitudine delle cose accade. Nell’accecante globo di fuoco io contemplo il loro ritorno quando raggiunge la stratosfera mentre la moltitudine delle cose accade, la testa premuta sulla spalla: trenta volte più luminose del sole esse tornano tutte alla loro radice, i capelli tra le labbra assumono la ben nota forma di fungo. Giacquero immobili senza parlare, trenta volte più luminosi del sole essi tornano tutti alla loro radice, la testa premuta sulla spalla assumono la ben nota forma di fungo cercando di afferrare, e malgrado che le cose fioriscano si espandono rapidamente, i capelli tra le labbra. Mentre la moltitudine delle cose accade nell’accecante globo di fuoco, esse tornano tutte alla loro radice, si espandono rapidamente, finché non mosse le dita lentamente quando raggiunse la stratosfera e giacque immobile senza parlare, trenta volte più luminoso del sole, cercando di afferrare.

Io contemplo il loro ritorno, finché non mosse le dita lentamente nell’accecante globo di fuoco: esse tornano tutte alla loro radice, i capelli tra le labbra e trenta volte più luminosi del sole giacquero immobili senza parlare, si espandono rapidamente cercando di afferrare la sommità.

Antonio Porta

da “I Novissimi”

Europa cavalca un toro nero

1. Attento abitante del pianeta, guardati! dalle parole dei Grandi frana di menzogne, lassù balbettano, insegnano il vuoto. La privata, unica, voce metti in salvo: domani sottratta ti sarà, come a molti, oramai, e lamento risuona il giuoco dei bicchieri. 2. Brucia cartucce in piazza, furente l’auto del partito: sollevata la mano dalla tasca videro forata. Tra i giardini sterili si alza, altissimo angelo, in pochi l’afferrano e il resto è niente. 3. In su la pancia del potente la foresta prospera: chi mai l’orizzonte oltre l’intrico scorgerà! Fruscia la sottoveste sul pennone, buone autorità, viaggiano in pallone, strade e case osservano dall’alto., gli uomini sono utili formiche, la folla ingarbugliata, buone autorità, cervello di sapone, sopra le case giuocando scivolate. 6. Cani azzannano i passanti, uomini raccomandabili guidano l’assassino, fuori, presto, scivoli. Negri annusano il vento.

Ambigua è la sciagura, le sentinelle, i poliziotti. I due voltarono le spalle. Rete, sacco: volati in basso come pompieri. Spari, vibra l’asfalto, alla porta di una casa, il tonfo. 8. Osserva l’orizzonte della notte, inghiotte la finestra il gorgo del cortile, l’esplosione soffiò dal deserto sui capelli, veloce spinta al terrore: tutto male in cucina, il gas si espande, l’acqua scroscia, la lampada spalanca il vuoto. Richiude la porta dietro di sé, e punge gli occhi il vento dell’incendio, corre sugli asfalti, cosparso d’olio: saltano i bottoni alla camicia estiva, la ferita si colora, legume che una lama rapida incide. 10. Un coro ora sono, ondeggianti nel prato colmo di sussulti. “Lo zoccolo del cavallo tradisce, frana la ragione dei secoli.” Urla una donna, partorisce, con un bambino percosso dalle cose. Con un colpo di uncino mette a nudo l’escavatrice venose tubature, e radici cariche di schiuma nel vento dell’albero antico, spasimano, gigante abbattuto. Quattromila metri di terriccio premono le schiene, e un minatore in salvo ha mormorato: “Là è tutto pieno di gas.” Un attimo prima di scivolare nella fogna gridò: Sì.

Edoardo Sanguineti

da “Purgatorio de l’Inferno”

9. piangi piangi, che ti compero una lunga spada blu di plastica, un frigorifero

Bosch in miniatura, un salvadanaio di terra cotta, un quaderno con tredici righe, un’azione di Montecatini: piangi piangi, che ti compero una piccola maschera antigas, un flacone di sciroppo ricostituente, un robot, un catechismo con illustrazioni a colori, una carta geografica con bandierine vittoriose: piangi piangi, che ti compero un grosso capidoglio di gomma piuma, un albero di Natale, un pirata con una gamba di legno, un coltello a serramanico, una bella scheggia di una bella bomba a mano: piangi piangi, che ti compero tanti francobolli dell’Algeria francese, tanti succhi di frutta, tante teste di legno, tante teste di moro, tante teste di morto: oh ridi ridi, che ti compero un fratellino: che così tu lo chiami per nome: che così tu lo chiami Michele. 10. Questo è il gatto con gli stivali, questa è la pace di Barcellona fra Carlo V e Clemente VII, è la locomotiva, è il pesco fiorito, è il cavalluccio marino: ma se volti pagina, Alessandro, ci vedi il denaro: questi sono i satelliti di Giove, questa è l’autostrada del Sole, è la lavagna quadrettata, è il primo volume dei Poetae Latini Aevi Carolini, sono le scarpe, sono le bugie, è la scuola di Atene, è il burro, è una cartolina che mi è arrivata oggi dalla Finlandia, è il muscolo massetere, è il parto: ma se volti foglio, Alessandro, ci vedi il denaro: e questo è il denaro, e questi sono i generali con le loro mitragliatrici, e sono i cimiteri con le loro tombe, e sono le casse di risparmio con le loro cassette di sicurezza, e sono i libri di storia con le loro storie: ma se volti il foglio, Alessandro, non ci vedi niente.