Anteprima MATI 100

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Il libro sui 100 anni della Piante Mati con doppia chiave di lettura, una cronologia fotografica dagli anni '20 del secolo scorso ad oggi e 100 pensieri scritti da clienti e collaboratori.

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100 PROGETTI

100 PENSIERI

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100 PIANTE

100 GIARDINI

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Si ringraziano per l’aiuto fornito nella ricerca di documentazione storica Loretta e Valerio Ieri, Roberto Mati, Mirella Mati, Miranda Mati; per la collaborazione Tessa Matteini e Anna Mati.Un ringraziamento particolare per tutti coloro che con il loro pensiero hanno permesso la pubblicazione di questo volume.

© copyright 2010 Piante MATI

ISBN-00 00-0000-000-0

Progetto graficoDaniele Menichettiwww.physisgrafica.com

StampaIndustrie Grafiche Pacini

L’editore resta a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare e per le eventuali omissioni.

Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000.Le riproduzioni per uso differente da quello personale sopracitato potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dagli aventi diritto/dall’editore.

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dove il funebre anticipi di poco il soleun grande ritmo per festeggiareciliegi e spineinfiorescenze serpisegrete fonti per il piacere.Mi dia un giardinocoi seni d’erbaed i fianchi di pietra serenaed una fonte che sgorga dai pratidopo le piogge di novembre……ancora un giardino per avereun luogo ameno dai contorni incertidove esistere nell’incertezza che spesso ancora indossoquasi fosse un abito nuovo misto seta, lane, acrilico.Per me per noi un giardino eche là io non esista che non esista un culto un credo uno scopouna fiamma un senso nonun Banco un male una casta un ritoche non esista un mito un fine un voto nonun velo un esplosione un titoloil silenzio un paradisoe ancora un demone tra la femmina e l’uomoma solo vivere……e vivere……e vivere.

Signor Mati mi dia un giardinouna metropoli d’insetti e fioricon le arance appese al ventodove i roseti a maggiotrattengano in sé il mattino.Un giardino dove i lotisiano mondi sospesidove verrò infine sepoltonel mio universo d’invernodopo aver molto sognatodopo aver molto danzatocoi cipressi e le roseper pregare e la passione…Che si possa attraversareper pulirsi dal maleper asciugare il dolore.La mia anima etrusca si troverà in quel giardinocrocevia d’antiche stradeteatri d’ombra e di seredove nascondermi in siepi di vento dove aprirmi al nuovo mondo.Un giardino che sia di transito per i pellegrini che come meta si pongono il dubbio.Un giardino di melagrane pesche e more di gelso per assaggiare il tempo nel suo diveniredove le ore sacreconfondano il mio essere profano

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Questo volume ha una doppia chiave di lettura:

una raccolta di pensieri inseriti in maniera casuale

sulle pagine di sinistra e una sequenza cronologica

di immagini e progetti sulle pagine di destra. Una

raccolta di emozioni per ricordarci come eravamo e

come siamo diventati, per non far dimenticare a chi

seguirà le nostre orme la passione e l’entusiasmo che ha

accompagnato, sempre, il nostro cammino: cento anni,

cento piante, cento giardini e ancora cento pensieri.

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Caro Andrea,

mi appresto a scriverti queste righe nel momento in cui l’Italia intera è stata sconvolta dal tremendo ter-remoto che ha colpito l’Abruzzo. La natura si mostra in tutta la sua forza e l’uomo ne esce ridimensionato al ruolo per il quale è stato creato.

Tutto questo ci induce a riflettere su quanto fac-ciamo per la natura e quanto invece facciamo con-tro natura. Tutti i nostri sforzi compiuti contro la natura prima o poi si dimostrano deboli e danno scarsi frut-ti. Molte volte causano gravissimi danni.

Abbiamo imparato col tempo e con le esperien-ze tramandateci dai nostri predecessori che il rispet-to per madre natura viene sempre ripagato. La mia formazione e la mia identità provengono dalle radi-ci semplici della mia famiglia. Dai miei genitori ho imparato il rispetto per la natura e gli insegnamenti che ne derivano.

La mia cara mamma amava ripetermi: ”Pierino, non cade foglia che Dio non voglia”! In questa fra-se è racchiuso tutto il mistero della fede e tutte le for-me della sua manifestazione. La foglia è dell’albero e l’albero è opera di Dio.

Questo insegnamento ho ricevuto dalle meravi-gliose opere che Dio ci ha donato attraverso la natu-ra, le piante, i fiori. Ed io amo dire: “un seme non dà un altro seme, ma un albero che dà milioni di semi”! Ecco il mio amore per la natura. Senza di essa, sen-za i suoi frutti, nemmeno noi, uomini di fede, avrem-

mo potuto utilizzare questi esempi per educare e dif-fondere la parola di Dio.

Ma la natura è bellezza, è perfezione perché im-magine di Dio. Quando arrivammo a Molino Silla, oggi il centro nevralgico di tutte le comunità nel mon-do, trovammo un rudere abbandonato, senza porte e finestre, invaso dai rovi. Dormivamo a terra e non avevamo né acqua né luce. Alla sera, davanti al ca-mino attorno al quale ci riunivamo, dissi ai ragazzi che avevo un sogno, che un giorno quella casa sa-rebbe diventata calda ed accogliente, che quel ca-mino non avrebbe fatto più fumo, che quella terra sa-rebbe diventata un giardino incantato pieno di pian-te e di fiori.

Quei ragazzi mi presero per matto; non avevamo da mangiare e da bere ed io pensavo ai fiori ed al giardino. Ma io vedevo i miei ragazzi provenire dai posti più lugubri e sporchi delle città, i posti più bui e grigi, privi di luce e di colore, che non davano pro-spettiva non solo al loro cuore ed al loro animo ma anche ai loro occhi.

Ecco il desiderio del giardino; rendere accoglien-te, viva, lucente e colorata la vista di quei ragazzi per poi colorare i loro sogni, le loro anime, i loro cuori!

Il giardino di Molino Silla si è realizzato e in tut-ti questi anni ha fatto innamorare e fa innamorare mi-gliaia di ragazzi, persone, gente comune. Tanti miei figli dell’amore, giunti in comunità senza il benché minimo sentore di amor proprio, attraverso l’amore per i fiori e le piante hanno riscoperto l’amore per se

stessi e per gli altri. Attraverso la cura, la pazienza, l’amore e l’attenzione verso le piante, hanno impara-to ad avere cura, amare, rispettare ed aspettare.

Oggi Molino Silla è un giardino meraviglioso, bello, ricco, fiorito e colorato, come i cuori di tut-ti i ragazzi che anche solo per un minuto l’hanno vi-sta e vissuta.

Oggi Zervò, Pompei, Raganella e tanti altri centri d’Italia sono giardini meravigliosi ancor prima di es-sere case, che accolgono migliaia di ragazzi logori nello spirito e sporchi nell’animo che, grazie al colo-re e al candore di quei fiori e al vigore di quelle pian-te tornano a vivere e la loro vita torna a fiorire.

Tutto questo è stato possibile grazie alla Tua vicinanza, al Tuo impegno, alla Tua dedizione ed al-la Tua passione e quella della Tua famiglia. Non hai portato solo fiori o piante da piantare o innestare, hai portato in ogni cuore di questi ragazzi un seme di speranza. Da quei semi è nato nuovo amore, nuo-va passione e credo che non a caso, proprio qualcu-no di quei ragazzi, una volta nemico della vita e del-la bellezza, oggi, attraverso la tua disponibilità, ren-da alla natura la stessa grazia da essa ricevuta, quel-la di far fiorire la bellezza che è fiorita in lui.

Con le mie più vive felicitazioni per il centenario.

Don Pierino GelminiComunità Incontro

Molino Silla

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1921 – Bonelle. Tre generazioni Mati: Cesare ed Eugenia, Elmo, Ginevra e Casimiro, Mario, una zia (sorella di Ginevra), Arnaldo, Arnolfo e Marinella

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La storia

Il mio primo contatto con Piante Mati avvenne, credo, nel 1989. Ero alla ricerca di piante da inse-rire in un contesto di particolare valore storico e pae-saggistico ed ero insoddisfatto dei contatti avuti con altri vivai sia per l’approssimazione delle risposte ai miei quesiti, sia per la disponibilità di varietà. Deci-si così di rivolgermi a vivai primari e mi recai a Pi-stoia dove un anziano della famiglia Mati, indaffara-to a controllare una partita pronta per la spedizione, mi consigliò di rivolgermi al loro ufficio progettazio-ne, dove incontrai per la prima volta Francesco Mati con il quale da quel momento si stabilì un ecceziona-le rapporto di collaborazione. Francesco è una per-sona di straordinaria disponibilità e gentilezza, ca-pace di generosità unica. Ogni mia domanda trova-va in Lui un interlocutore validissimo e che mi è stato

di grande aiuto nel tempo nella professione. Erano i tempi degli albori di internet e Francesco, capace di poter lanciare lo sguardo oltre l’orizzonte con la sua spiccata sensibilità, già era un attento esperto delle nuove tecnologie. Che soddisfazione poter concor-dare con lui via e-mail, trovandomi negli Stati Uniti, la preparazione delle piante da recapitare il giorno dopo il mio arrivo in Italia. Francesco poi ha progre-dito tantissimo nel tempo, contrariamente a me, nella tecnica della rappresentazione grafica con program-mi sempre più sofisticati, mai però tralasciando il gu-sto estetico e la sensibilità alle arti in genere.

Col tempo poi il valido rapporto instauratosi con Francesco si è esteso anche agli altri componenti del-la Famiglia. Di Miro ho apprezzato la sperimentazio-ne e la ricerca nella selezione delle piante per mor-fologia o caratteristiche specifiche. Trovavo gusto a conversare con Lui su questi argomenti e apprezzo

l’entusiasmo profuso in una attività come questa dif-ficile e con tempi lunghissimi che solo una grande passione incondizionata può supportare. Il numero dei brevetti ottenuti ne è testimonianza. Delle volte in vivaio mi imbattevo in gruppi di piante particola-ri, talvolta collezioni varietali eccezionali che poteva-no essere apprezzate solo da veri esperti o collezio-nisti, che non potevano incontrare successi commer-ciali ampi, e capivo immediatamente che era opera di Miro e della sua passione irrefrenabile. Sulla tecni-ca della piantagione è poi un vero caposcuola e la straordinaria messa a punto del Twister per l’impian-to in suoli tipici dell’ambito urbano, meriterebbe una medaglia d’oro offerta dalla società degli alberi, del-la quale me ne faccio interprete.

Di Donna Cristina, invece, pur nella sua discre-zione, si intuisce essere una vera colonna portante della struttura.

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1955: il giardino della vecchia sede

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piante spesso maestose, e, soprattutto sempreverdi. Così registrano i nostri cataloghi: ‘Conifere - In gene-rale alberi maestosi sono più d’ogni altro adatti per isolare sui tappeti verdi, per formare grandi masse sobrie ed eleganti...In molti casi abbiamo nella stes-sa specie varietà a vegetazione lussureggiante che in breve si alzano a grandi altezze, altre a portamento quasi nano che si contentano di minuscoli spazi: altre si dimostrano indispensabili per l’ornamento perpetuo di giardini, di parchi e nei rimboschimenti’ A questa descrizione segue un’offerta assai ampia di abeti, cedri, cipressi, pini e tuje. Ci sembrano enfatizzate le offerte del cipresso piramidale, per il quale la ditta offre una vasta scelta di dimensioni, con piante in vaso e in zolla, e del cipresso argentato, rivelatosi nel tempo pianta assai problematica. Indubbiamen-te, è il pino domestico la conifera ornamentale prin-

cipale, tanto da meritare una sezione a parte e da essere descritto come la ‘conifera che predomina in tutti i parchi e giardini dell’Italia centro-meridionale’. In catalogo già negli anni ‘30 compare con dieci classi di altezza se fornito in zolla e con sei classi se coltivato in cassa (Cat. 1935-6, p.104, Fig.4). È noto che il pino domestico è pianta molto usata nel periodo di revival del giardino all’italiana, in quan-to considerato incarnazione dell’idea di Pinetum di antica memoria. Questo spiega, pertanto, il posto importante che esso trova nei nostri cataloghi.

Nel quarto e quinto decennio del Novecento, l’offerta vivaistica non si modifica radicalmente, ma sembra piuttosto che cambi il pubblico che acquista le piante e realizza giardini.

I cataloghi sembrano studiati per un pubblico bor-ghese, possessore di piccoli giardini di case isolate, di villette, e, qualche volta di ville più grandi, ma che si è allontanato dal legame intimo con la tradizione agraria. E questo si evince dai modelli dei giardini illustrati nei cataloghi, che sono quasi sempre di pic-cole dimensioni, quasi a voler indicare la strada a chi volesse realizzarne uno a casa propria. Si tratta di piccoli giardini formali, di impianto molto sempli-ce, con elementi in forma topiata, e poche aiuole fiorite o a prato. I sentieri sono lastricati in pietra a ta-glio grezzo. Questi sono modelli facili da realizzare, eleganti, ma non troppo costosi, idonei al pubblico dell’immediato dopo-guerra intento a ricostruire le cit-tà, ma anche un’immagine di piacevole decoro nella propria piccola dimora. (Fig.5)

In conclusione, si può affermare che i cataloghi Mati riflettano le tendenze del gusto e della società che cambia e riescano sempre a capire quali siano le esigenze del proprio tempo. E forse è anche que-sto un piccolo segreto che ancor oggi ne assicura la buona riuscita ed il successo.

Ada V. SegreFigura 4 - il Pinus pinea è fra le conifere più importanti nei cataloghi degli anni ‘30 (Cat.1932, Cat.1935-36)

Figura 5 - Modello di giardino con sentieri lastricati in pietra,aiuole delimitate da bosso nano, ed elementi topiati formati da conifere e sempreverdi (Cat. 1952-3)

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Panoramica del Vivaio di Masiano - Ponte alla Stella (PT)

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Il nonno CasimiroPioniere e artefice principale dell’Azienda Mati

Avendo avuto la possibilità di essere spesso vici-no al nonno, specialmente negli ultimi anni della sua vita, penso di aver conosciuto a fondo le sue carat-teristiche. Nei giorni delle mie visite, se il tempo lo permetteva, si andava in giro per i vivai usufruendo di una delle automobili che si trovava libera sul piaz-zale, in caso di tempo brutto si rimaneva in casa. I vivai preferiti erano sempre Vinattieri e Masiano.

Era piacevole parlare con il nonno. Qualsiasi argomento andava bene: fatti di cronaca, politica, sport (in particolare il pugilato), il passato, il lavoro, la famiglia ecc. Fatti che presentava con dovizia di particolari, intramezzati anche da battute di spirito. Quando raccontava del passato, a volte, non si ren-deva conto che le persone citate non potevo cono-scerle in quanto vissute in epoca in cui o non ero nato o ero molto piccolo. Di tutti questi contatti mi sono rimasti molti ricordi, vorrei raccontare alcuni fra questi, ancora ben vivi nella mia memoria, in modo da evidenziare l’umanità, la sensibilità, il coraggio, l’intelligenza genuina, l’onestà, la praticità, il cari-sma (come si dice oggi) di questo uomo che è stato il fondatore della Ditta Mati.

In occasione della morte della nonna (1955) al momento della chiusura della cassa prese una rosa rossa da una corona e la depositò con delicatezza sul corpo della morta. Il custode del cimitero si av-

vicinò al nonno facendo presente che ciò non era ammesso e che avrebbe dovuto togliere la rosa. Il nonno senza scomporsi, rivolgendosi allo stagnino, disse con voce ferma: ”Chiudi la cassa”.

Una volta voleva percorrere una redola stretta, priva di spazi sufficientemente larghi per svoltare l’au-to, cercai di dissuaderlo facendo presente il rischio reale di finire in un fosso, mi sono sentito rispondere, con una certa ironia: ”Sappi che l’auto non solo può andare in avanti ma può tornare anche indietro. Se poi dovesse finire in un fosso, con un trattore si può rimettere in strada, perciò vai pure avanti”.

In occasione di una visita nei locali adibiti ad ufficio, il nonno ebbe modo di soffermarsi ad ascol-tare la contestazione di un dipendente addetto all’ac-quisto di piante che voleva ridurre il prezzo fissato a suo tempo perché quello realizzato, al momento della vendita, era stato inferiore. Il fornitore invece insisteva perché il prezzo fissato venisse comunque rispettato. Il nonno dopo aver avuto le informazioni richieste, appena fuori dalla stanza, chiamò a sè il dipendente e disse con decisione: “Fai in modo che gli venga pagato il prezzo fissato”.

I beni patrimoniali del nonno consistevano, all’ini-zio, in due piccoli poderi ubicati a Bonelle e condotti a mezzadria da due coloni di caratteristiche molto diverse. Il primo ottimo lavoratore, intelligente, scaltro e pieno di utili iniziative. Il secondo solo un buon lavoratore. La produzione di questi poderi era orien-tata prevalentemente alla coltivazione di ortaggi, in

particolare il “postime”(mazzetti di piantine appena radicate pronte per essere trapiantate nell’orto), che venivano periodicamente venduti al mercato della Sala. Sull’operato del primo, il nonno, riceveva mol-te critiche relative alla sua scarsa correttezza, mentre del secondo tutti ne parlavano bene. Non capisco di cosa mi dovevo lamentare, si giustificava il nonno, se al momento della resa dei conti dal primo mi per-venivano cifre tali da consentirmi buoni guadagni, mentre dall’altro ricevevo somme che mi permetteva-no appena di sostenere le spese.

Il nonno era un fumatore di sigari toscani e tutte le cicche che da questi derivavano venivano da lui ac-curatamente conservate e regalate a fumatori di pipa. Per questo si era fatto alcuni clienti fissi, in genere ami-ci e coetanei, che periodicamente venivano a fargli visita, non solo per chiacchiere e ricordare il passato, ma anche per ricevere in regalo un cartoccio di que-ste cicche di sigaro ritenute convenienti e più gustose del tabacco da pipa. Un giorno dopo aver trascorso del tempo in chiacchiere e ricordi, con uno di questi amici visitatori, dopo averlo salutato, mentre si stava allontanando, lo sentii dire: “ O Tonio, se tu senti di’ che è morto Miro Mati tu hai a di’ che è morto tanto malvolentieri”. (Penso che avesse oltre 95 anni).

Per concludere mi sento di poter affermare, senza timore di smentite, che Casimiro Mati era un uomo vero con un forte attaccamento alla famiglia e alla vita.

Valerio Ieri

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Lavori per il giardino della sede

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Classe e professionalità

Ebbi modo di conoscere i signori Mati nel 1984: In quegli anni facevo la direzione generale di una grande azienda del settore ceramico: gli anni sono volati ed ora sono un pensionato quasi tranquillo, ma in quegli anni ero un vulcano scatenato che cre-deva nei messaggi forti innovativi e rivoluzionari. Mi piacevano gli studi seri ma dovevano sconvolgere e stupire. Ero e sono un uomo fortunato perché mol-te persone importanti hanno creduto in me, nei miei

progetti e nei miei studi. Hanno quindi partecipato in prima persona alla loro evoluzione rendendoli più completi e armoniosi.

Il progetto di cui sto parlando nasce dall’idea in cui si può creare reddito unendo esperienze e siner-gie in ambiti molto diversi tra loro, quali: industria, imprenditoria, arte, cultura, spettacolo, giornalismo, sport ecc. ecc…. ad ogni disciplina, comunque, deve rimanere la propria autonomia.

Questo progetto, sviluppato in tutte le sue com-ponenti e gestito con rigore ben presto ha portato risultati clamorosi, ovviamente, la stampa, con la sua sottile e attenta ricerca è stata un mezzo di traino e lancio in tutto il mondo.

Ciò premesso il 7 luglio del 1984 l’azienda che dirigevo prese spunto dal 110 anniversario della sua fondazione per lanciare con una grande festa questo grande progetto.

A metà giugno tutto era pianificato nei minimi particolari: l’Architetto Francesco Coppola, grande genio delle progettazioni e nelle comunicazioni, osa-va molto, e il progetto veniva giorno dopo giorno

arricchito ed ampliato. Anche la stima delle presenze era ormai definita, 4/5000 persone provenienti da tutte le parti del mondo: personalità delle istituzioni, della cultura, dell’arte, dello spettacolo, del giornali-smo, dello sport e dell’imprenditoria. Quindi tutto era organizzato ma mancava ancora chi poteva realiz-zare, all’interno del piazzale aziendale, un grande giardino, o meglio, un grande parco fiorito. L’archi-tetto Coppola anche su questo ambito aveva le idee chiare, ma non era così semplice realizzare in luglio, con un caldo infernale, un contenitore di verde con piante ad alto fusto, cespugli, fiori, fontane e vele. Tutte le componenti dovevano essere in piena armo-nia da non sembrare una realizzazione posticcia, ma un tutt’uno in una atmosfera a dir poco magica.

Fu così che in un caldo sabato di giugno decisi di andare personalmente a Pistoia, patria del vivaismo e del bel verde; conoscevo tanti nomi, ma personal-mente nessuno. Fu così che nel bussare mi lasciai gui-dare dall’intuito e dall’istinto. Uscito dall’autostrada rallentai, mi colpirono i due marchi delle Piante Mati sistemati con decisa sobrietà nelle due palazzine ros-

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Il giardino della sede

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se. Fui ricevuto da un signore alto e cordiale: il sig. Moreno. Raccontai a lui della mia iniziativa e di ciò che cercavo. Parlavo, parlavo e temevo, non tanto di non essere capito, quanto di non render a parole bene l’idea del progetto. Il sig. Moreno seguiva con interesse tutti i miei passaggi ma non si pronuncia-va, sembrava entusiasta ma era cauto. Poi mi fece attendere un paio di minuti e si ripresentò con una bella signora elegante e di impareggiabile classe: la contitolare sig.ra Cristina Mati.

Mi sentivo in soggezione, ma ero a mio agio, la sua competenza mi lasciava senza parole, il suo interesse al progetto divenne ben presto realtà, cosic-ché dopo un’oretta di duro lavoro la signora Mati mi strinse la mano confermandomi che la sua azienda avrebbe realizzato il grande progetto progettato dal-l’Architetto Coppola. Il mio entusiasmo bilanciato dal disagio non mi permise di chiedere un documento scritto, capii però che quella stretta di mano valeva più di tanti scritti. Quella mano raffinata trasmetteva sicurezza, professionalità e tanta classe.

Qualche giorno dopo, nell’approfondire tutti

i particolari del progetto da realizzare ebbi modo di conoscere il Sig. Miro Mati, un uomo di grande esperienza, un profondo studioso della natura, un uomo di grande cultura, un vero signore che prima del profitto guarda ai valori. Un uomo che ama l’alle-gria ma che dà la precedenza ai sentimenti.

Miro, sicuro di ciò che mi offriva, si incuriosiva e la sua intelligenza lo portava nei meandri del mio progetto: gli piaceva parlare di Baj, Pomodoro o Spoldi e non disdegnava di parlarmi dei suoi quadri ecc. ecc.

Finalmente, alla vigilia della festa, nel piazzale dell’azienda uno dopo l’altro arrivarono diversi lun-ghissimi camions di piante (6 o 7) accompagnati da una decina di operai specializzati, poche ore, una nottata di grande lavoro e il mattino del 7 luglio quel piazzale si presentò con una veste diversa: gli arredi, le piante, i fiori e gli spazi divennero così belli e ar-moniosi e persino profumati in completa armonia con la bella gente del mondo dell’arte, della cultura dello spettacolo dello sport e dell’industria della politica, ma anche della gente comune che per un giorno

visse un momento importante.L’iniziativa ebbe non solo un grande successo con

risonanza mondiale, ma ebbe negli anni un seguito importante.

Nel tempo è nata anche una vera amicizia che ha trovato la sua partenza ben 26 anni fa con quel gesto di classe e professionalità.

Complimenti e auguri alle Piante Mati ma princi-palmente ai signori Cristina e Miro Mati con i figli Andrea, Francesco, Paolo, Alessandra e Isabella.

Con affettoGermano Ghetti

P.S.: a testimonianza di quanto scritto allego foto del 7 luglio 1984: Tra i tantissimi ospiti erano presenti: Vincenzo Mollica, Gianni Raviele, Ugo To-gnazzi, Renzo Arbore, Ida di Benedetto, B. Cori, Prof. Mazzetti, Prof. Muscarà, Oddo Biasini, Arnal-do Pomodoro, Tadini, Baj, Agenore Fabbri, Chiao Cin, Pardi, Aldo Spoldi, G. Marconi, Miro e Cristina Mati, ecc.

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Francesco, Paolo, Andrea Mati

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