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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXVIII - N. 12 - 27 marzo 2014 NEL 131° ANNIVERSARIO DELLA MORTE DEL GRANDE MAESTRO DEL PROLETARIATO INTERNAZIONALE 14 MARZO 1883-2014 I marxisti-leninisti celebrano Marx davanti al suo monumento a Riccione Presenti la Cellula “Stalin” di Rimini e le Organizzazioni di Ravenna e di Gabicce Mare Alla conferenza stampa con lo stile di Berlusconi RENZI LEGA IL SUO FUTURO POLITICO ALL’ABOLIZIONE DEL SENATO 76 euro al mese ai lavoratori. Niente ai pensionati. Per i padroni taglio del 10% dell’Irap e del 10% del costo dell’energia, flessibilità del lavoro, “nuovo codice del lavoro”, il Jobs act, privatizzazioni, sblocco del pagamento dei debiti, tagli alla sanità I GIOVANI PENALIZZATI DALLA LIBERALIZZAZIONE DEI CONTRATTI A TERMINE E DELL’APPRENDISTATO MIGLIAIA DI LAVORATORI IN CORTEO CONTRO I TAGLI E IL “PACCHETTO” RENZI SUL LAVORO In contemporanea lo sciopero dei ferrovieri USB, OR.S.A e CUB A Milano e Fucecchio Volantinaggio contro il governo Renzi Con l’avallo di Napolitano affossata definitivamente la democrazia e l’elettoralismo borghesi LA CAMERA NERA DI RENZI E BERLUSCONI APPROVA L’ITALICUM “FASCISTISSIMUM” La nuova legge elettorale è simile a quella mussoliniana Acerbo e peggio del porcellum SARÀ ABOLITO IL SENATO CON L’AVALLO DI RENZI E LA COPERTURA DI NAPOLITANO 4 sottosegretari PD indagati non mollano la poltrona Il nuovo Valletta Marchionne si spella le mani e tifa per il nuovo “uomo della provvidenza” Renzi ROMA 5mila in corteo contro la repressione I MOVIMENTI SI PREPARANO ALLA “PRIMA MANIFESTAZIONE CONTRO IL GOVERNO RENZI” IL 12 APRILE L’ipotesi della Procura di Napoli è abuso di ufficio DE MAGISTRIS NUOVAMENTE INDAGATO Avrebbe favorito il colonnello Acanfora al ruolo di comandante della polizia municipale LO RICORDA SCALFARI Berlinguer rifiutò il leninismo Riccione, 14 marzo 2014. Commemorazione di Marx, nel 131° Anni- versario della scomparsa del grande Maestro, organizzata dalla Cellu- la “Stalin” di Rimini con la partecipazione di militanti e simpatizzanti delle Organizzazioni di Ravenna e Gabicce Mare (Pesaro Urbino). Al centro, il compagno Tino Bruni, Segretario della Cellula “Stalin” men- tre legge il discorso commemorativo (foto Il Bolscevico) Per la prima volta a Castiglione del Lago PAG. 12 PER IL DISASTRO AMBIENTALE DELL’ILVA Chiesto il processo per Vendola Il governatore della Puglia è accusato di concussione aggravata I RIVA ACCUSATI DI ASSOCIAZIONE A DELINQUERE PAG. 2 PAG. 4 PAG. 7 PAG. 6 PAG. 3 PAG. 8 PAG. 13 PAG. 6 PAG. 9 PAG. 12 Comunicato dell’Ufficio stampa del PMLI ABOLIRE IL PRECARIATO PAG. 4

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXVIII - N. 12 - 27 marzo 2014

Nel 131° ANNiversArio dellA morte del grANde mAestro del proletAriAto iNterNAzioNAle

14 mArzo 1883-2014

i marxisti-leninisti celebrano marx davanti al suo monumento a riccione

Presenti la Cellula “Stalin” di Rimini e le Organizzazioni di Ravenna e di Gabicce Mare

Alla conferenza stampa con lo stile di Berlusconi

Renzi lega il suo futuRo politico all’abolizione

del senato76 euro al mese ai lavoratori. Niente ai pensionati. Per i padroni taglio del 10% dell’Irap e del 10% del costo dell’energia,

flessibilità del lavoro, “nuovo codice del lavoro”, il Jobs act, privatizzazioni, sblocco del pagamento dei debiti, tagli alla sanitàI GIOvaNI PeNalIzzatI dalla lIbeRalIzzazIONe deI

CONtRattI a teRMINe e dell’aPPReNdIStatO

migliAiA di lAvorAtori iN Corteo CoNtro i tAgli e il “pACCHetto” reNzi sUl lAvoroIn contemporanea lo sciopero dei ferrovieri USb, OR.S.a e CUb

A milano e Fucecchio

volantinaggio contro il governo renzi

Con l’avallo di Napolitano affossata definitivamente la democrazia e l’elettoralismo borghesi

la cameRa neRa di Renzi e beRlusconi appRova l’italicum “fascistissimum”

la nuova legge elettorale è simile a quella mussoliniana acerbo e peggio del porcellumSaRà abOlItO Il SeNatO

CoN l’AvAllo di reNzi e lA CopertUrA di NApolitANo

4 sottosegretari pd indagati non mollano la poltrona

il nuovo valletta marchionne si spella le mani e tifa per il nuovo “uomo della provvidenza” renzi

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5mila in corteo contro la repressione

I MOvIMeNtI SI PRePaRaNO alla “PRIMa MaNIfeStazIONe CONtRO Il

GOveRNO ReNzI” Il 12 aPRIle

l’ipotesi della procura di Napoli è abuso di ufficio

de mAgistris NUovAmeNte iNdAgAtoavrebbe favorito il colonnello acanfora al ruolo di comandante della polizia municipale

lo riCordA sCAlFAri

Berlinguer rifiutò il leninismo

Riccione, 14 marzo 2014. Commemorazione di Marx, nel 131° anni-versario della scomparsa del grande Maestro, organizzata dalla Cellu-la “Stalin” di Rimini con la partecipazione di militanti e simpatizzanti delle Organizzazioni di Ravenna e Gabicce Mare (Pesaro Urbino). al centro, il compagno tino bruni, Segretario della Cellula “Stalin” men-tre legge il discorso commemorativo (foto Il bolscevico)

Per la prima volta a Castiglione del lago pAg. 12

per il disAstro AmBieNtAle dell’ilvA

Chiesto il processo per vendola

Il governatore della Puglia è accusato di concussione aggravata

I RIva aCCUSatI dI aSSOCIazIONe a delINqUeRe

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Comunicato dell’Ufficio stampa del pmli

ABolire il preCAriAto

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Il 12 marzo, dopo aver incas-sato il sì della Camera alla legge elettorale Italicum concordata con Berlusconi – un “fascistissimum” peggiore del Porcellum e della stessa legge Acerbo di mussoli-niana memoria – un tronfio Mat-teo Renzi ha convocato una con-ferenza stampa per “stupire” il Paese con la presentazione del suo mirabolante programma per i pri-mi 100 giorni di governo appena varato dal Consiglio dei ministri da lui presieduto. Più che una con-ferenza stampa, un vero e proprio evento mediatico in diretta televi-siva, da lui personalmente diretto e interpretato in perfetto stile Berlu-sconiano, forse addirittura con più padronanza del mezzo ed efficacia persuasiva di quelle spesso insce-nate dal suo modello e maestro.

Servendosi di schede esem-plificative colorate e proiettate su uno schermo, alla maniera appresa dalle conferenze stampa di Oba-ma, ma anche sapientemente stu-diate e calibrate sul “bambino di 12 anni” secondo gli insegnamenti di Berlusconi, e rivolgendosi sem-pre direttamente “al Paese” (cioè ai telespettatori e non ai giornalisti in sala), il presidente del Consiglio ha elencato con toni da imbonito-re i provvedimenti appena pre-si, quasi tutti ancora sulla carta e mancanti di specifiche coperture, ad esclusione del decreto di libera-lizzazione dei contratti a termine e dell’apprendistato, ma abbastanza roboanti da impressionare l’opi-nione pubblica: tagli alle tasse ai lavoratori e alle imprese, una “ri-forma” del lavoro e degli ammor-tizzatori sociali per rilanciare l’oc-cupazione (Jobs act), un piano per la casa, un altro per l’edilizia sco-lastica, sforbiciate ai privilegi del-la “casta” politica e agli “sprechi” nella pubblica amministrazione (pa), il pagamento entro luglio di tutti i debiti arretrati dello Stato e degli Enti locali, e così via.

Quanto ai miliardi necessa-ri, Renzi ha assicurato che ci sono, avendone trovati addirittu-ra 20, il doppio di quelli neces-sari. Ma il colpo più ad effetto è stato senz’altro quello dell’annun-cio della riduzione delle tasse nel-le buste paga al di sotto dei 1.500 euro mensili a partire dal prossi-mo 27 maggio, una “restituzione” di 1.000 euro all’anno per 10 mi-lioni di lavoratori, corrispondenti a circa 76 euro mensili in media a testa: “Questa è sinistra. Questa è la manovra più di sinistra degli ul-timi anni”, ha detto trionfalmente il premier. Ma a ben vedere è una misura che in quanto a intenti de-magogici, indubbiamente efficaci alla vigilia delle elezioni europee, ricorda molto quella della promes-sa di Berlusconi di restituire i soldi

dell’Imu agli elettori. E come per quest’ultima, resta da vedere dove saranno presi i soldi. Non a caso il “diversamente berlusconiano” ministro Lupi, si è lasciato sfug-gire in tono ammirato: “Questo è peggio di Berlusconi!”, mentre il consigliere del neoduce, Giovan-ni Toti, ha osservato che si vedeva bene che “Renzi è uno cresciuto nell’era delle televendite”.

Corporativismo da seconda repubblicaQuello che più conta politica-

mente, comunque, è l’annuncio, e come è stato fatto. Il Berlusconi democristiano ha mostrato infatti in tutti i modi di aver preso que-sta sull’Irpef e le altre decisioni ri-guardanti i lavoratori in assoluta solitudine, senza consultare inten-zionalmente i sindacati: “Se il sin-dacato è contro ce ne faremo una ragione”, aveva infatti detto poco prima rispondendo alle lamentele provenienti dalla CGIL su fisco e “ammortizzatori sociali”; e aveva liquidato con altrettanta supponen-za anche il “solito derby tra sinda-cato e Confindustria” sulla desti-nazione dei 10 miliardi di sgravi fiscali. “Lo so che protestano, ma lo fanno perché questa manovra la facciamo senza consultarli”, ha detto infatti il premier rispon-dendo alle domande dei giornali-sti in proposito. Ed ha aggiunto: “Ascoltiamo tutti, ma quello che c’è da fare lo sappiamo noi, pen-sando alle famiglie che stanno sof-frendo”.

Dunque con ciò Renzi ha vo-luto dare anche un colpo mortale alla già agonizzante concertazione governo-sindacati-Confindustria, eredità della prima repubblica, per rimpiazzarla con il corporativismo della seconda repubblica neofasci-sta, molto più affine a quello fasci-sta di Mussolini, accentrandone il controllo direttamente nelle mani di Palazzo Chigi per poter operare personalmente e senza intermedia-zioni “a favore della povera gen-te”, come ha detto in un’intervista a l’Unità. Non a caso, con la scusa di risparmiare sugli “enti inutili”, come misura ad alto valore simbo-lico, ha annunciato la soppressio-ne del Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro), un or-ganismo previsto nella Costituzio-ne proprio per favorire la concer-tazione.

Renzi vuol dimostrare insom-ma in tutti i modi di essere “l’uo-mo solo al comando”, quello che non si fa dettare l’agenda da nes-sun altro che da se stesso, e che vuole arrivare là dove tutti i suoi predecessori hanno fallito perché impediti da lacci e lacciuoli. Esat-tamente come faceva Berlusconi

quando sbandierava di essere “di-verso” dagli altri politici perché è un imprenditore abituato a “fare” le cose. Tant’è vero che il giorno dopo, nel salotto televisivo di Por-ta a porta, il premier ha pratica-mente siglato un nuovo “contrat-to con gli italiani” (come quello di Berlusconi nel 2001, gli ha ri-cordato Vespa), sentenziando che se il 27 maggio non arriveranno gli sgravi nelle buste paga, “allo-ra vuol dire che Matteo Renzi è un buffone”. E non a caso ha ricevu-to anche il plauso entusiastico di Marchionne, che si è detto “estre-mamente orgoglioso, il ragazzo è veloce e si muove nella direzione giusta, ha il mio totale appoggio” (si veda articolo a parte).

Anche il suo dialogo diretto con Landini scavalcando la segre-teria della CGIL, che del resto il segretario della Fiom incredibil-mente asseconda (“Matteo Renzi è una novità che va presa sul serio”, ha dichiarato costui commentando favorevolmente i provvedimen-ti annunciati), mira a spiazzare e mettere in posizione subalterna il sindacato. Tant’è che la stessa Camusso, che in un primo tem-po aveva ventilato lo sciopero se Renzi intendeva andare avanti senza consultare il sindacato, non ha potuto far altro che inchinar-si dopo aver appreso degli sgravi in busta paga: “Se qualcuno non ti incontra ma accoglie le tue pro-poste va bene così”, ha dovuto di-chiarare a denti stretti. Con questa mossa Renzi ha spiazzato anche la minoranza bersaniana e cuperlia-na del PD, che si è anzi spellata le mani ad applaudire la manovra “di sinistra”, come ha fatto a nome di tutti il leader dei “giovani turchi” Matteo Orfini, che ha commenta-to: “Molte cose buone. Molte cose che avevamo chiesto. Bene”.

Nel solco di Berlusconi

e della P2Del resto la “sinistra” del PD

era già stata umiliata e sconfitta da Renzi in parlamento stroncando di concerto con Berlusconi le sue vel-leità di “miglioramento” dell’Itali-cum, e dileggiando mussoliniana-mente i “gufi” e i “disfattisti” che volevano farlo fuori “senza ave-re i numeri”: “Grazie alle deputa-te e ai deputati. Hanno dimostra-to che possiamo davvero cambiare l’Italia. Politica 1 – Disfattismo 0. questa è #La svolta buona”, ave-va twittato il premier sbeffeggian-do i suoi avversari interni, e con-fermando al tempo stesso la sua abile padronanza degli strumenti di comunicazione più moderni e alla moda.

Quello della legge elettorale e delle altre “riforme” istituzionali e costituzionali del patto con Ber-lusconi, in particolare la cancel-lazione del Senato, è stato anzi il secondo piatto forte del suo show mediatico. Su questo tema Renzi si gioca tutto, e lo ha ribadito con enfasi in conferenza stampa: “Se non abolisco il bicameralismo per-fetto chiudo con la politica. Il pun-to centrale è la riforma del Senato, un passaggio impressionante, sto-rico, incredibile. Non ho paura di rischiare tutto me stesso”, ha detto infatti il premier, dando agli altri partiti 15 giorni di tempo per esa-minare il testo della “riforma”: e poi la Boschi fisserà i tempi della sua approvazione, “possibile entro la fine del 2015”.

Renzi sta procedendo quindi come un bulldozer nel lavoro che Berlusconi ha dovuto interrompe-re forzatamente per la crisi eco-nomica e per le sue vicende giu-diziarie, anche se con una tattica diversa, più adatta alle sue carat-teristiche personali e spacciandola per una politica “di sinistra”: can-cellare la democrazia e l’elettora-lismo borghesi, con l’aiuto dello stesso Berlusconi, del presiden-zialista Napolitano, della Merkel e della grande finanza, per com-pletare la seconda repubblica ne-ofascista e assicurare la sospirata “governabilità” al sistema capita-listico italiano, secondo il piano della P2. Se ne stanno accorgendo anche certi giuristi e costituziona-listi più attenti, come ad esempio il magistrato Domenico Gallo, che a proposito dell’Italicum, ricor-dando il 1924 e la legge Acerbo, si chiede su Micromega se è mai possibile “dopo 90 anni, dopo la Resistenza, dopo l’avvento di una Costituzione democratica, fare una legge elettorale peggiore della legge Acerbo”.

Una manovra per nulla “di sinistra”

Anche per quanto riguarda gli altri provvedimenti annuncia-ti, siamo tutt’altro che in presen-za di una manovra “di sinistra”, come Renzi cerca di spacciarla, solo perché “per la prima volta un governo rimette dei soldi in ta-sca agli italiani”. Dei 20 miliardi “trovati”, 7 arriveranno dai rispar-mi della Spending review appe-na consegnatagli dal commissa-rio Cottarelli; altri 6,4 dall’utilizzo del margine dello 0,4% attual-mente disponibile per arrivare al tetto del 3% del rapporto deficit/pil consentito dalle regole euro-pee; altri 2 dal rientro dei capitali dall’estero; 1,6 dall’Iva sulle fat-ture pagate dalla pa; e infine, sem-pre a suo dire, 3 miliardi verran-

no dai risparmi sugli interessi sui titoli pubblici per effetto della ri-duzione dello spread. Ma di abba-stanza sicuri e “strutturali” ci sono solo quelli della Spending review, perché il rientro dei capitali dalla Svizzera, anche tralasciando che si tratta dell’ennesimo scandaloso condono a evasori e mafiosi, è an-cora tutto da quantificare e realiz-zare, e anche il margine consentito dallo spread e l’Iva sui pagamen-ti arretrati sono solo provvedimen-ti aleatori e contingenti. Quanto all’utilizzo del margine di deficit fino al tetto consentito dalla Ue, già si è ridotto della metà (dal-lo 0,4% allo 0,2%) dopo il “nein” della Merkel, che ha preteso e ot-tenuto da Renzi rassicurazioni sul mantenimento del patto di stabili-tà e del “fiscal compact” da parte dell’Italia.

È chiaro perciò che le coper-ture per gli sgravi in busta paga andranno trovate soprattutto con la Spending review, col che quel-lo che viene dato ai lavoratori con una mano, viene ripreso con gli in-teressi con l’altra, attraverso tagli ai servizi sanitari, previdenziali, sociali e assistenziali. Non a caso ora Renzi ha accentrato la Spen-ding review direttamente nelle pro-prie mani: cioè sarà lui a decidere dove e come tagliare la spesa pub-blica, e quel che è certo è che si sa già che saranno “tagli dolorosi”: si parla infatti di ben 34 miliardi “strutturali” da tagliare in tre anni, di cui più di 10 dai beni e servizi acquistati dallo Stato, 3 dalla can-cellazione di 85 mila posti di lavo-ro e dal blocco totale del turn-over nella pa, altri 5,5 dal trasporto fer-roviario e dalle partecipate locali, più di 3 dal “patto per la salute” (cioè dalla sanità), altri 1,7 dalle pensioni di guerra e di reversibi-lità, dagli assegni di accompagna-mento e dall’innalzamento da 41 a 42 anni di contributi per le donne che vogliono andare in pensione.

Invece dalla Difesa, nonostan-te tutte le voci sparse ad arte di ta-gli consistenti sugli F-35 e altre voci, si chiedono solo 2,6 miliar-di, di cui per il 2014 appena 100 milioni! Il ministro dell’Econo-mia Padoan ha inoltre conferma-to che anche “le privatizzazioni continueranno e anzi saranno raf-forzate”. Anche l’aumento del-le tasse sulle rendite finanziarie dal 20 al 26%, con esclusione dei Bot, per finanziare la diminuzio-ne dell’Irap alle aziende, è stata spacciata da Renzi (e salutata dal-la minoranza del PD) come mi-sura eminentemente “di sinistra”. Ma intanto è servita a mascherare la mancanza di una misura, questa sì di sinistra, come sarebbe stata la patrimoniale. E poi, applicandosi anche a conti correnti, risparmio

postale, obbligazioni, fondi di in-vestimento, va a colpire anche in non piccola misura le famiglie dei lavoratori dipendenti, che rappre-sentano il 35% della platea inte-ressata, di cui il 7,5% di condizio-ne operaia e il 13,5% impiegatizia, mentre un altro 40% è rappresen-tato da pensionati. Senza contare che questi ultimi sono stati lascia-ti completamente a bocca asciut-ta dagli sgravi fiscali, nonostante che le pensioni abbiano perso il 30% del potere di acquisto negli ultimi 10 anni, tant’è vero che con un loro comunicato unitario hanno bollato la manovra di Renzi come “nessuna svolta buona per i pen-sionati e gli anziani”.

Regalo immediato ai padroni sulla

flessibilitàIn compenso ai padroni Renzi

ha regalato non solo lo sconto del 10% sull’Irap e del 10% sul costo dell’energia, ma soprattutto un’ul-teriore liberalizzazione del merca-to del lavoro e flessibilità nell’uso della mano d’opera. E subito, con un decreto legge, come antipa-sto in attesa del Jobs act basato sul “contratto unico a tutele cre-scenti” che prevede l’abolizione dell’articolo 18, della “riforma” degli “ammortizzatori sociali”, con l’abolizione della Cig in dero-ga e restrizioni alla Cig ordinaria e straordinaria, e di un non meglio precisato “nuovo codice semplifi-cato del lavoro”, che prelude sicu-ramente ad una riduzione dei di-ritti normativi e di sicurezza dei lavoratori: provvedimenti questi affidati al governo con un disegno di legge delega da approvare nel giro di sei mesi.

Con la scusa intanto di supe-rare le “rigidità” della “riforma” Fornero e favorire l’occupazione, il ministro del Lavoro Poletti ha il-lustrato un decreto legge che tripli-ca la durata dei contratti a termine, da uno a tre anni, senza obbligo di specificare una causale (ora obbli-gatoria) per terminare il rapporto di lavoro, che potrà essere inter-rotto per ben 8 volte nell’arco di 36 mesi. Eliminata anche la foglia di fico della pausa obbligatoria di 10 giorni tra un contratto e l’altro stabilita nella Fornero per scorag-giare gli abusi.

Liberalizzato ulteriormente an-che il regime dell’apprendistato: si potrà fare anche in forma non scritta e non ci sarà più l’obbligo per i padroni di stabilizzare alme-no il 30% dei suoi apprendisti al termine del percorso formativo

2 il bolscevico / governo renzi N. 12 - 27 marzo 2014

Alla conferenza stampa con lo stile di Berlusconi

Renzi lega il suo futuRo politico all’abolizione del senato

76 euro al mese ai lavoratori. Niente ai pensionati. Per i padroni taglio del 10% dell’Irap e del 10% del costo dell’energia, flessibilità del lavoro, “nuovo codice del lavoro”,

il Jobs act, privatizzazioni, sblocco del pagamento dei debiti, tagli alla sanitàI gIovaNI PeNalIzzatI dalla lIberalIzzazIoNe deI coNtrattI

a termINe e dell’aPPreNdIstato

SEGUE IN 3ª ë

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N. 12 - 27 marzo 2014 governo renzi / il bolscevico 3

Migliaia di laVoRatoRi in coRteo contRo i tagli e il “paccHetto” Renzi sul laVoRo

In contemporanea lo sciopero dei ferrovieri Usb, or.s.a e cUb“No al grande imbroglio di

Renzi” è lo striscione d’apertura di una vivace e combattiva ma-nifestazione nazionale dell’USB, svoltasi a Roma il 14 marzo con migliaia di lavoratrici e lavoratori, sia del pubblico che del privato, arrivati nella capitale anche utiliz-zando ferie e permessi, per prote-stare duramente contro le misure sul lavoro e sulle privatizzazioni previste dal nuovo governo.

La componente più numerosa del corteo era quella dei precari della pubblica amministrazione che hanno dapprima protestato sotto Palazzo Vidoni, sede del ministero della Funzione Pubbli-ca, simbolicamente chiusi dentro le “gabbie della spending review”, leggasi tagli ai servizi, ai salari, svendita del patrimonio pubblico, privatizzazione delle partecipate.

Il corteo si è mosso per rag-giungere Montecitorio. C’erano migliaia di lavoratrici e lavoratori a tempo indeterminato e deter-minato dei ministeri, degli enti locali, della scuola e della Sanità, dei Vigili del Fuoco e della ricer-ca, gli ex-Lsu ATA delle pulizie, i

tranvieri, i ferrovieri e i dipendenti delle partecipate che subiscono pesantissimi tagli, il blocco dei contratti, mobilità, chiusure e ac-corpamenti di uffici.

Tra le parole d’ordine scan-dite lungo il corteo: “per i servi-zi pubblici abbiamo le soluzioni. Contratto, diritti e assunzioni!” e, diretto a Renzi, “subito lavoro, Stato sociale! Ma quale svolta buona! Ve ne dovete andare”. Tra gli striscioni quello degli ex LSU Ata “Con la spending review, scuole sporche e stipendi di 200 euro al mese per i lavoratori ex LSU addetti alle pulizie”!

“Questa di oggi è la prima ri-sposta contro il ‘pacchetto Renzi’ che respingiamo in blocco - ha dichiarato nel corso del corteo Massimo Betti, dell’Esecutivo nazionale USB Pubblico Impiego – e se la spending review andrà avanti non escludiamo lo sciope-ro generale”.

Era palpabile la carica antigo-vernativa del corteo e la sfiducia verso Renzi e il suo governo. Ab-biamo “Un nuovo neo ministro – ha dichiarato una lavoratrice -

che non ha mai lavorato, non ha mai timbrato un cartellino e quin-di non può sapere cos’è il lavoro. Le risposte non possono essere quelle del lavoro a chiamata, né quelle dei tempi determinati a 36 mesi che abbassano la possibili-tà di fare ricorso per giusta causa in caso di licenziamento. Quindi niente fiducia a Renzi!”. Alla riu-scita del corteo hanno contribuito i ferrovieri USB, OR.S.A. e CUB

in sciopero contro i turni di lavoro massacranti che possono supe-rare le dieci ore, la poca sicurezza sul lavoro e i continui tagli.

In testa al corteo decine di la-voratrici reggono lo striscione “Vi-gili del fuoco. Donne e precarie”. Poco dopo segue lo striscione: “Il primo job acts? Assumeteci”. Sono anch’essi Vigili del Fuo-co. Lamentano una condizione lavorativa insostenibile: “lavoro

precario, con contratto a tempo determinato. Ben che vada di ven-ti giorni fino a un massimo di 160 giorni. Tutto là. Vorremmo dopo tanti anni di servizio avere la pos-sibilità di essere stabilizzati. Siamo circa 56mila unità di servizio in tutta Italia tra volontari e disconti-nui e in alcuni casi ci sono anche colleghi con 20 anni di servizio. Per noi Renzi fa solo operazioni di facciata”.

Ci sono poi i lavoratori della scuola: “Le parole del governo sono assolutamente vuote alle nostre orecchie. Cottarelli (com-missario ai tagli nominato da Let-ta ndr.) dice che non toccherà la scuola. La scuola l’ha già deva-stata. E tra l’altro il 90% di quelle risorse di cui parla Renzi sono ri-sorse già stanziate, che già erano nelle casse degli enti locali. Sta prendendo in giro il paese intero. Noi che sotto i tetti delle scuole ci lavoriamo e che spesso ci crolla-no in testa, sappiamo che è una balla colossale.”

Salutiamo con gioia militante questa grande manifestazione di cui appoggiamo le rivendicazioni.

La combattività espressa in piaz-za da queste lavoratrici e da que-sti lavoratori dimostra come essi abbiano inquadrato molto bene il governo Renzi e non abbiano alcuna intenzione di concedergli fiducia.

Il PMLI già dal primo vagito di questo governo di destra lo ha bollato per quello che è a spaz-zarlo via ha chiamato la classe operaia, i lavoratori, le masse po-polari. I partiti della “sinistra” bor-ghese da SEL, al PRC, al PC di Rizzo non hanno ancora minima-mente inquadrato la pericolosità di questo governo, balbettano e gettano fumo negli occhi alle masse popolari, alimentando pe-ricolosissime illusioni. Allora per dar forza alla lotta contro il gover-no Renzi, queste lavoratrici e a questi lavoratori scesi in piazza il 14 marzo prendano in considera-zione quanto scritto dal PMLI nel documento dell’UP “Spazzia-mo via il governo del Berlusconi democristiano Renzi” pubblica-to all’indirizzo http://www.pmli.it/20140225_docUPgovernoren-zi.html.

GioCo Allo sCAvAlCo CoN lA CAmUsso

landini chiede a Renzi di lavorare insieme Sembra che la polemica tra il

fresco presidente del Consiglio, il Berlusconi democristiano Mat-teo Renzi, e la Cgil abbia supera-to la soglia delle semplici battute e sia salita di tono, alternando fasi di aspra discussione ad altre deci-samente più collaborative. Soprat-tutto perché Renzi con il suo pi-glio ducesco va avanti per la sua strada e non ha intenzione di stare a discutere con le “parti sociali”, un atteggiamento che ricalca pari pari quello di Berlusconi. Entram-bi usano mettere davanti al fatto compiuto i sindacati anche quando ci sono atti che riguardano diretta-mente l’economia e i lavoratori.

Ovviamente di fronte all’en-nesima “riforma” peggiorativa del “mercato del lavoro” e all’an-nunciata riduzione dell’Irpef per i redditi sotto i 1.500 euro lor-di mensili le reazioni degli espo-

nenti sindacali non sono mancate. Approvazione incondizionata solo dal segretario della Uil Angeletti che dice bravo a Renzi e al gover-no. Più articolata la posizione del crumiro Bonanni della Cisl che in-vita Renzi ad essere meno spaval-do verso i sindacati e ad abbassare le polemiche con la Cgil. Critica il decisionismo del berluschino che comunque alla fine, secondo lui, riducendo l’Irpef ha fatto quello che chiedevano i sindacati anche se Renzi non lo vuole ammettere.

Scettica anche la segretaria del-la Cgil Susanna Camusso anche se le sue prime critiche sono state su-perficiali: Renzi ha “il culto della personalità” e deve ascoltare i sin-dacati. Poi ha fatto marcia indie-tro sposando le tesi di Bonanni: ha sbagliato metodo ma ha fatto quel-lo che chiedevano i sindacati. Infi-ne si è fatta più decisa minaccian-

do lo sciopero e la mobilitazione se non si agirà a fondo per miglio-rare le condizioni dei lavoratori e dei pensionati. Le maggiori criti-che le ha indirizzate verso il “Jobs Act” che Renzi spaccia come con-tratto unico che semplifica e favo-risce le assunzioni ma che invece, ha detto la Camusso, aggiunge so-lamente un altro tipo di contratto precario. Semmai favorisce, ag-giungiamo noi, gli industriali che in questa maniera per tre anni pos-sono disporre a loro piacimento di lavoratori senza quasi alcun dirit-to e licenziabili in qualsiasi mo-mento.

In questo tira e molla la Ca-musso è stata più volte scavalcata da Maurizio Landini. Il segretario della Fiom si è di fatto dimostra-to il più collaborativo di tutti verso Renzi e il suo esecutivo. Un fatto che oramai non ci sorprende, dopo

i ripetuti incontri tra i due e i re-ciprochi attestati di stima. Landi-ni cerca di mantenere nella forma un linguaggio di sinistra ma nella sostanza dà credito a un presiden-te del Consiglio che si è schiera-to apertamente e da tempo contro i lavoratori, contro l’articolo 18, con Marchionne e il suo modello di fabbrica senza diritti.

Come si può definire la lettera aperta spedita da Landini a Ren-zi, e pubblicata in tutta evidenza sulla prima pagina del quotidiano “La Repubblica”, se non un’apertu-ra di credito al nuovo presidente del Consiglio che la borghesia ha scelto per curare i suoi affari senza passare neanche per il voto? Landini chiede a Renzi di lavorare insieme perché in Italia è a rischio la democrazia e questo rischio si combatte lottan-do contro la disoccupazione e per il lavoro. Assieme al lui? Ma non

scherziamo! Renzi la democrazia la vuole ma restringere, basti vedere l’ “Italicum fascistissimum”, ovve-ro la nuova legge elettorale, oppure il provvedimento che vuole impedi-re persino le affissioni dei manife-sti a chi non presenta liste elettorali come ad esempio il PMLI. Per non parlare del lavoro, a meno che non si intenda nuova occupazione il suo “Jobs Act” e l’estensione del preca-riato.

Certo è a dir poco inusuale che il segretario di una categoria, quel-la dei metalmeccanici, scavalchi il segretario generale e parli diretta-mente con il presidente del consi-glio. Tutto ciò non si spiega solo con l’attrito e la competizione tra Landini e Camusso ma evidente-mente c’è un’intesa e un filo diret-to particolare tra il segretario del-la Fiom e l’ex sindaco di Firenze. Poi nel merito delle richieste fatte da Landini, alcune condivisibili, come si fa a credere che uno come Renzi sia favorevole alla riduzione dell’orario di lavoro, a cancellare l’articolo 8 che concede la deroga ai contratti nazionali, o a istituire una patrimoniale seria?

Il Berlusconi democristia-no Renzi ricambia la cortesia dal compiacente Fabio Fazio che nel-la sua trasmissione “Che tempo che fa” ha già ospitato più vol-te entrambi. Nella sua ultima ap-parizione Renzi ha lanciato tan-te frecciate contro i sindacati e la Cgil in particolare, cercando di far apparire la Camusso vecchia poli-ticante e Landini giovane e dina-mico. Le uniche parole positive le ha spese per il segretario della Fiom con cui “non è d’accordo su tutto... ma ogni volta che ci parlo imparo qualcosa”. Se non è amo-re questo!

Per noi marxisti-leninisti in-vece il governo guidato da Renzi prosegue sulla via delle “riforme” concordate con Berlusconi che stravolgeranno la Costituzione da destra, cercherà di risollevare il capitalismo italiano sulle spalle dei lavoratori e taglierà ulterior-mente la spesa e i servizi pubblici e quindi non merita nessuna aper-tura di credito bensì la più dura op-posizione di classe e di massa nei luoghi di lavoro, di studio, di vita e nelle piazze di tutto il Paese.

Il premier: “Ogni volta che parlo con Landini imparo qualcosa”

prima di poterne assumere altri. Inoltre, per l’apprendistato di pri-mo livello, la retribuzione per le ore di formazione potrà essere del 35% della retribuzione del livel-lo contrattuale di inquadramento, mentre il “datore di lavoro” è eso-nerato dall’obbligo di integrare la formazione professionalizzante e di mestiere (secondo livello), con l’offerta formativa pubblica.

Su questo decreto sfacciata-mente liberista la stessa Camusso, pur avendo come si è detto appro-vato il piano di Renzi in generale, non ha potuto fare a meno di pro-testare perché “si è creata un’al-tra forma di precarietà. Siamo di-sposti a discutere di un contratto unico (senza art.18, ndr), ma pri-ma bisogna abolire il decreto”. E non a caso, invece, pur aspettan-

do sull’intera manovra “un’anali-si approfondita dei testi”, su que-sto decreto la Confindustria ha espresso immediata soddisfazio-ne, perché “elimina le rigidità nel mercato del lavoro”.

Altre misure di stampo

demagogicoAltre misure ad alto contenuto

demagogico annunciate da Renzi sono quelle cosiddette “anticasta”, il piano per l’edilizia scolastica e il piano casa. Le prime, a parte l’abolizione strumentale del Cnel di cui abbiamo già detto, consi-stono nell’annuncio della vendita all’asta di un centinaio di auto blu, nella soppressione di alcune sedi regionali della Rai (Mediaset rin-grazia), e poco altro.

Del fantomatico piano per l’edilizia scolastica per 3,5 mi-

liardi si sa poco o nulla, salvo che questi soldi, ammesso che ci sia-no, sono praticamente bloccati in mano ai comuni che non possono spenderli per il patto di stabilità, che Renzi ha promesso di superare senza specificare come e quando. Intanto ha accentrato questa par-tita a Palazzo Chigi, come ha fat-to per per quella degli 1,6 miliar-di già assegnati ad opere di difesa del territorio dal rischio idrogeolo-gico. Da notare però che il sotto-segretario all’Istruzione Reggi ha dichiarato testualmente: “Nessu-no sa davvero quante e quali sono le scuole su cui dobbiamo inter-venire, né conosce i fondi dispo-nibili”.

Quanto al piano casa, a parte i tempi biblici previsti per il piano di riqualificazione delle case po-polari da 468 milioni che dovreb-be consentire il recupero di 17 mila alloggi l’anno, nonché per la vendita degli stessi agli affittuari,

c’è solo - come denunciano an-che le associazioni degli inquilini - l’elemosina del rifinanziamen-to per 226 milioni in 7 anni del fondo a sostegno dei “morosi in-colpevoli” (20 euro al mese a in-quilino) e l’abbassamento dal 15 al 10% della cedolare secca per chi affitta casa a canone concor-dato. In compenso - e qui lo zam-pino dell’ex podestà di Firenze è evidente - è previsto anche in for-ma retroattiva l’assoluto divieto a concedere le residenze e gli al-lacci delle utenze negli spazi abi-tativi occupati “abusivamente”.

Il PMLI è nettamente contra-rio a questo piano piduista, libe-rista e antisindacale di Renzi, e invita le confederazioni sindacali e i “sindacati di base” a procla-mare uno sciopero generale uni-tario di 8 ore con manifestazione nazionale sotto Palazzo Chigi per respingerlo.

ë DALLA 2ª

Roma, 14 marzo 2014. Lo striscione d’apertura della manifestazione organizzata dalle USB contro il “pacchetto” Renzi sul lavoro

Firenze, 12 dicembre 2013. L’affabile incontro tra il segretario della Fiom Lan-dini e Matteo Renzi, segretario del PD diventato poi presidente del Consiglio

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4 il bolscevico / governo renzi N. 12 - 27 marzo 2014

Con l’avallo di Napolitano affossata definitivamente la democrazia e l’elettoralismo borghesi

La Camera nera di renzi e BerLusConi approva

L’itaLiCum “fasCistissimum”La nuova legge elettorale è simile a quella mussoliniana Acerbo e peggio del porcellum

SArà AboLito iL SenAtoL’Italicum “fascistissimum”, la

legge elettorale frutto del patto tra Renzi e Berlusconi, ancor peggio-re del porcellum e simile alla leg-ge mussoliniana Acerbo, ha avuto il primo via libera il 12 marzo alla Camera e ora va in discussione al Senato. Per strappare il primo sì i due banditi hanno messo alla frusta la Camera, vincendo ogni “mal di pancia” e resistenza del-le deputate e dei deputati, forti an-che dell’avallo del presidenzialista Napolitano, che in via riservata ha già garantito loro la sua firma al provvedimento non appena avrà avuto l’approvazione definitiva del parlamento nero. E questo in barba agli evidenti vizi di incosti-tuzionalità della legge, quali le li-ste bloccate, le alte soglie di sbar-ramento a danno dei partiti minori e l’abnorme premio di maggioran-za per il vincitore, vizi che già la Corte costituzionale aveva stigma-tizzato nel bocciare il porcellum.

In particolare Berlusconi ha dovuto fronteggiare la rivolta di una parte delle sue deputate, favo-revoli insieme ad altre della mag-gioranza a modificare la legge per stabilire un’effettiva parità di ge-nere nelle liste bloccate, cosa che peraltro non gli è stata molto diffi-cile. Ma è stato soprattutto Renzi a dover fare duramente i conti con i riottosi, sia nella coalizione di go-verno che soprattutto all’interno del suo stesso partito, tanto da do-ver ricorrere a tutto il suo autorita-rismo e alla sua arroganza, ma an-che ai vecchi metodi parlamentari democristiani, per averne ragione e salvare il patto con il neoduce.

Autoritarismo e vecchi metodi democristiani

Prima ancora che l’Italicum ap-prodasse in aula, il Berlusconi de-mocristiano aveva infatti dovuto domare la fronda degli alfaniani, che prima di andare avanti chiede-vano garanzie sulla durata del go-verno, e dopo un’ulteriore trattati-va con il neoduce aveva concesso al NCD che la nuova legge elet-torale valesse solo per la Camera, così da rendere più difficili le ele-zioni anticipate prima dell’abo-lizione del Senato, che richiede tempi più lunghi. Ma in cambio aveva preteso che sia il NCD che la minoranza del PD ritirassero tutti i loro emendamenti, per ap-provare l’Italicum così com’era scritto nel patto con Berlusconi, e annunciando inoltre un’accele-razione sull’abolizione del Senato (“la prossima settimana ci saran-no sorprese”, aveva detto in pro-posito).

Successivamente Renzi ha sconfitto anche la rivolta delle

“quote rosa” nelle liste bloccate scoppiata tra le deputate del PD ed estesasi anche ad una parte di quelle di Forza Italia, con emen-damenti che chiedevano di stabi-lire una rigida alternanza di gene-re nell’ordine delle candidature, o una parità di genere nella scel-ta dei capilista, o almeno una ri-partizione 40/60. Questo perché trattandosi di liste con massimo 6 candidati, in pratica solo i capilista avranno probabilità di essere elet-ti, per cui anche garantendo il 50% di donne nelle liste basterà che i capilista siano scelti tra i maschi per mantenere l’attuale squilibrio in parlamento.

Ma Berlusconi non ne voleva neanche sentir parlare, e così Ren-zi, per accontentarlo senza perdere la faccia mettendosi apertamente contro le sue stesse parlamentari, da buon democristiano, per impal-linare i loro emendamenti, è ricor-so al più vecchio e infallibile dei sistemi: il voto segreto con fran-chi tiratori. E così infatti è anda-ta, esattamente allo stesso modo e presumibilmente per le stesse mani dei 101 che tradirono Prodi nelle votazioni presidenziali: cioè col governo che “si rimetteva al voto dell’aula” e con un centinaio di franchi tiratori PD che nel segreto dell’urna facevano il lavoro spor-co affossando insieme a FI tutti gli emendamenti sulle “quote rosa”.

Dopodiché, sempre a scruti-nio segreto e con la stessa mag-gioranza di renziani e berlusco-niani, sono stati affossati gli altri emendamenti sgraditi al neoduce: quello di Scelta civica sull’intro-duzione nella legge di una norma sul conflitto di interessi, e quello di Fratelli d’Italia sulla reintrodu-zione delle preferenze; mentre vi-ceversa sono stati approvati tutti quelli che costituiscono il cuore dell’accordo Verdini-Boschi, dal-le soglie di sbarramento al premio di maggioranza, dal doppio turno di ballottaggio al meccanismo di ripartizione dei seggi. È stato in-vece ritirato da FI l’emendamento “salva Lega”, quello che secondo l’accordo avrebbe permesso con un escamotage alla Lega Nord di superare la soglia di sbarramento nazionale del 4,5%. Ma solo per-ché, come ha rivelato il suo capo-gruppo Brunetta, “Il PD avrebbe votato contro, e c’è un accordo per far passare questo emendamento al Senato”.

Il ricatto renziano alla minoranza PD Comunque anche queste vo-

tazioni hanno evidenziato grosse spaccature in seno al PD, in par-ticolare sulle preferenze, bocciate con solo 35 voti di scarto, 299 no

contro 264 sì, quando sulla carta la maggioranza a favore dell’Ita-licum conta su ben 435 voti. Lo stesso Renzi era consapevole del grosso rischio, tanto che la mat-tina presto, prima delle votazio-ni, aveva fatto riunire l’assemblea dei parlamentari del PD per met-terli tutti alla frusta: “Se qualcu-no non vuole votare oggi lo deve spiegare bene fuori di qui”, aveva ammonito. “Vi chiedo, come PD, di chiudere oggi o questo ricadrà su di noi”, aveva aggiunto, cer-cando poi di indorare democristia-namente la pillola promettendo che “al Senato ne riparleremo, di quote e di altro”. Sapendo benis-simo, però, che al Senato il voto è palese, e che difficilmente i suoi avversari interni troveranno il co-raggio di uscire allo scoperto e vo-targli contro.

Anche il modo ricattatorio e sporco con cui è stata imposta e fatta votare alla Camera contri-buisce a rendere ancor più bandi-tesca e infame questa legge, peg-giore come abbiamo già detto del porcellum e più simile alla musso-liniana Acerbo. Peggiore del por-cellum perché introduce delle so-glie di sbarramento ancora più alte per eliminare i partiti minori: 4,5 % per i partiti facenti parte di coa-lizioni (era il 5% nel primo accor-do Verdini-Boschi), 8% per i parti-ti che si presentano da soli, e 12%

per le coalizioni. Soglie capestro studiate a tavolino per costringe-re i partiti più piccoli, se vogliono sperare di entrare in parlamento, a fare da portatori d’acqua a due soli partiti in campo, nella fattispecie il PD e Forza Italia, con grave me-nomazione dei principi di parità dei diritti e della rappresentatività sanciti nella Costituzione del 1948 (articoli 3, 49 e 51).

Secondo gli esperti di sistemi elettorali, con questa legge reste-rebbero oggi in parlamento solo tre partiti: PD, Forza Italia e M5S. Oltretutto, se non superano la so-glia di sbarramento, i voti dei pic-coli partiti delle coalizioni sa-rebbero ripartiti lo stesso ai partiti alleati più forti per l’assegnazione dei seggi, cosicché al danno di re-stare esclusi dal parlamento si ag-giungerebbe la beffa di aver fatto loro da schiavetti.

Inoltre del porcellum mantie-ne anche le liste bloccate, sia pure riducendo il numero dei candidati ad un massimo di 6, per aggirare la sentenza della Consulta che im-pone di tutelare il diritto dell’elet-tore a non dover essere obbliga-to a votare candidati sconosciuti. Un principio, quello di poter deci-dere personalmente chi inserire e chi escludere dalle liste, che non a caso Renzi e Berlusconi difendo-no con le unghie e coi denti, aven-do entrambi la stessa concezione padronale del partito.

Tra la legge-truffa e la legge Acerbo

È una legge peggiore della leg-ge-truffa democristiana del 1953, che almeno premiava il partito che raggiungeva già la metà dei voti, ma piuttosto simile alla leg-ge Acerbo di mussoliniana memo-ria, perché in barba alla sentenza della Consulta mantiene un ab-norme premio di maggioranza del 15% per chi raggiunge il 37% dei voti al primo turno, permettendo al vincitore di ottenere la maggio-ranza assoluta del 52% pur aven-do solo poco più di un terzo dei voti validi; quota che in presenza di un astensionismo che ormai su-pera il 30%, si riduce al 37% del

70%, vale a dire al 25% dell’elet-torato. A ben vedere la stessa per-centuale con cui il partito di Mus-solini si aggiudicò i 2/3 dei seggi in parlamento con la legge Acerbo nelle elezioni farsa del 1924. Che cosa rappresenta tutto ciò, se non l’affossamento definitivo della de-mocrazia e dell’elettoralismo bor-ghesi?

Oltretutto il 37% è una quota sfacciatamente tagliata su misura per il neoduce Berlusconi (nel pri-mo accordo era il 35%), che infat-ti nei sondaggi è favorito e la vede già a portata di mano; mentre Ren-zi conta di impedirgli il colpaccio portandogli via una parte dei suoi stessi elettori affascinati da un Berlusconi più giovane, per poi batterlo al ballottaggio che lo ve-drebbe favorito a sua volta. Ecco perché i due banditi sono così uniti e determinati a chiudere la partita dell’Italicum, come due giocatori di poker che si giocano la cami-cia pensando entrambi di avere la mano vincente.

E ciò rende anche molto pro-babile che incassata la legge e fat-te le altre “riforme” istituzionali e costituzionali su cui si sono ac-cordati – abolizione del Senato e “riforma” del titolo V della Co-stituzione – si mettano d’accordo anche per chiudere la legislatura e andare alle elezioni anticipate. Presumibilmente tra un anno da oggi, un tempo sufficientemen-te breve per Renzi per non farsi troppo logorare, e sufficientemen-te lungo per il delinquente di Ar-core, per consentirgli di espiare la breve condanna ai servizi sociali e ripresentarsi “ripulito” all’appun-tamento elettorale.

In ogni caso questa legge fasci-sta affossa definitivamente la demo-crazia e l’elettoralismo borghesi.

renzi candidato a rappresentante del consiglio di istituto, soprannominato “il cardinale”, in una vignetta del giornalino scolastico del liceo che frequentava, paragonato al sanguinario inquisitore spagnolo torquemada, mentre dà fuoco ad una donna

Comunicato dell’Ufficio stampa del PMLI

AboLIre IL PreCArIAToIl governo del Berlusconi de-

mocristiano Renzi con il decre-to legge “Jobs Act”, attraverso la liberalizzazione dei contratti a termine e dell’apprendistato, anziché ridurre ha aumentato il precariato. Un crimine sociale, che penalizza soprattutto i gio-vani.

L’Ufficio politico del PMLI, in un lunghissimo documento sul precariato, ne chiede l’abo-lizione, e chiede alla CGIL di proclamare uno sciopero gene-

rale di 8 ore con manifestazione nazionale sotto Palazzo Chigi.

Il documento afferma che “il PMLI mette al centro della pro-pria piattaforma rivendicativa la richiesta di un lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato per tutti, compreso le ragazze e i ragazzi al termine degli studi”. Inoltre propone di “abolire la legisla-zione che ha introdotto e rego-larizzato i contratti precari, a partire dalle leggi 30 e Treu, la

stabilizzazione di tutti i preca-ri pubblici e l’erogazione a tut-ti i disoccupati di un’indennità di disoccupazione pari al sala-rio medio degli operai dell’in-dustria”.

Il documento si conclude con un appello ai giovani a “dare le ali al loro futuro” combattendo contro il capitalismo, per l’Italia unita, rossa e socialista.

L’Ufficio stampa del PMLI

Firenze, 18 marzo 2014

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Documento dell’Ufficio politico del PMLI

Dall’autentico Berlusconi alla sua copia de-mocristiana col volto di Renzi, il risultato è sempre lo stesso: la conservazione del potere della borghesia e del sistema capitalistico. La classe dominante borghese cambia cavallo a seconda delle circostanze, purché i nuovi go-vernanti siano disposti a gestire al meglio i suoi affari e a salvaguardare il suo sistema econo-mico e il suo Stato. E quando non le conviene non rispetta nemmeno la sua Costituzione, la sua democrazia, il suo parlamento e le proce-dure istituzionali per formare i suoi governi. Fa e disfà come le pare, in base alle sue necessità contingenti.

Il suo attuale rappresentante al Colle, Gior-gio Napolitano, la asseconda in tutto e per tutto dilagando nel presidenzialismo. Prima ha co-perto a sinistra il neoduce Berlusconi, poi se ne è sbarazzato imponendo propri governi come quelli di Monti e di Letta. Ora favorendo Mat-teo Renzi, persino rispettando i suoi tempi da “superuomo”. La “sovranità del popolo” e la consultazione elettorale, previste dalla Costitu-zione, sono state completamente ignorate.

Cosicché oggi siede a Palazzo Chigi il de-striero bianco Renzi, senza investitura eletto-rale, per volontà dell’intera classe dominante borghese, anche della sua ala destra, a parte le frange marginali di destra e di “sinistra”, per-ché egli “non è di scuola comunista”, come ha detto Berlusconi. Ed è appoggiato dal capofila dell’imperialismo americano, Obama, dalla le-ader dell’Unione europea imperialista, Merkel, dal Vaticano, dalla Conferenza episcopale ita-liana, dalla Confindustria e dalla potente lobby Trilateral.

Renzi non è quindi un “ragazzo” come tanti, come egli ama definirsi e ha ripetuto più volte nel suo discorso di investitura al Senato, ma un uomo adulto cosciente e responsabile, un poli-ticante borghese formato nel laboratorio esclu-sivo della borghesia. Di suo ha una “smisurata ambizione”, un’arroganza e un egocentrismo che superano quelli di Berlusconi. Dal qua-le però ha imparato a essere un “solo uomo al comando”, l’unico capace di dare una “svolta” all’Italia e di “recuperare la fiducia del popolo” verso le istituzioni.

I due megalomani hanno solo una differente camicia, l’uno quella nera mussoliniana, l’altro quella bianca democristiana. Ma l’obiettivo è lo stesso: completare la seconda repubblica ne-ofascista e presidenzialista secondo il progetto della P2.

Renzi ha avuto la faccia tosta di affermare: “il mio governo è il più a sinistra degli ultimi 30 anni”. Ma come è possibile ciò quando ac-canto a lui siedono nel Consiglio dei ministri Angelino Alfano, leader del Nuovo centrode-stra e fino a ieri braccio destro di Berlusconi, Federica Guidi, di matrice berlusconiana ed espressione della destra della Confindustria, Giuliano Poletti, già presidente nazionale della Legacoop e dell’Alleanza delle Cooperative, e

Pier Carlo Padoan, già direttore esecutivo del Fondo monetario internazionale e vicesegre-tario generale dell’Organizzazione per la coo-perazione e lo sviluppo economico (il club dei paesi più ricchi)?

Renzi si vanta anche del fatto che metà dei ministri sono donne. Indubbiamente nel Con-siglio dei ministri è stata realizzata la parità di genere. Ma dal punto di vista di classe non cambia assolutamente nulla, in quanto le mini-stre sono anch’esse al servizio della borghesia e del capitalismo.

E il programma di governo è di sinistra? Nemmeno per sogno. Basta guardare al primo e concreto provvedimento preso che è quello di sbloccare il debito della pubblica ammini-strazione verso le imprese. Non una parola sul Mezzogiorno e sulla patrimoniale. Sul dram-matico problema del lavoro ai giovani solo un accenno, se ne parlerà a marzo. Ma già si dice che i nuovi assunti non avranno le garanzie dell’articolo 18. I tagli alla spesa pubblica si abbatteranno rovinosamente sulle masse popo-lari, che avranno meno servizi pubblici.

A parte le chiacchiere, non c’è una inver-sione di tendenza della politica economica e sociale, sia pure nell’ambito del capitalismo. Peraltro impossibile se non si abroga il fiscal compact. Mentre si procederà a ritmo sostenuto nella realizzazione delle “riforme” costituzio-nali concordate con Berlusconi, che stravolge-ranno da destra la vigente Costituzione, e della nuova legge elettorale, peggiore del Porcellum e della legge fascista mussoliniana Acerbo.

L’elettoralismo democratico borghese sarà così definitivamente liquidato. Di soppiatto, nelle pieghe della legge di stabilità, sono sta-ti persino soppressi i tabelloni elettorali per i partiti che non presentano liste. Un provvedi-mento anticostituzionale che vuole tappare la bocca all’astensionismo. Il PMLI lo impugnerà davanti alla magistratura.

Tirando le somme, si tratta di un programma di destra, che non dispiace nemmeno a Berlu-sconi e a Forza Italia, che hanno già annuncia-to che faranno una “opposizione responsabile” e non mancheranno di votare i provvedimenti che condividono.

Il governo del Berlusconi democristiano non merita quindi alcuna fiducia. Va spazzato via senza indugio e con la massima determina-zione, conducendo contro di esso una dura op-posizione di classe e di massa nelle fabbriche, in tutti i luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università, nelle piazze, nelle organizzazioni di massa, specie sindacali e studentesche.

Il PMLI farà la sua parte, ed è pronto a unir-si con tutte le forze politiche, sociali, sindaca-li, culturali e religiose che si professano di si-nistra, che hanno capito l’inganno di Renzi e sono disposte a rovesciare il suo governo. Non importa se poi queste forze, o parte di esse, non ci seguiranno nella nostra lotta contro il capita-lismo e per il socialismo. Il PMLI andrà avanti lo stesso, sicuro che con lo sviluppo della lotta di classe acquisterà nuovi alleati rivoluzionari, soprattutto a livello sociale, a cominciare dal proletariato.

Come ha indicato il Segretario generale del Partito, compagno Giovanni Scuderi, inaugu-rando la nuova Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico”: “Abolire lo sfruttamento dell’uo-mo sull’uomo, le classi, le disuguaglianze so-ciali e di sesso, le disparità territoriali, dare il potere al proletariato: questo è il nostro obietti-vo strategico, questa la nostra missione storica, questa la grande bandiera rossa innalzata nel 1967 dai primi pionieri del PMLI, questo l’im-pegno solenne che ci siamo presi di fronte al proletariato e alle masse popolari quando il 9 Aprile 1977 abbiamo fondato il PMLI”.

A questo impegno i marxisti-leninisti ita-liani non verranno mai meno, e lo dimostrano ogni giorno nei propri ambienti di lavoro, di studio e di vita, nelle organizzazioni di massa, in primo luogo nella CGIL, lottando strenua-mente e in prima fila contro il capitalismo e i suoi governi, centrale, regionali e locali, e nel difendere gli interessi immediati e quotidiani delle masse occupate, pensionate, disoccupate, precarie, studentesche e femminili.

Ci battiamo anzitutto per la piena occupa-zione, per l’aumento dell’indennità di disoc-cupazione, per l’abolizione del precariato, per l’aumento dei salari e delle pensioni sociali, minime e più basse, per la pensione, la sani-tà e l’istruzione pubbliche. Ma senza togliere lo sguardo verso il socialismo. Invitiamo gli sfruttati e gli oppressi, soprattutto le operaie e gli operai, le ragazze e i ragazzi più coscienti, informati, avanzati e combattivi a dare le ali al loro futuro combattendo assieme ai marxi-sti-leninisti contro il capitalismo, per il socia-lismo. Perché la storia e i fatti dimostrano che solo il socialismo può cambiare l’Italia e dare il potere al proletariato.

Un nuovo mondo ci attende, lottiamo per conquistarlo!

Coi Maestri e il PMLI vinceremo!

L’Ufficio politico del PMLIFirenze, 25 febbraio 2014

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO

DEL BERLUSCONI DEMOCRISTIANO RENZI

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO

DEL BERLUSCONI DEMOCRISTIANO RENZI

Solo il SocialiSmo può cambiare l’italia e dare il potere al proletariato

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6 il bolscevico / governo renzi N. 12 - 27 marzo 2014

Il nuovo Valletta Marchionne si spella le mani e tifa per il nuovo “uomo della provvidenza” RenziGià in occasione del Salo-

ne dell’Auto di Ginevra si era spellato le mani all’indirizzo del Berlusconi democristiano Ren-zi, poi il 13 marzo, all’indomani della presentazione della mano-vra economica, il nuovo Vallet-ta Marchionne aveva voluto da Ginevra esprimere davanti a una platea internazionale tutto il suo più entusiastico appoggio a quel programma economico, politico e istituzionale con queste parole: “Pieno sostegno a Renzi le misu-re vanno nella giusta direzione”. Dunque gli schieramenti sono più chiari che mai. Dopo il pre-sidente di Confindustria Squin-zi ora è la volta di questo pezzo da novanta del padronato italia-

no a salutare con entusiasmo e un pizzico di invidia il nuovo “uomo della provvidenza” ché dopo de-cenni di pause e tentennamenti sta finalmente attuando integral-mente il piano della P2 in ogni campo, dalle istituzioni all’eco-nomia. La classe operaia, lavo-ratori e le masse popolari sanno quale inferno di precariato, su-persfruttamento e di macelleria sociale li attende.

E da acerrimo nemico del sin-dacato e della lotta classe ha riba-dito: “Di sicuro è stato veramente qualcosa di nuovo, di dirompen-te, di cui il Paese ha bisogno. Ha il mio totale appoggio. Ieri sono stato estremamente orgoglioso”. “Se non ci comportiamo così, se

non diamo uno scossone la ba-racca non si muove. Lasciamo che la gente lo critichi per l’età, per lo stile. A me non importa niente, importa la sostanza di quello che sta facendo. L’impor-tante è farlo finire. Ha dato tar-get piuttosto aggressivi. Io sono veloce, ma il ragazzo...” “Io ci avrei messo un paio di settima-ne in più. Con tutti questi obietti-vi Renzi ha molto da fare”. Come a dire che finalmente Renzi saprà imporre al Paese tutto quello che io non sono riuscito a realizzare in Fiat per i freni rappresentati dalle lotte operaie, dalla Fiom e da ordinamenti ancora non inte-gralmente confezionati su misura del padronato.

Infine ha concluso guardando ottimisticamente al futuro del ca-pitalismo italiano: “Renzi non è da sottovalutare. Quello che ha fatto ieri, a parte l’impatto sul Paese, sta dando segnali anche verso l’Europa, che è disposta a cambiare. Se comincia a colo-rare con un po’ di ottimismo an-che i consumi la baracca riparte. Questo non significa che bisogna fermarsi con le riforme, che con-tinuano a essere l’obiettivo prin-cipale, lo riconosce lui e lo rico-noscono tutti quanti, ma per lo meno ci troviamo in un ambien-te, in un’atmosfera diversa, che è cambiata”. Un cambiamento che ci porterà in piena repubblica presidenziale, fuori da ogni ordi-

namento democratico-borghese, dove le fabbriche diventeranno caserme modello Fiat e il padro-nato sarà alfine liberato da lacci e laccioli nello sfruttamento selvag-gio e impoverimento della forza-lavoro e nella guerra sistematica ai diritti dei lavoratori. Più chiaro di così non poteva essere il nuo-vo Valletta nei riguardi del nuovo “uomo della provvidenza”.

Ora non esistono più ambi-guità o alibi. Invece di bollarla per quello che era, falsi comu-nisti e trotzkisti hanno balbetta-to davanti alla nascita del gover-no del Berlusconi democristiano Renzi, se non addirittura semina-to illusioni (come non ricordare quell’agghiacciante titolo di sca-

tola in prima pagina de il manife-sto, “Avanti popolo”, che accom-pagnava la foto di Renzi seduto sulla poltrona del premier a Mon-tecitorio a conclusione del suo discorso programmatico?). Un atteggiamento remissivo e di co-pertura tipico degli opportunisti. Non nuovo nella loro condotta politica: ricordate il 2011 quando costoro si spinsero persino a “ba-ciare il rospo” di Monti all’indo-mani del suo giuramento?

Sarebbe l’ora che si diano una mossa e partecipino senza se e senza ma allo sviluppo di un grande movimento di massa nel Paese per spazzare via questo go-verno prima che realizzi per inte-ro il suo nero programma.

Roma

5MIla In coRteo contRo la RepRessIoneI movImentI sI preparano alla “prIma manIfestazIone contro Il governo renzI” Il 12 aprIle

Riecheggiando la celebre frase di Mao “Ribellarsi è giusto contro i reazionari”, i movimenti hanno scelto la parola d’ordine “quando l’ingiustizia si fa legge ribellar-si è necessario” per dare il titolo alle due giornate nazionali di lotta svoltesi a Roma il 14 e 15 marzo con assemblee, piazze tematiche e il partecipato corteo conclusivo.

Nel pomeriggio del 14 in un dibattito nazionale è stato fatto il punto sulla repressione generaliz-zata che colpisce tutti i movimen-ti di opposizione alle politiche an-tipopolari dei recenti governi e le fasce più deboli della società, in primo luogo i migranti e i reclu-si. Di particolare interesse politi-co la discussione che ha messo a nudo l’ipocrisia intrinseca nel “pa-radigma legalitarista”, usato dalle istituzioni politiche e dalla magi-stratura in questo momento di forti conflitti sociali, per criminalizzare le lotte, bloccarle e reprimerle, in-criminarne e condannarne gli ele-menti più attivi, com’è successo ai leader No TAV e agli attivisti del movimento per il diritto all’abi-tare duramente repressi per aver contestato a Roma il 31 ottobre del 2013 il vertice della conferen-za Stato-Regioni, per incarcera-re, per rinchiudere i migranti nei CIE. Un paradigma contro il quale i movimenti hanno rivendicato la giustezza e la necessità di ribellar-si e lottare.

Tra i movimenti di lotta e le as-sociazioni che hanno preso par-te al dibattito, i lavoratori del tra-sporto pubblico Firenze in lotta, Movimento No Tav, Movimenti per il diritto all’abitare (Roma, Fi-renze), No Cie, Osservatorio sulla Repressione, ACAD (Associazio-ne Contro gli Abusi in Divisa).

Una splendida giornata di sole ha accolto la manifestazione na-zionale svoltasi il 15 marzo. Il concentramento a Piramide, pre-visto per le 15, è stato preceduto da 4 piazze tematiche: alla metro Rebibbia, per parlare di sistema carcerario e controllo sociale, a piazza Indipendenza, di frontiere e movimento, a stazione Tiburti-na, di territori e devastazioni am-bientali, e davanti all’ex deposito ATAC a San Paolo, di precarietà abitativa e sociale.

Il colorato corteo, con diversi

striscioni e bandiere delle lotte at-tualmente in corso, dai No TAV ai no MUOS, ai movimenti per il di-ritto all’abitare, ai diversi colletti-vi studenteschi, è stato vivacizzato da migliaia di manifestanti, anche in presenza di alcune provocazio-ni da parte delle “forze dell’ordi-ne”, che avevano fermato e tratte-nuto due pullman provenienti da Napoli. Il corteo si è mosso verso il ministero della Giustizia in via Arenula, passando sotto il carce-re di Regina Coeli, una delle car-ceri dove sono rinchiusi centinaia di giovani vittime della Fini-Gio-vanardi, o migranti che la Bossi-Fini ha condannato alla margina-lità sociale.

cresce l’opposizione al governo Renzi

La due giorni ha certamente il merito di aver puntato i fari sulla strategia governativa della repres-sione delle lotte da Nord a Sud Ita-lia.

Ha il merito di aver puntato il dito contro alcuni dei devastanti progetti del governo Renzi. Uno per tutti, il “piano casa”, giusta-mente definito da un’esponente dei BPM (Blocchi precari metro-politani) “Non un piano casa, ma un piano di rilancio del cemento” che tra le sue pieghe lancia un vio-lentissimo attacco ai movimenti per il diritto all’abitare, con l’ar-ticolo 5, che dispone anche in for-ma retroattiva l’assoluto divieto a concedere le residenze e gli allac-ci delle utenze negli spazi abita-tivi occupati “abusivamente”. Si tratta di “una diretta minaccia di sgomberi generalizzati in tutta la penisola”, denunciano gli attivi-sti per il diritto all’abitare. Un pia-no che lascia fuori le situazioni di profondo disagio, come gli sfrat-tati e i disoccupati. Contro questo piano e per chiedere la cancella-zione dell’articolo 5 i movimen-ti risponderanno già dalla prossi-ma settimana con “l’assedio delle Prefetture, degli Enti locali, del parlamento”.

Ma tra i principali dati politici emersi da questa due giorni è che altre voci contro il governo Renzi si stanno levando, dopo quella del PMLI, che il 25 febbraio del 2014 nel documento dell’UP “Spazzia-

mo via il governo del Berlusco-ni democristiano Renzi”, ne ave-va immediatamente analizzato il programma definendolo di destra e individuato la sua essenza anti-popolare in continuità con i pre-cedenti governi, rispetto ai quali “non c’è una inversione di tenden-za della politica economica e so-ciale, sia pure nell’ambito del ca-pitalismo”.

“Fermare il governo Renzi”, è una parola d’ordine ricorsa nel-le interviste e che sta evidente-mente maturando nei movimen-ti di lotta che si preparano alla manifestazione nazionale del 12 aprile: di fatto la prima contro il governo Renzi. Salutiamo que-sti propositi di lotta perché il go-verno del Berlusconi democri-stiano non merita alcuna fiducia. Per fermarlo bisogna spazzarlo via senza indugio e con la mas-sima determinazione, comincian-

do dalle fabbriche, e tutti i luoghi di lavoro, dalle scuole e univer-sità, per dar vita nelle piazze ad una dura opposizione di classe e

di massa.Il PMLI farà la sua parte, ed è

pronto a unirsi con tutte le forze politiche, sociali, sindacali, cul-

turali e religiose che si professa-no di sinistra, che hanno capito l’inganno di Renzi e sono dispo-ste a rovesciare il suo governo.

la denuncIa deI VIgIlI del fuoco dI gIoIa tauRo

“ci mandano al macello per trasportare le armi chimiche”

Sono i lavoratori e i sindacati gli unici che, a fronte dell’omertà dei governi, anche di quello Ren-zi, sulla questione delle armi chi-miche siriane che dovrebbero ar-rivare a Gioia Tauro (RC), stanno contribuendo a fare luce sulla pe-ricolosità dell’intera operazione.

In un comunicato stampa dall’Unione Sindacale di Base (USB), i Vigili del Fuoco de-nunciano che da anni il persona-le non viene più formato sul trat-tamento delle sostanze chimiche pericolose e che i mezzi acqui-stati per questo scopo sono stati buttati in capannoni oppure im-piegati per altri servizi e che “i materiali delle dotazioni di si-curezza come i filtri e le tute, sono scaduti e non idonei nem-meno per una esercitazione“. In sostanza, denunciano i lavorato-ri il personale viene mandato al macello per motivi di “immagine internazionale”.

Non si tratta di eccessivo al-

larmismo. Numerosi elementi contribuiscono ad alimentare la convinzione che il governo ita-liano abbia improvvisato la par-tecipazione all’operazione senza tener conto delle conseguenze.

In una recente nota, le autori-tà siriane hanno denunciato che sono “difettosi” e privi dei pa-

rametri di sicurezza previsti a li-vello internazionale i container sui quali avrebbero dovuto es-sere trasbordate le armi. Secon-do le stesse fonti, in Siria si sta-rebbero costruendo dei container adatti.

“Il fatto che i container non hanno raggiunto i parametri di si-

curezza – afferma il sindaco di San Ferdinando (RC) Domenico Madaffari – vuol dire che le no-stre preoccupazioni non erano poi campate in aria. Le rassicurazioni del governo (Letta ndr.) oggi ca-piamo che lasciano a desiderare perché ci ha promesso qualcosa di cui non era al corrente”.

Che il governo Renzi riti-ri la disponibilità a partecipare all’operazione! È questo l’unico modo per mettere al sicuro i la-voratori e la popolazione di Gio-ia Tauro da eventuali inciden-ti. Ma Renzi non lo farà certo di sua iniziativa. Contro il transito delle armi chimiche in acque ita-liane e contro l’attracco in porti italiani è necessario che si mobi-litino al più presto le masse po-polari e tutte le organizzazioni politiche, sindacali, sociali, cul-turali e religiose che hanno vera-mente a cuore il lavoro, la salu-te delle masse popolari calabresi e italiane.

roma, 15 marzo 2014. Un momento della manifestazione contro la repressione. In primo piano lo striscione dei movimenti per il diritto all’abitare, contro l’art. 5 del “piano casa” del governo renzi

alcuni dei contenitori difettosi fuori dalle norme di sicurezza usati per il traspor-to dei gas tossici siriani

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N. 12 - 27 marzo 2014 governo renzi / il bolscevico 7Con l’avallo di Renzi e la CopeRtuRa di napolitano

4 sottosegretari pd indagati non mollano la poltrona

“Io contesto fortemente che l’avviso garanzia in quanto tale sia immediatamente segno di colpevolezza... Con questo at-teggiamento perdiamo il rispetto del principio costituzionale”.

A sostenerlo non è l’ex pre-mier nonché delinquente matri-colato, Silvio Berlusconi, bensì il nuovo premier Matteo Renzi ri-spondendo il 9 marzo nell’intervi-sta di Fabio Fazio a “Che tempo che fa”, su RaiTre, ad una doman-da sul ministro delle Infrastruttu-re e dei Trasportii Maurizio Lupi (Ncd) e sui 4 sottosegretari Pd tut-ti indagati e coinvolti in varie in-chieste giudiziarie.

Altro che “rottura con le pra-tiche clientelari della vecchia politica”, altro che “svolta e rin-novamento”!

La scandalosa vicenda dei ministri e sottosegretari indagati e coinvolti pesantemente in va-

rie inchieste giudiziarie e ciono-nostante piazzati dal Berlusconi democristiano Matteo Renzi con l’avvallo di Napolitano alla guida di importanti dicasteri; conferma che costui opera in perfettà con-tinuità coi governi Berlusconi, Monti e Letta praticando le vec-chie logiche dei boss democri-stiani durante i monocolori DC e del manuale Cencelli.

La linea filoberlusconiana che Renzi intende adottare anche sul fronte giudiziario l’aveva antici-pata il 5 marzo, durante il que-stion time alla Camera, la mini-stra delle Riforme e dei Rapporti col Parlamento, Maria Elena Bo-schi, rispondendo a un’interroga-zione del M5S sull’inopportunità della nomina di Francesca Bar-racciu (Pd) a sottosegretario alla Cultura chiedendo al governo di dimissionarla in quanto, l’euro-parlamentare renziana di Nuoro,

dopo aver vinto le primarie del Pd in Sardegna, fu costretta nel dicembre scorso a rinunciare alla candidatura proprio perché in-dagata per peculato nell’ambito delle indagini per la vicenda rim-borsi al Consiglio Regionale del-la Sardegna. L’accusa è di aver incassato, illecitamente secondo la procura di Cagliari, 33 mila euro in rimborsi benzina. Cio-nonostante Renzi l’ha nominata sottosegretario alla Cultura forse proprio per compensare l’esclu-sione subita dalla corsa al gover-natorato della Sardegna.

Dopo le dimissioni di An-tonio Gentile, che al momento non è nemmeno indagato, ma semplicemente accusato di aver esercitato pressioni affinché non venisse pubblicata la notizia del coinvolgimento di suo figlio in una inchiesta giudiziaria, in molti si erano illusi che il gover-

no Renzi potesse davvero “fare pulizia nei palazzi”. E invece al question time la ministra Boschi ha difeso a spada tratta l’indagata Barracciu affermando fra l’altro: “Non è intenzione di questo go-verno chiedere dimissioni di mi-nistri o sottosegretari solo sulla base di un avviso di garanzia, ma per opportunità politica... A oggi è iscritta nell’elenco degli inda-gati... L’avviso di garanzia è un atto dovuto a tutela degli indaga-ti per esercitare i diritti di difesa, non è un’anticipazione di con-danna”. Ricordando anche che, il procedimento che riguarda la Barracciu è alla fase prelimina-re e che la stessa sottosegreta-ria ha chiesto “un’accelerazione delle indagini e che solo all’esi-to del procedimento il governo valuterà se chiedere le dimissio-ni o meno”. Intanto, ha senten-ziato Boschi, il sottosegretario

Barracciu “potrà dare un contri-buto al governo di questo Paese e l’esecutivo non ha intenzione chiedere dimissioni di ministri o sottosegretari sulla base di un avviso di garanzia rispettando il principio fondamentale della presunzione di innocenza”.

“Presunzione di innocenza” ad personam che vale solo per gli esponenti del Pd indagati e “opportunità politica” a totale discrezione del premier che può nominare chi gli pare.

Oltre alla Barracciu Renzi ha nominato anche i piddini Um-berto Del Basso De Caro, sotto-segretario al ministero dei Tra-sporti e delle Infrastrutture e Vito de Filippo alla Salute, entrambi indagati per le rimborsopoli in Campania e in Basilicata più il Viceministro dell’Interno, Filip-po Bubbico, indagato per abuso d’ufficio per aver commissiona-

to, quando era presidente della Basilicata, un progetto di rior-ganizzazione degli uffici ad un professionista esterno anziché fare ricorso alle competenze re-gionali. Senza dimenticare il mi-nistro per i Trasporti e le Infra-strutture Maurizio Lupi indagato dalla procura di Tempio Pausa-nia per concorso in abuso in atti d’ufficio in merito ad una nomi-na a commissario dell’Autorità portuale sarda.

Tutti personaggi a dir poco discutibili sul piano morale che godono della piena fiducia di Renzi e della copertura politi-ca del nuovo Vittorio Emanuele Napolitano che in base all’arti-colo 54 della Costituzione ha il potere di contestare le nomine dei sottosegretari ma non ha al-zato un dito perché è d’accordo con chi difende a spada tratta in-quisiti e indagati.

Renzi ha aumentato la tasi La Chiesa esentata: confermati i privilegi su Ici e Imu

Dal governo Letta-Berlu-sconi-Alfano a quello del Ber-lusconi democristiano Renzi la musica è sempre la stessa: nuo-ve tasse e stangate per le masse popolari e ulteriori, scandalosi, sgravi fiscali, privilegi e esen-zioni a favore dei padroni e del-

la Chiesa cattolica.La conferma è arrivata pun-

tuale il 28 febbraio col Consi-glio dei ministri presieduto da Renzi che di fatto ha dato il via libera all’accordo preso da Letta con l’Anci che permette ai sin-daci di aumentare la famigera-

ta Tasi (Tassa sui servizi forniti dai Comuni: illuminazione, ma-nutenzione stradale, vigili urba-ni etc) fino dell’otto per mille che equivale a una vera e pro-pria stangata aggiuntiva con un maggior gettito stimato in 1,8 miliardi.

La norma dà mano libera ai neopodestà di alzare le aliquote di un altro 0,8 per mille, che si-gnifica arrivare al 3,3 per mille per le prime case e all’11,4 per mille sugli altri immobili. L’ac-cordo prevedeva che in questo modo, anche se bisogna vede-

re cosa faranno effettivamente i sindaci, si possano racimola-re tra 1,3 e 1,8 miliardi in più; a questi soldi si aggiunge mezzo miliardo già destinato alle detra-zioni dalla Legge di Stabilità.

Altro che “provvedimento che obbliga i sindaci a non ge-nerare rincari rispetto alla pres-sione che i cittadini subivano in presenza della vecchia Imu”.

Secondo il Servizio politi-che territoriali della Uil la nuo-va configurazione delle impo-ste sulla casa potrebbe essere addirittura più grave del passa-to. Si calcola che per oltre 10,5 milioni di contribuenti (il 50% del totale), residenti negli ol-tre 5.600 Comuni che avevano l’aliquota Imu al 4%, la Tasi ri-schia di essere più pesante della stessa Imu. L’extra gettito equi-varrebbe a soli 63 euro medi per le detrazioni. “Nelle nostre simulazioni – spiegano alla Uil - per la prima casa, si parte da un gettito medio, senza addi-zionale aggiuntiva, di 135 euro (198 euro senza detrazioni), ai 198 euro (261 euro senza de-trazioni), con l’aliquota massi-ma al 3,3 per mille. Mentre, per le seconde case, si può arrivare ad aumenti del 7,6% (64 euro) nel caso si applicasse l’aliquo-ta dell’11,4 per mille. Si passe-rebbe, dunque, dagli 837 euro dell’Imu del 2013 ai 901 euro del combinato disposto Imu più Tasi. L’addizionale aggiunti-va – concludono gli esperti Uil - è soltanto l’antipasto di quel-lo che può succedere nel 2015, quando l’aliquota massima del-

la Tasi potrà arrivare al 6 per mille”.

Dunque, mentre le masse po-polari continueranno ad essere torchiate, il baciapile Renzi e il suo nero governo filo clericale non faranno pagare la Tasi alla Chiesa e lo hanno messo nero su bianco in un comunicato del 5 marzo in cui hanno precisato che la nuova Tasi nella versione finale del decreto legge “Dispo-sizioni urgenti in materia di fi-nanza locale” prevede in modo esplicito e dettagliato al comma 3 dell’articolo 1 lo stesso regime di esenzioni dell’Ici e dell’Imu che sarà valido per tutti gli im-mobili di proprietà degli enti ecclesiastici, luoghi di culto, oratori, sedi di associazioni di volontariato e tutto quanto svol-ge un ruolo sociale, compresi gli stabili di proprietà dello Stato, Regioni e Province e che hanno portato ad una elusione di centi-naia di milioni di euro. Quindi la Chiesa continuerà a non pa-gare tasse non solo sui 25 immo-bili di proprietà del Vaticano che sono citati nei Patti Lateranen-si, gli edifici di culto (chiese ed oratori) ma di fatto non paghe-rà un euro su tutto il suo colos-sale patrimonio immobiliare ivi compreso i palazzi in cui si ge-stisce il lucroso business del tu-rismo religioso, la casa e l’uffi-cio del Vescovo e chi più ne ha più ne metta perchè tutto è rego-lato in base a una autocertifica-zione fatta dall’ente ecclesiasti-co e che nessun Comune ha la capacità di verificare e control-lare.

Si è rivelato un pozzo ine-sauribile di sparate reazionarie che sempre più concorrono a dare il quadro di un politican-te borghese arrogante antipo-polare, razzista, interclassista. Dopo il razzismo e l’antisin-dacalismo adesso Grillo sposa il secessionismo di stampo le-ghista, con un’uscita che ha de-liziato persino il segretario fe-derale del Carroccio, Matteo Salvini.

Per Grillo l’Italia “un’arlec-chinata di popoli, di lingue, di tradizioni che non ha più alcu-na ragione di stare insieme”. Secondo Grillo per fare fun-zionare l’Italia che “non può essere gestita da Roma da par-titi autoreferenziali e inconclu-denti”, “è necessario decen-tralizzare poteri e funzioni a

livello di macroregioni, recu-perando l’identità di Stati mil-lenari, come la Repubblica di Venezia o il Regno delle due Sicilie”. Si tratta di considera-zioni che fanno felice il nazi-legista segretario della Lega Salvini che replica: “Se da lui non ci saranno “solo parole” fra M5S e Carroccio “sarà una bat-taglia comune”.

Il secessionismo non sarà mai la soluzione ai problemi “individuati” da Grillo, tra cui “la democrazia scomparsa, “un signore di novant’anni decide le sorti della Nazione” e “un imbarazzante venditore di pen-tole che si atteggia a presidente del Consiglio”, le tasse ecces-sive, i suicidi, le “imprese che muoiono come mosche”. Non è certo una soluzione riportare le

masse popolari italiane indietro nel tempo, sotto micidiali siste-mi di sfruttamento feudale pre Quarantotto, in cui i lavoratori e il proletariato nascente erano muti e massacrati.

Più che di soluzione si trat-terebbe di un male peggiore che avrebbe come unico risul-tato la frantumazione del pro-letariato, che con un micidiale danno alla lotta di classe, ver-rebbe legato al carro delle fa-meliche borghesie locali.

Ancora una volta Grillo smaschera la sua ideologia di fondo permeata da una conce-zione antipopolare, che si ri-assume nel criticare le stortu-re più evidenti del capitalismo e del liberismo senza tuttavia metterne minimamente in di-scussione l’esistenza e senza

proporre l’alternativa vera ad esso che è il socialismo.

Respingiamo la sparata se-cessionista di Grillo. Oggi se si vuole cambiare le sorti dell’Ita-lia in primo luogo va spazzato via senza indugio e con la mas-sima determinazione il gover-no del Berlusconi democristia-no Renzi.

E poi altro che secessioni-smo! Come ha indicato il Se-gretario generale del Partito, compagno Giovanni Scude-ri, inaugurando la nuova Sede centrale del PMLI e de “Il Bol-scevico” la soluzione per elimi-nare i mali dell’Italia è: “Abo-lire lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, le classi, le disugua-glianze sociali e di sesso, le di-sparità territoriali, dare il pote-re al proletariato”.

dopo il razzismo e l’antisindacalismo

GRillo sposa il seCessionismo leGhista

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8 il bolscevico / interni N. 12 - 27 marzo 2014

Per il disastro ambientale dell’ilva

Chiesto il processo per vendolaIl governatore della Puglia è accusato di concussione aggravata

I RIva accusatI dI assocIazIone a delInqueReIl 6 marzo la Procura della Re-

pubblica di Taranto a conclusione delle indagini inerenti l’inchiesta “ambiente svenduto” sul disastro ambientale causato dall’Ilva, ha chiesto il rinvio a giudizio per 50 persone e tre società (Ilva, Riva Fire e Riva Forni Elettrici).

Tra gli imputati eccellenti spicca il governatore trotzkista neoliberale della Puglia, Nichi Vendola, accu-sato di concussione aggravata e tut-ti i membri della famiglia Riva che devono rispondere di disastro am-bientale, associazione a delinquere e corruzione in atti giudiziari.

La richiesta di rinvio a giudi-zio, firmata dai procuratori, Fran-co Sebastio e Pietro Argentino, e dai sostituti Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile, Remo Epi-fani e Raffaele Graziano, riguar-da tutti i 53 indagati ai quali il 30 ottobre scorso era stato notificato dalla Guardia di finanza di Taranto l’avviso di conclusione delle inda-gini preliminari.

Oltre ad Emilio, Fabio e Nicola Riva la richiesta di rinvio a giudi-zio riguarda anche i vertici vecchi e nuovi dell’Ilva prima del com-missariamento, l’assessore regio-nale all’ambiente Lorenzo Nica-stro (IDV), il parlamentare di Sel Nicola Fratoianni (all’epoca asses-sore regionale), alcuni consiglieri regionali fra cui il piddino Donato Pentassuglia; l’ex presidente del-la Provincia di Taranto Giovanni Florido, il sindaco del capoluogo ionico, Ippazio Stefàno, dirigen-ti e funzionari ministeriali e della Regione Puglia, un poliziotto, un carabiniere, un sacerdote, nonché uno stuolo di dirigenti ed ex diri-genti del Siderurgico tarantino. Tra questi figurano i cosiddetti “fidu-

ciari”, cioè un gruppo di persone non alle dipendenze dirette dell’Il-va che però in fabbrica, secondo l’accusa, avrebbero costituito un “governo-ombra” che prendeva ordini dalla famiglia Riva. Ad 11 indagati la Procura contesta il re-ato di associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale e a reati contro la pubblica ammini-strazione, nonché l’avvelenamen-to di acque e sostanze alimentari. Tra le imputazioni, anche quella di omicidio colposo per due “mor-ti bianche” all’Ilva.

Per quanto riguarda Vendola è ormai chiaro che costui è talmente invischiato nel malaffare dell’Ilva che non sono bastate le oltre set-te ore di interrogatorio sostenute lo scorso 23 dicembre per “chia-rire la sua posizione” e convincere la Procura a proscioglierlo dall’ac-cusa di concussione. Un interroga-torio caratterizzato da “troppi non ricordo” e da troppe contraddizio-ni in cui è caduto il leader di Sini-stra ecologia e libertà secondo la richiesta di rinvio a giudizio.

Secondo i magistrati Vendola in accordo con Fabio Riva, pro-prietario della fabbrica, e l’ex po-tente responsabile delle relazioni istituzionali Girolamo Archinà ha abusato “della sua qualità di Pre-sidente della Regione Puglia” e “mediante minaccia implicita del-la mancata riconferma nell’incari-co” di direttore dell’Arpa Puglia, ha costretto Giorgio Assenna-to ad “ammorbidire” la posizione dell’agenzia regionale di protezio-ne ambientale “nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall’im-pianto siderurgico dell’Ilva s.p.a. ed a dare quindi utilità a quest’ul-tima, consistente nella possibilità

di proseguire l’attività produttiva ai massimi livelli, come sino ad allora avvenuto, senza perciò do-ver subire le auspicate riduzioni o rimodulazioni”.

Assennato, con una nota del 21 giugno 2010, aveva suggerito “sulla scorta dei risultati dei cam-pionamenti della qualità dell’aria eseguiti dall’Arpa nell’anno 2009 che avevano evidenziato valori estremamente elevati di benzo(a)pirene, l’esigenza di procedere ad una riduzione e rimodulazio-ne del ciclo produttivo dello sta-bilimento siderurgico di Taranto”. Un’ipotesi che aveva mandato su tutte le furie i Riva e lo stesso Ven-dola che il giorno dopo, il 22 giu-gno 2010, in un incontro con gli assessori Nicola Fratoianni e Mi-chele Losappio, aveva “fortemen-te criticato” l’operato dell’Arpa e sostenuto che ‘cosi com’è Arpa Puglia può andare a casa perché hanno rotto…’” ribadendo che “in nessun caso l’attività produttiva dell’Ilva avrebbe dovuto subire ri-

percussioni”.Non solo. I Pm scrivono che

dopo sole 24 ore Vendola ha convo-cato il direttore scientifico dell’agen-zia, Massimo Blonda, “per ribadir-gli i concetti espressi nell’incontro” del giorno precedente. Infine, il 15 luglio successivo, aveva indetto una riunione informale alla quale hanno partecipato anche i Riva, Archinà e l’allora direttore dell’Ilva Luigi Ca-pogrosso, mentre Giorgio Assenna-to, “che pure era stato convocato” era stato lasciato fuori dalla stanza e “ammonito dal dirigente Antoni-celli, su incarico del Vendola, a non utilizzare i dati tecnici sul benzo(a)pirene come ‘bombe carta che poi si trasformano in bombe a mano’”.

Accuse gravissime, insomma, per le quali Nichi Vendola rischia di finire sotto processo. Altro che: “abbiamo difeso l’ambiente, la fabbrica e i lavoratori” come so-stiene Vendola che invece farebbe bene a decretare il totale fallimen-to del suo governo rassegnando immediatamente le dimissioni.

Fabio Riva e Archinà dovran-no rispondere anche di corruzio-ne in atti giudiziari per aver ver-sato secondo i pm una tangente da 10mila euro a Lorenzo Liberti, docente universitario e all’epoca dei fatti consulente della procura che indagava sulle emissioni del-la fabbrica. Il sindaco di Taranto Stefàno è accusato di omissioni in atti d’ufficio, perché in qualità di primo cittadino e quindi di autori-tà locale avrebbe omesso di adot-tare provvedimenti per “preveni-re e di eliminare i gravi pericoli” derivanti dall’allarmante situazio-ne di emergenza dovuta ai veleni dell’Ilva di cui era a conoscenza. Un atteggiamento omissivo, che secondo i magistrati, avrebbe pro-curato alla famiglia riva e all’Ilva un vantaggio economico visto che non sono stati abbassati i livelli produttivi. Mentre l’ex presiden-te della Provincia Florido, fini-to in carcere il 15 maggio 2013 è accusato insieme all’ex assessore all’Ambiente, Michele Conserva, e ad Archinà, di tentata concussio-ne: secondo le dichiarazioni del di-rigente Luigi Romandini, Florido e Conserva avrebbero fatto pres-sioni perché il dirigente rilascias-se l’autorizzazione alla discarica Ilva per permettere all’azienda di smaltire i rifuti all’interno rispar-miando così milioni di euro. Ri-chiesta di rinvio a giudizio anche per Luigi Pelaggi, ex capo della segreteria tecnica del ministro di-missionario Stefania Prestigiaco-mo e membro della commissione che nel 2011 rilasciò l’autorizza-zione a produrre all’Ilva.

Questa vicenda non fa che confermare quel che noi marxisti-leninisti andiamo denunciando da

anni, e cioè che è impossibile ri-uscire a gestire le istituzioni bor-ghesi dalla parte della classe ope-raia e delle masse popolari e che regolarmente qualsiasi esponente sia votato per governarle, anche i finti “sinistri” come Vendola e De Magistris, finisce regolarmen-te per essere costretto ad accetta-re le regole, a servire gli stessi padroni e a sguazzare nella cor-ruzione.

Noi riaffermiamo che l’unica strada in grado di salvaguardare insieme e contestualmente salute, ambiente e lavoro è la nazionaliz-zazione dell’Ilva senza indennizzi per i pescecani Riva, che anzi de-vono pagare tutti i costi inerenti i danni dell’inquinamento a Taranto e della bonifica dello stabilimen-to: e se non lo faranno tempestiva-mente devono rispondere con tutti i loro patrimoni da confiscare per via giudiziaria. Solo con la nazio-nalizzazione dell’Ilva si può e si deve porre sotto il diretto control-lo dei lavoratori e della popolazio-ne tarantina l’intero ciclo produtti-vo affinché siano prioritariamente garantiti e tutelati i diritti e la sa-lute dei lavoratori e di tutti gli abi-tanti dei quartieri circostanti. Un piano complessivo che tuteli salu-te, lavoro e ambiente e impedisca la smobilitazione di questo settore strategico per il nostro Paese che non può tornare indietro come ai tempi del vecchio siderurgico Italsider, che certamente non era così inquinante come lo è diven-tato oggi, ma che comunque non aveva gli standard di sicurezza e tutela ambientale pretesi oggi giu-stamente e in modo combattivo dai lavoratori e dalle masse popo-lari tarantine.

la sorgenia ne è proprietaria (39%) insieme a Gdf (50%)

la maGistratura Chiude la Centrale tirreno Power I suoi fumi originati dalla combustione di carbone avrebbero causato la morte di oltre 400 persone

de BenedettI a vado lIguRe come I RIva a taRantoIl giudice per le indagini pre-

liminari del tribunale di Savo-na ha accolto la richiesta del pm di sequestrare la centrale elettrica a carbone Tirreno Power di Vado Ligure di proprietà per il 50% del-la società francese Gaz de France e per il 39% dell’italiana Sorgenia controllata dalla Cir di Carlo De Benedetti.

Esattamente come è accaduto a Taranto per l’Ilva dei Riva, la pro-cura della Repubblica del capo-luogo di provincia ligure indaga da tempo sulle emissioni dell’im-pianto di Vado Ligure, e prima di richiedere il sequestro dell’impian-to ha incaricato dei tecnici del mi-nistero dell’Ambiente che hanno effettuato rigorose verifiche e che hanno accertato il mancato rispetto di alcuni limiti imposti dall’Auto-rizzazione integrata ambientale.

L’ordinanza con cui il gip savo-nese ha disposto il sequestro par-la con assoluta certezza di nesso di causalità tra le emissioni della centrale e numerose patologie ri-scontrate nell’area che hanno pro-vocato la morte di 442 persone tra il 2000 e il 2007.

Per il procuratore Francanto-

nio Granero l’impianto ha provo-cato nel periodo tra il 2005 e il 2012 circa 2.000 ricoveri di adulti per malattie respiratorie e cardio-vascolari e circa 450 ricoveri di bambini per patologie respiratorie e attacchi d’asma.

Sull’attività di Tirreno Power sono aperte da tempo due inchie-ste giudiziarie: una per disastro ambientale - che ha visto l’iscri-

zione nel registro degli indagati l’ex direttore dell’impianto Gio-vanni Gosio e l’attuale direttore Pasquale D’Elia oltre a un terzo indagato sul cui nome nulla è tra-pelato e che potrebbe essere pro-prio De Benedetti - e una per omi-cidio colposo.

L’indagine per omicidio col-poso delinea un quadro inquietan-te: i vertici dell’impianto avrebbe-

ro truccato deliberatamente i dati sulle emissioni pur di mantenere in funzione la centrale a carbone di Vado Ligure, e questo è potu-to accadere grazie alla oggettiva complicità delle amministrazio-ni pubbliche, in modo particolare la provincia di Savona, che hanno per anni e anni omesso i controlli cui erano tenute, dando per scon-tato che i dati forniti dalla stessa società fossero veritieri.

È proprio l’assenza di controlli pubblici sull’impianto che chiama in causa responsabilità e quindi ri-schia di fare entrare nell’inchie-sta Carlo De Benedetti in persona che, il burattinaio nonché grande finanziatore dei partiti di “centro-sinistra”, e non è forse un caso che proprio l’amministrazione di “centro-sinistra”, rimasta in carica fino al 2008 alla provincia di Sa-vona, ha chiuso per decenni non

uno bensì tutti e due gli occhi sul-la pericolosità delle emissioni di fumo di Tirreno Power.

Per valutare l’impatto del-le emissioni di fumi derivanti da combustione e di polveri provo-cate dal carbone stoccato a cielo aperto i periti della procura han-no constatato che i licheni, piante sensibilissime all’inquinamento, si sono progressivamente diradati nell’area attorno alla centrale sino a sparire completamente nelle im-mediate vicinanze

Il giudice per le indagini preli-minari a pagina 37 dell’ordinanza di sequestro punta il dito contro quella che considera una chiara e deliberata scelta da parte della so-cietà di tenere in piedi l’impian-to nonostante la consapevolezza della pericolosità, proprio come per l’Ilva di Taranto: “la gestione dell’impianto a livelli nettamente superiori a quelli imposti dalle Bat è certamente attribuibile ad una precisa scelta gestionale della so-cietà. Tale scelta volontaria è sta-ta adottata e tenuta nonostante la consapevolezza del danno arreca-to all’ambiente e alle rilevanti di-mensioni dello stesso”.

Taranto, 22 novembre 2006. Vendola inaugura il pronto soccorso e gli uffici InaIl presso l’Ilva per sostenere la bontà della politica ambientale e della salute sostenute dai Riva. a destra alle spalle di vendola, uno dei fratelli Riva compiaciuto e plaudente

una veduta della centrale della tirreno Power e delle sue enormi ciminiere viste da una strada di vado ligure (savona)

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N. 12 - 27 marzo 2014 interni / il bolscevico 9Il PD l’aveva salvata in parlamento dalle dimissioni dal governo Letta

InDagata L’ex guarDasIgILLI CanCeLLIerI Per Le teLefonate aI LIgrestI

“Conta su di me, non fate complimenti”, aveva assicurato ai magnati Ligresti, arrestati per falso in bilancio aggravato e aggiotaggioNonostante il PD avesse sal-

vato Annamaria Cancellieri dalle dimissioni dal governo Letta, la sua condotta vergognosa nella vi-cenda Ligresti non è passata inos-servata nei palazzi di giustizia, dal momento che contro l’ex guarda-sigilli è stata aperta un’indagine a Roma e forse presto si muoverà anche la procura di Torino.

Per ciò che riguarda l’indagi-ne della procura della Repubbli-ca di Roma, la Cancellieri risul-ta indagata per false dichiarazioni al pubblico ministero in relazio-ne alle sue conversazioni telefo-niche con Antonino Ligresti, fra-tello di Salvatore che fu arrestato dalla procura di Torino nell’ambi-to dell’inchiesta su Fonsai insieme alle figlie Giulia e Jonella.

Infatti i tabulati telefonici del ministro, acquisiti su ordine del

procuratore della Repubblica di Roma Pignatone, hanno chiara-mente evidenziato che ha mentito al procuratore aggiunto di Torino, Vittorio Nessi, circa le telefonate intercorse tra lei e Antonino Li-gresti nei giorni in cui pendeva la richiesta degli arresti domiciliari per la nipote di quest’ultimo, Giu-lia.

I magistrati romani in partico-lare contestano due telefonate, del 19 e del 21 agosto scorso.

Riguardo alla prima la Cancel-lieri nella sua deposizione aveva sottolineato di aver risposto a una telefonata di Ligresti, mentre i ta-bulati telefonici dimostrano che è stata proprio l’ex ministro ad ef-fettuare la chiamata, durata sei mi-nuti.

Riguardo alla seconda, l’ex mi-nistro aveva dichiarato al procura-

tore che il 21 agosto l’unico con-tatto con il Ligresti era consistito in un sms da lui inviato e dalla stessa ricevuto, mentre la procura, oltre a confermare l’sms, scopriva che la Cancellieri aveva telefonato dalla sua udienza fissa a Ligresti subito dopo aver ricevuto il mes-saggio.

Prossimamente sulla posizio-ne della Cancellieri dovrà pro-nunciarsi il giudice per le indagini preliminari di Roma.

Ma i guai giudiziari per l’ex ministro non finiscono a Roma: infatti la procura di Torino sta pensando di riconvocarla, dal mo-mento che il PM Nessi, che la in-terrogò lo scorso 22 agosto scorso, si è reso conto anche alla luce di quanto emerso a Roma che la sua deposizione fa acqua da tutte le parti, a cominciare da menzogne e

reticenze che in quella sede il ma-gistrato torinese non fu in grado di smascherare perché non aveva tut-te le carte in mano, a cominciare dai tabulati.

E che vada accertata tutta la ve-rità è indispensabile, dal momento che il sospetto è che la Cancellieri, allora ministro della Giustizia, ab-bia usato la sua influenza per in-terferire nel procedimento giudi-ziario a carico dei Ligresti. È bene ricordare i fatti: subito dopo l’ar-resto dei finanzieri Ligresti, nel giugno del 2013, Gabriella Fragni - amica personale della Cancel-lieri nonché convivente di Salva-tore Ligresti - aveva telefonato a quest’ultima per chiedere un inte-ressamento a favore del compagno e dei suoi figli arrestati, e la mini-stra rispondeva: “conta su di me, non fare complimenti”. E compli-

menti non ce ne furono, perché il 17 agosto 2013 la Fragni chiama il fratello di Salvatore Ligresti, An-tonino, chiedendogli di interveni-re sul ministro per la nipote Giulia in carcere a Vercelli. Il 19 agosto alle 14 e 25 Antonino Ligresti ri-sponde alla Fragni di avere con-tattato la Cancellieri e di essere in attesa di una risposta, probabil-mente senza sapere che la guardia di finanza redigeva un’informati-va proprio in relazione alle telefo-nate sia della Fragni sia di Antoni-no Ligresti. Nei giorni successivi effettivamente il ministro chiama i due vicecapi del Dipartimento dell’amministrazione penitenzia-ria per sollecitare un trattamento favorevole nei confronti di Giulia Ligresti.

È chiaro ormai che non si è trattato di un intervento umanita-

rio del ministro della Giustizia a favore di un detenuto (nella spe-cie Giulia Ligresti), come la Can-cellieri ha sempre affermato, ma di una precisa strategia, concor-data con suoi amici personali non-ché famigliari di una detenuta ec-cellente, volta a fare ottenere a tutti i costi dei privilegi indebiti a chi, accusato di gravissimi rea-ti finanziari come Giulia Ligresti appunto, deve al contrario essere sottoposto al massimo rigore del-la legge.

Costei è una raccomandata del magnate Ligresti e contava su un torbido scambio di favori con la famiglia degli inquisiti che ha vi-sto peraltro il figlio dell’ex Guar-dasigilli prima assunto da Fonsai e dopo un anno liquidato con la “modica” cifra di 3,6 miliardi.

CoLLusI Con La ’nDrangheta

arrestati l’ex capo e il vice della mobile di Vibo ValentiaCoinvoLto anChe un avvoCato Legato aLLe CosChe

In una inchiesta coordinata dalla Procura antimafia di Catan-zaro, sono stati arrestati lo scor-so 24 febbraio Maurizio Lento ed Emanuele Rodonò, rispetti-vamente l’ex capo della squadra mobile di Vibo Valentia e il suo vice. Il lavoro degli investiga-tori, fatto di intercettazioni e ri-scontri, è stato sintetizzato in una richiesta d’arresto da parte del procuratore della Dda catanzare-se Vincenzo Antonio Lombardo, dall’aggiunto Giuseppe Borrelli e dal pm Simone Rossi. La bontà delle indagini è stata confermata nell’ordinanza di custodia caute-lare del gip Abigail Mellace, con l’emersione di un quadro assolu-

tamente desolante, con i due fun-zionari accusati di essersi astenuti “dallo svolgere qualsivoglia atti-vità sulla cosca più potente del-la provincia”, di non avere tra-smesso all’autorità giudiziaria segnalazioni che avrebbero po-tuto portare in carcere alcuni dei potenti boss della cosca e di ave-re, addirittura, “indirizzato l’in-tera attività investigativa” del-la squadra mobile “nei confronti delle cosche avverse a quella dei Mancuso allo scopo di rafforzare quest’ultima attraverso l’elimina-zione dei suoi rivali”. In sostan-za il giudice procedente afferma a chiare lettere che Lento e Rodonò (attualmente rinchiusi nel carce-

re militare di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) hanno intessu-to una serie di relazioni che han-no favorito la cosca dei Mancuso di Limbadi, una delle più potenti della ’ndrangheta. L’accusa è gra-vissima: concorso esterno in as-sociazione mafiosa. Con loro è stato arrestato, per associazione mafiosa, anche il legale dei Man-cuso, l’avvocato Antonio Car-melo Galati, “trait d’union” tra i poliziotti e la cosca. Per un ter-zo poliziotto, invece, accusato di rivelazione di segreti d’ufficio, i pm hanno chiesto al Gip, la so-spensione dall’esercizio di pub-blico ufficiale.

Dalle intercettazioni e dalle

carte delle inchieste emerge un quadro allarmante dell’azione dei due poliziotti, con Lento che, dice Galati al telefono con il boss Pan-taleone Mancuso, 67 anni, alias “vetrinetta”, si serve del pretesto di una perquisizione per andarlo a salutare. Oppure Rodonò che tra-scorre una giornata al mare in una delle strutture alberghiere più ri-nomate della zona in compagnia del genero e della figlia del boss e riceve pure in omaggio una bot-tiglia di champagne. Un atteggia-mento sottolineato con piacere da Pantaleone Mancuso, che parlan-do al telefono con l’avvocato elo-gia senza mezzi termini Lento: “deve essere una persona seria”. Scrive il Giudice per le indagi-ni preliminari che i due poliziot-ti collusi “accettando supinamen-te di essere inseriti, letteralmente

inglobati, nei circuiti relazionali, trasversali ed equivoci dell’avvo-cato Galati, hanno posto in esse-re azioni e condotte che, a questo Giudice, appaiono del tutto prive di qualsivoglia lecita spiegazio-ne, oltre che di portata allarman-te, anzi devastante”.

Particolarmente rilevante an-che la posizione dell’avvocato Galati: nelle carte dell’inchiesta si dà conto di una serie di incon-tri tra Galati e alcuni giudici, del-le conversazioni intercettate, nel corso della quali viene ricostrui-to lo scontro tra toghe in atto tra il 2009 e il 2011 negli uffici del Tribunale e della Procura vibo-nese. Scontri senza esclusione di colpi che sarebbero poi finiti sul tavolo dei magistrati di Salerno che per competenza ha aperto tut-ta una serie di fascicoli. In que-

sto senso Galati vantava amicizie importanti, come quelle con i ma-gistrati Giancarlo Bianchi. Gian-paolo Boninsegna, Cristina De Luca e Manuela Gallo. Amicizie che spesso erano vissute “in buo-na fede”, ma che l’avvocato uti-lizzava per carpire notizie, per fomentare liti e per accreditarsi quale interlocutore del sistema giudiziario.

Gli elementi emersi duran-te le indagini dimostrano come l’avvocato Antonio Carmelo Ga-lati, afferma il gip, ha “apporta-to alla cosca Mancuso, in modo stabile e continuativo, una molte-plicità di contributi che ne hanno amplificato la forza intimidatoria e le concrete capacità operative, intensificando la sua posizione di egemonia e comando sul territo-rio”.

COSA FARE PER ENTRARE NEL PMLISecondo l’art. 12 dello Statuto, per essere membro del PMLI occorre accettare il Programma e lo Statuto del Par-tito, militare e lavorare attivamente in una istanza del Partito, applicare le direttive del Partito e versare regolar-mente le quote mensili, le quali ammontano: lavoratori euro 12,00; disoccupati e casalinghe euro 1,50; pensio-nati sociali e studenti euro 3,00.Lo stesso articolo dello Statuto specifica che “può esse-re membro del Partito qualunque elemento avanzato del proletariato industriale e agricolo, qualunque elemento avanzato dei contadini poveri e qualunque sincero rivo-luzionario sulle posizioni della classe operaia... Non può essere membro del Partito chi sfrutta lavoro altrui, chi ha e professa una religione o una filosofia non marxista”. Oltre a ciò occorre accettare la linea elettorale astensio-nista del Partito.L’ingresso al PMLI avviene dopo l’accettazione della do-manda di ammissione il cui modulo va richiesto al Partito.

Lo ricorda scalfari

BerLinguer rifiuto’ iL Leninismo

Il liberale anticomunista, già fascista e monarchico, Eugenio Scalfari, ha ricorda-to commosso sulle colonne de “la Repubblica” Enrico Ber-linguer, già Segretario gene-rale del PCI revisionista, nel trentennale della morte. L’ha paragonato a papa France-sco. Le tre pagine dell’edi-toriale illustrato con diverse foto dell’arcirevisionista por-tano il titolo “Berlinguer per-ché ti abbiamo voluto bene”.

Per testimoniare il ruo-lo svolto da Berlinguer nella decomunistizzazione del PCI, Scalfari ricorda le interviste che gli ha fatto. E dice: “Nel corso degli anni, dal 1977 all’84, le domande più impor-tanti che gli feci e le risposte

che ne ottenni furono sette: la natura del Partito comunista italiano rispetto agli altri e in particolare a quelli che ope-ravano in paesi occidentali; il suo rapporto con l’Urss e col Partito comunista sovietico; il suo rapporto con il leninismo; la concezione che aveva del-la futura Europa; la dialettica in atto con i socialisti e con la Dc; la natura del centralismo democratico e il ruolo che il Pci doveva avere con l’Italia; il problema da lui sollevato della questione morale”.

Successivamente riporta, compiaciuto, una risposta di Berlinguer nel settembre 1980 riguardo al suo rapporto con il leninismo: “Lenin ha iden-tificato il partito con lo Sta-

to; noi rifiutiamo totalmente questa tesi. Lenin ha sempre sostenuto che la dittatura del proletariato è una fase neces-saria del percorso rivoluzio-nario; noi respingiamo questa tesi che da lungo tempo non è la nostra. Lenin ha sostenuto che la rivoluzione ha due fasi nettamente separate: una fase democratico- borghese e suc-cessivamente una fase socia-lista. Per noi invece la demo-crazia è una fase di conquiste che la classe operaia difende ed estende, quindi un valore irreversibile e universale che va garantito nel costruire una società socialista”. Missione compiuta. Grazie a me, sem-bra rivendicare gongolante Scalfari.

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PER ILTRIONFO

DELLACAUSA

DELSOCIALISMO

IN ITALIA

SOTTOSCRIVI PER IL PMLI

Il PMLI è impegnato giornalmente in un grosso sforzo finanziario per far giungere alle masse la sua voce anticapitalista, antiregime neofascista e per l’Italia unita, rossa e socialista.

Tante e gravose sono le uscite per la propaganda, le attività del Partito, l’affitto e le spese mensili per il locale della Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico”.

I militanti di base del PMLI ce la fanno a fatica a contribuire alle spese del Centro del Partito, anche perché, già pagano le attività della propria istanza.

Il PMLI si appella quindi alle sue simpatizzanti e suoi simpatizzanti, alle sue amiche e amici e a tutti i sinceri fautori del socialismo, a qualsiasi partito, gruppo o movimento essi appartengano, per aiutarlo economicamente, anche con piccole donazioni mensili o periodiche o una tantum, nel supremo interesse del proletariato e della causa del socialismo.

Più soldi riceveremo più potremo aumentare il volume di fuoco politico contro il governo del Berlusconi democristiano Renzi, contro l’Unione europea imperialista, contro le illusioni elettorali, parlamentari, riformiste, pacifiste e governative. Allo scopo di delegittimare le istituzioni rappresentative della borghesia e di creare una coscienza, una mentalità, una mobilitazione e una lotta rivoluzionarie di massa capaci di abbattere il capitalismo e il potere della borghesia e di istituire il socialismo e il potere del proletariato.

Grazie di cuore per tutto quello che potete fare. Anche un euro ci è utile.Consegnate i vostri contributi nelle sedi del PMLI o ai militanti del Partito, oppure inviateli attraverso il conto corrente postale numero 85842383

intestato a PMLI – Via Antonio del Pollaiolo 172a – 50142 Firenze. Nella causale scrivete: Donazione.

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N. 12 - 27 marzo 2014 corruzione / il bolscevico 11

Travolto dall’inchiesta sulle tangenti si dimette il presidente

dell’Agenzia spazialeDopo tre anni di denunce sin-

dacali, bacchettato ripetutamente dalla Corte dei Conti che gli ave-va rinfacciato “l’inutile dispendio di denaro pubblico”, il 7 febbra-io, il presidente dall’Agenzia spa-ziale italiana (Asi), Enrico Sagge-se, sponsorizzato dall’ex ministro fascista Maurizio Gasparri, è sta-to costretto a dimettersi in segui-to al suo pesante coinvolgimen-to nell’inchiesta della procura di Roma che lo accusa di corruzio-ne e concussione per gli appalti, le assunzioni e le nomine effettuate nel corso degli ultimi sei anni al

vertice della prestigiosa agenzia pubblica che ha un badget 530 mi-lioni di affari, commesse su satel-liti e razzi da mandare in orbita.

Nell’avviso di garanzia gli in-quirenti fra l’altro scrivono che “Saggese ha abusato del ruolo api-cale rivestito nell’ente” per lucrare sugli appalti, le assunzioni e le no-mine a favore di amici e parenti.

A incastrare Saggese è stato il responsabile dei rapporti istituzio-nali dell’Agenzia spaziale Roberto Borsa che nei mesi scorsi ha rac-contato ai Pubblici ministeri (Pm) Paolo Ielo e Mario Palazzi il gran-

de verminaio dell’Asi.“Un giorno - racconta Borsa

ai Pm - mi sono arrivate, in for-ma anonima, delle fatture intestate alla società Get-It, dei genitori di Francesca e Mario Giacomo Sette (strettissimi collaboratori di Sag-gese anche loro indagati per cor-ruzione, ndr). Avevo il dovere, ai sensi della legge anticorruzione, di riferire al mio superiore, Sagge-se. Sono entrato nel suo ufficio e ho detto: ‘Enrico, ci sono queste, che facciamo?’. Da quel momen-to in poi sono stato vittima di uno spietato mobbing. La mia unità or-

ganizzativa, relazioni istituzionali, è scomparsa; a dicembre ho avuto una valutazione negativa. Dall’at-mosfera e dai colloqui era chiaro l’invito a lasciare perdere”.

Fino ad allora tutto filava liscio ha messo a verbale Borsa. “I rap-porti con Saggese erano ottimi, tan-to che non ho esitato un istante ad andargli a dire che c’era qualcosa che non andava in quelle fatture”. Borsa racconta che tutto è inizia-to nel 2009 “con una convenzione stipulata tra Asi e Finmeccanica in base alla quale 5 dipendenti della holding sono entrati nell’ufficio di presidenza. L’agenzia conferisce commesse alle aziende e il gruppo di piazza Montegrappa è tra que-ste. In molti si sono chiesti se fos-se opportuno che nei ruoli chiave dell’Asi sedesse gente di Finmec-canica. La cosa era stata sollevata anche dal responsabile dell’anti-corruzione. Abbiamo subito l’oc-cupazione di una parte di quella che qui tutti chiamano la ‘frangia deviata’ di Finmeccanica... Noi facciamo un lavoro stupendo, sia-mo una delle basi della conoscen-za scientifica. Era terribile che tut-to questo venisse sporcato: questa agenzia è e può essere un punto di riferimento del comparto spaziale internazionale”.

Nel registro degli indagati si contano ad oggi sette persone tutte accusate di corruzione e concus-sione, mentre le indagini hanno fatto emergere un vorticoso giro di appalti truccati affidati da Sag-

gese e dai suoi uomini a una serie di aziende da loro stessi control-late e tra cui spiccano le romane Art Work communication, rela-zioni esterne, fornitore di hostess per convegni, la Sistina Travel che con Saggese era diventata la bi-glietteria dell’Agenzia spaziale, la Triumph comunicazione& con-gressi e la Space Engineering, tec-nologie radar. Quindi, la torinese Eurofiere, azienda di design, e la californiana 9Pm, sedi a Milano, eventi e intrattenimento. Queste sei società nel cerchio del presidente Saggese organizzavano ricche fie-re nel mondo - per un congresso a Napoli sono stati spesi 4 milioni di euro - affidando sub-contratti alla Get-It di Torino, società gesti-ta da Vittorio Sette ed Elena Oteri, scelti solo perché genitori di due protetti del grande capo: i fratelli Francesca e Mario Giacomo Set-te, diventati addetti stampa, lui so-prannominato “Curriculum Zero” visti i titoli che poteva vantare (era un bravo ballerino). La famiglia Sette è stata indagata in blocco e con loro i legali rappresentanti di alcune imprese del giro: Salvatore Marascia e Alfiero Pignataro, che pochi giorni fa ha dato a Saggese una carta di credito ricaricabile.

Le consulenze della Get-It, fat-turate, non esistevano. Quei paga-menti, secondo l’accusa, serviva-no a pagare le tangenti a Saggese e i suoi e quando Borsa ha visto le “strane fatture” e ha provato a chiederne conto al presidente Sag-

gese, questi ha minacciato: “Fat-ti gli affari tuoi se non vuoi avere guai professionali”. Ma Borsa non si è lasciato intimorire e ha portato le carte in procura.

Al vaglio degli inquirenti ci sono anche i lussuosi viaggi fami-liari (trentatré persone portate per venti giorni a Vanderberg, in Cali-fornia, per il lancio di un satellite mai avvenuto: 1,1 milioni spesi), gli stipendi da capogiro (Saggese, già presidente dell’Asi a 80 mila euro l’anno e con una pensione da Finmeccanica, si è preso altre 90 mila euro con la presidenza del controllato Cira), di assunzioni di amici An (Enzo Savarese sempre al Cira), di portaborse distacca-ti alla presidenza del Consiglio a 23 mila euro al mese (l’ex finia-no Antonio Menè). Lo scorso 23 ottobre Saggese era stato condan-nato dalla Corte dei Conti a risar-cire 19 mila euro per l’assunzione immotivata di una psicologa: era la moglie di un dirigente Finmec-canica, Marcello Spagnulo, autori di libri comprati dall’Agenzia spa-ziale in quantità industriali.

Sotto sequestro anche il dossier sui viaggi negli Stati Uniti degli ul-timi tre anni, gli atti della gara vin-ta dalla società tedesca Ohb e una serie di contratti di consulenza (tra cui quello del professor Mariano Bizzarri, ricercatore della Sapien-za di area An), e di nomina (com-preso l’attuale direttore generale dell’Agenzia, Fabrizio Tuzi).

La Procura di Siena indaga sull’associazione a delinquere finalizzata a truffa aggravata al Monte dei Paschi

LA bAndA deL 5% hA fATTo SPArire 90 MiLioni nei

PArAdiSi fiScALiAll’alba dello scorso 24 feb-

braio la polizia giudiziaria senese ha eseguito, su disposizione della Procura della Repubblica della cit-tà toscana, una raffica di perquisi-zioni nell’ambito dell’inchiesta sul Monte dei Paschi (MPS) con rife-rimento al filone d’indagine sulla cosiddetta “banda del 5%”, orga-nizzazione criminale finalizzata alla truffa, composta da banchieri e balzata agli onori delle cronache a gennaio dello scorso anno.

Da fonti della Procura si ap-prende che la truffa nei confron-ti dell’istituto di credito senese e di altri soggetti riguarderebbe cir-ca 90 milioni di euro, 47 dei quali già sequestrati tra gennaio e otto-bre 2013, tra gli altri, all’ex capo area finanza Gianluca Baldassarri, al suo vice Alessandro Toccafondi e ai titolari della società Enigma.

Tra gli 11 indagati ci sono gli stessi Baldassarri e Toccafondi, i titolari di Enigma ma anche al-tri funzionari ed ex funzionari di MPS e broker esterni che avreb-bero utilizzato la società Enigma

per dirigere i soldi verso i para-disi fiscali sparsi per il mondo. I magistrati, già all’epoca, effettua-rono rogatorie internazionali nei confronti di San Marino, Svizze-ra, Gran Bretagna e dell’Isola di Vanuatu, nell’Oceano Pacifico. Secondo quanto si apprende ora una nuova rogatoria sarebbe sta-ta chiesta anche a Singapore, dove sono state rintracciate delle som-me: i soldi trovati sarebbero ricon-ducibili ad MPS e altri soggetti. Tuttavia la difficoltà di tali rogato-rie stanno nel fatto che se gli Sta-ti esteri destinatari della rogatoria non collaborano, l’inchiesta non può procedere oltre.

Per gli 11 indagati l’accusa è di associazione transnazionale a delinquere finalizzata a truffa ag-gravata e i pm avevano chiesto un anno fa l’arresto per 8 perso-ne a causa dei forti indizi di inqui-namento probatorio e pericolo di fuga reale e concreto. Oltre a Bal-dassarri e Toccafondi sono inda-gati l’ex responsabile della filia-le di Londra della banca senese

Matteo Pontone, l’ex funzionario MPS Antonio Pantalena, il socio fondatore e direttore della socie-tà Enigma Securities di Londra e legale rappresentante in Italia Fa-brizio Cerasani e i tre brokers del-la stessa società Maurizio Fabris, David Ionni e Luca Borrone.

Il giudice per le indagini preli-minari Ugo Bellini comunque non ritenne opportuno irrogare la mi-sura cautelare della custodia cau-telare, optando per la misura più blanda del divieto di espatrio.

Le indagini partirono dal-la “cresta” del 5%, che secondo l’accusa i componenti dell’asso-ciazione criminale pretendevano da quanti volevano fare affari con MPS, che risulta perciò parte lesa nel procedimento. I proventi poi sono stati quasi tutti trasferiti all’estero, in particolare in alcuni paradisi fiscali.

Ecco il nuovo modo di gover-nare di cui si è sempre vantata la “sinistra” borghese e in particolare gli eredi di quel partito che si auto-definiva “dalle mani pulite”.

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12 il bolscevico / PMLI N. 12 - 27 marzo 2014

Nel 131° Anniversario della morte del grande Maestro del proletariato internazionale, 14 marzo 1883-2014

I marxIstI-lenInIstI celebrano marx davantI al suo monumento a rIccIonePresenti la Cellula “Stalin” di Rimini e le Organizzazioni di Ravenna e di Gabicce Mare

�Dal corrispondente della Cellula “Stalin” di RiminiVenerdì 14 marzo, la Cellula

“Stalin” di Rimini del PMLI ha commemorato il 131° Anniver-sario della scomparsa del gran-de Maestro Carlo Marx a Riccio-ne (Rimini) rendendo omaggio al monumento a lui dedicato.

Alla cerimonia erano presenti, oltre ai compagni di Rimini, mi-litanti e simpatizzanti delle Orga-nizzazioni di Ravenna e Gabicce Mare (Pesaro Urbino) del PMLI.

I marxisti-leninisti hanno de-posto un mazzo di fiori ai piedi del busto di Marx, e a seguire, il compagno Tino Bruni ha letto un breve testo sulla storia della vita del grande Maestro del proletaria-to internazionale e del contributo che egli lasciò, assieme a Engels, alla causa del proletariato e della lotta per liberarsi dalla schiavitù

del capitalismo e per il socialismo. Alla conclusione la Cellula rimi-nese ha ringraziato tutti i presen-ti dando appuntamento alle prossi-me iniziative.

Da simpatizzante del PMLI non voglio restare con le mani

in mano

Cari compagne/i,sono simpatizzante del PMLI

da lungo tempo e quand’ero in Emilia-Romagna per motivi di studio ho approfondito le mie conoscenze sui Maestri, ho avu-to il piacere di conoscere altre compagne/i, ho partecipato a ini-ziative di propaganda del Partito a Bologna.

Ora che sono tornato nella mia città di origine non posso certo restare con le mani in mano, no-nostante abbia un tempo limitato da dedicare, purtroppo, pur con tutta la buona volontà, lo spiri-to di abnegazione e sacrificio, la ferma disciplina che deve guida-re ogni compagna/o.

Rossi saluti.Giovanni – Campobasso

Sono interessato ad aderire al PMLISalve.Sono un giovane marxista,

ateo e astensionista.Dopo un’attenta lettura dello

Statuto e di alcune opere dei cin-que Maestri sono interessato ad aderire al PMLI in qualità di di-soccupato. Volevo conoscere le modalità di iscrizione al Partito.

Fiducioso di una vostra rispo-sta vi mando i miei più cari saluti e ringraziamenti.

Franco - Napoli

Una poesia per Scuderi

Compagno Segretario Scuderi / ci rammenti a ragione i grandi veri / Verità marxiste-leniniste / contro false opinioni revisioniste / Verità della natura e della storia / per una più vivida memoria.

Cari compagni, molto inge-

nua ma sentita, come poesiola. Rimbaudianamente, talora, “moi c’est un autre”.

Eugen

Una donazione per il PMLI

Gentile PMLI,ho effettuato un versamento

come donazione. Sono 10 euro ma di più non posso perché abi-to in affitto, mia madre è invalida e mio fratello disoccupato ormai da tre anni. Credetemi i soldi in casa non bastano mai.

Mi interessa il volume sulla vita e l’opera di Stalin.

Maurizio - provincia di Brescia

Lottiamo contro la nuova legge

elettorale mussoliniana

Care compagne e cari compa-

gni,grazie per avermi inviato l’ar-

ticolo sulla nuova legge elettora-le mussoliniana. Niente di nuovo sul fronte dell’applicazione della P2, un motivo in più per conti-nuare la nostra lotta contro il neo-fascismo imperante del duce Ber-lusconi e del “ducino” Renzi.

Un caro saluto marxista-leni-nista.

Andrea, operaio del Mugello (Firenze)

Vorrei informazioni sul volume di Stalin

Buonasera.Sono interessato all’acqui-

sto del volume “Stalin, la vita e l’opera” e vorrei maggiori infor-mazioni.

Matteo - Genova

I marxisti-leninisti all’attacco del nuovo esecutivo

A Fucecchio volantinaggio contro

il governo RenziIl PD paga i diffusori per la

propaganda alle sue primarie �Redazione di FucecchioCentinaia di volantini contro

il governo del Berlusconi demo-cristiano Renzi sono stati diffusi sabato 15 marzo davanti al su-permercato Coop di Fucecchio (Firenze). I compagni della Cel-lula “Vincenzo Falzarano” del PMLI non hanno voluto lasciare campo libero al nuovo governo che nella cittadina non ha avuto nessuna critica a parte quella del nostro Partito. A livello indivi-duale tanti mugugni da parte di esponenti e militanti del PD non renziani, da SEL e da quel che rimane del PRC ma nessun in-tervento contrario ufficiale. Del resto le elezioni amministrative sono dietro l’angolo e prevale l’inciucio sulle contrapposizio-ni. Tanto meno le critiche ven-gono dalla destra borghese anzi, qui spesso Renzi viene visto con simpatia; dal M5S non è perve-nuto alcun commento.

La nostra diffusione ha in-contrato reazioni contrastan-ti tra chi non ha alcuna fiducia nel nuovo governo e chi inve-

ce si è fatto momentaneamente abbindolare dalla propaganda e dal grande sostegno mediatico creato dalla borghesia attorno a Renzi. La fiducia delle mas-se è comunque poco convinta e presumibilmente sparirà con l’esperienza. Noi marxisti-leni-nisti faremo la nostra parte a Fu-cecchio come in tutta Italia per smascherare e combattere l’en-nesimo governo borghese che non porterà reale miglioramen-to alle condizioni di vita dei la-voratori e delle masse popolari.

A Fucecchio il PD è impe-gnato per il ballottaggio alle sue primarie e i sostenitori del-la candidata Silvia Melani (pro-veniente dalla vecchia DC) fa-cevano propaganda vicino a noi. Parlando con loro abbia-mo scoperto che vengono pa-gati 20 euro a diffusione. Altro che esercizio di democrazia e impegno di tanti volontari (che magari ci sono). In questo caso però si tratta di truppe a paga-mento che vengono arruolati per pochi spiccioli.

VoLANtINAggIoDeL PMLI A MILANo

Il mio primo volantinaggio per

il PMLI nella mia cittàCarissimi compagni,ho fatto il mio primo volan-

tinaggio all’ingresso del cen-tro commerciale della mia cit-tà. Di gente ce n’era poca, non è andata molto bene, ma qual-che volantino del PMLI contro il governo Renzi sono riuscita a diffonderlo.

Alcuni pensavano che fosse qualcosa da comprare, altri mi hanno detto che la politica fa

schifo e sono tutti uguali.Io da marxista-leninista però

non mollo, e cercherò di andare di nuovo al centro commerciale, magari un giorno con più movi-mento. Mi riprometto di mettere dei volantini sotto il tergicristal-lo delle auto.

Saluti marxisti-leninisti.

Sara – Castiglione del Lago (Perugia)

Per conoscere direttamente dai lavoratori e dagli studenti quali sono i loro problemi, le loro rivendicazioni, il loro parere sulla situazione politica, il loro stato d’animo, non c’è modo migliore di intervistarli durante le manifestazioni e le occupazioni.Naturalmente bisogna prepararsi bene prima dell’intervista avendo in mente le domande da porre in linea di massima e avendo con sé un registratore (o almeno un taccuino) e una macchina fotografica. Abbiamo già due modelli cui ispirarsi. Le interviste fatte dalla compagna Giovanna Vitrano e dal compagno Federico Picerni pubblicate rispettivamente su “Il Bolscevico n. 38/13 e n. 21/13.Si possono fare delle interviste anche durante i banchini.Le interviste sono utili pure per attirare l’attenzione sul PMLI e il suo organo .Coraggio, intervistate i lavoratori e gli studenti in lotta! Chi saranno i prossimi compagni a farle?

Riccione. A sinistra il monumento a Marx. Alla base il mazzo di fiori rossi de-posti dai marxisti-leninisti. Sopra un momento della commemorazione a Marx (foto Il Bolscevico)

Milano, 15 marzo 2014. La diffusione del Documento dell’Ufficio politico del PMLI contro il governo Renzi all’uscita della stazione metropolitana di Crescenzago (Milano) (foto Il Bolscevico)

Page 13: - Anno XXXVIII - Renzi lega il suo futuRo politico all’abolizione del … · 2014-11-24 · GOveRNO ReNzI” Il 12 aPRIle l’ipotesi della procura di Napoli è abuso di ufficio

N. 12 - 27 marzo 2014 cronache locali / il bolscevico 13L’ipotesi deLLa procura di NapoLi

è abuso di ufficio

de Magistris nuovamente

indagatoAvrebbe favorito il colonnello

Acanfora al ruolo di comandante della polizia municipale

Redazione di Napoli �

Sarebbe nuovamente indaga-to il neopodestà De Magistris e questa volta per abuso d’ufficio secondo l’ipotesi avanzata dal-la Procura di Napoli che dopo i fatti penalmente rilevanti relati-vi all’America’s cup e al manto stradale disastrato (per cui è at-tualmente sotto inchiesta), balza ai disonori della cronaca per un episodio delittuoso accaduto sot-to la sua amministrazione “aran-cione”. Si tratta della nomina del tenente colonnello della guar-dia di finanzia, Luigi Acanfora, a comandante della Polizia mu-nicipale partenopea: secondo la magistratura, il grado di Acanfo-ra non è compatibile con quello cui sarebbe stato designato per-ché non equiparato alla qualifi-ca di dirigente. La Procura ritie-ne che il grado del tenente non è equiparato alla qualifica da di-rigente e quindi non ha un’espe-rienza in funzione dirigenziale; di qui il reato ipotizzato di abuso di ufficio.

Già alla fine del 2013, quan-do si paventò il provvedimen-to del neopodestà arancione di portare Acanfora a comandante della Polizia municipale, mol-ti dubbi furono espressi all’atto della nomina sia per la smania legalitaria e repressiva che De Magistris si porta fin da quando abbandonò la toga, sia per i rap-porti strettissimi, quasi familiari tra l’ex magistrato e Acanfora, atteso che il tenente colonnello è un amico stretto dell’ex pm ed è

stato suo testimone di nozze. La nomina di Acanfora, formaliz-zata nel dicembre 2013, era sta-ta ritirata a inizio febbraio in se-guito alla bocciatura del piano di riequilibrio delle finanze comu-nali da parte della Corte dei Con-ti. L’indagine è nata dall’esposto presentato dal generale Luigi Se-menta, numero uno della poli-zia municipale dal 2008 al luglio 2012. Ciò a conferma delle lotte intestine che stanno esplodendo tra gli ex amici della giunta aran-cione e che ora, come Semen-ta, si pongono in una posizione di aperto contrasto con De Ma-gistris e compari. L’ex pm, con-fermando la propria fiducia al tenente, ha dichiarato a febbra-io scorso che “per il momento non è stato possibile procedere alla nomina, per i prossimi mesi la sede di comando della polizia sarà vacante”.

Mentre l’opposizione di de-stra punta l’indice su De Magi-stris nonostante una vergognosa e connivente opposizione di car-ta, la giunta antipopolare conti-nua a languire su promesse non mantenute, eventi falliti (l’ul-timo quello del “Forum delle Culture” rimaneggiato e ridot-tissimo nel suo programma) e politiche su lavoro, casa e servi-zi sociali che sono ferme al palo come la raccolta differenzia-ta. Nulla di nuovo sotto il sole: l’esecutivo De Magistris è ugua-le se non peggiore delle prece-denti guidate dalla DC Iervolino e del rinnegato neoliberale Bas-solino.

inchiesta sulla sanità lombarda

forMigoNi sarà processato per corruzioNe e

associazioNe a deLiNquereSecondo i magistrati avrebbe ricevuto 8 milioni dalla clinica MaugeriDal nostro corrispondente �della Lombardia L’ex governatore ciellino del-

la Lombardia Roberto Formigo-ni, (ora senatore del NCD) con le accuse di associazione per delin-quere e corruzione è stato manda-to a processo per il caso Maugeri assieme all’ex assessore regiona-le Antonio Simone, al faccendiere Pierangelo Daccò e ad altri sette indagati. Accuse che l’ex dittato-re regionale ha sempre respinto; lo ha deciso il gup (giudice per le indagini preliminari) Paolo Gui-di dopo circa cinque ore di came-ra di consiglio, il giudice, che ha in sostanza accolto la richiesta dei pm Laura Pedio, Antonio Pastore e Gaetano Ruta, ha solamente pro-sciolto Mario Cannata, avvoca-to ed ex consulente della Fonda-zione, e ha dichiarato il non luogo a procedere per alcuni fatti legati alle false fatturazioni avvenuti pri-ma del luglio 2013. Il prossimo 6 maggio, davanti ai giudici della decima sezione penale del tribu-nale, si aprirà un dibattimento che si annuncia lungo e delicato.

Alla sbarra, oltre a Formigoni - che è indagato anche per la vi-

cenda Guarischi l’ex consigliere regionale finito in carcere lo scor-so marzo perché ritenuto il collet-tore di un giro di presunte tangen-ti versate da alcuni imprenditori nel settore sanitario e per quella con al centro la discarica di cap-pella Cantone per aver approvato a più riprese tramite la sua Giunta delibere tendenti a rendere possi-bile la realizzazione della discari-ca, rimuovendo alcuni ostacoli le-gali, come quello che prevedeva una distanza minima di 5 km tra una discarica e l’altra o i vincoli del piano cave -, Daccò e Simone, ci saranno anche Costantino Pas-serino, ex direttore amministrati-vo della struttura di riabilitazione di Pavia, Carlo Lucchina, ex di-rettore generale dell’assessorato alla sanità, Nicola Maria Sanese, ex segretario generale del Pirello-ne, Alberto Perego, amico storico del boss di CL nonchè suo convi-vente con altri ‘Memores Domini’ (appartenenti all’associazione lai-cale che riunisce aderenti di Co-munione e Liberazione) nella casa in via Villani di proprietà di Sal-vatore Ligresti, Alessandra Mas-sei, ex dirigente regionale, Car-

la Vites , moglie di Simone (solo per riciclaggio), e Carlo Farina, il legale rappresentante di una so-cietà che, secondo le indagini, si sarebbe prestato per sottoscrivere contratti di consulenza fittizi con la Maugeri per giustificare il pre-sunto dirottamento di fondi dalle sue casse verso conti esteri. Dirot-tamento che, come hanno ricostru-ito le indagini, si sarebbe aggirato attorno ai 61 milioni di euro in una decina di anni, cifra che avrebbe costituito la cosiddetta ‘provvista’ per pagare, tramite Daccò e Simo-ne e sotto forma di benefit di lusso e utilità per circa 8 milioni, anche l’allora dittatore neofascista lom-bardo i suoi amici e familiari.

Viaggi aerei, vacanze ai Carai-bi o a bordo di maxi-yacht, fino a un maxi sconto per l’acquisto di una villa in Sardegna e, tra l’altro, finanziamenti elettorali, in cambio di delibere di giunta ad hoc che as-sicurassero alla Fondazione rim-borsi ‘indebiti’ per le funzioni non tariffabili (quindi extra Drg) e che, in base agli accertamenti, sono ar-rivati a sfiorare i 200 milioni di euro. Un meccanismo questo che per l’accusa ha riguardato anche il

San Raffaele, sebbene i fondi sot-tratti ammonterebbero a una cifra inferiore (per il crac dell’ospeda-le Daccò, in carcere dal novem-bre 2011 è già stato condannato a 9 anni in appello), e che ha porta-to i tre pm a ritenere che Formi-goni sarebbe stato tra i promotori di un’associazione per delinquere che avrebbe operato all’ombra del Pirellone per 14 anni, tra il 1997 e il 2011.

La Fondazione Maugeri impu-tata in qualità di persona giuridi-ca, nei mesi scorsi ha patteggiato, con il versamento di un milione di euro a titolo di sanzione pecunia-ria e la confisca di immobili per un valore di 16 milioni di euro mentre altre sei persone hanno chiesto di patteggiare pene che vanno da un anno e 10 mesi a 3 anni e 4 mesi. La richiesta di due di loro sarà va-lutata dal gup il prossimo 16 apri-le. Per spazzare via questo marcio sistema di clientele, corruttele e malaffare è necessario abbattere il capitalismo, perché i fatti e la sto-ria hanno dimostrato che solo il socialismo potrà cambiare vera-mente l’Italia ed instaurare la dit-tatura del proletariato.

Numero di telefono e fax della Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico”

Il numero di telefono e del fax della Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico” è il seguente 055 5123164. Usatelo liberamente, saremo ben lieti di comunicare con chiunque è interessato al PMLI e al suo Organo.

Verona

uN forzaNoVista iNsuLta uNa LaVoratrice Nera

Vergognoso episodio di raz-zismo presso la stazione “Porta Nuova” di Verona dove un simpa-tizzante di Forza Nuova in attesa di farsi un biglietto del treno si è tro-vato allo sportello una ragazza nera ma cittadina italiana in quanto nata a Palermo. Il razzista ha chiesto a gran voce che il biglietto gli venisse fatto da una bianca, sostenendo che la ragazza nera avrebbe fatto bene a tornarsene a casa sua.

Il razzista è stato arrestato

e davanti al giudice ha deciso di patteggiare rischiando cosi un’ammenda da 7.500 euro e un mese di carcere.

Con un sindaco come Flavio Tosi, leghista fino al midollo, del-fino di Maroni e, probabilmente, futuro responsabile della Lega Nord non c’è molto da scherzare. Appoggia incondizionatamente la “cultura” razzista. In una città come Verona, oggi più che mai multietnica, questo genere di

cose non dovrebbero più acca-dere. E intanto gli altri partiti bor-ghesi, il PD su tutti, fanno finta di niente cercando invece di tenersi strette le poltrone. Ma tutto que-sto è destinato a crollare.

Sebbene in città come queste le battaglie saranno molto più dure, alla fine vinceremo per l’Ita-lia unita, rossa e socialista.

Un membro della Cellula “1° Maggio-Portella 1947” di Palermo che lavora a Verona

proViNcia di MiLaNo

in arrivo la mannaia della giunta podestà

Tagli su scuola, trasporti e servizi sociali Redazione di Milano �Dopo la bufera delle “spese

pazze” scoppiata sull’ammini-strazione della provincia di Mi-

lano, guidata da Guido Podestà (ex PdL oggi NCD), per assun-zioni e consulenze “fuori con-trollo” riscontrate dalla Corte dei Conti, che ha concluso le sue indagini (vedi articolo su Il Bol-scevico n. 9 del 06/03/2014), ora si parla di pesanti tagli ai servizi pubblici, che andranno a colpire le masse popolari e lavoratici; dalla scuola, trasporti ai servizi sociali, sembra non esserci set-tore che passerà indenne dalla mannaia dell’assessore ai conti, Maurizio Cozzi.

Tanti tagli arriveranno a bre-ve termine, mentre molti sono già stati fatti, come la teleas-sistenza agli anziani, che non viene più finanziata dal primo febbraio, e i comuni che han-no deciso di mantenerla devo-no accollarsi le spese, stesso di-scorso vale per le biblioteche, gli istituti del nord-ovest hanno già subito una decurtazione del 70 per cento dei finanziamenti. Mentre per i dipendenti: il bloc-co del turnover negli ultimi anni ha portato i lavoratori di Palaz-zo Isimbardi da 2mila a 1.750, il settore sport, giovani e don-ne, da due anni non vede prati-camente più un centesimo per le proprie iniziative e nel futuro prossimo sarà ancora peggio.

Sulla carta il termine è il 30 aprile, data entro cui dovrebbe

essere approvato il bilancio pre-visionale per il 2014. Scaden-za che cade a ridosso del mese di maggio, l’ultimo della giun-ta neofascista governata da Gui-do Podestà (un nome una ga-ranzia!). In discussione ci sono quasi 100 milioni di euro in meno rispetto allo scorso anno. Un numero che si compone di due voci: da una parte ci sono gli 84 milioni di euro che la Provincia, per effetto del patto di stabilità, deve restituire allo Stato, dall’altra ci sono altri 20 milioni di euro circa di minori introiti dalle imposte sulle auto-mobili.

Tra le voci di entrate delle province ci sono quella sulla RC auto e la tassa sul trasferi-mento di autoveicoli (IPT, Im-posta provinciale di trascrizio-ne). Gettiti che sono in forte calo, come sentenziato dall’as-sessore Cozzi che non nascon-de che se il bilancio nel 2013 era di 320 milioni, quest’anno sarà tagliato del 25 per cento delle spese. In particolare inter-venendo su personale e utenze. A rimetterci come sempre sarà soprattutto la scuola pubblica che con lo stanziamento per il 2014 rischia di avere solo 6 mi-lioni di euro, praticamente la metà rispetto ai 12 milioni del-lo scorso anno. Un disastro se

si pensa che per tutti gli inter-venti di manutenzione ne servi-rebbero 50.

Razionalizzazioni in vista an-che per il trasporto pubblico su gomma, ossia le linee di auto-bus che collegano i comuni fuo-ri città. L’adeguamento dei con-tratti di servizio ha presentato per quest’anno un conto di 1,8 milioni di euro, da versare alle società che gestiscono le tratte - alla faccia del la gestione pri-vata che doveva far risparmiare! -, ma dalle casse della Provincia ne arriveranno solo 900mila.

Un discorso a parte riguarda poi il piano delle vendite immo-biliari: nel tentativo di far cas-sa, (che non inciderà per nulla sul contenimento dei tagli) Pa-lazzo Isimbardi ha redatto una lista di proprietà che cercherà di vendere - o meglio svendere per la gioia dei pescecani spe-culatori -, tra cui è finito an-che un centro culturale come lo spazio Oberdan. Questa è un’ulteriore conferma del di-sastroso fallimento della socie-tà capitalistica e delle sue isti-tuzioni borghesi, che schiaccia, sfrutta, opprime e impoverisce sempre di più le masse popola-ri e lavoratrici. L’avvenire del-le masse sta soltanto nella con-quista dell’Italia unita, rossa e socialista!

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14 il bolscevico / religioni N. 12 - 27 marzo 2014

Le reLigioni oppio dei popoLidi eugen galasso

Pubblichiamo la seconda e ul-tima parte dell’articolo di Eugen Galasso. La prima parte è stata pubblicata sul n. 11/2014.

Lo smascheramento delle re-ligioni, almeno in “Occidente”, inizia quantomeno con Nicco-lò Machiavelli (1469-1527), che la considera in stretta connessio-ne con gli interessi politici del “Principe” (“De Principatibus”, “sui principati” si chiama la sua opera più famosa), ritenendo, tra l’altro, il Cristianesimo inferio-re al Paganesimo, perché trop-po interessato alla trascendenza e all’“al di là” piuttosto che all’”al di qua”, a quanto è umano e terre-no. Riprendendo lo spirito di Boc-caccio ma anche di Dante, la sua polemica anticlericale è costante, in particolare quando nella “Man-dragola” mostra nel personaggio di “Fra’ Timoteo” la quintessen-za della corruzione. Si dirà: anti-clericalismo, non demistificazione della religione;invece non è vero, perché mostrando la dabbenaggi-ne dei “semplici”, Machiavelli in-siste, però, soprattutto sulla mali-zia (non sull’astuzia da “golpe e lione”) di personaggi che voglio-no convincere con argomenti fal-si, quelli, appunto, della religione, certo usata (come praticamente sempre) come “instrumentum re-gni”, strumento di dominio.

In un altro Fiorentino, Fran-cesco Guicciardini (1483-1540), generalmente considerato l’“An-ti-Machiavelli”, in quanto si era contrapposto all’“utopismo” ma-chiavelliano il suo realismo, il giu-dizio sulla religione è inequivoca-bile: se da un lato egli ritiene la sua opera è costantemente rivolto con-tro la chiesa e i preti, se uno dei tre desideri espressi “innanzi alla mia morte” è di vedere “il mondo libe-rato da questi scellerati preti” (dai “Ricordi, 14”), nella stessa ope-ra, sotto un’apparenza di pruden-za iniziale, egli demistifica ancora più duramente la religione: “Non combattete mai con la religione, né con le cose che pare che dipen-dono da Dio, perché questo obiet-to ha troppa forza nella mente de-gli sciocchi” (Ricordi, 31). Non appare lecito un’identificazione degli “sciocchi” del Guicciardi-ni con le classi popolari, specie

se consideriamo il fatto che, fino all’inizio del secolo 20°, in parti-colare nell’Italia “coperta di preti” (Jacques Brel), la chiesa cattolica si batteva convintamente contro l’istruzione obbligatoria.

Cattolicesimo e protestantesimo

Fosse stato per il Partito Po-polare, la Democrazia cristiana e i loro baluardi più che “in cielo”, nel Vaticano, l’istruzione obbliga-toria fino a 14 anni con successive aggiunte (potenzialmente, ma mai realmente, fino al diciottesimo anno d’età), non si sarebbe realiz-zata mai. Se in ambito cristiano la Riforma protestante segna un (pe-raltro solo relativo) progresso dal punto di vista della demistifica-zione degli elementi superstizio-si-miracolistici della religione, dal punto di vista politico, Martin Lu-tero (Martin Luther, 1483-1546), Giovanni Calvino (Jean Cauvin, 1509-1564), e Ulrico Zwingli (Huldrych Zwingli, 1484-1531) dal punto di vista politico furono tenacemente conservatori, anzi in parte dei “sinceri” (nel difendere le classi privilegiate) reazionari: come Lutero che, confrontato con la guerra contadina in Germania, in parte dell’Austria e della Sviz-zera, in Olanda, in parte dell’Italia settentrionale, scelse decisamente di difendere i principi, il cui potere deriverebbe da Dio (sic!).

La vera rivoluzione deriva in-

vece da personaggi quali Rodol-fo Belenzani (1372-1409), Tho-mas Muentzer (anche Muenzer, pure se la grafia corretta sareb-be la prima), Michael Gaismayr (1490-1532), rispettivamente nel Trentino, in Germania del Nord, nel Tirolo del Sud e anche nel Ve-neto. Se per Muentzer e Gaismayr vale sicuramente la definizione di Friedrich Engels, nell’opera “Der deutsche Bauernkrieg” (La guerra contadina germanica) di “Urkom-munismus”, ossia di comunismo allo stato iniziale, fondativo, per Belenzani) di cui Engels non apr-la), pur se il suo (e dei suoi non pochi seguaci) motto era “E via el popolo e el signor e mora i tradi-tor!”, gli elementi per affermarlo non bastano.

Ma a questo proposito, se cito i “fautori”, i “leader”, devo am-mettere che lo faccio per como-dità descrittiva: la storia è storia del popolo, dei popoli, delle classi sociali, pena il ricadere nella sto-ria delle “grandi individualità”, in quell’“idealismo storico” che giu-stamente il Mao contrappone alla corretta concezione marxista-leni-nista del “materialismo storico”. Importanti e lodevoli, ma anche assolutamente individuali ed eli-tarie sono invece esperienze come quelle di Giordano Bruno (1548-1600), notoriamente bruciato sul rogo in Campo de’ Fiori a Roma, che dal punto di vista della demi-stificazione della religione com-pie comunque un’operazione fon-damentale, negando l’esistenza di un Dio creatore, della Trinità, del-la “Provvidenza” di Dio nel mon-do. Ben più importante l’opera di Jean Meslier (la cui opera “Te-stament”), vissuto dal 1664-1729 sono state recentemente tradotte in italiano), che nel “Testament”, parla di fausseté (falsità) “des prétendues visions et révélations divines” (delle pretese rivelazioni divine) ma anche della “prétendue existence des dieux” (pretesa esi-stenza degli dei, dove ovviamen-te si intende anche il Dio ebraico-cristiano).

Ne aveva ben donde, peraltro, essendo stato sempre prete, anzi per meglio dire curato di campa-gna. E come tale, Meslier, vuole prima di tutto, informare il popolo della falsità della religione, met-tendolo in guardia per il fatto che, con la religione giustifica l’op-pressione sociale e la falsa (cioè imposta, innaturale) concordia tra le classi.

Lo smascheramento della religione

L’illuminismo, in gran par-te deistico (credenza in una divi-nità razionalmente attingibile), panteistico, solo in parte ateisti-co, è sostanzialmente quello di François-Marie Arouet detto Vol-taire (1694-1778), per il quale, se vale l’affermazione “Écrasez l’in-fâme” (schiacciate l’infame, in-tendendo ogni religione fatta chie-sa, cioè istituzionalizzata), come scrive nel “Traité de la toléran-ce” (trattato della tolleranza), vale però anche il “Si Dieu n’existait pas, il faudrait l’inventer” (“Se Dio non esistesse, bisognerebbe inventarlo”, dalll’“Épitre à l’au-teur du livre des Trois Imposteurs” (epistola all’autore del libro dei tre impostori, un libello anonimo che smascherava Mosé, Gesù e Mo-hammed come tre impostori). In altri termini: Voltaire, tipico espo-nente della borghesia illuminata, teme lo scatenamento di forze in-controllabili (leggi: rivolte, rivolu-zioni), nel caso non si creda più in un Dio, non inteso dogmaticamen-te ma razionale, quale “grande orologiaio del mondo” (Voltaire era massone, e “grande architetto del mondo” non è così diverso da “grande orologiaio”), ossia “ordi-natore” del mondo stesso.

Non a caso solo gli esponen-ti più radicali della Rivoluzione francese, quali François Noël (det-to Gracchus) Babeuf (1760-1797) e Filippo Buonarroti (1761-1837), Pisano, discendente da Michelan-gelo, tranquillamente definibili quali “comunisti prima di Marx”, privi cioè, perché predecessori, della teoria e della prassi dei Mae-stri, sono espressamente atei.

il marxismo e la religione

In Marx ed Engels tutto ciò, “vede finalmente terra”, per usa-re una celebre espressione del grande filosofo borghese Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831), per alcuni versi “maestro” di Marx ed Engels. Dice Marx nel 1844, scrivendo l’introduzio-ne a “Per la critica della filosofia del diritto di Hegel”: “La religio-

ne è il grido soffocato della cre-atura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, come è lo spirito di un mondo senza spi-rito. Essa è l’oppio del popolo”. Consideriamo che quando Marx scrive queste frasi, la prima guerra dell’oppio tra Cina e Regno Uni-to (1839-1842) si era già svolta e l’uso dell’oppio era già diffuso in Europa, in particolare per il “fa-scino orientale” esercitato sui bor-ghesi romantici.

Ad occuparsi poi di religione sarà soprattutto Friedrich Engels (1820-1896), che analizza le di-verse valenze del cristianesimo, non solo nella citata opera sulla guerra contadina, ma anche nel-la “Storia del cristianesimo pri-mitivo” (Urchristentum, nell’ori-ginale), dove mostra l’evoluzione dogmatica e reazionaria del cri-stianesimo, quando esso si “fa chiesa”, rilevando le origini con-crete, storico-economiche del cri-stianesimo stesso, dapprima re-ligione degli oppressi, poi degli oppressi, per semplificare brutal-mente.

Sarà Lenin in “Socialismo e re-ligione” (1905) a precisare ulte-riormente il concetto affermando: “L’impotenza delle classi sfrut-tate nei confronti degli sfrutta-tori produce necessariamente la credenza in una vita miglio-re nell’oltremondo, come l’im-potenza dell’uomo primitivo nei confronti della natura produce la credenza in dèi, diavoli, for-ze miracolose... La religione è oppio per il popolo”: ecco allora che la lotta contro chiese e religio-ni (quella ortodossa, quella catto-lica, quella islamica) nell’URSS

ma potenzialmente nei proletari di tutto il mondo diventa scelta ne-cessaria e ineliminabile, come di-mostra poi anche Stalin, che nel-le sue opere e nella sua azione (come sempre nei Maestri, si trat-ta di un’endiadi, di un’unità in due fasi tanto connesse da essere uni-te, di un’unità dialettica) difese il Diamat (materialismo dialettico) e lo Histomat (materialismo stori-co), dove entrambi sostengono un ateismo che richiami le concezio-ni suddette, ossia la religione qua-le surrogato della rivoluzione pro-letaria. Anche l’ironica domanda rivolta a Pierre Laval, primo mini-stro francese “Quante divisioni ha il papa?”è da leggere come esem-pio di concretezza storico-politica, come richiamo anti-utopistico alla scienza, alla realtà.

Del Presidente Mao si è det-to, nella sua critica implacabile di quella religione, pur diversa da quelle “trascendenti” occidentali, tanto da venire considerata da ta-luni, erroneamente, una “non re-ligione”. Costante, nella sua ope-ra (intesa nel duplice senso, come negli altri Maestri), la lotta con-tro il confucianesimo e le altre religioni, colpevoli di “far girare all’indietro la ruota della storia”, emblematica espressione del Pre-sidente. Ciò vale a fortiori oggi, quando sembra prevalga il disin-canto, mentre prevale la “self-ma-de religion” (religione fai da te), con culti presuntamente “neopa-gani”, “occultistici”, da “new age” e “next age”, che favoriscono il quietismo sociale (“pace sociale”) e l’individualismo più sfrenati.

(Fine)

Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHIe-mail [email protected] Internet http://www.pmli.itRedazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di FirenzeEditore: PMLI

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chiuso il 19/3/2014ore 16,00

(Seconda parte)

Il cappellano militare comandante generale nella milizia fascista. I cappellani fascisti, esempio del connubio religione e regime mussoliniano, non disdegnavano di invocare la benedizione di Dio sul re, sul “Duce invitto, perché con la sua potenza faccia l’Italia sempre più grande, esempio al mondo di ordine e di pace’’

Il cardinale Orsenigo, nunzio apostolico vaticano nella Germania nazista, si in-trattiene cordialmente con Hitler. Il 2 marzo 1939, a quattro giorni dalla propria elezione a pontefice, Pio XII scriveva a Hitler: “All’illustre Herr Adolf Hitler, Fuhrer e Cancelliere del Reich tedesco. All’inizio del nostro pontificato deside-riamo assicurarle che continueremo a impegnarci per il benenessere spirituale del popolo tedesco, che confida nella sua guida...”

Wojtila in visita a Santiago del Cile non disdegna di farsi acclamare accanto al dittatore fascista Pinochet dal terrazzo de La Moneda, il palazzo presidenziale. È il 6 aprile 1987

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N. 12 - 27 marzo 2014 esteri / il bolscevico 15Sotto la pressione dell’occupazione militare dell’imperialismo russo

PaSSa il referendum Sulla SeceSSione della crimea e la Sua incorPorazione nella federazione ruSSa

Usa e Ue: “Voto illegale e illegittimo”. Nuove sanzioni dell’imperialismo europeo. 50 mila in piazza a Mosca contro “l’occupazione della Crimea”Il NUoVo zar PUtIN PrePara l’aNNessIoNe

Nel referendum del 16 marzo la stragrande maggioranza degli elettori che si sono recati alle urne ha votato a favore della secessio-ne della Crimea dall’Ucraina e la sua incorporazione nella Federa-zione russa. Un risultato sconta-to determinato da una partecipa-zione al voto superiore all’80%, di oltre 1,5 milioni di elettori su-gli 1,8 aventi diritto, e dal plebi-scito ricevuto dal voto favorevo-le col 96,8% dei voti validi contro il 2,51% che ha preferito il ritor-no alla Costituzione del 1992 e lo status della Crimea come par-te dell’Ucraina; lo 0,7% le schede annullate.

C’erano pochi dubbi sul risul-tato del referendum che però si è tenuto sotto la pressione dell’oc-cupazione militare dell’imperia-lismo russo; sotto il controllo di una settantina di osservatori pro-venienti da 23 paesi ma soprattut-to sotto il controllo dei 22 mila soldati inviati dal Cremlino nella finora regione autonoma di Cri-mea a maggioranza russofona.

Il Parlamento della Crimea ha subito formalizzato la richie-sta di adesione alla Federazione russa, ha annunciato la naziona-lizzazione dei beni di Stato ucrai-ni, lo smantellamento delle forze militari ucraine, il pagamento di stipendi e pensioni in rubli e ha cambiato il nome dall’ucraino Rada al russo Duma.

Di pari passo il 17 marzo a Mosca il nuovo zar Vladimir Pu-tin preparava l’annessione fir-

mando il decreto per il rico-noscimento dell’indipendenza della Crimea. Nel testo del de-creto reso noto dal Cremlino si affermava che la Russia ‘’tenu-to conto della volontà del popolo della Crimea espresso con un re-ferendum del 16 marzo 2014 de-cide di riconoscere la Repubblica di Crimea come Stato sovrano e indipendente, dove la città di Se-bastopoli ha statuto speciale”. Il vicepresidente della Duma russa annunciava che la camera avreb-be approvato una legge per per-mettere l’adesione della Crimea “in tempi molto brevi” mentre il viceministro delle finanze russo spiegava che per la penisola po-trebbe essere istituito un regime fiscale speciale.

Il referendum è “legale” e “la Russia rispetterà il risultato”, ri-badiva Putin in una conversazio-ne telefonica con la cancelliera tedesca Angela Merkel, alla qua-le esprimeva inoltre la sua “pre-occupazione per le tensioni cre-ate nelle regioni meridionali e sud-orientali ucraine da grup-pi radicali, con il consenso del-le autorità di Kiev”. Che si po-trebbe leggere anche come una pesante minaccia per un possi-bile intervento dell’imperiali-smo russo nelle regioni a mag-gioranza russofona dell’Ucraina. Putin mostra i muscoli ma deve tenere conto non solo della rea-zione dei paesi imperialisti occi-dentali, che una volta riagguan-tata l’Ucraina non la molleranno

facilmente, ma anche di una op-posizione interna che seppur an-cora debole è stata capace di por-tare almeno 50 mila manifestanti in piazza a Mosca il 15 marzo per protestare contro l’intervento del-la Russia”l’occupazione della Crimea”.

Intanto Putin aveva parato il colpo in sede Onu ponendo il veto e quindi annullando una ri-soluzione del Consiglio di sicu-rezza contro il referendum in Cri-mea sponsorizzata dagli Usa. Il documento era stato votato da 13 paesi sui 15 membri, astenuta la Cina.

Un voto che secondo il pre-sidente americano Barack Oba-ma segnerebbe l’isolamento della Russia nella comunità internazio-nale. “Gli Stati Uniti e la comu-nità internazionale non ricono-sceranno mai il referendum sulla Crimea e sono pronti con gli al-leati europei a imporre ulterio-ri sanzioni alla Russia per le sue azioni”, ribadiva Obama aggiun-gendo che “nessuna risoluzione diplomatica può essere raggiunta mentre le forze militari russe con-tinueranno le loro incursioni nel territorio ucraino”.

L’Unione europea (Ue) tene-va i toni leggermente più bassi, come si vedrà anche nella deci-sione delle sanzioni, pur restando in asse con la Casa Bianca nel de-finire, col presidente Herman Van Rompuy e quello della Commis-sione José Barroso, la consulta-zione elettorale “illegale e illegit-

tima” e anticipando a urne ancora aperte che “il suo risultato non verrà riconosciuto”.

A queste contestazioni il go-verno della Crimea, ma prima ancora quello russo, avevano ri-sposto che se l’Onu aveva rico-nosciuto legale e legittimo il refe-rendum sul distacco del Kosovo dalla Serbia, appoggiato dai pa-esi imperialisti occidentali e “in-goiato” da Mosca, altrettanto si doveva considerare quello della Crimea. Una discussione in pun-ta di fioretto sui cavilli legislativi e costituzionali che confermano in ogni caso come nelle dispute fra paesi imperialisti la questione della “legalità” è pura ipocrisia, vale solo se funzionale ai rispet-tivi interessi.

Come preannunciato in seguito all’esito previsto del voto del 16 marzo il vertice dei ministri degli Esteri della Ue riunito a Bruxel-les il 17 marzo annunciava l’ado-

zione di sanzioni individuali con-tro otto politici della Crimea e 10 russi, inclusi membri della Duma e del consiglio federale e tre co-mandanti militari russi che avreb-bero avuto un ruolo per la seces-sione della Crimea dall’Ucraina e la sua annessione alla Russia. Nei loro riguardi erano previste limi-tazioni ai visti d’ingresso e il con-gelamento dei beni. Le sanzioni europee sono a tempo, valgono per sei mesi, e colpiscono politici russi di secondo piano tipo il vice-presidente della Duma. Secondo la Ue le sanzioni erano necessarie ma occorreva “evitare che la Rus-sia cada nelle proprie tentazioni di isolamento internazionale”, quel-la cui vorrebbe confinarla la Casa Bianca ma le relazioni economi-che e politiche di alcuni paesi eu-ropei con la Russia sono troppo importanti per essere subito mes-se in discussione.

La stessa precauzione non ap-

parteneva a Obama che firmava sanzioni per 7 ministri o parla-mentari russi e per 4 ucraini fi-lorussi individuate come diretta-mente “responsabili di azioni che minacciano l’integrità e la sovra-nità dell’Ucraina”. Beni congelati e visti bloccati per queste 11 per-sone mentre il Tesoro americano proponeva che anche le banche straniere e altre istituzioni finan-ziarie internazionali interrompes-sero i loro rapporti con aziende russe collegate agli 11 sanzionati.

E mentre la Duma russa con-fermava l’avvio della discussione di una legge che avrebbe consen-tito l’immediata annessione della Crimea messo in calendario per il 21 marzo, il premier ucraino Arseni Iatseniuk annunciava che nella stessa data avrebbe firmato a latere del vertice Ue la parte po-litica dell’accordo di associazio-ne e libero scambio tra Ucraina e Unione europea.

doPo la morte di un giovane colPito dai lacrimogeni della Polizia nel giugno ScorSo e divenuto Simbolo della ProteSta di gezi Park

due milioni in piazza in turchia contro il governo erdoganoltre 400 gli arrestati

Sono stati quasi due milioni, secondo il quotidiano turco Hur-riyet online, i dimostranti che hanno dato vita l’11 e il 12 marzo a manifestazioni di protesta e cor-doglio in almeno 53 città in tutto il paese dopo la morte del 15enne Berkin Elvan, il ragazzo simbo-lo della repressione di Gezi Park a Istanbul rimasto nove mesi in coma dopo essere stato colpito da un candelotto lacrimogeno. Ma-nifestazioni e duri scontri con la polizia si sono registrati in parti-colare a Istanbul, Ankara e Smir-ne con diverse decine di feriti e l’arresto di 417 dimostranti.

Con la morte del ragazzo sono diventati 8 i morti nelle proteste dello scorso anno, iniziate il 27 maggio dopo un violento inter-vento della polizia che aveva di-sperso a manganellate, lacrimo-geni e cannoni ad acqua il sit-in di protesta contro il taglio degli alberi di Gezi Park, il parco della

centrale piazza Taksim a Istanbul, che avrebbe dovuto cedere il po-sto alla speculazione edilizia. La protesta per la brutale repressio-ne poliziesca si era moltiplicata in breve tempo in tutto il paese per-corso da cortei contro il governo del primo ministro Recep Tayyip Erdogan.

Il bilancio ufficiale delle pro-teste si era fermato a 7 morti, oltre 8 mila feriti e centinaia di ferma-ti e arrestati. Durante una di que-ste manifestazioni, il 16 giugno, il giovane che era uscito di casa per andare a comprare il pane, era stato colpito alla testa da uno dei lacrimogeni che la criminale po-lizia di Erdogan sparava a altez-za d’uomo con l’intenzione di uc-cidere. Da allora era in stato di coma in un’ospedale di Istanbul di fronte al quale spesso si radu-navano ancora molti manifestan-ti per esprimere la loro solidarie-tà e tenere vivo il ricordo della

protesta. Manifestanti che erano aumentati di numero ai primi di marzo quando le condizioni del giovane erano peggiorate. E l’11 marzo alla notizia della sua mor-te centinaia di manifestanti riuni-ti davanti l’ospedale hanno dato vita alla prima protesta rispon-dendo con il lancio di sassi alle cariche e al lancio dei lacrimoge-ni della polizia che voleva disper-derli. E le piazze di tutto il paese sono tornate a incendiarsi chie-dendo la condanna dei responsa-bili dell’assassinio del giovane e le dimissioni del primo ministro Erdogan e del suo governo.

Forti le proteste nel quartiere popolare di Okmeydani, a Istan-bul, abitato dalla minoranza ale-vita di cui il ragazzo faceva par-te. Proteste e scontri in molte città da quelle principali Istanbul e An-kara alle minori, Adana, Mersin, Smirne, Eskisehir, Antiochia, An-talya, Bursa. Almeno 20 i feriti negli scontri e oltre 150 manife-stanti arrestati.

Altrettanto partecipate e com-battive le manifestazioni di soli-

darietà e di cordoglio del 12 mar-zo in tutto il paese in occasione dei funerali del giovane Berkin accompagnato nel quartiere di Okmeydani a Istanbul dai negozi che abbassavano le saracinesche

in segno di lutto. In prima fila nel-le manifestazioni e negli scontri gli studenti di scuole secondarie e università in particolare a Istan-bul e Ankara. A fine giornata si conteranno altri feriti e arrestati.

Una decina di manifestazioni di protesta si svolgevano in conco-mitanza coi funerali anche in di-verse capitali estere, da Parigi a Londra, Vienna, New York, Ber-lino e Stoccolma.

le proteste contro il governo erdogan per la morte del giovane manifestante

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