Anno XXIX - N. 4 EDIZIONE TRIMESTRALE Il Cenacolo … · delle vacche, che, per il periodo del loro...

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T anti, tanti anni fa, quan- do i nomadi si chiama- vano ancora zingari e giravano in roulotte da un paese all’altro, accomodando caldai di rame e affilando col- telli, accadde che, poco prima di Natale, giungesse una loro carovana presso un paesino delle Marche. Si accamparo- no in uno spiazzo normal- mente adibito al mercato delle vacche, che, per il periodo del loro soggiorno, fu trasferito altrove. Mentre stavano ancora piaz- zando i loro mezzi, fissando le ruote al terreno, avvenne un fermento insolito nel paese. Gli uomini si misero a controllare le chiusure delle porte e delle finestre, siste- mando lucchetti ai magazzini e tappando eventuali vetri rotti, mentre le donne conta- vano ripetutamente il polla- me, spingendolo bene all’in- terno dei recinti, redarguiva- no i figli che si allontanavano per giocare, tenendoli più stretti che mai alla propria sottana, perché, girava voce, che rubassero i bambini. Nei giorni seguenti, pur nel- l’allerta massima, alcuni uomini si recarono al campo con caldai e pentoloni di rame, per farli accomodare. A quell’epoca si cucinava anco- ra nei camini sulla fiamma viva e si usava rimestare il cibo in quei grandi recipienti che ogni tanto cadevano e si ammaccavano, inoltre erano talmente vecchi e a lungo tra- mandati, che non di rado ave- vano veri e propri squarci. Ai bordi dell’insediamento, non lontano dalle roulotte, alcuni zingari vociavano nella loro lingua per attirare l’attenzione. Avevano predi- sposto l’occorrente per la riparazione del rame vicino ad una grande pira accesa e, poco distante, c’erano anche le mole e l’acqua per l’affila- tura dei coltelli. Le zingare portavano delle grosse colla- ne di corallo sui loro cenci variopinti, con enormi orec- chini pendenti o a cerchio e le vecchie mostravano una chio- stra di denti d’oro. Quando parlavano tra di loro, non si capiva niente. I primi avventori del paese consegnarono i propri conte- nitori, senza perderne mai con lo sguardo il percorso, perché, come pensavano, “non si sa mai”, ma ogni oggetto torna- va infine perfettamente in ordine ed era riconsegnato dietro pagamento di pochi spiccioli. La stessa cosa avve- niva per i coltelli. Preso coraggio, dopo i primi paesani, una piccola folla si assiepò presso il recinto degli zingari, ciascuno recava qual- cosa da accomodare o qual- che coltellaccio che non tagliava più bene. Puntualmente, tutto ritornava riparato a buon mercato. Qualche pollo, però o qualche oca sparivano, ma non più di tanto e quando le donne se ne accorgevano, imprecando, starnazzavano tra loro più delle loro bestie da cortile, si lamentavano di tutta quella presenza, aspettando impa- zienti che se ne andassero. Una mattina, prima dell’alba, la carovana se ne andò, senza che nessuno potesse vederla partire. Quando a giorno fatto, i primi curiosi giunsero allo spiazzo, si accorsero che non solo gli zingari non avevano portato via niente, che non fosse proprio, ma addirittura si erano dimenticati di una cesta piena di stracci. Guardato dentro, con grande sorpresa, si accorsero che conteneva un bambino di pochi mesi. In un attimo tutto il paese si radunò intorno alla cesta per vedere, un fatto del genere non si era mai verificato, per cui arrivarono anche il curato, il sindaco e una camionetta dei carabinieri. La carovana era ormai lonta- na e chissà dove, si decise dunque di affidare il bambino alla maestra e a suo marito che gestiva un negozio di frutta e verdura. Non avevano figli, pertanto, col tempo, riuscirono ad adottare il bam- bino. Di loro non si sa più nulla, perché, dopo alcuni anni, emigrarono tutti e tre in Argentina e pare che abbiano fatto fortuna, del bambino raccontano solo che aveva i capelli rossi e gli occhi chiari. A lla ripresa dell’attività associativa, dopo la pausa estiva, mi ha fatto visita il consigliere Dino Conti portando- mi in dono un piccolo volume postumo di suo figlio Pierpaolo, che, il 26 settembre 2012, a qua- rant’anni, ci ha dolorosamente lasciati, dopo aver lottato con indiscutibile fede e serenità, per dieci lunghissimi anni, con una malattia che non perdona e che ha sconvolto la sua vita e quella di tutti coloro che gli sono stati accanto. Il libro, edito, nel mese di agosto 2018, dalla Tau Editrice di Todi (PG), curato e voluto, dopo sei anni dalla consorte Franca Muroni, ci fa scoprire la multifor- me, interessante, serena e religio- sa storia della sua breve esisten- za. E’ un libro che l’autore aveva iniziato a scrivere qualche tempo prima della sua scomparsa e che non riuscì a concludere. La con- sorte, con convinta determinazio- ne, ha deciso la sua stampa, aggiungendo commenti personali ed altri scritti inediti del consorte per integrare il racconto della sua vita, permettendoci di scopri- re chi era veramente Pierpaolo e quello che ha fatto nei vari setto- ri di attività nella sua breve esi- stenza. Pierpaolo, studente della facoltà di Giurisprudenza (forza- tamente interrotta a tre esami dalla fine), è stato poeta, scritto- re, giornalista, sportivo praticante (come componente di una squa- dra di calcio a cinque) e convin- to tifoso della squadra di calcio “Lazio” (seguita nella “Curva Nord” finché le forze glielo hanno permesso). Professionalmente era funziona- rio della “Società Dante Alighieri” come responsabile della rivista trimestrale “Pagine della Dante”, dell’Ufficio Stampa e del sito internet – La stessa, per onorare e ricordare nel tempo la sua meritevole attività, gli ha anche intitolato una sala di rap- presentanza. Nel tempo libero, svolgeva anche un’assidua e disinteressata attivi- tà di volontario presso l’Opera Don Guanella aiutando e confor- tando i ricoverati e tutti coloro che il Signore gli metteva accan- to. Pregava con insistenza mai stanca e alla preghiera univa la sua attività in parrocchia (che gli ha intestato, a perenne memoria, un campetto di calcio), come catechista e come Ministro Straordinario dell’Eucarestia. In questa attività, era particolarmen- te amato dai grandi e dai piccoli, verso quest’ultimi, si rivolgeva con tanto affetto educandoli reli- giosamente, rallegrandoli e, a volte, seguendoli anche negli studi. Ricordo perfettamente, ed ancora con grande commozione, il suo funerale nella chiesa di Santa Maria della Presentazione a Torrevecchia (la sua parroc- chia) i presenti, numerosissimi, manifestavano tutti affranti la loro costernazione! E’ un libro interessantissimo, di centotrentadue pagine che si leg- gono tutto di un fiato, scritto con un italiano scorrevole e corretto ed a due mani con la consorte Franca che, oltre a curare tutta l’impostazione grafica, nella prima parte, ha inserito sue noti- zie atte a completare l’Excursus Vitae di Pierpaolo ed i piacevoli, disperati e sofferti momenti della loro vita coniugale. Concludo con la prefazione di Robert Cheaib, diventato amico dei coniugi Conti, occasional- mente, subito dopo il loro matri- monio. E’ molto breve, ma espri- me concetti altamente significati- vi sui pregi dei due acquisiti amici! A seguire mi piace riporta- re alcuni punti che mi hanno col- pito e che condivido pienamente: Robert era attratto da Pierpaolo che pur con la minaccia di una malattia, nunzia di morte, aveva gioia e aveva Vita || Pierpaolo non c’è più fisicamente, ma c’è in tanti giovani che hanno avuto la grazia di averlo come formatore. C’è nella parrocchia dove ha fatto catechismo per tantissimi anni||e c’è anche in una perso- na che mi è più che amica, è una sorella, la sua sposa Franca, che mi ha dato l’onore e l’onere di premettere e presentare quest’o- pera||E’ con tanta reverenza e con tremore sacro che scrivo que- ste righe, volutamente brevi, per paura di intralciare con la prosa il contatto e l’impatto immediato con la musica di un uomo che ha vissuto ed è morto in odore di santità||Rimanendo nell’ana- logia musicale, questo testo si compone di due canti convergen- ti: il primo canto è un duetto: Franca che ricostruisce la vita di Pierpaolo, il loro incontro, la loro gioia e la loro battaglia con- tro la malattia. Nella sua voce si sente la voce di lui e si percepisce la sua presenza. Il secondo canto è il libro che Pierpaolo aveva ini- ziato a scrivere, un libro di reali- smo dove si tocca con mano il difficile ma affascinante cammi- no di santificazione della sorte umana”. Suggerisco, a chi mi legge, un’at- tenta lettura dello stesso, perché con essa si rivive con commozio- ne e con sentita partecipazione la lotta che i due giovani sposi hanno combattuto, per dieci lun- ghissimi anni, con il male incura- bile che ha distrutto la loro tor- mentata e breve convivenza coniugale! Per gli interessati all’acquisto, infor- mo che il libro è disponibile presso la casa editrice al prezzo di 10 euro e che il ricavato della vendita sarà destina- to ai “Missionari Saveriani” che ope- rano in Burundi (Africa). Tau Editrice – Via Umbria, 148/7 06059 Todi (PG) – Tel. 075 8980433 www.taueditrice.com [email protected] Anno XXIX - N. 4 OTTOBRE - NOVEMBRE - DICEMBRE 2018 EDIZIONE TRIMESTRALE PERIODICO DELL’ASSOCIAZIONE “CENACOLO MARCHIGIANO” DI ROMA - SEDE VIA MATTEO BOIARDO, 19 - 00185 ROMA - TEL./FAX 06-77.20.51.78 IL "CENACOLO MARCHIGIANO" ADERISCE ALL'UNAR (Unione delle Associazioni Regionali di Roma e del Lazio). E' ISCRITTO NEL "REGISTRO REGIONALE DELLE ASSOCIAZIONI" DI PROMOZIONE SOCIALE DELLA REGIONE LAZIO (Art. 9 L.R. 1 Set. 1999 N. 22) CON DETERMINAZIONE N. D 1044 DEL 22 Mar. 2007. E' ISCRITTO ALL'ALBO REGIONALE DELLE ASSOCIAZIONI DEI MARCHIGIANI RESIDENTI IN ALTRE REGIONI ITALIANE (DDPF N. 73/IPC DEL 03 Apr. 2012) GUIDA INSOLITA - 55° PASSO Poco prima di Natale... di Irene Affede Di Paola PIERPAOLO CONTI Un ponte arcobaleno tra i prati e il cielo APPUNTI DI ETERNITA’ Recensione di Duilio Benvenuti DIFFUSIONE GRATUITA Arrivo degli Zingari in paese di Cesare Bentivoglio Il Cenacolo Marchigiano di Roma Vergine Lauretana Continua a pagina 2 A Roma, nel complesso monumentale di San Salvatore in Lauro – affidato alle amorevoli cure della più antica Istituzione marchigiana operante nella capitale, il Pio Sodalizio dei Piceni – vi è la così chiamata Chiesa dei Marchigiani, ove si venera la Virgo Lauretana. Il visitatore attento che, percorsa la navata centrale, si soffermasse nell’ultima cappellina di sinistra, noterà sul pavimento una spoglia pietra tombale con sopra scritto De Tiracordis. Un così semplice epitaffio non lascia certo presagire la grandezza del personaggio ivi sepolto: Giovanni Tiracorda proveniente dal Castello di Alteta (vds.foto), all’epoca appartenente al contado di Fermo (XVII sec.), oggi Frazione del Comune di Montegiorgio (FM). In ammirevole umiltà, Giovanni Tiracorda - al suo tempo medico primario presso l’Ospedale Santo Spirito in Sassia (adiacente al Vaticano), maestro di Giovanni Maria Lancisi (che supererà il maestro!), rinomato archiatra pontificio per oltre un trentennio e molto altro ancora - è lì sepolto, presso la Virgo Lauretana, visto il suo profondo legame con la Confraternita della Santa Casa di Loreto (denominazione antecedente del Pio Sodalizio dei Piceni). Del Tiracorda si hanno notizie frammentarie. Il suo aspetto doveva essere grassoccio e gioviale, almeno così lo raffigura Pier Leone Ghezzi (opera tuttora conservata nella biblioteca Vaticana). I maggiori riferimenti sul suo operato sono reperibili presso l’attuale biblioteca del Pio Sodalizio dei Piceni. Di fatti egli frequenta la facoltà di medicina della Sapienza in Roma sostenuto da una borsa di studio del Sodalizio e, successivamente, prenderà alloggio nel Palazzetto di Via dell’Orso, uno dei “palazzi piceni” ancora oggi di proprietà della Fondazione marchigiana, attiguo alla medioevale Osteria dell’Orso tuttora in esercizio. Il Dottor Tiracorda vi abiterà con la sua famiglia, la moglie Paradisa e tre figlie. La sua fama si diffonde presto nella capitale e oltre; è medico dei Principi Pamphilj e, quando uno di loro (Giovan Battista) diviene Papa con il nome di Innocenzo X, sarà nominato archiatra pontificio e, contestualmente, primario del- l’Archispedale di Santo Spirito in Sassia, che verrà considerato il più importante luogo di ricerca scientifica in ambito medico; il Tiracorda assurgerà a Corifeo dei Medici del suo tempo (una sorta di guida scientifica, un autorevole punto di riferimento per i suoi colleghi). Morto Innocenzo X (1655), si ha motivo ritenere che il nostro illustre medico marchigiano abbia verosimilmente continuato ad essere responsabile della salute dei successori al soglio di Pietro - Alessandro VII Chigi, Clemente IX Rospigliosi, Clemente X Altieri - dalla sua cattedra in Santo Spirito in Sassia (evidenze in tal senso si rilevano sotto il pontificato di Clemente X (1670 – 1676). Nel frattempo entra in scena Giovanni Maria Lancisi, che nel 1676 diviene assistente del Tiracorda. Tra maestro e allievo si instaurerà un profondo legame di rispetto, GIOVANNI TIRACORDA Illustre medico marchigiano, archiatra pontificio e non solo di Anselmo Donnari Natività di Gesù di Pietro Paolo Agabiti (1470 ca. 1540 ca.) Pittura ad olio su tavola. Localizzazione Jesi (AN) NATALE 2018 - CAPODANNO 2019 Ai Soci ed ai loro Familiari, ai Sostenitori ed Amici del Cenacolo gli auguri più belli e cordiali per un sereno e felice Natale e per un prospero anno nuovo. Copertina del libro Palazzo Tiracorda ad Alteta

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Tanti, tanti anni fa, quan-do i nomadi si chiama-vano ancora zingari e

giravano in roulotte da unpaese all’altro, accomodandocaldai di rame e affilando col-telli, accadde che, poco prima

di Natale, giungesse una lorocarovana presso un paesinodelle Marche. Si accamparo-no in uno spiazzo normal-mente adibito al mercatodelle vacche, che, per ilperiodo del loro soggiorno, futrasferito altrove.Mentre stavano ancora piaz-zando i loro mezzi, fissandole ruote al terreno, avvenneun fermento insolito nelpaese. Gli uomini si misero acontrollare le chiusure delleporte e delle finestre, siste-mando lucchetti ai magazzinie tappando eventuali vetrirotti, mentre le donne conta-vano ripetutamente il polla-me, spingendolo bene all’in-terno dei recinti, redarguiva-no i figli che si allontanavanoper giocare, tenendoli piùstretti che mai alla propriasottana, perché, girava voce,che rubassero i bambini.Nei giorni seguenti, pur nel-l’allerta massima, alcuniuomini si recarono al campocon caldai e pentoloni dirame, per farli accomodare. Aquell’epoca si cucinava anco-ra nei camini sulla fiammaviva e si usava rimestare ilcibo in quei grandi recipientiche ogni tanto cadevano e siammaccavano, inoltre eranotalmente vecchi e a lungo tra-mandati, che non di rado ave-vano veri e propri squarci.Ai bordi dell’insediamento,non lontano dalle roulotte,alcuni zingari vociavanonella loro lingua per attirarel’attenzione. Avevano predi-sposto l’occorrente per lariparazione del rame vicinoad una grande pira accesa e,poco distante, c’erano anchele mole e l’acqua per l’affila-tura dei coltelli. Le zingareportavano delle grosse colla-ne di corallo sui loro cencivariopinti, con enormi orec-chini pendenti o a cerchio e levecchie mostravano una chio-stra di denti d’oro. Quandoparlavano tra di loro, non sicapiva niente.I primi avventori del paese

consegnarono i propri conte-nitori, senza perderne mai conlo sguardo il percorso, perché,come pensavano, “non si samai”, ma ogni oggetto torna-va infine perfettamente inordine ed era riconsegnato

dietro pagamento di pochispiccioli. La stessa cosa avve-niva per i coltelli.Preso coraggio, dopo i primipaesani, una piccola folla siassiepò presso il recinto deglizingari, ciascuno recava qual-cosa da accomodare o qual-che coltellaccio che nontagliava più bene. Puntualmente, tutto ritornavariparato a buon mercato.Qualche pollo, però o qualcheoca sparivano, ma non più ditanto e quando le donne se neaccorgevano, imprecando,starnazzavano tra loro piùdelle loro bestie da cortile, silamentavano di tutta quellapresenza, aspettando impa-zienti che se ne andassero.Una mattina, prima dell’alba,la carovana se ne andò, senzache nessuno potesse vederlapartire. Quando a giorno fatto, iprimi curiosi giunsero allospiazzo, si accorsero che nonsolo gli zingari non avevanoportato via niente, che nonfosse proprio, ma addiritturasi erano dimenticati di unacesta piena di stracci.Guardato dentro, con grandesorpresa, si accorsero checonteneva un bambino dipochi mesi. In un attimo tutto il paese siradunò intorno alla cesta pervedere, un fatto del generenon si era mai verificato, percui arrivarono anche il curato,il sindaco e una camionettadei carabinieri. La carovana era ormai lonta-na e chissà dove, si decisedunque di affidare il bambinoalla maestra e a suo maritoche gestiva un negozio difrutta e verdura. Non avevanofigli, pertanto, col tempo,riuscirono ad adottare il bam-bino.Di loro non si sa più nulla,perché, dopo alcuni anni,emigrarono tutti e tre inArgentina e pare che abbianofatto fortuna, del bambinoraccontano solo che aveva icapelli rossi e gli occhi chiari.

Alla ripresa dell’attivitàassociativa, dopo la pausaestiva, mi ha fatto visita il

consigliere Dino Conti portando-mi in dono un piccolo volume

postumo di suo figlio Pierpaolo,che, il 26 settembre 2012, a qua-rant’anni, ci ha dolorosamentelasciati, dopo aver lottato conindiscutibile fede e serenità, perdieci lunghissimi anni, con unamalattia che non perdona e che hasconvolto la sua vita e quella ditutti coloro che gli sono statiaccanto. Il libro, edito, nel mese di agosto2018, dalla Tau Editrice di Todi(PG), curato e voluto, dopo seianni dalla consorte FrancaMuroni, ci fa scoprire la multifor-me, interessante, serena e religio-sa storia della sua breve esisten-za. E’ un libro che l’autore avevainiziato a scrivere qualche tempoprima della sua scomparsa e chenon riuscì a concludere. La con-sorte, con convinta determinazio-ne, ha deciso la sua stampa,aggiungendo commenti personalied altri scritti inediti del consorteper integrare il racconto dellasua vita, permettendoci di scopri-re chi era veramente Pierpaolo equello che ha fatto nei vari setto-ri di attività nella sua breve esi-stenza. Pierpaolo, studente dellafacoltà di Giurisprudenza (forza-tamente interrotta a tre esamidalla fine), è stato poeta, scritto-re, giornalista, sportivo praticante(come componente di una squa-dra di calcio a cinque) e convin-to tifoso della squadra di calcio“Lazio” (seguita nella “CurvaNord” finché le forze glielohanno permesso).Professionalmente era funziona-rio della “Società DanteAlighieri” come responsabiledella rivista trimestrale “Paginedella Dante”, dell’Ufficio Stampae del sito internet – La stessa, peronorare e ricordare nel tempo lasua meritevole attività, gli haanche intitolato una sala di rap-presentanza.Nel tempo libero, svolgeva ancheun’assidua e disinteressata attivi-tà di volontario presso l’OperaDon Guanella aiutando e confor-tando i ricoverati e tutti coloroche il Signore gli metteva accan-to. Pregava con insistenza maistanca e alla preghiera univa lasua attività in parrocchia (che gliha intestato, a perenne memoria,un campetto di calcio), comecatechista e come MinistroStraordinario dell’Eucarestia. Inquesta attività, era particolarmen-

te amato dai grandi e dai piccoli,verso quest’ultimi, si rivolgevacon tanto affetto educandoli reli-giosamente, rallegrandoli e, avolte, seguendoli anche neglistudi. Ricordo perfettamente, edancora con grande commozione,il suo funerale nella chiesa diSanta Maria della Presentazionea Torrevecchia (la sua parroc-chia) i presenti, numerosissimi,manifestavano tutti affranti laloro costernazione! E’ un libro interessantissimo, dicentotrentadue pagine che si leg-gono tutto di un fiato, scritto conun italiano scorrevole e correttoed a due mani con la consorteFranca che, oltre a curare tuttal’impostazione grafica, nellaprima parte, ha inserito sue noti-zie atte a completare l’ExcursusVitae di Pierpaolo ed i piacevoli,disperati e sofferti momenti dellaloro vita coniugale. Concludo con la prefazione diRobert Cheaib, diventato amicodei coniugi Conti, occasional-mente, subito dopo il loro matri-monio. E’ molto breve, ma espri-me concetti altamente significati-vi sui pregi dei due acquisitiamici! A seguire mi piace riporta-re alcuni punti che mi hanno col-pito e che condivido pienamente:“Robert era attratto da Pierpaoloche pur con la minaccia di unamalattia, nunzia di morte, avevagioia e aveva Vita |…| Pierpaolonon c’è più fisicamente, ma c’è intanti giovani che hanno avuto lagrazia di averlo come formatore.C’è nella parrocchia dove hafatto catechismo per tantissimianni|…|e c’è anche in una perso-na che mi è più che amica, è unasorella, la sua sposa Franca, chemi ha dato l’onore e l’onere dipremettere e presentare quest’o-pera|…|E’ con tanta reverenza econ tremore sacro che scrivo que-ste righe, volutamente brevi, perpaura di intralciare con la prosail contatto e l’impatto immediatocon la musica di un uomo che havissuto ed è morto in odore disantità|…|Rimanendo nell’ana-logia musicale, questo testo sicompone di due canti convergen-ti: il primo canto è un duetto:Franca che ricostruisce la vita diPierpaolo, il loro incontro, laloro gioia e la loro battaglia con-tro la malattia. Nella sua voce sisente la voce di lui e si percepiscela sua presenza. Il secondo cantoè il libro che Pierpaolo aveva ini-ziato a scrivere, un libro di reali-smo dove si tocca con mano ildifficile ma affascinante cammi-no di santificazione della sorteumana”. Suggerisco, a chi mi legge, un’at-tenta lettura dello stesso, perchécon essa si rivive con commozio-ne e con sentita partecipazione lalotta che i due giovani sposihanno combattuto, per dieci lun-ghissimi anni, con il male incura-bile che ha distrutto la loro tor-mentata e breve convivenzaconiugale!

Per gli interessati all’acquisto, infor-mo che il libro è disponibile presso lacasa editrice al prezzo di 10 euro e cheil ricavato della vendita sarà destina-to ai “Missionari Saveriani” che ope-rano in Burundi (Africa).

Tau Editrice – Via Umbria, 148/706059 Todi (PG) – Tel. 075 8980433

www.taueditrice.com [email protected]

Anno XXIX - N. 4 OTTOBRE - NOVEMBRE - DICEMBRE 2018EDIZIONE TRIMESTRALE

PERIODICO DELL’ASSOCIAZIONE “CENACOLO MARCHIGIANO” DI ROMA - SEDE VIA MATTEO BOIARDO, 19 - 00185 ROMA - TEL./FAX 06-77.20.51.78IL "CENACOLO MARCHIGIANO" ADERISCE ALL'UNAR (Unione delle Associazioni Regionali di Roma e del Lazio). E' ISCRITTO NEL "REGISTRO REGIONALE DELLE ASSOCIAZIONI" DI PROMOZIONE SOCIALE DELLA REGIONE LAZIO

(Art. 9 L.R. 1 Set. 1999 N. 22) CON DETERMINAZIONE N. D 1044 DEL 22 Mar. 2007. E' ISCRITTO ALL'ALBO REGIONALE DELLE ASSOCIAZIONI DEI MARCHIGIANI RESIDENTI IN ALTRE REGIONI ITALIANE (DDPF N. 73/IPC DEL 03 Apr. 2012)

GUIDA INSOLITA - 55° PASSOPoco prima di Natale...

di Irene Affede Di Paola

PIERPAOLO CONTIUn ponte arcobaleno tra i prati e il cielo

APPUNTI DI ETERNITA’Recensione di Duilio Benvenuti

DIFFUSIONE GRATUITA

Arrivo degli Zingari in paese di Cesare Bentivoglio

Il CenacoloMarchigiano

di Roma Vergine Lauretana

Continua a pagina 2

ARoma, nel complesso monumentale di San Salvatore in Lauro– affidato alle amorevoli cure della più antica Istituzionemarchigiana operante nella capitale, il Pio Sodalizio dei Piceni

– vi è la così chiamata Chiesa dei Marchigiani, ove si venera la VirgoLauretana.Il visitatore attento che, percorsa la navata centrale, si soffermassenell’ultima cappellina di sinistra, noterà sul pavimento una spogliapietra tombale con sopra scritto De Tiracordis. Un così sempliceepitaffio non lascia certo presagire la grandezza del personaggio ivisepolto: Giovanni Tiracorda proveniente dal Castello di Alteta(vds.foto), all’epoca appartenente al contado di Fermo (XVII sec.),oggi Frazione del Comune di Montegiorgio (FM).In ammirevole umiltà, Giovanni Tiracorda - al suo tempo medicoprimario presso l’Ospedale Santo Spirito in Sassia (adiacente alVaticano), maestro di Giovanni Maria Lancisi (che supererà ilmaestro!), rinomato archiatra pontificio per oltre un trentennio e moltoaltro ancora - è lì sepolto, presso la Virgo Lauretana, visto il suoprofondo legame con la Confraternita della Santa Casa di Loreto(denominazione antecedente del Pio Sodalizio dei Piceni).Del Tiracorda si hanno notizie frammentarie. Il suo aspetto dovevaessere grassoccio e gioviale, almeno così lo raffigura Pier LeoneGhezzi (opera tuttora conservata nella biblioteca Vaticana).I maggiori riferimenti sul suo operato sono reperibili presso l’attualebiblioteca del Pio Sodalizio dei Piceni. Di fatti egli frequenta la facoltàdi medicina della Sapienza in Roma sostenuto da una borsa di studiodel Sodalizio e, successivamente, prenderà alloggio nel Palazzetto diVia dell’Orso, uno dei “palazzi piceni” ancora oggi di proprietà dellaFondazione marchigiana, attiguo alla medioevale Osteria dell’Orsotuttora in esercizio. Il Dottor Tiracorda vi abiterà con la sua famiglia,la moglie Paradisa e tre figlie.La sua fama si diffonde presto nellacapitale e oltre; è medico deiPrincipi Pamphilj e, quando uno diloro (Giovan Battista) diviene Papacon il nome di Innocenzo X, sarànominato archiatra pontificio e,contestualmente, primario del-l’Archispedale di Santo Spirito inSassia, che verrà considerato il piùimportante luogo di ricercascientifica in ambito medico; ilTiracorda assurgerà a Corifeo deiMedici del suo tempo (una sorta diguida scientifica, un autorevolepunto di riferimento per i suoicolleghi).Morto Innocenzo X (1655), si hamotivo ritenere che il nostroillustre medico marchigiano abbiaverosimilmente continuato adessere responsabile della salute deisuccessori al soglio di Pietro -Alessandro VII Chigi, Clemente IXRospigliosi, Clemente X Altieri -dalla sua cattedra in Santo Spiritoin Sassia (evidenze in tal senso sirilevano sotto il pontificato di Clemente X (1670 – 1676).Nel frattempo entra in scena Giovanni Maria Lancisi, che nel 1676diviene assistente del Tiracorda.Tra maestro e allievo si instaurerà un profondo legame di rispetto,

GIOVANNI TIRACORDAIllustre medico marchigiano, archiatra pontificio e non solo

di Anselmo Donnari

Natività di Gesù di Pietro Paolo Agabiti (1470 ca. 1540 ca.) Pittura ad olio su tavola.Localizzazione Jesi (AN)

NATALE 2018 - CAPODANNO 2019Ai Soci ed ai loro Familiari, ai Sostenitori ed Amicidel Cenacolo gli auguri più belli e cordiali per unsereno e felice Natale e per un prospero anno nuovo.

Copertina del libro

Palazzo Tiracorda ad Alteta

Anno XXIX - N. 4 OTTOBRE - NOVEMBRE - DICEMBRE 2018- PAGINA 2 -

Come forse non saràsfuggito a chi seguecon maggiore frequen-

za la nostra rivista, con l’ap-provazione del Presidente delCenacolo, da alcuni anni hocontribuito ad essa, propo-nendo con continuità spunti,frutto della mia passione perla storia, su illustri personaggimarchigiani del passato o susignificative vicende svoltesinella nostra regione d’origine.Questa volta, tuttavia, mi per-metto di deviare rispetto allalinea che ho seguito per i pre-cedenti articoli, nel senso chenon riferirò su personaggimarchigiani o su fatti avvenu-ti nella nostra Regione di ori-gine. Per motivi che peraltronon so spiegarmi compiuta-mente, una mia percezionesecondo la quale la nostrasocietà sta vivendo un perio-do di profondi cambiamentimi ha richiamato alla menteuna lettura da me effettuataalcuni mesi fa su un manualestorico, riguardante un perso-naggio, vissuto in un periodo,ormai remoto, durante ilquale era evidente il verificar-si di una intensa transizioneda un mondo al tramonto a unaltro mondo ancora scono-sciuto. L’epoca alla quale mi riferi-sco è l’inizio del V secolodopo Cristo, al centro di unodei periodi più traumaticidella storia antica, con pro-fondi sommovimenti che inte-ressarono gran parte del-l’Europa e che si sarebberoconclusi nel 476 col dissolvi-mento dell’Impero Romanod’Occidente. Una settantinad’anni prima Costantinoaveva introdotto profonde edinedite riforme. Tra queste, laprogressiva attribuzione alCristianesimo del ruolo di

religione dello Stato (provo-cando il decadimento deipluri-secolari culti pagani edelle relative tradizioni giàdiffuse tra tutti gli strati socia-li dell’impero) e la costituzio-ne di una seconda capitale,Costantinopoli, quale secon-do centro di governo del-

l’Impero. Negli ultimi decen-ni del IV secolo le regionioccidentali dell’Impero ini-ziarono ad essere invase daarmate e popoli nordici edorientali (le invasioni barba-riche così spesso definite inmolti manuali scolastici). Inparticolare in una di esseAlarico, a capo dei Visigoti,

condusse nel 410 il primoSacco di Roma, forse malvo-lentieri poiché egli ammiravaprofondamene le istituzioniromane ma da Ravenna, doveaveva istituito la sua capitale,l’Imperatore Romano d’Occi-dente dell’epoca, Onorio,indotto dalla sua inettitudine,aveva respinto le sue offertedi alleanza.Probabilmente all’epoca ilpopolo romano (mi riferiscoai sudditi dell’Impero d’Occi-dente, ovunque residenti) eraprofondamente provato dagliinflussi migratori del nordEuropa. In particolare, mipare che il senso di tali preoc-cupati sentimenti dell’interacomunità dell’Impero possaessere percepito anche accen-nando a un solo caso di unpersonaggio particolarmentecolpito dalle vicende che allo-ra stava vivendo e che glifaceva apparire il clima moltovicino a una catastrofe immi-

nente. Claudio Rutilio Nama-ziano, aristocratico e politico,nel 414 aveva ricoperto l’im-portantissimo ruolo diPraefectus Urbi e, cioè, diufficiale investito, per delegadi magistrati superiori o del-l’imperatore, di funzioni giu-risdizionali su Roma, e di

sostituirli nella giurisdizionein caso di loro assenza dal ter-ritorio della città. Data la situazione delmomento, nel 415 (anno suc-cessivo alla sua giurisdizione)Rutilio decise di tornare nelluogo delle sue origini,l’Occitania in Gallia, con unviaggio in molte tappe viamare (la via terrestre eraimpraticabile per le devasta-zioni operate dagli invasori).Durante questo viaggio scris-se un componimento poetico,giuntoci incompleto, notoanche con il titolo di De redi-tu suo (Sul suo ritorno) colquale descrisse, con accentitalora struggenti, lo sconfortoin cui era caduto per l’avven-to dei “tempi nuovi” vedendotravolte le tradizioni di Romada lui venerate, e addebitandotale sconvolgimento, oltre chealle irruzioni straniere, anchealla estesa corruzione instau-ratasi tra gli amministratoripubblici (senatori compresi) eall’introduzione dei culti cri-stiani: Rutilio è stato da qual-cuno chiamato l’ultimo scrit-tore/poeta latino pagano. Nella sua opera possono tro-varsi brani di grande efficaciae poesia come quando alladescrizione della decadenzafanno seguito i suoi ricordiappassionati della grandezzadi Roma, ormai da lui lonta-na: “O Roma nessuno, finchévive, potrà dimenticarti |Destiuna patria ai popoli dispersiin cento luoghi |…| offrendoai vinti il retaggio della tuaciviltà, di tutto il mondo divi-so, hai fatto un’unica città.”Ho azzardato ora a esprimereun giudizio “letterario” senzaaverne i titoli; mi faccio tutta-via forza, dopo aver lettotempo fa che GiovanniPascoli – per suo conto autoreanche di apprezzate poesie inlatino – stimava molto la qua-lità poetica e letteraria del Dereditu suo producendoneanche una traduzione in italia-no (diversa da quella che housato sopra).Concludo con una mia osser-vazione particolare. Comedetto, Rutilio era originariodella Gallia ma i suoi senti-menti erano profondamenteispirati alla difesa dei valoridi Roma (e dell’ImperoRomano) e probabilmente lostesso valeva per gli altri sud-diti dell’Impero. Si potrà mai dire, almeno peril prossimo avvenire, chel’Unione Europea riuscirà agodere di un’analoga conside-razione dei propri valori, este-sa e condivisa, dallaGermania all’Italia, allaPolonia, all’Ungheria, ecc. ?

Alarico nelle cronache di Norimberga

Alarico al Sacco di Roma

Bolognola, in provinciadi Macerata, con i suoipoco più di cento abi-

tanti, è il più piccolo comunedelle Marche ma, con i suoi1070 metri sul livello del mare,supera in altitudine tutti glialtri comuni della regione.Sorge in prossimità del lettodel fiume Fiastrone, alle pendi-ci di Monte Valvasseto (1526m) verso est e di MontePietralata (1888 m) versoovest. A sud, la stretta valle delFargno, nella quale trova origi-ne il Fiastrone, è chiusa dal-l’altura della omonima For-cella (1811 m) che congiungeun caratteristico naturale anfi-teatro montano che, con lecime di Monte Rotondo (2102m), Pizzo Tre Vescovi (2092m), Monte Acuto (2035 m) eMonte Castelmanardo (1917m), fa da corona ad una dellepiù belle valli dei MontiSibillini. L’abitato diBolognola si sviluppa in trenuclei abitativi contigui che,risalendo la valle da nord, pro-venendo da Fiastra, si distin-guono rispettivamente in Villada Piedi, Villa di Mezzo e Villada Capo. Una tradizionale leg-genda popolare dice cheBolognola sarebbe stata fonda-ta da tre nobili bolognesi, esulidalle lotte tra Guelfi eGhibellini, rifugiatisi in questeterre sotto la protezione dei DaVarano, Signori di Camerino.Secondo questa tradizione ilnome del paese starebbe quin-di a significare “PiccolaBologna” e alle tre Ville sonostati successivamente attribuitii nomi dei presunti fondatori ecioè, nello stesso ordine di cuisopra troviamo, da nord a sud,Villa Bentivoglio, Villa Pepoli,Villa Malvezzi. La realtà stori-ca ci dice però che l’originevera di Bolognola va fatta risa-lire ad epoca antecedente aquella in cui si affacciaronoalla ribalta le tre nobili fami-glie bolognesi. Sicuri docu-menti del 1100 e del 1200 cer-tificano già l’esistenza di unnucleo abitativo sull’area ovesorge ora Bolognola. Come cidice Domenico Francesconi,per circa trent’anni parrocolocale, con il suo documentatoe prezioso volume del 1982 suBolognola, anche l’omonimiacon la più grande Bolognaemiliana è del tutto casuale. Al1192 risale il primo documen-to scritto che attesta l’esistenzadel paese con il suo toponimoper la cui origine si fannodiverse ipotesi. Molto accatti-vante quella per cui Bolognoladerivi dal latino Bononia, terradi cose buone, in virtù di tuttociò che di buono offriva il ter-ritorio. Bolognola vanta una

estensione di 2586 ha di super-ficie territoriale. Di questi,solo 40 erano destinati, finoagli anni ’50 - ’60 del secoloscorso, a coltivazioni semplici,con prevalenza di grano. Sinoa circa 1400 metri di quotaprevale il terreno boscoso e piùin alto, per circa 1450 ha siestende l’area prativa, destina-

ta a fienagioni e pascoli, chehanno storicamente caratteriz-zato nel passato il fiorire del-l’allevamento e della industrialaniera, sviluppatasi aBolognola fin dal medioevo. In tutti i centri montani delleMarche, verso la metà del XXsecolo, è iniziata una costantediminuzione dei propri abitan-ti. Per Bolognola il fenomenoera iniziato drasticamenteprima, per effetto di due tragi-ci eventi. Due disastrose valan-ghe, staccatesi dal sovrastanteMonte Sassotetto, rispettiva-mente negli inverni 1930 e1934, provocarono 19 vittimeciascuna, radendo al suolonumerosi edifici. Oggi, cheBolognola ha tutto il proprioterritorio inglobato nel ParcoNazionale dei Monti Sibillini,la sua risorsa principale è ilturismo, estivo ed invernale.Stimolanti escursioni estiveconsentono di raggiungerearee naturali di particolareinteresse. La Forcella delFargno, superbo punto panora-mico a quota 1811. Pizzo TreVescovi, così chiamato perchèvi confinano le tre Diocesi diFermo, Camerino e Norcia. Lacascata naturale dell’Acqua-santa, con in prossimità lamisteriosa Grotta dell’Orso.La Fonte dell’Aquila, che testi-monia la continuità della pre-senza del rapace nei MontiSibillini. La Macchia Tonda,pittoresca faggeta di forma cir-colare, in prossimità dellaquale si può ammirare un enor-me faggio, di oltre 290 anni,classificato tra gli alberi monu-mentali delle Marche. Il turi-smo invernale trova ampiapossibilità di svago, in virtùdella presenza di moderniimpianti sciistici di risalitanella panoramica frazionePintura, a quota 1331 s.l.m.,

dove si possono gustare sapo-riti piatti a base di prodottilocali. Il personaggio emergen-te nella storia di Bolognola èstato indubbiamente il musici-sta Filippo Marchetti. Natonella Villa da Capo nel 1831,sin da piccolo mostrò unagrande inclinazione alla musi-ca. Pur non essendo un gran-

dissimo, fu ritenuto un geniodell’arte musicale. Ebbe stimae consenso dal mondo cultura-le italiano ed europeo. Alla suamorte, nel 1902, il Re VittorioEmanuele III decretò per luisolenni funerali di Stato.Anche in materia di monumen-ti la piccola Bolognola nonlascia a desiderare. In Villa diMezzo si erge maestosa lachiesa di San MicheleArcangelo, in stile neoromani-co, con abside e campanile, insostituzione dell’antica chiesa,demolita a seguito dei gravissi-mi danni subiti con la valangadel 1934. Nella Villa da Piedi,splendido il palazzo Prima-vera, ricco di affreschi, i cuiscantinati hanno ospitato perlungo tempo la lavorazionedella lana. Oggi ospita mostree convegni. Ancora nella Villadi Mezzo il pregevole PalazzoMaurizi, residenza in passatodella stessa famiglia ed oggisede del Comune, con al pianosuperiore la mostra permanen-te dedicata a Filippo Marchetti.

di Giampietro Mariotti

BOLOGNOLA (MC)IL PIU’ ALTO E PIU’ PICCOLO COMUNE DELLE MARCHE

Abitato di Bolognola con la frazione di Pintura

di Enzo Ciminari

Dissoluzione dell’Impero Romano d’OccidenteNOSTALGIA DI UN POETA PER IL “MONDO ANTICO”

Segue dalla prima paginaGIOVANNI TIRACORDAstima e affetto; nonostante romano, Lancisi accede al“Collegio Piceno” per gli studi di perfezionamento sotto ladirezione del Tiracorda, che “da li innanzi riguardò dietrogli insegnamenti di Ippocrate come un altro Padre”. Ildiscepolo che supera il maestro è un classico della storia.Giovanni Maria Lancisi sarà unanimamente riconosciutocome uno dei più insigni medici della tradizione italiana.Numerosi istituti e nosocomi sono intitolati al Lancisi; nonaltrettanto – mi duole osservare – al suo maestro!Tornando alla vita di Giovanni Tiracorda, nel 1676discende dal nord, da una potente famiglia di banchierilombardi, Benedetto Odescalchi, che diviene Papa con ilnome di Innocenzo XI; ha al seguito il suo archiatra, Mons.Santucci, alla cui morte viene richiesto al Tiracorda disostituirlo.Il nostro illustre medico, per la sua avanzata età, esprime asua Santità le sue riserve ma, nel contempo, propone in suavece il suo degnissimo allievo Giovanni Maria Lancisi,assicurando di curarne la preparazione. Innocenzo XIaccetta, in virtù della particolare stima che nutriva per ilTiracorda. Ed è a questo punto che il nostro dotto archiatrapontificio verrà, suo malgrado, coinvolto in una sorta diintrigo internazionale: fatto romanzato ma non troppo vistoche personaggi e interpreti sono storicamente fondati.

Siamo all’apice dei contrasti tra Parigi e Roma, tra LuigiXIV (il re Sole) e Innocenzo XI, Pontefice di ferrea staturamorale ma di atteggiamento moderno nei confronti dellealtre confessioni cristiane (in particolare, aveva deploratoapertamente l’uso della forza da parte del re di Franciacontro gli Ugonotti).In tale quadro, sembra che Luigi XIV abbia deciso diassassinare Innocenzo XI nella convinzione che il Papa e lasua famiglia, gli Odescalchi, avrebbero segretamentefinanziato e sostenuto il principe protestante olandeseGuglielmo d’Orange nella sua spedizione contro reGiacomo II d’Inghilterra, determinando in tal modol’avvento definitivo della religione riformata inglese. A talfine, Luigi XIV si sarebbe servito di un suo agente segretofiorentino, tale Atto Melani. Sicario e alchimista, questolosco figuro prende alloggio proprio all’Osteria dell’Orso,adiacente all’omonimo palazzetto abitato dal Tiracorda, dicui studia le mosse nel tentativo di inserire veleno neifarmaci che il buon archiatra preparava per il Pontefice.La storia ci dice che il complotto fallisce; non è dato saperese per l’inviolabilità del Tiracorda o altro. Di certo,Guglielmo d’Orange ottiene un ingente prestito dagliOdescalchi, sbarca in Inghilterra (1688) e costringe allafuga re Giacomo II. Giovanni Tiracorda passa la mano al

suo degnissimo allievo Lancisi, pur restando il medicoprimario del Santo Spirito fino alla morte.Per concludere, una breve nota su i due “paesani” GiacintoCestoni e Tiracorda, una nota per me un po’ triste,melanconica, essendo il sottoscritto “paesano” di entrambi.Quando la fama del Tiracorda è all’apice e la suaautorevolezza indiscussa, il destino lo pone sulla stradadell’umile speziale montegiorgese Giacinto Cestoni,biologo e ricercatore di altissimo livello che da tempostudiava la scabbia (volgarmente rogna), malattia anchemortale per l’epoca. Egli riteneva - a differenza deiluminari del suo tempo - che non fosse di insorgenzaspontanea, forse per deficit immunitario, ma fosseveicolata da un acaro (sarcoptes scabiei), da Cestoniindividuato al microscopio (il cosiddetto pellicello). Ilmedico Cosimo Bonomo, estimatore del Cestoni, porta alTiracorda tali dissertazioni, ma il nostro illustre archiatranon ne riconoscerà – ahime’ - la validità scientifica. AGiacinto Cestoni - di cui Francesco Redi soleva dire “egliè solo uno speziale ma ne sa più di 40 medici”- occorreràcosì altro tempo prima che la sua rivoluzione copernicanasi affermi, ma questa è un’altra storia ed è già stataraccontata ne Il Cenacolo Marchigiano n.4/2011.

CARICHE ASSOCIATIVE

CONSIGLIO DIRETTIVO

PresidenteDuilio BENVENUTI

Vice PresidenteAldo PEVERINITesoriere

Enrico BAIOCCOSegretario

Mirella MICONI FIORELLOConsiglieri

Dino CONTI, Giampietro MARIOT-TI, Alessandro PIERMATTEI, SilvioPRINCIPI, Giuliano SANTELLI,Giovan Battista SPALVIERI, AlbertoTARDELLA.

GIUNTA ESECUTIVADuilio BENVENUTI, Aldo PEVE-RINI, Dino CONTI, Mirella MICO-NI FIORELLO, Enrico BAIOCCO.

COMMISSIONE CULTURAGiampietro MARIOTTI (Pres.)Adele DELPIVO GAMBINI,Anselmo DONNARI, ErsiliaFUCCI, Angelo SFERRAZZA,

Alberto TARDELLA.

REVISORI DEI CONTI

EffettiviColombo TALAMONTIAdriano CARLETTIGiacomo MUZI

SupplentiLuigino ROSSI

Giuliano CESARETTI

PROBIVIRI

EffettiviGiosuè BATTISTINI Enzo CIMINARI Benito GENTILISupplenti

Rosanna FARRONI FIMIANI Giovanni FRANCALUCCI

ASSISTENTI ECCLESIASTICIMonsignor Delio LUCARELLI,

Vescovo emerito di RIETIMons. Giuseppe TONELLO

Cancelliere del Vicariato di Roma

A dieci anni dalla scomparsa del senatore Leopoldo Elia, avvenuta nell’otto-bre 2008, noi del Cenacolo Marchigiano siamo onorati di ricordare la figura

di questo nostro illustre corregionale, nato a Fanonel 1925, che con il suo operare ha continuamenteonorato la nostra Regione Marche.Appena venticinquenne, nel 1950 era già funziona-rio presso l’Ufficio Studi del Senato. Nel 1962 intraprese la carriera accademica pressol’Università di Urbino, proseguita nelle Università diFerrara, Torino e Roma “La Sapienza”, carriera sem-pre percorsa in parallelo con l’impegno politico inarea cattolica e democristiana che lo porterà a rico-prire prestigiosi incarichi istituzionali e di governo. Eletto nel 1976 giudice della Corte Costituzionale,ne divenne Presidente nel 1981, incarico che Eglimantenne per ben quattro anni dal 1981 al 1985.

Fu parlamentare in più legislature: senatore nel 1987, deputato dal 1994 al1996 per la Democrazia Cristiana, e successivamente di nuovo senatore nel1996 per il Partito Popolare. Negli stessi anni fu chiamato ad incarichi di governo con la nomina a Ministroper le riforme elettorali e istituzionali dall’aprile 1993 al maggio 1994 nelgoverno Ciampi e, per un breve periodo, fu Ministro degli Esteri nello stessogoverno.Sempre affabile e discreto nel tratto, non cedette mai al compromesso e alladeroga dai principi basilari fondanti della nostra società.Già moltissimi anni fa, Leopoldo Elia segnalava, con le parole che seguono,il pericolo che le nostre istituzioni, la politica e gli stessi assetti costituzionalinazionali si avviavano a correre: “Il rapporto difficile tra le Istituzioni, nei rivol-gimenti politici in atto ai nostri giorni, sembra dipanarsi e disgregarsi nell’as-sordante silenzio dei costituzionalisti e nella supina accettazione dello statusquo”, lamentando così l’acquiescenza dei troppi interessi convergenti versoquella china.

Montalto Marche sicolloca nella fasciacollinare che dalla

costa Adriatica va alla Catenadei Sibillini, a una distanza di

venti minuti sia dal mare chedalla montagna, e offre unavista panoramica a 360 gradidalla Maiella al Conero, con i

Monti della Laga ed i Sibilliniin primo piano. Nel territorio comunale ci sonotracce di un villaggio del perio-do neolitico e piuttosto diffusisono gli insediamenti di epocapicena e, soprattutto, romana,su cui si innesta la vicendamedievale. Agli inizi del primomillennio la vitalità della cultu-ra locale è attestata dagliAgostiniani e Francescani inse-diati in due storici conventi ecomplessi monumentali. Nel 1215 S. Francesco d’Assisi,secondo la tradizione popolare,sceglie ancora questo territorioper diffondervi la sua Regola,

fondando nella pace di unbosco secolare il Conventodelle Fratte, ricco di affreschi discuola giottesca.Nel sec. XIV le comunità locali

si organizzano nei liberi comu-ni di Montalto, Patrignone,Porchia. Nel 1418 Montaltoelegge autonomamente il Po-

destà e nel sec. XV è terra diConsulta, dove si tengono lesedute del Presidato Farfense.Nel convento francescano com-pirà i suoi studi FelicePeretti che, eletto Papa nel 1585con il nome di Sisto V, darà aMontalto il titolo di Città e nel1586 fondò la diocesi diMontalto. L’esistente chiesa diSanta Maria ad collem fu erettaa cattedrale provvisoria. I lavo-ri di costruzione di una nuova epiù grande cattedrale iniziaronoil 30 maggio 1589, con la posadella prima pietra: architetto deiprogetti iniziali fu GirolamoRainaldi. E’ la Chiesa di Santa

Maria Assunta, il duomo diMontalto Marche. Durante il secondo anno di pon-tificato (1587), Sisto V donò,alla sua “patria carissima”,

il Reliquiario con ImagoPietatis e Scene della Passione(detto “Reliquiario di Mon-talto”), di straordinario valoreartistico, fu realizzato in oro epietre preziose. Esso è conser-vato presso il Museo SistinoVescovile, di fronte alla chiesaed ex-seminario, nel quale sonocustoditi tutti i doni del Papaalla città: croci d’oro, calici inargento, paramenti sacri, quadrie sculture. Alla morte di papa Sisto (1590)era quasi completata la cripta,ma c’era ancora molto da fareper la cattedrale ed i lavoridurarono per almeno un altrosecolo. L’agibilità fu data allafine del XVII secolo e si iniziòa officiare nella nuova cattedra-le, benché incompiuta. AdAnnibale Carracci fu commis-sionata la Madonna di Mon-talto, oggi conservata aBologna. A metà del Seicentofu costruita la scala che collega-va la cripta, a pianta a crocegreca, con la chiesa superiore,un solenne tempio a croce lati-na, con tre navate e dodici cap-pelle laterali. Il fonte battesima-le risalente al 1652, fu colloca-to nell’attuale sede solo nel1967. Alcuni dei privilegi concessi dalpontefice permisero a Montaltodi divenire non solo un centroculturale ed artistico attivo ericco di interesse per le opere quiconservate, ma anche per il per-manere di alcuni privilegi finoall’Unità d’Italia. Dalla fine del XVI secolo a

Curiosità turistiche e storiche marchigiane

Sappiamo che la provincia diCaserta fu penalizzata daMussolini nella sua estensioneperché il dittatore volle vendi-carsi dei fischi ricevuti in quellacittà.Anche Fermo subì la suascomparsa come provinciaper un lungo periodo acausa della vendetta di chipoteva decidere del suodestino.Fermo aveva coltivato,durante il Risorgimento, ilfervore mazziniano e gari-baldino, ma anche prima,nel 1817, le ‘vendite’ car-bonare di Macerata e diFermo avevano dato vitaalla prima insurrezionerisorgimentale, preparatacon passione, anche se conscarsa preparazione e quindi sof-focata sul nascere. Nel 1860, appena annesse leMarche al Regno di Sardegna, ifermani dimostrarono scarsasimpatia per la monarchia, e diquesto, a Torino, si tenne conto.Ma c’era un’altra componenteche faceva depotenziare Fermocome sede provinciale.A Fermo, infatti, risiedeva edesercitava la sua autorità spiri-tuale e temporale il cardinaleFilippo De Angelis, conservato-re, autoritario ed intransigente,già avversario di papa MastaiFerretti, ritenuto un progressista,nel conclave del 1846. IlCardinale, nato in una riccafamiglia di latifondisti ascolani,durante l’epopea dellaRepubblica Romana, nel 1849,era stato incarcerato ad Ancona,ed al suo ritorno a Fermo fecegiustiziare cinque mazziniani.Nel 1860 ordinò ed organizzò ilrifiuto netto del clero a collabo-rare con il nuovo governo, efinanziò, inoltre, tramite il fratel-lo residente ad Ascoli, l’attivitàdelle bande ribelli che operavanonel teramano, in particolare nellazona di Civitella del Tronto. Acausa di queste attività il DeAngelis fu condotto in semi-cat-tività a Torino.Potè rientrare a Fermo nel 1866nell’ambito di un clima di ricon-ciliazione fra Stato e Chiesaavviato da Bettino Ricasoli. Ma lo stesso Cardinale, in queglianni torinesi di splendido sog-giorno, infatti frequentava anchemembri della Casa Reale, modi-ficò la sua inflessibilità, tanto dapresiedere, con moderazione e

diplomazia, il Concilio Vaticanol. Negli ultimi anni del suo pon-tificato Pio lX denunciava, anchea causa delle vicende politiche,un calo fisico notevole, ed il car-dinale De Angelis contava di

poter essere lui il successore, mamorì, invece, 7 mesi prima delPapa, suo corregionale e suocoetaneo. Anche un altro aspettogiocò contro la città di Fermo.Infatti, con l’approvazione diCavour, fu emanato il DecretoMinghetti, con il quale le tre pro-vince di Fermo, di Ascoli Picenoe di Teramo, venivano unificate. La nuova, grande provincia, concapoluogo Ascoli Piceno, sceltaper la sua posizione centrale,aveva lo scopo di saldare, al diqua e al di là del Tronto, territoridivisi da secoli. Ma il RegioDecreto Luogotenenziale n°4495del 22 dicembre 1860 aveva loscopo recondito, e anche vendi-cativo, di depotenziare due deimaggiori centri antiunitari:Fermo manifestamente repubbli-cana, e Teramo orgogliosamenteborbonica con l’attività dellebande di “briganti”.Successivamente la Luogotenen-za dell’ex Regno di Napoli riuscìa salvare Teramo, che tornò adessere “provincia” nella regioneAbruzzo.Diversa fu la sorte di Fermo cheusufruì di scarsi appoggi nellesedi decisionali, anzi, le crona-che dicono che i delegati ferma-ni sostenerono le loro ragionicon fastidiosa “sufficienza”. Daallora, quella che divenne unavera e propria “questione ferma-na”, fu ripresa nel 1876, nel1957, nel 1983, con tentativi perripristinare la provincia, andati avuoto.Solo con la legge 147 del 2004,Fermo è tornata ad essere pro-vincia.

Montalto è stata istituita dal papaSisto V una Zecca e scendendolungo la Val d’Aso, in contradaMadonna del Lago, si incontraun edificio di recente restaurato

che è davvero una piccola chic-ca. Si stratta del Mulino di SistoV, con il suo Torrione medievale,che per un periodo venne utiliz-zato anche come zecca, sfruttan-do la forza dell’acqua del fiumeAso. Da visitare anche il MuseoArcheologico, inaugurato nel1999, dove sono raccolti nume-rosi reperti del neolitico (6.000a.c.) e della cultura appenninica(2.500 a.c.), picena (VII sec.a.c.), romana ed epoche successi-ve. Il museo è ospitato nel palaz-zo dei Presidi fatto costruire daPapa Sisto V tra il 1587-1588come sede del governo delloStato di Montalto e ora PalazzoComunale. Anticamente questilocali costituivano la residenzadel capo delle guardie carcerariee sono collegati direttamente conil piano superiore oggi sede delMuseo delle Carceri.Va ricordato che la cittadina hadato i natali all’architetto Giusep-pe Sacconi, progettista del Vit-toriano di Roma.A pochi chilometri di distanzadal centro cittadino, sono davisitare anche le frazioni di:Patrignone, borgo medievale,con la Chiesa romanica diSanta Maria in Viminato di par-ticolare pregio, contenenteaffreschi dei sec. XIV, XV, XVIe Porchia, con il Torrione delXIV secolo e resti della struttu-ra medievale, per ammirare unapregevole tavola del Pagani euna stupenda Natività del XVsecolo affrescata nella Criptadella Chiesa di Santa Lucia.

Curiosità turistiche Curiosità storicheFERMO, I 144 ANNI DI “PUNIZIONE”MONTALTO MARCHE (AP)

di Antonia Carboni di Domenico Aquili

Montalto Marche - Vista panoramica

Montalto Marche - Mulino di Sisto V

Territorio della provincia di Fermo

Anno XXIX - N. 4 OTTOBRE - NOVEMBRE - DICEMBRE 2018- PAGINA 3 -

Brevi... ma interessanti... dalle Marche a cura di Silvio Principi

LEOPOLDO ELIA UN MARCHIGIANO DIFENSORE DELLE ISTITUZIONI

L’ATTERRATO O CASA DI TERRA

Leopoldo Elia

Le case di terra erano presenti nella nostra regione ed esistono ancoraesempi nelle nostre contrade, specialmente nella provincia di Macerata.Sono attualmente censite e studiate. Ricordo ancora che venivano chiama-te comunemente “Atterrati”. Erano agglomerati di terra cruda cioè fango(Creta) impastato con ciottoli di fiume, quei materiali che venivano piu facil-

mente recuperati nelle vicinan-ze dell’abitato. Si trova giadocumentato, nella metà del1200, nella “Canzone del Cas-tra” in volgare Marchigiano e cioffre uno spaccato della vitaquotidiana e rurale in epocaMediovale. Permangono sul ter-ritorio per tutto il XIX Secolo e ilmodello abitativo è impiegatofino a periodi piuttosto recenti

in via Vanni a Mogliano (MC) èancora presente un rudere; ma io la ricordo bene con i pochi gradini al cen-tro che portavano al primo piano direttamente alla cucina con camino e unacamereretta a destra ed una a sinistra, ed ogni stanza aveva una piccolafinestra. L’atterrato era una casa semplice, costituita da pochi vani, che si svi-luppava per due piani al massimo; la copertura era realizzata con la tecnicaantica del graticcio di canne poggiato sulle travi su cui si stendeva di solitoun impasto di terra e paglia, sopra le quali si collocavano le tegole. Venivaprima individuato un luogo stabile per edificarlo, perchè queste case non ave-vano le fondamenta, anzi il battuto di terra ne costituiva la pavimentazione.La terra impiegata veniva resa plastica con l’aggiunta di acqua, versata nellepozze adiacenti e impastata con i piedi o battuta con pertiche snodate, poi sipoteva aggiungere del “degrassante”, come la cenere, poi si metteva delmateriale inerte: pietriccio, ciottolii, paglia, sterco. A questo punto si potevaprocedere in diversi modi; formando dei blocchi compatti e sovrapponendo-li a fresco, oppure utilizzando delle casseforme di legno mobili collocate insito, dentro le quali comprimere la malta o semplicemente plasmando la

malta direttamente sulla parete, normalmente larghe non meno di un metro.Si procedeva cosi in elevato, lasciando prima asciugare la parte gia realiz-zata. Giunti al primo piano si metteva in opera la travatura per il pavimento,fatto di tavole e poi si procedeva con il tetto. La parte piu esposta venivascialbata con la calce. Questo modello ora viene considerato ecologicamen-te corretto, anche se nella metà del novecento sono state abbandonate alloro destino, come capanne per attrezzi o porcilaie o gallinai... perche’ sim-bolo di una vita umiliante. Sono ancora presenti ad Arcevia, Treia, Ostra Vetere, Corridonia,Montegranaro, Cossignano, Ripabarda, Spinetoli. (di Mirella Miconi Fiorello)

IL MONTE CONERO DA NUMANA (AN)

Proverbio: Quannu el monte mette el cappell, se scappi de casa pitte l’umbrello‼

Atterato o Casadifango

auguri ai soci......che compiono gli anni nei mesi diGennaio - Febbraio - Marzo 2019

GENNAIO01 Maurizio LEONI01 Alberto TARDELLA03 Giosué BATTISTINI07 Adriano FICCADENTI10 Domenico PIETRANTONIO16 Giacomo MUZZI18 Remo BELARDINELLI19 Anna Maria NICOTRA SACCONI21 Rosalba MARINI25 Giuliano SANTELLI27 Claudio ALESI27 Marco CONTI28 Luciano Filippo BRACCI28 Pierino SOPRANZETTI31 Valter ARCANGELETTI

FEBBRAIO04 Luciana RAPONI09 Luigino ROSSI11 Mariannina DI LISCIA SAGRATI12 Colombo TALAMONTI14 Marcello FIORANI

FEBBRAIO16 Omero BAGLIONI16 Aldo PEVERINI17 Lucia GUGLIELMI20 Massimo CONTI22 Stefania MARZETTI ALBANESI27 Gabriella ARCANGELETTI ANTONINI

27 Onelia PEVERINI29 Corrado PONTILLO CONTILLO

MARZO04 Duilio BENVENUTI04 Livio CORREANI05 Giandaniele BONANNI08 Sandro BRACCI11 Alessandro VERGO12 Dino CONTI16 Roberto TESTICCIOLI18 Teresa GASPERINI PIERAGOSTINI25 Flora FIORI25 Angelo SFERRAZZA28 Umberto CICERO

i proverbi marchigianiEl tler en vòl nè la rabbia né la stizza e nemmen la panza guissa.Il telaio non vuole furia né nervosismo e neppur la pancia piena.

URBINO

Chi fa e arguàsta duvènta maéstre.Chi fa e disfa diventa maestro.

SENIGALLIA (AN)

Chi penza a fatti d’ardri e non penza a fatti suoi, de tre malanniJe ne tocca dui. Chi pensa ai fatti altrui e non pensa ai propri, gli toccano due malan-ni su tre.

MACERATA

Chi vole avè lo mòsto, sappa la vita d’agosto.Zappare le viti in agosto favorisce una ricca produzione di uvanell’anno successivo.

FERMO

Chi è minchion en va alla fiera.La fiera non è fatta per i superficiali e per i pochi assennati.L’imbroglione è sempre in agguato.

ASCOLI PICENO

i nostri sostenitori... !UN GRAZIE DI CUORE AI SOTTO INDICATI SOCI DEL “CENACOLOMARCHIGIANO” CHE HANNO INVIATO UN CONTRIBUTO PER LASTAMPA E LA SPEDIZIONE DEL NOSTRO GIORNALE

Maurizio LEONI.

ANGOLO DELLA NUMISMATICAdi Roberto Fontana

STATO PONTIFICIO, LEONE X, DUCATOPAPALE, ORO, ZECCA DI ANCONA.

La moneta che presentiamo in questo numero è un bellissi-mo Ducato papale coniato in oro ad Ancona dal ponteficeLeone X Giovanni de’ Medici all’inizio del XVI secolo. La moneta, oltre ad essere estremamente rara (e moltocostosa), ha una interessante caratteristica che la rendequasi unica. In pieno Cinquecento, oltre a riportare logi-camente al dritto il nome del pontefice, presenta nelcampo ancora le prerogative proprie del comune di emis-sione: San Ciriaco benedicente, patrono della città, nim-bato e mitrato, al posto del solito stemma papale.Al rovescio il Cavaliere al galoppo che ritroviamo ancoraoggi nello stemma di Ancona.Il carattere dei marchigiani, legati molto alla terra di ori-gine, e la voglia di mantenere le caratteristiche di unamonetazione propria, hanno prevalso anche sulla volontàe sulle indicazioni della Curia romana.

TRA NONNI E NIPOTI - LE DISTANZEdi Giosuè Battistini

Dall’alto della mia età (88 anni), non mi rendo contoappieno del cambiamento della vita di società. Nonriesco a seguire le nuove tecniche che cambiano il modo

di vivere e i rapporti tra le persone. L’evidenza nasce da picco-li episodi di vita familiare, che mi suggeriscono una tragicariflessione “mamma mia dove sono arrivato con l’età, sono pro-prio fuori gioco”. Le prove me le danno i miei nove nipoti daiquali ricevo rispetto ed affetto ricambiati. Sono, per fortuna tuttibravi (e al giorno d’oggi è già tanto), ma mi rendo conto chesono di un’altra società, di un mondo diverso dal mio.Scarseggia sempre più la comunicazione ma aumentano gli

oboli. Io considero le mie abitudini ed opinioni normali e giu-ste, loro ci ridono sopra o esprimono una cortese contestazione.Questo comportamento rientra nella norma tra generazioni, maun episodio mi riporta alla realtà dimostrando quanto sianocambiatele usanze.Vi ricordate come una volta si scriveva? Io vengo dal secolo delpennino. Ricordate il cannello al quale si applicavano i pennini(di svariate e ricercate forme) da attingere nel calamaio pieno diinchiostro? Poi siamo passati alla stilografica (nobile oggetto) equindi alla più democratica e intramontabile “BIC”. Ma oggiragazzi scrivono più? Ovvero sanno scrivere correttamente?Dal più piccolo nipote che opera su quegli aggeggi elettronici,dall’età di due anni, al più grande, navigano, cliccano, chattanosi portano quelle “protesi” ovunque anche a scuola e persino albagno allungando i tempi di sosta a scapito di tutta la famiglia.Parlano poco, mandano messaggini in ogni parte del globo, siparlano a distanza, a viva voce e in video. Un mondo per mesconosciuto. Intendiamoci, ho anch’Io il telefonino con il qualechiamo e rispondo (non sempre) e… basta.Torniamo all’episodio che mi ha dimostrato l’entità del divariogenerazionale. Da tanti anni possiedo due confezioni di pennestilografiche. Una in un bel astuccio simil - pelle, foderato inseta, contenente una stilo e una uso matita, l’altra in astuccio dilegno, sempre foderato in seta, inserito a mo’ di cassetto scorre-vole, in una custodia di metallo dipinto. I due pezzi di questaconfezione hanno i cappucci d’oro a 18 carati. Da notare che sial’una che l’altra, sono di marche prestigiose. Per me sono duebei regali per un ragazzo o ragazza che si appresta ad intrapren-dere il percorso delle scuole superiori. Ebbene ho fatto le offer-te… e loro? E’vero che questi reperti li ho conservati a lungoper il mio gusto e ho saltato l’offerta ai nipoti più grandi, quan-

do forse ancora quegli oggettipotevano essere utili, ma con ilpassare degli anni un bel regalodel nonno agli ultimi nipoti cistava proprio bene. Macché!!!Ho subito il “GRAN RIFIU-TO”.Roba da museo d’altri tempi…oggi si “naviga” in un altromondo dal quale il nonno èescluso.Ormai è meglio cullarsi neiricordi che con l passare deglianni, riaffondano sempre piùvivi e Ti riempiono di nostal-gia, il sentimento più struggen-te della vita di noi vecchi.

Anno XXIX - N. 4 OTTOBRE - NOVEMBRE - DICEMBRE 2018- PAGINA 4 -

Notizie in breve

LUTTOIl Generale Luigi Carlucci ha raggiunto

la casa del PadreIl socio Luigi Carlucci, marchigiano di adozione e nostro convintoe partecipativo socio, il giorno 22 ottobre 2018, si è serenamentespento, all’età di 91 anni, al Policlinico Gemelli di Roma. Salutato,

con gli onori militari, dalle figlie Milly,Gabriella ed Anna con i rispettivi fami-liari, dai parenti e da numerosissimiamici, nella Chiesa di Santa Chiara diPiazza dei Giuochi Delfici, ha poi rag-giunto l’amata consorte Maria, che loaveva lasciato da due anni, per esseretumulato accanto. Al saluto era presen-te anche una rappresentanza delCenacolo Marchigiano con il presiden-te, Generale Duilio Benvenuti, collegain armi e particolarmente amico. Il socio fanese dott. Giosuè Battistini,che non ha potuto essere presente al

saluto del suo amico di prima gioventù, in quel di Fano, ha fattopervenire il seguente ricordo che pubblichiamo con piacere: “LuigiCarlucci, fanese di adozione, aveva vissuto a Fano da ragazzo conla famiglia e come convittore esterno del Collegio “Nolfi”, qualeorfano di guerra. Chi scrive gli fu particolare amico e lo ricordacome un giovane intraprendente, leale ed affettuoso. Gli eventi bel-lici degli anni quaranta divisero tutti i destini delle nostre famigliee delle amicizie, ritrovate, però, con tanto entusiasmo a Roma dopomolti anni (Io, come farmacista e funzionario della SocietàFarmaceutica Angelini di Ancona, Lui comebrillante ufficiale di cavalleria e dell’ Avia-zione dell’Esercito (pilota di aerei leggeri edelicotteri). Nonostante la lunga separazione ho ritrovatol’amico di sempre, sincero affabile, sempredisposto a ricercare la compagnia dei vecchiamici. Nel ricordo della sua vita nelle Marcheha desiderato ardentemente essere socio delCenacolo Marchigiano che frequentava assi-duamente assieme alla consorte Maria. Luigi,spesso, tornava a Fano per godere i luoghi ela compagnia dei conoscenti della sua giovi-nezza; si faceva ben volere da tutti; era pro-prio un amico e per questo ci e mi mancheràmolto”.

Generale Luigi Carlucci

RICONOSCIMENTOSi informano, con grande piacere, tutti soci e chi ci legge, che il7 settembre 2018 il Consiglio Direttivo dell’Associazione“Cenacolo Marchigiano”, su propo-sta del Presidente, Gen. dott. DuilioBenvenuti, ha deliberato all’unani-mità di conferire il titolo di SocioOnorario al

dottor Roberto Fontanain riconoscimento della collaborazio-ne fornita all’Associazione, congrande professionalità e disinteressa-tamente, nel campo fiscale, nel setto-re editoriale, curando la Rubrica“Angolo della Numismatica” delperiodico associativo, e dell’intratte-nimento dei Soci con la presentazio-ne di interessanti temi culturali.

I Soci del “Cenacolo Marchigiano”,onorati dall’acquisita ed operosa pre-senza associativa del dottor Roberto Fontana, lo salutano cordial-mente con l’augurio di raggiungere ancora tanti meritati successi.

Il Dottor Roberto Fontanacon la figlia Carlotta nel giorno in cui ha compiuto due anni.

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UN PIACEVOLE AVVISO AI SOCI E A CHI CI LEGGEIl sito web del “Cenacolo

Marchigiano” è visitabile all’indirizzo

internetwww.cenacolomarchigiano.it

Il CenacoloMarchigianoPeriodico trimestraledell’Associazione

“Cenacolo Marchigiano”

Direttore ResponsabileDuilio Benvenuti

CoordinatoreSilvio Principi

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Giosuè BattistiniAntonia CarboniEnzo Ciminari

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