ANNO XLVI SETTEMBRE-OTTOBRE 2011 97/11 · Lucio Carbonara INTERVISTA Recupero di un’antica piazza...

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ANNO XLVI SETTEMBRE-OTTOBRE 2011 97/11 BIMESTRALE DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI ROMA E PROVINCIA segue ARCHITETTURA a cura di Massimo Locci - PROGETTI Studio Valle. Da Osaka a Shanghai: la figuratività segnica della struttura 12 Lucio Carbonara INTERVISTA Recupero di un’antica piazza a Porto Alegre: Intervista a Briane Panitz Bicca 16 Elio Trusiani EVENTI Exhibiting the Collection 1950-2010 20 Andrea Bruschi a cura di Eliana Cangelli e Fabrizio Tucci - NUOVE TECNOLOGIE Verso un sistema energetico diffuso e rinnovabile 23 Maurizio Sibilla a cura di Lucio Carbonara e Monica Sgandurra - PAESAGGIO Selve: quando la foresta entra in città 26 Monica Sgandurra Esteros del Iberà: una riserva naturale dall’identità sospesa 31 Andrea Antonaci, Nicole Del Re, Stefania Pacifici, Emanuele Penna Consiglio dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Roma e Provincia (in carica per il quadriennio 2009-2013) ––––––––––––––––– Direttore Lucio Carbonara Vice Direttore Massimo Locci Direttore Responsabile Amedeo Schiattarella Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Eliana Cangelli, Federica Chiappetta, Luisa Chiumenti, Massimo Locci, Claudia Mattogno, Alessandro Pergoli Campanelli, Giuseppe Piras, Carlo Platone, Francesca Rossi, Luca Scalvedi, Monica Sgandurra, Elio Trusiani, Fabrizio Tucci Segreteria di redazione e consulenza editoriale Franca Aprosio Edizione Ordine degli Architetti di Roma e Provincia Servizio grafico editoriale: Prospettive Edizioni Direttore: Claudio Presta www.edpr.it [email protected] Direzione e redazione Acquario Romano Piazza Manfredo Fanti, 47 - 00185 Roma Tel. 06 97604560 Fax 06 97604561 http://www.rm.archiworld.it [email protected] Progetto grafico e impaginazione Artefatto/Manuela Sodani, Mauro Fanti Tel. 06 61699191 Fax 06 61697247 Stampa Arti Grafiche srl Via di Vaccareccia 57 - 00040 Pomezia Distribuzione agli Architetti iscritti all’Albo di Roma e Provincia, ai Consigli degli Ordini provinciali degli Architetti e degli Ingegneri d’Italia, ai Consigli Nazionali degli Ingegneri e degli Architetti, agli Enti e Amministrazioni interessati. Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano l’Ordine né la Redazione del periodico. Pubblicità Agicom srl Tel. 06 9078285 Fax 06 9079256 Spediz. in abb. postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1.DCB - Roma - Aut. Trib. Civ. Roma n. 11592 del 26 maggio 1967 In copertina: Studio Valle, Padiglione italiano Esposizione Universale Shanghai 2010 Tiratura: 18.000 copie Chiuso in tipografia il 3 novembre 2011 ISSN 0392-2014 Presidente Amedeo Schiattarella Vice Presidenti Orazio Campo Fabrizio Pistolesi Segretario Aldo Olivo Tesoriere Alessandro Ridolfi Consiglieri Loretta Allegrini Andrea Bruschi Patrizia Colletta Enza Evangelista Alfonso Giancotti Luisa Mutti Francesco Orofino Christian Rocchi Virginia Rossini Arturo Livio Sacchi

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ANNO XLVISETTEMBRE-OTTOBRE 2011

97/11BIMESTRALE DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI ROMA E PROVINCIA

segue

A R C H I T E T T U R A

a cura di Massimo Locci - PROGETTI

Studio Valle. Da Osaka a Shanghai: la figuratività segnica della struttura 12

Lucio Carbonara

INTERVISTA

Recupero di un’antica piazza a Porto Alegre:Intervista a Briane Panitz Bicca 16

Elio Trusiani

EVENTI

Exhibiting the Collection 1950-2010 20Andrea Bruschi

a cura di Eliana Cangelli e Fabrizio Tucci - NUOVE TECNOLOGIE

Verso un sistema energetico diffuso e rinnovabile 23Maurizio Sibilla

a cura di Lucio Carbonara e Monica Sgandurra - P A E S A G G I O

Selve: quando la foresta entra in città 26Monica Sgandurra

Esteros del Iberà: una riserva naturale dall’identità sospesa 31

Andrea Antonaci, Nicole Del Re, Stefania Pacifici, Emanuele Penna

Consiglio dell’Ordine degli Architetti,Pianificatori, Paesaggisti e

Conservatori di Roma e Provincia(in carica per il quadriennio 2009-2013)

–––––––––––––––––Direttore

Lucio Carbonara

Vice DirettoreMassimo Locci

Direttore ResponsabileAmedeo Schiattarella

Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero:

Eliana Cangelli, Federica Chiappetta, Luisa Chiumenti, Massimo Locci,

Claudia Mattogno, Alessandro Pergoli Campanelli, Giuseppe Piras, Carlo Platone, Francesca Rossi, Luca Scalvedi,

Monica Sgandurra, Elio Trusiani, Fabrizio Tucci

Segreteria di redazione e consulenza editoriale

Franca Aprosio

EdizioneOrdine degli Architetti di Roma e Provincia

Servizio grafico editoriale:Prospettive Edizioni

Direttore: Claudio Prestawww.edpr.it

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Progetto grafico e impaginazioneArtefatto/Manuela Sodani, Mauro Fanti

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Distribuzione agli Architetti iscritti all’Albodi Roma e Provincia, ai Consigli degli

Ordini provinciali degli Architetti e degliIngegneri d’Italia, ai Consigli Nazionali

degli Ingegneri e degli Architetti, agli Enti e Amministrazioni interessati.

Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano

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Pubblicità Agicom srl

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Spediz. in abb. postale D.L. 353/2003(conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1comma 1.DCB - Roma - Aut. Trib. Civ.Roma n. 11592 del 26 maggio 1967

In copertina: Studio Valle, Padiglione italiano

Esposizione Universale Shanghai 2010Tiratura: 18.000 copie

Chiuso in tipografia il 3 novembre 2011 ISSN 0392-2014

PresidenteAmedeo Schiattarella

Vice PresidentiOrazio Campo

Fabrizio Pistolesi SegretarioAldo Olivo

TesoriereAlessandro Ridolfi

ConsiglieriLoretta AllegriniAndrea BruschiPatrizia Colletta

Enza EvangelistaAlfonso Giancotti

Luisa MuttiFrancesco Orofino

Christian RocchiVirginia Rossini

Arturo Livio Sacchi

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U R B A N I S T I C A - a cura di Claudia Mattogno

34 Biennaledello spazio pubblico a RomaMario Spada

T E R R I T O R I R I T R O VA T I

39 Giardinieri urbaniIlaria Rossi Doria

P R O F I L I

40 Mario Manieri EliaStefano Gizzi

43 Alberto GattiMassimo Locci

R U B R I C H E

48 LIBRI

50 ARCHINFO - a cura di Luisa Chiumenti

EVENTI

Premio internazionale Torsanlorenzo.

Un MAXXI progetto.

Nasce l’Heritage Portal

CONVEGNI

Pianificazione paesaggistica e Landscape Urbanism.

MOSTRE

V centenario della nascita di Giorgio Vasari.

57 I CORSI DELL’ORDINE

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AP R O G E T T I a cura di Massimo Locci

STUDIO VALLE DA OSAKA A SHANGHAI: LA FIGURATIVITÀ SEGNICADELLA STRUTTURALinguaggio architettonico e ricerca progettualedello Studio: equilibri multipli, figurativitàdell’immagine, essenzialità e non casualità delrapporto forma-struttura. Lucio Carbonara

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L’interesse per la continuità della ricercadello Studio Valle ha recentemente portatoall’acquisizione, nella collezione delMAXXI Architettura, diretto da Marghe-rita Guccione, di due modelli, rappresen-tanti il Padiglione Italiano Expo 70 diOsaka (Tommaso e Gilberto Valle) ed ilMonumento alle vittime di Auschwitz-Birkenau (Tommaso Valle). I progetti sonostati esposti in occasione della mostra“Exhibition the Collection – 1950-2010”,a cura di Maristella Casciato, Laura Felcied Esmeralda Valente, che si è tenuta dal 9settembre al 13 novembre 2011. La recen-sione della mostra a firma di Andrea Bru-schi è pubblicata a pag. 20.

Q uesto articolo nasce daun’intervista fatta a Tom-maso Valle e ripercorre,per sommi capi, il contri-

buto che il suo Studio ha fornito, nelcorso della lunga e interessante attivitàsvolta, alla ricerca architettonica incen-trata sul costruttivismo della forma affi-dato alla potenzialità espressiva dellastruttura.In conformità al principio di Mies vander Rohe per cui l’ architettura è “…chia-rezza costruttiva portata alla sua espressio-ne esatta…”, nelle opere dello StudioValle viene “scarnificato l’oggetto architet-tonico delle componenti ornamentali, del-la materia stessa delimitante lo spazio perun’evoluzione dell’archetipo strutturale: iltrilite” come afferma Tommaso Valle.Il progetto per il Padiglione italiano “Ex-po 70” di Osaka ed il contemporaneoPadiglione italiano per l’Esposizione

Universale di Shanghai 2010 sono dueproposte, prima e ultima in ordine cro-nologico, “dell’iter della ricerca proget-tuale che dalle embrionali megastrutturecondurrà alle discroniche sinusoidi, divin-colando la struttura da un ruolo esclusiva-mente statico e soggiogandola a principiestetico-figurativi. La suddetta evoluzionenon si deve esclusivamente ad un aspettolinguistico-formale ma ad un necessarioadeguamento imposto dalle potenzialitàdei nuovi materiali e tecnologie, dalle nuo-ve dimensioni, dai nuovi sistemi proget-tuali introdotti dall’era digitale.”Ad Osaka, la componente strutturale di-viene, per la prima volta elemento segni-co che, “attraverso un processo di distilla-zione archetipica, investe la matrice geo-metrico - compositiva di una valenza figu-rativa. La maglia strutturale tridimensio-nale, subisce una deformazione lineare,delimitando così lo spazio interno attra-

verso le direttrici inclinate dei propri com-ponenti strutturali“ che rivestono, per-tanto, un ruolo innovativo rispetto allaprecedente funzione esclusivamente sta-tica, a sostegno dell’involucro architet-tonico.Il progetto per il Padiglione italiano Ex-po 70 rappresenta, dunque, il primopasso verso un’evoluzione della conce-zione spaziale e strutturale cartesiana, ri-gidamente vincolata alla struttura triliti-ca e alla trasmissione verticale delle solle-citazioni, ad uno spazio complesso. Laricerca formale, strutturale e sui mate-riali segnano in questo progetto il primomomento della sperimentazionedell’high-tech italiano.L’esperienza compositiva di Osaka, co-stituisce il precedente di una lunga seriedi sperimentazioni (il Palazzo del Gover-no di Dar El Salam, la Stazione di Servi-zio “Esso”, l’aeroporto di Genova, il

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P R O G E T T I

In queste due pagine:Padiglione Italiano Expo 70di Osaka

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complesso alberghiero in località Argen-tiera, villa Buratta, ecc.) in cui la ricercacondotta sul sistema di trasmissione del-le sollecitazioni, non più esclusivamenteverticale, e sulla scomposizione deglisforzi “delinea dei macro-vettori, atti aconvogliare gli sforzi in punti prestabiliti.Sorta di modernizzazione dell’arco ram-pante, il macro-vettore costituisce un pro-totipo seriale, ripetitivamente e diversa-mente assemblato nello spazio”. Un concorso internazionale del 1995 se-gna il definitivo sovvertimento dellaconcezione cartesiana dello spazio e trili-tica della struttura. Nel Terminal por-tuale di Yokohama la struttura si disarti-cola nello spazio “in una discronia di si-nusoidi, scardinando definitivamente ladifferenziazione trilitica trave-pilastro edeterminando un “macro” spazio dal ca-rattere fortemente unitario. Alla strutturanon viene più affidato un ruolo esclusiva-mente statico, ma diviene elemento segni-co”. Gli appoggi delle sinusoidi di Yoko-hama, distano tra loro 150 metri e si in-nalzano per 20 metri. Ancora oggi, siapure con l’impiego di acciai speciali,questa dimensione sarebbe eccessiva,tuttavia combinando le strutture e tra-

sformandole in sistemi complessi attra-verso il raccordo delle onde in diversipunti dello spazio, è stato possibile limi-tare gli attacchi a terra. Nel recente progetto del Padiglione ita-liano per l’Esposizione Universale diShanghai 2010, la complessità struttu-rale del precedente giapponese vieneamplificata: la geometrica sinusoide diYokohama si scompone e ricompone insegni non più puri ma complessi. Varca-to l’accesso si è sorprendentemente im-mersi in uno spazio inatteso, in cui l’uni-tarietà e la rigorosità geometrica del

fronte strada si sostituiscono alla com-plessità e dinamicità di uno spazio dise-gnato da una doppia maglia strutturaledall’andamento sinuoso, le cui tessituresovrapposte si propagano in direzioni traloro ortogonali: “una matrice strutturalenon più soggiogata dalla geometria esattasi contamina di suggestioni naturalisticheassumendo profili liberamente e impreve-dibilmente articolati”.Concludendo, come lo stesso T. Vallesottolinea, i progetti di Osaka, Yokoha-ma, e, infine, Shanghai non rappresen-tano esclusivamente “un’evoluzione “se-

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PADIGLIONE ITALIANO PER L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE DI SHANGHAI 2010

TERMINAL PORTUALE DI YOKOHAMA

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gnica” del linguaggio architettonico delloStudio Valle ma una maturazione spazia-le conseguente l’indagine strutturale. Laforma architettonica, anche negli esempidi maggiore complessità, viene sempre scar-nificata della propria ostentazione sceno-grafica in osservanza ad un principio di es-senzialità fondativa sempre derivante dauna ragione strutturale ancor prima cheestetica. Non pertanto un principio inven-tivo a sé stesso finalizzato, bensì una risul-tante di equilibri multipli, figurativitàdell’immagine, essenzialità e non casualitàdel rapporto forma-struttura”.

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COMPLESSO ALBERGHIERO IN LOCALITÀ ARGENTIERA AEROPORTO DI GENOVA

STAZIONE DI SERVIZIO “ESSO”

VILLA BURATTA PALAZZO DEL GOVERNO DI DAR EL SALAM

TERMINAL PORTUALE DI YOKOHAMA

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RECUPERO DI UN’ANTICAPIAZZA A PORTO ALEGRE

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Elio Trusiani

Intervista a Briane PanitzBicca sul ProgrammaMonumenta del governobrasiliano che avviaazioni e interventi voltial restauro eriqualificazione degliedifici e spazi pubblici,finanziamento ai privatiper il restauro degliimmobili e azioni divalorizzazione socio-culturale. In particolaresul recupero di Praça daAlfândega cherappresenta ilriferimento principaledel centro storico.

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C on il Programma Monumenta(PM) il governo federale avviaazioni e interventi volti al re-stauro degli edifici pubblici, ri-

qualificazione degli spazi pubblici, finan-ziamento ai privati per il restauro degli im-mobili e azioni di valorizzazione socio-cul-turale. Nell’ambito del PM, Porto Alegre re-cupera Praça da Alfândega, cuore culturaledella città. Briane Panitz Bicca, architetto eurbanista, ha coordinato per numerosi anniil Gruppo di Lavoro per la conservazione esalvaguardia di Brasilia; consulente dellaPresidenza dell’IPHAN, coordinatrice delsettore cultura dell’ufficio UNESCO inBrasile, dirige attualmente il Progetto Mo-numenta nella Prefettura di Porto Alegre.

D. Cos’é il Programa Monumenta(PM)? Quando è iniziato? Quali sono icontenuti e le finalità ?R. È un programma che si pone comeobiettivo il miglioramento delle condi-zioni dei siti storici urbani, attraversoazioni di restauro di monumenti, palaz-zi, piazze e vie riconosciute con un altovalore storico culturale. Il PM è statopensato fin dal 1995, grazie alla strettacooperazione tra Ministero della Cultu-ra, Banca Interamericana di Sviluppo eUNESCO. In ambito federale si chiamaPrograma Monumenta mentre alla scalalocale prende il nome di Progetto Mo-numenta; in ambito locale è previstaun’unità operativa denominata Unità diEsecuzione del Progetto (UEP) che hal’incarico di avviare il piano d’azione de-finito tra gli attori culturali che hannopartecipato al Laboratorio di Sviluppo

ovvero all’attività iniziale del momentodi definizione del PM, svoltosi in ciascu-na delle 26 città partecipanti. In questilaboratori di sviluppo, ogni città ha deci-so quale sarebbe stato l’oggetto di inda-gine e progettazione, in relazione alle di-verse condizioni del patrimonio localesoprattutto in virtù dello stato di conser-vazione e di gestione. A livello federale, èprevista un’Unità Centrale di Gestionedel Programma Monumenta (UCG),sostanzialmente interna all’IPHAN –Istituto del Patrimonio Storico e Artisti-co Nazionale - del Ministero della Cul-tura, che è responsabile dell’implemen-tazione del Programma, a livello nazio-nale e, allo stesso tempo, deve saperorientare, sovrintendere e gestire le atti-vità delle UEP. Il PM è uno dei principa-li programmi strategici per la tutela econservazione del patrimonio naziona-le, coordinato dall’IPHAN. Essendo unprogramma destinato alla salvaguardiadel patrimonio culturale, le azioni previ-ste dal Progetto Locale, e sviluppate perogni città (piani d’azioni delle UEP’s),devono essere approvate dall’IPHAN at-traverso le Sovrintendenze Regionali. APorto Alegre la responsabilità per l’anali-si, l’approvazione, l’orientamento, el’accompagnamento delle azioni delleUEP spettano alla 12ª SovrintendenzaRegionale dell’IPHAN nello Stato delRio Grande del Sud. D. Il PM a Porto Alegre: perché Praçada Alfândega? Cosa rappresenta questapiazza per la città?R. Si tratta della piazza più antica dellacittà, insieme alla prima strada – Rua daPraia – e al primo insediamento portua-

le edificato nel 1858 ai margini del RioGuaiba, quando la piazza si chiamavaLargo da Quitanda e era sede di un mer-cato dove si vendevano merci ai marinaiche arrivavano a Porto Alegre. Praça daAlfândega, monumento nazionale tute-lato dall’IPHAN, è il riferimento princi-pale del centro storico sia per la popola-zione che per i turisti.D. Quali erano le condizioni del conte-sto prima dell’intervento? Quali sonogli elementi architettonici e urbani do-minanti nella piazza?R. La piazza ha subito forti modifichenegli anni ´70 perdendo, di fatto, le ca-ratteristiche di luogo di incontro dellapopolazione. Con la forte crescita dellavegetazione, la piazza diventò buia e lapopolazione sentiva questo spazio sem-pre più come un luogo oscuro e privo disicurezza. Attualmente essa si configuracome crocevia di un intenso movimentopedonale durante tutta la giornata. Aimargini della stessa sono ubicate le prin-cipali attrezzature culturali della città:un museo, quattro centri culturali e unoin fase di realizzazione. I monumentipubblici sono rappresentativi dell’archi-tettura eclettica di inzio secolo XX, pro-gettati dagli architetti di origine mitte-leuropea attratti dalla crescita economi-ca del sud del Brasile. Il rapporto conl’architettura austriaca e tedesca si deveagli immigrati tedeschi, presenti fin dal-le prime decadi del secolo XIX; anche leopere degli immigrati italiani sono statedi grande importanza e hanno fornitoun fondamentale impulso allo sviluppodello Stato e della città, modernizzando-ne un’architettura fino a quel momento

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identificabile come “coloniale” di origi-ne portoghese.D. Quali obiettivi si prefigge il proget-to?R. L’obiettivo è quello di riproporre, purcon i dovuti limiti, la piazza nelle sue ca-ratteristiche paesaggistiche e formali de-gli anni 1930-1940, quando era statadefinita come Passeio Publico della città.Le opere attuali hanno ricostruito il di-segno degli assi e dei marciapiedi in pie-tra portoghese (petit-pavè), riproponen-do gli allineamenti originari, restauran-do il sistema dell’illuminazione pubbli-ca, prevedendo i necessari interventi diarredo urbano. Insieme a queste opere èstato pensato un sistema di comunica-zione dei valori storici esistenti attaversol’apposizione di placche e pannelli infor-mativi contenenti fotografie e testi deri-vanti dal progetto interpretativo del cen-tro storico.D. Che ruolo ha avuto la partecipazio-ne degli abitanti nel processo di costru-

zione del progetto e nella definizionedei contenuti stessi del progetto?R. I documenti storici inerenti le modi-fiche apportate nel tempo, a partire dal-la metà del secolo XIX, sono stati sotto-posti all’esame degli attori locali e del-l’opinione pubblica, soprattutto attra-verso la stampa e la realizzazione di espo-sizioni nella piazza stessa. Inoltre, nume-rosi incontri con le università e con le as-sociazioni dei residenti hanno mostratola piazza com’era nel passato, ponendol’accento sulle trasformazioni succedu-tesi e sulle ragioni della proposta di re-stauro ambientale. Particolare attenzio-ne è stata rivolta agli artigiani e ai lustra-scarpe, protagonisti della scena quoti-diana della piazza, per quanto concernela comunicazione e comprensione delprogetto. Gli scavi archeologici in attorappresentano una grande opportunità,per la popolazione, per scoprire la storiapiù antica, visitare e accedere ai repertinascosti nel sottosuolo della piazza: i pri-

mi attracchi, le banchine del porto, laprima dogana. Per gli studenti sono sta-te organizzate visite guidate nel cantieredegli scavi, con un riscontro di grandecuriosità, interesse e fascino.D. Quali sono le tre scelte fondamenta-li del progetto di recupero di Praça daAlfândega?R. Possiamo far riferimento alle tre deci-sioni che motivarono il progetto: cosarestaurare, cosa mantenere e cosa aggior-nare. Il risultato finale delle tre questioniè l’esito di un intenso lavoro svolto daglistorici del personale del PM; un lavorodi raccolta di documenti, di ricerca pres-so archivi iconografici e fotografici chepotevano mostrare il processo storicoevolutivo della piazza evidenziandone letrasformazioni. La proposta progettualefinale rappresenta le decisioni prese inrelazioni alle tre questioni sopra citate;oggi, circa 90.000 persone al giorno pas-sano per la piazza e ci sono esigenze diaccessibilità universale alle quali rispon-

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dere. Anche la presenza di alberi grandiha posto limiti al restauro. Nonostante,una delle domande fosse quella di raffor-zare la permeabilità solare della piazzaper renderla nuovamente penetrabiledalla luce del sole e quindi più “chiara”ed accogliente. L’albero caratteristico, iljacaranda, veniva soffocato dalla crescitaesagerata degli alberi esotici che, parzial-mente, furono rimossi, permettendouna maggiore trasparenza dell’interospazio urbano. I lustrascarpe rimarran-no nella piazza mentre gli artigiani, cheattualmente si dislocano sull’asse centra-le della piazza, saranno spostati lungouna via laterale, recuperando in tal sensola maggiore visibilità dei monumenti aimargini.D. Come si inserisce il progetto nel di-

battito disciplinare nazionale rispettoal recupero urbano degli spazi aperti avalenza storica?R. Il restauro delle piazze e degli spazipubblici in Brasile è recente. Gli espertidell’IPHAN hanno evidenziato la neces-sità delle indagini archeologiche per per-mettere di mostrare il processo di cam-biamento e di stratificazione subito da-gli spazi pubblici. L’archeologia storica èuno dei programmi/obiettivi della Se-gretaria Comunale della Cultura, che hail compito di orientare le indagini e ilprogetto in tal senso.D. Quali azioni e interventi di recuperodel centro di Porto Alegre sono previstio in atto, per la valorizzazione dellostesso?R. Oltre la Piazza della Alfândega, anche

la Piazza della Matriz verrà restaurata in-sieme alle strade che collegano l’asse, tu-telato con legge federale, del Cais doPorto al promontorio della Piazza dellaMatriz. Attualmente, è in restauro ilViale Sepulveda, ubicato tra il Porto, laPiazza della Alfândega e l’opera di re-stauro della Piazza stessa. Anche la Piaz-za XV Novembre, luogo particolarmen-te ricco di significati del centro storico,situata di fronte al Mercato Pubblico e allato della sede del Comune è in fase dicantiere. La realizzazione della linea tu-ristica del tram storico completerà loscenario che ho appena descritto.D. Sono previste azioni e interventi direcupero del waterfront del Rio Guaí-ba, visto lo straordinario scenario geo-grafico, ambientale, morfologico e per-cettivo che lega la città al suo fiume?R. Il motore di sviluppo, per una dina-mica crescente del centro storico stesso,è rappresentato dalla soluzione funzio-nale e progettuale dell’area del porto an-tico, in dismissione da anni e gestita dal-la Sovrintendenza dei Portos e Hidroviasdello Stato del Rio Grande do Sul. LoStato ha lanciato il bando per la sceltadell’impresa interessata all’utilizzo del-l’area, sotto forma di prestito per 30 an-ni, del cosiddetto Cais Maua per finalitàculturali. Oggi, l’accesso della popola-zione alla vecchia area portuale avvienesolo in occasioni speciali come la Feirado Livro; altre attività come fiere edesposizioni, anche se localizzate nel por-to, sono sempre di carattere temporaneooffrendo così solo un utilizzo limitato ri-spetto la grande potenzialità che l’areaportuale rappresenta per la città: in talsenso, si registra una grande attesa, daparte della popolazione, nel potersi riap-propriare di questa area mediante un usopermanente, dinamico e continuo nellaquotidianità di tutti i giorni.

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La mostra deiProgetti dallecollezioni delMaxxiArchitetturaresuscita,attraverso leforme, gli stili e icontenutidell’elaboratoprogettuale,memorie eemozioni deldibattitoarchitettonico dimolti periodieroici del passatosessantennio.

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EXHIBITING THE COLLECTION 1950-2010

Andrea Bruschi

FOTO CESARE QUERCI 2011 COURTESY FONDAZIONE MAXXI

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Undici anni fa ha inizio il per-corso della Darc, e poi delMaxxi, nel territorio della con-servazione dei documenti di

architettura moderna. Con l’acquisizio-ne degli imponenti archivi di CarloScarpa e Aldo Rossi si costituisce il nu-cleo propulsivo di una collezione di te-stimonianze di architettura che aumentaprogressivamente fino a costituire, oggi,un patrimonio di circa 50.000 elaboratiprogettuali, 25.000 fotografie, diaposi-tive, plastici, testi scritti, sculture, dipin-ti, riprese e registrazioni audio. Conte-nuta in archivi e fondi, nel tempo si ac-costa alle prime acquisizioni l’opera diimportanti professionisti come Gian-carlo De Carlo, Pier Luigi Nervi, SergioMusmeci, Vittorio De Feo, Enrico DelDebbio e più recentemente Carlo Ay-monino, Alessandro Anselmi e altre fi-gure del panorama romano. In questodecennio si lavora intensamente sulleproblematiche archivistiche affrontan-do temi complessi legati alla eterogenei-tà dei materiali acquisiti, alle modalità direstauro, ai problemi di catalogazione, almetodo e alle esigenze conservative.L’archivio di un architetto contempora-neo è sempre un insieme composito didocumenti molto diversi e con differen-ti problematiche di inventariazione.Schizzi e disegni sono realizzati su sup-porti delicati e deperibili, spiccano inExhibiting the Collection, 1950-2010 idisegni di Giancarlo De Carlo fatti suitovaglioli di carta. Fotografie, scritti,plastici e in qualche caso materiali da co-struzione oggi introvabili, pongono nonpochi interrogativi al restauratore per

mantenere l’unità dell’archivio e evitar-ne lo smembramento. Come sostieneMargherita Guccione, «l’archivio di ar-chitettura va considerato un unicum or-ganico di documenti da mantenere in-sieme»1 in quanto sistema di materialistrumentali alla ricerca, al progetto e allacostruzione. Gli elaborati configuranoun insieme composito nel quale ognidocumento ha un ruolo insostituibilenel descrivere il processo e la fisionomiadi un progetto, dagli schizzi di studio al-le fotografie di cantiere. Un patrimoniodi straordinario interesse che restituisce ilsenso del lavoro dell’architetto, ne riper-corre i passaggi e li consegna al pubblicocome testimonianza essenziale della ri-cerca progettuale e dei suoi contenuti.Tale sistema documentale è singolare e ildisegno trasmette valori variabili in rap-porto alle diverse personalità: alla naturastrumentale del grafico di architettura –prodotto per illustrare la costruzione diun edificio – si associa a volte un conte-

nuto figurale intrinseco all’elaboratostesso. Tale componente immaginificaassimila il disegno di architettura al-l’opera d’arte e lo dota di uno specificoportato semantico visionario e suggesti-vo. Il confronto fra gli esemplari lucidimanualistici di Michele Valori per le ca-se del Tiburtino e la citazione di Li-chtenstein nel bellissimo disegno di con-corso per una Stazione di servizio tipodella Esso, di Vittorio De Feo, comuni-ca al visitatore della mostra due approcciall’architettura specifici e personali.Sebbene in qualche caso il materiale ar-chivistico si riveli in se stesso oggetto ar-tistico di pregio – emblematico il caso dialcuni fascinosi acquarelli di Aldo Rossifra i quali spicca il grande pannello delTeatro La Fenice – non è però solo nellequalità grafiche del singolo disegno cheemerge il valore più profondo della testi-monianza di architettura. Questo si rav-visa nella capacità del documento di ri-costruire il senso più ampio della teoriadel progetto e della ricerca architettoni-ca che ne è alla base. Aggirandosi fra i di-segni di Aldo Rossi, le prospettive diCarlo Aymonino, gli studi di Paolo Sole-ri, si respirano immediatamente le ragio-ni ideologiche di quelle opere e il porta-to che ha oggi il riproporle al pubblico.Si tratta soprattutto di analisi, studi e ri-flessioni ben espresse da una dimensioneartigianale del fare architettura la quale,oltre ai progetti, ci parla della personali-tà degli autori, delle convinzioni, dellavita e del momento storico nel quale fu-rono elaborati. In questo senso emozio-nano i fotomontaggi dello studio Passa-relli per l’inserimento urbano dell’edifi-

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Dall’alto:• Carlo Aymonino, prospettiva interna

Giardino Romano. Prospettiva, collage,1996, 70 x 100 cm

• Aldo Rossi, Casa in Rauchstrasse, Berlino1980/83 Pianta, prospetto e assonometria,penna, pennarello, matite colorate su carta,s.d., 21 x 29.6 cm

• Sergio Musmeci, Concorso internazionale diidee per il ponte sullo stretto di Messina .Modello, materia e tecnica, 1969, 150 x 450 x cm

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cio in via Campania, i grafici e il plasticodello Studio Valle per il Padiglione ita-liano di Osaka all’Expo del 1970, i luci-di di Sacripanti per il Teatro di Forlì, lastraordinaria sezione del Vittoriano diCostantino Dardi con l’inserimento del-le scene progettate per Il ventre dell’ar-chitetto di Peter Greenway.Questi elaborati hanno la capacità di tra-sferire il visitatore in un altro momentostorico, fargliene rivivere miti, contenu-ti e speranze attraverso una fortissimacarica mnemonica e suggestiva. Lo spiri-to del tempo riemerge attraverso le for-me, gli stili e i contenuti tecnici dell’ela-borato progettuale. Esemplare è il casodegli studi per il Ponte sullo Stretto diMessina di Sergio Musmeci e Zenaide

Zanini con il grande plastico di circaquattro metri che materializza l’ipotesidella enorme struttura strallata.La mostra resuscita memorie e emozionidel dibattito architettonico di molti pe-riodi eroici del passato sessantennio.Corrobora tale operazione ricostruttivaun notevole dispiego di apparati comu-nicativi. Ai tavoli-vetrina che accolgonoi grafici si affiancano piccoli monitorcon registrazioni audio-video degli ar-chitetti e plastici originali. Evocandouna silenziosa dimensione di studio l’al-lestimento stesso rappresenta, con le sueteche ordinate, una metafora dell’archi-vio di architettura. L’armonica sequenzadelle strutture allestitive mette insiemecontemporaneamente testimonianze

cartacee, modellistiche e audiovisive checonfigurano un succinto ma essenzialespaccato di ciascun architetto.Exhibiting the Collection, 1950-2010 sirivela così un primo felice esito del pa-ziente lavoro del Maxxi Architettura.Una piccola, esemplare, esposizione nel-la quale poco è esibito e molto rimaneimplicito e nascosto fra le righe, per ri-cordare a chi lo abbia dimenticato quan-to da dire abbia avuto la nostra architet-tura.

1 M. Guccione, Documentare il contemporaneo inItalia. Gli archivi di architettura. Breve status quae-stionis, in AA.VV., La memoria del progetto. Per unarchivio di architettura moderna a Roma, a cura diA. Bruschi, Roma 2006;

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Dall’alto:• Maurizio Sacripanti, Progetto per il Teatro

comunale di Forlì, 1977/89. Prospettiva,grafite su carta, s.d., 21 x 30 cm

• Yona Friedman, Cartoline Postali (Venezia)2009, Collage e tecnica mista su carta,2009, 180 x 110 cm

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Molte cose stanno cambian-do ed il cambiamento èmolto veloce. Nell’evolu-zione vorticosa che vivia-

mo, la professione dell’architetto puòtrovare nuovi settori in cui applicare leproprie conoscenze e competenze. Dicerto, come già in parte avvenuto, le de-clinazioni specialistiche, nello specificodi quelle energetiche hanno permessoall’architetto di occupare ruoli impor-tanti in gruppi di progettazione com-plessi. Basti pensare alla figura dell’Ener-gy manager, una figura che nel prossimofuturo diventerà indispensabile, in par-ticolare per le pubbliche amministrazio-

ni, che sempre più pressate dalle ristret-tezze economiche dovranno cimentarsiin una innovata gestione, in particolareenergetica. Ma accanto allo scenario delconsulente, vi è quello più specificata-mente progettuale. Dal momento in cuil’Europa ha intrapreso un processo dievoluzione infrastrutturale: da un siste-ma energetico fossile centralizzato, adun sistema energetico diffuso e rinnova-bile, denominato DER (DestribuitedEnergy Resource), gli assetti insediativinel prossimo futuro, così come i necessa-ri adeguamenti degli assetti esistenti, do-vranno rispondere a logiche del tuttoinedite. Nuove regole, nuovi strumenti,

nuove competenze per l’architetto. Ci sipropone in questa sede di presentare untema centrale di questo nuovo assetto in-frastrutturale, che ci proietterà verso lamassima diversità tecnologica ed in cuiemerge il problema della gestione e del-l’integrazione di tanta diversità. A talescopo questo contributo descrive le carat-

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Gli assetti insediativi nel prossimo futuro dovranno rispondere a nuoveregole, nuovi strumenti, nuove competenze per l’architetto. Questo

contributo descrive le caratteristiche del modello DER: le Virtual PowerPlant, un’evoluzione dell’infrastruttura energetica che costituirà il supporto

allo sviluppo delle città intelligenti, nella piena attuazione ecologica.

VERSO UN SISTEMAENERGETICO DIFFUSO

E RINNOVABILE

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Aa cura di Eliana Cangelli e Fabrizio Tucci

Maurizio Sibilla

L’area dimostrativa Yjosai Town, Giappone(Fonte: Programma P V U P S C A L E PV in UrbanPolicies: a Strategic and Comprehensive Approachfor Long-term Expansion. 6°Programma Quadro). La sperimentazione condotta ha portato l’isolato,attraverso l’integrazione di sistemi fotovoltaici incopertura, verso l’autonomia energetica connessa aun disegno urbano organico

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teristiche dello strumento gestionale spe-cifico del modello DER: le Virtual PowerPlant, portando così alla conoscenza degliarchitetti questo strumento che segna unpassaggio tecnologico generazionale1.

L’innovazione per l’energia, l’innovazione per l’architettoCon l’iniziativa Europea Smart Cities,recentemente avviata, si sono aperti di-versi temi di ricerca e di progetto per lecittà a bassa emissione di carbonio. Sulpiano operativo, i progetti di prossimaattuazione, dovranno fare fronte alla ne-cessità di strutturare un iter progettualedel nuovo modello infrastrutturale ener-getico2. Di fatto, il nuovo modello infra-strutturale energetico, costituendo unatto evolutivo, comporta una complessaserie di atti ri-organizzativi sempre piùcomplessi, fondati su un innovato rap-porto tra uso di energia ed evoluzioneculturale3, in grado di contrastare gli ele-menti caratterizzanti del modello in-vo-lutivo di matrice fossile. L’architetto giocherà un ruolo fonda-mentale, poiché è colui che per forma-zione ed impostazione tende a tenere in-sieme e raccordare gli aspetti tecnici con

quelli culturali. Per svolgere questo ruo-lo, dovrà innovare il bagaglio di cono-scenza tecnica e intuirne le possibili edarticolate declinazioni.

Le Virtual Power PlantLa sfida alla diffusione dei sistemi DER sigioca attraverso l’abbattimento di unaserie di barriere, tecnologiche, economi-che e normative, che un tale processo ditrasformazione porta con sé. Il problemafondamentale di matrice tecnologica èche l’incremento di sistemi DER com-porterà una degradazione dell’infrastrut-tura esistente. Quest’ultima non è in gra-do tecnicamente di assimilare l’incre-mento esponenziale di quantità di ener-gia derivante da fonti ad intermittenza(quali quelle rinnovabili). Inoltre, nel si-stema tradizionale, la produzione dienergia, la gestione della rete di distribu-zione ed i carichi, sono stati consideratiprocessi indipendenti ed in base a questosi è configurato l’assetto tanto materiale,quanto immateriale. Gli scenari di mer-cato mutano, poiché mutano i rapportiistituzionali tra il soggetto che produce,quello che consuma e quello che gestisce. Attualmente, tali scenari sono privi di in-quadramento normativo e mancano diinquadramento programmatico condi-viso a livello europeo. Il quadro normati-vo dovrà, da un lato fornire risposte tesea disciplinare i soggetti del processo ope-ranti in un libero mercato, dall’altro, do-vrà disciplinare l’uso simultaneo di di-verse tecnologie di approvvigionamentoenergetico. Nella prospettiva di mediotermine, in cui l’Europa ha programma-

to un incremento (supportabile dall’in-frastruttura esistente) della diffusione deisistemi DER, uno dei concetti avanzati ècostituito dalle Micro Reti Locali, ovve-ro, da una aggregazione dei sistemi DERdi piccole dimensioni in una unità diproduzione virtuale che prende il nomedi Virtual Power Plant (VPP). Essa costi-tuisce lo strumento gestionale in grado dimassimizzare il contribuito delle risorsedistribuite, ed avviare, attraverso un in-cremento graduale (su lungo periodo), lacompleta sostituzione al sistema di ap-provvigionamento fossile. L’introduzione del nuovo modello infra-strutturale comporterà importanti rica-dute sulle molteplici sfere dell’abitare.Dal punto di vista del mercato la VirtualPower Plant rappresenta la struttura disupporto per aggregare in un unico pro-filo (tecnico-economico) diverse micro-unità che non avrebbero “peso economi-co e contrattuale” singolarmente. Ognimacro-unità potrà, inoltre, essere asso-ciata con le più diversificate informazio-ni di mercato di scambio (parametri difunzionamento, caratteristiche di costodell’energia, ecc.). La Virtual PowerPlant, inoltre, è in grado di offrire in ununico profilo, non solo energia ma, an-che servizi accessori agli operatori del si-stema, quali ad esempio: ottimizzare lepotenzialità di costi/benefici, gestirecontratti dinamici per lo scambio dienergia, ottimizzare i tempi di scambio edi approvvigionamento a seconda delletipologie di fonti energetiche a disposi-zione, ognuna delle quali con il proprioregime tariffario e la propria capacità di

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a) modello di infrastruttura energeticatradizionale b) modello di integrazione dellamicro rete (Fonte: UNIFLEX-PM. Advanced PowerConverters for Universal and Flexible PowerManagement in Future Elettricity Networks,6°Programma Quadro).Il confronto tra i due schemi evidenzial’incremento di complessità gestionale dei flussinel sistema integrato di micro rete ed ilpotenziale ruolo degli assetti insediativi

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produzione (oraria, giornaliera e/o sta-gionale). Tutto questo, con un controllodiretto da parte dell’utente che, attraver-so la “smart meter”, comunica i propribisogni energetici, visualizzando il pesodel proprio “comportamento”. Dal punto di vista dell’organizzazionemorfologica e urbana l’attuazione di que-sto scenario di sviluppo segna un radicalecambiamento di processo. La conoscenzadella condizione geografica locale non di-viene più un aspetto connesso alla sensi-bilità individuale-occasionale, ma collet-tiva-strutturale per l’assetto urbano. L’ac-cesso al sole, la configurazione al vento, lamappatura geologica, il reticolo idrogra-fico, tutto l’insieme dell’infrastrutturanaturale è partecipe alla definizione delle

più appropriate fonti energetiche, daconnettere al sistema di Generazione Di-stribuita,quali potenzialità di partenza of-ferte dalla specifica condizione geografi-ca. Ma anche l’infrastruttura antropica,ovvero, l’ambiente costruito, dai grandicomplessi compatti o alla città diffusa,dagli edifici pubblici o privati, fino aivuoti urbani e ai parchi, tutto potrà po-tenzialmente essere declinato in una let-tura energetica. La configurazione volu-metrica, la dimensione fisica, la densitàabitativa, diventano parametri da riela-borare entro logiche della nuova visioneinfrastrutturale. Un’evoluzione dell’in-frastruttura energetica che costituirà ilsupporto allo sviluppo delle città intelli-genti, nella piena attuazione ecologica.

Conclusioni (aperte)La diffusione dei sistemi DER in MicroReti Locali, sarà per le città una occasio-ne per innovare le proprie regole infra-strutturali, integrando un set tecnologi-co diversificato e organicamente con-nesso alle proprie specificità territoriali.Questo rinnova la sfida sul piano dellaprogrammazione e progettazione degli

assetti insediativi. Da un lato, in terminidi competitività economica, attraversola capacità di organizzazione di specifi-che filiere produttive locali, in grado difornire le risorse, materiali e immateria-li, al processo di trasformazione. Dall’al-tro, per la capacità di mettere a sistemal’innovazione tecnologica e qualità am-bientale nei caratteri spaziali e ambien-tali della configurazione urbana ed ar-chitettonica. E infine, nella possibilità diautoregolazione dal basso, offerta dallaMicro Rete Locale, quale strumento percomprendere e condividere i valori am-bientali della nostra generazione.1 Questo contributo è un estratto rielaborato dalla te-si di dottorato in progettazione ambientale svoltapresso il Dipartimento DATA dell’US Sapienza diRoma discussa a giugno del 2011 dal titolo “Lo svi-luppo delle infrastrutture/infrastrutture per lo svi-luppo. Modelli e-volutivi: le micro reti locali ed inuovi assetti, materiali ed immateriali, per le città in-telligenti”, scritta dell’autore sotto la guida del prof.Fabrizio Orlandi 2 I risultati della ricerca di tesi hanno delineato in mo-do complesso obiettivi, strategie e raccomandazionitecnico operative per la configurazione materiale edimmateriale delle micro reti locali. 3 Nello specifico i risultati operativi della ricerca si in-quadrano all’interno di uno strutturato apparato teo-rico, esplicitato nella formulazione di 3 ipotesi per losviluppo in base alle quali si sono rilette, attraverso ilcensimento di progetto ricerca applicata, le potenzia-lità dei nuovi sistemi energetici sostenibili.

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Abaco dei 9 Programmi urbani sperimentali perl’innovazione dei Sistemi Energetici Sostenibili edEfficienza Energetica (Fonte: ProgrammaCONCERTO. 6° Programma Quadro) Le azioni interne al programma Concertorappresentano i più avanzati risultati in termini ditrasformazioni urbane eco-efficienti. Gli indirizzi disviluppo stanno proseguendo nel 7° programmaattraverso l’iniziativa Smart Cities.

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G ran parte del percorso evo-lutivo dell’Homo Sapiens èavvenuto nelle foreste; leabbiamo abitate per quasi la

totalità della nostra vita sulla terra. Ogginon è più così. Spaesamento e malesserenei confronti del nostro ambiente sonocondizioni che ci fanno ricercare, sem-pre più e in forme diverse, un contattocon ciò che abbiamo dimenticato.Ricerchiamo la natura scappando dallecittà o portando dentro frammenti, ri-costruzioni, spesso surrogati di naturali-

tà nell’intento di mantenere un qualchecontatto con essa e utilizzando spesso ilverde come un servizio. È sicuramentepiù una necessità mentale quella dell’uo-mo contemporaneo, un bisogno di ri-cerca interiore, di appagamento, diestraniazione dallo spazio artificiale.Parlando di città si fa spesso riferimentoalla metafora della jungla, all’immaginedi complessità che tale habitat/costru-zione ha nella sua struttura fisica, si ac-costa questa parola nel significare espesso giustificare una sorta di caos, un

ordine che a noi spesso sfugge, un ordi-ne che, se anche lontano, c’è ma parla unlinguaggio proprio.L’idea del selvatico, dell’incolto, di ciòche non è sotto il nostro controllo, ha nelpensiero umano una storia infinita. Divolta in volta la foresta è stata rifugio,ombra protettrice, spazio di penetrazio-ne, territorio di ricchezze ma anche bar-riera, luogo impenetrabile e oscuro dove,inevitabilmente, perdersi. Queste duecondizioni antitetiche hanno costruito ilnostro rapporto con la selva sia dal pun-

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SELVE QUANDO LA FORESTA ENTRA IN CITTÀ

a cura di Lucio Carbonara e Monica Sgandurra

Nella storia dell’uomo le foreste hanno da sempre avuto un ruoloimportante: questi ambienti oggi diventano oggetto di studio e ricordo,tra ricerca e nostalgia in numerosi progetti di foreste in miniatura,“pocket forest”, proposti all’interno di musei, condomini, spazi pubblici.

Monica Sgandurra

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to di vista fisico, sia mentale e simbolico,in quanto ambiente costituito in preva-lenza da alberi, conosciuti come axismundi, connessioni dirette con il divino.La parola foresta nasce come terminegiuridico dal latino, probabilmente foris,“al di fuori”, e compare in epoca medie-vale negli editti longobardi e nei capito-lari di Carlo Magno e si riferiva alle riser-ve di caccia reali. Un territorio dichiara-to foresta non poteva più essere coltiva-to, occupato e sfruttato, era del re, desti-nato al suo esclusivo piacere e svago. In

Inghilterra, sotto Guglielmo il Conqui-statore, nel XI secolo, le leggi forestalinormanne furono applicate a vastissimearee e intere regioni videro villaggi di-strutti e abitanti cacciati via per assecon-dare la passione della caccia del nuovosignore. Per paradosso, le foreste createda Guglielmo si trasformarono in rifu-gio, non solo degli animali selvatici, maanche dei nobili inglesi che, spogliati deiloro diritti e terre, si rifugiarono nelleselve, opponendosi agli invasori e tra-sformandosi in fuorilegge.

Nella storia dell’uomo le foreste hannoperciò da sempre avuto un ruolo impor-tante: come territori, in relazione al-l’ecosfera, come luoghi, in relazione al-l’evoluzione della specie umana, comeentità simbolica, nel raccontare e poiaiutare l’uomo a conoscere se stesso e ilsuo stare sulla terra.Dal punto di vista fisico le foreste sono ilbioma più diffuso sul globo terrestre, oc-cupando circa il 30% della superficie del-la terra; questo è ciò che rimane attual-mente dall’inizio dell’Olocene, quandola terra era quasi totalmente ricopertadalle selve. Oggi, la gran parte delle fore-ste primarie rimaste è concentrata in al-cune regioni come l’Amazzonia, l’Africacentrale, l’Asia sud orientale e il Canada.E allora ecco che questi ambienti diven-tano oggi oggetto di studio e ricordo, traricerca e nostalgia in numerosi progettidi foreste in miniatura, “pocket forest”,proposti all’interno di musei, condomi-ni, spazi pubblici.E le foreste, il sogno del rifugio, della ca-sa sull’albero, di Cosimo e la sua forestadi libri, della ricerca interiore, e quindidell’ascolto per capire, diventano simbo-li della contrapposizione con l’artificiale.È la Land Art che per prima indaga suquesto tema, producendo opere chehanno lavorato proprio sul pensiero delselvatico come luogo altro, di contrap-posizione con il contemporaneo, e suc-cessivamente tema sviluppato dall’ar-chitettura, dal progetto per il paesaggioe dal progetto urbano.Nel 1965 a New York Alan Sonfist,esponente della Land Art, progetta nelGreenwich Village, Time Landscape, unaforesta ideata con piante autoctone pre-

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• Time Landscape, New York, Alan Sonfist, 1965

Pagina a fianco:• Distribuzione delle foreste

sul globo terrestre

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senti nella Manhattan pre-coloniale nelXVII secolo, e ritratta nelle tre fasi dicrescita: una fascia iniziale con giovanibetulle e noccioli, una fascia centrale co-stituita da un boschetto di faggi e Hama-melis e un’ultima fascia costituita da unbosco maturo di querce, olmi americanie frassino bianco. Un recinto di 25x40piedi chiuso, delimitato da una cancella-ta violata nel 1978 dai senzatetto, che quitrovarono un rifugio sicuro, indisturba-to. Ciò che Sonfist voleva sperimentareera la crescita di una originaria comunitàverde, per cui, nel 2007 tutto ciò che nonera autoctono, senzatetto inclusi, fu ri-mosso. Un contributo tra osservazionescientifica e opera artistica.Sempre nel lavoro della Land Art, Ro-bert Smithson ideò, nel 1970, Floating Is-land, un bosco galleggiante su una chiat-ta di 30x90 piedi che doveva navigare

nelle acque dell’Hudson, un omaggio aFrederick Low Omstead. Il bosco gal-leggiante che evocava Central Park nonfu realizzato e solo nel 2005, in occasio-ne di una retrospettiva delle opere diSmithson al Whitney Museum di NewYork, Diana Balmori riprese in mano ilprogetto e lo mise “in acqua”. Il bosco,trainato da un rimorchiatore, navigò perqualche giorno lungo le rive di Manhat-tan, un piccolo Eden inaccessibile, co-me fu definito, che ironicamente fa il gi-ro della città sull’acqua, come un turistain escursione. Un gioco di sguardi, dovela Natura, in movimento sull’acqua,guarda la città granitica, ferma.Una struttura analoga, questa volta pen-sata da un paesaggista, è quella della fo-resta dell’Île Derborence nel Parc HenriMatisse a Lille di Gilles Clément. Der-borence è il nome di una delle ultime fo-

reste primarie rimaste in Europa e Clé-ment la ripropone come elemento sim-bolico, un pezzo di natura inaccessibilecostruendo una piattaforma in calce-struzzo, alta sette metri, dalla forma del-l’isola degli Antipodi posta tra il PoloSud e la Nuova Zelanda, esattamenteagli antipodi della città di Lille. Una fo-resta che sarà inaccessibile a tutti, senzanessun tipo di intervento di gestione emanutenzione, un luogo simbolo, che,come ci dice il progettista, “propone perla città una foresta del futuro – non pri-maria ma “ideale”–, da confrontare conl’attrito erosivo della città”.Un’altra foresta inaccessibile è quelladella Grande Biblioteca di Francia a Pa-rigi, la più grande biblioteca del mondo,ideata da Dominique Perrault e Eric Ja-cobsen a seguito di un concorso interna-zionale; un grande intervento costituitodalla presenza all’interno della cortecentrale di una foresta ad assetto natura-listico, di un “bosco sacro”, come lo de-finiscono gli autori. Qui edifici e foresta sono due elementicontrapposti e complementari per for-ma, dimensione e carattere. La grandedimensione architettonica e l’approcciodi natura minimalista e tecnologica, sicontrappongono dialetticamente allasemplicità e alla forza archetipica delmodello vegetale adottato. Lo spaziodestinato al “bosco sacro” è quello dellagrande corte rettangolare, ribassata, at-torno alla quale si svolgono e si affaccia-no tutte le attività della biblioteca. Il giardino non è direttamente fruibile,può essere soltanto osservato e contem-plato, come in molti giardini zen giappo-

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Dall’alto:• Floating Island, Robert Smithson, 1970• L’Île Derborence, Parc Matisse, Lille, Gilles

Clément, 1989-1992

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nesi. Il bosco, che gli autori definisconoanche come “bolla di clorofilla”, è com-posto di un mix arboreo all’interno delquale prevalgono esemplari di Pinus syl-vestris, selezionati tra quelli prelevati dallaforesta demaniale di Bord, nell’Eure.A questi esemplari sono stati affiancatialtri elementi da vivaio, sempre di Pinussylvestris, di altezza inferiore e più giovani.Il bosco di pini è completato inoltre da car-pini, querce, betulle, ed un sottobosco difelci, eriche, rovi, bulbi di giacinti e cro-chi, pervinche, a ricostruzione e simula-zione di un habitat e di una biodiversitàvicina alla condizione naturalistica.Per l’operazione di espianto e trapiantodegli esemplari di Pinus sylvestris, è statonecessario un tempo lungo tre anni. Nel1991 sono stati selezionati i 160 esem-plari dalla foresta che, successivamente,sono stati oggetto di un’operazione di

riduzione dell’apparato radicale e dellachioma, per poi essere ripiantati, a regi-me controllato, in un vivaio temporaneoin prossimità della foresta stessa. Per unperiodo di circa due anni sono stati col-tivati e curati in maniera da dissimulareanche le condizioni del terreno più pros-sime a quello di destinazione. Sono statecontrollate le radici in modo da formareuna zolla di circa 3 metri di diametro. Gliesemplari hanno infine iniziato, nel1994, un viaggio lungo tre mesi, per rag-giungere Parigi su trasporti eccezionali.Un’altra foresta all’interno di un cortiledi un edificio pubblico è quella realizzatada Michel Desvigne e Patrick Blanc per ilMinistero della Cultura a Parigi. Una pic-cola e profonda corte di 170 metri qua-drati con le pareti vetrate degli uffici chevi si affacciano, e con poca possibilità diavere luce diretta. Queste condizioni am-

bientali estreme hanno suggerito a Blancdi realizzare una piccola foresta australedi altitudine, dalla grande ricchezza vege-tale nella successione degli strati, dodici,che accolgono 1000 piante di 100 speciediverse piantate in un terreno di 70 cm diprofondità. Un virtuosismo in effetti.Desvigne racconta che questa esperien-za di lavoro tra paesaggisti, botanici etecnici è molto vicina ad una forma di spe-rimentazione scientifica nel costruirequasi in miniatura questo bioma e insie-me un lavoro scultoreo, plastico.Sempre Desvigne nel lontano 1989 pro-pose, nel cortile di Rue de Meaux a Pari-gi, il condominio progettato da RenzoPiano, un bosco di betulle che evocava,attraverso le texture delle chiome, un mi-lieu forestale.Di carattere didattico è invece la forestacommissionata dal Museum of Victoriaa Taylor Cullity Lethlean a Melbourne inAustralia. Carlton Gardens è un giardinorealizzato all’interno del complesso mu-seale che evoca le foreste che ricoprono irilievi circostanti la città. Uno spazio ret-tangolare di 50x25 metri dove la foresta èricostruita in tutte le sue componenti ve-getali ed animali e morfologiche, con lapresenza di avvallamenti, cascate, corsid’acqua. Le maggiori cause dei cambia-menti della foresta (acqua, fuoco, clima,terra, uomo) sono poi declinate in tutto ilgiardino, per cui, ecco che all’ingressodel giardino una serie di pali di legno cheevocano il disboscamento, accolgononel tronco delle apparecchiature audio-visive che raccontano le storie delle sel-ve, mentre il fuoco è ricordato nelle por-zioni di terreno bruciate. Le informazio-

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Dall’alto:• La foresta della Trés Grand

Bibliothèque a Parigi, DominiquePerrault e Eric Jacobsen, 1994

• Piccola foresta pensile, Ministero dellaCultura, Parigi, Michel Desvigne ePatrick Blanc, 2001-04

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ni sulla foresta, sulla sua nascita, crescita,morte e rigenerazione sono riportatelungo tutto il percorso che si snoda si-nuosamente dentro il fitto sottobosco.The Stolen Paradise è l’ultima opera diWest 8 per Nature, un ciclo di istallazio-ni in programma per il 2011 al MAXXIdi Roma.Un bosco surreale, bianco, trasparente,che si cala sul pavimento, come i teli diuna scenografia, sfiorando il suolo e gal-leggiando nell’aria in modo impalpabile.Il bianco e la trasparenza del tulle co-

struiscono le sagome degli alberi cherealizzano un labirinto magico, una fo-resta incantata e irreale, anche per la pre-senza su alcune chiome del rosso dei po-mi che rimanda all’idea del peccato ori-ginale. Non è la foresta buia ed impene-trabile di dantesca memoria, piuttostouna foresta quasi amica, dove la traspa-renza ci fa intravedere altro, dove la vistanon è sbarrata ma guarda la profonditàdello spazio suggerendo la possibilità dinon rimanere intrappolati. Se non fisica-mente, si rimane comunque catturati

dall’incanto e ci si perde in modo fan-ciullesco in questa foresta senza radicidove il vuoto, materia prima del paesag-gio, quasi come in un esercizio zen, è ilportatore di forma.

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Dall’alto:• La foresta del Carlton Garden, sezione trasversale• Stolen Paradise, © West 8 urban design &

landscape architecture, installazione creata per lamostra “Spazio”, MAXXI Museo nazionale dellearti del XXI secolo, Roma, 2011

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Una lingua di terra rossa di 120km, percorsa una volta al gior-no da traballanti autobus pri-vati, in più di tre ore di viaggio

collega l’ultimo avamposto della provin-cia argentina di Corrientes alla ColoniaCarlos Pellegrini, unico ingresso attrez-zato della riserva naturale dell’Esterosdel Iberà. È questa via sconnessa che ha il merito dimantenere la riserva in un effimero statodi isolamento, in cui la componente an-tropica non è ancora riuscita a prendereil sopravvento sulla natura. Le dimensioni e l’ampiezza del campovisivo dovuta all’assenza di rilievi ed al ti-po di vegetazione erbacea, mantenutatale dal pascolo di bovini allo stato bra-do, sono le caratteristiche predominantidel territorio di transito che accompa-gna lentamente alla riserva. Il fascino

della monotonia del paesaggio, perenne-mente orizzontale, mantiene la mentevigile alla ricerca continua di riferimen-ti; l’occhio viene catturato saltuariamen-te dai rari elementi puntuali, come leisole di eucalipti impiantati per il legna-me o i pali della corrente in legno, chescandiscono il tempo di percorrenza. Il passaggio graduale dall’omogeneitàdel territorio circostante all’articolataricchezza della riserva, si palesa nel pon-te di ferro e legno che anticipa l’arrivo al-la Colonia Carlos Pellegrini. Entrandonel piccolo “pueblo” si ha la sensazionedi bussare ad una porta, di essere ospita-ti da un popolo che sembra essere luistesso ospite di una natura imponente esterminata, in cui l’acqua, con i suoi abi-tanti, è padrona di casa. Qui tutto rimanda alla consapevolezzadel profondo legame della comunità con

la natura, con gli animali da pascolo chepasseggiano liberi lungo le strade di ter-ra, la ricca vegetazione , il fango che sem-bra sciogliersi sotto la pioggia trasfor-mando le linee rette delle poche costru-zioni in avvolgenti forme sinuose. È il fascino di un luogo senza tempo,lontano anni luce dalla modernità, checattura il visitatore. Il rosso onnipresen-te della terra e dei tramonti, l’ininterrot-to cinguettio delle oltre 300 specie di uc-celli presenti, l’imperscrutabile oscuritàdella notte, il pacato riposo delle acquedella laguna e l’inaspettato capolino deisuoi abitanti, sono i protagonisti delpaesaggio. La natura circostante permet-te di immergersi in percorsi appena trac-ciati attraverso la foresta e trovarsi d’im-provviso di fronte agli eleganti cervi del-le paludi, ad intere famiglie di scimmieincuranti della presenza umana, o anco-

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ESTEROS DEL IBERÀUNA RISERVA NATURALEDALL’IDENTITÀ SOSPESA

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Un luogo di unicità irripetibile che ha attraversato lastoria riuscendo a mantenere alta la sua identità. Lasperanza è quella che resista anche sotto la pressionedi nuove sfide che minacciano il suo territorio.

Andrea Antonaci, Nicole Del Re, Stefania Pacifici, Emanuele Penna*

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ra di attraversare la laguna e sfiorare ilplacido sonno di alligatori sdraiati al so-le, con la piena consapevolezza di nonpoter interferire in alcun modo con i ci-cli naturali e di poter solo approfittaredell’opportunità unica che ci offre la na-tura di essere osservata. Il merito di tutto ciò deriva soprattuttodalle scelte gestionali della popolazioneche, ben consapevole delle risorse delluogo, ha scartato a priori l’idea di un tu-rismo di massa, riuscendo a regalare alvisitatore una percezione del paesaggionaturale vissuto in scala umana; le gran-di distanze del parco vengono coperte

unicamente con l’uso di piccole lance, dipasseggiate a cavallo, o sulla forza delleproprie gambe. Tuttavia l’essere parte del sistema acqui-fero Guaranì, il primo al mondo in ter-mini di ricarica idrica e bacino di unadelle maggiori ricchezze planetarie in ter-mini di biodiversità, ha fatto sì che i ri-flettori si accendessero su questo territo-rio lontano dalla città e dalle dinamichedel world business. Uno dei personaggipiù vicini alla riserva da questo punto divista, è il magnate americano DouglasThompkins, il quale ha avviato una cam-pagna di acquisizione dei territori della

riserva che dal 1997 ad oggi conta circa149.719 ettari, riuniti all’interno delprogetto di tutela ambientale The Con-servation Land Trust Argentina, finalizza-to alla salvaguardia del territorio. Nono-stante l’imprenditore abbia avuto il me-rito di reintrodurre specie animali estintee riqualificare aree altamente compro-messe all’interno della riserva, a detta dimolti le sue intenzioni nascondonoaspetti poco coerenti con il concetto ditutela. L’aver istituito nel 1983 la Riservade Iberà ha apparentemente evitato il ri-schio del mancato compromesso tra svi-luppo e salvaguardia del territorio. Ce-

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ABITAZIONE LOCALE

CAIMANI

LA LAGUNA

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mentificazione, turismo di massa, carto-larizzazione del territorio e mere specula-zioni potrebbero essere l’ennesima sfidada affrontare per questo territorio magi-co, che già in passato è riuscito a soprav-vivere alla colonizzazione spagnola e ge-suitica, che lo considerava un luogo mal-sano e invivibile, al boom economico in-dustriale degli anni 80, che lo voleva rele-gato al mero ruolo di bacino idrico per lapopolazione circostante, ed ancora algrande disastro ambientale del 1994, cheha visto allagarsi irrimediabilmente partedelle zone paludose.Così La Riserva dell’ Esteros dell’Iberà ha

attraversato la storia riuscendo a mante-nere alta la sua identità, anche quando irischi che gli si paravano di fronte sem-bravano invalicabili. La speranza è quelladi poterla vedere resistere anche sotto lapressione di nuove sfide che minaccianoil suo territorio, ben consapevoli del-l’unicità irripetibile di questo luogo .

* Gli autori sono studenti laureandi della facoltà di Ar-chitettura - Università “Sapienza” di Roma, nello speci-fico: Andrea Antonaci (CdL Pianificazione della Città,del Territorio e dell´Ambiente), Nicole Del Re (CdL Ar-chitettura del Paesaggio), Stefania Pacifici (CdL Archi-tettura Progettazione Architettonica e Urbana), Ema-nuele Penna (CdL Architettura del Paesaggio)

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LE STRADE DI TERRA ROSSA DELLA RISERVA

PONTE DI INGRESSO ALLA COLONIA CARLOS PELLEGRINI

SCIMMIA URLATRICE

INQUADRAMENTO GEOGRAFICO

CERVO DELLE PALUDI

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L’ apprezzamento unanime mani-festato dai partecipanti alla pri-ma Biennale dello spazio pub-blico per il carattere libero e

gratuito dell’iniziativa che ha fatto in-contrare ricercatori, professionisti, do-centi, amministratori, studenti, cittadi-ni, in un clima di scambio anche infor-male tra esperienze e discipline differen-ti, è stato interpretato come un “deside-

rio di spazio pubblico” in quel senso piùampio di spazio di libera discussione ecritica che gli attribuisce Habermas. Quello che ha riunito i partecipanti è laparticolare condizione dello spazio pub-blico urbano che sta perdendo il ruolo,esercitato per secoli, di struttura portan-te della città.Lo spazio pubblico è sempre stato forgia-to da coloro che esercitavano o influenza-

vano il potere: le aristocrazie o oligarchieche predisponevano agorà per l’incontro,piazze e vie per le parate militari o le fun-zioni religiose; le borghesie urbane delXIX secolo che sfoggiavano lo status so-ciale nelle gallerie coperte, realizzate conle innovative tecnologie del ferro, che sirinfrancavano nei grandi parchi urbani,vanto competitivo tra le grandi città delsecolo, che introdussero nel panorama

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BIENNALE DELLO SPAZIOPUBBLICO A ROMA

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Aa cura di Claudia Mattogno

Gli spazi pubblici pensati come beni comuni possono dar luogo ainteressanti soluzioni morfologiche e gestionali che restituiscano loro ilruolo di struttura portante del territorio urbanizzato. Mario Spada

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urbano le strutture ferroviarie e tranvia-rie che resero più spedito il movimentodi persone e merci, esigenza primaria del-la rivoluzione industriale; infine le classilavoratrici, inurbate dalle campagne eportatrici di nuovi bisogni, che nel XXsecolo conquistarono i diritti all’istruzio-ne, alla sanità, alla casa. Il welfare si ma-terializzò nel territorio con una rete dispazi e servizi pubblici e con i quartierioperai e popolari, temi sui quali si pla-smò in Europa l’Architettura e l’Urbani-stica moderna. Per far fronte all’aggra-varsi delle condizioni igieniche a causadella produzione industriale si sviluppòla pratica dello zoning per separare le fun-zioni produttive, commerciali, residen-ziali e di servizio: nella pianificazione perzoning, per quanto arricchita nel 1968,in Italia, dal decreto sugli standard urba-nistici che stabilisce quanto di spazi pub-blici, verde e servizi ha diritto ogni citta-dino, sta una delle cause del declino del-lo spazio pubblico. I piani urbanisticiperdono gradualmente i contenuti mor-fologici: nei piani post-unitari di Romale espansioni sono disegnate declinandola grammatica elementare della piazza e

della strada, mentre il piano del 1931 giànon ha più disegno e introduce i pianiparticolareggiati con i quali si rompel’equilibrio tra struttura del piano, spazipubblici e tipologie edilizie. Negli ultimi decenni si è affacciata unapiù grave minaccia allo spazio pubblicourbano, la dispersione insediativa, cheha il volto di un incoerente paesaggiocomposto da case sparse, talvolta abusi-ve, centri commerciali e outlet, anonimie atopici, complessi residenziali di scar-sa qualità, privi di identità e dei serviziessenziali, raggiungibili solo con l’auto-mobile, mezzo obbligato per le mete del-la dispersione, collegati da una rete stra-dale inadeguata. È la cosiddetta “area va-sta” che riguarda più comuni limitrofi,accomunati da pendolarismo e recipro-cità di servizi pubblici e privati, cheavrebbe bisogno di una pianificazioneinterscalare difficile da realizzare con gliattuali strumenti di programmazione.Nella città consolidata, dove si manife-stano con più evidenza l’invecchiamen-to dei residenti e i fenomeni migratori,prevalgono i processi di trasformazio-ne/gentrificazione di brani di città. Lafase della trasformazione apre scenari diconflittualità permanente tra investitorie comunità locali, classificata sommaria-mente come sindrome Nimby, mentre èspesso segno di vitalità civile indirizzataalla salvaguardia dell’ambiente, del suo-lo pubblico, della coesione sociale e co-stringe le amministrazioni ad aprire ta-voli negoziali di partecipazione.

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BIENNALE: IL PROGRAMMALa prima Biennale dello spazio pubblico siè svolta a Roma dal 12 al 14 maggio 2011organizzata da INU Lazio incollaborazione con altre sezioni regionalidell’INU, con la Facoltà di architetturaRoma 3, con l’Ordine degli architetti/Casadell’Architettura di Roma e con il sostegnodella Provincia di Roma. Oltre mille ipartecipanti, circa duecento i relatori,quaranta dei quali provenienti da altripaesi. Sono stati premiati i Comuni per ilconcorso “le pubbliche amministrazioni egli spazi pubblici”, i progettisti per ilconcorso”la progettazione partecipatadello spazio pubblico”, e gli studenti per ilconcorso”fotografa il tuo quartiere”. Haospitato la Mostra dei progetti vincitori edel Premio europeo dello spazio pubblicourbano. Il programma era strutturato nelleseguenti sessioni tematiche:

progetto e realtà dello spazio pubblico: Storia dello spazio pubblico a Roma;Spazi pubblici e contesti archeologici;Fruizione pubblica dei litorali;Rigenerazione delle periferie esostenibilità; La ricostruzione dello spaziopubblico dopo le catastrofi; Metro-polistra progetto dello spazio pubblico eprogetto sociale; What place is this place?

voci e protagonisti dello spazio pubblicoLa domanda di spazi pubblici traesclusione e integrazione; Rigenerazioneurbana spazi pubblici e partecipazione;Abitare al femminile; La città eventuale(come la città si trasforma attraverso glieventi); Spazio pubblico e bambini; Cittàarte comunicazione; La città meticcia.www.biennalespaziopubblico.it

Dall’alto:• Casa dell'Architettura - mostra e premiazione

dei vincitori dei concorsi banditi dalla Biennale• Mostra del concorso riservato agli studenti

“Fotografa il tuo quartiere”

Pagina a fianco:• La mostra di studi, ricerche e buone pratiche

alla Facoltà di Architettura Roma TRE

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In tutto il mondo un’incontrollata urba-nizzazione dei territori, che vede supera-ta la soglia del 50% di popolazione chevive in agglomerati urbani, mette in pe-ricolo equilibri ambientali e sociali.Nelle megalopoli si assiste ad una cre-scente divaricazione sociale che si riflettenel contrasto tra il proliferare di slums ebaraccopoli e le esclusive gated commu-nity, trincerate da muri e sbarre, che se-parano per censo, razza o generazione.Non può essere trascurata, nell’analisidel futuro dello spazio pubblico, la cre-scente divaricazione tra ricchi e poveriche si accompagna alla liquefazione deiblocchi sociali (la società liquida descrit-ta da Baumann). Se il welfare fu una con-quista della classe lavoratrice che generòspazi e servizi pubblici, è difficile indivi-duare i nuovi protagonisti sociali inte-ressati a proporre la priorità degli inte-ressi collettivi. Il quadro è aggravato dal-le ricorrenti crisi dei mercati finanziari edai deficit cronici degli Stati che costrin-gono le amministrazioni locali a bilancisempre più esigui, che generano misurepunitive al welfare, spingono verso laprivatizzazione di beni e servizi pubblicie orientano il capitale privato, più che inpassato, verso lo sfruttamento della ren-

dita fondiaria e immobiliare. Se la storia e lo sviluppo economico han-no portato ad una situazione territorialecosì disarticolata è realistico auspicareche agli spazi pubblici sia restituito, congli opportuni aggiornamenti, il ruolo distruttura portante del territorio urbaniz-zato? Nella Biennale sono emerse molte indi-cazioni positive. Amministrazioni con-sapevoli impegnano buona parte delleloro risorse, per quanto ridotte, alla ri-qualificazione degli spazi pubblici, a li-berare dalle auto le piazze storiche, a ren-dere più accessibile e inclusiva la città adisabili, bambini, anziani, migranti, atutelare le strutture del welfare. I proget-tisti vedono nella partecipazione dei cit-tadini un’opportunità per interpretareuna committenza collettiva alla quale ri-spondono con un linguaggio sobrio ca-pace di favorire una reinterpretazione

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CARTA DI LIPSIA SULLE CITTÀ EUROPEE SOSTENIBILI APPROVATA NEL 2007 DAI MINISTRI DELLO SVILUPPO URBANO(estratto)

Noi raccomandiamo di fare un maggiorericorso alle strategie della politica disviluppo urbano integrato. Progettare unapolitica di sviluppo urbano integratorappresenta un processo imperniato sulcoordinamento delle aree più importantidella politica urbana, e il coinvolgimentodei diversi settori, delle categorieinteressate, dei cittadini nelle decisionisullo sviluppo futuro in termini di spazio,argomenti e tempo.

STRATEGIE D’AZIONE

- Creare ed assicurare spazi pubblici dialta qualità

- Modernizzare le reti infrastrutturali emigliorare l’efficienza energetica

- Un’attenzione speciale ai quartieridegradati all’interno del contestocittadino

- Potenziare l’economia e il mercato dellavoro locale

- Istruzione proattiva e politiche diformazione per bambini e giovani

- Promozione di un trasporto urbanoefficiente ed accessibile

Parco di via La Regina – Brienno, Lago di Como,progetto vincitore del Concorso “le pubblicheamministrazioni e lo spazio pubblico”

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dello spazio da parte degli utenti. Citta-dini impegnati ricostruiscono tessutisociali frantumati e individuano gli inte-ressi collettivi locali anche nel contrastoad interventi immobiliari dannosi perl’ambiente naturale e sociale. C’è un rin-novato interesse del mondo della ricercasociologica, urbanistica ed architettoni-ca che si domanda come evitare che ildeclino degli spazi pubblici compro-metta definitivamente coesione sociale equalità urbana. Il mondo dell’arte vuoleandare nelle strade con l’arte pubblica efarsi protagonista di un rinnovamentoculturale condiviso. Nuovi fenomeni diutilizzo temporaneo/informale deglispazi pubblici si stanno manifestandoper iniziativa di associazioni culturali eambientaliste. La ricostruzione di unacomunità distrutta da eventi catastroficipuò contare su piani partecipati che as-segnano agli spazi pubblici il ruolo di

struttura portante (il caso di New Orle-ans). I programmi di rigenerazione ur-bana tendono a costruire reti di spazipubblici, a realizzare sinergie tra la scuo-la, il parco, la biblioteca, la piazza, per unrisanamento del contesto che abbia ca-rattere strutturale. Si sta affermando ilmodello dei “quartieri sostenibili”, pro-gettati in modo partecipato, strutturatisu una rete di spazi pubblici qualificanti,alimentati da energie rinnovabili. Am-ministratori ed esperti confermano chela sicurezza urbana è un tema complessola cui soluzione non sta nella creazionedi un panopticon urbano: la storia inse-gna che una città aperta, che favorisce la

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CONVENZIONE EUROPEA DEL PAESAGGIOAPPROVATA NEL 2000 DAI MINISTRI DELLA CULTURA E DELL’AMBIENTE(estratto)

Ogni Parte si impegna a:- riconoscere giuridicamente il paesaggio

in quanto componente essenziale delcontesto di vita delle popolazioni,espressione della diversità del lorocomune patrimonio culturale e naturale efondamento della loro identità;

- avviare procedure di partecipazione delpubblico, delle autorità locali e regionalie degli altri soggetti coinvolti nelladefinizione e nella realizzazione dellepolitiche paesaggistiche menzionate;

- integrare il paesaggio nelle politiche dipianificazione del territorio, urbanistichee in quelle a carattere culturale,ambientale, agricolo, sociale edeconomico, nonché nelle altre politicheche possono avere un’incidenza diretta oindiretta sul paesaggio.

Piano particolareggiato ex mercato ortofrutticoloBologna, progetto vincitore del Concorso ”La progettazione partecipata dello spaziopubblico”- sezione città contemporanea.Progetto: Studio Tasca

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molteplicità delle relazioni in un climadi libero scambio è più sicura, aumental’intelligenza collettiva e il dinamismoeconomico. La progettazione di spazipubblici avvicina Architettura e Urbani-stica, discipline gemelle, separate da de-cenni di chiusure accademiche e profes-sionali, che possono elaborare insiemealcune linee guida per una “carta dellospazio pubblico”.

L’Unione europea ha espresso sensibilitàe consapevolezza su questi temi con laCarta di Lipsia e La Convenzione euro-pea del paesaggio. Un approccio olisticoe una progettazione integrata della rige-nerazione urbana contribuiscono a faremergere il comune patrimonio cultura-le e naturale che è fondamento dell’iden-tità di una comunità locale, quel benecomune che non può essere mercificatoperché è insieme oggetto e categoria re-lazionale fatta di rapporti tra individui,comunità e contesti. Bene comune è unafelice formula che va oltre gli steccatiideologici del passato, che accomuna ce-ti, culture, religioni diverse, nella risco-perta di quel patrimonio che è di tutti,

che favorisce responsabilizzazione e au-togoverno. Elinor Ostrom, premio No-bel per l’economia nel 2009, ha appro-fondito i sistemi di governo dei beni co-muni e dimostrato come le comunitàlocali e le associazioni di utenti possonoben gestire i beni pubblici al di là degliarchetipi contrapposti di proprietà pri-vata e sovranità statale (1). Gli spazipubblici pensati come beni comuni pos-sono dar luogo a interessanti soluzionimorfologiche e gestionali. Sarà questouno dei temi centrali della prossimaBiennale nel 2013.

1 Elinor Ostrom, “Governare i beni collettivi”Marsilio editore

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Piano partecipato di riqualificazione degli spazipubblici-Pellestrina (Venezia),progetto vincitoredel Concorso”la progettazione partecipata dellospazio pubblico”-sezione città storica. Progetto: Studio Tamassociati

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P ortieri, proprietari di negozi,benzinai, baristi, fiorai, che si af-facciano sulla strada pubblica,considerata sempre più territo-

rio di nessuno, si rimboccano le mani-che e danno spesso luogo a micro-pae-saggi che rincuorano per la cura e la “re-sistenza” che esprimono nei confrontidel traffico, della sporcizia, dell’abban-dono…Colpisce l’interesse caparbio di questigiardinieri urbani per le piante e per lanatura come strumenti di recupero dellospazio urbano degradato.

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GIARDINIERI URBANIFoto scattata a Roma,via degli Ammiragli,il 27 giugno 2011

Testo e foto di Ilaria Rossi Doria

I modi di insediarsi nello spazio dannoluogo, spesso, a situazioni contradditto-rie dagli effetti imprevisti. Intensi sfrutta-menti e inusitati abbandoni possono de-terminare cause di degrado, mentreinesplicabili disattenzioni o banali di-menticanze testimoniano una scarsa cu-ra dei territori del nostro abitare. A volte, le forme complesse del viverequotidiano si accompagnano a disfun-zioni grandi e piccole il cui ripetersisembra comportare una inevitabile as-suefazione. Difficoltà funzionali, inade-

guate realizzazioni ma anche scarsecapacità progettuali comportano unsensibile scadimento delle qualità am-bientali, allontanando noi tutti da unsensibile contatto con i luoghi. Immagini icastiche possono, allora,contribuire a sollecitare nuove riflessioniche intendiamo proporre all’attenzionedei lettori e, come auspicavamo sin dal-la nascita della rubrica, ospitare – comein questo numero – anche “Territori ri-trovati”.

Claudia Mattogno

SPECIFICHE DEI TESTIIl ruolo sostanziale sarà svolto da una odue immagini: per questo la lunghezzadei testi sarà limitata a 600-800caratteri (spazi compresi).

SPECIFICHE DELLE IMMAGINIFoto e diapositive, immagini digitali adalta risoluzione (minimo 300 dpicalcolati nella dimensione realedell'immagine) devono essereaccompagnate dall’indicazione delluogo, della data e dell’autore.

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P rima dei suoi larghi meriti didat-tici, accademici e professionali,occorre rammentare la sua pro-fonda umanità, la sua ricerca di

dialogo continuo con tutti, la sua perse-veranza e fermezza nel conseguire gli ob-biettivi che gli sembravano giusti ed irri-nunciabili, sia nel campo dell’architet-tura che nella vita in genere.Ho avuto modo di conoscerlo fin dal1983, a partire dall’occasione di un con-corso cui partecipavo come candidatoper un posto di ricercatore universitario,e rimasi subito colpito dalla sua gentilez-za e dal modo garbato con cui poneva aproprio agio gli interlocutori.Come docente di Storia dell’Architettu-ra (ebbe la cattedra sin dal 1976), primapresso l’Ateneo veneziano, poi a Romaalla “Sapienza”, cercava, prima di ognicosa, di tenere sempre presente il “senso”profondo delle cose, dell’evolversi deiprogetti, con una particolare attenzioneverso i temi del lessico, dell’espressionescritta e orale, del linguaggio (proprioquello che gli è venuto, purtroppo, amancare nelle ultime due settimane),dell’ascolto e dell’attesa (anche il silenzioera, per lui, un momento altamente po-sitivo). Amava fare sempre riferimento aconcetti di estetica e di filosofia, che ri-

collegava alle differenti fasi della storia;uno dei suoi massimi rimpianti era quel-lo di essere stato quasi un autodidattaper gli studi filosofici, ma ciò si è rivela-to, invece, un grande vantaggio per lasua ricerca personale. A Venezia, avevacementato una amicizia che si sarebbepoi rivelata fondamentale con MassimoCacciari, da lui più volte chiamato nelleprolusioni dei suoi corsi (sia di quelli

“ordinari” universitari, sia del Master edella Specializzazione) e, insieme a Fran-cesco Dal Co, a Giorgio Ciucci e a Man-fredo Tafuri - di cui ricordava spesso iviaggi in treno per recarsi nella città la-gunare passati a discutere per tutto iltempo dei significati della storia -, avevadato vita ad un gruppo intellettualemolto forte, dal cui sodalizio nacque ilvolume “La città americana dalla guerra

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MARIO MANIERI ELIA

Un breve profilo di Mario Manieri Elia(spentosi il 26 luglio scorso a ottantatreanni), uno dei massimi storicidell’architettura italiana.

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Mario Manieri Elia (a sinistra) con Marc Augé.La foto è stata scattata da StefanoGizzi all’inaugurazione delMaster Architettura Storia Progettoa Roma Tre nel marzo 2011

Sotto:Mario Manieri Elia, progetto per ilrestauro del Tempio-Duomo diPozzuoli

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civile al New Deal”, del 1973. Eppure laconcezione di Manieri Elia si diversifica-va sia da quella di una storia intesa allamaniera tafuriana (quasi pura), sia daipericoli di una storia “operativa”, propu-gnata negli stessi anni, a Roma, da Bru-no Zevi, per dar luogo ad un suo itinera-rio di riflessione personale.Dalla Sapienza si spostò (contribuendo-la a fondare) alla Facoltà di Roma Tre, a

partire dagli anni Novanta, quasi in con-temporanea alla costituzione dell’Asso-ciazione ARCo (Associazione per il Re-cupero del Costruito), nata per contra-stare la tendenza a restauri distruttivi(specie dopo interventi invasivi, in vogadopo i terremoti, quale quello dell’Irpi-nia), e volta a propugnare un tipo di in-tervento e di consolidamento dolce,soft, attraverso l’impiego di tecniche tra-

dizionali e compatibili con le antichestrutture: Associazione di cui fu Presi-dente dal 1990 al 1994. Aveva scritto, inproposito, che l’idea di ogni interventorestaurativo doveva essere ‘soffice’ o ‘mi-nima’ “per consentire un massimo direndimento, in un massimo di interven-ti, fondati su un massimo di ricerca e dipensiero, per un massimo di produttivi-tà culturale”.Mario Manieri Elia si muoveva, infatti,sempre sul difficile e complesso crinaleche separa, ma al contempo unisce, lastoria dell’architettura e il restauro, an-che qui ricercando, come egli stessoamava definirlo, un possibile “recuperodel senso”; non solo, dunque, un restau-ro attento a disvelare la materia e la for-ma, ma soprattutto a restituire il signifi-cato profondo dei processi logici e co-struttivi. Una sua apertura verso la possi-bilità di intendere il restauro, a volte, co-me eventualità di una “esecuzione diffe-rita” (quando, per esempio, di fronte adun’opera incompiuta o interrotta, si pos-siedono tutti gli elementi certi e i pro-getti esecutivi) gli era valsa una criticaaperta da parte dei “puristi” e degli in-transigenti della conservazione pura.Ma non a caso, nell’ambito del Ministe-ro per i Beni Culturali, era stato a più ri-

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Mario Manieri Elia, progettoper la sistemazione di Largo Argentina

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prese eletto membro del Consiglio Na-zionale per i Beni Culturali e, in esso, delComitato di settore per i Beni Architet-tonici e Ambientali dal 1981 al 1993 edal 1998 al 2002 nonché membro dellaCommissione Nazionale per il restaurodel Colosseo (Coordinatore dell’areastorica).Il suo impegno civile, sociale e politico èsempre andato di pari passo con la suaattività intellettuale, sia nei molti scrittisu “Contropiano” (all’epoca diretta daAsor Rosa) e su MicroMega, sia comeconsulente per i problemi del patrimo-nio storico-architettonico dell’Assesso-rato alle Politiche del Territorio del Co-mune di Roma (dal 1994).Si era impegnato soprattutto per il recu-pero del settore archeologico centraleromano, in particolare dell’area sacradell’Argentina (si veda il suo libro ad es-sa dedicato “Topos e Progetto. Temi diarcheologia urbana a Roma”, scritto, inmaniera appassionata, nel 1998), maaveva progettato e condiretto i lavori direstauro a Villa Adriana dalla metà deglianni Novanta, cercando sempre unaconnessione e una concordanza viva edattenta tra la città attuale e quella antica(non possiamo non ricordare che a lui sideve il concetto di “città storica”, con cuisi è finalmente superata la divisione tracentro storico e periferia visti finora co-me termini contrapposti, sin dall’epoca

della Carta di Gubbio del 1960, allorchéera stato tra i cofondatori dell’Associa-zione Nazionale per i Centri Storici e Ar-tistici). A ciò aveva dedicato gli ultimianni della sua vita, creando l’omonimarivista “Topos e Progetto”, ove il sensodel luogo in relazione a quello di unasempre aperta progettualità era il temadominante; e in questa direzione avevaanche orientato il Master “Architettura– Storia – Progetto”, di cui era Diretto-re presso l’Università di Roma Tre.Lo invitai più volte a Napoli, ad esempioin occasione di un fecondo dibattito chesi svolse, due anni fa, a Palazzo Reale, sultema dei ruderi urbani, discussione con-dotta insieme a Roberto Giannì, all’epo-ca Capo Dipartimento di Urbanisticadel Comune; poi lo chiamai a partecipa-re alla mostra sul Barocco da Caravaggioa Vanvitelli (per il cui catalogo scrisse unsaggio esemplare su Ferdinando Sanfeli-ce, riprendendo i temi a lui cari del ba-rocco in Italia meridionale); più recen-temente, presentai, sempre a Napoli, in-sieme ad altri, uno dei suoi ultimi libri,“Roma dall’acqua alla pietra”, del 2009,ove prendendo spunto dal caso della “ca-pitale eterna”, si interrogava sul sensodella costruzione della città, dei suoi ar-chetipi e dei suoi miti (da quello di Cai-no “fondatore di città” a quello dell’Arcadi Noè come prima casa rassicurante).Insieme (anche con Cettina Lenza),

sempre nel 2009, eravamo stati chiama-ti, da Benedetto Gravagnuolo, a PalazzoSerra di Cassano, a presentare un libroomaggio a Tafuri, intitolato “Oltre laStoria”. Tra i vari temi di attualità napo-letani, avevamo insieme partecipato(con menzione) al concorso per il recu-pero del Tempio-Duomo di Pozzuoli,con capogruppo Alessandro Anselmi,ove l’idea di base era appunto quella diun connubio equilibrato tra architetturacontemporanea e struttura antica.Tra i progetti vinti e le opere in corso, dicui non è riuscito a vedere gli esiti, vi èquello, attualissimo, per la sistemazionedi Piazza Augusto Imperatore a Roma,uno dei siti ancora irrisolti della capitale:un concorso vinto nel 2006, insieme aFrancesco Cellini, Renato Nicolini, JoséTito Rojo, Giovanni Longobardi, al fi-glio Giovanni Manieri Elia, Dieter Mer-tens, Carlo Gasparrini, Elisabeth Kieven,a Maria Margarita Segarra Lagunes e adaltri “giovani”, di cui ora iniziano i lavori,dopo una lunga serie di discussioni e divarianti, come per tutte le cose italiane, eper il quale ha offerto il massimo del suocontributo intellettuale ed umano.Egli ci lascia un grande vuoto; ma ci con-sola il suo insegnamento che resteràsempre vivo in tutti noi.

Stefano GizziSoprintendente per i Beni Architettonici

e Paesaggistici di Napoli

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(...) torniamo a quegli anni, dai quali og-gi ci separano ben tre decenni e non po-chi ripensamenti e manutenzioni.Era la prima volta che la Repubblica fa-ceva un doveroso regalo alla Città, i cuiproblemi nei decenni succedutisi eranostati quasi del tutto ignorati o dimenti-cati e che, debbo dire, il terremoto l’ave-va appena sfiorata, pur avendo recato al-la Regione ed all’Irpinia in particolaredanni, che in parte sono tuttora presentinel territorio.Comunque rilevanti erano e sono i cre-

diti della Città: incredibilmente scarsal’entità dell’offerta di lavoro ed i relativiprogrammi alla scala adeguata, moltoforte e mai soddisfatta la domanda di in-tervento politico, economico, sociale,nei confronti della penetrazione capilla-re della malavita in tutti campi della atti-vità cittadina. Mi sarebbe piaciuto perciò che le nostrecase, sparse nella grande espansione ur-bana, pervenissero in qualche modo arappresentare quella significativa unità,densa di speranze in quanto tale, che si

sarebbe dovuta riconoscere con rapidosguardo, percorrendo le tante strade, incui e da cui, le nuove case avrebbero ma-nifestato, con la loro presenza, un accen-no ad un futuro diverso e certamentemigliore. Un modo tra tanti di manifestare l’unitàavrebbe potuto essere, per esempio,l’uso del colore da attribuire alle case,modesto espediente certo, ma sufficien-te a sottolineare l’intendimento che, nelcogliere l’occasione del terremoto, e del-l’intervento di ricostruzione, che ne de-

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ALBERTO GATTI

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DUE CASE A NAPOLI NELPROGRAMMA PER LA RICOSTRUZIONEDEL DOPO TERREMOTO. BREVI ACCENNI DI IMPOSTAZIONEGENERALE SULLA METODOLOGIA DEL PROGETTARE Alberto Gatti

A lberto Gatti alla fine di luglio ci ha lasciato: fino all'ultimo è stato impegnato nella ricerca disciplinare affrontando temi le-gati alla contemporaneità, come testimonia questo testo che ci ha inviato poco tempo prima. I suoi contributi critici e propo-sitivi sono stati costantemente pubblicati sulla rivista nel corso degli anni, sia in una lunga intervista raccolta da Luca Scal-vedi (AR 73/2007) sia in vari articoli. Alberto Gatti ha svolto un'intensa attività di progettazione e di ricerca a scala archi-

tettonica e urbanistica, come professionista e come docente, in particolare nei settori dell'istruzione e della residenza. Molte opere realiz-zate sono state pubblicate nelle riviste di settore, così come i molti concorsi in cui lo studio ha conseguito esiti positivi. Membro del-l'IN/ARCH e dell'INU ha partecipato a vari convegni e congressi in Italia e all'estero (U.I.A., B.I.E., R.I.B.A. ecc.) e pubblicato vari li-bri tra cui "Edifici e impianti per lo sport" volume IV dell'Enciclopedia di Architettura Pratica, edita dall'UTET di Torino nel 1962 e"Il disegno della città - Trattato di metodologia della Pianificazione urbanistica" edito da Kappa di Roma nel 1987. Protagonista nellacultura architettonica a Roma dagli anni ’50 la produzione progettuale di Alberto Gatti, con atto del Ministero per i BB. AA. , è statadichiarata "di notevole interesse storico" e, di conseguenza, sarà conservata nel Museo dell'Architettura Contemporanea. Questo testo, pur facendo riferimento all'esperienza progettuale sviluppata con Diambra De Santis per la ricostruzione dell’Irpinia nel1980, costituisce un contributo metodologico efficace per affrontare i probemi attuali, legati al terremoto di L'Aquila del 2009; utile so-prattutto per capire le diverse condizioni operative. Pur valutando che in quella occasione si è intervenuti in modo particolarmente velo-ce, infatti a distanza di un solo anno in Via Stadera a Napoli si era posta la prima pietra per la ricostruzione delle torri, appare significa-tiva la differenza normativa-procedurale nel confronto con la situazione attuale.

Massimo Locci

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rivava, avrebbe potuto assumere, a mioavviso, più ampio significato di testimo-nianza di una volontà di riscatto.Scelsi quindi naturalmente un colore ti-pico, un giallo oro, anche per il suo otti-mistico valore simbolico, e lo proposi aicolleghi, uguale per tutti, ma che avreb-be anche potuto essere un altro, se da al-tri proposto, tra quelli caratteristici dellacittà e facilmente identificabili, tale co-munque da essere in grado di riunificareil grande insieme dell’intervento delloStato nella ricostruzione della Regione,per quella parte destinata a concretarsinella Città, fino ad allora pressoché di-menticata, benché fosse stata la più im-portante e la più avanzata capitale, nonsolo d’Italia, ma dell’intera Europa.(...)Ma, rinunciando giocoforza ai tentatividi modifica del contesto progettuale, al-l’unità del linguaggio architettonico ealla ricerca di uguaglianze formali o di-mensionali delle tante case dell’inter-vento dell’80 a Napoli, veniamo a rac-contare di quella esperienza progettuale. All’inizio, dopo gli eventuali tentativi dicoordinamento e di modifica del conte-sto, si pone, come primo problema dellaserie da analizzare, quello della “alloga-zione” cioè dell’inserimento nel luogo,nel quale dovrà essere collocata l’opera,verificando il rapporto tra l’architetturanascente e il contesto alle varie scale. Atal fine, disponendosi a respirare inten-samente la particolare atmosfera, checontraddistingue la situazione oggettodi studio, onde si pervenga a garantire ildovuto ambientamento. Intanto nel

luogo si incontrano varie peculiarità: ab-biamo di fronte un lotto con un perime-tro di forma geometrica ed una penden-za, inserito in un contesto fisico con suepeculiarità, con un suo futuro specificodestinato, tra l’altro, da norme urbani-stiche. Che è contenuto in una serie diripartizioni territoriali, che vanno dal-l’isolato o dall’appezzamento, al com-prensorio, al quartiere, alla regione edoltre; un lotto che è prospiciente su unastrada o una piazza o un campo; con del-le contiguità di varia pregnanza, caratte-rizzato da un clima, immerso in un am-biente, dotato forse di un panorama, ar-ricchito di certo da una tradizione, in-somma con sue varie peculiarità e inter-relazioni, che dovranno essere determi-nanti rispetto al progetto.Peraltro alcune soluzioni deriverannoinsieme non già da uno, ma da più re-quisiti tra quelli scaturiti dalle analisi etra quelli che sono qui di seguito consi-derati.Nella fattispecie di via Leopardi, già solole rilevazioni, che precedono, conduco-no ad una serie di risposte di diversa im-portanza, di cui due, per esempio, il cli-ma e la tradizione richiedono da subitodecisioni precise, che sono rilevanti:cioè, per esempio, spazi aperti nei qualisi svolgano attività di giuoco, di lavoro edi incontro che caratterizzano la vitanelle case nella città di Napoli. Intanto nelle due case di via Leopardi aFuorigrotta non sarà, quindi non è pre-sente un portone chiuso, che separa net-tamente lo spazio interno allo spazio

esterno, ma vi è invece una continuità; ela scala percorre loggiati dove si passa maanche si sta. L’interesse di questo tipo di spazi è tale,che mentre progettavamo è capitato chealcuni di noi andassero a disegnare dalvero qualche veduta interna di questevecchie case, alcune bellissime, ove ampiloggiati si affacciano sui cortili, gli uni egli altri molto vissuti dagli abitanti; ciònon per ricalcare delle forme, ma perreinterpretarle in linguaggio attuale, co-me poi è accaduto.Un secondo problema è quello della “di-stribuzione”, cioè la individuazione del-le funzioni e la organizzazione appro-priata degli spazi interni che le conter-ranno.Tutto ciò che costituisce quanto è statooggetto di una materia fondamentaleper la formazione dell’architetto, che na-turalmente è stata soppressa in tutte lefacoltà, ma che cionondimeno costitui-sce apprendimento essenziale ed insosti-tuibile.Si chiamava: “Caratteri Distributivi de-gli Edifici” ed era costituita dalle analisidelle forme degli spazi progettati e dallaprevisione degli arredi specifici, attra-verso lo studio degli esempi e quindi as-sumendo un ruolo critico di valutazionedella rispondenza delle stanze alle fun-zioni, a ciascuna di esse attribuita, se-condo l’interpretazione particolare datadai progettisti. Questo tipo di studio èstato soggetto a momenti di interesse di-verso, ma comunque è attraverso lo stu-dio degli esempi che si perviene alla co-

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noscenza dei problemi e delle soluzioninelle varie condizioni.Anche se l’interesse funzionalistico è sta-to di diverso grado nel tempo, in un gio-co di rapporti con l’interesse formalisti-co, ed è nella ricerca di un equilibrio trai due momenti che si perviene alle solu-zioni, tuttavia non si impara l’architet-tura se non si studia, leggendo, dise-gnando, catalogando, una enorme quan-tità di esempi di piante, di prospetti, disezioni ed inoltre è così e non altrimenti,che si perviene alla conoscenza dell’ar-chitettura ed anche alla scelta dei mae-stri, che ci guideranno per un tratto distrada e ai quali chiederemo poi indica-zioni, attraverso attente letture delle loroopere e dei loro disegni.A via Leopardi varie sono le funzioni as-segnate al momento dell’incarico dalComune in particolare e poi integratetra esse dai progettisti, vediamole in par-ticolare. Nella casa al numero 53, la più piccola,sono previsti: un garage interrato, un ri-storante al piano terreno nel giardino,insieme a cinque negozi con servizi; alprimo piano cinque piccoli alloggi, poiquattro piani ciascuno con quattro gran-di alloggi. Inoltre una grande terrazza alprimo piano per l’incontro e il soggior-no ed una sulla copertura circondata daun alto parapetto, che consente il giocodella palla ma anche un piacevole e rac-colto “stare insieme all’aperto”. Nella casa più grande al numero 2, che siaffaccia sulla piazza, sono allogati nei pri-mi due piani, disimpegnati da una pro-

pria scala e con terrazza antistante, picco-le sedi istituzionali decentrate, spazi perattività culturali, educative, di incontro,per convegni, per la musica. Una grandeaula a doppia altezza per manifestazioniimportanti, una biblioteca, una sala diproiezione e anche un ufficio per i vigiliurbani. Vi è pure, tra gli appartamenti,uno che è destinato alla autoriabilitazio-ne di un piccolo gruppo di disturbati psi-chici, attrezzato per le più moderne tera-pie. Sopra, sei piani con quattro alloggiciascuno disimpegnati da due scale,grande terrazza di copertura. Un arco in sommità, che intende, forse,accennare alla presenza delle funzionipubbliche inserite su richiesta dal Co-mune nell’edificio, debitamente solen-nizzate.Un terzo problema è quello che riguardala configurazione delle “strutture” che,quali saranno gli eventi, dovranno garan-tire comunque nel tempo avvenire la vitadell’architettura. In merito è da afferma-re, ma è ben noto comunque, che l’archi-tetto non ha oggi la competenza necessa-ria per dare risposte adeguate ed esausti-ve su questo argomento, data la comples-sità raggiunta dalla normativa e dalla tec-nologia, in particolare antisismiche, maugualmente può avere un grande spaziodi decisione e di intervento. Una voltadeterminato ed assunto il valore dellacongerie delle variabili da condurre a si-stema di assoluta limpidità, ma ancheprima che l’apparato relativo sia del tuttodefinito, vengono messi a confronto ilragionamento statico, espresso dallo spe-

cialista e il ragionamento estetico soste-nuto dall’architetto, o comunque. Que-sti saranno non necessariamente con-trapposti, bensì, come nel nostro caso,offerti ad una dialettica densa di possibi-li sbocchi di grande e imprevedibile inte-resse. Voglio qui ricordare che il nostroprezioso interlocutore nella fattispecie èstato allora l’ingegnere Antonio Michet-ti e con l’occasione voglio anche ricorda-re l’ingegnere Dino Beraldo, responsabi-le della società Edina, per conto dellaquale abbiamo presentato i due progettial comune di Napoli. È chiaro che nel caso in questione la ga-ranzia antisismica, come infine è risulta-ta, è assoluta; sarebbe del resto impensa-bile che, dato il ruolo di queste case, talenon fosse. Ma è interessante rilevare chele soluzioni adottate, oltre ad offrire lamassima sicurezza, confluiscano versouna soluzione, che proprio sul pianocompositivo risulta di particolare inte-resse, anche per la totale partecipazione,lo sforzo di reciproca comprensione e laconcordia raggiunta tra i tecnici chiama-ti ad indicare da due distinti, soluzioniomogenee. Il sistema strutturale adottato non è unasemplice orditura di travi e pilastri, con-tenuti nei volumi abitati e che ne deli-neano quindi l’insieme degli spigoli deisingoli corpi di fabbrica, rimanendo nelloro interno. Intanto la casa al numero53 si giova dell’irrigidimento di paretiortogonali armate con ferri incrociatiobliqui, che richiedono una particolarecollocazione delle finestre ed una ridu-

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zione della loro normale larghezza edescludono il loro normale allineamentoin verticale.Esse sono disegnate in modo tale da ri-spettare l’inclinazione dei ferri e poi, inentrambe le case, si sono rese necessariestrutture volanti, elementi verticali eorizzontali esterni, che collegano i corpigarantendo la stabilità assoluta, anche aldi fuori dei perimetri delle aree abitate.Esse formano un gioco di spazi virtuali e,nell’edificio grande, anche un doppioordine strutturale, per cui insieme appa-iono con forza i 6 + 1 + 1, ma anche i 3 +1 +1 livelli di suddivisione del volume edelle sue strutture, recando a questa ca-sa, che si prospetta nella piazza, una di-mensione più congrua al suo più rile-vante ruolo urbano. In tal modo vengo-no definiti ed investiti spazi esterni an-che di facciata, che costituiscono neces-saria garanzia resistenziale, nei confrontidelle spinte sismiche, che potranno ag-gredire l’organismo, ma costituisconoanche quegli ambiti esterni rispetto aglialloggi ed ulteriori rispetto ai loggiati,che sono molto graditi ai residenti e chesono tipici, seppure in forme diverse,dell’architettura napoletana.(...)Quindi si può dire che nel volto sianopresenti due soli colori, che interagisco-no, però vi è anche un perfetto ed elabo-rato gioco di ombre e ciò non è suffi-ciente, affinché l’opera sembri un ritrat-to, seppur eseguito dalla mano di ungrandissimo ritrattista, come altrove, maanche qui egli dimostra, però è alcunchédi “reale”, che, investito da un forte flus-

so di luce, si ricopre di un geometrica-mente perfetto sistema di morbide om-bre. Si può leggere in questo quadro lavolontà di creare un oggetto, un sogget-to sorprendente, che suscita nell’osser-vatore una reazione particolare, unaemozione causata dal suo essere comun-que chiaramente ed indiscutibilmente“altro” rispetto al “vero”.Nell’architettura, affinché risulti tale, ènecessario ritrovarvi qualcosa che indu-ca all’astrazione ed alla emozione; essarisponderà certamente a tutte le esigenzedella vita pratica, che la hanno causata,ma congiuntamente dovrà rispondereanche ad altre esigenze, che variamenteappartengono alla sfera della intellettua-lità, della spiritualità.Nell’insieme della produzione di archi-tettura, nel corso della storia, una rispo-sta rilevante a tale esigenza, quella delperiodo del classicismo, potrebbe consi-derarsi insita nella regola della progetta-zione stessa, che è intrisa di sistemi dimisure, che derivano da una ricerca dicongiunzione e dunque da una ricerca diarmonia (ci suggerisce l’etimologia) chedefinisce qualunque parte a tutte le sca-le, tutte legate tra di loro. Dalle defini-zioni metriche degli “ordini architetto-nici”, dei dettagli, degli elementi, delleparti, fino agli insiemi, che costituisco-no l’opera complessiva, tutto è misuratoe legato da una rete di dimensioni, com-plessiva ed unitaria.Ciò sempre, nel succedersi delle diverseepoche, dalla formazione nei periodigreco e poi romano, dei vari ritorni: il ri-

nascimento, il barocco, il neoclassico,l’eclettismo il novecento e dopo, e quin-di addirittura nei secoli e nei millenni, siconfermano tali esigenze dell’inseri-mento dell’astratto nel concreto. E nonbasta, una volta eliminato, in una nuovalibertà, questa ripartizione in misure se-veramente prestabilite, compare ancorain un nuovo sistema, il “Modulor”, at-traverso il quale, Le Corbusier adotta edoffre una scala di misure dell’architettu-ra più umana in quanto rapportata allemisure ideali del corpo dell’uomo. E quello che viene dopo è il computer,per cui il potere del numero fa un balzonella crescita della sua dominante pre-senza e vediamo a Bilbao un esempiobellissimo, la cui forma, disegnata daFrank O. Gehry, che sembra ispirata aduna del tutto libera gestualità, che danzanel cielo, è prodotta invece da una con-gerie di sistemi di numeri.Una ultima notazione è quella relativaalla scelta della quantità degli elementida impiegare nella progettazione dell’ar-chitettura. Essa per quanto ci riguardatrova preciso riferimento in un essenzia-le precetto, che si riassume nella formu-la “Il meno è il più”, che Mies van derRohe ci prospetta in ispecie a Barcellonanel 1929, precetto che ha avuto un rile-vante seguito nella recente storia dell’ar-chitettura ed è divenuto un valore essen-ziale e un requisito di civiltà.Cioè: il valore dell’opera deriva in misuraprevalente dalla severa selezione dei mez-zi e degli elementi, che sono impiegatiper confezionare l’opera. Oggi invece re-

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gistriamo la produzione di quella ten-denza che suole definirsi postmoderna eche si manifesta attraverso la compresen-za di vari elementi contraddittori, eredi-tati da forme stilistiche diverse, qualitimpani, stilobati, acroteri, eccetera edapplicate a forza sopra complicati manu-fatti edilizi, casuali e inconfrontabili, di-segnati con disinvoltura e prosopopea,nella rinuncia a qualsiasi autocritica e aqualsiasi controllo di compatibilità.Forme sghembe, colori aggressivi, acco-stamenti di materiali incongrui, elemen-ti reciprocamente estranei, collocati inuna totale e invadente anarchia.Si viene da questo panorama a confer-mare e a sviluppare sempre di più l’esi-genza di eliminare, sfrondare, tagliare,semplificare, togliere, ridurre; di ricerca-re con modestia un linguaggio comune,che sia, non sospinto dalla affermazioneprepotente di un proprio stile presunto,ma umile, consapevole dei propri limitireali e rispettoso del contesto, qualun-que esso sia.Nell’intervento di via Leopardi, la sem-plicità è esplicita e prevalente. La parete èconcepita come una superficie perfetta-mente piana, del tutto priva di aggetti e sicompone con elementi strutturali, ancheisolati, ma comunque contenuti nel pia-no effettivo, oppure virtuale ed il coloreriempie la integralità delle superfici, cuiconferisce il senso della materia, che ètutta in quel colore, ed è impensabile lapresenza di un non-colore, che è invecenella tradizione come i soffitti bianchi,come gli spessori dei muri, le varie zocco-

lature, i vani delle porte e gli elementi so-vrapposti che, distruggendo la continui-tà del colore, eliminano la rappresenta-zione integrale della materia prescelta.Ed il piano di facciata, seppur variamen-te traforato, da loggiati e da porticati an-che a doppia altezza, o da sottili serie difinestre, che formano un loro disegnounitario, anche questo a doppia altezza,tuttavia conserva, per ogni tratto e senzaesclusione, le sue due dimensioni.E questo insieme raggiunge l’assoluto,ma un assoluto discreto e rispettoso delcontesto, rispettoso dell’atmosfera dellacittà. Tuttavia, le tese superfici di facciata rac-chiudono al loro interno, in un disegnonon ovvio, una ricca suggestiva comples-

sità, densa di scale, travi, pilastri, vetrate,ringhiere, affacci, cerchi, ponti, sbalzi,che formano nel loro organico insieme,oltre alla necessaria risposta funzionale,la scena pensata per le esigenze della vitaassociata di una comunità napoletana.Infine, mentre è molto frequente che ilprogettista si lamenti della interpreta-zione che l’impresa compie del suo pro-getto e a volte vada cercando quali sonoi pochi elementi che ne fanno individua-re una similitudine con la sua idea, nelnostro caso, al contrario, i due progettisono assolutamente identici alle due ca-se costruite; fotografie e disegni sono in-tercambiabili e il merito va riconosciutoa tutti coloro che hanno partecipato arealizzare l’opera.

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Elio TrusianiProgetto e cultura nella città deimovimenti.0055 51 Porto Alegre BrasileGangemi, Roma, 2010

In Brasile negli ultimi anni si èmanifestato un crescenteinteresse per il patrimonioculturale urbano; numerosiprogetti di recupero eriqualificazione sono stati avviatidalle amministrazioni, con ilsupporto della società civile,volti alla tutela del patrimoniostorico inteso sia come memoriadel proprio passato sia comeforma di promozione di unamigliore qualità della vita. In questo scenario Elio Trusianiaffronta il caso di Porto Alegre elo fa immergendosi nella suarealtà urbanistica; una realtà digrande interesse perché PortoAlegre, sin dagli inizi degli anni’90 diviene la città dellasperimentazione politica,urbana e sociale, dove prendecorpo un’idea diversa dicittadinanza nella quale ilcittadino trova spazio negliaspetti decisionali e gestionalidella città. Esperienze qualil’orçamento partecipativo, lapongono all’attenzionemondiale e ne fanno, nel 2001,la sede del Forum SocialeMondiale (FSM), ovvero la casadei movimenti per un’alternativapossibile; nell’immaginariocollettivo diviene per tutti la cittàdella discussione e del confrontoper costruire un discorsourbano quotidiano, la sede diun processo ancor prima che diun progetto. A dieci anni dal primo Forum,

benché non ci sia più la stessacarica propositiva, restal’eccezionalità storica e lasperimentazione urbanistica diquegli anni anche negli ambitiapparentemente marginali alFSM, ma sempre più dominantiil dibattito disciplinare/culturalecome i centri storici e ilpatrimonio culturale urbano.L’autore, tenendo sullo sfondo loscenario storico politico, entranel merito della questionedisciplinare e metodologicadelle politiche urbane per ilpatrimonio culturale all’internodel Plano Diretor deDesenvolvimento Urbano,approfondendone la questionedelle Aree speciali di interesseculturale. Il testo si articola in tre parti cheripercorrono, in forma critico-descrittiva, i momenti salientidell’esperienza portoalegrense.Nella prima parte Briane PanitzBicca introduce il concetto delpatrimonio culturale in Brasile e,in seconda battuta, la città diPorto Alegre. Nel primo casoevidenzia il carattere”plurale”del concetto di patrimonioculturale, derivante dallemolteplici espressioni naturali eculturali relazionate alla vastitàdel territorio brasiliano; nelsecondo caso, si sofferma suiprogetti di recupero e restauro,realizzati e in atto, a PortoAlegre fornendo un esaustivo,seppur sintetico, quadro diriferimento dei progetti puntuali.Nel corpo centrale del testo, ElioTrusiani, evidenzia il ruolo delpatrimonio culturale all’internodelle politiche di pianoregistrando innovazioni dimetodo e potenzialitàespresse/inespresse nellacostruzione metodologica delpercorso analitico progettualedelle Areas Especiais deInteresse Cultural (Aree specialidi interesse culturale). L’interesserivolto allo strumento urbanisticodel piano ha una duplicenatura: strategica emetodologica. Strategica inrelazione alla tematica delpatrimonio culturale comepotenziale politica urbana emetodologica in relazione alpercorso adottato dal piano

nell’affrontare la questionestorico culturale. Nella terza e ultima parteAndrea Vizzotto e Decio Rigattitirano le somme, in chiaveattuativa, dell’esperienzaponendo l’accento soprattuttosul prodotto città e sullagestione amministrativo-politicadella stessa all’interno delprocesso di pianificazione.L’interesse per il tema, lasperimentazione/innovazioneavviata, il momento storicovissuto, nonché i diversicontributi degli autori –architetti, urbanisti e avvocati –,perfettamente integrati nel lorosusseguirsi, restituiscono untesto di grande attualità enotevole interesse che apre losguardo su un aspetto finoranon considerato dell’esperienzaportoalegrense; Elio Trusiani netraccia un profilo chiaro,interessante e ne evidenzia, consenso critico, le questioniemergenti anche laddove questelasciano intravvedere qualchecrepa nel processo/prodotto delfare città, fiore all’occhiellodella gestione amministrativadella città.

Livia Piccinini

Anelinda Di Muzio Rovine protettePresentazione di GiovanniCarbonaraL’ERMA di BRETSCHNEIDER2010

Il testo di Anelinda Di Muzio,che qui si presenta, è dedicatoal difficile e attualissimo temadella protezione delle areearcheologiche. Il pensiero, in

termini di complessitàdell’argomento trattato, vasubito alle coperture di FrancoMinissi nella villa romana delCasale a Piazza Armerina, dapoco frettolosamente rimosse.Questa vicenda rappresenta,infatti, la più crudatestimonianza di come la viadella sperimentazione nelcampo delle coperturearcheologiche, ricercataproprio su impulso di CesareBrandi negli scorsi anniCinquanta, si sia interrotta o,almeno, abbia imboccatopercorsi più facili e banali. Sitratta d’un tema affascinante eassai complesso che unisceproblematiche tecnologiche adifficili scelte interpretative e dipresentazione dei siti antichi,e non d’un esclusivo problemaarchitettonico.Dal successo o menodell’apparato che si realizzadipende, infatti, non solo laprotezione dei monumentidalle intemperie ma anche datutti quei danni ‘antropici’indotti dall’incuria,dall’abbandono e dalvandalismo. Questi, in molticasi, sono direttamentericonducibili a una cattivaprogettazione delle struttureprotettive che, per prime,avviano il degradodell’ambiente nel quales’inseriscono dichiarandoapertamente la scarsaattenzione dei loro progettistiper le testimonianze che sidovrebbe proteggere. Il testodi A. Di Muzio rappresenta unutile antidoto a similirealizzazioni, poiché aiuta iresponsabili, architetti earcheologi, ad affrontarel’argomento con competenza eampiezza di vedute. Si tratta d’un testo intelligentee in linea con la migliorecultura del restauro: non sipropongono, infatti, facilisoluzioni o schemi ‘tutto fare’ma, al contrario, ogni scelta èaffrontata illustrando di voltain volta vantaggi einconvenienti, affinché ognunopossa individuare la soluzionepiù adatta al caso specifico. Il testo si articola in una prima

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introduzione al tema dellaprotezione degli scaviarcheologici, seguitodall’analisi dei tipi dicoperture maggiormenteutilizzati, condotta attraversola schedatura, curatadirettamente dall’autrice, dimolti esempi d’interventieseguiti in Italia e all’estero. I materiali più frequentementeutilizzati per le coperture,raggruppati in categoriemerceologiche edarchitettoniche omogenee,sono esposti in due sezioni:una dedicata alle operetemporanee, l’altra a quelledefinitive: ogni soluzioneindagata è sempre presentatavalutando pro e contro,attraverso esempi concreti chepermettono di visualizzarnel’esito. Le strutture temporanee sonodivise per materiali (tubolarimetallici e manto in lamieragrecata; strutture metalliche eteli; legno e manto in lamiera;tensostrutture) e per tipologia(le coperture ‘provvisorie’localizzate e quelle stagionali). Alle opere ‘definitive’ l’autricededica giustamente unmaggiore sforzo d’analisi ecomprensione, individuandoquali parametri per laclassificazione non solo imateriali e le strutture (divise,questa volta, in fondazioni,elevati e chiusure laterali) maanche le caratteristiche delmicroclima e, soprattutto,quelle del contesto. La seconda parte del libro,invece, è dedicata allemodalità e agli accorgimentidi progettazione delle struttureprotettive con un riccoapparato illustrativo diriferimento, fatto di immaginima anche di schemi grafici edi elaborati progettuali. Nelcomplesso si tratta, quindi,d’un testo completo cherappresenta un’utile guida perchi voglia affrontareseriamente e consapevolmenteil tema della copertura dellearee archeologiche.

Alessandro PergoliCampanelli

Emma TagliacolloLa progettazione dell’EUR.Formazione etrasformazione urbana dalleorigini a oggiOfficina edizioni, Roma 2011

L’Eur costituisce da sempre uninterrogativo nella città diRoma, suggestivo edenigmatico, su cui si sonoscritti commenti entusiastici esevere critiche, dedicate aduna realizzazione con enormiaspettative che si è poimaterializzata - fra molteplicidifficoltà - in un temporitardato dalla cesura dellevicende belliche. Nato sotto il regime fascistacome Esposizione universaleper poi essere negato e inparte dimenticato,obliterando edifici pregevoli,l’Eur conserva il propriovalore iconico e fortementeevocativo che costituisceancora la sua prerogativa piùevidente. Qui finalmentedefinito dall’autrice quartiere,disegnato con abitazioni eservizi in ampi spazi egiardini, propone unadimensione altra nella città diRoma. Il testo di Emma Tagliacollopresenta una nuova chiave dilettura del quartiere, parte dauna ricostruzione dellevicende dell’E.42 e dell’Eur,che vi nasce all’ombra, densodi cura progettuale,valutando le prescrizioni dellapianificazione e intervistandoautori-architetti, testimonipreziosi, che manifestanodiversi punti di vista; concordituttavia nel riconoscimentodell’importanza del sito nellacrescita urbana dellacapitale.

L’autrice propone inoltre unprezioso contributo che ciaccompagna nellaconoscenza dell’Eur, unAtlante delle architetturenotevoli, fondato suun’accurata ricerca inedita,archivistica e compositiva, quipresentata in un catalogoragionato - quasi una guida -delle architetture d’abitazionedell’Eur: edifici firmati daalcuni giovani e raffinatiprogettisti del secolo scorso. La studiosa offre, in questomodo, un importante apportoalla conoscenza del dibattitoarchitettonico italiano deglianni ‘50, quando per l’Eur siinvestono con rinnovatoentusiasmo idee ed energie,esempi anche per il resto delpaese. Nella seconda parte l’autricesottolinea l’eclettismo checaratterizza il tempo recentenelle 17 proposte per ilCentro Congressi edintervista, fra gli altri, l’autoredel progetto vincitore,Massimiliano Fuksas; indugiasulla visione complessiva diquello che potrà essere l’Eur,valutando i nuovi progetti, dalMuseo dell’Audiovisivo alLuneur e l’area limitrofa finoalle proposte più discusse peril circuito del Gran Premio diFormula 1, esaminando nelleinterviste tipologiaarchitettonica prevalente,rapporto con la natura egeometrie semplici chegovernano l’area. Nell’ultima parte l’autricericonosce l’Eur ed i suoi edificicome un bene da ri-progettare e restaurare,analizza il caso emblematicodel Velodromo e sottolineacome il restauro debba partiredalla conoscenza, che possaimpedire la realizzazione dialtri errori irrimediabili econsenta una nuovadonazione di figura a questoluogo metafisico, che fa partedel nostro panorama visivo,una sospensione nella piantadi Roma dove la grandiositàantica viene ri-conquistatacon l’architettura moderna.

Rossana Nicolò

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PremioInternazionaleTorsanlorenzoIl Premio InternazionaleTorsanlorenzo, giunto alla VIIIedizione, si è arricchito di unevento molto particolare eimportante: la giuria si è riunitanell’atmosfera unica edincantevole dell’Euroflora.Kongjian Yu (UIA), VirginiaLaboranti (IFLA), Susan Hatchell(ASLA), Nigel Thorne (EFLA),Gonzalo Sàenz Calvo (FEAP),Giorgio Parodi (CNAPPC),Riccardo Pisanti (CONAF),Anna Sessarego (AIAPP), CaroleSmith (TorsanlorenzoInforma) eMario Margheriti si sono riunitia Genova per esaminare più di40 progetti provenienti da tuttele parti del mondo. Dopo un’attenta e approfonditaanalisi dei progetti pervenuti, ilpresidente Virginia Laboranti haannunciato i vincitori:SEZIONE ALA PROGETTAZIONEPAESAGGISTICA NELLATRASFORMAZIONE DELTERRITORIOInterventi di restauro, ripristinoe recupero ambientale-Primo Premio: Il progettopaesaggistico del parco centraledi Nanhu a Tangshan,Provincia di Hebei, Cina, di JieHu, Lushan Lu, Lei Zhang,Chunjiao Li.Interessante esempio ditrasformazione di un ampioterritorio altamente degradatoattraverso una riqualificazioneambientale sostenibile. -Secondo Premio: Bagno ecostruzioni comuni aCamaraderies, Seklerland,Romania, di Àgnes Herczeg e ipartecipanti alla fondazione ArsTopia.Soluzione progettualepartecipata dagli abitanti delluogo. Il paesaggio rispecchial’uomo che ci abita e il suorapporto con la natura.-Menzione: Restauro di unbarco seicentesco e della suaarea a giardino, Ariccia,

Roma,di Virginio Melaranci,Cristina D’Angelo, AlessandroAmici.Il progetto coniuga il tema delrestauro architettonico conquello del recupero ambientale,senza alterare l’essenza delluogo.

SEZIONE BLA CULTURA DEL VERDEURBANO La qualità degli interventi nellacittà: la piazza, il verde diquartiere, il parco urbano eprivato-Primo Premio: Parco

centenario nella laguna diChapulco, Puebla, Messico, diMario Schjetnan, MarcoGonzàles, Gustavo Rojas, ValiaWright, Tomàs Hernàndez,Isaac Mendoza.Il progetto valorizza unintervento di recupero idraulicoche permette di coglierel’occasione per un recuperoambientale e paesaggistico. -Secondo Premio: Unpaesaggio mediterraneorinarrato – Spazi esterni edinterni di una clinicacardiochirurgica – AHIAmerican Heart Institute,Nicosia, Cipro, di Paolo Bùrgi,Chiara Pradel, FiorentineSchmidt.Il progetto si pone per lasemplicità delle scelte e delleloro essenzialità purconseguendo un risultatoestetico non privo di sensoartistico in perfetta armoniacon l’ambiente e risolvendo leesigenze di fruibilità.SEZIONE CGIARDINI PRIVATI URBANI ESUBURBANI-Primo Premio: Nata daun’onda, Zapallar, Cile, diNiccolò Cau, Ricardo WalkerCampos.Un progetto che colpisce peruna bellezza a primo impatto eperchè riesce a creare undialogo tra il giardino stesso eil paesaggio che lo circonda.-Secondo Premio: Giardinopensile sulla scogliera, Rujeka,Croazia di Nataša TiškaVrsalović, Srećko Andraši.Il progetto utilizza tecniche deltetto verde in modo sapiente.Una interpretazione in chiavecontemporanea del giardinopensile che risolve in modobrillante un tema reso difficiledal sito.Inoltre i progetti pervenutihanno fatto parte di unamostra permanente, durante laquale i visitatori di Euroflorahanno potuto votare il migliorprogetto e così decretare ilvincitore del Premio SpecialeEuroflora, che per questaedizione è EL Caos del universo– Ponte de Lima, Portogallo, diAnna Paola Cipolloni e AnaMasò.

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Premio Speciale Euroflora di Anna Paola Cipolloni - Ana García Masó

Sezione A - Secondo Premio: Bagno e costruzioni comuni a Camaraderies,Seklerland, Romania, di Àgnes Herczeg

Sezione C - Secondo Premio: Giardino pensile sulla scogliera, Rujeka,Croazia di Nataša Tiška Vrsalović, Srećko Andraši

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O Oa cura di Luisa Chium

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Un “MAXXI”Progetto

Sono stati assegnati recentementeallo studio “ma:design” l’“HonorAward 2011” per il migliorprogetto di segnaletica musealerealizzato al MAXXI MuseoNazionale delle arti del XXIsecolo di Roma, e la Menzioned’Onore 2011 del Compassod’Oro ADI XXII Edizione, per ilprogetto di immagine coordinatae segnaletica realizzato allamoderna mediateca eFFeMMe23Biblioteca LaFornace, nelComune di Moie di MaiolatiSpontini (Ancona). Questoprogetto in mostra presso laPelanda, Museo Macro alTestaccio, Roma, dove il 12 luglio2011 si è tenuta la cerimonia dipremiazione, nell’ambitodell’esposizione Unicità d’Italia.Il “ma:design”, fondato daMassimiliano Patrignani eMonica Zaffini (con DorettaRinaldi Senior graphic designer,Linda Gabrielloni Junior graphicdesigner, Giovanni SalernoProduzione/Coordinamento,Cristina Gastaldello Marketing) éuno studio di graphic design ecomunicazione (con sede aPesaro), particolarmentespecializzato nel settore dellagrafica e della segnaletica perrealtà museali, biblioteche edeventi espositivi.Commissionato a ma:designdalla Fondazione MAXXI, ilprogetto di segnaleticainterna/esterna è stato pensatoper dare ai visitatori leindicazioni essenziali in modochiaro, visibile ma senzainondare la struttura diinformazioni. L’approccioprogettuale si è perfettamentesintonizzato con il pensiero diZaha Hadid, concependo lasegnaletica nel pieno rispettodelle forme architettoniche: tuttigli elementi (pannelli, numeri,lettere, mappe, frecce,indicazioni di servizio) sonorealizzati su misura a partire daiconcetti di luce/ombra epieno/vuoto, reinterpretando leforme rigide/organichedell’architettura. Si tratta distrutture e di volumi che escono

dalle pareti integrandosiperfettamente nell’ambiente,volutamente in bianco su bianco,come nel caso dei numeri cheidentificano le cinque gallerieespositive: enormi volumi bianchiin aggetto, molto materici, la cuisuperficie è segnata da righe di

forte spessore. Anche le vetrateperimetrali sono diventatesuperfici comunicative grazie allettering con aforismi e citazionirubati all’arte e all’architetturacontemporanee, mentre illogotipo MAXXI, dipinto a mano(quasi fosse un’opera pittorica)

sulle cancellate perimetrali,accoglie il visitatore dalla strada,invitandolo ad entrare nel cortiled’ingresso e quindi all’internodel Museo. Le indicazioni sono chiare, bellecome opere d’arte e visibili, manon obbligano il fruitore a unadirezione prestabilita; sono“suggerimenti” per il visitatoreche diventa artefice del suopercorso all’interno del Museo.Menzione d’Onore 2011 delCompasso d’Oro ADI XXIIEdizionePer la moderna mediatecaeFFeMMe23 BibliotecaLaFornace, antica fornace perlaterizi riportata a nuova vita dal2008 grazie ad un intervento direstauro conservativo, ma:designha creato un progetto diimmagine coordinata esegnaletica che ne ha fatto uncentro di incontro comunitario. Imolteplici luoghi diaggregazione all’internodell’area (biblioteca, caffèletterario, informagiovani, salaconferenze intitolata a JoyceLussu) sono riuniti sotto lo stesso“multiplo” denominatore“eFFeMMe23”: l’acronimo diFornace Moie abbinato alnumero 23, come 1923, data incui la più importante Fornacedelle Marche viene organizzatain maniera industriale e dotatadel forno Hoffmann, e come ilnumero civico dell’intera area. Il logotipo si staglia sulla cimadel camino dominando il paesee le vallate circostanti e l’usodell’alfabeto fonetico, una formadi espressione ibrida, in cuilettura e scrittura coincidono e sisovrappongono, prosegue sullevetrate perimetrali, marcando ilpercorso ellissoidale dell’edificio. Per la segnaletica ma:design hacreato un sistema vicino almondo del fumetto, dell’artepop, ma anche della tipografiasperimentale e della tecnologia,che fanno della Fornace di Moiedi Maiolati Spontini un nuovocontenitore, di libri certamente,ma anche di idee, di realtà elinguaggi differenti che sicontaminano fino a creare nuovialfabeti. Un luogo storico econtemporaneo allo stessotempo.

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Nasce l’HeritagePortalNET- HERITAGE ha avuto inizioufficialmente il primo ottobre2008 e, dopo tre anni diintenso e proficuo lavoro, hapresentato ora i risultati e iprogetti futuri, basatisull’obiettivo di estendere lapartnership verso ilMediterraneo per riuscire ad“esportare conoscenza etecnologia”, dando visibilitàglobale ai lavori compiuti,attraverso l’Heritage Portal(www.netheritage.eu).Il Portale é stato illustrato ad unfolto pubblico di giornalisti,docenti e specialisti del settore,nell’ambito di un Convegnotenutosi nella Sala delloStenditoio del Complesso delSan Michele in Roma,organizzato dal Mibac,attraverso il coordinamentodell’architetto Antonia P.Recchia (Direttore delDipartimento). A conclusione del Convegno,l’arch. Recchia, ricordando fral’altro come uno dei principalimanager di questo progetto siastata la dottoressa CristinaSabbioni (CNR) ha evidenziatol’importanza che assume oggiil Portale quale mezzofondamentale per la ricerca e la

conoscenza, che é giusto anchepotenziare e diffondere.Si tratta di un lavoro forte dicooperazione, cui bisognaconferire visibilità, attraversouna attenta comunicazione, perpotere continuare il lavoro. Latavola rotonda finale ha messoin evidenza come le diversepossibilità offerte dalle varienazioni europee offrononumerose occasioni diincremento degli studi e dellericerche per i dottorati, comepure per ricerche avanzatepost-laurea, sulla base diparticolari e specificheattitudini professionali, percorsi di approfondimento dibreve e di lunga durata neisingoli territori, ciascunonell’ambito della propriaidentità. I risultati poi diffusiandrebbero così a costituireargomento di nuovi workshopinternazionali e base per futuristudi.Molti Paesi europei hanno

condiviso questaconsapevolezza di quanto siafondamentale per ogni nazionela conservazione e lavalorizzazione del patrimonioculturale per la crescita e latutela della identità di unpopolo, pur sulla base dellacompetitività europea.Tutto ciò é anche un grandestimolo verso l’integrazione e losviluppo e su questa base éstato appunto finanziato dallaCommissione Europea,Direzione Generale dellaricerca, il progetto NET-HERITAGE, che si é prefissonumerosi obiettivi, tuttiraggiunti.Fra essi: - fotografare lo stato dell’artedella ricerca sul patrimonioculturale in Europa;- incoraggiare l’integrazionetra le diverse aree della ricercaapplicata al patrimonioculturale (arte-storia-conservazione-protezione e

restauro-architettura-chimica-fisica-ingegneria),valorizzandol’interdisciplinarità;- identificare le prioritàstrategiche comuni ai vari Statiper ridurre la frammentazionenei programmi di ricercanazionali sui Beni Culturali;-stimolare la diffusione deirisultati della ricerca e lacooperazione tra istituti diricerca ed istituzioni chegestiscono il patrimonioculturale; - favorire lo scambio traprogrammi nazionali eprogrammi europei.Ministeri, Agenzie nazionali eAutorità nazionali di 14 Paesieuropei (Belgio, Bulgaria,Francia, Germania, GranBretagna, Grecia, Islanda,Lettonia, Malta, Polonia,Romania, Slovenia, Spagna).Sei meetings si sono svoltidurante il progetto che, con irisultati raggiunti, é statopresentato anche al Comitatoeuropeo delle regioni aBruxelles. Uno dei risultati piùrilevanti é stato appunto larealizzazione del Portale delPatrimonio (“Heritage Portal”),primo portale in assolutodedicato interamente allaricerca applicata al patrimonioculturale (lanciato il 23settembre u.s.) liberamenteaccessibile on line. Vediamocosì, fra i progetti già illustratinel Portale, notizie edinformazioni su programmi dilavoro in gran parte già attuatie del tutto innovativi, relativialle più svariate tematiche:dall’uso del laser per indaginisu dipinti a grandi progettiarcheologici come quello del“Portus Project”, su cui sonoconvogliate le più recentiindagini archeologiche portateavanti dalla collaborazione frale Soprintendenzearcheologiche di Italia eInghilterra, oltre ad opportunitàdi formazione e difinanziamento, ed anche allapossibilità di realizzare unaopportuna vetrina per coloroche vogliano presentare ilproprio lavoro.

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Pianificazionepaesaggistica e LandscapeUrbanismIn seguito al finanziamentoottenuto dall’interessanteProgetto denominato: “LaPianificazione Paesaggistica: lacollaborazione istituzionale”, laDirezione generale per ilpaesaggio, le belle arti,l’architettura e l’artecontemporanea, ha messo incantiere un’altra iniziativa da cuié poi scaturita la propostaformulata dall’Università diHarvard, che ha sottoscritto unaConvenzione al fine dipromuovere uno scambioculturale ed un progetto diricerca sul paesaggio e sulleproblematiche ad esso connesse.La Direzione e l’Università diHarvard hanno individuatocome ambito di studio il trattodella costa laziale interessatodalla futura realizzazione del

Porto commerciale di Fiumicino,intervento già valutato dallastruttura ministeriale. Tale ambitoé di grande interessenaturalistico e storico-culturale,ma è anche sottoposto apressioni di carattere antropico einfrastrutturale. Il Convegno Internazionale“Pianificazione paesaggistica elandscape urbanism, progettaree gestire le trasformazioni”,organizzato dalla DirezioneGenerale per il paesaggio, lebelle arti, l’architettura e l’artecontemporanee (DGPBAAC) delMiBAC, ha inteso presentare laricerca svolta e i risultati delcitato Progetto. In primo luogo le “Linee guida”per una corretta valutazione deipaesaggi di specifici ambititerritoriali, fasce costiere e ambitimontani, per le regioniCampania, Puglia e Calabriaelaborate all’interno del progettodal Dipartimento PatrimonioArchitettonico e Urbanistico(PAU) dell’UniversitàMediterranea di ReggioCalabria. Il medesimoDipartimento ha fornitoassistenza specialistica nelcampo dei Sistemi Informativi

Sopra: Opera di difesa delle coste Sotto: Fiumara grande

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Geografici (GIS) per larealizzazione di una banca datie di un modello informativoterritoriale su base cartograficageo-referenziata (GIS e WEB-GISsu piattaforma “SITAP”) per

l’applicazione dei risultati emersidalla ricerca. L’incontro hacostituito anche un’importanteoccasione di confronto e dibattitosul tema trattato, ospitandotestimonianze internazionali dal

Giappone, dalla Germania edalla Svizzera, al fine diacquisire ulteriori elementiconoscitivi per un proficuosviluppo del Progetto. Nell’otticadi una corretta analisi delleproblematiche inerenti ilpaesaggio al convegno é stataaffiancata l’iniziativa “Romanwater gate: a new entrance forthe metropolitan area of Rome”,realizzata dalla DirezioneGenerale per il paesaggio, lebelle arti, l’architettura e l’artecontemporanee incollaborazione con l’Universitàdi Harvard-Graduate School ofDesign.Le tematiche del Convegno sonostate illustrate fra l’altro da unaserie di pannelli, allestiti nellaSala degli Arazzi, visibilidurante il Convegno stesso, chehanno documentato le dueiniziative: “La pianificazionepaesaggistica: la collaborazioneistituzionale e Roman watergate: a new entrance for themetropolitan area of Rome”.Cura e coordinamento delconvegno: arch. StefaniaCancellieri - MiBAC.

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V Centenariodella nascita diGiorgio Vasari“Il Primato é dell’Architettura”:questo il titolo di un interessantesaggio redatto da MicheleCampisi per il volume “IlPrimato dei Toscani nelle Vitedel Vasari”, Catalogo di unadelle mostre allestite ad Arezzo,nella Basilica Inferiore di SanFrancesco, nell’ambito dellecelebrazioni per il V Centenariodella nascita di Giorgio Vasari(curato da Paola Refice, incollaborazione con ElenaFrancalanci per Edifir –Firenze).Uomo di cultura, letterato eartista apprezzato ovunque,Vasari ebbe rapporti diamicizia con i maggioriintellettuali del tempo. Architettoe pittore alla corte di Cosimo Ide’ Medici, nonostante fosse“giovane” e “venuto dallaprovincia” riuscì a conquistarsi

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Roma e i porti imperiali: i collegamenti terrestri e fluviali. Karte: G. Droysen,Allgemeiner. Historischer Handatlas 1886. Il Tevere seguiva un percorso chenel tratto finale sviluppava una stretta ansa lungo la quale fu fondata OstiaAntica nel VII a.C.

L’antico bacino esagonale del porto di Traiano, oggi Oasi di Porto; sulladestra l’aeroporto internazionale Leonardo da Vinci e sulla costa l’ipotesilocalizzativa del nuovo porto commerciale

Progressivo avanzamento della linea di costa dall’epoca romana ai giorninostri e l’antica trama viaria. Le aree colorate nella pianta in celeste erano leantiche saline; oggi in corrispondenza dell’area a nord si trova l’aeroportoLeonardo da Vinci. Computer graphic - Studio arch. Anna Tonelli

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un ruolo chiave nel panoramaculturale del Rinascimento inItalia, pur mantenendo sempreforte il legame con la sua cittàd’origine. Considerato “untalento in viaggio”, come hasottolineato il presidente dellaRegione Toscana Enrico Rossi:“dalla sua casa natale diArezzo” egli “si spostò aFirenze, Roma, Venezia, Napolie Bologna”…“ ambasciatoredella cultura italiana” ma inparticolare, di quella “Toscana”,nel mondo”.La grande forza della creativitàtoscana fu molto spesso affidataall’”ingegno individuale”,portando anche ad una certa“disarticolazione delle variediscipline artistiche. Sono glianni infatti in cui, comesottolineerà il Vasari, veniva“scelto” per la fabbrica di SanPietro, il progetto diMichelangelo, perchépresentava sì “minor forma, masi bene… maggioregrandezza”. Evidente apparecosì, come é stato sottolineatoda studiosi quali il Barocchi(1962), la derivazione dalleben note teorie albertiane

sull’architettura. E se la luce è“la chiave fondamentaledell’opera di Michelangelo”,che avrebbe caratterizzato labasilica vaticana, é proprioquesta che esalta la plasticitàdelle forme architettonichevasariane, incuneandosi nellemodanature ed esaltandone iprofili. E fu proprio la sua città adaccogliere le prime opere diVasari architetto: dallarealizzazione del “sostegnodell’organo del Duomo”,costituito da un grande balconeaggettante sostenuto da quattromensole, che evidenzia moltobene una forte ascendenzamichelangiolesca,accompagnata ad una grandeabilità che ebbe il Vasari nelriuscire a valorizzare conattento equilibrio l’insieme dellabella pietra toscana e i preziosimarmi, le pietre dure e gliintarsi, che tanto sollecitavanola fantasia artistica delGranduca.Seguiranno diverse altre operecome La vela campanaria delPalazzo della Fraternita deiLaici, in Piazza Grande (1550)

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e, nel 1554, la ristrutturazionedel presbiterio del Duomo. Il percorso “architettonico “ degliitinerari vasariani ad Arezzo eprovincia, si conclude con le“Logge di Piazza Grande”,ultimo lavoro realizzato infattidal Vasari nella terra natia “aonore e comodo pubblico dellacittà”, di cui é conservato nelMuseo di Casa Vasari il modelloin legno di noce di duecampate. Terminata nel 1593,l’opera, accanto allo scopo di“occultare le memorieghibelline”, ebbe soprattutto

quello di “nobilitare la piazza”Ricordiamo peraltro, come ilpunto focale delle celebrazionivasariane ad Arezzo sia stato,oltre agli itinerari vasariani, lamostra allestita nelle sale dellaGalleria Comunale d’Artecontemporanea, dal titolo:“Giorgio Vasari 1511-2011.Disegnatore e Pittore. “Istudio,diligentia et amorevole fatica”. Ilpercorso culturale e artistico delVasari é stato presentato quindiad Arezzo e provincia in tutto ilsuo sviluppo, a cominciare dallapittura, fin dalle prime opere

pittoriche, quali la “Deposizionenel Sepolcro” del 1532 o ilbellissimo “Ritratto del ducaAlessandro de’ Medici armato”,degli Uffizi, fino a giungere aquei preziosi disegni,provenienti dal Louvre, come gliStudi per gli affreschi dellaCupola di S. Maria del Fiore aFirenze. Esposti anche moltidocumenti di grande interessecome la lettera originale scrittanel 1560 da Michelangelo aCosimo I (prestata dall’Archiviodi Stato fiorentino). Degne diparticolare attenzione sono

anche alcune opere devozionaliprovenienti da collezioni privateed altri lavori pittorici che per laprima volta si sono potutiammirare insieme come la“Fucina di Vulcano” degli Uffizie il grande Studio preparatorioper la Caccia d’Amoreconservato al Louvre, come purel’“Annunciazione” (giunta adArezzo dal Mora FerencMuseum di Szeged, in Ungheria)ancora mai esposta in Italia.Appare infine spettacolare,grazie al restauro effettuato inoccasione dell’evento,l’importante dipinto dellaGalleria Palatina di Firenze conLe Tentazioni di San Girolamo.L’attento restauro permette ora dicogliere appieno quellecaratteristiche cromatiche diintensità particolare che forse ilVasari aveva derivato dalrecente soggiorno veneziano.Il prezioso Catalogo dellamostra, edito Skirà, é statocurato da Alessandra Cecchi,con la collaborazione diAlessandra Baroni e LilettaFornasari e presenta numerosisaggi dei più insigni studiosi delVasari.

L.C.

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