Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua...

40
Registrazione al Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004 - Redazione: C.so della Repubblica 343 - 00049 VELLETRI RM - 06.9630051 - fax 0696100596 - [email protected] Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti della Curia e pastorale per la vita della Diocesi di Velletri -Segni Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020

Transcript of Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua...

Page 1: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

Regis

trazio

ne al

Tribu

nale

di Ve

lletri n

. 9/20

04 de

l 23.0

4.200

4 - R

edaz

ione:

C.so

della

Repu

bblica

343 -

0004

9 VEL

LETR

I RM

- 06.9

6300

51 -

fax 0

6961

0059

6 - c

uria@

dioce

si.velle

tri-se

gni.it

Mens

ile a c

aratte

re div

ulgati

vo e

ufficia

le pe

r gli a

tti de

lla Cu

ria e

pasto

rale

per la

vita

della

Dioce

si di

Vellet

ri -Se

gni A

nno

17, n

.2(17

1) -

Febb

raio

2020

Page 2: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

22 Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

Il contenuto di articoli, servizi foto e loghi nonché quello voluto da chi vi compare rispecchia esclusivamente il pensiero degli artefici e non vincola mai in nessun modo Ecclesìa in Cammino, la direzione e la redazione.Queste, insieme alla proprietà, si riservano inoltre il pieno ed esclusivo diritto di pubblicazione, modifica e stampa a propria insindacabile discrezione senza alcun preavviso o autorizzazioni.

Articoli, fotografie ed altro materiale, anche se non pubblicati, non si restituiscono. E’ vietata ogni tipo di riproduzione di testi, fotografie, disegni, marchi, ecc. senza esplicita autorizzazione del direttore.

Ecclesia in camminoBollettino Ufficiale per gli atti di Curia

Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli attidella Curia e pastorale per la vita della

Diocesi di Velletri-Segni

Direttore ResponsabileMons. Angelo Mancini

CollaboratoriStanislao FioramontiTonino Parmeggiani

Mihaela Lupu

ProprietàDiocesi di Velletri-Segni

Registrazione del Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004

Stampa: Quadrifoglio S.r.l.Albano Laziale (RM)

RedazioneCorso della Repubblica 34300049 VELLETRI RM06.9630051 fax 96100596 [email protected]

A questo numero hanno collaborato inoltre:

S.E. mons. Vincenzo Apicella, don Carlo Fatuzzo, don Andrea Pacchiarotti, p. Vincenzo Molinari, p. Pasquale De Ruvo crs, suor Maria Lupo cp, diaconoClaudio Sinibaldi, Sara Gilotta, Giovanni Zicarelli, MaraDella Vecchia, Luca Leoni, Emanuela Nanni, Operatoricaritas Parrocchia S. Giovanni Battista, Annalisa Ciccotti.

Consultabile online in formato pdf sul sito:www.diocesivelletrisegni.it

DISTRIBUZIONE GRATUITA

In copertina:

Il Battesimo di Sant’Agostino, Louis de Boullogne, Cattedrale di Savona

- Battesimo, la veste bianca: L’unione con Cristo avviene proprio nel nostro Battesimo,

+ Vincenzo Apicella p. 3

- Due riflessi del Natale di Papa Francescoomelia della santa messa della notte: il pastore dalle mani vuote e messaggio Urbi et Orbi, S. Fioramonti p. 4

- Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente per la 42ª Giornata Nazionale per la Vita 2 febbraio 2020Aprite le porte alla Vita p. 6

- Messaggio del Santo Padre Francescoper la XXVIII Giornata Mondiale del Malato 11 febbraio 2020 «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro»(Mt 11, 28) p. 7

- Chiamati/e a guarire le piaghe dell’umanità povera e sofferente. Seconda parte,

suor Maria Lupo p. 8

- “Ah, se Dio ci prendesse per mano�”,Sara Gilotta p. 10

- Calendario dei Santi D’Europa / 35. 10 Febbraio. Santa Scolastica Vergine,

Stanislao Fioramonti p. 11

- Verso la terza edizione italiana del Messale Romano,

don Andrea Pacchiarotti p. 12

- L’icona dell’Incontro,don Carlo Fatuzzo p. 14

- I riti di comunione e di conclusione,don Andrea Pacchiarotti p. 15

- L’attività di Casa Nazareth,Emanuela Nanni p. 16

- Caritas Parrocchiale,Operatori caritas della parrocchia diSan Giovanni Battista p. 17

- La Quaresima, itinerario di quaranta giorni,don Andrea Pacchiarotti p. 19

- Conoscere Cristo e il mistero della sua persona, suor Maria Lupo p. 20

- Velletri, 23 gennaio Cattedrale di San Clemente: Celebrazione per l’unità dei Cristiani,

diacono Claudio Sinibaldi p. 22- Velletri, dalla Parrocchia di Regina Pacis piccoli segni nell’Anno liturgico appena iniziato, don Angelo Mancini p. 24

- Don Giuseppe Picciau ha concluso il suo viaggio terreno p. 26

- Il Prof. Enrico Mattoccia nella pace del Signore, Augusto Cianfoni p. 26

- Presepe in famiglia: Segno ammirabile.Dopo la lettera del papa,

p. Vincenzo Molinaro p. 27- Colleferro, Parrocchia S. Bruno a favore dei fragili e gli invisibili,

Giovanni Zicarelli p. 28- XXV° Anniversario di Vita Sacerdotaledi p. Sebastian Valancherry Joseph crs,

p. Pasquale De Ruvo crs p. 29- Colleferro, Parrocchia S. Bruno: Incontro sulla pastorale battesimale,

Giovanni Zicarelli p. 29- Il primo centenario dell’istituzione delle Suore Pie Operaie,

Stanislao Fioramonti p. 30

- In viaggio con il Coro “Il Servizio del canto”,Annalisa Ciccotti p. 31

- Il Sacro Intorno a noi / 65. Castelpetroso (IS), La Lourdes molisana,

Stanislao Fioramonti p. 32 - Angelo Branduardi: Il cammino dell'anima,

Mara Della Vecchia p. 35- I 400 anni della ‘Compagnia dei Mulattieri’, presso la Chiesa di S. Antonio Abate in Velletri /2. Lo Statuto dell’Università dei Mulattieri dell’anno 1624, Tonino Parmeggiani p. 36

- San Biagio, tra arte e oblio,Luca Leoni p. 40

- Nomine e Decreti vescovili p. 39

Page 3: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

33Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

� Vincenzo Apicella, vescovo

CCome stiamo ascoltando negli Evangeli di queste prime dome-niche del Tempo Ordinario, che è il Tempo liturgico più “forte”di ogni altro, Gesù, dopo il Battesimo ricevuto da Giovanni nel

fiume Giordano ed aver affrontato le tentazioni di satana nel deserto,inizia il suo ministero, annunziando il Regno di Dio, chiamando i primidiscepoli, guarendo le malattie fisiche e spirituali, lottando contro lo spi-rito del male, che rende schiavi gli uomini. Egli, come afferma lui stes-so (Mt.9,15) e anche come testimonia il Battista (Gv.3,29), è lo Sposo,venuto per unirsi alla sua Sposa, l’umanità chiamata ad essere Chiesa,per divenire con Lui una sola carne, un solo Corpo, dopo essere stataredenta col suo sangue: “Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stes-so per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro del-l’acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti lasua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simi-le, ma santa ed immacolata” (Ef.5,25-27). Per questo gli invitati alle Nozzedebbono indossare l’abito nuziale, che lo Sposo ha donato loro perchépossano partecipare al Banchetto ed a nessuno sarà permesso trala-sciarlo, rovinarlo e presentarlo macchiato (Mt.22,11-14). L’unione con Cristo avviene proprio nel nostro Battesimo, per mezzodel quale veniamo innestati in Lui come tralci nella Vite, come membradel suo Corpo: ecco perché, dopo essere emersi dall’acqua ed unti colcrisma dello Spirito Santo, riceviamo l’abito bianco, la veste nuziale, checi viene consegnata con queste parole: “…sei diventato nuova crea-tura e ti sei rivestito di Cristo. Questa veste bianca sia segno del-la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoicari, portala senza macchia per la vita eterna”.Inizia così l’ultima parte della liturgia battesimale che prevede tre riti sim-bolici molto importanti, poiché “simbolico” non indica, come spesso sia-mo portati a pensare, qualcosa di poco conto, di evanescente o di astrat-to, ricevere un “regalo simbolico” non è molto entusiasmante, ma indi-ca un elemento concreto che materializza e fa entrare in una realtà spi-rituale, ancora più concreta. La veste bianca racchiude ed esprime unaserie impressionante di significati: è l’abito nuziale, come si è detto, ma,di conseguenza, vuol dire anche che ci siamo rivestiti di Cristo, Cristoè il nostro nuovo modo di essere e di agire: “quanti siete stati battez-zati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo.Non c’è più Giudeo né Greco;non c’è più schiavo né libero;non c’è più uomo né donna, poi-

ché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. E se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, secon-do la promessa” (Gal.3,27-29). Passano in secondo piano le tante dif-ferenze che esistono tra di noi, sia per natura sia per convenzioni uma-ne, spesso sottolineate proprio dal diverso modo e prezzo del vestito:sesso, colore della pelle, stato sociale, conto in banca, perfino il ruolonella Chiesa: un vescovo o un papa non ha più dignità di un chierichettoo di un sagrestano. E la dignità che quella veste indica è di un valoreincalcolabile: è la stessa dignità di Cristo, essere figlio nel Figlio: “lo Spiritostesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli,siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente par-tecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria” (Rom.8,16s).Rivestirsi di Cristo significa essere “una creatura nuova; le cose vec-chie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove” (2Cor.5,17): la vestebianca, ben oltre la purezza, indica la gloria della Resurrezione, anti-cipata, allo stesso modo, al momento della Trasfigurazione. “Dopo seigiorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopraun monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti aloro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavan-daio sulla terra potrebbe renderle così bianche” (Mc.9,2s), commenta,ingenuamente ma efficacemente, lo stupito evangelista.E, alla Resurrezione, le donne, “entrando nel sepolcro, videro un gio-vane, seduto sulla destra, vestito di una veste bianca ed ebbero pau-ra” (Mc.16,5). Nei primi secoli, coloro che, durante la Veglia pasquale,ricevevano i sacramenti dell’Iniziazione cristiana, indossavano una vestebianca, che portavano ininterrottamente per una settimana, per depor-la l’ottavo giorno, nella Domenica in Albis, con un rito solenne che, nel-la Chiesa di Roma, era celebrato nella basilica del martire San Pancraziosul Gianicolo: la dicitura completa era in Albis deponendis, cioè “nel toglie-re le vesti bianche”. Ma, per giungere alla gloria della Resurrezione, occor-re, come abbiamo letto sopra nella Lettera ai Romani, aver preso par-te alle sofferenze di Cristo e San Paolo spiega diffusamente ciò chequesto significa in un lungo brano, che giova, a questo punto, riporta-re per intero, a modo di conclusione.“Vi siete infatti spogliati dell’uomo vecchio con le sue azioni ed avete

rivestito il nuovo, che si rinnova, per una piena conoscenza,ad immagine del suo Creatore. Qui non c’è più Greco o Giudeo,circoncisione o incirconcisione, barbaro o Scita, schiavo o libe-ro, ma Cristo è tutto in tutti. Rivestitevi dunque, come eletti diDio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di bontà, diumiltà, di mansuetudine, di pazienza, sopportandovi a vicen-da e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di chelamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha per-donato, così fate anche voi. Al di sopra di tutto poi vi sia la cari-tà, che è il vincolo della perfezione. E la pace di Cristo regninei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solocorpo. E siate riconoscenti! La parola di Cristo dimori tra voiabbondantemente; ammaestratevi ed ammonitevi on ogni sapien-za, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e can-tici spirituali. E tutto quello che fate in parole ed opere, tuttosi compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzodi lui grazie a Dio Padre” (Col.3,9-17). Quel piccolo pezzo di stoffa bianca, che facciamo indossa-

re ai bambini con qualche difficoltà a modo di bavaglino,comporta tutto questo, ma, come dice la formula liturgi-

ca, spetta a noi adulti farlo comprendere un po’ alla vol-ta ai piccoli, con le nostre parole e le nostre opere.

Nell’immagine: Il Battesimo di Sant’Agostino (part.), Louis de Boullogne, 1696 - 1700, Cattedrale di Savona

Page 4: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

44 Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

a cura di Stanislao Fioramonti

Basilica Vaticana, Martedì 24 dicembre 2019

«Su coloro che abitavano in terra tenebrosa unaluce rifulse» (Is 9,1). Questa profezia della pri-ma Lettura si è realizzata nel Vangelo: infatti,mentre i pastori vegliavano di notte nelle loroterre, «la gloria del Signore li avvolse di luce»(Lc 2,9). Nella notte della terra è apparsa unaluce dal cielo. Che cosa significa questa luceapparsa nell’oscurità? Ce lo suggerisce l’ApostoloPaolo, che ci ha detto: «È apparsa la grazia diDio». La grazia di Dio, che «porta salvezza atutti gli uomini» (Tt 2,11), stanotte ha avvolto ilmondo.Ma che cos’è questa grazia? È l’amore divino,l’amore che trasforma la vita, rinnova la storia,libera dal male, infonde pace e gioia. Stanottel’amore di Dio si è mostrato a noi: è Gesù. InGesù l’Altissimo si è fatto piccolo, per essereamato da noi. In Gesù Dio si è fatto Bambino,per lasciarsi abbracciare da noi. Ma, possiamoancora chiederci, perché San Paolo chiama lavenuta nel mondo di Dio “grazia”? Per dirci cheè completamente gratuita. Mentre qui in terratutto pare rispondere alla logica del dare per ave-re, Dio arriva gratis. Il suo amore non è nego-ziabile: non abbiamo fatto nulla per meritarlo enon potremo mai ricompensarlo.È apparsa la grazia di Dio. Stanotte ci rendia-mo conto che, mentre non eravamo all’altezza,Egli si è fatto per noi piccolezza; mentre anda-

vamo per i fatti nostri, Egli è venuto tra noi. Nataleci ricorda che Dio continua ad amare ogni uomo,anche il peggiore. A me, a te, a ciascuno di noioggi dice: “Ti amo e ti amerò sempre, sei pre-zioso ai miei occhi”. Dio non ti ama perché pensi giusto e ti comportibene; ti ama e basta. Il suo amore è incondi-zionato, non dipende da te. Puoi avere idee sba-gliate, puoi averne combinate di tutti i colori, mail Signore non rinuncia a volerti bene. Quantevolte pensiamo che Dio è buono se noi siamobuoni e che ci castiga se siamo cattivi. Non ècosì. Nei nostri peccati continua ad amarci. Ilsuo amore non cambia, non è permaloso; è fede-le, è paziente. Ecco il dono che troviamo a Natale:scopriamo con stupore che il Signore è tutta lagratuità possibile, tutta la tenerezza possibile.La sua gloria non ci abbaglia, la sua presenzanon ci spaventa. Nasce povero di tutto, per con-quistarci con la ricchezza del suo amore.È apparsa la grazia di Dio. Grazia è sinonimodi bellezza. Stanotte, nella bellezza dell’amoredi Dio, riscopriamo pure la nostra bellezza, per-ché siamo gli amati di Dio.Nel bene e nel male, nella salute e nella malat-tia, felici o tristi, ai suoi occhi appariamo belli:non per quel che facciamo, ma per quello chesiamo. C’è in noi una bellezza indelebile, intan-gibile, una bellezza insopprimibile che è il nucleodel nostro essere. Oggi Dio ce lo ricorda, pren-dendo con amore la nostra umanità e facendolasua, “sposandola” per sempre.Davvero la «grande gioia» annunciata stanot-te ai pastori è «di tutto il popolo». In quei pasto-

ri, che non erano certo dei santi, ci siamo anchenoi, con le nostre fragilità e debolezze. Comechiamò loro, Dio chiama anche noi, perché ciama. E nelle notti della vita, a noi come a lorodice: «Non temete» (Lc 2,10). Coraggio, non smar-rire la fiducia, non perdere la speranza, non pen-sare che amare sia tempo perso! Stanotte l’a-more ha vinto il timore, una speranza nuova èapparsa, la luce gentile di Dio ha vinto le tene-bre dell’arroganza umana. Umanità, Dio ti amae per te si è fatto uomo, non sei più sola!Cari fratelli e sorelle, che cosa fare di fronte aquesta grazia? Una cosa sola: accogliere il dono.Prima di andare in cerca di Dio, lasciamoci cer-care da Lui, che ci cerca per primo. Non par-tiamo dalle nostre capacità, ma dalla sua gra-zia, perché è Lui, Gesù, il Salvatore. Posiamolo sguardo sul Bambino e lasciamoci avvolge-re dalla sua tenerezza. Non avremo più scuseper non lasciarci amare da Lui: quello che nel-la vita va storto, quello che nella Chiesa non fun-ziona, quello che nel mondo non va non saràpiù una giustificazione. Passerà in secondo pia-no, perché di fronte all’amore folle di Gesù, aun amore tutto mitezza e vicinanza, non ci sonoscuse. La questione a Natale è: “Mi lascio ama-re da Dio? Mi abbandono al suo amore che vie-ne a salvarmi?”.Un dono così grande merita tanta gratitudine.Accogliere la grazia è saper ringraziare. Ma lenostre vite trascorrono spesso lontane dalla gra-titudine. Oggi è il giorno giusto per avvicinarcial tabernacolo, al presepe, alla mangiatoia, perdire grazie. Accogliamo il dono che è Gesù, per

continua nella pag. accanto

Page 5: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

55Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

poi diventare dono come Gesù. Diventare donoè dare senso alla vita. Ed è il modo migliore percambiare il mondo: noi cambiamo, la Chiesa cam-bia, la storia cambia quando cominciamo nona voler cambiare gli altri, ma noi stessi, facen-do della nostra vita un dono.Gesù ce lo mostra stanotte: non ha cambiatola storia forzando qualcuno o a forza di parole,ma col dono della sua vita. Non ha aspettatoche diventassimo buoni per amarci, ma si è dona-to gratuitamente a noi. Anche noi, non aspet-tiamo che il prossimo diventi bravo per fargli delbene, che la Chiesa sia perfetta per amarla, chegli altri ci considerino per servirli. Cominciamonoi. Questo è accogliere il dono della grazia. Ela santità non è altro che custodire questa gra-tuità.Una graziosa leggenda narra che, alla nascitadi Gesù, i pastori accorrevano alla grotta convari doni. Ciascuno portava quel che aveva, chii frutti del proprio lavoro, chi qualcosa di pre-zioso. Ma mentre tutti si prodigavano con gene-rosità, c’era un pastore che non aveva nulla. Erapoverissimo, non aveva niente da offrire.Mentre tutti gareggiavano nel presentare i lorodoni, se ne stava in disparte, con vergogna. A un certo punto San Giuseppe e la Madonnasi trovarono in difficoltà a ricevere tutti i doni,tanti, soprattutto Maria, che doveva reggere ilBambino. Allora, vedendo quel pastore con lemani vuote, gli chiese di avvicinarsi. E gli misetra le mani Gesù. Quel pastore, accogliendolo, si rese conto di averricevuto quanto non meritava, di avere tra le maniil dono più grande della storia. Guardò le suemani, quelle mani che gli parevano sempre vuo-te: erano diventate la culla di Dio. Si sentì ama-to e, superando la vergogna, cominciò amostrare agli altri Gesù, perché non pote-va tenere per sé il dono dei doni.Caro fratello, cara sorella, se le tue mani tisembrano vuote, se vedi il tuo cuore pove-ro di amore, questa notte è per te. È appar-sa la grazia di Dio per risplendere nella tuavita. Accoglila e brillerà in te la luce del Natale.

MESSAGGIO URBI ET ORBI DI PAPA FRANCESCO

Loggia Centrale della Basilica Vaticana,Mercoledì 25 dicembre 2019

Il popolo che camminava nelle tenebre havisto una grande luce (Is 9,1).

Cari fratelli e sorelle, buon Natale!Dal grembo della madre Chiesa, questa not-te è nato nuovamente il Figlio di Dio fatto uomo.Il suo nome è Gesù, che significa Dio salva. IlPadre, Amore eterno e infinito, lo ha mandatonel mondo non per condannarlo, ma per salvarlo.Il Padre lo ha dato, con immensa misericordia.Lo ha dato per tutti. Lo ha dato per sempre. EdEgli è nato, come piccola fiammella accesa nelbuio e nel freddo della notte.Quel Bambino, nato dalla Vergine Maria, è la

Parola di Dio fatta carne. La Parola che ha orien-tato il cuore e i passi di Abramo verso la terrapromessa e continua ad attirare coloro che sifidano delle promesse di Dio. La Parola che haguidato gli ebrei nel cammino dalla schiavitù allalibertà e continua a chiamare gli schiavi di ognitempo, anche di oggi, ad uscire dalle loro pri-gioni. È Parola più luminosa del sole, incarna-ta in un piccolo figlio di uomo, Gesù, luce delmondo.Per questo il profeta esclama: «Il popolo che cam-minava nelle tenebre ha visto una grande luce»(Is 9,1). Sì, ci sono tenebre nei cuori umani, mapiù grande è la luce di Cristo. Ci sono tenebrenelle relazioni personali, familiari, sociali, ma piùgrande è la luce di Cristo. Ci sono tenebre neiconflitti economici, geopolitici ed ecologici, mapiù grande è la luce di Cristo.Cristo sia luce per i tanti bambini che pati-scono la guerra e i conflitti in Medio Orientee in vari Paesi del mondo. Sia conforto perl’amato popolo siriano che ancora non vedela fine delle ostilità che hanno lacerato il Paesein questo decennio. Scuota le coscienze degliuomini di buona volontà. Ispiri oggi i governantie la comunità internazionale a trovare soluzio-ni che garantiscano la sicurezza e la convivenzapacifica dei popoli della Regione e ponga finealle loro indicibili sofferenze. Sia sostegno peril popolo libanese, perché possa uscire dal-l’attuale crisi e riscopra la sua vocazione ad esse-re un messaggio di libertà e di armoniosa coesi-stenza per tutti.Il Signore Gesù sia luce per la Terra Santa dov’Egliè nato, Salvatore dell’uomo, e dove continual’attesa di tanti che, pur nella fatica ma senzasfiduciarsi, aspettano giorni di pace, di sicurezzae di prosperità. Sia consolazione per l’Iraq, attra-

versato da tensioni sociali, e per lo Yemen, pro-vato da una grave crisi umanitaria.Sia speranza il piccolo Bambino di Betlemmeper tutto il Continente americano, in cui diver-se Nazioni stanno attraversando una stagionedi sommovimenti sociali e politici. Rinfranchi ilcaro popolo venezuelano, lungamente provatoda tensioni politiche e sociali e non gli faccia man-care l’aiuto di cui abbisogna. Benedica gli sfor-

zi di quanti si stanno prodigando per favorire lagiustizia e la riconciliazione e si adoperano persuperare le varie crisi e le tante forme di pover-tà che offendono la dignità di ogni persona.Sia luce, il Redentore del mondo, per la caraUcraina, che ambisce a soluzioni concrete peruna pace duratura.Il Signore che è nato sia luce per i popoli dell’Africa,dove perdurano situazioni sociali e politiche chespesso costringono le persone ad emigrare, pri-vandole di una casa e di una famiglia. Sia paceper la popolazione che vive nelle regioni orien-tali della Repubblica Democratica del Congo,martoriata da persistenti conflitti. Sia confortoper quanti patiscono a causa delle violenze, del-le calamità naturali o delle emergenze sanita-rie. Sia conforto a quanti sono perseguitati acausa della loro fede religiosa, specialmente imissionari e i fedeli rapiti, e a quanti cadono vit-time di attacchi da parte di gruppi estremisti, soprat-tutto in Burkina Faso, Mali, Niger e Nigeria.Il Figlio di Dio, disceso dal Cielo sulla terra, siadifesa e sostegno per quanti, a causa di que-ste ed altre ingiustizie, devono emigrare nel-la speranza di una vita sicura. È l’ingiustiziache li obbliga ad attraversare deserti e mari, tra-sformati in cimiteri. È l’ingiustizia che li costrin-ge a subire abusi indicibili, schiavitù di ogni tipoe torture in campi di detenzione disumani. È l’in-giustizia che li respinge da luoghi dove potreb-bero avere la speranza di una vita degna e faloro trovare muri di indifferenza.L’Emmanuele sia luce per tutta l’umanità feri-ta. Sciolga il nostro cuore spesso indurito ed egoi-sta e ci renda strumenti del suo amore.Attraverso i nostri poveri volti, doni il suo sor-riso ai bambini di tutto il mondo: a quelli abban-donati e a quelli che hanno subito violenze.

Attraverso le nostre debo-li braccia, vesta i poveriche non hanno di checoprirsi, dia il pane agliaffamati, curi gli infermi.Per la nostra fragile com-pagnia, sia vicino alle per-sone anziane e a quel-le sole, ai migranti e agliemarginati. In questo gior-no di festa, doni a tuttila sua tenerezza e rischia-ri le tenebre di questomondo.Cari fratelli e sorelle,rinnovo i miei auguri di BuonNatale a tutti voi, giunti daogni parte del mondo in que-sta Piazza, e a quanti dadiversi Paesi sono colle-

gati mediante la radio, la televisione e gli altrimezzi di comunicazione. Vi ringrazio per la vostrapresenza in questo giorno di gioia.Tutti siamo chiamati a dare speranza al mon-do, annunciando con le parole e soprattut-to con la testimonianza della nostra vita cheGesù, nostra pace, è nato.Non dimenticatevi, per favore, di pregare per me.Buon pranzo natalizio e arrivederci!

Page 6: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

66 Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

Messaggio del ConsiglioEpiscopale Permanente

per la 42ª Giornata Nazionale

per la Vita

Desiderio di vita sensata

1. “Che cosa devo fare dibuono per avere la vita eter-na?” (Mt 19,16). La doman-da che il giovane rivolge aGesù ce la poniamo tutti,anche se non sempre lalasciamo affiorare con chia-rezza: rimane sommersa dal-le preoccupazioni quoti-diane. Nell’anelito di quel-l’uomo traspare il desideriodi trovare un senso con-vincente all’esistenza. Gesù ascolta la domanda,l’accoglie e risponde: “Se vuoientrare nella vita osserva icomandamenti” (v. 17).La risposta introduce un cambiamento – da avere a entrare – che com-porta un capovolgimento radicale dello sguardo: la vita non è un ogget-to da possedere o un manufatto da produrre, è piuttosto una promes-sa di bene, a cui possiamo partecipare, decidendo di aprirle le porte.Così la vita nel tempo è segno della vita eterna, che dice la destina-zione verso cui siamo incamminati.

Dalla riconoscenza alla cura

2. È solo vivendo in prima persona questa esperienza che la logica del-la nostra esistenza può cambiare e spalancare le porte a ogni vita chenasce. Per questo papa Francesco ci dice: “L’appartenenza originariaalla carne precede e rende possibile ogni ulteriore consapevolezza eriflessione”1. All’inizio c’è lo stupore. Tutto nasce dalla meraviglia e poipian piano ci si rende conto che non siamo l’origine di noi stessi. “Possiamosolo diventare consapevoli di essere in vita una volta che già l’abbia-mo ricevuta, prima di ogni nostra intenzione e decisione. Vivere signi-fica necessariamente essere figli, accolti e curati, anche se talvolta inmodo inadeguato”2. È vero. Non tutti fanno l’esperienza di essere accolti da coloro che lihanno generati: numerose sono le forme di aborto, di abbandono, dimaltrattamento e di abuso. Davanti a queste azioni disumane ogni persona prova un senso di ribel-lione o di vergogna. Dietro a questi sentimenti si nasconde l’attesa delu-sa e tradita, ma può fiorire anche la speranza radicale di far fruttare italenti ricevuti (cfr. Mt 25, 16-30). Solo così si può diventare responsabili verso gli altri e “gettare un pon-te tra quella cura che si è ricevuta fin dall’inizio della vita, e che ha con-

sentito ad essa di dispie-garsi in tutto l’arco del suosvolgersi, e la cura da pre-stare responsabilmenteagli altri”3. Se diventiamo consapevolie riconoscenti della portache ci è stata aperta, e dicui la nostra carne, con lesue relazioni e incontri, ètestimonianza, potremoaprire la porta agli altri viven-ti. Nasce da qui l’impegnodi custodire e proteggerela vita umana dall’inizio finoal suo naturale termine edi combattere ogni formadi violazione della dignità,anche quando è in giocola tecnologia o l’economia. La cura del corpo, in que-sto modo, non cade nell’i-dolatria o nel ripiegamen-to su noi stessi, ma diven-ta la porta che ci apre a unosguardo rinnovato sul mon-do intero: i rapporti con glialtri e il creato.

Ospitare l’imprevedibile

3. Sarà lasciandoci coin-volgere e partecipando

con gratitudine a questa esperienza che potremo andare oltre quellachiusura che si manifesta nella nostra società ad ogni livello.Incrementando la fiducia, la solidarietà e l’ospitalità reciproca potremospalancare le porte ad ogni novità e resistere alla tentazione di arren-dersi alle varie forme di eutanasia. L’ospitalità della vita è una legge fondamentale: siamo stati ospitati perimparare ad ospitare. Ogni situazione che incontriamo ci confronta conuna differenza che va riconosciuta e valorizzata, non eliminata, anchese può scompaginare i nostri equilibri. È questa l’unica via attraverso cui, dal seme che muore, possono nasce-re e maturare i frutti (cf Gv 12,24). È l’unica via perché la uguale digni-tà di ogni persona possa essere rispettata e promossa, anche là dovesi manifesta più vulnerabile e fragile. Qui infatti emerge con chiarezzache non è possibile vivere se non riconoscendoci affidati gli uni agli altri.Il frutto del Vangelo è la fraternità.

1 PAPA FRANCESCO, Humana communitas. Lettera per il XXV anniversario del-la istituzione della Pontificia Accademia per la Vita, 6 gennaio 2019, 9.2 Ibidem.3 Ibidem.4 Cfr. PAPA FRANCESCO, Enciclica Laudato si’, 155: “L’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per accoglieree accet tare il mondo intero come dono del Padre e casa comune; invece unalogica di dominio sul pro prio corpo si trasforma in una logica a volte sotti le didominio sul creato. Imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura ea rispettare i suoi significati è essenziale per una vera ecologia uma na”5 Cfr. PAPA FRANCESCO, Discorso ai membri dell’associazione italiana di onco-logia (AIOM), 2 settembre 2019.

Page 7: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

77Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

Cari fratelli e sorelle,

1. Le parole che Gesù pro-nuncia: «Venite a me, voi tut-ti che siete stanchi e oppres-si, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28)indicano il misterioso camminodella grazia che si rivela ai sem-plici e che offre ristoro agli affa-ticati e agli stanchi. Queste parole esprimono lasolidarietà del Figlio dell’uo-mo, Gesù Cristo, di fronte aduna umanità afflitta e soffe-rente. Quante persone soffrononel corpo e nello spirito! Eglichiama tutti ad andare da Lui,«venite a me», e promette lorosollievo e ristoro. «Quando Gesù dice questo,ha davanti agli occhi le per-sone che incontra ogni gior-no per le strade di Galilea: tan-ta gente semplice, poveri, mala-ti, peccatori, emarginati dal pesodella legge e dal sistema socia-le oppressivo... Questa gen-te lo ha sempre rincorso perascoltare la sua parola – unaparola che dava speranza»(Angelus, 6 luglio 2014).

Nella XXVIII Giornata Mondialedel Malato, Gesù rivolge l’in-vito agli ammalati e aglioppressi, ai poveri che san-no di dipendere interamenteda Dio e che, feriti dal peso della prova, han-no bisogno di guarigione. Gesù Cristo, a chi vivel’angoscia per la propria situazione di fragilità,dolore e debolezza, non impone leggi, ma offrela sua misericordia, cioè la sua persona risto-ratrice. Gesù guarda l’umanità ferita. Egli ha occhiche vedono, che si accorgono, perché guardanoin profondità, non corrono indifferenti, ma si fer-mano e accolgono tutto l’uomo, ogni uomo nel-la sua condizione di salute, senza scartare nes-suno, invitando ciascuno ad entrare nella suavita per fare esperienza di tenerezza.

2. Perché Gesù Cristo nutre questi sentimen-ti? Perché Egli stesso si è fatto debole, speri-mentando l’umana sofferenza e ricevendo a suavolta ristoro dal Padre. Infatti, solo chi fa, in pri-ma persona, questa esperienza saprà esseredi conforto per l’altro. Diverse sono le forme gravi di sofferenza: malat-tie inguaribili e croniche, patologie psichiche, quel-le che necessitano di riabilitazione o di cure pal-liative, le varie disabilità, le malattie dell’infan-zia e della vecchiaia… In queste circostanze siavverte a volte una carenza di umanità e risul-ta perciò necessario personalizzare l’approccio

al malato, aggiungendo al curare il prendersi cura,per una guarigione umana integrale. Nella malat-tia la persona sente compromessa non solo lapropria integrità fisica, ma anche le dimensio-ni relazionale, intellettiva, affettiva, spirituale; eattende perciò, oltre alle terapie, sostegno, sol-lecitudine, attenzione… insomma, amore.Inoltre, accanto al malato c’è una famiglia chesoffre e chiede anch’essa conforto e vicinanza.

3. Cari fratelli e sorelle infermi, la malattia vi ponein modo particolare tra quanti, “stanchi eoppressi”, attirano lo sguardo e il cuore di Gesù.Da lì viene la luce per i vostri momenti di buio,la speranza per il vostro sconforto. Egli vi invi-ta ad andare a Lui: «Venite». In Lui, infatti, leinquietudini e gli interrogativi che, in questa “not-te” del corpo e dello spirito, sorgono in voi tro-veranno forza per essere attraversate. Sì, Cristonon ci ha dato ricette, ma con la sua passione,morte e risurrezione ci libera dall’oppressionedel male. In questa condizione avete certamente bisognodi un luogo per ristorarvi. La Chiesa vuole esse-re sempre più e sempre meglio la “locanda” delBuon Samaritano che è Cristo (cfr Lc 10,34),

cioè la casa dove potete tro-vare la sua grazia che si espri-me nella familiarità, nell’ac-coglienza, nel sollievo. In questa casa potrete incon-trare persone che, guarite dal-la misericordia di Dio nella lorofragilità, sapranno aiutarvi aportare la croce facendodelle proprie ferite delle feri-toie, attraverso le quali guar-dare l’orizzonte al di là del-la malattia e ricevere luce earia per la vostra vita. In tale opera di ristoro ver-so i fratelli infermi si collocail servizio degli operatorisanitari, medici, infermieri, per-sonale sanitario e ammini-strativo, ausiliari, volontari checon competenza agisconofacendo sentire la presenzadi Cristo, che offre consola-zione e si fa carico della per-sona malata curandone le feri-te. Ma anche loro sonouomini e donne con le lorofragilità e pure le loro malat-tie. Per loro in modo particolarevale che, «una volta ricevu-to il ristoro e il conforto di Cristo,siamo chiamati a nostra vol-ta a diventare ristoro e con-forto per i fratelli, con atteg-giamento mite e umile, ad imi-tazione del Maestro» (Angelus, 6 luglio 2014).

4. Cari operatori sanitari, ogniintervento diagnostico, pre-ventivo, terapeutico, di ricer-

ca, cura e riabilitazione è rivolto alla persona mala-ta, dove il sostantivo “persona”, viene sempreprima dell’aggettivo “malata”. Pertanto, il vostroagire sia costantemente proteso alla dignità ealla vita della persona, senza alcun cedimentoad atti di natura eutanasica, di suicidio assisti-to o soppressione della vita, nemmeno quan-do lo stato della malattia è irreversibile. Nell’esperienza del limite e del possibile fallimentoanche della scienza medica di fronte a casi cli-nici sempre più problematici e a diagnosi infau-ste, siete chiamati ad aprirvi alla dimensione tra-scendente, che può offrirvi il senso pieno del-la vostra professione. Ricordiamo che la vita èsacra e appartiene a Dio, pertanto è inviolabi-le e indisponibile (cfr Istr. Donum vitae, 5; Enc.Evangelium vitae, 29-53). La vita va accolta, tutelata, rispettata e servitadal suo nascere al suo morire: lo richiedono con-temporaneamente sia la ragione sia la fede inDio autore della vita. In certi casi, l’obiezione dicoscienza è per voi la scelta necessaria per rima-nere coerenti a questo “sì” alla vita e alla per-sona. In ogni caso, la vostra professionalità, ani-mata dalla carità cristiana, sarà il migliore ser-vizio al vero diritto umano, quello alla vita.

continua nella pag. 8

Page 8: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

88 Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

suor Maria Lupo cp

La guarigione dalla cecità

Un tratto distintivo dell’atti-vità terapeutica di Gesù è laguarigione dei ciechi. NeiVangeli sinottici troviamo ilracconto della guarigione delcieco di Gerico, chiamato daMarco “Bartimeo” (Mt 20,29-34; Mc 10,46-52; Lc 18,35-43). Nel Vangelo di Matteo è riferita anche la guarigione di due ciechinella regione di Cafarnao, che anticipa quella dei due ciechi di Gerico(Mt 20, 29-34). Solo nel Vangelo di Marco si racconta la guarigione delcieco di Betsaida (Mc 8,22-26). Infine nel Vangelo di Giovanni è ripor-tata la guarigione del cieco nato con il relativo ampio dibattito che neapprofondisce il significato (Gv 9,1-41). Inoltre, la menzione della gua-rigione di ciechi da parte di Gesù è presente nei vari sommari (Mt 15,30;21,14; Lc 7,21; Gv 5,3) e anche in alcune sentenze di Gesù (Mt 11,5//Lc7,21-22).È importante capire la posizione che i due racconti di guarigione di uncieco occupano nel Vangelo di Marco e il loro valore, poiché essi evi-denziano che per seguire Gesù fin sulla via della croce è necessarioche siano aperti gli occhi dei discepoli sull’identità di Cristo. Il primo rac-conto della guarigione di un cieco a Betsaida (Mc 8,22-26) si trova dopole parole rivolte da Gesù ai discepoli: «Avete occhi e non vedete» (Mc8,18), e pochi versetti prima della domanda di Gesù su come lo vedo-no i suoi discepoli e cosa pensano di lui (Mc 8,29). Il secondo racconto, la guarigione di Bartimeo (Mc 10,46-52), è pre-ceduto dall’annuncio della Passione di Gesù e dalla richiesta dei figlidi Zebedeo di sedere uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra edè seguito dall’ingresso a Gerusalemme dove Gesù è osannato da mol-ti prima della sua Passione (Mc 11,1-11).I due testi quindi si trovano in punti strategici del Vangelo di Marco permettere in evidenza che l’incapacità della mente umana nei confronti

della rivelazione divinapuò essere superata soloda Gesù e che per vede-re realmente Gesù, per entra-re nel mistero della SuaPersona, non basta sem-plicemente seguirlo comestavano facendo i suoi apo-stoli e i discepoli, maoccorre farsi aprire gliocchi da lui sulla sua veraidentità. Un aspetto caratteristico delracconto di Marco è il luo-go dell’incontro con il figlio

di Timeo: la strada. Gesù sta uscendo da Gerico per avviarsi verso lameta del suo viaggio, la città di Gerusalemme. Tra Gesù e il cieco –che lo sente passare – si frappone la barriera della folla che vuole fartacere il cieco, ma questi grida più forte: «Figlio di Davide, abbi pietàdi me». Allora Gesù si ferma e ordina alla gente di chiamarlo e con la doman-da: «Che vuoi che io ti faccia», lo invita a percorrere fino in fondo il suocammino verso la luce. Il cieco, infatti, risponde con una richiesta pre-cisa: «Rabbunì, che io riabbia la vista!», e la dichiarazione successivasigilla il percorso spirituale di Bartimeo: «Va’, la tua fede ti ha salvato».E il cieco riacquista la vista.La venuta di Gesù segna la fine delle tenebre solo se gli permettiamoche le sue mani tocchino anche i nostri occhi. La fine della cecità perBartimeo ha come conseguenza che egli getta via il mantello, si spo-glia di ogni sicurezza, di ogni protezione per seguire sulla via che por-ta a Gerusalemme Colui che sulla croce sarà spogliato delle sue vestie, nudo, si affiderà alla sola protezione che conta, quella del Padre suoche lo rivestirà di splendore. Ci chiediamo allora: da quale cecità dobbiamo anche noi essere gua-riti? Bisogna chiedere, come il cieco, di poter guardare il mondo conocchi nuovi, di far cessare l’ottenebramento di ogni facoltà percettiva.Il cieco chiede di “poter vedere di nuovo”, di riavere nuovamente fidu-cia nei suoi occhi, che egli possa vedere come amabile ciò che è tale.Il miracolo è vedere che l’unica strada che porta alla luce è quella segui-

Quando non potrete guarire, potrete sempre cura-re con gesti e procedure che diano ristoro e sol-lievo al malato. Purtroppo, in alcuni contesti di guerra e di con-flitto violento sono presi di mira il personale sani-tario e le strutture che si occupano dell’acco-glienza e assistenza dei malati. In alcune zoneanche il potere politico pretende di manipolarel’assistenza medica a proprio favore, limitandola giusta autonomia della professione sanitaria.In realtà, attaccare coloro che sono dedicati alservizio delle membra sofferenti del corpo socia-le non giova a nessuno.

5. In questa XXVIII Giornata Mondiale del Malato,penso ai tanti fratelli e sorelle che, nel mondointero, non hanno la possibilità di accedere allecure, perché vivono in povertà. Mi rivolgo, per-tanto, alle istituzioni sanitarie e ai Governi di tut-ti i Paesi del mondo, affinché, per considerarel’aspetto economico, non trascurino la giustiziasociale. Auspico che, coniugando i principi di soli-darietà e sussidiarietà, si cooperi perché tutti abbia-no accesso a cure adeguate per la salvaguar-dia e il recupero della salute. Ringrazio di cuo-re i volontari che si pongono al servizio dei mala-ti, andando in non pochi casi a supplire a caren-ze strutturali e riflettendo, con gesti di tenerez-

za e di vicinanza, l’immagine di Cristo BuonSamaritano. Alla Vergine Maria, Salute dei malati, affido tut-te le persone che stanno portando il peso del-la malattia, insieme ai loro familiari, come puretutti gli operatori sanitari. A tutti con affetto assi-curo la mia vicinanza nella preghiera e invio dicuore la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 3 gennaio 2020Memoria del SS. Nome di Gesù

Francesco

segue da pag. 7

continua nella pag. accanto

Page 9: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

99Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

ta da Gesù e che è necessario percorrerla per arrivare anche noi a Gerusalemme.

Manifestare le opere di Dio (Gv 9,1-41)

L’episodio della guarigione del cieco nato presente nel vangelo di Giovanninon intende tanto porre l’attenzione su un miracolo operato da Gesù,ma mostra il dramma della Luce non accolta dagli uomini, il contrastotra la fede e l’incredulità, l’accoglienza di Gesù e il suo rifiuto, l’aprirsialla luce o il rimanere nella cecità. La luce è connessa alla vita – è laprima opera creata – sicché venire alla luce significa nascere. La luceè principio di tutto: fa esistere e conoscere, godere e amare. All’iniziodel brano sembrerebbe che l’unico cieco sia quello che è designato come«cieco dalla nascita», ma viene subito segnalata la cecità dei discepoliche pongono a Gesù una domanda che associa la malattia alla colpaed emerge successivamente la cecità dei presunti vedenti – in parti-colare dei farisei – che rimangono ciechi. Alcune parole sono ricorrenti nel testo ed esse danno continuità allanarrazione e offrono una chiave di lettura: cieco (13x), aprire gli occhi(7x), vedere (8x), vedere di nuovo (4x), lavarsi (5x), fango (5x), gene-rare (5x), genitori (6x), conoscere (11x), peccare (2x), peccatore (4x). Il racconto inizia con Gesù che vede il cieco e si conclude con l’ex-cie-co che vede e adora Gesù (v. 37), per segnalare fin dall’inizio che èDio che vede l’uomo e dà a questi la capacità di vedersi nuovo, con ilsuo sguardo. Il non vedere fisico è preso come immagine per indica-re la cecità spirituale che è propria di chi non sa dov’è, da dove vienee dove va e tale cecità impedisce di vedere la ferità che rende liberi. Un’attenzione particolare va posta nel v. 4 in cui Gesù si identifica coni discepoli che, come Lui, devono compiere le opere del Padre a favo-re dei fratelli: bisogna che noi operiamo le opere di colui che mi ha man-dato, fino a che dura il giorno; poi viene la notte, quando nessuno puòoperare. Nel versetto precedente Gesù parla del cieco e spiega che è nato così:«Né lui né i suoi genitori hanno peccato, ma è affinché siano manife-state in lui le opere di Dio» (9,3); nel successivo c’è un parlare di Gesùin prima persona che dice di sé: «Io sono la luce del mondo» (v. 5). Il passaggio al “noi” nel v. 4 è importante perché ci dice che Gesù asso-cia i suoi discepoli, associa noi, alla sua opera: attraverso questo cie-co che passerà dalla cecità alla capacità di vedere, si tratta anche difar passare i discepoli da una tenebra molto più sottile alla luce di Gesù,cosicché anche loro possano realizzare le sue stesse opere. È necessario che Gesù guarisca dapprima il loro modo di pensare edi vedere se stessi e gli altri, come appare dalla domanda che essi fan-no a Gesù indicando il cieco nato: «Chi ha peccato costui o i suoi geni-tori, perché sia stato generato cieco?» (v. 2).Il racconto si svolge nei termini di un interrogatorio processuale: da unaparte abbiamo un cieco che viene alla luce; dall’altra dei farisei che riman-gono nelle tenebre. Si nota che man mano il cieco si avvicina alla Luce,progredisce maggiormente la cecità dei farisei. La visione-conoscen-za che il cieco ha di Gesù è sempre più profonda:- «quell’uomo chiamato Gesù» (v. 11);- profeta, uno che è da Dio (v. 17);- uno che è da Dio (v. 33);- il Figlio dell’Uomo che alla fine riconosce come Signore e lo adora(vv. 35-38). Più il cieco scopre l’identità di Gesù, più diventa una persona libera dipensare e capace di contraddire chi nega la realtà. Diventa un uomonuovo che torna a rispecchiare il Volto di cui è immagine: è un «io sono»(v. 9) – dice a coloro che lo interrogano sulla sua identità –, che stadavanti all’Io Sono; così Gesù si era definito alla fine della lunga dis-cussione avuta con i Giudei e descritta nel capitolo precedente: i suoiascoltatori gli chiedevano chi pretendeva di essere, visto che tutti i ser-vi della Parola, da Abramo ai profeti erano morti, ed egli proclama, «Inverità, in verità vi dico, prima che Abramo fosse, Io Sono» (8,58). Talerivelazione provoca il tentativo di lapidazione. Tre volte i farisei dichiarano di “sapere” (9,16.24.29) e tale pretesa fon-da il duro giudizio di Gesù nei loro confronti: «Se foste ciechi, non avre-

ste alcun peccato, ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccatorimane» (9,41). Solo alla fine, dopo aver potuto identificare l’uomo chelo aveva guarito con quel Gesù che gli parla e che lo conduce a sco-prire la sua vera identità, il miracolato è in grado di manifestare la pro-pria fede, dimostrando così di aver acquistato veramente la vista (Gv9,35-41). Infatti, è evidenziato che solo dopo aver ottenuto la vista, icredenti sono in grado di sapere, cioè di distinguere la verità dalla men-zogna, la fede dalla incredulità. L’episodio mette in evidenza che tutti nasciamo nelle tenebre dell’in-credulità e che possiamo ricadere nella cecità spirituale. Il dono dellafede rappresenta un’autentica illuminazione per la vita del credente, tra-sforma l’esistenza in un modo radicale, come la notte è cambiata in gior-no. La notte può sopravvenire nella vita di ciascuno in molti modi: conostacoli interni, con prove di vario genere. Le parole di Gesù che invita il cieco a lavarsi alla piscina sono un appel-lo a fare quello che è comandato in ogni momento, a porsi in ascoltocostantemente della voce di Dio.Alla fine dell’episodio gli interrogatori del cieco davanti ai farisei e aigiudei costituiscono un esempio magnifico di coraggiosa testimonian-za cristiana: egli non teme di essere scomunicato o emarginato mostran-do che, chi è illuminato da Cristo non teme il giudizio altrui, evita di veni-re a patti con la mentalità del mondo ed afferma con franchezza la veri-tà senza temere di nulla. L’ex cieco, illuminato, si fa teologo dei dotti emostra la cecità di chi vuole restare nelle tenebre. Per il cieco è statoun cammino di visione sempre più chiaro; per gli altri un accecamen-to maggiore.All’inizio del brano, il cieco dopo essersi lavato alla piscina di Siloe, ritor-nò che “vedeva” (Gv 9,7) e alla fine, alla domanda di Gesù, «Credi tunel Figlio dell’uomo?», il cieco risponde: «Ma chi è, Signore, perché iocreda un lui?»; Gesù gli dice: «Tu l’hai visto!» (Gv 19,37). Mentre pri-ma il “vedere” è espresso con il verbo blépô, adesso si usa il perfettodel verbo oráô. Il “vedere” permette di “parlare” e quindi fa sì che si possa pren-dere una posizione che metta anche a rischio anche la propria persona: «Credere in Gesù, Figlio dell’Uomo e Figlio di Dio, apre i nostri occhipermettendoci di accedere alla nostra identità, alla nostra realtà divi-no-umana, al nostro mistero divino-umano, senza veli, in virtù della comu-nicazione che Egli fa di se stesso» .

Conclusione

Ognuno di noi è chiamato a fare la stessa esperienza del cieco natosuperando le proprie resistenze per passare dalla cecità alla visione e,vedere equivale a conoscere. Infatti, il cieco vedrà pienamente quan-do riconoscerà in Gesù il Signore. Il punto di arrivo del processo di gua-rigione è vedere se stessi e gli altri con occhi nuovi e vedere e acco-gliere Gesù come il Signore della propria vita. Il miracolo che dobbiamo compiere in ogni relazione consiste nell’apriregli occhi degli altri perché possano “vedere Dio”, possano accedere allaloro identità divino-umana. L’evangelista definisce l’agire di Gesù conil termine “opere”, distinguendolo dai “segni”, per suggerire la possibi-lità che si propaghi nelle opere del credente. Gesù fa infatti risplende-re la luce che Egli è, smascherando le false spiegazioni che fanno del-l’infermità la conseguenza di un antico peccato. E il “vedere” permette di “udire” e soprattutto di parlare prendendo posi-zione, mettendo a rischio la propria persona. Il testo mette anche in luceche non basta ribadire che Gesù è venuto a guarire l’uomo, l’umanitào tutto l’umano. È necessario riflettere sul fatto che Egli viene a guari-re in un percorso in cui la libertà assume tutto il suo peso e Gesù met-te in atto questo processo di liberazione dell’umanità. Egli procede dal-la guarigione della cecità – sia corporale sia spirituale – per far ritro-vare in Lui stesso e nell’altro la scaturigine nativa della parola. E nonpotrebbe essere diversamente, essendo lui la Parola.

Nell’immagine del titolo: Gesù Cristo guarisce presso la piscina di Bethesda,

Carl Heinrich Bloch, 1883

Page 10: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

1010 Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

Sara Gilotta

“Ah se Dio ci prendesse per mano”,sono parole tratte dal celebre roman-zo di Bernanos, che, però, tutti noicondividiamo volentieri, per il sem-plice fatto che, sentendoci indifesied in continuo pericolo, sentiamoil bisogno della mano di Dio, checi aiuti a superare la nostra debo-lezza, ma anche la altrettantoscarsa volontà si superarla. E’ questa una caratteristica dell’uomo,quella di avvertire il bisogno di aiu-to, per poi facilmente non comprenderlo o fraintenderlo e cercare con-forto in altri porti e in altre realtà. D’altra parte se una tale caratteristica ha riguardato l’umanità da sem-pre, è vera soprattutto per i nostri giorni nei quali (scriveva Bernanosnella sua opera intitolata “diario di un curato di campagna), il bene e ilmale debbono equilibrarsi. Senonché il centro di gravità è collocato mol-to in basso, o, se preferite, si sovrappongono l’uno all’altro senza mesco-larsi come due liquidi di diversa intensità”. Ora il significato letterale di queste parole è molto semplice, ma, a riflet-terci anche solo un po’, portano con sé la radice prima del male delnostro tempo e della storia. Quante volte, infatti, per tutti noi e riguar-do a tutta la realtà, appare davvero difficile distinguere in modo nettoed inequivocabile ciò che è bene, o lo sembra, da ciò che è male o losembra. Ma è proprio questo l‘errore più grande, non possedere o nonpossedere più gli strumenti morali e religiosi capaci di indirizzare ret-tamente le nostre conoscenze e le nostre scelte. In questo senso il pen-siero corre a quel fenomeno definito di relativismo gnoseologico e com-portamentale, cui assai spesso si fa riferimento, per cercare di com-prendere quel che accade intorno a noi ed, ahimè, dentro di noi. Così Dante nel Purgatorio, ne chiede le cause, dicendo “lo mondo èben così diserto d’ogne virtute ... di malizia gravido e coverto, ma prie-go che m’addite la cagione.” Lo dice, rivolgendosi a Marco Lombardo,che, purtroppo afferma che il mondo è davvero tutto privo di virtù e gon-fio di malvagità. Ma, dice con grande chiarezza Marco, ricordando ilcarattere precipuo del vivere umano, che esso deve essere basato sullibero arbitrio, che però deve essere ben nutrito, innanzitutto perché basa-

to sulla ragione, cioè su unavolontà libera che, sola conduce alibere scelte. E credo sia eviden-te che il poeta volesse insegnareagli uomini che appunto le sceltesu cui fondiamo il nostro vivere deb-bono basarsi su responsabilità auten-tiche capaci di “non disviarci” dalbene. Che è appunto è il concetto di benechiaro e manifesto che sembra esse-re diventato opaco, incerto, ombra-to di mille dubbi, che ci confondo-no e ci inducono a seguire “picciolibeni” nei quali finiamo per identi-ficarci, dimenticando, anzi mettendoa tacere la volontà di bene veroche comumque parla dentro ciascunodi noi. Talora inutilmente. Perché

si vuole dimenticare il concetto di responsabilità, che, invece, dovreb-be sempre essere la via maestra da seguire. E, a questo proposito, èinteressante comprendere il vero significato del termine “responsabili-tà”. Esso deriva certo dal verbo latino, che non vuol dire semplicemente“rispondere a delle domande o ad un saluto, come forse pensiamo, mail verbo “respondeo” che poi è un rafforzativo di “spondeo” vuol dire pro-mettere, dare la propria parola, anzi “rispondere a qualcosa“. E a checosa dobbiamo “rispondere, se non alla nostra coscienza o, ad esem-pio, alla parola data? Insomma la responsabilità è l’espressione più bel-la ed impegnativa, su cui basare la propria vita. La vita, appunto, che è e deve essere espressione di scelte forti ed impor-tanti derivanti senza dubbio dal carattere, dalla formazione religiosa eculturale di ciascuno, quelle che insegnano la via da seguire soprat-tutto quando essa appare impervia. E la responsabilità dei cristiani èdavvero grande, perché gli insegnamenti del Cristo non sono certo faci-li, innanzitutto per il nostro rapporto con il cosiddetto prossimo, del qua-le facciamo parte tutti. Siamo, infatti, tutti prossimo reciprocamente, essen-do tutte creature di Dio e tutte appartenenti al genere umano. Ma, pertornare alla mano che chiediamo a Dio , anch’essa appartiene ad unascelta fondamentale, senza la quale la responsabilità stessa muta disignificato, per divenire sinonimo di affermazione di sé, di opportunitàpersonale o peggio di vuoto formalismo.

Nell’immagine: Gesù cammina sulle acque e soccorre Pietro,opera di Ivan Aivazovsky

Page 11: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

1111Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

Stanislao Fioramonti

NNacque a Norcia verso l’anno 480, sorel-la gemella di San Benedetto. La madreClaudia Abondantia Reguardati, con-

tessa di Norcia, morì subito dopo aver parto-rito i due bimbi, ai quali dedicò grandi cure ilpadre Eutropio Anicio, di antica famiglia sena-toriale romana e Capitano Generale dei roma-ni nella regione di Norcia, che fece anche votodi destinare la figlia femmina alla vita monastica.Scrive san Gregorio Magno (590-604) nel secon-do libro dei Dialoghi (unica fonte delle pochevicende biografiche note) che a 12 anni fu man-data a Roma assieme al fratello per compieregli studi classici, ma entrambi restarono pro-fondamente turbati per la vita dissoluta che siconduceva nell’Urbe. Benedetto per primo deci-se di ritirarsi in eremitaggio. Scolastica, rimasta unica erede del ragguardevole

patrimonio della fami-glia, rifiutando ogniattaccamento ai beniterreni chiese alpadre di potersidedicare alla vita reli-giosa entrando in un

monastero vicinoa Norcia.

Il padre, ricor-dando il voto

fatto, accet-tò la deci-

sione. Qualche anno dopo Scolasticaseguì il fratello a Subiaco epoi anche a Montecassino,ai piedi del quale, circa 7 kma sud dell’abbazia (in terri-

torio di Villa di Piedimonte, odierna Villa SantaLucia, FR), fondò il monastero di Piumarola, dovefa vita comune con un gruppetto di donne con-sacrate, seguendo la regola di San Benedettoe fondando il ramo femminile dell’OrdineBenedettino. A Piumarola santa Scolastica vis-se e morì in un monastero di cui fu parte fon-damentale la chiesa altomedioevale di San Giacomo(ora in rovina), tuttora di proprietà dell’Abbaziadi Montecassino. Il monastero fu ristrutturato intorno all’anno 750dalla Regina longobarda Tasia, mentre le pri-me notizie del vicino castello risalgono all’an-no 1057. Il castello di Piumarola, elencato alterzo posto sulla porta di Desiderio aMontecassino, per l’amministrazione abbazia-le fu sempre uno dei più importanti per la suamasseria, rimasta in vita fino alla confisca del1866. Del resto, monastero e castello erano sor-ti su un centro abitato di epoca romana, la colo-nia di Interamnia. Al monastero cassinate la zona di Villa SantaLucia, che ospitava fondazioni benedettine diun certo rilievo come Santa Scolastica appun-to, San Nicola della Cicogna e Sant’Angelo deFortunula, fu soggetta fino alla fine del ‘400, quan-do lo stato napoletano ne acquisì la piena giu-risdizione. Una delle maggiori raccomandazionidi Scolastica abbadessa era di osservare la rego-la del silenzio e di evitare soprattutto la con-versazione con persone estranee al monaste-ro, anche devoti visitatori.Il nome di Scolastica, sorella di Benedetto daNorcia icona del monachesimo occidentale, richia-ma al femminile gli inizi di tale monachesimo,fondato sulla stabilità della vita in comune. Benedetto

invita a servire Dio non già “fuggendo dal mon-do” verso la solitudine o la penitenza itinerante,ma vivendo in comunità durature e orga-nizzate, e dividendo rigorosamente il pro-

prio tempo fra preghiera, lavoro, studio e ripo-so. L’Italia del tempo era contesa tra i Bizantinidel generale Belisario e i Goti del re Totila, deva-stata dagli uni e dagli altri. Roma si arrese aiGoti per fame dopo due anni di assedio. A Montecassino passano vincitori e vinti: pas-sa Totila attratto dalla fama di Benedetto e pas-sano le vittime della violenza, i disperati, i cer-catori di speranza... I due fratelli ebbero unatale comunione in Dio da convenire di incon-trarsi solo una volta all’anno fuori dai rispetti-vi monasteri, in una casetta sotto Montecassino(divenuta poi una cappella molto venerata) perun giorno intero da trascorrere nelle lodi di Dio,in sacra conversazione e non solo. Gregorioracconta che nell’ultimo di questi incontri - avve-nuto forse nella Quaresima del 542 o il 6 feb-braio 547, pochi giorni prima della sua morte- Scolastica chiese al fratello di protrarre il col-loquio spirituale fino al mattino seguente, ma

Benedetto si oppose per non infrangere la rego-la. Allora Scolastica implorò il Signore di nonfar partire il fratello e scoppiò in un pianto dirot-to: subito dopo ecco venire un temporale vio-lentissimo che bloccò tutti nella casetta e costrin-se Benedetto, che vi riconobbe un miracolo, arimanere con lei conversando tutta la notte. Questo fu il loro ultimo incontro. Gregorio con-clude che Poté di più, colei che più amò. Forseper questo la santa viene anche invocata perdifendersi da fulmini e tempeste e per ottene-re la pioggia. Leggiamo nei Dialoghi che quat-tro giorni dopo, il 10 febbraio, Benedetto appren-de la morte della sorella vedendo la sua ani-ma salire verso l’alto in forma di bianca colom-ba. I monaci scendono allora nel monastero diPiumarola, frazione dell’odierna Villa Santa Lucia(FR), a prendere il suo corpo, dandogli sepol-tura nella tomba che Benedetto ha fatto pre-parare per sé a Montecassino; e dove sarà depo-sto anche lui, morto in piedi sorretto dai suoimonaci, intorno all’anno 547.Secondo i monaci benedettini le reliquie di Scolasticae Benedetto sono conservate sotto l’altare mag-giore della basilica di Montecassino. Reliquiedella Santa sono custodite anche presso il Casinodi Cicco sito in Sant’Apollinare.Secondo un’altra tradizione le reliquie dei duesanti fratelli si troverebbero in Francia: infattinel 583 l’abbazia di Montecassino fu distruttadai Longobardi e la loro tomba restò sotto lerovine del monastero.Nell’anno 660 san Mommolo secondo abate del-l’abbazia benedettina di Fleury, leggendo i Dialoghidi Gregorio Magno fu preso da compassioneal pensiero dei corpi abbandonati dei due san-ti e inviò a Montecassino il monaco Aigulfo perritrovare le reliquie del loro padre fondatore. Aigulfoa Montecassino trovò alcuni cittadini di Le Mansche riuscirono trovare invece le reliquie di san-ta Scolastica e le riportarono a Fleury; dopo unadisputa fra i monaci, che volevano conserva-re riunite le reliquie dei due santi, e i Mansesiche pretendevano le reliquie di santa Scolastica,si decise infine di conservare a Fleury quelledi Benedetto e a Le Mans quelle di Scolastica.Ma Aigulfo aveva portato le reliquie riunite inun’unica cassa così come le aveva trovate. Provaronoquindi a dividerle seguendo il criterio che le ossapiù grandi dovevano appartenere a Benedetto,le più piccole a Scolastica. Poi avvicinarono adesse i corpi di due ragazzi morti da poco; quan-do avvicinarono quello di una ragazza alle ossagrandi non avvenne nulla, poi l’avvicinarono alleossa piccole e la ragazza resuscitò; la stessacosa fecero con il ragazzo che resuscitò quan-do fu avvicinato alle ossa grandi.In memoria di questo miracolo costruirono unacappella a santa Scolastica su quel luogo, a qual-che chilometro dall’abbazia di Fleury. Le reli-quie di Scolastica furono quindi traslate a LeMans e conservate in un monastero femmini-le fatto costruire appositamente dal vescovo sanBerario. Da allora ogni anno l’11 luglio, in ricor-do della traslazione, a Le Mans si celebrava unagrande festa in cui si portavano in processio-

continua nella pag. 12

Page 12: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

1212 Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

ne le reliquie della santa.Nell’ 874 il monastero fu saccheggiato dai Normanni,ma le reliquie di Scolastica furono salvate e nasco-ste in una casa vicina. Nel 969 il conte Ugo Idel Maine, per conservarle, fece costruire vici-no al suo palazzo la chiesa di San Pietro, piùtardi eretta a collegiata reale. Nel 1563 gli Ugonottibruciarono tutte le reliquie presenti a Le Mans,ma non poterono impadronirsi di quelle di Scolastica,anzi nella notte dell’11 luglio presi dal panico fug-girono dalla città. Durante la Rivoluzione francese la chiesa di san

Pietro fu sconsacrata e le reliquie di Scolasticatrasferite nella parrocchiale di san Benedetto,dove ancora si conservano le bolle pontificie cheautorizzavano una confraternita di santaScolastica a Le Mans. Qui il culto della santaè ancora molto diffuso, ma la processione nonsi tiene più. Una parte delle reliquie di S. Scolasticafu donata nel IX secolo all’imperatore Carlo ilCalvo e a sua moglie Richilde di Provenza, chele fece portare nell’abbazia di Juvigny, diocesidi Verdun, costruita appositamente; distrutta que-sta durante la Rivoluzione francese, oggi sonoconservate nella parrocchiale di Juvigny les Dames,

dopo averne donata una parte, nel 1870, all‘abba-zia di San Pietro di Solesmes. Leggende agiografiche, diffuse soprattutto nelteramano, narrano di un martirio subito da Scolastica,con amputazione finale delle mammelle. Per que-sto è considerata anche protettrice delle puer-pere, oltre che delle monache benedettine, deibambini che soffrono di convulsioni e della cit-tà francese di Le Mans. A lei è intitolato anche il primo monastero bene-dettino del mondo, a Subiaco. Scolastica è vene-rata come santa dalla Chiesa cattolica, ortodossae anglicana.

don Andrea Pacchiarotti*

DDopo un lavoro di 16 anni è stata appro-vata nel corso della 72a Assemblea gene-rale straordinaria della CEI la tradu-

zione della terza edizione italiana del MessaleRomano. Dopo la confirmatio e la recognitio daparte della Congregazione per il Culto Divinoe la disciplina dei Sacramenti, i vescovi italia-ni con un messaggio relativo alla pubblicazio-ne vogliono invitare ogni comunità cristiana ariscoprire la bellezza e la fecondità della cele-brazione dell’Eucarestia.La prima traduzione del Messale Romano inlingua italiana risale al 1973, mentre la secon-da vide la luce dieci anni dopo nel 1983, testotuttora in vigore, in attesa di poter usufruire del-la nuova traduzione. Come è noto, le traduzionidel Messale, e dunque di tutti i libri liturgici, inlingua nazionale, rimandano alla corrispondenteedizione latina che è chiamata typica, in quan-to è la base e il modello sia per gli adattamentialle consuetudini locali sia per le traduzioni nel-le lingue volgari. Per avere uno sguardo glo-bale sullo sviluppo del Messale Romano nel cor-so della storia, proveremo elencare le princi-pali tappe della sua evoluzione.Nei primi tre secoli cristiani non esistevano for-

mulari liturgici scritti, ma capitava che i sacer-doti celebrassero l’Eucaristia formulando essistessi le preghiere con una certa creatività.Certamente non tutti erano in grado di elabo-rare testi per la celebrazione, per cui, dal IV seco-lo in poi ci fu la necessità di mettere per iscrit-to i testi per l’uso liturgico. Infatti, come nellacelebrazione eucaristica fin dagli inizi si leggevala Bibbia, così sorsero pure libri che raccoglievanole preghiere da usare nella celebrazioneaccanto alle letture bibliche. Tali preghiere perla celebrazione dell’Eucaristia e per l’ammini-strazione degli altri sacramenti trovarono unaloro sistemazione organica negli antichiSacramentari, accanto ai quali sorsero anchei libri dei canti (Graduale) e quelli che descri-vevano le azioni liturgiche che si dovevano com-piere (Ordines). Per vari motivi poi si arrivò aduna fusione di tutti questi libri in uno solo, dan-do vita al cosiddetto Messale “plenario” che riuni-va insieme tutto ciò che occorreva al sacerdoteper la celebrazione eucaristica. Il Messale ple-nario più conosciuto fu quello usato dalla Curiaromana, nel XIII secolo, che ebbe una grandediffusione, perché usato dai francescani che,portandolo in tutte le loro missioni, lo diffuse-ro in Europa. C’era però ancora molta libertànella strutturazione liturgica e nei testi che veni-

vano usati per la celebrazione eucaristica, poi-ché la legislazione liturgica non era ancora rigi-damente fissata, per cui fuori dell’ambitoromano ci fu una proliferazione di Messali chesi ispiravano al Messale della Curia, con unavarietà di edizioni che incorporavano molte usan-ze locali.Con la prima edizione a stampa, realizzata aMilano nel 1474, il Messale, si diffuse rapida-mente nell’ambito della cristianità, favorendo ilmoltiplicarsi delle edizioni, e con esso il diffondersianche delle imprecisioni e degli errori.Il Concilio di Trento si preoccupa, tra le altrequestioni, di provvedere ad una nuova edizio-ne del Messale e degli altri libri liturgici, la cuiedizione apparirà nel 1570, divenendo obbli-gatoria per tutta la Chiesa, che iniziava ad ave-re finalmente una liturgia uniforme.Nel periodo tra il Concilio di Trento e il ConcilioVaticano II vi furono poi numerose edizioni eristampe del Messale, tra le quali, quelle “tipi-che” avvennero nel 1604, con Clemente VIII,nel 1634 con Urbano VIII, nel 1884, con LeoneXIII, nel 1920, con Benedetto XV, e nel 1962,con Giovanni XXIII. Sotto la spinta delMovimento liturgico si ebbero tentativi di rinnovamentodella celebrazione eucaristica, dettati dall’esi-genza di una maggiore partecipazione del popo-

segue da pag. 11

continua nella pag. accanto

Page 13: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

1313Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

lo, dell’introduzione della lingua volgare, di unmaggior uso della Bibbia nella celebrazione del-la Messa, di una revisione di alcuni testi euco-logici, di un adattamento alle necessità del pro-prio tempo, di una semplicità nei riti e nelle pre-ghiere.Con l’approvazione della SacrosanctumConcilium, il 4 dicembre 1963, si diede avvioalla riforma del Messale e degli altri libri litur-gici, i cui primi frutti si ebbero nel 1970, quan-do, a distanza di quattro secoli esatti dal Messaledel Concilio di Trento, fu pubblicato il Messaledel Vaticano II, edito con Paolo VI. Dopo appe-na un anno, a causa dell’esaurimento delle copie,fu pubblicata una reimpressio emendata del Messale,nella quale furono inserite varie correzioni di carat-tere non sostanziale. Nel 1975, invece, in con-seguenza della nuova disciplina sui ministeri,stabilita da Paolo VI con il Motu proprioMinisteria quaedam, dell’introduzione nelCalendario Romano Generale di alcune cele-brazioni di santi e di alcuni formulari nel Messalestesso, della necessità di ritoccare alcuni ele-menti dell’Institutio Generalis, fu pubblicata l’e-ditio typica altera del Messale Romano. Inoltre,nel 2002, a motivo della promulgazione del nuo-vo Codice di Diritto Canonico nel 1983 e dellediverse disposizioni della Santa Sede posteriorial 1975, fu pubblicata un’editio typica tertia, cheincorporava non poche novità rispetto alla pre-cedente edizione.La nuova edizione del Missale Romanum nonsi pone in discontinuità con le precedenti edi-zioni, ma conserva in continuità e progresso l’in-tento fondamentale del Messale di Paolo VI, quel-lo cioè di condurre il popolo di Dio ad una cele-brazione sì fedelmente eseguita, ma soprattuttoefficacemente partecipata e fruttuosamente vis-suta. Con l’approvazione di Giovanni Paolo II,il 10 aprile 2000, e con ilDecreto della Congregazioneper il Culto Divino e laDisciplina dei Sacramenti,il 20 aprile del medesimoanno, il Messale Romanoè giunto alla sua terza edi-zione tipica nel 2002, a piùdi trent’anni dalla prima edi-tio typica e a più di venti-cinque dalla seconda. È proprio su questa edizionetipica del Messale Romano,che costituisce la base perle traduzioni nelle lingue nazio-nali, che i vescovi italianihanno concentrato il loro sfor-zo nella delicata opera ditraduzione, durata circa sedi-ci anni, e che è giunta allasua fase finale e dopo annie anni di lavoro finalmen-

te sarà pubblicata a breve. Di fronte alla nuova edizione del Messale Romanoci si chiede: quali sono le principali novità cheesso contiene rispetto alle precedenti edizionie che poi sono entrate a far parte della versioneitaliana? La nuova edizione tipica del MessaleRomano si colloca anzitutto non solo nella lineadell’aggiunta di alcuni formulari di Messe al testogià esistente, ma anche nella prospettiva di unadeguamento della parte normativo-canonicaal Codice di Diritto Canonico, e di un aggior-namento di quella normativo-liturgica alle dis-posizioni della Santa Sede posteriori al 1975.Oltre ad essere sottoposto ad una vera e pro-pria rivisitazione sia eucologica sia rubricale, ilMessale ha avuto anche una nuova stesura diquella parte non meno importante e fondamentalecostituita dall’Ordinamento Generale del MessaleRomano, documento che, posto all’inizio del Messale,offre il significato delle singole sequenze ritua-li e dei particolari elementi celebrativi che com-pongono il rito della Messa, fornendo allo stes-so tempo utili orientamenti per l’uso e per le moda-lità di realizzazione. Una normativa che, non-ostante le variazioni e integrazioni avute nel tem-po, ma pur sempre animata dal valore teologi-co, liturgico, rituale, spirituale e pastorale, con-tribuisce a dare alla celebrazione del misteroeucaristico quella efficacia che garantisce la con-sapevole, attiva e fruttuosa partecipazione delpopolo di Dio. “Tradizione” e “progresso” sono i termini fon-damentali per la comprensione delle principa-li “novità” racchiuse nel Messale, ovvero fedel-tà da una parte, attraverso la custodia dell’identitàdel Rito romano, mediante la salvaguardia del-la forma celebrationis. Apertura dall’altra,mediante la ricezione di alcune istanze di adat-tamento rituale e testuale, maturate in diverse

Chiese locali, attraverso le traduzioni delMessale Romano nelle lingue nazionali, ufficializzatedalla Santa Sede negli ultimi trent’anni.Nell’intento dei vescovi la pubblicazione dellanuova edizione costituisce l’occasione per con-tribuire al rinnovamento della comunità eccle-siale nel solco della riforma liturgica. Di qui lasottolineatura, emersa nei lavori assembleari,relativa alla necessità di un grande impegno for-mativo. In quest’ottica «si coglie la stonatura diogni protagonismo individuale, di una creativi-tà che sconfina nell’improvvisazione, come puredi un freddo ritualismo, improntato a un esteti-smo fine a sé stesso». La liturgia, hanno evi-denziato i vescovi, coinvolge l’intera assembleanell’atto di rivolgersi al Signore: «Richiede un’ar-te celebrativa capace di far emergere il valoresacramentale della Parola di Dio, attingere e ali-mentare il senso della comunità, promuoven-do anche la realtà dei ministeri. Tutta la vita,con i suoi linguaggi, è coinvolta nell’incontro conil Mistero: in modo particolare, si suggerisce dicurare la qualità del canto e della musica perle liturgie». Per dare sostanza a questi temi, siè evidenziata l’opportunità di preparare una sor-ta di «riconsegna al popolo di Dio del MessaleRomano» con un sussidio che rilanci l’impegnodella pastorale liturgica. Nell’intenzione dei Vescovi, la riconsegna delMessale diventa così un’occasione preziosa diformazione per tutti i battezzati, invitati a risco-prire la grazia e la forza del celebrare, il suo lin-guaggio, fatto di gesti e parole, e il suo esse-re nutrimento per una piena conversione del cuo-re. Per questo motivo seguiranno una serie diarticoli che presenteranno le “novità” del nuo-vo Messale.

*Direttore dell’Ufficio liturgico diocesano

Page 14: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

1414 Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

don Carlo Fatuzzo

NNei suoi racconti del-l’infanzia di Gesù, ilVangelo di Luca (2,22-

39) menziona la scrupolosaosservanza della legge mosai-ca da parte di Giuseppe eMaria, nell’episodio in cui essisi recano al tempio di Gerusalemmeper presentare (anzi riscattare,secondo la terminologia vete-rotestamentaria) al cospetto diDio il loro bimbo, esattamentea quaranta giorni dalla suanascita, così come prescrive perogni figlio maschio primogenitoil libro dell’Esodo (13,2.12).Giuseppe e Maria, ‘anawim(poveri) di YHWH, contribuisconoal compimento del rito offrendouna coppia di colombi, tariffa con-sentita dalla legge ai poveri, chenon potevano permettersi di offri-re un agnello (cfr. Levitico 12,8). La Chiesa di Gerusalemme, perovvi motivi molto sensibile alleconnessioni tra la vita di Gesùe l’antico giudaismo, fu la primaa istituire – sin dai primissimi secoli – una festa liturgica per comme-morare la Presentazione di Gesù al tempio, il 14 febbraio di ogni anno,quaranta giorni dopo il Natale, che lì veniva celebrato ancora il 6 gen-naio in un tutt’uno con l’Epifania, come dicevamo il mese scorso: la piùantica attestazione letteraria della celebrazione di tale ricorrenza a Gerusalemmesi trova nel diario della visita ai luoghi santi della pellegrina Egeria (IVsecolo). Dopo essersi diffusa in Palestina, questa festa venne gradualmenteintrodotta anche nelle altre chiese orientali, come Antiochia eCostantinopoli, fino ad approdare anche a Roma (ormai anticipata al2 febbraio, quaranta giorni dopo il 25 dicembre), probabilmente nel VIIsecolo, durante il pontificato del papa Sergio (che era d’origine siro-bizantina), secondo la testimonianza del Liber pontificalis. Già dal V secolo, diversi testi patristici descrivono l’uso di solennizza-re questa festa recando in processione lampade, lumi e ceri accesi (for-se in riferimento all’appellativo «Luce per illuminare le genti» attribuitoda Simeone in Luca 2,32 al bambino Gesù?), tradizione che farà dif-fondere la definizione di Candelora, popolarmente associata a tale cele-brazione fino a oggi.Giunta in Occidente, questa festa del Signore assunse altresì una con-notazione mariana, e venne chiamata Purificazione della Vergine Maria,poiché il rito ebraico della presentazione di un bimbo di quaranta gior-ni aveva anche il significato di ufficializzare l’avvenuta purificazione delsangue della madre dopo il parto, secondo Levitico 12,1-4. A renderla una festa mariana, oltre che cristologica, contribuì il fatto chea Roma essa era celebrata con una processione penitenziale, a piediscalzi e accompagnata dal canto di litanie e antifone, diretta verso la

basilica di Santa Maria Maggiore.La spiritualità originaria di que-sta festa è racchiusa tuttavia nelsuo titolo di più antica attesta-zione: l’Incontro del Signore. Questa è l’espressione checampeggia sulle icone bizantineche rappresentano il mistero cele-brato il 2 febbraio: essa si rife-risce all’incontro profetico del bam-bino Gesù con il giusto Simeonee con la profetessa Anna,momento cruciale dell’episodioevangelico.L’iconografia di questa festaarricchisce la raffigurazione delracconto lucano di elementisimbolici. Tra gli edifici che fan-no da sfondo ai personaggi, ingenere l’icona comprende un bal-dacchino dotato di altare, simi-le a una chiesa con abside, sim-bolo della Nuova Alleanza. In alto, poggia sullo sky line del-le costruzioni un velo rosso, moti-vo ornamentale molto frequen-te nell’iconografia bizantina:simboleggia il velo della miseri-cordia divina, il lembo del man-

to di Dio che tutto sovrasta con la sua potenza e ricopre con la suaprotezione. Simeone, nell’atteggiamento di voler prendere in braccio Gesù, ha lemani velate e il busto inclinato in segno di adorazione (come gli ange-li nell’icona del Battesimo). La prossimità dell’altare richiama il luogosacro dell’Agnello di Dio che viene immolato: per chi osserva l’icona,l’effetto dell’evento che riguarda Simeone è estendibile a quanti si acco-stano all’incontro con Gesù nel momento della comunione eucaristica.Non a caso, del resto, il cantico di Simeone (Luca 2,29-32) è previstonel rito greco tra le preghiere sacerdotali di ringraziamento dopo la comu-nione. L’innografia liturgica che canta il medesimo mistero visivamen-te contemplato sull’icona immagina poeticamente i pensieri di Maria nelvivere l’episodio, ordinario per ogni pio ebreo ma risemantizzato in modostraordinario nel caso di Gesù: «Che nome ti darò, figlio mio? Appariun uomo, ma sei al di sopra dell’uomo! Se ti chiamo Dio, mi meravigliovedendoti del tutto simile a me! Che cosa ti darò? Il mio latte o la mialode?», inneggia Romano il Melode, che continua attribuendo a Simeonele parole «Oso tenerti come una lampada: perché chiunque tra gli uomi-ni porta una lampada è rischiarato, non bruciato». Così come abbia-mo notato il mese scorso a proposito dell’icona del Battesimo, anchequesta della Presentazione di Gesù è tutta proiettata verso il misterocentrale della Pasqua, e le lampade della Candelora rinviano al ceropasquale, simbolo dello splendore della resurrezione di Cristo, Luce delmondo.

Nell’immagine: La presentazione al tempio, Alfonso Caccese, 1993, Cattedrale di San Clemente in Velletri

Page 15: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

1515Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

don Andrea Pacchiarotti*

IIriti di comunione sono il culminedella Liturgia Eucaristica. Infattiprendere parte alla Santa

Messa senza ricevere la Comunioneè come andare a una cena raffinatae non mangiare nulla; ti fa sentireincompleto e insoddisfatto.Il sacrificio di nostro Signore non èofferto solo per le nostre intenzio-ni e le intenzioni di tutto il mondoma ci viene offerto innanzitutto comePane della Vita di cui il credente habisogno per avere forza nel viaggio.Per questo motivo l’OrdinamentoGenerale al Messale Romano inse-gna che «poiché la celebrazione euca-ristica è un convito pasquale, con-viene che, secondo il comando delSignore, i fedeli ben disposti rice-vano il suo Corpo e il suo Sangue come cibospirituale. A questo mirano la frazione del panee gli altri riti preparatori, che dispongonoimmediatamente i fedeli alla Comunione».Gli elementi che compongono i riti di comunionesono: la preghiera del Signore, il segno di pace,la frazione del pane, la comunione (invito, pro-cessione, canto, silenzio) e la preghiera dopola comunione. La preghiera del Signore è unaparte della Messa alla quale tutti possono e devo-no partecipare pienamente, consapevolmentee attivamente perché introducono al mistero diCristo che si fa nell’Eucarestia pane e nutrimentoper ogni uomo.Pertanto la preghiera del Padre Nostro è comu-nitaria e viene cantato, deve essere familiaree cantabile affinché tutta l’assemblea possa unir-si alla preghiera di Gesù. È purtroppo prassi comu-ne in molte realtà tenersi le mani durante que-sta preghiera. Tale modus non è corretto in quan-to il gesto di intimità è causa di distrazione perl’assemblea. Infatti l’antico gesto di preghieradell’orans con le braccia alzate e i palmi rivol-ti verso l’alto, è più appropriato.Nel segno della pace esprimiamo come la nostravita eucaristica è un ministero di riconciliazio-ne e come la pace sia dono pasquale del Cristoche si perpetua e continua a realizzarsi e attuar-

si nella celebrazione.In antichità lo scambio della pace è fatto attra-verso un bacio o un abbraccio tra i fedeli. Più tardi, iniziando dall’altare viene scambiatoin ordine gerarchico: Cristo comunica la paceal sacerdote attraverso il gesto di baciare l’al-tare, il sacerdote lo comunica al diacono, il dia-cono al suddiacono.Nella liturgia di oggi, il segno di pace è torna-to ad essere dato tra tutti i fedeli. Non è il momen-to di stringere la mano e salutare quante più per-sone possibile ma è un gesto simbolico e ritua-le che dobbiamo fare deliberatamente e sinceramentesolo con coloro che ci circondano.La frazione del pane, così era chiamata nei pri-mi secoli l’Eucarestia (fractio panis), «significache i molti fedeli, nella Comunione dall’unico panedi vita, che è il Cristo morto e risorto per la sal-vezza del mondo, costituiscono un solo corpo(1 Cor 10, 17)» (Istruzione generale delMessale Romano n. 83). Mentre il pane vienespezzato è cantato l’Agnello di Dio. Questa litania, ripete le parole di Giovanni 1,29e risale al VII secolo. È stata pensata per esse-re ripetuta tre volte così da accompagnare il gestodella frazione del pane e dell’immistione, cioèl’aggiunta di un frammento di pane nel calice,a simboleggiare la comunione con il Papa e la

Chiesa.La comunione è composta da tremomenti: l’invito, la processione,il canto e il silenzio. L’invito richia-ma all’importanza del dono di rice-vere la comunione che è un’azio-ne sia comunitaria che persona-le del corpo di Cristo.Nella processione di comunione cam-miniamo e cantiamo insieme ver-so la mensa del Signore, dove con-dividiamo un pasto comune che ilpasto Pasquale di Cristo è vivo tranoi. Purtroppo da molti è vissutocome momento intimo a scapitodella convivialità che sta allabase dell’Eucaristia.L’Ordinamento Generale al MessaleRomano dice che: «Si desidera viva-mente che i fedeli, come anche ilsacerdote è tenuto a fare, riceva-no il Corpo del Signore con ostie

consacrate nella stessa Messa e, nei casi pre-visti, facciano la Comunione al calice, perchéanche per mezzo dei segni, la Comunione appaiameglio come partecipazione al sacrificio in atto».Il canto della comunione inizia «mentre il sacer-dote riceve il sacramento» e continua «finchéil sacramento viene amministrato ai fedeli». Il silenzio viene dopo che tutti hanno ricevutola comunione ed è il momento di dire grazie.I riti di comunione si chiudono la preghiera delpopolo di Dio. Secondo l’Ordinamento Generaleal Messale Romano il sacerdote «recita l’ora-zione dopo la Comunione, nella quale invoca ifrutti del mistero celebrato».Per i riti di conclusione, va anzitutto rilevato cheil legame con quanto precede è garantito dal-la orazione dopo la comunione. Questa spaziaverso la definitività, proiet tando l’Eucarestia nel-la direzione del suo compimento, cioè il ban-chetto finale delle nozze dell’Agnello (cf. Ap 19,9), a cui tutti siamo già invitati a partecipare median-te il pegno della comunione sacramentale; o ver-so la missione della Chiesa nel mondo, chie-dendo a Dio, ad esempio, che la redenzione ope-rata da que sti misteri trasformi tutta la nostravita. Ma, a parte questa relazione con ciò cheprecede im mediatamente, i veri e propri riti di

continua nella pag. 16

Page 16: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

1616 Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

Emanuela Nanni*

IIl 29 ottobre 2019 abbiamo festeggiato 12anni di vita di Casa Nazareth, in questaoccasione abbiamo svolto presso la

Parrocchia SS Immacolata a Colleferro un con-vegno intitolato: “Fra cielo e terra, donne di pace”.In quella occasione abbiamo presentato la figu-ra di Annalena Tonelli attraverso le parole diSilvio Tessari che, prima come volontario, poi

come operatore di Caritas Italiana in Somalia,ha collaborato quattro anni con lei. E’ stato il nostro modo per ricordare questa figu-ra di donna che ha dedicato la sua vita per ildialogo e la pace fra i popoli, uccisa il 5 otto-bre 2003 a Borama da due sicari con un col-po alla nuca, e anche per fare il punto su que-sta Opera Segno della Caritas Diocesana. Non amo molto i numeri tuttavia mi rendo con-to che per leggere la storia della casa famigliaanche i numeri sono necessari.

Casa Nazareth è aperta dal 2006 con fondi dell’8X1000 destinati alla Diocesi dalla C.E.I. per 365giorni all’anno. Ha accolto: 120 donne di cui70 italiane e 40 straniere, 7 Adolescenti soli,ossia senza mamma; 2 maschi, 5 femmine, 60Minori uniti alle mamme di cui: 26 italiani, 34stranieri. Totale accoglienza 172 persone. Tempodi permanenza media un anno. L’80% è stato accolto in modo totalmente gra-tuito a carico della Caritas Diocesana.

continua nella pag. accanto

conclusione pre sentano simile scansione: gli avvi-si, o “brevi” comuni cazioni al popolo. L’aggettivo che li qualifica e l’inci so che vieneaggiunto «quando sono necessari»( OG MR 90)delimitano molto il valore di questo elementorituale, prettamente pratico. E siccome è notoche, specialmente se non sono scritti, cadonofacilmente nella verbosità, un semplice richia-mo, a flash, sarebbe più che sufficiente e pro-ficuo da tutti i versanti. Oggi poi il supporto grafico è quanto mai prov -videnziale e irrinunciabile per raggiungere lo sco-po. Il saluto e la benedizione di chi presiede costi-tuiscono l’altro elemento portante.

A tal proposito, per conferire consistenza con-creta alla benedizione vera e propria, il Messaleviene in soccorso sia con le orazioni sul popo-lo, sia con le cosiddette benedizioni “solenni”. Al riguardo si potrebbe solo aggiungere l’auspicioche, almeno nelle li turgie festive, si preveda-no sempre queste benedizioni di Dio sul popo-lo, chiamato a diventare testimone a tutto cam-po dell’evento che ha condiviso. La benedizione vera e propria andrebbe rice-vuta inchinati, secondo l’invito del diacono.Il segno di croce sta a indicare da dove scaturi -sce ogni benedizione: dal Cristo, crocifisso erisorto, rivel atore dell’amore del Padre nella for-

za dello Spirito San to, che sigilla la continuitàdi tale opera (cf. Ef 1, 3-14). Davvero l’esultanza paolina: «Quanto a me nonci sia alt ro vanto che nella croce del Signorenostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mon-do per me è stato crocifisso, come io per il mon-do» (Gal 6, 14) è racchiusa nel segno della cro-ce, potenza e sapienza di Dio (cf. 1Cor 1, 24). Da qui scaturisce la missione della Chiesa, allaquale si viene sollecitati dalla volontà stessa diCristo: «Andate!» (Mt 28, 19). Imperativo arric-chito poi con le più svariate circonlocuzioni delcelebrante o del diacono.

*Direttore dell’Ufficio liturgico diocesano

segue da pag. 15

Page 17: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

1717Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

Causa di accoglienza trasversali e permeanti:70% violenza domestica; 15% tratta di esseriumani; 10% depressione; 5% altro( Sfratto, per-dita di lavoro ecc).

Attività svolte

Un Convegno ogni anno in occasione della festadi Casa Nazareth (4 Ottobre). Un evento l’ annoin occasione del 25 novembre (giornata inter-nazionale contro la violenza domestica). Ogni 25 aprile Festa dei Volontari e delle lorofamiglie. Sono sempre in programma cinqueincontri di media all’anno nelle scuole mediesuperiori su prevenzione alla violenza e al bul-lismo educazione alla pace e cinque CaritasGrest realizzati in modo itinerante in diocesiche hanno visto coinvolti una media di 100 bam-bini e cc 40 giovani volontari provenienti dagliistituti di scuola superiore della diocesi. Attività queste finanziate con la raccolta di tap-pi di plastica fatta da: liceo G. MarconiColleferro, Parrocchia Santa Barbara Colleferro,Parrocchia San Giovanni Battista Velletri,Parrocchia Santa Maria Velletri, Volontari, Scuolaelementare Anagni, Scuola elementareValmontone, scuola elementare GPD PedriniColleferro, e Caritas Diocesana e alcune atti-vità commerciali. La raccolta tappi è ancora unainiziativa in atto. I soldi ricavati: ogni scarico,mediamente 60.00 euro, viene fatta due voltel’anno, a cura di due /tre volontari della par-rocchia di San Giovanni Battista . Attualmentevengono spesi per realizzare le attività di orto,giardinaggio presso la casa famiglia. Abbiamo organizzato in Diocesi 4 CeneSolidali che vedono coinvolte alcune ospiti peruna esperienza di lavoro (retribuita). Tra le nostreattività è sorto anche Un Gruppo Famiglie Solidalinato nel 2010 ( 4 incontri di formazione l’an-no spirituale ed accoglienza diffusa). Proponiamo poi la preghiera itinerante dovesono coinvolte alcune parrocchie di tutta la dio-cesi che vedono come animatrici donne ospi-ti e volontari Caritas. Abbiamo curato: l’affido di un nucleo madre –bam-bino presso una famiglia in collaborazione coni Servizi Sociali di Sora (in ITINERE); l’orga-nizzazione di dieci nelle parrocchie di Colleferro,Artena, Valmontone, in collaborazione con lecaritas parrocchiali e l’Ass. Philoxenia diRoma per Agevolare l’accesso a donne stra-niere ai servizi sanitari e consultorio e di dueincontri realizzati in collaborazione della Coop.il Domino di Colleferro su prevenzione e cono-

scenza della violenza di genere, partecipazionedi alcune ospiti presenti in struttura ogni secon-do giovedì al mese nell’impegno a seguire ilmercatino per la vendita di oggetti realizzati incasa. In questi anni di lavoro chiaramente abbiamocompreso che non basta accogliere ma è neces-sario sviluppare delle “braccia operative” al finedi agevolare l’uscita e la messa in autonomiadelle donne ospiti, creare rete accessibile alledonne non immediatamente individuate dai ser-vizi o dalla società civile, fornire uno strumentoutile agli sportelli di ascolto delle parrocchie per-tanto abbiamo reperito due strutture che ser-vo allo scopo: - Casa Andrea: monolocale messo a disposi-zione dal una parrocchia di Segni e - Co Housing: Il Chicco appartamento (Artena)che permette a più donne di vivere insieme soste-nendosi a vicenda dividendo le spese. ( di que-ste due tipi di accoglienze hanno usufruito 10donne).

L’ Ass. onlus Pozzo di Sichar nata nel 2009da volontari e donne ospiti ha sviluppato il pro-prio lavoro in questo modo: - Sportello di ascolto, aperto nel 2011 a Colleferro(seguite 15 donne con colloqui e attività ester-ne per cui non è stato necessario per loro l’in-gresso in casa famiglia). Dello sportello hanno usufruito le parrocchiedi Artena, Velletri, Colleferro, 5 volontari pro-fessionisti adeguatamente formati. - Uno spazio per il laboratorio e mostra per-manente di: Riciclo, cucito, ricamo, legno segui-to direttamente da tre volontarie. Abbiamo dato vita al progetto “bomboniera soli-dale” per inserimento delle donne nel mondodel lavoro. E uno spazio di gioco per bambiniche coinvolge bimbi ospiti e non.I laboratori hanno coinvolto come utenti, don-ne italiane e straniere e un uomo straniero. All’interno dei locali dell’associazione abbiamopotuto realizzare, con i fondi messi a disposi-zione dalla Caritas Diocesana: una mostra per-manente di educazione e prevenzione alla vio-lenza, visitabile dalle scuole di ogni ordine egrado, la pubblicazione di materiale informa-tivo volto alla prevenzione ed alla informazio-ne sui danni che procura la violenza domesti-ca. Dal 2009 al 2015 ha visto la realizzazione diun giornalino, pubblicato e distribuito nelle par-rocchie e nei luoghi della diocesi che racco-glievano testimonianze e buone prassi, conl’idea di giungere, sull’esempio di “scarp’ ten-

nis” di Caritas Ambrosiana, alla realizzazionedi un progetto lavorativo stabile per giovani eospiti.

Dove stiamo andando

Che sia violenza, malattia, tratta, tutte le sto-rie incontrate sono legate da un unico filo ros-so; il bisogno di riscattare l propria vita, darleun senso. Una frase che Annalena Tonelli ripeteva spes-so era: “Ogni volta che si muove il bene, simuove anche i male, si va avanti lo stes-so!” Ecco non sappiamo dove stiamo andan-do, solo Dio lo sa. In questi anni abbiamo aper-to molti servizi e molti ne abbiamo chiusi perimpossibilità all’autosostenibilità. Probabilmentetutto questo lavoro, che ha coinvolto numeri,nomi e vite tra adulti e bambini poteva esse-re fatto meglio, certamente si. Sappiamo peròche abbiamo fatto quanto di meglio sapevamofare. Non sappiamo se abbiamo mosso il bene, dicerto sappiamo che il male lo abbiamo visto,lo abbiamo toccato e non ci ha vinte. Qualchevolta, per paura, per poca fede, ci ha spazza-te via, ma non ci ha spezzate. Chi frequenta Casa Nazareth sa che è un luo-go privilegiato, dove l’amore della SacraFamiglia è palpabile e non certo per merito uma-no. Questa casa è stata casa, e ancora lo è,per tutte le persone che ci hanno vissuto daospiti e da operatori, da semplici volontari o daprofessionisti della relazione di aiuto.Per tutte quelle persone che ad un certo pun-to hanno sentito l’esigenza di dare un sensoalla propria esistenza cambiandone il corso elasciando affiorare una domanda: “DOV’E’ TUOFRATELLO?”

A nome di tutti gli operatori e dei volontari diCasa Nazareth voglio ringraziare il Vescovo,il direttore della Caritas, l’equipe ed i parrociche in questi anni hanno sostenuto le donne,i bambini e i volontari in ogni modo senza farmai mancare il loro appoggio e la loro simpa-tia. In una epoca dove si è smesso d’investi-re sugli esseri umani, la nostra Chiesa anco-ra lo fa. Grazie.

*Responsabile Coordinatrice di Casa Nazareth

Page 18: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

1818 Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

Operatori Caritas parrocchiale S. Giovanni Battista

QQuale Caritas? Una delle accezioni deltermine carità riportate nello Zingarellirecita : “attività organizzata di assistenza

gratuita a persone bisognose svolta da gruppireligiosi o laici” quindi ritengo che si possa direche un tempo era il termine per definire un attocaritatevole che si esprimeva nel fare dono diun qualcosa o di un semplice ed amorevole gestonei confronti di un bisognoso. Ho detto “un tem-po” perché oggi credo che le cose siano un po’cambiate, non nel senso che non ci siano piùpersone bisognose, bensì nel senso che è cam-biato il modo assistenziale ed è cambiato ancheil modo in cui si pone il bisognoso nei confrontidi chi vuole assisterlo. Infatti, oggi è diventatomolto più difficile assistere i veri bisognosi chenon i pseudo “poveri”. Scrivo questo per varie esperienze vissute nel-lo stare a contatto con persone che si recanopresso i vari punti di assistenza della diocesiper ricevere alla fine pochi generi alimentari checertamente non risolvono i loro problemi quo-tidiani mensili, ma solo alleviano in minima par-te il loro disagio. È stato notato inoltre che i veribisognosi hanno una dignità superiore a quel-la di molti benpensanti. Il vero bisognoso spes-so si vergogna di presentarsi presso un centroassistenziale per chiedere aiuto; in contrappo-sizione ci sono tante altre persone che pur nonavendo effettivamente necessità fanno di tuttoper essere assistite. Dicevo che oggi è cambiato il modo di inten-dere il termine Caritas da parte di molti assi-stiti che credono che la Caritas non è altro cheun bancomat presso cui presentarsi per poterprelevare qualunque somma abbiano bisognoper poter far fronte alle spese mensili quali bol-

lette varie molto consistenti, pretendendo, nonchiedendo, che si paghino le loro spese anchequando potrebbero ridurre i loro consumi, ma,poiché c’è la Caritas, portano le bollette in Caritastanto c’è chi paga. Queste persone, però, non sono interessate adimparare a gestire la loro vita e, talvolta, ad unrifiuto, perché è impossibile sostenere tutti coni fondi a disposizione, minacciano l’operatoredi turno e non solo a parole. Quindi gli opera-tori Caritas hanno un compito molto delicato edhanno il dovere ed anche, a mio parere, l’ob-bligo di formarsi per poter assistere al megliopossibile chiunque si presenti per essere aiu-tato; fare discernimento su chi chiede aiuto èveramente arduo! Gli operatori caritas non devono e non posso-no essere solo dispensatori di pacchi viveri!Ovviamente io non sono a conoscenza di tut-te le realtà che esistono nella nostra diocesi;magari ci sono situazioni di cui ho scritto chenon sono vissute in altri posti. Presso la Parrocchiadi san Giovanni Battista l’avventura “Caritas” haavuto inizio nel 1995 con il parroco di alloradon Dario, il diacono Angelo Caprara e 4/5 col-laboratori. All’epoca erano assistite circa 40famiglie con pacchi viveri. Nel corso degli annisi sono avvicendati tre parroci ed un ammini-stratore parrocchiale, e ci sono stati dei cam-biamenti anche nel numero dei volontari che fan-no parte della Caritas; oggi contiamo circa 10operatori che si occupano della distribuzione,dell’accoglienza, del ritiro dei viveri presso il Bancoalimentare, e della registrazione obbligatoria attual-mente di tutto ciò che passa nei magazzini. Ci sono stati vari mutamenti per quanto riguar-da i locali dedicati alla distribuzione fino ad ave-re l’attuale sistemazione con un magazzino vive-ri ed un piccolo ufficio dove si fa accoglienza .Oggi presso i nostri locali opera un Centro diOrientamento Sanitario un giorno al mese , per

chi non sa a chi rivolgersi o come muoversi nel-l’ambito sanitario ed un Centro di Ascolto perle varie necessità un giorno a settimana ( il mer-coledì dalle 16,00 alle 17,00). Inizialmente c’e-rano anche dei locali in cui si poteva immagazzinarevestiario che poi si provvedeva a distribuire, ogginon abbiamo più questa possibilità. Col passaredegli anni sono mutate le esigenze e le personeche vengono ad usufruire dei servizi della Caritas,sia diocesana che parrocchiale. Un tempo erano solo italiani, poi negli anni 90gli italiani erano scemati ed erano aumentati glistranieri; pian piano la situazione si è capovoltaed ora siamo di nuovo con un numero maggioredi italiani che viene a chiedere soccorso. In termini di numeri possiamo dire di avere cir-ca 90 nuclei familiari che a vario titolo chiedonoaiuto perchè si son trovati a dover combatterecon perdita di lavoro o con disagi di natura com-portamentale che non gli permette di tenere inordine i propri conti, da cui scaturisce un falli-mento economico per tutta la famiglia. Oltre ai nuclei di cui sopra diamo anche assi-stenza temporanea a persone di passaggio nonregolarmente iscritte alla Caritas parrocchiale.Oggi, come già scritto, non si viene alla Caritasper prendere il “pacco viveri” solo, ma si vienea chiedere soldi per pagare le bollette! Noi nonriusciamo sempre a dare una risposta positivain quanto la disponibilità di fondi è anche dimi-nuita rispetto ad un tempo. Mi corre l’obbligo di dover dire che nei tempiforti la comunità parrocchiale risponde molto beneall’appello che fa il nostro parroco Don Andreaper poter aiutare chi è meno fortunato di noi.Da circa tre anni, presso la nostra parrocchia,insieme alle aggregazioni laicali, gli operatoridella nostra Caritas locale organizzano un pran-zo per gli indigenti a cui fa seguito una tombolatacon premi preparati ed offerti dagli organizza-tori e da altre persone.

Page 19: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

1919Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

don Andrea Pacchiarotti

LLa Quaresima è un itinerario di quaranta giorni che condu-ce al Triduo pasquale, memoria della passione, morte e risur-rezione del Signore, cuore del mistero di Salvezza, è un tem-

po di cambiamento interiore e di pentimento in cui «il cristiano èchiamato a tornare a Dio “con tutto il cuore” per non accontentar-si di una vita mediocre», (papa Francesco).La Quaresima ci ricorda innanzitutto il mistero di Cristo nel deser-to. Scrive infatti il Catechismo della Chiesa cattolica: «La Chiesaogni anno si unisce al Mistero di Gesù nel deserto con i quarantagiorni della Quaresima» (CCC 540). Ora, la parola “deserto”, nel-la continuità e discontinuità con l’Antico Testamento, è evocatricedi luogo privilegiato e d’un tempo provvidenziale, d’un evento bibli-co: l’esodo e la liberazione-salvezza per 40 anni, l’Assoluto di Dionelle prove e le necessità vitali, la nascita del popolo e la presa dicoscienza della sua vocazione, la pasqua, la Terra promessa, lafecondità. Questo tempo si apre con il rito dell’imposizione delle ceneri: i sacer-doti impongono sulla fronte o sul capo dei fedeli un po’ di cenere,a simboleggiare la polvere che diventeremo, e anche come esor-tazione alla conversione. La formula che si recita è infatti: «Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai» oppure«Convertiti e credi al Vangelo». A essere bruciate e ridotte in cenere sono le palme e i rami d’oli-vo benedetti in occasione della domenica delle Palme dell’anno pre-cedente.I segni tipici del tempo quaresimale sono il digiuno, l’elemosina, ela preghiera. Il digiuno significa l’astinenza dal cibo, ma comprendealtre forme di privazione per una vita più sobria. Il digiuno è lega-to poi all’elemosina. San Leone Magno insegnava in uno dei suoi discorsi sulla Quaresima:«Quanto ciascun cristiano è tenuto a fare in ogni tempo, deve orapraticarlo con maggiore sollecitudine e devozione, perché si adem-pia la norma apostolica del digiuno quaresimale consistente nel-l’astinenza non solo dai cibi, ma anche e soprattutto dai peccati. A questi doverosi e santi digiuni, poi, nessuna opera si può asso-ciare più utilmente dell’elemosina, la quale sotto il nome unico di“misericordia” abbraccia molte opere buone». Così il digiuno è resosanto dalle virtù che l’accompagnano, soprattutto dalla carità, daogni gesto di generosità che dona ai poveri e ai bisognosi il frut-to di una privazione. Non è un caso che nelle diocesi e nelle parrocchie vengano pro-mosse le Quaresime di fraternità e carità per essere accanto agli

ultimi. La Quaresima, inoltre, è un tempo privilegiato per la pre-ghiera. Sant’Agostino dice che il digiuno e l’elemosina sono «le dueali della preghiera» che le permettono di prendere più facilmenteil suo slancio e di giungere sino a Dio. E san Giovanni Crisostomoesorta: «Abbellisci la tua casa di modestia e umiltà con la praticadella preghiera. Così prepari per il Signore una degna dimora, cosìlo accogli in splendida reggia».In questo periodo siamo invitati a vivere la nostra fede in modo piùforte, in tal modo faremo compagnia a Gesù che per quaranta gior-ni nel deserto, vive un’esperienza di pienezza divina. E come Israele,anche lui è provato durante questo periodo. Il Vangelo della pri-ma domenica ci parla proprio del diavolo, che da parte sua, comein un ultimo assalto, cerca di mettercela tutta e attraverso tre ten-tazioni (numero che indica enfasi ed intensità!) lo mette alla pro-va. Vediamole in dettaglio.Prima tentazione: cambiare una pietra in pane, basterebbe una solapietra diventata pane a saziare la fame. La risposta di Gesù è bre-ve: “l’uomo non vivrà di solo pane”. Gesù vuo- le vivere la sua real-tà filiale come uomo che accetta la sua esistenza da Dio, che nonpretende di esistere da se stesso.Seconda tentazione: il diavolo scimmiotta le parole che Dio rivol-ge al re (messianico) appena diventato figlio suo: “Chiedi a me, tidarò possesso le genti e in dominio i confini della terra” (cf. Sal2). Il diavolo personifica l’irrefrenabile sete di potere insita nell’uomo,soprattutto nei “grandi” di questo mondo. Ma Gesù risponde reci-tando parte dello Shema’ (Dt 6,13), la preghiera che il giudeo reci-tava tre volte al giorno; e così il Messia solidarizza con coloro chericonoscono la loro dipendenza da Dio solo.Terza tentazione: ambientata a Gerusalemme, la Città santa, rap-presenta il culmine delle tentazioni. Non a caso, nell’ultimo assal-to, il diavolo si serve di una parola della Scrittura (Sal 90) che pro-clami la fiducia dell’uomo giusto nella protezione divina. È una ten-tazione molto sottile,perché è in gioco il rapporto filiale di Gesù, la sua relazione per-sonale con il Padre. La risposta di Gesù («È stato detto: “Non met-terai alla prova il Signore Dio tuo”») mostra la sua piena fiduciafiliale in Dio nell’obbedienza quotidiana, come uomo che non aspet-ta privilegi sociali e interventi straordinari, ma accetta la volontàdi Dio fino in fondo.La Quaresima si apre così davanti a noi come tempo privilegiatoper sperimentare questa Signoria di Dio. La conversione che ci èrichiesta non è compiere atti meritori, non è neanche migliorarsi,ma è accettare l’azione di Dio aderendo vitalmente alla buona noti-zia che è Gesù.

Page 20: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

2020 Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

suor Maria Lupo cp

NNel tempo di grazia cheè quello della quaresima,ciascun credente è

invitato a crescere in un vivo rap-porto con Gesù entrando nel suomistero di vita e di morte e sco-prendo in tal modo il mistero del-la propria persona. Occorre con-siderare che Cristo diventanostro contemporaneo, camminae vive con noi nella misura incui noi, per prima, ci rendiamosuoi contemporanei imparandoa camminare con Lui e viven-do il contenuto della sua Parola.Il rischio che si corre oggi, come ai tempi di Gesù,è di rimanere solo affascinati dalla Sua parolae dalla Sua persona e di non seguirlo così comeLui ci chiede, proprio perché Gesù pone dellecondizioni molto chiare. Occorre, infatti: prendere la propria croce; rinunciare a tutti i beni;rinnegare se stessi;perdere la propria esistenza; portare nel proprio corpo la Sua «necrosi».Come Paolo apostolo, dovremmo reputare tut-to una perdita di fronte alla sublimità della cono-scenza di Cristo Gesù (cf. Fil 3,7) per lasciar-ci afferrare e trasformare dal suo mistero di gra-zia considerandolo l’unico Signore della nostravita. In effetti, di fronte alla sublimità della cono-scenza di Cristo tutto è una perdita. ConoscereCristo non significa acquisire nozioni su Gesù,ma si tratta di condividere quello che è di Cristoa partire dalla propria esistenza quotidiana, con-sapevoli che noi siamo ormai in Lui; infatti, l’au-tentica conoscenza di Cristo è inseparabile dal-l’amore, implica un rapporto di comunione inten-sa e personale. La via privilegiata per conoscere Cristo è la con-divisione delle sue sofferenze: chi crede che nel-l’esperienza della propria debolezza e nella fati-ca della carità si manifesta la potenza della risur-rezione, conoscerà il Signore. Non esiste unaconoscenza di Cristo per «sentito dire», ma ènecessario un cuore aperto, docile e sensibi-le per cogliere la rivelazione del Signore Gesùche traspare dalla vita di ogni giorno. Al pre-sente questa conoscenza si dà nel combatti-mento, nella fatica della perseveranza, comese ci si dovesse impegnare in una gara che ci

impone di consumare tutte le nostre energie;alla fine la conoscenza ci sarà donata come pre-mio.

La preghiera nel Getsemani (Mt 26,36-46)Un brano che ci può aiutare a conoscere piùpienamente l’amore che Gesù ha per ciascu-no di noi è quello in cui si descrive la preghie-ra al Getsemani. Tale brano è dominato dallafigura di Gesù che è il personaggio centrale del-la scena; infatti, anche se sono nominati i disce-poli e sono coinvolti nell’azione, tuttavia essi sonorelegati nell’ombra: di essi il testo dice che dor-mono nonostante fossero stati chiamati ad esse-re inseriti in un rapporto vitale e costante conGesù. I discepoli sono i primi a cui Gesù mani-festa il suo stato d’animo: l’anima mia è alla finedelle sue forze, è afflitta ed oppressa, viene toc-cata dai dolori della morte. Nel momento del Getsemani i discepoli sonoinvitati a stare con Gesù, a partecipare alla suasofferenza, ma si descrive la loro incapacità acomprendere il destino del Maestro. Nel testodistinguiamo una prima preghiera di Gesù (v.39): «Padre mio, se ti è possibile, allontana dame questo calice, tuttavia non come io voglio,ma come vuoi tu». Nella formulazione «se ti èpossibile», Matteo non mette in rilievo la poten-za di Dio, ma il suo piano salvifico. Pronunciando tale formula Gesù rivela ed accen-tua il suo volere di compiere il piano salvificodi Dio. Gesù chiede che sia allontanato da luiil calice, termine che compare 31 volte nel NTe in questo contesto esprime il suo destino dolo-roso, ma nonostante tutto manifesta anche la

sua disponibilità ad assoggettarela sua volontà a quella del Padre. Anche nella seconda preghie-ra rivolta al Padre emerge que-sto atto di abbandono alla suavolontà: «Padre mio, se questocalice non può passare senzache io lo beva, si compia la tuavolontà» (v. 42b). Della terza preghiera rivolta alPadre non viene riportato il con-tenuto, ma la formulazione fa pre-supporre che esso sia identicoa quello della seconda. Emerge,quindi, che la preghiera diGesù anche nel Getsemaninon è altro che l’adesione delsuo cuore alla sua esistenza ealla sua missione. Infatti, in ognimomento della sua esistenza ter-rena Gesù ha elevato il suo sguar-do verso il Padre chiedendo chesi compisse il suo disegno di sal-vezza e per ricevere da Lui laluce e l’amore necessari alla suamissione. Con questa preghie-ra siamo allo stesso modomessi dinanzi al mistero della per-sona di Gesù, ma non c’è la pre-tesa di svelarne il segreto nel-la sua interezza; ciò è stato bene

espresso dal teologo Von Balthasar: «La per-sona di Gesù è un profondo mistero: egli vie-ne designato in modo deciso come il “Verbo diDio” dall’eternità; con questo però Dio (il Padre)non dice se non cosa è Dio (il Figlio): nel momen-to in cui questi si percepisce come Verbo delPadre, egli stesso lo è. Nell’ambito terreno unaparola indica una persona o una cosa da essadistinta; qui, invece, in Gesù, Parola e Personacoincidono. Il Figlio non può perciò disgiunge-re il suo sentirsi – detto – dal – Padre dal suoessere – Figlio – del – Padre, ed è in questosenso che vanno letti i relativi passi evangeli-ci»1.

1. La volontà del Padre L’oggetto specifico della preghiera di Gesù èla volontà del Padre. Tutto ciò che egli chiedeal Padre ha come fine che si conosca, si amie si glorifichi di più la sua volontà. Per se stes-so egli non chiede nulla, se non ciò che corri-sponde alla volontà di suo Padre. Gesù mani-festa questa disposizione in tutta la sua vita,che ha come scopo la realizzazione di ciò cheil Padre desidera: Io faccio sempre le cose chegli sono gradite (Gv 8,29). Per tale motivo l’autore della Lettera agli Ebreiha considerato in questa prospettiva tuttal’Incarnazione ed ha posto sulle labbra di Gesù,al momento del suo ingresso nel mondo, le paro-le del Sl 40: Tu non hai voluto né sacrifici néofferta, un corpo invece mi hai preparato. Alloraho detto: Ecco io vengo – poiché di me sta scrit-to nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tuavolontà (Eb 10,5-7). Ciò è veramente impres-

continua nella pag. accanto

Page 21: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

2121Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

sionante: l’Incarnazione è vista come la dispo-nibilità di Cristo al compimento della volontà diDio e tutta la vita del Verbo umanato è stata vis-suta all’insegna del compimento di questa volon-tà2: Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te (Mt11,26). Anche quando la sua natura si ribella-va alla sofferenza e alla morte, la sua preghie-ra è stata: Non sia fatta la mia, ma la tua volon-tà (Lc 22,42).Nel momento del suo ultimo respiro sulla cro-ce, Gesù annuncia solennemente di aver por-tato a compimento tutta l’Opera che il Padre gliaveva affidata: Tutto è compiuto (Gv 19,30), laperfetta obbedienza al Padre e l’amore più pro-fondo per gli uomini.

2. La preghiera sulla croce Altri testi alquanto significativi che ci fanno cono-scere più approfonditamente la persona di Gesùsono quelli in cui gli Evangelisti ci riportano leultime parole di Gesù morente e anche se talitesti divergono per alcuni particolari, tuttavia essiconcordano sull’essenziale: Gesù è morto pre-gando; Egli ha reso la sua morte un atto di pre-ghiera, un atto di adorazione. Gli evangelisti, inoltre, sono concordi sull’ulte-riore fatto che le ultime parole di Gesù sono l’e-spressione della sua disposizione al Padre e ungrido rivolto non a qualcosa o a qualcuno, maa Lui: essere in dialogo con il Padre rimane perGesù la sua più intima essenza. Secondo Matteoe Marco Gesù ha gridato con voce forte le paro-le con le quali inizia il Sl 21: «Dio mio, Dio mio,perché mi hai abbandonato?3. Secondo Luca Gesù ha pregato l’altro grandesalmo della passione, il salmo 31, v. 6: «Padre,nelle tue mani affido il mio spirito»; secondo Giovanni,Gesù ha scelto il v. 15 del salmo 21: «Ho sete!». Un dato su cui poniamo l’attenzione è che la pre-ghiera di Gesù espressa al Padre è successi-va a tre ore di buio, notazione che è interpre-tata diversamente dai tre sinottici. In Matteo latenebra è semplicemente uno degli elementi apo-calittici che accompagnano la morte (27,45.51-53) e che indicano come in essa abbia inizio ilgiudizio e la vittoria di Dio destinati a compier-si definitivamente alla venuta ultima del Figliodell’uomo (Mt 28,20; 25-31-46). Per Luca l’oscurità, dovuta ad un’eclissi di sole,è collegata allo squarciarsi del velo del tempio:la terra intera e il santuario d’Israele, nell’imminenzadella morte di Gesù, entrano in lutto (Lc23,44ss). Marco comprende invece la tenebra(15,33) come un segno della presenza di Dio,il terzo dopo i cieli squarciati (1,10) e la nube(9,7). È sulla notazione di Marco che vogliamosoffermarci. In Mc 15,33 leggiamo: «Venuta l’o-ra sesta, si fece buio su tutta la terra fino all’o-ra nona». Per interpretare correttamente tale ver-setto è bene partire dalla caratterizzazione fon-damentale della tenebra nei testi dell’AT. In essiemerge che Dio è il Signore sovrano della lucee delle tenebre. Egli le ha create entrambe (Is45,7), le manda (Sl 105,28) e le svela (Gb 12,22).Nessuna oscurità può celargli qualcosa (Gb 34,22;Is 9,15). Egli può oscurare gli occhi, ma ancherimuovere l’oscurità dagli occhi dei ciechi (Is 42,16).

Anche se irradia luce (Ab 3,4) e le tenebre perlui non sono tali (Sl 139,11), l’oscurità – in quan-to esprime il suo nascondimento – può diven-tare il segno della presenza e della manifesta-zione di Dio (Sl 18,10-12; 97,2, ecc.). Anche la presenza divina nel tempio diGerusalemme viene connessa con la tenebra;ciò è collegato alla completa oscurità del «Santodei santi», realtà che è menzionata da Salomonenella sua preghiera: «Il Signore rese manifestonel cielo il sole, ma disse di voler abitare nel-l’oscurità»4. Tutti questi testi dell’AT aprono lapossibilità che la menzione dell’oscurità che calasulla terra all’approssimarsi della morte di Gesù,possa avere a che fare con la presenza di Dio.Si può dire che dall’ora terza all’ora sesta, Mcmetta in scena davanti al Crocifisso gli uominicon la loro incomprensione della croce e le loroderisioni; dall’ora sesta all’ora nona, l’evange-lista legge nell’oscuramento il segno che Dio stes-so si fa presente silenziosamente a questo even-to: nelle tenebre è presente Colui che, al di làdi tutti gli interventi e le opinioni degli uomini (ilchiasso delle derisioni), ha permesso questa mor-te affermandola anche di fronte alla volontà con-traria di Gesù (cf. 14,32-42).In questo senso, il grido di Gesù con gran voceè piuttosto da capire come un lamento per lapresenza di Dio che non si fa conferma direttadi quanto Gesù sta vivendo nel suo morire. Eglisperimenta interrotta quella linea di autentica-zione divina che aveva sorretto il corso del suoministero, soprattutto nel battesimo e nella tra-sfigurazione. Il segno della presenza di Dio nel-la tenebra resta del tutto incompreso mentre lamorte si avvicina a Gesù. Nessuno sembra nota-re, tranne appunto Gesù, l’oscurità che è cala-ta su tutta la terra, perché la stessa invocazio-ne di Gesù viene intesa come l’invocazione diun povero al profeta Elia. La percezione di questa distanza, proprio nelsegno della presenza, comporta da parte di Gesùun elemento di incomprensione nei riguardi del-l’agire di Dio verso di Lui, che genera una sof-ferenza profonda la quale non è cancellata nem-meno dal fatto che Gesù si sia rivolto a Dio nel-la preghiera. L’impossibilità di raggiungere Dioè segnata dal tacere, questa volta, di ogni voceche aiuti realmente a comprendere: Dio è pre-sente, ma Gesù è solo; Dio, benché si rappor-ti a questo evento e a questa morte, non si met-te in relazione immediata con il Figlio. Così, men-tre non troviamo nessun lamento di Gesù rife-rito alle sofferenze fisiche e alla drammatica inter-ruzione anche di tutti i rapporti umani più stret-ti (tradimento di Giuda, triplice rinnegamento diPietro, fuga di tutti i discepoli), si alza altissimoil grido che pone a Dio, al Padre, una doman-da sulla sua relazione con lui; il secondo fortegrido, inarticolato, conferma il permanere di que-sta tensione fino all’ultimo istante.

Conclusione

Dal momento che la preghiera fu il centro del-la persona di Gesù, noi possiamo conoscere ecomprendere meglio il mistero della sua persona

partecipando alla sua preghiera. Ma come dob-biamo intendere la preghiera? Sono illuminan-ti a tale proposito le parole dell’allora cardina-le Ratzinger: «Essa è una consegna del propriosé nel corpo di Cristo, dunque un atto d’amo-re che, in quanto amore nel corpo e col corpodi Cristo, necessariamente conosce e compiel’amore di Dio come amore del prossimo, comeamore alle membra di questo corpo»5. Infatti, essendo la preghiera è l’atto centrale del-la persona di Gesù, allora una comprensioneeffettiva della sua persona è possibile entran-do in questo atto di preghiera, partecipando adesso, perché mediante la preghiera si è libera-ti dalla cecità non solo esteriormente, come accad-de a Paolo secondo la visione di Anania (At 9,11),ma anche intimamente si inizia ad essere veden-ti. Di conseguenza, la partecipazione ai senti-menti di Gesù, ossia al suo pregare che è attod’amore, autodonazione e autoconsegna agli uomi-ni, è il presupposto fondamentale per diventa-re contemporanei di Gesù. Chi prega inizia avedere: pregare e vedere sono in relazione poi-ché, come afferma Riccardo di san Vittore, «L’amoreè occhio e amare è vedere»6. La comunione con la preghiera di Gesù inclu-de la comunione con tutti i suoi fratelli; infatti,l’essere insieme alla sua Persona, che derivadalla partecipazione alla sua preghiera, costi-tuisce quell’esteso essere insieme che Paolo desi-gna con l’espressione «Corpo di Cristo».Mediante la preghiera ci rendiamo presenti a Dioe al contempo sperimentiamo la sua presenzain noi attraverso un duplice movimento di «disce-sa» dentro di noi (interiorizzazione) e di «asce-sa» sopra di noi (elevazione). Nella profondità,infatti, Dio chiama l’uomo a rientrare in se stes-so per incontrarlo, ma questi capisce anche didoversi innalzare sopra se stesso, di auto-tra-scendersi e sublimarsi in Dio, cercandolo fuo-ri di se e oltre se stesso. Per questo si può direche l’uomo mediante e attraverso la preghieratrascende infinitamente l’uomo.

continua nel prossimo numero

1 H.U. VON BALTHASAR, «La preghiera cristiana», Communio 14(1985) 82.2 I. DE LA POTTERIE, La preghiera di Gesù, Roma 1992, 90-97.3 Il verbo ebraico utilizzato per rendere l’esperienza di Gesù moren-te, sabachthani, è tradotto con il verbo greco enkatélipes, e soloin questo testo e in Mt 27,46 ha una connotazione negativa; infat-ti, nel resto del NT è utilizzato diverse volte ed ha sempre unavalenza positiva, per affermare che Dio non abbandona nessu-no: in At 2,27 il verbo viene impiegato in una citazione del Sl 16in cui il profeta Davide dice che «Dio non abbandonerà la suaanima negli inferi», e tale citazione è riferita dall’autore degli Attia Cristo che «non fu abbandonato negli inferi, né la sua carnevide la corruzione» (At 2,31). Così anche in 2Cor 4,9 ed Eb 13,5il verbo ha come soggetto Dio e viene utilizzato per dire che Eglinon abbandona l’uomo che a lui si affida; in 2Tim 4,10.16 l’apo-stolo Paolo, mentre ricorda che tutti lo hanno abbandonato e lohanno lasciato da solo, ricorda anche che il Signore gli è statovicino e gli ha dato forza (2Tim 4,17). Il grido sul Golgota in Mce Mt è quindi l’unica affermazione di abbandono da parte di Dioin tutto il NT.4 P. GRELOT, Il linguaggio simbolico nella Bibbia, Roma 2004, 43.5 J. RATZINGER, Guardare al Crocifisso, Milano 1992, 24.6 PL 196, 1203.

Page 22: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

2222 Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

diacono Claudio Sinibaldi

AAnche quest’anno, come da ormaipiù di cento anni, si è celebratadal 18 al 25 gennaio (periodo

scelto nel 1908 da p. Paul Wattson, expastore episcopaliano poi fondatore del-la Società dell’Atonement di spiritualitàfrancescana) la Settimana di preghieraper l’ unità dei cristiani.I testi e le preghiere preparati ogni annosono il frutto del lavoro condiviso tra lacommissione Fede e Costituzione delConsiglio Ecumenico delle Chiese e il PontificioConsiglio per la Promozionedell’Unità dei Cristiani.

Il tema di quest’anno è sta-to: “Ci trattarono con gen-tilezza“ (Atti 28,2), verset-to-guida preso da un branodegli Atti degli Apostoli in cuisi racconta il naufragio di S.Paolo a Malta.

Proprio dalle chiese cristia-ne di Malta e Gozo, infatti,provengono i testi prepara-ti per la settimana appena tra-scorsa e che, facendo rife-rimento al tema attualissimo

delle migrazioni, mettono in risal-to il modo di vivere l’accoglienzanon solo tra i popoli e le culturema anche tra cristiani di chiesediverse.Anche “in casa” abbiamo celebra-to questo appuntamento annualeattraverso degli incontri che si sonotenuti nelle città di Velletri, Valmontonee Colleferro promossi dalla Diocesisuburbicaria di Velletri-Segni, la DiocesiOrtodossa Romena di Italia e il CentroEvangelico Metodista “Ecumene”.

In particolare, Giovedì 23 Gennaio,alle ore 19.00 si è tenuto, nellaCattedrale di Velletri S. Clemente,un incontro ecumenico di pre-ghiera, presieduto dal Vescovo dio-cesano Vincenzo, da Padre Vasile

e dal Pastore Massimo. Molti fedeli delle tre chiese hanno partecipatoal bel momento di preghiera in cui la procla-mazione del suddetto brano degli Atti degliapostoli è risuonato forte attraverso il com-mento esplicativo dei tre capi religiosi cristianie attraverso i canti e la preghiera dell’assemblea. In ognuno dei tre contributi la parola che è emer-sa in tutta la sua significatività e potenza è sta-ta proprio “ci trattarono con gentilezza”: si trat-ta del commento che fa San Luca nel suo scrit-to parlando di come sono stati accolti i prigio-nieri (tra cui Paolo stesso) diretti a Roma e nau-fragati proprio nell’isola di Malta. La gentilezza di cui si parla è, in realtà, la tra-duzione che nel testo originale greco viene indi-

cata con i termini “filantro-pia/filoxenia” e che vanno oltreil semplice concetto di cor-dialità, dicono infatti accoglienza,ospitalità, prendersi curadell’altro, amore per l’uomochiunque esso sia, ed è que-sto l’atteggiamento di chi simette in dialogo.

Terminata la preghiera, l’in-contro si è poi spostato nel-la sala S. Filippo sotto i por-tici della Cattedrale, perconcludersi con un momen-to conviviale.

Page 23: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

2323Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

Daniele Gianolla *

Caritas, Pastorale giovanile e

Ufficio Scuola di Roma

impegnati in una stimolante

ricerca sui giovani romani:

eppure la tremenda sensazione

di aver chiuso le stalle a buoi

ormai definitivamente

fuggiti non ci abbandona.

LLa scorsa settimana, dopooltre un anno dal lancio del pro-getto - e qualche incomprensione, sono

stati presentati i risultati del monitoraggio sui gio-vani della diocesi di Roma, curato dal prof. MarioPollo e promosso dalla Caritas diocesana. Il pro-getto, ridimensionato rispetto alla proposta ini-ziale, ha coinvolto scuole (liceo scientifico Kennedy,liceo scientifico Primo Levi), parrocchie (SS. Aquilae Priscilla, S. Gelasio, S. Michele Arcangelo),gruppi Scout (Agesci Roma 70, Agesci RomaLido) e l’Università Europea di Roma, e ha inter-rogato i giovani delle diverse fasce di età su nume-rosi temi, tra cui la memoria, le relazioni, la pro-gettualità.L’obiettivo più importante era rispondere alla doman-da: come i giovani percepiscono il proprio futu-ro personale? Il convegno si è aperto con unpo’ di ritardo, il che mi ha dato modo di chiac-chierare con l’amico Oliviero Bettinelli, respon-sabile dell’Area Pace e Mondialità della Caritas.Ci siamo chiesti se questa ricerca-azione pos-sa segnare un passo nella direzione dell’ascoltodelle periferie, tanto auspicato da papaFrancesco e dalla Diocesi di Roma: ci siamoresi conto di quanto sia difficile fare rete nellanostra Diocesi e alla fine ci siamo trovati d’ac-cordo sul fatto che dobbiamo far tesoro del-l’insegnamento dell’Evangelii guadium, quan-do ci dice che la realtà è più importante delleidee (EG, 231-233). È con questo spirito, in effetti, che il prof. Polloci ha proposto di metterci in ascolto, per trac-ciare un profilo dei giovani diocesani: non conl’obiettivo di generalizzare i dati ma con quel-lo di focalizzare alcune immagini utili alla com-prensione e soprattutto alla progettazione futu-ra. Il rapporto finale ha titolo significativo: “Il futu-ro negato – Progetti e sogni di adolescenti e digiovani romani”. Non ci vuole molto a capire ilperché di un titolo così grave: i giovani, secon-do quanto relazionato dal professore, vengo-no percepiti come alieni dagli adulti di riferimento,

che preferiscono rimuovere, non guardare (o noncapire) le loro reali istanze, rifugiandosi nel pro-prio narcisismo di eterni adolescenti. Dal canto proprio, i giovani, adultizzati preco-cemente da questo atteggiamento, hanno dif-ficoltà ad immaginare il proprio futuro e anchequando lo fanno spesso si vedono rinchiusi inun destino ineludibile, verso il quale le proprierisorse personali sono inefficaci. Insomma, l’in-fluenza dell’ambiente socio economico in cui sicresce prevale nettamente sull’iniziativa personalee non trova spazio la speranza.Accanto a questo, naturalmente, ci sono statianche ragazzi che hanno saputo presentare un’im-magine positiva del futuro, che hanno parlatocon consapevolezza della propria vita e delleproprie scelte, determinati ad affrontare le dif-ficoltà e perseguire i propri obiettivi, tuttavia ildivario tra contesti agiati e disagiati è apparsonetto in tutte le risposte. Al denso intervento del prof. Pollo ha fatto segui-to quello di suor Alessandra Smerilli, docentedi economia politica presso la PontificiaUniversità di Scienze dell’Educazione Auxilium.I suoi toni hanno mitigato la discussione, pun-tando sulla vitalità dei giovani e sulla necessi-tà di ripensare il nostro ruolo di adulti, troppospesso giudicanti o svalutanti. Citando il Sinodo del 2018, suor Alessandra haesortato noi adulti ad essere accompagnatori,offrendo ai giovani ciò che essi chiedono: testi-monianza e speranza. Dopo una breve pau-sa, don Benoni Ambarus, direttore della Caritasdiocesana e moderatore dell’incontro, ha invi-tato a parlare don Antonio Magnotta, respon-sabile dalla Pastorale Giovanile a Roma. Il suointervento è stato sorprendente e chiarissimo:la Pastorale Giovanile è in grave crisi. Delle oltretrecento parrocchie romane, solo una quaran-tina sono in grado di offrire percorsi significa-tivi per i giovani, e questo è frutto di alcune scel-

te poco lungimiranti compiute negli ultimi tren-t’anni, in cui si è puntata l’attenzione più sui lin-guaggi che sui contenuti. Ha osservato che abbia-mo davanti a noi una generazione interessan-tissima, alla quale probabilmente abbiamo bru-ciato le risorse, per colpa di atteggiamenti piùincentrati su noi stessi che su di loro. Insomma,dobbiamo renderci conto che è terminata l’e-poca dei leader, mentre comincia quella in cuil’educatore deve farsi accompagnatore. L’ultimo intervento è stato un’interessantedigressione filosofica del prof. Salamone, diret-tore dell’Ufficio Scuola di Roma, che ha datoun respiro storico più ampio alla ricerca, sot-tolineandone l’importanza per capire non soloi giovani del nostro presente, ma gli adulti (quin-di la società) del futuro. A chiusura del convegno, alcuni di quelli chehanno partecipato ai focus group (tra cui chi scri-ve) hanno presentato brevemente le modalitàdi lavoro e gli aspetti più significativi dell’espe-rienza, che, in definitiva, si è rivelata assai sti-molante. Eppure la tremenda sensazione di averchiuso le stalle a buoi ormai definitivamente fug-giti non ci abbandona. Il monitoraggio dei giovani di Roma ha -parzialmente- funzionato perché abbiamo posto ai ragazzidomande ricche di spunti e agganciate al loropresente, ma adesso occorrerà riflettere sullafase successiva, quella progettuale, e capire comepoter usare questi risultati e quali interventi pro-grammare; soprattutto quali obiettivi a breve elungo termine possiamo porci. Durante la giornata è ricorsa più volte la meta-fora dell’albero: i giovani hanno bisogno di radi-ci per germogliare, forse noi dobbiamo impa-rare a farci nutrimento.

*da “Vino Nuovo” del 22 gennaio 2020

Page 24: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

2424 Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

don Angelo Mancini*

AAnche se in trasferimento temporaneopresso la sede di “Frati Azzurri in Viadi Cori, la Parrocchia di Regina

Pacis mantiene fede agli impegni liturgici e pasto-rali in particolare quelli che l’anno liturgico pro-pone. In questa breve cronaca ne riportiamo alcu-ni che hanno caratterizzato questi primi mesi delnuovo anno liturgico.

Come ogni anno si è rinnovata la tradizione del-la “Corona d’Avvento” donata ad ogni iscritto aicorsi di catechismo per sottolineare l’attesa el’Atteso del Natale. Se negli ultimi anni la forma privilegiata era quel-la dell’albero che portava le note caratteristichedell’avvento, quest’anno la forma privilegiata, otte-nuta lavorando una lastra di metallo poi verni-ciato a fuoco, è stata quella del cerchio. La corona infatti si componeva di due semicerchiche intersecati tra loro danno una forma tridi-mensionale a cupola come un cielo, contenente

le figure della natività alla convergenza dei rag-gi del cerchio, del profeta Isaia, di Giovanni ilbattista, dell’angelo che annuncia e dei re magi,nel registro superiore ad ogni angolo una fiam-mella ricorda le quattro lampada che segna iltrascorrere delle quattro settimana dell’avven-to. La forme del cerchio è importante: qui fun-ge da cielo ma il cerchio ha diversi significati,ci soffermiamo su quelli che riguardano l’ambi-to cristiano. Il Cerchio sprovvisto di angoli e di spigoli sim-boleggia l’armonia, grazie all’assenza di oppo-

continua nella pag. accanto

Page 25: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

2525Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

sizioni, come l’alto e il basso, ecc., e questo giàbasterebbe per descrivere la venuta di Gesù.Il simbolismo del Cerchio è strettamente lega-to a quello del centro che è il luogo sacro dovesi concentrano tutte le energie materiali e spi-rituali. Della circonferenza, i quattro elementi sonoi raggi. Il centro, che è anche punto centrale del-la croce, è il punto dal quale i raggi si diparto-no ma al qual peraltro convergono. È simbolo quindi del Principio da cui tutto traeorigine e cui tutto ritorna. Il punto centrale è anco-ra la raffigurazione del Sole, il cui calore è asso-ciato all’amore, e la luce alla bellezza e alla veri-tà. Nel Cristianesimo il Cerchio rappresenta anchel’Eternità.In architettura la chiesa romanica rappresental’Uomo Perfetto, ovvero Gesù Cristo, in essapertanto si ritrovano figure e strutture rappre-sentanti il Quadrato inscritto nel Cerchio, inte-si come la natura umana posta in seno alla natu-

ra divina, ovverol’Incarnazione. Le due lamine inter-secandosi formano unabase a forma di croce,c’è una capanna cheospita il presepe. Non si tratta quindi diun semplice addobbonatalizio, ma di una veraespressione di fedeverso il mistero.Nel Natale l’aula litur-gica presentava all’in-gresso un bel presepeclassico con perso-naggi semoventi ideato e realizzato dal rev.dop. Domenico D’Angelo dei pp. Concezionisti, attra-zione per bambini e adulti, mentre presso l’al-tare è stata collocata una semplice rappresentazione

del testo di Isaia11,1-10 (prima lettu-ra della II°a domenicadi avvento A). Quindi non solo la rap-presentazione delmomento della nasci-ta di Gesù (il prese-pe classico), macome vorrebbe lospirito dell’avventouna piccola istallazioneche ci spinge a guar-dare alla seconda edefinitiva venuta diGesù.

Il profeta Isaia per descrive que-sto momento come lo stabiliz-zarsi della pace nella creazio-ne e per dirlo nel suo testo met-te vicino delle coppie di anima-li che attualmente risulterebbe-ro antitetiche. Così il profeta descri-ve la trasformazione della crea-zione alla seconda venuta di Gesù,e così l’abbiamo descritto facen-dola disegnare al prof. GiancarloSoprano, artista di Velletri e fat-ta realizzare a stampa e ritagliosu materiale plastico. Per il 26 gennaio il santo PadreFrancesco ha voluto che sicelebrasse in tutta la Chiesa laDomenica della Parola, con laLettera Apostolica, in forma di MotuProprio, Aperuit illis. Come scri-ve il Santo Padre: “È bene che

non venga mai a mancare nella vita delnostro popolo questo rapporto decisi-vo con la Parola viva che il Signore nonsi stanca mai di rivolgere alla sua Sposa,perché possa crescere nell’amore e nel-la testimonianza di fede.”La nostra parrocchia ha accolto l’invito e oltrea focalizzare ulteriormente la liturgia sulla Parola,in ogni celebrazione è stato donato ai fedeli unacopia dei vangeli e degli Atti degli Apostoli, affin-ché potessero provare quello che provarono idiscepoli di Emmaus ascoltando la Parola delRisorto: “Ed essi dissero l’un l’altro: «Nonardeva forse in noi il nostro cuore men-tre egli conversava con noi lungo la via,quando ci spiegava le Scritture?”.

*parroco di Regina Pacis in Velletri

Page 26: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

2626 Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

Picciau don Giuseppe, nasce a Monserrato (CA) il

04/08/1939, ordinato diacono e il 22/03/1969 e nella

Basilica Cattedrale di S. Clemente I PM, in Velletri, gli vie-

ne conferito il Sacro Ordine del Presbiterato. Da allora ha

collaborato con la Parrocchia del SS.mo Salvatore.

Nel 1985 il Vescovo Gomiero gli assegnava i ministeri di Collaboratore

parrocchiale della Cattedrale S. Clemente I PM, con parti-

colare attenzione alle famiglie residenti nelle zone periferi-

che e l’insegnamento della Religione nelle Scuole medie.

Nel 1986 veniva chiamato a ricoprire l’incarico di Cappellano

della Chiesa di S. Antonio,

Nel 1987 ricopriva l’incarico di Vicario parrocchiale della Parrocchia

S. Clemente I PM

Nel 1989 il Vescovo Erba lo chiamava a ricoprire l’incarico

di Amministratore parrocchiale nella appena riconosciuta Parrocchia

S. Paolo Apostolo nella zona Cinque Archi, Velletri la cui pre-

sa di possesso avveniva nel mese di gennaio 1990.

Nell’aprile 1999 veniva chiamato, nel mese di aprile, come

Cooperatore del Parroco a offrire il suo servizio alla comu-

nità della Parrocchia di S. Maria in Trivio, Velletri.

Dal settembre 1999 era Rettore della Chiesa dei Santi Pietro

e Bartolomeo Apostoli nel territorio della Parrocchia di S. Michele

Arcangelo, Velletri.

Nel servizio di questa comunità, oggi facente parte dell’Unità

Pastorale S. Maria in Trivio, il Signore lo chiamava a sé nel-

la tarda serata di sabato 18 gennaio c.a..

Il vescovo con il presbiterio e il popolo di Dio lo hanno rac-

comandato al Signore nelle esequie celebrate il 20 gennaio

2020 nella Cattedrale di S. Clemente.

Nella foto, da sinistra: don Giuseppe Picciau,

Mons. Andrea M. Erba Velletri Parr. S. Paolo 1994

Augusto Cianfoni

NNella notte del 30 dicembre ha reso l’animaa Dio il prof Enrico Mattoccia. Tutta RoccaMassima e Velletri ne piangono la improvvi-

sa scomparsa. Un uomo per bene. Un Cristiano vis-suto nella generosa dedizione alle Comunità in cui èvissuto come solerte e attivo cittadino e come docen-te per tanti giovani che ebbero la fortuna di apprez-zarne la scienza e la cultura non comune.Presidente della Associazione Mons. Centra e colla-boratore sempre disponibile della Proloco come puredelle Parrocchie in cui ha vissuto la sua Fede catto-lica. Umile come lo sanno essere i veri grandi uomi-ni, nondimeno da tutti considerato Maestro e fratellomaggiore, condizione dalla quale egli amava scher-mirsi per...- come spesso diceva - non prendersi trop-po sul serio. Devotissimo della Madonna della Pietà e di Maria SSdelle Grazie, sensibilità ereditata dai piissimi Genitori,orgogliosi rocchigiani. Rocca Massima e Velletri perdono con lui una presenzacivica e cristiana irripetibile, ma nella Fede di Cristonon perderanno con lui quella feconda corrispondenzaalimentata dalla indefettibile memoria del bene rice-vuto. Grazie Enrico !

Page 27: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

2727Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

a cura di p. Vincenzo Molinaro

LLa lettera di Papa Francesco sul prese-pe, portata personalmente a Greccio, anchea Lariano ha suscitato interesse ed emo-

zione. Anche se stando agli scritti che seguirannosi potrebbe pensare che l’humus popolare riguar-do al presepe sia sempre molto sensibile. In effet-ti, la parrocchia è stata la prima a mettersi inattività, attraverso la Confraternita Giovanni PaoloII. Da qualche anno, essa prende l’iniziativa eoffre alla comunità una bella creazione, sia nelsolco della tradizione, sia innovativa. Quest’anno, per esempio, ha continuato a ripre-sentare l’antica Lariano, anche se non è tantoantica, certo riprodurre edifici ormai scompar-si o totalmente rinnovati, soprattutto fa impres-sione sui più piccoli che non l’hanno conosciu-ti. Così la scuola elementare in piazza, che oranon c’è più. Così la stazione ferroviaria che hacambiato destinazione d’uso.

Così è nato un presepe che ha suscitato mol-te domande a livello di curiosità, ma riservan-do alla fine la domanda seria: “Gesù, nasce ancheoggi a Lariano, ma trova accoglienza?”A giudicare dalla reazione suscitata dalla pro-posta di P. Felix, Presepe in famiglia, come pic-colo concorso, l’interesse è stato vasto. Una qua-rantina le foto appese nel corridoio di ingresso,come testimonianza della partecipazione.Ovviamente, ai nostri giorni, tutto si gioca suisocial. Così, foto in quantità su wa e fb e alla

fine la giuriaha scandito inomi dei vinci-tori e ha offer-to un piccoloriconoscimen-to a tutti i par-tecipanti. Un modo perdare alla paro-la del Papa lagiusta risonan-za.

Testimonianze

Padre Felix, buonasera,sono Antimo il papàdi Elena ed Emanuela.Io sono cresciuto conla cultura del prese-pe, nella mia famigliaè sempre stato pre-sente durante le festi-vità. Da piccolo ho ini-ziato a costruirli inlegno e sughero poiin gesso o polistirolo.Da piccolo ammiravoi presepi napoletani di

San Gregorio Armeno e da quelle meraviglio-se creazioni, carpivo idee per realizzare i mieipresepi. Quello della foto è presente nella miafamiglia da trent’anni, l‘ho smontato e ricostruitopiù volte cercando di animarlo ogni volta in manie-ra diversa, questa attuale versione ha circa treanni. Molti pastori hanno più di trent’anni li com-pravo con mia nonna a Napoli. Per me il presepe ha una particolare importanzaed è sempre un tuffo nel passato rispolverarlo.Buona sera. Antimo Verde

P. Felix, il mio presepe è nato nel primo annodi matrimo esattamente 22 anni fa’. All’inizio era

formato semplicemente da unacapanna e 7 personaggi, poi congli anni è diventato sempre piùgrande fino ad arrivare ad esse-re com’è oggi , coinvolgendo tut-ta la famiglia. Con mio marito ini-ziamo i preparativi già a metàNovembre, così da essere pron-to per l’otto Dicembre...Ogni anno cambiamo qualcosama essenzialmente rimane lo stes-so. Ormai per tutta la nostra fami-glia la preparazione del presepe

è diventata una tradizione. Per noi sarebbe impen-sabile il Natale senza il nostro Presepe.Giusy Esposito

I mie genitori sono napoletani e per loro il pre-sepe è molto importante.Il primo Natale hanno comprato solo la capan-na e i pastori principali. Da allora ogni anno, appe-na i negozi allestiscono le vetrine con oggettinatalizi, comprano nuovi personaggi per ingran-dire il presepe. Quindi anch’io ora che sono più grande mi diver-to a scegliere personaggi nuovi e ad aiutarli adare vita al Natale. Nello Sepe

Page 28: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

2828 Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

Giovanni Zicarelli

LLo scorso 4 gennaio, con l’ormai con-sueto pranzo organizzato presso laResidenza sanitaria assistenziale (RSA)

“Aurora Hospital”, si concludeva una serie di ini-ziative di solidarietà organizzate dalla parroc-chia di San Bruno, in collaborazione con la Comunitàdi Sant’Egidio, per le festività natalizie 2019/2020.Iniziata il 18 dicembre con l’“incontro con GesùBambino”, sempre presso l’RSA, era proseguitail 28 dicembre con il pranzo inSan Bruno per concludersi,appunto, con il pranzo all’“AuroraHospital”. Momenti di condivisionenel periodo più intimo e gioio-so dell’anno tra un manipolo divolontari, affiancati e sostenutidal parroco di San Bruno donAugusto Fagnani e dal suo col-laboratore don Carlos OrtizRomero, e una rappresentanzadi persone cosiddette “fragili”, nostrifratelli e sorelle in difficoltàd’integrazione o soli o ricoveratiper malattia o vecchiaia. Un incontro con i ricoverati per

una preghiera con la statua di Gesù Bambino,l’Eucarestia e qualche dolce presso tutte le stan-ze della struttura sanitaria, un pranzo con tan-to di tombola e regali ricevuti da un improbabi-le ma allegro Babbo Natale nel salone di SanBruno (presente il nostro vescovo mons.Vincenzo Apicella), pranzo conclusivo, regali nata-lizi e una Messa per i ricoverati dell’RSA.L’attuale società definisce “fragili” coloro che sonopiù deboli rispetto a chi, in età relativamente gio-vane, è nel pieno delle sue naturali forze psi-co-fisiche o a chi gode di sufficiente agiatezzaeconomica.

Nel primo caso rientrano i bambini, i disabili,gli ammalati, gli anziani.Nel secondo i disoccupati, i senzatetto e,finanche, i lavoratori quando sono sottopagati,paradossale fenomeno, quello di chi è pove-ro pur lavorando, diffuso anche nel civilis-simo Occidente.Fragili poiché in netta difficoltà nel reagirequalora incappassero in abusi, maltrattamenti,abbandoni. Ma anche con limiti psicofisicio economici nell’affrontare il quotidiano vive-re. Poi vi sono gli “invisibili”. Fra quelle elen-cate, definibili come categorie sociali, ve n’èuna annoverabile di diritto fra gli “invisibi-li”; solo una: quella degli anziani.Nessuna rappresentanza, nessuna associazioneche scenda in piazza in loro difesa. Vi sonocompresi anche cittadini che hanno avutouna vita normale, magari con ruoli non tra-scurabili nella società; che vivono della loropensione dopo una vita dedita al lavoro ealla famiglia e a cui, progressivamente, sonovenute a mancare le forze, si sono attenuatii sensi e i riflessi oppure che hanno inizia-to a non starci più tanto con la testa; dive-nuti un po’ smemorati, un po’ distratti. Quindi,secondo i canoni dell’odierno sistemasociale, non più utili alla società, figli com-

presi.La società contadina d’un tempo, ritenuta roz-za e retrogada, prevedeva che l’uomo fosse social-mente superiore alla natura animale che estro-mette il debole; il vivere dei figli con i genitorigiungeva ad un giro di boa per cui, da un cer-to momento in poi, erano i genitori che viveva-no con i figli, godendo degli affetti più cari ovve-ro del frutto dei propri sacrifici. Consuetudine che il sistema consumistico-capi-talista prevede sempre meno, avendo sostitui-to, in cima alla scala delle priorità, umanità eamore con produttività e utilità. Eppure tutti vor-

remmo vivere a lungo. Il che ren-de irrazionale, oltre che inammis-sibile, la prassi del ricovero di ungenitore pur in assenza di gravi pato-logie. Un oblio anzitempo a causadei normali acciacchi dell’età. In nomedi un rassegnato “tanto ormai è così”e comunque nell’inconfessata spe-ranza che lo stesso trattamento nonvenga riservato a sé stessi da par-te dei propri figli poiché, ragionan-do in prima persona, si diviene con-sapevoli che nell’ultima fase dellasua vita un essere umano merite-rebbe ben maggiori considerazio-ne e dignità.

Page 29: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

2929Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

p. Pasquale De Ruvo

VVelletri, il religioso somasco p. Sebastian Valancherry Joseph,insieme ai suoi confratelli somaschi e agli affettuosi parrocchiani,ha celebrato la Santa Messa di ringraziamento in occasione

del suo 25° anniversario di vita sacerdotale. Nell’omelia, il consiglieregenerale, P. Giuseppe Oddone, ha fatto presente che P. Sebastian è ilprimo sacerdote somasco delle missioni in India, e quanto egli si siaprodigato in varie parti del mondo, in particolare in Nigeria, per svol-gere il ministero sacerdotale e testimoniare la paternità di Dio con il ser-vizio ai poveri, soprattutto verso i più piccoli, dolce eredità trasmessaalla Congregazione somasca dal Fondatore San Girolamo Emiliani.Al termine della celebrazione eucaristica, della benedizione finale, p.Sebastian ha preso la parola e, oltre a ringraziare i numerosi parroc-chiani, ha voluto ricordare della presenza dei PP. Somaschi a Velletrida oltre 400 anni: «Quanti Padri sono passati a servizio della popola-zione di Velletri con la loro opera formativa, educativa e ministeriale. In particolare, non si possono non ricordare i fratelli Laracca, che tan-to si sono prodigati per la ricostruzione della città ridotta in macerie dal-la guerra. In questo frangente, voglio anche ricordare due parroci che

sono nella grazia di Dio: P. Stefano e P. Roberto».Concludendo il suo intervento, P. Sebastian, ha affermato che «in untempo di sfide per l’intera comunità ecclesiale, una ricostruzione dellapastorale esige collaborazione da parte di tutti e che la comunità par-rocchiale, per essere tale, deve vivere il Vangelo nella generosità e nel-la semplicità, donando ciascuno il meglio di se stessi.

Giovanni Zicarelli

LLa parrocchia San Bruno di Colleferro harisposto alle direttive e agli auspici delConvegno diocesano che si è tenuto lo

scorso mese di ottobre, nei giorni 18 e 19 (siveda il numero di Ecclesia in c@mmino del mesedi novembre, pag. 20).Domenica 12 gennaio (ricorrenza del Battesimodi Gesù), presso la sala parrocchiale, si è svol-

to un incontro tra le famiglie di bambini che nel2019 hanno ricevuto il battesimo e alcuni cate-chisti, presente il parroco don Augusto Fagnani.Anche per via delle testimonianze di don GiorgioBezze, direttore dell’Ufficio catechistico della Diocesidi Padova, e dei catechisti Enrico ed Elisabettadella parrocchia San Nicola di Taggì di Sotto,frazione del Comune di Villafranca Padovana(PD), quali ospiti e relatori al Convegno, non cisi era illusi più di tanto: infatti a fronte di 22 fami-glie invitate, solo 3 hanno aderito per trascor-

rere un pomeriggio insieme; pranzando con leottime pietanze che ognuno ha portato, facen-do amicizia e con momenti di svago grazie aduna chitarra con cui Andrea ha accompagnatoqualche canzone intonata dai presenti.Enrico ed Elisabetta, intervenendo nel Convegno,avevano appunto avvisato che la risposta a taliinviti in genere non è proprio affollata, sugge-rendo di invitare le famiglie dei bambini che han-no ricevuto il battesimo negli ultimi tre anni. Ovviamente si è anche parlato, con gli interventidi Roberta e Deborah della Pastorale battesi-male parrocchiale, di don Augusto e di altri trai presenti, di questa esperienza che all’unani-mità è stata ritenuta positiva e di certo da ripro-porre in altre date dell’anno, con l’auspicio cheil gruppo si allarghi. Prima esperienza della parrocchia per crearemaggior coesione fra i propri parrocchiani par-tendo dal battesimo che può senz’altro definir-si riuscita, per il clima di amicizia che si è crea-to, per il messaggio che ne è scaturito: far par-te di una parrocchia vuol dire innanzitutto nonessere soli.

Page 30: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

3030 Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

Stanislao Fioramonti

IIl 12 gennaio 2020 si è celebrato aGavignano il primo centenario dellafondazione dell’Istituto delle Suore Terziarie

Francescane della Divina Provvidenza (poiSuore Pie Operaie) da parte di Teresa (SuorMaria Lilia) Mastacchini. L’11 gennaio 1920 la Serva di Dio avevainiziato a Gavignano la sua innovativa ope-ra, tesa all’assistenza educativa, assistenziale,infermieristica e religiosa delle classi piùumili e degli operai della zona, opera cherapidamente si estese anche ai vicini comu-ni di Montelanico, Segni eColleferro con iniziative digrande valore sociale (curadegli anziani, dell’infanzia,dei malati, degli orfani, deipoveri).La manifestazione è iniziatacon la santa messa celebratanella chiesa di S. MariaAssunta dal vescovo di Velletri-Segni Mons. VincenzoApicella, assistito dal par-roco don Alberto Raviglia eda don Ettore Capra, vice-parroco di S. Barbara aColleferro e consulentedell’Associazione di fedeliMaria Lilia, organizzatrice dell’evento. Erano presenti sindaci e amministratori comu-nali dei paesi vicini; il Sig. Massimiliano

Nannoni, delegato del comune di Castell’Azzara(Grosseto), dove suor Maria Lilia nacque nel 1892;rappresentanti del comune di Ischia di Castro

(VT), nel cui monaste-ro di clausura suorMaria Lilia trascorse12 dei suoi 34 anni divita; Sacerdoti, Suore egruppi parrocchiali dio-cesani.Oltre al vescovo nel-l’omelia, che ha acco-stato l’inizio dell’attivitàpubblica di Cristo (il cuiBattesimo oggi ricordavala liturgia) all’inizio del-l’attività pubblica diSuor Maria Lilia, hannoparlato al termine del-la celebrazione il pre-sidente dell’Associazionedi Fedeli Mario

Manciocchi, che hadonato un quadro dellaServa di Dio al sindacodi Gavignano Ivan Ferrari,il sindaco stesso e dueconsultori dellaCommissione storicaper la causa di beatifi-cazione di M. Lilia,Francesco Canali diGavignano che ha spie-gato la modernità inno-vativa dell’opera dalle suo-re di M. Lilia, e StanislaoFioramonti di Valmontoneche ha letto una crona-

ca della venuta delle suore a Gavignano.L’evento si è concluso nella tarda mat-tinata presso il castello di Corte (quel-lo dove sarebbe nato papa InnocenzoIII nel 1156), al cui piano terreno è ospi-tato un interessante Museo della civil-tà contadina, inaugurato nel 2017, cheespone anche molto materiale riguar-dante la scuola tipografica creata aGavignano dalle Suore Pie Operaie, nel-la quale hanno imparato il mestiere tan-ti giovani della nostra terra. In questoanno centenario della fondazione del-le Pie Operaie sono in programma altrieventi commemorativi nelle date e neiluoghi più significativi della vita e del-l’attività di Suor Maria Lilia Mastacchini.

Foto di Gioele Casazza.

Page 31: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

3131Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

Annalisa Ciccotti

TTempo di Natale, tempo vocato allo stu-pore, all’armonia, alla riflessione sul miste-ro di un Dio che si fa uomo e viene ad

abitare in mezzo a noi. Un mistero profondo dameditare, da accogliere, perché accompagni e diasostanza alla nostra vita di credenti spesso dis-tratti e superficiali. Uno dei mezzi più belli e adat-ti per avvicinarci al mistero è la musica, che invirtù del suo linguaggio universale supera bar-riere e distanze per arrivare a toccare il profon-do dei cuori. Per questo motivo il Coro “Il Serviziodel canto” nel periodo natalizio ha proposto un“Concerto di Natale” che prima di essere una espe-rienza artistica-culturale è stato concepito comeun itinerario spirituale per riflettere, attraverso lamusica, e rivivere oggi il mistero del Natale.Mons. Franco Fagiolo, direttore della formazio-ne, ha elaborato un programma che attraversola diversità degli stili e delle forme musicali, hadato modo di partecipare alla gioiosa attesa delMessia condividendo la fede di Maria, l’umile ser-va che mette a disposizione il suo corpo per donar-ci il Redentore. Melodie natalizie di ogni tempo hanno trasmes-so gioia e meraviglia facendo partecipare can-tori e pubblico alla nascita di Gesù, facendo loroaccogliere tra le braccia quel Dio che si fa bam-bino e che ancora oggi non si stanca di esserepresente nella nostra vita per farsi compagno diviaggio ogni giorno e camminare accanto a noisulla via dell’amore, della giustizia e della pace.Tre le date dei concerti pre-cedute da una sorta di anti-cipazione in occasionedella Festa diocesana diSanta Cecilia celebratadomenica 1 dicembre 2019,con la partecipazione delnostro Vescovo, nella chie-sa del Rosario di Artena.I “Concerti di Natale” han-no visto il Coro “Il Serviziodel canto” impegnato in unvero e proprio tour che hatoccato anche luoghi impor-tanti. Il primo appunta-mento, venerdì 27 dicem-bre 2019 a Segni, nellaConcattedrale S. MariaAssunta, ha visto la gra-

ditissima partecipazione del M° Daniele Rossi,il quale oltre a proporre all’organo storicoMorettini significative pagine della letteratura orga-nistica, ha accompagnato, con la tastiera, i bra-ni del Coro aggiungendo una marcia in più alleesecuzioni. È seguita poi, sabato 28 dicembre 2019, la tra-sferta in Abruzzo, nel suggestivo paese diScanno che ha accolto il Coro con una candida

coltre di neve bianca,un tocco di poesia edi grande fascino maanche motivo di appren-sione nel percorrerela tortuosa via di mon-tagna per tornare acasa al termine dellamanifestazione tenu-tasi nella Chiesa di S.Maria in Valle. Ultimo appuntamen-to, che ha visto di nuo-vo la partecipazione

preziosa del M° Rossi, sabato 4 gennaio 2020a Gubbio, nella chiesa di san Domenico, anch’es-sa dotata di un organo Morettini. Il numeroso pubblico, tra il quale era presente ancheil vescovo Mons. Luciano Paolucci Bedini, ha mol-to apprezzato l’esibizione cogliendone il sensoprofondo. Grande dunque la soddisfazione peril Coro “Il servizio del Canto “nato alla fine del 2016su iniziativa dell’Ufficio Liturgico Diocesano,

sezione Musica per la Liturgia alfine di rispondere alle esigenzedella Pastorale Liturgico-Musicale.Ne fanno parte i cantori del CoroGiovanile di Segni e cantori di diver-se parrocchie della diocesi: S. MariaAssunta di Gavignano, S. MariaAssunta di Segni, Maria SS.Immacolata di Colleferro, S. Brunodi Colleferro, S. Anna di Valmontone,S. Maria di Gesù. Il Coro si avvale della preziosacollaborazione degli ottoni dellaBanda Musicale Città di Segni.Il Coro è presente nelle celebrazionidi carattere diocesano, sostienela Festa diocesana di S. Cecilia,offre Corsi di formazione Liturgico-Musicale rivolgendosi in particolarealle parrocchie al fine di promuovereuna sensibilità matura e respon-

sabile verso il servizio del canto e della musicanella liturgia secondo le indicazioni del Magistero.Insomma un servizio importante per la nostra dio-cesi e per tutti gli Operatori Liturgico-Musicali impe-gnati nelle nostre comunità.Un sincero ringraziamento a tutti i Coristi e Strumentisti,in particolare a Mons. Fagiolo, anima della for-mazione, perché attraverso questa realtà non solocontribuisce a dare dignità e bellezza alla litur-gia ma riesce a trasmettere, a tutti quelli che nefanno parte, un senso di appartenenza e di pro-fonda spiritualità.

Nella foto del titolo: Concerto nella concattedrale di Segni

Il concerto del coro nella Chiesa Madre

di Scanno, in Abruzzo

A Gubbio , Mons. Franco Fagiolo a colloquio con

il vescovo S. E. Rev.ma Mons. Luciano Paolucci Bedini

Page 32: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

3232 Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

Stanislao Fioramonti

CComune sparso di 1.660 abitanti a m 872di altitudine, Castelpetroso ha il bor-go antico posto sulla cima di un colle

tra le valli di Bojano e Carpinone, più in alto rispet-to al santuario. E’ di epoca normanna (XI seco-lo), intatto ma abitato solo da una cinquantinadi persone; delle tre porte originarie conservasolo Porta del Parco e – cosa piacevole - le suestradine hanno quasi tutte nomi di fiori. Intorno all’anno Mille fu costruito il castello DeRossi, citato nel XIII secolo nel Catalogus Baronum;ospitò Carlo I e II d’Angiò, Giovanni D’Angelo,Andrea d’Isernia fino alla famiglia De Rossi chegli ha lasciato il nome. Di forma quadrata, del-l’epoca iniziale non restano che parti di mura-tura a scarpa. Oggi accoglie un museo della civil-tà contadina con antichi arredi, attrezzi agricoli,medaglie, fotografie, quadri e oggetti vari non-ché un presepe molisano del ‘500.La parrocchiale di San Martino Vescovo (IImetà del sec. XIII) ha un altare consacrato il15 luglio 1740 dal vescovo di Boiano DomenicoAntonio Manfredi; conserva un mosaico di SanMartino e dipinti del maestro molisano AmedeoTrivisonno; la struttura, che subì influssi baroc-

chi nel XVII seco-lo, ha pianta ret-tangolare, navataunica e campanileturrito.La piccola cap-pella dellaMaddalena (m.810) ha muri conpietre a vista. La maggior partedella popolazionevive nelle cinquefrazioni diCaste lpetroso:Indiprete (a 3 km,la più popolosacon oltre 900 abi-tanti, sede delle prin-cipali att ività),Guasto, Pastena,Camere e Casale. Il 22 marzo 1888,in una grotta in loca-lità “Cesa tra Santi”alle pendici del m.Patalecchia duecontadine, FabianaCicchino dettaBibiana e SerafinaValentino, di 35 e34 anni, stavano cer-

cando una pecorella smarrita quando Bibianafu colpita da una luce proveniente da una grot-ta: avvicinatasi, avrebbevisto la Madonna con il cuo-re trafitto da sette spade, lebraccia aperte e lo sguardorivolto al cielo, inginocchia-ta davanti al corpo sdraiatodi Gesù morto, coperto di pia-ghe. La Vergine non avrebbeparlato, mentre Serafina,accorsa sul posto, inizialmentenon vide nulla. Dieci giornidopo, 1º aprile giornodi Pasqua, l’apparizione sisarebbe ripetuta allo stessomodo e anche Serafina dis-se di averla potuta vedere.Mentre pellegrini semprepiù numerosi cominciavanoad affluire sul posto, il vesco-

vo di Boiano Francesco Maccarone Palmieri aprìun’indagine sui fatti e in seguito, incaricato dapapa Leone XIII, effettuò una ricognizione pres-so la grotta; il 26 settembre 1888 egli avrebbea sua volta assistito all’apparizione scrivendo: “Con lieto animo posso affermare che i portentidi Castelpetroso sono gli ultimi tratti della DivinaMisericordia, per richiamare i traviati al retto sen-tiero. Anche io posso testificare che, recatominel luogo sacro, riconcentrandomi nella preghieraebbi l’apparizione della Vergine”.Le apparizioni si sarebbero manifestate in segui-to a diversi pellegrini, mentre una piccola sor-gente d’acqua scaturì presso la grotta.Nel novembre 1888 Carlo Aquaderni direttoredella rivista mariana Il Servo di Maria e fratel-lo di Giovanni Acquaderni uno dei fondatori dell’AzioneCattolica, si recò alla grotta di Castelpetroso conil figlio dodicenne Augusto, condannato dal-la tubercolosi ossea allora inguaribile; questi,bevuta l’acqua della sorgente, subito guarì. Da allora si fece una colletta per la costruzio-ne di un santuario, ultimato nel ‘900; è la Basilicaminore Santuario della Madonna Addolorata,Patrona del Molise (m 803), oggi meta di pel-legrinaggio da tutta Italia e dal mondo.Progettata in stile neogotico dall’ingegnere bolo-gnese Francesco Gualandi, la prima pietra fuposata il 28 settembre 1890 e fu completata econsacrata nel 1975. E’ formata da sette cappelle che raffigurano isette dolori della Madonna, al centro delle qua-li c’è la cupola alta 54 metri, di colore verde per

continua nella pag. accanto

Nella foto del titolo:

Il santuario della Madonna

Addolorata, Patrona del

Molise;

nella foto a destra:

ls chiesa di San Martino a

Castelpetroso.

Page 33: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

3333Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

la copertura di rame.La facciata, fiancheggiata da due imponenti tor-ri campanarie, è tutta scolpita in pietra da scal-pellini locali e ha tre portoni di bronzo. All’interno alla base della cupola, sopra il simu-lacro dell’Addolorata, sono raffigurati 48 santivenerati nella regione, mentre le tavole in legnodella Via Crucis sono di Marcello Scarano (1901-1962). Nelle cappelle e all’ingresso spiccano ottodipinti del molisano Amedeo Trivisonno (1904-1995). Il santuario conservatre reliquie: un dente di SanGabriele dell’Addolorata; labenda delle stimmate di SanPio da Pietrelcina e un fram-mento del sangue di papaGiovanni Paolo II racchiu-so in un busto del santo pon-tefice realizzato dallaPontificia Fonderia Marinellidi Agnone. E’ stato visitato da papaWoityla (19 marzo 1995) eda Papa Francesco (5luglio 2014).Santuario e luogo delle appa-rizioni sono collegati dal-la Via Matris, percorso cheinizia con una scalinata asinistra del santuario; è unsentiero lungo 750 metri,

in gran parte gradinato, pri-ma breccioso e poi erboso,che si snoda sulla montagna,dove sette edicole di pietracon pannello centrale inrame ricordano i sette dolo-ri di Maria.Negli anni novanta accantoa ogni edicola sono stati postigruppi scultorei in bronzo mol-to suggestivi, opera dell’ar-tista Alessandro Caetani.

Dal 27 ottobre 1947, quan-do fu inaugurata, migliaia difedeli hanno salito la Via Matris,meditando sui sette dolori vis-

suti da Maria Vergine per cooperare alla mis-sione di salvezza del Figlio. Essi sono: - la rivelazione di Simeone durante la presen-tazione di Gesù al Tempio (v. Lc 2,34-35); - la fuga in Egitto (Mt 2, 13-14);

- lo smarrimento di Gesù nel Tempio (Lc 2, 43-44, 46,48); - l’incontro di Maria con Gesù sul-la via del Calvario (Gv, 19-26); - la crocifissione e morte di Gesù (Gv, 19-30);

- la deposizione di Gesù tra le braccia di Maria(Mt 15, 43, 46-47); - la sepoltura di Gesù e la solitudine di Maria(Gv 19, 25-27).Alla fine la Via Matris si allarga in un piazzalepavimentato nel 2006; sulla destra è un altarein vetro donato dai pellegrini di San GregorioMatese (CE), a sinistra c’è la fonte dell’acquamiracolosa che risanò il figlio di CarloAcquaderni. Inizialmente era solo una sorgen-te, poi nel 1941 vi fu costruito un pozzo coper-to da un tempietto (risistemato nel 2006) conla scritta “Eia Mater Fons Amoris”.Dal piazzale una breve scalinata e una rampaper disabili porta alla vicinissima grotta dellaApparizione, dove un gruppo scultoreo inbronzo (con Bibiana Serafina e alcune peco-relle) ricorda il prodigio. La Vergine è opera del-l’artista Urbano Buratti (1975), le due veggen-ti e le pecorelle di Alex Kostner della scuola diOrtisei (2002). A pochi metri è il punto esatto delle apparizio-ni: quando iniziarono i primi pellegrinaggi(1888), su quel luogo fu posta una croce, magli anni e i lavori umani hanno modificato il ter-

ritorio e oggi la “grotta” maria-na non esiste più (è sta-ta riprodotta più in basso). Nel punto esatto dove com-parve Maria fu posta peròuna stele con una crocee la scritta “Luogo delleapparizioni”. In una spianata di pocosoprastante, dove giungeanche una strada asfaltatache sale dal santuario edove si alza una grandecroce, fu eretta la cappelladelle apparizioni, bene-detta da mons. AlbertoCarinci il 27 settembre 1947;è tutta in pietra e al suointerno custodisce (custo-diva? Io vi ho visto un pic-

Basilica minore Santuario della Madonna Addolorata

segue nella pag. 34

Page 34: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

3434 Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

colo mosaico!) un dipinto dell’Addolorata diCastelpetroso opera del 1948 di Mario Barberis(lo stesso artista che nel 1953 dipinse la paladi S. Stefano nella chiesa omonima diValmontone).A Castelpetroso la devozione alla Madonna èsecolare, confermata da numerose testimonianzeartistiche e devozionali. Ne sono prova le trefeste dell’Addolorata, che si celebrano il vener-dì di passione, l’ultima domenica di agosto e il15 settembre. Le apparizioni del 1888 affondano le radici inquesto humus devozionale e hanno come pecu-liarità la loro continuità e la molteplicità dei veg-genti, attirando nel paesino molisano migliaiadi pellegrini in ogni epoca.A destra della cappella dell’apparizione parteil sentiero di Tobia, una strada prima cemen-tata e poi sterrata in salita che in circa 5 km rag-giunge la panoramica vetta del montePatalecchia (m 1400). Il sentiero di Tobia, voluto dagli scout e dallaparrocchia della cattedrale di Campobasso e bene-detto da mons. Giancarlo Bregantini il 22 mag-gio 2011, unisce al tema religioso il tema natu-ralistico ed è un’importante opera di salvaguardiae valorizzazione del territorio. Consta di 11 pan-nelli di legno (oggi qualcuno è scomparso e mol-ti sono di difficile lettura perché sbiaditi) che descri-vono ciascuno una tappa del cammino del Tobiabiblico, tutte espressive del disagio e delle spe-ranze dei giovani di ogni tempo.Il santuario di Castelpetroso conserva anche ricor-di della storia più antica del popolo molisano.All’ingresso dell’area sacra, contrassegnata daun colonna sormontata da un angelo in pietra,sulla sinistra della strada è visibile sul terreno

erboso una grande pietra dalla superficiesuperiore levigata, con accanto la scritta Ara Pacis.E’ vicino a un cartellone intitolato La leggendadel Bue Sacro, con la figura di un bovino sor-montato da un angelo recante una corona e lascritta “Ego Bos Taurus Samnites ad Bovianumperduxi”. Il testo spiega : “Nel V secolo a. C. Sabini e Umbrientrarono in conflitto a causa dell’uso dei pasco-li per la pastorizia, principale attività dei due popo-li. I Sabini ebbero la meglio ma subito furonovittime di grandi calamità. Per averne spiega-

zioni fu interrogato l’oracolo situato sul fiumeVelino, secondo il quale la causa delle cala-mità sarebbe stata l’ira di Marte, il dio della for-za vitale, che per essere placato impose duecondizioni: 1) Sacrificargli sull’altare degli olocausti agnel-li, capretti e vitelli. 2) Obbligare i nati in quella primavera fatale,divenuti adolescenti, a staccarsi dalla tribù edemigrare in cerca di una nuova patria in terrastraniera. A guidarli sarebbe stato un bue sacroa Marte (qui raffigurato sovrastato dalla vitto-ria alata) che li avrebbe fatti sostare nel luo-go di destinazione. Quale mistico bovaro e for-se capo religioso della spedizione fu scelto uncerto Castromio. Così un gruppo di Sabini, lascia-ta la regione originaria, raggiunse la terra degliOpici (oggi Molise) e vi si insediò secondo l’in-dicazione del bue sacro a Marte.Passando dalla leggenda alla storia, la diasporaci fu e 7000 Sabini, in nome della primavera

sacra (ver sacrum), vennero a stabilirsi in que-sto territorio che divenne Stato e si chiamò Safinime i suoi abitanti Safineis e la loro capitale Bovaianom.Quando i Romani nel 293 a. C. vinsero defini-tivamente il lungo scontro durato 50 anni conquesto popolo orgoglioso e geloso della sua iden-tità, Safinim, Safineis e Bovaianom divennerorispettivamente Sannio, Sanniti e Bojano”.

BIBLIOGRAFIA: A. La Regina, Culture Adriatiche Antiche d’Abruzzo e di Molise; Id., Abruzzo Molise, guide archeologiche Laterza; A. Di Niro, Safinim, il primo Molise, IRESMO.

Visita 10-12 maggio 2019

La grotta dell’apparizione, con un gruppo scultoreo in bronzo (con Bibiana, Serafina e alcune

pecorelle). La Vergine è opera dell’artista Urbano Buratti (1975), le due veggenti e le pecorelle

di Alex Kostner della scuola di Ortisei (2002)

Page 35: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

3535Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

Mara Della Vecchia

AAngelo Branduardi,cantautore ita-l iano cono-

sciuto per aver creato unnuovo genere musicaleche unisce la musicaantica, soprattutto medioe-vale, con la musica folktradizionale, dopo seianni dal suo ultimo lavo-ro, “Il rogo è la rosa”, pub-blica un nuovo disco: “Ilcammino dell ’anima”,uscito nello scorso otto-bre, tutto dedicato allemusiche di Hildegard von Bingen, procla-mata Santa e dottore della Chiesa nel 2012da papa Benedetto XVI.Hildegard, monaca benedettina e badessa a Bingennel 1100, fu una musicista ma anche mistica,poetessa, filologa ed erborista e molto altro, nel-la sua epoca fu una figura di spicco nella vitaculturale e politica, soprannominata La Sibilladel Reno, ebbe contatti alla pari con impera-tori e papi.Hildegard definiva “Sinfonia” il ciclo lirico dellesue opere e “sinfonica” è per lei l’anima “chetrova la sua espressione nell’accordo segretotra spirito e corpo nell’atto musicale”. Le opere di questa singolare musicista sonomolto belle ed anche molto eseguite ancora ogginell’ambito di coloro che si dedicano alla musi-ca medioevale. Ne “Il cammino dell’anima”, Branduardi rive-ste di armonia le melodie di Hildegard, rea-lizzando una suite di nove brani tratti dall’o-pera Ordo Virtutum, dramma liturgico diHildegard dove le virtù personificate seguonocon trepidazione il percorso impervio dell’Anima,gioiscono quando questa si avvicina e soffro-no quando si allontana, respingono con vocimelodiose gli attacchi del diavolo, l’Anima mes-sa di fronte alla iniquità del demonio, che è inca-pace di una visione alta della vita, sceglie le

Virtù le quali mostrano l’armonia del loro regno,la loro potenza, la bellezza di un’esistenza dedi-cata all’amore ultraterrena.Per la realizzazione del disco, il testo in latinoè stato tradotto e rielaborato da Luisa Zappi,moglie di Branduardi e sua storica collabora-trice. Il cammino dell’anima si compone di nove

tracce: Preludio, il cammino dell’anima 1,2,3,Gerusalemme (strumentale), l’Estasi- la Donna,Sinfonia (strumentale), l’Estasi-io Figlio, Coda.Notevoli sono le due invocazioni a Maria defi-nita generosa, così a lei si rivolgono le Virtù:“Salve a te, dolcissima Madre. Il tuo Creatorein te respira”.

Page 36: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

3636 Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

Tonino Parmeggianiseconda parte

NNell’articolo pubblicato nello scorsonumero di Ecclesia abbiamo desunto,da un atto notarile dell’anno 1794, l’in-

formazione che la ‘Compagnia o Università deiMulattieri’ era stata eretta nel 1624; adesso voglia-mo continuare con la trascrizione dell’Atto nota-rile di fondazione ed accettazione dei relativi Capitolidello statuto: l’atto venne redatto dal notaio veli-terno ‘Ardicinus de la Porta’, il 28 Novembre 1624,

ma l’atto originale non ci è pervenuto in quan-to di questo notaio, nell’archivio notarile di Velletri,esiste un solo volume, che copre un arco cro-nologico dal 1606 al 1635 (vol. 516 ex 534), mache contiene solo poche lettere ed atti.Provvidenzialmente ci è venuto in soccorso (dicerto con l’aiuto di S. Antonio Ab.!) una, forsel’unica ancora esistente, copia a stampa dellostesso, edita a cura della stessa Compagnia nel-l’anno 1646, «CAPITOLI. STATUTI. ET ORDI-NATIONI DELLA COMPAGNIA DI MULAT-TIERI DI VELLETRI», per i tipi di Palmerio Giannotti,

Velletri, 1646. Il piccolo volume,conservato presso il Fondo Antico del-la Biblioteca Diocesana di Velletri, ilquale consta di 9 pagine, in carta per-gamena che riportano il testo dei 24articoli dello statuto, alle quali nel tem-po sono stati aggiunti altri 15 fogli cheriportano le conferme manoscritte, daparte di tutti i Vescovi che si succe-dettero nei due secoli successivi, comeprescritto dall’art. 24 dei Capitoli, cosainvero unica. A chiusura del testo astampa è detto ‘Stampate ad instan-zia di Bonifatio Castagna, e GiuseppePontianella, e di tutta la Compagnia’. Lo stampatore, Palmerio Giannotti,era stato già collaboratore del più notoLodovico Grignani e di lui sono cono-sciute altre opere. Il volumetto è altre-sì arricchito da una coperta in cuoiodecorata, in entrambi i piatti, con sin-golari motivi ‘a ferro di mulo’ che siripetono per circa 50 volte in ogni piat-to, all’interno di riquadri attorno a moti-

vi decorativi al centro. Data la fragilità dell’operasi è reso necessario nell’anno 2015 un accu-rato lavoro di restauro con i fondi dell’8xmille del-la C.E.I., molto impegnativo per la coperta in cuoioin cattivo stato di conservazione. L’intervento direstauro è stato eseguito dalle dott.sse docen-ti Alessandra Terrei e Giulia Doni.Alla costanza dei mulattieri che si sono succe-duti nel tempo dobbiamo la trasmissione di que-sto importante documento ma il ruolo della Compagniaaveva forse altri risvolti commerciali di cui si spe-ra di trovare qualche traccia.

Nel Nome di DIO, e della gloriosis-sima V. Maria, SS. Pietro et PaoloApostoli, Clemente, Eleuterio, Pontiano,et Geraldo, [I quattro Santi Protettori]dell’Inclita Città di Velletri, e di S. AntonioAvocato della Compagnia dè Mulattieri

[La numerazione dei Capitoli ènostra, tanto per facilitarne la con-sultazione, così come il testo illustrativotra parentesi quadre]

[1] IN prima si ordina, e statuisce, cheli Mulattieri così Padroni, comeGarzoni, tanto Cittadini, comeForastieri, ò habitanti nella Città di Velletri,siano tenuti, et obligati osservare gliinfrascritti Capitoli sotto le pene in quel-li contenuti. [Appartenendo a questa Compagnia,i singoli Mulattieri dovevano attenersianche ai vari comportamenti nel lavo-ro, agli impegni associativi, oltrechéalla frequenza delle opere devozio-nali].;

[2] Item ch’ogn’anno siano [eletti] doi Consolidi detta Arte [Il termine Arte in quei seco-li, era sinonimo di Università, Compagnia…, era cioè l’insieme di coloro che eser-citando la stessa professione, si asso-ciavano, sia per regolamentare il propriolavoro, proteggere i propri interessieconomici oltreché per un sistema di soli-darietà fraternale tra di loro; le Compagnienon indossavano abito proprio, o inse-gne processionali come le Confraternite,le quali per contro avevano di maggioriobblighi devozionali] quali siano hono-rati, e riveriti da tutti li altri dei detta Arte,et anco un Camerlengo, quale debba tenerconto de l’entrata, et esito di quella, secon-do gl’infrascritti Capitoli, et ogn’Anno nelgiorno di S. Antonio, debbano congre-gare detta Compagnia nella Chiesa di S.Antonio: dove tutti li Padroni debbano eleg-gere li Consoli, e Camerlengo perl’Anno seguente, sotto pena di un scu-do per ciasche [= ciascuno] Console, chemancherà, e chi di detti Mulattieri man-cherà d’intervenire, incorra nella pena dibaiocchi trenta per ciascuno. [I due Consoli o Ufficiali, oggi diremmo

continua nella pag. accanto

Page 37: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

3737Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

il Direttivo, rimanevano in carica un anno, coadiuvati da un amministratore,il Camerlengo; l’anno sociale si chiudeva nella festa di S. Antonio Abate,il 17 gennaio, pene previste per chi si sottraeva al suo dovere; nellavita sociale e politica di allora, le Compagnie erano un po’ l’ossaturadell’economia e, spesso, si trovavano ad assumere anche altri ruoli].; [3] Item per elettione di detti Consoli, si debbano eleggere doi Imbussolatori[due persone che dovevano aiutare in questo ‘sorteggio’], in questo modo,cioè; ragunati [= radunati, solo i Padroni e non anche i garzoni]; tutti liPadroni Mulattieri in detta Chiesa, si debba à ciascuno di questi dareuna fava per uno in mano, eccetto alli Consoli, et Camerlengo [non pote-vano fare gli imbussolatori], tutte bianche, eccetto doi negri secretamente,e poi per il Notaro di detta compagnia, ricuperar dette fave dalli mede-mi ad’uno, ad uno, et à chi di quelli sarà tocco la fava negra, quelli doisiano imbussolatori, [/ PAG 2] a quali tirati da parte insieme con il det-to Notaro, debbano eleggere doi Consoli, et un Camerlengo, quali hab-biano stanza, et possedino in detta Città, [Il criterio dell’eliggibilità si restrin-ge così ai mulattieri locali, anche proprietari d’immobili nella città, i qua-li cioè partecipavano in modo certo alla vita economica] e non sianodebitori di detta Compagnia, altrimente incorrano detti Imbussolatori nel-la pena di scudi doi, e tal’elettione, niente dimeno sia nulla.; [4] Item che tali Consoli, e Camerlengo siano obligati accettare tal’of-fitio, sotto pena di scudo uno per ciascuno, qual de fatto si debba paga-re, qual’ offitio debba durare per un’Anno, e tali Consoli, eCamerlenghi, e lor garzone per quel tempo siano esenti, e liberi daogni tassa, e pagamento per detto Anno [una minimo di ricompensaper il lavoro da svolgere].; [5] Item che detti Consoli, e Camerlengo debbano giurare d’esercitarl’offitio bene, e legitimamente, e poi subito eleggere li Sindicatori doi àsindicare gli loro antecessori, sotto pena di baiocchi trenta per uno [Dovevano certificare, come accade ancora oggi, la correttezza del bilan-cio dell’anno precedente]; [6] Item che gli Consoli, e Camerlengo passati, debbano fra termine diotto giorni, dopò il lor tempo haver consegnato il libro dell’administra-tione loro, in mano delli Consoli di quell’anno, per darlo alli sindicatorieletti, sotto pena di giulij cinque per ciascuno, quali sindicatori debba-no fra termine di quindici giorni dopò la ricevuta di detti libri, haver sin-dicati quelli, sotto pena di giulij cinque per ciascuno [mezzo scudo], ethabbiano per loro salario giulij uno per ciascuno [10 baiocchi].; [7] Item che dalla detta sentenza, e sindicatione non si possa nessu-no rechiamare, ne appellare, sotto pena di scudi quattro per ciascuno[è la pena massima prevista nello statuto].; [/ PAG 3] [8] Item che detti Consoli debbano ogn’anno comprar doi torcie di cerabianca di libre cinque [spazio di una parola sullo stampato] e quelleaccese far portare avanti l’Imagine del santissimo Salvatore nella festadell’Assunta di S. Maria d’Agosto, conforme fanno tutte l’Arti sotto penad’uno scudo.; [9] Item debbano similmente comprar quattro torcie bianche, e tener-le per accompagnare li morti della detta Compagnia alla sepoltura cheAbbi età di Esercitare l’Arte.; [10] Item che si debba dare nella festa dell’Assuntione della B. Vergined’Agosto al Notaro per suo emolumento una torcia di libre doi bianca,à spese di detta Compagnia [A chiusura dell’anno sociale].; [11] Item che in detta festa tanto la vigilia à Vespero, quanto la matti-na seguente alla Messa in processione, si debbano ritrovare tutti li Padroni,e garzoni sotto pena di giulij doi per Padrone, et uno per garzone, equesto nella Chiesa di S. Clemente. [L’obbligo della partecipazione, a questa importante Festa, per tutte leCompagnie o Arti, era previsto altresì dal Cap. VII, libro V, degli Statuticomunali dell’anno 1544].; [12] Item che tutti li forastieri che vorranno lavorare con le loro bestienella Città di Velletri, e suo Territorio debba pagare un giulio per bestia[cioè 10 baiocchi, ma questa tassa valeva per un anno, come specifi-cato al punto successivo; restrizioni erano previste anche per i buoi perarare], quale lo debbano riscotere li detti Consoli, e Camerlengo, altri-mente siano tenuti del loro proprio. [Questa Capitolo è l’unico che viene evidenziato da una manina, dise-

gnata sul margine interno, ad evidenziarne l’importanza].; [13] Item tutti li Mulattieri, ò altre persone, che faranno il carreggio [tra-sporto con carri] di Roma, ò che carreggiaranno Fieno, e Mosto nellaCittà di Velletri, ò con Muli, ò con Cavalli, debbano ogn’anno pagar’ungiulio per bestia, sotto pena à chi non gli rescoterà di detti Consoli, eCamerlengo di pagarlo del loro. [non si parla del trasporto del legna-me, dei materiali da costruzione, ad esempio della pozzolana che, inve-ro, veniva venduta secondo l’unità di misura ‘a soma’].; [14] Item che non si debba sollevare, né sobornare garzone [corrom-pere per passare da uno all’altro, onde evitare controversie interne] [/ PA G 4] alcuno per levarlo da altro Padrone, sotto pena di doi scu-di.; [15] Item che le cause tutte delli huomini della Compagnia, tanto Padroni,e garzoni, concernenti alla detta Arte, si debbano conoscere, e termi-nare da detti Consoli, sotto pena di dui scudi, da pagarsi da chi ricor-rerà da altri [Tutte le controversie tra Mulattieri dovevano risolversi all’interno dellaCompagnia]; [16] Item che tutte le pene si debbano riscotere inremisibilmente, conesecutione reale, e personale: con il mandato solo del Notaro, e sigil-lo di detta Compagnia.; [17] Item che la Festa di S. Antonio si debba guardare, e li Padroni inquel giorno ci debbano assistere, sotto pena di dui giulij per uno à chimancherà [si obbligano i Padroni a presenziare alla Festa], e gl’Officialisiano obligati far dire tre messe alla detta Chiesa, sotto pena di giulijsei per uno a chi mancherà.;[18] Item che ogni seconda Domenica del mese, debbano li detti Offitialifar dire una messa in detta Chiesa, sotto pena di dui giulij per ciascheOffitiale, et ce si debbano trovare tutti li Padroni, sotto pena d’un giu-lio [Come per le Confraternite, vi era l’obbligo di partecipare almeno inuna domenica fissa al mese].;[19] Item che si debba far’una cassetta, quale debba stare in mano delConsole, e la chiave in mano del Camerlengo, e quando si apre ci deb-ba stare l’uno, e l’altro, e si debba ogni sabbato, per uno di detti Offitialiandar per l’elemosina dalli Mulattieri, et anco in quella ci si debba met-tere tutte l’elemosine.; [20] Item che tutti li Consoli, e Camerlenghi, che gli toccherà di rifor-mare li Capitoli, si debba riformare, e chi mancherà di far detta rifor-matione caschi in pena di scudi doi.;[21] [/ Pag 5] Item che li Consoli siano obligati visitare tutti gl’infermidella detta Compagnia, et havendo bisogno soccorerli, et sovvenirli, finoalla somma di cinque carlini [cinque giuli] senza, licenza della Compagnia,e se occorresse alcuno morire, e non havesse modo, ò robbe bastan-ti à sepellirlo, la Compagnia, debba supplire à tutte le spese necessa-rie per sepellirlo, e tutti della Compagnia lo debbano accompagnare allasepoltura con le torcie accese, e chi mancherà, caschi in pena d’un car-lino, e li Consoli facciano prima intimare à tutti che vadino ad accom-pagnar’il morto, cioè con le quattro nominate nel decimo Capit. [Nellanostra numerazione è il nono].; [22] Item che detti Consoli siano obligati ogn’anno nella Festa della Candelora,comprar delle facole bianche, et quelle farle benedire, e darne una perciasche Mulattiere, sotto pena à chi contraverrà di doi scudi. [dal Calendario del Braconi: il 2 febbraio, Purificatione della Madonna,Monsignor Suffraganeo fà la benedittione, e distributtione delle candele,e si fa la processione alla quale interviene il Magistrato. Nella Chiesadé RR. PP. del Carmine è Indulgenza Plenaria come l’altre feste dellaBeatissima Vergine di tutto l’Anno].; [23] Item che se nella fine dell’anno detratto tutte le sopradette spese,avanzerà qualche somma di denari, si debba dare per elemosina aduna Zitella, figliuola di qualche Mulattiere povero per maritarla, però conconsenso di tutti li Mulattieri, ò la maggior parte d’essi [Una nobile iniziativa, ne vedremo qualche caso in seguito].; [24] Item che gl’Officiali, che si troveranno essere al successore protempore dell’Illustriss. Padrone Card. debbano oprar con ogni diligen-za, e sollecitudine, che il successore predetto, confermi li sopradetti Statuti,

continua nella pag. 38

Page 38: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

3838 Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

e Capitoli, e chi contrafarà, incorra in pena di cinque scudi, da pagar-si ipso fatto, tutti li sopradetti Capitoli [In pratica tutti i futuri Ufficiali della Compagnia, all’insediamento di unnuovo Cardinal Vescovo, dovevano impegnarsi a far riaffermare lo Statutoda questi, sembra richiesta esagerata ma ‘i nostri mulattieri’ riuscironoad osservarla sembra una richiesta per oltre due secoli!].

[Seguono le firme dei primi Ufficiali fondatori]: Servilio Pucci [morirà nel 1651 a 90 anni], e Gio. Battista Vinci Consoli,et Orfeo Merimicche Camerlengo della detta Compagnia tanto in nomeloro, quanto in nome [/ PAG 6] di tutta la Compagnia, che del tutto n’han-no havuto consenso, accertano et approvano, e promettono quelli osser-vare e che per l’avvenire gli successori osservino sotto le pene conte-nute in essi, e supplicano l’illustriss. E Reverendiss. Sig. Cardinal delMonte, Vescovo d’Ostia, et Velletri, d’approvare, e confirmar li sopra-detti Capitoli.

[A conclusione dell’atto, segue l’autentica del notaio Ardicino de la Portache l’ha redatto]: Et ego Ardicinus de la Porta Veliternus Not. et Cancellarius Inclitae CivitatisVeliternae, de consensu, et autoritate supradictorum scripsi, subscrip-si, ac solito sigillo dictae Inclitae Civitatis sigillavi pro veritate, hac die28. Novembris 1624. Loco + sigilli.

[Segue l’approvazione dell’allora vigente Cardinal Francesco Maria delMonte; si noti come si firma solo Vescovo di Ostia, come anche i suc-cessori, in quanto la diocesi era di Ostia-Velletri; questi stabilisce chele pene pecuniarie vengano devolute in beneficenza, in carità cristia-na sentito il parere del Vicario Generale]:

Capitula, Statuta, et Ordinationes de quibus supra ex certa nostra scien-tia, approbamus, et confirmamus, et ab omnibus, et singulis suprascriptaeUniversitatis Muliorum observari mandamus, dummodo tamen poenapecuniariae in eis imposita, convertantur in aliquam certam piam cau-sam, cum partecipatione Vicarij nostri Generalis in Spiritualibus, pro tem-pore existens et non alijs Congregatio verò in Eccl. S. Antonij fieri pos-sit, dummodo tamen accedat consensus Rectoris eiusdem Ecclesiae.

In quorum, etc. Datum Romae die decimoquarto Mensis Decembris Anno Dni Millesimo Sexcentesimo vigesimo quarto, PontificatusSanctiss. D. N. Urbani div. Provid. PP. Octavi Anno Secundo.Franciscus Maria Card. a Monte Episc. Ostien. Loco+ sigilli, Mattheus Morettus Auditor, Octavius Offocrius Secretarius

Qui termina il testo dell’atto notarile di costituzione della Compagniadei Mulattieri, stampato nel 1646; nel prossimo numero continueremoad illustrare tutte le conferme dei Cardinal Vescovi successori.

L’ordine delle

Compagnie delle ArtiTonino Parmeggiani

PPer gli anni in cui viene costituita la nostraCompagnia dei Mulattieri, si rinvengo-no alcuni Decreti che stabiliscono, per

quell’ anno, l’ordine con cui le varie Compagniedelle Arti dovevano partecipare alla Processionedel Salvatore, nei giorni 14 e 15 agosto, che avve-niva così come la descrive il Braconi nel suoCalendario dell’anno 1639 (vedi mio articolo suEcclesia, n. 45, lug-ago 2008):

* 14. Mercordì buono. Vigilia.Avanti il Vespero il Magistrato và à S. Maria delTrivio con li stendardi e Palij, e poi intervienealla Processione, che si fà dalla Cathedrale àdetta Chiesa dà Signori Canonici, Clero e Compagnie,con portare l’Imagine del SS. Salvatore {dipin-to su tavola del ‘Salvatore Benedicente’, con-servato oggi presso il Museo Diocesano} avan-ti la quale tutti gli Artisti {associati alleCompagnie} sono obligati dé andare con duetorce accese di libre quattro l’una per ciascu-na Arte. P + 15. Giovedì fastidioso. Assuntione della Madonna. Festa nellaChiesa di S. Maria del Trivio, dove il Magistratodona la solita cera, et assiste alla messa can-

tata, dòpo la qualela Processione del-la sera avanti ritor-na con la dettaImagine allaCathedrale, che pertutta l’Ottava sta poiscoperta, et è visitatacon grandissimadivozione dalla Città. Il giorno si corronoli Palij de Cavalli,Giovani, Putti, e si fàla lotta {una serie dimanifestazioni civi-li, come le corse all’a-nello, corse di giovaniee gare di lotta, cheaffiancavano quellereligiose}.

L’ordine con cui i due Officiali per ogniCompagnia dovevano precedere il l’Immaginedel SS.mo Salvatore, doveva di certo essere sta-ta causa di litigi e contrasti non da poco, forseda sempre!, se già nei nostri Statuti dell’anno1544, libro V, cap. VII, il legislatore si preoccu-pava di stabilire un ordine, riferendosi come cri-terio a quello vigente protempore nella città diRoma.I Decreti venivano emanati da un ProtonotarioApostolico, il quale aveva potere di giudice, ilgiorno 14 agosto, e fissavano tassativamente,in accordo con il Vicario Generale, l’ordine diprecedenza, ‘Ordine dell’andare delle Compagniedel Arti’: nel 1624 vien detto ‘ne tumultus fiat inPopulo’, in quello del 1626 ‘Presento decreto ad

tollenda scandala, et aliainconvenientia’ …; per noi sonoprovvidenziali fonti docu-mentali che ci testimoniano delriconoscimento dei Mulattieriassieme alle altre Artì: que-st’ultime sono in numero di 13nel 1624 (agosto), nel 1625il nome ‘Mulattieri’ viene inse-rito nell’elenco aggiungendolo,con altra grafia, in una inter-linea, perché l’estensore for-se non sapeva della sua avve-nuta costituzione nel prece-dente dicembre; ma nel 1626viene scritto per bene al 13°posto (il penultimo), dopo gliOrtolani e prima dei Fornari(vedi Tabella).

Ordine delle Compagnie nell'anno1625, nella prima foto;

nel 1626, nella seconda

Page 39: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

3939Febbraio 2020Febbraio 2020Anno 17, n. 2 (171)

Bollettino diocesano:

Prot. n° VSC A 01/ 2020NOMINA DI COLLABORATORE PARROCCHIALE

In base alla Convenzione stipulata tra la diocesi di Velletri-Segni, nella persona del sottoscritto Vescovo Vincenzo Apicella e la diocesi di Kothamangalam (Kerala-India), nella persona del suo Vescovo S.E. Rev.ma Mons. Noel George Madathikandathi, con il presente

DECRETOnomino il Rev.do don Cherian VARICATTU,

nato a Chilavu (Kerala-India) il 21.06.57, ordinato presbitero il 21.12.81 ed incardinato nella suddetta diocesi di Kothamangalam

Collaboratore parrocchialedella Parrocchia di San Pietro Apostolo in Montelanico.

La nomina decorre dal 1° gennaio 2020 ed avrà la durata di tre anni.

Velletri, 03.01.2020 + Mons. Vincenzo Apicella, vescovo—————————————————-

Prot. n° VSC A 03/2020

A norma della delibera della XLV Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana (Collevalenza 9-2. 11. 1998), nella qua-le si è disposto che il vescovo diocesano può stabilire “una diminuzione della quota capitaria fino ad una percentuale del 90% qua-lora la parrocchia versi in straordinarie difficoltà economiche, limitatamente al 15% del numero delle parrocchie della diocesi”;Vista la disciplina delle norme emanate dalla C.E.I. (art. 4, § 3, lettera B, della delibera n. 58) che consente al vescovo diocesano:-di graduare l’onere delle parrocchie in relazione alle reali possibilità economiche di ciascuna;-di diminuire la quota capitaria fino ad una percentuale del 90%,tenuto conto delle straordinarie difficoltà economiche in cui si trovano alcune parrocchie,

DECRETA

che possano usufruire per l’anno in corso 2020 della quota capitaria diminuita, fino alla percentuale del 90% (cioè € 0,00723), leseguenti parrocchie:

Parrocchia San Clemente I p.m., in VelletriParrocchia Regina Pacis, in VelletriParrocchia Santa Maria in Trivio, in VelletriParrocchia Santa Maria Assunta, in Segni

Velletri, 13 gennaio 2020 + Vincenzo Apicella, vescovo—————————————————-

Prot. n° VSC A 04/2020

Ill.mo Comm. Tullio Nicola SorrentinoPresidente I.D.S.C. di Velletri-Segni, Corso della Repubblica, 343 00049 Velletri (RM)

Reverendo Presidente,in riferimento alla delibera 58, nuova lettera d), con la presente Ti comunico che ho provveduto a distribuire, per l’anno 2020, i pun-teggi di cui alla sopra citata delibera, nel seguente modo:

Matricola Nominativo Punti0790182 Ardente Gabriele 60779884 Beccia Teodoro 70697913 Capra Ettore 40531233 Chialastri Cesare 100144342 De Gregoris Mauro 100152850 Diamante Franco 100152873 Fagiolo Franco 90795124 Fatuzzo Carlo 60611944 Fiore Marco 90755370 Galati Antonio 90598984 Mancini Angelo 200569322 Mariani Roberto 100731382 Pacchiarotti Andrea 100673782 Valenzi Daniele 10

Totale Punti 130

Grazie per l’attenzione e buon lavoro.

Velletri, 13 gennaio 2020 + Vincenzo Apicella, vescovo

Mons. Angelo Mancini,il Cancelliere Vescovile

Page 40: Anno 17, n.2(171) - Febbraio 2020 Curia e pastorale per la vita della … · 2020-02-10 · la tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza

Luca Leoni

AAmodo suo, San Biagio sa di primavera,benché la sua solennità ricorra nelrigore invernale del mese delle feb-

bri. Lo attesta uno dei proverbi che lo men-zionano: “Il Barbato, il Frecciato, il Mitrato:il freddo è andato”. I tre santi sono rispetti-vamente: Sant’Antonio abate il Barbato(raffigurato con una lunga e folta barba) il 17gennaio, San Sebastiano ilFrecciato (trafitto da nume-rose frecce) il 20 gennaio eSan Biagio il Mitrato (tradi-zionalmente rappresentatocon la mitria da vescovo sul-la testa) il 3 febbraio. Tra queste tre date, consi-derate da secoli le ultime tap-pe del freddo invernale,quella dedicata a San Biagioè la più vicina alla rinascitaprimaverile. Vissuto nel IVsecolo, Biagio era un medi-co di origini armene. Divenuto vescovo di Sebaste,operò diversi miracoli ma ven-ne arrestato durante la per-secuzione ordinata da Licinio,imprigionato e torturato.

Gli strumenti del suo supplizio,secondo la tradizione, sareb-bero stati dei pettini di fer-ro, mediante i quali glisarebbe stata scorticata lapelle e lacerata la carne. Quei pettini di ferro, poi tra-sformati dagli artisti in car-dacci (pettini usati nellacardatura della lana) sono sta-ti associati a San Biagio inmolti dipinti, tra i quali quel-lo conservato nel MuseoDiocesano di Velletri (nellafoto) che raffigura il vesco-

vo di Sebaste insieme a Sant’Agostino e recen-temente attribuito a Caterina Ginnasi (XVIIsecolo): nella tela, probabilmente ridimensionataper esigenze di collocazione, il cardaccio diSan Biagio è ben visibile in primo piano accan-to al Santo, che è inginocchiato e in preghiera.

Nella cattedrale di Velletri esisteva sin dal-l’epoca medievale un altare dedicato al Santo,che fu poi demolito intorno al 1630 per la costru-zione della cappella dei Santi Protettori (oradel Sacro Cuore di Gesù), su iniziativa del-lo zio della pittrice Caterina, il cardinale Domenico

Ginnasi. Su una delle tre pareti che costituivanol’altare di San Biagio era collocato il monu-mento funebre di Peregrino Orsini, morto dipeste nel 1485, e di sua madre PolissenaPucciaroni, le cui parti superstiti sono con-servate nel locale Museo Diocesano.

Esisteva una chiesa dedicata a San Biagioprobabilmente nei pressi dell’attuale cimite-ro, elencata tra quelle non più esistenti dal-lo storico Bonaventura Theuli già nel 1644,almeno basandosi sul toponimo tuttora esi-stente.

A Velletri il culto del vescovo di Sebaste, seb-bene privato del suo altare in cattedrale sindal terzo decennio del Seicento, restò sal-do grazie a una devozione popolare che persecoli ha continuato ad invocare San Biagioper le più disparate necessità, prima fra tut-

te la protezione della gola.

E la festa della Candelora,o Presentazione di Gesùal Tempio, che ricorre il2 febbraio, giorno pre-cedente la solennità di sanBiagio, può generareuna sorta di confusionecon le candele con le qua-li il sacerdote benedicetradizionalmente la goladei fedeli in occasione del-la festa del Santo Mitrato.

Infine, una curiosità. ARoma, la Corporazionedegli Osti aveva sede pres-so la chiesa di SanBiagio, sebbene nellasua agiografia ufficiale nonvi siano accenni allamescita del vino. Semprea Roma, tra le circatrenta chiese in qualchemodo legate al Santo, pres-so la chiesa dei SantiBiagio e Carlo ‘ai Catinari’(della quale fu parroco ilcompianto vescovo AndreaMaria Erba) è conservatosin dal 1617 il cosiddet-to ‘osso della gola di SanBiagio’, con il quale si bene-dicono i fedeli il 3 febbraiodi ogni anno.

San Biagio, tra arte e oblio