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ANNA MARIA SOLDI L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA ALL’ESECUZIONE (Il testo costituisce un’anticipazione del capitolo sulla opposizione successiva alla esecu- zione aggiornato alle riforme del 2016 della sesta edizione del “Manuale dell’esecuzione forzata” in corso di pubblicazione per la casa editrice CEDAM) SOMMARIO: 1. Il regime normativo pregresso e le posizioni interpretative. - 2. Le novità in- trodotte dalla riforma del 2006. – 3. Le opzioni interpretative circa i rapporti tra le due fasi. – 3 bis. Il termine ultimo per la proposizione dell’opposizione all’esecuzione. - 4. Lo svolgimento del procedimento dinanzi al giudice dell’esecuzione: 4.1. I caratteri del procedimento e la sua natura. 4.2. La competenza funzionale del giudice dell’esecuzione. 4.3. La forma dell’atto introduttivo e la sua notificazione. 4.4. Il rito applicabile e l’iscrizione della causa a ruolo. 4.5. I possibili esiti della udienza dinan- zi al giudice dell’esecuzione. 4.6. Il provvedimento del giudice dell’esecuzione ed il suo duplice contenuto inerente alla sospensione e la competenza. 4.7. La reclamabilità della decisione sulla istanza di sospensione. La regolamentazione delle spese proces- suali in fase sommaria ed il mezzo di impugnazione. 4.8. L’omessa fissazione del ter- mine per l’introduzione della causa di merito. - 5. L’introduzione del giudizio di meri- to: 5.1. Le regole sulla competenza. 5.2. La forma dell’atto introduttivo, la sua notifi- cazione, l’abbreviazione dei termini a comparire, la procura alle liti, l’iscrizione a ruolo, il fascicolo d’ufficio. 5.3. Le parti legittimate all’introduzione della causa di merito. 5.4. La posizione processuale delle parti nella causa di merito. 5.5. L’amplia- mento dell’oggetto dell’opposizione a cura dell’opponente o dell’opposto. 5.6. Gli ef- fetti processuali e sostanziali della domanda di opposizione all’esecuzione. 5.7. Il mancato rispetto del termine perentorio per l’introduzione della causa di merito. - 6. Il rito applicabile. - 7. Il rapporto tra il giudizio di opposizione all’esecuzione preven- tiva o successiva o tra plurime opposizioni all’esecuzione successiva. - 8. La sospen- sione feriale dei termini. - 9. La decisione e l’impugnazione della sentenza. - 10. Il re- gime transitorio. 1. Il regime normativo pregresso e le posizioni interpretative Prima delle riforme del processo civile del 2005-2006 il codice di rito preve- deva che l’opposizione all’esecuzione successiva dovesse essere introdotta con ri- corso dinanzi al giudice dell’esecuzione il quale, secondo quanto previsto dall’art. 616 c.p.c., assunti i provvedimenti sulla sospensione, aveva due alternative: proce- dere alla istruzione se si riteneva competente alla decisione della causa di merito, ovvero in alternativa, ritenuta la propria incompetenza, rimettere le parti dinanzi ad altro ufficio giudiziario (competente per valore), concedendo termine perentorio per la riassunzione del giudizio.

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ANNA MARIA SOLDI

L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA ALL’ESECUZIONE(Il testo costituisce un’anticipazione del capitolo sulla opposizione successiva alla esecu-zione aggiornato alle riforme del 2016 della sesta edizione del “Manuale dell’esecuzione

forzata” in corso di pubblicazione per la casa editrice CEDAM)

SOMMARIO: 1. Il regime normativo pregresso e le posizioni interpretative. - 2. Le novità in-trodotte dalla riforma del 2006. – 3. Le opzioni interpretative circa i rapporti tra le duefasi. – 3 bis. Il termine ultimo per la proposizione dell’opposizione all’esecuzione. - 4.Lo svolgimento del procedimento dinanzi al giudice dell’esecuzione: 4.1. I caratteridel procedimento e la sua natura. 4.2. La competenza funzionale del giudicedell’esecuzione. 4.3. La forma dell’atto introduttivo e la sua notificazione. 4.4. Il ritoapplicabile e l’iscrizione della causa a ruolo. 4.5. I possibili esiti della udienza dinan-zi al giudice dell’esecuzione. 4.6. Il provvedimento del giudice dell’esecuzione ed ilsuo duplice contenuto inerente alla sospensione e la competenza. 4.7. La reclamabilitàdella decisione sulla istanza di sospensione. La regolamentazione delle spese proces-suali in fase sommaria ed il mezzo di impugnazione. 4.8. L’omessa fissazione del ter-mine per l’introduzione della causa di merito. - 5. L’introduzione del giudizio di meri-to: 5.1. Le regole sulla competenza. 5.2. La forma dell’atto introduttivo, la sua notifi-cazione, l’abbreviazione dei termini a comparire, la procura alle liti, l’iscrizione aruolo, il fascicolo d’ufficio. 5.3. Le parti legittimate all’introduzione della causa dimerito. 5.4. La posizione processuale delle parti nella causa di merito. 5.5. L’amplia-mento dell’oggetto dell’opposizione a cura dell’opponente o dell’opposto. 5.6. Gli ef-fetti processuali e sostanziali della domanda di opposizione all’esecuzione. 5.7. Ilmancato rispetto del termine perentorio per l’introduzione della causa di merito. - 6.Il rito applicabile. - 7. Il rapporto tra il giudizio di opposizione all’esecuzione preven-tiva o successiva o tra plurime opposizioni all’esecuzione successiva. - 8. La sospen-sione feriale dei termini. - 9. La decisione e l’impugnazione della sentenza. - 10. Il re-gime transitorio.

1. Il regime normativo pregresso e le posizioni interpretative

Prima delle riforme del processo civile del 2005-2006 il codice di rito preve-deva che l’opposizione all’esecuzione successiva dovesse essere introdotta con ri-corso dinanzi al giudice dell’esecuzione il quale, secondo quanto previsto dall’art.616 c.p.c., assunti i provvedimenti sulla sospensione, aveva due alternative: proce-dere alla istruzione se si riteneva competente alla decisione della causa di merito,ovvero in alternativa, ritenuta la propria incompetenza, rimettere le parti dinanzi adaltro ufficio giudiziario (competente per valore), concedendo termine perentorioper la riassunzione del giudizio.

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PARTE OTTAVA – LE OPPOSIZIONI ESECUTIVE1590

Completava la disciplina l’art. 185 disp. att. c.p.c. secondo cui “all’udienza dicomparizione dinanzi al giudice dell’esecuzione fissata a norma degli articoli 616,618 e 619 del codice si applica la disposizione dell’art. 183 del codice”.

L’interpretazione delle norme testé richiamate si è però rivelata alquanto diffi-cile soprattutto a seguito della novella di cui alla legge n. 353 del 1990 che ha mo-dificato l’art. 183 c.p.c. ed introdotto l’art. 180 c.p.c..

Di qui l’elaborazione di due diverse tesi interpretative1.Secondo un primo orientamento il procedimento di opposizione all’esecuzione

“successiva” aveva una struttura unitaria o per meglio dire monofasica poiché ini-ziava con la proposizione del ricorso che andava integrato, quanto al contenuto, aisensi dell’art. 163 c.p.c., notificato alla controparte nel rispetto dei termini di cuiall’art. 163 bis c.p.c. ed iscritto a ruolo2. Il procedimento si articolava, quindi, inun’udienza di prima comparizione, disciplinata dall’art. 180 c.p.c. nel corso dellaquale il giudice assumeva i provvedimenti sulla sospensione e valutava la propriacompetenza; proseguiva, quindi, con la fissazione dell’udienza di trattazione previ-sta dall’art. 183 c.p.c. ove il giudice dell’esecuzione si fosse ritenuto competente.Tale posizione aveva ricevuto l’avallo della Corte Costituzionale3.

Secondo una diversa posizione interpretativa l’opposizione all’esecuzione“successiva” era caratterizzata da una struttura bifasica. Si riteneva che il ricorsointroduttivo (a prescindere dall’integrazione del suo contenuto, ritenuta non neces-saria) dovesse essere notificato alla controparte anche senza il rispetto dei terminidi cui all’art. 163 bis c.p.c.; detto ricorso, invero, introduceva una fase preliminarerispetto al giudizio di merito, interna alla procedura esecutiva, riservata al giudicedell’esecuzione e finalizzata esclusivamente alla assunzione dei provvedimenti sul-la sospensione e sulla competenza. La seconda fase, nettamente distinta dalla pri-ma, iniziava nel termine concesso dal giudice dell’esecuzione con l’integrazionedegli atti e l’iscrizione a ruolo se la competenza apparteneva al suo stesso ufficiogiudiziario o con la riassunzione della causa quando competente a decidere fosseun ufficio giudiziario diverso da quello investito del processo esecutivo. Essa sisvolgeva per intero secondo un ordinario giudizio di cognizione anche se rettodall’originario ricorso introduttivo, eventualmente integrato quanto al contenutosecondo le disposizioni del giudice dell’esecuzione4. L’orientamento favorevolealla concezione bifasica era stato quello preferito dalla giurisprudenza5.

1 Per un’illustrazione delle diverse opzioni interpretative, VIGORITO, Le opposizioni esecutive, Mila-no, 2002, 22 ss.2 La necessità dell’iscrizione a ruolo era stata esclusa dalla giurisprudenza di Cassazione: Cass. 19dicembre 19898, n. 5684; la giurisprudenza di merito riteneva necessaria, sia pur con modalità diver-se, l’iscrizione della causa a ruolo; per una illustrazione delle prassi, VIGORITO, op. cit., 22 ss.3 Cfr. Corte Cost. 5 novembre 1996, n. 388 che, nel rigettare l’eccezione di incostituzionalità dell’art.185 disp. att. c.p.c., aveva accolto questa interpretazione ed aveva affermato che il difetto di coordi-namento tra la norma impugnata e gli artt. 180 e 183 c.p.c. potesse essere superato con la fissazione diun’udienza di comparizione nel rispetto dei termini stabiliti nel processo di cognizione. Solo nel casoin cui ciò si fosse rivelato impossibile, il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto limitarsi a decideresull’istanza di sospensione rinviando alle successive udienze per gli adempimenti previsti dagli artt.180 e 183 c.p.c..4 In tal senso MONTANARO Opposizioni esecutive proposte nel corso dell’esecuzione e disciplina delprocesso ordinario di cognizione, in Riv. esec. forz., 2004, 497 ss..5 In questo senso cfr. Cass. sez. un. 21 luglio 1998, n. 7128.

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CAPITOLO QUINTO - L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA ALL’ESECUZIONE 1591

2. Le novità introdotte dalla riforma del 2006

Il legislatore della riforma del 2006 ha inteso risolvere il contrasto interpretati-vo sulla disciplina dell’udienza dinanzi al giudice dell’esecuzione e sui rapporti trale due fasi del giudizio di opposizione riformulando tanto l’art. 185 disp. att. c.p.c.che gli artt. 616 e 618 c.p.c., ma non sembra aver centrato in pieno l’obiettivo poi-ché a tutt’oggi l’interpretazione delle norme sull’introduzione delle opposizioniall’esecuzione successiva non è univoca.

L’esame delle disposizioni novellate consente di indicare con brevi cenni iprincipi che regolano la materia in esame:− la fase introduttiva del giudizio è restata immutata; l’opponente cioè deve de-

positare il ricorso in opposizione nella cancelleria del giudice dell’esecuzioneche, con decreto in calce al ricorso, fissa l’udienza di comparizione delle partie stabilisce il termine perentorio in cui deve farsi luogo alla notificazione;

− ai sensi dell’art. 185 disp. att. c.p.c., l’udienza di comparizione fissata dal giu-dice dell’esecuzione a seguito dell’introduzione di un’opposizione esecutivasuccessiva (e, dunque, la sola fase preliminare) si svolge secondo le norme sulprocedimento camerale di cui agli artt. 737 ss. c.p.c.;

− secondo la previsione dell’art. 616 c.p.c., terminata la fase prevista perl’emissione dei provvedimenti sulla sospensione e per le determinazioni sullacompetenza, il giudice dell’esecuzione fissa un termine perentorio per l’iniziodel giudizio di merito, da proporsi secondo le modalità previste in ragione del-la materia e del rito, ove ritenga che competente sia lo stesso ufficio giudizia-rio cui appartiene; in alternativa fissa un termine perentorio per la riassunzionedella causa dinanzi all’ufficio giudiziario competente;

− visto il riferimento esplicito al concetto di giudizio di merito può ritenersi chela causa introdotta nei termini e modi suindicati debba svolgersi secondo le re-gole del processo di cognizione;

− la sentenza che definisce la causa di merito, per espressa previsione dell’art.616 c.p.c., è non impugnabile.

3. Le opzioni interpretative circa i rapporti tra le due fasi

Alla luce di quanto sin qui delineato sui tratti caratterizzanti della riformasembra potersi affermare che il legislatore del 2006 abbia inteso delineare il proce-dimento secondo la concezione bifasica.

La tecnica normativa utilizzata non si è rivelata, però, impeccabile come di-mostra il fatto che, nonostante la novella, sono proseguiti i contrasti interpretativi6.

6 In questo senso ORIANI, La sospensione dell’esecuzione (sul combinato disposto degli artt. 615 e624 c.p.c.), in Riv. esec. forz., 2006, 245 il quale, riferendosi alla legge, n. 52 del 2006, afferma che“si tratta di una legge che, attraverso disposizioni eccessivamente sintetiche, malamente formulate e

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PARTE OTTAVA – LE OPPOSIZIONI ESECUTIVE1592

Tra i primi commentatori vi è chi ha sostenuto che la riforma ha introdotto unavera e propria “rivoluzione” in tema di giudizi di opposizione che oggi dovrebberosvolgersi tutti in camera di consiglio e andrebbero definiti con sentenza non impu-gnabile7.

Altri interpreti hanno affermato che l’opposizione esecutiva successiva, anchea seguito delle modifiche normative citate, conserverebbe una struttura monofasica.Il giudizio di opposizione sarebbe cioè introdotto e sorretto durante tutto il suosvolgimento dal ricorso introduttivo e si articolerebbe in due fasi della quali, laprima, celebrata dinanzi al giudice dell’esecuzione, sarebbe caratterizzata da unacognizione sommaria, mentre la seconda, celebrata dal giudice dell’opposizione, sisvolgerebbe “secondo il modulo della cognizione piena ed esauriente”8. Tale rico-struzione troverebbe il suo fondamento in alcuni dati normativi, primo fra tutti ilfatto che, a norma dell’art. 615 co. 2 c.p.c., la causa di opposizione si dice “propo-sta” con il ricorso introduttivo. Ma a medesime conclusioni farebbe propendere lastessa formulazione dell’art. 616 c.p.c. nella parte in cui, illustrando le forme di in-troduzione della causa di merito, utilizza il concetto di “riassunzione” con riguardoall’ipotesi dell’incompetenza dell’ufficio giudiziario cui appartiene il giudicedell’esecuzione, come ad evidenziare la necessità di proseguire un giudizio giàpendente9. Conforterebbe, inoltre, per la tesi della struttura monofasica l’art. 184disp. att. c.p.c.10 a tenore del quale il ricorso introduttivo recante la richiesta di so-spensione deve contenere i requisiti di cui all’art. 163 n. 4 e 5 c.p.c.11.

male coordinate, introduce importantissimi, e sovente discutibili, mutamenti del tessuto normativo,senza che un minimo dibattito abbia preceduto la sua approvazione”.7 In questo senso CAPPONI, L’intervento dei creditori dopo le tre riforme della XIV legislatura, in Riv.esec. forz., 2006, 22. Per completezza, si rammenta che il “nuovo” regime di inimpugnabilità dellesentenze rese in relazione alle opposizioni esecutive ha avuto vita breve poiché, a seguito della rifor-ma del 2009, è stato ripristinato il regime ordinario di impugnabilità tanto per le sentenze emesse aisensi dell’art. 615 c.p.c. che per quelle emesse ai sensi dell’art. 619 c.p.c..8 Per l’esame delle posizioni assunte in questo senso dalla dottrina cfr. anche ROMANO, La nuova op-posizione all’esecuzione (rilievi a prima lettura dopo la legge 24.2.2006, n. 52), in Riv. esec. forz.,2006, 494; PROTO PISANI, Novità in tema di opposizioni in sede esecutiva, in Foro it., 2006, V, 212,spec. 213 – 214; TOTA, Commento agli artt. 616 - 185 disp. att., in Commentario alle riforme delprocesso civile, a cura di BRIGUGLIO – CAPPONI, Padova, 2007, 574 ss.; MANDRIOLI, Diritto proces-suale civile, Torino, 2009, IV, 196, nota 27; BOVE – (BALENA), Le riforme più recenti del processocivile, Bari, 2006, 289 ss.; VERDE, La riforma dei libri III e IV del codice di procedura civile (Appen-dice di aggiornamento a VERDE – CAPPONI, Profili del processo civile, III, Processo di esecuzione eprocedimenti speciali), Napoli, 2006, 38; LUISO – SASSANI, La riforma del processo civile, Milano,2006, 197; CANAVESE, Commento all’art. 616 c.p.c., in Le recenti riforme del processo civile, a curadi CHIARLONI, I, Bologna, 2007, 1089 ss.; MENCHINI – MOTTO, Le opposizioni esecutive e la sospen-sione del processo di esecuzione, in AA.VV., Il processo civile di riforma in riforma, Milano, 2006,175 ss.; CAPPONI, Il processo esecutivo, Bologna, 2008, 181; CONSOLO, Spiegazioni di diritto proces-suale civile. I. Le tutele: di merito, sommarie d esecutive, Padova, 2008, 422; CAMPAGNA, Le opposi-zioni, in AA.VV., La nuova esecuzione forzata dopo la l. 18 giugno 2009, n. 69 a cura di DEMARCHI,Bologna, 2009, 1221 ss.9 MENCHINI – MOTTO, op. cit., 175-178.10 In questo senso TOTA, op. cit., 573 nota 6.11 Tale norma per la verità ha mantenuto la sua formulazione originaria poiché non è stata modificatadalle riforme del 2005-2006. Da ciò taluni interpreti hanno tratto argomento per affermare che il ri-corso presentato al giudice dell’esecuzione determina già la pendenza dell’opposizione esecutiva suc-cessiva.

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CAPITOLO QUINTO - L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA ALL’ESECUZIONE 1593

Come si è già anticipato, è però preferibile ritenere che la riforma abbia intesosancire normativamente la struttura bifasica delle opposizioni esecutive successi-ve12 elaborata in via interpretativa nel vigore del pregresso sistema normativo.

Di fatto il legislatore ha operato una netta cesura tra la prima fase del procedi-mento dell’opposizione esecutiva (che, introdotto con il ricorso depositatodall’opponente, si svolge dinanzi al giudice dell’esecuzione e si conclude con iprovvedimenti sulla sospensione e sulla competenza, e la seconda fase che dà luo-go al processo di cognizione vero e proprio, la cui introduzione è peraltro eventualee rimessa alla iniziativa successiva degli interessati.

Conforta tali conclusioni il fatto che il procedimento incidentale celebrato di-nanzi al giudice dell’esecuzione è regolato dalle norme sul procedimento cameralee non da quelle sul processo di cognizione.

Ma una netta cesura tra le due fasi in cui si articola l’opposizione emerge so-prattutto dall’art. 616 c.p.c. nella parte in cui prevede che il giudice dell’ese-cuzione, se ritiene competente l’ufficio giudiziario cui appartiene, fissa un termineperentorio per la “introduzione della causa di merito”, “previa iscrizione a ruolo”.

L’utilizzazione di tali locuzioni induce a ritenere che l’intenzione del legislato-re sia stata quella di collocare ante causam la fase incidentale introdotta con ricorsodinanzi al giudice dell’esecuzione.

Certo, l’art. 616 c.p.c. crea non pochi equivoci quando stabilisce che, nel casoin cui la competenza a decidere della causa di opposizione appartenga ad ufficiogiudiziario diverso da quello dinanzi al quale pende il processo esecutivo, debbaprovvedersi non alla “introduzione”, ma alla “riassunzione” della causa. Invero, ilconcetto di “riassunzione” presuppone la pregressa pendenza di un giudizio ed ap-pare in sé inconciliabile con quello di “introduzione”. Tuttavia, in un contesto sif-fatto ove il tenore letterale delle disposizioni non soccorre poiché non consente in-terpretazioni univoche, sembra potersi sostenere che il riferimento ad un’ipotesi diriassunzione sia più la conseguenza di un refuso (derivante dalla inesatta riformu-lazione dell’art. 616 c.p.c. che nella stesura antecedente alla riforma prevedeva lariassunzione nel caso di incompetenza del giudice dell’esecuzione) che una sceltaconsapevole.

Diversamente opinando, e cioè attribuendo rilievo centrale e dirimente all’uti-lizzo del termine “riassunzione”, si finirebbe per negare qualsiasi significato allamodificazione dell’art. 616 prima parte c.p.c.. Né sembra condivisibile la tesi se-condo cui il legislatore abbia prescritto l’introduzione della causa di merito dinanziall’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell’esecuzione al solo scopo disottolineare la necessità che il giudizio fosse deciso con sentenza da un giudice

12 In questo senso BARRECA, La riforma della sospensione del processo esecutivo e delle opposizioniall’esecuzione e agli atti esecutivi, in Riv. esec. forz., 2006, 674-675; (BUCCI) – SOLDI, Le recenti ri-forme del processo civile, cit., 402 ss.; RECCHIONI, I nuovi artt. 616 e 624 c.p.c. fra strumentalità “at-tenuata” ed estinzione del “pignoramento”, in Riv. dir. proc., 2006, 656 ss.; AMADEI, Le opposizionie la sospensione del processo esecutivo, in AA.VV., Il nuovo processo di esecuzione, a cura diCECCHELLA, Milano, 2006, 193; BRUSCHETTA, La riforma del processo civile, 2006, 40 ss.; BATTA-GLIAMADEI, Sub artt. 615-619 c.p.c. e 185 disp. att., in AA.VV., La riforma del processo civile, a curadi CIPRIANI – MONTELEONE, Padova, 2007, 425.

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PARTE OTTAVA – LE OPPOSIZIONI ESECUTIVE1594

persona fisica diverso da quello investito del processo esecutivo13, poiché, se que-sta fosse stata la finalità, non era necessario far riferimento alla causa di merito esoprattutto prescrivere una nuova iscrizione a ruolo di un processo di cognizionegià pendente.

Ciò non toglie che alla luce dell’indicazione dell’art. 616 c.p.c. possa preve-dersi una riorganizzazione degli uffici giudiziari che preveda l’assegnazione dellacausa di opposizione nella fase di merito ad un giudice diverso da quello che dirigel’esecuzione; questa resta comunque un’indicazione non cogente, ma di mera op-portunità14, soluzione questa adottata, anche se limitatamente alle opposizioni agliatti esecutivi ex art. 617 c.p.c. con l’introduzione dell’art. 186 bis disp. att. c.p.c.15.

Per completezza, giova evidenziare che in tempi recenti vi è chi16, condividen-do nelle premesse la tesi favorevole alla struttura monofasica delle opposizioniesecutive, e muovendo, quindi, dalla premessa secondo cui tali opposizioni debbo-no ritenersi introdotte con il deposito del ricorso presso la cancelleria del giudicedell’esecuzione, ha, tuttavia, sostenuto che la fase svolgentesi dinanzi al giudicedell’esecuzione e finalizzata alla decisione sull’istanza di sospensiva dovrebbe es-sere collocata extra causam e, dunque, non in corso di causa (come ritengono i so-stenitori della tesi monofasica) né ante causam (come affermano i sostenitori dellatesi bifasica). Più precisamente, il ricorso presentato ai sensi dell’art. 615 co. 2c.p.c. sancirebbe l’abbinamento di due distinte istanze giudiziali delle quali, la pri-ma diretta al giudice dell’esecuzione e recante la richiesta “immediata ed incondi-zionata” dell’inibitoria, e la seconda recante la vera domanda contenziosa formula-ta dall’opponente in via “condizionale”. Più precisamente, secondo tale opinione,la domanda contenziosa diventerebbe attuale solo allorché l’opponente o le altreparti legittimate, non prestando acquiescenza al provvedimento reso sulla istanza disospensione, dovessero decidere di introdurre o riassumere la causa di merito. Per-tanto, in questa prospettiva, la sola introduzione o riassunzione della causa deter-minerebbe la pendenza del giudizio, anche se con effetti retroattivi alla proposizio-ne del primo ricorso (introduttivo).

3 bis. Il termine ultimo per la proposizione dell’opposizione all’esecuzione.

L’art. 615 comma 2 ultimo periodo c.p.c., come novellato dal d.l. 3 maggio2016, n. 59, convertito dalla l. 30 giugno 2016, n. 119 stabilisce che“Nell’esecuzione per espropriazione l’opposizione è inammissibile se è propostadopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli articoli 530,

13 TOTA, op. cit., 572.14 A tale proposito si rinvia ancora una volta a TOTA, op. cit., 573, nota 4, in cui chiarisce come il ri-schio di un non imparziale esercizio dell’attività giurisdizionale da parte del giudice dell’esecuzioneche abbia assunto i provvedimenti sulla sospensione se può ipotizzarsi per le opposizioni ex art. 617non può configurarsi per le opposizioni di cui agli artt. 615 e 619 c.p.c.. In tal senso anche ROMANO,op. cit., 493, nota 17.15 Cfr. in questo capitolo, par. 5.2.16 MONTANARI, Il cantiere sempre aperto delle opposizioni esecutive, in Riv. esec. forz., 2010, 411.

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CAPITOLO QUINTO - L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA ALL’ESECUZIONE 1595

552, 569, salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero l’opponente dimostridi non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile”.

Da tale disposizione si ricava innanzitutto che il termine finale per proporre laopposizione di cui all’art. 615 c.p.c. è stato anticipato anche se solo relativamentealla sola esecuzione forzata che si svolge per la soddisfazione delle obbligazionipecuniarie (espropriazione) e non, invece, con riguardo alle esecuzioni in formaspecifica ( per consegna e rilascio ovvero esecuzione per l’attuazione degli obbli-ghi di fare o di non fare).

Ne consegue che la opposizione all’esecuzione resta ammissibile sino allaconclusione del processo relativamente alle esecuzioni in forma specifica.

Ciò premesso, sembra potersi sostenere che l’intervento legislativo in questio-ne abbia lo scopo di favorire il più sollecito svolgimento della espropriazione.

Già la riforma del codice di rito del 2015 (introdotta con il d.l. 27 giugno 2015,n. 83 poi convertito dalla l. 6 agosto 2015, n. 132) aveva trasformato la espropria-zione all’insegna di una maggiore celerità, per un verso configurando la obbligato-rietà della delega al professionista e, per altro verso, introducendo, per la primavolta, la vendita a prezzo inferiore al valore di stima determinato dall’esperto, infunzione della utile ed immediata collocazione sul mercato degli immobili pignora-ti.

La modifica dell’art. 615 c.p.c. pare, allora, il punto di arrivo di una serie di in-terventi legislativi finalizzati a disegnare un modello processuale che ha l’obiettivoprimario di svilupparsi in tempi rapidi e che non può, quindi, essere ritardato dallaproposizione di opposizioni all’esecuzione che si sarebbero potute proporre primache la fase liquidatoria avesse inizio17 .

Sulla base di tali premesse, corre l’obbligo di delineare come si articoli il rin-novato sistema delle opposizioni esecutive con limitato riguardo alla espropriazio-ne.

Non vi è dubbio che la opposizione agli atti esecutivi continui a poter essereproposta dal compimento del primo atto esecutivo e sino alla conclusione del pro-cesso, così come è pacifico che la opposizione di terzo resti proponibile sino allavendita o all’assegnazione, anche se con le precisazioni cui già si è fatto cenno18.

La scelta operata dal legislatore del 2016 per la opposizione all’esecuzione è,invece, drastica anche se, come si dirà in seguito, non sembra idonea a conseguirel’obiettivo di ridurre i tempi del processo esecutivo.

Ai sensi dell’art. 615 co. 2 ultimo periodo c.p.c., il debitore e il terzo che subi-sce la espropriazione, quando intendano lamentare la impignorabilità dei beni stag-giti debbono, a pena di inammissibilità, proporre la opposizione, prima che vengaadottata la ordinanza che dispone la vendita (ai sensi degli artt. 530 e 569 c.p.c.,

17 Una volta trasformata la delega al professionista, da modello facoltativo di svolgimento dellaespropriazione a modello tendenzialmente obbligatorio, probabilmente il legislatore ha ritenuto che laproposizione di opposizioni all’esecuzione per tutta la durata del procedimento di vendita potrebberitardarne lo svolgimento. La necessità che il giudice dell’esecuzione esamini il ricorso proposto exart. 615 c.p.c., invero, potrebbe tradursi nell’occasione per rinviare l’espletamento degli esperimentidi vendita ovvero per procrastinarne la celebrazione.18 ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, III, Napoli, 1957, 346; CASTORO, Il processoesecutivo nel suo aspetto pratico, Milano, 2006, 791

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richiamati, rispettivamente, per la espropriazione mobiliare o presso terzi ovveroper la espropriazione immobiliare) ovvero prima della emanazione del provvedi-mento recante la assegnazione dei crediti a terzi (ai sensi dell’art. 552 c.p.c.).

Analoga preclusione temporale opera, a pena di inammissibilità dell’azione,quando il debitore ovvero il terzo proprietario contestino il diritto dei creditori adagire esecutivamente in loro danno anche se, nell’ipotesi da ultimo esaminata, lapreclusione è subordinata alla effettiva sussistenza a quella data dei fatti posti afondamento delle doglianze. L’art. 615 c.p.c. in esame, infatti, lascia aperta la pro-ponibilità del rimedio ogniqualvolta la opposizione all’esecuzione debba essereesperita per far valere vicende incidenti sul titolo esecutivo ovvero sul rapporto so-stanziale che siano venute ad esistenza dopo il compimento degli atti esecutivi ri-chiamati dagli artt. 530, 569 e 552 c.p.c..

La sanzione della inammissibilità per decorso del termine non opera, tuttavia,tutte le volte in cui l’opponente alleghi e dimostri che il ritardo sia dovuto a causanon imputabile (in merito alla cui configurabilità si dirà in seguito).

Ed ancora, è bene precisare che, dinanzi alla causa non imputabile, la opposi-zione alla esecuzione può essere introdotta in qualunque momento atteso che l’art.615 c.p.c. non introduce un ulteriore termine intermedio che precluda la sua propo-sizione una volta rimossa la causa che ha dato luogo al ritardo.

Sulla base di queste premesse, la opposizione all’esecuzione proposta per rile-vare la impignorabilità del compendio pignorato ovvero per contestare la insussi-stenza dei presupposti formali o sostanziali per procedere ad esecuzione forzatasulla scorta di vicende già note alla data di adozione della ordinanza di vendita ov-vero di assegnazione, quando il ritardo non sia giustificabile, deve essere dichiaratainammissibile.

Ne consegue che, in astratto, quando il debitore o il terzo che subisce la espro-priazione si muovano con ritardo nella proposizione del rimedio, la opposizioneall’esecuzione non può essere esaminata nel merito di guisa che diviene legittimauna espropriazione su beni impignorabili e finanche una espropriazione senza titoloesecutivo ovvero senza debito.

Può accadere, infatti, che la opposizione all’esecuzione sia stata proposta“tardivamente” assumendo che il pignoramento era stato compiuto in difetto di ti-tolo esecutivo ovvero affermando che il credito azionato era stato integralmentesoddisfatto prima ancora dell’avvio del processo o, comunque, nel tempo intercor-so tra il pignoramento e la adozione dei provvedimenti che segnano la preclusionetemporale e che essa debba essere risolta in rito nonostante la fondatezza della pro-spettazione svolta dall'opponente.

Resta allora da valutare se l’ordinamento appresti strumenti idonei a scongiu-rare tali evenienze ed, ancora, quali conseguenze produca un quadro normativo co-sì articolato.

Al fine di dare compiuta risposta ai predetti interrogativi è utile richiamare gliorientamenti, cui si è già fatto cenno, in virtù dei quali è riconosciuto al giudicedell’esecuzione il potere–dovere (non previsto espressamente dalla legge ma rite-nuto latente al sistema), di controllare la esistenza dei presupposti formali per pro-cedere ad espropriazione e di disporre la chiusura anticipata del processo nel casodi loro insussistenza. E’ pacifico che il giudice dell’esecuzione possa disporre la

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CAPITOLO QUINTO - L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA ALL’ESECUZIONE 1597

chiusura anticipata del procedimento ogniqualvolta rilevi la inesistenza originaria osopravvenuta del titolo esecutivo, la carenza dei requisiti di certezza, liquidità edesigibilità dei crediti vantati dai pignoranti, il difetto di legittimazione attiva o pas-siva, rispettivamente, di creditori o esecutato. Inoltre, in talune ipotesi, il giudicedell’esecuzione può rilevare la impignorabilità dei beni o dei crediti staggiti comeaccade, ad esempio, con riferimento alle retribuzioni o alle pensioni ovvero con ri-guardo alle somme sottoposte ad esecuzione ai danni di enti locali presso soggettiterzi diversi dal tesoriere.

Muovendo da questi concetti, può allora sostenersi che, in realtà, se la opposi-zione all’esecuzione è inammissibile perché tardivamente proposta, non per questola espropriazione deve svolgersi illegittimamente atteso che il giudicedell’esecuzione potrebbe ovviare alla carenza dei presupposti formali ovvero allaimpignorabilità (nei casi limitati in cui la verifica su questo aspetto non è esclusi-vamente appannaggio dell’interessato19) intervenendo officiosamente con la estin-zione del processo.

La espropriazione senza titolo ovvero su beni impignorabili per ragioni di or-dine pubblico, di regola, quindi, non dovrebbe aver luogo potendosi impedire ilsvolgimento attraverso una oculata direzione del procedimento a cura del giudicedell’esecuzione.

La situazione si atteggia, invece, in termini diversi quando, con la opposizioneall’esecuzione, non si debba contestare la esistenza delle condizioni formali perprocedere ad esecuzione forzata, ma ci si dolga della insussistenza delle sole con-dizioni sostanziali (si ha riguardo alle condizioni sostanziali quando, pur in presen-za di titolo esecutivo, il debitore ovvero il terzo che subisce la espropriazione sidolgano della estinzione del diritto di credito). Come noto, infatti, il giudicedell’esecuzione non può officiosamente verificare se il credito persista ma sul pun-to deve rimettersi alla iniziativa dell’avente diritto che, pertanto, ha l’onere allegaree provare tale circostanza proponendo tempestivamente la opposizioneall’esecuzione.

Muovendo da questa prospettiva, se la opposizione all’esecuzione è introdottatardivamente per lamentare la impignorabilità dei beni staggiti (nei casi in cui lastessa non è rilevabile a cura del giudice dell’esecuzione) ovvero per dolersi dellaestinzione del credito, la inammissibilità del rimedio comporta che la espropriazio-ne possa svolgersi senza debito e comunque in relazione ad un compendio non ido-neo ad essere sottoposto ad esecuzione forzata.

E’ allora legittimo chiedersi cosa possa accadere nelle ipotesi da ultimo men-zionate.

Non c’è dubbio che una espropriazione conclusasi con la vendita di beni impi-gnorabili non sia più reversibile.

19 Rientrano tra le cause di impignorabilità rilevabili solo ad istanza di parte le impignorabilità assolu-te o relative previste dagli artt. 514 e ss. ivi compresa ad esempio la impignorabilità connessa allatrascrizione di fondo patrimoniale opponibile ai creditori.

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PARTE OTTAVA – LE OPPOSIZIONI ESECUTIVE1598

Nel diverso caso in cui la espropriazione abbia avuto luogo senza debito, pare,invece, sostenibile la tesi secondo cui il debitore potrebbe conseguire una tutela,anche se non reale, ma solo restitutoria, nella fase distributiva.

Allorquando, terminata la liquidazione dei beni pignorati, il giudicedell’esecuzione che aveva dichiarato inammissibile la opposizione all’esecuzioneproposta per contestare la esistenza del credito per vicende modificative o estintivedel rapporto sostanziale, abbia predisposto il piano di riparto, il debitore deve rite-nersi legittimato ad introdurre una controversia distributiva per contestare la esi-stenza del credito.

Orbene, poiché l’art. 615 c.p.c. prevede la sola inammissibilità del rimedio daesso contemplato, ma non limita la proponibilità della controversia distributiva,sembra ragionevole affermare che il debitore, all’esito della controversia, possaconseguire l’accoglimento della sua domanda ed ottenere la restituzione del ricava-to della vendita.

Sulla base di quanto sin qui esposto, si può allora concludere affermando chenella fase distributiva la opposizione all’esecuzione e la controversia distributiva,di regola, non possono più neppure astrattamente concorrere.

La ipotesi del loro possibile concorso resta ferma, invece, con limitato riguar-do al residuale caso in cui la opposizione all’esecuzione venga introdotta per rile-vare la operatività di fatti sopravvenuti all’adozione della ordinanza di vendita o diassegnazione.

Occorre, ancora, individuare quali siano i fatti sopravvenuti in presenza deiquali la opposizione all’esecuzione risulta ammissibile anche oltre il termine pre-clusivo costituito dalla adozione della ordinanza di vendita o di assegnazione ed,ancora, in quali ipotesi possa configurarsi il ritardo non imputabile.

Con riguardo alla prima questione sono fatti sopravvenuti le circostanze cheincidono sul diritto a procedere esecutivamente dei creditori senza che rilevi il fattoche essi concernano la esistenza dei presupposti formali ovvero la sussistenza deipresupposti sostanziali dell’azione esecutiva (è, pertanto, fatto sopravvenuto “rile-vante” ai sensi dell’art. 615 c.p.c., tanto il verificarsi di una causa estintiva del cre-dito maturatasi dopo la adozione della ordinanza di vendita o di assegnazione,quanto il venir meno del titolo esecutivo per una vicenda caducatoria avveratasidopo il compimento dei quegli atti).

Dal punto di vista operativo, pare lecito sostenere che, nei casi in cui la oppo-sizione all’esecuzione venga introdotta quando la ordinanza di vendita o di asse-gnazione sono state già emanate, diviene onere dell’opponente evidenziare come lacausa petendi della domanda si fondi su circostanze sopravvenute atteso che taleindicazione in rito è prodromica al vaglio di ammissibilità del rimedio.

È, però, agevole rilevare, a tale proposito, che la finalità acceleratoria perse-guita dal legislatore potrebbe essere frustrata proprio dalla genericità del ricorso inopposizione in punto di sopravvenienza dei fatti rilevanti. Invero, laddove conl’atto introduttivo, il debitore non menzioni in modo inequivoco la data in cui si èmaturata la vicenda modificativa o estintiva del rapporto sostanziale ovvero cadu-catoria del titolo esecutivo, la opposizione all’esecuzione potrebbe ritardare losvolgimento del processo non potendosi approdare al risultato, evidentemente au-spicato dal legislatore, di ritenere prima facie inammissibile la opposizione, a meno

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CAPITOLO QUINTO - L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA ALL’ESECUZIONE 1599

di non ritenere che la chiara esposizione dei tempi di emersione dei fatti posti afondamento della domanda oppositiva costituiscano requisito imprescindibile delricorso.

Quanto alla causa non imputabile del ritardo pare potersi affermare che essaricorra in un duplice ordine si situazioni.

Il ritardo potrebbe reputarsi non imputabile, innanzitutto, quando il debitorenon abbia avuto conoscenza del processo prima del compimento della ordinanza divendita, ad esempio per un vizio formale del pignoramento non sanato da una ri-tuale convocazione del debitore per la udienza di comparizione delle parti celebrataprima della emissione della ordinanza di vendita o di assegnazione.

Se, in sostanza, il debitore abbia appreso della espropriazione quando la ordi-nanza di vendita (che segna lo spartiacque, in termini di inammissibilità, della opposizione all’esecuzione) gli sia stata notificata, occorre valutare se quest’ultimo,per avvalersi della causa di giustificazione dal ritardo, ai fini della proponibilità diun ricorso ai sensi dell’art. 615 c.p.c., debba premurarsi di opporre tempestivamen-te detta ordinanza al fine di conseguirne la revoca e far retrocedere il processo allacondizione che legittima la introduzione della opposizione. La soluzione sul puntosembra negativa. Nel momento in cui il legislatore stabilisce che la non imputabili-tà del ritardo consente di proporre una opposizione all’esecuzione postuma, parechiaro che la introduzione dell’incidente cognitivo prescinda dalla tempestiva im-pugnazione della ordinanza di vendita (per vizio riflesso).

Non è altrettanto agevole stabilire se la soluzione cui si è fatto cenno possaoperare anche quando il vizio della ordinanza di vendita consegua, non alla illegit-tima instaurazione del contraddittorio nei confronti del debitore, ma al compimentodi un pignoramento carente dell’avviso in merito ai tempi in cui occorre proporre laopposizione all’esecuzione. In questo caso, la situazione è certamente più comples-sa perché si tratta di stabilire se la rimessione in termini possa configurarsi anchesolo in ragione del fatto che il debitore, soggetto che subisce la espropriazione sen-za difesa tecnica necessaria, ha ignorato le facoltà apprestate dalla legge per la suadifesa, pur avendo appreso in tempo utile della espropriazione intrapresa ai suoidanni.

La tesi preferibile, nell’ottica di garanzia per chi subisce la espropriazione, èquella favorevole a ritenere che, nel caso in cui l’ordinanza di vendita sia stataemanata a seguito di un pignoramento carente, il debitore, pur senza proporre tem-pestiva opposizione agli atti avverso la predetta ordinanza di conversione, possaintrodurre una opposizione all’esecuzione tardiva assumendo come la “ignoranzaqualificata” derivante dalla violazione delle garanzie legislative apprestate a suofavore giustifichi il ritardo nell’esercizio dell’azione.

3 Rientrano tra le cause di impignorabilità rilevabili solo ad istanza di parte le impignorabilità assolu-te o relative previste dagli artt. 514 e ss. ivi compresa ad esempio la impignorabilità connessa allatrascrizione di fondo patrimoniale opponibile ai creditori.

4. Lo svolgimento del procedimento dinanzi al giudice dell’esecuzione

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PARTE OTTAVA – LE OPPOSIZIONI ESECUTIVE1600

4.1. I caratteri del procedimento e la sua natura

Da quanto sopra esposto può allora affermarsi che le opposizioni esecutivesuccessive si svolgono in due fasi.

Il ricorso depositato presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione ai sensidell’art. 615 co. 2 c.p.c. introduce la prima fase che si articola in un procedimentoincidentale interno al processo esecutivo regolato, per espressa previsione dell’art.185 disp. att. c.p.c., dagli artt. 737 ss. c.p.c. sul rito camerale (e non dalle norme delprocesso di cognizione), e destinato a concludersi con un’ordinanza dal duplicecontenuto, che reca i provvedimenti sull’istanza di sospensione e nel contempo sta-tuisce sulla competenza a conoscere della causa di merito.

Chiusa la prima fase non è ineludibile l’avvio di quella successiva che può, manon deve, essere introdotta dai soggetti interessati20.

Ove instaurata, la seconda fase dà inizio alla causa di merito vera e propria, sisvolge secondo le norme del codice di procedura civile che regolano il processo dicognizione, e si conclude con sentenza.

4.2. La competenza funzionale del giudice dell’esecuzione

Dal combinato disposto degli artt. 615 co. 2 c.p.c. e 616 c.p.c. si desume conchiarezza che, anche a seguito delle riforme del processo civile del 2005-2006,competente a conoscere delle opposizioni esecutive successive per ciò che concer-ne la prima fase a carattere endoprocedimentale è il solo giudice investitodell’esecuzione.

La competenza del giudice dell’esecuzione per ciò che concerne l’esamedell’istanza di sospensione e l’assunzione dei provvedimenti sulla competenza è ditipo funzionale e perciò non derogabile.

4.3. La forma dell’atto introduttivo e la sua notificazione

La prima fase in cui si articola lo svolgimento delle opposizioni esecutive suc-cessive, qualunque sia il contenuto delle contestazioni, deve essere introdotta conricorso depositato presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione.

Circa il contenuto, l’art. 184 disp. att. c.p.c. dispone che il ricorso, oltre alleindicazioni di cui all’art. 125 c.p.c., deve recare quelle previste dall’art. 163 n. 3 e4 c.p.c.

20 Certo il fatto che si decida di introdurre o meno la causa di merito, che come si è detto è facoltativa,non è sempre senza conseguenze poiché il legislatore ha previsto che il provvedimento di sospensionedella procedura esecutiva assunto ai sensi dell’art. 624 c.p.c. può “stabilizzarsi”. Per l’esame deglieffetti che conseguono alla mancata instaurazione della causa quando il giudice dell’esecuzione abbiaaccolto l’istanza di sospensione del processo esecutivo cfr. sub parte 9, cap. 3, par. 9.

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CAPITOLO QUINTO - L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA ALL’ESECUZIONE 1601

Ciò sta a dire che nel ricorso occorre fare menzione dell’ufficio giudiziario,delle parti e dell’oggetto del processo, nonché evidenziare la causa petendi ed indi-care mezzi di prova anche di tipo documentale. Il ricorso, redatto con le modalitàsuindicate, va sottoscritto da un difensore munito di procura alle liti ovvero dallaparte, se questa è autorizzata a stare in giudizio personalmente.

Circa la forma, si è dibattuto se il ricorso, oltre che scritto, possa essere anchepresentato in udienza mediante comparsa di costituzione o dichiarazione orale. Par-te della dottrina si è mostrata contraria all’ipotesi della formulazione orale21, ma lagiurisprudenza22 e la dottrina più recente23 hanno ritenuto ammissibile anche il ri-corso proposto oralmente in udienza.

Fatta questa premessa occorre stabilire se gli approdi interpretativi del passatopossano ritenersi validi nell’attuale panorama normativo anche se le modifiche in-trodotte dalle riforme hanno ridefinito le modalità di introduzione delle opposizioniesecutive successive e delineato il ricorso rivolto al giudice dell’esecuzione, noncome l’atto introduttivo di un giudizio di merito, ma come un’istanza finalizzata aprovocare la decisione sulla sospensione. Degno di nota ai fini della problematicain esame è d’altra parte anche il fatto che il legislatore del 2006 abbia preso unaposizione netta nel senso di riconoscere natura propriamente cautelareall’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 624 c.p.c.24.

Non vi sono ragioni per escludere che anche oggi il ricorso possa rivestire laforma orale, purché esso rechi un’indicazione delle ragioni della domanda tale daconsentire al giudice di decidere sull’istanza di sospensione compiendo una valuta-zione prognostica sulla presumibile fondatezza della domanda di merito. Tale con-clusione sembra perfettamente coerente con la costruzione del ricorso come istanzaal giudice e non può essere sconfessata dal fatto che il provvedimento emesso aisensi dell’art. 624 c.p.c. ha carattere cautelare poiché, come meglio si vedrà in se-guito, nella materia in esame non trova integrale applicazione il procedimento cau-telare uniforme e la forma orale può reputarsi comunque idonea al raggiungimentodello scopo25.

Il ricorso scritto deve essere depositato presso la cancelleria del giudice del-l’esecuzione il quale provvede con decreto alla fissazione dell’udienza di compari-zione delle parti assegnando al ricorrente un termine perentorio per la notifica-zione.

Secondo la pregressa giurisprudenza di legittimità la notificazione nei confron-ti dei creditori opposti non può essere eseguita ai sensi dell’art. 489 c.p.c., e cioè

21 ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, III, Napoli, 1957, 346; CASTORO, Il processoesecutivo nel suo aspetto pratico, Milano, 2006, 791.22 Cfr. Cass. 3 gennaio 1967, n. 1; Cass. 7 luglio 1973, n. 1955; Cass. 10 febbraio 1972, n. 352; Cass.1 marzo 1994, n. 2019; Cass. sez. un. 15 ottobre 1998, n. 10187. Nello stesso senso Trib. Bari 27 ot-tobre 2010, in Giur. merito, 2011, 712.23 MANDRIOLI, voce Opposizione, in Enciclopedia del diritto, XXX, Milano, 1980, 448.24 Ciò si desume dalla scelta di campo operata dal legislatore del 2006 che ha previsto la reclamabilitàdel provvedimento sulla sospensione ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c.. Cfr. sub parte 9, cap. 3,par. 5.25 La tesi indicata nel testo è confermata con riferimento alla disciplina attuale da Trib. Bari 27 otto-bre 2010, in Giur. merito, 2011, 712.

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PARTE OTTAVA – LE OPPOSIZIONI ESECUTIVE1602

presso il domicilio eletto dal procedente nel pignoramento (ovvero nel ricorso pre-sentato ai sensi dell’art. 612 c.p.c. e, nel caso di esecuzione per rilascio nel preav-viso) ovvero dagli intervenuti nei rispettivi ricorsi per intervento, ma occorre chevenga compiuta ai sensi dell’art. 138 ss. c.p.c. e, quindi, nel domicilio personale diciascuno dei destinatari26. Tale assunto si fondava sul fatto che il ricorso introduce-va un giudizio di cognizione, come tale estraneo al processo esecutivo.

L’orientamento anzidetto nell’attuale sistema normativo può però essere ripen-sato atteso che il ricorso è estraneo alla causa di merito ed introduce un procedi-mento interno all’esecuzione. Se si condivide tale affermazione può allora ritenersiche il ricorso proposto ex art. 615 co. 2 c.p.c. ed il pedissequo decreto debbano es-sere notificati a tutte le parti del procedimento esecutivo nei luoghi in cui questeabbiano eletto domicilio e, più precisamente, ai creditori in conformità al dispostodell’art. 489 c.p.c.27 ed al debitore ai sensi dell’art. 492 co. 2 c.p.c.28. Qualora il ri-corso sia presentato in forma orale le contestazioni in cui si articola debbono esseretrascritte nel verbale di udienza che va notificato alle parti non presenti a curadell’istante nel termine perentorio concesso dal giudice dell’esecuzione. Il contrad-dittorio è invece automaticamente instaurato, senza che occorra alcuna notificazio-ne, nei confronti delle parti presenti che siano rappresentate dal difensore29.

La mancata notificazione del ricorso introduttivo ovvero la notificazione di es-so oltre il termine perentorio concesso, comporta l’inammissibilità dell’opposi-zione, rilevabile di ufficio dal giudice30, che non può essere sanata neppure nel ca-so in cui la parte opposta, cui il ricorso non sia stato notificato31 o sia stato notifica-to oltre il termine, si costituisca con comparsa.

Il decreto con il quale il giudice dell’esecuzione fissa la comparizione delleparti (o, nel caso di proposizione del ricorso oralmente in udienza, l’ordinanza conla quale viene rinviata l’udienza per consentire la notifica del verbale alle parti nonpresenti) può disporre anche la sospensione dell’esecuzione, ove sia necessarioprovvedere con urgenza, riservando poi al successivo provvedimento, da adottarenel contraddittorio tra le parti la conferma, modifica o revoca della decisione as-sunta “inaudita altera parte”.

In questo caso la sospensione ha natura provvisoria ed ha l’esclusiva funzionedi assicurare gli effetti del provvedimento successivo.

26 Cass. 9 febbraio 1977, n. 583; Cass. 26 aprile 1983, n. 2872; Cass. 27 novembre 1996, n. 10519.27 In questo senso, vigente l’attuale disciplina, Trib. Bari 27 ottobre 2010, in Giur. merito, 2011, 712.28 Il debitore non è mai il legittimato passivo del giudizio di opposizione all’esecuzione se non quan-do essa si sia svolta nei confronti del terzo proprietario; solo in quest’ultimo caso, invero, il debitorenon è destinatario del pignoramento e, dunque, dell’invito all’elezione di domicilio ai sensi dell’art.492 c.p.c.. La considerazione svolta circa l’applicabilità dell’art. 492 co. 2 c.p.c. assume rilievo per leopposizioni esecutive previste dagli artt. 617 e 619 c.p.c..29 Cass. 16 gennaio 2003, n. 571.30 Cass. 13 gennaio 1981, n. 292; Cass. 27 luglio 1984, n. 4472; Cass. 11 settembre 2014, n. 19160.31 In tal senso Cass. 11 settembre 2014 n. 19160. Nella citata sentenza la Suprema Corte ha chiaritoche se l'opponente, dopo aver proposto l'opposizione ai sensi del comma secondo dell'art. 615 cod.proc. civ., intenda rinunciarvi, può evitare di notificare il ricorso alla controparte e quest’ultima nonha un interesse giuridicamente rilevante a resistere od a contraddire, poiché non è stata investitadell'opposizione esecutiva.

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CAPITOLO QUINTO - L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA ALL’ESECUZIONE 1603

Il decreto con il quale viene disposta la comparizione delle parti non è impu-gnabile autonomamente anche se con lo stesso decreto viene disposta la sospensio-ne della procedura esecutiva fino all’emanazione del provvedimento ex art. 624c.p.c. 32.

Il presupposto per l’adozione del provvedimento prima dell’instaurazione delcontraddittorio è costituito dalla sussistenza di gravi motivi di urgenza consistentinel rischio che il successivo provvedimento di sospensione non sia in grado di evi-tare il pregiudizio lamentato dall’opponente.

4.4. Il rito applicabile e l’iscrizione della causa a ruolo

Il legislatore per disciplinare lo svolgimento dell’udienza prevista dall’art. 615co. 2 c.p.c. dinanzi al giudice dell’esecuzione ha richiamato specificamente il pro-cedimento in camera di consiglio.

Nell’interpretazione della norma si è posto il problema di stabilire se il suddet-to richiamo riguardi l’intero complesso delle disposizioni dettate dagli artt. 737 ss.c.p.c. o la sola disciplina dell’udienza.

Induce a quest’ultima soluzione prima di tutto l’argomento letterale poichél’art. 185 disp. att. c.p.c. prevede che “all’udienza di comparizione davanti al giu-dice dell’esecuzione … si applicano” le disposizioni suddette, ed in secondo luogoil fatto che gli artt. 737 ss. c.p.c. dettano una regolamentazione quasi del tutto in-compatibile con le norme dettate in merito alle opposizioni esecutive.

Per entrare nello specifico, vari sono i profili per i quali il richiamo non puòoperare33:− il ricorso introduttivo dell’opposizione esecutiva è regolato dall’art. 184 delle

disposizioni di attuazione del c.p.c. che ha un contenuto più specifico (“I ri-corsi previsti negli articoli 615 co. 2 e 619 del codice, oltre le indicazioni vo-lute dall’art. 125 del codice, debbono contenere quelle di cui ai nn. 4 e 5dell’art. 163 del codice” ) dell’art. 737 c.p.c. nella parte in cui si riferisceall’introduzione del procedimento camerale (“I provvedimenti che debbonoessere pronunciati in camera di consiglio si chiedono con ricorso al giudicecompetente” );

− le norme sui procedimenti camerali prevedono che il provvedimento adottatosia un decreto mentre gli artt. 618 e 625 c.p.c. stabiliscono che il provvedimen-to di sospensione dell’opposizione (o “i provvedimenti indilazionabili” ) siadotti con ordinanza, salvo che non si debba provvedere con decreto (ma in talcaso il provvedimento è adottato prima dell’udienza e deve essere, poi, con-fermato con ordinanza);

32 Cfr. Cass., 8 agosto 2014, n. 1784433 Ha rilevato la quasi totale incompatibilità della disciplina dei procedimenti camerali alle opposizio-ni esecutive PROTO PISANI, Novità in tema di opposizioni in sede esecutiva, in Foro it., 2006, V, 212,spec. 213-214.

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PARTE OTTAVA – LE OPPOSIZIONI ESECUTIVE1604

− la competenza per i provvedimenti in camera di consiglio è collegiale mentrequelli in materia di sospensione dell’esecuzione sono adottati dal giudicedell’esecuzione;

− il decreto emesso in una procedura camerale è reclamabile ai sensi dell’art.739 c.p.c., mentre l’ordinanza in materia di sospensione esecutiva è reclamabi-le ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c. con le conseguenti differenze in puntodi competenza;

− le ordinanze di sospensione dell’esecuzione hanno efficacia immediata mentrei decreti emessi in sede camerale divengono idonei a produrre effetti solo incaso di mancata proposizione del reclamo, salvo che il giudice, ravvisatal’urgenza, non disponga diversamente optando per l’esecutività anticipata del-la decisione.Sembra allora ipotizzabile che l’art. 185 disp. att. c.p.c. nella parte in cui ri-

chiama gli artt. 737 ss. c.p.c., intenda, per un verso affermare in positivo che alleudienze dinanzi al giudice dell’esecuzione in sede di opposizione si debba applica-re il principio del contraddittorio34 la cui osservanza non è necessaria, come princi-pio generale, nelle procedure esecutive; per altro verso, il rinvio mira a confermareche il giudice dell’esecuzione possa procedere ad “assumere informazioni” (in con-formità al dettato dell’art. 738 co. 3 c.p.c.) e non a compiere gli “atti di istruzioneritenuti indispensabili”, come invece previsto dall’art. 669 sexies c.p.c. sul proce-dimento cautelare uniforme35.

Ma a parte tale profili, probabilmente il richiamo alle norme sul procedimentocamerale assolve soprattutto alla funzione di precisare come dinanzi al giudicedell’esecuzione non si applichino le disposizioni stabilite per l’ordinario giudizio dicognizione (ed, in particolare, il rinnovato art. 183 c.p.c.) secondo quanto previstoin passato dall’art. 185 disp. att. c.p.c.36 ed a rimarcare il fatto che l’opposizioneesecutiva nella prima fase nulla ha a che vedere con la causa di merito.

Il fatto che il rinvio alle norme di cui agli artt. 737 ss. c.p.c. sia più formale chesostanziale consente pure di affermare che, al momento della presentazione del ri-corso, il ricorrente non debba versare né il contributo unico previsto per i procedi-menti camerali, né, tantomeno, quello per il giudizio di cognizione37.

4.5. I possibili esiti della udienza dinanzi al giudice dell’esecuzione

34 Come ha più volte ritenuto la Corte di Cassazione in materia di procedimenti camerali, tra le altrecfr. Cass. 14 gennaio 1977, n. 170; Cass. 7 febbraio 1996, n. 986.35 Così MENCHINI – MOTTO, op. cit., 177.36 È questo il parere pressoché unanime della dottrina. Cfr. MENCHINI – MOTTO, op. cit., 177; ARIETA

– DE SANTIS, op. cit., 1738 ss. c.p.c.; TOTA, op. cit. 582; BARRECA, op. cit., 675.37 Così BARRECA, op. cit., 675. La tesi ha trovato conferma nella circolare del Ministero della Giusti-zia del 3 marzo 2015.

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CAPITOLO QUINTO - L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA ALL’ESECUZIONE 1605

All’udienza di comparizione, ove nessuno compaia il giudice dell’esecuzione,se risulta versata agli atti la copia notificata del ricorso38, dichiara improcedibilel’istanza di sospensione e chiude il subprocedimento instaurato ad istanza del ricor-rente senza disporre il rinvio ai sensi dell’art. 181 c.p.c. che, come previsto nel casoin cui nessuna delle parti sia comparsa alla prima udienza di comparizione del giu-dizio di cognizione, è finalizzato a cancellare la causa dal ruolo, stante l’inappli-cabilità delle disposizioni che regolano quest’ultimo39.

Se una o più parti siano presenti, il giudice verifica l’integrità del contradditto-rio e, se accerta che il ricorso non è stato notificato a taluno di coloro che debbonoritenersi legittimati passivi, concede altro termine, anch’esso perentorio, per prov-vedere all’incombente.

Sembra comunque che l’ordine di integrazione del contraddittorio, quandoadottato dal giudice dell’esecuzione, non trovi fondamento nell’art. 102 c.p.c.,inapplicabile perché dettato per il processo di cognizione, ma si giustifichi in virtùdel principio generale che impone di assumere la decisione sentiti tutti gli interes-sati.

Va da sé che, nel caso in cui il ricorrente non provveda a notificare il ricorsoalle parti indicate dal giudice nel termine concesso in seconda battuta, non trove-ranno applicazione le conseguenze previste dagli artt. 102 e 307 c.p.c., ma, l’unicoesito possibile sarà la declaratoria di improcedibilità dell’istanza di sospensione.

Nell’ipotesi fisiologica in cui il contraddittorio sia stato regolarmente instaura-to dall’opponente e le parti siano comparse all’udienza fissata, il giudice decide nelmerito sull’istanza di sospensione e statuisce sulla competenza con un provvedi-mento che ha la forma dell’ordinanza.

4.6. Il provvedimento del giudice dell’esecuzione ed il suo duplice contenuto: ladecisione sulla sospensione e sulla competenza

Il giudice dell’esecuzione, se con il ricorso introduttivo è stata propostaun’opposizione all’esecuzione, decide sull’istanza di sospensione ai sensi dell’art.624 c.p.c..

Il provvedimento sulla sospensione, sia di contenuto positivo che negativo, èsoggetto a reclamo ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c.40 e deve recare la regola-mentazione delle spese processuali41.

38 Se il ricorso non è stato notificato ovvero è stato notificato senza rispettare i termini fissati dal giu-dice l’opposizione è inammissibile e ciò può essere rilevato d’ufficio dal giudice. Cfr. in questa parte,sub cap. 5, par. 4.5.39 BARRECA, op. cit., 674. Con riferimento alla normativa vigente prima della riforma del 2006 la Cor-te di Cassazione ha ritenuto, invece, applicabile la disciplina prevista dall’art. 181 c.p.c. (cfr. Cass. 22febbraio 2010, n. 4190) e, con una successiva pronuncia, ha affermato che in caso di mancata compa-rizione delle parti il giudice dell’esecuzione deve dichiarare estinto il procedimento subordinatamentealla scadenza del termine per l’eventuale inizio del giudizio di merito, che deve essere comunque fis-sato (Cass. 31 agosto 2011, n. 17860).40 Cfr. in questo capitolo, sub par. 4.7.41 Cfr. in questo capitolo, sub par. 4.7.

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PARTE OTTAVA – LE OPPOSIZIONI ESECUTIVE1606

Con l’ordinanza con cui accoglie o rigetta l’istanza di sospensione il giudicedell’esecuzione statuisce sulla competenza.

Come si è visto, l’art. 616 c.p.c. stabilisce che se la competenza a decidere lacausa appartiene allo stesso ufficio giudiziario di cui fa parte fissa un termine pe-rentorio per l’introduzione del giudizio di merito mentre, in caso contrario, secompetente sia un altro ufficio giudiziario, fissa un termine perentorio per la rias-sunzione.

Si è già detto42 che, solo impropriamente, il legislatore della riforma ha utiliz-zato il termine “riassunzione” nella ipotesi in cui la causa di merito vada instauratadinanzi ad un ufficio giudiziario diverso da quello presso il quale pende il processoesecutivo. Il concetto di riassunzione, secondo l’accezione del codice, si riferisce aicasi in cui un processo già pendente debba essere proseguito e, conseguentemente,non si attaglia alla ricostruzione delle norme sin qui propugnata ed alla tesi secon-do cui il giudizio di cognizione sull’opposizione viene instaurato solo una volta chesia stata definita la fase gestita dal giudice del processo esecutivo. Per tirare le filadel discorso, dunque, la causa di merito, sia che la competenza appartenga all’uf-ficio giudiziario del giudice dell’esecuzione sia che appartenga ad altro ufficio giu-diziario, viene introdotta quando il giudice abbia definito il subprocedimento in-staurato dinanzi a sé.

Resta da stabilire se i provvedimenti assunti dal giudice dell’esecuzione sullacompetenza siano impugnabili.

A tale proposito può confermarsi l’orientamento adottato dalla giurisprudenzaprima della riforma del 2006. La giurisprudenza, dopo un iniziale contrasto, avevaritenuto come il provvedimento, assunto sulla competenza dal giudicedell’esecuzione ai sensi dell’art. 616 c.p.c. (che poteva disporre la prosecuzione delgiudizio dinanzi a sé o, in alternativa, rimettere le parti dinanzi ad altro giudicecompetente), costituisse un atto ordinatorio di direzione del processo esecutivo pri-vo di contenuto decisorio, a prescindere dal fatto che le parti avessero o meno ma-nifestato un contrasto in relazione all’individuazione del giudice competente alladecisione43.

Può dunque sostenersi che, anche a seguito delle riforme, l’ordinanza recantel’indicazione dell’ufficio giudiziario competente a decidere la causa di merito nonè impugnabile con regolamento di competenza44; rimane, conseguentemente, fer-ma, sia per le parti che per il giudice, la possibilità di rilevare l’incompetenza delgiudice investito della causa di merito (in ossequio all’indicazione del giudicedell’esecuzione)45.

La “indicazione” ha la funzione di dirigere l’operato delle parti interessate.

42 Cfr. in questo capitolo, sub par. 3.43 Cass. sez. un. 21 luglio 1998, n. 7128 e più di recente, Cass. 23 aprile 2001, n. 5967; Cass. 10 no-vembre 2003, n. 16868; Cass. 30 giugno 2010, n. 15629; Cass. 21 aprile 2010, n. 9511.44 Sostengono che la tesi espressa da Cass. 21 luglio 1998, n. 7128 sia ancora attuale anche a seguitodella riforma ARIETA – DE SANTIS, op. cit., 1741 ss. c.p.c.; MENCHINI – MOTTO, op. cit., 177-178.L’orientamento indicato dalla dottrina è stato, poi, fatto proprio anche dalla giurisprudenza della Cor-te di Cassazione (Cass. 21 aprile 2010, n. 9511; Cass. 30 giugno 2010, n. 15629) che ha riaffermato,anche dopo la riformulazione dell’art. 616 c.p.c., l’inammissibilità del regolamento di competenza.45 Cass. 21 marzo 2014, n. 6765.

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CAPITOLO QUINTO - L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA ALL’ESECUZIONE 1607

Ciò tuttavia non esclude che queste ultime nel corso del giudizio possano pro-porre le eccezioni sulla incompetenza ai sensi dell’art. 38 c.p.c. così come non èescluso che il giudice dell’opposizione possa dichiararsi incompetente46.

Di recente, la giurisprudenza ha ritenuto che il provvedimento recante la deci-sione sulla istanza di sospensione debba regolare le spese processuali. Tale solu-zione appare coerente alla tesi secondo cui il provvedimento in oggetto debba esse-re inquadrato tra i cautelari anticipatori pronunciati ante causam47.

4.7. La reclamabilità della decisione sulla istanza di sospensione. La regolamenta-zione delle spese processuali in fase sommaria ed il mezzo di impugnazione.

La decisione assunta dal giudice dell’esecuzione in merito alla istanza di so-spensione avanzata dal ricorrente ha natura cautelare48 ed è, perciò, reclamabile aisensi dell’art. 669 terdecies c.p.c., come si ricava anche dalla stessa previsionedell’art. 624 co. 2 c.p.c.49. Tale decisione non è, invece, soggetta a ricorso straordi-nario per cassazione50 poiché trattasi di provvedimento non definitivo.

Quanto al reclamo, esso può essere proposto esclusivamente avversol’ordinanza recante l’accoglimento o il rigetto dell’istanza di sospensione ma noncontro il decreto che sia stato assunto sulla medesima istanza inaudita altera parte.

Inoltre, poiché anche la decisione sul reclamo non ha carattere definitivo, essanon è impugnabile con ricorso straordinario per cassazione51.

Va ancora rammentato che52 l’ordinanza recante la decisione sulla istanza disospensione del ricorrente deve recare la regolamentazione delle spese processuali(indipendentemente dal fatto che essa abbia un contenuto positivo o negativo) inbase ad una serie di ragioni.

Secondo la Suprema Corte la decisione assunta ex art. 624 c.p.c. è parzialmen-te assimilabile ad un provvedimento cautelare di tipo anticipatorio adottato antecausam; in considerazione della sua natura, tale decisione è, pertanto, regolata,quantomeno in via analogica, dall’art. 669 octies c.p.c.; l’art. 669 octies c.p.c. pre-scrive che il provvedimento cautelare avente natura anticipatoria, assunto ante cau-sam, debba recare la regolamentazione delle spese sì da evitare che la parte vitto-riosa sia costretta ad introdurre la causa di merito al solo fine di ottenere la con-danna della controparte al pagamento in suo favore degli oneri del procedimento;tale soluzione è coerente anche alla ratio ed alla funzione della sospensione che si

46 In tal senso: Cass. 21 aprile 2010, n. 9511; Cass. 30 giugno 2010, n. 15629.47 Cfr. in questo capitolo, sub par. 4.7. nonché sub parte 9, cap. 3, par. 9.7.48 In questo senso, di recente, Cass. 24 maggio 2011, n. 11370; Cass. 27 ottobre 2011, n. 22503; Cass.24 ottobre 2011, n. 22033; Cass. 23 marzo 2012, n. 4760; Cass. 26 gennaio 2012, n. 1126; Cass., 18settembre 2014, n. 19644.49 Per le argomentazioni a sostegno della tesi secondo cui il provvedimento emesso ai sensi dell’art.624 c.p.c. in merito alla istanza di sospensione abbia natura cautelare, cfr. in questa parte, sub cap. 3,par. 5 e 6.50 Cass. 26 gennaio 2012, n. 1126; Cass. 9 giugno 2014, n. 12930.51 Cass, 26 gennaio 2012, n. 1126; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2529.52 Cass. 24 ottobre 2011, n. 22033.

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PARTE OTTAVA – LE OPPOSIZIONI ESECUTIVE1608

innesta nell’ambito delle opposizioni esecutive; più precisamente, cioè, non vi èragione per costringere la parte vittoriosa ad instaurare il giudizio di merito ai sensidell’art. 616 c.p.c. al solo fine di conseguire la regolamentazione delle spese attesoche, in questo modo, verrebbe del tutto compromessa la finalità deflattiva del si-stema bifasico che oggi caratterizza le opposizioni esecutive.

Giova, peraltro, precisare che, per ragioni di coerenza sistematica, anchel’ordinanza collegiale resa all’esito del reclamo proposta ex art. 669 terdecies c.p.c.deve contenere la regolamentazione delle spese.

Resta allora da valutare quale sia il mezzo per impugnare la decisione relativaalle spese contenuta nel provvedimento sulla istanza cautelare adottato in primogrado (dal giudice dell’esecuzione) ovvero in secondo grado (dal collegio investitodel reclamo ex art. 669 terdecies).

Come già anticipato, tanto il provvedimento reso dal giudice dell’esecuzionesulla istanza di sospensione che quello emanato a seguito del reclamo, non sonoricorribili in cassazione.

Ciò posto, e muovendo da tale premessa, la statuizione sulle spese contenuta inun provvedimento (assunto ex art. 624 c.p.c. ovvero ex art. 669 terdecies c.p.c.)non è mai impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione poiché la deci-sione che la contiene non ha mai la valenza di una sentenza perché non risolve inmodo definitivo una controversia sull’esistenza di diritti53.

Ed allora, secondo questa impostazione, la decisione sulla spese, quando adot-tata dal giudice dell’esecuzione con l’ordinanza recante la decisione sulla sospen-sione dovrà essere impugnata con il reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c.54.

La situazione si atteggia, invece, in termini diversi per la statuizione sulle spe-se contenuta in un provvedimento reso ai sensi dell’art. 669 terdecies all’esito delreclamo.

Poiché la decisione assunta con il reclamo non è impugnabile con il ricorso inCassazione, l’unica via per censurare la decisione sulle spese dovrebbe essere quel-la dell’introduzione del giudizio di merito55.

In buona sostanza, perciò, la parte che intenda dolersi dell’ordinanza che deci-de il reclamo ha, di regola, l’onere di introdurre la causa per conseguire la pronun-cia di una sentenza che, ribaltando la decisione cautelare, incida anche sulla rego-lamentazione delle spese.

La giurisprudenza56 ha, però, affermato che, nei casi limitati in cui la decisioneassunta in fase di reclamo non debba essere ridiscussa nel merito ma esclusivamen-te in punto di spese (e, ad esempio, quanto alla loro quantificazione) la parte che hainteresse alla contestazione potrebbe limitarsi a proporre una opposizioneall’esecuzione. In questa prospettiva, allora, il provvedimento sulla liquidazionedelle spese diviene ridiscutibile in via eccezionale, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., co-me se si trattasse di un titolo esecutivo stragiudiziale.

53 Cass. 24 maggio 2011, n. 11370; Cass. 24 ottobre 2011, n. 22033; Cass. 27 ottobre 2011, n. 22503;Cass. 17 aprile 2012, n. 6013; Cass. 26 gennaio 2012, n. 1126,54 Così Cass. 24 maggio 2011, n. 1370.55 Così Cass. 24 maggio 2011, n. 137056 Così Cass. 24 maggio 2011, n. 1370; Cass. 25 febbraio 2015, n. 2529.

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CAPITOLO QUINTO - L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA ALL’ESECUZIONE 1609

4.8. L’omessa fissazione del termine per l’introduzione della causa di merito.

Il giudice dell’esecuzione con l’ordinanza che accoglie o rigetta l’istanza disospensione dell’esecuzione deve fissare il termine perentorio per l’introduzionedella causa di merito.

Resta, però, da stabilire quali siano le conseguenze dell’omessa fissazione deltermine suddetto.

Secondo l’univoco orientamento della giurisprudenza57 il provvedimento as-sunto in merito all’istanza di sospensione, non avendo contenuto definitivo, nonpuò essere impugnato con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost..

Nel caso che si sta esaminando, le parti interessate possono chiedere al giudicedell’esecuzione che, ai sensi dell’art. 289 c.p.c., l’ordinanza emessa ex l’art. 624c.p.c. venga integrata con l’indicazione del termine perentorio per l’introduzionedella causa di merito. In alternativa è, tuttavia, ipotizzabile che le parti interessateintroducano di iniziativa la causa di merito atteso che la facoltà di esercitarel’azione non può ritenersi venuta meno a causa della mancata indicazione del ter-mine previsto dall’art. 616 c.p.c.

Non è, peraltro, escluso che la decisione del giudice dell’esecuzione possa es-sere reclamata ex art. 669 terdecies c.p.c. anche solo per lamentare la mancata fis-sazione del termine perentorio58.

Giova, però, segnalare che l’istanza di integrazione ex art. 289 c.p.c. va propo-sta nel termine di sei mesi dall’adozione dell’ordinanza, a pena di estinzione delprocesso. Muovendo da tale premessa deve, perciò, ritenersi che l’opposizione siestingua per inattività ove gli interessati, nei sei mesi dal provvedimento recante ladecisione ex art. 624 c.p.c.59 che non rechi l’indicazione del termine perentorio,non abbiano avanzato tempestiva istanza di integrazione ex art. 289 c.p.c. ovveronon abbiano introdotto la causa di merito, di iniziativa .

Tale impostazione appare complessivamente coerente poiché, pur riconoscen-do alle parti il potere di introdurre la causa di merito, anche a prescindere dalla fis-sazione del termine perentorio, limita temporalmente l’esercizio di tale potere, chein difetto di espressa previsione di legge, avrebbe potuto essere esercitato sino allaprescrizione del diritto all’esercizio dell’azione, attraverso l’applicazione analogicaalla fattispecie dell’art. 289 c.p.c..

Peraltro proprio tale ricostruzione consente di rendere pienamente operante lafattispecie estintiva di cui all’art. 624 co. 3 c.p.c. che, diversamente opinando, neicasi in cui il giudice non avesse provveduto ad assegnare alle parti il termine pe-

57 Cfr. Cass. 21.10.2009, n. 22383; Cass. 23 settembre 2009, n. 20532; Cass. 20 giugno 2010, n.15630; Cass. 13 luglio 2011, n. 15343 nonché Cass. 11 luglio 2011, n. 15227; Cass. 23 marzo 2012,n. 4760; Cass. 4 marzo 2014, n. 5060.58 Cass. 23 marzo 2012, n. 4760.59 Cass. 4 marzo 2014, n. 5060; Cass. 25 marzo 2015, n. 6026.

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PARTE OTTAVA – LE OPPOSIZIONI ESECUTIVE1610

rentorio per l’introduzione della causa di merito, sarebbe restata in tutto o in parteinapplicabile60.

5. L’introduzione del giudizio di merito

5.1. Le regole sulla competenza

Come si è visto, l’art. 616 c.p.c. contempla l’ipotesi in cui la competenza a co-noscere della causa di opposizione all’esecuzione appartenga ad un ufficio giudi-ziario diverso da quello del giudice dell’esecuzione e stabilisce che, in un’ipotesisiffatta, la causa di merito vada “riassunta” dinanzi al giudice competente.

Alla luce di detta disposizione occorre stabilire sotto quali profili possa confi-gurarsi un’incompetenza dell’ufficio giudiziario dinanzi al quale pende il processoesecutivo che, a seguito della istituzione del giudice unico e della soppressionedell’ufficio del pretore, si svolge sempre dinanzi al Tribunale.

Prima di tutto giova rilevare che non vi sono ragioni per escludere un riparto dicompetenza per valore in senso verticale tra il Tribunale (cui sempre appartiene ilgiudice dell’esecuzione) ed il giudice di pace. Tale riparto avviene in base all’entitàdel credito per cui si procede.

A seguito della riforma del 2009, ed ai sensi della nuova formulazione dell’art.7 c.p.c., la causa di merito rientra nella competenza del giudice di pace se il creditoper il quale i creditori agiscono esecutivamente non supera euro 5.000,00, mentrerientra nella competenza del tribunale se tale credito supera il predetto importo.

Non è chiaro, invece, se sia configurabile anche un riparto di competenza insenso orizzontale, e cioè per territorio, tra l’ufficio giudiziario cui appartiene ilgiudice dell’esecuzione ed altro ufficio giudiziario.

La giurisprudenza, già prima delle riforme sul processo, era orientata a ritenereche la competenza a decidere delle cause di opposizione all’esecuzione successiveper crediti di lavoro, eccezion fatta per la prima fase, dovesse essere attribuitaall’ufficio giudiziario competente per materia e per territorio ai sensi degli artt. 413e 444 c.p.c. e non all’ufficio giudiziario individuato dall’art. 27 co. 1 c.p.c.61.

Tale soluzione, adottata solo in via interpretativa, è stata recepita dalla riforma.L’attuale formulazione dell’art. 618 bis co. 2 c.p.c. nella parte in cui stabilisce chela competenza del giudice dell’esecuzione resta ferma “nei limiti dei provvedimentiassunti con ordinanza”, ribadisce la competenza funzionale del giudice dell’ese-cuzione quanto alla gestione della fase preliminare dell’opposizione e, dunque, li-mitatamente alla assunzione dei provvedimenti sospensivi da adottare conl’ordinanza prevista dall’art. 616 co. 2 c.p.c.62. Tale precisazione, in difetto di indi-

60 La mancata fissazione del termine impedisce, invero, di constatare che le parti interessate hannoomesso di introdurre tempestivamente la causa di merito e di apprezzare che, per tale ragione, la so-spensione del processo si è “stabilizzata” evolvendosi in estinzione.61 Cass. 4 aprile 1998, n. 3514; Cass. 18 aprile 2003, n. 6337.62 Cass. 29 maggio 2014, n. 12055. In dottrina VULLO, Le opposizioni in materia di lavoro, di previ-denza e di assistenza: l’art. 618 bis c.p.c. in Riv. esec. forz., 2013, 524 ss.

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CAPITOLO QUINTO - L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA ALL’ESECUZIONE 1611

cazioni ulteriori, consente pertanto di affermare che per il resto trovano applicazio-ne i comuni criteri di competenza63.

In buona sostanza nel caso di opposizione all’esecuzione successiva fondata sucrediti di lavoro, o analoghi, il giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza emessa aisensi degli artt. 624 e 616 co. 2 c.p.c., se verifica, in applicazione dei criteri fornitidagli artt. 413 e 444 c.p.c., che è territorialmente competente a conoscere dell’op-posizione un Tribunale diverso da quello cui appartiene, fissa un termine perento-rio per l’introduzione (“riassunzione”) della causa di merito dinanzi a quest’ultimo.

Si rileva che la soluzione offerta dal legislatore è stata criticata da una partedella dottrina la quale ha sostenuto che sarebbe inopportuno ipotizzare che il pro-cesso esecutivo e la causa di merito sull’opposizione si svolgano dinanzi ad ufficigiudiziari diversi ed ha suggerito l’accoglimento di una lettura alternativa dell’art.618 bis c.p.c.64.

Deve, infine, rilevarsi che la Corte di Cassazione ha escluso l’ammissibilitàdel regolamento di giurisdizione in relazione alle opposizioni esecutive avendo af-fermato che: “A seguito della formulazione dell’art. 367 cod. proc. civ., così comeintrodotta dall’art. 61 della l. n. 353 del 1990, il disposto dell’art. 41 cod. proc. civ.deve essere interpretato nel senso dell’inammissibilità del regolamento di giurisdi-zione proposto in pendenza di un processo di esecuzione, dovendo l’ambito di ap-plicazione del detto rimedio processuale ritenersi circoscritto entro i confini delprocesso di cognizione, rispetto al quale soltanto è possibile riconoscere l’esistenzadi un giudice istruttore e di un collegio, mentre nel processo esecutivo esiste soloun giudice dell’esecuzione; conseguentemente, neppure nei giudizi di opposizioneche si inseriscono nel corso dell’esecuzione risulta ammissibile il suddetto regola-mento giacché la decisione che può essere chiesta con l’istanza atterrebbe, inastratto, solo alla giurisdizione a conoscere dell’opposizione, che, peraltro, non puòche spettare al giudice ordinario una volta che il processo esecutivo sia iniziato di-nanzi a lui.”65

5.2. La forma dell’atto introduttivo, la sua notificazione, l’abbreviazione dei ter-mini a comparire, la procura alle liti, l’iscrizione a ruolo, il fascicolo d’ufficio

Il giudizio di merito si introduce con atto di citazione se la causa deve esseretrattata secondo le regole del processo di cognizione 66.

63 Così ARIETA – DE SANTIS, op. cit., 1726. Nello stesso senso Cass. 14 marzo 2008, n. 6882 nonché,di recente, Cass. 29 maggio 2014, n. 12055.64 MENCHINI – MOTTO, op. cit., 180-181; ritiene, invece, che se il foro dell’esecuzione e quello indi-viduato secondo il rito speciale non coincidono si avrà la rimessione davanti al altro Tribunale com-petente per territorio, VULLO, op. cit., 526.65 Cass. sez. un. 13 dicembre 2007, n. 26109.66 Cass. 19 gennaio 2011 nella quale si precisa che “se la causa è soggetta al rito ordinario, il giudi-zio di merito va introdotto con citazione da notificare alla controparte entro il termine perentoriofissato dal giudice, mentre l’eventuale concessione di un ulteriore termine per tale notifica o unanuova citazione ad iniziativa spontanea della parte sono ammissibili solo a condizione che, in rela-zione all’udienza di comparizione indicata dal giudice o indicata nel nuovo atto di citazione, venga

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PARTE OTTAVA – LE OPPOSIZIONI ESECUTIVE1612

Esso va proposto con ricorso ove il rito applicabile sia quello del lavoro e,dunque, nei casi in cui l’esecuzione si fondi su un titolo avente ad oggetto contro-versie in materia di lavoro, previdenza ed assistenza obbligatorie ovvero in tema dilocazione67.

Per completezza giova comunque rilevare che, anche ove l’atto introduttivo siastato predisposto in violazione dello schema legale, esso è, comunque, idoneo alraggiungimento dello scopo a condizione che la causa venga introdotta nel rispettodel termine perentorio68.

L’atto introduttivo deve essere sottoscritto da un difensore munito di procuraalle liti. A tale proposito, va precisato che la procura alle liti conferita per la propo-sizione del ricorso depositato ai sensi dell’art. 615 co. 2 c.p.c. presso la cancelleriadel giudice dell’esecuzione deve presumersi valida anche per l’introduzione dellasuccessiva fase di merito, eccezion fatta per le ipotesi in cui il mandato sia statorilasciato esclusivamente per la fase endoesecutiva69.

Occorre rilevare che l’art. 5 co. 4 lett. e) del decreto legislativo 4 marzo 2010,n. 28 sulla “mediazione e conciliazione delle controversie civili e commerciali”,come modificato dal decreto legge 9 agosto 2013, n. 98, esclude che la mediazione,prevista dal primo comma (obbligatoria e preventiva) e dal secondo comma (obbli-gatoria a seguito di “indicazione del giudice”) dello stesso art. 5, possa essere espe-rita nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativiall’esecuzione forzata70.

Va da ultimo evidenziato che il decreto legge 21 giugno 2013, n. 179, conver-tito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 ha introdotto nel codice dirito l’art. 185 bis c.p.c. a tenore del quale “Il giudice, alla prima udienza, ovverosino a quando è esaurita l’istruzione, formula alle parti ove possibile, avuto ri-guardo alla natura del giudizio, al valore della controversia e all’esistenza di que-stioni di facile e pronta soluzione di diritto, una proposta transattiva o conciliati-

rispettato il termine perentorio a suo tempo fissato dal giudice dell’esecuzione”. Nello stesso sensoCass. 29 maggio 2014, n. 12055.67 Cfr. Cass. 19 gennaio 2011 nonché Cass. 29 maggio 2014, n. 12055; la causa di merito non può piùessere introdotta secondo il rito societario che è stato abrogato dall’art. 55 della legge 18 giugno2009, n. 69.68 In questo senso, in generale, Cass. 9 aprile 2015, n. 7117.Va, però, precisato che, secondo Cass. 29 maggio 2014 n. 12055, l'introduzione del giudizio di meri-to nel termine perentorio fissato dal giudice dell'esecuzione, all'esito dell'esaurimento della fase som-maria di cui all'art. 615, secondo comma, cod. proc. civ., deve avvenire con la forma dell'atto intro-duttivo richiesta in riferimento al rito con cui l'opposizione deve essere trattata quanto alla fase di co-gnizione piena. Ne consegue che, ove la causa appartenga alla competenza per materia del giudice dellavoro e, ai sensi dell'art. 618 bis, primo comma, cod. proc. civ., sia disciplinata dalle norme previsteper le controversie individuali di lavoro, in quanto relativa ad esecuzione forzata promossa in base aprovvedimenti emessi dal giudice del lavoro, il giudizio di merito va introdotto con ricorso da deposi-tare nella cancelleria del giudice competente entro il termine perentorio fissato dal giudice dell'esecu-zione.69 Cass. 9 aprile 2015, n. 7117; Cass. 20 aprile 2015, n. 7997 che, pronunciandosi in relazione ad unaopposizione agli atti, fonda tale principio sulla considerazione dell’unicità del procedimento di oppo-sizione, quantunque a carattere bifasico.70 Cfr. sub parte 8, cap. 1, par. 5.

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CAPITOLO QUINTO - L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA ALL’ESECUZIONE 1613

va. La proposta di conciliazione non può costituire motivo di ricusazione o asten-sione del giudice”.

L’art. 185 bis c.p.c. codifica per la prima volta l’ipotesi che alla conciliazionesi addivenga sulla scorta di una proposta del giudice formalizzata agli atti del pro-cesso ed accettata dalle parti. Giova, inoltre, precisare che, se la proposta del giudi-ce viene recepita dalle parti e comporta la conclusione di un accordo che assume lavalenza di una conciliazione giudiziale ed è, perciò, riconducibile “agli altri atti”di cui all’art. 474 co. 2 n. 1 c.p.c..

Quanto sin qui esposto consente di affermare che l’art. 185 bis c.p.c. costitui-sce una norma che favorisce la conciliazione giudiziale e che esula completamentedall’ambito della mediazione civile e commerciale (caratterizzata dal fatto di svol-gersi al di fuori del processo e con la collaborazione di soggetti professionali terzi)che, in presenza di determinate condizioni è obbligatoria poiché configura unacondizione di procedibilità dell’azione.

Ne consegue che l’art. 185 bis c.p.c. è applicabile in ogni genere di processi edè, perciò, compatibile anche con le opposizioni esecutive71.

Non sembra vi siano ragioni ostative alla proponibilità della causa di merito, incui si articola l’opposizione all’esecuzione successiva, secondo le forme previsteper il procedimento sommario non cautelare introdotto dalla legge 18 giugno 2009n. 69 e regolato dagli artt. 702 bis e ss. c.p.c.72.

Il giudizio sommario costituisce un modello processuale alternativo alla co-gnizione, avente applicazione generale73. Con il rito sommario, cioè, può essere in-vocata la tutela giurisdizionale in qualunque direzione (sono, infatti, ammissibili ledomande di condanna, accertamento e costitutive), purché la controversia debbaessere decisa dal Tribunale in composizione monocratica. Ciò significa che restanoescluse le controversie che rientrano nella competenza del giudice di Pace ovverodel Tribunale in composizione collegiale. È invece controverso se tale procedimen-to sia applicabile anche alle cause che debbano essere trattate con il rito del lavoro.

Quando la causa di merito venga introdotta, ai sensi dell’art. 616 c.p.c., nelleforme del rito sommario, essa deve essere proposta con ricorso, come previstodall’art. 702 bis c.p.c..

Tanto l’atto di citazione quanto il ricorso, quest’ultimo unitamente al decretodi fissazione dell’udienza adottato dal giudice, debbono essere notificati ai sensidell’art. 138 ss. c.p.c. in conformità all’orientamento della giurisprudenza che nonritiene invocabile, per i giudizi di opposizione, l’art. 489 c.p.c. e, dunque, l’ele-zione di domicilio compiuta ai fini del procedimento esecutivo nell’ambito del pro-cesso di esecuzione74.

71 Cfr. sub parte 8, cap. 1, par. 5.72 Cfr. in questa parte, sub cap. 3, par. 5.73 Cfr. (BUCCI) – SOLDI, Le nuove riforme del processo civile 2009, Padova, 2009, 155 e ss..74 Per l’esame della tesi circa l’applicabilità dell’art. 489 c.p.c. nella fase processuale che si svolgedinanzi al giudice dell’esecuzione, cfr. in questo capitolo, sub par. 4.3. Va, per completezza, precisatoche la notificazione al domicilio eletto per la fase esecutiva è valido solo a condizione che la predettaelezione di domicilio sia stata espressamente estesa alle eventuali opposizioni esecutive successive. Intal caso la notificazione è, però, regolare, non in virtù dell’art. 489 c.p.c. ma dell’art. 141 c.p.c.. In talsenso Cass. 26 giugno 2015, n. 13191i

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PARTE OTTAVA – LE OPPOSIZIONI ESECUTIVE1614

Il giudizio di merito va introdotto nel termine perentorio stabilito ai sensidell’art. 616 c.p.c. il che sta a dire che, entro e non oltre il tempo fissato dal giudicedell’esecuzione, la parte attrice deve provvedere a notificare l’atto di citazione adalmeno una delle parti opposte, sì da radicare il rapporto processuale, ovvero a de-positare il ricorso introduttivo.

Se l’introduzione del giudizio di merito sia compiuta con citazione, al conve-nuto deve essere concesso un termine a comparire non inferiore a quello stabilitodall’art. 163 bis c.p.c., ridotto della metà. Il mancato rispetto di tale termine com-porta l’applicazione delle comuni sanzioni processuali previste dall’art. 164 c.p.c..

Ove il giudizio di merito venga introdotto con ricorso secondo il rito del lavo-ro, ovvero con ricorso ai sensi degli artt. 702 bis e ss. c.p.c., il termine a comparireper il convenuto, previsto rispettivamente dagli artt. 415 c.p.c. per il processo dellavoro, e dall’art. 702 bis c.p.c. per il rito sommario, deve essere ridotto della metà.

Anche nelle ipotesi da ultimo esaminate la violazione del termine ridotto a com-parire deve ritenersi soggetta alla sanzione processuale prevista dall’art. 164 c.p.c..

La causa di merito non poteva, invece, essere introdotta secondo il rito societa-rio che, peraltro, è stato abrogato dall’art.55 della legge 18 giugno 2009, n. 69.

Per completezza va, ancora evidenziato che, se la causa di merito non viene in-trodotta da uno degli interessati perché il giudice dell’esecuzione, dopo aver decisosull’istanza di sospensione, ha fissato l’udienza ex art. 183 c.p.c., si configura unaviolazione del rito che è, tuttavia, inidonea a determinare una nullità del procedi-mento e della sentenza se non abbia comportato una lesione del diritto di difesa75.

Il processo deve ritenersi, quindi, regolarmente instaurato tutte le volte in cuiall’udienza fissata dinanzi al giudice dell’esecuzione erano presenti tutti gli interes-sati e non anche, invece, nella diversa ipotesi in cui la fissazione direttadell’udienza abbia prodotto la mancata instaurazione del contraddittorio nei con-fronti delle parti necessarie del giudizio.

L’art. 616 c.p.c. impone alla parte attrice di provvedere all’iscrizione dellacausa a ruolo.

Tale iscrizione della causa a ruolo segue e non precede l’introduzione del giu-dizio quando esso viene introdotto con citazione76, mentre è contestuale al depositodel ricorso quando l’atto introduttivo debba essere redatto in tale ultima forma.

La giurisprudenza ha ritenuto che, se il giudice dell’esecuzione è competenteanche per il giudizio di opposizione, può disporre l’acquisizione del fascicolodell’esecuzione77.

Per il disposto dell’art. 186 disp. att. c.p.c., il giudice competente per l’oppo-sizione può richiedere al cancelliere del giudice dell’esecuzione la trasmissione delricorso in opposizione, di copia del processo verbale dell’udienza di comparizionee dei documenti allegati relativi alla causa di opposizione.

Per completezza si segnala che l’art. 186 bis disp. att. c.p.c., introdotto dallalegge 18 giugno 2009, n. 69, ha un ambito applicativo circoscritto all’opposizione

75 Cass. 27 gennaio 2012, n. 1201.76 Da più parti si è, pertanto, sottolineata l’incongruenza della formulazione dell’art. 616 c.p.c. nellaparte in cui prevede una “previa iscrizione a ruolo” della causa di merito.77 Cass. 4 settembre 1985, n. 4612.

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CAPITOLO QUINTO - L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA ALL’ESECUZIONE 1615

agli atti esecutivi. Ne consegue che la causa di merito introdotta ai sensi dell’art.616 c.p.c. (in relazione all’opposizione prevista dall’art. 615 c.p.c.) può essere as-segnata per la trattazione al giudice persona fisica che ha la direzione del processoesecutivo e che ha adottato i provvedimenti sulla istanza di sospensione di cuiall’art. 624 c.p.c..

5.3. Le parti legittimate all’introduzione della causa di merito

A norma dell’art. 616 c.p.c. “qualunque parte interessata” ha la facoltà di in-trodurre il giudizio di merito nel termine perentorio concesso dal giudice dell’ese-cuzione e ciò, senza che rilevi il fatto che la competenza a decidere sull’oppo-sizione spetti o meno all’ufficio giudiziario presso il quale pende il processo esecu-tivo.

L’art. 624 co. 3 c.p.c. dispone che il provvedimento di sospensione dell’ese-cuzione non può stabilizzarsi e condurre all’estinzione del processo di esecuzionein tutti i casi in cui sia stato introdotto il giudizio di merito.

Alla luce del tenore letterale delle disposizioni richiamate deve pertanto rite-nersi che il giudizio di opposizione all’esecuzione possa essere promosso ad istan-za, non solo dell’opponente che abbia provveduto a depositare il ricorso introdutti-vo presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione, ma anche a cura degli opposti.

L’introduzione del giudizio di merito, chiunque sia l’istante, deve avvenire neltermine perentorio stabilito dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 616 c.p.c..

Tali conclusioni trovano sostanzialmente concorde tutta la dottrina78.Le posizioni degli interpreti si divaricano, invece, con riferimento alle questio-

ni attinenti l’oggetto della causa di merito e la posizione processuale delle parti inconseguenza del fatto che, a tutt’oggi, è controverso quale sia il momento al qualefar risalire la pendenza del giudizio di opposizione e gli effetti sostanziali e proces-suali della domanda ad esso relativa.

Come si è anticipato79, parte della dottrina assume che il legislatore del 2006abbia “normativizzato” la cosiddetta concezione monofasica delle opposizioni ese-

78 In questo senso ARIETA – DE SANTIS, op. cit., 1747; MENCHINI – MOTTO, op. cit., 183; TOTA, op.cit., 576-577; ROMANO, op. cit., 493; in senso parzialmente contrario BARRECA, op. cit., 677 ss. laquale ritiene che all’introduzione della causa di merito possa, di regola, provvedere il solo ricorrente.La legittimazione dovrebbe invece essere estesa anche agli opposti solo quando, in presenza di unprovvedimento di sospensione dell’esecuzione, il ricorrente abbia invocato la “estinzione del pigno-ramento” ai sensi dell’art. 624 co. 3 c.p.c.. Solo in quest’ultimo caso le parti opposte avrebbero lapossibilità di curare direttamente l’introduzione del giudizio come può evincersi dal tenore letteraledell’art. 624 co. 3 c.p.c. nella parte in cui stabilisce che il giudice dispone l’estinzione del pignora-mento oggetto della procedura esecutiva sospesa quando non sia stato indotto il giudizio di merito“fermo restando in tal caso il possibile promuovimento a cura di ogni altro interessato”.Tutte le interpretazioni che si sono riportate debbono ritenersi ormai superate a seguito della legge 18giugno 2009, n. 69 che ha riformulato l’art. 624 c.p.c.. Tale disposizione, oggi in modo inequivoco,prevede che la sospensione del processo esecutivo si “stabilizza” e conduce all’estinzione del proces-so sospeso in tutti i casi in cui le parti, legittimate alla introduzione della causa di merito ai sensidell’art. 616 c.p.c., non vi provvedano nel termine perentorio assegnato dal giudice dell’esecuzione.79 Cfr. in questo capitolo, sub par. 3.

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PARTE OTTAVA – LE OPPOSIZIONI ESECUTIVE1616

cutive successive e ritiene conseguentemente che l’opposizione ad esecuzione ini-ziata debba considerarsi pendente sin dal deposito del ricorso al giudicedell’esecuzione80. L’intero giudizio, sia per la fase sommaria regolata dalle normesui procedimenti camerali che per quella di merito vera e propria, disciplinata dalledisposizioni sul processo di cognizione, sarebbe, quindi, retto dal ricorso originarioe dalla domanda giudiziale in esso formulata. Ragionando in un’ottica siffatta, unavolta conclusa la fase dedicata alla adozione dei provvedimenti sulla sospensione81

e, curata l’introduzione del giudizio di merito, quest’ultimo dovrebbe concludersicon una decisione sulla domanda giudiziale dell’opponente ovverosia sui motiviper cui quest’ultimo aveva articolato la contestazione del diritto dei creditori a pro-cedere esecutivamente.

Né tale ricostruzione potrebbe essere smentita nel caso in cui l’iniziativa pro-cessuale all’avvio della fase cognitiva vera e propria fosse stata assunta, non dalricorrente, ma da uno degli opposti poiché l’introduzione della causa a cognizionepiena, anche quando avvenuta a cura di questi ultimi, sarebbe solo funzionale aprovocare una pronuncia giudiziale con sentenza sul ricorso dell’opponente.

È di tutta evidenza, però, che la prospettiva muta se si muove dall’assunto con-trario e si afferma che le opposizioni esecutive successive, a seguito delle riformedel 2005-2006, hanno assunto carattere bifasico82 e si articolano in una prima faseprocedimentale, interna al processo esecutivo, introdotta con ricorso al giudicedell’esecuzione e finalizzata alla adozione dei provvedimenti di cui all’art. 624c.p.c., ed una seconda fase, coincidente con il processo di merito vero e proprio,che prende le mosse da un atto introduttivo predisposto a cura della parte che prov-vede alla sua instaurazione83. Stando a questa seconda prospettazione, che è quellacui si è aderito84, il giudizio di opposizione sarebbe pendente solo a decorreredall’inizio della seconda fase e, precisamente, dalla notificazione della citazioneovvero, nel caso di applicazione del rito del lavoro, dal deposito del ricorso.

Tale assunto impone però alcune riflessioni in primo luogo con riguardo allaposizione processuale delle parti nel corso del giudizio oppositivo.

Se, infatti, la situazione resta sostanzialmente inalterata quando l’introduzionedella causa avvenga ad iniziativa dell’opponente e, dunque, sulla falsariga del ri-corso introduttivo (salvo l’ampliamento dei motivi di contestazione nei termini dicui si dirà al paragrafo successivo), la prospettiva muta nell’ipotesi contraria. Ovel’atto introduttivo del giudizio di cognizione sia predisposto da uno degli oppostiesso inevitabilmente dovrà avere ad oggetto la formulazione di una domanda di ac-

80 Per l’indicazione dei sostenitori della struttura monofasica cfr. nota 8.81 Che non si collocherebbe ante causam, ma avrebbe carattere incidentale nell’ambito del processo dicognizione piena.82 Per l’indicazione dei sostenitori della struttura bifasica cfr. nota 12. Sembra aderire a tale imposta-zione anche ORIANI, op. cit., 250 il quale sostiene che la causa di merito è retta dall’atto introduttivocon cui essa viene instaurata nel temine perentorio concesso dal giudice dell’esecuzione.83 Per l’esposizione del principio secondo cui legittimati all’introduzione del giudizio di merito sareb-bero, non solo il ricorrente, ma anche gli opposti, cfr. in questo capitolo, sub par. 5.3 nonché sub parte9, cap. 3, par. 9.84 Per l’esame delle opzioni interpretative e degli argomenti a favore della struttura bifasica, cfr. inquesto capitolo, sub par. 3.

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CAPITOLO QUINTO - L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA ALL’ESECUZIONE 1617

certamento negativo della fondatezza dei motivi di opposizione dedotti dal ricor-rente.

5.4. La posizione processuale delle parti nella causa di merito

Se la causa di merito è instaurata a cura di colui che ha proposto l’opposizionevi è una identità tra la posizione formale e quella sostanziale delle parti nel passag-gio dalla prima fase incidentale a quella contenziosa successiva.

Più complessa è la situazione nel caso in cui il giudizio sia introdotto da unsoggetto diverso dall’opponente che ha predisposto il ricorso al giudice dell’ese-cuzione poiché in tale ultima ipotesi l’atto introduttivo inevitabilmente avrà ad og-getto una domanda giudiziale di accertamento della infondatezza dell’opposizioneper i motivi dedotti dall’opponente85. Nel caso ipotizzato, l’originario opponentesarà attore in senso sostanziale, ma convenuto in senso formale mentre, al contra-rio, la parte opposta che ha provveduto ad introdurre la causa di merito rivestirà ilruolo di convenuto in senso sostanziale, pur figurando come attore in senso for-male.

Tale capovolgimento delle posizioni processuali, nonostante le apparenze, nonpare, però, che possa incidere sulla ripartizione dell’onere della prova. Ove il credi-tore opposto chieda di accertare l’infondatezza dell’opposizione per i motivi daquesto dedotti non deve fornire prova della insussistenza dei fatti modificativi oestintivi del rapporto sostanziale ma basta che affermi l’esistenza del suo diritto eda tal fine è sufficiente che si riporti alle risultanze del titolo esecutivo che di talediritto accerta la sussistenza. Per esemplificare, se l’opponente deduce l’inesistenzaoriginaria o sopravvenuta del titolo esecutivo, o afferma che il diritto fatto valere èvenuto meno per fatti estintivi o modificativi, come, ad esempio, un pagamento, ilcreditore attore può limitarsi ad affermare che la sua pretesa è stata fatta valere le-gittimamente nel processo esecutivo in quanto dimostrata dal documento - titolo.Non si potrebbe, infatti, esigere dal creditore che abbia introdotto il giudizio di me-rito di fornire la prova della mancata caducazione del titolo o del venir meno deldiritto per adempimento poiché, ragionando in tale direzione, lo si costringerebbealla prova di un fatto negativo.

La situazione si atteggia in termini parzialmente diversi quando le contestazio-ni abbiano ad oggetto la pignorabilità dei beni ovvero il difetto di legittimazioneattiva o passiva del creditore o del debitore.

85 In tal senso RECCHIONI, op. cit., 653 il quale evidenzia come il legislatore della riforma abbia rico-struito i rapporti tra il provvedimento sulla sospensione dell’esecuzione ed il giudizio di opposizionesuccessivo ispirandosi al modello dei cautelari anticipatori e del principio della “strumentalità atte-nuata”. In sostanza, cioè, secondo il procedimento cautelare uniforme, in presenza di un provvedi-mento cautelare di tipo anticipatorio, non solo il beneficiario della cautela, ma anche l’intimato, pos-sono introdurre il giudizio di merito. Ove il giudizio di merito venga instaurato ad istanza dell’intima-to esso viene ricondotto dalla dottrina nell’alveo dell’azione di accertamento negativo (del diritto giàprotetto in via cautelare). In sostanza, cioè, l’intimato introdurrebbe una causa avente ad oggetto (insenso tecnico) l’opposto logico e contrario di quello che avrebbe potuto introdurre il beneficiario del-la cautela.

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PARTE OTTAVA – LE OPPOSIZIONI ESECUTIVE1618

Anche per ciò che concerne tali ultime ipotesi deve, però, rilevarsi che il pro-blema è più apparente che reale, poiché il creditore che agisca con una domanda diaccertamento negativo è tenuto a fornire prova dell’esistenza delle condizioni chelo abilitano all’esercizio dell’azione esecutiva negli stessi casi in cui sarebbe tenutoa farlo ove fosse stato convenuto in giudizio dall’opponente.

Se l’opponente assume il difetto di legittimazione attiva del creditore, negan-do, ad esempio, la successione nella titolarità del diritto, spetta a chi esercital’azione esecutiva fornire la prova della modificazione soggettiva nella titolaritàdel rapporto sostanziale, così come se l’opponente contesta la legittimazione passi-va dell’espropriato, sarà onere del creditore dedurre le ragioni per cui ha indirizzatol’azione esecutiva nei confronti di quel determinato soggetto86.

Nello stesso modo ove si deduca l’impignorabilità dei beni è, di regola, compi-to del creditore dimostrare che ricorrono i presupposti giuridico fattuali che con-sentono l’esercizio dell’azione esecutiva sull’oggetto prescelto, eccezion fatta perle ipotesi in cui l’impignorabilità sia in re ipsa.

5.5. L’ampliamento dell’oggetto dell’opposizione a cura dell’opponente o del-l’opposto

È opportuno domandarsi se nei casi in cui l’opponente introduce la causa dimerito possa ampliare l’oggetto del giudizio articolando ulteriori motivi di conte-stazione.

La questione non è di facile soluzione, ma la tesi preferibile è quella secondocui l’ampliamento nei termini suddetti è possibile poiché la domanda giudizialeviene formulata per la prima volta con l’atto introduttivo della causa di merito enon risulta definita dal ricorso proposto al giudice dell’esecuzione.

In buona sostanza, dunque, l’opponente può proporre l’opposizione all’esecu-zione per i motivi già indicati nell’originario ricorso ma non gli è preclusa la for-mulazione di ulteriori domande, in applicazione del principio sancito dall’art. 104c.p.c.87. Chiaro è, però, che con riferimento alle ulteriori contestazioni non formu-late nel ricorso ed introdotte per la prima volta nel giudizio di merito, non è possi-bile chiedere al giudice la sospensione dell’esecuzione.

Per esempio, se con l’originario ricorso il debitore opponente abbia contestatoil diritto del creditore a procedere esecutivamente deducendo il pagamento el’istanza di sospensione sia stata rigettata sotto tale profilo, con l’atto introduttivodel giudizio di merito l’opponente può prospettare che il diritto fatto valere dal cre-ditore si sia estinto per compensazione; tuttavia, con riguardo a questa ultima ecce-zione, che si profila “nuova” rispetto al thema decidendum delineato nella fasedell’opposizione svoltasi dinanzi al giudice dell’esecuzione, non può invocarsi lasospensione, ai sensi dell’art. 624 c.p.c.. Ove il debitore volesse richiedere la so-spensione con riferimento a tale ulteriore motivo, dovrebbe, quindi, instaurare l’op-

86 Cfr. sul punto Cass. 15 ottobre, 2015, n. 18258.87 Per i riferimento agli orientamenti giurisprudenziali che ammettono il cumulo delle domande nel-l’opposizione all’esecuzione cfr. in questa parte, sub cap. 2, par. 13.

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CAPITOLO QUINTO - L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA ALL’ESECUZIONE 1619

posizione secondo lo schema procedimentale previsto dall’art. 616 c.p.c. propo-nendo ricorso al giudice del processo esecutivo in modo da provocarne una deci-sione sulla domanda cautelare.

Per altro verso, si già visto88 che la giurisprudenza ritiene ammissibili le do-mande riconvenzionali del creditore opposto in un giudizio di opposizioneall’esecuzione. Tale orientamento può essere confermato anche nel panorama nor-mativo attuale. Nessun problema si profila quando il giudizio di merito venga in-trodotto a cura dell’opponente già ricorrente poiché la situazione è analoga a quelladel passato. Il creditore che vi abbia interesse, nella ipotesi configurata, può pro-porre domanda riconvenzionale nei termini indicati dalla giurisprudenza al momen-to della sua costituzione in giudizio con comparsa in conformità a quanto previstodall’art. 166 c.p.c.

Ma la prospettiva dell’ampliamento dell’oggetto del giudizio a cura del creditorenon può essere negata neppure nel caso in cui questi abbia assunto l’iniziativa dipromuovere la causa di merito assumendo la posizione di attore in senso formale.

Si è già detto che il creditore, quando diviene attore, deve formulare una do-manda giudiziale di accertamento negativo della infondatezza dei motivi di conte-stazione articolati dall’opponente con il ricorso. Ma nulla osta al fatto che questicon il medesimo atto introduttivo proponga anche una domanda di contenuto ana-logo a quella che avrebbe potuto avanzare in via riconvenzionale chiedendo adesempio, in mero subordine e con riferimento all’ipotesi di rigetto della domandaproposta in via principale (accertamento negativo della fondatezza delle doglianzearticolate nel ricorso), la condanna del debitore per un titolo diverso89.

Questa ricostruzione che, a seguito della riforma del 2006, prestava il fianco acritica in considerazione del nuovo regime impugnatorio previsto per le opposizio-ni esecutive, oggi è del tutto condivisibile e merita adesione. A seguito della legge18 giugno 2009, n. 69, invero, la sentenza che definisce il giudizio di opposizioneall’esecuzione è soggetta ad appello ragion per cui anche l’ipotetica decisione as-sunta sulle ulteriori domande proposte dall’opponente (in applicazione del criteriosul cumulo) o dall’opposto (in via riconvenzionale) non è neppure astrattamenteidonea a pregiudicare i diritti di difesa delle parti90.

5.6. Gli effetti processuali e sostanziali della domanda di opposizione all’ese-cuzione

La ricostruzione del sistema di introduzione dell’opposizione successiva all’e-secuzione pone un ulteriore problema cui occorre prestare attenzione.

Se si accede alla tesi prospettata nel testo, il giudizio di merito sull’op-posizione risulta pendente solo a decorrere dall’introduzione della causa cui le partiprovvedono una volta definita la prima fase del procedimento gestita dal giudicedell’esecuzione e destinata alla decisione sulla sospensione e sulla competenza.

88 Cfr. in questa parte, sub cap. 2, par. 13.2.89 RECCHIONI, op. cit., 655.90 Con riferimento all’esame di tale questione cfr. RECCHIONI, op. cit., 658.

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PARTE OTTAVA – LE OPPOSIZIONI ESECUTIVE1620

Anche aderendo a tale prospettiva, sembra, però, fuor di dubbio che gli effettiprocessuali della domanda decorrano dalla notificazione del ricorso depositatopresso la cancelleria del giudice dell’esecuzione così come gli effetti sostanzialidella domanda vadano ricollegati alla notificazione del ricorso suddetto.

La tempestività dell’opposizione agli atti esecutivi dovrà, quindi, essere esa-minata tenendo conto della data di deposito del ricorso originario, mentre l’inter-ruzione della prescrizione dovrà essere ricondotta alla data di notificazione del ri-corso e del decreto di fissazione dell’udienza di cui all’art. 185 disp. att. c.p.c., poi-ché a tali fini non può farsi riferimento alla data di notificazione della citazione neltermine perentorio previsto dal giudice dell’esecuzione sebbene essa segni la pen-denza del giudizio91.

Il legislatore ha inteso, infatti, articolare lo schema procedimentale di introdu-zione dell’opposizione esecutiva successiva mutuando i principi della strumentalitàattenuata cui è improntata la disciplina dei provvedimenti cautelari di tipo anticipa-torio. Ma, se questa è la prospettiva, non può negarsi che l’originario ricorso intro-duttivo, sebbene collocato ante causam, produca effetti processuali e sostanzialianaloghi a quelli della domanda di merito.

5.7. Il mancato rispetto del termine perentorio per l’introduzione della causa dimerito

Se si aderisce alla tesi esposta nel testo secondo cui la causa di merito vieneintrodotta quando sia stata definita la fase incidentale finalizzata alla adozione deiprovvedimenti sulla sospensione, è consequenziale ritenere che, ove alla instaura-zione si provveda dopo la scadenza del termine perentorio fissato dal giudicedell’esecuzione, l’opposizione vada dichiarata inammissibile92.

Il giudice dell’opposizione ha, dunque, l’onere di verificare la tempestivitàdell’introduzione quando prenda visione del ricorso, se la causa venga introdotta intale forma perché regolata dal rito del lavoro, ovvero nel corso della prima udienzadi comparizione delle parti, quando il rapporto processuale sia stato instaurato concitazione.

Per completezza si rileva che quanti aderiscono alla tesi secondo cui il giudiziodi opposizione è pendente sin dal deposito del ricorso introduttivo dinanzi al giudi-ce dell’esecuzione affermano che la mancata introduzione o riassunzione nel ter-mine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione comporta l’applicazione del-l’art. 307 c.p.c. e l’estinzione della causa 93.

Va, fine, precisato che l’opposizione non può essere dichiarata inammissibile enon è comunque predicabile la soluzione dell’estinzione del giudizio ex art. 307

91 In tal senso RECCHIONI, op. cit., 652.92 BARRECA, op. cit., 679.93 Propende per l’applicazione dell’art. 307 co. 3 c.p.c. TOTA, op. cit., 576; ROMANO, op. cit., 494,nota 18; MENCHINI – MOTTO, op. cit., 183; AMADEI, op. cit., 195.

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CAPITOLO QUINTO - L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA ALL’ESECUZIONE 1621

c.p.c. in tutti i casi in cui il giudice dell’esecuzione non abbia concesso il termineperentorio per la sua introduzione94.

6. Il rito applicabile

Il rito applicabile alla causa di merito è di regola quello previsto per il proces-so di cognizione.

Trova applicazione il rito del lavoro quando l’opposizione all’esecuzione ab-bia ad oggetto crediti di lavoro, assistenza o previdenza obbligatoria.

Giova, inoltre, segnalare che, a norma dell’art. 616 c.p.c., i termini a comparireprevisti dall’art. 163 bis c.p.c. o da altre disposizioni di legge, ivi compresi quelli dicui all’art. 415 c.p.c., sono ridotti della metà. In tale prospettiva sembra doversi ri-tenere che siano dimezzati anche i termini per la costituzione dell’attore e del con-venuto. A tale conclusione si perviene considerando che, tanto l’art. 165 c.p.c. chel’art. 166 c.p.c., prevedono l’abbreviazione dei termini previsti per la costituzionenelle ipotesi di abbreviazione dei termini a comparire.

Certo è pur vero che gli artt. 415 e 416 c.p.c., dettati per il rito del lavoro, nondettano prescrizioni analoghe a quelle di cui agli artt. 165 e 166 c.p.c.. Si ritiene,tuttavia, che alla abbreviazione dei termini a comparire consegua il dimezzamentodei termini di costituzione del convenuto, in funzione del bilanciamento degli inte-ressi delle parti contrapposte. Tale principio è stato affermato dalla giurisprudenzadi legittimità in materia di opposizione a decreto ingiuntivo95.

Va, infine, precisato che la causa di merito è regolata dagli artt. 702 bis e ss.c.p.c. quando sia introdotta nelle forme del rito sommario96.

7. Il rapporto tra il giudizio di opposizione all’esecuzione preventiva o succes-siva o tra plurime opposizioni all’esecuzione successiva

La giurisprudenza non ha seguito un orientamento univoco sulla questione re-lativa ai rapporti tra la causa di opposizione al precetto e la causa di opposizione alpignoramento promosso sulla base dello stesso precetto. Con alcune pronunce, an-

94 Cfr. in questo capitolo, sub par. 4.6.bis.95 Cfr. Cass. 15 marzo 2001, n. 3752. Con tale pronuncia la Cassazione ha affermato che, dalla man-cata riproduzione nel testo dell’art. 645 c.p.c. (come modificato dalla novella del 1950), di un’e-spressa prescrizione di dimezzamento dei termini di costituzione del convenuto, non è dato evincereche il legislatore non abbia voluto disporre in ogni caso la riduzione dei termini. Il legislatore avreb-be, infatti, inteso lasciare che tale riduzione si verifichi o meno, secondo che l’opponente si avvalga onon della facoltà di assegnare un termine di comparizione ridotto. In sostanza, quindi, in ogni caso diabbreviazione del termine a comparire (disposto per decreto presidenziale ai sensi dell’art. 163 bisc.p.c. o ai sensi dell’art. 645 cpv. c.p.c. per l’esercizio di una facoltà discrezionale attribuita dalla leg-ge), la riduzione del termine a comparire comporta il dimezzamento dei termini di costituzione delleparti, in conformità a quanto previsto dagli artt. 165 e 166 c.p.c. poiché ciò garantisce l’esigenza dibilanciamento degli interessi delle parti contrapposte.96 Cfr. in questo capitolo, sub par. 5.2.

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PARTE OTTAVA – LE OPPOSIZIONI ESECUTIVE1622

che recenti97, ha affermato che i due giudizi sopraindicati sono identici per petitume causa petendi 98 e che tra essi è dunque configurabile la litispendenza, ma nonsono mancati arresti in senso contrario99.

Anche accedendo alla tesi favorevole alla configurabilità di una litispendenzatra le cause innanzi indicate, essa non potrebbe produrre gli effetti previsti dall’art.39 c.p.c. quando i giudizi pendano in gradi diversi. Onde evitare il pericolo di uncontrasto tra giudicati nella ipotesi da ultimo esaminata occorre, pertanto, fare ap-plicazione dell’art. 295 c.p.c. e cioè sospendere l’opposizione successivamente in-trodotta in attesa della definizione con sentenza della prima causa100.

Va da ultimo precisato che la giurisprudenza ha escluso la litispendenza tradue giudizi di opposizione all’esecuzione promossi con riferimento a distinti pro-cessi esecutivi ancorché intrapresi sulla base del medesimo titolo giudiziale101.

8. La sospensione feriale dei termini

Come si ricava dall’espressa previsione dell’art. 92 dell’ordinamento giudizia-rio richiamato dall’art. 3 l. 7 ottobre 1969, n. 742, la sospensione feriale dei terminiprocessuali non si applica ai giudizi di opposizione all’esecuzione e di opposizioneagli atti esecutivi preventivi e successivi nonché all’opposizione di terzoall’esecuzione102.

Siffatta esclusione non è prevista nell’interesse del debitore esecutato, ma è fi-nalizzata a garantire una sollecita definizione delle cause relative alle opposizioniesecutive anche ove l’esecuzione sia stata conclusa103 per cui opera anche quandosia cessata la materia del contendere e la causa di opposizione debba proseguire aisoli fini del regolamento delle spese processuali104.

A tale proposito va ancora segnalato che, secondo la giurisprudenza, la so-spensione feriale dei termini non opera anche quando il creditore abbia proposto

97 Nel senso della configurabilità di rapporto di litispendenza, di recente, Cass. 20 luglio 2010, n. 17037.98 Cass. 24 ottobre 1986, n. 6235; Cass. 18 gennaio 1988, n. 335; Cass. 16 giugno 2000, n. 8214.99 Negano la litispendenza tra i due giudizi citati; Cass. 4 marzo 1999, n. 1831; Cass. 18 giugno 2001,n. 8222. Va evidenziato come risulti evidente che, se si nega la litispendenza, il rapporto tra i duegiudizi non può che essere di continenza poiché il petitum della causa di opposizione all’esecuzionesuccessiva è più ampio di quello dell’opposizione all’esecuzione preventiva.100 Cass. 16 giugno 2000, n. 8214.101 Cass. 8 maggio 1993, n. 5305.102 Cass. 19 giungo 1996, n. 5674; Cass. 21 dicembre 1998, n. 12768; Cass. 26 aprile 2000, n. 5345;Cass. 25 giugno 2003, n. 10132. Per la specifica affermazione secondo cui non sono soggette a so-spensione feriale dei termini anche le opposizioni al precetto Cass. 19 marzo 2010, n. 6672; Cass. 27aprile 2010, n. 9998; Cass. 6 maggio 2010, n. 10972; Cass. 23 settembre 2010, n. 20101. Tuttavia, indottrina non mancano opinioni di segno contrario. CAPPONI, Opposizione a precetto e sospensioneferiale dei termini, in Riv. esec. forz., 2010, 422 ss. sostiene che non vi sarebbe motivo per riteneresottratti alla sospensione feriale dei termini tanto le opposizioni agli atti esecutivi (stante la previsioneletterale dell’art. 92 dell’ordinamento giudiziario che fa riferimento alle opposizioni all’esecuzione)quanto le opposizioni a precetto poiché queste ultime, non incidendo sul processo esecutivo, sarebbe-ro estranee alla ratio del citato art. 92.103 Cass. 20 marzo 2006, n. 6103; Cass. 15 marzo 2006, n. 5684.104 Cass. 25 giugno 2003, n. 10132; Cass. 23 gennaio 1998, n. 658.

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CAPITOLO QUINTO - L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA ALL’ESECUZIONE 1623

domanda riconvenzionale finalizzata ad ottenere una pronuncia di condanna chetenga luogo del titolo esecutivo, la cui esistenza sia stata contestata dal debitore,sempreché la domanda riconvenzionale non sia stata neppure esaminata a causa delrigetto dell’opposizione105.

Sviluppando il ragionamento la giurisprudenza di legittimità ha affermato chedeve, quindi, applicarsi la sospensione dei termini nella diversa ipotesi in cuil’opposizione all’esecuzione sia accolta e vi sia stata, quindi, decisione, nel merito,sulla riconvenzionale106.

Più in generale qualora nel medesimo procedimento siano proposte più do-mande connesse, alcune delle quali diano luogo a controversie sottratte alla regoladella sospensione dei termini processuali nel periodo feriale ed altre diano luogo acontroversie alle quali si applica la sospensione, la sospensione non si applica se ladomanda in relazione alla quale è prevista la sospensione è accessoria e conse-quenziale rispetto a quella per la quale la legge la esclude mentre l'intero procedi-mento resta assoggettato alla disciplina della sospensione in ogni altro caso, stantel'impossibilità di configurare una duplicità di termini di impugnazione del medesi-mo tipo per una stessa sentenza e ad opera della stessa parte107.

Resta la questione dell’ammissibilità nel giudizio di opposizioneall’esecuzione di domande riconvenzionali che non abbiano carattere accessorio ericonvenzionale rispetto all’opposizione108.

Il principio secondo cui le opposizioni esecutive non sono sottoposte a sospen-sione durante il periodo feriale deve intendersi riferito all’intero corso del procedi-mento, sicché esso ha indiscutibilmente riferimento anche ai tempi per proporre ri-corso per cassazione109.

In difetto di una specifica previsione si ritengono, invece, soggetti alla sospen-sione tutti i termini del procedimento esecutivo110.

In via interpretativa si è ritenuto che la regola che sancisce l’inapplicabilitàdella sospensione dei termini processuali si estenda anche alle controversie distri-butive111, al giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo112 nonché al giudizio didivisione endoesecutivo, promosso ai sensi dell’art. 601 c.p.c.113.

105 Cass. 4 ottobre 2010, n. 20595; Cass. 15 febbraio 2011, n. 3688.106 Cass. 21 gennaio 2014, n. 1123.107 Cass. 11 luglio 2014, n. 15892.108 Cfr. in questa parte sub cap. 2, par. 13.2.109 Cass. 29 gennaio 2010, n. 2041.110 Cass. 29 luglio 1986, n. 4841.111 Cass. 24 gennaio 2006, n. 1331 nonché, sempre con riferimento al testo dell’art. 512 previgente(anteriore alla novella del 2005-2006) Cass. sez. un.. 6 maggio 2010, n. 10617 e Cass. 10 marzo2014, n. 5454.. Si osserva, comunque, che la questione oggi è priva di rilievo in quanto le controver-sia distributive confluiscono nella fase contenziosa solo quando l’ordinanza del giudicedell’esecuzione che le risolva sia impugnata ai sensi dell’art. 617 c.p.c.. La sospensione feriale è, per-ciò, inapplicabile in virtù della norma che la esclude per le opposizioni agli atti esecutivi.112 Cass. 6 giugno 2008, n. 15010; Cass. ord. 10 marzo 2010, n. 5778; Cass. ord. 5 marzo 2010, n. 5451.113 Cass. 28 gennaio 2010, n. 1801 che, facendo leva sul principio della eadem ratio, approda allaconclusione indicata, in virtù di interpretazione estensiva e non analogica), sostenendo che anche talidivisioni provocano una stasi del processo esecutivo.

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PARTE OTTAVA – LE OPPOSIZIONI ESECUTIVE1624

Tale orientamento non è più attuale con riferimento all’accertamentodell’obbligo del terzo che, quantomeno in prima battuta, è definito con ordinanzadel giudice dell’esecuzione114 e non può ascriversi tra le opposizioni esecutive o,comunque, tra gli incidenti cognitivi incidentali al processo esecutivo.

9. La decisione e l’impugnazione della sentenza

A seguito della riforma sul processo civile del 2006, l’art. 616 c.p.c. disponevache l’opposizione all’esecuzione successiva è decisa con sentenza inimpugnabi-le115.

Tale previsione, che in virtù del richiamo operato dall’art. 619 c.p.c. all’art.616 c.p.c., era applicabile anche all’opposizione di terzo all’esecuzione, aveva uni-formato il regime impugnatorio delle opposizioni di merito successive116 a quellogià previsto per le opposizioni di forma, preventive e successive, che da sempre,stante il disposto dell’art. 618 c.p.c., sono definite con sentenza inimpugnabile.

In detto panorama normativo tutte le pronunce giudiziali che definivano le op-posizioni esecutive successive117 (e le opposizioni agli atti esecutivi proposte in viapreventiva) dovevano ritenersi soggette al solo ricorso in cassazione per violazionedi legge, ex art. 111 co. 7 Cost.118.

Su questo punto la riforma del 2006 aveva, però, suscitato notevoli perplessitàtanto che, da più parti, si era prospettata la tesi che l’art. 616 c.p.c. non fosse con-forme ai principi costituzionali sanciti dagli artt. 3 e 24 Cost.119.

In particolare si era sostenuto che, se la sottrazione della sentenza all’appellopoteva essere ammessa nel caso dell’opposizione agli atti esecutivi, una analogasoluzione non si giustificava per l’opposizione all’esecuzione, soprattutto con ri-guardo ai casi in cui le contestazioni del diritto dei creditori ad agire esecutivamen-te fossero fondate su ragioni di merito tanto da avere un oggetto, in tutto analogo aquello di un ordinario processo di cognizione, e preordinato all’accertamento deldiritto sostanziale documentato dal titolo esecutivo.

114 Cfr. sub parte 4, cap. 4, par. 3115 Con riferimento alla decisione emessa sull’opposizione all’esecuzione cfr. in questa parte, sub cap.2, par. 15.116 Per l’esame dell’opposizione all’esecuzione preventiva cfr. in questa parte, sub cap. 3.117 Cass. 3 agosto 2011, n. 17349 ha precisato che il regime di inimpugnabilità si applicava anche allecause di opposizione successive all’esecuzione ed agli atti esecutivi regolate dall’art. 618 bis perchérelative alle materie trattate con il rito del lavoro.118 Giova rammentare che il ricorso straordinario è oggi espressamente riconosciuto dall’art. 360 co. 4c.p.c. (come aggiunto dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40) e può essere proposto per gli stessi motiviprevisti per il ricorso ordinario. Contrariamente a quanto ritenuto in via interpretativa dalla giurispru-denza (Cass. 17 marzo 1998, n. 2848; Cass. 9 aprile 1999, n. 3470; Cass. 30 giugno 2005, n. 13978)è, dunque, possibile impugnare la sentenza con ricorso straordinario facendo valere per ogni aspetto ilvizio di motivazione di cui all’art. 360, n. 5 c.p.c..119 Così TOTA, op. cit., 583; ROMANO, op. cit., 498; RECCHIONI, op. cit., 658 ss. il quale afferma che lasoluzione adottata dal legislatore non è conforme a Costituzione se si ritiene che nel giudizio di oppo-sizione all’esecuzione rientri l’accertamento della esistenza del diritto di credito.

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CAPITOLO QUINTO - L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA ALL’ESECUZIONE 1625

Nonostante l’ampio dibattito, di recente, la Corte Costituzionale aveva dichia-rato inammissibili le questioni di costituzionalità dell’art. 616 co. 1 ultimo periodoc.p.c. che ha qualificato “non impugnabile” la sentenza che definisce il giudizio diopposizione all’esecuzione (o di terzo all’esecuzione)120.

Tutte le problematiche di cui si è detto sono state, però, superate dalla legge 18giugno 209, n. 69 che, novellando l’art. 616 c.p.c., ha eliminato la previsione se-condo cui “la causa è decisa con sentenza non impugnabile”.

La pronuncia giudiziale che definisce il giudizio di opposizione all’esecuzione(nonché quello di opposizione di terzo all’esecuzione, stante il rinvio operatodall’art. 619 c.p.c. all’at. 616 c.p.c.) torna ad essere soggetta al regime impugnato-rio ordinario ed è, dunque, impugnabile in secondo grado con l’appello ed in terzogrado con il ricorso per cassazione.

Non può, infine, revocarsi in dubbio che le sentenze di cui si è detto sianosoggette anche a regolamento di competenza.

Sono, quindi, ormai superate le elaborazioni della dottrina che, accedendo aduna interpretazione estensiva dell’art. 187 c.p.c., era favorevole ad ammettere laproponibilità del regolamento di competenza anche in relazione alle sentenzeemesse nei giudizi sull’opposizione all’esecuzione e di terzo all’esecuzione121.

10. Il regime transitorio

La legge 28 febbraio 2006 n. 52 ha novellato l’art. 616 c.p.c. nella parte in cuiregola l’introduzione dell’opposizione all’esecuzione proposta ad esecuzione ini-ziata.

Detta legge non recava alcuna disposizione transitoria ed all’art. 22 si limitavaa fissare per il 1° marzo 2006 la data della sua entrata in vigore.

In virtù del principio del tempus regit actum si era dunque ritenuto che le mo-difiche da essa introdotte trovassero applicazione, non solo ai processi instaurati adecorrere dal 1° marzo 2006, ma anche a quelli che alla predetta data fossero giàpendenti e che la nuova disciplina relativa alla introduzione del giudizio di opposi-zione previsto dall’art. 615 c.p.c. riguardasse tutti i giudizi nei quali, depositato il

120 Corte Cost. 13 marzo 2008, n. 53. Con tale pronuncia la Consulta ha dichiarato inammissibili lequestioni di costituzionalità dell’art. 616 ultimo comma c.p.c. sottoposte al suo vaglio. La sentenza inesame, secondo quanto si ricava dalla motivazione, sembra, comunque, lasciare spazio ad una ripro-posizione della questione sotto altro profilo. Da un lato la Corte ha, infatti, osservato che l’equipara-zione del regime impugnatorio dell’opposizione all’esecuzione (o di terzo all’esecuzione) e dell’op-posizione agli atti esecutivi non è di per sé irragionevole (perché non è detto che essa si fondi sullamedesima ratio) e dall’altro lato ha evidenziato come la scelta di sancire l’inappellabilità delle sen-tenza che definiscono i giudizi di opposizione all’esecuzione e di terzo all’esecuzione si atteggiano intermini differenti a seconda che l’azione esecutiva sia stata esercitata in virtù di titolo giudiziale(“… il giudizio di opposizione all’esecuzione può concernere anche ipotesi in cui questa si fonda sutitoli giudiziali, e addirittura su sentenza passata in giudicato, titoli riguardo ai quali non si ravvisanole addotte cause di irragionevolezza dell’inappellabilità della sentenza che decide sull’opposizioneall’esecuzione...”) o stragiudiziale.121 BOVE – (BALENA), op. cit., 287; ROMANO, op. cit., 497, nota 34; CANAVESE, op. cit., 1101;MENCHINI – MOTTO, op. cit., 183 ss.; TOTA, op. cit., 582; ARIETA – DE SANTIS, op. cit., 1767-1768.

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PARTE OTTAVA – LE OPPOSIZIONI ESECUTIVE1626

ricorso in cancelleria anche prima dell’1 marzo 2006, non si fosse ancora tenuta laprima udienza di comparizione dinanzi al giudice dell’esecuzione122.

Successivamente, anche la legge 18 giugno 2009 n. 69 ha parzialmente inno-vato, in modo diretto o indiretto, la disciplina delle opposizioni esecutive.

Il legislatore del 2009 ha modificato per molteplici aspetti le disposizioni det-tate dal libro primo e dal libro secondo del codice di rito che risultano applicabilianche alle opposizioni esecutive (che sono ascrivibili tra i processi di cognizioneordinaria) ed ha, poi, novellato l’art. 616 c.p.c. eliminando la previsione secondocui “la causa è decisa con sentenza non impugnabile”.

Anche la riforma del 2009 rende, quindi, necessario l’esame del regime tran-sitorio.

A tale proposito va segnalato che, ai sensi dell’art. 58 della legge 18 giugno2009, n. 69, le disposizioni che modificano il codice di procedura civile e le dispo-sizioni per l’attuazione del codice di procedura civile si applicano ai giudizi instau-rati dopo la data della sua entrata in vigore (comma 1). Sempre l’art. 59 stabilisce,tuttavia, che la disposizione dettata dall’art. 616 c.p.c., che ripristina il regime im-pugnatorio ordinario delle sentenze che definiscono i giudizi di opposizioneall’esecuzione, è immediatamente invocabile.

Ciò comporta che le novità introdotte dall’ultima riforma, eccezion fatta peril regime di impugnazione della sentenza, risulteranno applicabili alle opposizioniesecutive (regolate dagli artt. 615, 616, 617, 618 e 619 ss. c.p.c.) e, più precisamen-te, per quel che qui interessa, alle opposizioni all’esecuzione, quando tali opposi-zioni siano state proposte a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 18giugno 2009 n. 69 ( e cioè dal 4 luglio 2009).

Si tratta, però, di stabilire se ai fini dell’applicazione della nuova normativasia necessario aver riguardo alla data in cui il ricorso introduttivo sia stato deposita-to presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione ovvero alla data in cui vengaintrodotta la causa di merito nel termine perentorio assegnato dal giudice dell’ese-cuzione. Ove si accedesse alla seconda tesi, invero, le disposizioni di cui alla legge18 giugno 2009, n. 69 sarebbero invocabili anche quando il ricorso introduttivo siastato depositato presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione in data anteceden-te al 4 luglio 2009.

La risposta a tale quesito presuppone il richiamo alle considerazioni giàsvolte sulla natura “monofasica” o “bifasica” dell’opposizione esecutiva proposta aprocesso di esecuzione iniziato123.

Se si accede alla tesi bifasica cui si è prestata adesione il giudizio di cogni-zione risulta pendente dalla data di introduzione della causa di merito, talché lenorme dettate dalla legge 18 giugno 2009, n. 69 risultano applicabili nelle ipotesi incui, definita la fase dinanzi al giudice dell’esecuzione ed assegnato il termine pe-rentorio, l’atto di citazione sia stato notificato alla controparte o il ricorso (nei casiprevisti dall’art. 618 bis c.p.c.) depositato a decorrere dal 4 luglio 2009.

122 Così CAPPONI, L’entrata in vigore, in Commentario alle riforme del processo civile, a cura diCAPPONI – BRIGUGLIO, Padova, 2007, 715; TOTA, op. cit., 586-587 nonché MENCHINI – MOTTO, op.cit., 184 ss..123 Cfr. in questa parte, sub cap. 5, par. 3.

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CAPITOLO QUINTO - L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA ALL’ESECUZIONE 1627

Quanto al regime di impugnazione delle sentenze che definiscono i giudizidi opposizione all’esecuzione, stante il disposto dell’art. 59 della legge 18 giugno2009, n. 69, deve ritenersi che siano appellabili quando pubblicate a decorrere dal 5luglio 2009.

Restano, dunque, inimpugnabili tutte le pronunce, emesse ai sensi del combi-nato disposto degli artt. 615 e 616 c.p.c., che siano state pubblicate tra il 1° marzo2006 ed il 4 luglio 2009124.

124 Cass. 15 febbraio 2011, n. 3688; Cass. 27 gennaio 2012, n. 1201; Cass. 21 marzo 2014, n. 6757;Cass. 11 settembre 2014, n. 19155; Cass. 23 giugno 2015, n. 12883.