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ARACNE Anglicismi nel lessico economico e finanziario italiano Francesca Rosati

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Introduzione

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ARACNE

Anglicisminel lessicoeconomico

e finanziarioitaliano

Francesca Rosati

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via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma

amministrazione: (06) 93781065

ISBN 88–7999–962–1

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: settembre 2004

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For Enrico…arriving in Spring next year

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INDICE

Introduzione................................................................................................. p. 9

Gli anglicismi nel lessico economico e finanziario italiano.................................. p. 13

Appendici ..................................................................................................... p. 39

Appendice 1 – a cura di Liliana Ercole ....................................................... p. 41

Appendice 2 – a cura di Francesca Vaccarelli ............................................. p. 51

Appendice 3 – a cura di Paola Pinna.......................................................... p. 65

Appendice 4 – a cura di Clara Di Giuseppe ................................................ p. 75

Bibliografia ................................................................................................... p. 89

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INTRODUZIONE

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Standard histories of major European languages have always taken it to be self-evident that these languages have at various times been enriched, or at any rate have been enlarged, by the acquisition of words from other languages*.

È un dato di fatto che il contatto continuo tra lingue e culture diverse, dovuto ai mutamenti della realtà, al ritmo con cui si succedono innovazioni e scoperte nei campi della scienza, della tecnica, del commercio, dell'economia, dell'informatica, delle telecomunicazioni, comporti l’arricchimento e l’ampliamento del lessico e che l'importanza fondamentale di questa reciproca “contaminazione” lessicale e culturale vada sottolineata per l'esistenza e la vitalità di ogni lingua. Per più di mille anni, l’inglese ha acquisito e fatto proprie parole e frasi provenienti da numerose fonti esterne ai propri confini – a cominciare dall’XI secolo, quando la conquista normanna contribuì ad impiantare nel sostrato dell’inglese medievale termini ed espressioni di matrice francese e latina, fino al XVII-XVIII secolo, quando l’espansione dell’impero britannico nei territori lontani del Nord America, dell’Africa, dell’Asia e dell’Australia favorì la nascita di numerose colonie e quindi di altrettanto numerosi “Englishes”, che, grazie al contatto con gli idiomi locali, si sono arricchiti, e di conseguenza hanno arricchito anche la “lingua madre”, di nuovi termini per indicare flora, fauna, costumi e credenze fino ad allora sconosciuti. Benché questo “mercato di libero scambio” tra lingue esista da sempre e che quindi anche l’inglese continui ad accogliere nel proprio vocabolario materiale linguistico proveniente da altri idiomi (si pensi al sostantivo di origine giapponese tycoon, che venne usato per la prima volta nel 1861 per indicare “an important or dominant person, esp. in business or politics; a magnate. Also attrib. orig. U.S. [as a nickname of Abraham Lincoln]” e che nel contesto finanziario contemporaneo indica “a business magnate”1), in tempi più recenti il ruolo dell’inglese – o per meglio dire dell’angloamericano – è quello di “world’s biggest lexical exporter” non solo nei confronti delle varie lingue del continente europeo, ma anche di quelle che in un tempo non troppo lontano hanno contribuito ad incrementarne il patrimonio lessicale. Numerosi studi confermano ampiamente che elementi lessicali e morfosintattici della lingua inglese sono stati adottati, sia pure con un diverso tasso di frequenza e di incidenza, da ciascuna delle lingue europee. Nella lingua italiana è presente un alto numero di parole ed espressioni straniere, la maggior parte delle quali – soprattutto quelle tipiche dei linguaggi settoriali dell’economia, della finanza, dell’informatica e delle telecomunicazioni – di matrice angloamericana. Al di fuori di questi ambiti altamente specifici nei quali l’inglese è la lingua di comunicazione internazionale, l'utilizzo di parole ed espressioni straniere in generale e inglesi in particolare può essere comunque favorito anche da altri tipi di motivazioni: velocità della comunicazione, retorica commerciale globalizzata, “seduzione” di termini nuovi ed esotici, prestigio dell'uso di un linguaggio di moda. Questo lavoro di ricerca sugli anglicismi nel lessico italiano, che si avvale delle risorse informatiche come principali strumenti per l’elaborazione dei dati, si propone come un work-in-progress e intende presentare un’analisi sia qualitativa che quantitativa del lessico inglese presente perlopiù sotto forma di prestiti e calchi, nel linguaggio specialistico italiano dell’economia e della finanza. Il volume si presenta suddiviso in due parti. La prima, in un’ottica sia diacronica sia sincronica, funge da presentazione delle problematiche connesse all’evoluzione della lingua italiana e al conseguente ingresso nel suo tessuto connettivo di lemmi

* R.W. BURCHFIELD, “Foreword”, in GÖRLACH, 2001: vii. 1 OED, 1994: alla voce “tycoon”.

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provenienti da lingue altre, per poi concentrarsi sul lessico dell’economia e della finanza (sulla base delle annate 2000, 2001, 2002, 2003 e 2004 del Sole 24 Ore

disponibili on-line sul sito www.ilsole24ore.com) – sia per quanto riguarda quelle parole ed espressioni di matrice angloamericana per così dire “storiche”, nel senso che vengono comunemente utilizzate nella versione originale (con adattamenti più o meno sensibili nella pronuncia), sia per quanto riguarda il gran numero di neologismi e di tecnicismi legati ai mutamenti socio-economici in corso. Dal momento che l'uso di parole straniere in una lingua sottostà sempre a determinati principi e regole, dovuti alle invitabili differenze strutturali tra la source language e la target language, si sono evidenziati anche i tratti peculiari della lingua inglese e le diverse modalità di ricezione di essi da parte dell’italiano – nella fattispecie, i processi di word-formation e le varie risorse del linguaggio figurato, che costituiscono i principali motori per l’arricchimento endogeno, ma anche gli espedienti fonici e le caratteristiche morfosintattiche. La seconda parte del volume è costituita da quattro appendici: l’Appendice 1 (a cura di Liliana Ercole) affronta, in maniera discorsiva, proprio la ricezione da parte dell’italiano dell’iconicità figurativa che caratterizza anche l’inglese del settore economico-finanziario; le altre Appendici (curate da Francesca Vaccarelli, Paola Pinna e Clara Di Giuseppe) sono composte da una serie di schede terminologiche e terminografiche: i corpora di riferimento, in formato elettronico e cartaceo, sono rispettivamente il Sole

24 Ore (www.ilsole24ore.com, giugno-luglio 2004), l’inserto “Affari & Finanza” della Repubblica (giugno-luglio 2004) e Milano Finanza (www.milanofinanza.it, marzo-aprile 2004). I criteri di selezione seguiti nel trattamento e nell’analisi dei dati sono stati la frequenza, la rilevanza nei contesti economico-istituzionali, le implicazioni metaforiche e metonimiche, il tecnicismo dell’espressione. L’obiettivo di questo lavoro è di gettare le premesse per uno studio approfondito sul tema degli angloamericanismi presenti nel lessico economico e finanziario italiano, che ci auguriamo possa continuare ad aggiornarsi e perfezionarsi nel tempo e che contribuisca alla comprensione e alla memorizzazione (mediante l’uso di particolari “strumenti” di memory helping), in un’ottica più marcatamente glottodidattica, di una tipologia di lessico non sempre trasparente se non per gli addetti ai lavori.

F. R.

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GLI ANGLICISMI NEL LESSICO ECONOMICO

E FINANZIARIO ITALIANO

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L’inglese ha ormai da tempo assunto la funzione di “lingua franca” nei vari set-tori della comunicazione internazionale. Nella stessa Europa si sta assistendo al feno-meno della cosiddetta nativization1 dell’inglese, grazie allo spirito e alle caratteristiche di questa lingua, dotata di una forte adattabilità in contesti non-nativi, nonché ai sem-pre più frequenti e più stretti contatti linguistici tra l’inglese e le altre lingue europee, fattore questo che ha anche dato luogo alla nascita di una varietà continentale dell’inglese2. La critica ha rilevato i numerosi mistakes, misprints e mispellings da par-te di parlanti e fruitori non nativi della lingua inglese e ha sottolineato una diffusa tra-scuratezza nel suo impiego come “lingua franca” che, se da un lato può essere un fat-to negativo, dall’altro potrebbe essere visto come il risultato ultimo del fenomeno più generale della diffusione di una lingua straniera.

UN FLASHBACK

Insieme al francese, l'inglese è stato ed è la più importante fonte di rinnova-mento esogeno dell'italiano moderno. Gli influssi dell'inglese sulla lingua e sulla socie-tà italiana cominciano a farsi sentire già sin dal XIII secolo, ma è solo nel XX secolo, nella seconda metà in modo particolare, che tale influenza raggiunge livelli molto alti. L'impatto della cultura angloamericana dopo la prima e soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale ha stabilito il primato dell'inglese come la lingua straniera più diffusa nel nostro Paese – un primato che nei secoli precedenti era stato appannaggio del francese. La cultura angloamericana – e tutto il suo corredo fatto di stile di vita, valori, linguaggio, moda, musica – ha visto crescere gradualmente ma in modo constante e continuo la sua popolarità. Di tanto in tanto, studiosi e opinionisti hanno discusso sul forte ascendente che il mito americano ha sulla mentalità apparentemente debole, provinciale e facilmente influenzabile degli italiani. Nel complesso, tuttavia, le reazioni e le tendenze generali sono state moderatamente critiche e tutto sommato tolleranti.

Già nel 1989 Dunlop parlava della “fatal attraction”3 degli italiani nei confronti della lingua e dello stile di vita inglesi e americani. Nello stesso articolo, Dunlop sotto-lineava anche come gli italiani, rispetto ad esempio ai francesi, si siano rivelati “vitti-me” meno riluttanti all’infiltrazione dell’inglese nella propria lingua. Tanto forte è sta-to, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, e continua ad essere, l’influsso dell’inglese sull’italiano che è stato coniato il termine “itangliano” per indicare una me-scolanza di parole, concetti ed espressioni di entrambe le lingue, spesso pronunciate in maniera scorretta e usate per aggiungere un ipotetico tocco di classe all’italiano parlato e scritto soprattutto a livelli manageriali. L’inglese rappresenta la più importante donor language per l’italiano soprattutto dalla seconda metà del XX secolo4, anche se non sempre si sono registrate omogenei-tà e continuità costanti in tale influsso, che sembra aver avuto il suo apice tra gli anni 70 e 80. L'uso eccessivo di parole, concetti ed espressioni inglesi soprattutto nel cam-

1 BERNS, 1992: 3-14. 2 “Euroenglish is a useful tag for the pervasive Angloamerican influence on European vocabularies that has been especially marked over the past half-century” (KIRKNESS, 1997: 3). 3 DUNLOP, 1989: 32-35. 4 L'influsso della lingua inglese sull'italiano è sostanzialmente irrilevante fino al XVII secolo, ma comincia a farsi sentire con sempre maggior vigore a partire dal XVIII grazie soprattutto al fenomeno dell'anglofilia che Arturo Graf ha indagato a fondo nel suo celebre libro L’anglomania e l’influsso inglese in Italia nel se-colo XVIII (Torino, Loescher, 1911).

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po della pubblicità o in quello della stampa è stato spesso oggetto di critiche, non solo da parte di puristi ma anche di linguisti, intellettuali e opinionisti. La tendenza genera-le della critica va, comunque, da una blanda intolleranza ad una totale accettazione della presenza dell’inglese in molti campi della conoscenza e della vita sociale. Le pa-role inglesi risultano molto più numerose in alcuni ambiti e contesti semantici ben de-finiti quali l’informatica, le scienze, l’economia, la pubblicità, lo sport, piuttosto che nel linguaggio quotidiano; e sono utilizzate da gruppi sociali ben precisi, quali giornalisti, esperti di informatica, analisti finanziari, imprenditori. La forte presenza di anglicismi nell’italiano contemporaneo è registrata da dizio-nari e repertori lessicografici, che da almeno due decenni ormai non prevedono più sezioni staccate o appendici dove raccogliere e isolare i termini, le locuzioni, le sigle straniere, ma le inseriscono nel corpus unico del vocabolario. Questo dimostra che l’atteggiamento nei riguardi dei cosiddetti “forestierismi” è cambiato e che la termino-logia straniera in generale e inglese in particolare è accettata, in quanto rappresenta un arricchimento del lessico dal punto di vista espressivo e perché risponde meglio al-le nuove esigenze della comunicazione internazionale. In una società in continua evo-luzione come la nostra e aperta a scambi sempre più frequenti, dove le barriere sono sempre più ridotte, la lingua di una nazione è lo specchio della realtà che vi si vive, è ricerca di comunicazione più precisa: è per questo che, talvolta, in attesa di un’evoluzione endogena della lingua, della creazione di neologismi, anche una parola inglese scelta ed utilizzata ad hoc può riuscire nell’intento di trasmettere il messaggio con più immediatezza e precisione.

PER UNA DEFINIZIONE DEL TERMINE “ANGLICISMO”

Il significato di “anglicismo” viene così spiegato in alcuni tra i più recenti dizio-nari della lingua italiana:

anglicismo, s. m. ‘particolarità della lingua inglese’ (1764, G. Baretti, La frusta letteraria, n. XXIV, e-diz. Piccioni, II, Bari, 1932, p. 249: “quanto non crescerebbero questi libri di pregio, se oltre a que' tanti francesismi di cui già riboccano, contenessero anche qualche dozzina d'anglicismi in ogni pagina!”), [...] anglicizzare, v. tr. e rifl. ‘adattare, adattarsi ai costumi, ai gusti e alle idee inglesi’ (1902, G. Carducci, cit. in Batt. s. v. franceseggiare)

(M. CORTELLAZZO e P. ZOLLI, 1999II alla voce “anglo” e derivati)

anglicismo [fr. anglicisme …] s.m. • Parola o locuzione propria dell’inglese entrata in un’altra lingua. SIN. Inglesismo. [...] anglismo s.m. • (raro) Anglicismo.

(M. DOGLIOTTI e L. ROSIELLO, 1999XII, alla voce “anglici-smo”)

Gaetano Rando, nel suo Dizionario degli Anglicismi nell’italiano post-unitario (1987), aggiunge ulteriori parametri alla definizione di anglicismo, che include quindi non solo il prestito formale, ma anche quello semantico, tiene nella dovuta considerazione le varietà ormai affermatesi dell’inglese e vede l’inglese nella sua funzione ambivalente

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Gli anglicismi nel lessico economico e finanziario italiano 17

di source language e di lingua mediatrice per l’ingresso nell’italiano di altre parole di origine straniera:

per anglicismo (specificatamente anglicismo italiano) si intende ogni vocabolo o accezione di vocabolo che sia di origine inglese o che sia giunto nella nostra lingua tramite l’inglese nella varietà britannica e americana ma anche in quelle dell’Australia, del Canada, del Sud Africa.5

Görlach, invece, sottolinea il fatto che, nel suo passaggio dalla source alla target lan-guage, la parola di origine anglosassone deve conservare almeno una delle sue carat-teristiche formali:

An Anglicism is a word or idiom that is recognizably English in its form (spelling, pronun-ciation, morphology, or at least one of the three), but is accepted as an item in the vo-cabulary of the receptor language.6

Il criterio che accomuna queste definizioni7 è che la parola deve avere origine anglo-sassone ed avere un riconoscimento ufficiale nella lingua ricevente.

PRESTITI, CALCHI E DINTORNI

Gli studi e le ricerche effettuati sull’argomento hanno messo in rilievo come il contatto tra inglese e italiano sia stato di tipo essenzialmente lessicale e si sia manife-stato attraverso vari fenomeni8. La gran parte degli anglicismi dell'italiano moderno è costituita da prestiti (borrowings, loanwords) non adattati9, facilmente riconoscibili, e

5 RANDO, 1987: XV-XVI. 6 GÖRLACH, 1994: 223-246. 7 Le più recenti definizioni del termine – quella di Tullio De Mauro (2000: versione on-line, alla voce “an-glicismo”): “parola, locuzione o costruzione inglese entrata in un’altra lingua | parola o locuzione che co-stituisce calco semantico dell’inglese (ad es. l’it. grattacielo dall’ingl. skyscraper)”; e quella che leggiamo nel Dizionario Garzanti on-line:

Lemma Anglicismo

Sillabazione/Fonetica [an-gli-ci-Smo; pr. / angli'tSizmo /] Etimologia Deriv. di angelico

Definizione s. m. parola o costrutto della lingua inglese entrato in un'altralingua.

non aggiungono nuovi dati o connotazioni alle precedenti descrizioni. 8 Ivan KLAJN (1972) e Maurizio DARDANO (1986: 231-252) hanno analizzato e descritto più dettagliatamen-te questi processi. 9 Il termine “prestito” si usa “to denote English words which are borrowed by Italian either without any formal change or with adaptation to the orthographic and morphological rules of Italian” (PULCINI, 1999: 361); più in generale, indica un “fenomeno per cui una lingua trae da un’altra lingua un elemento, di soli-to un vocabolo, più o meno adattandolo al suo sistema fonologico e morfologico”(DE MAURO, 2000: versio-ne on-line, alla voce “prestito”). Lo stesso De Mauro, inoltre, distingue tra: “prestito di lusso […] feno-meno per cui una lingua assume da un’altra lingua un’unità lessicale in virtù del prestigio culturale del paese o della lingua di provenienza, sostituendola a una precedente forma indigena | l’unità lessicale stessa; prestito di necessità […] fenomeno per cui una lingua adotta da un’altra lingua una parola per esprimere una nozione nuova, prima non lessicalizzata | la parola stessa; prestito fonetico […] fenome-no per cui una lingua assume da un’altra lingua un fonema | il fonema stesso; prestito lessicale […] fe-nomeno per cui una lingua assume da un’altra lingua un’unità lessicale, nella sua forma originaria oppure con adattamenti fonologici e morfologici | il lessema stesso; prestito morfologico […] ling., fenomeno per cui una lingua assume da un’altra lingua un morfema | il morfema stesso; prestito sintattico […]

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da calchi lessicali e semantici10, molto meno trasparenti ma altrettanto se non più si-gnificativi, e non è più riconoscibile come corpo estraneo11. Tuttavia, anche altre for-me, quali gli anglolatinismi12, gli pseudo-prestiti (pseudo-loans) e gli internazionali-smi13 (internationalisms), non vanno sottovalutate. Il particolare e diffuso fenomeno del prestito, comune a tutte le lingue, è legato a fattori extralinguistici: uno dei fattori è indubbiamente il prestigio culturale e mate-riale che la source culture ha nei confronti della receiving culture – e in effetti si parla di cultural borrowing – oltre agli scambi economici, agli spostamenti di popoli e alle invasioni militari. Il passaggio di parole da una lingua ad un'altra sarà tanto più facile quanto più stretti saranno i rapporti tra i parlanti quelle lingue: è questo il motivo per cui, ad esempio, dalla Francia, vicina a noi geograficamente e dotata di un grande prestigio culturale, abbiamo importato costantemente, anche se in misura e in quanti-tà diversa, un ampio corpus lessicale, mentre le nuove voci che ci sono arrivate dalla Spagna si sono registrate solo in un periodo storico particolare (quello della domina-zione spagnola in Italia), e nulla o quasi ci hanno dato le lingue di altri Paesi con i quali l'Italia non ha avuto se non occasionali ed episodici rapporti. Il numero più alto di prestiti inglesi nella lingua italiana si riscontra nel campo dei mass media (radio, televisione e stampa), nella letteratura popolare (ad esempio,

ling., fenomeno per cui una lingua assume da un’altra lingua una struttura sintattica | la struttura stessa” (ibidem). 10 Zolli (1991: 5) distingue tra calchi formali e semantici: “Il calco formale, o strutturale [...], si ha quan-do la struttura del modello straniero viene riprodotta nella lingua ricevente: esso si può avere anche in parole derivate [...], ma si verifica soprattutto in parole composte o in locuzioni: autogoverno ad esem-pio è un calco sull'inglese self-government [...], fumo di Londra su London smoke, grattacielo su skyscraper, pallacanestro su basket-ball, ecc. [...]. Il calco semantico si ha invece quando una parola già esistente in una lingua assume un nuovo significato per influsso del significato che ha la parola corri-spondente in un'altra lingua: agitare assume nell'Ottocento il significato politico per influsso del significa-to del corrispondente verbo inglese; [...] magazzino è adoperato nel Settecento anche come titolo di giornale per l'influsso dell'inglese magazine, ecc.”. 11 Sulla base degli studi effettuati in precedenza sull'argomento da Dardano e da Klajn, Rando (1987: XVI) dà la seguente definizione di ognuno di questi processi: “... la parola prestito (dall'inglese) viene qui adoperata sia nel senso lato di ‘anglicismo’, sia nel senso più ristretto di ‘parola (inglese) che conserva la forma originaria’ (tenendo presente, inoltre, che esiste una reale distinzione tra ‘forestierismo’ e ‘prestito’ [...]). Per adattamento si intende ‘prestito che viene modificato, per corrispondere alle esigenze del si-stema fono-morfologico italiano’ e derivato viene a significare ‘parola inglese alla quale viene aggiunto un suffisso o un suffissoide italiano. Queste tre categorie si possono denominare prestiti integrali [...]. I pre-stiti non integrali sono costituiti dai calchi (o prestiti) semantici (cambiamento o aggiunta di significato in una parola italiana per influenza di una parola inglese), i calchi lessicali (riproduzione con elementi italiani di una parola inglese), le traduzioni (gruppo di parole italiane che traducono una locuzione inglese), le voci sostitutive (parole già facenti parte del lessico italiano che si adoperano in sostituzione degli anglici-smi)”. 12 “Una categoria a parte dei prestiti integrali viene costituita dagli ‘anglolatinismi’, parole dotte [...], co-niate in inglese con elementi latini. Contengono spesso radici greche latinizzate. [...] Gli anglolatinismi si possono individuare attraverso i dati diacronici relativi alla formazione e alla diffusione di ciascuna parola e anche attraverso due criteri formali: la tendenza dell'inglese a conservare la grafia etimologica (ultima-tum, symposium) e la tendenza (specie dell’americano) a trattare gli elementi greci e latini usati per la composizione di tali parole con maggiore libertà che non le altre lingue europee (status quo, telegram). Per quanto riguarda la pronuncia dei prestiti integrali la linguistica normativa odierna consiglia la riprodu-zione dei suoni originali ma si è avuto modo di constatare che, in linea di massima, l’italofono non dà all’anglicismo il preciso valore fonico che esso ha nella lingua d’origine.” (RANDO, 1987: XXIII). 13 “Internationalisms are words which share the same meaning and a similar form in different languages. Similarities across languages are common because of genetic links, mainly the Latin and Greek substra-tum, but international words may also derive from the influence of a strong donor language, such as Eng-lish in the 20th century. International words are, for example, German Nation, English nation, Italian nazione, French nation, Spanish naciòn (Latin etymon: natus, natione). The boundary between interna-tional words and anglicism is blurred in various instances, since many international words were originally coined in English contexts but usually on the basis of neo-Latin and on neo-Greek elements (cf. affixes such as bio-, micro-, and -ite in scientific and technological terminology)” (PULCINI, 1999: 362).

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Gli anglicismi nel lessico economico e finanziario italiano 19

nei gialli o nei fumetti), nello sport, nella canzone, nello spettacolo, oltre che nei lessi-ci specialistici della scienza, della tecnologia, del commercio e della finanza. Questo fenomeno è considerato come una sorta di “avvenimento storico”, che nessun critico, accademia o imposizione linguistica potrà mai controllare. Piuttosto, esso è visto come un segno della vitalità di una lingua, e non come una patologia, come i puristi si osti-nano a voler credere. L’everyday speech subisce l’influsso della cultura e della lingua anglo-americana in misura minore, mentre sono i cosiddetti microlinguaggi o linguaggi specialistici dei settori scientifico, tecnologico e commerciale a ricevere l’impulso mag-giore. Tuttavia, il temuto imperialismo linguistico dell’inglese non dovrebbe costituire un serio problema, in quanto la maggior parte dei prestiti scompare non appena cam-biano mode e tendenze. Nessuna struttura grammaticale o sintattica dell’italiano ha, infatti, subito modifiche, tranne forse, come ha rilevato Beccaria14, una più alta inci-denza nell’uso della forma progressiva (che la lingua italiana ottiene con il verbo “sta-re” seguito dal verbo principale). Molti dubbi sono stati sollevati da critici e linguisti (e tra questi, va ricordato lo stesso Beccaria) a proposito dell’utilizzo dei cosiddetti useless borrowings – parole in-glesi che hanno l’esatto equivalente in italiano (es.: corner = calcio d’angolo; killer =assassino prezzolato, sicario; part-time = orario ridotto; pullover = maglione; weekend = fine settimana). D’altro canto alcune parole inglesi hanno una particolare sfumatura semantica che non si riscontra mai completamente nelle loro equivalenti i-taliane (es.: sandwich = tramezzino; sketch = bozzetto; hobby = svago, passatempo preferito; poster = manifesto; racket = attività illegale; waterproof = detto di tessuto impermeabile); mentre l’uso di altri lemmi inglesi si rende necessario, in quanto l’italiano manca di un lemma equivalente o può solo interpretarli con una perifrasi (es.: derby = competizione tra due squadre di calcio della stessa città o regione; dumping = vendita sottocosto di merce; jet = aeroplano a reazione; ketchup = salsa piccante a base di pomodoro, aceto e spezie; spray = dispositivo per spruzzare a ne-bulizzazione o polverizzazione sostanze liquide […])15. Oltre ai numerosi esempi di prestito totale e parziale e di calco di derivazione angloamericana, ci sono anche molti falsi prestiti (detti anche anglicismi apparenti o pseudoanglicismi; in inglese, false lo-ans o pseudo-loans)16 – parole molto comuni (quali autostop, bar, beauty-case, foo-ting, jolly, recordman, slip, spot, smoking, speaker, ticket nel senso di “contributo sa-nitario”, tight, e diverse altre) che un inglese non capirebbe nell'accezione in cui sono usate in Italia. L’italiano è stato definito da Petralli17 una lingua “democratica”, aperta a prestiti di neologismi da altre lingue e in completa opposizione a lingue “introverse” come il tedesco, il francese e lo spagnolo.

14 BECCARIA, 1988. 15 Le definizioni italiane delle voci inglesi sono tratte da ZINGARELLI, 2000. È tuttavia interessante riportare le osservazioni di Görlach a proposito della presenza del lemma inglese dumping nelle lingue europee oggetto del suo studio A Dictionary of European Anglicism (2001: 101): "dumping n. ‘sale at a low price’. This word is one of the earliest and most widespread economic terms borrowed from English”.16 “[...] voci di origine o forma inglese che, però, non vengono usate in quella lingua [...] oppure vocaboli formati per ellissi di una parola inglese come night che però viene dall'inglese night-club” (RANDO, 1987, XXII-XXIII); “Pseudo-loans are autonomous coinages which resemble but are not real English words” (PULCINI, 1999: 362). 17 PETRALLI, 1992.

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Francesca Rosati20

L’INGLESE NELLA STAMPA ITALIANA

I linguaggi settoriali hanno ormai acquisito valenza internazionale. Per quanto concerne la terminologia scientifica e tecnica il fenomeno si attua in tempi relativa-mente recenti, mentre nel campo dell’economia e della finanza è il proseguimento vi-goroso di una tendenza cha affonda le sue radici nel passato. Già prima del Cinque-cento, infatti, numerosi italianismi penetrano nelle principali lingue europee18; poi sa-rà la volta del francese19; oggi questa funzione di lingua-guida spetta all’inglese che, almeno nell’ambito del Business and Financial English, sta percorrendo ormai da tem-po la sua strada come “world language”20. La stampa è, dunque, una cospicua fonte di prestiti lessicali – forse è lo strumento più importante per la trasmissione di nuovi an-glicismi nella lingua comune scritta e nei linguaggi settoriali. I mass media in generale rappresentano un punto di riferimento socio-culturale notevole, sia perché all'interno di un singolo giornale o programma radiotelevisivo è possibile reperire lemmi in diver-se aree contestuali e semantiche, sia perché l'utilizzo dei termini si diversifica a se-conda del tipo di audience cui ci si rivolge.

La lingua dei giornali è influenzata anche da fattori non linguistici che determi-nano forti condizionamenti nell’impostazione, nella selezione e nella presentazione delle notizie. In particolare, la tipologia di stampa specialistica che è oggetto del pre-sente studio, è influenzata in modo determinante dalla vasta comunità scientifica, che spesso rappresenta contemporaneamente source e target, sender e receiver dei mes-saggi veicolati.

Si tratta di una comunità altamente specialistica che ha una comune conoscen-za dei contenuti e un forte senso di appartenenza. In questo senso, la definizione che Bazerman dà della comunità scientifica come “a semiotic-behavioural-perceptive system”21 trova pienamente riscontro nella stesura degli articoli di giornale, dove, al di là della terminologia strettamente tecnica, traspare una globale collocazione cultu-rale e scientifica della testata. Tuttavia, proprio l’alta tecnicità del linguaggio ha inco-raggiato questo tipo di ricerca, che di per sé non potrà mai essere esaustiva, per la grande quantità di lemmi quasi quotidianamente introdotti nella comunicazione scien-tifica. Non meno stimolante è il rapporto tra la lingua inglese e quella italiana, visto che negli ultimi decenni – per motivi diversi e anche, se si vuole, discutibili – l’italiano ha importato dall’inglese un cospicuo numero di parole, espressioni, modi di dire, sempre più legati a campi e settori specifici. A questo riguardo, il linguaggio dell’economia presenta un’alta percentuale di locuzioni importate che hanno, a prima vista, lo scopo di facilitare la comunicazione.

18 Come Dardano ha messo bene in rilievo nel già citato Il linguaggio dei giornali italiani, già prima del Cinquecento si diffondono i termini di matrice italiana banca (sp. banca; fr. banque, ingl. bank; ted. Bank), bancarotta (sp. bancarrota; fr. banqueroute; ingl. bankrupt; ted. Bankerott), Gli italianismi che nel XVI secolo penetrano nel francese sono accaparer, bilan, crédit (che si diffonde anche in Spagna e in Inghilterra), seguito più tardi da créditeur.19 Nel XVIII secolo l’italiano importa dal francese numerosi vocaboli economici: tra gli altri aggiotaggio,beni-fondi, conto-corrente, ferma; mentre nell’Ottocento sarà la volta di budget (voce di matrice inglese, ma giunto in Italia per tramite francese) e coupon (MIGLIORINI-BALDELLI, 1972). 20 AMATO, ANDREONI e SALVI, 1990: 205. 21 BAZERMAN, 1988: 154.

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Gli anglicismi nel lessico economico e finanziario italiano 21

BUSINESS/FINANCIAL ENGLISH NELLA STAMPA

Tra i quotidiani e i periodici che diffondono informazioni economico-finanziarie Il Sole 24 Ore occupa un posto di preminenza: nelle pagine di questo giornale, ci si muove tra un insieme di nozioni e di tecnicismi riservato agli intenditori e agli esperti del settore. Dato il carattere internazionale del linguaggio economico, nell’ambito del lessico bisogna tener conto che un gran numero di parole e di espressioni sono prestiti o calchi dall’inglese. La maggior parte delle voci che fanno ormai parte integrante del lessico economico-finanziario italiano, sono, come osservava Dardano nel 198122, an-glolatinismi che, entrate in una serie di espressioni fisse, vengono usate in ambito in-ternazionale per evidenti ragioni di comodità e di comunicatività. Tra queste, vanno ri-cordate: to accelerate industrialization (= accelerare l’industrializzazione), the deterio-ration of the balance of payments (= il deterioramento della bilancia dei pagamenti), to disincentive (= disincentivare), the erosion of the market values (= l’erosione dei valori di mercato), fluctuation (= fluttuazione), to inject new capital into circulation (= immettere nuovi capitali in circolazione), the inflationary spiral (= la spirale inflazioni-stica)23. Se nei secoli precedenti il XIX si registrano pochissime voci inglesi di ambito strettamente economico entrate nella lingua italiana24 – “sterlina” nella forma “sterli-no” (XIII sec.), “costuma” nel senso di “dogana” (da customs), “feo” nel senso di “sti-pendio” (da fee) – è solo nell'Ottocento che il settore del commercio comincia ad av-valersi di un certo numero di anglicismi. Il mondo degli affari include voci come “ban-conota”, registrata nel Dizionario Politico del 1849 alla voce “note di banco” (in prece-denza si usava la forma inglese bank-note, 1833); business (1895); check (1874); copyright (1892); manager (1895); stock, nell'accezione di “quantità di merci o di ma-terie prime giacenti in un magazzino (1884; ma già prima del 1769 questa voce era usata con il significato “fondo, capitale”); trade-mark (1895); trust (1897). La presenza di queste voci nel lessico economico italiano dimostra chiaramente quanto profondo sia stato l'influsso inglese nel XIX secolo, ma ancora più forte si rive-lerà nel secolo seguente25, quando all'influsso del British English si aggiungerà quello dell'American English e l'invasione degli anglicismi non conoscerà più ostacoli. Nella prima metà del Novecento, il mondo degli affari e del commercio fa registrare nume-rosi anglicismi tra i quali: boom (1931; più tardi acquisirà l'accezione di “periodo di in-tenso sviluppo economico”); business-man (1905); export (1908; solo nel 1962 si re-gistrerà l'ingresso di import); holding (1931); marketing (1932); slogan (1939); stand(1908); travellers' cheque (1935).

22 DARDANO, 1981: 222-230. 23 Per una descrizione più dettagliata degli anglicismi nel lessico economico-finanziario italiano negli anni 80 e 90: AMATO, ANDREONI e SALVI, 1990: 109-200. 24 Il linguaggio della politica in particolare registra lemmi di matrice inglese già sin dal Quattrocento. In seguito, altri contesti lessicali – moda, civiltà e vita sociale, religione, mezzi di comunicazione, sport e ga-stronomia – si sono arricchiti di voci più o meno adattate provenienti dall'inglese. Nel Settecento si inco-minciano a pubblicare grammatiche inglesi ad uso degli italiani e a tradurre libri dall'inglese, mentre è dell’Ottocento la pubblicazione dei primi dizionari italiano-inglese. Da ricordare che nel XVIII sec. Inghil-terra e Italia avevano pochissimi contatti diretti e che, quindi, fu la Francia ad avere il ruolo di mediatri-ce; mentre nel XIX sec., specialmente nella seconda metà, l'ampiezza e la profondità dei rapporti tra le due culture raggiunse livelli tali che i numerosi e significativi anglicismi entrati nell'italiano non ebbero più bisogno della mediazione francese e si presentarono spesso, infatti, in forma non adattata. 25 Per tutta la prima metà del secolo, la lingua straniera più conosciuta in Italia è ancora il francese, ma saranno le vicende della Seconda Guerra Mondiale e la conseguente forza di penetrazione che la cultura anglo-americana avrà in tutto il mondo occidentale a provocare un'inversione di tendenza. Il fenomeno non è solo italiano: in Francia fu addirittura coniata la parola franglais (che darà poi luogo al nostro itan-glese o itangliano) per indicare la fitta compenetrazione di elementi inglesi nel tessuto linguistico france-se.

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Francesca Rosati22

L'organizzazione degli affari, del lavoro e della produzione, particolarmente svi-luppata nel mondo anglo-americano, si fa sentire nella seconda metà del XX secolo, con parole come account-executive (1967), executive (1959), fifty fifty (1956), full time (1963), leasing (1966), lobby (1953), part time (1970), public relations (1958), sponsor (1963), staff (1955), stage (1963), turn over (1971). I metodi e le strutture di vendita destinati a raggiungere in maniera sempre più efficace il consumatore com-portano l'uso di termini come self service (1962), supermarket (1956), fast food(1982), snack bar (1959). Quando la situazione economica entra in crisi, si ricorre a provvedimenti economico-finanziari restrittivi e il termine usato è austerity (1951; già nel 1947, però, è documentata la presenza di “austerità”). All'economia appartengono anche voci come fixing (1979) e ticket nel senso ambivalente di “scontrino di abbo-namento per il consumo di pasti convenzionati presso tavole calde e simili” (1983) e di “quota fissa a carico degli aventi diritto all'assistenza sanitaria per fruire di specialità farmaceutiche o prestazioni mediche” (1978).

Queste voci inglesi, che recano tra parentesi l'indicazione dell'anno in cui pre-sumibilmente sono comparse per la prima volta nella lingua italiana secondo alcuni di-zionari ed enciclopedie26, sono ormai familiari anche a chi non è specialista in materia. Tra le parole, le espressioni e gli acronimi oggetto di questo studio – che è iniziato con l'analisi di un corpus di documenti tratti dal quotidiano Il Sole 24 Ore nel periodo gen-naio 2000-settembre 2004 ed elaborati con il supporto sia del data base del quotidia-no stesso sia del programma informatico Longman Mini Concordancer, e che si è am-pliato, con un intento comparatistico, con corpora di testi tratti dall’inserto Affari & Fi-nanza del quotidiano La Repubblica (giugno-luglio 2004) e Milano Finanza (marzo-aprile 2004) – ce ne sono alcuni molto recenti, che ancora non sono entrati a far parte del lessico per così dire ‘ufficiale’ dell'economia e della finanza italiane. Trovare la tra-duzione corrispondente o decifrare un acronimo non è semplice: i fenomeni economici nascono generalmente negli Stati Uniti, si ripercuotono in Europa, le informazioni si moltiplicano e passano in tempo quasi reale da un Paese ad un altro o da un ambiente economico-finanziario ad un altro, grazie soprattutto al progresso tecnologico. È ov-vio, quindi, che le espressioni che ad essi si riferiscono non hanno neppure il tempo di essere convertite nelle altre lingue (in italiano, nel nostro caso specifico) e i giornali fotografano la situazione immediata.

È fondamentale, quindi, non restare tagliati fuori dal tempo né da questa realtà in costante e rapida evoluzione. A questo proposito, già nel 1977, Giacomo Elliot scri-veva che “il problema della comunicazione è lontano dall'essere risolto”27 nel senso che un lessico soggetto ad una tale evoluzione, invecchiamento ed arricchimento con-tinuo non rende molto facile la comunicazione di concetti nuovi. Si pensi a coloro che hanno una conoscenza più o meno sommaria dell'inglese e che, per di più, si intendo-no poco di economia e finanza, nel caso specifico: anche loro devono, comunque, es-sere messi nelle condizioni di comprendere quello che stanno leggendo.

IL CASO DEL SOLE 24 ORE

In uno dei quotidiani presi in esame per questa analisi compare, talvolta, so-prattutto nel caso di espressioni molto recenti o dal significato particolarmente oscuro,

26 FUCCI, 1962; PANZINI, 1950; Dizionario Enciclopedico Italiano, 1955-61; Enciclopedia Italiana, 1929-37; 27 ELLIOT, 1977: 194.

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Gli anglicismi nel lessico economico e finanziario italiano 23

una spiegazione che aiuta chi non ha familiarità con il linguaggio dell'economia e della finanza internazionale:

Merrill Lynch rimane ottimista sui titoli Internet Usa nel corso del 2000, ma s'aspetta una pronunciata correzione nel primo trimestre, specie per le società orientate al bu-siness to consumer (vendite ai consumatori);

[...] superare gli eventuali problemi derivanti dal Millennium bug, il temuto baco del millennio;

Anche da noi il ruolo dei day trader (privati che operano giornalmente col trading on-line) comincia a diventare influente;

[...] equity-linked bond, le obbligazioni con rendimento legato all'andamento dei titoli azionari;

[...] il progetto “Lvp” (low value payment ovvero “pagamenti di piccolo taglio”).

[esempi tratti dall’annata 2000]

L'assemblea ha dato anche il via libera al progetto di buyback che prevede il riacqui-sto di titoli propri fino a un tetto di 18 milioni di azioni, da destinare per un massimo di 8 milioni di titoli a un piano di stock option. […] Che cosa si intende per "buyback" – "Buyback" significa, letteralmente, "riacquisto". Con questo termine di intende quindi, generalmente, l'atto di riacquisto di un bene che era stato precedentemente venduto allo scoperto, chiudendo in questo modo la posizione e monetizzando il risul-tato. Nel campo riguardante la finanza aziendale, come nel caso delle aziende Usa di cui stiamo parlando, per buyback si intende l'offerta fatta da un'azienda di ritornare in possesso di una parte dei propri titoli azionari o delle proprie obbligazioni, acquistan-doli sul mercato ai prezzi correnti. In finanza internazionale infine, per buyback si in-tende l'offerta fatta da un Paese debitore di ricomprare, ai prezzi correnti di mercato, dai creditori che ne sono in possesso i titoli di debito precedentemente emessi.

Sono queste le principali indicazioni che emergono dalla ricerca triennale della Bri sul mercato dei cambi, comprese le contrattazioni fuori Borsa (Over-the-counter) e i de-rivati.

[esempi tratti dall’annata 2002]

Il churn rate totale (tasso di abbandono dei clienti) è in leggero calo al 16,7% dal 17,3% dello scorso anno.

[esempio tratto dall’annata 2004]

Dall'analisi dei documenti si evidenzia anche che l'uso delle virgolette

Tre anni fa, il tentativo di Cesarini di liberalizzare la "governance" della Bpm è sfocia-to in crescenti contrasti

[esempio tratto dall’annata 2000]

Dopo l'intervento di ieri di Solbes sul "close to balance", arriva il chiarimento del di-rettore generale della Dg Ecofin della Commissione, Klaus Regling.

[esempio tratto dall’annata 2002]

Nuovi «avvoltoi» intorno ai bond Parmalat. I risparmiatori li considerano poco più di carta straccia. Ma per i fondi «distressed» americani e inglesi – quelli ribattezzati an-che fondi «avvoltoio» – le obbligazioni della Parmalat sono ancora una seria opportu-nità di investimento: […]

Premesso che sul piano etico non abbiamo nulla contro i fondi cosiddetti "distressed", che anzi hanno una loro utilità sul mercato, abbiamo cercato di limitare la class action a chi ha subìto il danno originario e maggiore.

[esempio tratto dall’annata 2004] e soprattutto del corsivo sta progressivamente scomparendo, ad indicare anche dal punto di vista visivo che il lemma è stato completamente assorbito dal contesto italiano.

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Francesca Rosati24

Alla luce degli esempi appena introdotti, appare necessario organizzare un lavo-ro di aggiornamento lessicografico continuo, che vada di pari passo con la forte e con-sistente pressione degli anglicismi nel core della lingua italiana, soprattutto in questo particolare ambito. Ugualmente indispensabile è suggerire anche delle strategie di memory helping – il che ci porta a sottolineare quanto sia importante l'analisi di ogni termine dal punto di vista fonico e lessicale nella lingua d'origine, la verifica del signi-ficato originario, la conoscenza dell'uso all'interno del registro economico-finanziario, e l'adozione di una pronuncia il più vicino possibile a quella corretta.

Per quanto riguarda la pronuncia dei prestiti dal mondo anglofono, la normati-va linguistica consiglia la riproduzione dei suoni originali, ma è facile constatare che, in linea di massima, la pronuncia di parole ed espressioni inglesi o americane è sog-getta ad un adeguamento più o meno radicale all'inventario dei suoni italiani. Ciò può dipendere non solo da ignoranza o dalla trasmissione del prestito per via scritta, ma anche dalla diffusa convinzione che una pronuncia troppo perfetta dell'anglicismo in un contesto italiano possa risultare affettata o pedantesca. Un fattore di indeboli-mento della pronuncia originaria è costituito indubbiamente dalla nascita e dalla dif-fusione dei derivati. Se consideriamo, infatti, le parole computer, scanner, manager,la loro pronuncia risulta abbastanza vicina a quella inglese: / k m pju t r/, / skæn r/,

/ mæn d r/; ma questa fedeltà è verosimilmente compromessa nei derivati di conio italiano come computerizzare, scannerizzare, manageriale (anche se in quest’ultimo caso l'aggettivo italiano è molto vicino a quello inglese, almeno nell'ortografia: ma-

nagerial /mæn d r l/), che finiscono o finiranno per riverberarsi ed alterare la pro-nuncia delle parole-base.

È interessante notare come, a proposito ad esempio della parola computer28, il Dizionario Garzanti on-line riporti la seguente scheda, dove alla consueta definizione si aggiungono altre informazioni utili quali pronuncia fonetica, etimologia, collocations29

e paradigma derivazionale30:

Lemma computer

Sillabazione/Fonetica [pr. / kom'pjuter /] Etimologia Voce ingl.; deriv. di to compute 'calcolare'

Definizione s. m. invar. elaboratore elettronico; calcolatore | computer portatile, perso-nal computer ad alimentazione elettrica di rete e autonoma, di dimensioni epeso ridotti; nel linguaggio commerciale vengono distinti in lap-top, note-book e palm-top | computer di bordo, in un veicolo, elaboratore in grado dicontrollare, regolare o automatizzare procedure o attività connesse con lamarcia o con il volo: il computer di bordo di un'automobile, di un aereo.

Lemma computer art

Sillabazione/Fonetica [pr. / kom'pjuter'art /] Etimologia Loc. ingl.; propr. 'arte (fatta al) computer'

Definizione Loc. sost. f. invar. corrente artistica contemporanea che utilizza tecniche gra-fiche computerizzate per la creazione di immagini, disegni o stampe fotogra-fiche.

28 Naturalmente, lo stesso tipo di ricerca si può fare anche per le altre due voci su citate – scanner e manager.29 “[…] some words are more likely to combine with specific items to form natural-sounding combinations while other types of combinations are simply not found, even though they would be possible and under-standable, at least theoretically” (T. FONTENELLE, 1994: 42). Sulle collocations cfr. anche TRIGONA et al., 1999: 109-111. 30 TRIGONA et al., 1999.: 27-36.

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Gli anglicismi nel lessico economico e finanziario italiano 25

Lemma computer crime

Sillabazione/Fonetica [pr. / kom'pjuter 'kraim /] Etimologia Loc. ingl.; propr. 'reato (crime) (commesso con l'uso del) computer'

Definizione Loc. sost. m. invar. reato perpetrato mediante l'uso di procedimenti informa-tici, consistente per lo più nell'accesso illegale a banche dati riservate, conl'intento di modificare, carpire o distruggerne i dati.

Lemma computer graphics

Sillabazione/Fonetica [pr. / kom'pjuter 'grafiks /] Etimologia Loc. ingl.; comp. di computer 'computer' e graphics 'grafica'

Definizione Loc. sost. f. invar. insieme di tecniche, apparecchiature, programmi per rea-lizzare immagini mediante elaboratore elettronico.

Lemma computer music

Sillabazione/Fonetica [pr. /kom'pjuter 'mjuzik/] Etimologia Loc. ingl.; comp. di computer 'computer' e music 'musica'

Definizione Loc. sost. f. invar. (mus.) musica informatica.

Lemma computer shop

Sillabazione/Fonetica [pr. / kom'pjuter 'Σop /] Etimologia Loc. ingl.; propr. 'negozio (shop) di computer'

Definizione Loc. sost. m. invar. negozio per la vendita di personal computer, software,accessori e materiale cartaceo illustrativo (libri, riviste ecc.).

Lemma computeristica

Sillabazione/Fonetica [com-pu-te-rì-sti-ca] Etimologia

Definizione s. f. attività industriale di costruzione e sviluppo tecnologico dei computer.

Lemma computeristico

Sillabazione/Fonetica [com-pu-te-rì-sti-co] Etimologia

Definizione agg. [pl. m. -ci] che riguarda i computer, la loro tecnologia: industria compu-teristica.

Lemma computerizzabile

Sillabazione/Fonetica [com-pu-te-riZ-Zà-bi-le] Etimologia

Definizione agg. che può essere computerizzato.

Lemma computerizzare

Sillabazione/Fonetica [com-pu-te-riZ-Zà-re] Etimologia

VerboDefinizione v. tr. automatizzare mediante l'uso del computer: computerizzare la contabi-

lità.

Lemma computerizzato

Sillabazione/Fonetica [com-pu-te-riZ-Zà-to] Etimologia

Definizione part. pass. di computerizzareagg. nel sign. del verbo | realizzato, gestito tramite computer.

Lemma computerizzazione

Sillabazione/Fonetica [com-pu-te-riZ-Za-zió-ne] Etimologia

Definizione s. f. il computerizzare, l'essere computerizzato.

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Francesca Rosati26

Il corpus di lemmi inglesi riscontrati nei documenti-campione del Sole 24 Oremostra un solo esempio di questa tendenza tipica dell'italiano a costruire derivati di parole inglesi: è il caso di brokeraggio, di cui sono state contate 17 ricorrenze. L'uso della terminazione “-aggio” in italiano (-age in inglese) è un chiaro indizio di come questo lemma e il suo equivalente inglese brokerage abbiano il latino come matrice comune con la mediazione del francese. L’Oxford English Dictionary, infatti, a pro-posito dell’origine etimologica del suffisso -age, mette in evidenza questa relazione:

-age,suffix of abstr. nouns, originally in words adopted from Fr., afterwards a living Eng. for-mative. [OFr. -age:–late L. -aticum, a favourite termination of abstr. ns. of appurtenance, and collectives; orig. neuter of adjectives in -atic-us. Cf. cl. L. silv-a ticus of the wood (silva), It. selv-aggio, Pr. salv-atge, Fr. sauv-age, Eng. sav-age, with viaticus of or per-taining to a journey (via), viaticum that which pertains to a journey, provision for the way, later the making of a journey, Pr. viatge, It. viaggio, Fr. viage, voyage; umbraticusof or pertaining to the shade, shady (umbra), late L. umbraticum that which is shady, shadiness, a mass of shade, Fr. ombrage, Eng. umbrage. Afterwards a common formative in Fr. itself, as in entour-age; thence readopted in med.L. as -agium: cf. homagium, cari-agium, formed on Fr. hommage, cariage, which if formed in L. would have been *hominaticum, *carricaticum.] Meaning. 1. From names of things, indicating that which belongs to or is functionally related to, as (from Fr.) language, potage, tonnage, umbrage, voyage; passing into the whole func-tional apparatus collectively, in baggage, foliage, plumage, village; whence of Eng. forma-tion cellarage, cordage, fruitage, girderage, leafage, luggage, poundage, socage,vaultage, etc. 2. From names of persons, indicating function, sphere of action, condition, rank, as (from Fr.) baronage, homage, personage, vassalage, vicinage, villeinage, and of Eng. formation bondage, orphanage, parsonage, porterage, umpirage.3. From verbs expressing action, as (from Fr.) advantage, damage, equipage, marriage,message, passage, pilgrimage, portage, usage; whence of Eng. formation breakage,brewage, cleavage, postage, prunage, steerage, wreckage, etc.31

Ed anche nel più recente Dictionary of Word Beginnings and Endings leggiamo:

-ageForming nouns. [Old French, based on Latin –aticum, neuter form of the adjectival ending –aticus.] Some of the oldest examples came into English from French, such as language, voyage,or courage. Many others have been formed subsequently in English on their models. They are a diverse collection. A few examples of a large group are coinage, cottage,damage, marriage, mileage, mortgage, peerage, plumage, postage, village, and voltage. Some relatively recent borrowings from French retain their French pronuncia-tion: entourage, montage32.

Quanto alla morfologia, il plurale in -s, già raro nell'uso orale e scarsamente vi-tale anche nella scrittura giornalistica, tradizionalmente molto ricettiva nei confronti degli anglicismi, è quasi del tutto assente anche in questo tipo di stampa specialistica, sempre molto attenta alla forma e al significato delle parole usate33:

31 OED, 1994: alla voce “-age”. 32 M. QUINION, 2002: alla voce “-age”.33 A questo proposito Rando (1987: XXV-XXVI) osserva: “Anche la formazione dei plurali presenta non poche difficoltà. L'importazione degli anglicismi (come pure di altri forestierismi) ha incrementato di molto l'uso in italiano delle parole terminanti per consonante con il risultato che al giorno d'oggi, accanto al plu-rale invariabile consigliato dalla grammatica normativa, viene adoperato anche il plurale in –s. Dall'esame di un campionario di 112 esempi raccolti a Roma nel 1967 risulta che la forma del plurale invariato viene usata per meno della metà dei sostantivi maschili, tra i quali, però, si trovano i prestiti dotati di elevata frequenza [sempre swing, tram, western, weekend, big, sandwich, con oscillazione tra films (13)/film (9), clubs (6)/club (11), shows (12)/show (6), cocktails (10)/cocktail (9)]. Poco più della metà dei sostantivi maschili presenta il plurale in –s che in qualche caso viene esteso a quelle parole che in inglese non lo

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Gli anglicismi nel lessico economico e finanziario italiano 27

Elemento che frena eventuali fusioni paritetiche (sulla base degli asset), [...];

[...] vendite sui derivati si sono immediatamente trasferite sui titoli, col risultato di vedere scendere in maniera quasi omogenea i listini delle blue chip;

Secondo gli operatori il vero benchmark dei bond europei è ormai solo il titolo di Stato tedesco;

Secondo i broker professionisti [...];

Oggi Borsa aperta – E le banche attivano i loro call center;

Nell'ultimo biennio, un nuovo tandem di testa – il presidente Paolo Bassi ed Ernesto Paolillo come chief executive [...];

[...] il ruolo dei day trader;

in questa operazione i depositi potranno essere remunerati con tassi d'interesse fino a un tetto massimo del 3%, che è comunque più elevato (e quindi appetibile) rispetto al 2% della remunerazione applicata sui depositi overnight delle "deposit facilities" pres-so la Bce;

i fan giapponesi sono stati i più entusiasti;

I fund manager internazionali non sono preoccupati;

Nello stesso momento sono stati colpiti i future sull'indice di tutte le Borse europee;

La Microsoft [...] ha messo a punto anche la nuova versione dei suoi software per uf-ficio;

La società si era impegnata a investire qualsiasi somma necessaria per garantire la piena soddisfazione della clientela, e aveva fatto sapere che tutti i dipendenti – anche i top managers – sarebbero stati disponibili a impacchettare regali se ve ne fosse sta-to bisogno;

Sui prezzi dei Treasury continuano a pesare però le preoccupazioni degli operatori.

[esempi tratti dall’annata 2000]

Unica ancora di salvezza è stata Madrid: l’Ibex-35, il listino delle Blue Chip iberiche è riuscito a contenere le perdite a una stop-loss di tutto rispetto (-7,4%).

Dopo gli annunci delle settimane scorse prendono formalmente il via i buy-back per mole società del Nuovo Mercato.

[esempi tratti dall’annata 2001]

Fiat ha altresì comunicato che in caso di scostamento rispetto agli obiettivi annunciati si è impegnata a cedere ulteriori assets al fine di rientrare nei parametri di indebita-mento previsti.

Dal confronto con i benchmark principali, come il Mib30, Premier e Goal mostrano una sorprendente tenuta anche sul versante della volatilità, additata spesso come il vero neo dei titoli calcistici.

Da venerdì 21 giugno la Borsa Spa ha reso operativa la piattaforma Mtf dove dovreb-bero quotarsi nei prossimi mesi gli Etf, exchange traded fund, […]

Nemmeno le blue chip sono al sicuro dall’“Enronite”. Ne sa qualcosa il titolo Ibm, la blue chip più blue che c’è, che venerdì in chiusura di contrattazioni alla orsa di Wall Street ha lasciato sul terreno il 4,63% […]

Merloni promossa tra le blue chip.

ammettono (cameramans – pl. inglese cameramen). Tra i sostantivi ai quali viene solitamente attribuito tale plurale vi sono: (gli) advisors, cents, flashes, gangsters, refugees, (gli) slums, (gli) snack-bars, (gli)spirituals, (i) tests. Per i sostantivi femminili si trovano più esempi (circa il 66% del campionario) con il plurale invariato – (le) beauty case, girl friend, governess, hostess, jeep, miss, pin-up – che con il plurale in -s: bands, call-girls, shoes. Qualche sostantivo che ha la forma plurale nella lingua d'origine viene usa-to in italiano al singolare (sample points, white collars che in inglese è propriamente una locuzione agget-tivale white collar worker(s) usata sia al plurale che al singolare). Ci sono poi dei sostantivi che, pur esi-stendo in inglese solo in forma plurale, diventano, in italiano, singolari: inning, serial right, short”.

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Francesca Rosati28

Ma lo stesso Sharpe avvisa: "attenzione a non esagerare con il trading, altrimenti ci guadagneranno soprattutto i broker".

La crisi della fiducia degli investitori nei mercati e nei controlli è scoppiata dopo il col-lasso della Enron, il più grande crack della storia finanziaria statunitense, che per me-si è stato nascosto proprio grazie all’arte dei top manager nel “cucinare” i libri azien-dali.

Poco effetto ha avuto, infine, l’annuncio di due cartolarizzazioni (tecnicamente asset backed securities), in Usa e in Europa, sui crediti verso acquirenti auto e macchine da lavoro per un totale di un miliardo di dollari, […]

[esempi tratti dall’annata 2002]

Eni al primo posto tra le blue chip, seguita da Tim ed Enel.

La nuova Pirelli&C, […], aumenta la sua incidenza nel Mib30 rispetto alla vecchia Pi-relli (0,64% contro 0,45%), ma resta il fanalino di coda nel paniere dei big, dietro an-che alla matricola Autogrill (0,71%).

[esempi tratti dall’annata 2003]

Presupposto del piano Sensi-Capitalia è che ci sia una grande vendita di «immobili ed altri assets ritenuti di pronta liquidabilità, rispetto ai quali sono stati conferiti mandati a vendere a primari operatori specializzati», riferisce il comunicato.

[…] l'Etf cinese sarà basato sull'indice Shanghai 50, che comprende le 50 principali blue chip della Borsa asiatica.

Questa cessione è la prima di una lunga serie di dismissioni programmate dai tre commissari straordinari del gruppo Cirio posto in liquidazione la scorsa estate in se-guito al default sui Cirio-bond risalente al novembre 2002.

Nuovi “avvoltoi” intorno ai bond Parmalat.

Rispetto alle joint venture tra Sony e Samsung e tra Philips ed Lg, l’alleanza tra i tre colossi nipponici ha una dimensione finanziarie più contenute: […]

[esempi tratti dall’annata 2004]

Una delle principali caratteristiche del lessico inglese è la word-formation, cioè la ca-pacità di comporre parole nuove per esprimere nuovi concetti – si tratta di una risorsa virtualmente illimitata che consente di “creare nuove unità lessicali combinando parole o parti di parole (compounding, blend), aggiungendovi degli affissi (affixation), o me-diante altri procedimenti (conversion, clipping, acronymy, back-formation)”34. Per quanto riguarda l'ordine delle parole nelle locuzioni – siano esse hyphena-ted, solid o open compounds – Rando ha sottolineato quanto siano significative le re-sistenze opposte dalla lingua italiana in generale alla sequenza tipicamente anglosas-sone modificatore/modificato (descritta anche come determinante/determinato): ad espressioni come charter flight, jazz music, leading industry corrispondono “volo char-ter”, “musica jazz”, “industria leader”, in cui il modificatore, pur conservando la forma inglese, viene posposto all'elemento modificato35. Tuttavia, è proprio in alcuni lin-guaggi settoriali, soprattutto in quelli della scienza e dell'economia che sono caratte-rizzati da un'intesa anglicizzazione, che l'ordine modificatore/modificato riesce ad at-

34 TRIGONA et al., 1999: 24. Gordon JARVIE (2000: 82) così descrive il fenomeno della word-formation:“[…] the study of how words are formed, particularly of how longer and more complex words are formed from shorter and simpler ones”; mentre la definizione che ne dà Hans MARCHAND (1969: 2) è più completa e aggiunge ulteriori utili informazioni: “Word-formation is that branch of the science of language which studies the patterns on which a language forms new lexical items, i.e. words. Word-formation can only be concerned with composites which are analysable both formally and semantically […]. The study of the simple word, therefore, in so far as it is an unanalysable, unmotivated sign, has no place in it. It is a lexi-cal matter. A composite rests on a relationship between morphemes through which it is motivated. By this token, do-er, un-do, rain-bow are relevant to word-formation, but do, rain, bow are not”.35 RANDO, 1987: IX.