Ancora n 4

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ANNO XXXII N° 4 - 1 Febbraio 2015 1.00 Abbonamento annuo ordinario 30,00 - sostenitore 50,00 - Taxe parcue - Tassa riscossa Ufficio di AP - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - DL 353/2003 (conv.in L.27/02/2004 n.46) art.1 comma 1 commerciale business Ascoli Piceno L'unità dei cristiani A pag. 3 l’anno della Vita Consacrata A pag. 4 VOlOntaRI In CaRCeRe A pag. 5 La Rete delle reti per gli adolescenti A pag. 6 a tofe di montemonaco FeSta dI S. SeBaStIanO A pag. 7 Il tema della famiglia è al centro di un’ap- profondita riflessione ecclesiale e di un processo sinodale che prevede due Sinodi, uno straordinario – appena celebrato – ed uno ordinario, convocato per il prossimo ottobre. In tale contesto, ho ritenuto op- portuno che il tema della prossima Gior- nata Mondiale delle Comunicazioni Sociali avesse come punto di riferimento la famiglia. La famiglia è del resto il primo luogo dove impariamo a comuni- care. Tornare a questo momento origina- rio ci può aiutare sia a rendere la comunicazione più autentica e umana, sia a guar- dare la famiglia da un nuovo punto di vista. Pos- siamo lasciarci ispirare dall’icona evangelica della visita di Maria ad Elisabetta (Lc 1,39-56). «Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!”» (vv. 41-42). Anzitutto, questo episodio ci mostra la comunicazione come un dialogo che si intreccia con il linguaggio del corpo. La prima risposta al saluto di Maria la dà infatti il bambino, sussultando gioiosamente nel grembo di Elisabetta. Esultare per la gioia dell’incontro è in un certo senso l’archetipo e il simbolo di ogni altra comuni- cazione, che impariamo ancora prima di venire al mondo. Il grembo che ci ospita è la prima “scuola” di comunicazione, fatta di ascolto e di contatto cor- poreo, dove cominciamo a familiarizzare col mondo esterno in un ambiente protetto e al suono rassicurante del battito del cuore della mamma. Questo incontro tra due esseri insieme così intimi e ancora così estranei l’uno all’altra, un incontro pieno di promesse, è la nostra prima esperienza di comunicazione. Ed è un'esperienza che ci acco- muna tutti, perché ciascuno di noi è nato da una madre. Anche dopo essere venuti al mondo re- stiamo in un certo senso in un “grembo”, che è la famiglia. Un grembo fatto di persone diverse, in relazione: la famiglia è il «luogo dove si impara a convivere nella differenza» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 66). Differenze di generi e di generazioni, che comunicano prima di tutto perché si accolgono a vicenda, perché tra loro esiste un vincolo. E più largo è il ventaglio di queste relazioni, più sono di- verse le età, e più ricco è il nostro ambiente di vita. È il legame che sta a fondamento della parola, che a sua volta rinsalda il legame. Le parole non le in- ventiamo: le possiamo usare perché le abbiamo ri- cevute. E’ in famiglia che si impara a parlare nella lingua materna”, cioè la lingua dei nostri antenati (cfr 2 Mac 7,25.27). In famiglia si percepisce che altri ci hanno preceduto, ci hanno messo nella con- dizione di esistere e di potere a nostra volta generare vita e fare qualcosa di buono e di bello. Possiamo dare perché abbiamo ricevuto, e questo circuito vir- tuoso sta al cuore della capacità della famiglia di comunicarsi e di comunicare; e, più in generale, è il paradigma di ogni comunicazione. L’esperienza del legame che ci “precede” fa sì che la famiglia sia anche il contesto in cui si trasmette quella forma fondamentale di comunicazione che è la preghiera. Quando la mamma e il papà fanno addormentare i loro bambini appena nati, molto spesso li affidano a Dio, perché vegli su di essi; e quando sono un po’ più grandi recitano insieme con loro semplici preghiere, ricordando con affetto anche altre persone, i nonni, altri parenti, i malati e i sofferenti, tutti coloro che hanno più bisogno dell’aiuto di Dio. Così, in famiglia, la maggior parte di noi ha imparato la dimensione religiosa della co- municazione, che nel cristianesimo è tutta impre- gnata di amore, l’amore di Dio che si dona a noi e che noi offriamo agli altri. Nella famiglia è soprat- tutto la capacità di abbracciarsi, sostenersi, accom- pagnarsi, decifrare gli sguardi e i silenzi, ridere e piangere insieme, tra persone che non si sono scelte e tuttavia sono così importanti l’una per l’altra, a farci capire che cosa è veramente la comunicazione come scoperta e costruzione di prossimità. Ridurre le distanze, venendosi incontro a vicenda e acco- gliendosi, è motivo di gratitudine e gioia: dal saluto di Maria e dal sussulto del bambino scaturisce la benedizione di Elisabetta, a cui segue il bellissimo cantico del Magnificat, nel quale Maria loda il di- segno d’amore di Dio su di lei e sul suo popolo. [Siamo stati tentati di ridurre in sintesi il «Messaggio di Papa Francesco per la Gior- nata Mondiale delle Comunicazioni So- ciali», l’unica stabilita dal Concilio Vaticano II (“Inter Mirifica”, 1963), che viene celebrata in molti paesi, su raccoman- dazione dei vescovi del mondo, la Dome- nica che precede la Pentecoste (nel 2015, il 17 maggio), ma ci siamo accorti che sta- vamo impoverendo la ricchezza di conte- nuto e di spirito di cui il Santo Padre ci ha fatto dono. Un modo veramente nuovo di intendere la Comunicazione. Il messaggio che quest'anno ci ha regalato Papa France- sco, prosegue e approfondisce il tema dello scorso anno: l'incontro e la centralità an- tropologica anziché tecnologica di una ri- flessione sulla comunicazione oggi, attraverso il tema della famiglia, che è in- sieme simbolo, paradigma e contesto con- creto della comunicazione. Ricordiamo, inoltre, che Il Messaggio del Santo Padre per la Giornata Mondiale delle Comunica- zioni Sociali viene tradizionalmente pubbli- cato in occasione della ricorrenza di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti (24 gennaio)] (La Redazione). meSSaGGIO del SantO PadRe FRanCeSCO PeR la XlIX GIORnata mOndIale delle COmUnICaZIOnI SOCIalI Comunicare la famiglia: ambiente privilegiato dell’incontro nella gratuità dell’amore VISItaZIOne di Rainer Maria Rilke L’inizio ancor lieve era per lei ma salendo, già a volte l'incanto del suo corpo intuiva. Poi nei monti alti di Giuda, anelando, sostò; non terra intorno dilata, ma soltanto la propria pienezza; e andando intuì: questa grandezza che in sé ora prova, sta insuperata. Le urgeva porre le mani sue sopra un corpo che già oltre era e vesti e capelli di ambedue confluirono in onda leggera. Ognuna, del proprio tempio santo ricolma, ebbe a scudo la vicina. Ah in lei il Salvatore era soltanto fiore eppure sobbalzò esultando il Battista in grembo alla madrina Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche entrarono nel campo di sterminio di Auschwitz, in Polonia (oggi Oswie- cim). Sono passati 70 anni e la data è divenuta oggi sim- bolo di liberazione, tanto da essere stata scelta per celebrare la Giornata della Memoria, istituita nel 2005. Come ogni anno, ricco è il calendario delle iniziative. La Giornata quest’anno si celebra in un momento estrema- mente delicato per la vita delle comunità ebraiche in Eu- ropa dopo gli attentati al museo ebraico di Bruxelles e i drammatici fatti di Parigi. GIORnata della memORIa “Per la vita ebraica segnali più rassicuranti dalla scuola italiana” alla vigilia della Giornata (27 gennaio), parla Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei). la conferma che dall’Italia non c’è una fuga verso Israele, come accade in altri Paesi europei: “le sinagoghe sono aperte, le scuole sono affollate, il calendario di eventi culturali è fitto”. Crescono la conoscenza e il rispetto, ma “guai a sederci sugli allori!” segue a pag. 2 segue a pag. 2

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SETTIMANALE DIOCESANO

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ANNO XXXII N° 4 - 1 Febbraio 2015 € 1.00

Abbonamento annuo ordinario € 30,00 - sostenitore € 50,00 - Taxe parcue - Tassa riscossa Ufficio di AP - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - DL 353/2003 (conv.in L.27/02/2004 n.46) art.1 comma 1 commerciale business Ascoli Piceno

L'unità

dei

cristiani

A pag. 3

l’anno della Vita Consacrata

A pag. 4

VOlOntaRI In CaRCeRe

A pag. 5

La Rete delle retiper gli adolescenti

A pag. 6

a tofe di montemonaco

FeSta dI S. SeBaStIanO

A pag. 7

Il tema della famiglia è al centro di un’ap-profondita riflessione ecclesiale e di unprocesso sinodale che prevede due Sinodi,uno straordinario – appena celebrato – eduno ordinario, convocato per il prossimoottobre. In tale contesto, ho ritenuto op-portuno che il tema della prossima Gior-nata Mondiale delle ComunicazioniSociali avesse come punto di riferimentola famiglia. La famiglia è del resto il

primo luogo dove impariamo a comuni-

care. Tornare a questo momento origina-rio ci può aiutare sia a rendere lacomunicazione più autentica e umana, sia a guar-dare la famiglia da un nuovo punto di vista. Pos-siamo lasciarci ispirare dall’icona evangelica dellavisita di Maria ad Elisabetta (Lc 1,39-56). «AppenaElisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambinosussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata diSpirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedettatu fra le donne e benedetto il frutto del tuogrembo!”» (vv. 41-42). Anzitutto, questo episodioci mostra la comunicazione come un dialogo che

si intreccia con il linguaggio del corpo. La primarisposta al saluto di Maria la dà infatti il bambino,sussultando gioiosamente nel grembo di Elisabetta.Esultare per la gioia dell’incontro è in un certosenso l’archetipo e il simbolo di ogni altra comuni-cazione, che impariamo ancora prima di venire almondo. Il grembo che ci ospita è la prima “scuola”di comunicazione, fatta di ascolto e di contatto cor-poreo, dove cominciamo a familiarizzare colmondo esterno in un ambiente protetto e al suonorassicurante del battito del cuore della mamma.Questo incontro tra due esseri insieme così intimi eancora così estranei l’uno all’altra, un incontropieno di promesse, è la nostra prima esperienza dicomunicazione. Ed è un'esperienza che ci acco-muna tutti, perché ciascuno di noi è nato da unamadre. Anche dopo essere venuti al mondo re-stiamo in un certo senso in un “grembo”, che è lafamiglia. Un grembo fatto di persone diverse, in

relazione: la famiglia è il «luogo dove si impara aconvivere nella differenza» (Esort. ap. Evangelii

gaudium, 66). Differenze di generi e di generazioni,che comunicano prima di tutto perché si accolgonoa vicenda, perché tra loro esiste un vincolo. E piùlargo è il ventaglio di queste relazioni, più sono di-verse le età, e più ricco è il nostro ambiente di vita.È il legame che sta a fondamento della parola, chea sua volta rinsalda il legame. Le parole non le in-ventiamo: le possiamo usare perché le abbiamo ri-

cevute. E’ in famiglia che si impara a parlare nella“lingua materna”, cioè la lingua dei nostri antenati(cfr 2 Mac 7,25.27). In famiglia si percepisce chealtri ci hanno preceduto, ci hanno messo nella con-dizione di esistere e di potere a nostra volta generarevita e fare qualcosa di buono e di bello. Possiamodare perché abbiamo ricevuto, e questo circuito vir-tuoso sta al cuore della capacità della famiglia dicomunicarsi e di comunicare; e, più in generale, èil paradigma di ogni comunicazione.L’esperienza del legame che ci “precede” fa sì chela famiglia sia anche il contesto in cui si trasmettequella forma fondamentale di comunicazione che

è la preghiera. Quando la mamma e il papà fannoaddormentare i loro bambini appena nati, moltospesso li affidano a Dio, perché vegli su di essi; equando sono un po’ più grandi recitano insieme conloro semplici preghiere, ricordando con affettoanche altre persone, i nonni, altri parenti, i malati ei sofferenti, tutti coloro che hanno più bisognodell’aiuto di Dio. Così, in famiglia, la maggior partedi noi ha imparato la dimensione religiosa della co-

municazione, che nel cristianesimo è tutta impre-gnata di amore, l’amore di Dio che si dona a noi eche noi offriamo agli altri. Nella famiglia è soprat-tutto la capacità di abbracciarsi, sostenersi, accom-pagnarsi, decifrare gli sguardi e i silenzi, ridere epiangere insieme, tra persone che non si sono sceltee tuttavia sono così importanti l’una per l’altra, afarci capire che cosa è veramente la comunicazionecome scoperta e costruzione di prossimità. Ridurrele distanze, venendosi incontro a vicenda e acco-gliendosi, è motivo di gratitudine e gioia: dal salutodi Maria e dal sussulto del bambino scaturisce labenedizione di Elisabetta, a cui segue il bellissimocantico del Magnificat, nel quale Maria loda il di-segno d’amore di Dio su di lei e sul suo popolo.

[Siamo stati tentati di ridurre in sintesi il«Messaggio di Papa Francesco per la Gior-nata Mondiale delle Comunicazioni So-ciali», l’unica stabilita dal ConcilioVaticano II (“Inter Mirifica”, 1963), cheviene celebrata in molti paesi, su raccoman-dazione dei vescovi del mondo, la Dome-nica che precede la Pentecoste (nel 2015, il17 maggio), ma ci siamo accorti che sta-vamo impoverendo la ricchezza di conte-nuto e di spirito di cui il Santo Padre ci hafatto dono. Un modo veramente nuovo diintendere la Comunicazione. Il messaggioche quest'anno ci ha regalato Papa France-sco, prosegue e approfondisce il tema delloscorso anno: l'incontro e la centralità an-

tropologica anziché tecnologica di una ri-flessione sulla comunicazione oggi,attraverso il tema della famiglia, che è in-

sieme simbolo, paradigma e contesto con-

creto della comunicazione. Ricordiamo,inoltre, che Il Messaggio del Santo Padreper la Giornata Mondiale delle Comunica-zioni Sociali viene tradizionalmente pubbli-cato in occasione della ricorrenza di SanFrancesco di Sales, patrono dei giornalisti(24 gennaio)] (La Redazione).

meSSaGGIO del SantO PadRe FRanCeSCOPeR la XlIX GIORnata mOndIale delle COmUnICaZIOnI SOCIalI

Comunicare la famiglia: ambiente privilegiato dell’incontro nella gratuità dell’amore

VISItaZIOnedi Rainer Maria Rilke

L’inizio ancor lieve era per lei ma salendo, già a volte l'incanto

del suo corpo intuiva. Poi nei monti alti di Giuda, anelando,

sostò; non terra intorno dilata,ma soltanto la propria pienezza;e andando intuì: questa grandezzache in sé ora prova, sta insuperata.

Le urgeva porre le mani suesopra un corpo che già oltre era

e vesti e capelli di ambedueconfluirono in onda leggera.

Ognuna, del proprio tempio santoricolma, ebbe a scudo la vicina.

Ah in lei il Salvatore era soltantofiore eppure sobbalzò esultando

il Battista in grembo alla madrina

Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche entrarono nelcampo di sterminio di Auschwitz, in Polonia (oggi Oswie-cim). Sono passati 70 anni e la data è divenuta oggi sim-bolo di liberazione, tanto da essere stata scelta percelebrare la Giornata della Memoria, istituita nel 2005.

Come ogni anno, ricco è il calendario delle iniziative. LaGiornata quest’anno si celebra in un momento estrema-mente delicato per la vita delle comunità ebraiche in Eu-ropa dopo gli attentati al museo ebraico di Bruxelles e idrammatici fatti di Parigi.

GIORnata della memORIa “Per la vita ebraica segnali più rassicuranti dalla scuola italiana”alla vigilia della Giornata (27 gennaio), parla Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle comunità ebraicheitaliane (Ucei). la conferma che dall’Italia non c’è una fuga verso Israele, come accade in altri Paesi europei: “le sinagoghe sono aperte, le scuole sono affollate, il calendario di eventi culturali è fitto”. Crescono la conoscenza e il rispetto, ma “guai a sederci sugli allori!”

segue a pag. 2

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Anno XXXII

1 Febbraio 2015

2PAG

Continua dalla prima pagina

Parola del SignoreQUaRta dOmenICa temPO ORdInaRIO - annO B

FA CHE ASCOLTIAMO, SIGNORE, LA TUA VOCE

Dal VANGELO secondo MARCO

andarono a Cafarnao e, entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad inse-gnare. ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che haautorità e non come gli scribi. allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da unospirito immondo, si mise a gridare: "Che c'entri con noi, Gesù nazareno? Sei venuto arovinarci! Io so chi tu sei: il santo di dio". e Gesù lo sgridò: "taci! esci da quell'uomo".e lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. tutti furono presi da ti-more, tanto che si chiedevano a vicenda: "Che è mai questo? Una dottrina nuova inse-gnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!". la suafama si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea. (MARCO 1,21-28)

Questi abitanti di Cafarnao sembrano a mio modo di vedere, la rappresentazione, di tutti noi,abituati ad ascoltare i parolai, cioè ad ascoltare gli scribi e i farisei del nostro tempo. Inten-dendo per scribi e farisei tutti coloro che parlano senza avere in sé una qualsiasi autorità oautorevolezza per farlo, se non quella che gli deriva dalla propria immodestia. Quante per-sone ci parlano in questo modo: i politici che fanno solo i propri interesse, i “televisionisti”che si parlano addosso, i “sermonisti” che puntano sempre il dito sugli altri, i giornalisti checi spiegano quello che dobbiamo pensare, e tanti altri; ma quanti ce ne sono? Troppi. Final-mente a Cafarnao; e se vogliamo anche nelle nostre case, nelle nostre teste, arriva un uomodiverso, anche un po’ strano, un certo Gesù che insegna con autorità e autorevolezza, Egli

non ha una parola che deriva dall’ autorità, ma ha una autoritàche deriva dalla parola, è la qualità della sua Parola (PAROLADI DIO), è il suo essere tutt’uno con Dio che gli conferisceautorità, una parola che non ha paura degli ostacoli, delle op-posizioni: Una parola che vuole entrare nel nostro intimo percercare di cambiarci, di liberarci, non di uniformarci. E’ unaParola che vuole la nostra “metanoia”, cioè vuole farci cam-biare il modo di pensare, vuole la nostra conversione, vuole la

nostra libertà; in definitiva vuole cacciare dal noi il male, per innestarci il bene. Infatti, in mododidattico è quello che succede a Cafarnao. Vediamo, come Gesù insegna con autorità, e con lastessa l’autorità della sua Parola scaccia lo spirito immondo per restituire all’uomo la sua libertà,scaccia il male per permettere all’uomo di ritornare a fare il bene. Fanno bene gli uomini di Ca-farnao a stupirsi, allo stesso modo dovremo stupirci anche noi di fronte alla parola liberalizzanteche ci proviene dal Vangelo e dall’insegnamento di Gesù. Stupirsi però, non basta, perché quellaparola per poter esprimere tutta la sua potenza, ha bisogno della nostra collaborazione, ha bisognoche noi facciamo la nostra parte, nella testa e nel cuore; solo così produrrà i suoi effetti di libe-razione, di conversione e di amore per il bene. Gesù ci invita a seguirlo sulle sue vie, ci mostrala strada, ci spiega tutto per bene, ma siamo noi che dobbiamo avere il coraggio di vivere lanostra libertà e di metterci alla sua sequela. Chiediamo al Signore Gesù di “sturarci” le orecchie,affinché possiamo essere penetrati dalla sua Parola, affinché questo suo Vangelo penetri nel no-stro cuore e nella nostra anima e ci trasformi, e ci faccia godere della libertà dei figli di Dio, e ciriempia del suo amore. RICCARDO

PIllOle dI SaGGeZZaLA VOCE DI DIO E’ INSINUANTE E RISUONA

CONTINUAMENTE ALLA NOSTRA COSCIENZA.

Da un “sì” pronunciato con fede scaturi-scono conseguenze che vanno ben oltre noistessi e si espandono nel mondo. “Visitare”comporta aprire le porte, non rinchiudersinei propri appartamenti, uscire, andareverso l’altro. Anche la famiglia è viva se re-spira aprendosi oltre sé stessa, e le famiglieche fanno questo possono comunicare illoro messaggio di vita e di comunione, pos-sono dare conforto e speranza alle famigliepiù ferite, e far crescere la Chiesa stessa, cheè famiglia di famiglie. La famiglia è più diogni altro il luogo in cui, vivendo insiemenella quotidianità, si sperimentano i limiti

propri e altrui, i piccoli e grandi problemidella coesistenza, dell’andare d’accordo.Non esiste la famiglia perfetta, ma non bi-sogna avere paura dell’imperfezione, dellafragilità, nemmeno dei conflitti; bisognaimparare ad affrontarli in maniera costrut-tiva. Per questo la famiglia in cui, con i pro-pri limiti e peccati, ci si vuole bene, diventauna scuola di perdono. Il perdono è una

dinamica di comunicazione, una comuni-cazione che si logora, che si spezza e che,attraverso il pentimento espresso e accolto,si può riannodare e far crescere. Un bam-bino che in famiglia impara ad ascoltare glialtri, a parlare in modo rispettoso, espri-mendo il proprio punto di vista senza negarequello altrui, sarà nella società un costrut-tore di dialogo e di riconciliazione. A pro-posito di limiti e comunicazione, hannotanto da insegnarci le famiglie con figli se-

gnati da una o più disabilità. Il deficit mo-torio, sensoriale o intellettivo è sempre unatentazione a chiudersi; ma può diventare,grazie all’amore dei genitori, dei fratelli edi altre persone amiche, uno stimolo ad

aprirsi, a condividere, a comunicare in

modo inclusivo; e può aiutare la scuola, laparrocchia, le associazioni a diventare piùaccoglienti verso tutti, a non escludere nes-suno. In un mondo, poi, dove così spesso simaledice, si parla male, si semina zizzania,si inquina con le chiacchiere il nostro am-biente umano, la famiglia può essere unascuola di comunicazione come benedi-

zione. E questo anche là dove sembra pre-valere l’inevitabilità dell’odio e dellaviolenza, quando le famiglie sono separatetra loro da muri di pietra o dai muri non

meno impenetrabili del pregiudizio e del ri-sentimento, quando sembrano esserci buoneragioni per dire “adesso basta”; in realtà, be-nedire anziché maledire, visitare anziché re-spingere, accogliere anziché combattere èl’unico modo perspezzare la spirale delmale, per testimoniareche il bene è semprepossibile, per educarei figli alla fratellanza.Oggi i media più mo-

derni, che soprat-

tutto per i più

giovani sono ormai

irrinunciabili, pos-

sono sia ostacolare

che aiutare la comu-

nicazione in famiglia

e tra famiglie. Lapossono ostacolare sediventano un modo disottrarsi all’ascolto, diisolarsi dalla compre-senza fisica, con la sa-turazione di ognimomento di silenzio e di attesa disimpa-rando che «il silenzio è parte integrantedella comunicazione e senza di esso nonesistono parole dense di contenuto» (Bene-detto XVI, Messaggio per la 46ª G.M. delle

Comunicazioni Sociali, 24.1.2012). La pos-sono favorire se aiutano a raccontare e con-dividere, a restare in contatto con i lontani,a ringraziare e chiedere perdono, a renderesempre di nuovo possibile l’incontro. Ri-scoprendo quotidianamente questo centrovitale che è l’incontro, questo “inizio vivo”,noi sapremo orientare il nostro rapporto conle tecnologie, invece che farci guidare daesse. Anche in questo campo, i genitori sonoi primi educatori. Ma non vanno lasciatisoli; la comunità cristiana è chiamata ad af-fiancarli perché sappiano insegnare ai figlia vivere nell’ambiente comunicativo se-condo i criteri della dignità della personaumana e del bene comune. La sfida cheoggi ci si presenta è, dunque, reimparare a

raccontare, non semplicemente a produrree consumare informazione. E’ questa la di-rezione verso cui ci spingono i potenti e pre-ziosi mezzi della comunicazione

contemporanea. L’informazione è impor-tante ma non basta, perché troppo spessosemplifica, contrappone le differenze e levisioni diverse sollecitando a schierarsi perl’una o l’altra, anziché favorire uno sguardo

d’insieme. Anche lafamiglia, in conclu-sione, non è un oggettosul quale si comuni-cano delle opinioni oun terreno sul qualecombattere battaglieideologiche, ma un

ambiente in cui si im-

para a comunicare

nella prossimità e unsoggetto che comu-nica, una “comunità

comunicante”. Unacomunità che sa ac-compagnare, festeg-giare e fruttificare. Inquesto senso è possi-bile ripristinare unosguardo capace di ri-conoscere che la fami-

glia continua ad essere una grande risorsa,e non solo un problema o un’istituzione incrisi. I media tendono a volte a presentarela famiglia come se fosse un modelloastratto da accettare o rifiutare, da difendereo attaccare, invece che una realtà concretada vivere; o come se fosse un’ideologia diqualcuno contro qualcun altro, invece cheil luogo dove tutti impariamo che cosa si-gnifica comunicare nell’amore ricevuto edonato. Raccontare significa invece com-prendere che le nostre vite sono intrecciatein una trama unitaria, che le voci sono mol-teplici e ciascuna è insostituibile.la famiglia più bella, protagonista e non

problema, è quella che sa comunicare,

partendo dalla testimonianza, la bellezza

e la ricchezza del rapporto tra uomo e

donna, e di quello tra genitori e figli. non

lottiamo per difendere il passato, ma la-

voriamo con pazienza e fiducia, in tutti

gli ambienti che quotidianamente abi-

tiamo, per costruire il futuro.

Dal Vaticano, 23 gennaio 2015

Vigilia della festa di san Francesco di Sales

Francesco

GIORnata della memORIa

Situazione critica che in Francia sta spingendo la popolazione ebraicaa prendere in considerazione l’alihay (l'immigrazione ebraica nella terradi Israele). E in Italia? Uno studio pubblicato dall’Ucei in questi giornievidenzia come rispetto all’Europa, la situazione italiana è molto di-versa e prima di parlare di antisemitismo, ciò che preoccupa la comu-nità sono i problemi reali (disoccupazione, corruzione, crisi economica,razzismo e criminalità) che flagellano il Paese. Renzo Gattegna, pre-sidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei) ritiene chein Italia molto si sta facendo per la lotta contro l’antisemitismo, soprat-tutto nel mondo della scuola. Ma avverte: “Guai a sederci sugli allori!”. Presidente, gli ebrei italiani rispetto a quanto avviene nelle comu-nità europee non hanno lasciato il paese. Perché? In Italia c'è piùsicurezza? “La situazione italiana è molto diversa da quella francese o di altri paesiin cui l'antisemitismo, nelle sue diverse matrici ed espressioni, presentaquotidianamente il proprio volto attraverso minacce all'integrità fisicadegli individui, atti vandalici, attentati a luoghi ebraici. Gli ultimi epi-sodi in Europa generano preoccupazione, è naturale, ma siamo ancheconsapevoli dell'eccellente lavoro svolto in questi anni assieme alleistituzioni e alle forze di sicurezza per reprimere ogni tentativo di inti-midazione. La vita ebraica va avanti regolarmente: le sinagoghe sonoaperte, le scuole sono affollate, il calendario di eventi culturali è fitto.La scelta di emigrare in Israele, nella stragrande maggioranza dei casi,è frutto di una scelta libera e consapevole e non dalla necessità di scap-pare da un pericolo imminente”.a che punto è nel nostro paese la cultura della memoria?“I risultati più soddisfacenti arrivano senz'altro dal mondo della scuola,che ogni anno viene sollecitato con iniziative e impegni finalizzati adaccrescere la consapevolezza delle nuove generazioni e la loro capacitàdi attualizzare la terribile lezione della Shoah. Sono dell'idea che sistiano radicando ottime pratiche in tutto il paese e la firma negli scorsigiorni di un ulteriore protocollo d'intesa con il ministro dell'Istruzione,

dell'Università e della RicercaStefania Giannini segna il pro-seguimento di una collabora-zione che ha già dato ottimifrutti. Guai però a sederci sugliallori: non vanno infatti igno-rati i segnali che arrivano dauna parte di paese che fa fa-tica ad affrontare il propriopassato o in cui si strumenta-lizza il significato della Me-moria per diversi fini, nonultimi quelli propagandi-stico-elettorali. Di fronte aqueste minacce servonomassima vigilanza e l'impe-gno di tutti, perché chi mettea rischio il valore della Me-moria mette a rischio l'interasocietà italiana, il suo pre-sente, il suo futuro”.

meSSaGGIO del SantO PadRe FRanCeSCO

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3Anno XXXII

1 Febbraio 2015 PAG

Dopo le Beatitudini e i Guai Luca continua

con il resto del Discorso della Pianura (Lc

6,27-49). Il tutto è molto più breve del Di-

scorso della Montagna, che occupa tre capitoli

(Mt cc. 5-7). Brevità dovuta anche nel fatto

che Luca – perché si indirizza a pagani che

non conoscono la Bibbia – ha omesso molte

parti di Mt che rimandavano al mondo e alla

religione ebraica, per esempio sul come fare

l’elemosina, la preghiera e il digiuno. Il Di-

scorso, nella prima parte, si impone per la sua

linearità di sviluppo e per la profondità del

contenuto. Se all’inizio, nelle Beatitudini e

Guai (6,20-26) Luca diceva che la salvezza è

per i discepoli poveri e perseguitati, e non per

i ricchi egoisti, nella parte finale (6,47-49) spe-

cificherà che la salvezza si consegue con l’ob-

bedienza alla parola di Gesù. Ebbene, nella

parte centrale (6,27-45), tale parola di Gesù è

il Discorso sull’amore: amore concreto e radi-

cale, che non conosce la vendetta, che è conti-

nuo e raggiunge tutti.

Ecco una parola sulla

forma letteraria. Pur di-

pendendo dalla fonte Q

(Quelle = fonte letteraria,

ipotizzata dall’esame dei

testi), dalla quale dipende

anche Matteo, Luca tutta-

via ha saputo dare al Di-

scorso sulla Pianura una

forma particolare, quella delle “srofe” a scopo

didattico (Heinz Schürmann, Heinrich Kahle-

feld). Cioè, il testo viene messo in stichi (come

le righe delle poesie) e ripartito in cinque

“strofe”. Il maestro di Luca, Paolo, aveva com-

posto personalmente l’inno all’amore, in 1 Cor

c.13; il suo discepolo, Luca, compone l’inno

all’amore con le parole di Gesù. Passiamo alla

lettura di Lc 6,27-31, cioè alla prima strofa,

1. Amore verso i nemici e verso tutti. «27Ma a

voi che ascoltate, io dico: amate i vostri ne-

mici, / fate del bene a quelli che vi odiano, //28benedite coloro che vi maledicono, / pregate

per coloro che vi trattano male» (Lc 6,27-28).

Dopo la frase introduttiva, i due versetti fanno

una quartina, di due distici in ogni versetto.

«Ma a voi che ascoltate, io dico». Con questa

introduzione Luca, saltando i quattro “guai” di

6,24.26, si riporta ai Dodici e alla «gran folla

di suoi discepoli» (6,17) alla quale stava par-

lando. I due versetti sono paralleli fra di loro.

Nel primo sono richieste azioni ispirate al-

l’amore, anche se non vi è molta differenza di

«i vostri nemici» e «coloro che vi odiano». Nel

secondo si ha un crescendo: l’invito a bene-

dire, cioè a pregare, per coloro che «vi trattano

male», anche qui con poche differenze fra le

due richieste. Il verbo ekpereázô, è generico e

non si riferisce a un maltrattamento concreto.

Il messaggio è chiaro: è con l’amore che biso-

gna rispondere all’odio, alla maledizione e

all’insulto.

2. L’atteggiamento interiore che sostiene

l’amore. «29A chi ti percuote sulla guancia, /

offri anche l’altra; // a chi ti strappa il man-

tello, / non rifiutare neanche la tunica. 30A

chiunque ti chiede, / da’ // e a chi prende le

cose tue, / non chiederle indietro» (Lc 6,29-

30). Anche i due versetti sono in parallelo e

ciascuno è formato con quattro elementi. Ai

quattro imperativi dei vv. 27-28 seguono ora

quattro esmpi concreti. Il v. 29 presenta due

casi che, nei discepoli, devono provocare lo

stesso atteggiamento, quello di essere dispo-

nibile a ricevere la replica dell’insulto ricevuto.

Quindi; a uno schiaffo ricevuto essere pronto

per un altro schiaffo; a chi ti ruba il mantello

sii pronto a dare anche la tunica, cioè l’indu-

mento che copre direttamente il corpo; a chi ti

chiede, pronto a dare ancora; a chi prende del

tuo non chiederne la restitu-

zione.

Come si vede, qui il lin-

guaggio e manifestamente

paradossale; quindi non

chiede di essere preso alla

lettera. Gesù se ne serve per

suscitare attenzione, scuo-

tere, fa ricordare. Poteva lui

stesso prendere alla lettera

quanto dice qui. A lui stesso, durante il pro-

cesso, «una delle guardie presenti diede uno

schiaffo a Gesù, dicendo: “Così rispondi al

sommo sacerdote?”. 23Gli rispose Gesù: “Se

ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma

se ho parlato bene, perché mi percuoti?”» (Gv

18,22-23). Non si dispone per ricevere la re-

plica, rimane nell’atteggiamento dignitoso del

Servo di Jahvè che soffre per amore (Is 50,6)

e per la nostra salvezza (Is 53,11-12). Il ver-

setto 30, con un parlare esagerato e generico,

ripete il versetto precedente, ma con un plus:

non solo la disponibiltà a sopportare altre in-

giustizie, ma anche a lasciarsi portar via tutto.

3. La regola d’oro. «E come volete che gli uo-

mini facciano a voi, / così anche voi fate a

loro» (Lc 6,31). Questo versetto fa da conclu-

sione a ciò che precede e da titolo a ciò che

segue. In quanto conclusione unifica le esor-

tazioni dei vv. 27-30, che davano norme con-

crete, e le porta al livello dell’amore che uno

ha per sé stesso. La formulazione negativa di

tale “regola”, “Non fate agli altri…”, trattiene

dal danneggiare gli altri; la nostra, positiva,

porta ad amare tutti gli altri come sé stessi. C’è

la grazia e la presenza di Cristo stesso. Con-

clusione. “La regola d’oro” plasmi giorno

dopo giorno specialmente la nostra vita fami-

liare. [email protected]

Continuazione del Discorso della Pianura

40. L’amoRe veRSo I nemIcI e veRSo tuttI

DomenIca 1 febbRaIo

Ore 11.00 Grottammare - Parrocchia

S. Pio V: Ingresso del nuovo

Parroco don Giorgio Carini

Ore 17.30 San Benedetto Tr.

Cattedrale: S. Messa (Giornata per

la vita e della vita consacrata)

LuneDì 2 febbRaIo

Ore 20.45 San Benedetto Tr. - Biancazzurro:

Incontro di formazione

per i Diaconi

meRcoLeDì 4 febbRaIo

Ore 16.00 San Benedetto Tr.

Clinica Stella Maris: S. Messa

GIoveDì 5 febbRaIo

Ore 18.30 San Benedetto Tr.

Monastero S. Speranza: S. Messa

veneRDì 6 febbRaIo

Ore 10.00 San Benedetto Tr.

Istituto S. Giovanni Battista:

S. Messa per gli 80 anni della

presenza a S. Benedetto del Tronto

Ore 16.00 Cattedrale: Confessioni

Ore 21.00 Padri Sacramentini: lezione alla

scuola di formazione teologica

Sabato 7 febbRaIo Ore 18.00 San Benedetto Tr. - Preghiera alla

Festa della Pace dell’ACR

DomenIca 8 febbRaIo Ore 11.00 Villa Rosa - Parrocchia S. Gabriele

dell’Addolorata: Cresime

Impegni Pastorali del Vescovo DAL 1 ALL’8 FEbbRAIO 2015

Papa: tanti cristiani vengono perseguitati e uccisi perché cristiani, senza distinzioni tra le loro confessioni

"L'unità dei cristiani non sarà il frutto di raffinate discussioni teoriche nelle

quali ciascuno tenterà di convincere l'altro della fondatezza delle proprie opi-

nioni. Verrà il Figlio dell'uomo e ci troverà ancora a discutere. Dobbiamo rico-

noscere che per giungere alla profondità del mistero di Dio abbiamo bisogno

gli uni degli altri, di incontrarci e di confrontarci sotto la guida dello Spirito

Santo, che armonizza le diversità e supera i conflitti. Riconcilia le diversità".

I martiri di oggi sono perseguitati perché cristiani, "tanti cristiani vengono perseguitati e uccisi senza

distinzioni tra la loro confessione di appartenenza. E' "l'ecumenismo del sangue" evocato da papa

Francesco nella basilica di san Paolo fuori le mura, durante i secondi Vespri della solennità della con-

versione di san Paolo, a Conclusione della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani. "Una unità

che "non sarà il frutto di raffinate discussioni teoriche nelle quali ciascuno tenterà di convincere l'altro

della fondatezza delle proprie opinioni", ma della ricerca di cogliere insieme "in profondità ciò che

ci unisce, e cioè la chiamata a partecipare al mistero di amore del Padre rivelato a noi dal Figlio per

mezzo dello Spirito Santo". Nella basilica dedicata all'Apostolo delle genti, con papa Francesco ci

sono il metropolita Gennadios, rappresentante del Patriarcato ecumenico, e il vescovo David Moxon,

rappresentante personale a Roma dell'Arcivescovo di Canterbury, oltre a esponenti di altre comunità

cristiane. L'omelia del Papa è centrata sulla necessità di cercare di superare divisioni e contrasti frutti

del passato, "di incontrarci e di confrontarci sotto la guida dello Spirito Santo, che armonizza le di-

versità e supera i conflitti", perché comune è il dovere di annunciare il Vangelo e "nella chiamata ad

essere evangelizzatori, tutte le Chiese e Comunità ecclesiali trovano un ambito essenziale per una più

stretta collaborazione". Francesco commenta il passo del Vangelo nel quale in viaggio dalla Giudea

verso la Galilea, Gesù passa attraverso la Samaria. "Egli non ha difficoltà ad incontrare i samaritani

giudicati eretici, scismatici, separati dai giudei. Il suo atteggiamento ci dice che il confronto con chi

è differente da noi può farci crescere. Gesù, stanco per il viaggio, non esita a chiedere da bere alla

donna samaritana. La sua sete, però, va ben oltre quella fisica: essa è anche sete di incontro, desiderio

di aprire un dialogo con quella donna, offrendole così la possibilità di un cammino di conversione in-

teriore. Gesù è paziente, rispetta la persona che gli sta davanti, si rivela a lei progressivamente. Il suo

esempio incoraggia a cercare un confronto sereno con l'altro. Per capirsi e crescere nella carità e nella

verità, occorre fermarsi, accogliersi e ascoltarsi. In tal modo, si comincia già a sperimentare l'unità".

Il Papa ha quindi rivolto un saluto agli esponenti delle altre Chiese e comunità ecclesiali presenti e

anche ai membri della Commissione mista per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese

ortodosse orientali, ai quali ha augurato "un fruttuoso lavoro per la sessione plenaria che si svolgerà

nei prossimi giorni a Roma". "Sono presenti - aggiunge - anche religiosi e religiose appartenenti a

diverse Chiese e Comunità ecclesiali che hanno partecipato in questi giorni ad un Convegno ecume-

nico, organizzato dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica,

in collaborazione con il Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, in occasione

dell'Anno della vita consacrata. La vita religiosa come profezia del mondo futuro è chiamata ad offrire

nel nostro tempo testimonianza di quella comunione in Cristo che va oltre ogni differenza, e che è

fatta di scelte concrete di accoglienza e dialogo. Di conseguenza, la ricerca dell'unità dei cristiani non

può essere appannaggio solo di qualche singolo o comunità religiosa particolarmente sensibile a tale

problematica. La reciproca conoscenza delle diverse tradizioni di vita consacrata ed un fecondo scam-

bio di esperienze può essere utile per la vitalità di ogni forma di vita religiosa nelle diverse Chiese e

Comunità ecclesiali". "Cari fratelli e sorelle - la conclusione del Papa - oggi noi, che siamo assetati

di pace e di fraternità, invochiamo con cuore fiducioso dal Padre celeste, mediante Gesù Cristo unico

sacerdote e per intercessione della Vergine Maria, dell'apostolo Paolo e di tutti i santi, il dono della

piena comunione di tutti i cristiani, affinché possa risplendere «il sacro mistero dell'unità della Chiesa»

(Conc. Ecum. Vat. II, Decreto sull'Ecume-

nismo Unitatis redintegratio, 2), quale

segno e strumento di riconciliazione per il

mondo intero". Roma (AsiaNews)

Il Papa all’Angelus" di Domenica 25 gennaio 2015Il "desiderio dell'unità" dei discepoli di

Gesù appartiene alla nostra "sete nonsolo dell'acqua materiale, ma soprattutto la sete di una vita piena, libera dalla schiavitù del malee della morte". La frase rivolta da Gesù alla samaritana, "Dammi da bere", tema della Settimana

di preghiera per l'unità dei cristiani di quest'anno è stata ricordata da papa Francesco nelle parole

rivolte alle 40mila persone presenti in piazza san Pietro per la recita dell'Angelus. Tra loro migliaia

di ragazzi dell'Azione cattolica di Roma che hanno concluso con la "Carovana della Pace" il mese

di gennaio da loro tradizionalmente dedicato al tema della pace. Un bambino e una bambina del-

l'Associazione, hanno letto, accanto al Papa un messaggio di pace a nome dell'ACR di Roma men-

tre i ragazzi dalla piazza hanno lanciato una mongolfiera contenente messaggi di pace e palloncini,

invece delle tradizionali colombe. Dopo la recita della preghiera mariana il Papa ha lanciato un

"accorato appello perché riprendano i tentativi di dialogo e si ponga fine a ogni ostilità" in

Ucraina dove continua il conflitto che "continua a provocare vittime tra la popolazione civile".

Prima dell'Angelus, il Papa ha invitato i fedeli a partecipare alla preghiera di chiusura della Set-

timana, nel pomeriggio nella basilica di san Paolo fuori le mura. Dopo l'Angelus Francesco ha

ricordato che in quel giorno si celebrava “la Giornata mondiale dei malati di lebbra. Esprimo lamia vicinanza a tutte le persone che soffrono per questa malattia, come pure a quanti si prendonocura di loro, e a chi lotta per rimuovere le cause del contagio, cioè condizioni di vita non degnedell'uomo. Rinnoviamo l'impegno solidale per questi fratelli e sorelle!". Un saluto, infine, alla

comunità filippina di Roma. "Carissimi, il popolo filippino è meraviglioso, per la sua fede forte

e gioiosa. Il Signore sostenga sempre anche voi che vivete lontano dalla patria. Grazie per la vostra

testimonianza!".

Page 4: Ancora n 4

4 Anno XXXII

1 Febbraio 2015PAG

In una domenica di pioggia, con un cielo grigio, nullafaceva sperare per una bella giornata. Nella penombradell’Istituto delle suore Battistine mi apre la porta unviso con un sorriso e due occhi che illuminavano tutto.Questo mi ha colpito di suor Alfonsa: i suoi occhi az-zurri e splendenti come il mare della sua terra, la Cam-pania, vogliono essere fissati ed è fissandoli che sentoviva dentro di lei l’emozione dell’incontro con il papa,la gioia di far parte della grande famiglia della nostradiocesi, la passione che la spinge ad amare ciò che fae svolgere il suo compito in maniera dignitosa edumile.Da quanto tempo svolge questo compito?

Ho iniziato nel 1987, ma sono entrata nella congrega-zione delle suore san Giovanni Battista nel 1964. Dio si è fatto sentirein me in un modo semplice, attraverso un depliant, grazie al quale hoconosciuto il fondatore dell’ordine, Alfonso Maria Fusco, di cui ab-biamo quest’anno la canonizzazione. Fui da subito molto colpita daquesto sacerdote: inizialmente perché abbiamo il cognome in comune,Fusco, e poi mi colpirono la sua vita e le sue opere, quindi scelsi di es-sere una battistina. Nel 1954 sono entrata nell’ordine e dieci anni doposono stata consacrata. Quest’anno ho festeggiato 50 anni di anniver-sario, ho avuto anche l’udienza del Santo Padre: mi ha stretto le mani,mi ha fissato quasi pietrificandomi. Ho detto al papa che avevo festeg-giato i 50 anni di vita consacrata e mi ha detto tante cose. Alla fine miha stretto le spalle, dicendomi: “Sii forte!”. È stato un momento bel-lissimo che ricorderò per sempre e la sua stretta me la sento ancora ad-dosso. Tornando all’USMI: questa è un’istituzione ecclesiale volutada Pio XII (papa dal 1939 al 1958), riconosciuta dagli anni ’50. Tuttele superiori hanno sentito il bisogno di riunirsi e da allora abbiamo unfiorire continuo di istituti che si aggiungono all’associazione. Abbiamoun cammino quasi parallelo con la CISM, l’associazione riunisce lecomunità maschili, che fa capo a padre Gabriele per la nostra diocesi. Di quali compiti si occupa?

Io mi occupo di animare, organizzo le attività annuali che abbiamo inprogramma. Dall’inizio del mio servizio siamo riusciti a creare unospirito bello di comunione tra le comunità, abbattendo le barriere tra idiversi ordini per cui ogni comunità era a sé; ora quando ci si incontraè una bella cosa. Mi guida un criterio fondamentale in questo servizio:sentirsi chiesa, ne sono convinta. Prima c’è la chiesa, poi c’è il mioistituto; purtroppo le difficoltà ci sono, come l’età e persone che cre-dono di avere già tutto. La giornata del 2 febbraio è stata istituita comeGiornata Mondiale per la Vita Consacrata, grazie a Giovanni Paolo IInel 1998. In diocesi abbiamo anticipato questa festa nel 1991 conmons. Chiaretti, che ricordo molto bene perché diede grande spazioalla vita consacrata. Quest’anno la festa sarà il 1°, non il 2 febbraio, ela messa sarà presieduta dal vescovo Carlo; saremo insieme al centrofamiglia, col quale collaboriamo molto spesso, all’USMI, alla CISM.Oltre a questa ricorrenza del 2 febbraio, quale altro momento ani-

mate durante l’anno?

Abbiamo in programma l’incontro con le claustrali nel mese di no-vembre, nella giornata a loro dedicata, che quest’anno si è svolto il 23novembre. C’è stata prima la riflessione della badessa, poi la celebra-

zione eucaristica presieduta dal vescovo Carlo e infineun momento di festa. Abbiamo degli incontri mensiliche si tengono qui, nella sede delle comunità (IstitutoSan Giovanni Battista, via San Martino, ndr). Gli in-contri durante l’anno sono articolati in vari modi: c’èl’incontro per la vita consacrata, l’adorazione in catte-drale per Avvento e Quaresima; era previsto un incon-tro per domenica prossima 25 gennaio ma saràspostato. Col vescovo abbiamo anche pensato ad unconvegno formativo sulla vita consacrata, aperto a tutti,ma è ancora da definire. Le varie comunità che ab-biamo in diocesi, inoltre, svolgono svariate attività,molte delle quali rientrano nella sfera dell’insegna-mento. Noi come battistine quasi al 90% svolgiamo at-

tività didattica; quando ho smesso con l’insegnamento ho avuto unmomento di disagio, perché lo avevo fatto per tutta la vita e mi sonotrovata un po’ spaesata. Mi ha risolto molto la preghiera: in un mo-mento di adorazione ho rimesso in discussione l’appartenenza a Lui eLui mi diceva: “Ma sei mia o della scuola?” e io gli ho risposto: “No,sono tua per sempre. Quindi dammi tu la grazia di non interferire nellavoro altrui”. Da quando non ho più la scuola passo volentieri deltempo al centro famiglia, col quale stiamo organizzando la festa del 2febbraio. Mostrandomi dei documenti d’archivio ritrova un foglio battuto a mac-china che riportava i membri del primo consiglio dell’USMI, datato30 dicembre 1980. «Come ho già detto, sono in diocesi dal 6 ottobre1987: all’epoca di questo documento c’era come superiore suor Sabina,già consigliera dell’USMI, con mons. Radicioni vescovo. La superiorami disse di preparare con lei gli incontri con le altre suore che dovevanoarrivare e così mi ha inserito; al consiglio successivo mi hanno nomi-nato consigliera e poi segretaria. Adesso facciamo meno in quanto ainiziative perché siamo di meno e a questo si aggiunge l’età cheavanza. L’USMI conta su una media di congregazioni tra 15 e 20, men-tre di comunità ne abbiamo da 25 a 30. Le concezioniste costituisconoquasi il 50% delle comunità indiocesi: ciò è comprensibile sesi pensa che vennero fondatenon lontano da qui, ad AscoliPiceno. Altre congregazioni sisono inserite ora e hanno in-vece una o due comunità indiocesi».Una comunità che l’ha col-

pita? Una lontana?

Ho sempre una grande stimadelle comunità, sia per quelledi tre persone che per le comu-nità numerose. Le concezioni-ste formano un corpo abbastanza unitario, dato il numero con cui sonopresenti in diocesi. Di limiti non ne trovo, soprattutto perché si è creatoun bel clima di fraternità, uno sforzo compiuto da parte di tutti. Hosempre fatto questo lavoro con tanta passione perché ritengo che sifanno le cose in cui si crede. Per me la chiesa è al primo posto ed è la

chiesa che mi dà la forza persuperare le difficoltà, perchésiamo corpo di Cristo e po-polo di Dio. Nei comuni di montagna le

cose sono diverse rispetto

ad altri comuni più grandi?

Dunque la comunità piùlontana è la comunità delleTeresiane di Ripatransone;poi c’è la comunità diForce, le piccole sorelladella Fanciullezza, com-posta da una sola personacon cui ci sentiamospesso. Questi che vengono da lontano si possonoorganizzare grazie al calendario e riescono a farsi accompagnare dalaici. Di solito siamo 50 circa agli incontri, comunque un bel numero. Un altro documento riporta invece la presentazione del logo dell’annodella vita consacrata, che durerà fino al 2 febbraio 2016. «La colombarappresenta lo Spirito Santo, fonte di vita e ispiratore di creatività. Leacque sotto di lei sono formate da tessere di mosaico che indicano lacomplessità e l’armonia degli elementi umani e cosmici che lo Spiritofa gemere secondo i misteriosi disegni di Dio. Le tre stelle ricordanol’identità della vita consacrata nel mondo come la confessio trinitatis,signum fraternitatis e servitium caritatis. Esprimono la circolarità e larelazionalità dell’amore trinitario che la vita consacrata cerca di viverequotidianamente nel mondo. Il piccolo globo poliedrico rappresenta ilmondo con la varietà dei popoli e delle culture, come afferma papaFrancesco. Il soffio dello Spirito lo conduce verso il futuro: è l’invitoai consacrati e alle consacrate a diventare portatori dello Spirito, uo-mini e donne autenticamente spirituali, capaci di fecondare segreta-mente la storia. Importante significato lo assumono anche le tre paroleaccanto al globo: “evangelium” indica la norma fondamentale della

vita consacrata che è la sequela

Christi come viene insegnata dalvangelo, il quale dona sapienzaorientatrice e gioia. “Prophetia”richiama il carattere profeticodella vita consacrata che si confi-gura come una speciale forma dipartecipazione alla funzione pro-fetica di Cristo, comunicata dalloSpirito a tutto il Popolo di Dio.“Spes” ricorda il compimento ul-timo del mistero cristiano. In que-sto tempo di incertezza, lasperanza mostra la sua fragilità

culturale e sociale e l’orizzonte è oscuro perché sembrano spesso smar-rite le tracce di Dio. La vita consacrata ha una permanente proiezioneescatologica: testimonia nella storia che ogni speranza avrà l’acco-glienza definitiva e converte l’attesa in missione».

In onore di Sant’Antonio Abate si è svolta sa-bato 17 e domenica 18 gennaio 2015 la pescadi solidarietà, organizzata dalla Caritas ReginaPacis di Centobuchi di Monteprandone. Talemessa in opera è stata pensata e organizzataall’unanimità dai volontari, per far fronte allemolteplici richieste di cui la Caritas parroc-chiale si fa carico da diverso tempo e che trovadifficoltà a realizzare. Amore, generosità, soli-darietà, impegno sociale e ascolto sono questigli elementi che contraddistinguono il pazientee il silenzioso lavoro degli operatori. Per questola Caritas rivolge un grazie tra i più sinceri e ac-corati ai commercianti locali ma anche di SanBenedetto e di Pagliare e a tanta gente, che haveramente creduto in quest’opera, in cui dispo-nibilità e gentilezza d’animo hanno fatto rag-giungere più di mille oggetti. Senza la lorofattiva e concreta collaborazione niente si sa-rebbe potuto realizzare.A far da cornice alla due giorni, dedicata allamini-lotteria sono stati gli animali: pesci rossi

gentilmente offerti da mondo acquatico diSan Benedetto e un canarino, il tutto pensatoper non far venir meno lo spirito e il significatoprofondo del Santo Abate. Amato da grandi epiccini per le sue facoltà taumaturgiche, il Santoper la sua posizione calendariale ci ha dato ilbenvenuto al Carnevale.A lui si sarebbe voluta dedicare una mini pro-cessione tra le vie del quartiere, ma il cattivo

Un seme di solidarietà: la Caritas Parrocchiale Regina Pacis di monteprandone

Suor alfonsa: “la gioia dell’USmI è lo spirito di fraternità e solidarietà tra le comunità della diocesi”

Incontriamo suor Alfonsa M. Fusco, battistina, per parlare dell’USMI (Unione Superiori Maggiori d’Italia) di cui è responsabile diocesana e segretaria regionale.

Proprietà: “confraternita SS.mo Sacramento e cristo Morto”

Via Forte - S. Benedetto del Tr. (AP) REGISTRAZIONE TRIB. DI AScOLI PIcENO N. 211 del 24/5/1984

DIR. RESPONSABILE: Pietro Pompei [email protected] REDAZIONE E AMM.NE 63074 S. Benedetto Tr. (AP) Via Forte, 16 - Tel. 0735 581855 (int. 2-5)

e-mail: [email protected] C.C.P. n. 11886637, intestato a L’ANCORA - Causale abbonamento

Impaginazione e stampa: Linea Grafica Srl - Tel. 0735 702910 - centobuchi (AP) - E-mail: [email protected] Il sito della Diocesi www.diocesisbt.it

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Facebook: Ancora On Line

tempo ha concesso solo una benedizione, daparte di don Pierluigi Bartolomei, del pane edegli amici a quattro zampe, negli spazi sotto-stanti alla Parrocchia. Il tutto ha avuto terminecon un piccolo assaggio di polenta, presso leSale vicine.Con l’intento della condivisione e del far festatutti insieme, avendo come scopo la solidarietà,

ha reso la pesca un’occasione ben riuscita, incui ancora una volta ha voluto ribadire che soloinsieme si può realizzare il bene come atto digenerosa umanità. Intanto, per la mole degli og-getti, la pesca è stata prolungata per sabato 24e domenica 25 gennaio confermando una gene-rosità indiscussa. Caterina Notarnicola

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5Anno XXXII

1 Febbraio 2015 PAG

volontari in carcere

Nel carcere di Marino del Tronto opera

un gruppo di volontari, legato alla “Co-

munità Papa Giovanni XXIII” tramite la

“ Casa Famiglia Manuela”.

Siamo donne e uomini, andiamo oltre le

sbarre con motivazioni diverse, per in-

contrare gli ultimi della nostra società,

quelli che nessuno considera se non per

un giudizio del tutto negativo ed una

condanna definitiva: i carcerati, coloro

che sono dietro le sbarre perché hanno sbagliato.

Noi volontari andiamo oltre le sbarre per incontrarli e conoscerli, perché, pur avendo commesso

reati più o meno gravi, i carcerati sono prima di tutto persone e, come ben diceva l’indimenticabile

don Oreste Benzi, “il detenuto non è la sua colpa”. E’ una persona, è spesso un ragazzo dell’età

dei nostri figli, che ha sbagliato, ma che ora ha bisogno di mostrare agli altri e a se stesso, il lato

migliore della sua personalità, che nell’ambiente carcerario non è facile evidenziare.

Sono ormai diversi anni che ci rechiamo in carcere regolarmente, due volte la settimana, per vivere

con i detenuti momenti intensi, anche se nella semplicità dei gesti e delle parole. Poi ci sono le

feste, alle quali partecipiamo anche noi, con le esibizioni canore e teatrali dei detenuti, che per

qualche istante dimenticano di essere reclusi e si sentono protagonisti.

I nostri incontri si muovono secondo progetti ben definiti:

Ogni lunedì pomeriggio, c’è il corso di bricolage per realizzare oggetti vari.

Periodicamente i volontari organizzano una bancarella per vendere i manufatti realizzati dai de-

tenuti; il ricavato delle offerte, viene utilizzato per l’adozione a distanza di una bambina. In

queste occasione alcuni detenuti escono dal carcere e hanno l’opportunità di trascorrere un giorno

fuori dalle mura carcerarie, in nostra compagnia.

Il secondo progetto riguarda la realizzazione di scritti, raccolti in passato in giornalini periodici e

in un libriccino e che, da ora in poi, verranno pubblicati proprio sull’Ancora. I lavori si svolgono

il sabato mattino, ed è bellissimo ed edificante entrare e vedere uomini che cercano di scrivere

pezzi della loro storia, la loro vita presente, i loro desideri, i loro sentimenti, le loro speranze. Con

il nostro aiuto si sforzano anche di riflettere su argomenti o problematiche varie.

Cari lettori vi rubiamo un po’ di tempo, ma speriamo di offrirvi un’opportunità di riflessione.

Ringraziamo la redazione dell’Ancora che ha concesso questo spazio per dare voce a chi non può

parlare, per l’opportunità che da ai detenuti di esprimersi e comunicare. I volontari del gruppo

Venerdì 23 gennaio laredazione dell’Ancoraon-line si è riunita a San Be-nedetto del Tronto con ilcoordinatore diocesanodelle comunicazioni so-ciali e cultura FernandoPalestini, i giornalisti ealcuni collaboratori in-torno a teresa Valiani,giornalista che produce ilgiornale del supercarceredi Marino del Tronto(Ascoli Piceno).“Io e Caino” è il titolo di questo giornale tutto re-datto, progettato e ideato tra le ..sbarre.La Valiani ha spiegato le tante difficoltà ad “ab-battere” il muro di silenzio e di “accesso” per en-trare le prime volte, nel carcere, i numerosicontrolli necessari e infine, l’incontro con i dete-nuti. Dopo aver spiegato alla redazione dell’An-cora le varie “ali” del carcere, alcune, come quelledel “41 bis” inaccessibili perché relative ai ca-morristi e mafiosi, la zona “filtro” ossia quelladove risiedono gli accusati di reati di pedofilia,crimini contro i bambini o contro le donne e spie-gato che queste due ali di fatto non collaboranocol giornale, ha illustrato le varie differenze diistituto di pena. Dall’incontro-dibattito è emersoche il supercarcere di Marino del Tronto è moltoaperto alle varie attività ricreative, culturali o pro-fessionali che aiutino i detenuti, una volta usciti,davvero a rifarsi una vita e a non ricadere- comeinvece solitamente accade – nei medesimi reati.La Casa Circondariale di Marino del Tronto – haspiegato la Valiani – è di transito, ossia vi circo-lano molti detenuti che devono ancora essere pro-cessati e quindi, in parole povere, è un luogo ditransizione, per questo la difficoltà nel creare una“classe” duratura e omogenea per la redazione in-terna di “Io e Caino”. La giornalista e direttricedel giornale del carcere ha spiegato all’attentis-sima redazione dell’Ancoraonline quanto emergauno spaccato di dolore dall’incontro con i vari de-tenuti, a volte finiti in carcere per uno scatto d’irao per un impulso incontrollato della mente ecome invece, in alcuni casi, le cure riescano a se-dare alcuni detenuti con problemi psichici, altri-menti lasciati a se stessi se fossero cittadini liberi,come purtroppo spesso accade nella vita di tutti igiorni degli “esterni”. “Emerge – ha sottolineatola Valiani – un pauperismo culturale, un’analfa-betizzazione spaventosa nella stragrande maggio-ranza dei carcerati, spesso causa diun’interpretazione distorta del reale e quindicausa di quell’emarginazione, del conseguente di-sadattamento e quindi e del rifiuto della società

per così dire “normale” e delle sue “regole” ci-vili”. La cultura quindi, ancora una volta è la stra-tegia vincente per riscattare l’uomo. “Sonoemerse storie – ha sottolineato la giornalista –molto commoventi in cui i detenuti si raccontanosenza veli ed emergono le loro ansie, il loro do-lore”. La redazione di Io e Caino, non solo èfrutto della buona disponibilità della direttrice delsupercarcere lucia di Feliciantonio, ma anchedella collaborazione degli agenti penitenziari, leprime volte un po’ reticenti sull’iniziativa e ora,di fatto, più disponibili e aperti. Io e Caino vaanche oltre la redazione di un semplice giornale.I detenuti e la stessa Valiani hanno ad es. coloratol’aula per i colloqui dove vengono ospitati anchei figli dei carcerati, per renderla meno freddanell’impatto e così ora da’ l’impressione di essereuna piccola sala giochi dove i bimbi possono in-contrare i loro papà. Emerge il dolore, la cadutadella speranza, raccontata dalla giornalistaquando i bimbi debbono salutare i padri che re-stano dentro, la disperazione, la sofferenza. Ci hacolpito quando la Valiani ha detto che spesso ifigli dei detenuti chiedono ai padri di prendere ilcappotto per uscire con loro e con le loro mamme,gli abbracci e le lacrime ogni volta, lo “scio-gliersi” in lacrime dei carcerati, anche di quelliche sembrano i più duri. In questo contesto il“pentimento” è un’opportunità per aprire gliocchi sulla propria esistenza e senz’altro “Io eCaino” contribuisce all’attivarsi di questa dina-mica. Tante le problematiche e tanti i bisogni, dalsovraffollamento, all’impegno “fuori” una voltausciti, il senso dell’azione di recupero di un car-cere e non solo punitiva. Verrà progettata unavisita di tutta la redazione del nostro settima-nale diocesano all’interno del supercarcere diMarino del Tronto per rincontrare i detenuti dellaredazione di “Io e Caino”. l’incontro si è svoltodunque con entusiasmo e si auspica una collabo-razione duratura con l’Ancoraonline, proprio perdar voce a chi voce non ce l’ha e soprattutto – cheè la cosa più importante – per lavorare tutti in-sieme, alla redenzione di questa nostra piccolaumanità.

DIOCESI SAN BENEDETTO DEL TRONTO - RIPATRANSONE - MONTALTO

oratori diocesani

eDucaZIone come SfIDa DeLLa LIbeRta’Convegno nel bicentenario della nascita di don Bosco

in vista del Convegno Ecclesiale di FirenzeVenerdì 30 gennaio 2015

L'oratorio: ‘agora' dei giovaniTempi 18.30/21.00 Luogo: biancazzurroDestinatari: giovanissimi e giovaniProgramma18.45 saluti referente oratori don Tiziano

18.50 canzone di apertura

19.00 presentazione del cortometraggio:

“L'oratorio, un luogo tra i luoghi”

19.25 i protagonisti del cortometraggio raccontano l’esperienza effettuata portando para-

goni con la quotidianità e i luoghi da loro frequentati

20.00 chiusura comica con errori rilevati durante le riprese

20.15 preghiera

20.25 cena e intrattenimento con DISCO PRETE

sabato 31 gennaio 2015

educatore, educa te stesso!Tempi 17.00/19.30 Luogo: biancazzurroDestinatari: educatori, docenti, genitoriProgramma17.00 apertura e saluti

17.10 relazione prof. Giuseppe Mari: "L’educazione come sfida della libertà"

17.45 riflessione di gruppo,

18.15 restituzione da parte del prof.

Giuseppe Mari

18.45 chiusura e sintesi

19.00 aperitivo

Prof. Giuseppe Mari

Laurea in Filosofia all'Università diPadova conseguita il 14 giugno 1989.Ricercatore di Pedagogia generale in Uni-versità Cattolica dal 15 novembre 1999. Dal 1° ottobre 2004, ordinario di Pedagogia gene-rale. Presso l'Università Cattolica di Milano è membro del Comitato direttivo del "Centrostudi e ricerche sul disagio e sulle povertà educative". Ha l'incarico di Pedagogia generalee della scuola presso l'Istituto Superiore di Scienze Religiose di Milano e di Pedagogia 1presso il CdL in Pedagogia sociale-educatore sociale dell'Istituto Universitario Salesiano diVenezia. Dal 23 al 25 giugno 2008 ha tenuto un ciclo di lezioni (10 ore) presso il Dottoratoin Educacion dell'Università di Navarra (Pamplona) su "La complejidad de la educacion dela persona". Nel quadro del Programma "Erasmus Docenti", ha svolto moduli didattici di 10ore ciascuno in: Spagna (nelle Università Complutense e UNED di Madrid, 3-5.12.2012);Slovacchia (nell'Università Cattolica di Ruzomberok, 30.9-3.10.2013); Spagna (nell'Univer-sità di Navarra, Pamplona, 12-13.6.2014).

l’ancora ha conosciuto da vicino “Io e Caino” il giornale del carcere di marino del tronto

Susanna Faviani

"Reagire con decisione all'invadenza del gender" Scienza & Vita manifesta la sua contrarietà all'indottrinamento imposto dalle lobby alle scuole

Di Redazione

ROMA, 22 Gennaio 2015 (Zenit.org) - “La questione educativa ci sta a cuore e per questo appog-giamo la richiesta presentata dalle associazioni del Family day 3.0 del rispetto del ruolo della famiglianell’educazione all’affettività e alla sessualità”, dichiara in un comunicato stampa Paola Ricci Sin-doni, presidente Nazionale dell’Associazione Scienza & Vita.“Non condividiamo la prospettiva arbitraria di sostituire nelle scuole la responsabilità educativadella famiglia, con i suoi tempi e le sue sensibilità, attraverso l’introduzione di modelli educativiimprontati all’annullamento delle due identità sessuali – prosegue Ricci Sindoni -. Oggi più che maiè necessario opporsi all’indottrinamento imposto da poche lobby che, usando il principio inconte-stabile della non discriminazione, veicolano invece contenuti e programmi ideologicamente orien-tati”. “Esporre i bambini a confuse teorie sessuali non è educarli a uno sviluppo armonico dellapersona, nel rispetto del proprio corpoe nella gestione della loro crescita per-sonale ed emotiva. Su temi così deli-cati e destinati a influire sulla crescitadei nostri figli e nipoti è doveroso te-nere alta l’attenzione e non abdicare achi pretende di estromettere le fami-glie dalla scuola”, conclude poi la pre-sidente di Scienza & Vita.

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Un "esercito di scoraggiati" cosìnei giornali di questi giorni vienedefinita quella moltitudine dipersone, soprattutto giovani, chenel nostro Paese non hanno piùfiducia nel futuro e neppur piùin se stessi. Eurostat, istituto Uedi statistica, quantifica questoesercito in 3,6 mi-lioni di cittadini ita-liani pari al 14,2%della nostra forzalavoro, il triplo dellamedia europea cheè poco più del 4%.Sempre secondoEurostat queste per-sone disponibili alavorare ma che noncercano più un impiego si ag-giungono a 3,4 milioni di altridisoccupati. La notizia non ècerto una novità e invano inquesti mesi si sono attesi segnaliche facessero tirare un più per-cettibile respiro di sollievo. Ildato della sfiducia in tutto e intutti non può lasciare tranquillala politica, la società e l'economia.E neppure la Chiesa. Dalle paroledi papa Francesco la comunitàcristiana si sente chiamata incausa nel rendere credibile edefficace la sua dottrina sociale,nel rivedere la sua proposta edu-cativa in ragione di una sfiduciache trova nel sentirsi abbandonatimolti motivi per diffondersi so-prattutto tra i giovani. Certamentela Chiesa non ha soluzioni tec-niche da proporre. Il suo appel-larsi alla coscienza si intensifica

ma diventa sempre più urgente,sul territorio, un suo accompa-gnamento di tante persone nelrecupero di fiducia in se stessi.Ai bordi della cronaca, sempredensa di dati, racconti e dibattiti,si rafforza la domanda su cosapotrebbe fare la comunità cri-

stiana in una crisi in cui la vitadell'uomo viene messa a duraprova. Certamente occorreràsempre denunciare con forza lederive di sistemi economici cheannullano la dignità delle persone,occorrerà sempre indicare per-corsi per una economia rispettosadei diritti umani e non solo delleregole del mercato, occorreràsempre promuovere iniziativesul territorio per dare lavoro madi fronte al diffondersi della sfi-ducia occorre compiere qualchealtro passo. Occorre rompere lacrosta della solitudine e dellarassegnazione attraverso una piùcompetente prossimità. Occorrecreare più luoghi e momenti incui giovani sfiduciati possanoincontrarsi e confrontarsi congli adulti. È necessario sostenereuna cultura della resistenza contro

una cultura della resa. I principidella dottrina sociale non sonoper essere citati ma per essereconcretizzati in scelte efficaci ecosì occorre alzare di molto lepercentuali di attenzione che lacomunità cristiana dedica allaquestione sociale rispetto ad altri

pur importanti am-biti quali la cateche-si, a carità, la litur-gia…Si sta consu-mando almeno unagenerazione nel rogodella crisi e con essasi bruciano progettidi vita e futuro. Sidirà che ci sono gio-vani che reagiscono

con la loro creatività: è vero maquei 3.6 milioni di sfiduciati nonsono un'invenzione statistica. Aibordi della cronaca ecclesiale sivede un ampliamento dello spet-tro di quella cultura dello scartoche papa Francesco riferiva inparticolare agli anziani. Oggi c'èanche l'urgenza di non lasciaresoli i giovani che sono sulle pe-ricolose frontiere della sfiducia,della rassegnazione, della de-pressione per la precarietà, ladisoccupazione, l'umiliazione.Qualcuno, sul territorio, li hachiamati per condividere la lorofatica di vivere, per elaborare laloro sofferenza, per rompere unasolitudine, per aiutarli a non farsirubare la dignità e la speranza.Qualcun altro li chiamerà?

Come può perdere la capacità di prendere deci-sioni? Esistono sicuramente dei “ponti” che fa-cilitano questo tipo di percorso. Uno di questipuò essere Internet: la “rete delle reti”. l’eso-terismo agisce più facilmente dove ci sono deigiovani in crisi, con difficoltà di comunica-zione. La solitudine di per sé è già un segnaledi debolezza e di vulnerabilità. Il web si pre-senta come un nuova potenziale cella di isola-mento, che può spingere ad estraniarsi dallarealtà. ma demonizzarlo produce l’effettocontrario: accende la curiosità, avvicina alproibito. Ed è profondamente sbagliato, perchéInternet di per sé è un mezzo di comunicazioneche, come tutti gli altri, può essere utilizzatobene oppure male. Potrebbe essere paragonatoa un bisturi, che nelle manidi un bravo  chirurgo è ingrado di salvare molte viteumane mentre in quelle diun killer diventa un’arma.Occorre dunque discer-nere l’utilizzo che neviene fatto e, soprattuttoper i genitori, monitorarela navigazione dei figli.Partendo dal semplice inte-resse per un cantante di“rock satanico”, infatti, èpossibile avvicinarsi mondo dell’oscuro. Il pro-cesso avviene per gradi: prima l’interesse per ilsito, poi l’acquisto dei file, poi lo studio deitesti. Infine, per saperne di più, si entra nel“quarto stadio”: la ricerca in rete. Il quinto e ul-timo stadio è l’interazione diretta del giovane,attraverso l’e-mail, con una setta o con qualchecultore di magia nera. molti ragazzi praticanol’occultismo  come forma di trasgressione,che si può riassumere nel motto utilizzato dagliadepti: “Fai ciò che vuoi”, ossia l’uomo che simette al posto di Dio e sceglie di soddisfaresolo il proprio egoismo. Tutto diventa lecito:droga, ricerca del potere, denaro. Pur senza ar-rivare a questi eccessi, l’uso incontrollato delcomputer può annichilire la volontà ancheseguendo strade meno “pericolose”, almenoapparentemente. Su Internet si può trovare ditutto e con grande facilità: dalla lettura dellamano allo spiritismo, dall’artrologia alla newage, persino la cartomanzia “automatica”. Il pcdiventa un “mago” dal quale farsi consigliareper le proprie scelte quotidiani, personali e pro-fessionali. E’ facilmente intuibile – eppure pa-

radossalmente tollerato – il pericolo per cui unragazzo abdichi alla possibilità di discernere edi rischiare in proprio prendendo una qualchedecisione delegando tutto al destino, ancor piùse questo è occultato dietro a una macchina allaquale non si potrà mai chiedere conto. Colle-gandosi a un qualsiasi motore di ricerca e di-gitando la parola “satan” si arriva diretti neisiti di sette sataniche; informazioni su comecontattarli, descrizioni di testi e oggetti di rife-rimento. Insomma, tutto il campionario dell’oc-culto messo a portata di clic nel rassicuranteanonimato della propria stanza, al riparo daqualsiasi sguardo e giudizio. Ecco, proprio lamancanza di quest’ultimo è il primo male che igiovani assorbono: senza giudizio non c’è

scelta, e senza questa nonc’è vita. ma c’è chi vaanche oltre: trasforma lostesso computer in un“dio”. Si chiama “tecnopaganesimo”, ossia rite-nere l’immersione nel cy-berspazio come autentica einsostituibile esperienzadel sacro. Ovviamente nonsiamo in presenza di unaconfessione religiosa,quanto piuttosto un atteg-

giamento mentale con richiami spirituali. Latecnologia vista o come strumento o come essastessa incarnazione dell’ultraterreno, raggiun-gibile non più con riti nei boschi ma in contestidove musica techno, luci stroboscopiche e altriprodotti della tecnologia provocano quegli statidi alterazione che, secondo chi vive questa il-lusione – avvicinano al divino. In sostanza,l’assunto è questo: poiché essere in armoniacon la realtà è resa possibile dalla mente, equest’ultima si troverebbe più a suo agio nelvirtuale (da lei stesso prodotto) che nella re-altà, il cyberspazio può diventare lo spaziosacro come e più di quello naturale. Atten-zione quindi a non far diventare il computer unsurrogato del pensiero o una guida delle nostreazioni. Come qualsiasi attrezzo, dipende del-l’uso che se ne fa. E in un momento in cui ibambini vengono lasciati per comodità davantial pc per ore, liberi di navigare in totale solitu-dine, e gli adolescenti vivono incollati ai lorosmartphone perennemente collegati alla rete, ilrischio di farsi trascinare dentro a profondipozzi per l’anima è concreto.

ai bordi della cronaca

Qualcuno li chiamerà?la comunità cristiana dinanzi a un "esercito di scoraggiati"

Paolo Bustaffa

La Rete delle reti come può un adolescente entrare in contatto con il mistero e l’occulto?

di Macario Tinti (In Terris)/

AGENZIA GENERALE DI S. BENEDETTO DEL TRONTO

Agente Generale Cinzia AmabiliVia F. crispi, 107 - Tel. e Fax 0735 582101

aperto il bando per il servizio civileSono 40 i posti disponibili per i due progetti presentati dai Comuni

del comprensorio, domande entro il 23 febbraioE’ stato pubblicato il bando per la selezione di volontari, da av-viare al servizio civile volontario nel periodo marzo 2015 – aprile2016 nei progetti di servizio civile per l’attuazione del programmaeuropeo “Garanzia Giovani”. Nella nostra zona sono stati appro-vati dalla Regione Marche i progetti presentati dal Comune di Ri-patransone in partenariato con i Comuni di Acquaviva Picena,Appignano del Tronto, Carassai, Castel di Lama, Castignano, Ca-storano, Colli del Tronto, Cossignano, Cupra Marittima, Grottam-mare,   Massignano, Monsampolo del Tronto, Montalto Marche, Monteprandone, Offida, SanBenedetto del Tronto e Spinetoli, e approvati dalla Regione Marche. Il primo progetto riguarda l’as-sistenza ai minori ed è intitolato “Minori…con trasporto!”. Sono richiesti 14 volontari. Il secondo haper scopo la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale ed è intitolato “Fai la cosa bella”: ser-viranno 16 volontari. Possono svolgere il Servizio civile tutti i giovani che risiedono regolarmente inItalia e che, alla data di presentazione della domanda, abbiano compiuto il diciottesimo anno di età enon superato il ventottesimo, a condizione che abbiano aderito e attivato il programma “GaranziaGiovani”.Per partecipare al progetto occorre far pervenire la domanda, redatta su appositi modelli,per raccomandata, consegna a mano o per posta elettronica entro le 14 del 23 febbraio al comunedi Ripatransone, ente capofila. Bando e allegati sono disponibili sul sito del comuneww.comunesbt.it alla voce “Bandi di gara” Per ulteriori informazioni rivolgersi a Ufficio ServizioCivile del Comune di Ripatransone - tel.: 0735/9171 – e mail:[email protected] o visitare il sito www.comune.ripatransone.ap.it

Alcune risposte di Papa Francesco ai giornalisti

sull'aereo in volo da Manila verso Roma.

IMPORRE CULTURA GENDER NELLE SCUOLE E' COMENAZISMO - "Volete sapere cosa è la colonizzazione ideologica?",domanda il Papa ai giornalisti che viaggiano con lui, chiarendo cheil suo riferimento nei discorsi di questi giorni era al tentativo di im-porre la cultura del Gender nelle scuole . "Colonizzazione ideologicaè lo stesso - risponde dunque il Pontefice - che hanno fatto sempre idittatori, anche in Italia con i 'balilla'. Pensate anche alla 'gioventùhitleriana', a quel popolo che ha subito tanta sofferenza", suggerisce ai giornalisti.  "Vi faccio - con-tinua il Papa - un esempio che ho vissuto io nel 1995: una ministra dell'istruzione pubblica alla qualeavevo chiesto un forte finanziamento per le scuole dei poveri, rispose - racconta Bergoglio - che loavrebbe concesso a condizione che si adottasse un certo libro che insegnava la teoria del Gender. Ma isoldi non erano mica i suoi... Si trattava di colonizzazione ideologica", spiega il Pontefice. SecondoPapa Francesco, "ogni popolo ha la sua storia" che andrebbe rispettata. "Gli imperi - invece - cer-cano di far perdere l'identità al popolo, questa è la globalizzazione della sfera e non del poliedro, che in-vece mantiene tante facce". "C'è una mentalità - denuncia Bergoglio - che si vuole imporre e i vescoviafricani si lamentavano di questo al Sinodo, di una costrizione ideologica: alcuni tendono proprio 30denari per farsi forti con i bambini".

NON FARE FIGLI COME CONIGLI - "Paternità responsabile significa che si devono fare figli,ma responsabilmente. Alcuni credono che i cristiani debbono fare come i conigli". Papa Francescoha risposto così a una domanda sull'Enciclica "Humanae vitae" di Paolo VI che proibì la contraccezione,e sulla quale anche nelle Filippine la maggior parte dei fedeli cattolici esprime riserve nelle intervistatinei sondaggi. "Sentir dire che tre figli già sono troppi - ha confidato in proposito il Papa - mi mettetristezza, perché tre figli per coppia sono il minimo necessario a mantenere stabile la popolazione".

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L’origine della chiesa di S.Anna è ignota. Il primo do-cumento in cui viene menzionata risale al 1583, segnavail confine dei beni farfensi nel territorio di Montepran-done. All’inizio del 1600 la Chiesa viene abbandonata.Grazie alle insistenze dei cittadini della zona, nel 1631viene ristrutturata e riaperta al culto e nell’ottava di Pa-squa del 1632, il 18 aprile, viene riaperta al culto inmodo solenne; vi parteciperanno tutti i Monteprandonesiin processione…così lunga che il Crocefisso, inizio dellaprocessione si trovava oltre il fosso di Monterone e ilClero non era ancora uscito dalla porta del Paese.Dopo il 1654, la S. Messa verrà celebrata anche oltre il26 luglio giorno di S. Anna e con ciò aumenterà talmentela devozione alla Madre Santissima di Maria che colpassare degli anni la stessa Chiesa verrà chiamata S.Anna. Nel 1906 la Chiesa viene ristrutturata di nuovo, ela S. Messa domenicale verrà celebrata fino al 1990 epoi solo in occasione del giorno del Santo Patrono.Negli ultimi anni la Santa Messa viene celebrata ogni 3mesi, l’ultima domenica, o come questa volta il primo febbraio in cui viene celebrata la XXXVIIGiornata per la vita, ci ritroviamo a celebrare l’Eucarestia e al termine della stessa la Benedizionedelle donne in Dolce attesa e invocare l’Intercessione di Sant’Anna per quelle che desiderano ilDono della Maternità. Da quest’anno ho chiesto (don Alfonso, Parroco della Parrocchia SacroCuore di Gesù in Centobuchi nel cui territorio è la suddetta chiesa) ai parroci delle tre Parrocchiedel territorio di Monteprandone che la S. Messa venga celebrata a rotazione da tutti e tre. Grazie alla costituita Associazione Sant’Anna che da dieci anni è stata ripristinata una Manifesta-zione religiosa nel giorno del 26 luglio, intera giornata dedicata alla festa liturgica dei Santi Annae Gioacchino e alla loro commemorazione con al culmine la Solenne Processione che dalla Chiesadi San Niccolò arriva fino alla Chiesa di Sant’Anna; e nei giorni circostanti coniugando momentireligiosi e spirituali legati all'identità profonda della comunità di Monteprandone ad una festa conun programma ricco di iniziative di animazione divertenti e sempre innovative, che raduna nonpoche persone di ogni età. Senza dilungarsi oltre non mi resta che invitarvi domenica prossima 1febbraio alle ore 16 alla S. Messa. don Alfonso

Sant’annabenedizione donne in Dolce Attesa

Invocare l’intercessione per il dono della maternità

Una bellissima cornice naturalistica, quella deiMonti Azzurri, i nostri stupendi Sibillini, e unagiornata di metà gennaio, col suo freddo pun-gente, fanno da sfondo alla festività del SantoPatrono Sebastiano, Martire, in tofe di monte-

monaco. Si va indietro di molti secoli nella sto-ria della nostra Chiesa diocesana percomprendere l’importanza del luogo celebrativodi questo giorno, l’antico e celebre Santuario diSanta Maria in Casalicchio. Di questa chiesa giàparlava il Papa Bonifacio VIII in una lettera rela-tiva a decime straordinarie, il 4 dicembre 1299. Inessa nei secoli scorsi si peregrinava per sanzionareo legalizzare giuramenti. Nella Solennità dell'As-sunta i quattro capitani del Libero Comune diMontemonaco dovevano addirittura scortare gliabitanti del proprio quartiere alla chiesa a pregareper conservare la pace. Sede della Parrocchia diMontemonaco fino alla fine dell’VIII secolo, as-sunse ben presto un’importanza politica, econo-mica e religiosa notevole. Ma a differenza dellechiese di San Giorgio all'Isola e di San Lorenzo inVallegrascia, che furono possessi farfensi durantetutto il Medioevo, Santa Maria in Casalicchio fusempre legata alla Pieve di Sant’Angelo in Mon-

tespino, presso Montefortino. Solo nel 1586 fu fi-nalmente annessa, insieme alle altre chiese diMontemonaco, alla nuova Diocesi di Montalto.Da diversi secoli, ed ancora una volta quest’anno,in occasione della Memoria di San Sebastiano, il20 gennaio, tutta la popolazione e le Autorità Mu-nicipali, insieme a tante altre dell’intera Provincia,sono scese in processione dal capoluogo versoquesto piccolo Santuario per rinnovare l’anticovoto a San Sebastiano, che scongiurò la peste. Inquesta occasione, da tempo immemorabile, comeè documentato negli archivi comunali, sono poistai offerti a tutti i pellegrini pane e vino cotto be-nedetti. Non ci sono condizioni atmosferiche chepossano porre ostacoli: in questo giorno tutti par-tecipano a quella che non è solo un evento reli-gioso, ma un’occasione privilegiata di festa e un

motivo d'incontro. Per il secondo anno ancheil nostro Vescovo Carlo, attorniato da diversisacerdoti della Diocesi, tra cui val la pena diricordare il giovane Padre Watson, che curaormai da tempo le Parrocchie montemona-chesi, ha presieduto la Santa Messa e ha rin-novato la secolare tradizione. Anche il pranzoconviviale, che ha poi seguito il rito religioso,ha sottolineato il clima festoso d’incontro diquesta caratteristica giornata. lauretanum

In bellezza sì, perché lastoria di San Francescod’Assisi è intrisa di ve-rità e raccontarla e rivi-verla attraverso unacommedia musicaletocca le corde più pro-fonde dell’animoumano, facendoci assa-porare che la verità profuma di bellezza. Per noi,componenti della compagnia “Arpa & Cetra” diSant’Egidio alla Vibrata, lo spettacolo è iniziatogià nel tardo pomeriggio quando, arrivati in tea-tro, alcuni si sono riuniti per montare la sceno-grafia. Gli attori rileggevano i loro copioni, icantanti scaldavano la voce, i ballerini ripassa-vano le coreografie…tutti all’opera dunque, cosìcome devono essere al loro posto: costumi, og-getti di scena, microfoni. Ma la normale routineche ha preceduto la rappresentazione teatrale nonè stata solo l’ennesima occasione di prepararsiconcretamente all’incontro con il pubblico bensìla rinnovata esperienza di un “noi” sempre piùforte, di un confronto e di un dialogo sempre cre-scenti. L’oculata organizzazione, però, non è sem-pre garanzia di tutto: non può fermare ad esempioun’influenza o l’accidentale slogatura di una ca-viglia, né rimandare gli impegni del giorno dopodegli attori-studenti, che tra una pausa e un’altraripassano un capitolo. Sono le preoccupazioni egli imprevisti del “dietro le quinte” a cui gli spet-tatori in sala, più di 100, non hanno assistito. Traessi c’erano molti sacerdoti e seminaristi e, pro-prio quest’ultimi, provenienti dal seminario “Re-demptoris Mater” di Macerata, hanno salutato afine spettacolo noi, ragazzi del musical, avvol-gendoci in un caloroso abbraccio di solidarietà efraternità. Nelle loro mani abbiamo affidato il ri-

cavato della serata: unacifra pari quasi a 700euro che servirà a soste-nere l’attività del semi-nario missionariod’ispirazione neocate-cumenale, che “vive”grazie a generosi bene-fattori e libere offerte

che rendono possibile il loro apostolato in Asia,in particolare in Cina. Il vicerettore del seminario,Padre Kristof, intervenuto sul palco, ha aperto lospettacolo pronunciando parole di gratitudine: –Quest’iniziativa, ispirata dallo Spirito Santo, èstata accolta con gioia da parte di tutti i semina-risti -. Così è sembrato essere stato altrettanto peril pubblico in sala che ha “risposto” all’invito conaffetto. Il musical “Forza Venite Gente”, d’al-tronde, non può lasciare indifferenti: al di là dellepiù o meno buone performance, a far da padronesul palco,infatti, è stato il messaggio di San Fran-cesco e Santa Chiara. Lui, un ragazzo che la Gra-zia di Dio ha trasformato da ricco mercante apovero frate, che fa una mirabile scoperta: la ric-chezza non è nel denaro e la povertà non è neglistracci; lei che, tagliati i suoi capelli per coprire ilcapo di un velo bianco, scopre come la rinunciasia in realtà una conquista vestita da sposa. Conlo sguardo di Dio, per loro la povertà, la letizia,la semplicità acquistano un significato diverso, ilcreato si anima, le creature mutano la loro indolee persino la morte può essere dolce. Tutto bene-dicono e per tutto lodano. Ecco, oltre agli ap-plausi e la festosa serata, ciò che rimane è uncanto di lode. Ciò che invece ci auguriamo sia ri-masto a voi è il ricordo di un sorriso, di un mo-mento lieto, di una gioia. Una gioia per noi senzafine, che ogni volta ci fa più “ricchi”.

tORna PUntUale OGnI annO la CeleBRaZIOne dI San SeBaStIanO maRtIRe

l’appuntamento montano richiama tanti fedeli intorno all’antica immagine del Patrono.

PPaarrrroocccchhiiaa SSaaccrroo CCuuoorree ddii GGeessùù ������������ ������� ������������������

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Prossimo appuntamento.

Domenica 26 aprile 2015.

Da più di un secolo il campanile della Cattedrale

domina e caratterizza il panorama di Ripatran-

sone, con la sua imponente forma quadrango-

lare. Fu ultimato nel 1902 in luogo del

precedente che versava in uno stato rovinoso e

quasi pericolante, tanto da non poter essere più

suonate a distesa le campane. Quello vecchio

non risultava inoltre adeguato alla sua funzione

soprattutto a seguito della costru-

zione della cupola e della nuova

facciata della chiesa. Il vescovo, le

autorità civili ed il clero ripano si in-

terrogarono a lungo fino a quando

nel 1883 fu presa la risoluzione di

mettere mano alla costruzione di

una torre campanaria ex novo. La

gestione dell’opera fu demandata

ad una apposita commissione

composta da diversi rappresen-

tanti del Capitolo dei Canonici della

Cattedrale, che ne è attualmente il

proprietario, avvicendandosi nel

tempo vari amministratori, come ri-

sulta dai documenti di archivio, dove è presente

un apposito faldone. Grandioso fu lo sforzo fi-

nanziario della comunità ripana, del clero, del-

l’amministrazione locale e dei tanti benefattori,

non essendo quelli tempi molto floridi economi-

camente. (Tra le curiosità c’è da riportare che sul

lato nord alla base della torre vi è ancora un gi-

gantesco riquadro che doveva contenere una la-

pide con iscrizione celebrativa e dedicatoria ai

munifici benefattori del Campanile, mai realiz-

zata probabilmente per disaccordi sul testo, seb-

bene progettata in origine). La prima pietra fu

posta in un angolo delle fondamenta, secondo

l’uso, il 15 Agosto 1884 Festa dell’Assunzione

della Beata Vergine Maria dal Vescovo Giu-

seppe Ceppetelli, contenendo al suo interno al-

cune monete ed una medaglia di papa Leone

XIII. Circa la sua progettazione, il disegno fu rea-

lizzato dall’architetto Francesco Vespignani

(1842-1899) che al tempo era noto come “l’ar-

chitetto di Pio IX”, avendo operato a Roma con

alcuni interventi presso la Basilica di San Gio-

vanni in Laterano. (Venuto poi l’ideatore a man-

care, alcuni suggerimenti per l’ultimazione

dell’opera furono forniti dall’architetto Giuseppe

Sacconi di Montalto Marche). Nella forma attuale

si presenta a base quadrata di 7

metri per lato, innalzandosi sul fianco

della cattedrale ed essendo appog-

giato ad essa tra la seconda e la

terza cappella di destra. Presenta 12

arcate distribuite in tre ordini di 4

metri in altezza e 2 di larghezza, con

al culmine della parte triangolare

della torre un cornicione in travertino,

sormontato agli angoli da 4 pinnacoli

costituiti da 4 sfere cuspidate, di

gusto quasi orientaleggiante e pura-

mente esornative. La cuspide pirami-

dale è a base quadrata di 5,50 metri

e si slancia per 10 metri, terminando

poi con un piedistallo pure in travertino, decorato

con quattro rose in pietra, sul quale troneggia

una statua del Redentore benedicente, rivolta

verso est. Complessivamente l’altezza della

torre campanaria raggiunge i 49,80 metri, e con-

siderando il Cristo crocifero sulla sommità, 56,22

metri, mentre la punta del parafulmine sfiora ad-

dirittura i 57 metri. Realizzata in mattoni con fini-

ture e decorazioni in travertino ascolano, la torre

è praticabile all’interno con una scala elicoidale-

prismatica ottagonale fino al vano della cella

campanaria. L’auspicio di molti ripani è che pre-

sto venga portato a termine il progetto atto a ren-

derlo fruibile al pubblico, anche per occasioni

selezionate, essendo necessari solo pochi inter-

venti per la messa in sicurezza del percorso in-

terno.

Silvio Giampieri

ALCUNE CURIOSITà STORICHE SUL GRANDIOSO

CAMPANILE DELLE CATTEDRALE DI RIPATRANSONE

Da Ripatransone

Un nuovo successo per la compagnia “arpa & Cetra” di Sant’egidio alla Vibrata

Si è conclusa in bellezza la serata di domenica 18 gennaio, al teatro Concordia di S. Benedetto del tronto Diletta De Simplicio

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8 Anno XXXII

1 Febbraio 2015PAG

le SeRate dI aRte CUlInaRIa di “SPOnSalIa 2015”L’Associazione Palio del Duca, riparte con entusiasmo e si

appresta ad organizzare la XXVIII Rievocazione Storica

Sponsalia in programma il Giovedi 6 Agosto, Venerdi 7

Agosto e Domenica 9 Agosto proponendo le canoniche

serate di arte culinaria a cadenza mensile; Serata selvaggia,

dell’Orto, Trionfo del Mare, del Sottobosco, del Baccalà, del-

l’Umido e spezzatino e dello Spiedino. Create per organizzare

il menù del banchetto nuziale medievale in programma per Do-

menica 9 Agosto 2015 a conclusione della XXVIII Rievocazione sto-

rica “Sponsalia”. Le serate Culinarie vengono riproposte ogni anno con ricercati e succulenti

menù medievali, coinvolgendo i ristoranti di Acquaviva Picena L’arte della cucina esiste dalla

notte dei tempi. Essa è volta, innanzi tutto, all’organizzazione rigorosa di tutte le complesse ope-

razioni che portano, infine, alla realizzazione ed alla presentazione del piatto per il rituale del ban-

chetto. Durante il medioevo lo stomaco era considerato una sorta di pentola chiusa in cui i cibi si

dovevano cuocere. Bisognava quindi rimuoverne all’inizio dei pasti il coperchio. A tal proposito

nulla di meglio che incominciare con portate di frutta, ecco perché su tutti i menù del Banchetto

Nuziale Medievale di Sponsalia troviamo il trionfo di frutta. Ricercate ricette vengono riproposte

dall’Associazione Palio del Duca senza snaturarne la veridicità storica, con particolare attenzione

al gusto della nostra epoca. Il progetto è realizzato in collaborazione con i ristoranti; Il Grillo,

Pizzeria 1941, Locanda del Conte, La Paesana, Agriturismo Nonna Peppa, La Contrada, La Fo-

rola 1923. Presso il Ristorante “La Contrada” venerdi 30 Gennaio ore 20,00 l’estro dello chef

propone la prima delle sette Serate “Serata del pesce veloce del baltico” il Baccalà

Per quanti volessero aderire, informazioni e prenotazioni 0735 764115 www.paliodelduca.it

Le date delle altre serate.VENERDI 27 Febbraio Serata dello Spiedino - Ristorante La Paesana

VENERDI 20 Marzo Serata dell’umido e spezzatino - Ristorante Pizzeria 1941

VENERDI 24 Aprile Serata Selvaggia - La Locanda del Conte

VENERDI 22 Maggio Serata dell’Orto - Locanda Nonna Peppa

VENERDI 26 Giugno Serata del Sottobosco - Country House La Forola 1923

VENERDI 24 Luglio Serata Trionfo del Mare - Ristorante Il Grillo

monteprandone: 35° Giornata mondiale del turismo.Saranno presenti S.E. Card. Edoardo Menichelli e il Presidente della

Regione Marche, Gian Mario Spacca.

Per Monteprandone, luogo natale di San Giacomo della

Marca, è un onore ospitare il neo cardinale marchigiano,

S. Em. Edoardo Menichelli, arcivescovo metropolita di

Ancona, nomina inaspettata di S. Santità Papa Francesco.

Monteprandone, terra francescana per eccellenza, ha un

albo d’oro dell’accoglienza di Principi della chiesa:

S.Em. Opilio Rossi, De Giorgi, arcivescovo emerito di

Palermo, Medina, ex Prefetto della Congregazione Pon-

tificia per il culto, Antonelli, vescovo emerito di Firenze,

solo per ricordarne alcuni. S.Em. Menichelli parteciperà

ai lavori della trentacinquesima edizione della giornata

mondiale del turismo dal tema “Il turismo e lo sviluppo della comunità” che si svolgerà il 31 gen-

naio con inizio alle ore 9,00 presso la suggestiva sala parrocchiale S. Leonardo, nell’incasato me-

dioevale di Monteprandone, già storica sede del primo insediamento della cristianità

monteprandonese per opera dei potenti monaci farfensi. L’iniziativa è stata organizzata dalla Con-

ferenza Episcopale Marchigiana- Commissione regionale per la pastorale del tempo libero turismo

e sport in collaborazione con l’Amministrazione Comunale di Monteprandone, la Regione Marche,

l’UNPLI e l’ANCI. L’importante giornata di studio e di confronto inizierà con l’accoglienza e il

saluto del Sindaco di Monteprandone, Stefano Stracci e la vista alle sedei museali: la civica libreria

dei codici di San Giacomo della Marca e il museo parrocchiale di arte sacra. Alle 10,15, Don

Luigi Scarponi, delegato della Commissione regionale per la pastorale del tempo libero, turismo

e sport della Conferenza Episcopale Marchigiana, porgerà il saluto di benvenuto ai convegnisti

presenti. Alle 10,30 il Ministro Provinciale dei frati minori delle Marche, MRP Ferdinando Cam-

pana, relazionerà sul tema “San Giacomo nelle Marche; il turismo religioso e lo sviluppo della

comunità”. Mons. Mario Lusek , direttore dell’Ufficio della Conferenza Episcopale e Italiana per

la pastorale del turismo, tempo libero e sport, alle 11,15 esporrà “ Il turismo e lo sviluppo nelle

Marche: esperienze”.

I professori Maurizio Boiocchi, docente allo IULM di Miliano, Gian Luca Gregori, Pro Rettore

Università politecnica delle Marche e Mario Borroni, presidente UNPLI Marche, relazioneranno

in merito agli aspetti tecnico- operativo del turismo religioso.

Le conclusioni sono affidate a S.Em. Edorado Menichelli, Arcivescovo metropolita della Diocesi

di Ancona-Osimo e al Presidente della Regione Marche, Gian Mario Spacca. Alle 13,00

si svolgerà la vista guidata al Santuario “Santa Maria delle Grazie e San Giacomo della

Marca” e all’annesso museo. A far da cicerone sarà il Padre Guardiano, P. Lorenzo Turchi.

Fernando Ciarrocchi

I GIORnalIStI FeSteGGIanO Il lORO PatROnO S. FRanCeSCO dI SaleSÈ stata una giornata all’insegna del con-fronto e della formazione quella che si ètenuta domenica 25 gennaio al centrodiocesano della Caritas. La città di SanBenedetto del Tronto ha ospitato l’incon-tro regionale  UCSI (Unione cattolicastampa italiana) che attraverso una inte-ressante tavola rotonda su “giornalisticattolici 2.0 tra etica e velocità della no-tizia” ha evidenziato i vari aspetti delgiornalismo contemporaneo. L’evento organizzato in occasione della festa di San Francesco di Sales, santo protettoredei giornalisti, ha visto il saluto del Direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali Fernando Palestini, e gli interventidi autorevoli esponenti del mondo delle comunicazioni come Vincenzo Varagona, giornalista RAI, past president re-gionale UCSI, don dino Pirri neo parroco della parrocchia Madonna della speranza e conduttore di TV2000 e infineLucillo Santoni, poeta e scrittore. A moderare l’incontro, la dott.ssa laura Ripani, autorevole penna del CorriereAdriatico. Dalla tavola rotonda è emerso che l’etica nel mondo del giornalismo deve essere un elemento non nego-ziabile, una direzione verso il quale muoversi all’interno della professione, senza timori e con coraggio. Rischiandotalvolta di risultare impopolari. Al termine della tavola rotonda è stato ricordato il compianto Sabatino d’angelo,collega della sede regionale Rai di Ancona, sambenedettese, grande animatore dell’Ucsi marchigiana, scomparso ventianni fa. Alle ore 12.15 è seguita la Santa Messa presieduta dal nostro Vescovo Carlo Bresciani nella quale ha esortatoi presenti ad avere coraggio, lo stesso coraggio che ebbe Giona, che seppe affrontante e superare grandi problemi con-tribuendo alla salvezza della città da ciò che non era buono. La giornata si è conclusa con un momento convivialepresso il salone della Caritas.