ANATOMIA FUNZIONALE E PATOLOGIE PIU FREQUENTI DELLA SPALLA · A cura di Dott.FT Simone Molinelli 1...

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A cura di Dott.FT Simone Molinelli 1 ANATOMIA FUNZIONALE E PATOLOGIE PIU FREQUENTI DELLA SPALLA (Molinelli Luglio 2001) INTRODUZIONE: La spalla (dal latino spatula) e’ una delle quattro parti dell’arto superiore che in senso prossimo distale sono: spalla, braccio, avambraccio, mano. La spalla e’ il dispositivo di attacco dell’arto superiore al tronco. Il suo scheletro forma nell’insieme la cintura toracica che si unisce alla parte superiore del torace e da attacco alle restanti parti dell’arto che, nell’insieme formano la cosiddetta parte libera. Se osserviamo come e’ fatto lo scheletro del corpo umano, ci accorgiamo di una cosa abbastanza singolare: le ossa che compongono la spalla (omero, clavicola, scapola) sono collegate al busto,in particolare allo sterno, solo attraverso l’articolazione con la clavicola. La spalla e’ tenuta nella sua normale posizione dall’equilibrio dei numerosissimi muscoli che agiscono come “coppie motorie”sulla spalla,lungo assi di movimento che si possono considerare infiniti ma che sono sostanzialmente riconducibili a tre principali: - asse sagittale, dove avvengono i movimenti d’abduzione ed adduzione dell’arto superiore; - asse verticale, attorno al quale avviene la rotazione interna ed esterna dell’arto;

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A cura di Dott.FT Simone Molinelli 1

ANATOMIA FUNZIONALE E PATOLOGIE PIU FREQUENTI

DELLA SPALLA (Molinelli Luglio 2001)

INTRODUZIONE: La spalla (dal latino spatula) e’ una delle quattro parti dell’arto superiore che in senso prossimo distale sono: spalla, braccio, avambraccio, mano. La spalla e’ il dispositivo di attacco dell’arto superiore al tronco. Il suo scheletro forma nell’insieme la cintura toracica che si unisce alla parte superiore del torace e da attacco alle restanti parti dell’arto che, nell’insieme formano la cosiddetta parte libera. Se osserviamo come e’ fatto lo scheletro del corpo umano, ci accorgiamo di una cosa abbastanza singolare: le ossa che compongono la spalla (omero, clavicola, scapola) sono collegate al busto,in particolare allo sterno, solo attraverso l’articolazione con la clavicola. La spalla e’ tenuta nella sua normale posizione dall’equilibrio dei numerosissimi muscoli che agiscono come “coppie motorie”sulla spalla,lungo assi di movimento che si possono considerare infiniti ma che sono sostanzialmente riconducibili a tre principali: - asse sagittale, dove avvengono i movimenti d’abduzione ed adduzione dell’arto superiore; - asse verticale, attorno al quale avviene la rotazione interna ed esterna dell’arto;

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- asse frontale,lungo cui si esegue l’anteposizione e la retroposizione. Le articolazioni che partecipano ai movimenti della spalla sono: - l’articolazione scapolo omerale - l’articolazione acromion clavicolare - l’articolazione sterno clavicolare (o clavi- sterno- costale) Per le ragioni anatomo-funzionali , su brevemente accennate , risulta evidente come la spalla sia una regione del corpo estremamente sollecitata, anche nella sua attività fisiologica di perno dei movimenti dell’arto superiore. Ciò rende conto della facilità con cui si instaurano a livello delle superfici articolari coinvolte (scapolo-omerale, acromion-claveare) delle lesioni di tipo degenerativo (artrosi), che si accompagnano sempre più spesso, con reazioni di tipo flogistico(artrite). Inoltre nei soggetti che si dedicano ad attività sportive più o meno intense ( dilettanti o professionisti), lesioni di ordine traumatico, sono anch’esse molto frequenti. A prescindere dai vari tipi di lussazione , che sono a carico della scapolo-omerale, legate anche ad una situazione anatomica, quale la lassità legamentosa, altre lesioni si possono verificare nel corso dell’attività sportiva, sia per trauma diretto ( vedi caduta sul moncone della spalla) , sia per trauma indiretto, legato alla non perfetta esecuzione di movimenti specifici. Per quanto riguarda i traumi diretti, possono presentarsi in tutti gli sports, ma particolarmente nello sci, e nelle arti marziali in genere( Judò). Invece per i traumi indiretti può essere paradigmatico ciò che accade nel tennis.

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In considerazione di tutto ciò , ho ritenuto opportuno fare una revisione anatomo-funzionale della spalla, e dei vari tipi di lesione a cui può andare in contro. Più difficile è stato trovare una statistica esaustiva, della frequenza di tali lesioni a seconda del tipo di sport.

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CAPITOLO PRIMO: L’ANATOMIA

1.1 LE OSSA La spalla e’ costituita dalle seguenti ossa: 1.1.1SCAPOLA La scapola è un osso triangolare, pari e simmetrico, piatto e sottile con la base superiore e l’apice inferiore applicato alla parte postero superiore del torace (3° 7° costa). Vi si descrivono una faccia anteriore o costale, una faccia posteriore o dorsale, tre margini di cui uno mediale, uno laterale e uno superiore e tre angoli distinti come sopra. La faccia anteriore, concava, e’ detta fossa sottoscapolare (fig.1). Mostra due o tre creste oblique, le quali servono per l’inserzione del muscolo omonimo; presenta poi parallela al margine laterale della scapola la cresta paramarginale anteriore. La faccia posteriore presenta in alto una sporgenza chiamata spina della scapola (fig.2).Questa e’ di forma triangolare inizia poco rilevata a livello del margine vertebrale e s’innalza poi gradualmente, procedendo verso l’esterno per continuare in un robusto processo, l’acromion che alla sua estremità presenta la faccia articolare clavicolare deputata all’articolazione con la clavicola. La spina della scapola divide la faccia posteriore (dorsale) in una parte superiore, che è detta fossa sopraspinata dove ha origine il muscolo omonimo, ed un’inferiore chiamata fossa sottospinata che accoglie il muscolo dello stesso nome. Ai limiti laterali di quest’ultima, si trova un rilievo parallelo al margine ascellare dove prendono origine i

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muscoli piccolo rotondo (in alto) e gran rotondo (in basso). L’angolo laterale della scapola presenta la cavità’ glenoidea dove si articola l’omero. Sotto di essa vi è un rilievo rugoso: la tuberosità sottoglenoidea, dove origina il capo lungo del tricipite brachiale; al di sopra di essa è presente un altro rilievo rugoso, che chiamato tuberosità sopraglenoidea dove ha origine il capo lungo del bicipite brachiale. Subito medialmente alla tuberosità sopraglenoidea si solleva un processo che piega orizzontalmente in fuori e termina ad apice smusso: è il processo coracoideo dove si fissano il muscolo coracobrachiale il capo breve del bicipite ed il piccolo pettorale. Medialmente all’impianto del processo coracoideo si trova, sul margine superiore della scapola, una piccola incisura detta incisura della scapola.

Fig.1 NOTE Fig.1 da ANATOMIA UMANA,BALBONI G.C. E VARI,EDI-ERMES,MILANO,1993

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Fig.2 1.1.2 CLAVICOLA La clavicola è un osso lungo, pari e simmetrico a forma di esse disposta trasversalmente, al davanti della prima costa, tra sterno e scapola. Essa forma la parete anteriore del cingolo scapolare. Possiede un corpo e due estremità mediali (clavicolare) e laterale (sternale). Il corpo, forma una doppia curva, una mediale, convessa in avanti, l’altra laterale, convessa in addietro. Un poco appiattito dall’alto in basso il corpo offre a considerare due facce: superiore ed inferiore, separate da due margini, anteriore e posteriore. ____________________________________________ NOTE Fig.2 da ANATOMIA UMANA,BALBONI G.C. E VARI,EDI-ERMES,MILANO,1993

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La faccia superiore è rugosa lateralmente, dove dà attacco ai muscoli trapezio e deltoide, si fa più liscia medialmente dove da origine al capo clavicolare del muscolo sternocleidomastoideo. La faccia inferiore è percorsa longitudinalmente dalla doccia per il muscolo succlavio; presenta poi presso l’estremità mediale la tuberosità costale per l’attacco del legamento costo-clavicolare e, in vicinanza legamenti coraco-clavicolari. Il margine anteriore è arrotondato medialmente, dove dà origine a fasci del gran pettorale, si fa più sottile lateralmente dove dà attacco al deltoide. Il margine posteriore, smusso, dà origine lateralmente al muscolo trapezio. L’estremità mediale della clavicola è prismatico triangolare e mostra la faccia articolare sternale per l‘articolazione con il manubrio dello sterno. L’estremità laterale della clavicola è appiattita dall’alto in basso. Termina con la faccia articolare acromiale per l’articolazione con l’acromion della scapola.

fig.3 NOTE Fig.3 da ANATOMIA UMANA,BALBONI G.C. E VARI,EDI-ERMES,MILANO,1993

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1.1.3 OMERO L’omero forma lo scheletro del braccio. E’ un osso lungo e consta di un corpo (diafisi) e due estremità (epifisi) rispettivamente superiore (prossimale) ed inferiore (distale). Il corpo dell’omero ha forma prismatico triangolare con tre facce e tre margini. La faccia antero mediale presenta superiormente una doccia longitudinale: è il solco bicipitale che dà passaggio al tendine del capo lungo del bicipite. Tale solco è delimitato da due labbri, di cui il laterale è detto cresta del tubercolo maggiore ed il mediale è chiamato cresta del tubercolo minore. Sotto al solco si osserva il foro nutritizio deputato al passaggio dei vasi nutritizi dell’omero al di sopra del quale è visibile un’impronta per l’inserzione del coracobrachiale. La faccia anterolaterale mostra sopra alla sua parte media, una rugosità a forma di V, la tuberosità deltoidea, sulla quale si inserisce il muscolo deltoide(fig.4). La faccia posteriore è percorsa obliquamente da una doccia ,il solco del nervo radiale, una scanalatura elicoidale che divide la faccia posteriore in due parti una superiore dove prende attacco il capo laterale del tricipite e una ,inferiore donde origina il capo mediale dello stesso muscolo (fig.5). L’estremità superiore dell’omero mostra un’ampia superficie levigata a forma di segmento di sfera, rivestita di cartilagine ,la testa dell’omero; questa volge medialmente ed in alto il suo asse forma con quello del corpo un angolo di 130°. La testa dell’omero è deputata ad articolarsi con la fossa glenoidea della scapola ;la testa è delimitata perifericamente da un restringimento circolare detto collo anatomico.

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Lateralmente al collo anatomico si solleva un robusto rilievo , che è il tubercolo maggiore ; ancora lateralmente al collo anatomico , antero medialmente al tubercolo maggiore , si trova il tubercolo minore. L’estremità inferiore è appiattita in senso antero-posteriore. Essa presenta alla sua estremità inferiore un’ampia superficie articolare, scomponibile in due parti, l’una laterale e l’altra mediale. Quella laterale è il condilo quella mediale è la troclea. Il condilo è simile ad un segmento di ellissoide di rotazione ed è deputato ad articolarsi con la testa del radio. Sopra di esso si trova la fossetta radiale, entro la quale si adatta il margine anteriore della testa del radio nel movimento di flessione dell’avambraccio sul braccio. La troclea ha la forma di una puleggia e serve per l’articolazione con l’incisura semilunare dell’ulna. Sopra la troclea sulla faccia anteriore dell’estremità distale si trova la fossetta coronoidea , dove si adatta il processo coronoideo dell’ulna nella flessione dell’avambraccio sul braccio. Ancora sopra di essa , ma sulla faccia posteriore dell’estremità distale Si trova la fossa olecranica , dove si adatta l’olecrano dell’ulna nel movimento di estensione dell’avambraccio sul braccio. L’estremità distale dell’omero è slargata ,su ciascuno dei lati si trovano due rilievi rugosi; quello mediale è detto epitroclea e quello laterale epicondilo. L’epitroclea più voluminosa è posta supero-medialmente alla troclea e presenta sulla sua superficie posteriore il solco del nervo ulnare. L’epicondilo più piccolo è posto supero-lateralmente al condilo.

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fig.4 fig.5

1.2 LE ARTICOLAZIONI La spalla , articolazione prossimale dell’arto superiore , è la più mobile di tutte le articolazioni del corpo umano. Possiede tre gradi di movimento , che permettono l’orientamento dell’arto superiore in rapporto ai tre piani dello spazio , grazie ai suoi tre assi principali. ASSE TRASVERSALE ,che è contenuto sul piano frontale: permette i movimenti di flesso-estensione eseguiti sul piano sagittale. NOTE Fig.4, fig.5 da ANATOMIA UMANA,BALBONI G.C. E VARI,EDI-ERMES,MILANO,1993

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ASSE ANTERO POSTERIORE, che è contenuto sul piano sagittale(così chiamato per la sutura sagittale del cranio): permette i movimenti di adduzione abduzione eseguiti sul piano frontale. ASSE VERTICALE, determinato dall’intersezione del piano sagittale col piano frontale: permette i movimenti di flessione e di estensione eseguiti in un piano orizzontale, tenendo il braccio in abduzione a 90°.

Fig.6 La spalla, ovviamente, non è una sola articolazione ma cinque articolazioni che formano insieme il complesso articolare della spalla. NOTE Fig.6 da ANATOMIA UMANA,BALBONI G.C. E VARI,EDI-ERMES,MILANO,1993

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Infatti con il termine spalla si intende l’insieme di articolazioni che cooperano nella produzione del movimento dell’arto superiore rispetto al tronco; accanto ad alcune articolazioni “vere “ in senso anatomico esso comprende altre strutture funzionalmente assimilabili ad articolazioni , pur non avendone le caratteristiche anatomiche . Queste articolazionisi suddividono in due gruppi: Il PRIMO GRUPPO comprende le articolazioni vere in senso anatomico: Scapolo omerale , Acromio clavicolare , Sterno costo clavicolare. Il SECONDO GRUPPO comprende le articolazioni in senso fisiologico: Sotto deltoidea o “seconda articolazione della spalla”, Scapolo toracica.

Fig.7 1-ARTICOLAZIONE SCAPOLO-OMERALE 2-ARTICOLAZIONE SOTTODELTOIDEA 3-ARTICOLAZ. SCAPOLO-TORACICA 4-ARTICOLAZ. ACROMIO-CLAVICOLARE 5-ARTICOLAZ.STERNO-COSTO-CLAVICOLARE NOTE Fig.7 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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PRIMO GRUPPO:

1.2.1 L’ARTICOLAZIONE SCAPOLO OMERALE La scapolo omerale è la principale articolazione della spalla , e prende anche il nome di “articolazione della spalla”. Questa articolazione presenta superfici articolari sferiche ,caratteristiche delle enartrosi, quindi è a tre assi e a tre gradi di libertà.

fig.8 SCHEMA DI MOVIMENTI ENARTROSICI PER I 3 ASSI DI MOVIMENTO PRINCIPALI: ASSE FRONTALE (F)-ASSE SAGITTALE (S)-ASSE TRASVERSALE (T). Essa presenta la particolarità di lavorare sospesa nel vuoto , è costituita dall’estremità sferoidale della testa omerale che ruota su una superficie della scapola detta glena consentendo al braccio di compiere una rotazione vicina ai 360° nello spazio (fig.8). NOTE Fig.8. da PATOLOGIA NON TRAUMATICA DELLA SPALLA,AA.VV.,ED. PICCIN,VENEZIA, 1986.

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L’articolazione scapolo omerale viene solitamente definita “articolazione non portante”; ciò è parzialmente vero , non essendo essa sottoposta alla forza peso , come per esempio l’anca. Tuttavia è fondamentale sottolineare che le sollecitazioni meccaniche a cui essa è sottoposta sono notevoli. E ‘esemplificativo che , a braccio abdotto a 60-°90° , amano vuota , nella zona di contatto omero glenoidea agisce una forza pari a 8 volte il peso del braccio. Le superfici articolari sono appunto: la testa omerale e la cavità glenoidea della scapola , completa l’articolazione il cercine glenoideo. L’articolazione presenta anche una capsula articolare e dei legamenti che ne aumentano la stabilità (fig.9 e fig. 10). La scapolo-omerale rappresenta l’articolazione più mobile del corpo umano ed i muscoli hanno una funzione non solo dinamica ma anche contenitiva: infatti la loro paralisi può determinare la perdita di contatto più o meno accentuata dei capi articolari.

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Fig.9 VISIONE ANTERIORE DELL’ARTICOLAZIONE SCAPOLO- OMERALE

Fig.10 VISIONE POSTERIORE DELL’ARTICOLAZIONE SCAPOLO-OMERALE NOTE Fig.9 e fig.10 da ANATOMIA UMANA,BALBONI G.C. E VARI,EDI-ERMES,MILANO,1993

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LE SUPERFICI ARTICOLARI La TESTA OMERALE è orientata in alto all’interno ed indietro, si può assimilare ad un terzo di sfera di 30 mm di raggio , è liscia e rivestita di cartilagine ialina. Essa non è una sfera regolare perché il suo diametro verticale è più grande di 3 / 4 mm rispetto a quello antero posteriore.

Fig.11 In sezione vertico frontale , si constata che il suo raggio di curvatura decorre dall’alto in basso e che non esiste un centro di curvatura unico , ma una serie di centri di curvatura allineati seguendo una spirale. Quindi solo quando la parte superiore della testa omerale è in contatto con la glena la zona di appoggio è più estesa e l’articolazione è più stabile. Questa posizione di abduzione a 90° corrisponde alla posizione di bloccaggio detta close-packed position.(di Mac Conaill). Il suo asse forma con l’asse diafisario un angolo detto “d’inclinazione “di 135°,e , con il piano frontale, un angolo detto “di declinazione” di 30°(fig.11a). NOTE Fig.11a daFISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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Essa è separata dal resto dell’epifisi superiore dell’omero dal collo anatomico , il cui piano è inclinato di 45° sull’orizzontale. E’fiancheggiata da due sporgenze da due sporgenze sulle quali si inseriscono i muscoli peri articolari: - tubercolo minore o trochine in avanti; - tubercolo maggiore o trochite in fuori;

LA CAVITA’ GLENOIDEA DELLA SCAPOLA

E’ situata nell’angolo supero esterno del corpo della scapola , è orientata in fuori , in avanti e in alto. E’ concava in due sensi (verticale, trasversale). E’ circondata da un bordo glenoideo , che sporge , ma interrotta dal solco glenoideo nella sua parte supero-anteriore(per il passaggio dei vasi). E’ meno estesa della superficie della testa omerale.(rapporto 1:3) (fig.11b). L’indice gleno omerale esprime il loro rapporto ; maggiore è l’indice ,cioè quanto è più grande la glenoide , migliore sarà la stabilità articolare.

IL CERCINE GLENOIDEO

E’ una formazione fibro cartilaginea anulare a sezione triangolare applicata sul bordo glenoideo , che colma il solco glenoideo , aumenta (fig.11c). leggermente la superficie della glena , ma soprattutto aumenta la sua concavità e quindi la capacità contenitiva ristabilendo cosi’ la congruenza delle superfici articolari. Il cercine glenoideo è più importante dal punto di vista funzionale che anatomico in quanto fornisce una robusta inserzione alla capsula articolare.Infatti se il cercine è disinserito da un trauma i legamenti vengono a mancare del punto di attacco sul bordo glenoideo della scapola e la capsula perde la capacità di entrare in tensione con conseguente instabilità. ____________________________________________ NOTE Fig.11b e fig.11c da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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Svolge sicuramente un ruolo fondamentale nella stabilizzazione articolare della spalla ed è stato definito “ il menisco della spalla”. In sezione triangolare possiede tre facce: - una interna , inserita sul bordo glenoideo; - una esterna , che da inserzione alle fibre della

capsula - una centrale (o assiale) la cui cartilagine è in

continuità con quella della glena ossea , e che è in contatto con la testa omerale.

In sezione frontale dell’articolazione (fig.12) si può vedere che le irregolarità della cavità glenoidea sono completamente ricoperte dalla cartilagine glenoidea.

Fig.12

SEZIONE FRONTALE DELL’ARTICOLAZIONE SCAPOLO OMERALE 1-CARTILAGINE GLENOIDEA 2-CERCINE GLENOIDEO 3-PARTE SUPERIORE DEL CERCINE 4-PARTE SUPERIORE CAPSULA 5-PARTE INFERIORE CAPSULA 6-FRENULA CAPSULAE 7-TENDINE CAPO LUNGO BICIPITE 8-SOLLO BICIPIDALE NOTE Fig.12 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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Il cercine glenoideo approfondisce la cavità glenoidea; tuttavia la congruenza di questa articolazione è debole , il che spiega la frequenza della lussazione. Nella sua parte superiore il cercine glenoideo non è completamente fissato. L’inserzione sulla glena nei quadranti superiori essendo debole conferisce a tale porzione una maggiore mobilità. Come dimostrato dai recenti studi anatomici ,il cercine presenta stretti rapporti di continuità antero inferiormente con il legamento gleno omerale inferiore e superiormente con il tendine del capo lungo del muscolo bicipite brachiale ed il legamento gleno omerale superiore, mentre posteriormente con il tendine del muscolo tricipite.

LA CAPSULA ED I LEGAMENTI

La capsula articolare ha lo strato fibroso formato come un manicotto conoide il cui apice tronco si fissa al contorno della cavità glenoidea e alla faccia esterna del labbro glenoideo ; in alto essa si estende fino al processo coracoideo e in basso si fonde con il tendine del capo lungo del tricipite brachiale. La base del manicotto fibroso prende attacco sul collo anatomico dell’omero e, in avanti, raggiunge il collo chirurgico dell’omero. A livello del solco bicipitale, la capsula passa a ponte dalla piccola alla grande tuberosità e si prolunga in basso ,tra le due creste che fanno seguito alle tuberosità, chiudendo cosi’ un tragitto osteofibroso dove passa il tendine del capo lungo del bicipite che poi fuoriesce dall’articolazione. Il segmento anteroinferore della capsula è rinforzato dai legamenti glenoomerali che si distinguono in superiore ,medio ed inferiore.

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Il superiore origina dalla parte alta del labbro glenoideo al tubercolo minore dell’omero. Il medio origina dal labbro glenoideo ,al davanti del precedente e si porta al tubercolo minore dell’omero dove si fonde con il tendine del muscolo sottoscapolare. Quello inferiore è il più lungo e robusto e si tende dal contorno antero inferiore del cercine glenoideo e il collo chirurgico dell’omero. Al suo interno la capsula è tappezzata dalla sinovia. La capsula appare tesa quando il braccio è lungo il torace e rilasciata quando è in abduzione. Vediamo le superfici articolari ed il manicotto capsulare (fig13a).

fig.13a fig.13b fig.13a 1-CAPSULA 2-FRENULA CAPSULAE 3-FASCI SUPERIORI LEG.GLENO-OMERALE 4-TENDINE CAPO LUNGO 5-SEZIONE DEL MUSCOLO SOTTOSCAPOLARE fig.13b 1-CERCINE GLENOIDEO 2-INCISURA GLENOIDEA 3-CAPO LUNGO BICIPITE 4-CAPSULA 5-CORACO-OMERALE 5-LEG. GLENO-OMERALE FASCI SUPERIORI NOTE Fig.13 e fig.13b da FISIOLOGIA ARTICOLARE, KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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a) La testa omerale(dall’interno) è circondata da un collare della capsula(1) sulla quale si distingue: - i “frenula capsulae”(2) sul polo inferiore della testa: cioè delle pliche sinoviali sollevate dalle fibre della capsula. - L’ispessimento formato dai fasci superiori del legamento gleno omerale(3) All’interno della capsula si vede il tendine del capo lungo del bicipite(4) All’esterno la sezione del sottoscapolare(5). b) La cavità glenoidea (dall’esterno) con il cercine(1) che passa a ponte sopra l’incisura glenoidea (2) e dà inserzione a livello del suo polo superiore a delle fibre del tendine del capo lungo del bicipite(3) che si trova cosi’ intra- capsulare (fig.13b). Con la capsula(4) ed i suoi rinforzi legamentosi: - legamento coraco omerale(5) - legamento gleno omerale ed i suoi tre fasci ,

superiore(6),medio(7),inferiore(8). - In alto l’apofisi coracoidea(9),l’apofisi spinosa della

scapola(10) sezionata, il tubercolo sottoglenoideo(11)inserzione del capo lungo del tricipite che è cosi’ extra capsulare.

I legamenti dell’articolazione sono: - Legamento coraco omerale esteso dal processo coracoideo fino al tubercolo maggiore dell’omero, dove si inserisce il muscolo sotto spinoso , e fino al tubercolo minore ove si fissa il muscolo sotto scapolare (fig.14a). La divisione dei due fasci di questo legamento chiude in alto l’incisura inter- tuberositaria attraverso la quale il tendine del capo lungo del bicipite esce dall’articolazione. Durante l’estensione si ha una tensione predominante sui fasci del tubercolo minore (fig.14b).

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Durante la flessione si ha tensione predominante sul fascio del tubercolo maggiore (fig.14c).

Fig.14

Il legamento coraco-omerale può essere considerato come il legamento sospensore dell’omero, poiché per la disposizione dei suoi fasci, si oppone al peso dell’arto; entra i tensione nella estensione e nella flessione oltre i 60°, limitando la componente scapolo-omerale di questi movimenti. - Il legamento gleno omerale(già descritto prima) Durante l’abduzione si tendono i fasci medio ed inferiore del legamento, mentre il fascio superiore ed il legamento coraco omerale si detendono. ____________________________________________ NOTE Fig.14 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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La tensione massima dei legamenti , associata alla maggior superficie di contatto delle cartilagini articolari(dovuta alla curvatura della testa omerale, più grande in alto) fanno dell’abduzione la posizione di “stabilizzazione” della spalla, la close packed position. Un fattore di limitazione è che il tubercolo maggiore viene a toccare contro la parete superiore della glena e del cercine glenoideo. Questo contatto è ritardato dalla rotazione esterna che fa scorrere il tubercolo maggiore indietro alla fine dell’abduzione. Durante la rotazione esterna i 3 fasci del legamento gleno omerale vengono tesi. Durante la rotazione interna detesi. IL TENDINE DEL CAPO LUNGO DEL BICIPITE Il tendine del capo lungo del bicipite gioca un ruolo importante nella fisiologia e patologia della spalla.

Fig.15 6-CAPO LUNGO BICIPITE 7-CAPO CORTO BICIPITI NOTE Fig.15 da CLINICA ORTOPEDICA,MANCINI A.MORLACCHI C.,ED. PICCIN,ITALIA,1993

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Quando il bicipite si contrae per sollevare un oggetto pesante, questi due capi svolgono un importante funzione (fig.15): - il capo corto (7) solleva l’omero in rapporto alla

scapola prendendo appoggio sul processo coracoideo , e impedisce cosi’ assieme agli altri muscoli longitudinali(deltoide , coraco brachiale , capo lungo del tricipite) la lussazione della testa omerale verso il basso (6).

- Simultaneamente il capo lungo spinge la testa omerale verso la glena ; questo è particolarmente importante quando si esegue l’abduzione della spalla perché il capo lungo è anche abduttore; quando questo è rotto l’abduzione diminuisce del 20% (fig.16) (a).

Fig.16

Il grado di tensione iniziale nel capo lungo del bicipite dipende dalla lunghezza del cammino percorso nella sua posizione orizzontale intra articolare. NOTE Fig.16 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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Questa lunghezza è al massimo in posizione intermedia (b) ed in rotazione esterna (c):l’azione del capo lungo del bicipite è allora più importante. Al contrario, in rotazione interna (d) il tratto intra articolare è più corto e l’efficacia del capo lungo è minima.

Quindi considerando la riflessione del tendine del capo lungo a livello della incisura inter tuberositaria, che esso subisce a questo punto una grande fatica meccanica alla quale resiste solo se la sua troficità è eccellente.

1.2.2 L’ARTICOLAZIONE ACROMIO CLAVICOLARE E’ un artrodia a tre gradi di libertà , dei quali solo la rotazione è ben individualizzata ;essa realizza il movimento di rotazione della scapola su di un asse antero posteriore localizzato tra l’articolazione ed i legamenti coraco clavicolari. Questa articolazione insieme alla scapolo toracica regolano il movimento scapolare (scivolamento della scapola sulla gabbia toracica) che dipende nella sua parte scapolare dal muscolo trapezio e dal dentato anteriore ; l’azione sinergica di questi due muscoli abbassa e ruota verso l’esterno la parte inferiore della scapola, facendola ruotare intorno all’articolazione acromio clavicolare.

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Fig.17 ARTICOLAZIONE ACROMIO CLAVICOLARE E LEGAMENTI PROPRI DELLA SCAPOLA

LE SUPERFICI ARTICOLARI Le due superfici articolari sono l’acromion della scapola e l’estremità laterale della clavicola. Entrambe presentano una superficie articolare pianeggiante , a contorno ovale; la faccetta clavicolare volge in fuori e in basso ,quella acromiale guarda medialmente ed i alto. NOTE Fig.17 da ANATOMIA UMANA,BALBONI G.C. E VARI,EDI-ERMES,MILANO,1993

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Tra le superfici articolari vi è la presenza di una fibro cartilagine articolare che ristabilisce la congruenza fra le due superfici articolari. Il piano articolare è obliquo : la clavicola è come poggiata sull’acromion .

LA CAPSULA ED I LEGAMENTI Lo strato fibroso della capsula si inserisce a distanza dalle superfici articolari; superiormente è rinforzato dal legamento acromio- clavicolare e inoltre da fasci dei tendini dei muscoli trapezio e deltoide.

Fig.18a

Fig.18b 1-SPINA SCAPOLA 2-ACROMION 3-FACCIA ARTICOLARE 4-CLAVICOLA 5-FACCIA ARTICOLARE 6-CORACOIDEO 7-LEGAMENTO COINOIDE 8-LEGAMENTO TRAPEZOIDE 9-FOSSA SOVRASPINOSA 10-CAVITA’ GLENOIDEA 11-FIBRO CARTILAGINE 12-LEGAMENTI CORACO CLAVICOLARE INTERNO 13-LEGAMENTO ACROMIO-CORACOIDEO 14-LEGAMENTO CORACOIDEO 15-LEGAMENTO ACROMIO-CLAVICOLARE

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I legamenti dell’articolazione:(fig.18a e 18b) - legamento coracoclavicolare che unisce il processo

coracoideo alla clavicola (4); questo si divide in due fasci che sono:

- a)legamento conoide (7) che si inserisce nella superficie inferiore della clavicola sul tubercolo conoide, accanto al suo margine posteriore, questo legamento nell’apertura dell’angolo fra clavicola e scapola si mette in tensione e limita il movimento.

- b) legamento trapezoide (8) che si dirige obliquamente in alto e in dentro verso la tuberosità coracoidea (6), superficie triangolare ,che prolunga il tubercolo conoide in dietro , sulla superficie inferiore della clavicola,questo legamento quando si riduce l’angolo fra scapola e clavicola si tende e limita il movimento.

- legamento acromio clavicolare (15) teso tra acromion (2) e clavicola che rinforza come già specificato la capsula articolare.

Fig.19 VISIONE SUPEROESTERNA DELL’ARTICOLAZIONE ACROMIO-CLAVEARE DESTRA (VEDI FIG.18a E 18b PER RIFERIMENTI SPIEGAZIONI) NOTE Fig.18°, 18b e 19 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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I LEGAMENTI INTRINSECI DELLA SCAPOLA E’ necessario descrivere anche i legamenti propri della scapola che sono (fig.19 e 20): - legamento coraco acromiale (13) benderella fibrosa

triangolare teso dall’estremità dell’acromion al margine esterno del processo coracoideo (6) e completa la volta fibrosa che sovrasta la scapolo omerale. La sua faccia superiore è ricoperta dal muscolo deltoide. Questo legamento non ha funzione meccanica , ma contribuisce a formare la doccia del sovraspinoso.

Fig.20 VISIONE DELL’ESTREMITA’MEDIALE DELLA CLAVICOLA (VEDI FIG 18a E 18b PER RIFERIMENTO SPIEGAZIONI)

- legamento trasverso superiore si porta dal processo coracoideo all’incisura della scapola trasformando l’incisura della scapola in foro (vedi fig.10).

NOTE Fig.20 daFISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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- legamento trasverso inferiore si porta dalla spina

della scapola al collo della scapola delimitando anch’esso un foro (vedi fig.10).

1.2.3 L’ARTICOLAZIONE CLAVI-STERNO-

COSTALE E’ un articolazione a sella , con due gradi di libertà, e si realizza tra il manubrio sternale, la prima cartilagine costale e l’estremità sternale della clavicola; questa articolazione determina i movimenti di elevazione-abbassamento e di anteposizione-retroposizione (fig.21) dell’estremità laterale della clavicola e, conseguentemente ,delle strutture anatomiche ad essa collegate. Può essere considerata un’articolazione doppia, per la presenza di un disco intraarticolare.

1-LEGAMENTO COSTOCLAVICOLARE 2-MUSCOLO SUCCLAVIO 3-CLAVICOLA 4-LEGAMENTO STERNO-CLAVICOLARE 5-LEGAMENTO INTER-CLAVICOLARE Fig.21 SCHEMA DELL’ARTICOLAZ. STERNO,COSTO,CLAVEARE NOTE Fig.21 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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LE SUPERFICI ARTICOLARI

Le due superfici articolari hanno la forma di una sella : hanno una doppia curvatura , ma in senso opposto; sono convesse in un senso e concave nell’altro (fig.21). Alla curvatura concava corrisponde un asse perpendicolare all’asse della curvatura convessa La superficie articolare della clavicola è una faccia a squadra che si trova nella parte mediale della faccia inferiore e si prolunga sulla parte inferiore dell’estremità sternale. La superficie articolare dalla parte sternale, data dall’incisura clavicolare del manubrio dello sterno che continua in fuori ed in basso sulla faccia superiore della prima cartilagine costale, non è concordante con la superficie clavicolare. La faccia clavicolare è molto più estesa di quella sternocostale La concordanza tra le due superfici viene stabilita da un disco fibrocartilagineo.

LA CAPSULA ED I LEGAMENTI

La capsula articolare ha uno strato fibroso molto ispessito in alto dove forma il legamento sternoclavicolare (4). La capsula è inoltre rinforzata posteriormente da un legamento sternoclavicolare posteriore. I legamenti dell’articolazione: - legamento sternoclavicolare (4), teso dal contorno

anterosuperiore dell’estremità sternale della clavicola al contorno anterosuperiore dell’incisura clavicolare dello sterno.

- legamento interclavicolare (5), è costituito dai fasci superficiali del legamento precedente che si portano

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da un’estremità sternale della clavicola all’altra, passando sopra dell’incisura giugulare dello sterno

- legamento costoclavicolare (6), che partendo dalla prima cartilagine costale si porta in alto per inserirsi sulla tuberosità costale della clavicola.

I MOVIMENTI DELL’ ARTICOLAZIONE Quest’articolazione entra in gioco in tutti i movimenti della spalla nel suo insieme(elevazione, abbassamento, proiezione anteriore e posteriore, circonduzione).

Sul piano verticale: - elevazione per un’ampiezza di 10 cm; - abbassamento per un’ampiezza di 3 cm. Quando l’estremità laterale della clavicola si innalza, la sua estremità mediale scivola in basso. Il movimento è limitato dalla tensione del legamento costoclavicolare e dal tono del muscolo succlavio. Quando la clavicola si abbassa l’estremità si eleva. Il movimento è limitato dalla tensione del legamento interclavicolare e dal contatto della clavicola con la faccia superiore della prima costa. Sul piano orizzontale: - anteposizione dell’estremità laterale della clavicola

per un’ampiezza di 10 cm; - retroposizione dell’estremità laterale della clavicola

per un’ampiezza di 3 cm. La prima è limitata dalla tensione del legamento costoclavicolare e dal legamento sternoclavicolare anteriore.

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La seconda è limitata dalla tensione del legamento costoclavicolare e dal legamento sternoclavicolare posteriore (vedi fig.21). Esiste anche un terzo movimento di rotazione longitudinale della clavicola, per un’ampiezza pari a 30°, che non avviene mai isolatamente cioè senza combinarsi ad un altro movimento. SECONDO GRUPPO: Gli ortopedici individuano altre due articolazioni funzionali (cioè due superfici che scorrono una sull’altra), senza capsula articolare né membrana sinoviale e per questo definite false. 1.2.4 “L’ARTICOLAZIONE” SOTTODELTOIDEA Il deltoide è un grande è potente muscolo che origina dal terzo laterale del margine anteriore della clavicola, dall’apice e dal margine laterale dell’acromion, e dal labbro inferiore del margine posteriore della spina della scapola. I suoi fasci convergono in basso e si inseriscono, con un robusto tendine, alla tuberosità deltoidea dell’omero. Sezionando orizzontalmente il deltoide (fig.22) si può notare la superficie profonda del piano di scorrimento anatomico sottodeltoideo che è costituito da: - l’estremità superiore della testa dell’omero (2); - cuffia dei muscoli periarticolari: sopraspinoso (3),

sottospinoso (4), piccolo rotondo (5).

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Tra questa superficie e la volta acromio-coracoidea, formata dalla faccia inferiore dell’acromion e dal legamento acromio-coracoideo , che si prolunga in avanti verso il tendine del capo coracoideo del bicipite (12), il piano di scivolamento anatomico cellulo-adiposo contiene una borsa sierosa sottodeltoidea (7),che facilita lo scorrimento fra i piani ossei e muscolari, la cui compressione è alla base di molte affezioni a carattere degenerativo(periartrite scapolo omerale etc).

Fig.22 ARTICOLAZIONE SOTTODELTOIDEA APERTA 1-DELTOIDE SEZIONATO 2-ESTREMITA’ SUPERIORE OMERO 3-SOVRASPINOSO 4-SOTTOSPINOSO 5-PICCOLO ROTONDO 6-TENDINE CAPO LUNGO BICIPITE 7-BORSA SERIOSA SOTTODELTOIDEA 8-GRANDE ROTONDO 9-CAPO LUNGO TRICIPITE 10-VASTO ESTERNO 11-CORACO BRANCHIALE 12-CAPO BREVE BICIPITE 13-PICCOLO PETTORALE 14-GRANDE PETTORALE NOTE Fig.22 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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La volta acromio-coracoidea forma lo spazio conosciuto come “outlet” del sopraspinoso, attraverso cui passa il tendine del sopraspinoso stesso. A causa della sua posizione direttamente al di sopra della cuffia , la volta è stata implicata nella patologia della cuffia dei rotatori. Queste sono le superfici articolari dell’articolazione sottodeltoidea detta anche seconda articolazione della spalla. Quando il braccio è verticale lungo il corpo (fig.23a): - il sopraspinoso (1) decorre sotto l’articolazione

acromio-clavicolare (2) e si inserisce sul tubercolo maggiore dell’omero (3) ed il deltoide (4) decorre sopra di esso e si inserisce sull’omero; fra i due muscoli si trova la borsa sierosa sottodeltoidea (5) che facilita , appunto, lo scorrimento.

Fig.23 SEZIONE VERTICO-FRONTALE DEL MONCONE DELLA SPALLA 1-SOVRASPINOSO 2-ARTICOLAZ.ACROMIO-CLAVICOLARE 3-TROCHITE 4-DELTOIDE 5-BORSA SERIOSA SOTTODELTOIDEA 6-FOGLIO SUPERFICIALE BORSA 7-RECESSO INFERIORE DELL’ARTICOLAZ. SCAPOLO OMERALE 8-CAPO LUNGO TRICIPITE NOTE Fig.23 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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- nell’abduzione (fig.23b) il tubercolo (3) maggiore è portato in alto dal sottospinoso quindi: il recesso superiore della borsa è trazionato sotto l’articolazione acromio-clavicolare (2) mentre il foglietto profondo della bosa scivola posteriormente al foglietto superficiale (6) che si ripiega.

In questo modo la testa omerale è in grado di portarsi sotto la volta acromio deltoidea

1.2.5 L’ARTICOLAZIONE SCAPOLO-TORACICA Anche questa articolazione non è vera in senso anatomico , essendo formata da una superficie ossea rappresentata dalla porzione anteriore della scapola , che ha un piano di movimento muscolare; funzionalmente può essere assimilata ad un artrodia , potendo realizzare movimenti traslatori ma non movimenti angolari. I movimenti di rotazione avvengono su un asse mobile , individuabile , per i primi 30°, a livello della base della spina della scapola, per gli ultimi 30° a livello dell’articolazione acromion-claveare. Questa articolazione ha due fondamentali compiti: la “sospensione” dell’arto superiore ed il “movimento”. La prima funzione è possibile grazie all’azione soprattutto del trapezio e dell’elevatore della scapola , coadiuvati dalla clavicola che si comporta come una leva. I forti legamenti coraco-clavicolari sono la chiave del movimento del complesso scapola-clavicola-sterno. Una patologia dei muscoli sospensori , per es. una paralisi del trapezio o una rottura dei legamenti coraco-clavicolari, determinano un’alterata funzione della spalla con la “caduta” della scapola.

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Il complesso movimento toraco-scapolare di scivolamento-rotazione stabilizzazione è fondamentale nel sincronismo scapolo-omerale. L’articolazione si attua fra il gran dentato e la parete toracica da una parte e dall’altra tra il gran dentato e la scapola ricoperta dal muscolo sottoscapolare. La scapola non è esattamente su un piano frontale , ma è posta in posizione obliqua da dietro in avanti e dal dentro in fuori, formando con il piano frontale un angolo aperto all’esterno di 30°. La direzione della clavicola è obliqua verso l’esterno e posteriormente , così da formare con il piano della scapola un angolo di 60°aperto medialmente (fig.24).

Fig.24

SEZIONE ORIZZONTALE DEL TORACE In una sezione orizzontale del torace si possono osservare due spazi di scorrimento di questa “articolazione”: Il primo compreso tra: - indietro ed in fuori: la scapola ricoperta dal

sottoscapolare; - in avanti: il ventre muscolare del gran dentato, che si

estende dal margine interno della scapola alla parete antero-laterale del torace.

NOTE Fig.24 daFISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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Il secondo compreso tra: - indietro ed in avanti: la parete toracica(coste ed

intercostali); - indietro ed in fuori: il gran dentato.

Fig.25

SEZIONE ORIZZONTALE DEL TORACE 1-SPAZIO OMO-SERATICO 2-SPAZIO TORACO-SERATICO

1.3 I MUSCOLI I movimenti della spalla sono possibili grazie ad un sinergismo tra i muscoli tonici che stabilizzano e mantengono centrata la testa omerale nella glenoide, ed i muscoli fasici che possono conseguentemente muovere la spalla sul fulcro così stabilito senza innalzare l’omero. Solo se gli uni stabilizzano la testa omerale, gli altri possono iniziare il corretto complesso movimento della spalla nel suo insieme. Sono muscoli principalmente di stabilizzazione, ma non solo tali, il sopraspinoso, il sottoscapolare, ed il gran pettorale; sono muscoli principalmente di movimento il deltoide e gli extrarotatori. NOTE Fig.25 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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Ci sono 19 muscoli( considerando 2 romboidei e lo sternocleidomastoideo) che controllano il cingolo scapolare, su un totale di 54 muscoli per tutto l’arto superiore, quattro dei quali costituiscono la cuffia dei rotatori. La cuffia dei rotatori è formata dai tendini di muscoli sottoscapolare (intrarotatore), sopraspinoso, sottospinoso e piccolo rotondo(extrarotatori), che nel prendere inserzione sull’omero, si fondono tra loro e con la capsula articolare , dando origine ad un involucro muscolo-tendineo(una vera e propria cuffia) che fascia l’articolazione in tutti i suoi lati, ad eccezione di quello inferiore e si interpone fra la testa e l’acromion ed il deltoide. Una borsa mucosa sottoacromiale e una sottodeltoidea (talvolta comunicanti) rendono più agevole lo scorrimento tra i piani che costituiscono nel loro complesso la pseudoarticolazione sottodeltoidea. (cfr. articolazione sottodeltoidea). Sotto la parete anteriore della cuffia passa il tendine del capo lungo del bicipite, il cui tragitto è intraarticolare nel suo tratto superiore ; tale tendine, assieme alla cuffia contribuisce all’azione di contenimento della testa omerale.(cfr. il tendine del capo lungo del bicipite) I muscoli che s’inseriscono sul cingolo scapolare e che quindi controllano i vari movimenti della spalla possono essere classificati in questo modo: - muscoli della spalla; - muscoli toraco-appendicolari; - muscoli spino appendicolari; - muscoli del braccio.

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1.3.1 MUSCOLI DELLA SPALLA Questi muscoli traggono tutti origine dalla cintura toracica e prendono inserzione sull’omero. Sono anche muscoli intrinseci dell’arto superiore (fig.26 e fig.27). DELTOIDE che origina dal terzo laterale del margine anteriore della clavicola, dall’apice e dal margine laterale dell’acromion e dal labbro inferiore del margine posteriore della spina della scapola e si inserisce sulla tuberosità deltoidea dell’omero. Il muscolo solleva il braccio di 90°; il fascio anteriori ha un’azione di flessione ed intrarotazione; il medio di massima abduzione sull’omero; il posteriore ha un’azione di estensione ,abduzione ed extrarotazione. E’ innervato dal nervo ascellare(C4-C6). SOPRASPINOSO che origina dalla fossa sopraspinata della scapola e si inserisce , passando sotto all’estremità acromiale della clavicola , all’acromion ed al legamento coraco-acromiale , sul tubercolo maggiore dell’omero. Il muscolo abduce e ruota all’esterno il braccio in sinergismo con il muscolo deltoide. E’ innervato dal nervo sovrascapolare(C5). Il muscolo sovraspinoso è il principale stabilizzatore della scapolo-omerale. Esso deprime la testa omerale, allontanandola dall’arco coraco-acromiale durante il movimento di abduzione extrarotazione; oltre i 60° di abduzione, esso è coadiuvato dai muscoli sottospinoso, gran dentato e gran rotondo, stabilizzatori secondari. Il tendine del sopraspinoso è nastriforme e scorre nel canale osteo-fibroso coraco-acromiale. In condizioni di riposo i tendini del suddetto e del capo lungo del bicipite vengono a contatto con il terzo antero-

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inferiore dell’acromion; in intrarotazione, posizione spesso assunta dalla spalla sia nel lavoro abituale che nell’atteggiamento in cifosi, essi vengono spinti ancora più anteriormente ad esso. SOTTOSPINOSO occupa la fossa omonima ed è triangolare ed appiattito. Il muscolo trae origine dai ¾ mediali della fossa sottospinata e dal setto che lo separa dal muscolo piccolo rotondo. I suoi fasci portandosi lateralmente terminano in un tendine che, passando sotto l’acromion e aderendo alla capsula fibrosa dell’articolazione della spalla , s’inserisce sul tubercolo maggiore dell’omero. Il sottospinoso contraendosi ruota il braccio all’esterno, anch’esso stabilizza la scapolo-omerale. Il muscolo è innervato dal nervo soprascapolare(C5-C8). PICCOLO ROTONDO è un muscolo allungato che origina dalla fossa sottospinata e si porta in alto e lateralmente per inserirsi, con un breve tendine, che aderisce alla capsula fibrosa dell’articolazione della spalla, sul tubercolo maggiore dell’omero. Il piccolo rotondo contraendosi ruota all’esterno il braccio, anch’esso stabilizza la scapolo-omerale. Il muscolo è innervato dal nervo ascellare(C5). GRANDE ROTONDO si trova inferiormente al precedente ed è anch’esso allungato. Origina al di sotto del piccolo rotondo, dalla faccia dorsale dell’angolo inferiore della scapola e si porta in alto per inserirsi sul fondo del solco bicipitale dell’omero e sul tubercolo maggiore. Il grande rotondo contraendosi adduce il braccio intraruotandolo, azione simile a quella del gran dorsale anche se meno potente.

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Il muscolo è innervato dal nervo sottoscapolare(C5-C7).

SOTTOSCAPOLARE si trova nella sottoscapolare; anch’esso è appiattito e ha contorno triangolare. Origina dal fondo della fossa sottoscapolare ed i suoi fasci portandosi in alto, passano sotto Al processo coracoideo, s’inseriscono sul tubercolo minore dell’omero. Il sottoscapolare contraendosi adduce il braccio intraruotandolo; svolge un ruolo importante nella stabilizzazione della scapolo-omerale, viene infatti definito da alcuni autori “il vero guardiano della spalla”(ADAMS.F, HUMPRY.G.M,RANDELLI.M. cfr. pag.80 LA spalla di C.FALETTI, E INDEMINI) I l muscolo è innervato dai nervi sottoscapolari (C5-C6).

Fig.26 MUSCOLI DELLA SPALLA DI DESTRA VISTI DALLA SUPERFICIE VENTRALE NOTE Fig.26 da ANATOMIA UMANA,BALBONI G.C. E VARI,EDI-ERMES,MILANO,1993

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Fig.27 MUSCOLI DELLA SPALLA DI DESTRA VISTI DORSALMENTE Ad i muscoli della spalla , come già accennato riguardo all’articolazione sottodeltoidea , sono annesse diverse borse mucose che facilitano lo scorrimento dei piani muscolari e dei tendini d’inserzione. Queste borse sono di notevole importanza vista la grande mobilità che l’articolazione della spalla presenta Le principali borse mucose sono: - la borsa sottoacromiale, tra la faccia superiore della

capsula articolare e la faccia inferiore dell’acromion, è la più ampia del corpo umano poiché si estende superiormente sotto l’acromion ed il legamento coraco-acromiale (porzione subacromiale) e talvolta fin sotto il processo coracoideo (porzione incostante subcoracoidea);

NOTE Fig.27 da ANATOMIA UMANA,BALBONI G.C. E VARI,EDI-ERMES,MILANO,1999

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lateralmente è a contatto del tubercolo maggiore fino a coprire il canale bicipitale sotto il deltoide(porzione subdeltoidea).Per la sua funzione e per i suoi rapporti anatomici essa è precocemente interessata dai fenomeni degenerativi periarticolari.

- borsa sottocoracoidea e sottodeltoidea che spesso sono unite alla precedente (cfr. borsa sottoacromiale) costituendone delle parti.

- Borsa del coracobrachiale che si trova tra il tendine del capo corto del bicipite e quello del coracobrachiale e la capsula articolare.

- Borsa sottotendinea del sottoscapolare e borsa del bicipite.

Sono meno costanti la borsa del grande rotondo, dorsale e pettorale. 1.3.2 MUSCOLI TORACO-APPENDICOLARI Questi muscoli traggono origine dalle coste e dallo sterno e raggiungono le ossa del cingolo toracico e l’omero. Sono anche muscoli estrinseci del torace ed estrinseci dell’arto superiore, a differenza dei precedenti (fig.28). GRANDE PETTORALE è localizzato anteriormente nel torace formando gran parte del cavo ascellare. Il muscolo origina dai 2/3 mediali del margine anteriore della clavicola , dalla faccia anteriore dello sterno, dalle prime sei cartilagini costali e dal foglietto anteriore della guaina del retto dell’addome. I suoi fasci si portano in alto e trapassano in un robusto tendine che va ad inserirsi sul tubercolo maggiore dell'omero e sul labbro laterale del solco bicipitale

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Il muscolo contraendosi adduce e ruota internamente l’omero, prendendo punto fisso sull’omero solleva il tronco come nell’atto di arrampicarsi. Il muscolo è innervato dai nervi toracici anteriori del plesso brachiale(C5-C8 e T1). PICCOLO PETTORALE è posto profondamente al precedente. Il muscolo origina mediante tre digitazioni tendinee dal margine superiore della 3°,4°e5° costa, in prossimità della cartilagine. I suoi fasci si portano in alto e vanno ad inserirsi sul processo coracoideo della scapola. Il muscolo contraendosi abbassa la spalla portando il moncone in avanti , basso e medialmente; mentre con i suoi fasci inferiori solleva le coste(muscolo inspiratorio). Il muscolo è innervato dai nervi toracici anteriori del plesso brachiale(C6-C7). SUCCLAVIO ha una forma cilindrica ed è situato tra la clavicola e la prima costa. Il muscolo origina dalla faccia superiore della cartilagine costale della prima costa e portandosi in alto s’inserisce sul solco del succlavio presente sulla faccia inferiore della clavicola. Il muscolo contraendosi abbassa la clavicola ed è innervato dal nervo succlavio del plesso brachiale(C5-C6). DENTATO ANTERIORE O GRAN DENTATO è localizzato nella parete laterale del torace. Origina mediante 10 digitazioni carnose dalla faccia esterna delle prime 10 coste e, portandosi tra la parete laterale della gabbia toracica e la faccia anteriore della scapola (dove praticamente costituisce la scapolo-toracica; cfr. articolazione scapolotoracica) s’inserisce sulla faccia mediale della scapola stessa (fig.29).

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Il muscolo contraendosi porta la scapola in avanti in fuori ed in alto; con i suoi fasci inferiori solleva anche le coste fungendo così anche da inspiratore(insieme al piccolo pettorale gli elevatori delle coste ed ovviamente il diaframma).Inoltre agisce come fissatore della scapola attaccandola al piano costale nell’atto di spingere qualcosa.(Infatti un deficit di questo muscolo e dei romboidei causa la cosiddetta “scapola alata” Il muscolo è innervato dal nervo toracico lungo del plesso brachiale(C5-C7).

Fig.28

MUSCOLI DELLA PARETE ANTERIORE DEL TRONCO NOTE Fig.28 da ANATOMIA UMANA,BALBONI G.C. E VARI,EDI-ERMES,MILANO,1993

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fig.29 MUSCOLO DENTATO ANTERIORE DOPO ASPORTAZIONE DEI MUSCOLI GARNDE E PICCOLO PETTORALE 1.3.3 MUSCOLI SPINOAPPENDICOLARI Questi muscoli hanno origine dalla colonna vertebrale(costituiscono il primo strato dei muscoli del dorso, al di sopra dei muscoli spinocostali e spinodorsali)e raggiungono le ossa del cingolo toracico l’omero. Sono anche dei muscoli estrinseci del torace ed estrinseci dell’arto superiore. I muscoli spino appendicolari sono disposti in due strati: il primo è costituito dal trapezio e dal grande dorsale, quello più profondo dal piccolo romboideo, dal grande romboideo e dall’elevatore della scapola(angolare) (fig.30 e fig.31). NOTE Fig.29 da ANATOMIA UMANA,BALBONI G.C. E VARI,EDI-ERMES,MILANO,1993

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TRAPEZIO si trova nella regione nucale e nella parte dorsale del torace. Il muscolo origina dal terzo mediale della linea nucale superiore, dalla protuberanza occipitale esterna, dal legamento nucale(è quella parte del legamento sovraspinoso, cordone fibroso teso fra i processi spinosi per tutta la lunghezza della colonna vertebrale, localizzato nel segmento cervicale della colonna ,che , assumendo in questa zona un notevole spessore viene detto legamento nucale)e dai processi spinosi della settima cervicale e di tutte le toraciche. I suoi fasci convergono verso la spalla, quelli superiori con direzione discendente i medi trasversalmente e gli inferiori con direzione ascendente, e si inseriscono al terzo laterale del margine posteriore della clavicola, al margine mediale dell’acromion, al margine posteriore della spina della scapola ed al margine mediale della spina stessa. Il muscolo contraendosi eleva ed adduce la spalla, e più precisamente: ad origine fissa, i suoi fasci superiore elevano la spalla , i medi la portano in addietro e medialmente gli inferiori l’abbassano, ad inserzione fissa, i suoi fasci superiori inclinano la testa dal proprio lato e contraendosi bilateralmente la estendono, i medi egli inferiori sollevano il tronco come nell’atto di arrampicarsi. E’ innervato dal nervo accessorio(11°paio dei nervi encefalici.) GRANDE DORSALE anch’esso fa parte dello strato superficiale dei muscoli spino appendicolari, come il precedente, ricoprendo la parte inferiore e laterale del dorso e la parte laterale del torace. Origina dalla fascia lombodorsale, dai processi delle vertebre lombari e le ultime 6 toraciche, dal legamento sovraspinoso , dalla cresta sacrale media e dal labbro esterno della cresta iliaca. I suoi fasci muscolari si portano in alto e si inseriscono sul tubercolo minore dell’omero e sul solco bicipitale dell’omero. Il muscolo contraendosi adduce e

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ruota all’interno l’omero(essendo così un intrarotatore della scapolo omerale, insieme al gran pettorale gran rotondo e sottoscapolare), ad inserzione fissa solleva il tronco e le coste, agendo anche da muscolo inspiratore.

fig.30 STRATO SUPERFICIALE DEI MUSCOLI DEL DORSO NOTE Fig.30 da ANATOMIA UMANA,BALBONI G.C. E VARI,EDI-ERMES,MILANO,1993

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ROMBOIDE può essere considerato come un muscolo solo(cfr. BALBONI pag..181-82;cfr.KAPANDIJ pag. 62) oppure scomposto in due fasci, l’uno superiore (piccolo)l’altro inferiore (grande) (cfr. CATTANEO pag.192). Considerandolo come un fascio solo il muscolo ,essendo localizzato nella parte inferiore della regione nucale, origina dal tratto inferiore del legamento nucale dai processi spinosi e dai legamenti interspinosi dell’ultima vertebra cervicale e delle prime 4 toraciche. I suoi fasci si portano lateralmente e vanno ad inserirsi sul margine mediale (vertebrale) della scapola, al di sotto della spina. Il muscolo fa parte del secondo strato(cioè quello interno) dei muscoli spino appendicolari, quindi è interamente ricoperto dal trapezio e contraendosi porta la scapola medialmente. Anch’esso funge da fissatore della scapola(cfr. dentato anteriore)ed è innervato da rami dei plessi cervicale e brachiale(C3-C5).

ELEVATORE DELLA SCAPOLA (angolare) anche questo muscolo fa parte del secondo strato dei muscoli spino appendicolari ed occupa la regione laterale posteriore del collo originando dai tubercoli posteriori dei processi trasversi delle prime 4 vertebre cervicali. I suoi fasci si portano in basso ed in fuori e s’inseriscono sull’angolo mediale della scapola. E’ ricoperto dal muscolo trapezio e sternocleidomastoideo e contraendosi solleva e sposta medialmente la scapola. Il muscolo è innervato da rami del plesso cervicale e brachiale(C3-C5).

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fig.31 STRATO PROFONDO DEI MUSCOLI DEL DORSO NOTE Fig.31 da ANATOMIA UMANA,BALBONI G.C. E VARI,EDI-ERMES,MILANO,1993

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1.3.4 MUSCOLI DEL BRACCIO I muscoli del braccio si distinguono in anteriori e posteriori. Posso dire che tutti i muscoli del braccio ad eccezione del brachiale s’inserisce a livello del cingolo scapolo-omerale influendo in tal modo nell’esecuzione dei vari movimenti della spalla. Il muscolo brachiale invece ,originando dalla faccia anteriore dell’omero e portandosi sulla tuberosità dell’ulna, interessa l’articolazione del gomito; per queste ragioni pur essendo, un muscolo anteriore del braccio, non sarà descritto in questa sede. ANTERIORI BICIPITE BRACHIALE questo muscolo e costituito da due capi, uno lungo ed uno breve che inferiormente confluiscono in un ventre unico. Il capo lungo origina, dalla tuberosità sovraglenoidea della scapola e dal labbro glenoideo mediante un lungo tendine che come già accennato gioca un ruolo importante nella fisiologia della spalla. Il tendine ha una funzione fondamentale di puleggia stabilizzatrice della testa omerale, in sinergismo con il tendine del sovraspinoso(cfr. muscolo sopraspinoso).Nella prima porzione il tendine, a livello dell’inserzione , è intrarticolare ed extrasinoviale; nella seconda porzione, extrarticolare, esso si riflette nel solco bicipitale dell’omero ricoperto dal legamento coraco-omerale.

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Il tendine si fa carnoso all’uscita del solco bicipitale, in corrispondenza del terzo medio del braccio si unisce al capo breve. Il capo breve, mediale rispetto al lungo origina dal processo coracoideo della scapola ed unitosi al lungo entrambi s’inseriscono con un robusto tendine sulla tuberosità del radio. Il bicipite è un muscolo biarticolare, quindi agisce sia sull’avambraccio che sul braccio. Contraendosi flette l’avambraccio sul braccio(principale flessore) e sviluppa ad avambraccio prono una notevole azione supinatoria. Inoltre svolge un’azione stabilizzante a livello dell’articolazione scapolo-omerale, grazie soprattutto al capo lungo. Il muscolo è innervato dal nervo muscolocutaneo(C5-C6). CORACOBRACHIALE si trova profondamente al capo breve del tricipite ed origina dal processo coracoideo della scapola. I suoi fasci portandosi in basso s’inseriscono sul terzo medio della faccia anteromediale dell’omero. Il muscolo contraendosi flette e adduce il braccio ed è innervato dal nervo muscolocutaneo(C5-C6).

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fig.32 MUSCOLI ANTERIORI DEL BRACCIO DESTRO NOTE Fig.32 da ANATOMIA UMANA,BALBONI G.C. E VARI,EDI-ERMES,MILANO,1993

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POSTERIORI: TRICIPITE BRACHIALE come dice la parola è costituito da tre parti: capo lungo, capo laterale, capo mediale. Il capo lungo origina dalla tuberosità sottoglenoidea della scapola e dal labbro glenoideo. Il capo laterale origina dalla faccia posteriore dell’omero al di sopra del solco del nervo radiale. Il capo medialeorigina dalla faccia posteriore dell’omero al di sotto del solco del nervo radiale. I tre capi convergono in basso in un unico ventre muscolare per andare ad inserirsi sulla faccia posteriore dell’olecrano dell’ulna. Il muscolo contraendosi estende l’avambraccio sul braccio (principale estensore)e tramite il capo lungo determina un’adduzione dell’omero. Il muscolo è innervato dal nervo radiale(C6-C8).

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Fig.33

MUSCOLO TRICIPITE DI DESTRA, VISTO DAL LATO DORSALE __________________________________________________ NOTE Fig.33 da ANATOMIA UMANA,BALBONI G.C. E VARI,EDI-ERMES,MILANO,1993

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1.4 ANATOMIA DESCRITTIVA Nella spalla possiamo distinguere tre piani anatomici. - uno superficiale; - uno intermedio; - uno profondo; 1.4.1 PIANO SUPERFICIALE Questo piano è formato dal muscolo gran pettorale , dai tre fasci del muscolo deltoideo e dal muscolo trapezio. Fra i due muscoli è presente un solco chiamato solco deltoideo-pettorale. Tale struttura è il setto internervoso che giace fra il muscolo deltoide, innervato dal nervo ascellare , e il muscolo gran pettorale, innervato dai nervi toracici anteriori del plesso brachiale. 1.4.2 PIANO INTERMEDIO E’ rappresentato dai muscoli della cuffia dei rotatori. La struttura anatomica guida è il processo coracoideo su cui si inseriscono 7 importanti Strutture: - il legamento coraco-acromiale; - il legamento coraco-omerale; - i legamento trapezoide e conoide della clavicola; - il tendine del muscolo coracobrachiale; - il tendine del capo breve del muscolo bicipite

brachiale; - il tendine del muscolo piccolo pettorale; In particolare il legamento coraco-acromiale, do forma triangolare , costituisce la parte fibrosa dell’arco coraco acromiale, in stretta relazione con la cuffia dei rotatori ed il capo lungo del bicipite.

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La cuffia dei rotatori, dopo aver rimosso la borsa subacromiale , appare come uno strato muscolo tendineo continuo e contrae stretti rapporti con la volta acromiale. Il legamento coraco-omerale costituisce la parte più superficiale del cosiddetto intervallo dei rotatori che separa il sopraspinoso dal sottoscapolare. 1.4.3 PIANO PROFONDO Davanti al muscolo sottoscapolare e medialmente al processo coracoideo decorre il plesso brachiale e il fascio vascolare. Al di sotto del piano muscolo tendineo della cuffia dei rotatori la capsula articolare della spalla , lassa e ridondante, si differenzia , anteriormente e inferiormente nei 3 legamenti gleno omerali(cfr. articolazione scapolo-omerale). Il legamento gleno-omerale superiore decorre nella cosiddetta capsula anterosuperiore formando la parte più interna , mentre il legamento coraco-omerale ne forma la parte più esterna. Il legamento gleno-omerale medio decorre profondamente al tendine del muscolo sottoscapolare , che lo incrocia a circa 80° inserendosi al tubercolo minore. Il legamento gleno-omerale inferiore , il più complesso ed ampio dei tre , è distinto in tre porzioni : banda anteriore , porzione intermedia (tasca ascellare), banda posteriore. La restante capsula postero superiore, meno spessa, è adesa al piano tendineo del muscolo sottospinoso. Il labbro glenoideo(cercine) costituisce sia un ampliamento della superficie articolare della glena(cfr. articolazione scapolo-omerale), sia l’inserzione fibroperiostea del legamento gleno-omerale inferiore ,sia l’espansione del tendine bicipitale sulla porzione superiore (sovraequatoriale) della glena.

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CAPITOLO SECONDO: LA MECCANICA ARTICOLARE INTRODUZIONE La meccanica articolare dell’articolazione della spalla è molto complessa, perché essendo un complesso articolare costituito da più articolazioni possiede una grande varietà di movimenti. Infatti, come già specificato, questa articolazione è la più mobile del corpo umano. Possiede tre gradi di movimento ( per grado di movimento o di libertà di un articolazione s’intende il numero di piani o assi riguardanti i movimenti e da ciò si deduce che tre sono i gradi che al massimo un’articolazione può possedere), che permettono l’orientamento dell’arto superiore in rapporto ai tre piani dello spazio grazie ai suoi tre assi principali: - Asse trasversale, contenuto nel piano frontale: permette i movimenti di flesso estensione eseguiti in un piano sagittale. - Asse antero-posteriore, contenuto nel piano sagittale: permette i movimenti d’abduzione ed adduzione effettuati in un piano frontale. - Asse verticale, determinato dall’intersezione dei due piani precedenti, permette i movimenti di flessione e di estensione eseguiti in un piano orizzontale, tenendo il braccio abdotto a 90°. Il punto in cui i tre piani mediani del corpo s’intersecano corrisponde al centro di gravità. Per quanto riguarda l’asse longitudinale dell’omero permette la rotazione esterna-interna del braccio e dell’arto superiore secondo due modalità : - la rotazione volontaria che utilizza il terzo grado di libertà ed è possibile soltanto nelle articolazioni a tre assi( enartrosi), ed avviene per contrazione dei muscoli rotatori

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- la rotazione automatica che appare senza alcuna azione volontaria nelle articolazioni a due assi, oppure in quelle a tre quando sono utilizzate come le articolazioni a due. La spalla , quindi, in virtù dei molteplici assi di movimento, combinati con la rotazione attorno al suo asse longitudinale, descrive un “ciclo ergonomico”(vedi Fig.8). 2.1 I MOVIMENTI DI FLESSIONE ED ESTENSIONE La flessione è un movimento in direzione anteriore della testa, del collo, del tronco e quindi anche dell’arto superiore. L’estensione ,invece è un movimento in direzione opposta. Questi due tipi di movimenti sono eseguiti in un piano sagittale , attorno ad un’asse trasversale. Mentre l’estensione ( nel caso dell’arto superiore)è un movimento di modesta ampiezza da 45°-50° (fig.34a), la flessione ha un’ampiezza molto maggiore, raggiungendo i 180° (fig.34b).

Fig.34 MOVIMENTI DI FLESSO ESTENZIONE NOTE Fig.34 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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Parlando della flessione è necessario ricordare che questo movimento è scomposto in tre tempi: Primo tempo : da 0° a 50°-60° ed i muscoli interessati sono deltoide fasci anteriori (1), coracobrachiale(2), pettorale fascio claveare(3) (fig.35).

Fig.35 IL PRIMO TEMPO DELLA FLESSIONE 1-FASCIO ANTERIORE DELTOIDE 2-CORACO-BRACHIALE 3-FASIO SUPERIORE DEL GRANDE PETTORALE Da ricordare che due fattori limitano questa flessione della scapolo-omerale : la tensione del legamento coraco-omerale, la resistenza dei muscoli piccolo, grande rotondo e sottospinoso. NOTE Fig.35 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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Secondo tempo : da 60° a 120°, qui entra in gioco il cingolo scapolare, per cui abbiamo: rotazione di 60° della scapola , per un movimento a campana che orienta la glenoide in alto e avanti; rotazione assiale, meccanicamente collegata di 30°, nelle articolazioni sterno-costo-clavicolare e acromio clavicolare. I muscoli motori sono: trapezio, gran dentato (fig.36).

Fig.36 IL SECONDO TEMPO DELLA FLESSIONE

Da ricordare che la flessione della scapolo-toracica è limitata dalla resistenza del gran dorsale e del gran pettorale( fasci inferiori). Terzo tempo : da 120° a 180°, in questo terzo tempo il movimento di flessione si arresta per la scapolo-omerale e scapolo-toracica ed allora interviene il rachide. NOTE Fig.36 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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Se la flessione è monolaterale, è possibile terminare il movimento passando in massima abduzione, e quindi inclinando lateralmente il rachide Se invece è bilaterale, il movimento avviene grazie ad una iperlordosi per azione dei muscoli lombari.

fig.37 IL TERZO TEMPO DELLA FLESSIONE Parlando invece dell’estensione dobbiamo distinguere : un’estensione nella scapolo-omerale, ed in questo caso i muscoli interessati sono : grande e piccolo rotondo, deltoide fascio posteriore, gran dorsale; un’estensione della scapolo-toracica, per l’adduzione della spalla, ed allora i muscoli motori sono: romboide, trapezio fasci trasversali, gran dorsale.

____________________________________________ NOTE Fig.37 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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2.2 IL MOVIMENTO DI ADDUZIONE

L’adduzione è il movimento di avvicinamento ,verso il piano sagittale mediano del corpo per tutte le parti degli arti, ad eccezione del pollice delle dita delle mani e dei piedi (in questo caso l’adduzione è il movimento di avvicinamento alla linea assiale che si estende attraverso il terzo dito). Per la spalla e quindi per l’arto superiore , l’adduzione sul piano frontale, la cosiddetta adduzione assoluta, partendo dalla posizione di riferimento è meccanicamente impossibile per la presenza del tronco. E’ possibile solo se combinata :ad un’estensione, ed allora avremo un’adduzione molto modesta (fig.38a); oppure ad una flessione , in questo caso l’escursione sarà fra i 30°ed i 45° (fig.38b).

Fig.38 L’ADDUZIONE ASSOLUTA NOTE Fig.38 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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Invece partendo da una qualsiasi posizione di abduzione , l’adduzione è sempre possibile sul piano frontale, fino alla posizione di riferimento. In questo caso l’adduzione viene chiamata relativa (fig.39).

fig.39

L’ADDUZIONE RELATIVA

I muscoli motori dell’adduzione sono :gran rotondo ,gran pettorale, gran dorsale, romboide. Nell’esecuzione del movimento di adduzione è interessante notare il sinergismo di due coppie motorie che sono : 1) coppia romboide, gran rotondo. L’azione sinergica di questi due muscoli è indispensabile, perché se si contrae solo il gran rotondo, l’arto superiore offre resistenza all’adduzione, la scapola deve ruotare verso l’alto intorno al suo asse. Invece la contrazione del romboide impedisce questa rotazione, favorendo l’adduzione del gran rotondo.

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2) coppia tricipite capo lungo, gran dorsale. La contrazione del gran dorsale , adduttore potente , tende a lussare la testa omerale in basso. Invece il capo lungo del tricipite ,che è un adduttore blando, si contrae simultaneamente opponendosi a questa lussazione, facendo risalire la testa omerale.

2.3 IL MOVIMENTO DI ABDUZIONE L’abduzione ,invece ,al contrario dell’adduzione è il movimento di allontanamento verso il piano sagittale mediano del corpo per tutte le parti degli arti, con la medesima eccezione. Quindi per quanto riguarda la spalla questo movimento determina l’allontanamento dell’arto superiore dal tronco, e de è eseguito su un piano frontale, attorno ad un asse antero-posteriore. L’ampiezza dell’abduzione è notevole, 180°, ed in questo modo il braccio è verticale al di sopra del tronco. Dal punto di vista articolare è muscolare, questo è in movimento molto complesso , che può essere diviso in tre stadi (fig.40): 1) abduzione da 0° fino a 90° che si effettua a livello

della scapolo omerale (fig 40a); In questo stadio i muscoli interessati sono il deltoide ed il sopraspinato. Essi formano la coppia degli abduttori della scapolo-omerale, perché è con questa articolazione che ha inizio il movimento di abduzione. Questo primo stadio termina a 90° gradi a causa del contatto del tubercolo maggiore con il margine superiore della glenoide. La rotazione esterna oppure una lieve flessione spostano il tubercolo posteriormente , ritardando questo blocco meccanico.

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2) Abduzione da 90° fino a 150° che necessita della

partecipazione della scapolo toracica (fig.40b); E’ necessario l’intervento della scapolo-toracica , perché la scapolo-omerale risulta ormai bloccata, quindi l’abduzione può continuare solo grazie alla partecipazione del cingolo scapolare. Avremo così : - un movimento a campana della scapola , con rotazione antioraria( per la DX)che orienta la glenoide verso l’alto; ampiezza della rotazione 60°; - un movimento di rotazione longitudinale , legato meccanicamente, nelle articolazioni clavi-sterno-costale e acromion-claveare, che concorrono ciascuna per 30°. I muscoli motori di questo secondo tempo sono: il trapezio (3 e 4) ed il gran dentato (5), che costituiscono la coppia abduttori della scapolo-toracica. Il movimento si arresta a 150°( 90°+60) per la resistenza dei muscoli adduttori :gran dorale e gran pettorale. 3) Abduzione da 120° fino a 180° in cui si somma

anche l’inclinazione del tronco (fig.40 c). Per raggiungere la verticalizzazione dell’arto superiore il rachide deve partecipare al movimento. Se è in abduzione un solo braccio, sarà sufficiente un’inclinazione laterale del rachide, per azione dei muscoli spinali del lato opposto. Se sono i abduzione entrambe le braccia , per raggiungere entrambe la posizione verticale , è necessaria una iperlordosi lombare, per azione dei muscoli spinali.

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fig.40 I TRE TEMPI DELL’ABDUZIONE 1-DELTOIDE 2-SOVRASPINOSO 3-TRAPEZIO 4-TRAPEZIO 5-GRAN DENTATO 6-MUSCOLI SPINALI

Ovviamente questa distinzione è puramente didattica ; in realtà i muscoli che vi partecipano sono tra di loro in collaborazione. Alla fine abduzione tutti i suoi muscoli motori sono in contrazione. Si può quindi capire che i due muscoli principali del movimento di abduzione sono il deltoide ed il sovraspinoso , che hanno entrambi un ruolo ben preciso. NOTE Fig.40 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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Ruolo del deltoide : nel deltoide si possono distinguere funzionalmente 7 porzioni (fig.41) : il fascio anteriore , clavicolare , ne comprende due:1,2; il fascio mediale, acromiale, ne comprende uno: 3; il fascio posteriore ,spinale, ne comprende quattro:4,5,6,7;

fig.41 LE SETTE PORZIONI DEL DELTOIDE (secondo fick) Considerando queste porzioni nella loro situazione in rapporto all’asse dell’abduzione AA’ , si può comprendere che alcune di esse : i fasci acromiali(3),la parte esterna della porzione 2 del fascio clavicolare e la porzione 4 del fascio spinale, sono propriamente abduttrici, poiché situate fuori dall’asse Le porzioni rimanenti , invece sono adduttrici quando l’arto superiore pende lungo il corpo, sono cioè antagoniste delle precedenti. Quando il movimento di abduzione le dispone fuori dall’asse sagittale diventano abduttrici, anche se alcune di esse (6,7) restano adduttrici per qualsiasi grado di abduzione (fig42). NOTE Fig.41 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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fig.42 VISIONE DEL DELTOIDE IN RAPPORTO ALL’ASSE DI ABDUZIONE AA’ Studi elettromiografici hanno dimostrato che le differenti porzioni entrano successivamente in azione colo progredire del movimento, come i tasti di un pianoforte. Concludendo si può quindi dire che il deltoide , attivo sin dall’inizio dell’abduzione(di solito con la porzione acromiale,3), da solo può portarla fino alla sua completa ampiezza.. La sua massima azione è di 90°. Ruolo del sovraspinoso: questo muscolo era ritenuto dagli anglosassoni “l’abductor starter (CFR..I.A.KAPANDJI “Fisiologia Articolare”).Però il blocco anestetico del nervo sovrascapolare, ha dimostrato che non è indispensabile neppure all’inizio della abduzione: il solo deltoide è sufficiente ad ottenere un’abduzione completa. ____________________________________________ NOTE Fig.42 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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Comunque anche il sovraspinoso da solo riesce a determinare un’abduzione d’ampiezza uguale al deltoide , esso si contrae per l’intero movimento e la sua massima attività si verifica a 90°( come il deltoide). Quando inizia l’abduzione la sua componente tangenziale (ST) è in proporzione più forte a quella deltoidea (DT), ma il suo braccio di leva più corto. La sua componente radiale(SR) spinge la testa omerale nella glenoide e contribuisce ad impedire la lussazione verso l’alto sotto l’azione della componente radiale del deltoide(DR) (fig.43).

Fig.43

IL SOVRASPINOSO E L’ABDUZIONE NOTE Fig.43 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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Quindi si può dire che il sovraspinoso ha un ruolo coattante, la sua azione è sinergica a quella degli altri muscoli della cuffia dei rotatori; aiuta il deltoide che , quando lavora isolatamente, si affatica presto (fig.44). Infatti altri muscoli non meno utili, per il movimento di abduzione sono il : sottoscapolare, il sottospinoso ed il piccolo rotondo(Rotatori) , che attirando la testa omerale in basso ed all’interno creano col deltoide una coppia funzionale per il movimento. Inoltre anche il tendine del capo lungo del bicipite risulta motore , poiché una sua rottura determina una perdita del 20% della forza di abduzione. E’ da sottolineare che l’abduzione pura descritta , solo nel piano frontale, è un movimento poco utilizzato, usualmente l’abduzione è combinata ad una certa flessione, cioè l’elevazione del braccio nel piano della scapola, formando un angolo di 30° anteriormente al piano frontale.

Fig.44 VISIONE ANTERO SUPERIORE DELLA SCAPOLA E DEI MUSCOLI MOTORI NOTE Fig.44 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

1-DELTOIDE 2-SOVRASPINOSO3-DENTATO 4-TRAPEZIO

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2.4 IL MOVIMENTO DI CIRCONDUZIONE Questo movimento combina i movimenti elementari attorno ai tre assi, combinando ,quindi, in successione , flessione, abduzione, estensione ed adduzione (fig.45). Durante il movimento la parte interessata descrive un cono. Per quanto riguarda l’arto superiore quando la circonduzione è spinta e portata alla sua ampiezza massima, il braccio descrive nello spazio, appunto, un cono irregolare detto : cono di circonduzione. Quest’ultimo delimita , in una sfera che abbia per centro la spalla ed un raggio uguale alla lunghezza dell’arto superiore, un settore sferico di accessibilità, all’interno del quale la mano può raggiungere gli oggetti senza muovere il tronco. LA CIRCONDUZIONE

Fig.45 NOTE Fig,45 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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E’ da sottolineare che solo tutte insieme le 4(5) articolazioni della spalla possono creare il complesso movimento della circonduzione , ed è importante rilevare “che la partecipazione di ognuna di esse all’intero movimento è simultanea e non successiva”(PICCHIO 1952, Primario emerito Divisione Ortopedia, Pesaro); la scapolo omerale può contribuire per il 60%; le due articolazioni claveari per il 20%; la scapolo-toracica per il 20%.(dati “PATOLOGIA NON TRAUMATICA DELLA SPALLA”, Ricciardi editore 1986). La circonduzione del braccio sul tronco avviene grazie a due sistemi anatomo-funzionali: 1) il sistema scapolo-omerale; 2) il sistema musco-borso-legamentoso sotto-acromion

deltoideo , cioè l’articolazione sottodeltoidea. La circonduzione è un movimento realizzabile solo da articolazioni di tipo sferico, condiloideo o a sella.

2.5 LA ROTAZIONE DEL BRACCIO SUL SUO ASSE LONGITUDINALE Questo movimento si può effettuare in qualunque posizione si trovi la spalla. Si tratta della rotazione volontaria o aggiunta delle articolazioni a tre assi e tre gradi di libertà. Questo movimento , che ovviamente e scomposto in intra-extra rotazione del braccio ( o della spalla) si attua grazie all’azione combinata dell’articolazione scapolo-omerale e del cingolo scapolare (fig.46). Per misurare l’ampiezza di questi movimenti è necessario assumere una, cosiddetta posizione di riferimento, con il gomito flesso a 90°, in modo che l’avambraccio sia contenuto nel piano sagittale (fig.46a).

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Senza questa precauzione all’ampiezza dei movimenti di rotazione esterna-interna del braccio si aggiungerebbe quella dei movimenti di pronosupinazione dell’avambraccio.

Fig.46 LA ROTAZIONE VOLONTARIA DEL BRACCIO 1) extrarotazione: la sua ampiezza è di 80°, anche se l’ampiezza massima e poco utilizzata .La rotazione esterna non arriva mai a 90°, ed è maggiormente utilizzata nel settore compreso da 0° a 30° (fig.46.b). 2) intrarotazione: la sua ampiezza va da 100° a 110° e per realizzarla bisogna far passare l’avambraccio dietro il tronco, combinandosi con una certa estensione delle spalle (fig.46a). Questo movimento è indispensabile perché la mano possa arrivare al dorso. NOTE Fig.46 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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I muscoli motori della rotazione della scapolo-omerale si distinguono ovviamente in due classi: 1) Rotatori interni: gran dorsale, gran pettorale, gran

rotondo, sottoscapolare; 2) Rotatori esterni : sopraspinoso, piccolo rotondo. I rotatori esterni sono inferiori per numero e potenza agli interni, ma indispensabili, poiché in grado di staccare la mano dalla superficie anteriore del tronco, portandola in avanti ed all’esterno(indispensabile per scrivere). E’ pero da evidenziare che la rotazione della scapolo-omerale non riesce da sola a completare la rotazione dell’arto superiore , senza i cambiamenti di orientamento della scapola, e quindi della glenoide, nei movimenti di traslazione laterale della scapola stessa. I muscoli motori sono : - per la rotazione esterna che determina un’adduzione della scapola : il romboide ed il trapezio fasci medi. - per la rotazione interna che determina un abduzione della scapola : il gran dentato ed il piccolo pettorale. 2.6 IL MOVIMENTO DI FLESSO-ESTENSIONE ORIZZONTALE Questo è il movimento dell’arto superiore nel piano orizzontale( ben diverso da quello sul piano sagittale) attorno ad un asse verticale, più esattamente attorno ad una successione di assi verticali poiché i movimenti si effettuano non solo nella scapolo-omerale ma anche nella scapolo-toracica (fig.47). Partendo dalla posizione di riferimento con l’arto superiore in abduzione di 90° nel piano frontale (fig.47a), possiamo avere:

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Fig.47 LA FLESSO ESTENZIONE ORIZZONTALE 1) flessione orizzontale , movimento che combina la

flessione e l’adduzione di 140° di ampiezza (fig.47b) ; 2) estensione orizzontale, movimento che combina

l’estensione e l’abduzione di ampiezza 30° (fig.47c). L’ampiezza totale di questi movimenti di flesso-estensione orizzontale arriva fino a 180°. Adesso prendiamo in esame i movimenti del moncone della spalla ed i movimenti propri della scapola che chiudono così la vasta gamma di movimenti che il complesso articolare della spalla permette. Note Fig.47 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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2.7 MOVIMENTI DEL MONCONE DELLA SPALLA SUL PIANO ORIZZONTALE Questi sono movimenti che mettono in gioco la scapolo-toracica e sono: la retroposizione del moncone, l’anteposizione del moncone(fig.48). L’ampiezza dell’anteposizione del moncone della spalla è molto maggiore della retroposizione. Partendo dalla posizione di riferimento (fig.48a) questi movimenti sono effettuati grazie all’azione dei seguenti muscoli : anteposizione: gran pettorale, piccolo pettorale, gran dentato (fig.48 c); retroposizione : romboide , trapezio (fasci trasversali), gran dorsale (fig.48 b).

fig.48 I MOVIMENTI DEL MONCONE DELLA SPALLA NOTE Fig.48 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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2.8 MOVIMENTI DELLA SCAPOLA Questi sono tutti movimenti della scapola sul torace che di solito sono associati a quelli già descritti. I muscoli che collegano la scapola al torace ed alla colonna forniscono sostegno e movimento alla scapola .Sono orientati in direzione obliqua così da produrre movimenti di rotazione e lineari dell’osso.

Fig.49 I MOVIMENTI DELLA SCAPOLA

Per quanto riguarda la traslazione verticale della scapola su di un piano frontale abbiamo: elevazione : è un movimento di scorrimento in cui la scapola si muove cranialmente ( scrollarsi le spalle); questo movimento si ottiene grazie all’azione dei muscoli : Romboide, elevatore della scapola, trapezio fasci superiori. NOTE Fig.49 da Kendall E. Kendall F. I MUSCOLI FUNZIONI E TEST

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Abbassamento : è un movimento di scorrimento in cui la scapola si muove caudalmente; questo movimento si ottiene grazie all’azione dei muscoli : piccolo pettorale, succlavio, gran dentato, trapezio fasci inferiori. Per quanto riguarda la traslazione mediale e laterale su di un piano frontale abbiamo: Traslazione mediale : è un movimento di avvicinamento del margine vertebrale della scapola alla linea apofisaria rachidea; questo movimento si ottiene grazie all’azione dei muscoli: romboide, trapezio fasci medi. Traslazione laterale : è un movimento di allontanamento del margine vertebrale della scapola dalla linea apofisaria rachidea e si attua grazie ad i seguenti muscoli : gran dentato, piccolo pettorale. Per quanto riguarda la rotazione verso l’alto ed il basso intorno ad un’asse perpendicolare all’omoplata( scapola) abbiamo : Rotazione laterale o rotazione verso l’alto della glenoide : è un movimento attorno all’asse sagittale in cui l’angolo inferiore della scapola si sposta lateralmente e la glenoide cranialmente; questo movimento è attuato da: trapezio fasci superiori e medi, gran dentato. Rotazione mediale o rotazione in basso della glenoide : è un movimento attorno all’asse sagittale in cui l’angolo inferiore della scapola si sposta medialmente e la glenoide caudalmente attuato dai muscoli : trapezio fasci inferiori, piccolo pettorale.

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2.9 LA ROTAZIONE CONGIUNTA “IL PARADOSSO DI CODMAN” Concludendo il capitolo sulla meccanica articolare della spalla è necessario accennare alla rotazione congiunta ( o automatica) di questa articolazione; rotazione che si verifica automaticamente nelle articolazioni a due assi quando sono utilizzate come le articolazioni a due. La rotazione automatica o Paradosso di Codman e facilmente descrivibile con un semplice esercizio (fig.50). Partendo dalla posizione di riferimento , con arto superiore verticale lungo il corpo, palmo della mano in dentro e pollice in avanti (fig.50a), effettuando un’abduzione di 180° sul piano frontale (fig.50c) e poi un’estensione di 180° in quello sagittale (fig.50d), ci ritroviamo con l’arto verticale lungo il corpo , ma il palmo e in fuori e il pollice in dietro (fig.50e). Si è prodotto così un movimento di rotazione longitudinale di 180° che ha fatto cambiare l’orientamento del palmo della mano. In questo doppio movimento di abduzione ed estensione si è quindi prodotta automaticamente una rotazione interna di 180°: si può dire che un movimento successivo attorno a due degli assi della spalla determina meccanicamente e senza l’intervento della volontà un movimento attorno all’asse longitudinale dell’arto superiore. La cosiddetta rotazione congiunta che appare nei movimenti in successione. Se poi utilizziamo il terzo asse per realizzare volontariamente una rotazione inversa di 180°, la mano si ritrova nella posizione di partenza , con il pollice avanti , descrivendo cosi un ciclo ergonomico( tipico della spalla nel nuoto classico). Questa rotazione chiamata( da Mac Conaill) rotazione aggiunta , è possibile solo nelle articolazioni a tre gradi di libertà.

Questi due tipi di rotazione longitudinale di cui la spalla

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è capace possono sommarsi algebricamente: 1) se la rotazione volontaria (aggiunta) è nulla quella

automatica( congiunta) si manifesta: Paradosso di Codman;

2) se la rotazione volontaria è nello stesso senso di quella automatica , questa l’amplifica;

3) se la rotazione volontaria è di senso inverso , diminuisce o annulla la rotazione automatica.

Fig.50

IL PARADOSSO DI CODMAN ___________________________________________ NOTE Fig.50 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

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Concludendo il capitolo sulla biomeccanica del complesso articolare della spalla, ,è necessario evidenziare i muscoli motori principali del cingolo scapolare che sono (figg.51,52 e 53): TRAPEZIO: diviso in tre porzion (1,1’,1”): 1) fascio superiore , acromio claveare la cui azione:

solleva il moncone della spalla; impedisce la sua caduta per azione di pesi; determina iperlordosi cervicale, più la rotazione della testa dal lato opposto quando il fascio fa perno sulla spalla.

2) Fascio mediale, spinoso la cui azione: avvicina di 2/4 cm il margine mediale scapola alla linea apofisaria rachidea; fa aderire la scapola al torace; porta indietro il moncone della spalla.

3) Fascio inferiore , la cui azione : attira la scapola verso il basso e medialmente.

Se i tre fasci si contraggono simultaneamente: la scapola viene spinta medialmente ed indietro; la scapola viene ruotata in alto di 20°(ruolo importante nel trasporto di carichi pesanti (figg.51,52,53). ROMBOIDE (2): questo muscolo ha una direzione obliqua in alto e medialmente e la sua azione: attira l’angolo inferiore in della scapola in alto e medialmente ed in questo modo determina , elevazione della scapola , rotazione della scapola verso il basso , con orientamento della glenoide in basso, inoltre determina l’adesione dell’angolo inferiore della scapola alla coste; infatti la paralisi di questo muscolo si manifesta con il distacco della scapole, le cosiddette scapole alate (fig.51). ELEVATORE DELLA SCAPOLA (3): questo muscolo con direzione obliqua in alto e medialmente ha

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un’azione simile a quella del romboide :attira l’angolo superiore della scapola in alto e medialmente di 3cm , si contrae sollevando pesi e la sua paralisi e la sua ipotonia determina la caduta del moncone della spalla, come nel caso delle spalle spioventi o “ a collo di bottiglia”, mentre la sua ipertonicità o la sua retrazione possono causare l’innalzamento del moncone della spalla, come nel caso della scapola alta congenita o “deformità di Sprengel” oppure “nell’atteggiamento in innalzamento della scapola” ( CFR. “COMPENDIO DI GINNASTICA CORRETTIVA, F.Tribastone ,S.S.S. 1994) (figg.52,53). GRAN DENTATO o DENTATO ANTERIORE questo muscolo può esser diviso in due porzioni: la prima superiore con direzione orizzontale ed in avanti che contraendosi attira la scapola in avanti e medialmente, impedendole di allontanarsi quando si spinge in avanti un peso. Effettua quindi un’azione di bloccaggio ed in caso di paralisi nello spingere avanti qualcosa il margine interno della scapola si allontana; la seconda con direzione obliqua in avanti ed in basso, determina il basculamento della scapola verso l’alto , orientando così in alto la glenoide. Quest’azione interviene nella flessione, nell’abduzione, nel trasportare pesi, ma solo quando l’abduzione del braccio supera i 30° (figg.51,52,53). PICCOLO PETTORALE (5): questo muscolo ha una direzione obliqua verso il basso in avanti e medialmente e la sua azione: abbassa il moncone della spalla , quindi orienta la glenoide in basso, fa scivolare la

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scapola lateralmente ed in avanti , con allontanamento dal torace del suo bordo posteriore (fig.51,53). SUCCLAVIO (6): questo muscolo ha una direzione verso il basso e medialmente e la sua azione : abbassa la clavicola ed il moncone della spalla , spinge l’estremità mediale della clavicola verso lo sterno (fig.51).

Fig.51 I MUSCOLI MOTORI DEL CINGOLO SCAPOLARE PARTE SINISTRA ANTERIORE, PARTE DESTRA POSTERIORE

1-TRAPEZIO 2-ROMBOIDE 3-ELEVATORE DELLA SCAPOLA 4-DENTATO ANTERIORE 5-PICCOLO PETTORALE 6-SUCCLAVIO

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NOTE Fig.51 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

Fig.52 I MUSCOLI MOTORI DEL CINGOLO SCAPOLARE SCHEMA DI PROFILO DEL TORACE

Fig.53

I MUSCOLI MOTORI DEL CINGOLO SCAPOLARE SEZIONE ORIZZONTALE DEL TORACE

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NOTE Fig.52 e fig.53 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999

CAPITOLO TERZO: LE PATOLOGIE Nelle diverse sollecitazioni forzate o meno, soprattutto ripetute in soggetti impegnati in molteplici attività della vita di relazione e di lavoro , più elementi anatomici della spalla possono entrare in sofferenza. Molti studi insegnano che molte affezioni della spalla avvengono in soggetti a particolare terreno costituzionale eredo-familiare, vizi strutturali , defaillances neuromuscolari ed altre ancora come è ben evidenziato nei dati seguenti (tab.1): Incidenza dei fattori eziologici ed associazioni morbose nella spalla dolorosa: a) Reumatismi: 60% b) Diabete: 3% c) Uricemia: 3% d) Cardiopatie: 10% e)Traumi: 6,5% f) Trombosi cerebrale 6,5% g)Affezioni cranio cerebrali 3% h)Bronchite cronica: 3% i)Dismorfismi- Paramorfismi 3% l)Eziologia incerta 2% tab.1 (da“ PATOLOGIA NON TRAUMATICA DELLA SPALLA”, Ricciardi, 1986, modificato) 3.1 SINDROMI DA INSTABILITA’ 3.1.1 CENNI DA INSTABILITA’

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L’articolazione principale della spalla , la scapolo-omerale , essendo dotata del massimo grado di mobilità nei diversi piani dello spazio, è per ciò intrinsecamente instabile. Per un efficiente controllo entrano quindi in gioco diverse strutture e molteplici forze muscolari come è evidenziato nello schema sottostante (tab.2) :

Determinanti anatomici della stabilità articolare

Tab.2 La conformazione ossea

La superficie glenoidea, piana e relativamente piccola si articola con la testa omerale, sferica e piuttosto grossa.

STRUTTURE PASSIVE

A) conformazione ossea: -indice gleno-omerale -congruenza articolare -tilt glenoideo -retrorsione testa omere -doccia bicipitale B) formazioni capsule legamentose: -leg. Coraco-omerale -leg.gleno-omerali -cercine glenoideo

STRUTTURE ATTIVE

A) gruppi muscolari: -intrinseci

-estrinseci

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NOTE Fig.64 da “PATOLOGIA NON TRAUMATICA DELLA SPALLA, Ricciardi, 1986 L’indice gleno omerale è il rapporto di grandezza tra queste due superfici, solitamente di 1:4. Ovviamente maggiore è l’indice , cioè quanto è più grande la glenoide , tanto migliore sarà la stabilità articolare(SAHA 1971).

Di una certa importanza risulta anche la congruenza delle superfici di scorrimento. Se la fossa glenoidea risulta molto avvallata e con un raggio di curvatura che si avvicini a quello della testa omerale, il bordo periferico ne risulterà più rilevato e quindi più continente(SAHA 1967). L’inclinazione o tilt glenoideo, e cioè l’orientamento della faccia glenoidea rispetto all’asse scapolare, è di 7,5° di retroversione in media. Nel 25% dei casi si può riscontrare una modesta antiversione. L’eccesso di retroversione , come una spiccata antiversione possono favorire l’instabilità. Anche la retroposizione della testa omerale rispetto all’asse diafisario è considerato un fattore di stabilità. Una retroposizione della testa che superi i 30° 40° diminuirebbe le capacità di stabilità dinamica. Possibili variazioni morfologiche della doccia , possono avere valore nella patogenesi di sofferenze del tendine del capo lungo del bicipite in funzione di stabilizzatore complementare. In definitiva le varianti della conformazione ossea appaiono essere di piuttosto modesta rilevanza sulla stabilità articolare.

Formazioni capsulo-legamentose

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Un ruolo essenziale nella stabilizzazione della spalla , come già descritto nei capitoli precedenti, viene svolto dalle formazioni capsulo-legamentose. Nella posizione anatomica di 0° di abduzione, con arto pendente lungo il tronco , la muscolatura risulta fondamentalmente inattiva(anche al controllo EMG) e la stabilità è assicurata dal legamento coraco omerale e dal gleno-omerale superiore , da considerare i “ veri e propri legamenti sospensori della spalla”( BAZANT 1959). Il legamento gleno-omerale medio è lasso in questa posizione ed entra in tensione solo nel movimento di rotazione esterna. Invece abducendo l’arto , è essenzialmente quello inferiore a tendersi e controllare gli spostamenti antero-inferiori , della testa omerale. Considerando infine il cercine glenoideo, la sua lesione è considerata essenziale nel determinismo dell’instabilità articolare(Lesione di Bankart). Se esso è disinserito , i legamenti gleno-omerali vengono a mancare del punto di attacco sul bordo glenoideo e il meccanismo capsulare perderà la capacità di entrare in tensione. Inoltre i legamenti rilassati tendono a retrarsi(per la componente elastica) e quindi la beanza impedirà , la formazione di una valida cicatrice. Permane così una “porta aperta” attraverso cui la testa omerale potrà fuoriuscire. Gruppi muscolari Si possono distinguere due gruppi: Muscoli intrinseci o stabilizzatori diretti: Sono la cuffia dei rotatori ed il sottoscapolare implicati direttamente nella stabilità gleno-omerale, per la loro azione di centrazione della testa omerale sulla concavità glenoidea(LUCAS, 1973). Essi circondano la

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testa omerale per 2/3 e inserendosi al collo anatomico agiscono come legamenti a lunghezza variabile. Muscoli estrinseci o stabilizzatori indiretti: Essi agiscono più perifericamente , svolgendo una duplice funzione: da una parte , fissazione e orientamento del fulcro scapolare nello spazio, in modo che venga ad opporsi, nelle condizioni meccanicamente più favorevoli , alle forze dislocanti che si concentrano sulla testa omerale; dall’altra controllo dei movimenti della diafisi omerale. Guardando più attentamente ed approfonditamente alle varie sindromi da instabilità si possono fare delle classificazioni. Una di queste classificazioni, puramente clinica,(G.WALCH,D.MOLE,1991) divide le instabilità in tre categorie: 1)LUSSAZIONE consiste in una perdita di contatto completa e permanente tra le superfici articolari , che provoca un atteggiamento vizioso ed irriducibile dell’arto superiore e richiede un gesto di riduzione. 2)SUBLUSSAZIONE consiste in una perdita di contatto parziale, permanente o no , tra le superfici articolari dell’articolazione scapolo-omerale.

Tab.3

CLASSIFICAZIONE DELLE INSTABILITA’

- Lussazione - Sublussazione - Spalla dolorosa pura da incidente di instabil.

anteriore o posteriore acuta, recidivante, di vecchia data volontaria o involontaria con o senza iperlassità inferiore

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NOTE Tab.3 da “ La spalla dolorosa” Classificazione, trattamento, riabilitazione. Ed. Marrapese, Roma, 1999 3)SPALLA DOLOROSA DA INCIDENTE DA INSTABILITA’ PASSATO INOSSERVATO il soggetto non lamenta alcuna sensazione di instabilità , ne descrive nessun incidente che possa far pensare ad una lussazione o ad una sub-lussazione. Il dolore occupa un posto di rilievo , risvegliato dal braccio in posizione “ braccio armato”.

Ovviamente ci sono tantissimi altri tipi di classificazione; un altra molto interessante a, anche se meno dettagliata , è quella adottata da Randelli(dell’Istituto Ortopedico Milano) che suddivide le varie sindromi da instabilità in base all’eziologia ed agli spostamenti della testa omerale (tab.4). Tab.4 Tra le forme di origine traumatica , quelle causate da traumi violenti sono le più numerose. Mentre quelle da trauma iterativo viene riconosciuto come momento determinante il ripetersi di violenze articolari, per lo più

CLASSIFICAZIONE EZIOLOGICA DELLA INSTABILITA’ DINAMICA DELLA SPALLA

volontaria Atraumatica idiopatica I.D.S. da trauma violento Traumatica da trauma iterativo

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di natura sportiva, che finiscono per danneggiare le strutture contenitive. NOTE Tab.4 da “ Patologia non traumatica della spalla”, Ed.Piccin, Italia, 1989 Le varie sindromi da instabilità possono essere classificate anche secondo gli spostamenti della testa omerale; ciò è molto utile , perché permette di localizzare la sede dove vanno ricercate le lesioni anatomo-patologiche (tab.5). Si devono distinguere le instabilità unidirezionali(anteriore, posteriore, inferiore di cui l’anteriore come ho già descritto prima è la più frequente, dalle instabilità multidirezionali, dove lo spostamento avviene in più direzioni.. Tab.5 Adesso mi soffermerò su i due tipi di instabilità principali: quelle anteriori, e quelle posteriori. 3.1.2 LE INSTABILITA’ ANTERIORI La stabilità della scapolo-omerale dipende come ho già scritto da tre fattori: - la morfologia ossea;: - i muscoli; - gli elementi capsulo-legamentosi ed il cercine;

INSTABILITA’ UNIDIREZIONALE -ANTERIORE -POSTERIORE -INFERIORE INSTABILITA’ PLURIDIREZIONALE -ANTERO/INFERIORE -POSTERO/INFERIORE -GLOBALE

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____________________________________________ NOTE “ Patologia non traumatica della spalla”, Ed.Piccin, Italia, 1989Tab.5 da Elementi ossei La teste omerale è convessa ed orientata posteriormente con un angolo di 30° sul piano frontale. La glena è concava , il suo diametro trasversale è la metà della testa omerale, la sua profondità è scarsa ma viene aumentata del 50% dal cercine glenoideo. La glena è retroversa rispetto alla squama della scapola di 10°. Elementi muscolari Il sottoscapolare inserendosi nella fossa sottoscapolare e terminando sul tubercolo minore forma una barriera naturale anteriormente all’articolazione. Il sottospinoso ed il piccolo rotondo finiscono in un tendine comune che aderisce alla capsula articolare posteriore formando la parte posteriore della cuffia. Il capo lungo del bicipite la stabilizza sempre anteriormente col suo percorso discendente dalla tuberosità sopraglenoidea alla doccia bicipitale. (Adams e Symèonides avevano sostenuto una “teoria muscolare” per spiegare l’instabilità anteriore. Essi ritenevano che il sottoscapolare fosse il principale stabilizzatore anteriore , attraverso un effetto di cinghia anteriore attiva. Il deficit del suddetto conduceva all’instabilità. De Palma sosteneva una teoria simile chiamata “neuro muscular imbalance”: uno squilibrio primitivo tra sottoscapolare e sottospinoso portava all’instabilità anteriore quando lo squilibrio si produceva a vantaggio del sottospinoso. Tali teorie sono attualmente abbandonate.). Elementi capsulo-legamentosi e cercine LGOS è il più piccolo e costante .Non gli viene riconosciuto alcun ruolo nella stabilizzazione anteriore.

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LGOM è di dimensione variabile si inserisce esternamente sul collo anatomico dell’omero e la sua porzione inferiore è nascosta da legamento inferiore. LGOI è il più lungo ed il più largo dei legamenti gleno-omerali. Secondo TURKEL vi si possono riconoscere due porzioni : il fascio superiore ed il recesso ascellare, più inferiore. CERCINE elemento indissociabile nel duo studio dal LGOI. Questi due elementi possono considerarsi schematicamente come una sola identica struttura. Sul piano istologico il cercine è di natura fibrosa come il LGOI con uno strato molto sottile di fibrocartilagine sul punto d’inserzione sulla glena. Sul piano anatomico, la loro inserzione glenoidea è comune, il che conferisce loro lo stesso ruolo funzionale. Se tali e tanti sono i meccanismi di controllo della stabilità articolare , è evidente che alla base delle sindromi di instabilità debba esservi una altrettanto molteplice anatomia patologica, che può interessare o la componente ossea , o le formazioni capsulo-legamentose o le masse muscolari. Anatomo-patologia dell’instabilità anteriore Lesioni ossee: Fratture glena: sono causate o da un trauma in compressione da una caduta sul moncone della spalla oppure da una lacerazione osteo-legamentosa a seguito di un movimento in retropulsione , abduzione , rotazione esterna(il braccio è “strappato” posteriormente come per es. nell’atto di piantare le racchette da sci).Alcune di queste fratture sembra

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consolidarsi correttamente, altre invece evolvono verso una pseudo-artrosi , fonte di instabilità. Smussamento glena: fenomeno che deriva dall’erosione progressiva del margine antero-inferiore dovuta al passaggio della testa omerale. Tale lesione è di grado variabile può presentarsi sotto forma di semplice smussamento dell’angolo acuto antero-inferiore , fino all’angolo smusso che coinvolge tutto il margine antero-inferiore. Fratture da impatto: è anche conosciuta come lesione di Hill-Sachs, corrisponde ad una frattura da impatto della faccia postero-superiore della testa omerale sul margine antero-inferiore della glena. La lesione va da una semplice abrasione cartilaginea ad un vero cratere osseo. Fratture del tubercolo maggiore : vi sono due cause : può trattarsi di un impatto sul margine glenoideo anteriore, o può trattarsi di uno strappo dovuto ai tendini della cuffia dei rotatori. Fratture della coracoide: sono rare e difficilmente diagnosticabili; sono dovute ad un impatto con la testa omerale. Lesioni legamentose: Si dividono in traumatiche e costituzionali: TRAUMATICHE Lesione di Bankart : secondo Bankart(1934) è la lesione essenziale della stabilità anteriore della spalla. Si manifesta con una disinserzione del cercine e del LGOI. Se la lesione continua anteriormente ed internamente al collo omerale, forma il distacco

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capsulo-periosteo di Broca(BROCA HARTMAAN, “Contribution à l’etude des luxation de l’epaule” PARIS, 1890) Come già descritto il cercine rappresenta l’inserzione della capsula sul bordo glenoideo ed è in realtà l’elemento” catenaccio”(L’INSTABILITA DINAMICA DELLA SPALLA, Randelli)della stabilità articolare. Molteplici possono essere i quadri anatomo-patologici: - rottura del cercine, che può essere variamente frammentato, a flap libero o a manici di secchio; - avulsione dal bordo glenoideo osseo del cercine attaccato alla capsula; - frattura del bordo osseo glenoideo, senza distacco del cercine; etc. Breccia nel sistema capsulo-legamentoso anteriore: in questo caso il cercine rimane inserito sulla glena, mentre è il LGOI, a lacerarsi creando una breccia nel sistema capsulo-legamentoso anteriore che porta alla faccia profonda del sottoscapolare. COSTITUZIONALI In queste lesioni si riscontra un’iperlassità inferiore costituzionale bilaterale dell’articolazione gleno omerale. Ci sono due ipotesi patogenetiche: o si tratta di una lesione tissutale con prevalenza di fibre elastiche su quelle collagene, oppure di una lesione del “rotator cuff interval” e in particolar modo del legamento coraco-omerale atrofico o assente che fa pensare ad una escursione anormale della testa omerale verso il basso.(INSTABILITA’ E LUSSAZIONI DELLA SPALLA, 1991, G.WALCH,D.MOLE’) Rotture del sottoscapolare con lussazione capo lungo bicipite: costituiscono la lesione più temibile perché presentano molte difficoltà operatorie.

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Si manifesta l’assenza di formazione muscolo-aponeurotica anteriormente all’articolazione. Rotture dei tendini sopraspinoso e sottospinoso: si possono verificare rotture parziali della faccia profonda o totali. Lesioni muscolari: Molti autori hanno insistito sulle lesioni dl muscolo sottoscapolare , definito come il “guardiano della spalla”(PATOLOGIA NON TRAUMATICA DELLA SPALLA,Ricciardi,1986).Sono stati supposti difetti d’inserzione , anomalie di conformazione e lassità muscolare con perdita di tonicità. Questa minor validità funzionale del sottoscapolare ,porterebbe ad uno squilibrio tra muscoli intra ed extra-rotatori, rendendo precarie le condizioni di stabilità. Tuttavia ricerche sperimentali di Turkel (1981), e Ovesen (1985) hanno dimostrato che, a strutture capsulo-legamentose integre la sezione completa del muscolo sottoscapolare non determina dislocazioni della testa omerale nell’abduzione fino a 45°.Da ricordare che già nel movimento di abduzione il sottoscapolare tende a spostarsi cranialmente lasciando scoperta la porzione capsulare antero-inferiore , su cui vengono a concentrarsi le forze di tensione. In definitiva ,la patologia delle strutture muscolo-tendinee sembra una perdita della posizione concentrica della testa omerale sulla glenoide , innescando i fenomeni di instabilità.

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3.1.3 LE INSTABILITA’ POSTERIORI La stabilita posteriore della scapolo-omerale è data dall’obliquità della scapola sulla gabbia toracica, che costituisce il primo elemento di stabilità posteriore. La glena forma così un sostegno posteriore naturale ,su cui va ad appoggiarsi la testa omerale quando il braccio viene utilizzato anteriormente rispetto al piano del corpo. Elementi ossei: la retroversione della glena è di 10° in rapporto alla squama della scapola, la testa omerale è rivolta posteriormente e il suo angolo di retrotorsione è variabile , media 20/30°.Se il primo supera i10° ed il secondo i 40° si tratta di fattori di instabilità. Comunque di solito gli elementi ossei presentano degli angoli compresi nei valori normali e non costituiscono il fattore causale dell’instabilità posteriore(LA SPALLA DOLOROSA, Autori vari,1999) Elementi muscolari: i tendini del sottospinoso e del piccolo rotondo costituiscono una cinghia funzionale rispetto alla faccia posteriore dell’articolazione. Ovesen nel corso di studi(ANTERIOR AND POSTERIOR SHOULDER INSTABLITY, Ovesen, 1986), ha dimostrato che la rottura di questi due tendini era necessaria perché si ottenesse una lussazione posteriore della testa omerale. Comunque sembra che i muscoli della cuffia non possano essere coinvolti direttamente nella patologia delle instabilità posteriori. Di contro ,i muscoli periarticolari hanno un ruolo non trascurabile: deltoide, gran rotondo e gran dorsale.(INSTABILITA’ E LUSSAZIONI DELLA SPALLA, G.WALCH,D.MOLE’) Elementi capsulari e cercine: un rinforzo posteriore del LGOI, chiamato “posterior band”(ARTHROSCOPIC SHOULDER ANATOMY,DETRISAC,1988) è di

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riscontro raro. I lavori sperimentali di Weber e Caspari hanno dimostrato che non esisteva una struttura legamentosa isolata che agisse nel controllo posteriore, ma che questa funzione era assicurata dalla capsula nel suo insieme. Anatomo-patologia dell’ instabilità posteriore Lesioni ossee: le fratture del bordo posteriore della glena , contrariamente alle fratture anteriori, sono molto rare. Lesioni tendinee: esistono solo dal punto di vista teorico, dovute a stiramento, ma non sollevano problemi, salvo che nel caso di rotture massicce della cuffia. Lesioni della capsula e del cercine: si tratta della klesione di Bankart posteriore , cioè la disinserzione del cercine e della capsula del bordo posteriore della glena, che è la lesione di base nelle lussazioni posteriori recidivanti. Come nelle forme anteriori , l’iperlassità inferiore della capsula è un elemento costante nelle forme atraumatiche. Concludendo questo capitolo mi soffermerò un attimo delle lussazioni che rappresentano ovviamente la principale forma di instabilità della scapolo-omerale. 3.1.4 Lussazione anteriore

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Questa lesione è riconosciuta come quella di più frequente riscontro delle lussazioni dell’organismo. E’ molto importante distinguere le forme traumatiche da quelle non traumatiche. La lussazione traumatica deriva il più delle volte da una caduta che può essere determinata da un meccanismo diretto (caduta sul moncone); oppure indiretto(caduta sul braccio teso).La lussazione atraumatica segue ad un gesto banale o ad un trauma che in un soggetto normale viene giudicato insufficiente per provocare una lussazione(es. durante una nuotata). Il dolore si manifesta in maniera violenta e la deformazione della spalla è caratteristica , con il colpo di ascia esterno che sottolinea i rilievi dell’acromion e realizza un aspetto a spallina. Vi sono vari tipi di lussazioni anteriori a seconda della posizione della testa dell’omero rispetto alla coracoide. Lussazione extracoracoidea : qui la testa omerale è antero-inferiore a cavallo sul margine glenoideo. Lussazione sottocoracoidea: è quella più frequente ,la testa omerale si trova anteriormente al collo della scapola. Lussazione intracoracoidea: la testa omerale è situata nella fossa sottoscapolare contro la gabbia costale e sotto la clavicola. Man mano che lo spostamento della testa omerale progredisce verso l’interno, le lesioni dei legamenti e dei tendini diventano sempre più importanti ed aumentano i rischi di complicazioni vascolo-nervose.

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Fig.54 1- NERVO CIRCONFLESSO 2-PROFILO DEL NERVO DELTOIDE 3-NERVO PICCOLO ROTONDO 4-NERVO GRANDE ROTONDO %-CAPOLUNGO DEL NERVO BICIPITE

Per esempio: la lesione del nervo ascellare che determina una paralisi totale del muscolo deltoide (fig.54). Un’altra complicazione molto importante in seguito a lussazione della scapolo-omerale è il distacco dal bordo glenoideo della capsula e del cercine (fig.55). NOTE FIG.54 DA “CLINICA ORTOPEDICA” Manuale atlante Mancini,ed Piccin,Italia 1993

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Fig.55 1-CERCINE GLENOIDEO 2-CAPSULA ARTICOLARE 3-CAVITA’ GLENOIDEA 4-TESTA OMERALE Il problema è che questo distacco fibrocartilagineo, anche a riduzione avvenuta, non ripara; resta in tal modo diminuita la già modesta capacità contenitiva della glenoide. Bastano allora sollecitazioni anche irrilevanti ( come il nuoto , elevazione dell’arto per sostenersi etc..)a provocare una recidiva della lussazione. Da sottolineare ,per quanto riguarda l’influenza dell’età sulle lussazioni recidivanti, che più il soggetto è giovane, più è grave il rischio di recidiva. Ovviamente i tre tipi di lussazione elencati sopra , non comprendono tutte le lussazioni possibili; la tabella seguente ne mostra una panoramica più completa (tab.6): ____________________________________________ NOTE Fig.55 da Clinica ortopedica “Manuale atlante”Mancini A..Morlacchi C.,ed.Piccin,Italia,1993

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Tab.6

(N.B: le lussazioni sono messe in ordine di frequenza) (dati da “Clinica ortopedica”,Mancini A., Morlacchi C. ed.Piccin,Italia,1993)

Sottocoracoidea (fig.56a) sottoglenoidea (fig.56b) Anteriori: intracoracoidea (fig.56c) Sottoclavicolare (fig.56d) Sopracoracoidea (fig.56e)

Posteriori: sottoacromiale (fig.56f) sottospinosa (fig.56g)

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Fig.56 NOTE Fig. 56 da Clinica ortopedica “Manuale atlante” Mancini A.,Morlacchi C.,ed. Piccin,Italia 1993

I VARI TIPI DI LUSSAZIONE

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3.1.5 Lussazione posteriore Sono molto più rare delle anteriori e la principale e quella ad eziologia traumatica. E’ comunque una lussazione di raro riscontro (dall’1% al 4% della lussazione della spalla).(dati da “LA SPALLA DOLOROSA”, Autori vari,1999) Viene riscontrata nel soggetto adulto di solito maschio in due circostanze: - crisi di epilessia ed elettroshock che portano una contrazione muscolare; a causa della prevalenza dei rotatori interni su gli esterni, la testa omerale viene lussata posteriormente;

- gli incidenti stradali o le risse; - alcuni sport.

E’ da sottolineare che sulla base della sintomatologia clinica è possibile riconoscere una serie di quadri clinici caratterizzati da una progressività evolutiva(PATTE).

tab.7

Il primo quadro è rappresentato dalla spalla dolorosa instabile di difficile , perché di solito i pazienti non sono consci dell’instabilità articolare e lamentano l’improvvisa sintomatologia dolorosa al compiere un determinato movimento(PATTE, 1985) (tab.7).

___________________________________________ NOTE Tab 7 da Patologia non traumatica della spalla AA VV,ed.Piccin,Venezia,1986

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Altri autori(Randelli, PATOLOGIA NON TRAUMATICA DELLA SPALLA,1986)definiscono questi quadri con il nome di “distorsione recidivante”, in quanto non vi è una vera e propria perdita dei rapporti articolari , ma uno stiramento delle formazioni capsulo-legamentose. La fase successiva è rappresentata dalla spalla propriamente instabile , in cui si ha la sensazione di lussazione imminente. Poi si hanno le sindromi più conclamate di totale instabilità ,caratterizzate da episodi di lussazione, che possono essere intervallati da periodi di apparente normalità. 3.1.6 Conclusioni In un articolazione instabile , qual è la scapolo-omerale , è evidente che non può esistere una singola struttura che sia permanentemente (cioè su tutto l’arco del movimento) responsabile della stabilità dinamica della spalla, ma le diverse strutture anatomiche(attive e passive) intervengono in maniera complementare e selettiva nell’assicurare un valido controllo. E’ da sottolineare che nella fisiologia dell’articolazione assume importanza non tanto la congruenza geometrica( importante i altre articolazioni), ma piuttosto l’equilibrio funzionale dei capi articolari. Il disequilibrio scapolo-omerale , o più esattamente gleno-omerale, può farci intravedere un unico meccanismo fisiopatologico alla base di due capitoli della patologia della spalla: l’eccentricità verso il basso dei capi articolari, darà origine ai fenomeni di instabilità gleno-omerale, riguardo ai quali ho scritto in questo sotto-capitolo; l’eccentricità verso l’alto condizionerà l’instaurarsi di fenomeni “periartitici” e della patologia della cuffia dei rotatori, riguardo ai quali scriverò nel prossimo (fig.57).

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Fig.57

DISEQUILIBRI GLENO-OMERALI

3.2 LA PATOLOGIA ACROMIO-OMERALE La patologia acromio-omerale comprende molteplici condizioni patologiche causate da alterazioni degenerative primitive delle strutture periarticolari della spalla o da un abnorme attrito tra l’arco coraco-acromiale e l’estremità prossimale dell’omero. Questa patologia comprende una serie di condizioni patologiche che riguardano le strutture: borsa sottoacromiale, tendini della cuffia e del capo lungo del bicipite, che occupano lo spazio compreso tra l’arco coraco-acromiale e l’estremità prossimale dell’omero. Questo spazio , denominato “seconda articolazione della spalla”(De Sèze)è delimitato superiormente dal muscolo deltoide e dall’arco osteo-legamentoso coraco-acromiale, a sua volta formato dall’acromion osseo , dal legamento coraco-acromiale ; inferiormente esso è in rapporto con l’articolazione scapolo-omerale. NOTE Fig.57 da Patologia non traumatica della spalla AA VV ed.Piccin,Venezia,1986

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In questo spazio denominato “outlet ( dall’inglese, sbocco)del sopraspinoso”(BIOMECCANICA DELL’ARCO CORACO-ACROMIALE, E DELLA CUFFIA DEI ROTATORI,Miller,Bigliani,Flatow), perché vi passa , appunto, il tendine di tale muscolo, sono compresi anche la cuffia dei rotatori e la borsa sierosa sottoacromio-deltoidea. In vecchie classificazioni queste affezioni venivano indicate comprensivamente con il termine di “periartrite scapolo-omerale” che al vantaggio di accomunare affezioni correlate patogenicamente, univa lo svantaggio della non precisione nosologica. Alcuni autori classificano queste affezioni in questo modo:(Postacchini, “LA PATOLOGIA ACROMIO-OMERALE”,1986) 1)tendiniti, tendinosi della cuffia

2) sindrome da attrito acromio-omerale 3) rottura della cuffia dei rotatori 4) patologia del tendine del capo lungo del bicipite

4) rotture associate cuffia e tendine bicipitale Altri invece utilizzano un’altra classificazione, in base a sede , struttura colpita e patologia:

tab.8 NOTE

Tab.8 La Spalla “Anatomia clinica diagnostica per immagini e terapia” Faletti C., Indemini E.,ed. Masson,Italia,1993

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Un’altra classificazione interessante è quella di Celli(LA SPALLA. PATOLOGIA DEGENERATIVA PERIARTICOLARE,Celli,1990) che divide la vecchia “periartrite della spalla” in quattro quadri diversi, in base al tipo, alla sede ed alla modalità del dolore: 1)spalla acuta anteriore: dove s’intende un quadro di flogosi limitata al tendine del sopraspinoso e/o al tendine del capo lungo del bicipite; 2)spalla acuta globale : la flogosi ha ancora l’aspetto acuto ma il dolore è più esteso essendo compromessa anche la borsa sottodeltoidea; 3)spalla cronica anteriore 4)spalla cronica globale: in entrambe il quadro clinico è cronico ed il dolore più esteso. Questa classificazione ha il vantaggio della semplicità di applicazione ma non vi è correlazione immediata con la causa della degenerazione. Mentre la classificazione di Neer(LA SPALLA, Anatomia Clinica, Diagnostica…., Faletti,Indemini,1993) divide schematicamente la patologia degenerativa in due gruppi in base all’eziopatogenesi: 1) sindromi da conflitto; 2) patologie primitive; Le sindromi da conflitto sono poi ulteriormente divise in due gruppi separati: sindromi da conflitto correlate al restringimento del canale osteofibroso coraco-acromiale(outlet impingement)e quelle non correlate ad esso(non outlet impingement).Vedi tabella sottostante (tab9):

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Tab.9 SINDROME DA CONFLITTO

__________________________________________ NOTE Tab.9 da La Spalla “Anatomia clinica diagnostica per immagini e terapia” Faletti C., Indemini E.,ed. Masson,Italia,1993

CONFLITTO CORRELABILE AL RESTRINGIMENTO DEL CANALE ACROMIO-CLAVEARE

- OSTEOFITA ANTERIORE DELL’ACROMION - DISPALSIA DELL’ACROMION - DELL’ARTICOLAZIONE ACROMIO-CLAVEARE

CONFLITTO NON CORRELABILE AL RESTRINGIMENTO DEL CANALE ACROMIO-CLAVEARE

- PROMINENZA DEL TROCHITE Pseudo artrosi Difetto di consolidazione

- ASSENZA DEI DEPRESSORI DELLA TESTA OMERALE Lesione della cuffia dei rotatori Rottura del tendine del capoluogo del bicipite

- PERDITA DEL FULCRO GLENO OMERALE Patologia della glena o dell’omero per trauma,patologia infiammatoria cronica (artrite reumatoide),patologie degenerative (artrosi) Instabilità legamentosa multidirezionale

- PERDITA DEL MECCANISMO SOSPENSORE Lussazione inveterata acromio claveare Paralisi del trapezio

- DIFETTO DELL’ACROMION Congenito

Nucleo acromiale isolato Pseudoartrosi - BORSA E/O TENDINI DELLA CUFFIA DI

AUMENTATO SPESSORE Depositi di calcio Borsite cronica

- PERDITA O ALTERATO USO DEGLI ARTI INF. Paraplegia

Amputazioni Artrosi

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Analizziamo più attentamente queste varie patologie, emerse da queste classificazioni, soffermandoci su quelle più frequenti:

3.2.1 Tendinopatia calcifica e Tendinosi della Cuffia Tendinopatia calcifica :è una patologia che comporta il deposito di sali di calcio nella cuffia (fig.58).

Fig.58 1-CALCIFICAZIONE DEL TENDINE DEL SOVRASPINOSO 2-CALCIFICAZIONE PERIARTICOLARE Ci sono varie teorie per spiegare questa deposizione: - secondo alcune ,la deposizione si verifica in aree di tessuto tendineo in preda ad alterazioni degenerative(De Palma 1963) - secondo teorie più recenti , i sali di calcio si depositano in aree di metaplasia( dal gr. Trasformazione composto da metà e plàssein, plasmare modellare)fibrocartilaginea del tessuto tendineo(Uthoff,1976). NOTE Fig.58 da Clinica ortopedica “Manuale atlante”Mancini A.,Morlacchi C.,ed. Piccin,Italia 1993

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A sostegno di queste ultime vi è il frequente rilievo, intorno a depositi calcifici dei tendini della cuffia di aree in cui le cellule presentano caratteristiche morfologiche diverse. Una volta formatosi , il deposito di calcio può mantenersi od evolversi verso il riassorbimento, attraverso un processo di fagocitosi macrofagica, conseguente ad una fase di proliferazione vascolare intorno ai depositi calcifici o per uno svuotamento del deposito nella borsa sottoacromiale, previa colliquazione dello stesso, probabilmente determinata da un aumento della vascolarizzazione locale. Ambedue i meccanismi spiegano il dolore che caratterizza le forme sintomatiche della tendinopatia. Il dolore può essere correlato alla proliferazione vascolare ed alla conseguente iperemia che caratterizza la fase di riassorbimento del deposito, oppure da una reazione infiammatoria e ad una distensione della borsa sottoacromiale per un rapido aumento di volume del deposito calcifico. Tendinosi: le strutture tendinee vanno incontro , con l’avanzare dell’età ad alterazioni degenerative, come la degenerazione ialina , mucoide , fibroide etc, che sono espressione del normale processo di senescenza. Alcuni soggetti , peraltro, presentano alterazioni , più marcate di quanto comporti l’età, ed analogamente alcuni tendini vanno incontro ad alterazioni più spiccate. I tendini della cuffia dei rotatori , che sono coinvolti nella dinamica funzionale della più mobile delle articolazioni, sono tra le strutture tendinee sottoposte a maggior carico funzionale. Vi è ormai un accordo generale che le lesioni della cuffia abbiano una genesi multifattoriale, includendo fattori estrinseci , così come una sindrome da contatto sottoacromiale , un sovraccarico meccanico, la

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presenza di stress ripetitivi , e fattori intrinseci, come un’alterata vascolarizzazione , un’alterazione delle caratteristiche tensili etc. Nella cuffia sana di un giovane , i tendini sono più resistenti dell’osso stesso. Una frattura da avulsione a carico del tubercolo maggiore omerale è più frequente che non una lesione tendinea. Così , quando , in seguito a un trauma , si verifica una lesione tendinea è possibile che i tendini fossero già stati indeboliti da degenerazioni precedenti. Studi che utilizzando delle microinfusioni hanno valutato l’anatomia vascolare della cuffia , hanno supportato l’ipotesi che vi fosse una zona “ipovascolarizzata”all’interno della porzione tendinea del tendine sopraspinato(THE VASCULAR ANATOMY OF THE ROTATOR CUFF, Rothman R., Parke W.,1965, RUPTURES OF THE APONEOROSIS OF THE SHOULDER JOINT, Lindblom K., Palmer I.,1939). Altri studi sulla microvascolarizzazione hanno mostrato che la vascolarità diminuisce nel tessuto della cuffia degli individui anziani, quando questo venga comparato con il tessuto della cuffia di soggetti giovani(PATHOLOGY AND PATHOGENESIS OF BURSAL-SIDE ROTATOR CUFF…., Fukuda H., Hamada K., Yamanaka K. 1990). Altri studi hanno fatto notare che l’apporto ematico al tendine del sopraspinato dipende dalla posizione del braccio, diventando relativamente ipovascolare quando venga eseguita una micronfusione ad arto addotto(Rathnub, Macnab). Inoltre altri studi sulla pressione dello spazio sottoacromiale hanno dimostrato che il sollevamento di un chilo può aumentare la pressione di contatto sottoacromiale in modo tale da bloccare completamente la microcircolazione, suggerendo così che vi possa essere una compromissione dinamica dell’apporto vascolare legata all’attività della vita di tutti i

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giorni(PRESSURE RECORDINGS IN THE SUBACROMIAL BURSA, Autori vari,1988). Tuttavia , altri studi hanno messo in dubbio il ruolo della ipovascolarizzazione relativa come causa delle lesioni tendinee(Brooks). Quindi , considerando le varie teorie , il ruolo dell’ipovascolarizzazione come fattore patogenetico nella patologia degenerativa della cuffia , è ancora poco chiaro. Altri ricercatori , hanno invece ipotizzato che una degenerazione dei tendini potrebbe derivare da una incompleta risposta riparativa. Dei microtraumi ripetitivi potrebbero causare delle “microlesioni” che superando le capacità riparative del tendine , causerebbero una disorganizzazione delle fibre(TEARS OF THE HUMERAL ROTATOR CUFF, Cotton R., 1964). Le alterazioni degenerative riducono la resistenza meccanica del tendine , che può facilmente andare incontro ad interruzioni parcellari o ad una rottura a tutto spessore.. 3.2.2 “IMPINGEMENT” Sindrome da attrito acromio-omerale La sindrome da attrito acromio-omerale o”impingement”( dall’inglese: to impinge, ledere)è causata da un abnorme attrito tra l’arco coraco-acromiale, da un lato e il tubercolo maggiore omerale ed i tendini della cuffia dei rotatori dall’altro. Per usare una definizione di Neer: “…al momento dell’elevazione del braccio in rotazione interna sul piano della scapola, l’inserzione del sopraspinoso e il capo lungo del bicipite vengono in conflitto con il becco acromiale anteriore e con il legamento acromio-coracoideo. Tale conflitto si verifica quando le capacità funzionali della borsa sottoacromio-deltoidea vengono superate e le lesioni all’interno dei tendini della cuffia

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evolvono in tre stadi. Stadio 1: edema e microemorragie, Stadio 2: fibrosi e tendinite, Stadio 3: modifiche a livello osseo e rottura del tendine.” (IMPINGEMENT LESIONS, Neer, 1983). Questo attrito può essere conseguente a varie condizioni patologiche : abnorme incurvamento verso il basso e/o osteofitosi del margine anteriore dell’acromion, osteofitosi dell’acromion all’inserzione del legamento coraco-acromiale, ipertrofia degenerativa e/o osteofitosi dei capi dell’articolazione acromio-clavicolare, alterazioni post-traumatiche, forma e volume del trochite omerale, riduzione dell’ampiezza dello spazio dello spazio acromio-omerale per rottura del tendine del capo lungo del bicipite o deficit funzionale degli altri depressori. In assenza di queste condizioni patologiche , l’eccessivo attrito acromio-omerale può essere attribuito ad eccessivo uso dell’arto superiore al di sopra del piano della spalla. Ciò si verifica in sportivi e lavoratori manuali che eseguono con elevata frequenza movimenti di flessione ed abduzione dell’arto oltre i 90°. Una delle condizioni patologiche, causanti l’attrito, più studiate è la morfologia dell’acromion. Nel 1972, Neer affermò (ANTERIOR ACROMIOPLASTY FOR CHRONIC IMPINGEMENT IN THE SHOULDER, Neer,1972)che le differenze nella dimensione e nella forma della struttura dell’arco coraco-acromiale erano importanti per comprendere lo sviluppo e la patologia della cuffia dei rotatori. Questo Autore identificò nella porzione inferiore del terzo inferiore dell’acromion , nel legamento coraco-acromiale e nell’articolazione acromion-claveare le arre in cui i tendini della cuffia venivano principalmente compressi e danneggiati. Altri studiosi dimostrarono che vi era un’associazione tra le modificazioni qualitative della forma dell’acromion

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e l’incidenza di lesioni a tutto spessore della cuffia dei rotatori. In uno studio su 140 cadaveri, furono descritti tre tipi di acromion identificati mediante delle radiografie laterali (fig.59). Questi diversi tipi includevano un tipo 1, o acromion piatto nel 17% dei casi, o acromion curvo nel 43% dei casi e il tipo 3, o acromion a uncino , nel 40%.Vi era un aumento delle lesioni della cuffia nei soggetti con acromion , tipo 3.(THE MORPHOLOGY OF THE ACROMION AND ITS RELATHIONSHIP TO ROTATOR CUFF, Bigliani e col.,1986).

Fig.59 CLASSIFICAZIONE DI BIGLIANI IN BASE ALLA MORFOLOGIA DELL’ACROMION 1-PIATTO 2-CURVO 3-AD UNCINO NOTE Fig.59 da“BIOMECCANICA DELL’ARCO CORACO-ACROMIALE E DELLA CUFFIA DEI ROTATORI” Miller, Flatow, Bigliani

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Concludendo questo argomento è importante evidenziare che è sempre di Neer la moderna classificazione delle “Impingement Syndromes”(termine moderno, un po’ più ampio delle sindromi da attrito acromio-omerale, che indica l’insieme delle condizioni patologiche degenerative dei tendini della cuffia, ma anche della borsa subacromiale e del capo lungo del bicipite, causate dall’attrito con l’arco acromio-omerale). Neer, come si nota nella tabella n° a pag.67, classifica queste lesioni degenerative in due gruppi separati: 1) outlet impingement; 2) non outlet impingement; Il primo gruppo comprende le sindromi da attrito determinate dal restringimento del canale coraco-acromiale entro il quale scorre il tendine del sovraspinoso. Questa è secondo Neer la patologia dolorosa cronica , più frequente nelle spalla. Le cause sono : osteofita anteriore: displasia dell’acromion; eventuali modificazioni congenite del profilo e dell’angolo acromiale possono essere alla base di forme giovanili da attrito; irregolarità dell’articolazione acromion-claveare: la sporgenza della sua superficie anteriore può essere tale da determinare il conflitto del sovraspinoso nell’abduzione oltre i 70°. Mentre il secondo gruppo comprende i casi in cui il canale acromio-coracoideo è solitamente regolare , il conflitto avviene per attrito tra le strutture molli periarticolari e l’acromion per un’alterata meccanica del movimento, a sua volta secondaria a patologia dell’omero, o della scapola, come per esempio: prominenza del tubercolo maggiore: causato da un dismorfismo congenito; vizio di consolidazione del collo omerale: la cuffia dei rotatori entra in conflitto con la scapolo-omerale durante i movimenti; perdita dei depressori della testa omerale: la lesione dei muscoli tonici stabilizzatori(depressori della testa) permette ai

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muscoli fasici l’innalzamento della testa omerale e non più l’abduzione. Le lesioni della cuffia dei rotatori e del tendine del capo lungo del bicipite sono quindi causa sia iniziale che mantenente il conflitto: è un circolo vizioso. Le ipersollecitazioni funzionali e/o le alterazioni strutturali delle componenti osteo-legamentose si riflettono sulla borsa sottoacromiale determinando inizialmente alterazioni flogistiche acute e non. In uno stadio successivo la borsa va incontro a flogosi cronica responsabile di un ispessimento delle sue pareti .Se, nonostante, l’ispessimento della borsa , la cuffia dei rotatori è sottoposta ad un eccessivo attrito contro l’arco coraco-acromiale , possono verificarsi alterazioni strutturali sia dei tendini della cuffia , sia del tendine del capo lungo del bicipite. I primi possono subire microlacerazioni e successivamente erosioni superficiali o rotture parziali ; il secondo può presentare una tenosinovite cronica e rotture parcellari del ventre tendineo. Nei casi tipici il dolore è presente nell’arco di movimento compreso tra 70° e 120°, corrispondente alla fase di scivolamento del trochite al di sotto dell’arco coraco-acromiale(fig.60, 61). Il dolere è acuito dalla pressione digitale al davanti del margine anteriore dell’acromion, soprattutto se associata a flessione o abduzione passiva dell’arto, o dalla sola flessione passiva del braccio oltre i 90°( fig.60 E 61).Quest’ultima manovra “test di attrito” è considerata patognomonica della sindrome da attrito acromio-omerale.

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Fig.60 Fig.61 Fig.60-TEST DI ATTRITO ACROMIO-OMERALE FLESSIONE FORZATA DEL BRACCIO Fig.61-VALORE NELLA FLESSIONE ATTIVA DEL BRACCIO OLTRE I 90° Nella gran parte dei casi la sindrome si risolve con il trattamento conservativo: terapia medica antiflogistica , fisioterapia. ____________________________________________NOTE Fig.60 e fig.61da “PATOLOGIA NON TRAUMATICA DELLA SPALLA, Ricciardi, 1986

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3.2.3 Rotture della cuffia dei rotatori Con questo termine vengono indicate “le lesioni con soluzione di continuità all’interno della cuffia , che provocano un passaggio del prodotto di contrasto tra l’articolazione gleno-omerale e la borsa sottoacromiale”(TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLA SPALLA DOLOROSA DA LESIONI DELLA CUFFIA….,Walch, Boileau, Noel, Liotard). La rottura dei tendini della cuffia è dovuta ad alterazioni degenerative del tessuto tendineo, che possono essere primitive o conseguenti a fenomeni di attrito acromio-omerale. Alle alterazioni degenerative si può sovrapporre un evento traumatico , che , vincendo la ridotta resistenza meccanica dl tessuto tendineo ne determina la rottura. La rottura interessa di solito soggetti in età media o senile. Al di sotto dei 40 anni la lesione è rara. Sono colpiti di preferenza i soggetti maschi che svolgono , o hanno svolto nella vita lavorativa, attività manuali. Dei due lati , il più frequentemente interessato è quello dominante. La rottura tendinea può essere parziale o completa: Rotture parziali: in questo caso la lesione può interessare la superficie bursale o , più raramente quella articolare della cuffia. Queste rotture costituiscono una forma intermedia tra le tendiniti e le rotture complete. Possono essere distinte in tre forme anatomiche : superficiali, intratendinee o profonde (fig.62). La loro eziopatogenesi è ,molto diversa , ma il punto in comune è dato dal dolore , ad insorgenza soprattutto notturna, che impedisce al soggetto di dormire sulla spalla.

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fig.62 ROTTURA PARZIALE DELLA CUFFIA a-SUPERFICIALE b-INTRATENDINEA c-PROFONDA d-SMUSSAMENTO SUPERFICIALE Rotture complete: in questo caso la lamina tendinea è interrotta a tutto spessore per un ‘estensione variabile. Alcuni autori(G.Walch, P.Boileau, E.Noel, J.Liotard) sottolineano che il termine “rottura completa” è senz’altro scorretto perché tra una rottura del sopraspinoso o del sottoscapolare esiste tanta differenza quanto quella tra una rottura dei legamenti crociati anteriori o posteriori nel ginocchio. NOTE Fig.62 da TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLA SPALLA DOLOROSA DA LESIONI DELLA CUFFIA….”,Walch, Boileau, Noel, Liotard

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Esistono molte classificazioni per la rottura della cuffia (tab10) :

Tab.10 LE PRINCIPALI CLASSIFICAZIONI NOTE Tab.20 da La spalla dolorosa” Classificazione, trattamento, riabilitazione. Ed. Marrapese, Roma, 1999

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Nelle quasi totalità dei casi è interessato il tendine del sopraspinoso , isolatamente o in associazione ad uno o più degli altri tendini dei rotatori Le lesioni isolate del sopraspinoso sono rare e quelle del piccolo rotondo e del sottoscapolare eccezionali. Il quadro clinico è caratterizzato da dolore nella regione della spalla e da diminuzione di forza nei movimenti di flessione , abduzione ed extrarotazione del braccio. Nelle lesioni di piccole dimensioni vi è generalmente una mobilità attiva completa della spalla ed una ridotta forza di abduzione e, soprattutto di extrarotazione del braccio. Nelle rotture medie la mobilità attiva della spalla in flessione ed abduzione è ridotta e l’extrarotazione del braccio deficitaria. Mentre in quelle massive il soggetto di solito non è in grado di flettere o abdurre il braccio oltre i 45°. Il quadro radiografico può essere normale , e frequentemente si possono rilevare(dati da “ LA PATOLOGIA ACROMIO-OMERALE, F. Postacchini)alterazioni di vario tipo: sclerosi o irregolarità del profilo del trochite , escrescenze osteofitarie del margine anteriore dell’acromion, riduzione dello spazio acromio-omerale per risalita della testa omerale.

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3.2.4 Patologia del tendine del capo lungo del bicipite Questa è una patologia connessa a quella della cuffia ,per evidenti ragioni anatomiche e fisiologiche.

Fig.63 RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA DELLA CUFFIA ,IN SEZIONE SAGITTALE 1-TENDINE DEL SOTTOSCAPOLARE 2-FASCIO MEDIO DEL LEGAMENTO CORACO-OMERALE 3-FASCIO LATERALE DEL LEG. CORACO –OMERALE 4-LEGAMENTO GLENO-OMERALE SUPERIORE 5-TENDINE DEL SOVRASPINOSO 6-SOTTOSPINOSO 7-PICCOLO ROTONDO Sul piano anatomico (fig.63) l’intervallo dei rotatori è formato in superficie dal legamento coraco-omerale i cui due fasci mediale e laterale si inseriscono da una parte e dall’altra della doccia bicipitale proteggendolo dal conflitto sottoacromiale. NOTE Fig.63 da La spalla dolorosa” Classificazione, trattamento, riabilitazione. Ed. Marrapese, Roma, 1999

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In profondità si trova il legamento gleno-omerale superiore ed il suo capo omerale che stabilizza veramente il capo lungo del bicipite nel suo tragitto intra-articolare. L’intervallo dei rotatori forma un cuneo legamentoso di 6 cm quadrati all’interno dei tendini della cuffia , e la sua integrità è indispensabile per mantenere la continuità della cuffia e proteggere il capo lungo del bicipite. Mentre sul piano fisiologico , il capo lungo del bicipite(CLB) È un depressore della testa omerale , partecipando al centramento e alla stabilizzazione gleno-omerale come succede anche con la cuffia dei rotatori. La patologia è rappresentata dalla flogosi acuta o cronica della guaina sinoviale che riveste il tendine , dalla rottura del ventre tendineo e dalle lussazioni del tendine. La tenosinovite bicipitale può far parte della sindrome da attrito acromio-omerale o può presentarsi isolatamente. La forma isolata può essere dovuta ad ipersollecitazioni funzionali del bicipite per attività lavorative o sportive che comportano un eccessivo uso del muscolo, o da un attrito del tendine contro le pareti della doccia bicipitale per irregolarità post-traumatiche di essa o per altre condizioni( scarsa profondità della doccia) che favoriscono una sub-lussazione abituale del tendine bicipitale. Inoltre le tendiniti del capo lungo possono essere divise anche in base o meno alla rottura della cuffia. Quelle senza la rottura della cuffia sono molto frequenti come per esempio: le tendiniti da inserzione , che caratterizzano le lesioni del lanciatore , con strappo dell’inserzione del tendine. Descritte da Andrews(GLENOID LABRUM TEARS RELATED TO THE LONG HEAD OF THE BICEPS,Andrews,1985) e sarebbero dovute a lesioni di decelerazione alla fine del

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lancio quando il bicipite frena l’estensione del gomito. Oppure : le tendiniti della porzione intra-articolare ed in particolare quelle situate al punto d’ingresso della doccia , la cui caratteristica è di aver sede sulla faccia profonda del tendine. “È difficile spiegare l’origine di queste lesioni” spiegano Walch, Boileau, Noel e Liotard(chirurghi ortopedici francesi, da “TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLA SPALLA DOLOROSA DA LESIONI DELLA CUFFIA E DEL CAPO LUNGO DEL BICIPITE”) “salvo nel caso in cui si ritrovi una proliferazione osteofitica a livello dell’inserzione omerale del legamento coraco-omerale che caratterizza la spalla iperostosica”. Il ruolo traumatizzante di questi osteofiti è nella riduzione dell’ingresso della doccia e quindi compressione del tendine. Anche le tendiniti con rottura della cuffia sono molto frequenti, come per esempio, come sottolineavo prima quelle in relazione al conflitto sottoacromiale. Quest’ultime sono caratterizzate da una lesione progressiva del legamento coraco-omerale che mette a nudo la faccia superficiale del tendine che registra degli attriti a ripetizione sotto la volta. Il quadro clinico delle tendiniti è caratterizzato da dolore nella regione della spalla che s’irradia lungo il braccio. La sintomatologia dolorosa è accentuata dalle manovre che mettono in tensione il tendine ,proiettandolo contro le pareti del canale bicipitale : supinazione contrastata dell’avambraccio a gomito flesso etc. “La rottura del ventre tendineo può osservarsi in età media o, più frequentemente in età senile”(F.Postacchini, Clinica Ortopedica dell’Università di Roma “La Sapienza” da PATOLOGIA NON TRAUMATICA DELLA SPALLA , AAVV,1986). Nel primo caso di solito è dovuta ad una violenta

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contrazione muscolare ; nel secondo , si verifica spontaneamente per fenomeni di usura. La lesione tendinea può essere parziale o totale. Le rotture parziali possono essere asintomatiche o determinare , sintomatologia dolorosa. Le rotture totali determinano tumefazione muscolare nella metà distale del braccio e la depressione del profilo cutaneo a monte della depressione. Il deficit della forza di flessione del gomito non è alto, per l’azione vicariante del capo breve del bicipite e del brachiale anteriore. Per quanto riguarda le lussazioni del capo lungo del bicipite , è necessario ricordare che questo tendine ,dal punto di vista anatomico, stabilizzato, proprio davanti al suo punto d’ingresso nella doccia , dal legamento gleno-omerale superiore, la cui faccia superficiale raggiunge quella profonda del fascio mediale del coraco-omerale. Nella doccia , il bordo osseo interno costituisce l’elemento di stabilità completato in superficie dal legamento omerale trasverso( di Gordon-Brodie). Una eventuale lesione del LGOS provocherebbe una tendinite ed una sub-lussazione interna del bicipite lungo, prima che questo entri nella doccia. Queste lesioni possono riscontrarsi dopo traumi violenti( incidenti stradali con braccio teso sul volante) ma anche nelle rotture degenerative della cuffia.

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3.3 LA PATOLOGIA NEUROLOGICA Alcune abitudini di vita ( la sedentarietà, l’eccesso di peso, la ridotta attività muscolare), o alcune attività lavorative manuali possono modificare , con il tempo i rapporti delle strutture osteo-articolari o muscolo-tendinee con i nervi periferici, realizzando su questi dei fenomeno compressivi. Nella spalla vi sono vari canali osteomiofibrosi nei quali può realizzarsi una sindrome neurologica compressiva :lo spazio interscalenico, sottoclaveare , dell’incisura coracoidea ,del quadrilatero del Velpeau, del muscolo coracobrachiale. La sindrome compressiva canalicolare può realizzarsi sia per cause congenite( mega apofisi, costa soprannumeraria, canali troppo stretti), che per cause acquisite( età , lavoro, sport, traumi). Sono molto importanti per lo scatenarsi della sindrome compressiva le alterazioni dei rapporti osteo-articolari tra l’arto superiore e il torace che si realizzano con l’età (fig.64). L’aumento della cifosi dorsale ( Caillet 1977, da “ IL DOLORE SCAPOLO-OMERALE, Caillet R. 1977) determina una caduta in avanti delle spalle, con la rotazione della scapola verso il basso (fig.65b). Nell’atteggiamento persistente di spalle cadenti le conseguenze scheletriche sono caratterizzate da una riduzione dello spazio costo-claveare, per abbassamento dall’estremo acromiale della clavicola con sollevamento dell’estremo sternale. In tal modo l’articolazione sterno –clavicolare tende a sub-lussarsi e si deforma per artrosi (fig.64a). Nelle spalle cadenti vi sono tuttavia anche conseguenze muscolari, con distensione e contrattura dolorosa dei muscoli posteriori del cingolo( trapezio, elevatore, romboidei), ed accorciamento e fibrosi dei muscoli gran pettorale, piccolo pettorale e succlavio.

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a b

c Fig.64

Pertanto i modificati rapporti osteo-articolari possono rappresentare non solo la causa di patologie miofasciali o osteotendinee, ma anche essere la causa predisponente per il realizzarsi di sindromi neurologiche da intrappolamento in tunnel osteomiofibrosi (fig.64c). NOTE Fig.64 da “PATOLOGIA NON TRAUMATICA DELLA SPALLA, Ricciardi, 1986

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Fig.65 3.3.1 Le sindromi canalicolari Sindrome del nervo scapolare dorsale Fu descritta da Kopell e Thompson nel 1963. Questo nervo origina dalla radice C5 esso porta posteriormente , attraversando il muscolo scaleno medio, ad innervare i muscoli elevatore della scapola e romboidei. La compressione si realizza nel passaggio del muscolo scaleno medio (fig.66). NOTE Fig.65 daFondamenti di Anatomia e fisiologia umana,Fiocca S.,con tavole di F.H. Metter

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Fig.66 a b N. SCAPOLARE DORSALE IL NERVO SCAPOLARE DORSALE SI ORIGINA DALLA QUINTA RADICE CERVICALE E PORTANDOSI POSTERIORMENTE PER INNERVARE I MUSCOLI ANGOLARI DELLA SCAPOLA E ROMBOIDEI,ATTRAVERSA IL MUSCOLO SCALENO MEDIO. A TALE LIVELLO PUO’REALIZZARSI UNA SINDROME CANALICOLARE. La localizzazione del dolore è scapolo-verterbrale e Il dolore può essere evocato con la manovra di Kopell e Thompson( estensione e rotazione contrastata omolaterale del capo) che determina una contrazione dello scaleno medio. Inoltre il dolore è provocato alla pressione del muscolo e sull’angolo supero-interno della scapola.prevalente sull’angolo supero-interno della scapola, che rappresenta la proiezione cutanea del punto d’ingresso del nervo nel muscolo NOTE Fig.66 da “PATOLOGIA NON TRAUMATICA DELLA SPALLA, Ricciardi, 1986

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I sintomi neurologici sono caratterizzati da riduzione della forza di contrazione dei muscoli elevatore della scapola e romboidei, senza deficit sensitivi. La sindrome del nervo soprascapolare ( Celli, 1981) La patologia compressiva del nervo soprascapolare è una delle più frequenti. Questo nervo origina dal tronco primario superiore del plesso brachiale e per raggiungere i muscoli sopra e sotto spinoso attraversa l’incisura coracoidea della scapola trasformata in canale dal legamento coracoideo (fig.67).

Fig.67 IL NERVO SOPRASCAPOLARE SI ORIGINA DAL TRONCO PRIMARIO SUPERIORE DEL PLESSO BRANCHIALE;PER RAGGIUNGERE I MUSCOLI SOPRA E SOTTOSPINOSO ATTRAVERSA L’INCISURA CORACOIDEA DELLA SCAPOLA TRASFORMATA IN CANALE DAL LEGAMENTO CORACOIDEO. A TALE LIVELLO PUO’ REALIZZARSI LA SINDROME CANALICOLALE. NOTE Fig.67 da Patologia non traumatica della spalla,Ricciardi L.,ed. Piccin,Venezia 1986

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La sindrome compressiva può realizzarsi a tale livello. Il dolore è localizzato sulla regine acromiale e più precisamente sul terzo esterno della spina della scapola; può essere evocato con la pressione diretta sulla incisura coracoidea. Il test clinico per questa sindrome è la manovra di Kopell e Thompson: arto superiore anteposto a 90° e portato in forzata adduzione. Con lo spostamento in avanti della scapola il nervo si tende e la compressione nell’incisura si evidenzia con il dolore . I segni neurologici sono : deficit dei muscoli sopra e sotto spinoso, ed assenza di disturbi sensitivi. L’ipotrofia di questi muscoli è caratteristica e, in particolare ,la riduzione della capacità di extraruotare la spalla.

La sindrome del nervo muscolo cutaneo

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( Celli, 1986)

Questa sindrome compressiva si realizza nel passaggio del nervo nel muscolo coracobrachiale (fig.68).

Fig.68

IL NERVO MUSCOLO CUTANEO,PER RAGGIUNGERE IL MUSCOLO BICIPITE ATTRAVERSA IL MUSCOLOCORA COBRACHIALE. A TALE LIVELLOPUO’ REALIZZARSI LA SINDROME CANALICOLARE. Una contrazione forzata del muscolo , come nell’atto di sollevare un peso, può realizzare con un meccanismo a forbice una lesione della continuità del nervo. Il dolore si localizza nella regione anteromediale della spalla , e in particolare nella regine sottocoracoidea. Può essere provocato con la pressione sul coracobrachiale, o con il test della contrazione, del muscolo stesso( a gomito flesso di 90° e spalla anteposta , addurre il braccio). NOTE Fig.68 da Patologia non traumatica della spalla,Ricciardi L.,ed. Piccin,Venezia 1986

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I segni neurologici sono rappresentati , da una diminuita forza con facile stancabilità dei movimenti di flessione del gomito. La sindrome cervico-ascellare Il passaggio cervico-ascellare rappresenta un vero e proprio tunnel per le formazioni vascolo-nervose(Mercier e Huguet ,1976). In esso vi sono tre zone critiche: la prima nello spazio Interscalenico (1), la seconda in quello costo-claveare (2) e la terza in quello sottoclaveare (3).

Fig.69

IL NERVO MUSCOLO-CUTANEO,PUO’ RAGGIUNGERE IL MUSCOLO BICIPITE,ATTRAVERSA IL MUSCOLO CORABRACHIALE.A TALE LIVELLO PUO’ REALIZZARSI LA SINDROME CANALICOLARE. Questa è la sindrome non traumatica della spalla più frequente dopo i trenta anni.(Celli , Balli, De Luise, Rovesta). Lo spazio interscalenico è l’ingresso del tunnel; la sindrome compressiva a tale livello è caratterizzata da

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dolore laterocervicale che si irradia nel territorio del tronco . La manovra di Adson( rotazione omolaterale del capo in inspirazione forzata e abduzione del braccio) è caratteristica per evidenziare una compressione a tale livello. Il secondo livello critico è lo spazio costo-claveare . L’atteggiamento persistente di adduzione delle spalle determina una riduzione dello spazio, che può inoltre ridursi per retrazione o fibrosi del muscolo succlavio( la fibrosi di tale muscolo può realizzarsi in soggetti con ipertrofia dei muscoli pettorali o ipertrofia delle ghiandole mammarie). Anche in questo caso il dolore s’irradia dalla regione sottoclaveare prevalentemente , nella regione della spalla, con localizzazioni nella regione deltoidea. La manovra di Eden( retroposizione forzata dell’arto superiore ed abbassamento della spalla) è utile per evidenziare tale compressione. I disturbi neurologici sono variabili , con prevalenza di quelli sensitivi nel territorio del tronco. Si possono accompagnare a disturbi vascolari , sia arteriosi che venosi. Il terzo livello critico è lo spazio sottoclaveare o del piccolo pettorale. Nello spazio sottoclaveare è presente una struttura connettivale a forma di membrana con inserzione costale e coracoidea ( membrana costo coracoidea) , che comprime il fascio vascolo-nervose al torace. Questa svolge due funzioni: la prima evitare l’uncinamento di vasi e nervi sul sistema coracoide piccolo pettorale, nei movimenti di abduzione della spalla ; la seconda è quella di evitare che le forze di trazione che si esercitano sull’arto superiore si trasmettano sull’emergenza di vasi e nervi. La membrana costo-coracoidea , se subisce alterazioni regressive può contribuire al realizzarsi di una

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compressione sottoclaveare o anche di una compressione costo-claveare. Il quadro clinico è simile a quello dello spazio costo-claveare. Per evidenziarla è utile la manovra di Wright(abduzione massima delle spalle in extrarotazione)

3.4 LA PATOLOGIA INFIAMMATORIA

La patologia infiammatoria della spalla comprende tutte quelle affezioni a genesi flogistica , ad eziologia più svariata che si verificano a carico del cingolo scapolare. Le articolazioni più frequentemente colpite sono la scapolo-omerale e la sottodeltoidea, le altre tre sono raramente interessate dalla flogosi. Le affezioni flogistiche della spalla , una volta frequenti come la artrite tubercolare , la tifica , la brucellare , la luetica , sono oggi quasi scomparse per far posto ad affezioni flogistiche nuove. Le varie patologie infiammatorie possono essere classificate, come segue nella tab.11:

NOTE Tab.11 da Patologia non traumatica della spalla,Ricciardi L.,ed. Piccin,Venezia 1986

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3.4.1 Le Artriti Reumatiche(1) Una grossa parte della patologia infiammatoria della spalla spetta all’artrite reumatoide. L’interessamento della articolazione della spalla varia a seconda delle casistiche dal 45 ala 50%, e rientra generalmente nel quadro di una poliartrite diffusa. Le alterazioni tissutali nell’artrite reumatoide , iniziano a carico della membrana sinoviale , per coinvolgere poi i tessuti articolari, le ossa , i tessuti periarticolari, vasi, nervi e muscoli. In breve tempo l’articolazione viene compromessa ed il quadro clinico presenta una imponente sindrome dolorosa con deficit della funzione , fino alla sub-lussazione e/o rigidità. Il substrato anatomo-patologico delle lesioni tissutali nell’artrite reumatoide è rappresentato dall’infiltrato reumatoide, costituito da tessuto in preda a fenomeni di necrosi fibrinoide, con grossi infiltrati linfomonocitari e scarse plasmacellule. L’evoluzione dell’infiltrato è verso la fibrosi con ispessimento di tutti i tessuti articolari e periarticolari, cui conseguono le dislocazioni. L’iperplasia sinoviale e la conseguente iperpressione articolare sono alla base della sofferenza ischemica della cartilagine di incrostazione e del sottostante tessuto osseo. Il quadro clinico è caratterizzato da dolore notturno, rigidità, limitazione dell’abduzione e rotazione, tumefazione. Il danno articolare è rappresentato da : osteoporosi dei capi ossei, erosioni condrali e subcondrali della testa e della glena omerale, dislocazioni ed infine anchilosi(2) L’interessamento della clavi-sterno-costale è molto minore, dal 3% al 30%(casistica di Pellegrini 1985). ____________________________________________ (1) dal lat. Rheumatìsmu(m), dal gr. Reumatismos, s.m. “catarro”. Termine generico con cui si designa un gruppo di affezioni caratterizzate da segni di infiammazione e sintomatologia dolorosa a carico di muscoli ed articolazioni.

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Il quadro clinico presenta , tumefazione i regione parasternale alta , al livello del manubrio, crepitio , dolore alla mobilizzazione attiva e passiva della spalla, dolore provocato da palpazione. Pellegrini suggerisce( Pellegrini.P. “ SEMEIOTICA E PATOLOGIA REUMATICA DELLE ARTICOLAZIONI STERNALI, Italia, 1985) l’adozione di una manovra semeiologica per l’accertamento di tale patologia : il soggetto Unisce le mani davanti all’addome e porta le spalle in avanti anteponendo i gomiti; compariranno ai lati del manubrio le due bozze corrispondenti ai capi mediali delle clavicole lussate anteriormente. (2) s.f. dal gr. Ankylos, curvo, piegato. Perdita o diminuzione più o meno cospicua dei movimenti di un’articolazione; si dice completa quando si verifica saldatura delle superfici articolari, incompleta quando le superfici non sono saldate ma esiste soltanto una reazione fibrosa dei legamenti e un accorciamento dei muscoli. 3.4.2 Le Artriti Infettive L’artrite infettiva della spalla è oggi un evento raro , grazie a l’avvento degli antibiotici. Tra le artriti infettive quella di gran lunga più frequente è l’artrite settica. Consegue ad una frattura esposta dell’omero, ad una osteomielite(3) dal terzo superiore dell’omero a ferite penetranti della spalla.

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I principali fattori predisponenti sono elencati nella seguente tabella (tab.12): Locali Lussazione acuta di spalla Frattura esposta di omero Ferite penetranti Osteomielite acuta di omero Generali Affezioni settiche articolari o extra articolari Insufficienza epatica cronica Cirrosi Insufficienza renale cronica Infezioni( urinarie , respiratorie) Tossicodipendenza, alcolismo Neoplasie maligne

( dati da: GELBERMAN R.H. ”Piogenic arthritis of the shoulder in adults, 1980) NOTE Tab.12 da da Patologia non traumatica della spalla,Ricciardi L.,ed. Piccin,Venezia 1986 (3)s.f. Processo infiammatorio del midollo osseo che si diffonde sino al periostio ed è causato di solito da agenti piogeni che possono raggiungere l’osso direttamente, per es. ferite, o pervenirvi per contiguità, o per via circolatoria, da focolai distanti.

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L’eziologia delle artriti infettive è molto varia ma i microrganismi più frequentemente chiamati in causa sono i piogeni (tab.13). Altri come quello tubercolare , luetico, brucellare , tifico sono molto rari. AGENTI EZIOLOGICI DELLE ARTRITI INFETTIVE Piogeni Altri Stafilococco aureo Bacillo di Koch Streptococco alfa e beta Bacillo tifico Escherichia coli Treponema pallido Gonococco Neisseria Meningococco Miceti, Virus Tab.13 La diagnosi è agevole. In fase acuta, la spalla si presenta globalmente tumefatta, calda , arrossata. Il braccio è lievemente addotto, appoggiato sul tronco. Il dolore , molto intenso , correlato alla evolutività della lesione. E un dolore profondo, continuo e pulsante. Il quadro clinico viene completato da rialzo febbrile, aumento della V.E.S.(velocità di eritrosedimentazione) leucocitosi, neutrofilia. L’artrite infettiva può raramente aver sede nell’acromion claveare. All’anamnesi spasso risulta la lussazione traumatica del capo mediale della clavicola o una frattura lussazione. Il quadro clinico è sovrapponibile a quello delle artriti della scapolo-omerale. NOTE Tab.13 da Patologia non traumatica della spalla,Ricciardi L.,ed. Piccin,Venezia 1986

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Da evidenziare che in queste ultime il dolore inizia e perdura per tutto l’arco abduttorio, mentre nella patologia della acromion-claveare inizia dopo i 90°, e ciò perché è solo dopo i 90° che si rende necessaria la rotazione della clavicola intorno al suo asse longitudinale con fulcro nella acromion-claveare, insieme alla rotazione consensuale della scapola.

3.4.3 Le Connettiviti Nella sclerodermia, in una fase iniziale, il processo interessa solo la cute ed il sottocute. Solo in un secondo momento la sclerosi si approfonda fino ai tessuti periarticolari fino ad interessare capsula e legamenti. Il quadro termina le è quello di una osteoartrite , simile a quello dell’artrite reumatoide. Il fatto da evidenziare , per quanto riguarda le connettiviti, non è il quadro clinico, simile ad altre patologie infiammatorie, quanto la patogenesi, oggi riconosciuta , come autoimmune; si tratta di patologie derivanti da un’anomala risposta del sistema immunitario a sostanze autologhe (proprie) dell’organismo in genere e/o dell’articolazione in particolare. Le lesioni che ne derivano sono prodotte dalla precipitazione e dal deposito articolare di complessi immuni formatisi i seguito alla reazione antigene-anticorpo corrispondenti. L’anomala risposta immune , secondo la teoria della selezione clonale di Burnet, deriverebbe dalla proliferazione durante la vita embrionale di cellule immunocompetenti anomale, capaci cioè di risposte immuni versi i costituenti normali dell’organismo.

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3.5 LA PATOLOGIA DEGENERATIVA Le malattie articolari degenerative possono essere in fondo compendiate tutte nell’artrosi deformante.(Hackenbrock) Col termine artrosi si intende un’artropatia cronica , a carattere evolutivo , consistente inizialmente in alterazioni regressive della cartilagine articolare e secondariamente in modificazioni delle altre strutture che compongono l’articolazione( tessuto osseo, sinovia, capsula). Clinicamente l’artrosi si manifesta con dolore , limitazione funzionale, atteggiamenti viziosi: tutti e tre i sintomi compaiono di norma qualche tempo dopo le iniziali alterazioni anatomo-patologiche della cartilagine. L’artrosi, oltre che con l’attività dell’articolazione , è in rapporto con l’età e rappresenta una manifestazione di consumo e di logorio , il cui inizio è subdolo e impercettibile , il progresso lento è caratterizzato da stati di benessere che si alternano a condizioni di insufficienza articolare ( dolori , limitazione), il cui destino finale è un ‘alterazione grave e irreversibile dell’articolazione colpita. 3.5.1 Patogenesi L’artrosi si instaura in un articolazione quando in essa si verifica , per fattori generali o locali , uno squilibrio tra resistenza e sollecitazioni funzionali. Fattori generali: età( modificazioni del pH del liquido sinoviale); ereditarietà( predisposizione alle affezioni artro-reumatiche); costellazione ormonica( particolarmente gli estrogeni); obesità( sovraccarico delle articolazioni); alterazioni metaboliche( del calcio etc); ambiente( abitazione , clima , condizioni di lavoro).

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Fattori locali: concentrazione o alterata distribuzione delle sollecitazioni meccaniche sulla superficie articolare( ad es. per deviazione dei normali assi di carico come nel ginocchio valgo); alterazioni articolari prodotte da affezioni di natura infiammatoria, traumatica etc. 3.5.2 Anatomia patologica Sono presenti costantemente: alterazioni cartilaginee: distribuite a chiazze sulla cartilagine di rivestimento ; consistono in modificazioni del colorito ( giallastro) , in assottigliamento e fissurazioni; laddove maggiore è il sovraccarico la cartilagine può ulcerarsi mettendo a nudo l’osso subcondrale; osteofiti marginali: sono rappresentati da cercini ossei a becco, a rostro, etc, neoformatisi ( per ossificazione della cartilagine o delle inserzioni capsulari) in corrispondenza del margine periferico delle superfici articolari; osteosclerosi subcondrale: consiste in addensamento del tessuto osseo in corrispondenza delle zone di maggiore usura della cartilagine , laddove il carico è più accentuato; queste zone si alternano a zone di rarefazione che confluendo possono dare origine a : geodi: sono piccole cavità ( da un grano di riso a un chicco d’uva ) presenti nello spessore delle zone osteosclerotiche ( quindi nelle zone di maggior carico funzionale), contenenti un liquido mucoide , frammenti cartilaginei , trabecole necrotiche, etc;

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alterazioni della membrana sinoviale : iperemia, ipertrofia ed ispessimento dei villi che presentano frange esuberanti, etc; alterazioni della capsula : consistenti in edema , ispessimento, fibrosclerosi. Tutte le alterazioni descritte , si sviluppano progressivamente in vario grado, a seconda della sede colpita e del tempo decorso dall’inizio della malattia . Nelle fasi iniziali si notano solo piccole zone di erosione cartilaginea , ipertrofia e ispessimento dei villi sinoviali , e una modesta osteofitosi. Nelle fasi avanzate dominano il quadro le osteosclerosi, le cavità geodiche , la grossolana osteofitosi fino alla completa deformazione dei capi articolari( artrosi deformante). L’incidenza della malattia artrosica nella popolazione e la distribuzione delle manifestazioni degenerative , sono tuttora discusse. Un dato della massima importanza è che la degenerazione artrosica è quasi esclusivo appannaggio delle articolazioni portanti( coxofemorale, ginocchio, intervertebrali), essendo la localizzazione agli arti superiori estremamente rara e limitata alla mano e alla spalla. (dati da “Medicina fisica e riabilitazione”, Pizzetti C., Edilombardo, Roma, 1987).

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CAPITOLO QUARTO: CASISTICA DELLE PATOLOGIE INTRODUZIONE Stilare un capitolo sulla casistica delle patologie , non è stato molto facile; ho incontrato molte difficoltà , soprattutto per quanto riguarda le percentuali stesse , delle patologie. È da evidenziare , che i dati contenuti in questo capitolo, sono solamente orientativi, e non pretendono di rappresentare, una statistica valida, e rappresentativa ,sulle affezioni più frequenti del cingolo scapolo-omerale; in primo luogo perché si riferiscono a campioni statistici, troppo piccoli( e quindi non rappresentativi)e secondo perché non si tratta di campioni omogenei(cioè non presentano le stesse caratteristiche). Il dolore alla spalla incombe su 20 italiani adulti su 100(dati mediaset on line) che ,prima o poi nella vita, si trovano a combattere con infiammazioni , rottura dei tendini, e artrosi dell’articolazione. Fra i più colpiti i giovani sportivi in particolare gli appassionati di nuoto pallanuoto e bodybuilding. M anche barbieri , parrucchieri carpentieri, che si ritrovano a non potersi pettinare o a non riuscire ad alzare la, forchetta.( dati dal “Congresso Internazionale Spalla” Presidente Franco Postacchini, ortopedico della Sapienza di Roma). Le principali categorie di vittime sono : quelle colpite da infiammazioni dovute all’uso eccessivo della spalla, cioè giovani sportivi e lavoratori che sollevano spesso le braccia sopra la testa , gli adulti con calcificazioni, e le persone con più di 50 anni in cui un ‘alterazione fisiologica porta alla rottura dei 4 tendini della cuffia dei rotatori. Sotto i 50 anni sono più colpiti gli uomini , in seguito la differenza scompare.

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Com’è facilmente intuibile, la principale delle categorie più a rischio è rappresentata , dai giovani sportivi, nel senso che i microtraumi più volte ripetuti, e le continue sollecitazioni possono causare lo sviluppo di patologie più o meno gravi. Infatti la patologia muscolo tendinea ed articolare minore rappresenta un evento molto frequente nella pratica di molte discipline sportive: essa, potendo risultare invalidante richiede anche una diagnosi tempestiva ed un altrettanto efficace intervento terapeutico. Ovviamente il continuo espandersi della pratica sportiva in sempre più larghi strati della popolazione( verificatosi soprattutto nell’ultimo decennio) oltre a raggiungere in Italia un numero di praticanti che si aggira sui 14 milioni ha creato un aumento enorme di queste affezioni. Riguardo queste patologie osteo-muscolo-articolari ,vi è sempre stata una grande ricerca da parte di specialisti del settore , per delineare un profilo patologico causa-effetto, con particolare riguardo alla lesioni croniche, tanto da coniare il termine “atlopatie”, quasi ad individuarne l’eziologia prevalete od esclusiva nel gesto atletico. Vediamo adesso quali sono le discipline sportive in cui sono maggiormente presenti patologie del cingolo scapolare, in confronto ad altri distretti anatomici , ed ad altre discipline in cui prevalgono altre affezioni, come è raffigurato nella tabella seguente (tab.14).

Com’è evidente dalla tabella , negli sport di squadra , in cui è importante la componente “contatto”, prevale la patologia acuta di origine traumatica ed in particolare NOTE Tab.14 da sito internet digilander @ iol.it- Paolo Mondardini

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quella dell’arto inferiore per il calcio (lesioni del ginocchio, distorsioni del collopiede, tendinopatie del t. di Achille) e dell’arto superiore ( fratture –lussazioni mano, tendinopatie estensori dita, tendinopatie e lesioni spalla) per il basket. Nella pallavolo , dove manca questa componente , prevalgono le lesioni tipiche degli sport di potenza sia agli arti superiori sia agli inferiori( lesioni spalla, distorsioni caviglia, tendinopatie quadricipitali). Nel tennis sono più frequenti le patologie a carico delle strutture muscolari e tendinee(muscoli spalla, dell’addome, tendine rotuleo) così come negli sport di endurance come il podismo ed il ciclismo, dove i microtraumi ripetuti determinano la prevalenza di quadri cronici( tendinopatie dell’achilleo, degli adduttori condropatie femoro-rotulee). Analizziamo adesso un’altra classificazione di queste atlopatie (riferendoci alla tab.15) Da evidenziare che l’articolazione della spalla è forse la più colpita da distorsioni e lussazioni in un numero molto esteso di discipline sportive (cfr. parag. su lussazioni). La lussazione della scapolo-omerale era frequente nello sci , quando si usavano bastoncini molto alti che esasperavano il movimento di abduzione del braccio e si verificava per il 90% nella varietà sottocoracoidea. La si può riscontrare nei rugbisti, nelle mischie, quando il braccio viene ad essere iperesteso in abduzione e retroposizione. Non è rara nei lottatori e nei judoka , nei quali è spesso della varietà posteriore( che tra l’altro è molto rara;cfr.pa g.64). E’ ancora frequente nello sci ma per caduta sulla spalla a braccio abdotto così come avviene in hockeisti, pattinatori, cavalieri, portieri di calcio etc. Note Tab.15 da Atlopatie e trumi nello sport, Vallardi A,Zanchini M.

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Un’altra lesione abbastanza frequente è la lussazione acromio-clavicolare . Il meccanismo patogenetico è legato alla caduta sul moncone della spalla , frequente nel judò, nella lotta, nel rugby, nell’hockey, nel pugilato etc. Alcune patologie della spalla , avendo un incidenza molto elevata in atleti che praticano determinate discipline, hanno assunto l’eponimo del nome della disciplina. A questo proposito vorrei ricordarne alcune fra le più frequenti statisticamente. La spalla del lanciatore: è un’affezione dolorosa della spalla che colpisce atleti praticanti anche la ginnastica , la pallamano, i lanci, il tennis, il nuoto, la pallanuoto, il sollevamento pesi. Essa riconosce quale fattore patogenetico quello microtraumatico cronico agente sulle inserzioni dei muscoli della spalla , prima tra tutti i muscoli del sovraspinoso, e capo lungo del bicipite. Tale dolore non è quasi mai spontaneo, ma è provocato dallo stesso movimento di abduzione della spalla. (dati da “ la spalla del lanciatore” di A.Gozzini, specialista in medicina dello sport. HTML, document) La spalla del pallavolista: si tratta di una neuropatia del soprascapolare , una patologia della spalla rara negli sport di lancio, ma non altrettanto nella gran massa di praticanti la pallavolo( 30% dalle ultime casistiche) scarsamente invalidante, e talmente tipica in questo sport che ha assunto l’eponimo di” spalla del pallavolista” Il nervo soprascapolare nel suo decorso passa attraverso due incisure ossee che possono divenire sede di intrappolamento ( o per l’ipertrofia dei legamenti presenti in esse ,o per stiramento del nervo). Se tale intrappolamento avviene a livello dell’incisura superiore ( coracoidea) , cioè quando vi sono tutte le fibre del nervo, clinicamente si manifesterà con ipotrofia marcata

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dei muscoli sopra e sotto spinoso, riduzione della forza in abduzione ed extrarotazione, dolore diffuso della spalla( tipico quadro presente in alcuni giocatori di baseball); un intrappolamento a livello dell’incisura spino-glenoidea , cioè dopo che il nervo ha provveduto a cedere il ramo motore al muscolo sottospinoso e non ha ancora ricevuto le fibre sensitive , si manifesta invece con un’atrofia del solo sottospinoso, riduzione della forza dell’omero in extrarotazione( condizione tipica del pallavolista ). Statisticamente la patologia è presente in giocatori di tutti i ruoli , e solo nell’arto superiore dominante. Alcuni autori hanno ipotizzato che la causa scatenante sia il servizio flottante , cioè quell’azione in cui viene a mancare una dispersione dell’energia accumulata nella fase di caricamento ed accelerazione del braccio per colpire il pallone. Infatti nel servizio flottante al contrario di ciò che accade nella schiacciata o nella battuta al salto, è necessario un brusco arresto del braccio nel momento in cui si colpisce la palla; ciò determina una brusca contrazione dei muscoli extrarotatori della spalla : quella del sovraspinoso in particolare , provocherebbe uno stiramento del nervo soprascapolare che verrebbe ghigliottinato contro l’incisura spino-glenoidea e danneggiato dopo un numero ripetuto di traumi. Ovviamente questa patologia non è presente in tutti i pallavolisti che effettuano la battuta flottante : quindi tra gli elementi concausali potrebbe esservi una particolare predisposizione anatomica presente in circa il 30% degli individui ,con un decorso ad angolo acuto del nervo dopo il passaggio nell’incisura spino-glenoidea, decorso che può favorire il suo stiramento durante la contrazione muscolare. ( dati da “Spalle bucate” Nessi causali fra patologia battuta predisposizione genetica. Di M Fontana, centro di Traumatologia dello sport Calvary Hospital, Roma.HTML, document).

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Patologia da sovraccarico nell’arciere: quando si parla di patologia da sovraccarico funzionale nella pratica sportiva del tiro con l’arco , si parla quasi esclusivamente di patologie a carico ella spalla, che sono effettivamente quelle di più frequente riscontro in un arciere. Una casistica pubblicata nel 1993 che riportava le patologie riscontrate su tutti gli arcieri di livello nazionale dimostrava che, le lesioni ai tendini dei muscoli della spalla( cuffia dei rotatori)erano le patologie con più frequente riscontro, seguite da patologie a carico del gomito , ed a carico della colonna cervicale. I problemi nell’arciere ( a differenza di altri sport) non sono quasi mai provocati da un trauma acuto , bensì sono causati dal sovraccarico funzionale delle strutture interessate , siano esse articolari o mio-tendinee. Le sollecitazioni meccaniche che si ripetono costantemente superano i limiti di resistenza delle strutture anatomiche interessate e sono da considerarsi pertanto microtraumi ripetuti. Si instaura pertanto un processo infiammatorio che pur essendo una reazione protettiva dell’organismo, diventa spesso esso stesso una patologia. ( dati da “Attenti alle spalle e non solo” di D.Bonsignore e F.Basili.HTML document).

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4.1 CASISTICHE Per quanto riguarda la casistica sulle atlopatie , dati dell’Istituto di Medicina dello Sport CONI –FMSI di Bologna dimostrano che la spalla è una regione anatomica frequentemente colpita , come dimostra la seguente statistica: è stato considerato in gruppo campione di 187 atleti, dilettanti, professionisti, ed amatori, di cui 55 femmine e 132 maschi di età compresa tra gli 11 ed i 79 anni (media 40) praticanti discipline diverse. Nel 11,22% dei casi (21 persone) questi atleti riportano una patologia a carico del complesso spalla così ripartita:

4.1.1casistica n°1: Sindromi da impingement 28,57% (6 casi)Tendinopatie capo lungo del bicipite 28,57% (6 casi)Rotture massive della cuffia dei rotatori 19% (4 casi)Sublussazioni 14% (3 casi)Tendiniti del sopraspinoso 9,86% (2 casi) In questa piccola statistica effettuata dall’istituto, negli ultimi anni le patologie più ricorrenti nello sportivo, sono le sindromi da impingement, e le tendinopatie del capo lungo del bicipite.(dati dal sito digilander.iol.it/paolomondardini) Vediamo adesso il confronto con una statistica effettuata dalla scuola Lionese, che il chirurgo ortopedico G. Walch ed il riabilitatore J.P. Liotard hanno elaborato , negli ultimi anni, sulla base di un’esperienza di 2776 casi di patologie della spalla. Questa statistica si riferisce a soggetti di più classi, vale a dire , non necessariamente sportivi o lavoratori , ed è quindi più generale. Le patologie sono così ripartite:

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4.1.2 casistica n°2:

Fratture da traumi al complesso spalla 22,65 %(629 casi) Displasie e malformazioni acromiali 17,54% (487 casi) Tendinopatie calcifiche( t.bicip.t.sopras) 15% (416 casi) Rotture massive cuffia 14,40% (400 casi) Fratture glena, smussamento glena 12,75% (354 casi) Sindromi da impingement 7,2% (200 casi) Lesioni minori alla cuffia 6,37% (177 casi) Instabilità cronica( anter. e poster.) 4,09% (113 casi)

In questa statistica molto più generica vediamo, che sono le fratture al complesso, e le malformazioni acromiali( che a loro volta possono causare una sindrome da impingement) ad essere maggiormente rappresentate. Confrontando queste due casistiche con un’altra elaborata ed inviatami gentilmente dall’associazione “Concordia”, su di un campione non specificato ma riguardante gli ultimi tre anni, possiamo trovare qualche analogia su le patologie maggiormente rappresentate: 4.1.3 casistica n°3: Lesioni massive cuffia dei rotatori 40% Instabilità traumatiche, anter.e poster. 20% Lesioni articolari cuffia dei rotatori 15% Lesioni sub acromiali( impingement) 9% Instabilità costituzionali 9% Tendinopatie calcifiche 7% (dati dal sito [email protected])

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Vediamo che quattro patologie sono rappresentate maggiormente in queste tre casistiche: Lesioni massive della cuffia Media 25,5% Tendinopatie calcifiche Media 20,15 Instabilità cronica o traumatica Media 15,7% Sindrome da impingement Media 15% Fino ad adesso ho considerato solamente le lesioni traumatiche a carico della spalla , sia che esse siano di origine sportiva , che non lo siano( lavoro); andiamo vedere adesso due casistiche sulla patologia non traumatica della spalla, cioè quella degenerativa, altrettanto importante come rilevanza. Le due casistiche da me trovate interessano la poliartrite reumatoide, e l’artrosi delle articolazioni del complesso spalla. La poliartrite reumatoide è una malattia autoimmune del tessuto connettivo a predominanza sinoviale , che predilige il sesso femminile, tre i 40 ed i 60 anni ed evolve a pousseès o recidive che determinano delle lesioni articolari gravi. Le localizzazioni più frequenti sono a livello della spalla e del gomito ed a seconda delle casistiche , esse sono possibili per la spalla tra il 60% e l’80% dei casi e per il gomito tra il 40% ed il 50% dei casi. Si tratta quindi di localizzazioni importanti , soprattutto se confrontate con altre localizzazioni, come è possibile estrapolare dalla tabella seguente ,tratta da una recente casistica internazionale:

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4.1.4 casistica n°4: Mano, polso, dita 90% Avampiede 90% Spalla 60%-80% Ginocchio 80% Rachide cervicale 50%60% Temporo-mandibolare 55% Gomito 40%-50% Anca 12%-38% Caviglia < 5% Sacroiliaca <5% (dati dal sito MA.RI.CA. malattie reumatiche infiammatorie croniche e autoimmuni) Da evidenziare che le lesioni reumatoidi della spalla comportano, quando il danno è evoluto delle serie ripercussioni sul piano funzionale. La localizzazione è spesso bilaterale e può interessare tutti gli elementi dell’articolazione: la borsa sottoacromiale, le articolazioni , scapolo-omerale, acromion-claveare e meno frequentemente la sterno-claveare. Fondamentalmente l’artrite reumatoide colpisce nell’80% dei casi due settori: l’articolazione scapolo-omerale; la cuffia dei rotatori;

Riguardo l’incidenza sull’artrosi della spalla aggiungo

una breve tabella , elaborata dal dott. V.Valerio, dell’ASL BR/4 dell’ospedale di”Summa” di Brindisi. I dati di questa casistica si riferiscono ad un dossier di 500 esaminati nell’anno 1986. I fenomeni di artrosi delle articolazioni del complesso spalla , sono 77 ( il 15,4%) così ripartiti:

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4.1.5 casistica n°5: Artrosi acromio-clavicolare 10,4% (52 casi) Artrosi sterno-costo-clavicolare 3,6% (18 casi) Artrosi scapolo-omerale 1,4% ( 7 casi) ( dati dal libro “Patologia non traumatica della spalla”) Per quanto riguarda la prima classe i soggetti colpiti, avevano un’età compresa tra i 48 ed i 76 anni, con prevalenza del sesso maschile con 38 casi su 52. Da notare che 41 soggetti su 52 espletavano lavori pesanti, , che quindi possono influire sull’incidenza della patologia. La seconda classe è molto meno frequente, in questo caso , abbiamo una prevalenza del sesso femminile con 13 casi su 18. I soggetti colpiti avevano un ‘età media di 66 anni. La terza classe è poco rappresentata in questa tabella, e secondo altre statistiche più recenti , avrebbe un’incidenza del 2% riguardo ad i fenomeni artrosici della spalla. Un’altra casistica sui casi generali di artrosi è quella elaborata da Watermann, che su 3200 degenti in un ospedale generale riscontro nel 25% dei soggetti esaminati(800 casi) alterazioni artrosiche. Queste erano così suddivise: 4.1.6 casistica n°6: Gonartrosi 33% (264 casi) Artrosi colonna lombare 27% (216 casi) Artrosi colonna cervicale 17% (136 casi) Coxartrosi 12% ( 96 casi) Artrosi dell’alluce 8% ( 64 casi) Artrosi della spalla 3% ( 24 casi)

( dati da “Medicina fisica e riabilitazione”, Pizzetti C., Edilombardo, Roma, 1987)

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Anche in questo caso si rileva che il fenomeno artrosico, è di quasi esclusivo appannaggio delle articolazioni portanti, essendo la localizzazione a livello dell’arto superiore ed in special modo della spalla, relativamente rara. Concludo questo breve capitolo aggiungendo una statistica elaborata dall’ospedale “San Giacomo” di Roma , nel triennio 1991-1992-1993, riguardo le lesioni traumatiche del pedone nell'area urbana, che evidenzia il coinvolgimento del complesso spalla in traumatismi non riguardanti l’ambito sportivo, ma i quelli riguardanti gli incidenti stradali. Le lesioni traumatiche complessivamente riscontrate sono 668, così suddivise: 4.1.7 casistica n°7: Contusioni, distorsioni 71,8% (480 casi) Fratture 13,9% ( 93 casi) Traumi cranici 13,3% ( 89 casi) Lussazioni 0,8% ( 6 casi) Vediamo che il trauma più frequente nel pedone in seguito ad incidente è rappresentato dalla contusione distorsione con 480 casi. I segmenti corporei più colpiti sono:

Ginocchio 17,5% Gamba 14,7% Torace 8,9% Piede 7,9% Gomito 6,8% Bacino 5,8% Spalla 5,2% Rachide 3,1%

Tab.16

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Sono state riscontrate 6 lussazioni , di cui 5 a carico dell’arto superiore ( 3 scapolo-omerale, 1 acromion claveare, 1 gomito), ed una arto inferiore( astragalo-peroneale). Inoltre per quanto riguarda le fratture, 93 casi, il coinvolgimento della spalla è sempre molto alto come dimostrano i dati seguenti: Fratture A.I 38,7% (36 casi) Fratture A.S. e spalla 29,1% (27 casi) Fratture cranio 15,1% (14 casi) Fratture torace 9,7% (11 casi) Fratture colonna 4,3% ( 4 casi) Fratture bacino 3,2% ( 3 casi) Tab.17 ( dati da “Le lesioni traumatiche del pedone , da motoveicolo, nell’area urbana” di M.Tortora, P.Oliva, L.Tamburella. HTML document).

CONCLUSIONI: Da questo studio sull’articolazione della spalla risulta evidente che per la complessa organizzazione strutturale che coinvolge praticamente tre ossa( scapola, clavicola, omero), in parte la gabbia toracica( sterno e coste) e soprattutto un buon numero di muscoli e di strutture articolari e legamentose essa è frequentemente soggetta a lesioni traumatiche e degenerative. Non sono da trascurare inoltre i rapporti anatomici che si stabiliscono, nella spalla, tra i nervi del plesso brachiale ed i vasi ascellari.

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Questa complessità anatomo-funzionale, legata alla grande mobilità necessaria all’arto superiore per adempiere a tutte le complesse funzioni che gli competono, si riverbera naturalmente sulla facilità dell’instaurarsi di patologie diverse per eziologia e patogenesi. Abbiamo cercato di presentare un quadro seppur sintetico, ma abbastanza completo di queste patologie e della loro incidenza , con particolare attenzione a quelle dovute soprattutto all’usura ed a i traumatismi legati allo sport. Purtroppo in questo settore i dati statistici , da me rilevati, come già accennato , sono piuttosto scarsi, specie in riferimento ai singoli sport. Da i dati che sono riuscito a procurare risulta tuttavia che le lesioni della spalla sono abbastanza frequenti negli sportivi e non soltanto quelle di natura traumatica , facilmente prevedibili, ma anche quelle di natura degenerativa ed infiammatoria. Un particolare di rilievo hanno le lesioni della cuffia dei rotatori, che sono fra le più frequenti e si verificano in gran parte delle attività sportive. Se una conclusione si può trarre da quanto sopra, è che un’azione preventiva sulle lesioni da sport potrebbe essere effettuata soprattutto nella fase di allenamento , in modo da abituare l’atleta a controllare i movimenti della spalla, così da evitare per quanto possibile forzature e gesti incontrollati. Naturalmente in sede di gara tutto ciò è più difficile , ma la presa di coscienza, da parte dell’atleta, della necessita di avere riguardo delle proprie spalle potrebbe essere di qualche vantaggio. A questo proposito sarebbe altresì utile una conoscenza , seppur sommaria, dell’anatomia funzionale di questa parte del corpo.

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