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1 Anatomia e Fisiologia Docente: Lorenzetti Cristina Contenuti Organizzazione e struttura generale del corpo; cellule, tessuti, organi, sistemi, omeostasi. Metabolismo; catabolismo, anabolismo; proteine, lipidi, carboidrati; controllo della temperatura corporea Sistema tegumentario; strutture e funzioni; cute, sottocute, annessi, ghiandole. Sistema muscolo scheletrico. Struttura e tono muscolare, funzioni (movimento, posture); contrazione muscolare; principali muscoli del corpo. Struttura e funzioni dello scheletro (sostegno, protezione, movimento); articolazioni; principali ossa del corpo. Sistema nervoso; organi, strutture e funzioni; midollo spinale, meningi, nervi, liquido cerebrospinale; sistema nervoso autonomo. Sistema cardiovascolare; organi, strutture e funzioni; vasi sanguigni, ciclo cardiaco, frequenza cardiaca, pressione arteriosa; caratteristiche del sangue. Sistema linfatico; organi, strutture e funzioni; linfa, linfonodi, timo, milza. Sistema digerente; organi, strutture e funzioni; fegato, cistifellea, pancreas; digestione, assorbimento dei nutrienti; formazione eliminazione e caratteristiche delle feci, caratteristiche del vomito. Sistema endocrino; organi, strutture e funzioni; ormoni, ipofisi, tiroide, pancreas. Sistema urinario; organi, strutture e funzioni; formazione eliminazione e caratteristiche dell’urina; bilancio idrico, elettroliti, equilibrio acido-base. Sistema riproduttivo maschile e femminile; organi, strutture e funzioni; ovaie e testicoli. Sistema immunitario; organi, strutture e funzioni; anticorpi. I sensi; vista, olfatto, udito, gusto, tatto. Obiettivi Formativi Raggiungere una adeguata conoscenza di base dell’anatomia umana e del funzionamento fisiologico degli organi e apparati del corpo nella loro complessità. Definizioni: Anatomia: è lo studio della struttura corporea e riguarda dimensione, forma composizione, colorazione Fisiologia: studio del funzionamento del corpo Fisiopatologia: studio dei disturbi del funzionamento

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Anatomia e Fisiologia

Docente: Lorenzetti Cristina

Contenuti

Organizzazione e struttura generale del corpo; cellule, tessuti, organi, sistemi, omeostasi.

Metabolismo; catabolismo, anabolismo; proteine, lipidi, carboidrati; controllo della

temperatura corporea

Sistema tegumentario; strutture e funzioni; cute, sottocute, annessi, ghiandole.

Sistema muscolo scheletrico.

Struttura e tono muscolare, funzioni (movimento, posture); contrazione muscolare;

principali muscoli del corpo.

Struttura e funzioni dello scheletro (sostegno, protezione, movimento); articolazioni;

principali ossa del corpo.

Sistema nervoso; organi, strutture e funzioni; midollo spinale, meningi, nervi, liquido

cerebrospinale; sistema nervoso autonomo.

Sistema cardiovascolare; organi, strutture e funzioni; vasi sanguigni, ciclo cardiaco,

frequenza cardiaca, pressione arteriosa; caratteristiche del sangue.

Sistema linfatico; organi, strutture e funzioni; linfa, linfonodi, timo, milza.

Sistema digerente; organi, strutture e funzioni; fegato, cistifellea, pancreas; digestione,

assorbimento dei nutrienti; formazione eliminazione e caratteristiche delle feci,

caratteristiche del vomito.

Sistema endocrino; organi, strutture e funzioni; ormoni, ipofisi, tiroide, pancreas.

Sistema urinario; organi, strutture e funzioni; formazione eliminazione e caratteristiche

dell’urina; bilancio idrico, elettroliti, equilibrio acido-base.

Sistema riproduttivo maschile e femminile; organi, strutture e funzioni; ovaie e testicoli.

Sistema immunitario; organi, strutture e funzioni; anticorpi.

I sensi; vista, olfatto, udito, gusto, tatto.

Obiettivi Formativi

Raggiungere una adeguata conoscenza di base dell’anatomia umana e del funzionamento fisiologico

degli organi e apparati del corpo nella loro complessità.

Definizioni:

Anatomia: è lo studio della struttura corporea e riguarda dimensione, forma composizione,

colorazione

Fisiologia: studio del funzionamento del corpo

Fisiopatologia: studio dei disturbi del funzionamento

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Organizzazione e struttura generale del corpo; cellule, tessuti, organi, sistemi,

omeostasi.

Livelli di Organizzazione

La struttura del corpo umano è organizzata in livelli funzionali di complessità crescente. Ogni

livello superiore comprende le strutture che compongono quello precedente:

1. Livello chimico

2. Livello cellulare

3. Livello di tessuto

4. Livello di organo

5. Livello di apparato

6. Livello di organismo

Figura 1livelli dell'organismo

1 Livello Chimico

Le sostanze chimiche che entrano a far parte del nostro organismo si dividono in sostanze

inorganiche e organiche. Le prime sono generalmente sostanze semplici, composte da uno o due

elementi mentre le organiche sono molecole complesse, formate da più elementi.

2 Livello Cellulare

Le cellule sono considerate, strutturalmente e funzionalmente, le più piccole unità viventi. Ve ne sono di

molti tipi e ognuna formata di composti chimici diversi con reazioni chimiche diverse che ne determinano

una funzionalità diversa.

3 Livello Tessutale Si definisce tessuto un gruppo di cellule con struttura e funzioni simili. Esistono quattro gruppi di tessuti:

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- Tessuti epiteliali che ricoprono e contengono la superficie corporea e alcuni organi interni, producono

secrezioni con funzioni specifiche (pelle, ghiandole sudoripare, pareti dei capillari, pareti dei tubuli renali

ecc.)

- Tessuti connettivali: uniscono e sostengono parti del corpo; alcuni immagazzinano e trasportano materiali

(Sangue, linfa, tessuto osseo, tessuto adiposo.)

- Tessuti muscolare: con capacità di contrazione e rilasciamento permettono il movimento degli arti e di

organi (muscoli scheletrici, cuore, vescica, stomaco ecc.)

- Tessuto nervoso: con capacità di trasmettere gli impulsi elettrochimici per regolare le funzioni corporee

(cervello, nervi ottici)

4 Livello di Organo L’organo è un insieme di tessuti con funzioni specifiche: reni, fegato, polmoni, stomaco ecc.

5 Livello di Apparato Un apparato è un insieme di organi che cooperano a una specifica funzione: apparato urinario,

digerente, respiratorio

6 Livello Organismo L’organismo è l’insieme degli apparati che formano un sistema complesso evolutivo, si sviluppa, si

determina e si mantiene da solo secondo un progetto contenuto nel DNA.

OMEOSTASI

È lo stato di buona salute della persona e la capacità del corpo di mantenere nel tempo tale stato di

stabilità adattandosi ai continui cambiamenti provenienti dall’interno e dall’esterno.

L’alimentazione, la crescita sono cambiamenti interni, il caldo e il freddo sono i cambiamenti

provenienti dall’esterno. L’organismo risponde attraverso meccanismi di feedback positivi o

negativi.

1 Livello Chimico

Le sostanze chimiche che entrano a far parte del nostro organismo si dividono in sostanze

inorganiche e organiche. Le prime sono generalmente sostanze semplici, composte da uno o due

elementi mentre le organiche sono molecole complesse, formate da più elementi.

ELEMENTI

Gli elementi sono sostanze formate da un solo tipo di atomo. In natura esistono 92 elementi che raramente si

trovano in forma libera, ma associati in combinazione con gli atomi di altri elementi. L’Idrogeno(H),

l’Ossigeno (O), l’Azoto (N) e il Carbonio (C), Fosforo (P), Zolfo (S), sono tra gli elementi fondamentali per

il nostro organismo, ed insieme al Ferro (F) e al Calcio (Ca++) formano circa il 99% del peso della struttura

corporea umana. Complessivamente il corpo umano racchiude 20 elementi diversi in quantità variabile. Li

troviamo in composti come l’acqua (H2O), due atomi di idrogeno si combinano con uno di ossigeno;

l’anidride carbonica (CO2) un atomo di carbonio si combina con due di ossigeno; il glucosio (C6H12O6) sei

atomi di carbonio e sei di ossigeno si legano a dodici atomi di idrogeno.

ATOMI

Gli atomi sono componenti più piccoli di un elemento aventi le caratteristiche dell’elemento stesso. Un

atomo è formato da tre sub unità maggiori o particelle: protoni, neutroni ed elettroni.

Il protone ha una carica elettrica positiva ed è posto nel nucleo (centro) dell’atomo, il numero di protoni

presenti nell’atomo ne determina il numero atomico; il neutrone è elettronicamente neutro; l’elettrone ha

carica elettrica negativa ed è esterno al nucleo, orbitante nella “nube elettronica” o “guscio” attorno al

nucleo.

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Il numero dei protoni presenti in un atomo ne determina il numero

atomico. Il numero dei protoni (+) ed elettroni (-) presenti in un atomo è

uguale e determinano la neutralità dell’atomo. I protoni e neutroni hanno

peso corrispondente a quello dell’atomo di cui fanno parte (massa)

Gli elettroni sono importanti perché permettono ad un atomo di legarsi ad

un altro atomo formando delle molecole. Una molecola è quindi una

combinazione di atomi che sono così strettamente legati tra loro che la

molecola si comporta come una unità singola. Ogni atomo si può

legare in maniera molto specifica, grazie al numero e posizione dei

suoi elettroni. L’atomo ha diversi livelli di energia, quello vicino al

nucleo con un massimo di due elettroni, considerato stabile. Il secondo livello è stabile quando raggiunge il

massimo di elettroni che può contenere, cioè otto. I rimanenti livelli più periferici quando presentano otto

elettroni o un multiplo di otto.

Pochi atomi sono naturalmente stabili, o “non interessati” a reagire, perché il loro livello di energia più

esterno contiene già il numero massimo di elettroni, come i gas Elio e Neon. La maggior parte degli atomi

non è stabile e acquista, perde o condivide elettroni per “saturare” il proprio guscio esterno formando uno o

più legami chimici con altri atomi. Il Legame chimico è una forza di attrazione fra cariche elettriche positive

e negative che permette agli atomi di rimanere strettamente legati.

I legami possono essere di quattro tipi:

LEGAME IONICO Comporta la perdita di uno o più elettroni che vanno ad essere assunti da

uno o più atomi.

Es.

- Un atomo di Na (sodio) possiede un elettrone nel suo guscio esterno; per

divenire stabile tende a perderlo, ma così facendo rimane con un protone

in più quindi ha “valenza +1” e viene chiamato ione sodio (Na+).

- Un atomo di cloro ha 7 elettroni nel suo guscio esterno e tende ad

acquisirne uno per diventare stabile, avendo quindi un elettrone in più ha

un protone in meno, quindi “valenza -1” e viene chiamato ione cloruro

(Cl-) Essendo ioni di cariche differenti, Na+ e Cl- , tendono ad attirarsi e

legarsi fra loro formando una nuova molecola il Clorurio di Sodio

(NaCl) il comune sale da tavola. Il loro legame è detto legame ionico.

Gli ioni a carica positiva sono detti cationi: Sodio (Na+), Calcio (Ca++)o (Ca+2), Potassio (k+), Ferro (Fe+2), e

Magnesio (Mg+2).

Gli ioni a carica negativa sono detti anioni: Cloro (Cl-), Solfato (SO4-2) e Bicarbonato (HCO3

-).

I composti formati da legami ionici si chiamano Sali, acidi e basi.

SALI Sono molecole costituite da ioni diversi dagli ioni idrogeno (H+) o

idrossici, idrogeno e ossigeno (HO-). Se infatti il sale viene aggiunto in soluzione acquosa (H2O)si discioglie

perchè il legame dei due ioni si indebolisce andando incontro a ionizzazione. Nell’acqua si troveranno ioni

liberi positivi e negativi pronti ad essere utilizzati per altri legami e reazioni chimiche. Spostiamo questo

all’interno del corpo umano ed è facile capire come gli elementi siano indispensabili alla sopravvivenza. Un

loro disequilibrio provoca patologie più o meno gravi, a volte fatali.

LEGAME CONVALENTE

Richiedono la messa in comune di due elettroni da parte di due atomi. Es:

- un atomo di Ossigeno ha bisogno di due elettroni per acquistare stabilità e può mettere in comune due dei

suoi elettroni con un altro atomo di ossigeno. Insieme formano un molecola di ossigeno gassoso (O2) che è la

forma in cui questo elemento è presente nell’atmosfera.

- un atomo di Ossigeno può mettere in comune due dei suoi elettroni con due atomi di Idrogeno (H2O)

- Il Carbonio forma invece sempre legami convalenti perché ha 4 legami elettroni da condividere. Il

Carbonio con l’Idrogeno formano il Metano (CH4)

Figura 3 reticolo cristallino del

Cloruro di Sodio

Figura 2 l'Atomo

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Figura 4 Molecola di Acqua

LEGAMI DISOLFURO E LEGAMI IDROGENO

Sono anch’essi importanti per l’organismo umano. I Legami Disolfuro o Ponti Disolfuro si trovano in alcune

proteine e i legami Idrogeno sono presenti in numerose molecole.

Ponte Disolfuro: è un legame convalente tra due atomi di Zolfo (S), si trova solitamente in voluminose

molecole proteiche e ne permette la funzione e il mantenimento della forma.

Es: l’insulina, che ha due ponti disolfuro, gli anticorpi e la cheratina cutanea (i

bagni di Zolfo si dicono appunto rigeneranti).

Legame Idrogeno: non prevede condivisioni o scambi di elettroni, ma

cariche debolmente positive che attraggono cariche lievemente negative.

Quando un atomo di Idrogeno ha un’azione convalente con un altro atomo il

suo elettrone assume una carica

lievemente positiva ed è attratto da un

altro elemento di Ossigeno o di Azoto

lievemente negativo. Sono legami

deboli, ma si ritrovano ad esempio nella

struttura tridimensionale del DNA e

nell’acqua.

REAZIONI CHIMICHE

E’ la creazione o distruzione di uno più legami chimici.

Può essere di due tipi:

- Reazione di Sintesi (anabolismo): si creano legami di due o più atomi formando un nuovo composto

È responsabile di:

• formazione delle componenti cellulari, dei tessuti corporali e

della crescita.

• Approvvigionamento di energia

Si può classificare in:

• Replica o duplicazione del DNA

• Sintesi dell’acido ribonucleico

• Sintesi di proteine

• Sintesi dei carboidrati

• Sintesi dei lipidi

- Reazione di Scomposizione (catabolismo): i legami si rompono e

grosse molecole sono trasformate in due o più molecole di minori

dimensioni.

Comprende processi come:

• l’idrolisi delle macromolecole

• la glicolisi

• la Betaossidazione degli acidi grassi

• il ciclo dell’urea

• Respirazione cellulare (ATP)

Figura 5 molecola di

Metano

Figura 6 Struttura

dell'insulina: verde Carbonio,

Blu Azoto, Rosa Zolfo, tenuti

insieme da ponti disolfuri

Figura 7 Legami Idrogeno dell'Acqua e

del DNA

Figura 8 Reazione chimica

dell'Idrogeno

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COMPOSTI INORGANICI IMPORTANTI Sono molecole semplici formate anche da uno o due molecole differenti, ma spesso essenziali per la

sopravvivenza.

ACQUA

Circa 1'80% del corpo di un bambino ed il 60-65% di quello di un adulto sono formati da acqua. L'acqua è

coinvolta in tutte le reazioni chimiche che avvengono nell'organismo, ed agisce anche come mezzo di

trasporto dei nutrienti e come lubrificante. La introduciamo sia con le bevande, che

con i cibi e la perdiamo soprattutto con le urine, con la respirazione e con il sudore,

che è fondamentale per il controllo della temperatura corporea. Senza acqua si muore

in pochissimi giorni proprio perché vengono bloccate tutte quelle reazioni chimiche

che sono alla base della vita e che soltanto in presenza di acqua avvengono

regolarmente. Perdite di acqua pari al 10% di quella costitutiva dell'organismo

portano all'incapacità di attività fisiche organizzative.

Libera o legata con altre molecole, l'acqua svolge diverse funzioni biologiche:

partecipa ai fenomeni digestivi facilitando il transito e la fluidificazione del

chimo attraverso il tubo gastroenterico finché i nutrienti, in soluzione, passano attraverso la parete

intestinale e vengono convogliati al sangue e alla linfa.

è il mezzo in cui hanno luogo le reazioni metaboliche; una volta avvenuto il metabolismo il sangue,

che contiene circa il 92% di acqua, trasporta i prodotti residui catabolici dalle cellule agli organismi

deputati all'escrezione: reni, polmoni, pelle.

consente il passaggio di sostanze dalle cellule agli spazi intracellulari e ai vasi e viceversa.

aiuta a regolare la temperatura corporea mediante la sudorazione e il vapor acqueo eliminato

attraverso i polmoni.

L'acqua è suddivisa in 2 compartimenti: intracellulare che costituisce all'incirca il 50% del peso corporeo ed

extracellulare che corrisponde al 20% del peso del corpo, di cui il 5% è l'acqua del sangue e il 15% è l'acqua

interstiziale.

La maggior parte dell’acqua dell'organismo è di origine esogena, viene cioè introdotta con le bevande e con

gli alimenti. Una parte è di origine endogena, perchè si forma nei processi ossido-riduttivi come ultimo

prodotto catabolico. Essa è di g 0.6 per grammo di glucidi, g 1 per grammo di lipidi e g 0.4 per grammo di

proteine. In media l'organismo produce ml 400 di acqua al giorno.

Quando l'acqua introdotta e formatasi nell'organismo equivale a quella eliminata (urine, sudore, polmoni e

pelle), l'individuo è in equilibrio idrico. Il fabbisogno di acqua non è costante ma varia con l'età; infatti il

lattante deve assumere più acqua rispetto all'adulto, in rapporto al peso corporeo, perchè le attività

metaboliche e la superficie corporea sono relativamente più elevate.Per l'adulto è consigliabile un'assunzione

di acqua proporzionata all'apporto calorico della razione alimentare: 1 ml di acqua per Kcaloria. Per il

bambino necessitano ml 1.5 di acqua per Kcaloria.

OSSIGENO(O2)

Sottoforma di gas costituisce approssimativamente il 21% dell’aria atmosferica che respiriamo.

E’ importante per il processo di respirazione cellulare, una sequenza di reazioni attraverso cui le cellule

scindono sostanze nutritizie semplici, come il glucosio, allo scopo di produrre energia.

L’uomo respira per fornire ossigeno alla respirazione cellulare ed espellere l’anidride

carbonica che si forma. L’energia così formatasi è inglobata in

una molecola che si chiama ATP (Adenosintrifosfato), a sua

volta utilizzato nei processi anabolici.

ANIDRIDE CARBONICA (CO2)

Si forma nelle cellule come prodotto di rifiuto della respirazione cellulare e viene

eliminato durante le fasi di espirazione. Il suo dosaggio diventa importante nella

presenza di alcune patologie polmonari che ne causano l’accumulo nel sangue formando

uno stato di acidosi.

Figura 9 Acqua

Figura 10 Ossigeno

Figura 11 Anidride

Carbonica

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RESPIRAZIONE CELLULARE

E’ il processo attraverso il quale si produce energia all’interno delle cellule. Sono coinvolti sia l’ossigeno che

l’anidride carbonica in una molteciplità di reazioni chimiche. La formula della Respirazione cellulare è la

seguente: Glucosio (C6H12O6) + 6O2 6CO2 + 6H2O + ATP + calore indica che il glucosio e l’ossigeno

interagiscono per produrre anidride carbonica, acqua, ATP e calore. Ognuno di questi prodotti è importante

per varie reazioni nell’organismo.

OLIGOELEMENTI

Sono sostanze necessarie al corpo in quantità molto esigue ma essenziali:

ELEMENTO FUNZIONE

CALCIO Conferisce durezza alle ossa e ai denti – necessario per la coagulazione del

sangue – necessario per la contrazione muscolare

FOSFORO Conferisce durezza alle ossa e ai denti – Fa parte del Dna e dell’RNA – Fa parte

delle membrane cellulari

FERRO Presente nell’emoglobina per il trasporto dell’O2 – Presente nella mioglobina per

immagazzinare O2 – Necessario per la Respirazione Cellulare

RAME Necessario per la Respirazione Cellulare – Necessario per la sintesi di

emoglobina

SODIO E POTASSIO necessario per la contrazione muscolare – Necessario per la trasmissione

dell’impulso nervoso

ZOLFO Presente in alcune proteine come l’insulina e la cheratina

COBALTO Presente nella Vit. B12

IODIO Presente negli Ormoni Tiroidei.

ACIDI, BASI E pH

Acido è una sostanza in cui è aumentata la concentrazione di Ioni

Idrogeno (H+) in una soluzione acquosa.

Base al contrario è una sostanza in cui sono diminuiti gli H+. L’acidità

o basicità (alcalinità) di una soluzione è misurata in una scala da

0(massimo livello di acidità) a 14 (massimo livello di alcalinità)

denominata ph.

Di conseguenza una soluzione con ph 7 è neutra. Le cellule e i liquidi

interni del corpo umano hanno un ph quasi neutro. Il ph del liquido

intracellulare è circa 6,8 e il ph normale del sangue varia da 7,35 a

7,45. Liquidi come i succhi gastrici e l’urina sono considerati

tecnicamente liquidi esterni, dal momento che sono in distretti

dell’organismo comunicanti con l’esterno, per cui possono avere

livelli molto alterati senza che provochino danni agli organi che

l’accolgono. Molto importante è che il range di ph nel sangue

rimanga costante, senza eccessi di variazione e tenda all’alcalino,

anche la variazione di una unità di ph potrebbe interferire nelle

Figura 12 Misuratori di Acidità e Basicità

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reazioni chimiche portando a morte. Il ph dell’organismo è regolato dai reni, dal sistema respiratorio e dai

sistemi tampone.

Il sistema tampone è un composto chimico che riduce al minimo i cambiamenti del ph, poiché reagisce ad

acidi forti o basi forti legandosi agli ioni H+. (bicarbonato o acido ….)

COMPOSTI ORGANICI IMPORTANTI

Sono composti che contengono atomi di Carbonio e Idrogeno uniti con legami

convalenti insieme ad altri elementi. Nell’organismo ne esistono quatto gruppi

principali: carboidrati, lipidi, proteine e acidi nucleici

CARBOIDRATI (Zuccheri, Glicidi)

La funzione primaria è fornire energia. Contengono Carbonio, Idrogeno e Ossigeno,

indispensabile per i processi vitali dell’organismo. Inoltre partecipano alla costituzione

di fattori vitaminici, di sistemi

enzimatici, nelle strutture cellulari

come il DNA e le membrane delle

cellule.

In base alla facilità di utilizzazione e assimilazione si

distinguono in :

- MONOSACCARIDI, composti formati da un unico

zucchero (glucosio, levulosio, fruttosio, galattosio e

mannosio); possono essere esosi (6 atomi di carbonio come il

glucosio C6H12O6) o pentosi (5 atomi di Carbonio come il

desossiribosio C5H10O4)

- DISACCARIDI, formati da zuccheri doppi (maltosio,

lattosio e saccarosio)

- OLISACCARIDI, formati da un numero di zuccheri esiguo, da 3 a 20 e si ritrovano sulla superficie delle

cellule umane dove fungono da antigeni e marcatori (gruppo A, B e AB)

- POLISACCARIDI, formati da migliaia di molecole di glucosio, legate in modi diversi (amidi, glicogeno e

fibre) (Tabella).

- GLICOGENO, è una catena di glucosio altamente ramificata, è la forma di immagazzinamento

dell’organismo nel fegato e nei muscoli scheletrici;

- CELLULOSA, (fibra) è una catena rettilinea di molecole di glucosio, prodotta dalle cellule delle piante

come componente della parete cellulare. L’uomo non avendo

enzimi per digerirla, la introduce attraverso i cibi ricchi di vegetali

e cereali per aiutare l’attività intestinale attraverso cui viene espulsa

intatta.

I Carboidrati forniscono 4,0 Calorie per grammo ingerito.

Nella dieta corretta se ne consiglia la presenza in ragione del 55-60% del totale.

Inoltre la quota giornaliera di glicidi deve essere apportata per l’80% da quelli

complessi e per il 20% da quelli semplici,

Sono di facile digeribilità ed il loro surplus si trasforma in grasso sottocutaneo di riserva.

Alimenti ricchi di glicidi sono il pane, la pasta alimentare, i legumi, le patate, lo zucchero, il miele.

Considerando che il sistema nervoso ed i globuli rossi del sangue operano utilizzando particolarmente il

glucosio, e che persino la possibilità di demolire i grassi è legata alla loro presenza, è facile comprendere

come questi principi alimentari assumono una notevole importanza nella dieta dell’atleta.

I glicidi contribuiscono anche alla metabolizzazione delle proteine ed alla eliminazione delle scorie azotate

derivanti dalla utilizzazione delle proteine. Nella demolizione dei grassi, specialmente nelle diete dimagranti,

la presenza di glicidi contrasta l’acidità del sangue derivante dalla formazione dei CORPI CHETONICI

(acidi derivati dall’acido acetoacetico).

Figura 13 Molecola

di Zucchero

Figura 14 saccarosio: disaccaride formato da

una molecola di glucosio a sinistra e fruttosio

a destra

Figura 15 cellulosa

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LIPIDI (GRASSI)

La funzione primaria è di sostegno e protezione agli organi formando cuscinetti,

membrane cellulari, guaine e tessuto adiposo. Contengono Carbonio, Idrogeno e

Ossigeno e in alcuni casi Fosforo.

Possono avere sia origine animale (latte, burro, strutto, ecc.) che vegetale (olio di

oliva e di semi, alcune margarine, ecc.). Forniscono 9 Calorie per grammo ingerito e

nella dieta devono essere presenti in ragione del 25-30% del totale. Si suddividono in:

- LIPIDI SEMPLICI, composti da una molecola di glicerolo e da una, due o tre

molecole di acidi grassi. Famosi come trigliceridi, sono i composti formati da tre

molecole di acidi grassi legati ad una singola molecola di glicerolo. I lipidi semplici

si suddividono ulteriormente in grassi saturi e insaturi, a seconda della forza del legame chimico. Negli

ACIDI GRASSI SATURI il legame molecolare è più solido e di difficile scissione nel processo digestivo,

quindi di laboriosa digestione ed assorbimento. Tipici acidi grassi saturi sono lo stearico (animale o vegetale)

butirrico, capronico, palmitico(animale o piante), arachico, ecc.

Gli ACIDI GRASSI INSATURI hanno un legame chimico più debole. quindi di più facile digeribilità e

assorbimento. Tra questi annoveriamo l’acido oleico, linolenico e arachidonico, contenuti principalmente

nell’olio di oliva, mais, soia e olio di fegato di merluzzo. Sono veicoli delle VITAMINE LIPOSOLUBILI

(solubili nei grassi) A, D, E, K, ed F, sono parte integrante dei fosfolipidi, dei cerebrosidi, del colesterolo e di

alcuni ormoni. Inoltre hanno una funzione plastica sulle membrane cellulari.

Alcuni acidi grassi insaturi non sono sintetizzabili dall’organismo che deve necessariamente assumerli con

l’alimentazione.

- FOSFOLIPIDI, formati da digliceridi con un gruppo fosfato, sono la lecitina che fa parte delle membrane

cellulari, la mielina che forma la guaina mielinica posta intorno alle cellule nervose e fornisce l’isolamento

elettrico per la trasmissione di impulsi nervosi.

- STEROIDEI, la cui struttura è molto diversa da quella degli altri lipidi. Il colesterolo ne è un esempio,

formato da quattro anelli di carbonio e idrogeno, è sintetizzato dal fegato e

usato per scopi diversi: nelle ovaie e nei testicoli per sintetizzare gli ormoni

steroidei, rispettivamente estrogeni e testosterone; sulla pelle è trasformato in

vitamina D dall’esposizione ai raggi solari; nelle cellule epatiche per la sintesi

dei Sali biliari. Se è presente in quantità eccessive può danneggiare i vasi

sanguigni.

Il colesterolo non è libero nel sangue, ma è legato a particolari proteine

formando strutture complesse dette lipoproteine; il colesterolo totale si divide

perciò in colesterolo VLDL (a bassissima densità), LDL (a bassa densità) e HDL

(ad alta densità). Le lipoproteine a bassa densità (LDL) veicolano tra il 60% e

l'80% del colesterolo sierico. Presentando molta affinità con le cellule

dell'endotelio delle arterie, liberano il colesterolo sulla parete dei vasi

(costituisce la placca ateromatosa nell'aterosclerosi, anche se non è ancora chiaro se rappresenti il fattore

eziologico della malattia); viceversa le lipoproteine ad alta densità (HDL) svolgono la funzione opposta,

rimuovendo il colesterolo dalle arterie e riportandolo al fegato. Incerto è invece il significato del colesterolo

presente nelle lipoproteine VLDL.

LE PROTEINE (PROTIDI)

Sono formate da piccole subunità chiamate aminoacidi. Contengono Carbonio,

Idrogeno e Ossigeno Azoto e in alcuni casi Zolfo, formando legami disolfurici.

Gli aminoacidi sono circa 20 e concorrono in modo diverso alla composizione delle

proteine umane. Ogni aminoacido è formato da un atomo centrale di Carbonio

legato covalente ad un atomo di Idrogeno (H), un gruppo aminico (NH2), un gruppo

carbossilico (COOH) e un legame variabile che dà la particolarità all’aminoacido

(un singolo atomo di Idrogeno, un gruppo CH3, o una struttura più complessa di

atomi di carbonio e idrogeno)

Un legame fra due aminoacidi si chiama legame peptidico, e una catena corta di

aminoacidi uniti da legami peptidici è un polipeptide.

Figura 16 trigliceride

Figura 17 colesterolo

Figura 18 proteine

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Una proteina può essere formata da un numero di aminoacidi che varia da cinquanta a migliaia e la loro

sequenza è specifica ed unica per ciascuna proteina.

La loro provenienza può essere animale (carni, formaggi, latte, uova, pesci) o vegetale (farinacei, verdure,

legumi, frutta). Le proteine migliori sono quelle di origine animale in quanto costituite da un notevole

numero di aminoacidi essenziali.

La quantità percentuale che l’organismo riesce ad utilizzare viene

definito VALORE BIOLOGICO.

Tra gli aminoacidi, otto sono definiti AMINOACIDI

ESSENZIALI, in quanto non sintetizzabili dall’organismo che

deve perciò introdurli con l’alimentazione. Questi sono: leucina,

isoleucina, valina, lisina, triptofano, metionina, fenilalanina e

treonina.

Gli AMINOACIDI NON ESSENZIALI, invece, sono quelli che

l’organismo riesce a sintetizzare da sé partendo da altre molecole,

e precisamente: acido aspartico, acido glutammico, arginina,

aspargina, alanina, cisteina, glicina, glutamina, istidina, prolina,

serina e tirosina.

Nell’allenamento a forte impegno muscolare vengono metabolizzati soprattutto gli AMINOACIDI A

CATENA RAMIFICATA (leucina, isoleucina e valina) e vengono utilizzate proteine come fonte energetica

pari a circa il 5-10% del totale.

ENZIMI

Sono proteine in grado di catalizzare una reazione chimica, cioè accelerare la

velocità della reazione facendo raggiungere rapidamente lo stato di equilibrio

termodinamico.

Il suo ruolo consiste nel facilitare le reazioni attraverso l'interazione tra il

substrato (la molecola o le molecole che partecipano alla reazione) ed il proprio

sito attivo (la parte di enzima in cui avvengono le reazioni), formando un

complesso. Avvenuta la reazione, il prodotto viene allontanato dall'enzima, che

rimane disponibile per iniziarne una nuova. L'enzima infatti non viene

consumato durante la reazione.

Ogni enzima è specifico in quanto catalizzerà un unico tipo di reazione, ad

esempio quello addetto a digerire le proteine non è in grado di scindere gli amidi. I

mutamenti dei liquidi in cui si trovano, ad esempio alterazione del ph, possono alterare

la capacità degli enzimi di operare adeguatamente portando a morte la persona. Una temperatura di 40°C,

può rompere i legami chimici che mantengono le configurazioni degli enzimi denaturandoli.

ACIDI NUCLEICI DNA E RNA

Sono grosse molecole formate da subunità dette nucleotidi. Questi sono costituiti da uno

zucchero pentoso, un gruppo fosfato e una o più basi azotate. Nei nucleotidi del DNA, lo

zucchero è un desossiribosio e le basi sono rappresentate da Adenina,Tiamina,

Guanina, Citosina. La forma del DNA è simile ad una scala a chiocciola, ed è formata da

due filamenti o catene di nucleotidi posti spirale. I supporti della scala sono fosfati e

zuccheri ed i pioli sono coppie di basi. L’abbinamento dei pioli forma la sequenza

chedetermina la particolarità del DNA. L’adenina è sempre accoppiata con la timina e la

guanina con la citosina. Il DNA è una parte essenziale dei cromosomi e determina il

codice genetico e i caratteri ereditari. La sequenza di basi nei filamenti di DNA è il codice

per i molti tipi di proteine prodotti dagli organismi viventi. Il codice è analogo per le

piante, gli animali e i microbi. La sequenza di basi che codifica per una proteina si chiama

gene. I geni umani rappresentano il codice per le proteine prodotte dalle cellule umane.

L’RNA è una singola catene di nucleotidi con il nucleotide uracile al posto della timina.

L’RNA è sintetizzato dal DNA nel nucleo delle cellule, ma svolge la sua funzione nel

Figura 19 macromolecola proteica

Figura 20 enzima

Figura 21 DNA

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citoplasma. Questa funzione riguarda la sintesi proteica.

ATP è un nucleotide specializzato costituito dalla base adenina, lo zucchero

ribosio e tre gruppi fosfato. E’ il prodotto della respirazione cellulare che

contiene energia utilizzabile biologicamente, proveniente dai processi di

digestione degli alimenti. L'adenosina

trifosfato (o ATP) è uno dei reagenti

necessari per la sintesi dell'RNA, ma

soprattutto è il collegamento chimico fra

catabolismo e anabolismo e costituisce la

"moneta" corrente energetica. Esso viene

idrolizzato ad ADP (adenosindifosfato), che

viene riconvertito in ATP mediante vari

processi.

LE VITAMINE

Le vitamine sono sostanze prive di valore energetico ma indispensabili, anche se in piccole dosi, per lo

svolgimento dei processi che rendono possibile la vita. Sono composti organici essenziali per l'uomo. Esse

sono incluse tra quei micronutrienti che devono essere assunti con la dieta quotidianamente poiché non

vengono sintetizzati dall'organismo umano. Ogni vitamina svolge una specifica azione e l'alimentazione deve

assicurare un apporto sufficiente di tutte queste sostanze perché l'organismo non è capace di fabbricare. Le

malattie da carenza di vitamine sono passate alla storia per aver distrutto eserciti e decimato gli equipaggi

delle navi come lo scorbuto (carenza di vitamina C), la pellagra (carenza di vitamina PP ), i beri-beri

(carenza da vitamina B I). Le vitamine si trovano sia negli alimenti vegetali che in quelli animali e vengono

suddivise in due gruppi: quelle idrosolubili, come le vitamine del Gruppo B e la vitamina C, e quelle

liposolubili come le vitamine A, D, E, K, F, che si trovano naturalmente disciolte nei grassi. L'eccesso di

vitamine è inutile oppure dannoso: l'organismo non riesce infatti ad immagazzinare le idrosolubili (ad

eccezione della B 12) ed elimina l'eccesso con le urine. Le liposolubili invece, se in eccesso, ,vengono

generalmente immagazzinate nei tessuti, dando luogo a ipervitaminosi che può provocare danni molto seri

all'organismo.

Vitamina A: Retinoidi (e i Carotenoidi come provitamina A)

Vitamine B: inizialmente reputata singola vitamina poi dimostratasi un Gruppo vitaminico idrosolubile (B)

Vitamina C: Acido Ascorbico, il piu' comune e potente antiossidante

Vitamine D: inizialmente reputata singola vitamina poi dimostratasi un Gruppo di pro-ormoni liposolubili (D)

Vitamina E: Tocoferoli antiossidanti liposolubili

Vitamina F: Acidi grassi essenziali (Omega-3 ed Omega-6), dall'inglese fatty acids

Vitamina G: Riboflavina o Vitamina B2 (appartenente al Gruppo B)

Vitamina H: Biotina o Vitamina B7 (appartenente al Gruppo B)

Vitamina I: come la vitamina H, Biotina o Vitamina B7 (appartenente al Gruppo B)

Vitamina J: Colina, un nutriente essenziale talvolta accostato al Gruppo B

Vitamina K: Gruppo Complesso di composti (K dal tedesco Koagulation, Coagulazione)

Vitamina L: Acido Antranilico (un metabolita del Triptofano)

Figura 22 DNA e RNA Figura 23 ATP: 3 gruppi trifosfato,

1 zucchero ribosio e 1 gruppo

azzotato.

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Vitamina M: Acido Folico o Vitamina B9 (appartenente al Gruppo B)

Vitamina N: Acido Alfa Lipoico -ALA- (o Acido Tiottico) un potente antiossidante liposolubile e idrosolubile

Vitamina P: Bioflavonoidi potenti antiossidanti idrosolubili (coadiuvanti della Vitamina C)

Vitamina PP: Niacina o Vitamina B3 (appartenente al Gruppo B) acronimo dell'inglese Pellagra Preventive

Vitamina Q: Ubichinone o Coenzima Q-10 (CoQ10)

Vitamina R: Acido Paramminobenzoico abbreviato PABA, o Vitamina B10 (appartenente al Gruppo B)

Vitamina S: Acido pteroil-eptaglutammico o Vitamina B11 (appartenente al Gruppo B)

Vitamina T: Tocotrienoli fattore alimentare dei semi di Sesamo (appartenente alla Vitamina E)

Vitamina U: Metilmetionina o S-metil-L-metionina, sostanza presente in alcuni vegetali

Vitamina V: sostanza non meglio identificata, probabilmente liposolubile di derivazione vegetale, con funzione

antiulcerosa

Vitamina W: Acido Pantotenico o Vitamina B5 (appartenente al Gruppo B)

Vitamina X: sostanza non identificata

Vitamina Y: Piridoxina o Vitamina B6 (appartenente al Gruppo B)

Vitamina Z: Zinco, nutriente essenziale proposto (e non accettato) come vitamina

2 Livello Cellulare

Le cellule sono considerate, strutturalmente e funzionalmente, le più piccole unità viventi. Ve ne sono di

molti tipi e ognuna formata di composti chimici diversi con reazioni chimiche diverse che ne determinano

una funzionalità diversa.

I microorganismi come amebe e batteri, sono singole cellule che funzionano in maniera indipendente. Le

cellule umane, invece, lavorano insieme e sono interdipendenti. Le cellule umane sono misurate in micron (

1 micron = 1/10.000 di centimetro) e sono per lo più visibili al microscopio. L’unica eccezione è la cellula

uovo che misura 1 mm. Alcune cellule nervose, anche se di diametro microscopico possono essere estese in

lunghezza come nelle braccia e gambe che possono raggiungere i 60 cm. Anche la loro configurazione varia

a seconda della funzione. Ci soffermeremo sulla struttura base delle cellule.

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Figura 24 CELLULA

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Figura 25 SEZIONE DELLA CELLULA

http://w3.uniroma1.it/anat3b/libro%20motta/libro%20motta.htm

MEMBRANA CELLULARE

E’ chiamata anche membrana plasmatica, costituita da fosfolipidi, colesterolo e proteine. I fosfolipidi

formano un doppio strato che costituisce gran parte della membrana stessa e permettono ai materiali

liposolubili di entrare o uscire facilmente dalla cellula. Il

colesterolo determina una riduzione della fluidità della

membrana dandole stabilità. Le proteine hanno funzioni

diverse come formare pori o canali per il passaggio di

materiali, alcune sono enzimi di trasporto. Alcune

proteine di superficie sono antigeni (marcatori o marker)

che identificano le cellule di un individuo come proprie

(gruppo sanguigno) mentre altre fungono da sito

recettoriale per gli ormoni. Sulla membrana sono presenti

diversi tipi di recettori per varie sostanze o altre cellule,

con cui si legano e a volte danneggiano la cellula stessa.

(virus HIV).

Figura 26 Membrana cellulare

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La membrana è una struttura attiva, dinamica, dotata di una permeabilità selettiva, alcune sostanze possono

attraversarla mentre altre non hanno questa possibilità.

NUCLEO

Ogni cellula umana ne è provvista ad eccezione del globulo rosso maturo. Fluttua nel citoplasma ed è

circondato da una membrana nucleare a doppio strato provvista di numerosi pori sulla sua superficie. (fig

24) Al suo interno troviamo il nucleolo formato da DNA, RNA e proteine. L’RNA dei nucleoli è chiamato

RNA ribosomiale che viene a far parte dei Ribosomi ed è coinvolto

nella sintesi delle proteine.

All’interno del nucleo sono

contenuti i cromosomi. Ogni

cellula ne contiene 46, sono lunghi

fili sottili chiamati cromatina che

al momento della divisione

cellulare si addensa formando i

cromosomi veri e propri che

dividendosi daranno la

specificità ad un’altra cellula, a

seconda della sequenza del DNA.

CITOPLASMA E ORGANULI CELLULARI

È una soluzione acquosa di minerali e gas e molecole organiche che si trova tra la membrana cellulare e il

nucleo. È sede delle reazioni chimiche. Contiene gli organuli cellulari, piccole strutture delimitate da una

membrana che rivestono vari ruoli nelle attività cellulari. Troviamo anche, il reticolo endoplasmatico, una

rete di tubuli membranosi con il compito di trasportare le varie sostanze per

le funzioni cellulari. Si distingue in reticolo liscio, in cui sono sintetizzati i

lipidi e quello rugoso, sul quale troviamo i ribosomi, piccole strutture

formate da proteine e RNA ribosomiale, che intervengono nella sintesi di

protine. Alcuni ribosomi si trovano fluttuanti nel citoplasma.

Un’altra struttura importante all’interno della cellula è l’apparato del Golgi,

formato da una serie di sacchi membranosi appiattiti,

che sintetizzato i carboidrati. Questi sono

“impacchettati” con altri materiali e secreti dalle

cellule. I sacchi si fondono con l’interno della

membrana cellulare e i materiali traghettati verso la membrana esterna.

Nel citoplasma oltre ai ribosomi liberi, troviamo fluttuanti i mitocondri, piccoli

organuli ovali e sferici formati da una doppia membrana

e quella interna e formata da pieghe chiamate creste, in

cui avvengono le reazioni aerobiche (O2) della

respirazione cellulare. Sono infatti il luogo deputato alla

produzione di energia, cioè di ATP, e saranno in numero

superiore in quelle cellule che hanno bisogno di molta energia,

come le cellule muscolari.

Figura 28 organuli citoplasmatici

Figura 30 apparato

del Golgi

Figura 31 Mitocondrio

Figura 27 CROMOSOMA

Figura 29 RIBOSOMA

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Altri organuli sono i lisosomi, strutture a membrana singola che contengono enzimi

digestivi, cioè adibiti alla distruzione di materiali inermi che non sono più necessari alla

cellula. I centrioli sono invece strutture a “bacchetta” poste l’una vicino all’altra in

prossimità del nucleo e la loro funzione si attiva nel

momento della duplicazione cellulare, intervenendo nella

disposizione dei cromosomi.

L’esterno della membrana è rivestito da ciglia e flagelli.

Sono strutture filiformi che danno motilità alla cellula e

fungono da spazzino verso quei materiali che devono

essere allontanati o guidati verso siti particolari come nel

caso delle Tube di Fallopio le cui ciglia sospingono la

cellula uovo verso l’utero. Il flagello è più lungo delle

ciglia e l’unica cellula umana che ne è dotata è lo

spermatozoo, a cui fornisce il movimento.

Infine troviamo i microvilli, invaginazioni della

membrana cellulare che ne aumentano la superficie di

esposizione e l’assorbimento di sostanze (intestino tenue, tubuli renali)

MECCANISMI DI TRASPORTO CELLULARE

Le cellule viventi sono costantemente in rapporto con il sangue o con il liquido interstiziale posto

attorno ad esse, assorbendo sostanze e secernendo o

eliminandone altre. Vi sono diversi tipi di trasporto che

mettono le cellule in condizione di portare materiali

all’interno o all’esterno della cellula:

La diffusione è il trasporto di materiale da un'area in cui esso

è presente ad alta concentrazione verso una a più bassa

concentrazione. La differenza di concentrazione tra le due

aree è spesso chiamata

gradiente di

concentrazione. La

diffusione continua

finché questo

gradiente non viene

eliminato, per questo il

suo lavoro è detto

"secondo il gradiente

di concentrazione" (al

contrario del trasporto attivo, che spesso muove materiale da

un'area a bassa concentrazione verso una a più alta

concentrazione cioè contro gradiente di concentrazione). Se e

quando il gradiente di concentrazione è stato eliminato, non avviene altro scambio di materiale.

Nonostante singole molecole continuino a muoversi da un'area all'altra, i trasferimenti sono

bilanciati dai movimenti di altro materiale nella direzione opposta. La diffusione è fisiologicamente

importante perché permette l'abolizione dei gradienti di concentrazione nel corpo.

Figura 33

LISOSOMA Figura 32 CENTRIOLI

Figura 35 spermatozoi

Figura 34 microvilli

Figura 36 "gradiente di concentrazione: a

sinistra concentrazione di soluti maggiore,

a destra minore, per cui la diffusione

ordinaria (cioè in assenza di altre forze

spingenti oltre al gradiente di

concentrazione avviene da sin. a dx.)

Figura 37 diffusione facilitata

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La diffusione facilitata è il movimento di molecole attraverso la membrana cellulare tramite

particolari trasportatori di membrana, proteine integrate nella membrana cellulare che formano dei

canali. Molte molecole di grandi dimensioni, come il glucosio, sono insolubili nei lipidi e troppo

grandi per passare attraverso i pori delle membrane. Per poter attraversare la membrana queste

molecole si legano con specifiche proteine di trasporto, quindi questo complesso viene legato ad un

sito recettore e trasportato attraverso la membrana cellulare. A seconda del gradiente di

concentrazione, il trasporto netto di sostanza avverrà in un senso o nell'altro: la diffusione facilitata

è quindi sempre un processo passivo, che non richiede cioè un dispendio di energia.

La diffusione semplice è il trasporto di acqua e molecole di soluto attraverso la membrana

cellulare, dovuto alla pressione idrostatica generata dal sistema cardiovascolare. A seconda del

diametro dei pori delle membrane, possono essere trasportate solo molecole di soluto di una

determinata grandezza. Ad esempio, i pori di membrana della capsula di Bowman (nei reni) sono

molto stretti e soltanto l'albumina, la più piccola delle proteine, ha qualche possibilità di filtrare

attraverso di essi. D'altra parte i pori di membrana del fegato sono molto ampi, per permettere la

metabolizzazione di una grande varietà di soluti.

L'osmosi è la diffusione di un solvente attraverso una membrana verso una regione ad alta

concentrazione di soluto. Differisce dalla diffusione nel fatto che a muoversi è il solvente e non il

soluto, tuttavia segue lo stesso principio per cui

si tende a cancellare un gradiente di

concentrazione. Negli organismi viventi il

solvente è l'acqua e la maggior parte delle

membrane cellulari è permeabile all'acqua. In

sistemi biologici quindi osmosi significa

passaggio di acqua (diffusione di molecole

d'acqua). Questo processo ha un ruolo

considerevole nella fisiologia di tutti gli esseri

viventi.

Il trasporto attivo è il trasporto di molecole

attraverso la membrana plasmatica mediato da

una proteina transmembrana detta trasportatore

di membrana. A differenza di quanto avviene

nel trasporto passivo, nel trasporto attivo è richiesta una spesa energetica ed è sempre necessaria la

mediazione di un trasportatore.

In questa forma di trasporto le molecole si muovono contro un gradiente elettrico, chimico o

elettrochimico. Per ottenere questo risultato viene alterata l'affinità del sito di legame con la

molecola da trasportare o la velocità di cambiamento conformazionale del trasportatore.

Si distinguono due classi principali di trasporto attivo: il trasporto primario, che usa direttamente

l'energia per ottenere il trasporto e quello secondario, in cui avviene trasporto di una sostanza resa

possibile dal trasporto primario di un'altra.

Un trasportatore di membrana è un polipeptide transmembrana in grado di mediare il trasporto di

ioni o molecole polari di medie dimensioni (amminoacidi, zuccheri, nucleotidi) all'interno della

cellula. La presenza di trasportatori di membrana è indispensabile: solamente alcuni composti sono

in grado di diffondere liberamente attraverso la membrana plasmatica; tutti gli altri hanno bisogno

di metodi alternativi per entrare nel citoplasma. Sebbene esista un gran numero di diversi

trasportatori, questi possiedono alcune caratteristiche in comune:

Figura 38 osmosi

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il trasporto è selettivo per il substrato che deve essere

trasportato, e basato su interazioni steriche tra il

trasportatore e la molecola trasportata;

la traslocazione attraverso la membrana è legata ad un

cambiamento conformazionale della proteina

trasportatrice, e più specificamente all'apertura/chiusura

di un "canale" all'interno del polipeptide;

il trasporto può richiedere o meno dispendio energetico,

dando vita rispettivamente ad un trasporto attivo o

passivo;

tutte le molecole trasportatrici conosciute sono proteine transmembrana, che attraversano

cioè integralmente la membrana plasmatica.

CODICE GENETICO E SISNTESI DELLE PROTEINE

La trascrizione del codice genetico del DNA per formare le proteine, necessita dell’RNA. Il DNA si

trova nei cromosomi situati nel nucleo della cellula, ma la sintesi proteica

avviene sui ribosomi nel citoplasma. L’RNA messaggero (mRNA) è la

molecola che agisce da intermediaria fra queste due sedi. Quando si deve

formare una proteina la doppia elica si apre e il segmento di DNA che contiene

il gene specifico si “srotola” staccandosi dal filamento di DNA complementare,

mentre i legami fra le coppie di basi si rompono. Nel nucleo sono presenti

nucleotidi di RNA, Adenina, Guanina, Citosina e Uracile (A, G, C, U) e gli

enzimi necessari per comporre un singolo filamento di nucleotidi con basi

complementari a quelle presenti

nel filamento di DNA staccatosi

(con l’uracile al posto delle

tiamina) che quindi funge da

stampo. Questa sequenza di

nucleotidi che si forma è

l’mRNA, che poi si separa dal

DNA. Il gene si riavvolge a

formare nuovamente la doppia elica, mentre l’mRNA

lascia il nucleo ed entra nel citoplasma per poi fissarsi

ai ribosomi. Essendo una copia complementare del

gene, l’mRNA presenta una serie di triplette di basi

(codon); ogni tripletta rappresenta il codice per un

aminoacido. Nel citoplasma troviamo l’RNA transfer (tRNA) con triplette complementari

all’mRNA dette anticodon, che legano aminoacidi specifici (che provengono dalle proteine

alimentari) e li trasportano in corrispondenza delle triplette sull’mRNA. Gli enzimi presenti nei

ribosomi intervengono a saldare con i legami peptidici. Si ha il completamento della proteina che

viene rilasciata dai ribosomi e trasporta dal Reticolo Endoplasmatico per le sue funzioni o espulsa,

attraverso l’apparato del Golgi, fuori dalla cellula.

Figura 41 DNA

Figura 40 Replicazione RNA

Figura 39 trasportatore di membrana.

attivazione della pompa del Calcio

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DIVISIONE CELLULARE

È il processo di riproduzione della cellula che può avvenire per Mitosi o per Meiosi.

MITOSI

Nelle mitosi una cellula con un numero diploide di cromosomi (46), si divide in due cellule

identiche, ciascuna con lo stesso numero diploide di cromosomi, necessario per la crescita e

riparazione dei tessuti dell’organismo. Questo processo avviene in varie fasi:

1) Profase:

Nel corso della Profase i cromosomi, che apparivano come un sottile reticolo di cromatina diffuso

entro il nucleo, si condensano e si accorciano e finiscono con l'apparire come filamenti di diversa

lunghezza e forma. Il centrosoma - se c'è - si sdoppia e

le due metà incominciano a migrare verso i due opposti

poli della cellula: nel contempo il nucleolo e

l'involucro nucleare si dissolvono.

2) Metafase:

Nel corso della Metafase si forma il fuso mitotico,

costituito da sottili microtubuli che si irradiano dai due

poli della cellula, in corrispondenza del piano centrale della cellula, si

dispongono i cromosomi, in modo da formare una sorta di

figura a stella, e il centromero di ciascun cromatidio

prende rapporto con le fibre del fuso.

3) Anafase:

Nel corso della Anafase l'azione meccanica delle fibre che

costituiscono il fuso separa i due cromatidi di cui è

costituito ciascun cromosoma, e li trascina verso uno degli

opposti poli della cellula.

4) Telofase:

Durante la Telofase i cromosomi (monocromatidici)

giungono ai poli opposti della cellula ; alla fine del

processo si ricostituiscono l'involucro nucleare e il

nucleolo, mentre i cromosomi si despiralizzano, si

allungano e formano una rete di sottili filamenti che

occupa tutto il nucleo.

.

Figura 45 Processo di divisione cellulare

(http://www.gpmeneghin.com/schede/biologia/mitosi.htm) (filmato)

Figura 43 PROFASE -

Figura 42 METAFASE

Figura 44 TELOFASE

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MEIOSI

È un processo di divisione cellulare molto più complesso rispetto alla mitosi. Lo scopo ultimo è

portare alla formazione di gameti, l’unione di cellule spermatiche con gli ovuli.

Nella meiosi la cellula, con numero diploide di cromosomi, si divide due volte a formare quattro

cellule, ciascuna con un numero, aploide, metà del numero normale di cromosomi.

Nella donna la meiosi avviene nelle ovaie e viene chiamata ovogenesi. Nell’uomo avviene nei

testicoli ed è chiamata spermatogenesi. Le cellule spermatiche e gli ovuli prodotti nella meiosi

possedendo un numero aploide di cromosomi, 23 ciascuno, durante la fecondazione, unendosi

vanno a costituire una nuova cellula (l’ovulo fecondato) ricostituendo il numero diploide, 46, di

cromosomi.

La cellula riproduttiva maschile è lo spermatozoo. Ogni spermatozoo

e’ una cellula microscopica formata da una testa, contenente il nucleo

e da una lunga coda detta flagello, che gli conferisce la capacità di

movimento. Nel nucleo sono contenuti 23 cromosomi (n) recanti i

caratteri ereditari del padre. La produzione degli spermatozoi

nell'uomo comincia nel periodo della pubertà cioè quando l'individuo

diventa sessualmente adulto. Lo

spermatozoo ha il compito di fecondare

la cellula uovo e dare così origine ad

un nuovo essere vivente. La cellula

riproduttiva femminile è detta cellula

uovo. E' grande quanto una capocchia

di spillo e nel suo nucleo contiene 23

cromosomi recanti i caratteri ereditari della madre. Le cellule uovo

sono tantissime e, a differenza degli spermatozoi, sono già presenti

nelle ovaia della femmina fin dalla nascita. Ogni mese, a partire dalla

pubertà (12-13 anni), una delle due ovaie libera un ovulo maturo che

entra nella tuba di Falloppio. A questo punto può avvenire la

fecondazione

Figura 47 gamete maschile:

spermatozoo

Figura 46 gamete femminile:

cellula uovo

Figura 48 fasi della meiosi

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http://fisica.decapoa.altervista.org/fisica/index.

CELLULE E INVECCHIAMENTO

Le cellule umane non sono immortali. È ipotizzato che alcune cellule capaci di mitosi possono

duplicarsi per non più di un certo numero di volte. Infatti alcune evidenze scientifiche hanno

dimostrato che la parte terminale dei cromosomi, porzioni telometriche, sono la causa di questo

processo. Pare che ad ogni divisione cellulare vi sia la possibilità che alcune di queste porzioni

telometriche si perdano, causando nella duplicazione successiva la mancanza di aree genetiche.

Anche le altre parti cellulare sono sottoposte a

processi di invecchiamento e perdita di

funzionalità, come la membrane e gli organuli.

Inizialmente la cellula provvede da sola a

riparare le proprie carenze, ma via via che sono

coinvolti gli organuli e iniziano a non essere

riprodotte le proteine, la capacità di

autoriparazione viene meno fino a portare alla

morte della cellula.

Esiste anche la morte cellulare programmata,

detta apoptosi, un termine per indicare un

processo che, in condizioni normali, contribuisce al mantenimento del numero di cellule di un

sistema. La cellula “suicida” richiama una cellula fagogita (fagocitosi) che la ingloba, la digerisce e

riversa le sostanze ridotte a sostanze semplici nel citoplasma o nel sangue così da poter essere

utilizzate come nutrimento da altre cellule.

http://it.wikipedia.org/wiki/File:FAGOCITOSI_BY_RAFF_.gif3

3Livello Tessutale

Si definisce tessuto un gruppo di cellule con struttura e funzioni simili. Esistono quattro gruppi di

tessuti:

- Tessuti epiteliali che ricoprono e contengono la superficie corporea e alcuni organi interni,

producono secrezioni con funzioni specifiche (pelle, ghiandole sudoripare, pareti dei capillari, pareti

dei tubuli renali ecc.)

- Tessuti connettivali: uniscono e sostengono parti del corpo; alcuni immagazzinano e trasportano

materiali. (sangue, linfa, tessuto osseo, tessuto adiposo)

- Tessuti muscolare: con capacità di contrazione e rilasciamento permettono il movimento degli

arti e di organi (muscoli scheletrici, cuore, vescica, stomaco ecc)

- Tessuto nervoso: con capacità di trasmettere gli impulsi elettrochimici per regolare le funzioni

corporee (cervello, nervi ottici)

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TESSUTO EPITELIALE

È situato sulle superfici a copertura (superfici esterne) e a rivestimento (superfici interne). Il tessuto

non ha capillari propri e

riceve ossigeno e

nutrimento dal tessuto

connettivo sottostante.

Su alcuni tessuti

epiteliali vi è la

presenza di ghiandole e

si chiama epitelio

ghiandolare, capace di

secernere sostanze.

Il tessuto è classificato

a seconda della forma

delle cellule, squamose (pavimentose), cuboidali, cilindriche e a seconda degli strati di cellule

che lo compongono, semplice se un solo strato e stratificato se più strati.

Epitelio squamoso semplice: è un singolo strato di cellule piatte, molto sottili e lisce

caratteristica che permette la diffusione dei gas tra l’aria e il sangue. Questo tipo di tessuto si

trova ad esempio negli alveoli polmonari, nei capillari esterni e interni, vene, arterie e cuore.

Epitelio squamoso stratificato: è formato da molti strati di cellule, in maggioranza piatte e

arrotondate negli strati più profondi, dove avviene la mitosi per riformare le cellule erose

continuamente sulla superficie. Questo tipo di epitelio forma l’epidermide della pelle, detto

“cheratinizzante” perché viene prodotta la proteina “cheratina” e le cellule superficiali sono

cellule morte. Senza questa proteina lo si trova nella cavità orale, esofago e nella vagina, dove

anche le cellule più superficiali sono cellule attive. In genere questo tipo di tessuto costituisce

una barriera contro i microorganismi poiché le cellule che lo formano sono a stretto contatto fra

loro.

Epitelio di transizione: è stratificato in cui le cellule superficiali cambiano conformazione,

divenendo da rotonde a squamose. Ne è rivestita la vescica, in cui quando è vuota ha cellule

superficiali arrotondate e quando è piena si appiattiscono.

Epitelio cubico semplice: è uno strato semplice di cellule cubiche che costituiscono le unità

funzionali della tiroide e delle ghiandole salivari e quindi secretanti. Nelle ghiandole queste

cellule sono disposte a gruppi in forma sferica e secernono all’interno della cavità della sfera

formata. Nella tiroide l’epitelio secerne gli ormoni tiroidei, tra cui la tiroxina. Nelle ghiandole

salivari secernono la saliva. Questo tipo di epitelio lo si trova anche in alcune porzioni dei tubuli

renali.

Epitelio cilindrico semplice: è uno strato semplice di cellule cilindriche specializzate nella

secrezione e nell’assorbimento. Lo ritroviamo nello stomaco in cui secerne succo gastrico, nei

microvilli dell’intestino tenue a secernere enzimi digestivi e ad assorbire le sostanze utili

all’organismo provenienti nella digestione.

Un tipo di cellula cilindrica è la cellula calciforme che secerne muco e quindi riscontrabile in

una parte dell’intestino e del tratto respiratorio.

Figura 49 tipi di tessuto

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Epitelio ciliato: è costituito da cellule cilindriche che possiedono ciglia sulle loro superfici

libere. Lo ritroviamo a rivestimento delle cavità nasali, in laringe, in trachea e il lume dei grossi

rami bronchiali. La funzione delle ciglia è quella di allontanare il muco, che ingloba polveri e

batteri, spingendolo verso la faringe per essere deglutito e inviato nello stomaco dove sarà

digerito dall’acido cloridrico e distruggerà i batteri. L’aria che arriva nei polmoni sarà priva di

microorganismi patogeni e particelle corpuscolate. Nella donna l’epitelio ciliato riveste le tube di

Falloppio, a spingere la cellula uovo nell’utero.

TESSUTO CONNETTIVO

È caratterizzato dalla presenza di una matrice in aggiunta

alle cellule. La matrice funge da collegamento strutturale

ed è una soluzione di materiale intercellulare non vivente.

Ogni tessuto connettivo ha un suo specifico tipo di

matrice.

Sangue: è un tessuto connettivo formato da cellule e

plasma; le cellule rappresentano la porzione vivente. La

matrice del sangue è il plasma, che costituisce dal 52%

al 62% del volume totale del sangue nell’organismo. La

quota di acqua del plasma contiene Sali disciolti ,

sostanze nutritizie e prodotti di scarto. La funzione

principale del plasma è il trasporto di materiali ai vari distretti dell’organismo. Le cellule del

sangue sono i globuli rossi, bianchi e le piastrine. I tessuti che danno origine al sangue sono detti

tessuti emopoietici e sono il midollo osseo e il tessuto linfatico, che include la milza e i

linfonodi. Le cellule del sangue rappresentano il 38 -48% del sangue totale e ogni tipo di cellula

ha una sua funzione specifica. I globuli rossi (GR) trasportano ossigeno legato all’emoglobina. I

globuli bianchi (GB) distruggono gli agenti patogeni e garantiscono l’immunità nei confronti di

alcune malattie. Le piastrine prevengono le perdite di sangue intervenendo nei processi di

coagulazione.

Tessuto connettivo areolare (o lasso): le cellule di questo tipo di

tessuto sono dette fibroblasti e producono fibre proteiche. Le fibre

collagene sono molto resistenti; le fibre elastiche (formate dalla

proteina elastina) sono dotate di grande elasticità, in grado di tornare

alla lunghezza originaria o di riavvolgersi dopo essere state sottoposte a

trazione. La matrice è formata dalle fibre proteiche e dal liquido

intracellulare. Anche nella matrice sono presenti globuli bianchi in

grado di potersi muovere autonomamente. Questo tipo di tessuto si

trova sotto il derma, nella pelle e sotto il tessuto epiteliale di tutti gli

apparati dell’organismo che comunicano con l’esterno.

Tessuto adiposo: le cellule che lo compongono sono dette

adipociti, e sono specializzate nell’immagazzinare grasso sotto

forma di microscopiche goccioline. I lipidi sono la forma chimica

attraverso cui l’organismo accumula energia da utilizzare a lungo

termine. Le sostanze nutritizie in eccesso vengono convertite in

grassi che si depositano in varie parti del corpo per poi essere

Figura 51 sangue al microscopio

Figura 50 tessuto

connettivo areolare

Figura 52 tessuto adiposo

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utilizzati quando l’apporto di cibo diminuisce. Tutte le calorie in eccesso, sia sotto forma di

grassi che di carboidrati o aminoacidi, possono essere trasformate in trigliceridi e

immagazzinate. La matrice nel tessuto adiposo è ridotta ed è formata da liquido intracellulare e

poche fibre collagene. Il grasso è raccolto sottocute, nel tessuto connettivo areolare fra il derma e

i muscoli.

Tessuto connettivo fibroso: è composto principalmente da fibre collagene parallele con pochi

fibroblasti interposti garantendo forza e flessibilità. Lo si trova

nelle pareti esterne delle arterie per resistere alla pressione

esercitata dalla gittata cardiaca. Ne sono costituiti i tendini e i

legamenti che resistono alla forza meccanica del movimento. Un

tipo particolare di tessuto connettivo fibroso forma il derma della

pelle e le fasce (membrane) poste intorno ai muscoli. Avendo

scarso apporto sanguigno, tranne il derma, in caso di rottura

questi tessuti hanno un lento processo di riparazione.

Tessuto connettivo elastico: è formato da fibre di elastina. Lo si trova

tipicamente nella parete delle grandi arterie che necessitano di dilatarsi

durante la contrazione cardiaca per pompare il sangue e si riducono

nella fase di riposo. Altra localizzazione è intorno agli alveoli

polmonari rendendoli elastici nella fase di inspirazione ed espirazione.

Osso: il termine che lo indica è “osteo” e le cellule che lo formano

sono gli osteociti. La matrice

dell’osso è costituita da Sali di calcio e collagene ed è

resistente, dura e non flessibile. Nell’osso vi è un buon

apporto di sangue che permette di immagazzinare buone

scorte di calcio permettendo una buona riparazione dopo una

frattura. Alcune ossa come lo sterno e l’osso pelvico

contengono midollo osseo. Le funzioni delle ossa in genere

sono di sostegno e protezione di organi interni.

CARTILAGINE

La matrice proteica della cartilagine non contiene calcio, ma acqua che contribuisce a mantenerla

elastica. È un tessuto compatto, liscio e flessibile presente sulla superfici articolari delle ossa, dove

la sua superficie liscia aiuta a prevenire l’attrito. La cartilagine flessibile si trova sulla punta del

naso e sul padiglione auricolare esterno. Sulla parete della

trachea vi sono anelli di cartilagine e tra le vertebre ossee della

spina dorsale insieme a connettivo fibroso. All’interno della

matrice cartilaginea ci sono i condrociti o cellule cartilaginee

nutrite per diffusione poiché sprovviste di capillari sanguigni.

TESSUTO MUSCOLARE

Muscolatura scheletrica è definita anche striata o

volontaria. Le cellule che la compongono sono cilindriche, presentano vari nuclei ciascuna e

appaiono striate o a bande. Le striature dipendono dalla disposizione regolare delle proteine

Figura 53 tessuto connettivo

fibroso

Figura 54 tessuto

connettivo elastico

Figura 55 tessuto osseo

Figura 56 Tessuto cartilagineo

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contrattili nelle cellule. Il tessuto muscolare scheletrico

comprende i muscoli che sono congiunti alle ossa e collegati a

nervi motori, il che permette il movimento del corpo; essi

producono anche una quantità significativa di calore,

contribuendo a mantenere costante la temperatura corporea.

Ogni cellula possiede una terminazione nervosa motoria

essenziale per la contrazione muscolare. Gli impulsi nervosi

per il movimento hanno origine nella parte dell’encefalo che

controlla il sistema nervoso centrale.

Muscolatura liscia: detta anche viscerale o involontaria. Le cellule di questo tessuto hanno

terminazioni assottigliate, un solo nucleo e nessuna striatura.

La contrattura è provocata da impulsi nervosi, ma non

volontari. Questo tipo di tessuto si trova negli organi interni,

da cui “viscerale”, la cui funzione coincide con la funzione

dell’organo di cui fa parte. Nello stomaco e nell’intestino la

muscolatura liscia si contrae generando onde dette

peristaltiche per sospingere il cibo attraverso il tratto

digerente. Nelle pareti delle arterie e delle vene si restringe o

dilata per mantenere la pressione sanguigna nella norma.

Nell’iride dell’occhio ha due serie di fibre muscolari lisce per

restringere o dilatare la pupilla, proteggendola dalla luce.

Muscolo cardiaco: è

detto anche miocardio e forma le pareti del cuore. Le

cellule che lo compongono sono ramificate, con un solo

nucleo e sottili striature; sono in grado di muoversi

autonomamente. La loro funzione è di far contrarre il cuore

per pompare sangue e mantenere la pressione sanguigna.

L’impulso nervoso interviene a mantenere la frequenza

cardiaca.

TESSUTO NERVOSO

È formato da cellule nervose chiamate neuroni e da alcune

cellule specializzate presenti solo nel sistema nervoso,

nevroglia . Esso è diviso in Sistema Nervoso Centrale (SNC)

e il sistema nervoso periferico (SNP). L’encefalo e il midollo

spinale sono gli organi del SNC. L’SNP è costituito da tutti i

nervi che fuoriescono dal SNC e raggiungono le restanti parti

del corpo. Essi sono formati da neuroni e da cellule

specializzate dette cellule di Schwann che formano la guaina

mielinica che isola elettricamente i neuroni, capaci di

generare e trasmettere impulsi.

Le cellule nervose sono di vari tipi e di base sono formate da:

un corpo cellulare, che contiene il nucleo,

un assone, lungo prolungamento che trasporta gli impulsi fuori dal corpo cellulare

Figura 57 MUSCOLO SCHELETRICO

Figura 58 fibre del muscolo liscio

Figura 59 muscolo cardiaco

Figura 60 neurone

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i dendriti, brevi prolungamenti che trasportano gli impulsi verso il corpo cellulare

Tra un neurone e l’altro vi è un piccolo spazio denominato sinapsi. Questo spazio non può essere

attraversato dall’impulso elettrico, e se un neurone deve comunicare un impulso al neurone vicino si

avvale di un meccanismo di trasporto chimico attraverso i neurotrasmettitori.

Il tessuto nervoso comprende l’encefalo, il midollo spinale e i nervi periferici coinvolgendo

funzioni quali sensazioni, movimento, rapida regolazione delle funzioni corporee come la frequenza

cardiaca, la respirazione, organizzazione delle informazioni per l’apprendimento e la

memorizzazione.

MEMBRANE

Sono lamine (foglietti) di tessuto che coprono, rivestono, separano superfici e organi o loro parti

(lobi); alcune possono produrre secrezioni. Si dividono in

epiteliali e connettivali.

Le membrane epiteliali si dividono a loro volta in sierose e

mucose a seconda del liquido secreto.

Le membrane epiteliali sierose: lamine di epitelio

squamoso semplice che rivestono alcune cavità corporee e

gli organi posti in esse come:

- le membrane pleuriche dove la pleura parietale riveste le

pareti del torace e la pleura viscerale i

polmoni. La pleura secerne liquido sieroso

(liquido pleurico) a evitare l’attrito nel momento

dell’espansione polmonare.

- le membrane cardiache (pericardio), dove il

pericardio parietale veste il

pericardio fibroso e il

pericardio viscerale

(epicardio) si trova sulla

superficie del muscolo cardiaco, il liquido che si

forma evita l’attrito durante il battito.

- le membrane addominali, dove il peritoneo è la membrana seriosa che

riveste l’addome e il mesentere (peritoneo viscerale) si distende sugli

organi addominali e li ricopre. Il siero prodotto

riduce l’attrito durante la contrazione e distensione

di stomaco e intestino (peristalsi).

Le membrane epiteliali mucose: rivestono quegli apparati del

corpo che comunicano con l’esterno e l’epitelio varia a seconda

dell’organo interessato. Gli apparati coinvolti sono il respiratorio,

digestivo, urinario e riproduttivo. La mucosa dell’esofago e della vagina

sono costituite da epitelio squamoso stratificato; quella della trachea da

epitelio ciliato; la mucosa dello stomaco è formata da epitelio cilindrico.

Il muco secreto da queste membrane mantiene umide le cellule epiteliali

di rivestimento che altrimenti morirebbero, nell’apparato digestivo

contribuisce allo scorrimento del cibo, mentre in quello respiratorio

Figura 61 pleura

Figura 62 pericardio

Figura 63 peritoneo

Figura 64 Mucosa tracheale

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ingloba polveri e batteri che poi sono spinti in faringe dall’epitelio ciliato.

Le membrane connettivali (caratterizzato dalla presenza di una matrice in aggiunta alle cellule)

sono costituite da tessuto connettivo che a seconda dell’organo in cui si trova ha funzioni diverse e

produce e contiene liquidi differenti. (vedi tabella 2)

MEMBRANA POSIZIONE E FUNZIONE

Fascia superficiale Fra la pelle e i muscoli; il tessuto adiposo immagazzina i grassi

Periostio Ricopre l’osso; contiene vasi sanguigni che penetrano nell’osso

Pericondrio Ricopre la cartilagine; contiene capillari, l’unico apporto di sangue

alla cartilagine

Sinovia Riveste le cavità articolari; secerne liquido sinoviale per evitare

l’attrito durante il movimento articolare

Fascia profonda Ricopre ciascun muscolo scheletrico; àncora i tendini

Meningi Ricoprono l’encefalo e il midollo spinale; contengono il liquido

cerebrospinale

Pericardio fibroso Forma una specie di sacco attorno al cuore; rivestito dal pericardio

sieroso

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4 Livello di Organo L’organo è un insieme di tessuti con funzioni specifiche: reni, fegato, polmoni, stomaco ecc.

5 Livello di Apparato Un apparato è un insieme di organi che cooperano a una specifica funzione: apparato urinario,

digerente, respiratorio

APPARATO TEGUMENARIO

E’ formato dalla cute, peli, capelli, ghiandole sudoripare, e tessuto sottocutaneo. La cute è costituita

da diversi tipi di tessuto e viene considerata un organo. La sua funzione è quella di contenere e

rivestire il corpo, separandolo dall’ambiente esterno proteggendolo dall’ingresso di molte sostanze

nocive. Il tessuto sottocutaneo mette la cute a

contatto con i muscoli, oltre a svolgere altre funzioni.

CUTE

I due strati principali sono l’epidermide, più esterna,

e il derma, più in profondità.

Epidermide: è formata da tessuto epiteliale

squamoso stratificato cheratinizzante ed è più spessa

sulle palme della mani e dei piedi. Le cellule che la

formano sono i cheratinociti, non irrorati da capillari

sanguigni. Gli strati che la compongono sono quattro

o cinque molto sottili, due sono quelli di maggiore importanza: lo

strato germinativo più interno e lo strato corneo più esterno.

Strato germinativo: o strato basale, è uno strato in crescita e forma la parte più bassa, la base

dell’epidermide, lo strato in cui si verifica la mitosi, dove si producono continuamente le nuove

cellule che spingono le cellule più vecchie verso la superficie esterna

della cute. Queste cellule producono la cheratina e man mano che si

allontanano dai capillari del derma vanno incontro a morte. Tra i

cheratinociti ci sono molte cellule note come cellule di Merkel (o dischi

di Merkel); si tratta di recettori sensoriali per il tatto.

Strato corneo: è lo strato più esterno,

costituito da molti strati di cellule morte di

cui rimane soprattutto la proteina cheratina,

relativamente impermeabile, che permette

l’evaporazione dell’acqua corporea (per la

regolazione della temperatura) e

l’espulsione di sostanze tossiche, ma non permettendo che l’acqua entri

nell’organismo. Inoltre funge da barriera contro agenti patogeni, infatti

attraverso la desquamazione della superficie, allontana i

microorganismi e con la partecipazione degli acidi grassi presenti nel

sebo inibisce la loro moltiplicazione. Da barriera funge anche contro

gli agenti chimici, purché non corrosivi o velenosi (come il veleno di alcune piante o animali).

Figura 65 Cute

Figura 66 strato germinativo

Figura 67 strato corneo

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Le modificazioni verso cui l’epidermide va incontro sono

importanti per la salute dell’organismo stesso, uno sfregamento di

questi strati può provocare un piccolo trauma che porta a

separazione degli strati stessi, facendo aumentare la quantità di

liquido interstiziale e causando la comparsa di una vescica. Se la

pelle viene sottoposta a pressione, come nel caso in cui viene

indossata una scarpa stretta, il numero delle mitosi nello strato

germinativo aumenterà e formerà un’epidermide più spessa, il

callo.

Cellule di Langerhans: sono situate all’interno dell’epidermide,

sono chiamate anche cellule dendritiche per il loro aspetto

ramificato. Provengono dal midollo osseo e hanno una notevole motilità, hanno lo scopo di

fagocitare materiale presente all’esterno della

cellula, come i microorganismi che hanno

oltrepassato la barriera della cute, e che

trasportano ai linfonodi, perché l’organismo

metta in atto meccanismi di difesa immunitari.

Melanociti: sono cellule che producono una proteina (pigmento) chiamato melanina. Il livello di

melanina è simile nelle persone di stessa taglia e nelle persone

con pelle scura i melanociti producono molta più melanina che

nelle persone dei pelle chiara. L’esposizione ai raggi solari

aumenta la produzione di melanina che funge da scudo ai

raggi ultravioletti, altrimenti dannosi per le cellule germinative

dell’epidermide. È responsabile anche del colore dei peli, e di

protezione nei confronti dei capelli. Parti di melanina sono

presenti nell’iride e nel globo oculare.

DERMA

È costituito da tessuto connettivo fibroso di tipo irregolare, i fibroblasti

producono collagene ed elastina dando la caratteristica

forza ed elasticità al derma. Negli anni le fibre di

elastina si deteriorano provocando una certa perdita di

elasticità e la comparsa di rughe. L’irregolare

congiunzione fra il derma e l’epidermide prende il

nome di strato papillare, in cui sono presenti molti

capillari. Nel derma si ritrovano le strutture accessorie

della cute: peli e follicoli ungueali, recettori sensoriali e

svariati tipi di ghiandole. Molte si estendono

dall’epidermide sino alla superficie cutanea, ma la parte

più attiva è localizzata nel derma.

Follicoli piliferi sono costituiti da tessuto epidermico e

il processo di crescita dei peli è simile a quello dell’epidermide. Alla base di un follicolo vi è la

radice pilifere che contiene cellule chiamate matrice dove avviene la mitosi. Le cellule neo formate

producono cheratina, assumendo la loro colorazione dalla melanina; morendo sono incorporate nel

fusto del pelo che viene sospinto verso la superficie cutanea. (Questo è il motivo per cui peli,

Figura 68 callo duro

Figura 69 cellule di langerhans

Figura 70 melanociti

Figura 71 STRATI DEL DERMA

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unghie e capelli continuano a crescere anche dopo la morte.) La loro funzione nel tempo si è ridotta,

rispetto agli animali, le sopracciglia e le ciglia tengono lontano la

polvere e le secrezioni dagli occhi, i peli impediscono che polveri

e secrezioni entrino attraverso il naso nelle vie aeree. I peli presenti

sul corpo sono un ricordo ancestrale e attaccato ad ogni follicolo vi è

un piccolo muscolo liscio chiamato locomotore o muscolo erettore

del pelo. Quando vengono stimolati dal freddo o un’emozione, come

la paura, si contraggono e spingono il follicolo pilifero verso l’alto.

(pelle d’oca).

Follicoli ungueali sono quei follicoli che formano le unghie e la

mitosi avviene nella radice ungueale, producono anch’esse melanina di un tipo più resistente di

quella dei peli. La loro funzione è quella di proteggere l’estremità delle dita

da lesioni meccaniche conferendo maggior capacità prensile. Sono utilizzate

per grattarsi e allontanare parassiti o altro dalla cute.

Recettori sensoriali: o cellule di Merkel, sono localizzati a livello delle

cellule germinative. A livello cutaneo si percepiscono il tatto, la pressione,

il caldo, il freddo e il dolore. Per ogni sensazione esiste un tipo specifico di

recettore, che è una struttura capace di

rilevare variazioni specifiche. Per il dolore,

il caldo e il freddo i recettori sono

terminazioni nervose libere. Per il tatto e

la pressione i recettori vengono chiamati terminazioni nervose

incapsulate, perché provviste di una struttura cellulare che avvolge

la terminazione. Il ruolo svolto dai recettori sensoriali è quello di

fornire informazioni sull’ambiente al SNC e gli effetti che esso

produce sulla pelle. La sensibilità di una zona della cute è

determinata dalla quantità di recettori presenti, i più sensibili sono

le punta della dita. Quando i recettori registrano una variazione,

generano impulsi nervosi che vengono condotti al cervello, il quale interpreta gli impulsi come una

sensazione particolare.

Ghiandole sono costituite da tessuto epiteliale, sono dette esocrine (che versano il loro secreto

all'esterno del corpo o in cavità comunicanti con

l'esterno):

- ghiandole sebacee i loro dotti si aprono nei

follicoli piliferi o direttamente sulla superficie

cutanea, secernono sebo, una sostanza lipidica

oleosa che ha lo scopo di proteggere la cute da

microorganismi e di prevenire la secchezza della

pelle e dei capelli. Nei giovani queste ghiandole

possono esser iperattive e il sebo in eccesso ingloba i

batteri nei follicoli dando origine a piccole infezioni,

mentre nell’anziano si denota una minor produzione

di sebo e secchezza della cute. La loro

localizzazione maggiore è intorno al naso e alla bocca

Figura 72 Follicolo Pilifero

Figura 73 unghia

Figura 74 recettori sensoriali

Figura 75 ghiandole, sebace, sudoripara, pilifera

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- ghiandole sudoripare: sono apocrine ed eccrine. Le prime sono maggiori nell’ascella e zone

genitali e divengono più attive in situazioni di stress emozionali. Non lasciano odori a meno che

non siano lasciate accumulare le soluzioni apocrine sulla pelle dove i batteri metabolizzano i

composti chimici generando odori sgradevoli. Le ghiandole eccrine sono presenti su tutto il corpo,

ma più numerose sulla nuca, sul labbro superiore, sulle palme delle mani e sulle piante del piede. Il

tubo che parte dalla ghiandola sfocia in un poro sulla cute generando sudore. Questo è importante

per il mantenimento della temperatura corporea ed è legato alla temperatura dell’ambiente e

all’attività fisica.

- ghiandole ceruminose: sono ghiandole sebacee modificate poste nel derma dei canali auricolari.

Producono cerume che mantiene flessibile la superficie esterna del timpano e ne previene la

secchezza. Una sua produzione in eccesso può formare una massa che preme contro il timpano

provocando una diminuzione dell’udito.

VASI SANGUIGNI

Le arteriole sono piccole arterie formate da muscolatura liscia, che si restringe e si dilata.

Anch’esse rivestono un ruolo importante nel mantenimento della temperatura corporea, poiché il

sangue trasporta calore, che è una forma di energia.

In ambiente caldo si dilatano, vasodilatazione,

facendo aumentare il flusso sanguigno al derma e

trasportando il calore in eccesso in prossimità della

superficie perché possa fuoriuscire dall’organismo.

Al contrario in ambiente freddo si restringono,

vasocostrizione, mantenendo il calore all’interno

dell’organismo. Questo sistema

mantiene l’omeostasi. Il diametro

delle arteriole è regolato dal sistema

nervoso e nelle persone con pelle

chiara è visibile tramite il rossore o la

trasparenza della pelle, mentre nelle

persone di pelle scura è mascherato

dalla melanina. Le situazioni di stress possono

provocare il “sudore freddo” in cui un meccanismo

di difesa dell’organismo richiama sangue dalla periferia agli organi

vitali, cuore, muscoli, cervello, provocando maggior sudorazione e

vasocostrizione.

Il flusso ematico a livello del derma può esser interrotto da una

pressione prolungata esercitata a livello cutaneo. Ne è un esempio il

posizionamento di pazienti ospedalizzati che non hanno capacità di

muoversi autonomamente nel letto sviluppando ulcere da pressione

(ulcere da decubito). La cute viene compressa tra l’oggetto esterno,

la superficie del letto e la prominenza ossea, come l’osso sacro o il

trocantere. In assenza di irrorazione ematica, la cute muore e il

tessuto morto diventa una sede potenziale di infezione batterica.

Figura 78 Arteriola

Figura 77 Vasodilatazione e vasocostrizione

Figura 76 Ulcere da pressione

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ESCREZIONE: alcuni prodotti di rifiuto dell’organismo, come l’urea, che è un prodotto di rifiuto

del metabolismo proteico, e di cloruro di sodio, vengono escreti con la sudorazione. È una funzione

minore della cute; i reni sono i principali responsabili della rimozione dei prodotti di rifiuto dal

sangue.

FORMAZIONE DI VITAMINA D: sulla cute esiste una forma

di colesterolo che con l’esposizione alla luce ultravioletta si

trasforma in vitamina D (vitamina del sole). Le persone che non

si espongono al sole hanno maggior bisogno di apporto

nutrizionale di questa vitamina che ha un compito importante per

l’assorbimento del calcio e del fosforo di provenienza alimentare

a livello dell’intestino tenue. Pochi alimenti contengono quantità

apprezzabili di vitamina D. Un alimento particolarmente ricco è

l’olio di fegato di merluzzo. Seguono, poi, i pesci grassi (come il

salmoni e le aringhe), il latte ed i suoi derivati, le uova, il fegato

e le verdure verdi.

TESSUTO SOTTOCUTANEO

Detto anche fascia superficiale, è una membrana di tessuto connettivo areolare o lasso che ha lo

scopo di protezione da agenti esterni e tessuto adiposo, che funge da serbatoio di energia,

rivestimento di prominenze ossee e protezione dal freddo. Il

tessuto sottocutaneo congiunge il derma ai muscoli sottostanti.

INVECCHIAMENTO DELL’APPARATO

TEGUMENTARIO.

Gli effetti del tempo su questo apparato provocano un

assottigliamento degli strati della cute che diventano più fragili,

poiché diminuiscono le mitosi a livello epidermico e i fibroblasti

morendo non sono rimpiazzati. La cute diviene rugosa e le fibre

di collage ed elastina si deteriorano. Le ghiandole sebacee e

sudoripare sono meno attive essiccando la cute e rendendola

meno sensibile per la regolazione del calore. I follicoli piliferi si

inattivano e capelli e peli si assottigliano fino a scomparire. I

melanociti muoiono e i capelli diventano bianchi. L’adipe si

assottiglia con la conseguenza che gli anziani sono più sensibili al

freddo.

Figura 79 Vitamina D

Figura 80 tessuto sottocutaneo

Figura 81 l'invecchiamento

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APPARATO SCHELETRICO

E’ formato da ossa e altre strutture che costituiscono le articolazioni scheletriche. Il tessuto presente

è tessuto osseo, cartilagine e tessuto fibroso che forma i legamenti che connettono un osso all’altro.

Le funzioni dello scheletro sono:

Fornire una struttura di sostegno al corpo

Proteggere alcuni organi interni dalle lesioni meccaniche

Contenere e proteggere il midollo osseo

Fornire una struttura di riserva per il calcio in eccesso.

Tipi di tessuto osseo

Come già detto le cellule che lo compongono sono gli osteociti e la matrice dell’osso è costituita da

collagene e Sali di calcio: Carbonato di Calcio (CaCO3) e Fosfato di Calcio (Ca3(PO4)2) che

forniscono all’osso la resistenza necessaria. La matrice ossea pur non essendo materia vivente,

cambia costantemente facendo passare il calcio dalle ossa al sangue e rimpiazzandolo con il calcio

proveniente dalla dieta. Gli osteociti hanno la funzione di rimuovere e rimpiazzare il calcio.

Nell’osso come organo sono presenti due tipi di tessuto, compatto e spugnoso

Osso compatto: sembra un materiale solido ma è strutturato in maniera molto precisa e strutturata.

È costituito da sistemi haversiani, cilindrici, microscopici con matrice ossea e osteociti disposti ad

anelli concentrici intorno a canali centrali haversiani. Nei canali decorrono i vasi sanguigni e piccoli

canalicoli alimentano gli osteociti.

Osso spugnoso: simile ad una spugna con cavità visibili ad occhio nudo, sono presenti osteociti,

matrice e vasi sanguigni, ma non vi sono sistemi haversiani. Nelle cavità dell’osso spugnoso è

Figura 82 Apparato scheletrico

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presente midollo osseo emopoietico, che produce globuli rossi, piastrine e cinque tipi di globuli

bianchi.

CLASSIFICAZIONE DELLE OSSA

Ossa lunghe: il corpo di un osso lungo è detto diafisi e le sue estremità sono dette epifisi. La diafisi

è formata da osso compatto e cavo al suo interno in cui

contiene il canale midollare, formato da midollo osseo

giallo, a prevalenza di tessuto adiposo negli adulti, mentre

nei bambini prevale midollo osseo rosso. Le epifisi sono

composte da osso spugnoso ricoperto da un sottile strato

di osso compatto. Appartengono alle ossa lunghe quelle

delle braccia e delle gambe.

Ossa corte (brevi): ossa dei polsi, caviglie, mani e piedi

Ossa piatte: coste, scapole, anca e ossa craniche.

Ossa irregolari: vertebre e ossa facciali.

Le ossa corte, piatte e irregolari sono formate da osso

spugnoso rivestito da un sottile strato di osso compatto. Il

midollo osseo rosso o emopoietico, nell’adulto si trova

all’interno dell’osso spugnoso.

Le superfici articolari delle ossa sono ricoperte da

cartilagine articolare, che forma una superficie liscia. Il

resto dell’osso è ricoperto da periostio, una membrana di

tessuto connettivo fibroso che tiene legati e ancorati i

tendini e i legamenti, nonché i vasi sanguigni che entrano

nell’osso; contiene anche alcuni osteociti che si attivano

in caso di danno all’osso.

CRESCITA EMBRIONALE DELL’OSSO

Nello sviluppo embrionale, lo scheletro è inizialmente costituito da cartilagine e da tessuto

connettivo fibroso, che vengono gradualmente sostituiti da osso. La matrice ossea è prodotta da

osteoblasti (cellula blastica che “produce”). L’ossificazione inizia in corrispondenza di un centro

di ossificazione in ciascun osso. Le ossa craniche facciali sono

inizialmente formate da tessuto connettivo fibroso. Nel terzo

mese di sviluppo fetale, i fibroblasti (cellule del tessuto

connettivale a forma di fuso) diventano più specializzati e si

differenziano in osteoblasti, che producono matrice ossea. Da

ciascun centro di ossificazione, la crescita ossea si propaga

appena i Sali di calcio si sono depositati nel collagene

dell’osso in accrescimento. Questo processo non è completo al

momento della nascita; un neonato ha aree di tessuto

connettivo residue tra le ossa del cranio: fontanelle o zone

molli. Permettono una certa compressione della testa del

neonato durante la nascita salvaguardando le ossa craniche

durante il parto e permettendo la crescita dell’encefalo dopo la nascita. Si consolidano a partire dai

due anni. Il cranio costituisce una reale protezione per il cervello.

Figura 83 Osso spugnoso e osso compatto

Figura 84 Fontanelle

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Il resto dello scheletro embrionale è dapprima costituito da cartilagine e l’ossificazione inizia al

terzo mese di gestazione nelle ossa lunghe, dove gli osteoblasti producono matrice ossea a partire

dal centro delle diafisi e al centro delle ossa brevi, piatte e irregolari, fino a completa sostituzione

della cartilagine. Le ossa lunghe sviluppano nuclei di ossificazione anche nelle proprie epifisi e

l’accrescimento avviene a livello dei dischi epifisari, che è ancora cartilagine. L’osso cresce in

lunghezza tanto quanta è la cartilagine prodotta dalla parte dell’epifisi. Fra i 16 e i 25 anni, sotto

l’influenza degli estrogeni o del testosterone tutta la cartilagine dei dischi epifisari viene sostituita

da osso. Si parla di chiusura dei dischi epifisari e il processo di allungamento dell’osso si

interrompe.

Anche nelle ossa lunghe si trovano cellule specializzate, gli osteoclasti, attive nelle ossa lunghe

embrionali e riassorbono la matrice ossea al centro della diafisi per formare il canale midollare. I

vasi sanguigni crescono nei canali midollari delle ossa lunghe embrionali e si forma il midollo

osseo emopoietico. Dopo la nascita, il midollo osseo emopoietico viene sostiuito dal midollo osseo

giallo. Il midollo osseo emopoietico rimane nell’osso spugnoso delle ossa brevi, di quelle piatte e di

quelle irregolari.

Fattori che influenzano la crescita e il mantenimento dell’osso

Ereditarietà: potenziale genetico, ancora inesplorato

Nutrizione: l’apporto di sostanze nutritive è basilare, il calcio, fosforo e proteine per la matrice

ossea. Vitamina D per i processi di assorbimento del calcio e fosforo nell’intestino tenue. Vitamina

A e C per l’ossificazione. I bambini malnutriti si sviluppano molto lentamente e non raggiungono il

proprio potenziale di crescita.

Ormoni: le ghiandole endocrine producono ormoni alcuni dei quali

hanno un ruolo importante nella crescita e nel mantenimento delle ossa,

tiroxina, ormone paratiroideo e l’insulina.

Esercizio o “stress”: l’esercizio mantiene la solidità delle ossa, che senza perderebbero calcio più

velocemente, basta una semplice passeggiata.

SCHELETRO

Lo scheletro è una struttura rigida formata da un insieme di ossa che sostiene il corpo umano. Alla

nascita lo scheletro umano presenta circa 270 ossa; da adulti le ossa si riducono a 206 in quanto,

durante lo sviluppo, alcune ossa si uniscono tra di loro e vanno a formarne uno solo. Questo numero

è sottoposto a una varietà di differenze anatomiche; per esempio, una piccola parte della

popolazione umana possiede una costa in più, oppure una vertebra lombare.

In un essere adulto medio, lo scheletro rappresenta circa il 20% del peso corporeo.

Lo scheletro può essere suddiviso in assiale, ossa della testa e ossa del tronco e appendicolare,

ossa degli arti, cintura scapolare e cintura pelvica.

Le funzioni dello scheletro sono molteplici:

sostegno

protezione di parti molli e delicate, come nella scatola cranica e nella gabbia toracica

equilibrio, insieme a muscoli e articolazioni e sotto il controllo dei nervi

movimento, essendo strettamente connesso ai muscoli

emopoietica, ovvero la produzione di globuli rossi, bianchi e piastrine tramite il midollo osseo

plastica, in quanto dà forma al corpo

deposito di sali minerali

Figura 85 canale midollare

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CRANIO

Il cranio assolve alla principale funzione di contenere e proteggere l’encefalo ed altri apparati di

senso: visivo, olfattivo e acustico ecc. Al contempo rappresenta la struttura di supporto per

l’apparato respiratorio e masticatorio.

Nel corso del processo evolutivo, il cranio ha subìto notevoli trasformazioni anche in funzione del

suo rapporto con gli organi che accoglie o, con i quali, si articola.

Le ossa che compongono lo scheletro della testa delimitano varie aree di rilevo.

È formato da otto ossa craniche e quattordici ossa facciali. Nelle testa ci sono gli ossicini martello,

incudine e staffa delle cavità auricolari e l’osso ioide che sostiene la base della lingua.

L’osso frontale, le ossa parietali, le ossa temporali, l’osso occipitale ed etmoide formano la base

della scatola cranica e orbite. L’osso sfenoide racchiude anche la ghiandola pituitaria (ipofisi)

all’interno di una cavità chiamata sella turcica. Tutte le giunture tra le ossa craniche sono rigide e

chiamate suture.

Delle 14 ossa facciali, solo la mandibola è mobile: forma un’articolazione condiloidea con

ciascun osso temporale. Le mascelle, sono le ossa della mascella superiore e formano anche la

porzione anteriore del palato duro (volta palatina). Le cavità per le radici dentali si trovano nella

mascella e nella mandibola.

I seni paranasali sono cavità aeree situate nelle mascelle e nelle ossa frontale, sfenoide ed etmoide,

rivestite di epitelio ciliato. I seni mastoidei sono cavità nel processo mastoideo di ciascun osso

temporale; si aprono nell’orecchio medio e contengono le ossa uditive.

COLONNA VERTEBRALE

Detta anche spina dorsale, è costituita da ossa distinte dette vertebre:

- 7 vertebre cervicali: costituiscono le vertebre del collo. La prima si chiama atlante, sorregge il

cranio e forma una articolazione trocoide con la seconda vertebra, epistrofeo ed insieme

permettono la rotazione della testa da un lato all’altro.

- 12 vertebre toraciche: si articolano con le coste nella parte posteriore del torace.

- 5 vertebre lombari: formano ossa larghe e robuste in cui si concentra la tensione della postura.

- 5 vertebre sacrali: che permettono l’articolazione delle ossa dell’anca, dette anche articolazioni

sacro-ilache. Il coccige è un residuo delle vertebre della coda, fornisce l’inserzione ossea ad alcuni

muscoli del perineo (pavimento pelvico).

Tutte le vertebre si articolano tra loro in successione formando una colonna flessibile che sorregge

il tronco e la testa. Formano anche il canale vertebrale, un tunnel continuo, rivestito dalle meningi,

nelle ossa che contiene il midollo spinale e lo protegge da lesioni meccaniche. I processi spinosi e

trasversi costituiscono protuberanze per l’inserzione dei muscoli che fissano la colonna vertebrale.

La parte portante della vertebra è il corpo vertebrale, separato l’uno dall’altro da dischi di

cartilagine fibrosa che attutiscono gli urti e permettono il movimento tra le vertebre.

La normale spina dorsale in posizione anatomica presenta quattro curvature naturali, che prendono

il nome dalle vertebre che le formano. La curva cervicale è volta in avanti, quella toracica

all’indietro, la lombare in avanti e la sacrale indietro. Questo permette di centrare il cranio sul resto

del corpo, facilitando la posizione eretta. L’alterazione di queste curvature porta a cifosi o lordosi

con compromissione del mantenimento della postura, della deambulazione e dolori a vari distretti,

associate spesso alla presenza di alterazione dei dischi intervertebrali che formano ernie.

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GABBIA TORACICA

Formata da dodici paia di coste e lo sterno. Questo a sua volta si divide nella parte superiore dal

manubrio, al centro dal corpo e nella parte inferiore dal processo xifoideo. Le coste si articolano

nella parte posteriore con le vertebre toraciche. Le prime sette sono dette coste vere, si articolano

direttamente con il manubrio e con il corpo dello sterno per mezzo di cartilagini costali. Le

successive tre paia sono chiamate coste false e le loro cartilagini si articolano con la settima

cartilagine costale. Le ultime due paia sono chiamate coste fluttuanti perché non si articolano con

lo sterno. La gabbia toracica protegge cuore, polmoni e organi della cavità addominale superiore

come fegato e milza e allo stesso tempo allargandosi fa aumentare il volume della cavità

espandendo i polmoni e contribuendo all’inspirazione.

SPALLA E ARTO SUPERIORE

Un cingolo formato da scapola e clavicola congiunge il braccio allo scheletro. La scapola è un osso

piatto e largo a cui si ancorano alcuni muscoli che muovono l’arto superiore. Una leggera

depressione, fossa glenoidea, forma un’articolazione sferoidale con l’omero, l’osso lungo del

braccio. Ogni clavicola si articola anteriormente con la corrispondente scapola e medialmente con il

manubrio dello sterno, agendo da supporto per la scapola e condizionando l’eccessivo spostamento

delle spalle verso l’esterno. L’omero prossimalmente forma l’articolazione con la scapola,

distalmente forma un’articolazione cardine con l’ulna e l’avambraccio (il gomito), che possiede

movimenti solo su un piano, avanti e indietro. Le ossa che formano l’avambraccio sono l’ulna e il

radio che insieme formano un’articolazione trocoide, che permette la rotazione della palma della

mano. Le ossa carapali formano le ossa del polso; articolazioni piane fra loro permettono un

movimento di scivolamento, mentre la mano è formata da cinque ossa metacarpali. Le falangi

sono le ossa che formano le dita, ve ne sono due nel pollice con articolazione a sella, che gli

permette di piegarsi verso il palmo e di avere azione pensile, mentre le altre dita sono formate da

tre falangi con articolazioni cardine.

ANCA E ARTO INFERIORE

Il cingolo pelvico è formato dalle ossa dell’anca destra e sinistra (ossa innominate), che si

articolano con lo scheletro assiale a livello del sacro. Ogni osso è formato da tre parti, l’ileo

porzione superiore che forma l’articolazione sacro iliaca; l’ischio parte inferiore o posteriore e il

pube parte inferiore e anteriore. Le due ossa pubiche si articolano tra loro nella sinfisi pubica, con

un disco di cartilagine fibrosa in mezzo.

L’acetabolo è la cavità situata nell’osso dell’anca che forma un’articolazione sferoidale con il

femore, l’osso lungo della coscia. Molto più ampia e profonda rispetto a quella omerale per il peso

che deve reggere. All’estremità distale il femore forma un’articolazione cardine con la tibia, osso

lungo della gamba, detta ginocchio. La rotula o patella è posta anteriormente all’articolazione del

ginocchio, racchiusa nel tendine del quadricipite femorale, muscolo della coscia.

La fibula o perone è un osso che si ancora sotto l’articolazione del ginocchio e non interviene

nell’articolazione stessa, ha la funzione di rendere più stabile la gamba.

Le ossa tarzali sono sette e corrispondono alla caviglia, la più grande è il calcagno; l’astragalo

situato sopra il calcagno distribuisce il peso tra il calcagno e la tibia.

Il piede è formato da cinque ossa metatarsali, e da falangi come nella mano, tutte con articolazioni

carpali.

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ARTICOLAZIONI

È la sede in cui le ossa si connettono e si articolano tra loro. Ne abbiamo già richiamate al paragrafo

precedente alcune, vediamo ora la loro classificazione basata sulla quantità di movimenti possibili:

Sinartrosi: è un’articolazione immobile come la sutura fra due ossa del cranio.

Anfiartrosi: è un’articolazione scarsamente mobile, come la sinfisi fra vertebre contigue.

Diartrosi: articolazione a movimento libero.

Le ultime sono le più diffuse e sono articolazioni sinoviali, caratterizzate dalla presenza di

cartilagine articolare che fornisce una superficie liscia, costituita da tessuto connettivo fibroso. È

racchiusa in una guaina robusta, come un manicotto, la membrana sinoviale, che secerne il liquido

sinoviale, denso e scivoloso che ha il compito di prevenire l’attrito durante il movimento. Molte

articolazioni sinoviali presentano borse, piccole sacche di liquido sinoviale che si trovano tra

l’articolazione e i tendini con il compito di facilitare lo scivolamento dei tendini stessi. Un

eccessivo stress può causare la loro infiammazione denominata borsite.

Apparato scheletrico e invecchiamento.

Con l’invecchiamento il tessuto osseo perde più calcio, dovuto a minor introduzione e ridotto

movimento. Una persona allettata tende a divenire ancor più fragile. La matrice ossea diviene sottile

portando ad una marcata osteoporosi e possibilità di fratture spontanee. Le cartilagini sono erose e

rallentano o alterano il movimento fino all’immobilità è importante quindi un corretto apporto

alimentare associato ad esercizio fisico anche nell’anziano.

APPARATO MUSCOLARE

Nel corpo umano vi sono circa 600 muscoli, ancorati alle ossa tramite i tendini o direttamente alla

superficie interna della cute. La funzione principale di questo apparato è di assicurare il movimento

tramite la contrazione muscolare che produce calore che a sua volta mantiene la temperatura

corporea costante.

STRUTTURA MUSCOLARE Tutte le cellule muscolari, dette fibre muscolari, sono specializzate nella contrazione. A seconda

del tipo di movimento richiesto a ogni muscolo, si contrae un numero variabile di fibre muscolari. I

tendini sono costituiti da tessuto connettivo fibroso, molto resistente che va a fondersi con la fascia

che riveste il muscolo e con il periostio. In genere un muscolo ha almeno due tendini, ciascuno

connesso ad un osso differente. L’attaccamento del muscolo più immobile e stabile costituisce

l’origine, la più mobile inserzione. Il muscolo stesso oltrepassa l’articolazione delle ossa e quando

si contrae spinge sulla sua inserzione muovendo l’osso in una direzione specifica.

Fibra muscolare.

ognuna di esse ha una propria terminazione nervosa motoria, giunzione neuromuscolare, situata

dove il neurone motorio termina nella fibra muscolare. Il terminale assonico è la punta allargata

del neurone motorio in cui è contenuto un neurotrasmettitore acetilcolina (ACh), responsabile in

molti organismi della neurotrasmissione sia a livello di Sistema nervoso centrale (SNC) che di

Sistema nervoso periferico (SNP). La membrana della fibra muscolare è il sarcolemma, che

contiene i siti recettoriali per l’acetilcolina e un enzima in attivatore, la colinesterasi. La sinapsi (o

fessura sinaptica) è l’esiguo spazio tra l’assone terminale e il sarcolemma. Nella fibra muscolare

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sono contenute migliaia di unità contrattili individuali chiamate sarcomeri, che sono posizionate

con le estremità adiacenti formando dei cilindri, miofibrille. Al centro del sarcomero vi sono i

filamenti di una proteina miosina, all’estremità vi sono i filamenti di un’altra proteina, l’actina che

vanno ad attaccarsi alle linee Z. Queste due proteine sono responsabili della contrazione muscolare,

i loro antagonisti inibitori sono la troponina e tropomiosina, che prevengono lo scivolamento della

miosina e dell’actina durante la fase di rilasciamento della fibra muscolare.

Intorno ai sarcomeri vi è il reticolo sarcoplasmatico, una riserva di ioni calcio (Ca+2), essenziale

nel processo della contrazione.

Contrazione Inizia quando l’impulso nervoso giunge al terminale assonico e stimola il rilascio di acetilcolina.

Questa genera cambiamenti elettrici (movimenti di ioni) nel sarcolemma della fibra muscolare che

danno inizio ad una sequenza di eventi nella fibra muscolare costituendo la teoria da scivolamento

dei filamenti della contrazione muscolare. L’impulso nervoso causa la depolarizzazione di una

fibra muscolare e questa variazione elettrica rende i filamenti di miosina capaci di spingere i

filamenti di actina verso il centro del sarcomero, rendendolo più corto. Tutti i sarcomeri si

accorciano e la fibra muscolare si contrae.

Polarizzazione Quando una fibra muscolare è rilasciata il sarcolemma è polarizzato, cioè ha un potenziale a riposo

e vi è una differenza di carica elettrica tra l’esterno e l’interno. Durante la polarizzazione, l’esterno

ha una carica positiva rispetto all’interno, considerata negativa, gli ioni sodio (Na+) sono più

abbondanti all’esterno della cellula mentre gli ioni potassio (k+) e quelli con carica negativa sono

all’interno. Gli ioni sodio tendono a diffondersi verso l’interno, ma la pompa del sodio, li riporta

all’esterno, così per gli ioni K+ tendono a diffondersi all’esterno e la pompa del potassio, li

riconduce all’interno. Queste pompe sono sistemi di trasporto attivo che necessitano di ATP e

mantengono la polarizzazione finché un impulso nervoso non stimola una variazione.

Depolarizzazione Avviene quando un impulso nervoso giunge al terminale assonico, causa il rilascio dell’acetilcolina

che diffonde attraverso le sinapsi e si lega ai recettori ACh sul sarcolemma rendendolo permeabile

agli ioni Na+ che confluiscono all’interno della cellula. L’interno del sarcolemma è ora positivo e

l’esterno negativo. L’impulso elettrico generato, potenziale di azione, si propaga quindi lungo

l’intero sarcolemma di una fibra muscolare. Il sarcolemma possiede delle invaginazioni interne

dette tubuli a T (tubuli trasversi) che conducono il potenziale d’azione all’interno della cellula

muscolare. La depolarizzazione dà origine a cambiamenti nella cellula che inizia a contrarsi.

I muscoli sono disposti in modo da svolgere una considerevole varietà di movimenti. Due sono le

disposizioni principali: quella dei muscoli antagonisti e quella dei muscoli sinergici

I muscoli antagonisti sono quelli che si contrappongono al muscolo che effettua l’azione e quando

questo si contrae l’altro si rilascia o viceversa. Le articolazioni sono in grado di svolgere vari

movimenti e hanno diversi gruppi di antagonisti. I muscoli sinergici sono quelli che svolgono la

stessa funzione o operano insieme per svolgere una funzione particolare, come ad esempio quelli

della mano nel gesto della prensione.

Gli impulsi nervosi per il movimento provengono dai lobi frontali dell’encefalo, viaggiano lungo i

nervi motori fino alle fibre muscolari, causando la loro contrazione. Per camminare è necessario una

coordinamento delle contrazioni muscolari. La coordinazione è un processo che ha luogo ad un

livello inferiore rispetto al pensiero cosciente, essendo regolata dal cervelletto, posto sotto i lobi

occipitali dell’encefalo.

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TONO MUSCOLARE

Tranne che durante alcune fasi del sonno, la maggior parte dei nostri muscoli è costantemente in

uno stato di leggera contrazione detto tono muscolare. Per mantenere un muscolo in stato di

leggera contrazione è sufficiente che a contrarsi siano solo poche fibre in modo alternato così da

non affaticarlo. Un buon tono muscolare aumenta la coordinazione e permette di reagire

prontamente in caso di necessità. I muscoli con un tono modesto sono in genere molli e flaccidi, ma

l’esercizio può rafforzarli. Esistono due tipi principali di esercizio isotonico e isometrico.

Isotonico: i muscoli si contraggono e producono movimento, jogging, nuoto e sollevamento pesi ne

sono esempi. Rafforza e mantiene il tono muscolare, incrementa anche l’efficienza cardiovascolare

e respiratoria. Se svolto per trenta o più minuti questo tipo di esercizio si definisce “aerobico”.

Isometrico: implica contrazione senza movimento, come premere le palme della mani, rafforzano e

aumentano il tono muscolare, ma non sono considerati aerobici.

PROPRIOCEZIONE È la capacità del cervello di conoscere in ogni momento la dislocazione dei nostri muscoli e

l’attività che stanno svolgendo senza che sia necessario pensare in continuazione al tipo di

movimento che è necessario fare, ad esempio, per salire una scala. Nei muscoli si trovano dei

recettori chiamati recettori di tensione (o propriocettori o fusi muscolari) che hanno il compito di

registrare le variazioni di lunghezza di un muscolo quando questo si estende. Gli impulsi arrivano ai

lobi parietali del cervello come una “fotografia” mentale della posizione del muscolo in quel

momento. (scrivere a macchina)

FONTI DI ENERGIA PER LA CONTRAZIONE MUSCOLARE

Abbiano già introdotto l’ATP, come fonte primaria che comunque non viene prodotta in gran

quantità e si esaurisce in poco tempo. Altre fonti secondarie sono:

- creatina fosfato: è una molecola in cui l’energia si libera durante la scissione in creatina e fosfato

per mezzo di un enzima. La creatina è riutilizzata per formare nuovamente creatina fosfato, ma una

parte si converte in creatinina, come prodotto di rifiuto che viene espulso dai reni. (un livello

elevato nel sangue di creatinina, può indicare un malfunzionamento renale)

- glicogeno: (polimero del glucosio) usato per contrazioni sostenute per pochi secondi, inizialmente

viene scisso nelle singole molecole di glucosio e successivamente viene ulteriormente degradato

(ossidato) nel processo di respirazione cellulare per produrre ATP e mantenere la contrazione.

(Glucosio (C6H12O6) + 6O2 6CO2 + 6H2O + ATP + calore ) In questo processo è necessario

l’apporto di Ossigeno fornito sia dalla proteina emoglobina, del sangue, che immagazzinato dalla

mioglobina del muscolo in cui l’O2 si lega a molecole di ferro presenti in esse. Il ferro conferisce il

colore rosso alle proteine e ai muscoli. Durante un esercizio fisico intenso può esser utilizzato tutto

l’ossigeno a disposizione, pur aumentando la frequenza respiratoria. Questa condizione è detta

debito di ossigeno e il glucosio non può essere scisso in anidride carbonica e acqua. In questa fase

il glucosio viene trasformato in una molecola intermedia chiamata acido lattico, che è responsabile

dell’affaticamento muscolare. Dal muscolo esso normalmente si riversa nel sangue, attraverso il

quale raggiunge cuore, fegato e muscoli inattivi, dove viene riconvertito in glucosio. Tuttavia,

durante un esercizio fisico intenso e prolungato, può accadere che i muscoli producano nel tempo

più acido lattico di quanto gli organi sopra detti ed i restanti muscoli inattivi riescano a

metabolizzare; in questo caso, la concentrazione di acido lattico nel sangue aumenta fino al punto in

cui non è più possibile che venga smaltito a livello dei muscoli attivi. Ecco che si presentano i noti

effetti di affaticamento e successiva incapacità locale allo sforzo, talvolta accompagnati da bruciore.

Ad ogni modo, per via del suo ciclo metabolico, una volta che i muscoli hanno ripreso la loro

normale attività aerobica, e che il livello in circolo nel sangue è sceso sotto la soglia critica di

concentrazione, l'acido lattico viene immediatamente eliminato dal circolo sanguigno (nel giro di

qualche decina di secondi o di pochi minuti), e larga parte di quanto se n'era accumulato nei

muscoli attivi viene rapidamente smaltito, tutt'al più entro un'ora circa dall'attività fisica. Solo una

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piccola parte permane all'interno del muscolo, sempre a seguito di attività anaerobica, ed è nota

come "scoria naturale della contrazione muscolare".

I sintomi da presenza di acido lattico, pertanto, in generale non sono assolutamente da confondere

con quelli da indolenzimento muscolare ad insorgenza ritardata, i cui effetti colpiscono solo i

muscoli scheletrici, e che solitamente si palesano tra le 12 e le 72 ore circa dallo sforzo fisico

intenso, perdurando anche per 5-6 giorni consecutivi.

DISFUNZIONI

In questo processo così complesso esistono molte situazioni che possono compromettere la

contrazione:

- assenza di impulsi nervosi alla fibra muscolare, come nel caso di lesioni al midollo spinale o ictus

a livello dei lobi frontali che non fanno generare impulsi paralizzando i muscoli che alla fine vanno

incontro ad atrofia, divenendo piccoli per mancanza di attività.

- distrofia muscolare, un gruppo di malattie genetiche in cui il tessuto muscolare è sostituito da

tessuto connettivo fibroso o da grasso.

- tetano (Clostridiun tetani) una tossina che causa la contrazione continua dei muscoli (trisma,

primo sintomo che indica la difficoltà di aprire la bocca)

- botulino (Clostridium botulinum) che impedisce il rilascio di acetilcolina nelle giunzioni

neuromuscolari (primi sintomi vista offuscata o sdoppiata e difficoltà di parola e di deglutizione).

- mioastenia gravis, malattia autoimmune in cui gli autoanticorpi distruggono i recettori

dell’acetilcolina sul sarcolemma.

APPARATO MUSCOLARE E INVECCHIAMENTO

Con l’invecchiamento le cellule muscolari muoiono e vengono sostituite da tessuto connettivo

fibroso o adiposo. L’esercizio regolare ritarda l’atrofizzazione muscolare. Sebbene i muscoli

divengano più lenti nella contrazione e diminuisca la forza massimale, l’esercizio può mantenere il

funzionamento muscolare ad un livello ottimale per los volgimento delle funzione della vita

quotidiana. Il sollevamento di piccoli pesi è uin esercizio che si raccomanda a tutti i soggetti

anziani, uomini e donne, utile anche per i sistemi cardiovascolare, respiratori e osteoarticolare.

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SISTEMA NERVOSO

Il sistema nervoso è uno dei sistemi regolatori. Impulsi di origine elettrochimica del sistema

nervoso rendono possibile ottenere informazioni circa l’ambiente esterno o interno e operano per

mantenere l’omeostasi. Alcune di queste attività sono a livello cosciente, altre no. La sua funzione

è:

- avvertire i cambiamenti e percepire le sensazioni.

- dar origine a risposte appropriate ai cambiamenti

- organizzare le informazioni per un uso immediato e memorizzarle per un impiego futuro.

Si divide in Sistema Nervoso centrale, SNC e Sistema Nervoso periferico, SNP, costituito dai

nervi cranici e da quelli spinali. Il SNP include il Sistema Nervoso Autonomo, SNA.

Il SNP trasmette informazioni al SNC e da questo ne riceve, mentre il cervello è il centro che

integra queste informazioni e dà origine alle relative risposte.

TESSUTO NERVOSO

Le cellule sono i neuroni o fibre nervose. Il corpo centrale contiene il nucleo e si trova nel SNC o

in prossimità di esso, nel tronco del corpo. Le ramificazioni, i dendriti, trasmettono impulsi in

Figura 86 Neurone

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direzione dei corpi cellulari (impulsi centripeti). L’assone trasmette impulsi dal corpo cellulare alla

periferia (impulsi centrifughi). La membrana è il trasmettitore dell’impulso.

Nel SNP gli assoni e i dendriti sono avvolti nelle cellule di Schwann.

Durante lo sviluppo embrionale, queste cellule crescendo cingono i

processi neuronali rivestendoli di numerosi strati, dette guaine

mieliniche, la mielina è un fosfolipide che isola elettronicamente i

neuroni gli uni dagli altri per evitare il corto circuito, proprio come per i

cavi elettrici. Gli spazi tra le cellule, dette segmenti di guaina mielinica,

si chiamano nodi di Ranvier, nodi neuro fibrillari, dove avviene la

depolarizzazione durante la trasmissione dell’impulso elettrico. Il

nucleo e il citoplasma delle cellule di Schwann si trova sull’esterno

della guaina e costituiscono il neurolemma, importante per l’eventuale

rigenerazione dei dendriti e assoni in caso di danneggiamento del nervo.

Nel SNC le guaine mieliniche sono formate da oligodendrociti, che fanno parte della nevroglia, le

cellule specializzate che si trovano solo nel cervello e nel midollo spinale. Non trovandosi qui le

cellule di Schwann non esiste neurolemma e non può aver luogo la rigenerazione, pertanto la

recisione del midollo produce una perdita permanente delle funzioni. Un tipo particolare di

nevroglia è l’astrocita che, con la sua conformazione stellata, forma una rete in cui, durante il

periodo embrionale, migrano i neuroni che formeranno l’encefalo. Successivamente i processi

astrocitari si avvolgono ai capillare cerebrali e contribuiscono alla formazione della barriera

emato-encefalica, in grado di evitare che prodotti potenzialmente dannosi presenti nel sangue

possano diffondersi a livello cerebrale, impedendo, tuttavia, anche il passaggio di alcuni farmaci. I

capillari encefalici contribuiscono a questa barriera essendo meno permeabili dei capillari del resto

dell’organismo.

SINAPSI

È il piccolo intervallo tra l’assone di un neurone e i dendriti o il corpo cellulare del neurone

successivo. Al termine dell’assone, bottone sinaptico, si trovano vescicole contenenti il

neurotrasmettitore di origine chimica che viene rilasciato nella sinapsi, nel momento in cui giunge

un impulso nervoso elettrico. Il

neurotrasmettitore si diffonde nella sinapsi

combinandosi con i recettori posti sulla

membrana cellulare del neurone post-sinaptico

generando un impulso elettrico che si propaga

per l’assone di questo neurone fino alla

successiva sinapsi e così via. Un inattivatore

chimico posto nel corpo cellulare o nel dendrite

del neurone post-sinaptico, inattiva

velocemente il neurotrasmettitore per prevenire

impulsi non voluti o continui, a meno che un

nuovo impulso dal primo neurone non

provochi il rilascio di un numero maggiore di

neurotrasmettitori.

Figura 88 sinapsi

Figura 87 guaina mielinica

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Alcune sinapsi sono dette eccitatorie perché il neurotrasmettitore determina nel neurone post-

sinaptico una depolarizzazione con trasmissione dell’impulso elettrico al neurone, alla cellula

muscolare o alla ghiandola successivi. Altre sono dette inibitorie perché il neurotrasmettitore

determina una iperpolarizzazione a livello del neurone post-sinaptico (che diviene più positivo

all’esterno a causa della fuoriuscita di ioni K+ dalla cellula) e pertanto non trasmette un impulso

elettrico. Ciò avviene durante il rallentamento della frequenza cardiaca o per il bilanciamento degli

impulsi eccitatori trasmessi alla muscolatura scheletrica.

Le sinapsi assicurano una trasmissione unidirezionale di impulsi in un organismo vivente. Un

impulso non può andare in senso contrario attraverso la sinapsi, poiché non vi sono

neurotrasmettitori rilasciati dai dendriti o dal corpo cellulare. I neurotrasmettitori possono essere

rilasciati solo dall’assone che, al contrario della membrana post-sinaptica, non possiede recettori per

i neurotrasmettitori.

Un importante neurotrasmettitore è l’acetilcolina (L'acetilcolina viene immagazzinata in vescicole

nella terminazione presinaptica; quando arriva l'impulso elettrico le vescicole si abboccano alla

membrana presinaptica e l'acetilcolina viene liberata) che si trova nelle giunzioni neuromuscolari,

nel SNC e in gran parte del SNP. Essa rende la membrana post-sinaptica più permeabile agli ioni

sodio, determinando la depolarizzazione del neurone post-sinaptico. La colinesterasi (o pseudo

colinesterasi (PChe) è un enzima inattivatore dell’acetilcolina. Altri neurotrasmettitori sono la

dopamina, noradrenalina, serotonina ecc. ognuno possiede un proprio inattivatore specifico.

Alcuni di essi sono riassorbiti dal neurone

che li ha secreti tramite il processo di

ricaptazione, determinando la fine

dell’effetto.

La trasmissione di impulsi elettrici è molto

rapida e la guaina mielinica incrementa la

velocità dal momento che si depolarizzano

solo i nodi di Ranvier, conduzione

saltatoria. Molti neuroni sono in grado di

trasmettere gli impulsi a una velocità di molti metri al secondo.

TIPI DI NEURONE

1) Neurone sensitivo: o neurone afferente portano gli impulsi dal recettore periferico al SNC,

percependo i cambiamenti dell’ambiente

esterno e inviando le informazioni sottoforma

di impulso. Il SNC interpreta questi impulsi

come sensazioni. I neuroni sensitivi della

pelle, in corrispondenza dei muscoli

scheletrici e delle articolazioni sono detti

somatici, quelli degli organi interni viscerali.

Figura 90 Neurone Sensitivo

Figura 89 Nodi di Ranvier

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2) Neurone motorio: o neurone afferente portano gli impulsi dal SNC agli

effettori, cioè i muscoli e le ghiandole. I neuroni motori legati ai muscoli

scheletrici sono detti somatici; gli altri legati ai muscoli lisci, cardiaco e alle

ghiandole, sono detti viscerali.n 3) Interneurone: sono interamente nel SNC e

sono fatti in modo da poter trasmettere solo sensazioni, impulsi motori o

integrare queste funzioni. Alcuni sono legati alla facoltà del pensiero,

dell’apprendimento e della memoria.

NERVI E FASCI NERVOSI

Un nervo è formato da un gruppo si assoni e/o dendriti di molti neuroni, con vasi sanguigni e

tessuto connettivo. I nervi sensitivi sono costituiti solo da neuroni sensitivi,

come ad esempio il nervo ottico. I nervi motori sono costituiti solo da

neuroni motori; i nervi del SNA (autonomo) sono nervi motori. Un nervo

misto contiene sia neuroni sensitivi che motori, come gran parte dei nervi

sciatici.

Il termine fascio nervoso si riferisce ad un gruppo di neuroni situati

all’interno del SNC e sono preposti ad un’attività motoria e sensoriale e

sono ricoperte da guaine mieliniche che conferiscono il colore biancastro.

MIDOLLO SPINALE

Trasmette gli impulsi dal e

verso il cervello ed è il

centro integratore dei riflessi

del midollo stesso. È

racchiuso nel canale

vertebrale e avvolto dalle

menigi che lo proteggono da

lesioni meccaniche. Si

estenda dal forame

occipitale o forame magno

(si apre nella superficie

inferiore dell'osso occipitale

alla base della scatola cranica

e mette in comunicazione la

cavità cranica con il canale

vertebrale) fino al disco tra la

prima e la seconda vertebra

lombare.

La sostanza grigia situata

all’interno ha una tipica

forma ad H ed è costituita da

corpi cellulari di neuroni motori e interneuroni. La sostanza

bianca esterna è costituita da assoni rivestiti di mielina e dai dendriti di interneuroni. Al centro

troviamo il canale centrale, in cui scorre il liquido cerebrospinale in continuità con i ventricoli

cerebrali.

Figura 91 Neurone

Motorio

Figura 92 Nervi Ottici

Figura 93 Sezione del Midollo Spinale

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NERVI SPINALI

Dal midollo spinale emergono 31 paia di nervi spinali indicati dal nome delle rispettive vertebre.

- 8 paia di nervi cervicali (C1- C8) nuca, collo, spalle, arti superiori, diaframma;

- 12 paia di nervi toracici (T1 – T12) T1 arto superiore, il resto tronco e collo;

- 5 paia lombari (L1 –L5)

- 5 sacrali (S1 – S5) fianchi, cavità pelvica, e arti inferiori

- 1 paio di corti nervi coccigei (CO1)

I nervi lombari proseguono oltre il midollo spinale, questa zona è chiamato

cauda equina.

Ogni nervo spinale possiede due radici:

- radice dorsale, costituita da neuroni sensitivi. Il ganglio della radice

dorsale costituisce un’ampia parte di questa radice e contiene i corpi

cellulari di neuroni sensori. Ganglio indica un gruppo di corpi cellulari fuori

dal SNC, che si trovano all’interno del canale vertebrale e quindi ben

protetti da eventuali lesioni meccaniche, ma è anche il luogo dove il virus

“Herpes Zoster”, che causa anche la varicella, si annida, salvo poi

virulentarsi causando il classico “Fuoco di S. Antonio” caratterizzato dalla

comparsa di vescicole a grappoli arrossate e dolorose.

- radice ventrale, o radice motoria, formata da neuroni motori i cui corpi

cellulari si trovano nella sostanza grigia del midollo spinale.

RIFLESSO: è una risposta involontaria, automatica, ad uno stimolo. I

riflessi del midollo spinale non dipendono direttamente dal cervello,

ma esso può inibirli o accentuarli. Il processo di invio e risposta ad uno

stimolo prende il nome di arco riflesso e consiste in 5 fasi: 1) Ricettori: percepisce un

cambiamento e genera impulso

2) Neuroni sensitivi: trasmettono impulsi dai recettori al SNC

3) SNC: contiene una o più sinapsi, compresi interneuroni

4) Neuroni motori: trasmetto gli impulsi dal SNC agli effettori

5) Effettori: compiono l’azione.

Un modo veloce ed efficace per controllare l’attività del Sistema Nervoso è la rilevazione dei

riflessi come ad esempio il

riflesso patellare o rotuleo

che è un riflesso di tensione

e si ottiene andando a

stimolare il nervo rotuleo,

posto sotto il ginocchio, con

un martelletto che causa

l’estensione della gamba,

facendo contrarre il muscolo

femorale. Altro tipo è il

riflesso flessorio o di

retrazione, a volte doloroso

e potenzialmente lesivo che tende a provocare azioni di allontanamento (la mano sul fuoco).

Figura 94 Nervi Spinali

Figura 95 Riflessi motori

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ENCEFALO

Si compone di molte parti che si integrano fra loro. Le più importanti sono il midollo allungato, il

ponte e il mesencefalo(trono encefalico), il cervelletto, l’ipotalamo, talamo e il cervello

propriamente detto. Nel suo interno sono contenuti i ventricoli.

Midollo allungato o bulbo: si estende dal midollo spinale al

ponte ed è posto anteriormente rispetto al cervelletto. Contiene i

centri cardiaci, vasomotori e respiratori, centri riflessi per la

tosse, starnuto, deglutizione e vomito.

Ponte: sporge anteriormente dalla parte superiore del midollo

allungato. Contiene due centri per la respirazione che cooperano

con quelli del bulbo, e molti neuroni che lo mettono in

connessione con le altre parti dell’encefalo.

Mesencefalo: si estende dal ponte all’ipotalamo e comprende l’acquedotto cerebrale, collegato

con la terza e quarta cavità ventricolari. Contiene vari riflessi tra cui quelli visivi, uditivi e di

equilibri.

Cervelletto: il quarto ventricolo lo separa dal bulbo e dal ponte e si trova sotto i lobi occipitali del

cervello. Tutte le sue funzioni sono legate al movimento, coordinazione, regolazione del tono

muscolare, traiettoria corretta, capacità di arresto, mantenimento della posture, equilibrio. Sono tutte

funzioni involontarie, agendo al di sotto del livello di coscienza.

Ipotalamo: si trova sopra la ghiandola pituitaria e sotto al talamo. È una piccola area con

importanti funzioni, come:

- produzione dell’ormone antidiuretico (ADH stimola il rene a riassorbire l’acqua filtrata

riportandola nel sangue) e ossitocina, (causa delle contrazioni dell’utero per favorire il parto),

immagazzinati poi nella ghiandola pituitaria.

- stimolazione della ghiandola pituitaria tramite l’emissione di ormoni fattoriali, come l’ormone di

rilascio dell’ormone della crescita (GHRH).

- regolazione della temperatura corporea, stimolando la

sudorazione o brividi.

- regola il senso di fame o sazietà per l’introduzione del cibo,

rispondendo alle variazioni di concentrazione delle sostanze

nutritizie del sangue.

- Integrazione del funzionamento del SNA.

- Stimolazione delle risposte viscerali durante stress emotivi

- regolazione dei processi ritmici dell’organismo, secrezioni

ormonali, ciclo sonno/veglia, umore, stato di allerta. Definito

“orologio biologico” o “ciclo circadiano”.

Talamo: si trova sopra l’ipotalamo e sotto la corteccia. Il terzo

ventricolo è una stretta cavità che passa tra il talamo e l’ipotalamo.

Le funzioni del talamo sono legate alle sensazioni. Gli impulsi di

senso diretti al cervello, tranne quelli dell’olfatto, passano dal talamo che per primo raccoglie gli

impulsi e li integra in una sensazione unica inviata successivamente alla corteccia cerebrale che con

altre parti sensitive del cervello è in grado di interpretarla velocemente. Ad esempio si ritiene che il

talamo intervenga soprattutto nelle sensazioni spiacevoli, come il dolore, ma che non sia in grado da

solo di localizzare la provenienza di tale sensazione, che avviene a livello consapevole necessitando

Figura 96 encefalo

Figura 97 Talamo

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quindi dell’intervento di aree sensitive cerebrali. Altra funzione è quella di reprimere sensazioni

minori, non importanti in modo temporaneo, permettendo la concentrazione su compiti ritenuti

prioritari. (Es: leggere un libro e non rendersi conto che ci è stata fatta una domanda).

Cervello propriamente detto: è la parte più voluminosa dell’encefalo e presenta due emisferi

separati da una fessura longitudinale alla cui base vi è il corpo calloso, una banda di 200 milioni di

neuroni che connettono l’emisfero sinistro con quello destro. Al centro di ciascun emisfero vi è un

ventricolo laterale. La superficie del cervello è formata da sostanza grigia detta corteccia

cerebrale, formata da corpi cellulari di neuroni e convoluta in pieghettature dette circonvoluzioni, i

cui spazi tra l’uno e l’altro sono detti scissure o solchi, che permette, come nei villi, di aumentare il

numero di neuroni nel cervello umano. Sotto la sostanza grigia è presente la sostanza bianca,

costituita da assoni avvolti da guaine mieliniche e da dendriti che connettono i lobi tra loro e con

tutte le altre parti del cervello. La corteccia cerebrale è divisa in lobi che assumono gli stessi nomi

delle ossa craniche all’esterno di ciascun emisfero, e ognuno ha funzioni diverse:

- lobo frontale: aree motorie che generano

impulsi per i movimenti volontari, come mani e

viso. L’area motoria di sinistra controlla i

movimenti della parte del corpo di destra e

quella di destra controlla la parte del corpo di

sinistra. Nei lobi e per alcuni solo nel sinistro vi

è l’area motoria del linguaggio, che controlla i

movimenti della bocca necessari per parlare.

- lobi parietali: è l’area generale sensoriale,

riceve impulsi dai recettori presenti nella pelle,

percependo e interpretando le sensazioni

cutanee e anche dai recettori di tensione per la

sensazione cosciente muscolare. La parte

sinistra controlla la parte destra e viceversa. Le parti più grandi di queste aree sono quelle deputate

alla sensibilità delle mani e del volto, dove sono più presenti i recettori cutanei e muscolari. Gli

impulsi dalle papille gustative giungono fino all’area del gusto, che ricopre i lobi parietali e

temporali.

- lobi temporali: contiene l’area olfattiva che riceve impulsi dai recettori nella cavità nasale, e

l’area dell’udito dai recettori dell’orecchio interno. Queste aree in associazione collegate con altre

imparano a riconoscere odori e suoni, mentre altre aree sono deputate all’interpretazione. Anche nei

lobi temporali e parietali sono presenti aree per la parola che intervengono nella formulazione dei

pensieri che precedono il discorso.

- lobi occipitali: contiene l’area visiva, che riceve impulsi attraverso i nervi ottici dalla retina e in

associazione con altre aree di interpretazione è in grado di elaborare ciò che gli occhi vedono. Altre

parti dei lobi occipitali sono legate alla spazializzazione, come giudicare le distanze o vedere in

modo tridimensionale.

- Aree associative: sono quelle non legate al movimento o particolari sensazioni. Sono quelle che

formano la personalità, capacità di ragionare e usare la logica, la memoria ecc. (Demenze senili e

Alzheimer)

- Gangli basali: sono ammassi appaiati di sostanza grigia posti all’interno della sostanza bianca

dell’emisfero cerebrale, operano in concerto con il cervelletto e intervengono in alcuni aspetti

Figura 98 Lobi cerebrali

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subcoscienti dei movimenti volontari. Contribuiscono alla regolazione del tono muscolare e

coordinano i movimenti accessori, come muovere le braccia mentre camminiamo o gesticolare

mentre parliamo. (Parkinson)

- Corpo calloso: è una banda di fibre nervose che connettono l’emisfero destro con quello sinistro

facendoli comunicare continuamente e collaborare per le attività dell’organismo.

- Meningi e liquido cerebrospinale: le meningi sono le membrane di tessuto connettivo che

rivestono l’encefalo e il midollo spinale e sono

formate da tre strati: la dura madre, che è lo strato

più esterno che contorna il cranio e il canale

vertebrale; lo strato centrale aracnoide, (da

aracnidi, ragni) che forma un tessuto connettivo

intrecciato come una ragnatela; infine lo strato più

interno, la pia madre, una membrana molto fine

che riveste la superficie del midollo spinale e

dell’encefalo. Fra l’aracnoide e la pia madre vi è lo

strato sub aracnoideo, che contiene il liquido

cerebrospinale (LCS)

- Ventricoli: sono 4 cavità, due laterali, il terzo e

il quarto, e ognuno contiene una rete capillare

detta plesso coroideo, che forma il liquido

cerebrospinale (LCS) a partire dal plasma

sanguigno.

- LCS denominato anche liquor o acqua di roccia perché assolutamente limpido e zampilla alla

puntura lombare è considerato il tessuto liquido del SNC. Si

forma continuamente e scorre dal ventricolo laterale e dal terzo

ventricolo fluisce attraverso il quarto ventricolo verso il canale

centrale del midollo spinale, e infine negli spazi cranici e

subaracnoidei permeando la corteccia cerebrale, il midollo

spinale e i globi oculari. Parte del liquido è riassorbito

attraverso i villi aracnoidei nel sangue dei seni venosi cranici,

grandi vene all’interno della dura madre. Tra le varie funzioni,

ha quella di portare nutrimento ai neuroni dell’SNC e ridurre il

peso dell'encefalo e di consentirne la perfusione a pressioni

costanti, trovandosi al di sopra della pompa cardiaca. La

produzione è di tipo attivo (non dipende da pressione arteriosa)

e di circa 500ml al dì con un ricambio di tre volte al giorno. È presente in

quantità che variano da 60 a 200ml.

- Nervi cranici: sono dodici paia ed emergono dalla parte centrale

dell’encefalo o da altre parti di esso, con varie funzioni di trasporto di

impulso per e dal cranio.

Figura 99 Meningi

Figura 100 ventricoli

Figura 101 NERVI CRANICI

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SISTEMA NERVOSO AUTONOMO (SNA)

È parte dell’SNP ed è formato da porzioni motorie di alcuni nervi cranici spinali. A comporlo sono i

motoneuroni viscerali, diretti ai muscoli, alla muscolatura liscia, al muscolo cardiaco e alle

ghiandole che sono gli effettori viscerali; i muscoli si contrarranno e si rilasceranno e le ghiandole

incrementeranno o diminuiranno le loro secrezioni. L’SNA è diviso in due sezioni: simpatico e

parasimpatico spesso in opposizione. L’attività delle due sezioni è integrate dall’ipotalamo, che

assicura che gli effettori viscerali rispondano in modo appropriato alle diverse situazioni. La via

nervosa autonoma porta l’impulso che parte da un neurone del SNC, neurone pre-gangliare, arriva

al ganglio e prosegue nel neurone post-gangliare. Il ganglio è formato dai corpi cellulari di

quest’ultimo.

SEZIONE SIMPATICA

Detta anche centro vegetativo toraco-lombare, che fa riferimento alla sede dove originano i

neuroni pre-gangliari simpatici. I loro corpi cellulari sono nella parte toracica e alcuni nei segmenti

lombari del midollo spinale. I loro assoni si estendono fino ai gangli simpatici, molti dei quali sono

localizzati in due formazioni a catena all’esterno della colonna spinale. All’interno dei gangli vi

sono le sinapsi fra i neuroni pre-gangliari, poi, giungono agli effettori viscerali. Un neurone pre-

gangliare spesso forma un legame sinaptico con molti neuroni post-gangliari e molti effettori.

Questa struttura anatomica ha un’importanza fisiologica. La sezione simpatica determina numerose

risposte in molti organi, entra in funzione nelle situazioni di stress, collera, paura o ansia.

SEZIONE PARASIMPATICA

Detta anche centro vegetativo cranio-sacrale, in cui i corpi cellulari dei neuroni pre-gangliari

parasimpatici sono situati nell’encefalo e nei segmenti sacrali del midollo spinale. I loro assoni sono

nelle coppie dei nervi cranici III, VII, IX, X e in alcuni nervi sacrali, estendendosi ai gangli

parasimpatici che sono vicinissimi o interni agli effettori viscerali e contengono i corpi cellulari

post-gangliari, con assoni molto corti verso le cellule degli effettori. La sezione parasimpatica

determina risposte di rilassamento promuovendo il normale funzionamento di molti apparati.

Da sottolineare che quando un organo riceve gli impulsi sia da nervi simpatici che parasimpatici, le

risposte sono opposte. In alcuni casi gli effettori viscerali ricevono solo impulsi simpatici e la

risposta contraria è ottenuta tramite la riduzione di questi impulsi attraverso il processo chimico

nelle sinapsi.

L’acetilcolina è il neurotrasmettitore rilasciato da tutti i neuroni pre-gangliari, sia simpatici che

parasimpatici ed è disattivata dalla colinesterasi nei neuroni post-gagliari. I neuroni post-gangliari

rilasciano tutti acetilcolina in corrsispondenza delle sinapsi con i loro effettori viscerali. La maggior

parte di loro liberano noradrenalina (norepinefrina) a livello della sinapsi con la cellula effettrice.

Essa viene inattivata dall’enzima COMT (cateto-O-metil transferasi) o MAO (monoamino-ossidasi)

o può essere rimossa per ricaptazione.

SISTEMA NERVOSO E INVECCHIAMENTO

L’encefalo nel tempo perde neuroni che possono causare un certo rallentamento della memoria e

perdita della capacità di risolvere i problemi rapidamente. Il movimento volontario diviene più

lento, come i riflessi e i tempi di reazione. Con l’invecchiamento del SNA possono comparire

secchezza oculare e costipazione. In seguito alla ridotta stimolazione simpatica della

vasocostrizione possono verificarsi episodi di ipotensione transitoria.

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VIE SENSORIALI

I sensi forniscono continuamente informazioni sull’ambiente che circonda l’uomo, ma anche su ciò

che avviene all’interno dell’organismo, il dolore ne è un esempio.

Gli impulsi legati alle sensazioni seguono vie molto precise, formate da recettori, neuroni sensitivi,

vie o fasci sensitivi e aree sensitive che si trovano nella corteccia e interpretano le sensazioni.

Alcune caratteristiche delle sensazioni ci permettono di comprendere come funziona ciascuna area

sensitiva in base a informazioni provenienti dai recettori.

Proiezione

Le sensazioni sembrano provenire dall’area nella quale i recettori sono stati stimolati. Quando

tocchiamo un libro, la sensazione di tatto sembra essere sulla nostra mano, in realtà essa viene

percepita dalla corteccia cerebrale. Alcuni pazienti, a cui è stato amputato un arto, è possibile che

riferiscano dolore all’arto che in realtà non esiste più, arto fantasma. I recettori non sono più

presenti , ma la parte terminale del nervo tagliato continua a generare impulsi. Questi arrivano

nell’area del lobo parietale del cervello riservata a quell’arto e il cervello reagisce generando la

proiezione, la sensazione che l’arto sia ancora presente.

Intensità

Alcune sensazioni sono percepite più distintamente e intensamente di altre, ad esempio una luce

fioca stimolerà un numero ridotto di recettori, ma uno stimolo molto forte, come la luce del sole,

agirà su molti di più. Quando più recettori sono stimolati, un maggior numero di impulsi giunge

nell’area sensoriale del cervello. Il cervello “conta” gli impulsi proiettando una sensazione più

intensa.

Contrasto

L’effetto di una stimolazione precedente o simultanea rispetto a quella corrente, può esser per

questo accentuata o diminuita. Anche questa è una funzione del cervello, il quale compara

costantemente le sensazioni. Se durante una giornata molto calda noi ci tuffiamo in piscina, l’acqua

ci potrà sembrare abbastanza fredda all’inizio. Il cervello compara la nuova situazione con quella

precedente e, dal momento che vi è una notevole differenza, l’acqua ci sembra più fredda di quanto

non sia realmente.

Adattamento

Una graduale incapacità di reagire ad uno stimolo continuo. I recettori percepiscono i cambiamenti,

ma se lo stimolo è continuo esso non verrà recepito come una variazione di stato e i recettori

daranno origine ad impulsi sempre più deboli. Ad esempio l’acqua di una piscina, inizialmente

sembrerà fredda poi gradualmente il corpo si abitua a quella sensazione.

Immagine residua

La sensazione rimane anche dopo che lo stimolo è terminato. Ad esempio il flash per una foto.

SENSI CUTANEI

Sulla cute sono situati molteplici recettori per svariate sensazioni. I recettori del dolore sono

terminazioni nervose libere, che rispondono a ogni stimolo intenso. Una forte pressione, per

esempio, può essere percepita come dolore. I recettori per il tatto e la pressione sono terminazioni

nervose incapsulate, in cui intorno alle terminazioni sono poste delle strutture cellulari.

Le aree di senso della pelle si trovano nei lobi parietali e per il numero dei recettori l’area più

grande cutanea è quella della faccia e delle mani.

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Dolore riferito: a volte il dolore che origina in organi interni può essere percepito in un’area

cutanea. Ad esempio un infarto del miocardio può essere percepito nel braccio sinistro e nella

spalla. Questo dolore è da attribuire all’attività cerebrale, in particolare del midollo spinale in cui vi

sono vie sensoriali condivise da impulsi cutanei e viscerali. Essendo molto più frequenti gli impulsi

cutanei il cervello proietta le sensazioni sulla pelle, ma quando provengono da un organo interno il

cervello può ancora proiettare le sensazioni all’area cutanea di sempre, che è più conosciuta.

SENSO DEL GUSTO

I recettori di questo senso sono presenti nei calici gustativi, situati maggiormente nelle papille

gustative della lingua. Sono detti chemocettori, percepiscono i composti chimici in soluzione nella

bocca. I composti chimici sono presenti nel cibo e il solvente è la saliva, quindi se la bocca è molto

asciutta, il gusto è indistinto. I recettori conosciuti sono quattro: dolce, salato, acido e amaro e nella

distinzione di sapore di un cibo composto interviene anche il senso dell’olfatto. Alcune preferenze

di gusto sono trasmesse geneticamente e sono legate al numero di papille gustative presenti. Gli

impulsi provenienti dai calici gustativi sono trasmessi dai nervi facciali e glossofaringei (VII e IX

paio di nervi cranici) all’area del gusto nella corteccia parieto –temporale. Alcuni farmaci possono

interferire con il senso del gusto, il quale diviene meno acuto con l’invecchiamento e spesso è causa

di malnutrizione.

SENSO DELL’OLFATTO

I recettori per l’olfatto (odorato) sono chemorecettori che

percepiscono le sostanze chimiche volatili che sono state

inalate nelle cavità nasali superiori. Questi stimolano i

recettori olfattivi che generano impulsi trasmessi dal I° paio di

nervi cranici attraverso l’osso etmoide fino ai bulbi olfattivi e

nell’area temporale. È un senso poco sviluppato rispetto ad

esempio ai cani che è almeno 200 volte più acuto.

L’adattamento sopraggiunge velocemente e odori gradevoli e sgradevoli

ben presto scompaiono. Incide anche sul senso del gusto in quanto in

caso di raffreddamento cambia il sapore dei cibi.

FAME E SETE

Possono essere considerate sensazioni viscerali perché dovute a cambiamenti interni. I recettori

della fame percepiscono cambiamenti del livello di nutrienti del sangue e dei livelli ematici di

alcuni ormoni rilasciati da stomaco, intestino e tessuto adiposo. Questa informazione giunge

all’ipotalamo. I recettori della sete rilevano informazioni sulla proporzione acqua/sale nel sangue.

Queste sensazioni che originano nell’ipotalamo sono percepite nello stomaco, per la fame e nella

faringe e bocca, per la sete. La sensazione della fame agisce come per gli altri sensi, se non

soddisfatta gradualmente diminuisce e l’organismo si adatta alla nuova situazione, utilizzando i

lipidi del tessuto adiposo immagazzinati per produrre energia fino al far abbassare il loro livello,

dopo il quale si scatena un nuovo impulso e la sensazione di fame. Per la sete è l’opposto, se non

soddisfatta cresce continuamente e l’organismo non si adatta. Ci sono costanti cambiamenti che i

recettori avvertono e una sete prolungata causa sofferenza.

Figura 102 olfatto

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SENSO DELLA VISIONE

L’organo esterno preposto alla visione è il bulbo oculare che contiene i recettori della visione e un

sistema di refrazione per focalizzare i raggi di luce sui recettori posti sulla retina. Tra gli apparati

accessori sono presenti le palpebre che contengono un muscolo che consente l’abbassamento e

l’innalzamento per coprire la parte frontale del bulbo oculare. Sono rivestite da una fine membrana

detta congiuntiva che ricopre anche la parte bianca dell’occhio. Le lacrime sono il prodotto delle

ghiandole lacrimali localizzate nell’angolo superiore esterno del globo oculare. Piccoli dotti

raccolgono le lacrime nella parte anteriore del globo dove il movimento palpebrale spande il liquido

detergendo la superficie dell’occhio. Sono formate da acqua e contengono circa l’1% di cloruro di

sodio e un lisozima, un enzima che impedisce la crescita di batteri sulla superficie umida e calda

dell’occhio. Nell’angolo mediale della palpebra vi sono due piccole aperture verso il canale

lacrimale superiore e inferiore, che portano le lacrime nel sacco lacrimale fino al dotto naso

lacrimale per espellere nel naso.

Il bulbo è per gran parte situato all’interno

dell’orbita formata dalle ossa della

mascella, osso zigomatico, frontale,

sfenoide ed etmoide ed è mosso da sei

piccoli muscoli, detti estrinseci, innervati

dal III, IV e VI paio di nervi cranici, non

comandati dal pensiero.

L’occhio è formato da tre strati, la parte più

esterna è la sclera. È uno spesso strato

formato da fibre di tessuto connettivo ed è

la parte bianca dell’occhio. La sua porzione

più anteriore è la cornea, più trasparente e

senza capillari, che ha lo scopo di

rifrangere i raggi di luce. Lo strato di

mezzo è detto coroide e contiene i vasi

capillari e un pigmento blu scuro derivato

dalla melanina che

assorbe la luce che entra all’interno del bulbo

oculare prevenendo l’abbagliamento. Nelle parte

anteriore di questa vi è il corpo ciliare, il muscolo che muove la lente o

cristallino costituita da una proteina trasparente elastica che non possiede

capillari ed ha il compito di mettere a fuoco gli oggetti. Davanti alla lente è

l’iride, la parte colorata dalla melanina, il cui colore dipende dalla genetica. Il

diametro della pupilla è determinato da due gruppi di muscoli lisci e

permettono la dilatazione (simpatico) e la contrazione (parasimpatico).

La retina riveste i due terzi della parte interna del bulbo oculare e contiene i

recettori per la visione, cioè i coni e i bastoncelli. I primi percepiscono i

colori e sono più abbondanti nel centro retina, in particolare in un’area nota

come macula lutea, posizionata direttamente dietro la parte centrale della

lente. La fovea, è una piccola depressione nel contesto della macula ed è

Figura 103 occhio

Figura 104 Bastoncello

e cono

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l’area preposta ad una migliore visione dei colori. I bastoncelli

avvertono la presenza della luce e sono più abbondanti verso la

periferia e ai bordi della retina.

All’interno dell’occhio vi sono due camere, la camera posteriore

è la più grande e si trova fra la lente e la retine e contiene l’umor

vitreo. Questa sostanza semisolida tiene la retina al suo posto. Se

il bulbo venisse forato e l’umor vitreo uscisse, la retina si

staccherebbe dalla coroide, una delle cause del distacco di retina.

La camera anteriore è fra la parte anteriore della lente e la cornea

e contiene l’umor acqueo, che è il liquido del bulbo oculare,

formato dai capillari e svolge una funzione nutritiva.

FISIOLOGIA DELLA VISIONE

I raggi di luce sono focalizzati sulla retina i cui recettori avviano

l’impulso e ne permettono il trasporto all’area della corteccia

cerebrale adibita alla visione. La luce attraversa la cornea, l’umor

acqueo, la lente e l’umor vitreo subendo una rifrazione (deviazione).

Ogni oggetto rifrange la luce che arriva a colpire la retina. Se

guardiamo un oggetto lontano, il muscolo ciliare è rilassato e la lente

è stirata e sottile. Se guardiamo un oggetto vicino, il muscolo ciliare si

contrae a formare un piccolo cerchio, la lente, che è elastica si ritrae e

diviene convessa al centro, acquistando un alto potere di rifrazione.

Una volta che la luce colpisce i coni e i bastoncini, si avvia una

reazione chimica che fa partire l’impulso trasmesso ai neuroni

gangliari che convergono nel disco ottico e formano il nervo ottico. I

due nervi ottici convergono a loro volta nel chiasma ottico, situato di

fronte alla ghiandola pituitaria, dove si incrociano per ricevere

impulsi da entrambi gli occhi per una visione binoculare. Le aree visive si trovano nei lobi

occipitali della corteccia cerebrale dove l’immagine che la retina trasmette rovesciata si raddrizza.

SENSO DELL’UDITO

L’organo preposto a questo senso è il padiglione auricolare. È

composto da orecchio esterno, medio e interno che oltre ai

recettori dell’udito contiene anche quelli dell’equilibrio.

L’orecchio esterno è costituito dal padiglione auricolare e dal

meato (piccola apertura) acustico esterno. Il padiglione

auricolare o pinna è costituito da cartilagine ricoperta da

pelle, si ritiene che la sua fisionomia non sia importante nella

propagazione del suono. Il meato acustico esterno o canale

uditivo è rivestito da cute contente ghiandole ceruminose.

L’orecchio medio è una cavità aerea nell’osso temporale, la

membrana timpanica (timpano) è tesa alla fine del meato

acustico esterno e vibra quando le onde sonore la colpiscono.

Queste vibrazioni sono trasmesse a tre ossicini: l’incudine, il

Figura 106 nervi ottici

Figura 107 orecchio

Figura 105 Coni e bastoncelli

sulla retina

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martello e la staffa e quest’ultima a sua volta la trasmette tramite la finestra ovale all’orecchio

interno. Dall’orecchio medio la tuba di Eustachio si estende fino al nasofaringe, permettendo

all’aria di entrare o di lasciare la cavità dell’orecchio medio. La pressione dell’aria deve essere la

stessa della pressione atmosferica esterna in modo da consentire alla membrana acustica di

vibrare correttamente. Le tube di Eustachio dei bambini sono corte e quasi orizzontali e possono

permettere ai batteri di spingersi dalla faringe all’orecchio medio. (otite media).

L’orecchio interno è una cavità che prende il nome di labirinto osseo, rivestita da una membrana

del labirinto. La perilinfa è il liquido che si trova fra l’osso e la membra e l’endolinfa si trova

all’interno delle strutture

membranose dell’orecchio

interno. Di questa la coclea è

simile ad un guscio di

chiocciola formato da due

giri e mezzo. Internamente è

divisa in tre canali pieni di

liquido, quello di mezzo è il

dotto cocleare in cui sono

contenuti i recettori formati

da cellule ciliate chiamato

organo del Corti. Quando

un’onda sonora entra nel

meato acustico, le vibrazioni

percorrono la membrana del

timpano, il martello,

l’incudine, la staffa, la

finsetra ovale dell’orecchio

interno, perlinfa, endolinfa all’interno della coclea, cellule

ciliate dell’organo del corti, che piegandosi generano

impulsi che sono portati dall’ VIII nervo cranico al cervello, dove nei lobi temporali della corteccia

cerebrale sono percepiti, localizzati e interpretati. La finestra rotonda si trova sotto la finestra

ovale, è rivestita da una membrana ed è importante per ridurre la pressione durante il movimento

delle cellule ciliate. Due sacchi membranosi sono presenti nel vestibolo, fra la coclea e i canali

semicircolari. Sono l’utricolo e il sacculo. Sono formati da cellule ciliate ricoperte di una sostanza

gelatinosa che contiene piccoli cristalli di carbonato di calcio detti oteoliti. Seguono la gravità

attirando le cellule ciliate e facendole piegare durante il movimento della testa contribuendo al

mantenimento dell’equilibrio. Infine i canali semicircolari sono pieni di liquido e disposti su tre

piani. Alla base presentano una ampolla che contiene cellule ciliate sensibili al movimento.

SENSI E INVECCHIAMENTO

L’avanzare dell’età può comportare la diminuzione delle funzioni degli organi di senso. A livello

oculare, la cataratta può rendere la lente opaca, diminuendone l’elasticità provocando presbiopia

(difficoltà a vedere da vicino); aumenta il rischio di glaucoma e di degenerazione maculare. A

livello dell’orecchio, si ha una progressiva riduzione di funzionalità delle cellule ciliate, che non

possono essere rimpiazzate. Nell’anziano la sordità può essere lieve o grave, si perde prima la

sensibilità ai suoni acuti, poi ai suoni gravi. Il gusto e l’odorato diventano meno acuti e spesso

generano fenomeni di malnutrizione.

Figura 108 Fisiologia dell'udito

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SISTEMA CARDIOVASCOLARE

SANGUE

Le funzioni principali sono il trasporto, la regolazione e la protezione. I materiali veicolati sono

formati da sostanze nutritive, prodotti di rifiuto, gas e ormoni.

- PLASMA: è la sua parte liquida, formato per il 91% da acqua, per il resto da proteine

plasmatiche e fattori della coagulazione, protrombina e fibrinogeno. La proteina più

abbondante è l’albumina che contribuisce alla pressione osmotica per il mantenimento del normale

volume ematico e pressione. Altre proteine fondamentali sono le globuline alfa e beta, sintetizzate

dal fegato e addette al trasporto di alcune molecole come i grassi, mentre le globuline gamma sono

anticorpi prodotti dai linfociti.

Il plasma serve anche per condurre il calore corporeo dagli organi che producono molta energia,

come fegato e muscoli, alle parti più fredde del corpo.

- GLOBULI ROSSI o eritrociti (GR) sono dischi biconcavi, il cui nucleo si disintegra quando

diventano maturi perché non più utili all’attività cellulare. Se ne contano

da 4,5 a 6 milioni per mm3 (millimetro cubico) di sangue. L’ematocrito

(Ht)è un test che misura il numero in percentuale rispetto agli altri

elementi del sangue e oscilla tra 38 e 48%. I GR contengono circa 300

milioni di molecole di emoglobina (Hb), una proteina adibita al trasporto

dell’ossigeno, che può legare fino a 4 molecole di O2, grazie alla

presenza di 4 atomi di ferro, responsabile anche del colore rosso del GR.

Essi si formano nel midollo osseo emopoietico delle ossa piatte e

irregolari, dalle cellule staminali, che sono specializzate e in grado di

differenziarsi. Queste hanno un’alta velocità di produzione delle varie cellule e diventeranno emazie

passando da alcune fasi di sviluppo di cui le ultime due sono il normoblasto e il reticolocita. In

media un GR vive circa 120 giorni al termine del quale è letteralmente fagocitato e digerito dai

macrofagi tessutali del fegato, milza e midollo osseo. Le sostanze liberate sono riutilizzate, come il

ferro che ritorn al midollo e quello in eccesso è immagazzinato nel fegato. L’emoglobina è scissa in

globina, parte proteica di cui sono riutilizzati gli aminoacidi, e in eme che viene convertito in

bilirubina dai macrofagi per essere espulsa, tramite il fegato, con la bile.

I GR possiedono sulla loro superficie gli antigeni proteici A-B-0 e il fattore Rh, altro antigene che

può essere presente (+) o assente (-), utilizzati per la determinazione del Gruppo Sanguigno.

- GLOBULI BIANCHI o Leucociti (GB): sono divisi in due gruppi,

granulati e non granulati e sono più grandi dei GR. Si trovano in numero di

5.000-10.000 cellule per mm3. I granulati sono prodotti dal midollo rosso e

sono i GB neutrofili, eosinofili e basofili, mentre i non granulati o

agranulati sono i linfociti e monociti che si formano nella milza, nei

linfonodi e nel timo. La formula leucocitaria è la percentuale di ciascun

tipo di leucocito. La loro funzione è quella di difesa dell’organismo

consentendo una certa immunità da malattie. I neutrofili e monociti sono

cellule fagocitarie, gli eosinofili detossificano le proteine estranee

intervenendo nelle reazioni allergiche. I basofili contengono i granuli di eparina e istamina, la

prima è un anticoagulante che interviene nella coagulazione all’interno dei vasi sanguigni, mentre la

Figura 109 Globulo Rosso

Figura 110 Globulo

Bianco

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seconda è rilasciata durante il processo infiammatorio rendendo i capillari più permeabili per lasciar

passare i globuli bianchi e le proteine nei capillari danneggiati.

I linfociti si distinguono in cellule T e cellule B. I T riconoscono gli antigeni esterni potendone

distruggere alcuni e fermando la risposta immunitaria al momento opportuno. I B si trasformano in

plasmacellule produttori di anticorpi verso gli antigeni esterni.

- PIASTRINE o Trombociti: sono porzioni cellulari e si aggirano tra 150.000 e 300.000 mm3.

Provengono da cellule differenziate del midollo rosso i megacariociti, che, entrando in circolo, si

suddividono in piccoli frammenti che possono sopravvivere dai 5 ai 9 giorni, se non utilizzate. Sono

importanti per la funzione di emostasi, arresto della perdita ematica. Sono tre i meccanismi in cui

intervengono:

1) spasmo vascolare, in un grosso vaso leso si ha una contrazione

della muscolatura liscia, le piastrine rilasciano serotonina, un

neurotrasmettitore, che provoca vasocostrizione riducendo il

diametro del vaso permettendo la formazione del coagulo nella

parte lesa, che altrimenti sarebbe portato via dalla pressione

sanguigna.

2) tappo piastrinico, in un piccolo capillare rotto le piastrine

aderiscono alla superficie ruvida formando una barriera

meccanica.

3) Coagulo: in una lesione di vasi più grandi le piastrine

intervengono insieme ad altri fattori della coagulazione per

riparare il danno formando un coagulo di fibrina, una proteina

filamentosa che forma una rete in cui sono intrappolati i GR e

piastrine. All’arresto del sanguinamento avviene la retrazione del

coagulo e la fibrinolisi che avvicinando i bordi del vaso permette

la ricostruzione più piccola vera e propria. Importante è lo scioglimento del coagulo per fibrinolisi

che altrimenti darebbe luogo alla formazione di un coagulo più grande che potrebbe ostacolare il

flusso sanguigno.

CUORE

Dopo 4 settimane comincia a battere nell’embrione. Mediamente si stima che abbia circa 100.000

contrazioni al giorno. La sua funzione è

quella di pompare sangue attraverso le

arterie, i capillari e le vene. Si trova nella

cavità toracica, mediastino, tra i due

polmoni, con l’apice rivolto sinistra. E’

rivestito da tre membrane pericardiche:

fibrosa, più esterna, parietale e viscerale.

Tra la fibrosa e la parietale vi è un liquido

sieroso che previene lo sfregamento

durante la contrazione e il rilascio.

All’interno ci sono 4 cavità o camere

formate da muscolo cardiaco denominato

miocardio, e sono rivestite da un epitelio

squamoso semplice (cellule piatte), molto

Figura 111 coagulazione

Figura 112 Cuore

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liscio che ricopre anche le valvole detto endocardio. Le due cavità superiori sono l’atrio destro e

sinistro, che hanno pareti sottili separate dal setto interatriale. Le due cavità inferiori sono il

ventricolo destro e sinistro con pareti più spesse separate dal setto interventricolare. Il sangue

arriva nell’atrio destro portato dalla vena cava

superiore, e dalla vena cava inferiore;

durante la costrizione (sistole), passa nel

ventricolo destro. Tra le due cavità si apre e si

chiude la valvola atrio-ventricolare destra o

valvola tricuspide, a prevenire il rigurgito. Da

questo ventricolo il sangue venoso è pompato

nell’arteria polmonare passando per la

valvola polmonare semilunare, formata da

tre lembi. Dopo essersi ossigenato nei polmoni

il sangue torna attraverso la vena polmonare

nell’atrio di sinistra che a sua volta lo

pomperà, attraverso la valvola mitrale o

bicuspide, nel ventricolo sinistro che avendo pareti

più spesse rispetto all’altro si contrae con più forza

pompando il sangue nell’aorta, l’arteria più grande

del nostro organismo, passando attraverso la

valvola semilunare aortica. Alcune cellule presenti

negli atri hanno l’importante funzione di produrre

un ormone (peptide natriuretico atriale) che

interviene a livello renale per il rilascio di sodio e

quindi di acqua per il mantenimento della pressione

arteriosa.

Dall’aorta ascendente nascono i primi due vasi

sanguigni che sono le arterie coronarie, destra e

sinistra che si ramificano in vasi sempre più piccoli,

capillari coronarici, rivestendo e nutrendo il tessuto

cardiaco. Corrispondono i capillari venosi che

raccolgono il sangue un grande seno coronarico, che lo riporta nell’atrio destro. In caso di

ostruzione dell’arteria coronarica, ad esempio per un coagulo, quella parte di tessuto coronarico non

irrorato diventerà ischemica, (senza nutrimento) e il perdurare di questa situazione porterà

all’infarto con la formazione di un’area di tessuto necrotico (morto).

Il ciclo cardiaco è la sequenza di eventi che si susseguono in un battito cardiaco, cioè la

contrazione simultanea dei due atri seguita, dopo una frazione di secondo, dalla contrazione dei due

ventricoli. Perché ciò avvenga le cellule muscolari cardiache hanno la capacità di contrarsi

spontaneamente attraverso un pacemaker naturale (segnapassi), il nodo seno-atriale (SA) situato

nella parete dell’atrio destro, è il punto che si depolarizza più rapidamente di qualsiasi altra parte

del miocardio. Dal nodo seno-atriale gli impulsi decorrono verso il nodo atrio-ventricolare (AV)

che si trova nella parte inferiore del setto interatriale generando la sistole atriale. All’interno della

parete superiore del setto interventricolare si trova il fascio di His, che riceve l’impulso dall’nodo

Figura 113 Valvole cardiache

Figura 114 Arterie e vene coronariche

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AV e li trasmette ai fasci delle branche destra e sinistra fino alle fibre di Purkinje, provocando

la sistole ventricolare. Questa attività elettrica è registrabile dall’elettrocardiogramma (ECG).

La frequenza cardiaca a riposo si aggira in un adulto intorno ai 60/80 battiti al minuto, se inferiore

ai 60 si parala di bradicardia, se superiore agli 80 di

tachicardia. Nei bambini intorno ai 100, nei neonati 120 e

nel feto fino a 140. Più è piccolo l’individuo più elevato è il

metabolismo e maggiore la frequenza cardiaca. Mentre gli

atleti ben allenati possono scendere fino ai 35/40 battiti al

minuto. Essendo il cuore un muscolo, un esercizio costante e

di una certa entità lo rende una pompa più efficiente,

mantenendo una gittata cardiaca, idonea al trasporto di

ossigeno ai vari distretti dell’organismo. La gittata cardiaca

è la quantità di sangue pompata dal ventricolo in un minuto.

La frequenza cardiaca è mantenuta sia dall’autonomia del

muscolo cardiaco, sia dall’intervento del SNC. Il midollo

allungato del cervello contiene i due centri cardioregolatori,

centro acceleratore e centro inibitore, che inviano impulsi attraverso i nervi del SNA, simpatico e

parasimpatico.

ARTERIE

Trasportano il sangue dal cuore ai capillari, arteriole. È

formata da tre tuniche:

- tunica interna, rivestita di epitelio squamoso semplice,

endotelio uguale a quella interna cardiaca, liscia per prevenire

la formazione di coaguli.

- tunica media, muscolatura liscia e tessuto connettivo

elastico che mantengono la pressione sanguigna

- tunica esterna, tessuto connettivo fibroso, molto forte e

resistente.

AORTA: l’aorta è un vaso unico e continuo che si divide in varie parti. L’aorta ascendente è

costituita dai primi 2 -3cm. che emergono dalla parte superiore del

ventricolo sinistro. Il suo arco curva posteriormente sopra il cuore

piegando verso il basso davanti e a sinistra della colonna vertebrale.

L’aorta toracica prosegue inferiormente attraverso la cavità toracica e il

diaframma, prendendo il nome di aorta addominale fino a livello della

quarta vertebra lombare, dove si divide nelle due arterie iliache comuni.

Ogni tratto dell’aorta ha diverse ramificazioni, l’aorta ascendente ha due

rami che portano il sangue al cuore, sull’arto aortico partono tre rami

che riforniscono testa e braccia attraverso l’arteria brachicefalica,

carotide interna ed esterna e succlavia.

Figura 115 Impulso cardiaco

Figura 116 Arteria

Figura 117 Aorta

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VENE

Trasportano il sangue dai capillari, venule, al cuore. Le tre tuniche sono simili alle

arterie, ma con alcune importanti differenze.

- tunica interna, rivestita di epitelio squamoso semplice ed intervallata da

ripiegature del tessuto che formano delle valvole per prevenire il riflusso di sangue.

Sono presenti maggiormente negli arti inferiori, dove il sangue deve, in stazione

eretta, ritornare al cuore vincendo la forza di gravità.

- tunica media e tunica esterna, più sottili perché non regolano la pressione

arteriosa.

ANASTOMOSI

È la connessione tra arteria e arteria o vena e vena, in modo da garantire

l’afflusso di sangue al tessuto nel caso che una delle due sia ostruita o

danneggiata. Un importante anastomosi arteriosa intracranica è quella del

circolo di Willis, un circolo intorno all’ipofisi formato dalle arterie carotidi

interna destra e sinistra e dall’arteria basilare che origina dall’unione della

arterie vertebrali destra e sinistra.

Si possono creare anastomosi artificiali per riparare un danno o per facilitare

alcune operazioni come la dialisi. Durante la seduta dialitica, infatti, il flusso

di sangue da e per il filtro dializzante è continuo, con un passaggio globale di un quantitativo che va

dai 70 ai 90 litri di sangue per ciascuna seduta; l’accesso vascolare quindi deve avere particolari

caratteristiche di flusso e portata.

CIRCOLAZIONE POLMONARE

Detta anche piccolo circolo, in cui il ventricolo destro pompa il sangue nell’arteria polmonare

(tronco polmonare) che si divide in arteria polmonare destra e sinistra. All’interno dei polmoni

ciascun ramo si ramifica in arteriole fino ai

capillari che circondano gli alveoli polmonari,

dove avvengono gli scambi gassosi di ossigeno

(O2) e anidride carbonica (CO2). I capillari si

uniscono poi a formare le venule, che via, via si

ingrandiscono fino a dar luogo alla vena

polmonare destra e sinistra che riportano il

sangue all’atrio sinistro. Il sangue ossigenato

passa ora nella circolazione sistemica.

Figura 118 Vena

Figura 119 Anastomosi

Figura 120 Circolazione polmonare

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CIRCOLAZIONE SISTEMICA

L’atrio di sinistra ha ricevuto il sangue proveniente

dalle vie polmonari e lo passa nel ventricolo sinistro.

Questo contraendosi lo pompa nell’aorta che si

ramifica in arterie più piccole fino ai capillari che

raggiungono tutti i distretti del corpo. I capillari

formano poi le venule e le vene che dalla parte

inferiore del corpo conducono il sangue alla vena cava

inferiore. Le vene dalla parte superiore del corpo

conducono il sangue alla vena cava superiore. Queste

due grosse vene conducono il sangue fino all’atrio

destro

CIRCOLAZIONE PORTALE EPATICA

È una sezione della circolazione sistemica che il

sangue percorre dall’apparato digerente e dalla

milza prima di raggiungere il fegato e tornare al

cuore. Il sangue dai capillari dello stomaco,

intestino, colon, pancreas milza fluisce in due

grandi vene, la vena mesenterica superiore e la

vena splenica, che si uniscono per formare la vena

porta. Questa trasporta il sangue nel fegato dove si

ramifica abbondantemente e riversa il sangue nei

sinusoidi, i capillari del fegato. Da qui il sangue

fluisce nelle vene epatiche fino alla vena cava

inf

eri

ore

per tornare all’atrio destro.

La circolazione portale, cioè attraverso il

parenchima epatico ha una funzione

importantissima di rimozione di tutte quelle

sostanze che potrebbero danneggiare l’organismo e

di immagazzinamento delle sostanze in eccesso o

comunque necessarie allo svolgimento delle

funzioni dell’organismo. Ad esempio il glucosio,

con la digestione dei carboidrati viene assorbito nei

Figura 121 Circolazione Sistemica

Figura 122 Circolazione portale epatica

Figura 123 porzione epatica

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capillari intestinali; se questo dovesse giungere direttamente al cuore e poi ai reni sarebbe eliminato

con le urine. Invece il sangue proveniente dall’intestino passa direttamente attraverso i sinusoidi

epatici e le cellule epatiche rimuovono l’eccesso di glucosio convertito in glicogeno (polimero

ramificato del glucosio formato da molte unità di glucosio unite fra loro). Il sangue che ritorna al

cuore avrà un livello di glucosio nei limiti della norma. Anche l’alcol è assorbito nei capillari dello

stomaco dove in parte è attaccato da un enzima, l’alcool-deidrogenasi (ADH gastrica), molto meno

presente nella donna rispetto all’uomo. La restante parte è portata al fegato tramite il circolo portale

e viene metabolizzata. Se vi è un eccesso di alcol il fegato non è in grado di metabolizzarlo del tutto

e si verificano i fenomeni tipici dell’alcolismo.

CIRCOLAZIONE FETALE

Il feto dipende dalla madre per l’ossigeno, le sostanze nutritive e la

rimozione della CO2 e dei prodotti di rifiuto tramite la placenta che

contiene vasi sanguigni fetali e materni. Il sangue del feto non si mescola

con quello della madre; le sostanze vengono scambiate per diffusione e

attraverso meccanismi di trasporto attivo. Il cordone ombelicale è la

connessione tra feto e placenta. In esso sono contenute le due arterie

ombelicali e una vena ombelicale. Le arterie ombelicali sono rami delle

arterie iliache interne fetali e portano il sangue dal feto alla placenta, dove

la CO2 e i prodotti di rifiuto del sangue fetale entrano nella circolazione

fetale tramite la vena ombelicale. Questa nel corpo del feto si dirama e

porta una minima parte di sangue al fegato e la maggior parte, attraverso il

dotto venoso, nella vena cava inferiore e all’atrio destro. Dopo la nascita, il cordone viene tagliato e

la parte rimante di questi vasi fetali si chiude divenendo non funzionale.

PRESSIONE SANGUIGNA

È la forza che il sangue esercita contro le pareti dei vasi sanguigni. L’azione di pompa dei ventricoli

genera la pressione sanguigna che si misura in mmHg (millimetri di Mercurio). Nella misurazione

si ottengono due rilevazioni la pressione sistolica, la più alta e rappresenta la pressione arteriosa

generata dalla contrazione del ventricolo sinistro che pompa il sangue nell’aorta. La pressione

diastolica, è la più bassa e corrisponde alla fase in cui il ventricolo sinistro si rilascia (diastole) e

non esercita alcuna forza. La pressione diastolica è mantenuta dalle arterie e arteriole. Il punto di

pressione maggiore è nell’aorta che riceve la maggior quantità di sangue e man mano che la gittata

si distribuisce nelle estremità, la pressione sulle arterie diminuirà. L’ipertensione è la presenza di

una pressione sistemica costantemente al di sopra della norma (130/85) mentre l’ipotensione al

contrario è una pressione al di sotto della norma.

La pressione polmonare è prodotta dal ventricolo destro che presenta pareti più sottili e genera una

forza pari a 1/6 rispetto a quella esercitata dal ventricolo sinistro ( 20-25/8-10 mmHg) e nei capillari

polmonari è ancora più bassa per prevenire la filtrazione che porta ad accumulo di liquidi negli

alveoli polmonari (edema polmonare).

MANTENIMENTO DELLA PRESSIONE

Avviene tramite vari meccanismi:

1) ritorno venoso è la quantità di sangue che torna al cuore dalla periferia, se per qualche motivo

questo ritorno dovesse essere al di sotto del limite fisiologico (emorragia), le fibre muscolari del

Figura 124 Circolazione

Fetale

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muscolo cardiaco non verranno sottoposte a tensione e la forza della sistole ventricolare si ridurrà

abbassando la pressione sanguigna. I meccanismi per mantenere il ritorno venoso sono la

costrizione delle vene, la pompa dei muscoli scheletrici e la pompa respiratoria. Questa esercita la

sua azione sulle vene che passano attraverso la cavità toracica durante l’inspirazione ed espirazione.

2) frequenza e forza cardiaca se queste aumentano, aumenta anche la pressione, ad esempio

durante un esercizio fisico, tuttavia se il cuore batte in modo estremamente rapido, i ventricoli

possono non riempirsi completamente tra un battito e l’altro e la portata cardiaca e la pressione

scenderanno (fibrillazione, scompenso).

3) resistenza periferica riferita alla resistenza dei vasi periferici che essendo sempre più ristretti

contribuiscono a mantenere la pressione diastolica costante,

4) elasticità delle grandi arterie che si rilasciano assorbendo la gittata del ventricolo sinistro

contraendosi successivamente mantenendo la pressione diastolica costante

5) viscosità del sangue che dipende dalla presenza di emazie e proteine plasmatiche, albumina. Se

questa viscosità aumenta, aumenta anche la pressione

6) emorragia

7) ormoni come l’adrenalina e noradrenalina, l’ormone antidiuretito (ADH), aldosterone.

8) meccanismi intrinseci sono quei meccanismi interni che sfruttano le caratteristiche dell’organo:

- il cuore come muscolo con fibre che si rilasciano e si contraggono.

- il rene in cui il flusso di sangue al suo interno diminuisci permettendo la filtrazione e la

formazione di urina. Stimolato dagli ormoni aumenta o diminuisce la filtrazione aumentando o

diminuendo la formazione dell’urina.

9) meccanismi nervosi vari centri contenuti nel midollo allungato intervengono nella regolazione

della pressione, centro acceleratore, inibitore e stimolatori dei seni carotidei, aortici, nodo seno

atriale e atrioventricolare.

APPARATO VASCOLARE E INVECCHIAMENTO

L’invecchiamento dei vasi sanguigni, soprattutto delle arterie inizia

già in età infantile, ma gli effetti sono evidenti solo dopo molti anni. I

depositi di colesterolo presenti nelle placche aterosclerotiche sono un

fenomeno normale con l’avanzare degli anni, provocando a volte

l’occlusione delle arterie coronarie o carotidee. La presenza di

placche può aumentare la pressione arteriosa aumentando il danno

sulle arterie. Le vene si deteriorano e le loro pareti diventano più

sottili perché spesso, specie a livello degli arti inferiori, devono

contenere un quantitativo di sangue maggiore, che non riesce a

seguire un ritorno al cuore corretto. Si dilatano dando luogo a vene

varicose o flebiti.

Figura 125 Placche

ateromatose

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SISTEMA LINFATICO E IMMUNITA’

È una complessa rete composta dai linfonodi, dai vasi linfatici, milza e timo, che drena i tessuti

dalla linfa, riversandola nella vena cava. E’ un importante

componente del sistema immunitario, ha quattro funzioni in

relazione tra loro:

- rimozione dei fluidi in eccesso dai tessuti

- assorbimento di acidi grassi e conseguente trasporto di

grasso e chilo (liquido lattiginoso) verso il sistema

circolatorio

- produzione di cellule immunitarie come linfociti, monociti

- produzione di anticorpi.

La linfa è un liquido a reazione debolmente alcalina, che

circola nel sistema dei vasi linfatici. È costituita

essenzialmente da acqua, proteine,

elettroliti, grassi, e da linfociti; a causa

del suo contenuto in fibrinogeno,

coagula se viene estratta dai vasi

linfatici. Normalmente è un liquido

trasparente o leggermente giallognolo

(emolinfa), ma la sua composizione può

variare a seconda del distretto di

provenienza (istolinfa): es. la linfa che

circola nei vasi linfatici del tubo

intestinale si chiama chilo (chilolinfa),

ed è ricca in chilomicroni, goccioline di grasso finemente sospese. Il movimento della linfa nel

sistema linfatico è dovuto in parte all'attività della muscolatura liscia presente nelle pareti dei vasi

linfatici, in parte ad altri fattori quali la contrazione dei

muscoli scheletrici, la pulsazione dei vasi sanguigni, la

pressione negativa intratoracica, la contrazione del

diaframma ecc. Per la presenza di valvole nel lume dei

vasi linfatici, il movimento della linfa è unidirezionale.

Quando nel corpo ci sono delle infezioni questi linfonodi

si ingrossano, come anche la milza, le tonsille o il timo.

I linfonodi sono strutture capsulate da tessuto connettivo

fibroso denso i cui fibroblasti secernono fibre collagene a

formare l’impalcatura per le trabecole in cui penetrano i

Figura 126 Sistema immunitario

Figura 128 Linfonodo

Figura 127 Sistema linfatico

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vasi sanguigni e nervi. Non vanno confusi con le ghiandole poiché non producono nessun tipo di

secreto; essi funzionano come dei filtri: raccolgono e distruggono batteri e virus grazie ad un

reticolo a nido d'ape, costituito da tessuto connettivo e ricco di linfociti. Quando l'organismo sta

combattendo un'infezione, i linfociti si moltiplicano rapidamente e danno luogo ad un caratteristico

rigonfiamento dei linfonodi.

La milza è situata nel quadrante superiore sinistro della cavità addominale, compresa tra la parete

posteriore del corpo dello stomaco e la faccia anteriore del rene sinistro, appena sotto il diaframma

(tramite il quale contrae rapporti con la pleura e il polmone destro), ed è rivestita quasi

completamente dal peritoneo. Le funzioni più importanti sono il filtraggio meccanico, che rimuove i

globuli rossi senescenti, e il controllo delle infezioni. Fino al quinto mese di gestazione, quando il

midollo osseo inizia a funzionare, la milza ha importanti funzioni emopoietiche. Dopo la nascita

non resta alcuna significativa funzione emopoietica eccezione fatta in alcune malattie ematologiche.

Il timo è un organo linfoepiteliale "transitorio", che diminuisce di

dimensioni con l'avanzare dell'età in quanto subisce una infiltrazione di

tessuto adiposo, fino a costituire il corpo adiposo retrosternale. I

linfociti prodotti dal timo sono i linfociti T. Una volta maturi migrano

dal timo e costituiscono il repertorio periferico responsabile di vari

aspetti della risposta immunitaria acquisita. La regressione del timo in

età troppo precoce a causa di una mutazione genetica (come nella

sindrome di

DiGeorge) si risolve in

una immunodeficienza

acuta e alta

suscettibilità a

infezioni.

IMMUNITA’

È la condizione grazie alla quale l’organismo umano è in grado di combattere gli agenti infettivi (

virus, batteri, funghi, protozoi). L’immunità comprende due diverse forme:

1) L’immunità innata funziona come prima linea di difesa verso gli agenti infettivi. I suoi elementi

principali sono la cute e gli epiteli che rivestono le vie respiratorie, digestive, riproduttive e urinarie,

cellule del sangue quali macrofagi, cellule natural killer, leucociti polimorfonucleati, e sostanze

quali i fattori del complemento (proteine) e il lisozima (enzima presente in molti tipi di secrezione,

e in grado di distruggere la parete cellulare di molti batteri). Questa forma di immunità innata è

anche detta naturale o congenita.

2) Se un agente infettivo riesce a superare i meccanismi di difesa dell’immunità innata, viene

chiamata in causa l’immunità adattativa (nota anche come immunità acquisita), che è in grado di

produrre una risposta immunologica specifica, della quale l’organismo conserva una memoria (cioè

se a distanza di tempo viene nuovamente a contatto con quell’agente infettivo, l’organismo risulterà

immune e quindi protetto). Gli elementi fondamentali dell’immunità acquisita sono i linfociti e gli

anticorpi. La specificità e la memoria dell’immunità acquisita sono sfruttate nelle vaccinazioni.

Figura 129 Milza

Figura 130 Timo

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APPARATO RESPIRATORIO

Svolge l’importante funzione di far entrare e uscire aria dai polmoni, che sono la sede di scambio di

ossigeno e anidride carbonica tra l’aria atmosferica e il sangue. Tutte le nostre cellule devono

ricevere ossigeno per attivare l’ATP, e devono potere eliminare la CO2 come prodotto di rifiuto

della respirazione cellulare.

L’apparato respiratorio è suddiviso in:

- vie respiratorie superiori, che comprendono strutture esterne alla cavità toracica, naso e cavità

nasali, faringe, laringe e parte superiore della trachea;

- vie respiratorie inferiori che comprendono la parte inferiore della trachea, bronchi e polmoni.

Naso e cavità nasali: è il luogo in cui l’aria entra ed esce, il naso è formato da osso e cartilagine e

rivestito di pelle. All’interno delle narici sono presenti peli che hanno lo scopo di bloccare l’entrata

della polvere. Le due cavità nasali sono situate nel cranio e separate dal setto nasale, una lamina

ossea e rivestite da mucosa nasale, formata da epitelio ciliato, che secerne muco ed è anche sede

dei recettori dell’olfatto. I seni paranasali sono cavità aeree della mascella, del frontale, dello

sfenoide e dell’etmoide, ricoperta da epitelio ciliato che secerne muco espulso attraverso dei piccoli

condotti all’interno delle cavità nasali. La loro funzione è quella di alleggerire il cranio e dare

risonanza alla voce.

Figura 131 Apparato Respiratorio

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Faringe: è un canale muscolare situato posteriormente rispetto alle cavità nasali e anteriormente

alle vertebre cervicali. Si divide a sua volta in nasofaringe, orofaringe e laringofaringe. Il

nasofaringe è posto dietro le cavità nasali e durante la deglutizione è chiuso dal palato molle a

impedire che il cibo e saliva risalgano verso l’alto. Nella parte posteriore del nasofaringe sono

presenti le adenoidi (tonsille faringee), noduli

linfatici, che contengono macrofagi. In questa

porzione si aprono le tube di Eustachio che si

collegano all’orecchio. Il nasofaringe è percorsa

solo dall’aria che in questo primo tratto viene

depurata e riscaldata. L’orofaringe è dietro la cavità

orale e la sua mucosa è di epitelio squamoso

stratificato in continuità con quella orale. Sulle

pareti laterali vi sono le tonsille palatine, che

insieme alle adenoidi e tonsille linguali formano un

anello linfatico attorno alla faringe che distruggono

gli agenti patogeni. Il laringofaringe è la parte pià bassa e si

apre anteriormente nella laringe e posteriormente all’esofago.

La contrazione della parete muscolare

dell’orofaringe e della laringofaringe è parte del

riflesso della deglutizione.

Laringe: oltre al passaggio di aria è definita la cassa

vocale. Costituita da 9 parti cartilaginee connesse da

legamenti che le permettono di non collassare. La

sua mucosa è rivestita da epitelio ciliato e in

corrispondenza delle corde vocali di epitelio

squamoso stratificato. Le corde vocali si trovano da

entrambi i lati della glottide, si stendono ai suoi lati

durante la respirazione per far entrare e uscire

liberamente l’aria dalla trachea. Per far uscire la voce le corde vocali

si tendono e l’aria espirata le fa vibrare producendo il suono.

Trachea: è lunga circa 10-13 cm. e si estende dalla laringe fino ai

bronchi principali. La sua parete contiene da 16 a 20 formazioni

cartilaginee a forma di C che la mantengono pervia e si dilata durante

il passaggio del cibo. La mucosa è ciliata con cellule calciformi.

Bronchi principali: sono le diramazioni della trachea che entrano nei

polmoni dove si dividono in ulteriori rami che raggiungono i lobi di

ciascun polmone, albero bronchiale, fino a formare i bronchioli

che radunati a grappolo formano gli alveoli.

Gli alveoli sono le unità funzionali del polmone e le loro cellule sono

piatte di epitelio squamoso semplice. Sono milioni per ogni polmone

e ogni alveolo è circondato da una rete di capillari. All’interno degli

alveoli si trovano i macrofagi. Nello spazio fra i grappoli vi è tessuto

connettivo elastico, importante per l’inspirazione e ognuno è ricoperto

da un sottile strato di liquido tessutale, essenziale per la diffusione dei

gas.

Figura 132 Prime vie respiratorie

Figura 133 Laringe

Figura 134 Trachea e bronchi

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Polmoni sono ricoperti esternamente dalla pleura parietale ed internamente da quella viscerale,

tra le due membrane vi è un liquido sieroso

che le protegge dallo sfregamento e le

mantiene unite durante la respirazione. Di

consistenza molle e spugnosa e di colorito

roseo nel neonato, grigiastra nell’adulto.

Sono divisi in lobi dalle scissure polmonari,

in cui affonda la pleura il polmone destro ha

tre lobi, superiore, medio, inferiore; il

polmone sinistro ne ha due, lobo superiore e

inferiore.

MECCANISMO DELLA

RESPIRAZIONE

Ventilazione è il passaggio di aria da e verso

gli alveoli. I muscoli diaframma,

intercostali interni ed esterni permettono

gli atti respiratori, formati ognuno da una

inspirazione, seguita da una espirazione.

L’impulso che dà origine all’inspirazione

parte dal midollo allungato, percorre il nervo

frenico e arriva al diaframma che si abbassa e appiattisce e ai nervi intercostali che muovono i

muscoli intercostali esterni spostando le coste verso l’alto e l’esterno. In questo modo all’interno dei

polmoni si crea una pressione negativa, rispetto alla pressione atmosferica, e l’aria penetra al loro

interno. Durante l’espirazione si ha una diminuzione degli impulsi motori dal midollo, il

diaframma si alza e i muscoli intercostali esterni sono rilasciati, provocando l’abbassamento e la

restrizione delle coste. I polmoni si comprimono e l’aria viene espulsa.

L’inspirazione è quindi un processo attivo, che richiede contrazione muscolare, mentre

l’espirazione normale è un processo passivo e dipende in gran parte dalla elasticità dei polmoni.

VOLUME POLMONARE

Misura l’elasticità polmonare:

- Volume corrente: è la quantità di una normale inspirazione seguita da una espirazione, circa 500

ml (millilitri)

- Volume respiratorio al minuto: la quantità di aria inspirata ed espirata in un minuto contando gli

atti respiratori (normali da 12 a 20)

- Volume di riserva inspiratoria: la quantità di aria inspirata oltre il volume corrente ( 2000 -3000

ml)

- Volume di riserva espiratoria: la quantità di aria espirata oltre il volume corrente ( 1000 -1500

ml)

- Capacità vitale: la somma del volume corrente, della riserva inspiratoria ed espiratoria (3500-

5000 ml)

- Volume residuo: la quantità di aria che rimane nei polmoni dopo la più profonda espirazione

(1000 – 1500).

Figura 135 Lobi polmonari

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La misurazione di questi volumi avviene tramite

spirometria, strumento che rileva e quantifica lo

spostamento di aria.

REGOLAZIONE DELLA RESPIRAZIONE

Avviene attraverso due meccanismi principali:

1) regolazione nervosa: i centri respiratori sono

situati nel midollo allungato e nel ponte. Il centro

inspiratorio genera impulsi in modo automatico e

ritmico provocando l’entrata di aria nei polmoni

che si gonfiano. I

recettori

(barocettori) nel

tessuto polmonare

inviano impulsi

inibitori. Il centro espiratorio viene stimolato quando sono necessarie

espirazioni forzate. Anche l’ipotalamo interviene influenzando i

cambiamenti del respiro in situazioni emozionali. Nel midollo

allungato si trovano anche i centri della tosse e dello starnuto che

rimuovono sostanze irritanti dalle vie respiratorie superiori.

2) regolazione chimica: si riferisce agli effetti del pH e del livello di

O2 nel sangue. I chemocettori che percepiscono i cambiamenti sono

localizzati nei glomi (Piccolo organulo composto da tessuto vascolare

o nervoso) situati nella carotide e nell’aorta.

APPARATO RESPIRATORIO E INVECCHIAMENTO

La muscolatura respiratoria, come quella scheletrica,

progressivamente va indebolendosi con gli anni. Il tessuto polmonare perde elasticità e gli alveoli

subiscono il deterioramento delle pareti con riduzione della capacità ventilatoria e della capacità

polmonare, ma la funzione residua è solitamente sufficiente per lo svolgimento delle attività

ordinarie. Le ciglia della mucosa respiratoria si deteriorano e i macrofagi alveolari diminuiscono le

loro capacità di difesa aumentando la possibilità di polmoniti. Il fumo sicuramente è una causa di

invecchiamento precoce di cuore e arterie, ma in particolar modo nei polmoni crea i danni maggiori.

Figura 136 Spirometria

Figura 137 Regolazione chimica

Figura 138 Danni al polmone da fumo

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APPARATO DIGERENTE

L'apparato digerente di ogni

essere vivente ha il compito di

accogliere, digerire e assimilare

sostanze nutrienti ed espellere

quelle in eccesso e le scorie,

non utili al metabolismo. Il

tubo digerente si estende dalla

bocca all’ano e per la

digestione si avvale anche di

organi accessori, che

intervengono sia per la

digestione meccanica,

spezzamento fisico del cibo in

piccoli frammenti, sia per la

digestione chimica, attraverso

l’utilizzo di enzimi digestivi.

Cavità orale

Qui avviene l'ingestione del

cibo e in alcuni casi inizia la

digestione meccanica per

mezzo dei denti e chimica per

mezzo dei secreti delle

ghiandole orali, tra le più

comuni quella salivari

principalmente per inumidire il

cibo e facilitarne l'ingestione.

I denti decidui cominciano ad

emergere a circa 6 mesi di età e

l’insieme di 20 denti entro i 2

anni, gradualmente sostituiti da

quelli permanenti fino a raggiungere il numero di 32. Incisivi, canini, premolari e molari tra cui i

denti del giudizio (terzi molari che possono anche non spuntare

mai per mancanza di spazio).

Il colore della corona, che è bianco-azzurro nei decidui e bianco

tendente al giallo nei permanenti, diventa più giallo con l’età per

usura dello smalto e per aumentata mineralizzazione della

dentina.

La lingua è un organo eminentemente muscolare che occupa

gran parte della cavità orale e costituisce la parete anteriore

dell'orofaringe. La sua superficie dorsale costituita dalla mucosa

linguale è convessa in ogni direzione ed è distinguibile in due

parti, diverse sia per aspetto che per origine embriologica, dette corpo e radice della lingua, o

porzione orale e porzione faringea. Esse sono divise da un solco a V rovesciata detto solco

Figura 139 Apparato digerente

Figura 140 Dentizione

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terminale, il cui apice costituisce una piccola cavità detta fondo cieco. E' collegata posteriormente a

un piccolo osso chiamato ioide e anteriormente ad

un piccolo e sottile filamento detto frenulo o

filetto. La lingua è dotata di papille gustative, ed è,

appunto, il principale organo del gusto. Essa

svolge la funzione di impastare il cibo con la saliva

e di spingerlo sotto i denti affinché venga triturato,

e quindi spinto giù per l'esofago.

Il boccone di cibo masticato forma una pallottola

umida e morbida,chiamata bolo. il quale viene

deglutito passando così dalla bocca all'esofago.

l'esofago è un tubo lungo 25 cm che collega la

bocca allo stomaco le sue pareti ricche di muscoli

si contraggono e spingono il bolo nello stomaco. Il

lume esofageo è una cavità virtuale, infatti a riposo

presenta una forma stellata per la presenza di

pliche longitudinali, ossia sollevamenti della tonaca

mucosa e della sottostante sottomucosa. Il lume diventa

reale al passaggio del bolo alimentare.

Una volta entrato nello stomaco il cibo non può tornare

indietro per la presenza di una valvola, il cardias che non

permette al cibo di risalire. La parete dello stomaco è

costituita da una parte esterna filamentosa, una parte

muscolare e la parete interna da tessuto connettivo, ricco

di vasi sanguigni, di ghiandole che secernano acido

cloridrico e diversi enzimi, il più importante è la pepsina.

L'acido

cloridrico

, scioglie il cibo e uccide i microrganismi dannosi,

neutralizza l’alcanilità della saliva e trasforma il

bolo in chimo a ph acido. L’ambiente acido

favorisce l’attivazione degli enzimi della

digestione contenuti nei succhi gastrici e secreti da

altre cellule. La pepsina scompone le proteine in

molecole più semplici. La digestione viene

completata nell’intestino tenue. Il fegato e il

pancreas, partecipano alla fase finale della

digestione.

Il fegato, la ghiandola più voluminosa

dell’organismo è situata nella parte superiore

destra dell’addome, esso produce un liquido giallo-

verdastro, la bile che serve ad emulsionare i grassi

riducendoli in piccolissime goccioline.

Figura 141 Lingua

Figura 142 Esofago

Figura 143 Stomaco e digestione

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La bile prodotta si raccoglie in una vescichetta biliare o cistifellea e da qui, attraverso il coledoco

raggiunge il duodeno. La cistifellea,detta anche colecisti o vescicola biliare, lunga in media 10 cm

e con una capacità di 40 g, è un organo a forma di pera, localizzato nella porzione anteriore della

faccia inferiore del fegato. Risulta quasi per intero rivestita dal peritoneo che riveste la faccia

viscerale del fegato andando così a costituire il foglietto inferiore del legamento coronario di

questo. Il suo compito è quello di immagazzinare la bile, prodotta dagli epatociti, che verrà

utilizzata durante i processi digestivi. La bile viene riversata nella porzione discendente del

duodeno attraverso il dotto coledoco nato dalla confluenza del dotto epatico e del dotto cistico, il

quale è in diretta continuità con il collo della colecisti.

La cistifellea può essere sede di calcoli (Calcolosi biliare o Colelitìasi), che si formano a causa di un

eccesso di colesterolo e di calcio inorganico.

Il pancreas è situato

dietro lo stomaco e la

cavità addominale.

Esso produce e

riversa nel duodeno il

succo pancreatico;

secerne e versa nel

sangue due ormoni,

l’insulina e il

glucagone, grazie alla

presenza di piccoli

ammassi cellulari.

La testa del pancreas

è situata nell'ansa

formata dal duodeno,

quindi a destra della

L2, per poi salire

obliquamente verso

sinistra fino

all'altezza della 7°

costa (o della L1)

dove si trova la coda.

Il pancreas consta di

una parte a

secrezione interna o

endocrina ("isole del Langerhans") e una parte a secrezione esterna o esocrina la quale, tramite due

"dotti escretori", "principale" e "accessorio", riversa il suo secreto all'interno del duodeno. Misura

circa 20 cm di lunghezza, 4 cm di altezza e 2 cm di spessore, ha consistenza friabile e colorito

roseo, o grigiastro quando è in fase di intensa attività secretiva. Si trova anteriormente ai corpi delle

prime due vertebre lombari e consta di tre parti: testa, corpo e coda ognuno in contatto con i vari

organi addominali.

Il cibo proveniente dallo stomaco, detto chimo, è sottoposto all’azione del succo pancreatico,del

succo intestinale e dalla bile; questi succhi neutralizzano il chimo acido, trasformandolo in chilo

basico in questo modo viene bloccata la fase gastrica della digestione e inizia la digestione

Figura 144 Fegato, cistifellea, pancreas

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enterica. Il succo intestinale prodotto dall’intestino tenue, contiene enzimi, che completano il

processo iniziato dal succo pancreatico. I prodotti della digestione, comprendenti sali minerali,

amminoacidi glucosio , glicerolo e chilomicroni vengono assorbiti dai villi intestinali e tramite i

capillari, in essi presenti, vengono versati nella vena porta e quindi nel fegato,dove vengono

elaborati e utilizzati nella sintesi di proteine umane e zuccheri.

L'intestino è l'ultima parte dell'apparato digerente. Si presenta come un tubo di diametro variabile

con pareti flessibili, ripiegato più volte su se stesso, è distinto in due parti principali, intestino

tenue e intestino crasso con una lunghezza complessiva di 9 m.

L'intestino tenue è il più lungo tratto del canale alimentare ed è costituito da tre parti:

Il duodeno è il primo tratto dell'intestino tenue; lungo circa 30 cm, presenta un calibro notevole (4

cm circa). Al suo interno trovano sbocco il dotto coledoco e i dotti pancreatici, si continua

direttamente con i tratti successivi dell'intestino tenue, in corrispondenza di una piega (flessura) del

tubo stesso, nota come flessura duodenodigiunale.

Gli altri due tratti dell'intestino

tenue sono il digiuno e l’ileo

che entrano a far parte della

matassa intestinale vera e

propria detta tenue

mesenteriale, altamente

circonvoluto e ripiegato su sé

stesso. Come si potrebbe

pensare a prima vista, il tenue

mesenteriale non è totalmente

libero di muoversi; è presente

infatti uno sdoppiamento del

peritoneo parietale che accoglie

in toto l'insieme dei visceri

della matassa intestinale,

fissandoli alla faccia posteriore

della cavità addominale e

accogliendo, inoltre, importanti

vasi (mesenterici) e nervi

destinati al tenue mesenteriale.

Nell'intestino tenue si trovano numerose valvole conniventi,

pieghe circolari, che aumentano la superficie della mucosa,

necessaria per l'assorbimento di sostanze nutritive. Si calcola che la mucosa intestinale sia ricoperta

da circa 40 milioni di villi, più o meno 18-40 per millimetro quadrato. Ogni villo è costituito da un

asse connettivale tappezzato da un singolo strato di cellule assorbenti, la cui membrana - rivolta

verso il lume - presenta delle sottili estroflessioni citoplasmatiche a dito di guanto. Questi minuscoli

rilievi, visibili soltanto al microscopio elettronico, sono chiamati microvilli e nel loro insieme

costituiscono l'orletto a spazzola.

La particolare conformazione delle cellule assorbenti, note anche come enterociti, ha lo scopo di

aumentare al massimo le capacità digestive e di assorbimento dell'organismo.

Figura 145 Intestino

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Tra i numericamente più numerosi enterociti

campeggiano alcune cellule caliciformi che

secernono muco nel lume intestinale. Questa

sostanza vischiosa e lubrificante è deputata alla

protezione della mucosa intestinale dagli insulti degli

acidi e dei prodotti della digestione, nonché dagli

enzimi digestivi che potrebbero aggredirla.

I villi intestinali, della lunghezza di circa 1 mm,

aumentano la superficie dell'intestino tenue che è di

circa 300 mq. Al suo interno vivono molti batteri che

si nutrono di tutte le sostanze non digerite

nell'intestino tenue. Essi costituiscono la flora

intestinale e sono di grande utilità per l'organismo,

perché decomponendo le sostanze alimentari

ulteriormente, rendono disponibili alcune vitamine,

tra cui la B1,la B2 e la K. molti di questi batteri

vengono espulsi con le feci, quelli che rimangono si

riproducono continuamente. Il tenue continua

nell'intestino crasso che è lungo mediamente 170

cm, con un diametro di circa 7 cm. Anatomicamente

viene suddiviso in sei tratti che vengono

rispettivamente chiamati: cieco, colon ascendente,

colon trasverso, colon discendente, sigma e retto.

Nell'intestino crasso vengono assorbiti i sali minerali, le vitamine e l'acqua. Il materiale

decomposto, quello non digeribile come le fibre e gli stessi batteri, formano le feci, che vengono

sospinte dai movimenti peristaltici nell'ultimo tratto del crasso, il retto e furiescono dal corpo

attraverso l'ano.

FECI

Le feci sono il materiale di rifiuto dell'organismo che viene eliminato per via rettale.

In condizioni normali le feci sono formate per il 75% da acqua e per il 25% da materiale solido che

include batteri, fibre non digerite, grasso, materia inorganica (calcio e fosfati), muco, cellule

intestinali desquamate e alcune proteine. Una parte notevole della massa fecale non è di origine

alimentare; le feci si formano infatti anche durante il digiuno.

Caratteristiche delle feci:

Colore: marrone dovuto alla conversione chimica della bilirubina in urobilina e stercobilina da

parte dei batteri intestinali e degli enzimi.

Odore delle feci è il risultato della decomposizione batterica delle proteine nell'intestino.

Consistenza soffice a forma cilindrica che ha la dimensione del retto.

Quantità: giornalmente vengono prodotti da 150 a 300 g di feci

Sangue occulto: presenza di tracce nascoste di sangue rilevabili con esami di laboratorio.

Melena: emissione di sangue digerito attraverso l'ano con le feci, che assumono un colorito nerastro

(feci picee), ed è caratterizzata da un tipico odore molto acido.

Proctorragia o rettorragia: emissione di sangue fresco attraverso l'ano con o senza feci.

Figura 146 Villi intestinali

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VOMITO

Espulsione violenta dalla bocca del cibo contenuto nello stomaco. Si accompagna in genere ad

aumento della salivazione e pallore. Normalmente il termine vomito viene usato in maniera

indistinta per indicare tre condizioni diverse: la nausea, i conati ed il vomito vero e proprio.

La nausea è una sensazione difficilmente descrivibile, essendo percepibile solo dal singolo

individuo. Di norma precede il vomito, ma non sempre chi l'avverte poi vomita.

I conati di vomito sono dovuti alla contrazione della muscolatura respiratoria e precedono o

accompagnano il vomito.

Il meccanismo del vomito

Il vomito è il risultato di un complesso meccanismo, regolato da una ''centralina di comando''

collocata in una particolare zona del cervello. A questo ''centro del vomito'' arrivano segnali da varie

parti dell'organismo:

dalla corteccia cerebrale, che può stimolare il centro mandando messaggi di sapori, odori,

ricordi, emozioni, immagini;

dall'orecchio, che trasmette soprattutto informazioni relative alla posizione del corpo rispetto

allo spazio;

da diverse parti dell'apparato digerente (gola, stomaco, intestino) e da altri organi, come il

cuore.

Al centro del vomito arrivano anche gli stimoli indotti dall'esposizione a radiazioni o provenienti

da un'altra zona del cervello, che viene a sua volta eccitata dalla presenza di particolari sostanze

chimiche, sia prodotte dall'organismo (es. urea, ''acetone'') che somministrate a scopo terapeutico

(farmaci). Una volta eccitato, il centro invia di rimando alle ghiandole salivari, alla muscolatura

dell'addome, al diaframma e a varie porzioni dello stomaco, dell'esofago e del duodeno gli stimoli

che si traducono nel vomito. I farmaci contro il vomito, antiemetici, agiscono inibendo l'attività di

questo centro.

Le cause del vomito

In certi casi può essere facilmente intuita la sua funzione di difesa: infatti, l'ingestione di sostanze

pericolose o di corpi estranei può indurre il vomito che va visto come un tentativo dell'organismo di

espellere ciò che può nuocere. In molti altri casi invece non è possibile individuare una funzione di

difesa e diventa un disturbo privo di scopo.

È un sintomo che si accompagna ad alcuni disturbi dell'apparato digerente (es. gastroenterite,

ulcera, occlusione intestinale, alterazioni della motilità gastro-intestinale). Può essere dovuto ad

infezioni da batteri e virus o, nei bambini, essere provocato dalla presenza di una elevata quantità di

''acetone'' nel sangue. E’ di frequente riscontro durante la gravidanza, soprattutto nei primi mesi.

Molte persone soffrono di nausea e vomito quando vanno in automobile, in nave, o in aereo (mal di

movimento o cinetosi); in altre persone, che soffrono di disturbi al sistema di controllo della

posizione del corpo nello spazio (situato nell'orecchio), il vomito accompagna le vertigini. Altre

cause possono essere gli stimoli dolorosi (es. dolori mestruali, emicrania) o le emozioni violente.

Nausea o vomito dopo un intervento chirurgico sono parimenti condizioni abbastanza frequenti e

disturbanti.

Anche molti farmaci possono provocare sintomi di nausea e vomito, soprattutto quando vengono

somministrati per bocca ma non solo.

Tra i farmaci, quelli impiegati nei trattamenti antitumorali sono quelli che inducono la forma più

grave di vomito.

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Conseguenze del vomito

Un singolo episodio o isolati episodi di vomito non comportano mai gravi problemi. Un vomito

ripetuto comporta invece la perdita soprattutto di acqua, sodio, cloro, potassio: se tale perdita

diventa importante è indispensabile l'intervento del medico per ripristinare l'acqua e i sali persi.

Inoltre, un vomito prolungato impedisce una normale alimentazione e questo può portare a

denutrizione. Altra complicanza può essere una emorragia da lacerazione del rivestimento interno

(la mucosa) dello stomaco.

Nelle persone con alterazione dello stato di coscienza (ad esempio dopo un incidente stradale o un

intervento chirurgico) c'è il rischio che il vomito possa essere aspirato nelle vie respiratorie e

provocare una polmonite.

APPARATO DIGERENTE E INVECCHIAMENTO

L’invecchiamento del sistema digerente si accompagna a numerosi cambiamenti. Il senso del gusto

diviene meno acuto, viene prodotta meno saliva che si aggiunge spesso alla perdita di denti. I

fenomeni di cattiva digestione diventano frequenti per la perdita di tonicità degli sfinteri. A livello

del colon possono formarsi diverticoli, delle estroflessioni verso l’esterno della mucosa intestinale

per perdita di elasticità della muscolatura intestinale. La peristalsi rallenta contribuendo a stipsi.

Il fegato e il pancreas continuano a funzionare adeguatamente anche in età avanzata.

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REGOLAZIONE DELLA TEMPERATURA CORPOREA

Il normale ambito di variazione della temperatura corporea è compreso tra 36 e 38°C, con un valore

medio di 37°C. Tali parametri possono variare nei bambini che hanno maggior superficie rispetto al

volume e disperdono più calore, e negli anziani in cui le variazioni ambientali possono essere

compensate pià lentamente e in modo meno efficiace.

Produzione di Calore

La produzione del calore avviene nel processo della respirazione cellulare, che libera energia

dalle sostanze alimentari per formare ATP, producendo calore.

Intervengono in questo processo alcuni meccanismi:

- La tiroxina, che prodotta dalla Tiroide (situata ai due lati della trachea, proprio sotto la laringe,

formata da due lobi connessi da un cordoncino mediano chiamato istmo. Le unità strutturali della

tiroide sono i follicoli tiroidei che producono la tiroxina (T4) e la triiodotironina (T3) che

utilizzano lo iodio, e la calcitonina) potenzia la respirazione cellulare, aumentando il calore.

- Nelle situazioni di stress interviene l’adrenalina e la noradrenalina, secreta dalla midollare del

surrene che eccitano il sistema nervoso simpatico.

- Gli organi normalmente attivi come i muscoli scheletrici che anche durante il riposo sono in

leggera contrazione producendo calore per l’utilizzo dell’ATP.

- L’assunzione del cibo aumenta la produzione di calore per l’aumento dell’attività metabolica

dell’apparato digerente durante la peristalsi e sintesi degli enzimi digestivi.

- I cambiamenti stessi della temperatura corporea determinano un effetto sul metabolismo e sulla

produzione di calore.

Perdita di calore

Avviene per la gran parte attraverso la principale fonte di dispersione che è la cute. La quantità di

calore che viene persa è determinata dal flusso di sangue attraverso la pelle e dall’attività delle

ghiandole sudoripare. Importante è la temperatura dell’ambiente esterno che diviene meno efficace

se superaq i 31° Centigradi.

- In un ambiente freddo la vasocostrizione diminuisce il flusso di sangue nel derma e quindi riduce

la perdita di calore.

- Al contrario in un ambiente caldo la vasodilatazione nel derma aumenta il flusso di sangue verso

la superficie del corpo e quindi la dispersione del calore nell’ambiente.

- Le ghiandole sudoripare eccrine secernono sudore facendo evaporare l’eccesso di calore corporeo.

La sudorazione è più efficace quando l’umidità dell’aria circostante è bassa. Un 90% di umidità

renderà difficile la cessione di calore da parte dell’organismo.

-L’apparato respiratorio attraverso la mucosa, fa evaporare acqua e quindi modiche quantità di

calore.

- Le vie urinarie e digerenti con l’eliminazione di feci e urine disperdono modiche quantità di

calore.

Regolazione della temperatura corporea

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Il responsabile della regolazione è l’ipotalamo, considerato il termostato del nostro organismo, che

equilibra la produzione e perdita di calore, così da mantenere stabile la temperatura corporea.

L’ipotalamo riceve informazioni sulla temperatura corporea interna e su quella dell’ambiente

circostante. Speciali neuroni dell’ipotalamo registrano i cambiamenti della temperatura del sangue

che attraversa il cervello. I recettori della temperatura sulla pelle forniscono informazioni sui

cambiamenti della temperatura esterna. L’ipotalamo integra queste informazioni dando luogo alle

risposte necessarie per mantenere la temperatura corporea ai normali livelli.

Febbre

Consiste in un rialzo anomalo della temperatura corporea e può accompagnare malattie infettive,

traumi fisici, tumori maligni o lesioni del SNC. Le sostanze che possono provocare la febbre si

chiamano pirogeni e sono batteri, proteine estranee e sostanze chimiche liberate durante

l’infiammazione.

La febbre aumenta il metabolismo che incrementa la produzione di calore e innalza ulteriormente la

temperatura corporea. Così la febbre può innescare un circolo vizioso che comporta un costante

aumento della temperatura.

APPARATO URINARIO

Il sistema urinario o

apparato escretore, si

compone di due reni, due

ureteri, la vescica urinarie e

l’uretra. La funzione dei

reni consiste nella

formazione dell’urina,

mentre le altre parti del

sistema sono preposte alla

sua eliminazione.

Le cellule dell’organismo

producono vari composti di

rifiuto come l’urea, la

creatinina e l’ammonio

che devono essere rimossi

dal sangue prima che

raggiungano un livello di

tossicità

RENE: l'organo principale dell'apparato escretore, situato nella regione posteriore superiore

dell'addome, ai lati della colonna vertebrale, nelle fosse lombari, esternamente al peritoneo.

costituito da una zona midollare, costituita dalle piramidi renali, ed una corticale. L'unità funzionale

del rene è il nefrone, costituito dal corpuscolo di Malpighi a sua volta composto dal glomerulo,

dalla capsula di Bowman e dal tubulo renale. Il sangue, tramite l'arteriola afferente, arriva nel

glomerulo dove, a causa della pressione determinata dalla presenza di un'arteriola efferente di

diametro molto minore e dalla presenza di fenestrature di questo vaso che contribuiscono alla

Figura 147 Apparato urinario maschile e femminile

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variazione della pressione, attraversa un filtro formato dai podociti. Al termine di questo processo

si ottiene l'ultrafiltrato glomerulare (160-180 litri/die), che deve però essere ulteriormente filtrato

prima di diventare urina (1,5

litri/die). Passa così nel tubulo

renale, formato da un tubulo

contorto prossimale, dall'ansa di

Henle, da un tubulo contorto distale

e dal dotto collettore. In questo

percorso, dall'ultrafiltrato vengono

riassorbiti acqua e ioni sodio, fino

ad ottenere l'urina.

All'esame di una sezione frontale

del rene si distinguono perciò due

zone: una profonda, detta

midollare, costituita dalle piramidi

disposte con apice rivolto verso la

pelvi renale, e una superficiale,

detta corticale.

URETERE: è un condotto che collega la pelvi renale con la vescica urinaria, ove vi termina con il

meato, od urifizio, ureterale. Nell’uomo esistono due ureteri,

simmetrici tra loro, uno per ogni rene. La funzione dell’uretere è

quella di convogliare l’urina, prodotta continuamente dal rene,

all’interno della vescica. Mediamente un uretere ha una

lunghezza variabile tra i 28-29 cm, per quello di destra, ed i 29-

30 cm per quello di sinistra. Durante tutto il suo tragitto, che va

dalla zona lombare alla piccola pelvi, l’uretere può essere distinto

in una porzione addominale, pelvi e vescicale.

La sezione addominale corrisponde alle regioni lombare ed iliaca,

quella pelvica si trova nella piccola pelvi mentre quella vescicale

(detta anche intramurale) è situata all’interno dello spessore

vescicale in cui l’uretere passa. L’uretere non ha un andamento

rettilineo ma si dirige verso il basso e medialmente ed inoltre

presenta due leggere curve. Nella sua prima parte, infatti,

presenta una convessità anteriore che successivamente diventa

posteriore. Ciò fa sì che l’uretere, passando dalla porzione

addominale a quella pelvica, cambi direzione in maniera piuttosto

brusca formando una flessura, detta marginale, situata a livello

dell’incrocio con i vasi iliaci. A causa della pressione dei visceri

addominali, l'uretere ha un lume appiattito anteroposteriormente con un diametro compreso tra i 4

ed i 7 mm. Durante tutto il suo tragitto, tuttavia, si possono individuare tre restringimenti fisiologici.

Il primo di essi si trova ad una distanza di 7-8 cm dall’ilo renale ed è detto istmo superiore o

colletto. Il secondo è a livello della flessura marginale (istmo inferiore o restringimento iliaco).

L’ultimo si trova poco prima dello sbocco nella vescica ed è detto restringimento vescicale od

intramurale.

Figura 148 Rene

Figura 149 Uretere

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VESCICA: La vescica urinaria è un organo muscolare cavo posto nel bacino, deputato alla

raccolta dell'urina prodotta dai reni che vi giunge attraverso gli ureteri. Dalla vescica l'urina viene

periodicamente espulsa

all'esterno attraverso l'uretra. Il

muscolo che forma le pareti

della vescica è detto muscolo

detrusore, un muscolo liscio la

cui attività è regolata da fibre

nervose simpatiche e

parasimpatiche in relazione alle

variazioni volumetriche e

pressorie percepite dai suoi

recettori neuro-muscolari.

L'uretra decorre attraverso un diaframma urogenitale

costituito da muscolatura striata sottoposta a controllo

volontario, o sfintere esterno. Il processo di emissione dell'urina, detto minzione, porta allo

svuotamento periodico della vescica urinaria per mezzo di un riflesso automatico del midollo

spinale.

URETRA è l'ultimo tratto delle vie urinarie. È un piccolo condotto che unisce il polo inferiore della

vescica urinaria con l'esterno. Mentre nella femmina

ha la sola funzione di permettere il passaggio

dell'urina, nel maschio serve anche per il passaggio

dello sperma poiché in essa si immettono i condotti

eiaculatori.

È situata posteriormente all'osso pubico e

anteriormente alla vagina nella femmina, nel maschio

decorre all'interno della prostata e del pene. La sua

lunghezza varia secondo il sesso dell'individuo. Negli

esseri umani di sesso femminile è lunga circa 3 cm,

mentre in quelli di sesso maschile è lunga circa 16 cm

e si può dividere in tre segmenti: prostatico,

membranoso e cavernoso. L'uretra maschile inizia in

corrispondenza dell'orifizio uretrale interno della

vescica e termina all'apice del pene con l'orifizio

uretrale esterno (meato urinario). Quella femminile

termina invece con l'orifizio uretrale esterno posto fra

clitoride e vagina. La parete dell'uretra è delimitata da

due tonache, mucosa e muscolare, nell'uretra

femminile e nel tratto prostatico e in quello

membranoso nel maschio, mentre nel tratto penieno ve

ne è una sola, tonaca mucosa. L'epitelio di

rivestimento nel primo tratto è di transizione, come

quello della vescica, nella parte prostatica è batiprismatico (cilindrico semplice) ed infine

pavimentoso, composto non corneificato, fino all'orifizio uretrale esterno dove si continua con

Figura 150 Vescica

Figura 151 Uretra

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l'epidermide del glande o della vulva. Sono presenti due strati muscolari: uno strato interno di

tessuto muscolare liscio (andamento longitudinale e circolare), uno esterno striato che prende il

nome di muscolo sfintere striato dell'uretra. Lo studio dell'uretra si effettua con l'uretrografia.

URINA: è il prodotto della escrezione del rene attraverso la quale vengono eliminati dall'organismo

i prodotti metabolici (scorie dannose, soprattutto urea) presenti nel sangue. Nel linguaggio medico

le urine emesse in un definito arco temporale prendono il nome di diuresi. Nell'uomo sano l'urina è

un liquido limpido, atossico, sterile, incolore in condizioni normali, giallo paglierino nelle urine

concentrate (la colorazione è dovuta all'urocromo, pigmento derivato probabilmente dalla

degradazione delle proteine tissutali). Il valore del pH è variabile tra 4,4 e 8, anche se normalmente

vicino a 6: al di sopra dei valori medi di pH, (per esempio con pH = 8) si è in presenza di alcalosi,

oppure tale valore può essere osservato in individui che seguono una dieta con poche proteine. Al di

sotto, invece, si verifica acidosi, pericolosa perché l’epitelio di transizione delle vie urinarie non è

protetto dagli insulti acidi. La densità è pari a 1015-1025 kg/m³. La quantità di urina prodotta è

estremamente variabile in quanto la percentuale di acqua dipende dall'ormone antidiuretico; una

persona adulta produce giornalmente da un minimo di 500 ml (o anche meno in casi eccezionali, a

seconda della capacità dei nefroni di concentrare le sostanze) ad un massimo di 25 l (circa un litro

ogni ora). Le persone che hanno delle disfunzioni di produzione dell'ormone antidiuretico, detto

anche ormone ADH, possono emettere quantità di urina che si avvicinano molto a questa soglia.

L'espulsione di urea consente di eliminare le scorie in modo da comportare una perdita d'acqua

molto piccola. Se l'ammoniaca fosse mandata ai nefroni direttamente, per non produrre gravi danni

essa dovrebbe essere molto più diluita.

ADH (VASOPRESSINA O ORMONE ANTIDIURETICO). La vasopressina, nota anche come

ormone antidiuretico (ADH) o diuretina, è una sostanza di natura peptidica secreta dall'ipofisi

posteriore, ma prodotta principalmente a livello ipotalamico.

La vasopressina gioca un ruolo importante nella regolazione del volume plasmatico, e come tale

contribuisce a mantenere costante la parte liquida del sangue, chiamata plasma. L'ormone

antidiuretico, infatti, favorisce il riassorbimento di acqua a livello renale (più precisamente

nei tubuli distali e nei dotti collettori dei nefroni), opponendosi alla produzione di urina (o diuresi);

da qui il nome antidiuretico. Più il suo livello è alto e minore sarà la produzione di urina e

viceversa. In assenza di vasopressina, malattia nota come diabete insipido, il soggetto elimina 18

litri di urina al giorno; di conseguenza, è costretto ad assumere almeno 20 litri di liquidi con la

dieta.

Tratto da http://www.my-personaltrainer.it/fisiologia/ormoni/vasopressina-adh.html

Composizione , un litro di urina è

composto:

acqua (960 g)

urea (20-25 g)

cloruro di sodio (10-16 g)

azoto (10-15 g)

sodio

urobilina

ammoniaca

acido urico

acido ippurico

acido solforico

acido fosforico

VALORE NORMALE DELL’ESAME DELLE URINE

Colore: giallo-paglierino

Aspetto: limpido

Acidità (pH) 6

Peso specifico 1005-1035

Proteine assenti

Emoglobina assente

Glucosio assente

Pigmenti biliari assenti

Corpi che tonici assenti

Urobilina assente o tracce

Nitriti assente

Sedimento assenti cilindri e cellule epiteliali

assenti o rari leucociti e globuli rossi

(meno di 5)

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acido cloridrico

potassio

calcio

magnesio

creatinina

CICLO DELLA MINZIONE

Il ciclo della minzione consiste in una prolungata fase di riempimento, seguita da una breve fase di

svuotamento. Durante la fase di riempimento il muscolo della vescica (detrusore) si distende,

accogliendo un volume crescente di urina senza aumenti apprezzabili della pressione. Questo

fenomeno è conosciuto come compliance, ed è essenziale per il normale funzionamento della

vescica. Quando la vescica contiene circa 200 ml di urina, i messaggi inviati dai recettori di

pressione nelle pareti del detrusore raggiungono il cervello e si avverte la prima sensazione di

necessità di urinare. La capacità massima della vescica è di circa 400-600 ml, pertanto il tempo che

intercorre tra la prima sensazione e il bisogno urgente di urinare è, in genere, piuttosto lungo, e

consente di scegliere il momento e il luogo più appropriati per la minzione. Durante tutta la fase di

riempimento l'aumento di pressione all'interno della vescica è trascurabile. Perché l'urina fuoriesca

è necessario che la pressione intravescicale sia superiore alla pressione uretrale. In circostanze

normali, perciò, non ci sono possibilità di fuoriuscite di urina durante la fase di riempimento.

Affinché la vescica si svuoti, è necessario che la pressione intravescicale aumenti fino a superare la

pressione uretrale. Questa condizione si ottiene così:

Lo sfintere interno della vescica, lo sfintere esterno e il pavimento pelvico si rilassano: così

l'emissione di urina comincia anche se l'aumento di pressione nella vescica è minimo.

Il detrusore si contrae: oltre alla contrazione del detrusore, è da notarsi il fenomeno della

"formazione dell'imbuto". La contrazione del detrusore, ha come effetto un cambio di forma

della vescica. Invece di essere piatta, la base della vescica assume una forma ad imbuto e

spinge contro il pavimento pelvico.

La pressione addominale aumenta: molte persone, in particolare donne anziane, contraggono

volontariamente i muscoli della parete addominale durante la minzione, per aumentare la

pressione intra-addominale e quindi vescicale.

Figura 152 raccolta urine

Figura 153 Riempimento e svuotamento vescicale

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Nell'uomo la pressione vescicale aumenta molto durante la minzione, mentre nella donna l'aumento

è molto più ridotto. In circostanze normali, la contrazione del detrusore e il rilassamento degli

sfinteri sono coordinati neurologicamente. Quando la pressione vescicale supera la pressione

uretrale l'urina esce, ma se si verifica una dissinergia (mancanza di coordinazione), o se gli sfinteri

non si rilassano affatto, lo svuotamento risulterà incompleto o nullo (ritenzione urinaria parziale o

totale). Alla fine dello svuotamento, il pavimento pelvico e lo sfintere si contraggono nuovamente,

la base della vescica ritorna piatta e il detrusore si rilassa.

L'urina eventualmente residua nella metà superiore dell'uretra viene riportata indietro nella vescica

per azione della muscolatura liscia dell'uretra, mentre quella residua nella metà inferiore viene

espulsa. La fase di riempimento ricomincia da capo.

Figura 154 Ciclo Minzionale

Funzionamento normale della vescica

Ogni individuo ha un'idea personale su cosa sia normale o anormale, tuttavia il funzionamento

"standard" della vescica di un adulto è il seguente:

Il volume medio di urina prodotto nelle 24 ore è di circa 1,5 litri.

Il volume della produzione di urina varia con la temperatura (è maggiore nelle stagioni

fredde quando la traspirazione è diminuita) e con la quantità di liquidi introdotta

nell'organismo.

La maggior parte delle persone inizia ad avvertire la necessità di svuotare la vescica quando

questa contiene all'incirca 200 ml di urina.

La capacità massima della vescica è di 400-600 ml, e questo concede un ampio margine di

tempo per trovare il momento e il luogo appropriati per la minzione dall'insorgenza dello

stimolo. Inizialmente lo stimolo non è continuo, ma mano a mano che la vescica si riempie

lo stimolo diventa sempre più frequente ed intenso, fino a quando non è più possibile

ignorarlo.

La maggior parte delle persona svuota la vescica da 4 a 6 volte al giorno.

La maggior parte delle persone non ha la necessità di alzarsi dal letto durante la notte per

urinare, una minoranza invece si deve alzare una volta.

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In alcune persone anziane, la capacità funzionale della vescica (cioè il volume di urina che

la vescica può contenere senza avvertire uno stimolo impellente) è ridotta, di conseguenza

l'intervallo tra la prima sensazione e lo stimolo impellente ad urinare diventa

più breve. A volte sono quasi simultanei (incontinenza da urgenza).

La capacità funzionale della vescica è ridotta anche durante la gravidanza, a causa

dell'aumento di volume dell'utero e relativa maggiore pressione sulla vescica.

Pressioni vescicali

Per poter capire cosa accade quando si verifica un episodio di incontinenza è importante avere

chiari i meccanismi della pressione vescicale e della pressione uretrale.

Il punto chiave da ricordare è che la pressione vescicale tende a spingere l'urina verso l'esterno,

mentre la pressione uretrale tende a trattenerla.

La pressione uretrale è mantenuta da:

sfinteri uretrali

pavimento pelvico

La pressione vescicale è aumentata da:

contrazioni del detrusore

aumento della pressione intra-addominale (tosse, risata, movimenti improvvisi, gravidanza)

In condizioni normali, la pressione vescicale è maggiore di quella uretrale solo quando l'individuo

decide di urinare. In questo caso, sotto controllo nervoso, la pressione uretrale diminuisce (cioè lo

sfintere si rilassa) e la pressione vescicale aumenta (cioè il detrusore si contrae), permettendo così la

fuoriuscita dell'urina.

Per aumentare la velocità del flusso si può utilizzare la muscolatura addominale che aumenta la

pressione intra-addominale e conseguentemente quella vescicale.

Tra una minzione e l'altra, riflessi automatici assicurano che gli sfinteri e il pavimento pelvico si

contraggano in risposta a qualsiasi aumento della pressione vescicale. Tuttavia ci sono diverse

situazioni nelle quali questo meccanismo può essere compromesso e che possono portare al

fenomeno dell'incontinenza urinaria.

Il controllo della minzione nel neonato

La vescica del neonato è controllata dall'arco riflesso sacrale: quando la vescica si riempie di

urina, i recettori di distensione inviano messaggi (impulsi sensitivi) ad un'area specializzata nella

parte inferiore del midollo spinale (centro vescicale sacrale). Quando gli impulsi sono

sufficientemente forti, il midollo spinale risponde causando il rilassamento dello sfintere interno e la

contrazione del detrusore. La vescica allora si svuota e ricomincia il ciclo di riempimento.

Quando il bambino cresce impara ad avvertire la sensazione che la vescica si sta riempiendo e ad

inibire volontariamente l'arco riflesso sacrale, così da poter controllare il momento e il luogo della

minzione. Con l'esercizio, e dopo una lunga serie di successi e fallimenti, riesce a raggiungere il

controllo volontario della minzione.

Nell'adulto

Gli adulti possono normalmente inibire l'arco riflesso sacrale finchè non raggiungono il luogo

appropriato per la minzione. L'inibizione funziona in questo modo:

la vescica invia dei messaggi sensitivi ad una specifica area del cervello (il centro per il

controllo della minzione) attraverso il midollo spinale

il cervello invia, in risposta, un impulso inibitorio al midollo spinale, che blocca l'arco

riflesso.

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La continenza implica perciò una continua ed attiva attività nervosa. Cause talvolta note e

talvolta ignote possono portare ad un'alterazione dell'equilibrio di questa attività nervose, con

conseguenti disturbi di svuotamento. Per la maggior parte del tempo, il mantenimento della

continenza è subconscio e automatico. Quando la vescica arriva a contenere circa 200 ml, c'è la

consapevolezza intermittente del bisogno di urinare; è soltanto nel momento in cui gli impulsi della

vescica piena si fanno particolarmente intensi che si verifica una consapevolezza forte e continua

della necessità di urinare. Quando viene presa la decisione di urinare, il cervello cessa di inviare

impulsi inibitori al midollo spinale e ciò permette l'attivazione dell'arco riflesso: lo sfintere interno

si rilassa, il detrusore si contrae e la vescica si svuota.

APPARATO RIPRODUTTIVO

Lo scopo dell’apparato riproduttivo maschile e

femminile è quello di conservare la specie umana

attraverso la procreazione. Essi producono gameti,

spermatozoi e cellule uovo, che unendosi danno il via

al processo di MEIOSI.

APPARATO RIPRODUTTIVO

MASCHILE

L’apparato

riproduttivo

maschile consta di testicoli

e di una serie di dotti e

ghiandole.

Testicoli: sono situati nello scroto, una specie di sacchetto di

pelle situato superiormente all’interno delle due cosce. La

temperatura a questo livello è di 35,5° C, leggermente inferiore

di quella corporea, necessaria per la produzione di spermatozoi

vitali. Nel

feto

maschio

i testicoli si sviluppano in prossimità dei reni,

poi discendono nello scroto appena prima della

nascita. Il criptorchidismo è la condizione in

cui i testicoli non discendono, richiedendo di

intervenire chirurgicamente. Ogni testicolo è

lungo circa 4 cm e largo 2,5 cm ed è diviso

internamente in lobi contenenti tubuli

seminiferi, in cui avviene la spermatogenesi.

Alcune cellule a questo livello secernono

testosterone, un ormone che controlla la

maturazione degli spermatozoi ed è responsabile dei caratteri

sessuali secondari maschili, che cominciano a sviluppare nella

pubertà.

Figura 157 Apparato riproduttivo maschile

Figura 156 Apparato Riproduttivo

Figura 155 Testicolo

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TESTOSTERONE è un ormone steroideo del

gruppo androgeno prodotto principalmente dalle cellule di

Leydig situate nei testicoli e, in minima parte, dalle ovaie e

dalla corteccia surrenale. La sua produzione è influenzata molto

dall'ormone luteinizzante LH. È presente anche nelle donne le

quali, rispetto agli uomini, hanno una maggiore tendenza a

convertire quest'ormone in estrogeni. La desinenza -one è dovuta

alla presenza di un gruppo chetonico CO sull'atomo C3 del

primo anello del carbonio [A] dello steroide.

Nell'uomo è deputato allo sviluppo degli organi sessuali

(differenziazione del testicolo e di tutto l'apparato genitale) e dei caratteri sessuali secondari, come

la barba, la distribuzione dei peli, il timbro della voce e la muscolatura. Il testosterone, nell'età

puberale, interviene anche sullo sviluppo scheletrico, limitando l'allungamento delle ossa lunghe ed

evitando, in questo modo, una crescita spropositata degli arti.

Nell'uomo adulto, i livelli di testosterone giocano un ruolo molto importante per quanto riguarda

la sessualità, l'apparato muscolo scheletrico, la vitalità e la buona salute (intesa soprattutto come

protezione da malattie metaboliche come ipertensione e diabete mellito e secondo recenti studi

anche sulla depressione); contribuisce a garantire la fertilità, in quanto stimola la maturazione

degli spermatozoi nei testicoli. Inoltre influenza qualità e quantità dello sperma prodotto, poiché

opera sulle vie seminali e sulla prostata, deputate alla produzione di sperma. La produzione

giornaliera di testosterone nell'uomo varia dai 5 ai 7 milligrammi ma, superati i 40 anni, tende a

diminuire annualmente dell'1%.

Il testosterone regola anche il desiderio, l'erezione e la soddisfazione sessuale: ha, infatti, la

funzione di "mettere in sincronia" il desiderio sessuale con l'atto sessuale vero e proprio, regolando

l'inizio e la fine dell'erezione del pene. Un deficit di libido (desiderio sessuale) è spesso associato a

una disfunzione del testosterone. Ciò è stato

evidenziato anche per il desiderio sessuale

femminile a seguito della sua diminuzione nel

periodo post-menopausale. Il testosterone è

utilizzato farmacologicamente sia in uomini che in

donne, qualora vi siano alterazioni nei suoi livelli.

SPERMATOGENESI: è il processo in cui gli

spermatidi maturano in spermatozoi e si divide in

tre fasi

1 - meiosi I;

2 - meiosi II;

3 spermiogenesi

Ogni giorno nei testicoli vengono prodotti circa

300 milioni di spermatozoi che riescono a

Figura 158 Molecola di Testosterone

Figura 159 Spermatogenesi

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sopravvivere nel tratto riproduttivo femminile fino a circa 48 ore.

Cellula Spermatica: ogni cellula spermatica è costituita da

• una testa, contenente materiale nucleare;

• un acrosoma, cioè una vescicola piena di enzimi che favoriscono la

penetrazione nell’ovulo;

• una coda, utilizzata per la locomozione

All’inizio della pubertà, le cellule

neurosecretrici dell’ipotalamo

aumentano la secrezione dell’ormone

di rilascio delle gonadotropine

(GnRH). Questo stimola l’ipofisi a

secernere l’ormone luteinizzante (LH)

e l’ormone follicolo-stimolante (FSH).

L’LH stimola le cellule di Leydig a

secernere l’ormone steroideo testosterone che insieme

all’FSH induce la spermatogenesi. Infine cellule del Sertoli

secernono l’ormone inibina che inibisce la secrezione di

FSH

Epididimo: sulla parte superiore di ogni testicolo si può

apprezzare un piccolo rilievo. Si tratta dell'epididimo. Esso è

un tubo strettamente avvolto,

che aderisce alla superficie di

ogni testicolo e funziona

come una camera di maturazione

ed immagazzinamento degli

spermatozoi che sono stati

prodotti, non appena essi escono dai tubuli seminiferi. Gli

spermatozoi stanno negli epididimi fino a che non vengono distrutti

ed assorbiti dal tessuto circostante o fino a che non vengono

eiaculati.

Dotto deferente: è attaccato all'epididimo, ogni vaso è lungo

approssimativamente dai 40 ai 45 centimetri e gli spermatozoi lo

percorrono andando dagli epididimi ad altri organi. Una volta

percorso il vaso, gli spermatozoi si mischiano con dei fluidi

prodotti dalle vescichette seminali e dalla ghiandola prostatica, formando una nuova sostanza, il

seme. Questo è ciò che l'uomo eiacula.

Dal momento che i vasi deferenti sono luoghi di transito dello sperma e sono facilmente

individuabili nello scroto, essi sono l'organo ideale su cui compiere la semplice procedura di

sterilizzazione maschile chiamata vasectomia. Per compiere la vasectomia il chirurgo taglia tutti e

due i vasi, posti ai due lati dello scroto, e li lega, oppure asporta un pezzo dei vasi, per impedire allo

sperma di passare oltre quel punto. Gli spermatozoi quindi vengono ancora prodotti nei testicoli e

passano attraverso l'epididimo ma non possono procedere oltre il punto in cui si è intervenuti

chirurgicamente e non possono perciò uscire dal corpo e provocare una gravidanza. Essi vengono

distrutti ed assorbiti come tutti gli altri spermatozoi che non sono stati eiaculati.

Figura 162 Particolare di apparato

riproduttivo maschile

Figura 160 Cellula

spermatica

Figura 161 Stimolazione

spermogenesi

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Dopo una vasectomia i liquidi prodotti dalle

vescichette seminali e dalla prostata continuano

regolarmente ad essere fabbricati e ad uscire dal corpo

durante i rapporti sessuali, la masturbazione ed i sogni

che provocano eccitazione sessuale; l'orgasmo è

esattamente lo stesso. L'assenza di spermatozoi nel

seme è impossibile da individuare, salvo che al

microscopio.

Vescichette seminali: si trovano appena sopra la prostata, ai

due lati di essa. Esse sono piccole tasche lunghe circa otto

centimetri che secernono un liquido simile allo zucchero (fruttosio). Questo liquido seminale si

unisce agli spermatozoi (che provengono dai testicoli dopo aver attraversato gli epididimi ed i

condotti deferenti) e al liquido prodotto dalla prostata nei condotti eiaculatori, da cui il seme passa

nell'uretra e di qui fuoriesce dal pene.

Il liquido prodotto dalle vescichette seminali fornisce nutrimento agli spermatozoi, e fa sì che essi si

muovano più efficacemente.

Prostata: è posta sotto la vescica ed è appoggiata contro il suo collo: ha la grandezza di una grossa

castagna ed è formata da un certo numero di sezioni chiamate lobi. L'uretra, che è il tubo che

permette il passaggio dell'urina fuori dalla vescica, in cui è contenuta, attraversa la prostata e il

pene. Se la prostata si gonfia, può esercitare una pressione sul collo della vescica o sull'uretra stessa

e serrarle. Questo è un classico caso di BHP o ingrossamento della prostata, problema piuttosto

comune negli uomini sopra ai 40 anni.

Dalla pubertà in avanti la prostata secerne una

sostanza che serve di nutrimento agli spermatozoi

e aumenta la loro capacità di muoversi

autonomamente, proprio come il liquido prodotto

dalle vescichette seminali. Il liquido prodotto

dalla prostata fornisce circa il 39 per cento del

liquido seminale, quello prodotto dalle

vescichette seminali circa il 60 per cento;

solamente l'uno per cento del seme è costituito

dagli spermatozoi. Il liquido prostatico viene

secreto dai molti condottini escretori che vanno dalla ghiandola all'uretra, dove esso si unisce con

gli spermatozoi ed il liquido seminale provenienti dai condotti eiaculatori. Il seme ora è completo ed

è pronto per essere eiaculato.

Ad ogni lato dell'uretra, subito sotto la prostata, si trovano le ghiandole di Cowper. Durante

l'eccitazione sessuale, ma prima dell'eiaculazione, queste piccolissime ghiandole secernono una

piccola quantità di liquido nell'uretra, che passa attraverso l'apertura urinaria e compare alla

sommità del pene. Questa piccola quantità di liquido proveniente dalle ghiandole di Cowper

contiene abbastanza spermatozoi, filtrati dai dotti eiaculatori, da causare una gravidanza anche se

l'eiaculazione non è ancora avvenuta. Quindi ritrarre il pene dalla vagina prima di eiaculare non è

un buon metodo per il controllo delle nascite, dato che il fluido proveniente dalle ghiandole di

Cowper può fuoriuscire dal pene a partire dall'inizio dell'eccitamento in avanti. Questo liquido è

Figura 163 Liquido spermatico

Figura 164 Sezione prostatica

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alcalino; esso aiuta a neutralizzare l'ambiente

acido dell'uretra e fa sì che gli spermatozoi

vivano più a lungo dopo essere stati eiaculati.

PENE: è un organo complesso costituito

esternamente dalla base, tronco (o asta),

prepuzio, corona e glande. Il pene è

costituito da una parte cilindroide, il

corpo, e da una parte conoide, il glande.

La struttura principale di entrambi è di

tipo vascolare, ovvero è una rete di vasi

ampiamente comunicanti tra loro in cui il

volume di sangue e la rigidità della guaina

di rivestimento (l'albuginea) sono le condizioni fondamentali per la costituzione

dell'erezione.

Il tronco del pene è essenzialmente costituito da tre colonne di tessuto erettile:

I due corpi cavernosi

Il corpo spugnoso

I corpi cavernosi hanno un tessuto

fibrillare elastico che può essere

allungato fino a quattro volte la

situazione basale durante un'erezione. Il

corpo spugnoso si trova nel mezzo dei

due corpi cavernosi e avvolge l'uretra.

Man mano che si arriva alla base del

pene i due corpi cavernosi si fendono e

sono ancorati all'osso pubico tramite

una membrana dura. Il corpo spugnoso

man mano che raggiunge il vertice del

pene, si espande nel glande.

Il glande è la "testa" che costituisce la punta del pene. Tutt'intorno alla parte inferiore

del glande, si trova un margine chiamato corona. Nella parte inferiore del glande dove

corona e asta si congiungono, si trova un'area molto sensibile chiamata frenulo.

Esternamente il pene è ricoperto da uno strato

di pelle retrattile che viene chiamato

comunemente cute del pene, ma che in

prossimità del glande si chiama prepuzio.

Alcuni neonati (ma anche uomini adulti)

vengono sottoposti a circoncisione, cioè il

prepuzio viene reciso in parte o in totalità

mediante uno strumento medico speciale che

si chiama termocauterio, lasciando il glande

perennemente scoperto.

Figura 165 Particolari apparato riproduttivo maschile

Figura 166 Sezione del pene

Figura 167 Anatomia del pene

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La fimosi si ha quando il prepuzio non è sufficientemente elastico per scoprire il

glande facilmente. Esiste anche un altro tipo di fimosi, detta non serrata. Quando non

si riesce a ricoprire il glande facilmente la condizione è chiamata parafimos i. In questi

casi il paziente, che è spesso un bambino piccolo, viene sottoposto a una circoncisione

parziale, oppure a un intervento di frenulotomia quando il responsabile del problema è

il frenulo.

L'erezione

Al momento dell'eccitazione sessuale, il tessuto che costituisce i corpi cavernosi e il

corpo spugnoso è irrorato da molti vasi sanguigni che lo gonfiano, inturgidendolo. I

muscoli della radice dei corpi cavernosi che chiamiamo muscoli lisci, per il fatto di

non essere controllabili con un atto di volontà, si rilassano provocando un afflusso

forzato di sangue all'interno di questi vasi sanguigni e causando così il cambiam ento

di dimensioni e il conseguente indurimento del pene in stato di erezione. Durante

l'erezione vi è un iperafflusso di sangue arterioso che riempie le cavità spugnose dei

vari corpi del pene e del glande. Contemporaneamente viene bloccato il deflusso del

sangue dalle vene del pene mediante la contrazione di microscopici sfinteri vasali. In

questo modo il sangue arterioso giunto nei corpi cavernosi viene "intrappolato" al loro

interno e determina quindi il turgore caratteristico dell'erezione. È appunto l'albuginea

che si incarica di mantenere la consistenza di questo turgore, così come la superficie

di un pallone si mantiene dura quando è

piena d'aria. Al termine dell'erezione

avviene il rilasciamento degli sfinteri

vasali che consentono quindi il deflusso

del sangue mediante le vene del pene.

APPARATO RIPRODUTTIVO

FEMMINILE

I principali organi genitali femminili sono

interni e comprendono la vagina, l'utero, le

tube o trombe di Falloppio e le ovaie.

I genitali esterni formano nel loro insieme la

vulva che comprende il monte di Venere, il

clitoride, le grandi labbra e le piccole labbra, tutti direttamente visibili.

Vagina: è il condotto che mette in comunicazione la vulva con l’utero. A riposo, la vagina è piatta e

lunga, ma la parete è molto elastica e formata da numerose pieghe che le consentono di allungarsi e

allargarsi notevolmente durante il rapporto sessuale e il parto.

È l'organo femminile dell'accoppiamento e funge da condotto per l’espulsione del flusso di sangue

mestruale, all’inizio di ogni ciclo.

Utero: è l'organo dell'apparato riproduttivo femminile dalla caratteristica forma a pera rovesciata,

situato al centro della parte più bassa dell'addome (detta anche pelvi).

La sua funzione è quella di accogliere il bambino nei nove mesi di gravidanza, permettendo

l'impianto dell'uovo fecondato, lo sviluppo dell'embrione e l'accrescimento del feto. E’infatti

provvisto di una cavità che nella parte superiore comunica con le tube (da cui giunge l'uovo

Figura 168 Apparato genitale femminile

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fecondato) e nella parte inferiore con la vagina (per le mestruazioni o il parto).

La cavità dell'utero è rivestita da una mucosa

(endometrio) che ogni mese, sotto l'influsso

degli ormoni prodotti dalle ovaie, si

ispessisce, preparandosi ad accogliere

un'eventuale gravidanza. È proprio

l'endometrio che ogni mese, in assenza di

gravidanza, si sfalda, dà luogo alla

mestruazione e si rigenera.

L'utero possiede una spessa parete muscolare

(miometrio) che consente all'organo di

contrarsi efficacemente. Durante il parto, i

muscoli dell'utero si contraggono per

espellere il bambino dal corpo della madre.

Cervice: condotto del collo dell'utero che mette in comunicazione la

cavità uterina con la vagina.

Tube o trombe di Falloppio: sono i due canali, denominati anche salpingi, che si estendono

dall'utero all'ovaio. Sono lunghe circa 12-13

cm. Le tube raccolgono l'ovulo espulso

dall'ovaio e gli forniscono un ambiente adatto

alla fecondazione, cioè all'incontro con lo

spermatozoo. Solo nelle tube, infatti, esistono le

condizioni idonee perché l'ovulo e lo

spermatozoo si fondino.

Ovaie: sono due, hanno la forma di una

mandorla e sono localizzate nella cavità pelvica,

ai due lati dell'utero, con cui comunicano

attraverso le tube di Falloppio. Costituiscono

una preziosa riserva di cellule uovo (ovuli,

ovociti), che sono state prodotte

durante lo sviluppo degli organi

genitali e quindi nella vita prenatale.

Le cellule uovo sono contenute in

cavità separate, i follicoli, e

rimangono a riposo fino al momento

della pubertà. Da allora, ogni mese,

un solo follicolo viene selezionato

(un mese lavora l'ovaio destro, un

mese il sinistro!) e produce un uovo

maturo, pronto per la fecondazione.

Figura 169 Sezione apparato

riproduttivo femminile

Figura 170 Particolare di Tube di Falloppio

Figura 171 Sezione Ovarica

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Le ovaie, inoltre,

producono

importantissimi

ormoni sessuali: gli

estrogeni e il

progesterone.

Quando le uova si

saranno esaurite, non

sarà più possibile produrne di nuove e l'ovaio cesserà

di funzionare: inizierà la menopausa.

CICLO RIPRODUTTIVO FEMMINILE: Il ciclo ovarico comprende una serie di eventi che si

svolge nelle ovaie durante e dopo la maturazione di un ovocita. Il ciclo uterino (o mestruale),

controllato dagli ormoni steroidei rilasciati dalle ovaie, si svolge a livello dell’endometrio uterino in

modo che sia pronto all’eventuale impianto di un ovulo fecondato e quindi alla gravidanza

L’ormone rilasciante le gonadotropine (GnRH), secreto dall’ipotalamo, controlla il ciclo ovarico

e quello uterino inducendo il rilascio di

- ormone follicolo-stimolante (FSH): avvia lo

sviluppo del follicolo e la secrezione di estrogeni

dal follicolo;

-ormone luteinizzante (LH) induce l’ovulazione

e promuove la formazione del corpo luteo.

-Gli estrogeni sono ormoni steroidei:

o promuovono lo sviluppo e il

mantenimento delle strutture riproduttive

femminili;

o stimolano la sintesi proteica;

o abbassano il tasso di colesterolo.

-Progesterone: insieme agli estrogeni prepara e mantiene l’endometrio per l’impianto di un ovulo

fecondato e per predisporre le ghiandole mammarie alla secrezione di latte.

- Relaxina: rilassa le pareti uterine diminuendo le contrazioni del miometrio.

- Inibina: inibisce la secrezione dell’FSH e dell’LH.

CICLO MESTRUALE:

• Fase mestruale (o mestruazione): dura circa 5 giorni durante i quali vengono eliminati

sangue e cellule in sfaldamento dei tessuti dell’endometrio.

• Fase preovulatoria: è il periodo compreso fra la fine della mestruazione e l’ovulazione.

Sotto l’influsso dell’FSH nelle ovaie diversi follicoli crescono finché uno solo diventa il

follicolo dominante.

• Fase ovulatoria: con l’ovulazione, si verifica la rottura del follicolo maturo e l’espulsione

di un ovocita secondario nella cavità pelvica.

Figura 172 Ovogenesi

Figura 173 Ciclo riproduttivo femminile

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• Fase postovulatoria: dopo l’ovulazione il follicolo

maturo collassa sotto lo stimolo dell’LH, le restanti

cellule follicolari si ingrossano e vanno a formare il

corpo luteo (fase luteinica).

Le fluttuazioni di questi ormoni si ripetono in cicli che

avvengono in media ogni 28 giorni

Se l’ovocita non è stato fecondato, il corpo luteo permane

per due settimane e poi degenera in corpo albicante. Se,

invece, l’ovocita viene fecondato, il corpo luteo persiste

oltre le due settimane e viene mantenuto dalla

gonadotropina corionica umana (HCG) dando inizio alla

gravidanza.

Vulva: è la parte più esterna degli organi genitali

femminili, che comprende le grandi labbra, che

congiungendosi delimitano la rima vulvare, e le piccole

labbra (alla cui congiunzione sporge il clitoride), dove si aprono gli orifizi della vagina e dell'uretra.

Monte di Venere: è un cuscinetto adiposo situato sopra l'osso

pubico (“monte del pube”) a formare una lieve rilevanza.

Durante la pubertà si ricopre di peluria.

Clitoride: è una piccola gemma situata nella parte superiore

della vulva, alla congiunzione delle grandi labbra. È

ricchissimo di nervi e di vasi sanguigni e influisce sulla risposta

sessuale femminile. Insieme alle grandi labbra costituisce la

parte più sensibile ed erogena per la maggior parte delle donne.

Grandi labbra: sono localizzate nella vulva, le grandi labbra

sono le pieghe cutanee più esterne dei genitali femminili e

possono variare, per forma e dimensioni, da una donna all'altra.

Dopo la pubertà, si ricoprono di peluria.

Piccole labbra: sono localizzate nella vulva, le piccole

labbra sono le pieghe cutanee che si trovano più all'interno.

GHIANDOLE MAMMARIE

Sono correlate strutturalmente alla cute, ma funzionalmente

all’apparato riproduttivo perché forniscono il latte per il

nutrimento della progenie. Racchiuse all’interno delle

mammelle, sono poste anteriormente al muscolo grande

pettorale. Il tessuto ghiandolare è circondato da tessuto

adiposo. Le ghiandole alveolari producono il latte dopo la

gravidanza; il latte entra nei dotti galattofori che

convengono nel capezzolo. La cute che lo circonda è un zona

pigmentata chiamata areola. La produzione del latte è sotto il

Figura 174 Fecondazione cellula uovo

Figura 175 Apparato genitale

femminile esterno

Figura 176 Ghiandola mammaria

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controllo ormonale. Durante la gravidanza, alti livelli di estrogeni e progesterone preparano le

ghiandole per l’allattamento. La prolattina, secreta dall’ipofisi anteriore, è la vera responsabile

della sisntesi del latte dopo il parto. Il bambino, succhiando il capezzolo materno, stimola

l’ipotalamo che, a sua volta, invia impulsi nervosi all’ipofisi posteriore che rilascia ossitocina,

responsabile della secrezione del latte.

APPARATO RIPRODUTTIVO E INVECCHIAMENTO

Nella donna si raggiunge uno stato di completa cessazione dell’attività riproduttiva, la menopausa,

che solitamente si verifica tra i 45 e i 55 anni. La secrezione di estrogeni diminuisce e l’ovulaione i i

cicli mestruali divengono irregolari fino a cessare del tutto. La riduzione degli estrogeni esercita

anche altri effetti nel sesso femminile: perdita di matrice ossea con osteoporosi e possibilità di

fratture; aumento della colesterolemia, secchezza della mucosa vaginale.

Nell’uomo la secrezione di testosterone continua per tutta la vita, come pure la produzione di

spermatozoi, sebbene entrambe diminuiscano con l’avanzare dell’età; l’ipertrofia prostatica con

aumento di volume della prostata. A causa della compressione sull’uretra, la minzione diviene

difficile e permane nella vescica un residuo urinario postminzionale, aumentando le infezioni delle

vie urinarie.

BIBLIOGRAFIA

Anatomai e Fiosologia -Valeire C. Scanlon e Tina Sanders – IV Edizione McGraw – Hill 2003

Testo e Atlante di Anatomia Umana – Vincenzo Mezzogiorno e c –Piccin Nuova libraria S.p.A

Padova – 1999

SITOGRAFIA

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http://www.gpmeneghin.com/schede/biologia/mitosi.htm (filmato)

http://www.dipaiml.unifi.it/istologia/figure_osseo.htm

http://www.shp.it/anatomiafisiologia/ossa.html

http://www.osteopata.it/consultazione.asp?id=90

online.scuola.zanichelli.it/