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Testo e scansioni: Dott. Balconi Gianluca – Impaginazione, immagini e grafica: Errichelli Giancarlo 1
CORSO ASA OSS ISTITUTO CASNATI 2010 – ANATOMIA E FISIOLOGIA DEL SISTEMA
NERVOSO
IL NEURONE. (vedi fig. 1)
Il neurone è la cellula caratteristica del tessuto nervoso, è
l’elemento capace di condurre gli impulsi nervosi ad elevate velo-
cità e capace di creare le vie nervose e i circuiti neuronali che
rendono il sistema nervoso una perfetta centrale di controllo di
tutte le funzioni del nostro organismo.
Come illustrato
nello schema il
neurone è una cel-
lula costituita di
un “corpo” (detto
anche pirenoforo)
che presenta alcuni
prolungamenti corti
e numerosi,i den-driti, e un pro-
lungamento lungo
chiamato assone o
cilindrasse che
mette in comunica-
zione distalmente
la cellula nervosa
con altre cellule
andando a realizza-
re un contatto det-
to sinapsi. Nelle
sinapsi in realtà
gli assoni non en-
trano mai in con-
tatto diretto tra
loro essendovi tra la membrana presinaptica (quella del primo as-
sone) e la membrana postsinaptica (quello del secondo assone) uno
spazio detto spazio intersinaptico o fessura sinaptica.
Nella fessura sinaptica vengono rilasciati particolari mediatori,
i neuro-trasmettitori, deputati a depolarizzare la membrana po-
stsinaptica e quindi a trasmettere l’impulso nervoso da una cellu-
la alla successiva. Il neurone è circondato da cellule di sostegno
e di nutrimento che prendono il nome di cellule gliali, piccole e rotondeggianti. Alcune di esse vanno a costituire una guaina di
rivestimento del cilindrasse (o assone) formando la guaina mieli-nica, importante manicotto isolante dell’assone che permette la
trasmissione dell’impulso nervoso ad alta velocità. Nel sistema
nervoso periferico le cellule che producono la mielina sono dette
cellule di Schwann. Nel sistema nervoso centrale invece si parla

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di oligodendrociti, ma in definitiva la funzione dei due tipi di cellule è identica.
COSTITUZIONE DEL SISTEMA NERVOSO: il sistema nervoso nel suo in-
sieme è costituito di due parti ben distinte, ma sempre stretta-
mente connesse tra loro: il Sistema Nervoso Centrale e il Sistema Nervoso Periferico.
Il Sistema Nervoso Centrale consta di una parte alloggiata nel ca-
nale vertebrale della colonna vertebrale, midollo spinale, e di una parte ospitata nella scatola cranica, l’encefalo. Dal midollo spinale prendono parte almeno in apparenza, tutti i principali
nervi periferici, tranne i nervi cranici, che originano
dall’encefalo all’interno della scatola cranica.
A sua volta l’encefalo è formato da diverse parti in intima con-
nessione tra loro. Procedendo in senso rostro caudale, cioè
dall’alto in basso, troviamo: il telencefalo, ossia la parte più sviluppata, che occupa gran parte della scatola cranica, costitui-
ta dagli emisferi cerebrali e dalle struttura di connessione (cor-
po calloso,fornice, talami,terzo
ventricolo e ventricoli laterali).
Gli emisferi cerebrali presentano
profonde incisure che delimitano
delle aree dette lobi. Ogni lobo
cerebrale è sede di una ben preci-
sa funzione. Subito sotto il te-lencefalo abbiamo il diencefalo, formato da ipotala-
mo,talami,epitalamo. Il telencefa-
lo e il diencefalo (che sono, si
badi, in realtà, un'unica grossa e
complessa struttura) sono detti
nel loro insieme PROENCEFALO.
SUBITO SOTTO vi è UNA FORMAZIONE
Più PICCOLA, IL MESENCEFALO, co-
stituito dai peduncoli cerebrali e
dalla lamina quadrigemina, infine
la struttura più caudale e poste-
riore è il cosiddetto ROMBENCEFA-
LO, costituito dal Ponte di Varo-lio, dal Cervelletto e dal midollo allungato (quest’ultimo viene an-
che detto dagli anatomisti Mielen-
cefalo, perciò se trovate tale di-
citura,non vi spaventate, si trat-
ta per l’appunto solo del midollo
allungato, subito prima di uscire

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dalla scatola cranica per divenire midollo spinale).Il midollo al-
lungato viene anche chiamato bulbo, per la sua forma ovalare. Il bulbo si prosegue in basso col midollo spinale e in alto col PONTE DEL VAROLIO. Quest’ultimo è connesso a sua volta, tramite i cosid-detti peduncoli, al cervelletto. I peduncoli che uniscono il ponte
del Varolio al cervelletto sono sei, tre per lato, denominati pe-duncolo cerebellare superiore, medio e inferiore ( come vedete la
fantasia nomenclatoria degli studiosi di anatomia non conosce li-
miti!).
Il cervelletto è un
organo del peso di
circa 300 gr posto
dietro il ponte del
Varolio e al di sotto
del cervello. E’
strettamente connesso
sia con il midollo
allungato che col ta-
lamo e per mezzo di
questo con la cortec-
cia cerebrale (del
telencefalo). Svolge
importanti funzioni
per il mantenimento
della posizione del
corpo nello spazio, è
sede del senso
dell’equilibrio e
contribuisce con al-
tre zone del cervello al controllo dei movimenti.
Il cervello nel suo insieme pesa circa 1100 gr (nella femmina) e
fino a circa 1300-1400 gr. (nel maschio), tuttavia l’intelligenza
non è correlata col peso o le dimensioni di tale organo, anche se
Dal punto di vista filogenetico gli animali più sviluppati dimo-
strano un telencefalo molto più sviluppato rispetto ad animali più
primitivi.

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LA SOSTANZA BIANCA E LA SOSTANZA GRIGIA
Osservando
l’encefalo in
una qualsiasi
figura
dell’atlante a-
natomico vediamo
che la parte e-
sterna è di co-
lorito grigio,
le parti illu-
strate
all’interno sono
bianche. Anche in natura
è così, infatti
la sottile parte
esterna grigia,
nota come Cor-teccia cerebra-le, è in realtà
la sede dei neuroni che vi si trovano in numero elevatissimo ( ol-
tre dieci miliardi!).
Gli assoni o cilindrassi di
questi neuroni vanno a costi-
tuire la sostanza bianca. Al
di sotto della corteccia i ci-
lindrassi costituiscono le vie
nervose e si interrompono
quando incontrano altre forma-
zioni neuronali, cioè insiemi
di neuroni che vanno a formare
i nuclei che si trovano
all’interno dell’encefalo. O-
gnuno di tali nuclei ha una
funzione precisa ma per la no-
stra trattazione non è impor-
tante esaminarle tutte.
Anche dentro gli emisferi ce-
rebrali scorre il liquido ce-
falorachidiano che è ospitato
in strutture che sono detti
ventricoli, in quanto sono
strutture cave.
Il ventricolo che si trova

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sotto gli emisferi cerebrali, in po-
sizione mediana e disposta sagittal-
mente si chiama III ventricolo, da
esso si dipartono due ventricoli pa-
ri e simmetrici che occupano parte
dell’emisfero cerebrale corrispon-
dente, detti ventricoli laterali,
rispettivamente destro e sinistro. I
ventricoli laterali ospitano forma-
zioni particolari dette plessi co-rioidei dai quali viene prodotto il liquido cefalorachidiano, che vedre-
mo nel prossimo paragrafo. Il III
ventricolo prosegue in basso con uno
stretto canale che si apre infine
nel IV e ultimo ventricolo cerebra-
le, posto sotto il cervelletto e
dentro il Ponte del Varolio: IV ven-tricolo. Il IV ventricolo è importante perché attraverso piccoli fori che in esso vi sono il liquor può passare dai ventricoli alle cisterne e ai fiumi che circondano esternamente l’encefalo (vedi paragrafo successivo).
Il liquido cefalo rachidiano o liquor. (vedi fig. 2 e 3)
Il cervello è
immerso in un
liquido chiaro
che ha la fun-
zione di proteg-
gerlo e di nu-
trirlo, chiamato
liquido cefalo-
rachidiano. Tale
liquido scorre
intorno e dentro
le strutture ce-
rebrali in appo-
site cisterne,
formate da una
specie di invo-
lucro che avvol-
ge il cervello,
costituito da
tre membrane
chiamate Dura Madre, Aracnoide
e Pia Madre che nel complesso vengono dette Meningi. La composi-zione del liquor è diversa da quella del sangue, assomigliando di
più a quella del plasma, il liquor ha un colore chiaro e limpido
ed è estremamente povero in cellule. Durante malattie quali la me-

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ningite il liquor assume un colorito giallastro e appare molto più
denso. Il prelievo del liquor è un importante presidio diagnosti-
co. Il liquor serve anche a veicolare farmaci che vengono poi tra-
sportati all’encefalo e che possono entrare così in diretto con-
tatto con esso ( tecniche quali anestesia spinale peridurale
ecc.).
Il liquor scorre in spazi formati dai rientri e dalle incisure ce-
rebrali che secondo le loro dimensioni prendono il nome di cister-ne o di fiumi. Per la nostra trattazione non è importante che ne conosciate i nomi. Ricordate che , come vedremo nel capitolo sulle
patologie cerebrali, lo spazio compreso tra le meningi può diveni-
re sede di emorragia in caso di rottura di un vaso e dare origine
a emorragie sub aracnoidee (ESA).
LE AREE DELLA CORTECCIA CEREBRALE
La corteccia cerebrale o neopallio è uno strato di cellule grigie dello spessore di alcuni millimetri che riveste la parte esterna
del telencefalo. La cortec-
cia è suddivisa in aree o
lobi da profonde scissure
di cui le più importanti
sono la scissura di Rolando e la scissura di Silvio. La scissura di Rolando è quasi
verticale e separa la cor-
teccia del lobo frontale da quella del lobo parietale. La scissura di Silvio divi-
de quest’ultima dal lobo temporale e dal cosiddetto
lobo dell’insula. Per sem-
plificare si osservi la fi-
gura. Ogni area ha una sua
precipua funzione. Il polo
anteriore della corteccia cerebrale è sede delle attività superio-
ri (pensiero, volontà, decisione ecc). La corteccia del lobo tem-
porale ospita i centri del linguaggio e della scrittura, la cor-teccia del lobo prefrontale invece dà origine alle vie motorie più
importanti, conosciute in base al loro decorso come via piramidale
e via extrapiramidale.
Scissura di Rolando
Scissura di Silvio

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CROCEVIA
LE VIE MOTRICI SONO DISTINTE IN PIRAMIDALE ED EXTRAPIRAMIDALE.
(fig. 6)
I fasci di fibre nervose della via
Piramidale propria, che origina
dalla corteccia prefrontale o fron-
tale ascendente in prossimità della
scissura di Rolando scendono nella
capsula interna della sostanza
bianca e si dirigono poi o ai nervi
cranici, oppure scendono alle pira-
midi bulbari destra e sinistra per
poi decorrere nel fascio cosiddetto
piramidale diretto o crociato, po-sti rispettivamente nel cordone an-teriore e nel cordone laterale del midollo spinale. Il fascio pirami-
dale diretto, nel decorso verso la
parte caudale del midollo, cede man
mano fibre ai nuclei contro latera-
li della sostanza grigia. In tal
modo tutte le fibre durante la di-
scesa si incrociano e vanno a in-
nervare i muscoli della metà contro
laterale del corpo.
I nuclei delle corna anteriori del midollo spinale originano le
fibre della radice ventrale o anteriore dei nervi spinali. A li-
vello del tronco encefalico originano invece le fibre dei nervi
cranici motori oppure la componente motoria dei nervi cranici mi-
sti. Nervi cranici motori sono il IV (trocleare)VI (abducente),
VII (faciale),XI (accessorio) XII (ipoglosso), sono misti il III
(oculomotore) il V (trigemino), il IX (glosso faringeo) e il X
(vago, quest’ultimo il nervo più importante e ramificato, a parte
lo sciatico).
La via motrice piramidale che abbiamo appena visto è la via motri-
ce volontaria, che presiede ai movimenti più fini e coordinati.
Essa viene per così dire aiutata nelle sue funzioni dalla via ex-
trapiramidale o via motrice involontaria. Essa ORIGINA nel lobo
frontale e nel lobo parietale e dopo aver stazionato a livello dei
nuclei della base raggiunge il cervelletto e poi ritorna al Ponte
di Varolio e infine scende lungo il bulbo e il midollo spinale.

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LESIONE DELLE VIE MOTRICI
L’INTERRUZIONE DELLE VIE MOTRICI PIRAMIDALE E EXTRAPIRAMIDALE IN
QUALSIASI PUNTO DEL LORO PERCORSO DETERMINA PERDITA O DIMINUZIONE
DEI MOVIMENTI VOLONTARI E UNA MODIFICAZIONE DEI RIFLESSI E DEL TO-
NO MUSCOLARE. Lesioni del cervelletto causano disturbi o perdita dell’equilibrio, della corretta postura e del tono muscolare, pro-
prio per la sua connessione con le vie motrici extrapiramidali.
L’IPOTALAMO
Al di sotto dei nuclei talamici e
sotto il III ventricolo è posta
una piccola formazione ove sono
concentrati un gran numero di nu-
clei importanti per la nostra vi-
ta. Essendo posto sotto il talamo
questa formazione è stata definita
Ipotalamo.
Funzioni dell’ipotalamo. I nuclei
dell’ipotalamo hanno diverse im-
portanti funzioni tra cui: con-
trollo della pressione e della vo-
lemia mediante la secrezione di
ADH, cioè ormone antidiuretico, da parte dei nuclei sopraottico e paraventricolare.
Regolazione del metabo-
lismo dei carboidrati
dei grassi e delle pro-
teine.
Regolazione della tem-
peratura corporea agen-
do sulla vasocostrizio-
ne e sulla vasodilata-
zione periferiche.

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VIE SENSITIVE
Per quanto riguarda le vie sensitive il discorso è più complesso
rispetto a quello delle vie motrici (che ricordiamo sono quella
volontaria o piramidale e involontaria o extrapiramidale).
Bisogna dire anzitutto che mentre
le vie motrici hanno come stazione
finale i muscoli scheletrici (in-
nervati da fibre specifiche che
originano in grossi motoneuroni
del midollo delle corna anteriori
chiamati motoneuroni alfa) e i fu-
si neuromuscolari (innervati da
motoneuroni più piccoli detti gam-
ma), le vie sensitive originano
invece da una molteplicità di
strutture sensitive, e si dirigono
in modo centripeto allo S.N.C. che
raggiungono grazie all’assone cen-trale delle cellule a T dei gangli spinali o dei gangli dei nervi
cranici. Ma vediamo dapprima quali
sono i recettori dai quali origi-
nano i neuroni periferici del neu-
rone a T del ganglio spinale.
Il caldo e il freddo : corpuscoli di Ruffini e di Krause. Nel derma della nostra cute troviamo queste piccole formazioni tondeggianti ca-
paci di percepire anche modeste variazioni della
temperatura.
Essi sono i recettori della
sensibilità termica.
La pressione : due ulteriori tipi di recettori so-no i corpuscoli di Golgi (vedi sotto la ricostruzione
3D)e quelli di Vater-Pacini (vedi a lato). I
primi sono sensibili alle variazioni di
pressione legge-
re, i secondi
alle pressioni
forti esercitate
sulla cute.
Il dolore : non è stato stabili-
to con
certezza quali siano i recettori del
dolore, ma per semplicità consideriamo che vi siano dei recettori
Corpuscolo di Ruffini
Corpuscolo di Krause
Corpuscolo di Vater-Pacini
Corpuscolo di Golgi

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specifici anche per il dolore presenti nella cute e nei vari orga-
ni ed apparati.
LE CORNA POSTERIORI DEL MIDOLLO SPINALE
Gli assoni delle cellule dei gangli spinali e dei gangli dei nervi cranici si dividono in due : assone periferico, che collega i cor-
puscoli recettori visti prima col ganglio, e assone centrale, che
abbandonato il ganglio penetra nei corna posteriori del midollo spinale. Quindi la vera origine delle vie afferenti sensitive è il
ganglio a T spinale del nervo spinale stesso.
La sensibilità epicritica e la sensibilità protopatica.
La sensibilità epicritica corri-
sponde all’insieme delle seguenti
sensibilità :
- sensibilità propriocettiva,
- sensibilità tattile discrimina-
ta
- sensibilità termica tra 45 e 55
gradi.
La via nervosa che reca tale tipo
di sensibilità prende il nome di
via spino-bulbo-talamo-corticale
perché i neuroni che recano gli im-
pulsi di tali sensazioni contraggo-
no sinapsi nelle stazioni corrispondenti. Per sensibilità proprio-
cettiva si intende la capacità di percepire la posizione dei seg-
menti corporei nello spazio e la tensione muscolare associata
(funzione propria dei cosiddetti fusi neuromuscolari). La via sen-
sitiva della sensibilità epicritica raggiunge la corteccia cere-
brale del lobo parietale nella regione post-rolandica dove viene
elaborata e rappresentata dal cervello a livello cosciente.

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La sensibilità protopatica è l’insieme delle sensibilità dolorifi-ca, termica e tattile indiscriminata, è invece più grossolana e indistinta, ma forse più immediata. I neuroni a T o meglio la par-
te centrale del loro assone, penetrata nella sostanza grigia, su-
bito passano ai cordoni anteriori e laterali della sostanza bianca
del midollo, ascendono al talamo e di qui dopo una seconda sinapsi
giungono alla corteccia post-rolandica dell’area parietale (per la precisione circonvoluzione parietale ascendente, ma è una definizione per tecni-
ci).In genere prima di giungere al talamo le vie sensitive si in-
crociano e quindi le vie sensitive dell’emisoma sinistro arrivano
alla corteccia di destra e
vice versa.
Altre denominazioni. Secon-do i vari autori possiamo
trovare altre classifica-
zioni della sensibilità:
sensibilità soggettive e
oggettive. Vengono classi-
ficate come soggettive tre
tipi di sensibilità: il
prurito il dolore e le pa-
restesie (comunemente rife-
rite come formicolii). Sen-
sibilità oggettive invece
sono le sensibilità super-
ficiali e profonde, vitali
e gnosiche, protopatiche ed
epicritiche, esterocettive
e propriocettive.
LESIONI DEL MIDOLLO SPINALE E SENSIBILITÀ.
A seconda della localizzazione le lesioni del midollo possono in-
teressare prevalentemente le vie della sensibilità profonda oppure
della sensibilità tattile e superficiale. Per esempio nella sirin-gomielia vengono lese le fibre nervose della sostanza grigia pe-riependimale e quindi si ha perdita della sensibilità termica e
dolorifica, mentre viene conservata la sensibilità tattile (infat-
ti il cordone posteriore che ospita i fascicoli di Goll e Burdach
rimane intatto).

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Nella sindrome da Emisezione (sindrome cosiddetta di Brown e Se-quard) del midollo spinale si verifica perdita della capacità mo-toria e della sensibilità propriocettiva dal lato della lesione,
dal lato contro laterale alla lesione anestesia termica e dolori-
fica. Tale sindrome si verifica per la presenza di tumori intra o
extramidollari, degenerazione del midollo, traumi.
Sindrome da lesione trasversa completa: la sezione completa del midollo si esprime con tre fasi successive a livello clinico
1) Fase dello shock midollare con comparsa di paralisi flaccida a valle della sezione, abolizione dei riflessi sia tendinei
che cutanei, anestesia totale delle regioni corporee sotto la
sede della lesione, ritenzione di urine e feci, impossibilità
all’erezione ed eiaculazione,comparsa di turbe trofiche della
cute e delle masse muscolari, caduta della pressione arte-
riosa per vaso paralisi, ipertermia cutanea.
2) Comparsa dei fenomeni cutaneo riflessi di difesa con triplice retrazione dell’arto inferiore e comparsa di automatismi mi-
dollari con emissione di urine e feci in via riflessa
3) Fase cronica con atteggiamento tipico in flessione degli arti specie nel paraplegico
Tabe dorsale : è una condizione patologica che si riscontra in ca-so di neurolue. In questo caso vi è degenerazione dei cordoni po-
steriori con perdita della sensibilità profonda(propriocettiva co-
sciente) e tattile discriminata,mentre risultano conservate la
sensibilità termica e dolorifica

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Questo quadro si può osservare anche in caso di rammollimento del
midollo da insufficiente irrorazione ematica per embolia trombosi,
compressione delle arterie midollari ecc.
Analisi del paziente con deficit motori
Vediamo meglio alcuni aspetti della patologia delle vie motorie.
LESIONE DELLE PIRAMIDI.
La lesione delle vie piramidali comporta un segno caratteristico:
ipertonia piramidale o spasticità, che a livello clinico è eviden-ziabile col segno cosiddetto del temperino o del coltello a serra-manico, perché dopo un’iniziale resistenza si ha la flessione im-provvisa dell’arto. Il pz. atteggia il piede in modo equino varo,
la sua andatura con l’arto emiplegico inferiore esteso e rigido è
detta falciante. Di contro l’arto superiore dal lato leso è fles-so. La spiegazione è che la compromissione della via piramidale
slatentizza le vie che comandano il tono posturale e i muscoli an-
tigravitari, che quindi si contraggono.
LESIONE DELLE VIE EXTRAPIRAMIDALI
La lesione delle vie extrapiramidali produce la rigidità sia dei
muscoli agonisti che antagonisti, quindi l’arto del paziente è ri-
gido si flette con difficoltà dando l’impressione di un tubo di
piombo o di una troclea dentata.
DECEREBRAZIONE
Nell’animale da esperimento
la sezione del tronco ence-
falico tra i tubercoli qua-
drigemini produce un quadro
di rigidità con tutti gli
arti estesi. Nell’uomo si
verifica una rigidità dei
mm. Antigravitari, quindi
pronazione e rotazione in-
terna degli avambracci, e-
stensione e rigidità dei 4
arti, testa in opistotono.
Questo quadro può verifi-
carsi nei traumatizzati
cranici con lesioni del
tronco o delle prime verte-
bre cervicali.

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DECORTICAZIONE
La rigidità decorticata si presenta con flessione degli arti supe-
riori, estensione degli arti inferiori, flessione plantare dei
piedi. Questo atteggiamento si verifica nei casi di lesioni tala-
miche, dei gangli della base e della capsula interna. La spiega-
zione di questi fenomeni è molto complessa e ancora oggi incerta e
comunque esula dalla nostra trattazione.(vedi figura)
LESIONE DEL NEURONE MOTORE CENTRALE E PERIFERICO
I quadri patologici che possono svilupparsi secondo che il neurone
interessato sia un neurone motore centrale o periferico sono ov-
viamente differenti. Vedremo brevemente alcune caratteristiche
delle due situazioni.
Moto Neurone centrale. In tal caso sono sempre interessati più
gruppi muscolari, mai un singolo muscolo. Compare spasticità come
detto per le lesioni piramidali. I riflessi sono aumentati e pos-
sono esservi clonie. Se la lesione riguarda il moto neurone peri-
ferico. Vi è paralisi di un singolo muscolo o di un gruppo di mu-
scoli, vi è flaccidità , i riflessi profondi sono diminuiti o as-
senti, vi sono spesso fascicolazioni e fenomeni vasomotori. Per
la nostra trattazione non è utile approfondire ulteriormente que-
sto argomento.
Test sul paziente
Consiste nell’eseguire sul paziente la prova di Mingazzini sia a-
gli arti superiori che inferiori, per saggiarne la resistenza mu-
scolare. La prova può essere eseguita tanto col paziente sdraiato
a letto che col paziente seduto.
IL COMA
1) Disturbi di coscienza
2) Disturbi del respiro
3) Disturbi delle pupille
4) Alterazioni delle funzioni motorie
Per il punto 1 vi può essere una compromissione dello stato di coscienza che permette comunque di interagire col paziente, an-

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che se questi è soporoso, rallentato e tende ad addormentarsi.
Il malato può eseguire sia pure con difficoltà ordini semplici,
risponde a stimoli verbali. Inoltre localizza lo stimolo doloro-
so e lo allontana.
In un secondo stadio il malato è soporoso e localizza con diffi-
coltà lo stimolo doloroso, non sempre riesce a fare il tentativo
di allontanarlo. Nello stadio di coma profondo il malato non a-
pre gli occhi né per stimoli verbali né dolorosi non localizza
il dolore non allontana lo stimolo doloroso. Inoltre può presen-
tare atteggiamento decorticato o decerebrato.
Il respiro: lesione emisfe-
rica o diencefalica. Respi-
ro di Cheyne Stokes, anche detto periodico, con perio-
di successivi di apnea e
iperpnea.
Lesione del mesencefalo e
del ponte: iperventilazio-ne neurogena
Lesione dei 2/3 pontini
caudali: respiro apneusti-co, a grappolo, atassico.
Lesione bulbare: respiro
regolare lento

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SISTEMA NERVOSO AUTONOMO O VEGETATITVO
Si chiama così quella parte del sistema nervoso che gestisce in
modo indipendente dalla volontà del soggetto tutte le funzioni
vitali quali la pressione arteriosa, il ritmo cardiaco, la fre-
quenza della respirazione, la secrezione acida gastrica, la su-
dorazione, la pilo erezione, il rabbrividimento per innalzare la
temperatura corporea quando fa freddo e così via.
Il sistema nervoso autonomo è classicamente diviso in due parti,
il sistema nervoso Parasimpatico e il Sistema Nervoso Ortosimpa-tico. Mentre il Sistema nervoso Parasimpatico è territorialmente limitato al capo e agli organi pelvici, l’ortosimpatico è molto
esteso e ha una tipica distribuzione metamerica, cioè che segue
un ideale suddivisione che si realizza osservando dove si collo-
cano le uscite delle radici dei nervi dalla colonna vertebrale.
L’origine del sistema Parasimpatico si trova nei nuclei nervosi
del midollo allungato e del Ponte di Varolio, inoltre nel tratto
terminale del midollo spinale.
L’origine del sistema ortosimpatico è invece la colonna laterale
della sostanza grigia del midollo spinale. Gli assoni dei neuro-
ni di tale colonna decorro nelle radici anteriori (e anche in
alcuni casi nelle posteriori) dei nervi spinali e all’altezza
del tronco nervoso del nervo, tramite due tipi di rami comuni-
canti detti rami comunicanti bianchi (fibre mieliniche) e grigi
(fibre mieliniche) vanno a fare sinapsi nel ganglio ortosimpati-
co propriamente detto. I gangli del’ortosimpatico costituiscono
così una catenella ai lati della colonna vertebrale da cui si
dipartono i nervi dell’ortosimpatico che vanno a innervare tutti
gli organi e inoltre le ghiandole sudoripare e i muscoli eretto-
ri del pelo.
Il neurotrasmettitore tipico del sistema nervoso simpatico è
l’acetilcolina (ACH), ma mentre il parasimpatico si serve sempre di questo neurotrasmettitore, l’ortosimpatico lo utilizza fino a
livello delle sinapsi gangliari, i neuroni postgangliari invece
hanno come trasmettitori tipici l’adrenalina e la nor-
adrenalina, molecole che sono note come catecolamine. Unica ec-cezione sono le ghiandole sudoripare che pure essendo innervate
dall’ortosimpatico hanno come neurotrasmettitore l’ACH.
Il sistema nervoso simpatico o vegetativo o autonomo funziona
grazie all’azione contrapposta dei suoi due sottosistemi. Infat-
ti, mentre il sistema parasimpatico rallenta le funzioni vitali
e in generale fa sì che l’organismo umano risparmi energia,
l’ortosimpatico invece accelera e potenzia tutte le funzioni. Le
catecolamine, infatti, aumentano la frequenza cardiaca e la for-
za di contrazione del cuore, la frequenza respiratoria, la pres-
sione arteriosa, la concentrazione, la pilo erezione, la secre-
zione di cortisolo da parte del surrene, aumenta il metabolismo

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degli zuccheri e dei grassi per produrre energia, insomma fa sì
che l’organismo sia pronto a reagire a situazioni di stress (at-
tacco- difesa- fuga ecc ).
LA TRASMISSIONE SINAPTICA ( per chi ha voglia di leggere.)
L’arrivo di un potenziale d’azione (AP) a una sinapsi provoca la di-
smissione nello spazio intersinaptico di quanti di neurotrasmettitore
che nel caso del sistema nervoso vegetativo è l’ACH. Se i quanta di
detto neurotrasmettitore sono sufficienti a causare un’inversione del-
la polarizzazione della membrana postsinaptica, si scatenerà un poten-
ziale d’azione nel secondo neurone, cioè in quello postsinaptico. I
recettori dell’ACH sono di due tipi diversi, come è stato dimostrato
da ricerche in cui l’atropina bloccava un tipo di recettori e la tubo
curarina ( un tipo di curaro) invece solo gli altri. I recettori che
reagiscono alla nicotina e sono bloccati dal curaro sono definiti ni-cotinici, i recettori bloccati dall’atropina e che reagiscono
all’estratto di amanita muscaria (un fungo velenoso) sono detti musca-rinici. A loro volta queste due classi di recettori per l’ACH sono
suddivisi in sottopopolazioni, per esempio i recettori muscarinici so-
no del tipo M1 se sono gangliari, o del tipo M2 se sono a livello del-la placca motrice muscolare. In natura esistono una quantità di so-
stanze capaci di interferire con la trasmissione sinaptica dei neuro-
trasmettitori. Per esempio la cocaina causa un accumulo di catecolami-ne nella sinapsi impedendo la loro rimozione dalla sinapsi stessa, e
questo spiega l’effetto eccitatorio di questa droga. Che cosa accade
all’ACH dopo la sua dismissione nella fessura intersinaptica? Essa
viene rimossa rapidamente e poi idrolizzata da un’enzima noto come a-cetil colinesterasi. Esistono sostanze come gli insetticidi fluorurati ( DFP o Isofluorato, Sarin Paraoxon,Parathion, ecc) capaci di inatti-
vare questo enzima. L’ACH si accumula allora a livello della giunzione
neuromuscolare causando una contrazione continua e spastica della mu-
scolatura, inclusa quella respiratoria, e di conseguenza causa la mor-
te per asfissia del soggetto colpito. Questi composti possono penetra-
re facilmente nel nostro organismi sia con la respirazione che attra-
verso la pelle perché sono estremamente lipofili. Da qui ben si com-
prende la loro pericolosità per coloro che lavorano a contatto con ta-
li sostanze. Dal punto di vista della farmacologia vi sono agenti anti
colinesterasici cosiddetti reversibili, nel senso che la loro azione
ha una durata limitata nel tempo, che vengono usati in terapia in ma-
lattie particolari come la Miastenia Grave o nell’atonia del muscolo
detrusore della vescica. Per completezza di trattazione ricordiamo gli
effetti dell’ACH a livello fisiologico: essa rallenta la frequenza
cardiaca, causa una vaso-dilatazione e caduta della pressione arterio-
sa, diminuisce la forza di contrazione del cuore, promuove la peri-
stalsi della muscolatura liscia intestinale, favorisce la produzione
di succhi gastrici, a livello urinario favorisce lo svuotamento della
vescica, a livello delle ghiandole sudoripare incrementa la secrezione
così come a livello delle ghiandole salivari. Gli agenti chimici che
antagonizzano l’ACH come l’atropina, infatti, causano secchezza delle
fauci e bloccano la peristalsi e la sudorazione, inoltre impediscono
la visione da vicino ( la messa a fuoco da vicino dipende dal Parasim-
poatico e quindi dall’ACH). Infine rallentano la peristalsi intestina-
le e danno stipsi. Nei bambini l’assunzione di colliri a base di atro-
pina può facilmente dare luogo a un’intossicazione da derivati della
belladonna, con confusione, delirio, secchezza delle fauci e iperter-

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mia. Anche il contatto con pomate alla scopolamina, un farmaco simile
all’atropina, può causare intossicazione nei bambini. L’atropina è co-
munque un farmaco molto utile. Rallentando la peristalsi aiuta a dimi-
nuire il dolore di tipo colico addominale, inoltre è usato in oculi-
stica per dilatare le pupille e permettere l’esame del fondo
dell’occhio.
AGENTI BLOCCANTI NEUROMUSCOLARI
Agenti che stabilizzano il potenziale di membrana come il curaro
o che causano una depolarizzazione della membrana come la succi-
nilcolina sono detti agenti bloccanti neuromuscolari e contra-
riamente alle sostanze viste finora agiscono sui recettori nico-
tinici. Il curaro è un veleno conosciuto da secoli. Gli indiani dell’amazzonia usavano avvelenare le loro frecce col curaro per
uccidere gli animali selvatici. Il curaro blocca la muscolatura
respiratoria causando rapidamente la morte. Attualmente in ane-
stesia si usano derivati del curaro per bloccare i muscoli re-
spiratori in sala operatoria e poter così operare il paziente
con maggiore tranquillità (ovviamente il soggetto viene ventila-
to in modo opportuno durante l’intervento). Anche il veleno di
molti serpenti come la Naja e il cobra agiscono in modo simile
al curaro.
Veniamo ora a trattare alcune importanti patologie del SNC che
capita spesso di incontrare nella vita professionale presso le
RSA e le cliniche in cui OSS e infermieri si trovano ad operare,
ovviamente a fianco ai medici.
LE EPILESSIE
Si tratta di una vera e propria costellazione di patologie la
cui origine rimane sostanzialmente ignota e che si presentano in
modo accessuale e periodicamente ripetitivo con attacchi in cui
il paziente può presentare una serie di sintomi che vanno dalla
perdita di conoscenza (grande male) a una crisi tonico-clonica a
coscienza conservata o addirittura a crisi di afasia o disartria
(il paziente non è più in grado, improvvisamente, di parlare o
di esprimersi e di capire quel che gli si dice). La crisi è do-
vuta a una scarica neuronale che può investire tutto il cervello
(crisi generalizzata) o soltanto un’area di esso (crisi parzia-
le). Le crisi parziali possono successivamente generalizzarsi.
Solo l’EEG (ElettroEncefaloGramma) può aiutarci a distinguere
queste due ultime evenienze.
Un tipo particolare di crisi epilettica è la marcia Jacksoniana,
cosiddetta in quanto descritta da Jackson, il quale notò che al-
cuni pazienti avevano delle crisi con coscienza conservata in
cui però la crisi stessa colpiva in successione vari distratti
motori dallo stesso lato del corpo, seguendo lo schema che ri-
troviamo a livello della circonvoluzione parietale ascendente
(homunculus). Oltre alle crisi di grande male vi possono essere
crisi con perdita di conoscenza per pochi secondi o al massimo

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un minuto dette crisi di piccolo male. Specie durante le crisi
di grande male il paziente
tende a mordersi la lingua
mentre è privo di cono-
scenza e se vi sono contra-
zioni tonico cloniche può
battere io capo sul pavi-
mento dopo essere caduto,
privo di conoscenza. Spesso
la crisi si annuncia con un
urlo sordo e rauco.
Chi assiste all’esordio
della crisi deve immediata-mente chiamare soccorso e
posizionare un cuscino o
una giacca dietro la testa
del pazien-
te per im-
pedire che
si ferisca
al capo.
Inoltre se
possibile
bisogna posizionare un cuneo apri bocca in modo
da impedire la morsicatura della lingua. Al
termine della crisi vi può essere perdita di u-
rine, raramente anche di feci.
La causa dell’epilessia non è nota, comunque si
sa che vi sono fattori predisponenti.
Nell’anziano per esempio un improvvisa caduta
della glicemia dovuta a errata somministrazione
di insulina o una crisi ipoglicemica spontanea
possono precipitare la crisi comiziale. Anche i traumi cranici
sono spesso seguiti a distanza di tempo dall’insorgere di crisi
comiziali. Altre cause favorenti sono quelle perinatali (durante
e dopo il parto) o la malattia della madre durante la gravidanza
(specie toxoplasmosi e rosolia). Per quanto riguarda l’incidenza
soffre di epilessia circa il 4% della popolazione, in Italia si
stima che vi siano circa 250.000 epilettici.
Crisi convulsive prolungate ( anche focali) possono provocare danni cerebrali irreversibili e necessitano di intervento medico urgente. Le crisi non convulsive rappresentano circa ¼ degli at-
tacchi epilettici. Lo stato epilettico non convulsivo può essere
generalizzato (stato di assenza ) o complesso senza perdita di
conoscenza. Questi casi rappresentano un minore pericolo per la
vita del paziente ma richiedono intervento terapeutico rapido
perché possono esitare in deficit cognitivi e della memoria.

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COSA FARE
Crisi generalizzata di grande male .
• Durante la crisi: mettere il paziente sdraiato, posizionare
qualcosa di morbido sotto il capo.
• Allontanare oggetti taglienti o rigidi
• Slacciare capi di vestiario troppo stretti.
• Non introdurre nulla tra i denti
• Non bloccare i movimenti degli arti
Dopo la crisi.
• Mettere il paziente in posizione laterale di sicurezza
• Non dare nulla da bere o da mangiare prima che il paziente si
sia del tutto riavuto
• Vigilare sul paziente fino a completa ripresa della coscienza
Crisi parziali complesse (temporali psicomotorie)
Durante la crisi :
• Non cercare di fermare o trattenere il paziente
• Allontanarlo da oggetti pericolosi
• Non scuoterlo
• Non avvicinarlo se sembra aggressivo
Dopo la crisi: osservare il soggetto e restargli a fianco fino a
che non si è del tutto ripreso.