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ANATOMIA Lo studio dell’anatomia umana da un punto vista scientifico risale alla scuola aristotelica. Il termine anatomia deriva dal greco Anathomé (dissezionare). Inizialmente il corpo veniva studiato con la dissezione, tuttavia ciò ha un limite fisico, poiché l’occhio umano non può osservare due oggetti differenti a meno di 0,2 mm di distanza. La svolta avvenne nel XVII secolo, con l’invenzione del microscopio, che diede il via all’anatomia microscopica, si è passato così da 0,2 mm a 0,2 micron. Questo tipo di studio è limitato dal fatto che oltre i 0,2 micron non si poteva andare. Ciò ha portato all’invenzione dei microscopi elettronici, che ha incrementato l’ingrandimento portando ad osservare le strutture interne delle cellule. I microscopi elettronici sono due: a trasmissione, che immortala immagini bidimensionali; a scansione che permette una ricostruzione tridimensionale della superficie delle cellule. Le metodiche precedenti hanno un limite: vengono effettuate su esseri non viventi; pertanto sono nate nuove tecniche di diagnostica per immagine, come radiografie, tac e lastre. Le cellule formano i tessuti, i quali sono quattro nel corpo umano: epiteliale, connettivo, muscolare e nervoso. Questi tessuti danno vita a degli organi. Più organi costituiscono degli apparati; per apparato si intende un insieme di organi che hanno la presenza di tutti i tessuti e gli apparati sono: locomotore, circolatorio, respiratorio, digerente, urinario, genitale, tegumentario, endocrino, e sistema nervoso (non è considerato apparato perché il tessuto principale che lo costituisce è il tessuto nervoso). L’anatomia viene studiata con due metodi: sistematico, che può avere informazioni di tipo microscopico e macroscopico, studia gli apparati in maniera continua, (esempio dal naso al polmone nel respiratorio); topografico, che studia delle regioni specifiche del corpo, che possono essere regioni o cavità. Gli organi sono classificabili in due categorie: cavi, che presentano al loro interno una cavità e sono caratterizzati da una sovrapposizione di tonache, con tonache più interne e più esterne, nettamente differenziate le une dalle altre (nel canale alimentare per esempio una tonaca mucosa, una tonaca sottomucosa e una tonaca muscolare); pieni, caratterizzati da una capsula di tipo connettivale che circonda l’organo, da dove possono partire dei setti che si approfondano all’organo, costituendo lo stroma (una specie di scheletro), che da supporto a vasi e nervi all’interno dell’organo; le cellule negli spazi tra i setti dello stroma costituiscono il parenchima, che può essere di diversi tipi di tessuto (epitelio, tessuto linfoide, tessuto muscolare striato e tessuto nervoso). Da un punto di vista topografico bisogna per prima prendere in considerazione la posizione di normalità, ossia in posizione eretta , con gli arti inferiori addotti e i palmi delle mani rivolte avanti. Ci sono tre piani con cui studiare il corpo: piano orizzontale, piano trasversale e piano verticale; vengono quindi tracciate delle linee secondo i piani per studiare il corpo. Da queste linee il corpo può essere suddiviso in due regioni: porzione assile (testa e tronco), che può essere divisa in regioni più piccole, regione della testa, regione del collo, regione del torace, regione dell’addome, regione della pelvi e regione perineale; porzione appendicolare (arti inferiori e arti superiori), che può essere suddivisa a sua volta in parti più piccole, sull’arto superiore c’è spalla, braccio, avanbraccio e mano, sull’ arto inferiore anca, coscia, gamba e piede. APPARATO LOCOMOTORE COLONNA VERTEBRALE È costituito da ossa, articolazioni e muscoli, e determina la postura e i movimenti nell’ambiente, definisce la forma esterna del corpo e accoglie altri organi ed apparati nelle cavità che delimita. Inoltre ha un rapporto

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ANATOMIA

Lo studio dell’anatomia umana da un punto vista scientifico risale alla scuola aristotelica. Il termine

anatomia deriva dal greco Anathomé (dissezionare). Inizialmente il corpo veniva studiato con la dissezione,

tuttavia ciò ha un limite fisico, poiché l’occhio umano non può osservare due oggetti differenti a meno di

0,2 mm di distanza. La svolta avvenne nel XVII secolo, con l’invenzione del microscopio, che diede il via

all’anatomia microscopica, si è passato così da 0,2 mm a 0,2 micron. Questo tipo di studio è limitato dal

fatto che oltre i 0,2 micron non si poteva andare. Ciò ha portato all’invenzione dei microscopi elettronici,

che ha incrementato l’ingrandimento portando ad osservare le strutture interne delle cellule. I microscopi

elettronici sono due: a trasmissione, che immortala immagini bidimensionali; a scansione che permette una

ricostruzione tridimensionale della superficie delle cellule. Le metodiche precedenti hanno un limite:

vengono effettuate su esseri non viventi; pertanto sono nate nuove tecniche di diagnostica per immagine,

come radiografie, tac e lastre.

Le cellule formano i tessuti, i quali sono quattro nel corpo umano: epiteliale, connettivo, muscolare e

nervoso. Questi tessuti danno vita a degli organi. Più organi costituiscono degli apparati; per apparato si

intende un insieme di organi che hanno la presenza di tutti i tessuti e gli apparati sono: locomotore,

circolatorio, respiratorio, digerente, urinario, genitale, tegumentario, endocrino, e sistema nervoso (non è

considerato apparato perché il tessuto principale che lo costituisce è il tessuto nervoso).

L’anatomia viene studiata con due metodi: sistematico, che può avere informazioni di tipo microscopico e

macroscopico, studia gli apparati in maniera continua, (esempio dal naso al polmone nel respiratorio);

topografico, che studia delle regioni specifiche del corpo, che possono essere regioni o cavità.

Gli organi sono classificabili in due categorie: cavi, che presentano al loro interno una cavità e sono

caratterizzati da una sovrapposizione di tonache, con tonache più interne e più esterne, nettamente

differenziate le une dalle altre (nel canale alimentare per esempio una tonaca mucosa, una tonaca

sottomucosa e una tonaca muscolare); pieni, caratterizzati da una capsula di tipo connettivale che circonda

l’organo, da dove possono partire dei setti che si approfondano all’organo, costituendo lo stroma (una

specie di scheletro), che da supporto a vasi e nervi all’interno dell’organo; le cellule negli spazi tra i setti

dello stroma costituiscono il parenchima, che può essere di diversi tipi di tessuto (epitelio, tessuto linfoide,

tessuto muscolare striato e tessuto nervoso).

Da un punto di vista topografico bisogna per prima prendere in considerazione la posizione di normalità,

ossia in posizione eretta , con gli arti inferiori addotti e i palmi delle mani rivolte avanti. Ci sono tre piani

con cui studiare il corpo: piano orizzontale, piano trasversale e piano verticale; vengono quindi tracciate

delle linee secondo i piani per studiare il corpo. Da queste linee il corpo può essere suddiviso in due regioni:

porzione assile (testa e tronco), che può essere divisa in regioni più piccole, regione della testa, regione del

collo, regione del torace, regione dell’addome, regione della pelvi e regione perineale; porzione

appendicolare (arti inferiori e arti superiori), che può essere suddivisa a sua volta in parti più piccole,

sull’arto superiore c’è spalla, braccio, avanbraccio e mano, sull’ arto inferiore anca, coscia, gamba e piede.

APPARATO LOCOMOTORE

COLONNA VERTEBRALE

È costituito da ossa, articolazioni e muscoli, e determina la postura e i movimenti nell’ambiente, definisce la

forma esterna del corpo e accoglie altri organi ed apparati nelle cavità che delimita. Inoltre ha un rapporto

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biunivoco con il sistema nervoso che ne regola le modificazioni nell’ambito dell’ambiente esterno e la

capacità di spostarsi nell’ambiente esterno. L’apparato locomotore del tronco è costituito da ossa,

articolazioni e muscoli che riguardano la regione del dorso, del collo, del torace e dell’addome. Nella

regione mediana del dorso vi è una struttura che prende il nome di rachide, ossia un complesso costituito

da ossa, articolazione e muscoli, che forma la struttura portante del tronco e che sostiene la testa. La

colonna vertebrale è costituita da più segmenti scheletrici detti vertebre; esse sono 33 o 34 e sono

posizionate le une sopra le altre e si suddividono in diverse regioni: la regione più alta è occupata dalle 7

vertebre cervicali (indicate con c e un numero in base alla vertebra: c1 la prima , c2 la seconda ecc..); a

seguire ci sono le 12 vertebre toraciche (indicate con t e il numero); poi ci sono le 5 vertebre lombari (l1 l5);

infine le ossa sacrali, che sono 5 ma unite in un unico osso, e le ossa coccigee 3 o 4 che completano la

colonna vertebrale. Se la colonna vertebrale viene osservata da davanti o da dietro la colonna vertebrale

appare dritta, se vista di lato si presentano alcune curvature. Queste curvature possono presentare una

concavità posteriore (lordosi), che riguarda sia la porzione cervicale, sia la porzione lombare o concavità

aperta anteriormente (cifosi).

La vertebra tipo è costituita da un corpo di forma cilindrica rivolto anteriormente e da una struttura ad arco

rivolta posteriormente; esse danno luogo alla presenza di un foro, detto foro vertebrale, il quale, insieme

agli altri fori delle altre vertebre, costituisce un canale che viene occupato da una porzione del sistema

nervoso centrale, il midollo spinale. L’arco nella parte posteriore può essere diviso in due porzioni: una che

connette l’arco al corpo, che prende il nume di peduncolo dell’arco vertebrale e una porzione laminare

(due lamine) che si porta posteriormente; le due lamine si uniscono nella regione posteriore e si

continuano con un processo osseo allungato che prende il nome di processo spinoso che è rivolto

posteriormente. Nel punto in cui il peduncolo si continua con la lamina ci sono altri processi ossei: due

processi osseo che si portano lateralmente detti processi trasversi e un processo osseo che si sviluppa in

senso verticale dando luogo ad due regioni pianeggianti che vanno a costituire il processo articolare

superiore e il processo articolare inferiore. Al livello del peduncolo (se si osserva la vertebra lateralmente) si

notano due incisure: un’incisura inferiore molto pronunciata e un’incisura superiore meno pronunciata;

esse sono fondamentali perché nel momento in cui due vertebre contigue si articolano l’incisura inferiore

di una vertebra e l’incisura superiore della vertebra sottostante vanno a delimitare un foro che permette il

passaggio dei nervi che si originano dal midollo spinale ed arrivano alla periferia del corpo.

Le vertebre in base alla posizione presentano delle caratteristiche: nelle vertebre cervicali il processo

trasverso presenta un foro e il processo spinoso presenta una morfologia di divisione ad Y; ciò è perché il

foro nel processo trasverso è occupato dall’arteria cervicale che si porta verso la regione superiore del

cranio, e nella Y del processo spinoso decorre un legamento; le vertebre cervicali inoltre sono più piccole

rispetto alle vertebre sottostanti; le prime due vertebre hanno due nomi specifici, atlante ed epistrofeo; la

prima è caratterizzata dalla presenza di un arco posteriore e nella parte anteriore, al posto del corpo che si

trova in una vertebra tipo c’è un arco, la parte laterale è uguale; il corpo non c’è perché durante lo sviluppo

esso si è fuso con il corpo della vertebra sottostante; epistrofeo ha infatti un’escrescenza ossea (dente) che

si stacca dalla superficie superiore del corpo e si va a posizionare in stretto rapporto con l’arco anteriore di

atlante; queste due vertebre sono fatte in modo tale far ruotare atlante sul dente di epistrofeo, così che la

testa possa ruotare facilmente.

Le vertebre toraciche si differenziano dalle vertebre cervicali per determinate caratteristiche: sono presenti

delle superfici articolari sull’apice del processo trasverso e vi è la presenza di due piccole faccette articolari

al limite con il peduncolo dell’arco vertebrale, esse permettono l’articolazione con le coste, andando a

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determinare la gabbia toracica. Al livello della prima e dell’ultima vertebra toracica che ne presentano solo

una.

Il tratto lombare è caratterizzato da una vertebra con dei processi trasversi di grandi dimensioni, proprio

per questo è definito (solo nella vertebra lombare) processo costiforme, esso da l’inserzione a strutture

muscolari che vanno ad inserirsi nella parte inferiore della colonna vertebrale.

Il tratto sacro-coccigeo ha le vertebre fuse tra loro e anteriormente c’è la presenza di fori, che

corrispondono ai fori che vengono a formarsi tra le incisure al livello del peduncolo dell’arco, andando a

costituire i fori intervertebrali, che permettono il passaggio dei nervi spinali che si portano verso la

periferia; nelle vertebre sacrali i fori sono visibili sia anteriormente che posteriormente; altra caratteristica

è la cresta mediana formata dalla fusione dei processi spinosi; inoltre la parte superiore presenta una

differenziazione di lato che presenza un’estesa superficie articolare detta faccetta auricolare, la quale

permette l’articolazione con le ossa dell’anca che va a costituire il bacino osseo, il punto di ancoraggio della

colonna vertebrale sul bacino.

Le vertebre presentano due diversi tipi di articolazione, una che si viene ad istaurare tra un corpo e un altro

e una che si viene ad istaurare tra i vari processi articolari. L’articolazione che si istaura tra corpo e corpo fa

parte del gruppo delle sinartrosi, ossia del gruppo di articolazioni che hanno continuità, che in questo caso

è dato da un disco cartilagineo che è posizionato tra un corpo e l’altro; questo disco intervertebrale

cartilagineo è formato da una porzione esterna rigida di tipo fibroso e una porzione centrale che presenta

un quantitativo superiore di acqua, che lo rende deformabile grazie al peso che grava su di esso; questa

deformabilità permette dei piccoli movimenti di un corpo vertebrale rispetto a un altro, che sommati (i

movimenti) gli uni agli altri permettono alla colonna vertebrale una buona motilità. Le articolazioni che si

istaurano tra i processi articolari sono nel gruppo delle diartrosi, ossia articolazioni per contiguità, dove le

due faccette articolari si avvicinano tra loro e sono mantenute in sito da una capsula legamentosa; per la

loro morfologia dove vi sono due superfici articolari di forma pianeggiante, questo tipo di articolazione è

detta artodìa che permette dei movimenti su un piano. Le strutture capsulo-legamentose che bloccano e

rinforzano le vertebre sono varie: legamenti longitudinali, che sono disposti anteriormente e

posteriormente al corpo, sono due ampie e lunghe strisce fibrose che si portano dal sacro fino alle vertebre

cervicali; legamenti gialli, sono posizionati al livello della prima porzione dell’arco; legamenti

intertrasversari che si trovano tra un processo trasverso e un altro; legamenti interspinosi che si trovano tra

il processo spinoso di una vertebra e quello di un’altra; legamenti sovraspinosi, molto lunghi, posizionato

all’interno della biforcazione del processo spinoso delle vertebre cervicali.

Per quanto riguarda le vertebre atlante ed epistrofeo ci sono altre articolazioni dette atloassiali: mediana,

che è data da una struttura complessa in cui c’è una faccetta articolare disposta al livello della faccia

posteriore dell’arco anteriore, si appoggia la faccetta articolare che ci circonda il dente di epistrofeo; questo

tipo di articolazione favorisce una rotazione della prima vertebra intorno al fulcro determinato dal dente di

epistrofeo, che viene mantenuto in sito da questo robusto legamento trasverso dell’atlante che appoggia

posteriormente il dente dell’epistrofeo stesso; laterali, che sono sovrapponibili per caratteristiche e

morfologia alle articolazioni tra le faccette articolari; infine l’articolazione che si viene a creare tra la

faccetta articolare superiore molto estesa della prima arteria cervicale con le corrispondenti faccette

articolari che sono presenti nella faccia anteriore del cranio, al livello della regione inferiore del dosso

occipitale, andando a costituire le articolazioni atloccipitali, che permettono la flesso-estensione della testa

rispetto alla colonna vertebrale.

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Le normali curvature sono diverse in base all’età: in un infante c’è una grossa curva a concavità anteriore,

mentre nell’adulto vi sono due concavità anteriori e due concavità posteriori alternate, poiché è la migliore

morfologia per sopportare la posizione eretta.

Nel suo insieme la colonna vertebrale può dare vita ad una flesso-estensione molto ampia: vi è una

flessione ventale di circa 80°e un estensione dorsale che sommata da circa 100°; c’è anche una rotazione di

circa 90°.

Ciò che determina il mantenimento della postura e il movimento della colonna vertebrale sono i muscoli

del rachide definiti in tre gruppi: muscoli posteriori, detti anche delle docce vertebrali, essi vanno ad

occupare lo spazio tra i processi spinosi e i processi trasversi; sono i muscoli erettori della colonna

vertebrale che mantengono la normale morfologia con la doppia curvatura e la stazione eretta del corpo;

possono essere distinti in muscoli profondi, molto brevi che si portano da una vertebra all’altra, muscoli

intermedi, leggermente più lunghi che si portano da i processi trasversi di origine ai processi trasversi che si

trovano superiormente però a distanza di 2/4 vertebre, e muscoli superficiali, lunghi, che decorrono dalla

parte inferiore del sacro fino a raggiungere la parte superiore del libello cervicale, e vanno ad inserirsi al

livello dell’osso occipitale. Muscoli anteriori, meno importanti, che controllano i movimenti della colonna

vertebrale. Importanti sono i muscoli anteriori della regione del collo, si portano dalla regione superiore

della gabbia toracica, a raggiungere la parte inferiore del cranio; tra queste strutture di trova l’osso ioide,

che fa da punto di ancoraggio per muscoli che partono dalla parte superiore del torace fino ad esso e da

esso alla base cranica; i muscoli anteriori sono divisi in due categorie: muscoli sopraioidei e sottoioidei, essi

hanno la funzione di muovere la testa e la mandibola, nonché di delimitare anteriormente uno spazio

all’interno del collo che verrà attraversato da organi per raggiungere le grandi cavità all’interno del torace e

dell’addome.

CRANIO

La testa può essere divisa in due regione nettamente separate: superoposteriore, che prende il nome di

neurocranio e una anteroinferiore che prende il nome di splancnocranio. Esse sono suddivisibili attraverso

una linea che parte dalla radice del naso, segue il margine superiore delle cavità orbitarie, per portarsi sulla

parete laterale della cavità orbitaria stessa e da qui scende obliquamente verso l’orecchio portandosi in

basso verso il processo mastoideo seguendo la linea che trova inferiormente.

Lo splancnocranio (detto così perché presenta l’apertura verso l’esterno di organi splancnici, come

apparato digerente, respiratorio, e il bulbo oculare) presente delle ampie cavità: superiormente le cavità

orbitarie, nella parte intermedia le cavità nasali e inferiormente la cavità boccale. La porzione del

neurocranio appare come una struttura ampia e vuota che contiene uno spazio molto sviluppato all’interno

del quale è contenuto l’encefalo.

Partendo dalla parte anteriore andando verso la posteriore: osso frontale, osso impari etmoide, osso impari

sfenoide, osso impari occipitale (sono ossa impari perché si trovano lungo la linea mediana), alle ossa

impari sono connesse le ossa pari che chiudono il neurocranio, cioè osso parietale e osso temporale.

L’osso frontale presenta una superficie liscia che costituisce la porzione anteriore del neurocranio, si

articola lateralmente con le ossa parietali, inferiormente con l’osso sfenoide e la parte inferiore costituisce

la parte superiore delle cavità orbitarie e la parte superiore delle cavità nasali dello splancnocranio.

L’osso impari etmoide è costituito da due lamine, una verticale e una orizzontale, alle quali si vanno ad

unire due corpi estesi. La lamina verticale presenta una porzione superiore detta crista galli, che si porta

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all’interno della cavità del neurocranio, questa cresta incrocia la lamina trasversale, la quale presenta un

aspetto aperto da molti piccoli forellini, andando a costituire una lamina cribrosa, che corrisponde alla volta

delle cavità nasali, ed inferiormente ad essa lo scheletro è ricoperto dalla mucosa olfattoria, dove sono

presenti delle cellule recettoriali (olfattorie), le quali lasciano partire una parte della cellula che, attraverso

il fori della lamina cribrosa, arriva all’interno del neurocranio dove prende rapporto con altre cellule

neuronali che costituiscono il nervo olfattivo che trasporta le informazioni al livello dell’encefalo. La lamina

perpendicolare andrà a costituire una parte della lamina che costituisce il setto nasale mediano di tipo

scheletrico; le due masse laterali dell’osso etmoide evidenziano come una regione liscia va a costituire

parte di una regione mediana della cavità orbitaria, mentre gran parte delle masse laterali presentano una

delle cavità che rappresentano i seni paranasali che sono connessi alle cavità nasali.

A seguire l’osso impari sfenoide, che presenta una forma complessa: un corpo centrale di forma di

parallelepipedo, dalla quale si stacca una serie di processi laterali superiormente a costituire le piccole ali e

inferiormente a costituire le grandi ali; dalla parte inferiore si staccano delle lamine perpendicolari che

prendono il nome di lamine pterigoidee. L’osso sfenoide ha rapporti lateralmente con l’asso parietale,

antero-lateralmente con l’osso frontale, posteriormente con l’osso temporale e con le lamine pterigoidee

va a costituire la parte posteriore delle cavità nasali. Da ricordare sulla faccia superiore la presenza al livello

del corpo della sfenoide di un’incisura detta sella turcica, che contiene al proprio interno la ghiandola

ipofisaria; le piccole ali nel punto in cui si vanno a congiungere con il corpo delimitano il foro ottico che

permette la connessione con la cavità orbitaria. Tra le piccole e le grandi ali si viene a formare una fessura

che permette la connessione con la cavità orbitaria, la fessura orbitaria superiore, le grandi ali invece

costituiscono la base della fossa cranica media; al livello delle grandi ali ci sono diversi fori che permetto il

passaggio dal neurocranio all’esterno di strutture vascolo-nervose che hanno necessità di attraversare la

base cranica.

L’osso occipitale è caratterizzato dalla presenza di un foro, detto forame magno, che è delimitato

lateralmente da due superfici laterali, dette condili occipitali; essi prendono rapporto con le analoghe

superfici articolari presenti al livello della prima struttura del rachide cervicale, che permette uno

scivolamento avanti e indietro della testa, mentre il forame magno costituisce il punto di passaggio del

sistema nervoso centrale che si continua con il midollo spinale. Sulla superficie esterna dell’osso occipitale

sono presenti diverse creste ossee, che costituiscono una sorta di struttura a croce, che diventa

particolarmente evidente e costituisce la protuberanza occipitale esterna che è facilmente palpabile

all’esterno, ed è il punto dove le linee tratteggiate sulla superficie esterna della testa si incontrano.

L’osso parietale è un osso piatto, che presente alcune infossature e che contrae rapporti con osso frontale,

osso temporale e osso senoide.

L’osso temporale è posizionato nella parte laterale basilare del neurocranio, presenta una regione

zigomatica anteriormente, una regione mastoidea lateralmente, una regione esterna timpanica, una

regione stiloidea inferiormente, infine una porzione interna detta piramidale. La piramide temporale

presenta delle cavità che contengono gli organi dell’orecchio medio e interno.

Queste ossa del neurocranio presentano tre regioni che vanno costituire ciò che sono le tre fosse craniche,

una ragione anteriore che va da dalla faccia posteriore del frontale fino al margine posteriore delle piccole

ali dello sfenoide, una fossa cranica media, rappresentata dalle grandi ali dello sfenoide fino all’apice della

piramide del temporale e una fossa cranica posteriore, che si trova dietro la piramide temporale,

comprende il forame magno dell’occipitale e termina con la parte posteriore dell’osso occipitale.

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Nello splancnocranio c’è, l’osso mascellare, un osso pari, che si articola lateralmente con l’osso zigomatico,

superiormente e medialmente di articola con le ossa nasale e con l’osso mascellare contro il laterale, il

quale è fuso nella parte anteriore mediana, e presenta una parte anteriore che va a costituire nella parte

mediana il pavimento delle cavità nasali, la porzione scheletrica del palato duro; ai margini del palato duro

vi è una cresta al livello della quale è presente l’articolazione con l’arcata dentaria superiore, quindi a

partire dalla regione mediana anteriore ci sono i denti, che sono due incisivi, canino, due premolari e tre

molari; nella parte laterale c’è il tratto di connessione con il processo zigomatico e superiormente c’è una

superficie liscia che costituisce la parte basale delle cavità orbitali, mentre medialmente costituisce

l’ingresso delle cavità nasali.

Più posteriormente ci sono due ossa pari più piccole: osso lacrimale, che chiude la cavità orbitaria, e su di

esso è adagiata la ghiandola lacrimale, mentre le ossa nasali costituiscono la radice ossea del naso che

connette la parte superiore delle due ossa mascellari tra di loro, costituendo il tetto delle cavità nasali.

Le ossa zigomatiche sono rappresentate da una struttura ossea che assume una forma ad L, presentando

una lamina orizzontale e una lamina perpendicolare, la prima completa la cavità orbitaria nella parte infero-

anteriore e laterale; la superficie laterale liscia prende rapporto con anteriormente con il mascellare e

posteriormente con il processo zigomatico del temporale e va completare con l’osso palatino va a

completare il palato duro (posteriormente).

La mandibola è un osso impari costituito da due porzioni, una porzione che costituisce il corpo e due lamine

laterali; nel suo insieme è rappresentata una forma di U rovesciata, con lamine posteriori che si portano

verso l’alto; la parte anteriore del corpo superiormente presenta le cavità alveolare dove si articolano i

denti dell’arcata inferiore; la parte che costituisce la regione laminare posteriore presente due zone

caratteristiche, una zona a forma di spina, ossia il processo coronoideo anteriore, e posteriormente il

processo condiloideo che presenta una superficie articolare ricoperta da cartilagine articolare. Il condilo

della mandibola si articola con la superficie articolare dell’osso temporale a costituire l’unica articolazione

mobile del cranio, ossia l’articolazione temporo-mandibolare.

La maggior parte delle articolazioni nel cranio sono delle sinartrosi, ossia articolazioni in cui è venuta la

completa ossificazione del tessuto connettivo interposto. L’unica articolazione che è mobile è la temporo-

mandibolare, le cui superfici articolari presentano una conformazione estremamente diversa, quella del

condilo è sferica quella del condilo e pianeggiante quella dell’osso temporale. Ciò fa si che si interpone una

struttura che prende il nome di menisco, e rende molto mobile la mandibola; ciò è fondamentale durante

gli atti masticatori, che sono regolati da una serie di muscoli annessi alla testa. I muscoli del cranio posso

essere divisi in: muscoli mimici, e muscoli masticatori. Tra i secondi ci sono: il temporale, che si trova

aderente all’osso omonimo, massetere, che si porta dall’arcata zigomatica verso l’angolo della mandibola;

ci sono anche due muscoli pterigoidei, che sono all’interno della mandibola, uno interno e uno esterno,

posizionati nella parte inferiore dell’osso sfenoide, essi si portano verso l’angolo interno della mandibola o

verso la capsula e il disco articolare dell’articolazione temporo-mandibolare all’esterno. La contrazione di

questi muscoli determina un sollevamento e abbassamento della mandibola (interno) o lo spostamento

laterale della mandibola.

I muscoli mimici sono presenti principalmente nella parte anteriore dello splancnocranio e si estendono

poco sulla superficie laterale della testa; essi hanno come caratteristica di avere un’inserzione ossea, che

dal lato opposto l’inserzione distale avviene al livello dello strato profondo della cute o al livello di su altri

muscolo mimici, ciò permettono una mimica facciale necessaria per rapportarsi con gli altri. Svolgono

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anche funzione di protezione di strutture contenute nello splancnocranio, ad esempio il muscolo

dell’occhio chiude le palpebre, o il muscolo delle labbra impedisce l’ingresso all’interno della cavità boccale.

APPARATO CIRCOLATORIO

È costituito da una serie di strutture cave di forma tubulare (i vasi), all’interno delle quali scorre una

quantità di fluido definita che viene spinto dal cuore. C’è un apparato circolatorio sanguifero e un apparato

circolatorio linfatico: il primo è caratterizzato da cuore e dalla presenza di una serie di vasi all’interno dei

quali scorre il sangue, ossia arterie, capillari e vene; il secondo è caratterizzato da una serie di vasi linfatici e

organi linfoidi che trasportano la linfa, ossia un certo quantitativo di liquido che non riesce ad essere

recuperato una volta che è avvenuto lo scambio di sostanze dal torrente sanguifero; attraverso i vasi

linfatici questo fluido entra negli organi linfoidi (milza, timo e linfonodi) per poi ritornare nel torrente

circolatorio.

Dal cuore si originano dei vasi, i quali si portano verso la periferia, che prendono il nome di arterie, mentre i

vasi che dalla periferia tornano al cuore prendono il nome di vene. Le arterie perifericamente di dividono in

più vasi e riducono le dimensioni per facilitare la diffusione del sangue. Le vene da ramificate diventano di

meno e più grandi fino a raggiungere il cuore per portargli tutte le sostanze di rifiuto.

C’è una circolazione polmonare e una circolazione sistemica. La pompa cardiaca è divisa in due metà, e

nella circolazione polmonare la pompa destra spinge il sangue all’interno dell’arteria polmonare, arrivando

ai polmoni, dove acquisisce l’ossigeno, per poi ritornare verso il cuore attraverso le vene polmonari. La

circolazione sistemica ha origine dalla metà sinistra del cuore, il sangue ossigenato viene spinto all’interno

dell’aorta e tramite le sue diramazioni raggiunge tutte le porzioni del corpo.

Il cuore è contenuto all’interno della cavità toracica, che parte dal processo spinoso della settima vertebra

cervicale ed arriva fino al margine inferiore dell’arcata costale. Ciò che divide la cavità toracica dalla zona

addominale è il diaframma; il cuore occupa la regione centrale della cavità toracica e si trova nella parte

inferiore e quella anteriore. Specificamente all’interno della cavità toracica si trovano tre spazi: due spazi

molto ampi che sono occupati dai polmoni e dalle pleure (spazi pleuropolmonari), e uno spazio mediano

centrale detto mediastino, dove si trovano una serie di organi splancnici tra cui il cuore, che ne occupa

parte anteriore e inferiore.

Il cuore è a diretto contatto con la parete posteriore della gabbia toracica, è appoggiato al livello del

muscolo diaframma ed è circondato da una struttura di colore bianco. Il cuore ha morfologia frontale e

bidimensionale di forma triangolare, con una parte appuntita che guarda in basse verso sinistra, una parte

più pianeggiante rivolta superiormente e verso destra.

La struttura biancastra che circonda il cuore è il pericardio, una specie di sacco che ha una parete fibrosa

esternamente molto resistente (pericardio fibroso) e una interna sierosa (pericardio sieroso). La parte più

esterna attraverso strutture legamentose è collegata a componenti muscolari (inferiormente) o ossee

(anteriormente) ancorando il cuore in una posizione e impedendo che questo possa muoversi durante gli

spostamenti del corpo. La componente sierosa è costituita da un foglietto viscerale, che aderisce

intimamente al cuore, detto epicardio, e un foglietto parietale, che riveste la parete interna del pericardio

fibroso. Il pericardio sieroso è costantemente lubrificato permettendo lo scivolamento del cuore all’interno

del pericardio e quindi un’adeguata attività contrattile.

Nel cuore si possono riconoscere due facce: una faccia anteriore, detta sternocostale, per i rapporti stretti

che contrae con lo sterno e con la parte mediana delle coste, e una faccia postero-inferiore o

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diaframmatica, che poggia sul muscolo diaframma. Il cuore tridimensionalmente presenta una forma simile

a un cono leggermente schiacciato anteriormente; si riconoscono due margini, un margine sinistro di forma

ottusa e un margine destro di forma acuta, una base (sopra) e un apice (sotto), tra le quali si traccia

un’asse, detta asse anatomica del cuore, per studiarlo. Sia la faccia anteriore che la faccia posteriore

presentano dei solchi: c’è un solco di andamento trasversale, detto solco coronario, poiché circonda il

cuore come una sorta di corona, sia sulla faccia anteriore che su quella posteriore; altri due solchi che

decorrono perpendicolarmente rispetto al solco coronario e che si portano verso dal solco coronario sia

sulla faccia anteriore che su quella posteriore verso l’apice, cioè i solchi interventricolari (perché sono

presso i ventricoli). Il setto che divide internamente i due ventricoli è invece detto solco interventricolare

anteriore e solco interventricolare posteriore (in base alla faccia dove si trova).

Al livello della base del cuore, sulla faccia anteriore vi è la presenza di grossi vasi che corrispondono, da

destra a sinistra, alla vena cava superiore, all’origine dell’arteria aorta e all’origine dell’arteria polmonare.

Sulla faccia posteriore si riconoscono le stesse strutture più altre, da destra: lo sbocco della vena cava

superiore, l’aorta, l’arteria polmonare, che si divide in due rami per arrivare ai polmoni, poi lo sbocco della

vena cava inferiore e la presenza delle vene polmonari che trasportano il sangue dal polmone verso l’atrio

di sinistra.

Per quanto riguarda la faccia anteriore e posteriore della regione ventricolare vi è la presenza di strutture

vascolari che decorrono all’interno del tessuto adiposo lungo il solco interventricolare e lungo il solco

coronario. Queste strutture sono i rami arteriosi e i rami venosi che si portano ad irrorare il cuore; quindi vi

sono due arterie coronarie, arteria coronaria destra e arteria coronaria sinistra, esse irrorano il muscolo

cardiaco e originano dall’arteria aorta: l’arteria coronaria destra si immette nel solco coronario, si porta

verso destra, raggiunge il margine destro (acuto), ad arriva fino al punto di incontro del solco

interventricolare posteriore, dove si piega ad U e forma il ramo interventricolare posteriore; durante

questo percorso l’arteria coronaria destra da dei rami per la regione atriale di destra e per la regione

ventricolare di destra, da un importante ramo marginale sul margine acuto e continua a dare dei rami per la

parte latero-posteriore di destra. L’arteria coronaria sinistra si origina anch’essa dall’aorta, e decorre al

didietro del tronco aortico; esce poi lateralmente al tronco arterioso polmonare, dove si divide in due rami:

uno che decorre lungo il solco interventricolare anteriore, e un ramo circonflesso che si pone all’interno del

solco coronario, raggiungendo il punto in cui il solco coronario incontra il solco interventricolare posteriore.

Queste arterie sono delle arterie terminali: non scambiano tra di loro il sangue, ciò significa che i collaterali

che andranno ad irrorare delle singole porzioni di muscolo cardiache saranno le uniche a portare

nutrimento in quella zona di muscolo cardiaco.

Internamente il cuore presenta delle cavità atriali e ventricolari; si dividono atrio di destra, atrio di sinistra,

ventricolo di destra, ventricolo di sinistra, ed hanno un particolare rapporto tra loro: l’atrio di destra

comunica con il ventricolo destro per mezzo dell’ostio atrio-ventricolare destro, l’atrio sinistro comunica col

ventricolo sinistra con l’ostio atrio-ventricolare sinistro; i due ventricoli sono separati da setti, che

impediscono il passaggio di sangue dalla metà destra alla metà sinistra.

Il cuore presenta delle pareti muscolari di diametro diverso: nel ventricolo destro la parete muscolare è

sottile, nel ventricolo sinistro è più spessa, quanto il setto che divide i ventricoli; il motivo della differenza di

diametro muscolare è dovuta alle due differenti circolazioni (grande e piccola), ossia dalla metà sinistra

(quella più spessa) partirà la grande circolazione (o circolazione sistemica), quindi il sangue verrà spinto

lontano dal cuore e dalla metà destra (sottile) partirà la piccola circolazione (o circolazione polmonare), in

cui il sangue viene spinto in zona vicine ai polmoni.

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Gli atri presentano una parete liscia, ad eccezione delle due propaggini che si portano verso la faccia

anteriore che prendono il nome di auricole; esse presentano delle piccole regioni muscolari che tendono a

propagarsi verso l’interno, andando a costituire i muscoli pettinati. La muscolatura dei ventricoli da vita a

dei rilievi con una morfologia assai diversa da quella degli atri; i rilievi danno vita alle trabecole carnee che

possono essere classificate in tre categorie: trabecole carnee di I tipo, o papillari, che sono rappresentate

dalle introflessioni all’interno della cavità ventricolare della muscolatura, che presenta una base aderente

alla parete e un apice che si porta all’interno della cavità ventricolare; trabecola carnea di II tipo, che

costituisce un sorta ponte, con due punti ancorati alla parete stessa; trabecole carnee di III tipo, dei

semplici rilievi. I muscoli papillari sono i più interessanti, poiché dall’apice di questi muscoli si staccano delle

strutture tendinee a forma di corda, dette corde tendinee, che si portano a raggiungere le due valvole

atrioventricolari.

Le valvole atrioventricolari sono gli apparati valvolari che modulano il passaggio dalla cavità atriale alla

cavità ventricolare. Queste hanno una caratteristica diversa tra metà destra e sinistra: nella metà destra si

ha la presenza di tre cuspidi triangolari (pertanto è detta tricuspide), nella metà sinistra c’è la presenza di

due cuspidi (detta mitrale o bicuspide). Queste regolano il passaggio di sangue e si aprono quando il sangue

viene spinto dalla cavità atriale a quella ventricolare; una volta che il sangue è arrivato nel ventricolo

comincia la contrazione del ventricolo e queste valvole si chiudono senza la possibilità di ribaltarsi in modo

tale che il sangue non torni indietro. Questo è dovuto alla presenza di corde tendinee che tirano verso il

basso le cuspidi. Il sangue dalla cavità ventricolare viene poi spinto nelle grosse arterie che originano dal

ventricolo di destra e dal ventricolo di sinistra. Vi sono altre valvole anche tra i ventricoli e le grosse arterie:

queste valvole, dette semilunari, nel momento in cui il sangue viene sospinto all’interno del vaso si

schiacciano e permettono il deflusso di sangue all’interno del vaso. Una volta terminata la contrazione

ventricolare il sangue tenderebbe a tornare indietro, ma il sangue va ad incontrare la parte inferiore delle

valvole semilunari che è a forma di tasca facendo entrare in contatto le cuspidi delle valvole semilunari tra

loro, bloccando il reflusso di sangue all’interno della cavità ventricolare.

Le strutture di tipo valvolare sono ancorate ad una zona intermedia tra atrio e ventricolo, dove vengono

ancorati gli osti atrioventricolari e gli osti di tipo arterioso; questa struttura, di tipo connettivale, costituisce

inoltre una sorta si scheletro centrale a cui la muscolatura cardiaca può aderire e quindi permettere una

corretta distribuzione delle fibre che grazie alla loro disposizione garantiranno una contrazione adeguata

alla funzione che il cuore svolge.

Il cuore è un organo cavo ed è quindi costituito da una serie di tonache: la tonaca più interna è

l’endocardio, un sottilissimo strato di cellule piatte che favoriscono lo scivolamento di liquidi all’interno

della cavità, il quale si continua con le cellule endoteliali dei vasi, per poi arrivare a una struttura muscolare

intermedia detta miocardio, e l’ultima tonaca è costituita da uno strato connettivale esterno, l’epicardio. Il

miocardio presenta delle caratteristiche peculiari: morfologicamente ricorda la struttura del muscolo

striato che è a contrazione volontaria, ma nel caso del cuore la contrazione è autonoma.

Il cuore si contrae in maniera autonoma perché una parte di questo tessuto si specializza e da vita al

sistema specifico di conduzione: consiste in un piccolo quantitativo di cellule muscolari che hanno

sviluppato una capacità di depolarizzazione, la quale ha un inizio al livello di un piccolo agglomerato di

cellule posizionate al livello dello sbocco della vena cava superiore; questo gruppo di cellule prende il nome

di nodo senoatriale (o peacemaker), e da vita alla depolarizzazione che poi verrà trasportata in tutto il

cuore, attraverso dei fasci di fibre di tessuto muscolare specifico di conduzione detti internodali; essi, di

solito in numero di tre, decorrono sulla parete dell’atrio, e raggiungono un altro agglomerato di cellule,

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detto struttura nodale o nodo atrioventricolare (o fascio di His) per la posizione in cui si trova, cioè alla base

dell’atrio destro al limite con il setto interatriale; da qui il nodo atrioventricolare permette l’origine di un

altro fascio di fibre, che da prima si immette all’interno della struttura fibrosa del setto interventricolare,

cioè il fascio di His, nel momento in cui incontra la massa miocardica muscolare che costituisce il setto

interventricolare si divide in due branche, che decorrono una sulla parete destra e una sulla parete sinistra

del setto, fino a raggiungere la punta del cuore; da qui questi fasci di fibre si dividono in fini strutture che

raggiungono tutte le singole cellule del miocardio dando vita alla rete subendoteliale delle fibre del

Purkinje; la depolarizzazione segue il percorso appena spiegato: origina dal nodo senoatriale, trasferisce la

depolarizzazione delle cellule alle cavità atriali permettendone la contrazione, raggiunge il nodo

atrioventricolare dove subisce un breve rallentamento in modo tale che le fibre che costituiscono la parete

atriale si siano già contratte e da qui la depolarizzazione raggiunge velocemente la punta del cuore, da dove

si vanno a stimolare le cellule miocardiche.

I vasi sanguiferi sono divisi in arterie (sangue verso periferia), vene (sangue verso il cuore) e capillari

(scambi nutritizi). I vasi sono strutturati in tonaca interna o intima, tonaca media, e tonaca esterna o

avventizia. Grazie al diametro le arterie si dividono in: arterie di grande calibro, con il diametro che

raggiunge ai 6 mm, di medio calibro, quando il diametro raggiunge i 0,1 mm, e di piccolo calibro, quando il

diametro raggiunge circa 20 micron. Le arterie di grande calibro sono arterie elastiche, perché al loro

interno si trovano una quantità notevole di tessuto elastico, mentre le arterie di medio e piccolo calibro

hanno tessuto non elastico; ciò significa che la grande arteria è capace di, attraverso una dilatazione

generata dalla forte pressione che subisce, accogliere il sangue che viene sospinto nella prima parte; questa

elasticità delle grandi arterie è anche importante perché nel momento in cui finisce la spinta ventricolare

grazie alla chiusura delle valvole permette di spingere il sangue. Nelle arterie di medio e piccolo calibro è

invece necessario controllare attraverso la muscolatura liscia, situato al livello della tonaca media di queste

arterie in base elle esigenze dell’organismo.

Anche le vene possono essere classificate in vene di piccolo, medio e grande calibro. L’unica differenza

strutturale che si trova rispetto alle arterie è che le vene della parte inferiore del corpo presentano degli

apparati valvolari di forma semilunare simili a quelli che sono situati alle origini delle grosse arterie.

Le principali arterie sono l’arteria polmonare e l’aorta. L’aorta è l’arteria più importante e può essere

suddivisa in più porzioni: la prima origina dal ventricolo di sinistra e si porta verso l’alto e proprio per

questa direzione si chiama arteria ascendente, dopo di che subisce una flessione posteriore andando a

costituire un arco con cavità inferiore, il quale decorre al di sopra del bronco sinistro, e si porta verso il

basso, e questa porzione prende il nome di arteria discendente toracica, perché contenuta all’interno della

cavità toracica, supererà il muscolo diaframma discendendo nella cavità addominale, andando a costituire il

tratto discendente addominale. Dall’aorta ascendente i vasi che originano sono le coronarie; nel tratto di

forma ricurva partono una serie di collaterali che vanno ad irrorare testa, collo e arti superiori; dall’aorta

discendente toracica partono altri collaterali divisi in collaterali parietali, che irrorano la parete del torace, e

vasi viscerali, che irrorano gli organi all’interno della cavità toracica; anche dal tratto discendente

addominale si hanno rami parietali e rami viscerali, questi ultimi suddivisi in: rami viscerali impari che

originano dalla regione anteriore dell’aorta addominale, cioè tripode celiaco, subito al di sotto del

diaframma, arteria mesenterica superiore, arteria mesenterica inferiore, dal tripode celiaco si ha

l’irrorazione del fegato, dello stomaco e della milza, dalle mesenteriche l’intestino tenue e il colon; rami

viscerali pari, cioè arterie renali e arterie genitali; l’aorta addominali termina con una biforcazione con le

due arterie iliache.

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I principali rami arteriosi che irrorano la testa si originano dall’arco dell’aorta, che sono tre, sono

rappresentati da un unico tronco detto tronco brachiocefalico, che si divide in due, cioè da una parte in un’

arteria succlavia di destra (che si porta verso destra) e un’arteria carotide comune di destra, a seguire c’è la

carotide comune di sinistra e l’arteria succlavia sinistra. La succlavia si porta verso l’arto superiore, la

carotide comune verso la testa; quest’ultima si divide in due grossi rami, una carotide esterna, che

vascolarizza la superficie esterna del cranio e una carotide interna che vascolarizza l’interno del cranio. C’è

un’altra arteria che sale verso il cranio, ossia l’arteria vertebrale, che si stacca dall’arteria succlavia,

decorrendo tra i processi trasversi delle vertebre e portandosi all’interno della scatola cranica, al fine di

vascolarizzare la strutture nervose che si trovano all’interno del neurocranio.

L’arto superiore riceve il sangue dall’arteria succlavia; nel braccio ci sono: l’arteria ascellare che è

posizionata sotto l’ascella, l’arteria brachiale, che è a contatto con l’omero, la quale si divide in due rami

collaterali che si portano verso l’avambraccio seguendo radio e ulna, ossia arteria radiale e arteria ulnare,

per poi ramificarsi a dare vita a una rete all’interno della mano.

L’arto inferiore riceve il sangue dall’aorta addominale, la quale diventa arteria iliaca, che si porta verso lo

coscia prima e verso la gamba poi, dando vita all’arteria femorale anteriormente al ginocchio e arteria

poplitea posteriormente al ginocchio, la quale si divide nei rami terminali che sono arteria tibiale anteriore

e arteria tibiale posteriore.

Ci sono due sistemi venosi: un sistema venoso superiore (o sopradiaframmatico), che viene ad essere

accolto in una grossa struttura vascolare venosa, ossia la vena cava superiore, che raccoglie sangue dalla

testa, dagli arti superiori e dagli organi della cavità toracica; un sistema venoso inferiore, che raccoglie

sangue agli arti inferiori, dagli organi della parete addominale; il sistema venoso inferiore è accolto dalla

vena cava inferiore. A differenza delle arterie, che decorrono profondamente, le vene possono trovarsi sia

in profondità, sia in superficie, al di sotto del tessuto connettivo.

La vena cava superiore è un tronco che origina dalla confluenza di due grosse vene: la vena brachiocefalica

di sinistra e la vena brachiocefalica di destra, le quali a loro volta originano dalla giugulare e dalla vena

succlavia (da ogni parte). Collegata alla testa c’è la vena giugulare interna, molto grande, che raccoglie il

sangue che raggiunge l’encefalo e la vena giugulare esterna, più piccola, che raccoglie sangue venoso dalla

parte esterna della testa; quest’ultima sbocca direttamente nella vena succlavia, prima che questa si unisca

con la vena giugulare interna.

Nell’arto superiore ci sono diverse vene superficiali, che sono utili per i prelievi di sangue; ci sono diverse

vene superficiali che partono dalla mano fino ad arrivare alla radice del braccio, e le due vene principali

dell’arto superiore sono: vena basilica, che raggiunge la regione del gomito per poi portarsi in profondità, e

la vena cefalica, che si porta esternamente sopra al bicipite per poi andare in profondità al livello della

spalla.

La vena cava inferiore raccoglie il sangue da tutta la regione sottodiaframmatica; viene costituita alla

confluenza delle due vene iliache , che raccolgono il sangue dall’arto inferiore, poi c’è la vena iliaca interna

che raccoglie il sangue dalla parte inferiore della cavità addominale, le vene renali e le vene genitali. Il

drenaggio di gran parte degli organi splancnici presenti all’interno della cavità addominale avviene

attraverso un altro sistema, detto sistema della vena porta: essa attraversa il fegato, che fa da filtro, e poi si

re-immette all’interno della vena cava superiore, completando il drenaggio della zona sottodiaframmatica.

Nell’arto inferiore c’è un sistema detto delle vene safene: c’è una vena safena piccola che si porta

posteriormente alla gamba per confluire nella vena poplitea, che si trova nella piega del ginocchio, e la

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grande safena che decorre medialmente per diventare profonda nella regione inguinale per poi portarsi al

livello della vena femorale. Le vene safene sono note per determinate patologie, data la loro morfologia:

presentando delle strutture valvolari che aiutano il sangue a raggiungere il cuore mediante contrazione

muscolare; l’aumentare di volume del tessuto muscolare all’interno della vena causa riduce il volume

interno delle vene, la pressione sale, le valvole semilunari si chiudono, quelle superiori si aprono e il sangue

passa; la patologie interviene nel momento in cui le vene perdono la funzionalità delle valvole semilunari,

così il sangue rimane in basso determinando un rigonfiamento evidente superficialmente.

APPARATO RESPIRATORIO

L’apparato respiratorio è diviso in due compartimenti: le vie aerifere, che trasportano l’aria dall’ambiente

esterno all’interno del nostro corpo, suddivise in superiori, ossia naso, rinofaringe e laringe, e inferiori, cioè

trachea e bronchi; anche la cavità boccale è una componente importante delle vie aerifere (superiori),

perché ha funzione di modulare i suoni di vocalizzazione; il secondo compartimento è costituito dai

polmoni.

Il naso è una struttura di forma piramidale, con un apice che raggiunge lo spazio tra le due cavità orbitarie e

una base che è rivolta inferiormente, dove sono presenti le narici, dove avviene il passaggio di aria. Il naso è

costituito prevalentemente da cartilagine. Le cavità nasali sono situate all’interno dello splancnocranio e

sono caratterizzate da una struttura ossea che ne costituisce gran parte della parete mediale, la quale

divide le due cavità nasali in due metà quasi speculari; la parete laterale di ciascuna delle cavità nasali è

data da strutture ossee, dove vi sono l’osso mascellare in basso, completato nella sua parte supero-

anteriore dal naso, posteriormente l’osso palatino; verso la regione mediana della cavità nasale si portano

delle escrescenze ossee, che costituiscono i cornetti nasali, divisi in tre gruppi, un cornetto nasale

superiore, uno medio e uno inferiore, i quali rendono la parete laterale molto più anfrattuosa rispetto alla

parete mediale. Esse vengono ricoperte da una mucosa che rende più omogenea la superficie interna delle

cavità nasali; la parete mediale appare liscia, mentre la parete laterale presente delle formazioni che una

volta ricoperte dalla mucosa vanno a costituire i turbinati superiore, medio e inferiore.

Da un punto di vista topografico le cavità nasali possono essere distinte in due porzioni: una porzione che

corrisponde all’ingresso delle cavità nasali, che si porta dalle narici fino ad arrivare un piccolo solco detto

limen nasi, andando a costituire un’area che viene definita vestibolo del naso; l’altra porzione è costituita

della cavità nasale propriamente detta. La differenza tra esse è di tipo strutturale: al livello del vestibolo del

naso si trova una struttura simile a quella dell’epidermide, dove nella parte iniziale si trovano dei follicoli

piliferi dai quali nascono dei peli che prendono il nome di vibrisse, le quali costituiscono una rete in grado di

filtrare le grosse impurità disperse nell’aria che durante l’atto respiratorio potrebbero essere trasportate

all’interno del naso; tutto ciò costituisce il primo sistema che modifica le caratteristiche fisiochimiche

dell’aria dove avvengono gli scambi. La cavità nasale propriamente detta presenta le due porzioni mediale e

laterale, una porzione superiore e stretta e una porzione inferiore e larga; posteriormente le cavità nasale

comunicano con la successiva struttura che segue nell’atto respiratorio (rinofaringe), attraverso una

regione detta coana.

Sezionando i cornetti delle cavità nasali si nota la presenza di alcuni fori, ossia delle aperture di piccoli

canali che mettono in contatto la cavità nasale con altre cavità che sono posizionate nello splancnocranio;

queste cavità prendono il nome di seni paranasali; essi sono localizzati a livello frontale al livello dello

sfenoide, dell’etmoide e al livello del mascellare. Attraverso quei fori comunicano con la cavità nasale.

Queste cavità svolgono un ruolo importante nella modificazione dei suoni che vengono generati dalla

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laringe costituendo delle casse di risonanza. Quando i seni paranasali si infiammano e si gonfiano tendono a

chiudersi, e il tono di voce viene modificato.

Al di sotto del cornetto nasale inferiore c’è lo sbocco di un ulteriore condotto posizionato in prossimità

delle cavità orbitarie: esso è il sacco lacrimale, ed ha la funzione di raccogliere le lacrime.

La mucosa respiratoria si continua per tutto l’apparato respiratorio ma all’interno delle cavità nasali

presenta delle caratteristiche peculiari: è caratterizzata da un epitelio che è rivolto all’interno delle cavità,

che è cilindrico, ciliato e pseudostratificato sul quale sono presenti le ciglia; sono presenti inoltre molte

cellule che rappresentano delle ghiandole unicellulari che sono nate dalle cellule caliciformi mucipare e

delle cellule al livello basale che supportano le cellule che vanno incontro alla morte ripristinando le

caratteristiche morfologiche dell’epitelio, sono presenti inoltre altre cellule in minor numero che svolgono

funzioni di tipo secretorio e recettoriale. Profondamente all’epitelio si trova un tessuto connettivo lasso che

è caratterizzato da un grosso numero di vasi sanguigni.

Le ciglia presentano un organizzazione citoscheletrica determinata dalla presenza di 9 coppie di microtubuli

con una coppia centrale; queste strutture citoscheletriche sono organizzate in un macchinario complesso

che determina dei movimenti delle ciglia unidirezionali: partendo dall’epitelio vanno ad unirsi tra loro,

portandosi da un lato della cellula, e in modo tale hanno uno spostamento unilaterale del muco prodotto

dalle cellule caliciformi mucipare e dalle cellule ghiandolari situate al di sotto del tessuto connettivo.

Nello strato connettivale sottostante vi è la presenza di numerose ghiandole, che producono muco e la

presenza di una grande quantità di vasi arteriosi e venosi. Questi vasi sono supportati dall’arteria carotide

interna, attraverso l’arteria oftalmica che da vita alle arterie etmoidali anteriori e posteriori, e dall’arteria

carotide esterna, attraverso il ramo della palatina. Si viene a creare una grossa rete di vasi, la quale

determina un ristagno di sangue all’interno della mucosa, ciò comporta un aumento della temperatura

della mucosa; il riscaldamento e la presenza di muco determinano un aumento dell’umidità all’interno delle

cavità nasali. Ciò è fondamentale per la purificazione dell’aria che passa nel naso: vi è una prima

purificazione all’interno delle vibrisse, poi una volta che l’aria penetra nelle cavità nasali per la presenza di

turbinati perde il suo aspetto di percorso laminare che diventa turbolento e quindi fortemente addossati

alla parete della cavità aerea; l’aria resta così a contatto con la parete e viene riscaldata, e, per il

riscaldamento delle cavità nasali, viene umidificata. L’aria così raggiunge le vie aeree situate depurata.

Al livello del tetto della lamina cribrosa dell’etmoide è presente la mucosa olfattoria: una parte delle sue

cellule presentano delle strutture recettoriali che vengono modificate dal rapporto con le sostanze fisiche

disperse nell’aria che una volta inalate le raggiungono, determinando una depolarizzazione dei recettori

che sono capaci di traportare la depolarizzazione al livello della parte iniziale del nervo olfattorio che

trasmette gli stimoli al livello di determinate aree dell’encefalo.

La faringe è rappresentata da una parte superiore in rapporto con le coane detta rinofaringe, una porzione

intermedia che è rapporto con la cavità boccale, detta orofaringe, e una porzione inferiore, che in rapporto

con la laringe, detta laringofaringe. L’aria dalle cavità nasali attraversa le coane, passa nella faringe e

penetra all’interno della cavità laringea. Sia sul tetto, sia sulle pareti laterali della faringe, sia al livello del

punto di passaggio della cavità boccale sulla faringe, sia dispersi sulla faringe stessa sono presenti degli

agglomerati di tessuto linfoide, che rappresentano una sorta di anello che protegge il punto di ingresso

dell’aria e del cibo attraverso delle stazioni che rappresentano delle cellule deputate e riconoscere sostanze

patogene che potrebbero essere pericolose se raggiungono le cavità interno del corpo.

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La laringe è una struttura di tipo cartilagineo posizionata nella porzione anteriore e mediale del collo. Essa è

una struttura complessa costituita da una serie di cartilagini impari e pari che si articolano tra loro: le impari

sono cartilagine tiroide che presenta due lamine aperte posteriormente, si articola cartilagine cricoide,

cartilagine epiglottide; la cartilagine tiroide che presenta due lamine aperte posteriormente, si articola

attraverso delle escrescenze posteriori con la cartilagine cricoide, che ha la forma di un anello con il castone

rivolto posteriormente; le cartilagini pari sono aritenoidi, dalla forma piramidale, che sono appoggiate

sopra il castone della cartilagine cricoide, cartilagini corniculate, che si articolano nella parte apicale, e

cartilagini cuneiformi, che sono posizionate in una struttura che connette le cartilagine corniculate con la

struttura epiglottica. Le cartilagini sono tra loro articolate, in particolare la tiroide con la cricoide e

l’epiglottide con la parte interna e anteriore della cartilagine tiroidea. Le articolazioni presenti sono le

cricotiroidee, cricoaritenoidee, aricorniculate e tiroepiglottica (hanno il nome in base alle cartilagini che

collegano).

Le diverse cartilagini sono collegate tra loro per mezzo di una lamina elastica; la parte superiore inizia con la

lamina quadrilatera fino a raggiungere una piega, detta piega ventricolare, che corrisponde alla corda

vocale superiore; la lamina continua con la parte media, che comincia con il ventricolo laringeo di

Morgagni, il quale si completa inferiormente con la corda vocale inferiore; la parte conclusiva della lamina

elastica è costituita dal cono elastico.

All’interno della laringe sono presenti diversi muscoli, che permettono i singoli movimenti di essa:

cricotiroideo, cricoaritenoidei, tiroaritenoideo, aritenoideo trasverso, aritenoideo obliquo e ariepiglottico. È

importante la loro azione sulle corde vocale: la corda vocale vera (inferiore) è tesa dalla parte interna

mediana anteriore della cartilagine tiroide fino alla base della piramide della cartilagine aritenoidea; il

muscolo cricoaritenoideo laterale e il muscolo cricoaritenoideo inferiore contraendosi fanno ruotare la

cartilagine aritenoide, così facendo spostano il punto di inserzione della corda vocale, o avvicinandolo, o

allontanandolo; se le corde vengono avvicinate sono tese e non fanno passare l’aria e viene emesso un

suono, se le corde sono dilatate c’è un normale passaggio dell’aria durante gli atti respiratori senza la

riproduzione di suoni.

La trachea è un condotto cilindrico che si continua dalla laringe costituito da una struttura di anelli

incompleti cartilaginei sovrapposti gli uni agli altri uniti tra loro da tessuto connettivo; la trachea si divide

nei bronco di destra e bronco di sinistra, e successivamente nelle altre divisioni bronchiali. Il bronco

primario di sinistra è leggermente più piccolo rispetto al bronco primario di destra e presenta un angolo

maggiore del destro rispetto alla posizione della trachea e si divide in due bronchi secondari, uno superiore

e uno inferiore, mentre il bronco destro si divide in tra bronchi secondari, uno superiore, uno medio e uno

inferiore. Questa suddivisione è importante per portare aria a regioni del polmone ben definite, che hanno

un loro afflusso di aria e una loro vascolarizzazione, che ne permettono la suddivisione nelle grosse

formazioni lobari: nel polmone destro lobo superiore, medio e inferiore, nel sinistro lobo superiore e

inferiore. Dalle formazioni bronchiali lobari si staccano 10 (per parte) bronchi segmentali, che anch’essi

raggiungono delle aree specifiche del polmone, dove ognuna delle quale ha un’indipendenza per quanto

riguarda l’apporto aereo e l’apporto sanguigno; questo tipo di suddivisione è importante per eventuali

interventi chirurgici ai polmoni dove c’è lo possibilità di asportazione di una piccola parte del polmone

senza che il resto venga alterato.

Sia al livello della trachea sia al livello dei bronchi è presente la mucosa respiratoria con epitelio di tipo

batiprismatico pseudostratificato, dove si trovano le cellule ciliate, le cellule caliciformi mucipare, le cellule

basali, inoltre ci sono altre cellule, ossia le cellule basigranulose e cellule con orletto a spazzola. C’è una

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tonaca sottomucosa che presenta una grande quantità di ghiandole e una tonaca fibrosa dove sono

presenti fibre elastiche e anelli di cartilagine ialina. Al livello dei bronchi sono presenti al posto degli anelli

delle placche cartilaginee, e sono presenti delle formazioni muscolari lisce, a differenza della trachea che

presenta un muscolo posteriore, che chiude l’anello cartilagineo determinando una struttura chiusa.

I polmoni permettono l’ematosi, occupano la cavità toracica e sono separati tra loro dalla cavità

mediastinica, nella quale si trovano gli organi principali mediastinici, come il cuore, che si appoggia sulle

facce mediastiniche del polmone. Esso presenta una forma piramidale, con una base, un apice, una parete

laterale in rapporto con le coste, detta faccia costale, e una parete laterale in rapporto con il mediastino,

detta faccia mediastinica.

La faccia mediastinica è caratterizzata dal presentare una struttura centrale che è rappresentata dall’ilo del

polmone, dove decorrono i vasi che provengono dall’arteria polmonare che trasportano il sangue che viene

spinto dalla metà destra del cuore; decorrono anche le due vene polmonari e il bronco principale che si

porta all’interno del polmone; insieme a queste struttura sono presenti dei nervi e dei linfatici che

raggiungono il parenchima polmonare; altro aspetto importante sono delle impressioni sulla superficie che

sono date dagli organi con cui sono in rapporto: nella parte anteroinferiore del polmone di sinistra c’è un

ampia fossa che è determinata dal rapporto con il cuore, la fossa cardiaca; nel polmone sinistro c’è anche

un solco che sovrasta l’ilo polmonare di sinistra e si porta anteriormente in basso, solco che è lasciato

dall’arco dell’aorta e quindi dall’aorta discendente; nel polmone di destra la vena azygos portandosi in alto

sovrasta il bronco di destra e si immette al livello di un’altra struttura vascolare che lascia un solco verticale

che decorre al davanti della struttura pilare ilare, ossia il solco della vena cava inferiore; sia a destra che a

sinistra nella parte apicale si trova il solco dell’arteria succlavia, che si porta lateralmente verso la cavità

ascellare.

La suddivisione dei bronchi comincia dai bronchi primari, per poi arrivare ai bronchi lobari (secondari) e poi

ai bronchi zonali (o terziari); fino a qui la divisione è costante e numericamente diversa tra polmone destro

e sinistro, per poi cominciare una suddivisione ad Y che comporta un aumento notevole dei bronchi e una

riduzione delle dimensioni del lume: bronchi subsegmentali, bronchioli terminali, bronchioli respiratori,

sacchi alveolari alveoli. Al livello dei bronchioli non sono più presenti sulla superficie del condotto le

placche cartilaginee, e al livello epiteliale, che in questo caso è cubico, sono presenti le cellule ciliate ma

non le cellule calici mucipare, bensì delle cellule che producono una secrezione sierosa, che aiuta

l’asportazione da parte delle ciglia di sostanze indesiderate verso l’esterno, dette cellule di Clara. I

bronchioli terminali terminano con i bronchioli respiratori; la differenziazione tra un bronchiolo terminale e

un bronchiolo respiratorio è data dalla comparsa della prima formazione alveolare (nel bronchiolo

respiratorio), cioè dalla prima struttura responsabile di scambi gassosi.

Il bronchiolo terminale, caratterizzato da epitelio cubico, si consegue con un’estroflessione, caratterizzata

da cellule epiteliali dette pneumociti, che sono di due tipi: cellule di tipo I, di forma piatta ed estremamente

sottili, che tappezzano l’alveolo stesso; cellule di tipo II, di forma cubica, che secernono il surfattante, che

viene riversato all’interno dell’alveolo. L’alveolo è in stretto rapporto con i capillari che lo circondano; essi

poggiano su una membrana basale, costituita da cellule epiteliali, che riveste, l’interno dell’alveolo,

rappresentando un sottile strato di tessuto che deve essere attraversato dall’ossigeno e dall’anidride

carbonica.

I due polmoni sono circondati da una sierosa pleurica che presenta una porzione periferica che prende

rapporto con la parete interna e una porzione che si porta aderente alla superficie esterna del polmone; i

due foglietti pleurici (esterno e interno), prendono rapporto con l’ilo polmonare, e si viene a generare una

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cavità pleurica, che è riempita da un piccolo quantitativo di liquido, che permette lo scivolamento del

polmone e una dilatazione del polmone grazie ai movimenti che vengono effettuati dai muscoli che

permettono l’aumento del volume della cavità polmonare. Alle estremità, sia al livello del diaframma, sia al

livello mediastinico, si vengono a creare i seni pleurici (degli spazi), che non sono sempre occupati dal

polmone, ma solo durante le fasi di dilatazione, che sono seno costodiaframmatico, seno costomediastinico

anteriore e seno costomediastinico posteriore. La dilatazione dei polmoni è generata principalmente dal

diaframma, che, determinando una diminuzione della pressione all’interno del polmone, causerà la

necessità di esso di aria.

APPARATO DIGERENTE

Comincia con la cavità boccale, passa all’interno del collo, prosegue all’interno della cavità toracica per

giungere al livello della cavità addominale. Insieme ad esso sono presenti diverse ghiandole che possono

essere localizzate al livello della parete del tubo o possono svilupparsi al di fuori di esso, costituendo le

ghiandole annesse al canale alimentare; queste ultime si trovano in tre siti diversi: una al livello della cavità

boccale (ghiandole salivarie), e due al livello della cavità addominale (ghiandola epatica e ghiandola

pancreatica).

CANALE ALIMENTARE

È un canale molto lungo (oltre i 10 metri); inizia al livello della bocca, che comunica mediante l’istmo delle

fauci con la faringe, che si connette con l’esofago e sbocca nello stomaco, a seguire c’è l’intestino, diviso in

due porzioni: intestino tenue, che origina appena dopo lo stomaco con una prima porzione detta duodeno

e una porzione più lunga (6-7 metri) detta intestino tenue mesenteriale, che a sua volta ha una prima parte

che prende il nome di digiuno e una seconda parte detta ileo; intestino crasso, che ha una prima parte

detta cieco, alla quale è annessa un’appendice vermiforme, una seconda parte detta colon, diviso in colon

ascendente, colon trasverso, colon discendente e ileopelvico, e una terza parte detta intestino retto, che

termina con il canale anale.

La cavità orale ha una faccia superiore, che presenta sia una porzione scheletrica che muscolare e una

faccia inferiore sia scheletrica che muscolare; la cavità stessa si apre posteriormente attraverso l’istmo delle

fauci, comunicando con la retrostante faringe. La cavità boccale è posizionata sotto le cavità nasali nello

splancnocranio. Essa può essere divisa in due porzioni, ossia vestibolo e cavità boccale propriamente detta.

Il vestibolo ha una forma a ferro di cavallo ed è localizzato tra le labbra anteriormente, tra le guance

lateralmente e dall’arcata dentale sia inferiore che superiore internamente. Le arcate dentali costituiscono

la parte superiore del vestibolo, mentre le guance e le labbra costituiscono la parte anteriore. Il vestibolo

comunica con la cavità boccale propriamente detta con uno spazio situato dopo l’ultimo molare.

Il punto di divisione tra le porzioni della bocca è costituito dai denti. Essi hanno un numero che varia a

seconda dell’età: c’è una prima fase della vita in cui si hanno i denti decidui che erompono intorno al sesto

mese di prima e completano la dentizione intorno ai 4-5 anni; nella prima fase di vita i denti decidui sono in

numero di 20, in ogni metà dell’arcata dentaria vi sono 5 denti, la parte anteriore è costituita dagli incisivi,

di forma tagliente, segue il canino, di forma appuntita e posteriormente due denti molari. Nell’adulto vi

sono due incisivi, un canino, due premolari e due o tre molari, in cui il terzo non sempre erompe

completamente. La parte esterna del dente, bianca, prende il nome di corona, il punto in cui termina la

mucosa gengivale, viene detto colletto, e profondamente all’interno dell’incavo osseo c’è la radice, che

attraverso diversi legamenti rimane aderente alla gengiva.

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La cavità boccale propriamente detta è costituita da un tetto osseo, termina con la parte muscolare, ossia il

palato molle, inferiormente è chiusa dal muscolo miloioideo, che unisce la mandibola all’osso ioide, e al di

sopra del muscolo miloioideo è presente la lingua, fondamentale per spostare il bolo alimentare all’interno

della cavità boccale ed è fondamentale durante la fonazione.

La lingua è caratterizzata da una punta, da un corpo e da una radice. La radice è separata dal corpo

mediante un solco a forma di v aperto anteriormente, davanti al quale vi sono delle formazioni di forma

rotondeggiante che prendono il nome di papille circumvallate; tutta la superficie della lingua è ricoperta di

diverse papille: papille filiformi, che danno la caratteristica rugosità alla lingua, e papille di forma

fungiforme (papille fungiforme) e papille foliate. Nella radice della lingua sono presenti molte formazioni

linfoidi che vanno a costituire la tonsilla linguale. Le papille presenti sul dorso della lingua hanno morfologia

diversa: le papille filiformi sono di forma conica, le papille fungiformi e le papille vallate hanno forma simile

a funghi (le prime più piccole), e nel bordo laterale delle papille vallate si trovano delle modificazioni

epiteliali, in grado di trasformare le sostanze chimiche sciolte nel bolo alimentare in trasmissioni nervose

che permettono di trasportare al sistema nervoso centrale delle informazioni riguardanti il gusto.

Esternamente alla cavità boccale vi è la presenza di ghiandole salivari maggiori, ossia la carotide,

sottomandibolare e sottolinguale. Queste tre ghiandole riversano una determinata quantità di secreto per

facilitare la masticazione.

La faringe è un condotto in comune con l’apparato respiratorio posizionato al davanti della colonna

cervicale, il suo margine superiore è strettamente in rapporto con la base cranica, si continua inferiormente

con l’esofago e presenta una faccia anteriore pervia, superiormente con le vie aeree, definendo una

regione detta rinofaringe, medialmente con l’istmo delle fauci, definendo una regione detta orofaringe e

inferiormente in rapporto con l’apertura della laringe, in una regione definita laringofaringe. La faringe

presenta sulla sua parete laterale, nella sua porzione superiore, un piccolo foro che corrisponde a un

condotto che pone in contatto la parte superiore della faringe con l’orecchio, permettendo una

stabilizzazione della pressione, tra la pressione interna dell’orecchio e quella atmosferica.

La parete posteriore appare liscia ed è separata da un sottile strato di tessuto connettivo dalla colonna

vertebrale. La parete anteriore presenta delle ampie zone di pervietà: superiormente con le cavità nasali,

poi il palato molle che termina con l’ugola, i due archi palato-faringei che delimitano l’istmo delle fauci e

inferiormente la struttura laringea. Al livello della parete laterale vi è la presenza di aggregati di formazioni

linfoidi, che costituiscono le tonsille linfoidi; nel punto di passaggio tra la cavità boccale e la faringe si

trovano le due tonsille palatine; al livello del tetto della faringe si trova la tonsilla faringea; intorno al

condotto uditivo si trovano altre formazioni linfoidi. Nel loro insieme queste strutture costituiscono una

struttura ad anello che prende il nome di anello linfatico di Waldeyer, che ha funzione di barriera rispetto a

sostanze patogene o sostanze che possono essere dannose.

La faringe è caratterizzata da una struttura muscolo-membranosa. Membranosa perché presenta una

membrana che aderisce alla base cranica, sulla quale si vanno ad inserire esternamente i muscoli ed

internamente la mucosa. I muscoli possono essere divisi in: muscoli costrittori, che sono posizionati

dall’alto in basso come delle tegole che si sovrappongono, e sono muscolo costrittore della faringe,

muscolo costrittore medio e muscolo costrittore inferiore; essi prendono inserzione posteriormente lungo il

rafe faringeo, che è un estensione della membrana, ed hanno il compito di ridurre il lume della faringe.

Muscoli elevatori, di cui i più importati sono stilofaringeo e faringopalatino; questi ancorandosi al livello

della porzione basale del cranio, attraverso la contrazione innalzano la faringe ed aiutano il processo di

deglutizione che avviene dopo il che il bolo alimentare viene sospinto dalla lingua nella cavità faringea.

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L’esofago si origina dalla parte finale della faringe, si porta profondamente attraversando il collo, poi il

torace per portarsi all’interno della cavità addominale, dove si continua con lo stomaco. È diviso in una

porzione cervicale, di 4-5 cm, una porzione toracica o mediastinica, di circa 15-20 cm, una porzione

diaframmatica e un’ultima porzione di circa 2-3 cm all’interno della cavità addominale. Nella parte cervicale

si trova incastrato tra la colonna vertebrale (posteriormente) e la laringe e la trachea (anteriormente).

Questo tipo di rapporto continua anche nella porzione mediastinica, finché vi è la biforcazione della trachea

nei due bronchi (4 vertebra toracica); c’è così un rapporto dell’esofago sul suo lato sinistro con l’arco

dell’aorta, poi, scendendo verso il basso l’esofago tende a portarsi posteriormente, spingendo l’aorta verso

la colonna vertebrale, facendola incastrare tra sé stesso e quest’ultima, per poi portarsi anteriormente

nella parte terminale; in essa vi sono una serie di legamenti detti freno-esofagei, che collegano la parte

inferiore dell’esofago al muscolo diaframma, e ciò impedirà all’esofago di scivolare. Il punto di

collegamento tra esofago e stomaco è definito linea Z, essa segnala l’interruzione delle funzioni

dell’esofago per dare inizio a quelle dello stomaco. Il contenuto dello stomaco non deve risalire all’interno

dell’esofago, pertanto si viene a creare un angolo che determina una sorta di chiusura che impedisce quindi

la risalita di materiale all’interno dell’esofago.

Sulla parete anteriore dell’addome sono presenti diversi organi, essa viene divisa in quadranti, e per una

suddivisione semplice in 4 quadranti delimitati da una linea trasversale che coincide con la cicatrice

ombelicale e da una linea sagittale mediana anch’essa corrispondente alla cicatrice ombelicale. La divisione

più nota è la divisione in 9 quadranti, dove vi sono più linee: una linea orizzontale che passa al di sotto del

margine inferiore delle coste, una orizzontale che passa per i processi spinosi anterosuperiori del bacino, e

due linee verticali che decorrono ai lati del muscolo grande retto. Le nove regioni che ne risulteranno

saranno rappresentate superiormente dalle due regioni ipocondriache di destra e di sinistra, a scendere le

regioni che prendono il nome di fianco destro e sinistro e inferiormente le fosse iliache di destra e di

sinistra; le zone centrali prendono il nome di epigastrica, mesogastrica ed ipogastrica. Ognuna di queste

aree si possono visualizzare gli organi contenuti all’interno della cavità addominale.

Lo stomaco occupa una regione della cavità addominale che prende il nome di spazio sovramesoconico. Ha

una morfologia a sacco allargato e schiacciato, dove si riconoscono una piccola curvatura rivolta verso

destra ed una curvatura più marcata verso sinistra che prende il nome di grande curvatura. Al di sopra del

punto in cui vi è la parte terminale dell’esofago vi è una piccola cupola che prende il nome di fondo dello

stomaco; la porzione restante dello stomaco può essere divisa in due zone: corpo dello stomaco, che va da

fondo fino ad una linea che si porta verso la grande curvatura e canale pilorico, una porzione che tende a

restringersi per poi raggiungere una regione in cui il restringimento è più evidente, prendendo il nome di

restringimento pilorico; in esso il cibo digerito viene sospinto grazie alla contrazione della parete muscolare

all’interno dell’intestino. Lo stomaco si connette al fegato tramite un legamento detto piccolo omento, ma

che per la porzione gastrica prende il nome di legamento epato-gastrico e nella sua estremità più a sinistra

(il primo tratto dell’intestino tenue) prende il nome di legamento epato-duodenale; un altro importante

legamento si viene ad instaurare tra la grande curvatura e il colon trasverso, ossia il legamento gastro-

colico, che si continua con una struttura che si porta a ricoprire anteriormente le anse intestinali; infine a

sinistra il legamento gastro-colico si trasforma in legamento gastrolienale per collegare lo stomaco alla

milza.

Lo stomaco necessita di una grande quantità di sangue, è infatti molto vascolarizzato: vi sono due arcate

anastomotiche, che si estendono lungo la piccola e la grande curvatura; la prima origina dal tripode celiaco,

il primo ramo arterioso che origina dalla faccia anteriore dell’aorta addominale, dal tripode celiaco si ha

quindi l’arteria gastrica sinistra, dalla quale origina l’arteria gastrica destra, l’arteria epatica e la lienale; la

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grande curvatura è rifornita dalla connessione che si crea tra la gastroepiploica sinistra e la gastroepiploica

destra, che originano rispettivamente dall’arteria gastroduodenale e dall’arteria lienale; il fondo dello

stomaco è vascolarizzato da arterie gastriche brevi che originano dall’arteria lienale.

Lo stomaco presenta una parete muscolare notevole, dove si trovano fibrocellule con andamento

longitudinale, trasversale e più profondamente obliquo; questo grosso numero di fibrocellule muscolari

determina un’ottima capacità di contrazione.

Il bolo alimentare viene poi spinto nell’intestino tenue, che è attorcigliato in anse. La prima parte assume

una forma a c, ed è aderente alla parete addominale posteriore ed è rappresentata dal duodeno. Il

duodeno presenta una porzione che origina subito dopo il canale pilorico (la parte finale dello stomaco) ad

andamento trasversale (superiormente), poi ha una porzione discendente, un’altra porzione trasversale

(inferiormente) e infine una porzione che risale; è situato all’altezza delle prime vertebre lombari. Il

duodeno ha uno stretto rapporto con il pancreas. La superficie interna del duodeno presenta delle

modificazioni: vi sono molti rilevamenti della mucosa interna che prendono il nome di pieghe circolari o

valvole, differenti però dalla valvola pilorica che è uno sfintere fisico determinato da un’ipertrofia della

struttura muscolare dello stomaco, che servono per aumentare la superficie interna del duodeno; al livello

del tratto discendente vi sono due fori, detti papilla duodenale maggiore e papilla duodenale minore, nella

quale sboccano i dotti escretori delle ghiandole extramurali legate all’apparato digerente, ossia il pancreas

e il coledoco (trasporta la bile prodotta dalla ghiandola epatica).

L’intestino tenue mesenteriale è attorcigliato in anse ed è ricoperto da peritoneo (membrana sierosa); esso

lo mantiene connesso con la parete addominale posteriore; il peritoneo, diviso in peritoneo viscerale

(attaccato agli organi) e peritoneo parietale (attaccato alla parete addominale), i quali, congiungendosi

costituiscono la radice del mesentere, che permette la mobilità delle ansa intestinali. Sul mesentere sono

presenti diversi vasi sanguigni che si portano verso il canale alimentare andando ad irrorarlo.

L’ultimo tratto è dato dall’intestino crasso, che presenta regioni diverse: il cieco, con la presenza

dell’appendice vermiforme, che si continua con una porzione ascendente, detta colon ascendente, tramite

la porzione finale dell’intestino tenue, e che incontra il fegato, il colon ascendente si prosegue quindi con il

colon trasverso che raggiunge la milza dalla parte opposta, che piegandosi raggiunge la fossa iliaca sinistra e

piegandosi ancora si continua con il colon sigmoideo, e da qui, raggiunta la faccia anteriore del sacro, si

continua restringendosi nel canale rettale, che termina con il canale anale.

L’intestino crasso presenta delle caratteristiche estroflessioni sulla superficie esterna, che prendono il

nome di haustra, che corrispondono a delle zone interne depresse che sono presenti lungo tutto il percorso

del colon, fino al retto. Altra caratteristica importante è che la struttura muscolare all’interno del crasso si

modifica in maniera significativa: lo strato longitudinale viene ad essere raccolto in formazioni simili a

stringhe, che prendono il nome di tenie, in tre formazioni che decorrono per tutto quanto il colon.

La vascolarizzazione del colon è a carico della mesenterica superiore e della mesenterica inferiore fino alla

parte superiore del retto.

Il retto perde le caratteristiche morfologiche e fisiche dell’intestino crasso, presentando una superficie

interna liscia, delle pieghe trasversali, una superiore, una media e una inferiore per poi concludersi ed

aprirsi verso l’esterno attraverso il canale anale, il quale è rinforzato esternamente dalle fibrocellule

muscolari striate dello sfintere esterno anale.

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Il canale alimentare viene drenato da un sistema venoso detto sistema della vena porta, che raccoglie

sangue a partire dal crasso, tutto l’intestino tenue, di gran parte dello stomaco e della porzione inferiore

dell’esofago. Le vene che raccolgono sangue dal canale alimentare si andranno ad unire in un grosso canale

venoso che arriverà al fegato, il quale costituisce un filtro, che permette di utilizzare le sostanze che sono

state recuperate al livello del canale alimentare.

Il canale alimentare ha una struttura costante costituita da una sovrapposizione di tonache, nella quale si

ritrova internamente una mucosa, una tonaca sottomucosa e una tonaca muscolare; all’esterno di

quest’ultima può essere presente uno strato connettivo che può essere sieroso o meno. La mucosa

caratteristicamente presenta un epitelio che borda internamente la cavità, una lamina propria, e a dividere

la mucosa dalla tonaca sotto mucosa uno strato di fibrocellule muscolari lisce detto muscularis mucosae. La

tonaca sottomucosa presenta una grosso quantità di vasi che servono per dar vita al nutrimento di tutta la

mucosa. Lo strato muscolare al di fuori della tonaca sottomucosa è costituito da uno strato interno le cui

fibre sono ad andamento circolare e uno strato interno le cui fibre sono ad andamento longitudinale. Più

esternamente vi è un’innervazione con due plessi: uno è localizzato tra i due strati muscolari, detto plesso

mienterico, che ha funzione di innervare la muscolatura permettendone la contrazione ritmica per far

muovere le sostanze ingerite nel sistema digerente; uno strato sottomucoso deputato al controllo

dell’innervazione delle ghiandole.

L’epitelio presente nella cavità boccale è un epitelio pluristratificato, rimane pluristratificato nella lingua e

al livello dell’esofago. Ciò permette una maggiore resistenza meccanica al passaggio di cibo che non è

ancora stato digerito e quindi potenzialmente lesivo. Nella parte più esterna c’è un doppio strato di tessuto

muscolare, uno strato ad andamento circolare ed uno longitudinale. Nell’esofago si modificano le

caratteristiche del tessuto muscolare lungo il suo andamento: nella prima parte c’è una muscolatura striata

a contrazione volontaria, nel tratto inferiore c’è una muscolatura liscia, che sarà tale fino al canale

alimentare. Da dopo l’esofago l’epitelio da pluristratificato diventa monostratificato.

Nello stomaco c’è la presenza di un’enorme quantità di ghiandole, dette ghiandole gastriche, che sono

deputate alla produzione dei succhi gastrici; presentano diversi tipi di cellule: cellule che producono muco

che protegge la superficie interna dello stomaco e cellule capaci di produrre sostanze che sono deputate

alla scissione del materiale alimentare giunto nello stomaco; per attivare gli enzimi capaci di scindere le

sostanze alimentari è necessario un ambiente a pH basso, pertanto vi sono delle cellule deputate

all’abbassamento del pH.

Nell’intestino tenue vi sono numerose invaginazioni interne sia nella mucosa sia nella sottomucosa; la

sottomucosa tramite le invaginazioni da vita alle pliche; la mucosa presenta invece dei villi, che sono

utilizzati per aumentare la superficie di contatto con il materiale che transita all’interno del canale

alimentare; al livello apicale dei villi si trovano i microvilli, che aumentano ulteriormente la superficie

interna del canale alimentare. All’interno di un villo sono presenti numerose struttura linfatiche, vascolari,

citoscheletriche e un piccolo numero di fibrocellule muscolari lisce.

La componente linfoide nella parte finale dell’intestino aumenta, andando a costituire le placche di Peyer,

che costituiscono il punto di passaggio tra il tenue e il crasso. Nel crasso c’è una flora batterica importante,

che serve a dar vita all’ultima digestione di sostanze.

Nel colon sono presenti diverse ghiandole che producono muco per favorire la lubrificazione della

superficie per favorire il passaggio di sostanze sempre più private di acqua, che viene ulteriormente

assorbita nella parte finale della digestione.

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GHIANDOLE ANNESSE

Le ghiandole extraparietali sono troppo grandi per essere contenute nel canale alimentare, e da questo

prendono il nome. Il primo gruppo è rappresentato dalle ghiandole salivarie maggiori, ossia parotide,

sottomandibolare e sottolinguale; poi c’è il fegato e il pancreas.

La ghiandola parotide e la ghiandola sottomandibolare sono delle ghiandole pari, la ghiandola sottolinguale

impari, tutte e tre le ghiandole sono tubulo alveolari. La parotide è la più grande delle tre, è posizionata ai

lati della testa, in gran parte davanti al ramo della mandibola e davanti al processo mastoideo dell’osso

temporale. La parotide si porta profondamente nella loggia parotidea, che è schiacciata tra la mastoide

posteriormente, è delimitata anteriormente dal ramo della mandibola e dai muscoli che sono posizionati

davanti e dietro, cioè massetere e muscolo pterigoideo interno, inoltre è delimitata da una parte che si

porta profondamente verso la cavità viscerale interna del collo; inoltre la parte periferica della parotide è a

diretto contatto con l’epidermide. La parotide è attraversata dal nervo facciale, che si divide in diversi rami

all’interno della parotide stessa, per poi raggiungere con i rami terminali i muscoli che si trovano nella parte

anteriore della faccia. La ghiandola sottomandibolare è addossata all’interno del ramo della mandibola e in

stretto rapporto con i muscoli del pavimento della cavità boccale. Entrambe le ghiandole riversano il loro

secreto attraverso dei condotti: la parotide dal margine anteriore presenta un dotto escretore molto lungo

che passa davanti del muscolo buccinatore fino a raggiungerne il margine anteriore, dopo averlo superato

si porta profondamente al livello del secondo molare superiore; la ghiandola sottomandibolare ha un dotto

che dal margine superoanteriore della ghiandola si porta medialmente, entra in rapporto proprio con la

ghiandola sottomandibolare per andare a sboccare vicino al frenulo linguale con due piccoli fori.

La ghiandola sottolinguale è posizionata sotto il dorso della lingua ed è in rapporto con la radice della

lingua; non presenta un unico dotto escretore, ma una serie di condotti escretori che vanno ad aprirsi nel

punto in cui la superficie inferiore della cavità boccale termina con il dorso della lingua.

La parotide è una ghiandola di tipo sieroso, la ghiandola sottolinguale è una ghiandola di tipo mucoso e la

ghiandola sottomandibolare presenta sia una componente sierosa, sia una componente mucosa. Insieme,

le tre ghiandole salivari maggiori hanno la capacità di produrre una grossa quantità di secreto che andrà a

costituire la saliva. La secrezione massiva di queste ghiandole avviene solo nel momento in cui si introduce

all’interno della cavità boccale, cioè per stimolo diretto, o per stimoli indiretti, che sono premonitori

dell’ingresso di cibo all’interno della cavità boccale, come l’odore.

Sia il fegato che il pancreas originano al livello dell’epitelio interno del canale alimentare, ossia la porzione

discendente del duodeno. Il fegato occupa la parte superiore della cavità addominale, è localizzato nella

regione sovramesocolica, e ne occupa la porzione superiore destra, centrale e in parte che quella sinistra

(sta nei quadranti addominali superiori, cioè epigastrio, epicondrio di destra ed epicondrio di sinistra).

Il fegato presenta una superficie liscia sulla quale c’è un sottile strato di sierosa peritoneale e una

colorazione rossa, dovuta al fatto che nel fegato passa molto sangue. Ha uno stretto rapporto con il

diaframma. È diviso in due facce principali: faccia diaframmatica, ossia quella più attinente al diaframma,

che si presenta liscia ed è suddivisa da un ripiegamento della sierosa peritoneale in due lobi, lobo sinistro e

lobo destro, la faccia diaframmatica termina anteriormente ed inferiormente con un margine tagliente che

costituisce il punto di passaggio che tra la faccia diaframmatica e quella viscerale; la faccia viscerale è così

detta perché è in stretto rapporto con i visceri della cavità addominale, infatti ha delle “impronte” che sono

causate dal contatto gli altri organi, inoltre vi sono dei solchi, due sagittali, ossia uno destro e uno sinistro, e

un solco ad andamento trasversale che unisce gli altri due solchi. Sulla faccia viscerale del fegato si possono

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delimitare diverse regioni: due regioni che corrispondono al lobo sinistro e al lobo destro, (all’interno dell’H

formata dai 3 solchi) vi sono un lobo caudato (anteriore) e un lobo quadrato (posteriore).

Il solco sagittale laterale destro è più ampio, e presenta posteriormente il passaggio della vena cava

inferiore, mentre anteriormente presente un’estroflessione delle vie biliari, la cistifellea; il solco sagittale

sinistro consiste in residui vascolari della vita intrauterina. Al livello del lobo destro si trova l’impronta del

polo superiore del rene destro, vicino all’impronta del rene si trova l’impronta colica; al livello del lobo di

sinistra è importante il rapporto che il fegato contrae con lo stomaco, infatti è presente l’impronta gastrica.

Il solco trasversale costituisce la regione in cui si trova l’ilo epatico, cioè quella zona che è attraversata dai

vasi che raggiungono il fegato.

Il fegato mantiene la sua posizione per mezzo di legamenti che originano da un ripiegamento della sierosa

peritoneale: essa ricopre la faccia diaframmatica e forma una ripiegatura, in una zona dove non è quindi

presente la sierosa, cioè la zona nuda del fegato, andando a formare il legamento falciforme; la sierosa

peritoneale segue la faccia viscerale, dove si ripiega, andando a formare i legamenti epatogastrico ed

epatoduodenale, che nel loro insieme costituiscono il piccolo epiploon.

Gran parte del peso del fegato è dovuto al sangue, che raggiunge il fegato attraverso due fonti: una fonte

arteriosa, che proviene dall’arteria epatica comune, che origina dal tripode celiaco, così detto perché si

divide in tre arterie, una per il fegato, una per la milza e una per lo stomaco; dietro l’arteria e dietro le vie

biliari extraepatiche c’è una struttura venosa di grosse dimensioni, essa è la vena porta, la quale è un

sistema venoso che raccoglie il sangue proveniente da gran parte del canale alimentare all’interno della

cavità addominale (stomaco, intestino tenue e crasso). La vena porta e l’arteria epatica comune si

suddividono in tronchi, i quali vanno a suddividere il fegato in zone che hanno una peculiare individualità da

un punto di vista vascolare, detti segmenti epatici. Attraverso la loro suddivisione diminuiscono le loro

dimensioni, fino a raggiungere una dimensione tale che vanno a costituire dei piccoli tronchi vascolari (sia

arteriosi che venosi), dai quali poi si staccano dei capillari, che sono posti in profondità nel fegato.

L’unità funzionale del fegato è il lobulo epatico, che è costituito da una parte di parenchima epatico che

può essere circondato da una serie di strutture vascolari che costituiscono le strutture portali (o triadi

portali), costituite da un ramo dell’arteria epatica, un ramo della vena porta e un ramo della via biliare, che

sono posizionati ai lati della formazione esagonale del lobulo epatico; dalle strutture portali partono una

serie di capillari, ossia i sinusoidi epatici, che tendono a confluire in una vena detta centrolobulare. Essa

lascia il lobulo, si unisce alla vene centrolobulari vicine, formando le vene interlobulari, che confluiscono

insieme nelle vene epatiche che si riportano all’interno della vena cava inferiore. Al livello della faccia

viscerale, poiché la vena cava inferiore si trova a stretto contatto con il parenchima del fegato, le vene

rientrano all’interno del fegato; il sangue refluo attraversa quindi il fegato nella vena cava inferiore.

Il fegato presenta le caratteristiche strutturali di una ghiandola di tipo cordonale, o endocrina e le

caratteristiche di una ghiandola esocrina. Presenta quindi una componente esocrina e una piccola

componente endocrino-metabolica (non endocrina); endocrino-metabolica perché non è una ghiandola

endocrina, in quanto non produce degli ormoni specifici, ma è capace di introdurre all’interno del torrente

circolatorio sanguigno che lo attraversa i suoi prodotti. il fegato è di fondamentale importanza per la

costituzione delle strutture del sangue come le proteine (esempio l’albumina) e durante la vita embrionale

il fegato è un organo ematopoietico. Il fegato è quindi una ghiandola anficrina, poiché ha una componente

esocrina, e una componente endocrino-metabolica.

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La struttura portale è detta triade portale perché in essa sono riconoscibile una vena di grandi dimensioni

con una parete molto sottile, un’arteria di dimensioni minori e dalla parete più spessa, grazie alla presenza

di fibrocellule muscolari lisce, e dalla presenza di un dotto biliare che si differenzia ancora perché la sua

superficie interna è rivestita da cellule epiteliali cubiche; vi sono inoltre dei piccoli vasi linfatici e delle

strutture nervose. Le cellule del fegato si presentano organizzate in cordoni, e gli spazi tra essi interposti

hanno tutti morfologia diversa, ciò sta a significare un andamento sinuoso dei capillari, tanto che prendono

il nome di sinusoidi epatici; si vanno a formare così delle plicature nei capillari, al fine di aumentare le loro

superficie (fino al triplo rispetto a un capillare normale), per migliorarne l’efficienza.

Le cellule che costituiscono la struttura epatica sono gli epatociti, essi presentano nuclei molto grandi, molti

mitocondri, apparati di Golgi e reticolo endoplasmatici molto sviluppati; un epatocita, nella sua forma

poliedrica presenta un polo sinusoidale, che ha rapporti con i capillari, un polo laterale, che è sede di

adesione ad un altro epatocita, su di esso è presente un canalicolo biliare (la cui superficie prende il nome

di polo biliare), dal quale passa la bile che è prodotta all’interno dell’epatocita stesso. Il polo vascolare è

ricoperto da una sottile cellula endoteliale (non c’è membrana basale), al di sotto della quale si vanno ad

appoggiare delle fibre, ciò permette uno scambio efficace tra sangue e superficie vascolare dell’epatocita,

la quale presenta inoltre dei microvilli, per facilitare gli scambi; tuttavia la sottile protezione sotto forma di

endotelio dell’epatocita è poco efficace in caso di insulti di tipo lesivo.

Il polo laterale è costituito da giunzioni di diversi tipi, tra cui un particolare tipo di giunzione che consiste in

un estroflessione della membrana di una cellula verso l’esterno che si legano a delle introflessioni analoghe

nella membrana di un'altra cellula (tipo lego).

Il polo biliare è costituito dall’invaginazione di una cellule che si pone in rapporto con la cellula limitrofa,

andando a costituire un piccolo canale all’interno del quale ciascun epatocita riversa la bile. La bile si sposta

in senso contrario a quello del sangue (centrifugo) attraversa le lamine fino a raggiungere i dotti biliari che

sono presenti al livello dello spazio portale.

I dotti biliari sono caratterizzati da un epitelio interno che li borda costituito da cellule cubiche, dette

colangiociti, che hanno un’importante funzione nel riassorbimento della bile durante il passaggio all’interno

delle vie biliari. La bile prosegue nei canali fino a raggiungere l’iloepatico, dal quale fuoriescono le vie biliari

extraepatiche, che sono date dai due grossi dotti che provengono dal lobo di destra e lobo di sinistra, che

danno vita al dotto epatico comune, dove confluisce un altro dotto che connette il dotto epatico comune

tramite il dotto cistico alla cistifellea, un contenitore all’interno del quale fluisce la bile che viene prodotta

dal fegato. Da qui ha origine il dotto escretore, il dotto coledoco, che attraversa il legamento

epatoduodenale, si pone dietro la testa del pancreas, lo attraversa e nella parte terminale va a sboccare

insieme al dotto escretore nella porzione discendente del duodeno.

Il pancreas origina vicino al fegato e si sviluppa al di sotto del peritoneo e si porta verso sinistra con il collo,

poi con il corpo e con la coda, a raggiungere la milza. La ghiandola viene attraversata dal mesocolon

trasverso, entra in rapporto posteriormente con tutte le strutture che trova, ossia duodeno, vena cava

inferiore, vena porta, aorta addominale, arterie mesenteriche, rene sinistro e milza.

Il pancreas è una ghiandola mista, poiché presenta una componente esocrina e una endocrina:

rappresentata da una formazione di tipo acinoso, alla quale fa seguito un condotto, gli acini sono costituiti

da cellule pancreatiche a secrezione esocrina che presentano una parte apicale dove vengono ad essere

riversati e stipati i granuli di zimogeno (enzima) che poi verranno riversati all’interno del condotto, vi sono

inoltre delle cellule centroacinose che bordano i condotti che trasporta il secreto verso il condotto

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principale; i condotti intercalari sono i più piccoli, essi confluiscono nei condotti intralobulari e tutti insieme

costituiscono la via di escrezione principale; vi è inoltre il condotto accessorio, un’altra via da dove avviene

la secrezione.

La componente endocrina del pancreas ha una forma tonda e prende il nome di isole di Langherans,

possono essere distribuite nel parenchima pancreatico ma sono più numerose al livello della coda; le cellule

delle isole di Langherans presentano una struttura cordonale e sono di diverso tipo: cellule beta, che hanno

il 70% della produzione totale delle cellule endocrine del pancreas, le quali producono insulina, che insieme

alle cellule alfa (20% della produzione) che producono glucagone, permettono la regolazione degli zuccheri

nel sangue; vi sono inoltre le cellule delta (10%) che producono somatostatina, un ormone che viene

rilasciato all’interno del torrente circolatorio, che permette il controllo indiretto su glucagone e insulina, e

sul GH.

APPARATO URINARIO

È costituito dai reni, dalle ureteri, dalla vescica urinaria e dall’uretra.

Il rene ha una forma simile a quella di un fagiolo, che presenta una grande curvatura verso l’esterno e una

piccola curvatura verso l’interno, quest’ultima prende il nome di ilo del rene, dove passano sia le vie

urinarie sia le strutture vascolare del rene. Il rene è appoggiato sulla parete muscolare addominale

posteriore, nella sua parte inferiore è appoggiato sullo psoas, nella parte superiore è in rapporto con la

cupola diaframmatica e con la ghiandola surrenale. Il rene è quindi posizionato all’interno della cavità

addominale e nel retro peritoneo, e si proietta nella parete posteriore; sebbene i due reni abbiamo una

forma quasi uguale non sono posizionati allo stesso livello: il rene di destra si trova posizionato

inferiormente al rene di sinistra, ciò è dovuto alla presenza della ghiandola epatica che tende a spingere

verso il basso il rene di destra, pertanto la porzione in rapporto col diaframma del rene di destra è più

piccola rispetto a quello di sinistra, di conseguenza anche con le ultime coste, il rene destro con parte

dell’undicesima e la dodicesima, mentre il rene sinistro con dodicesima, undicesima e parte dello spazio tra

la decima e l’undicesima; inoltre a posizione retroperitoneale dove sono situati i reni corrisponde ai lati

della colonna vertebrale.

Il rene occupa una propria loggia, la loggia renale, che è determinata dalla presenza di una struttura

connettivale che origina dalla divisione in due fasce di una fascia connettivale detta renale: una fascia

anteriore che si porta anteriormente ai reni, detta fascia prerenale, e una fascia posteriore che si porta

posteriormente ai reni (senza entrare in stretto rapporto con essi), detta fascia retrorenale; la loggia renale

è data così dallo spazio che intercorre tra le due fasce; più avanti inoltre vi è la presenza di sierosa

peritoneale, che è collegata alla parete muscolare dell’addome e ricopre i visceri.

Le due fasce, trasversalmente, tendono ad unirsi e si applicano, superiormente, alla faccia posteriore del

diaframma, invece inferiormente, tendono a scomparire senza che mai entrino in stretto contatto. Il rene

non ha pertanto un sistema legamentoso, ma presenta solo un legamento di tipo funzionale costituito da

tessuto adiposo, che prende il nome di perirenale, che circonda il rene, impedendo che il rene scenda verso

il basso.

Gli ili dei reni sono raggiunti da due importanti arterie che hanno origine dai lati dell’aorta addominale,

ossia le due arterie renali; sempre al livello dell’ilo vi è la vena renale che raggiunge la vena cava inferiore.

Il rene presenta la struttura di un organo pieno, nella quale si trova un parenchima che può essere

suddiviso in una corticale più esterna e una midollare. La midollare del rene non è continua ma è suddivisa

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in formazioni di tipo piramidale, che presentano l’apice diretta verso la regione ilare del rene, e la base di

esse è parallela alla superficie dell’organo stesso; queste formazioni piramidali sono separata da

parenchima renale che le separa in maniera concreta. Alle formazioni piramidali della midollare

corrispondono dei siti dove andranno ad inserirsi le strutture arteriose, che si ramificano in strutture più

piccole, decorrendo addossate alle piramidi midollari, andando a costituire le arterie interlobari; esse

piegano nella piramide piegano e vanno a costituire l’arteria arcuata, la quale decorre sulla base della

piramide, e durante il suo decorso da origine a una serie di vasi che si portano verso la corticale o verso la

midollare. La vascolarizzazione è fondamentale per il filtraggio del sangue all’interno dei reni.

Dall’arteria arcuata originano due tipi di vasi: vasi che si portano verso la midollare, detti vasi retti, e vasi

che si portano verso la corticale, detti arteriole interlobulari; queste ultime una volta che danno vita a

un’ulteriore suddivisione: daranno vita a un’arteriola che si porta all’interno della parte corticale del rene

fino a raggiungere i capillari per poi immettere il sangue nel drenaggio venoso del rene. Questa struttura è

detta nefrone; è composto da: corpuscolo renale (o di Malpighi), costituito da una struttura vascolare data

da un’arteriola afferente che si sfiocca in una rete di capillare arteriosa, questa rete capillare tende a

riconfluire in un’arteriola efferente che si porta lontano dal corpuscolo renale; queste rete di capillari

prende il nome di glomerulo renale; il nefrone è anche composto da un sistema tubulare, dove una prima

porzione è costituita da un tubulo contorto prossimale (attinente al glomerulo renale), questo si continua

con una struttura tubulare di dimensioni minori, con una porzione discendente e una porzione ascendente,

detta ansa di Henle, e infine, una porzione di dimensioni maggiori, detta tubulo contorto distale, il quale si

porta verso il tubulo collettore, che raccoglie una grossa quantità di nefroni che convogliano il proprio

secreto al suo interno. Il corpuscolo renale è situato all’interno della corticale, mentre nella porzione

tubulare il tubulo distale e quello prossimale sono prevalentemente localizzati nella corticale, mentre l’ansa

di Henle si porta attraverso la sua branca discendente verso la midollare; i tubuli contorti distali vanno a

confluire nei dotti collettori, i quali raccolgono il secreto di tutti i nefroni ad esso collegati, per poi portare il

sangue verso la punte delle piramidi della parte midollare renale, e attraverso un foro si mettono in

contatto con le vie urinifere.

C’è un arteriola afferente che si dirama in una rete di capillari che proseguono con un’arteriola efferente; il

tubulo contorto prossimale sempre abbracciare completamente la rete capillare, così facendo la parete del

tubulo diventa doppia: c’è una superficie periferica (esterna) e una parete che aderisce ai capillari

(viscerale), che prende il nome di capsula di Bowman. Si forma così uno spazio tra le due superfici,

attraverso il quale passerà il filtrato. Le cellule che tappezzano le pareti viscerale e parietale si differenziano

morfologicamente: al livello della parete esterna vi sono cellule piatte, le cellule che entrano in rapporto

con i capillari (dette podociti) presentano delle estroflessioni (pedicelli). Esse tendono ad appoggiarsi al

livello della membrana basale dell’epitelio capillare, la quale, in questo punto, è in comune con la parete

interna del corpuscolo renale. Le estroflessioni si appoggiano in degli spazi sulla membrana basale, cioè i

processi ristretti digitiformi dei podociti. Al livello dell’endotelio basale sono presenti delle aperture, al

livello dei pori dell’endotelio capillare, e sono presenti degli spazi tra un pedicello e un altro; questi spazi

sono attraversati dalle sostanze filtrate nei reni.

Se non ci fosse il sistema tubulare si perderebbe un quantitativo di acqua eccessivo tanto da mettere fine a

una vita; l’ultrafiltrato (ciò che è prima di diventare urina) si modifica molto durante il percorso nei tubuli:

nel tubulo contorto prossimale c’è un riassorbimento in particolare di acqua, la quale viene riassorbita da

un epitelio che borda il tubulo contorto prossimale, il quale presenta una grande quantità di mitocondri,

che, producendo energia, sono responsabili dell’assorbimento dell’acqua; nell’ansa di Henle ci sono diversi

scambi tra l’ambiente esterno e l’ambiente interno (dovuti ai tanti capillari) che modificano ulteriormente il

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contenuto all’interno dei tubuli, grazie alle differenti condizioni di osmolarità; nel tubulo contorto distale

viene monitorata la quantità di liquidi al suo interno, grazie a un rapporto che si genera tra esso e

l’arteriola afferente, proprio questo tipo di rapporto da vita a una struttura detta apparato

iuxtaglomerulare.

L’apparato iuxtaglomerulare è dato da cellule del tubulo contorto distale che entrano in stretto rapporto

con l’arteriola afferente; le cellule del tubulo distale si modificano, diventando più compatte formando la

macula densa, entrando in contatto con cellule di tessuto muscolare liscio che fanno parte dell’arteriola

afferente, dette cellule iuxtaglomerulari; queste due cellule, insieme alle cellule mesangiali, che

costituiscono il punto di unione, svolgono funzioni importanti: le cellule della macula densa controllano le

caratteristiche chimiche del contenuto del tubo e di capire se l’urina è diluita o non diluita, le cellule che

circondano l’ultima porzione dell’arteriola afferente sono in grado di generare modificazioni di diametro

dell’arteriola, cioè sono in grado di monitorizzare la pressione sanguigna. In caso di riduzione di pressione la

macula densa, una volta percepito il problema, attraverso una serie di enzimi messi in circolo, determina

una vasocostrizione. Inoltre un’alterazione dell’apparato iuxtaglomerulare è alla base della maggior parte

delle patologie ai reni.

Le vie urinarie sono caratterizzate da una serie di strutture cave che hanno origine dai calici minori, ossia

delle piccole formazioni che abbracciano l’apice delle piramidi malpighiane; esse confluiscono tra loro in

calici maggiori, i quali si riuniscono a formare il bacinetto renale, il quale si continua con l’uretere.

Quest’ultimo è una struttura pari lunga, che si porta dal rene, nella porzione superiore posteriore del

retroperitoneo, verso la regione pelvica raggiungendo una struttura che è in grado di raccogliere l’urina: la

vescica urinaria. Essa è un organo impari, posizionato nella regione pelvica, addossato molto vicino alle

branche pubiche dell’osso dell’anca e vicino al pavimento pelvico.

L’uretere in base ai rapporti nella regione che attraversa da vita a dei restringimenti importanti: un primo

restringimento si ha nel punto di passaggio dal bacinetto all’uretere; portandosi verso il basso, verso lo

psoas, vi è un importante rapporto che l’uretere contrae con i vasi iliaci, dove c’è un altro restringimento;

un ultimo restringimento lo si ha al livello della vescica urinaria: rappresenta un contenitore capace di

contenere un quantitativo di urina che è pari alla sua capacità di dilatarsi. Essa contrae rapporti diversi nei

due sessi: nel maschio la vescica è in rapporto inferiormente con la ghiandola prostatica, che abbraccia

completamente l’ultimo tratto delle vie urinifere, dato dall’uretra; un altro rapporto importante è quello

con le vescicole seminali posteriormente, e con il dotto deferente, il quale raggiunge da prima la parete

laterale e poi quella posteriore; nella donna la vescica è interposta tra la branca pubica (anteriormente), la

vagina (posteriormente) e (postero-superiormente) l’utero. Nella donna l’ultimo tratto del dotto urinario è

molto breve ed è posizionato al davanti della vagina. Nell’uomo l’uretra è più lunga, che attraversa la

ghiandola prostatica (uretra prostatica), poi il pavimento pelvico e infine si immette all’interno dello spazio

generato dai due corpi cavernosi (uretra peniena) per poi arrivare all’apertura esterna, sul glande. La

minore lunghezza dell’uretra femminile determina una maggiore possibilità di infiammazione nell’ultima

porzione delle vie urinifere (uretriti), poiché può essere una zona di ingresso di agenti patogeni nelle vie

urinifere.

L’epitelio che tappezza l’interno delle vie urinifere prende il nome di urotelio, ed è caratterizzato da due

strati, uno strato superficiale dato da cellule dette ad ombrello, le quali insieme alle cellule epiteliali poste

inferiormente, che appaiono di forma cilindrica, danno vita ad un epitelio disposto su più strati. Questo tipo

di epitelio, grazie alla presenza di elementi di giunzioni serrati, delle giunzioni strette che collegano le

cellule ad ombrello a quelle epiteliali, permettendo un’impermeabilità e una protezione del canale

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dell’uretra. Le cellule ad ombrello tendono a distendersi e quelle inferiori tendono a schiacciarsi (durante la

minzione), ma le cellule dell’epitelio dell’uretra mantengono sempre uno stretto contatto tra gli uni e gli

altri, garantendo protezione e impermeabilità.

SISTEMA NERVOSO CENTRALE

È costituito da tessuto nervoso ed è così chiamato poiché è contenuto all’interno di cavità del corpo; è

costituito dall’encefalo, nel neurocranio, e dal midollo spinale, contenuto nella colonna vertebrale. Essi

sono in stretta continuità e possono comunicare con l’ambiente esterno attraverso una serie di strutture

dette nervi, che costituiscono il sistema nervoso periferico; essi originano sia al livello del midollo spinale

(nervi spinali), sia al livello dell’encefalo (nervi encefalici).

Il sistema nervoso centrale è costituito da neuroni, cellule che sono in grado di trasmettere lo stimolo da un

punto all’altro in maniera molto rapida. I neuroni presentano diverse colorazioni in base alla loro

organizzazione: la sostanza grigia (quella più scura) è composta da aggregati cellulari, la porzione più chiara

è data dagli assoni.

Il SNC costituisce una struttura che viene raggiunta da informazioni che provengono dall’ambiente esterno,

informazioni di due tipi: informazioni che vengono riverberate dal punto di ingresso del sistema nervoso

centrale, creando degli archi molto semplici, ossia un’informazione di ingresso e una rapida uscita del SNC

(arco riflesso); la seconda modalità di comunicazione comprende, dopo l’ingresso del segnale all’interno del

SNC, una serie di passaggi all’interno di esso, ci sarà quindi un compartimento afferente dal quale entra lo

stimolo, e una riverberazione a diversi livelli del SNC, partendo dal midollo spinale e giungendo al cervello,

dove vengono elaborate le informazioni e che attraverso una via discendente può raggiungere l’ambiente

esterno.

Il sistema nervoso centrale è estremamente corretto da una serie di strutture connettivali che circondano

l’encefalo, le meningi, che possono duplicarsi e portarsi internamente, andando a suddividere la porzione

del neurocranio in due logge, una superiore detta loggia sovratentoriale e una inferiore detta

sottotentoriale.

Il cervello (loggia sovratentoriale) ha una forma ovoidale con un polo anteriore e uno posteriore, e la

superficie esterna è simile a un gheriglio di una noce, grazie alla presenza di solchi che delimitano delle

circonvoluzioni presenti sulla superficie. La porzione nella loggia sottotentoriale è occupata dal cervelletto e

dal tronco encefalico. Quest’ultimo è suddiviso in più parti: il bulbo è la parte inferiore e si continua con il

midollo spinale, a seguire il ponte e il mesencefalo, che mette in comunicazione il tronco con il cervello.

La porzione del ponte presenta un andamento delle fibre di tipo trasversale, che permette di mettere in

evidenza un solco al di sotto del ponte, detto solco bulbo-pontino, che delimita inferiormente il ponte

rispetto al bulbo; al di sopra del ponte c’è il solco ponto-mesencefalico, che delimita il ponte dal

mesencefalo.

Il bulbo ha una morfologia simile a quella del midollo spinale, si trovano infatti gli stessi solchi situati nel

midollo spinale, ossia mediano sagittale anteriore e paramediano; la parte superiore del bulbo tende ad

allargarsi, mettendo in evidenza due zone limitrofe alla linea mediana che si rigonfiano e prendono il nome

di piramidi bulbari, all’interno delle quali decorre una grande quantità di fibre che poi si porta verso il

midollo spinale; c’è inoltre un rigonfiamento laterale detto oliva bulbare, il quale ha un grosso nucleo che

da questa morfologia. Nella porzione superiore sono presenti dei rigonfiamenti: tubercolo gracile ,un

rigonfiamento vicino alla linea mediale posteriore, tubercolo coneato, in una posizione più laterale.

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Il ponte presenta nella porzione centrale una zona depressa, che serve a fare spazio a un grosso vaso che

decorre in quel punto.

Il mesencefalo è caratterizzato dalla presenza di due grosse formazioni che tendono a divaricarsi verso

l’alto, dette peduncoli cerebrale, che connettono il mesencefalo alle sovrastanti strutture del cervello. Il

limite superiore del mesencefalo è il tratto ottico.

Dal tronco encefalico si stacca un grosso numero di strutture cilindriche, sia dal bulbo, sia dal ponte, sia dal

mesencefalo; esse costituiscono gran parte dei nervi encefalici (10 su 12). I primi due nervi encefalici, nervo

ottico e nervo olfattorio (sul bulbo), fanno parte del cervello, rispettivamente del diencefalo e del

telencefalo. Al livello della porzione posteriore del tronco encefalico c’è una porzione di forma

quadrangolare, che costituisce la base della cavità interna che si trova disposta tra il tronco encefalico e

cervelletto. La parte posteriore del mesencefalo presenta quattro formazioni sferiche che prendono il

nome di tubercoli quadrigemelli (due superiori e due inferiore). Le formazioni grigie del tronco encefalico

sono separate da sostanza bianca, formando delle strutture dette nuclei, ossia degli raggruppamenti

cellulari di neuroni che sono fondamentali per il passaggio sia in ingresso che in uscita dei segnali.

Il tronco encefalico presenta una cavità che diventa molto ampia al di sotto del ponte e del bulbo, costituito

da una base e da un tetto; questa cavità si continua inferiormente con il midollo spinale e superiormente

con l’acquedotto cerebrale di Silvio che si connette ad un’altra cavità che prende il nome di terzo

ventricolo.

Il punto di connessione tra tronco encefalico e cervelletto è costituito da i peduncoli cerebellari, in numero

di tre paia, il peduncolo cerebellare medio, molto ampio, che proviene dal ponte, e due di minori

dimensioni, uno superiore e uno inferiore che provengono dal mesencefalo e dal bulbo.

Il cervelletto presenta la sostanza grigia al livello della superficie, che va a costituire la corteccia cerebellare.

Ha una faccia anteriore, una superiore e una inferiore; si riconoscono due formazioni simili, che

costituiscono delle strutture simmetriche, i lobi cerebellari, uniti medialmente da una formazione cilindrica

che prende il nome di verme, per la presenza di solchi trasversali che ricordano un verme. Questi piccoli

solchi si ritrovano lungo tutta la superficie, sia della faccia inferiore che di quella superiore. Alcune di

queste plicature sono separate da scissure più profonde: solco primario, che divide il libo anteriore del

cervelletto da quello posteriore; scissura postero-laterale, che mette in evidenza la formazione flocculo-

nodulare.

All’interno si trova la sostanza bianca e molti nuclei, che si distinguono in nuclei globosi, emboliformi,

dentati e del fastigio; la regione flocculo-nodulare, la regione del lobo anteriore e quella del lobo posteriore

sono connesse con delle zone precise del sistema nervoso: la regione flocculo-nodulare è fondamentale per

il mantenimento dell’equilibrio, il lobulo anteriore è connesso al midollo spinale e ha funzione di

mantenimento del tono muscolare, il lobulo posteriore è connesso con l’encefalo e tramite questo

permette l’apprendimento degli schemi motori, fondamentale per lo sviluppo e il relazionarsi con

l’ambiente esterno.

Il cervello propriamente detto è composto da una regione centrale, detta diencefalo, e una più sviluppata,

detta telencefalo. Il diencefalo è completamente coperto dal telencefalo a parte nella parte inferiore. Il

sistema nervoso centrale origina da un tubo, il tubo neurale, che presenta delle pareti e una cavità interna,

quest’ultima permane anche se di morfologia diversa a seconda della posizione, le pareti invece possono

aumentare e variare le caratteristiche durante lo sviluppo; l’estremità superiore del tubo neurale andrà

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quindi ad incontrare il diencefalo ed il telencefalo, e, con il modificarsi durante lo sviluppo del tubo neurale,

il telencefalo andrà a coprire quasi completamente il diencefalo. Tra le due formazioni diencefaliche esiste

uno spazio, detto terzo ventricolo, che è in comunicazione tramite il canale mesencefalico (canale di Silvio)

con il quarto ventricolo.

La parete laterale del terzo ventricolo è occupata da una regione detta talamica (talamo), di forma ovalare,

separato dall’ipotalamo da un solco detto ipotalamico, la regione ipotalamica è addossata alla parete

interna del terzo ventricolo; lateralmente all’ipotalamo è presente il subtalamo. Lateralmente il talamo è

separato dallo sviluppo enorme del telencefalo da una striscia bianca, rappresentata dalla capsula interna

che delimita lateralmente la regione diencefalica; nella parte superoposteriore si trovano: una regione

epitalamica al di sopra della lamina quadrigemina e lateralmente alla formazione epitalamica si trova la

regione metatalamica.

Il talamo è un insieme di nuclei che possono essere divisi in tre gruppi da una formazione di sostanza bianca

in sezione trasversale che forma una sorta di Y, dividendo quindi dei nuclei della regione anteriore del

talamo, nuclei della regione laterale e nuclei della regione mediale. Ognuna di queste regioni può essere

suddivisa in altre formazioni nucleari, le quali dal talamo si riproiettano ognuna in una regione

telencefalica.

L’ipotalamo svolge funzione di controllo dell’omeostasi ed ha formazioni nucleari suddivise in tre gruppi,

gruppo medio, gruppo anteriore e gruppo posteriore. I nuclei che hanno dimensioni maggiori

nell’ipotalamo producono sostanze ormonali che attraverso gli assoni vengono trasportati nella ghiandola

ipofisaria.

L’epitalamo, il metatalamo e il subtalamo: il subtalamo svolge controllo di attività motorie, l’epitalamo

controlla il ritmo sonno-veglia tramite l’epifisi, il metatalamo controlla la vista, l’udito e il mantenimento

dell’equilibrio.

il telencefalo ha una superficie esterna caratterizzata da una grossa quantità di solchi e scissure che vanno a

delimitare delle circonvoluzioni simili in tutti gli uomini. Le scissure più importanti sono: la scissura laterale

di Silvio, la scissura centrale di Rolando, la scissura parieto-occipitale, la scissura calcarina (porzione

occipitale); sulla faccia inferiore si trova la continuazione della scissura laterale e sulla faccia laterale la

scissura lembica. Le scissure permettono di determinare i lobi telencefalici che prendono il nome delle

strutture ossee con cui traggono rapporti: lobo frontale, diviso dal lobo parietale dalla scissura centrale,

inferiormente alla scissura laterale di Silvio si trova il lobo temporale, posteriormente il lobo occipitale, che

è separato dalla struttura parieto-occipitale dal lobo parietale. Vi sono altri due lobi: lobo limbico, che viene

delimitato dalla scissura limbica, che decorre intorno al punto di connessione tra i due lobi telencefalici, il

corpo calloso; insula, posta internamente alla scissura laterale di Silvio.

Nel telencefalo la porzione periferica è costituita da sostanza grigia, più specificamente si parla di corteccia:

presenta uno spessore notevole ma non uguale nelle porzioni dove si trova; è costituita da 6 strati di

neuroni, che possono avere un’ampiezza diversa a seconda di come si distribuiscono le singole cellule. Si

definiscono così diverse aree sulla superficie encefalica che corrispondono a diversa morfologia della

corteccia; ognuna di essa svolge una funzione diversa: al davanti del solco centrale c’è l’aria motoria, al di

didietro quella sensitiva; la prima, detta area motoria somatica, è organizzata in maniera tale da poter

inviare verso la periferia una serie di informazioni; ognuna delle zone di questa porzione, permette la

ricostruzione di una struttura simile a quella del nostro corpo, detta homunculus motorio, che ha porzioni

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di grandezza diversa a seconda del numero di movimenti che una determinata parte del corpo svolge; la

stessa ricostruzione vale per l’area sensitiva.

La restante parte della sostanza grigia si trova disposta in nuclei in profondità, separati da sostanza bianca,

andando a costituire il sistema delle capsule: la capsula interna permette di divide la regione mediana

diencefalica dalla regione telencefalica che si sviluppa nella parte laterale; poi c’è una capsula detta nucleo

lenticolare; infine una capsula esterna detta claustro.

Le cavità interne del cervello possono comunicare attraverso dei fori presenti nel quarto ventricolo, ossia

orifizio laterale di Luschka (pari), orifizio mediano di Magendie (impari), permettendo il passaggio del

liquido generato per filtrazione del sangue dai plessi coroidei, detto liquor cefalo-rachidiano, che circonda

l’encefalo e il restante sistema nervoso centrale proteggendolo ulteriormente.

Le vie nervose sono un insieme di neuroni che, messi in sequenza, permettono la trasmissione di un

impulso, da un compartimento afferente, o da un compartimento efferente.

Le vie afferenti sono quelle sensitive e la sensibilità può essere specifica o generale.

La prima fa capo ad organi di senso specifici (occhio, orecchio, mucose olfattive). La seconda fa capo a

sensazioni che derivano dal soma o dai visceri: il soma fa capo a sensazioni che derivano dall’esterno, ossia

propriocettive, o dall’interno, esterocettive; la seconda può essere protopatica, ossia vista attraverso il

sistema antero-laterale (via del lemnisco spinale) difficilmente discriminabili (come il dolore), o tattile

epicritica (discriminativa), trasmessa attraverso il sistema posteriore (via del lemnisco mediale); nella

propriocettiva si hanno sensazioni coscienti, che hanno la via comune con la tattile epicritica, o incoscienti,

le cui via raggiungono il cervelletto.

Le vie motorie sono anch’esse di tipo somatico o viscerale. Il sistema che porta informazioni al soma è

diviso in: sistema piramidale, che permette movimenti fini e volontari, dato da un tratto che dalla corteccia

arriva al midollo spinale, e da un tratto che dalla corteccia raggiunge il tronco encefalico; il secondo sistema

è l’extrapiramidale, che comprende tutte le altre vie discendenti che permettono la coordinazione motoria

e il mantenimento dell’equilibrio. Il sistema di tipo viscerale fa capo al sistema simpatico e parasimpatico.

La via del lemnisco spinale (generale, somatica, esterocettiva, protopatica) può essere ridotta in una serie

di tre neuroni: il primo è posizionato nel ganglio della radice posteriore del nervo, un neurone a T, di cui la

parte che si porta in periferia raggiunge le regioni del corpo e la parte che decorre verso il centro contrae

sinapsi al livello dei neuroni che si trovano nel corno posteriore del midollo spinale, dove si ha il secondo

neurone, dal quale parte il suo assone, che risale lungo il midollo e il tronco encefalico, fino a raggiungere il

terzo neurone al livello del nucleo talamico, che riverbera l’impulso nelle aree della sensibilità.

Anche il lemnisco mediale (generale somatico esterocettiva epicritica), è costituito da tre neuroni: il primo

si trova nel ganglio, si pone nel cordone posteriore del midollo, fino a raggiungere il secondo neurone,

localizzato in due nuclei, detti nucleo del fascicolo gracile e nucleo del fascicolo cuneato, dai quali l’assone

del secondo neurone da vita al lemnisco mediale e raggiunge il nucleo talamico, riverberando verso la

corteccia.

La via cortico-spinale del compartimento efferente motore, origina dalla corteccia, passa attraverso la

capsula interna, attraversa il tronco encefalico e si porta inferiormente; una volta che raggiunge il bulbo il

70% delle sue fibre si porta sulla parte laterale del midollo, e una piccola parte rimane anteriore.