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O.CALIGARIS - P.OLIVA ANALISI MATEMATICA 2

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O . C A L I G A R I S - P. O L I VA

A N A L I S I M AT E M AT I C A 2

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1. Funzioni Di Due Variabili

I modelli matematici spesso devono tenere conto di molti parametri eper questa ragione non è sufficiente considerare funzioni di una solavariabile reale; spesso anzi il numero di parametri in gioco è molto altoe quindi bisogna ricorrere all’uso di funzioni di molte variabili reali.

Dal punto di vista concettuale non c’è grande differenza tra lo stu-dio di una funzione di 2, 3 o 100 variabili reali, ma la differenza tralo studio di una funzione di 1 variabile reale ed una funzione di 2variabili reali è grande e va considerata attentamente.

Sviluppiamo pertanto lo studio di una funzione di 2 variabili realiper introdurre gli strumenti necessari al trattamento delle funzioni dipiù variabili reali a valori reali.

Definizione 1.1 Diciamo che è data una funzione di due variabili reali sesono assegnati un sottoinsieme D ⊂ R2 ed una corrispondenza f che ad ognielemento P = (x, y) ∈ D associa uno ed un solo elemento z ∈ R.

Diciamo che D è il dominio della funzione e denotiamo con

z = f (x, y) = f (P)

il corrispondente di P = (x, y) secondo la legge assegnata f ; scriviamo anche

P = (x, y) 7→ z = f (x, y) = f (P)

Chiamiamo rango di f l’insieme

R( f ) = z ∈ R : ∃(x, y) ∈ D, z = f (x, y)

Chiamiamo grafico di f l’insieme

G( f ) = (x, y, z) ∈ R3 : (x, y) ∈ D, z = f (x, y)

Osservazione. Il grafico di una funzione di 2 variabili è pertanto unsottoinsieme di R3 che descrive qualcosa che è immediato identificarecome una superficie nello spazio. 2

Figura 1.1: .

Figura 1.2: .

Figura 1.3: .

Restrizione e composizione di funzioni sono definite come nel ca-so reale e parimenti simile è la definizione di iniettività, surgettività,bigettività.

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Per avere un’idea del comportamento della funzione sarebbe como-do poter disporre del suo grafico, che nel caso di funzioni di 2 variabilisi rappresenta in uno spazio a 3 dimensioni R3; dobbiamo però tenerepresente che:

1. Non è possibile rappresentare il grafico di funzioni che dipendanoda 3 o più variabili

2. La rappresentazione in R3 di una funzione di due variabili passaattraverso tecniche di prospettiva.

3. La proprietà che risulta di maggiore interesse per tracciare il graficoqualitativo di una funzione di 1 variabile è la crescenza o la decre-scenza, che per le funzioni di 2 o più variabili non può più essereconsiderata dal momento che il dominio R2 (o Rn) non ammette unordine completo.

Figura 1.4: .

Non sarà pertanto semplice disegnare il grafico qualitativo di unafunzione di 2 variabili e per farci un’idea del suo andamento dovremoricorrere a rappresentazioni nel piano.

Un modo efficace di rappresentare una superficie è disegnare nelpiano (x, y) le curve di livello della funzione.

Definizione 1.2 Se f : R2 → R chiamiamo curve od insiemi di livello di fdi altezza c gli insiemi

Lc = (x, y) ∈ R2 : f (x, y) = c

Le curve di livello di f consentono, in pratica, di rappresentare unamappa della superficie in esame. Esse definiscono i punti in cui la

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superficie assume quota costante uguale a c e, se le quote c sono scel-te ad intervalli regolari, permettono di individuare le zone in cui lasuperficie è più ripida (le curve di livello sono più ravvicinate).

Le superfici prese in considerazione nella figura ?? hanno le curvedi livello mostrate nella figura ??

Per farci un’idea del grafico possiamo anche considerare l’andamen-to delle funzioni di x che si ottengono considerando fissati i valori diy; chiamiamo questi grafici sezioni lungo l’asse x, si veda figura ??, edelle funzioni di y che si ottengono considerando fissati i valori di x;chiamiamo questi grafici sezioni lungo l’asse y, si veda figura ??.

Come per le funzioni di una variabile è importante studiare la conti-nuità e la derivabilità di una funzione di 2 o più variabili. Ovviamenteper poter considerare la continuità è necessario conoscere la definizio-ne di limite e ancora prima la definizione di intorno e la struttura dellospazio R2 in cui stiamo lavorando.

1.1 La struttura di R2.

Indichiamo con R2 lo spazio vettoriale costituito dalla coppie ordinatedi numeri reali; in altre parole

P ∈ R2 ⇔ P = (x, y) x, y ∈ R

In R2 si definiscono le operazioni di somma e di prodotto per unoscalare mediante le

P1 + P2 = (x1 + x2, y1 + y2)

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e, se α ∈ R,αP = (αx, αy)

L’insieme dei vettori

e1 = (1, 0) , e2 = (0, 1)

costituisce una base di R2; si avrà pertanto che, se P ∈ R2,

P = xe1 + ye2 = x(1, 0) + y(0, 1) = (x, y)

Definizione 1.3 Si definisce norma in R2 una funzione che si indica con

‖ · ‖ : R2 → R

che verifica le seguenti proprietà:

• ‖P‖ ≥ 0 ∀P ∈ R2

• ‖P‖ = 0 ⇔ P = 0

• ‖αP‖ = |α|‖P‖ ∀α ∈ R , ∀P ∈ R2

• ‖P + Q‖ ≤ ‖P‖+ ‖Q‖ ∀P, Q ∈ R2

Si definisce prodotto scalare in R2 una funzione

〈·, ·〉 : R2 ×R2 −→ R

tale che

• 〈P, P〉 ≥ 0 ∀P ∈ R2

• 〈P, Q〉 = 〈Q, P〉 ∀P, Q ∈ R2

• 〈P, P〉 = 0 ⇔ P = 0

• 〈αP + βQ, R〉 = α〈P, R〉+ β〈Q, R〉 ∀P, Q, R ∈ R2 , ∀α, β ∈ R.

Un esempio notevole di norma in R2 è

‖P‖ =√

x2 + y2

La norma di P indica la distanza di P dall’origine O = (0, 0); se P =

(x, y), P0 = (x0, y0) ∈ R2

‖P− P0‖indica la distanza tra i punti P e P0.

Un esempio notevole di prodotto scalare in R2 è definito da

〈P1, P2〉 = x1x2 + y1y2

Se ρ > 0 chiamiamo intorno del punto P0 = (x0, y0), l’insieme

S(P0, ρ) = P ∈ R2 : ‖P− P0‖ < ρ

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analisi matematica 2 7

S(P0, ρ) è la sfera di centro P0 e raggio ρ.Definiamo inoltre intorno di ∞ il complementare di ogni sfera centrata

nell’origine.S(∞, ρ) = P ∈ R2 : ‖P‖ > ρ

Diciamo che due vettori P, Q ∈ R2 sono ortogonali se 〈P, Q〉 = 0 .Diciamo che sono paralleli se esiste λ ∈ R tale che P = λQ .

Altri esempi di norme in R2 sono i seguenti

‖P‖k = (|x|k + |y|k)1/k k ≥ 1

‖P‖∞ = max|x|, |y|Norme euclidea e prodotto scalare sono legati dalla seguenteDisuguaglianza di SchwarzPer P, Q ∈ R2 si ha

|〈P, Q〉| ≤ ‖P‖‖Q‖

La disuguaglianza di Schwarz può essere dedotta osservando che,per ogni t ∈ R

0 ≤ ‖P + tQ‖2 = 〈P + tQ, P + tQ〉 = t2‖Q‖2 + 2t〈P, Q〉+ ‖P‖2

Ciò implica infatti che

〈P, Q〉2 − ‖P‖2‖Q‖2 ≤ 0

Dalla dalla disuguaglianza di Schwarz possiamo anche ricavare ladisuguaglianza triangolare; infatti

‖P + Q‖2 = ‖P‖2 + ‖Q‖2 + 2〈P, Q〉 ≤ ‖P‖2 + ‖Q‖2 + 2‖P‖‖Q‖.

Osserviamo infine che

|〈P, Q〉| = ‖P‖‖Q‖

se e solo se esiste t ∈ R tale che P + tQ = 0, ovvero P e Q sonoparalleli.

Da quanto detto si può dedurre che

‖P‖ = sup〈P, Q〉 : ‖Q‖ ≤ 1 = max|〈P, Q〉| : ‖Q‖ ≤ 1

1.2 Limiti e continuità per le funzioni di 2 variabili.

Definizione 1.4 Sia f : A → R, A ⊂ R2 e sia P0 un punto tale che ogniintorno di P0 abbia intersezione non vuota con A (chiamiamoP0 punto diaccumulazione per A); diciamo che

limP→P0

f (P) = `

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se ∀ε > 0 esiste δ(ε) > 0 tale che per P ∈ S(P0, δ(ε)) ∩ A , P 6= P0 si ha

f (x) ∈ I(`, ε)

È possibile verificare che

1. ogni funzione che ammette limite finito è localmente limitata;

2. il limite di una funzione, se esiste, è unico;

3. vale il teorema della permanenza del segno;

4. il limite di una somma è uguale alla somma dei limiti, se questiesistono finiti;

5. il limite del prodotto di due funzioni è uguale al prodotto dei limiti,se questi esistono finiti;

6. il limite del reciproco di una funzione è uguale al reciproco dellimite della funzione stessa, se non è nullo

7. valgono i risultati sul confronto dei limiti, in analogia a quanto giàvisto per le funzioni di una variabile

8. il limite di una funzione può essere caratterizzato per successioni

9. il limite di una funzione composta si calcola seguendo quanto fattoper le funzioni di una variabile

Definizione 1.5 Diciamo che f è una funzione continua in P0 se∀ε > 0 esiste δ(ε) > 0 tale che se x ∈ A, ‖P− P0‖ < δ(ε) si ha

‖ f (P)− f (P0)‖ < ε

Nel caso in cui P0 ∈ A, sia un punto di accumulazione per A la condizionesopra espressa è equivalente alla

limP→P0

f (P) = f (P0)

Ovviamente f si dice continua in A se è continua in ogni punto di A

Come nel caso delle funzioni reali di una variabile reale si provache:

1. la somma di funzioni continue è continua;

2. il prodotto di una funzione a valori vettoriali per una funzione avalori scalari, entrambe continue, è continuo;

3. il reciproco di una funzione continua è continuo dove ha sensodefinirlo;

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4. il prodotto scalare di due funzioni a valori vettoriali continue, ècontinuo;

5. vale la caratterizzazione della continuità per successioni

6. la composta di funzioni continue è una funzione continua.

La conoscenza della continuità delle funzioni elementari e le regoleprecedentemente enunciate permettono di stabilire in modo semplicela continuità in un gran numero di casi: ad esempio, poichè (x, y) 7→x2 e (x, y) 7→ y2 sono continue possiamo anche affermare che

(x, y) 7→ x2 + y2

è continua, se poi ricordiamo che l’esponenziale è continua avremoanche che

(x, y) 7→ ex2+y2

è continua.Come per le funzioni continue di una variabile si possono provare

importanti teoremi, tra i quali ricordiamo i seguenti risultati.

Teorema 1.1 - di Weierstraß - Se f è una funzione continua su un insiemeA che sia chiuso (contiene i limiti di ogni successione convergente di suoipunti) e limitato (è contenuto in una sfera ) allora f ammette massimo eminimo assoluto su A

Teorema 1.2 - degli zeri - Se f è una funzione continua su un insieme Aconnesso (cioè, in parole semplici, fatto di un solo pezzo) e se esistono duepunti P+, P− ∈ A tali che

f (P+) > 0 , f (P−) < 0

allora esiste un punto P0 ∈ A tale che

f (P0) = 0

Un semplice ragionamento assicura, utilizzando il teorema deglizeri, che se una curva di livello di f

Lc = (x, y) ∈ U : f (x, y) = c = (x, y) ∈ R2 : x ∈ I, y = ϕ(x)

divide il piano in due parti connesse allora f (x, y) > 0 in una delledue parti e f (x, y) < 0 nell’altra.

Figura 1.5: Curve di livello e segno di f

Se infatti in una parte connessa ci fossero due punti P+, P− tali che

f (P+) > 0 , f (P−) < 0

esisterebbe in quella parte P0 tale che

f (P0) = 0

ma in quella parte si può solo avere f (P) > 0 oppure f (P) < 0.

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1.3 Derivabilità e differenziabilità per funzioni di 2 variabili.

Come per le funzioni di 1 variabile è necessario considerare il proble-ma della approssimazione mediante funzioni lineari, cioè il problemadella differenziazione.

È molto naturale porre la seguente definizione

Definizione 1.6 Diciamo che f è derivabile parzialmente se le funzioni

φ(x) = f (x, y) ψ(y) = f (x, y)

sono derivabili.Chiamiamo φ′(x) = fx(x, y) derivata parziale rispetto ad x e ψ′(y) =

fy(x, y) derivata parziale rispetto ad y; definiamo inoltre gradiente di f escriviamo ∇ f (x, y) il vettore (punto di R2) definito da

∇ f (x, y) = ( fx(x, y), fy(x, y))

Di fatto in tal modo si opera derivando rispetto ad x (o ad y) con y(o x) fissati.

Va osservato che, pur essendo molto naturale, l’uso delle deriva-te parziali non consente, da solo, di ricavare informazioni utili sullafunzione in esame.

Si pensi ad esempio che la funzione

f (x, y) =

1 se xy = 0

0 se xy 6= 0

il cui grafico, si veda la figura ?? è costituito dal piano z = 0 privatodegli assi x ed y e dalle due rette parallele agli assi x ed y poste a quotaz = 1, non è continua in (0, 0) pur avendo derivate parziali nulle in(0, 0).

Figura 1.6: Il grafico di una funzionederivabile parzialmente, non continua.

Occorre quindi definire cosa si intende per differenziabile e perquesto serve parlare di applicazioni lineari.

Definizione 1.7 Si chiama applicazione lineare in R2 una funzione f :R2 → R tale che

f (αP + βQ) = α f (P) + β f (Q) ∀P, Q ∈ R2 , ∀α, β ∈ R

L’insieme delle applicazioni lineari su R2 si chiama anche spazioduale di R2.

Ogni applicazione lineare in R2 si può identificare con un punto P∗

di R2 mediante la seguente uguaglianza

f (P) = 〈P, P∗〉In altre parole le applicazioni lineari su R2 sono tutte e sole le

funzioni che si possono scrivere nella forma

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analisi matematica 2 11

f (P) = 〈P, P∗〉 con P∗ ∈ R2

È anche utile ricordare che per funzioni lineari possiamo provareche

Se f è una applicazione lineare su R2 allora

| f (P)| = |〈P, P∗〉| ≤ ‖P‖‖P∗‖

Diciamo che f ∈ C1(A) se f ammette derivate parziali continue inA.

Definizione 1.8 Diciamo infine che f è differenziabile in P0 se esiste (α, β) ∈R2 tale che

limP→P0

f (P)−(

f (P0) + α(x− x0) + β(y− y0))

‖P− P0‖= 0

Pertanto una funzione è differenziabile se

f (P) = f (P0) + α(x− x0) + β(y− y0)) + ‖P− P0‖ω(P− P0)

dove ω è una funzione infinitesima per P→ P0

ω(P− P0) =f (P)− ( f (P0) + α(x− x0) + β(y− y0))

‖P− P0‖Questa proprietà si esprime dicendo che f (P) si può approssimare

con una funzione lineare affine

t(P) = f (P0) + α(x− x0) + β(y− y0))

a meno di un infinitesimo

‖P− P0‖ω(P− P0)

di ordine superiore al primo rispetto alla distanza ‖P− P0‖.La funzione t(p) si definisce piano tangente al grafico di f nel

punto P0

Se f è differenziabile in P0 allora f è anche derivabile parzialmentee si può verificare che risulta

α = fx(P0) β = fy(P0)

pertantoIl piano tangente al grafico di una funzione f in P0 è dato da

t(P) = f (P0) + fx(P0)(x− x0) + fy(P0)(y− y0))

Figura 1.7: Derivata Direzionale

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Definizione 1.9 Se Q ∈ R2, diciamo che f è derivabile in P0 rispetto alvettore Q o che f ammette derivata in P0 lungo la direzione Q se

limt→0+

f (P0 + tQ)− f (P0)

t

esiste finito. In tal caso denotiamo il valore di tale limite con f ′(P0, Q) e lochiamiamo derivata direzionaledi f in P0 lungo la direzione Q.

Si può vedere che f è derivabile rispetto alla prima variabile se esolo se f ′(P0, e1) ed f ′(P0,−e1) esistono finiti e

f ′(P0, e1) = − f ′(P0,−e1)

Analogamente f è derivabile rispetto alla seconda variabile se e solose f ′(P0, e2) ed f ′(P0,−e2) esistono finiti e

f ′(P0, e2) = − f ′(P0,−e2)

Si dimostra che

Teorema 1.3 Se f è differenziabile in P0; allora f è derivabile in P0 lungoogni direzione Q e si ha

f ′(P0, Q) = 〈∇ f (P0), Q〉

È utile estendere alle funzioni di più variabili la regola di deriva-zione delle funzioni composte; ci limitiamo qui a considerare solo duecasi particolari.

Siano

f : R2 → R , g : R→ R2

R 3 t 7→ g(t) = (x(t), y(t)) 7→ f (g(t)) = f (x(t), y(t)) ∈ R2

Se f e g sono differenziabili (non solo derivabili!) allora

ddt

f (g(t)) = fx(x(t), y(t))x(t) + fy(x(t), y(t))y(t)

Se viceversa consideriamo

f : R→ R , g : R2 → R

R2 3 (x, y) 7→ g(x, y) 7→ f (g(x, y)) ∈ R

e se f e g sono anche qui differenziabili avremo che

∂ f∂x

= f ′(g(x, y))gx(x, y)

∂ f∂y

= f ′(g(x, y))gy(x, y)

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analisi matematica 2 13

Abbiamo già visto chese f è differenziabile in P0 ∈ R2 e se Q è una direzione in R2, allora

f ′(P0, Q) = 〈∇ f (P0), Q〉 = ‖∇ f (P0)‖‖Q‖ cos α

dove α è l’angolo formato dai vettori ∇ f (P0) e Q nel piano da essiindividuato.

Ne possiamo dedurre chela derivata direzionale è

• massima quando cos α = 1 e cioè quando α = 0 e Q = ∇ f (P0),

• nulla quando cos α = 0 e cioè quando α = π2 e Q ⊥ ∇ f (P0),

• minima quando cos α = −1 e cioè quando α = π e Q = −∇ f (P0).

Consideriamo ora una curva di livello di f

Lc = (x, y) ∈ R2 : f (x, y) = c

e supponiamo che sia rappresentabile, almeno localmente, median-te il grafico di una funzione y = ϕ(x) In termini un po’ più precisisupponiamo che

Lc = (x, y) ∈ U : f (x, y) = c = (x, y) ∈ R2 : x ∈ I, y = ϕ(x)

o più semplicemente

f (x, y) = c ⇐⇒ f (x, ϕ(x)) = c ⇐⇒ y = ϕ(x)

Da f (x, ϕ(x)) = c, derivando e tenendo presenti le regole di deriva-zione delle funzioni composte, otteniamo che:

fx(x, ϕ(x)) + fy(x, ϕ(x))ϕ′(x) = 0

da cui〈∇ f (x, ϕ(x)), (1, ϕ′(x))〉 = 0

e possiamo ricavare che

∇ f (x, ϕ(x)) ⊥ (1, ϕ′(x))

Figura 1.8: Curve di Livello e Gradiente.

D’altro canto la retta tangente τ al grafico di ϕ nel punto P0 =

(x0, y0) è data day− y0 = ϕ′(x0)(x− x0)

e si può scrivere nella forma

〈(x− x0, y− y0), (ϕ′(x0),−1)〉 = 0

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dalla quale risulta evidente che

(ϕ′(x0),−1) ⊥ P ∀P ∈ τ

Se ora teniamo conto che, evidentemente,

〈(ϕ′(x0),−1), (1, ϕ′(x0))〉 = 0

e quindi(ϕ′(x0),−1) ⊥ (1, ϕ′(x0))

possiamo ricavare che

∇ f (x, ϕ(x)) ⊥ P ∀P ∈ τ (1.1)

Poichè τ è la retta tangente in P0 al grafico della funzione ϕ cherappresenta vicino al punto P0 (localmente in P0) la curva di livello Lc,esprimeremo la 1.1 dicendo che

il gradiente di f , cioè il vettore ∇ f (x, y), è ortogonale alle curve dilivello di f (Lc = (x, y) ∈ R2 : f (x, y) = c)

1.4 Derivate del secondo ordine: forma quadratica Hessiana.

Possiamo anche considerare le derivate seconde rispetto ad x due vol-te, ad y due volte, ad x e ad y , ad y e ad x; chiamiamo questederivate

fxx(P0) fy,y(P0) fx,y(P0) fy,x(P0)

Si può dimostrare che, nel caso in cui fx,y(P0), o fy,x(P0) sia continuaallora (teorema di Scharwz)

fx,y(P0) = fy,x(P0)

Ciò si esprime dicendo che le derivate seconde miste sono uguali.Chiamiamo matrice Hessiana la matrice i cui elementi sono le deri-

vate seconde di f . Cioè

H f (P0) =

(fxx(P0) fxy(P0)

fyx(P0) fyy(P0)

)

Nel caso in cui le derivate miste siano uguali, la matrice Hessiana èsimmetrica.

Ad ogni matrice simmetrica, e quindi anche alla matrice Hessiana,possiamo associare un polinomio di secondo grado in 2 variabili (e.g.h, k) omogeneo che chiamiamo forma quadratica associata.

La forma quadratica Hessiana è, posto R =

(hk

)

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analisi matematica 2 15

Q(R) = Q(h, k) =(

h k)( fxx(P0) fxy(P0)

fyx(P0) fyy(P0)

)(hk

)=

RT H f (P0)R = fxx(P0)h2 + 2 fxy(P0)hk + fyy(P0)k2

Diciamo che la forma quadratica Q è semidefinita positiva se

Q(h, k) = fxx(P0)h2 + 2 fxy(P0)hk + fyy(P0)k2 ≥ 0

per ogni (h, k) ∈ R2.Diciamo che Q è definita positiva se

Q(h, k) = fxx(P0)h2 + 2 fxy(P0)hk + fyy(P0)k2 > 0

per ogni (h, k) ∈ R2 \ (0, 0.Ovviamente per identificare una forma quadratica semidefinita o

definita negativa è sufficiente cambiare il segno delle disuguaglianze.Semplici considerazioni sul segno di un trinomio di secondo gra-

do permettono di ottenere condizioni per studiare il carattere di unaforma quadratica.

La forma quadratica Q è definita positiva se

det

(fxx(P0) fxy(P0)

fyx(P0) fyy(P0)

)> 0

e fxx(P0) > 0, oppure fyy(P0) > 0Osservazione. Se

det

(fxx(P0) fxy(P0)

fyx(P0) fyy(P0)

)= fxx(P0) fyy(P0)− ( fxy(P0))

2 > 0

allorafxx(P0) fyy(P0) ≥ ( fxy(P0))

2 > 0

e quindi fxx(P0) ed fyy(P0) hanno lo stesso segno 2

La forma quadratica Q è semidefinita positiva se

det

(fxx(P0) fxy(P0)

fyx(P0) fyy(P0)

)≥ 0

e fxx(P0) ≥ 0, o equivalentemente fyy(P0) ≥ 0Si può inoltre dimostrare cheSe λ1, λ2 sono gli autovalori della matrice

det

(fxx(P0) fxy(P0)

fyx(P0) fyy(P0)

)≥ 0

allora, per la simmetria della matrice, essi sono reali ed inoltre

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16 o.caligaris - p.oliva

• se λ1, λ2 sono entrambi positivi (negativi) la forma quadratica Q èdefinita positiva (negativa)

• se λ1, λ2 sono entrambi positivi (negativi) o nulli la forma quadra-tica Q è semidefinita positiva (negativa)

• se λ1, λ2 hanno segni discordi la forma quadratica Q è non definita

Osservazione. Se

det

(fxx(P0) fxy(P0)

fyx(P0) fyy(P0)

)< 0

la forma quadratica può assumere sia valori positivi che negativi equindi non è definita. 2

1.5 Massimi e minimi per le funzioni di 2 variabili.

Definizione 1.10 Diciamo che P0 è un punto di minimo (massimo) relativoper f se esiste una sfera S(P0, ρ), ρ > 0, tale che

f (P) ≥ f (P0) ( f (P) ≤ f (P0))

per ogni P ∈ S(P0, ρ)

Utilizzando tecniche che sfruttano i risultati noti per le funzioni diuna variabile possiamo provare le seguenti condizioni necessarie perl’esistenza di un punto di minimo o massimo relativo.

Teorema 1.4 Se P0 è un punto di minimo (massimo) relativo per f internoal suo dominio ed f è differenziabile in P0. Allora

• ∇ f (x) = 0;

se inoltre f ammette derivate seconde continue in P0,

• H f (x) è semidefinita positiva (negativa).

Osservazione. Se ∇ f (x) = 0 e se Hf(x) non è definito, allora P0 nonè né punto di massimo relativo, né punto di minimo relativo per f ; unpunto siffatto viene solitamente indicato con il nome di ’punto sella’.2

Teorema 1.5 Se f ∈ C2(A); e se P0 è interno al suo dominio e se

• ∇ f (P0) = 0

• H f (P0) è definita positiva (negativa)

allora P0 è punto di minimo (massimo) relativo per f .

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analisi matematica 2 17

Anche per le funzioni di due variabili si può definire e studiare laconvessità:

Sia f : A → R, e sia A ⊂ R2 convesso, cioè supponiamo che Acontenga ogni segmento di retta i cui estremi siano contenuti in A;

diciamo che f è convessa se

f (λx + (1− λ)y) ≤ λ f (x) + (1− λ) f (y) ∀x, y ∈ A, ∀λ ∈ (0, 1)

Inoltre f si dice strettamente convessa se vale la disuguaglianzastretta.

Osservazione. si può dimostrare che se f è convessa allora i suoiinsiemi di livello Lc sono a loro volta convessi un insieme convesso 2

Inoltre possiamo anche dimostrare che

Teorema 1.6 Sia f : A→ R convessa, A aperto; allora

• f è continua in A

• f ′(P, Q) esiste ∀P ∈ A, ∀Q ∈ R2.

Come per le funzioni di una variabile la convessità si può caratte-rizzare utilizzando le derivate come si vede dall’enunciato del teoremaseguente.

Teorema 1.7 Sia f : A→ R, A ⊂ R2 convesso, aperto; supponiamo inoltref ∈ C2(A), allora sono condizioni equivalenti:

• f è convessa

f (y) ≥ f (P0) + 〈∇ f (P0), P− P0〉 ∀P, P0 ∈ A

• H f (P) è semidefinita positiva.

InoltreCiascuna delle seguenti condizioni è sufficiente per la successiva:

• H f (P) è definita positiva ∀P ∈ A;

• f (P) > f (P0) + 〈∇ f (P0), P− P0〉 ∀P, P0 ∈ A, P 6= P0 ;

• f è strettamente convessa.

Si può inoltre vedere che se f è strettamente convessa e se f (P) →+∞ per P→ ∞; allora esiste uno ed un solo punto P0 ∈ Rn tale che

f (P0) = min f (P) : P ∈ R2

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18 o.caligaris - p.oliva

1.6 Massimi e minimi vincolati.

Le condizioni fin qui trovate per caratterizzare i punti di massimo edi minimo relativo sono utilizzabili soltanto nel caso in cui si cerchinomassimi e minimi di f all’interno di un determinato insieme; nel casoin cui si vogliano cercare massimi e minimi su insiemi che contenganoanche punti non interni, questi ultimi andranno considerati a parteesattamente come a parte debbono essere considerati gli estremi di unintervallo se si considerano funzioni di una variabile.

Questo scopo si può raggiungere considerando le restrizioni di fai punti non interni; tali restrizioni sono funzioni che dipendono dauna sola variabile e si può cercare di trattarle con i risultati noti per talcaso.

Ovviamente lo scopo è individuare eventuali massimi o minimi permezzo di condizioni necessarie e, se si è certi della loro esistenza, traessi scegliere massimi e minimi assoluti.

A questo scopo è utile considerare il problema di trovare massimie minimi di una funzione f (x, y) sull’ insieme dei punti del piano chesoddisfano l’equazione g(x, y) = 0

In questo modo, infatti, è possibile identificare in molti casi l’insie-me dei punti di frontiera (e quindi non interni) di un insieme.

Più precisamente ci riferiremo a questo problema come al problemadi

Cercare massimi e minimi relativi di f vincolati a g = 0

1.6.1 funzioni definite implicitamente.

Per studiare il problema è necessario conoscere qualche cosa in piùsull’insieme

G = (x, y) ∈ R2 : g(x, y) = 0Più precisamente è necessario rendersi conto che G può essere rap-

presentato localmente mediante il grafico di una funzione ϕ.Per chiarire il concetto consideriamo un semplice esempio.Sia

g(x, y) = x2 + y2 − 1

ovviamente g ∈ C1 ed inoltre

∇(x, y) = (2x, 2y) 6= (0, 0)

per ognuno dei punti tali che

g(x, y) = 0

È ben noto che l’equazione

g(x, y) = x2 + y2 − 1 = 0

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analisi matematica 2 19

identifica una circonferenza di raggio unitario centrata in (0, 0).Per illustrare la possibilità di rappresentare la circonferenza local-

mente in un punto P0 mediante una funzione ϕ possiamo considerarei seguenti casi

• se P0 = (0, 1) possiamo rappresentare la circonferenza mediante lafunzione

y =√

1− x2

• se P0 = (0,−1) possiamo rappresentare la circonferenza mediantela funzione

y = −√

1− x2

• se P0 = (1, 0) possiamo rappresentare la circonferenza mediante lafunzione

x =√

1− y2

• se P0 = ( 1√2

, 1√2) possiamo rappresentare la circonferenza sia me-

diante la funzioney =

√1− x2

sia mediante la funzione

x =√

1− y2

• se P0 = (− 1√2

, 1√2) possiamo rappresentare la circonferenza sia

mediante la funzioney =

√1− x2

sia mediante la funzione

x = −√

1− y2

In generale non è, tuttavia, possibile trovare esplicitamente la fun-zione ϕ, come abbiamo fatto nell’esempio appena visto, tuttavia è pertaluni scopi sufficiente sapere che questa funzione esiste.

A questo proposito si può dimostrare che

Teorema 1.8 - delle funzioni implicite di U. Dini - Se g è sufficientementeregolare (g ∈ C1, ∇g(x, y) 6= (0, 0)) l’insieme

(x, y) ∈ R2, : g(x, y) = 0

può essere rappresentato localmente, (cioè in un intorno di ogni suo punto),come grafico di una funzione

y = ϕ(x)

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20 o.caligaris - p.oliva

1.6.2 il principio dei moltiplicatori di Lagrange.

Si può trovare una condizione necessaria affinchè un punto P0 sia diminimo o di massimo per f vincolato a g = 0; possiamo enunciare talecondizione come segue

Teorema 1.9 - dei moltiplicatori di Lagrange- Se f , g ∈ C1, ∇ f (P0) 6=(0, 0) e P0 = (x0, y0) è un punto di minimo o di massimo per f vincolato ag(x, y) = 0, allora

∇ f (P0) ‖ ∇g(P0)

o equivalentemente esiste λ ∈ R tale che

∇ f (P0) = λ∇g(P0)

Figura 1.9: Principio dei moltiplicatori diLagrange

Se infatti ∇ f (P0) e ∇g(P0) non fossero paralleli, tenendo contodel fatto che ∇ f (P0) è ortogonale alla curva definita da f (x, y) =

f (x0, y0) mentre ∇g(P0) è ortogonale alla curva definita da g(x, y) = 0avremmo una situazione simile a quella illustrata nella figura 1.9.

Dalla figura si vede che ci sarebbero punti soddisfacenti l’equazioneg(x, y) = 0 tali che f (x, y) > f (x0, y0) ed anche punti tali che f (x, y) <f (x0, y0).

Ciò escluderebbe che P0 sia un punto di minimo o di massimo di fvincolato a g = 0

Possiamo dimostrare con maggior precisione il risultato come se-gue.

Siano f , g : A→ R, P0 = (x0, y0) ∈ A ⊂ R2, A aperto, f , g ∈ C1(A),e supponiamo che g(x0, y0) = 0. Supponiamo inoltre che∇g(x0, y0) 6=0, il che significa, a meno di cambiare il nome delle variabili, che sipuò supporre gy(x0, y0) 6= 0; allora si può dimostrare che esiste unafunzione ϕ definita in un intorno di x0 che assume valori in un intornodi y0 e per la quale si ha

g(x, ϕ(x)) = 0

Pertanto la funzione f (x, φ(x)) ammette in x0 un punto di minimorelativo se e solo se P0 = (x0, y0) è un punto di minimo per f vincolatoa g = 0.

Di conseguenza, se P0 = (x0, y0) è un minimo relativo per f vinco-lato a g = 0 si ha

ddx

f (x, ϕ(x)) = fx(x0, y0) + fy(x0, y0)ϕ′(x0) = 0

ed anchegx(x0, y0) + gy(x0, y0)ϕ′(x0) = 0

e la coppia (1, ϕ′(x0)) è soluzione non banale del sistema algebricolineare omogeneo la cui matrice dei coefficienti è data da

(∇ f (x0, y0)

∇g(x0, y0)

)

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analisi matematica 2 21

Ne segue che esistono α, β ∈ R non entrambi nulli, tali che

α∇ f (x0, y0) + β∇g(x0, y0) = 0

e, dal momento che ∇g(x0, y0) 6= 0, ne viene che deve essere α 6= 0.Possiamo pertanto affermare, a meno di dividere per α, che esiste λ

tale che∇ f (x0, y0) + λ∇g(x0, y0) = 0

Viceversa, postoh(x) = f (x, ϕ(x))

se h′(x0) = 0 e h”(x0) > 0, (x0, y0) è un punto di minimo relativo perf vincolato a g = 0.

Concludiamo osservando un semplice fatto, spesso utile quando sitrattano problemi di programmazione lineare.

Teorema 1.10 Sia f : A −→ R, A ⊂ R2 convesso, chiuso e limitato, fconvessa e continua; allora il massimo di f in A è assunto anche in punti chesono sulla frontiera di A

Dimostrazione. Sia

f (P) = max f (Q) : Q ∈ A

allora, se P è interno ad A, detti Q, R ∈ A gli estremi del segmentoottenuto intersecando A con una qualunque retta passante per P, si ha

P = λQ + (1− λ)R

ef (P) ≤ λ f (Q) + (1− λ) f (R) ≤ max f (Q), f (R)

2

Osservazione. Nel caso in cui A sia poliedrale, cioè se

A = P ∈ R2 : gi(P) ≤ 0, gi lineare, i = 1, .., m

il massimo si può cercare solo tra i vertici della frontiera. 2

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2. Integrazione Per Le Funzioni DiDue Variabili.

2.1 Definizione di integrale doppio.

Se f è una funzione di 2 variabili positiva e se R = [a, b]× [c, d] è unrettangolo contenuto nel suo dominio, possiamo considerare il proble-ma di calcolare il volume V delimitato dal piano (x, y) dal grafico di fe dal cilindro generato da R con generatrici parallele all’asse z (si vedala figura ??).

Figura 2.1: .

Figura 2.2: .

Figura 2.3: .

Il volume può essere definito

• considerando una partizione di R,

• definendo in corrispondenza le somme superiori e le somme infe-riori di f relative alla partizione scelta,

• dichiarando una funzione integrabile se, al variare delle partizioni,l’estremo inferiore delle somme superiori e l’estremo superiore dellesomme inferiori coincidono,

• in tal caso chiamiamo il loro valore comune∫∫

R

f (x, y)dxdy

L’esistenza dell’integrale è assicurata, similmente a quanto accadeper le funzioni di una variabile, dalla continuità della funzione inte-granda, e si può anche dimostrare che è sufficiente che f sia conti-nua su R a meno di un insieme si area 0. Possiamo in altre paroledimostrare il seguente risultato.

Se f è una funzione di due variabili limitata su un insieme chiuso elimitato D ed è continua a meno di un sottoinsieme di misura 0, alloraf è integrabile su D

(Pur non entrando nei particolari della definizione di area, possiamoricordare che è possibile calcolare l’area di insiemi piani significativiusando la teoria dell’integrazione per le funzioni di una variabile)

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24 o.caligaris - p.oliva

Quando una funzione è integrabile possiamo approssimare il suointegrale su R anche usando le somme di Riemann; tali somme pos-sono anche essere usate per dare la definizione di integrabilità e sicalcolano come segue:

• Si suddivide il rettangolo R in rettangoli più piccoli Rj, ad esempioottenuti suddividendo i lati di R in parti uguali di ampiezza δx e δy,rispettivamente (figura 2.6);

• si sceglie in maniera arbitraria un punto (ξ j, ηj) in ognuno dei ret-tangoli Rj e si calcola la quota f (ξ j, ηj) (figura ??)

Figura 2.4: .

Figura 2.5:

• si sostituisce al volume delimitato su Rj dalla funzione f il volumedel parallelepipedo di base Rj ed altezza f (ξ j, ηj) (figura ??)

Figura 2.6: Singolo elemento di volume

• si calcola la somma di tutti i contributi così ottenuti da ciascuno deirettangoli della partizione.

Le somme di Riemann sono così definite da

R( f ) = ∑j

f (ξ j, ηj)δxδy (2.1)

e, quando la partizione è abbastanza fine, cioè suddivide R in rettan-goli Rj abbastanza piccoli,R( f ) approssima il valore di

∫∫R

f (x, y)dxdy

2.2 Formule di riduzione per gli integrali doppi.

Purtroppo non disponiamo, per il calcolo di un integrale doppio, diuno strumento tanto potente quanto il teorema fondamentale del cal-colo integrale; questo risultato si può infatti estendere anche al cal-colo delle funzioni di più variabili, ma si colloca in un contesto piùgenerale: quello delle forme differenziali e del teorema di Stokes.

Occorre quindi cercare altre vie per il calcolo degli integrali doppi.Se definiamo

S(x) = (x, y, z) ∈ R3 : a ≤ x ≤ b, 0 ≤ z ≤ f (x, y)

S(x) rappresenta una sezione del volume V, si veda figura 2.7.

Figura 2.7: S(x)

ed il calcolo integrale per le funzioni di una variabile consente dicalcolare la sua area A(x) mediante la

A(x) =∫ b

af (x, y)dy

Possiamo considerare il volume V come la somma (infinita) dei vo-lumi elementari A(x) (che sono nulli) per x ∈ [a, b]; naturalmente lasomma infinita si calcola integrando A(x) su [a, b] e quindi

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analisi matematica 2 25

∫∫

R

f (x, y)dxdy =∫ b

a

(∫ d

cf (x, y)dy

)dx

In maniera del tutto simile possiamo calcolare

∫∫

R

f (x, y)dxdy =∫ d

c

(∫ b

af (x, y)dx

)dy

Il calcolo di un integrale doppio può quindi essere ridotto al calcolodi due integrali semplici (formule di riduzione).

Il vincolo fin qui posto sul dominio di integrazione, (R è un rettan-golo) non può tuttavia essere mantenuto e quindi è necessario definire

∫∫

A

f (x, y)dxdy

per una classe di sottoinsiemi del piano un po’ più generale.È naturale considerare per questo scopo la classe dei domini nor-

maliDiciamo che un insieme D è un dominio normale rispetto all’asse x

seD = (x, y) ∈ R2 : a ≤ x ≤ b, α(x) ≤ y ≤ β(x)

dove [a, b] è un intervallo reale e α e β sono funzioni continue su [a, b].(Si veda la figura 2.8).

Figura 2.8: Dominio normale rispettoall’asse x

Diciamo che un insieme E è un dominio normale rispetto all’asse yse

E = (x, y) ∈ R2 : c ≤ y ≤ d, γ(x) ≤ x ≤ δ(x)

dove [c, d] è un intervallo reale e γ e δ sono funzioni continue su [c, d].(Si veda la figura 2.9).

Figura 2.9: Dominio normale rispettoall’asse y

Per definire, ad esempio,∫∫

D

f (x, y)dxdy

possiamo

• definire una funzione

f (x, y) =

f (x, y) se (x, y) ∈ D

0 se (x, y) /∈ D

• considerare un rettangolo R ⊃ D

• definire ∫∫

D

f (x, y)dxdy =∫∫

R

f (x, y)dxdy

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26 o.caligaris - p.oliva

Nel compiere questa procedura, possiamo osservare che, poichè sipuò dimostrare che il grafico di una funzione continua ha area nullae poichè la definizione di f può generare discontinuità solo nei puntidei grafici di α e di β, se f è continua a meno di insiemi di area nullatale risulta anche f e pertanto

Una funzione f continua a meno di un insieme di area nulla èintegrabile su un dominio normale D.

A completamento occorre poi osservare che

∫∫

D

f (x, y)dxdy =∫∫

R

f (x, y)dxdy

=∫ b

a

(∫ d

cf (x, y)dy

)dx =

∫ b

a

(∫ β(x)

α(x)f (x, y)dy

)dx

ed in maniera del tutto simile

∫∫

E

f (x, y)dxdy =∫∫

R

f (x, y)dxdy

=∫ d

c

(∫ b

af (x, y)dy

)dx =

∫ d

c

(∫ δ(x)

γ(x)f (x, y)dy

)dx

Infine osserviamo che quanto abbiamo visto è applicabile ad insiemiche siano unione finita di domini normali. Questo ci permette di con-siderare la maggior parte degli insiemi che si incontrano nella praticadel calcolo.

2.3 Cambiamento di variabili negli integrali doppi

2.3.1 Cambiamento di variabili lineari.

Consideriamo ora ora il problema di calcolare l’area di un parallelo-grammo A che abbia come lati i vettori (a, b) e (c, d).

Semplici considerazioni di geometria permettono di stabilire che

Area (A) = ad− bc = det

(a bc d

)

Figura 2.10: Volume ed Area

ed inoltre, se teniamo conto del fatto che il volume del cilindro dialtezza 1 (figura ??) che ha per base il parallelogrammo è uguale adArea (A), possiamo anche affermare che

Area (A) =∫∫

A

1dxdy =∫∫

B

det

(a bc d

)dudv

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analisi matematica 2 27

doveB = (u, v) : 0 ≤ u ≤ 1, 0 ≤ v ≤ 1 = [0, 1]× [0, 1]

ed osservare che il quadrato B = [0, 1]× [0, 1] si trasforma nel paralle-logramma A mediante le corrispondenze

x = au + bv

y = cu + dvcioè

(xy

)=

(a bc d

)(uv

)(2.2)

Se supponiamo che

det

(a bc d

)6= 0

la corrispondenza è biunivoca e può essere invertita; sia

u = αx + βy

v = γx + δycioè

(uv

)=

(α β

γ δ

)(xy

)(2.3)

la corrispondenza inversa.Con riferimento alla definizione di integrale possiamo anche os-

servare che una partizione del quadrato B in quadrati più piccoli Bj

corrisponde ad una suddivisione del parallelogrammo A in parallelo-grammi Aj, simili, più piccoli (si veda la figura 2.11).

Pertanto se f è una funzione definita su A, per calcolare∫∫

A

f (x, y)dxdy

possiamo calcolare le somme di Riemann usando la partizione di A inparallelogrammi, che risulta più naturale di una partizione in rettan-goli; Le somme di Riemann in questo caso risultano essere

R( f ) = ∑j

f (xj, yj)Area (Aj) = ∑j

f (xj, yj)det

(a bc d

)Area (Bj)

Ma esiste un unico punto (uj, vj) ∈ B tale che

(xj, yj) = (auj + bvj, cuj + dvj)

per cui

R( f ) = ∑j

f (auj + bvj, cuj + dvj)det

(a bc d

)Area (Bj)

Figura 2.11: Cambiamento di variabililineare

Tali somme al raffinarsi della partizione si approssimano a

∫∫

B

f (au + bv, cu + dv)det

(a bc d

)dudv

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28 o.caligaris - p.oliva

e quindi possiamo concludere che

∫∫

A

f (x, y)dxdy =∫∫

B

f (au + bv, cu + dv)det

(a bc d

)dudv

2.3.2 Coordinate Polari nel piano.

Possiamo usare in luogo di 2.2 anche altre trasformazioni; ad esempiopossiamo usare la trasformazione in coordinate polari che è definitada:

x = ρ cos θ

y = ρ sin θρ ≥ 0, θ ∈ [0, 2π] (2.4)

La 2.4 trasforma

• le rette ρ = R in circonferenze centrate nell’origine di raggio R

• le rette θ = α in semirette passanti per l’origine inclinate di unangolo α rispetto al semiasse positivo dell’asse x.

• i settori di corona circolare nel piano (x, y)

A = (x, y) : r ≤√

x2 + y2 ≤ R, α ≤ tan y/x ≤ β =(x, y) : r ≤ ρ ≤ R, α ≤ θ ≤ β

in rettangoli

B = (ρ, θ) : ρ ≤ R, α ≤ θ ≤ β = [r, R]× [α, β]

nel piano (ρ, θ). (Si veda la figura 2.12).

Figura 2.12: Cambiamento di variabili incoordinate polari

Purtroppo, la trasformazione definita dalle 2.4 non è biunivoca nèinvertibile ed inoltre se

B1 = [R− δr , R]× [α, β]

e

B2 = [R, R + δr]× [α, β]

l’immagine A1 di B1 ed A2 di B2 hanno aree diverse anche se B1 eB2 hanno aree uguali.

Più precisamente si vede che se l’area di A1 è più piccola di quelladi A2 poichè A1 è più vicino all’origine di A2.

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analisi matematica 2 29

Possiamo calcolare che:

Area (B) = (R− r)(β− α)

Area (A) =12(R2 − r2)(β− α) =

12(R + r)Area (B)

Pertanto non possiamo procedere, come nel caso di 2.2 in quan-to il fattore di conversione per ottenere Area (A) da Area (B) non ècostante.

Possiamo tuttavia affermare che

Area (A) =∫∫

A

1dxdy (2.5)

e la 2.5 si può ottenere come somma di settori circolari più piccoli Aj

delimitati da circonferenze di raggio ρ e ρ + δρ e aventi ampiezza δθ .Se

Bj = [ρ, ρ + δρ]× [θ, θ + δθ ]

l’area di ciascuno dei settori Aj è data da

Area (Aj) =12(2ρ + δρ)δρδθ =

12(2ρ + δρ)Area (Bj)

ed inoltre se δρ è piccolo e trascurabile avremo che

Area (Aj) ≈12

2ρArea (Bj)

Poichè

Area (A) = ∑j

Area (Aj) ≈∑j

ρArea (Bj)

Possiamo affermare che

Area (A) =∫∫

B

ρdρdθ

Se poi f è una funzione definita su A, possiamo affermare che∫∫

A

f (x, y)dxdy =∫∫

A

f (ρ cos θ, ρ sin θ)ρdρdθ

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3. Integrazione Di Funzioni Di TreVariabili.

3.1 Definizione di integrale triplo.

Le formule di riduzione che abbiamo usato per il calcolo di un inte-grale doppio consentono di ricondurre il problema al calcolo di dueintegrali semplici.

In modo del tutto simile possiamo trovare il modo di calcolareun integrale triplo, cioè l’integrale di una funzione f di tre variabili(x, y, z) su un dominio V contenuto in R3

∫∫∫

V

f (x, y, z)dxdydz

Il concetto di area che è naturalmente collegato al concetto di in-tegrale semplice e quello di volume che è caratteristico dell’integraledoppio si estende al concetto di ipervolume a quattro dimensioni pergli integrali tripli.

Inoltre, come nel caso di due variabili in cui abbiamo osservato che

Area (A) =∫∫

A

1dxdy = Volume (CA)

se CA è il cilindro di base A e di altezza 1, possiamo dire che

Volume (V) =∫∫

V

1dxdydz = IperVolume (CV)

dove CV è il cilindro di base V e di altezza 1.

3.2 Formule di riduzione per gli integrali tripli.

Per gli integrali tripli sono possibili diverse scomposizioni che dannoorigine a diverse formule di riduzione che riteniamo utile illustraremediante qualche esempio.

Ci occuperemo allo scopo di calcolare∫∫∫

V

f (x, y, z)dxdydz

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32 o.caligaris - p.oliva

doveV = (x, y, z) ∈ R3 : x2 + y2 ≤ z ≤ 2−

√x2 + y2 (3.1)

La parte di R3 definita dalla 3.1 è quella indicata nella figura ?? ??

Figura 3.1: .

Figura 3.2: .

Possiamo integrare su V "sommando", cioè integrando rispetto a z,i valori ottenuti mediante il calcolo dell’integrale doppio sulle sezionidi V definite da

S(z) = (x, y) : (x, y, z) ∈ VAvremo pertanto che

∫∫∫

V

f (x, y, z)dxdydz =∫ 2

0

∫∫

S(z)

f (x, y, z)dxdy

dz

e gli integrali indicati si calcolano come già sappiamo.Possiamo anche calcolare l’integrale triplo considerando la proie-

zione D del solido V e calcolando∫∫

D

(∫

F(x,y)f (x, y, z)dx, dy

)dz =

∫∫

D

(∫ 2−√

x2+y2

x2+y2f (x, y, z)dx, dy

)dz

Figura 3.3: .

Figura 3.4: .

3.3 Cambiamento di variabili per gli integrali tripli.

Anche per gli integrali tripli è utile considerare qualche cambiamentodi variabile allo scopo di semplificare i calcoli nel caso di solidi conparticolari simmetrie.

I cambiamenti di variabile più comuni sono quello lineare, quel-lo in coordinate cilindriche e quello in coordinate sferiche, che oraillustriamo brevemente.

3.3.1 Cambio di variabili lineare.

Si tratta del cambiamento di variabili definito dalle

x = a1r + b1s + c1t

y = a1r + b2s + c2t

z = a3r + b3s + c3t

Se A ⊂ R3 e se B è il trasformato di A mediante il cambiamento divariabili lineari si ha

∫∫∫

A

f (x, y, z)dxdydz =

∫∫∫

B

f (a1r+ b1s+ c1t, a2r+ b2s+ c2t, a3r+ b3s+ c3t)∣∣∣∣∂(x, y, z)∂(r, s, t)

∣∣∣∣ drdsdt

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analisi matematica 2 33

dove

∣∣∣∣∂(x, y, z)∂(r, s, t)

∣∣∣∣ = det

a1 b1 c1

a2 b2 c2

a3 b3s c3

3.3.2 Coordinate cilindriche.

Si tratta del cambiamento di variabili definito dalle

x = ρ cos θ

y = ρ sin θ

z = z

ρ ≥ 0 0 ≤ θ ≤ 2π , z ∈ R

Se A ⊂ R3 e se B è il trasformato di A mediante il cambiamento divariabili in coordinate cilindriche si ha

∫∫∫

A

f (x, y, z)dxdydz =∫∫∫

B

f (ρ cos θ, ρ sin θ, z)ρdρdθdz

3.3.3 Coordinate sferiche.

Si tratta del cambiamento di variabili definito dalle

x = ρ cos θ cos ϕ

y = ρ sin θ cos ϕ

z = ρ sin ϕ

ρ ≥ 0 0 ≤ θ ≤ 2π − π/2 ≤ ϕ ≤ π/2

Se A ⊂ R3 e se B è il trasformato di A mediante il cambiamento divariabili in coordinate sferiche si ha

∫∫∫

A

f (x, y, z)dxdydz =

∫∫∫

B

f (ρ cos θ cos ϕ, ρ sin θ cos ϕ, ρ sin ϕ)ρ cos ϕdρdθdϕ

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4. Integrali Multipli Impropri

Come nel caso degli integrali semplici, possiamo considerare il proble-ma di calcolare l’integrale di una funzione di due o più variabili chenon siano limitate o su domini di integrazione non limitati.

Qui illustriamo l’argomento con qualche esempio che è significativoanche per il seguito e che fornisce un utile strumento per affrontare,se necessario anche gli altri casi.

Consideriamo pertanto una funzione f definita su R2 limitata ed in-tegrabile su ogni insieme limitato e chiuso di R2 (ad esempio continua)e sia D ⊂ R2 un sottoinsieme non limitato di R2.

In tali condizioni non è lecito definire∫∫

D

f (x, y)dxdy

in senso proprio, tuttavia possiamo procedere come segue:Innanzi tutto assicuriamoci di poter lavorare con una funzione sem-

pre positiva; se f ≥ 0 nulla è da fare ma se così non è basta definire

f+(x, y) = max f (x, y), 0 e f−(x, y) = min f (x, y), 0

osservare chef = f+ + f−

e calcolare∫∫

D

f (x, y)dxdy =∫∫

D+

f+(x, y)dxdy +∫∫

D−

f−(x, y)dxdy

dove

D+ = (x, y) ∈ D : f (x, y) ≥ 0 , D− = (x, y) ∈ D : f (x, y) ≤ 0

e chiedere che entrambi gli integrali a secondo membro esistano e nondiano luogo ad una forma indeterminata.

Supponiamo quindi che f ≥ 0 e consideriamo una successione diinsiemi Dn soddisfacente le seguenti condizioni:

• Dn è chiuso e limitato

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36 o.caligaris - p.oliva

• Dn+1 ⊃ Dn

• per ogni insieme limitato e chiuso K contenuto in D si può trovareun Dn tale che Dn ⊃ K

È evidente che le condizioni sopra elencate esprimono il concettoche la successione di domini Dn riempie, invade, l’insieme D ed infattiuna successione che soddisfa tali condizioni si chiama successione didomini invadenti D.

Definizione 4.1 Se f ≥ 0 e se Dn è una successione di domini invadenti Dallora definiamo

∫∫

Df (x, y)dxdy = lim

n

∫∫

Dnf (x, y)dxdy

Si può dimostrare che, qualora il limite esista, è indipendente dallasuccessione di domini invadenti usata.

4.1 Qualche esempio

Consideriamo il problema di calcolare

∫∫

R2e−(x2+y2)/2dxdy

Definiamo

Dn = (x, y) ∈ R2 : x2 + y2 ≤ n2

allora Dn è una successione di domini invadenti R2 e quindi

∫∫

R2e−(x2+y2)/2dxdy = lim

n

∫∫

Dne−(x2+y2)/2dxdy =

= limn

∫ 2π

0(∫ n

0ρe−(ρ

2)/2dρ)dθ =

= limn

2π∫ n

0ρe−(ρ

2)/2dρ = 2π limn−e−(ρ

2)/2

∣∣∣∣∣

n

0

= 2π limn

1− e−(n2)/2 = 2π

Il risultato appena ricavato ha una conseguenza interessante, infatti,poichè il valore dell’integrale non dipende dalla successione di dominiinvadenti usata, possiamo rifare il calcolo anche usando la successionedefinita da

Qn = [−n, n]× [−n, n]

ed otterremo lo stesso risultato.Avremo

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analisi matematica 2 37

2π =∫∫

R2e−(x2+y2)/2dxdy = lim

n

∫∫

Qne−(x2+y2)/2dxdy =

= limn

∫ n

−n(∫ n

−ne−(x2)/2e−(y

2)/2dx)dy =

= limn(∫ n

−ne−(y

2)/2dy)(∫ n

−ne−(x2)/2dx) = lim

n(∫ n

−ne−(t

2)/2dt)2 = (∫ +∞

−∞e−(t

2)/2dt)2

e possiamo affermare che

∫ +∞

−∞e−(t

2)/2dt =√

e che

1√2π

∫ +∞

−∞e−(t

2)/2dt = 1

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5. Spazi Euclidei N-Dimensionali.

Per lo studio delle funzioni di più variabili reali occorre aver presentialcune proprietà degli spazi euclidei ad n dimensioni.

È inoltre indispensabile conoscere qualche proprietà delle applica-zioni lineari in Rn e delle forme bilineari e quadratiche.

5.1 Norma e Prodotto scalare

Definizione 5.1 Indichiamo con Rn lo spazio vettoriale costituito dalle n−ple ordinate di numeri reali; in altre parole

x ∈ Rn ⇔ x = (x1, x2, ...., xn) con xk ∈ R.

In Rn si definiscono le operazioni di somma e di prodotto per unoscalare mediante le

x + y = (x1 + y1, x2 + y2, ...., xn + yn) , x, y ∈ Rn

eαx = (αx1, αx2, ...., αxn) , α ∈ R , x ∈ Rn.

L’insieme dei vettori

e1 = (1, 0, 0, ...., 0)

e2 = (0, 1, 0, ...., 0)

. . . . . . . . . . . .

en = (0, 0, 0, ...., 1)

costituisce una base di Rn; si avrà pertanto che, se x ∈ Rn

x =n

∑i=1

xiei.

Definizione 5.2 Si definisce norma in Rn una funzione che si indica con

‖ · ‖ : Rn → R

che verifica le seguenti proprietà:

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40 o.caligaris - p.oliva

1. ‖x‖ ≥ 0 ∀x ∈ Rn

2. ‖x‖ = 0 ⇔ x = 0

3. ‖αx‖ = |α|‖x‖ ∀α ∈ R , ∀x ∈ Rn

4. ‖x + y‖ ≤ ‖x‖+ ‖y‖ ∀x, y ∈ Rn.

Definizione 5.3 Si definisce prodotto scalare in Rn una funzione

〈·, ·〉 : Rn ×Rn −→ R

tale che

1. 〈x, x〉 ≥ 0 ∀x ∈ Rn

2. 〈x, y〉 = 〈y, x〉 ∀x, y ∈ Rn

3. 〈x, x〉 = 0 ⇔ x = 0

4. 〈αx + βy, z〉 = α〈x, z〉+ β〈y, z〉 ∀x, y, z ∈ Rn , ∀α, β ∈ R.

Come nel caso del valore assoluto per i numeri reali, si ha

|‖x‖ − ‖y‖| ≤ ‖x− y‖

Lemma 5.1 Siano x, y ∈ Rn, allora se 1/p + 1/q = 1 , p, q ≥ 1 ,

|∑ xiyi| ≤∑ |xi||yi| ≤ (∑ |xi|p)1/p (∑ |yi|q)1/q

(Disuguaglianza di Schwarz-Holder)

(∑ |xi + yi|p)1/p ≤ (∑ |xi|p)1/p + (∑ |yi|p)1/p

(Disuguaglianza di Minkowski).

Dimostrazione. Intanto è ovvio che

|∑ xiyi| ≤∑ |xi||yi|.

Dal momento che la funzione ξ → ξ p è convessa su R+, si ha

(∑ λiξi

∑ λi

)p≤ ∑ λiξ

pi

∑ λi∀λi ≥ 0 , ∀ξi ≥ 0

e

∑ λiξi ≤ (∑ λi)(p−1)/p (∑ λiξ

pi )

1/p.

Ora, postoλi = |yi|p/(p−1) e λiξ

pi = |xi|p ,

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analisi matematica 2 41

si ha(λiξi)

p = λp−1i λiξ

pi = |xi|p|yi|p

eλiξi = |xi||yi|.

Da cui

∑ |xi||yi| ≤ (∑ |xi|p)1/p (∑ |yi|p/(p−1))(p−1)/p

e si può concludere la disuguaglianza di Holder tenendo conto chep/(p− 1) = q . Per quanto riguarda la disuguaglianza di Minkowski

si ha

∑ |xi + yi|p = ∑ |xi + yi||xi + yi|p−1 ≤

≤ ∑ |xi||xi + yi|p−1 + ∑ |yi||xi + yi|p−1.

Applicando la disuguaglianza di Holder ad entrambi gli addendidell’ultimo membro si ha

∑ |xi + yi|p ≤ [(∑ |xi|p)1/p + (∑ |yi|p)1/p](∑ |xi + yi|(p−1)q)1/q

e tenendo conto che (p− 1)q = p si ha

(∑ |xi + yi|p)1−1/q ≤ (∑ |xi|p)1/p + (∑ |yi|p)1/p.

Si conclude tenendo conto che 1− 1/q = 1/p . 2

La disuguaglianza di Holder si riduce alla più nota disuguaglianzadi Schwarz per p = q = 2.

Per p = q = 2 la disuguaglianza di Schwarz può essere riscrittacome

|〈x, y〉| ≤ ‖x‖‖y‖e può essere dedotta osservando che, ∀t ∈ R

0 ≤ ‖x + ty‖2 = 〈x + ty, x + ty〉 = t2‖y‖2 + 2t〈x, y〉+ ‖x‖2

Ciò implica infatti

〈x, y〉2 − ‖x‖2‖y‖2 ≤ 0

La corrispondente disuguaglianza triangolare segue da

‖x + y‖2 = ‖x‖2 + ‖y‖2 + 2〈x, y〉 ≤ ‖x‖2 + ‖y‖2 + 2‖x‖‖y‖

Osserviamo che|〈x, y〉| = ‖x‖‖y‖

se e solo se esiste t ∈ R tale che x + ty = 0, ovvero x e y sono paralleli.

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42 o.caligaris - p.oliva

Pertanto

‖x‖ = sup〈x, y〉 : ‖y‖ ≤ 1 = max|〈x, y〉| : ‖y‖ ≤ 1.

Sono esempi di norme in Rn le seguenti

‖x‖p = (n

∑k=1|xi|p )1/p p ≥ 1

‖x‖∞ = max|xi| : i = 1, .., n .Mentre un esempio di prodotto scalare è dato da

〈x, y〉 = (n

∑k=1

xiyi

Ovviamente si ha 〈x, x〉 = ‖x‖22.

In Rn useremo abitualmente la ‖ · ‖2 che è detta norma euclidea inquanto ‖x‖2 coincide con la distanza euclidea del vettore x dall’origi-ne.

Nel seguito faremo riferimento, a meno di espliciti avvisi contrari,a tale norma e scriveremo ‖ · ‖ in luogo di ‖ · ‖2.

Osserviamo altresì che il prodotto scalare sopra definito, pur nonessendo l’unico possibile, sarà l’unico da noi considerato.

Si vede subito che

〈P1, P2〉 = |P1||P2| cos(θ2 − θ1)

Infatti, facendo riferimento ad R2 e alla figura 8.1, si ha

Figura 5.1:

〈P1, P2〉 == x1x2 + y1y2 = |P1||P2| cos(θ2) cos(θ1) + |P1||P2| sin(θ2) sin(θ1) =

= |P1||P2| cos(θ2 − θ1)

L’osservazione appena fatta giustifica il fatto che

Diciamo che due vettori x, y ∈ Rn sono ortogonali se 〈x, y〉 = 0.Diciamo che sono paralleli se esiste λ ∈ R tale che x = λy. Se

x ed y sono paralleli 〈x, y〉 = ‖x‖‖y‖

Se ‖ · ‖a e ‖ · ‖b sono due norme in Rn si dice che sono equivalentise esistono due costanti reali H e K tali che

H‖x‖b ≤ ‖x‖a ≤ K‖x‖b.

Si può dimostrare che

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analisi matematica 2 43

Teorema 5.1 In Rn tutte le norme sono equivalenti.

Dimostrazione. Sia ‖ · ‖a una norma in Rn; si ha

‖x‖a = ‖n

∑i=1

xiei‖a ≤n

∑i=1|xi|‖ei‖a ≤ K‖x‖1

essendoK = max‖ei‖a.

Quindi la funzione ‖ · ‖a è continua e, dal momento che

x ∈ Rn : ‖x‖1 = 1

è compatto è lecito considerare

H = min‖x‖a : ‖x‖1 = 1;

si ha H > 0 e‖x‖a

‖x‖1=∣∣∣∣ x‖x‖1

∣∣∣∣a ≥ H.

Pertanto, per ogni x ∈ Rn si ha

H‖x‖1 ≤ ‖x‖a ≤ K‖x‖1

e tutte le norme in Rn sono equivalenti. 2

È anche interessante osservare che

Lemma 5.2 La funzione p −→ ‖x‖p è decrescente ∀x ∈ Rn e si ha

‖x‖∞ = limp‖x‖p = inf‖x‖p : p ≥ 1 ;

inoltre

(24.1) ‖x‖∞ ≤ ‖x‖p ≤ ‖x‖1 ≤ n‖x‖∞ ≤ n‖x‖q ≤ n‖x‖1 ∀p, q ≥ 1

e pertanto le norme ‖ · ‖p sono tutte equivalenti.

Dimostrazione. Per provare che p −→ ‖x‖p è decrescente sarà suffi-ciente provare che

ddp‖x‖p ≤ 0.

Si ha‖x‖p = (∑ |xi|p)1/p

e pertanto

ddp‖x‖p = ‖x‖p

(− 1

p2 ln ∑ |xi|p +1p

∑ |xi|p ln |xi|∑ |xi|p

)=

=‖x‖p

p2 ∑ |xi|p(

p ∑ |xi|p ln |xi| − ∑ |xi|p ln ∑ |xi|p)

.

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44 o.caligaris - p.oliva

Ora

∑ |xi|p ln |xi|p − ∑ |xi|p ln ∑ |xi|p ≤ 0

in quanto ln |xi|p ≤ ln ∑ |xi|p .Inoltre si ha

‖x‖∞ ≤ ‖x‖p ≤ (n‖x‖p∞)1/p = n1/p‖x‖∞

e d’altra partelim

pn1/p = lim

pe(ln n)/p = 1.

La (24.1) è immediata conseguenza di quanto visto. 2

Le notazioni vettoriali introdotte consentono di esprimere facilmen-te condizioni che individuano rette piani e sfere.

Possiamo individuare i punti di una retta che passa per il punto(x0, y0, z0) ed è parallela alla direzione (a, b, c) semplicemente som-mando (x, y, z) con il vettore t(a, b, c) al variare di t ∈ R.

Otterremo in tal caso che

(x, y, z) = (x0, y0, z0) + t(a, b, c)

che scritta componente per componente

x = x0 + ta

y = y0 + tb

z = z0 + tc

fornisce le equazioni parametriche della retta.Se t ∈ R+ avremo una delle due semirette in cui (x0, y0, z0) divide

la retta intera, mentre se t ∈ [a, b] ci limitiamo ad un segmento dellaretta stessa.

Un piano passante per l’origine può essere individuato dai vettoriperpendicolari ad un vettore assegnato; l’equazione del piano si potràquindi scrivere come

〈(x, y, z), (a, b, c)〉 = 0

mentre il piano parallelo che passa per (x0, y0, z0) è dato da

〈(x− x0, y− y0, z− z0), (a, b, c)〉 = 0

come abbiamo già visto una sfera può essere individuata come l’in-sieme dei punti che hanno distanza dal centro (x0, y0, z0) minore delraggio R;

Una sfera sarà pertanto individuata dalla condizione

‖(x− x0, y− y0, z− z0)‖ ≤ R

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analisi matematica 2 45

5.2 Applicazioni Lineari

Definizione 5.4 Si chiama applicazione lineare una funzione

f : Rn → Rm

tale che

f (αx + βy) = α f (x) + β f (y) ∀x, y ∈ Rn , ∀α, β ∈ R

L(Rn, Rm) è l’insieme delle applicazioni lineari su Rn a valori in Rm. L(Rn, R)

si chiama anche spazio duale di Rn.

Gli elementi di L(Rn, Rm) possono essere messi in corrispondenzabiunivoca con le matrici aventi m righe ed n colonne,Mm×n.

Più precisamente L(Rn, Rm) ed Mm×n sono isomorfi in quantoogni applicazione lineare f può essere scritta nella forma

f (x) = Ax con A ∈ Mm×n.

e d’altro canto f (x) = Ax è lineare.In particolare

Le applicazioni lineari da Rn in R sono tutte e sole quelle dellaforma

f (x) = 〈x∗, x〉 con x∗ ∈ Rn.

Definizione 5.5 Se f ∈ L(Rn, Rm) definiamo norma di f , e la indichiamocon ‖ f ‖0, la seguente

‖ f ‖0 = sup‖ f (x)‖ : ‖x‖ ≤ 1.

In virtù del teorema 24.7 possiamo identificare f con la matrice A per

la quale risulta f (x) = Ax .Pertanto possiamo anche definire

‖A‖0 = sup‖Ax‖ : ‖x‖ ≤ 1.

D’altro canto A ∈ Mm×n e può essere identificato come un elemen-to di Rm×n . Si può pertanto definire

‖A‖p = (∑ij|aij|p)1/p p ≥ 1

e‖A‖∞ = max|aij| : i = 1, .., m , j = 1, .., n

esattamente come negli spazi euclidei.

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46 o.caligaris - p.oliva

Osserviamo subito che

‖A‖0 ≤ ‖A‖2 = ‖A‖

la disuguaglianza essendo stretta ad esempio se A = I .Infatti, se denotiamo con Ai le righe della matrice A,

‖Ax‖2 = ∑i〈Ai , x〉2 ≤∑

i‖Ai‖2‖x‖2 = ‖A‖2‖x‖2.

Teorema 5.2 Se A ∈ Mm×n si ha

‖Ax‖ ≤ ‖A‖0‖x‖ ≤ ‖A‖‖x‖.

Dimostrazione. Dalla definizione 24.9 si ottiene

‖Ax/‖x‖‖ ≤ ‖A‖0

e la tesi. 2

Possiamo altresì provare che:

Teorema 5.3 Sia A ∈ Mm×n, allora

‖A‖0 = sup|〈Ax, y〉| : ‖x‖ ≤ 1 , ‖y‖ ≤ 1

ed inoltre, se A ∈ Mn×n =Mn è simmetrica

‖A‖0 = sup|〈Ax, x〉| : ‖x‖ ≤ 1 .

Dimostrazione. La prima relazione segue dall’osservazione che pre-cede la definizione 24.4.

Per quel che riguarda la seconda uguaglianza è ovvio che

‖A‖0 ≥ sup|〈Ax, x〉| : ‖x‖ ≤ 1, = ν

ed inoltre, poiché

〈A(x + y), x + y〉 − 〈A(x− y), x− y〉 = 4〈Ax, y〉

|〈Ax, y〉| ≤ 14(|〈A(x + y), x + y〉|+ |〈A(x− y), x− y〉|) ≤

≤ ν

4(‖x + y‖2 + ‖x− y‖2) =

ν

2(‖x‖2 + ‖y‖2)

ondesup|〈Ax, y〉| : ‖x‖ ≤ 1, ‖y‖ ≤ 1 ≤ ν.

2

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analisi matematica 2 47

Osserviamo inoltre che, se A è simmetrica, esiste una matrice P or-togonale ed unitaria, (la cui inversa coincide pertanto con la trasposta)tale che

A = P−1EP

con E matrice diagonale avente come elementi della diagonale princi-pale gli autovalori λi di A.

Allora

sup〈Ax, x〉 : ‖x‖ ≤ 1 = sup〈P−1EPx, x〉 : ‖x‖ ≤ 1 =

= sup〈EPx, Px〉 : ‖x‖ ≤ 1 =

= sup〈Ey, y〉 : ‖y‖ ≤ 1 =

= supn

∑i=1

λiy2i : ‖y‖ ≤ 1 =

= supΛ‖y‖2 : ‖y‖ ≤ 1 = Λ

non appena si sia definito

Λ = maxλi : i = 1, 2, ..n = λi0

e si sia tenuto conto del fatto che, in corrispondenza di y = ei0 , si ha〈Ey, y〉 = λi0 = Λ .

5.3 Forme Bilineari e Quadratiche

Definizione 5.6 Si chiama forma bilineare in Rn una funzione

f : Rn ×Rn → R

tale che f (·, y) e f (x, ·) siano funzioni lineari su Rn.

Le funzioni bilineari su Rn sono tutte e sole quelle definite da

f (x, y) = 〈x, Ay〉 = 〈Bx, y〉 con A, B ∈ Mn

dove B è la matrice trasposta di A. (si ottiene da A scambiando lerighe con le colonne. Solitamente si denota B = A∗).

Definizione 5.7 Se f è una forma bilineare in Rn; la funzione

g : Rn −→ R

definita dag(x) = f (x, x)

si chiama forma quadratica in Rn.Si può sempre trovare una matrice A ∈ Mn, non unica, tale che

g(x) = 〈x, Ax〉

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48 o.caligaris - p.oliva

possiamo inoltre sempre scegliere A in modo che sia una matrice simmetri-ca; in tal caso A si dice matrice associata alla forma quadratica e risultaunivocamente determinata.

Se g è una forma quadratica; g si dice semidefinita positiva (negativa) se

g(x) ≥ 0 ( ≤ 0 ) ∀x ∈ Rn

g si dice definita positiva (negativa) se

g(x) > 0 ( < 0 ) ∀x ∈ Rn0.

Si possono provare i seguenti:

Teorema 5.4 Sia g una forma quadratica e sia A la matrice ad essa associata;allora

• g è definita positiva se e solo se, detto Ak il minore principale di ordine kdi A , si ha

det Ak > 0 ∀k ;

• g è definita negativa se solo se

(−1)kdet Ak > 0 ∀k.

Teorema 5.5 Sia g una forma quadratica e sia A la matrice ad essa associata;allora

• g è definita positiva (negativa) se e solo se, detti λk i suoi autovalori, si ha

λk > 0 ( < 0 ) ∀k ;

• g è semidefinita positiva (negativa) se e solo se

λk ≥ 0 ( ≤ 0 ) ∀k.

Il prodotto scalare in Rn

f (x, y) = 〈x, y〉

è il più semplice esempio di funzione bilineare; la forma quadratica

g(x) = f (x, x) = 〈x, x〉 = ‖x‖

si riduce alla norma euclidea in Rn La matrice di rappresentazionedella forma bilineare associata al prodotto scalare è la matrice identica.

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analisi matematica 2 49

5.4 Topologia di Rn

Definizione 5.8 Chiamiamo successione in Rn una applicazione

x : N −→ Rn

che ad ogni k ∈ N associa xk ∈ Rn .Come nel caso reale chiamiamo estratta della successione xk una suc-

cessione xkhdove kh è una successione a valori nei naturali strettamente

crescente.Diciamo che lim xk = x se lim ‖xk − x‖ = 0.

Chiaramente la definizione data è funzione della norma scelta madà luogo agli stessi risultati qualora si considerino norme equivalenti.

Osserviamo che, dal momento che in Rn tutte le norme sono equi-valenti, in effetti la definizione di convergenza di una successione nondipende dalla norma scelta. (Si veda la definizione 24.4)

Si può provare facilmente che

Teorema 5.6 Sia xk una successione in Rn

• se xk è convergente allora ogni sua estratta è ancora convergente allo stessolimite;

• se xk è convergente allora ‖xk‖ è limitata.

E’ anche immediato provare che

Teorema 5.7 Sia xk una successione in Rn tale che ‖xk‖ ≤ M , allora esisteuna successione xkh

, estratta da xk , convergente.

Dimostrazione. Si ha |(xk)i| ≤ ‖xk‖ ≤ M, ∀i, e pertanto esiste unaestratta xk1 tale che (xk1)1 → x1; con una successiva estrazione si ha(xk2)2 → x2 e iterando il procedimento si può concludere osservandoche ‖xkn − x‖1 →0. 2

Teorema 5.8 - criterio di convergenza di Cauchy - Sia xk una successione inRn, allora xk è convergente se e solo se

∀ε > 0 ∃kε ∈ N : h, k > kε ⇒ ‖xh − xk‖ < ε.

Dimostrazione. La necessità è ovvia conseguenza della disugua-glianza triangolare della norma; per quel che riguarda la sufficienzabasta osservare che, se vale la condizione di Cauchy, xk è una suc-cessione limitata e pertanto esiste una estratta xkh

→ x. Ora per k, hsufficientemente grandi

‖xk − x‖ ≤ ‖xk − xkh‖+ ‖xkh

− x‖ < ε.

2

Diamo ora alcune definizioni che useremo sistematicamente nellostudio delle funzioni di più variabili.

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50 o.caligaris - p.oliva

Definizione 5.9 Sia x0 ∈ Rn, r > 0 , chiamiamo sfera aperta di centro x0 eraggio r, l’insieme

S(x0, r) = x ∈ Rn : ‖x− x0‖ < r.

Sia A ⊂ Rn, x0 ∈ A si dice interno ad A se esiste r > 0 tale cheS(x0, r) ⊂ A ; l’insieme dei punti di A che sono interni si indica con intA ecostituisce l’interno di A.

A ⊂ Rn si dice aperto se tutti i suoi punti sono interni, cioè se A = int A.

A ⊂ Rn si dice chiuso se il suo complementare è aperto.Diciamo che x0 è punto di frontiera per A ⊂ Rn se

∀δ > 0 S(x0, δ) ∩ A 6= ∅ e S(x0, δ) ∩ Ac 6= ∅.

Indicheremo con ∂A l’insieme dei punti di frontiera di A .Definiamo chiusura di A l’insieme

cl A = x ∈ Rn : ∃xk ∈ A, xk → x.

Valgono i seguenti fatti:

Se A ⊂ Rn allora cl A = ∂A ∪ A

Infatti è intanto ovvio che A ⊂ cl A, mentre se x ∈ ∂A si ha che∀ε > 0 ∃xε ∈ S(x, ε), xε ∈ A, e perciò si può trovare xn ∈ A tale che‖xn − x‖ < 1/n da cui x ∈ cl A .

Sia viceversa x ∈ clA , x 6∈ A ; allora esiste una successione xn ∈ A, xn → x e quindi ∀ε > 0 x ∈ S(x, ε) ed xn ∈ S(x, ε) se n è scelto inmaniera opportuna.

Ma x 6∈ A mentre xn ∈ A per cui x ∈ ∂A.

Sia A ⊂ Rn , f : cl A −→ R continua , allora

inf f (x) : x ∈ A = inf f (x) : x ∈ cl A

Sia infattiλ = inf f (x) : x ∈ A

si haf (x) ≥ λ ∀x ∈ A

∀ε > 0 ∃xε ∈ A tale che f (xε) ≤ λ + ε.

Per la continuità di f si ha anche che

f (x) ≥ λ ∀x ∈ cl A

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analisi matematica 2 51

e pertanto

λ = inf f (x) : x ∈ cl A.

Sia A ⊂ Rn allora ∂A = cl A ∩ cl Ac

Sia x ∈ ∂A , ∀ε > 0 ∃x′ε, x”ε ∈ S(x, ε) , x′ε ∈ A, x”ε ∈ Ac e pertanto sipossono trovare x′n ∈ A, x”n ∈ Ac, x′n, x”n → x.

Sia viceversa x ∈ cl A ∩ cl Ac , allora

x = lim x′n = lim x”n , x′n ∈ A , x”n ∈ Ac

e ∀ε > 0 ∃n1, n2 tali che x′n1, x”n2 ∈ S(x, ε) e x ∈ ∂A.

Teorema 5.9 Sia A ⊂ Rn, allora A è aperto se e solo se ∀x ∈ A, ∀xk,xk → x, si ha xk ∈ A definitivamente; A è chiuso se e solo se ∀xk ∈ A,xk → x, si ha x ∈ A .

Dimostrazione. Sia A aperto e sia r > 0 tale che S(x, r) ⊂ A ; alloradefinitivamente ‖xk − x‖ < r e xk ∈ S(x, r) ⊂ A.

Supponiamo viceversa che A non sia aperto, allora esiste x ∈ A taleche ∀r > 0 ∃xr ∈ S(x, r) \ A; pertanto si può trovare una successionexk ∈ S(x, 1/k) \ A e si ha xk → x e ciò è assurdo.

Sia A chiuso e sia xk ∈ A, xk → x; se x ∈ Ac che è aperto, alloraxk ∈ Ac definitivamente e ciò non è possibile.

Supponiamo che A non sia chiuso, allora Ac non è aperto ed esistex ∈ Ac, xk → x, con xk 6∈ Ac . Pertanto esiste una successione xk → x,xk ∈ A e x 6∈ A , assurdo. 2

Osserviamo che cl A è un insieme chiuso; infatti, se xk ∈ cl A,xk → x, per ogni k esiste xh

k ∈ A, xhk → xk ed è possibile trovare

una successione h(k) tale che xh(k)k → x .

Ne segue che

A = cl A ⇔ A è chiuso.

Definizione 5.10 Un insieme A ⊂ Rn si dice

• limitato, se esiste r > 0 tale che A ⊂ S(0, r);

• convesso, se ∀x, y ∈ A, ∀λ ∈ [0, 1], λx + (1− λ)y ∈ A;

• compatto, se ∀xk ∈ A, esiste un’estratta xkh→ x ∈ A;

• connesso, se non esistono due insiemi aperti, A1,A2 tali che A1 ∩ A 6= ∅, A2 ∩ A 6= ∅ , A ∩ (A1 ∩ A2) = ∅ , A ⊂ A1 ∪ A2.

Teorema 5.10 Sia A ⊂ Rn, A è compatto se e solo se A è chiuso e limitato.

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52 o.caligaris - p.oliva

Dimostrazione. Se A è chiuso e limitato, presa una successione xk ∈A si ha che xk è limitata e per il teorema 24.20 esiste xkh

→ x; x ∈ Aperché A è chiuso.

Sia viceversa A compatto, allora è chiuso ed inoltre è limitato, inquanto se così non fosse, esisterebbe una successione xk ∈ A, con‖xk‖ → +∞, e dal momento che A è compatto esiste xkh

→ x ; pertanto‖xkh‖ è limitata e contemporaneamente ‖xkh

‖ → +∞ , assurdo. 2

Lemma 5.3 In R gli insiemi connessi sono tutti e soli gli intervalli.

Dimostrazione. Supponiamo che I sia un intervallo non connesso,allora esistono I1, I2 ⊂ R aperti tali che I1 ∩ I 6= ∅ , I2 ∩ I 6= ∅ ,I ∩ I1 ∩ I2 = ∅ e I ⊂ I1 ∪ I2.

Se definiamo f : I −→ R tale che f (x) = 1 se x ∈ I ∩ I1 ed f (x) =−1 se x ∈ I ∩ I2, è immediato provare che f è continua e poiché f nonsi annulla mai, I non può essere un intervallo (teor. 7.8).

Supponiamo viceversa che I sia connesso, se I non fosse un inter-vallo esisterebbero due punti x, y ∈ I ed esisterebbe z ∈ (x, y) e z 6∈ I eciò non è possibile in quanto si potrebbe allora scegliere I1 = (−∞, z)e I2 = (z,+∞) ed I non sarebbe connesso. 2

Gli insiemi connessi ed aperti di Rn possono essere caratterizzatifacendo uso della nozione di connessione per spezzate poligonali, chediamo qui di seguito.

Teorema 5.11 Sia A ⊂ Rn, A aperto, allora A è connesso se e solo se vale laseguente condizione∀x, y ∈ A esiste una funzione continua, lineare a tratti (il cui grafico è

costituito da segmenti paralleli agli assi) φ : [a, b] −→ A tale che φ(a) = x eφ(b) = y.

Dimostrazione. La condizione è equivalente, per ogni x0 ∈ A alla∀y ∈ A ∃φ : [a, b] −→ A lineare a tratti tale che φ(a) = x0 e φ(b) = y

.Cominciamo a vedere che se A è connesso allora quest’ultima vale.

DefiniamoA1 = y ∈ A : (24.3) è soddisfatta

A2 = A \ A1.

Si ha A1 6= ∅ (x0 ∈ A1), A1 ∩ A2 = ∅ ed inoltre A1 ed A2 sonoaperti. Infatti A1 è aperto in quanto preso y ∈ A1, si ha y ∈ A ed esister > 0 tale che S(y, r) ⊂ A. Dal momento che ogni punto di S(y,r) puòessere congiunto con y mediante n segmenti paralleli agli assi e dalmomento che y ∈ A1 si ha S(y, r) ⊂ A1 ed A1 è aperto.

A2 d’altro canto è aperto in quanto, se y ∈ A2, y 6∈ A1 e se r > 0 ètale che S(y, r) ⊂ A si ha S(y, r) ⊂ A2 (se cos ì non fosse si potrebbecollegare y con x0 ).

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analisi matematica 2 53

Ne concludiamo, dal momento che A è connesso, che A1 = A e lacondizione richiesta.

Se viceversa la condizione è vera e A non è connesso, esistono A1

ed A2 aperti, non vuoti, disgiunti, la cui unione è A, e se x1 ∈ A1 ,x2 ∈ A2 e φ : [a, b] −→ A è lineare a tratti con φ(a) = x1 , φ(b) = x2 ,si può definire

Ti = t ∈ [a, b] : φ(t) ∈ Ai , i = 1, 2;

Ti è aperto, T1 ∩ T2 = ∅ , T1 ∪ T2 = [a, b] e pertanto l’intervallo [a,b]non sarebbe connesso. 2

Teorema 5.12 Sia A ⊂ Rn , A convesso, allora A è connesso.

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6. Le Funzioni Di PiÙ Variabili.

Questo capitolo è dedicato allo studio delle proprietà di continuità edifferenziabilità delle funzioni

f : Rn → Rm

con n, m ≥ 1,

Definizione 6.1 È data una funzione

f : Rn −→ Rm

se sono assegnati

• un insieme A ⊂ Rn

• una corrispondenza

x ∈ A 7→ f (x) ∈ Rm

che ad ogni x ∈ A associa uno ed un solo vettore f (x) ∈ Rm.

Si dice che A è il dominio di f e si scrive D( f ) = A e, nel caso chetale dominio non sia esplicitamente indicato, si suppone la corrispon-denza f definita per tutti gli x ∈ Rn per cui è possibile consideraref (x).

Si definisce rango di f

R( f ) = y ∈ Rm : ∃x ∈ A, y = f (x)

e grafico di f .

G( f ) = (x, y) ∈ Rn ×Rm : y = f (x)

Restrizione e composizione di funzioni sono definite come nel ca-so reale e parimenti simile è la definizione di iniettività, surgettività,bigettività.

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56 o.caligaris - p.oliva

6.1 Limiti

Lo studio dei limiti di una funzione di più può essere condotto sem-plicemente ripercorrendo i risultati ottenuti nel caso di una funzionereale di una variabile reale, avendo cura di puntualizzare solo qualcheparticolare sui valori infiniti.

Quando n = 1, si estende R mediante due punti all’infinitoche vengono denominati +∞ e −∞, in quanto è ben chiaro chedue punti di R possono sempre essere confrontati nella relazioned’ordine (R è totalmente ordinato). Se n > 1 cade la possibilitàdi ordinare totalmente Rn e pertanto si preferisce estendere Rn,n > 1, con un solo punto all’infinito che viene denominato sem-plicemente ∞. Ricordiamo che, anche se meno utile, questa possibilitàesiste anche in R

Definizione 6.2 Se n = 1 e x0 ∈ R∪ ±∞, definiamo, per ρ > 0

I(x0, ρ) =

(ρ,+∞) se x = +∞

(x0 − ρ, x0 + ρ) se x ∈ R

(−∞,−ρ) se x = −∞

Definiamo inoltre I0(x0, ρ) = I(x0, ρ) \ x0.Se n > 1, x0 ∈ Rn ∪ ∞, definiamo per ρ > 0

I(x0, ρ) =

x0 ∈ Rn : ‖x0‖ < ρ = S(x0, ρ) x0 ∈ Rn

x0 ∈ Rn : ‖x0‖ > ρ x0 = ∞

anche qui poniamo I0(x0, ρ) = I(x0, ρ) \ x0

Definizione 6.3 Sia A ⊂ Rn, si dice che x0 ∈ Rn ∪ ∞ è un punto diaccumulazione per A se ∀r > 0 I0(x0, r) ∩ A 6= ∅.

Indichiamo con D(A) l’insieme dei punti di accumulazione di A.

Sia A ⊂ Rn, x0 ∈ Rn ∪ ∞; x0 ∈ D(A) se e solo se ∃xk ∈ A,xk 6= x0, xk → x0.

Definizione 6.4 Sia f : A→ Rn, A ⊂ Rn e sia x0 ∈ D(A); diciamo che

limx→x0

f (x) = `

se

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analisi matematica 2 57

∀ε > 0 ∃δ(ε) > 0 tale che se x ∈ I0(x0, δ(ε))∩A si ha f (x) ∈ I(`, ε)

Si può facilmente provare che:

• ogni funzione che ammette limite finito è localmente limitata;

• il limite di una funzione, se esiste, è unico;

• se m = 1 vale il teorema della permanenza del segno;

• il limite di una somma è uguale alla somma dei limiti, ovequesti esistono finiti;

• il limite del prodotto di una funzione a valori reali per unafunzione a valori vettoriali è uguale al prodotto dei limiti, ovequesti esistono finiti;

• se m = 1 il limite del reciproco di una funzione è uguale alreciproco del limite della funzione stessa, ammesso che non sianullo.

• se m = 1 valgono i risultati sul confronto dei limiti del tipoconsiderato per le funzioni reali di una variabile;

• il limite di una funzione può essere caratterizzato persuccessioni come per le funzioni di una variabile.

Ricordiamo anche l’enunciato che permette di calcolare il limite diuna funzione composta

Sia f : A −→ Rm, A ⊂ Rn, x0 ∈ D(A) e sia g : B −→ A,B ⊂ Rp, y0 ∈ D(B), g(B) ⊂ A; supponiamo che

limx→x0

f (x) = e limy→y0

g(y) = x0

Allora, se una delle due seguenti condizioni è verificata

• x0 6∈ dom f

• f (x0) = `

si halim

y→y0f (g(y)) = `.

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58 o.caligaris - p.oliva

6.2 Continuità

Definizione 6.5 Sia f : A −→ Rm, x0 ∈ A ⊂ Rn, diciamo che f è unafunzione continua in x0 se ∀ε > 0 ∃δ(ε) > 0 tale che

se x ∈ A, ‖x− x0‖ < δ(ε) si ha ‖ f (x)− f (x0)‖ < ε.Nel caso in cui x0 ∈ A∩D(A), la condizione sopra espressa è equivalente

allalim

x→x0f (x) = f (x0)

f si dice continua in A se è continua in ogni punto di A.

Come nel caso delle funzioni reali di una variabile reale si provache:

• la somma di funzioni continue è continua;

• il prodotto di una funzione a valori vettoriali per una funzionea valori scalari, entrambe continue, è continua;

• se m = 1, il reciproco di una funzione continua è continuo doveha senso definirlo;

• vale la caratterizzazione della continuità per successioni data,nel caso reale;

• la composta di funzioni continue è una funzione continua.

• se limx→x0 f (x) = λ e limx→x0 g(x) = µ, con λ, µ ∈ Rm si ha

limx→x0

〈 f (x), g(x)〉 = 〈λ, µ〉

• In particolare la funzione 〈·, ·〉 : Rm ×Rm → R è continua

Valgono per le funzioni continue i soliti teoremi

Teorema 6.1 -degli zeri - Sia f : A −→ R, A ⊂ Rn, A aperto e connessoe supponiamo che f sia una funzione continua; allora se esistono x1, x2 ∈ Atali che f (x1) f (x2) < 0 esiste anche x0 ∈ A tale che f (x0) = 0.

Figura 6.1: Il teorema degli zeri

Dimostrazione. Poichè A è connesso è possibile congiungere x1

ed x2 con una linea spezzata costituita di segmenti paralleli agli assicoordinati.

Siano xj gli estremi di ciascuno dei segmenti, nel caso in cui f (xj) =

0 per qualche j, il teorema è dimostrato, in caso contrario esisterannoxk , xk+1 tali che f (xk) f (xk+1) < 0.

Allora la funzione [0, 1] 3 t 7→ ϕ(t) = f (xk + t(xk+1 − xk) ∈ R ècontinua e si può applicare a ϕ il teorema degli zeri. 2

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analisi matematica 2 59

Teorema 6.2 - Weierstraß- Sia f : A −→ R una funzione continua esupponiamo che A sia un insieme compatto; allora esistono x1, x2 ∈ A taliche

f (x1) = min f (x) : x ∈ Af (x2) = max f (x) : x ∈ A

Dimostrazione. Sia, ad esempio λ = inf f (x) : x ∈ A; allora esisteuna successione xk ∈ A tale che f (xk) → λ e, dal momento che A ècompatto, è possibile trovare una successione xkh

→ x1 ∈ A. Si hapertanto f (xkh

) → λ e, per la continuità di f , f (xkh) → f (x1). Ne

segue che λ = f (x1) e la tesi. 2

Teorema 6.3 - Weiertsraß generalizzato - Sia f : Rn −→ R una funzio-ne continua e supponiamo che esista x ∈ Rn tale che

limx→∞

f (x) > f (x)

allora esiste x1 ∈ Rn tale che

f (x1) = min f (x) : x ∈ Rn

Dimostrazione. Sia

λ = inf f (x) : x ∈ Rn

si ha f (x) ≥ λ.Sia poi δ > 0 tale che se ‖x‖ > δ si abbia f (x) ≤ f (x) + ε, con ε > 0.Sia ancora xk ∈ Rn tale che f (xk)→ λ.Allora, per k abbastanza grande, si ha f (xk) < f (x) + ε e quindi

‖xk‖ ≤ δ.Si può pertanto estrarre da xk una successione xkh

tale che xkh→ x1

e si può concludere utilizzando le stesse argomentazioni del teoremaprecedente. 2

Definizione 6.6 Sia f : A −→ Rm, A ⊂ Rn; f si dice uniformementecontinua in A se∀ε > 0 ∃δ(ε) > 0 tale che se x, y ∈ A e ‖x− y‖ < δ(ε), si ha

‖ f (x)− f (y)‖ < ε.

Teorema 6.4 - Heine-Cantor - Sia f : A −→ Rm, A ⊂ Rn ; se f è unafunzione continua su A ed A è un insieme compatto allora f è uniformementecontinua su A.

Dimostrazione. Se f non fosse uniformemente continua in A ∃ε0 > 0ed ∃xk , yk ∈ A tali che ‖xk − yk‖ < 1/k e ‖ f (xk)− f (yk)‖ > ε0.

Dal momento che A è compatto, ∃xkhestratta da xk, xkh

→ x ∈ A esi ha

‖ykh− x‖ ≤ ‖ykh

− xkh‖+ ‖xkh

− x‖ → 0

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60 o.caligaris - p.oliva

per cui ykh→ x.

Ne viene che ‖ f (xkh)− f (ykh

)‖ → 0 e ciò è assurdo. 2

Corollario 6.1 Sia f : Rn → Rm, lineare; allora

• f è uniformemente continua su Rn;

• f trasforma insiemi limitati di Rn in insiemi limitati di Rm.

6.3 Differenziabilità e Derivabilità

Definizione 6.7 - Sia f : A −→ Rm, A ⊂ Rn, A aperto, x0 ∈ A; diciamoche f è differenziabile in x0 se esiste una applicazione lineare

L : Rn −→ Rm

tale che

limh→0

‖ f (x0 + h)− f (x0)− L(h)‖‖h‖ = 0

L’applicazione lineare L si chiama differenziale di f in x0 e si indicasolitamente con d f (x0).

La matrice che la rappresenta si chiama matrice jacobiana di f in x0 e verràindicata con ∇ f (x0). Si ha perciò

L(h) = d f (x0)(h) = ∇ f (x0)h

Quando m = 1, ∇ f (x0) si riduce ad un vettore di Rn e si indicacol nome di gradiente di f in x0; faremo uso del nome gradienteanche se m > 1.

Osserviamo infine che ∇ f : A −→ Rm×n =Mm×n

Sia f : A −→ Rm, posto

ω(h) =‖ f (x0 + h)− f (x0)− d f (x0)(h)‖

‖h‖per la definizione di differenziabilità si ha

limh→0

ω(h) = 0

per cui

f (x0 + h)− f (x0)− d f (x0)(h) = ‖h‖ω(h)

Se viceversa vale l’uguaglianza precedente si può verificare che f èdifferenziabile.

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analisi matematica 2 61

Naturalmente

‖ f (x0 + h)− f (x0)‖ ≤ [ω(h) + ‖d f (x0)‖] ‖h‖

e si halimh→0

f (x0 + h) = f (x0)

per cui

Ogni funzione differenziabile è continua.

Definizione 6.8 Sia f : A −→ R, A ⊂ Rn, A aperto, x0 ∈ A; diciamo chef è parzialmente derivabile in x0 rispetto alla variabile xi se

limt→0

f (x0 + tei)− f (x0)

t

esiste finito.In tal caso denotiamo il valore di tale limite con il simbolo

∂ f∂xi

(x0) oppure con fxi (x0)

e lo chiamiamo derivata parziale di f rispetto ad xi calcolata in x0.(Osserviamo che tei = (0, 0, .., t, .., 0, 0) ).Se y ∈ Rn, diciamo che f è derivabile in x0 rispetto al vettore y se

limt→0+

f (x0 + ty)− f (x0)

t

esiste finito.In tal caso denotiamo il valore di tale limite con f ′(x0, y).E’ facile vedere che f è derivabile rispetto alla i-esima variabile se e solo se

f ′(x0, ei) ed f ′(x0,−ei) esistono e

f ′(xo , ei) = − f ′(x0,−ei)

In tal caso si ha

f ′(x0, ei) = − f ′(x0,−ei) = fxi (x0).

Teorema 6.5 Sia f : A −→ R, x0 ∈ A ⊂ Rn, A aperto e supponiamo chef sia differenziabile in x0; allora f è derivabile in x0 lungo ogni direzione e siha

f ′(x0, y) = d f (x0)(y) = 〈∇ f (x0), y〉Se ne deduce in particolare, scegliendo y = ei ed y = −ei che f è derivabile

in x0 rispetto ad xi e che

(∇ f (x0))i = fxi (x0).

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62 o.caligaris - p.oliva

Dimostrazione. Dal momento che f è differenziabile,

| f (x0 + h)− f (x0)− 〈∇ f (x0), h〉|‖h‖ = ω(h)

con limh→0 ω(h) = 0.Per h = ty con t > 0 si ha

| f (x0 + ty)− f (x0)− 〈∇ f (x0), ty〉| = t‖y‖ω(ty)

e ∣∣∣∣f (x0 + ty)− f (x0)

t− 〈∇ f (x0), y〉

∣∣∣∣ = ‖y‖ω(ty)

Quindif ′(x0, y) = 〈∇ f (x0), y〉 = d f (x0)(y).

Osserviamo che, se f è differenziabile in x0, allora si ha

f ′(x0, y) = − f ′(x0,−y)

e pertanto

limt→0+

f (x0 + ty)− f (x0)

t= lim

t→0−

f (x0 + ty)− f (x0)

t

2

Teorema 6.6 Sia f : A −→ Rm, x0 ∈ A ⊂ Rn, A aperto e sia f =

( f1, f2, ....., fm) con f j : A −→ R, j = 1, 2, ..., m.Allora f è differenziabile in x0 se e solo se f j è differenziabile in x0 per ogni

j = 1, 2, ..., m.Inoltre si ha

∇ f (x0) =

∇ f1(x0) ∇ f2(x0)

···

∇ fm(x0)

Dimostrazione. Sia f differenziabile in x0 ed indichiamo con

D1, D2, ..., Dm

le righe della matrice∇ f (x0), ovviamente risulterà Dj ∈ Rn ed avremoinoltre

∇ f (x0)h = (〈D1, h〉, 〈D2, h〉, ..., 〈Dm, h〉)Si avrà allora

limh→0

| f j(x0 + h)− f j(x0)− 〈Dj, h〉|‖h‖ = 0

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analisi matematica 2 63

e pertanto f j è differenziabile in x0 e Dj = ∇ f j(x0).Se viceversa si ha

limh→0

| f j(x0 + h)− f j(x0)− 〈∇ f j(x0), h〉|‖h‖ = 0,

allora anche

limh→0

‖ f (x0 + h)− f (x0)− Dh‖‖h‖ = 0

non appena si definisca

D =

∇ f1(x0)

∇ f2(x0)

···

∇ fm(x0)

2

Dimostrazione.. Sia f differenziabile in x0 ed indichiamo con

D1, D2, ..., Dm

le righe della matrice∇ f (x0), ovviamente risulterà Dj ∈ Rn ed avremoinoltre

∇ f (x0)h = (〈D1, h〉, 〈D2, h〉, ..., 〈Dm, h〉)

Si avrà allora

limh→0

| f j(x0 + h)− f j(x0)− 〈Dj, h〉|‖h‖ = 0

e pertanto f j è differenziabile in x0 e Dj = ∇ f j(x0).Se viceversa si ha

limh→0

| f j(x0 + h)− f j(x0)− 〈∇ f j(x0), h〉|‖h‖ = 0,

allora anche

limh→0

‖ f (x0 + h)− f (x0)− Dh‖‖h‖ = 0

non appena si definisca

D =

∇ f1(x0)

∇ f2(x0)C···

∇ fm(x0)

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64 o.caligaris - p.oliva

Osserviamo che si è con ciò dimostrato che

∇ f (x0) =

f1x1(x0) f1x2(x0) . . . f1xn(x0)

f2x1(x0) f2x2(x0) . . . f2xn(x0)

. . . . . . . . . . . .fmx1(x0) fmx2(x0) . . . fmxn(x0)

2

Definizione 6.9 Sia f : A −→ Rp, A ⊂ Rn × Rm, A aperto, e sia(x0, y0) ∈ A (con x0 ∈ Rn, y0 ∈ Rm).

Definiamoφx(y) = f (x, y) per ogni f issato x,

eψy(x) = f (x, y) per ogni f issato y.

Chiamiamo differenziale parziale di f rispetto ad y in (x0, y0)

dy f (x0, y0) = dφx0(y0)

e differenziale parziale di f rispetto ad x in (x0, y0)

dx f (x0, y0) = dψy0(x0)

Si ha dy f (x0, y0) ∈ L(Rm, Rp), mentre dx f (x0, y0) ∈ L(Rn, Rp) ed indi-chiamo con ∇y f (x0, y0) e ∇x f (x0, y0) le matrici ad essi associate.

Osserviamo infine che, se f = ( f1, .., fp), si ha

∇y f (x0, y0) =

(f1y1(x0, y0) · · · f1ym(x0, y0)

fpy1(x0, y0) · · · fpym(x0, y0)

)

∇x f (x0, y0) =

(f1x1(x0, y0) · · · f1xn(x0, y0)

fpx1(x0, y0) · · · fpxn(x0, y0)

)

e pertanto

∇ f (x0, y0) = (∇x f (x0, y0),∇y f (x0, y0))

Osserviamo infine che ∇y f (x0, y0) può essere bigettivo solo se m =

p.

Definizione 6.10 Sia f : A −→ Rp, A ⊂ Rn × Rm, A aperto, e sia(x0, y0) ∈ A (con x0 ∈ Rn, y0 ∈ Rm).

Definiamoφx(y) = f (x, y) per ogni f issato x,

eψy(x) = f (x, y) per ogni f issato y.

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analisi matematica 2 65

Chiamiamo differenziale parziale di f rispetto ad y in (x0, y0)

dy f (x0, y0) = dφx0(y0)

e differenziale parziale di f rispetto ad x in (x0, y0)

dx f (x0, y0) = dψy0(x0)

Si ha dy f (x0, y0) ∈ L(Rm, Rp), mentre dx f (x0, y0) ∈ L(Rn, Rp) ed indi-chiamo con ∇y f (x0, y0) e ∇x f (x0, y0) le matrici ad essi associate.

Osserviamo infine che, se f = ( f1, .., fp), si ha

∇y f (x0, y0) =

(f1y1(x0, y0) · · · f1ym(x0, y0)

fpy1(x0, y0) · · · fpym(x0, y0)

)

∇x f (x0, y0) =

(f1x1(x0, y0) · · · f1xn(x0, y0)

fpx1(x0, y0) · · · fpxn(x0, y0)

)

e pertanto

∇ f (x0, y0) = (∇x f (x0, y0),∇y f (x0, y0))

Osserviamo infine che ∇y f (x0, y0) può essere bigettivo solo se m =

p.

Corollario 6.2 Sia f : A −→ Rn, A ⊂ Rn, A aperto, e supponiamo chef sia invertibile nel suo rango: supponiamo cioè che esista una funzione g :R( f ) −→ A tale che

f (g(y)) = y ∀y ∈ R( f )

g( f (x)) = x ∀x ∈ A

allora, se f e g sono differenziabili, si ha

∇ f (g(y))∇g(y) = I ∀y ∈ R( f )

∇g( f (x))∇ f (x) = I ∀x ∈ A

essendo I la matrice identica.

**********************************************************************************************************

Teorema 6.7 -Derivazione delle Funzioni Composte - Sia f : A −→Rm, A ⊂ Rn, e sia g : B −→ A, B ⊂ Rp.

Possiamo allora considerare f (g(·)) : B→ Rm.

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66 o.caligaris - p.oliva

Siano x0 ∈ A, y0 ∈ B tali che g(y0) = x0, f e g siano differenziabili inx0 ed y0, rispettivamente.

Allora f (g(·)) è differenziabile in y0 e si ha

∇ f (g(y0)) = ∇ f (x0) · ∇g(y0) = ∇ f (g(y0)) · ∇g(y0),

essendo il prodotto tra matrici inteso righe per colonne.

Dimostrazione. Si ha

f (x0 + h)− f (x0)−∇ f (x0)h = ‖h‖ω1(h) con limh→0

ω1(h) = 0

ed anche

g(y0 + k)− g(y0)−∇g(y0)k = ‖k‖ω2(k) con limk→0

ω2(k) = 0

Pertanto postoh(k) = g(y0 + k)− g(y0)

si halimk→0

h(k) = 0

e quindi

f (g(y0 + k))− f (g(y0))−∇ f (x0)∇g(y0)k‖k‖ =

=∇ f (x0)[g(y0 + k)− g(y0)−∇g(y0)k] + ‖h(k)‖ω1(h(k))

‖k‖ =

= ∇ f (x0)ω2(k) +‖h(k)‖ω1(h(k))

‖k‖ −→ 0

dal momento che

‖h(k)‖ ≤ ‖k‖(ω2(k) + cost)

2

Esplicitiamo in caso semplice il teorema di derivazione delle fun-zioni composte con lo scopo di illustrarne l’uso.

Siaf : R2 → R , g : R2 7→ R2

(x, y) 7→ f (x, y) , (t, s) 7→ (x(t, s), y(t, s))

e consideriamo la funzione

φ(t, s) = f (x(t, s), y(t, s)) = f (g(t, s))

Utilizzando il teorema possiamo affermare che

(φt(t, s), φs(t, s)) = ∇φ(t, s) = ∇ f (g(t, s)) · ∇g(t, s)

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analisi matematica 2 67

Ma

∇ f (x, y) =(

fx(x, y), fy(x, y))

, , ∇g(t, s) =

(xt(t, s) xs(t, s)yt(t, s) ys(t, s)

)

per cui

(φt(t, s), φs(t, s)) =

(fx(x, y), fy(x, y)

)(

xt(t, s) xs(t, s)yt(t, s) ys(t, s)

)=

(fx(x, y)xt + fy(x, y)yt, fx(x, y)xs + fy(x, y)ys

)

Se f : A −→ Rm, A ⊂ Rn, A aperto, è differenziabile in A e sedefiniamo

φ(t) = f (x + th)

si ha che φ è derivabile per i valori di t tali che x + th ∈ A (cioèalmeno in un intorno (−δ, δ) di 0) e si ha

φ′(t) = ∇ f (x + th)h

Nel caso in cui f assuma valori reali si ha

φ′(t) = 〈∇ f (x + th), h〉

Il teorema di Lagrange applicato alla funzione ϕ appena introdottapermette di affermare che

Se f assume valori reali ed è differenziabile in A; allora, allora

f (x + h)− f (x) = 〈∇ f (x + τh), h〉 τ ∈ (0, 1)

di conseguenza

| f (x + h)− f (x)| ≤ ‖h‖ supt∈(0,1)

‖∇ f (x + th)‖

Quando la funzione f assume valori in Rm, m > 1, il precedenterisultato può non essere vero.

Sia infatti f : R −→ R2 definita da f (t) = (cos t, sin t); si ha

(0, 0) = f (2π)− f (0) 6= 2π(−sin t, cos t) = 2π∇ f (t) ∀t ∈ (0, 2π)

Tenendo conto che se f assume valori in Rm allora f = ( f1, .., fm),con f j a valori reali, si può concludere che

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68 o.caligaris - p.oliva

Se f : A −→ Rm, A ⊂ Rn, è differenziabile in A; allora,

‖ f (x + h)− f (x)‖ ≤ ‖h‖ supt∈(0,1)

‖∇ f (x + th)‖0.

infatti poichè esiste ph ∈ Rm, di norma 1, tale che

‖ f (x + h)− f (x)‖ = 〈ph, f (x + h)− f (x)〉 == 〈ph,∇ f (x + τh)h〉 ≤≤ ‖h‖ sup

t∈(0,1)‖∇ f (x + th)‖0

(6.1)

Poichè la definizione non è di immediata verifica, è utile avere con-dizioni sufficienti che assicurino la differenziabilità di una funzione.

Se f : A −→ R, A ⊂ Rn, A aperto, ammette derivate parzialiprime continue in A (indicheremo questo dicendo che f ∈ C1); alloraf è differenziabile in A.

Infatti: se ad esempio consideriamo il caso n = 2, indichiamo con(x, y) un punto di A e supponiamo che le derivate parziali prime fx

ed fy siano continue in A; avremo

f (x + h, y + k)− f (x, y)− fx(x, y)h− fy(x, y)k(h2 + k2)

=

=f (x + h, y + k)− f (x + h, y) + f (x + h, y)√

h2 + k2−

− f (x, y)− fx(x, y)h− fy(x, y)k√h2 + k2

=

per il teorema di Lagrange applicato alle funzioni f (x + h, ·) e f (·, y)

=( fx(ξ , y)− fx(x, y))h + ( fy(x + h, η)− fy(x, y))k

(h2 + k2)

con |x− ξ| < h e |y− η| < k.Pertanto, osservando che

∣∣∣∣h

h2 + k2

∣∣∣∣ ≤ 1 e∣∣∣∣

kh2 + k2

∣∣∣∣ ≤ 1

per la continuità di fx ed fy l’ultimo membro tende a 0 quando (h, k)→(0, 0).

Possiamo affermare in maniera simile che

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analisi matematica 2 69

Teorema 6.8 Sia f : A −→ Rm, A ⊂ Rn, A aperto, e supponiamo chef j, j = 1, .., m, ammetta derivate parziali prime continue in A; allora f èdifferenziabile in A.

Dimostrazione. si ha

f (x + h)− f (x) =n

∑i=1

[ f (x +i

∑j=1

hjej)− f (x +i−1

∑j=1

hjej)] =

=n

∑i=1

fxi (x +i−1

∑j=1

hjej + ξiei)hi

con |ξi| < hi. 2

Se f : A −→ R, A ⊂ Rn, A aperto, e chiamiamo derivata parzialeseconda di f rispetto alle variabili xi ed xj, calcolata in x, e scriviamofxixj(x) la derivata rispetto a xj della Funzione fxi , calcolata in x.

Nel caso in cui n = 2 e le variabili in A si indichino con (x, y)possiamo calcolare 4 derivate parziali seconde:

fxx , fxy , fyx , fyy

Si può dimostrare che

Teorema 6.9 -Schwartz - Sia f : A −→ R, A ⊂ Rn, A aperto, esupponiamo che f sia parzialmente derivabile due volte in A e che almenouna tra fxy e fyx sia continua; allora

fxy(x, y) = fyx(x, y)

Infatti se ad esempio supponiamo che fxy sia continua, posto

ω(h, k) =f (x + h, y + k)− f (x + h, y)− f (x, y + k) + f (x, y)

hk

si hafxy(x) = lim

k→0limh→0

ω(h, k)

efyx(x) = lim

h→0limk→0

ω(h, k)

Pertanto se proviamo, che

lim(h,k)→(0,0)

ω(h, k)

esiste finito, avremo che

limh,k)→(0,0)

ω(h, k) = limk→0

limh→0

ω(h, k) = limh→0

limk→0

ω(h, k)

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70 o.caligaris - p.oliva

e l’uguaglianza delle due derivate secondeApplicando il teorema di Lagrange alla funzione

h 7→ f (x + h, y + k)− f (x + h, y)

si ha

ω(h, k) =fx(x + ξ , y + k)− fx(x + ξ, y)

k, −h < ξ < h

ed applicando ancora Lagrange alla funzione

k −→ fx(x + ξ, y + k)

si ottieneω(h, k) = fxy(x + ξ, y + η), −k < η < k

Oralim

(h,k)→(0,0)(ξ , η) = (0, 0)

e pertanto, per la continuità di fxy

lim(h,k)→(0,0)

ω(h, k) = fxy(x, y).

In generale possiamo enunciare il seguente teorema

Teorema 6.10 Sia f : A −→ Rm, A ⊂ Rn, A aperto, e supponiamo che fsia parzialmente derivabile due volte in A; allora

fxixj(x) = fxjxi (x)

per tutti gli x ∈ A ove almeno una tra fxixj e fxjxi è continua.

Le derivate parziali di ordine superiore si definiscono in manieradel tutto simile.

Le derivate parziali seconde caratterizzano il gradiente della fun-zione ∇ f infatti, se f : A −→ R, A ⊂ Rn, A aperto, è differenziabilein A, possiamo considerare la funzione

∇ f : A −→ Rn

Se ∇ f è a sua volta differenziabile (ricordiamo che basta che lederivate parziali prime di ∇ f siano continue), possiamo considerare∇(∇ f )(x) e si vede che

∇(∇ f )(x) =

∇ fx1(x)· · ·

∇ fxn(x)

=

fx1x1(x) · · · fx1xn(x)· · · · · · · · ·

fxnx1(x) · · · fxnxn(x)

La matrice ∇(∇ f )(x) si indica solitamente con H f (x) e si chiamamatrice Hessiana di f in x.

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analisi matematica 2 71

La funzione quadratica g(h) = 〈h, H f (x)h〉 viene di solito indicatacon il nome di forma quadratica hessiana di f in x.

Qualora f ammetta derivate parziali seconde continue in A ( f ∈C2(A)), per il teorema di Schwarz, la matrice H f (x) è simmetrica.

Per fissare le idee ricordiamo che nel caso di una funzione di duevariabili a valori reali

H f (x, y) = ∇(∇ f )(x, y) =

(∇ fx(x, y)∇ fy(x, y)

)=

(fxx(x, y) fxy(x, y)fyx(x, y) fyy(x, y)

)

6.4 Formula di Taylor

Consideriamo una funzione f : A −→ R, A ⊂ Rn, A aperto,x0 ∈ A, e sia h ∈ S(0, r) dove r > 0 è scelto in modo che x0 +

S(0, r) ⊂ A.Definiamo φ : (−1, 1) −→ R mediante la

ϕ(t) = f (x0 + th)

se supponiamo f ∈ Ck (cioè se è derivabile k volte in A), avremo cheϕ è derivabile k volte in (−1, 1) e si ha

ϕ′(t) = d f (x0 + th)h = 〈h,∇ f (x0 + th)〉

ϕ′′(t) =ddt

n

∑i=1

hi fxi (x0 + th) =

=n

∑i=1

hi〈∇ fxi (x0 + th), h〉 = 〈h, H f (x0 + th)h〉

Possiamo pertanto ottenere una formula di Taylor anche per funzionidi più variabili, sviluppando la funzione ϕ. Ci limitiamo al secondoordine in quanto è l’unico di cui abbiamo necessità ed in ogni caso èl’ultimo che possa essere enunciato senza eccessive difficoltà formali.

Teorema 6.11 Se f : A −→ R, A ⊂ Rn, A aperto, x ∈ A e se f ∈ C2(A),(e quindi è differenziabile due volte).

Allora per h abbastanza piccolo si ha

f (x + h) = f (x) + 〈h,∇ f (x)〉+ 〈h, H f (x + ξh)h〉/2, ξ ∈ (0, 1)

(formula di Taylor con il resto di Lagrange)

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72 o.caligaris - p.oliva

f (x + h) = f (x) + 〈h,∇ f (x)〉+ 〈h, H f (x)h〉/2 + ‖h‖2ω(h)

con limh→0 ω(h) = 0 e ω(0) = 0

(formula di Taylor con resto di Peano).

Dimostrazione.Applicando a ϕ la formula di McLaurin otteniamo

φ(1) = φ(0) + φ′(0) + φ′′(ξ)/2 0 < ξ < 1

da cui tenuto conto che

φ′(t) = 〈h,∇ f (x + th)〉

φ′′(t) = 〈h, H f (x + th)h〉

si ricava la prima affermazioneInoltre

f (x + h) = f (x) + 〈∇ f (x), h〉+ 〈h, H f (x)h〉/2 + ‖h‖2ω(h)

non appena si definisca

ω(h) =〈h, (H f (x + ξhh)− H f (x))h〉

2‖h‖2

dove limh→0 ω(h) = 0 in quanto H f è continuo e

|ω(h)| ≤ ‖H f (x + ξhh)− H f (x)‖/2, ‖ξhh‖ ≤ ‖h‖.

2

6.5 Massimi e Minimi Relativi

Definizione 6.11 Diciamo che x è un punto di minimo (massimo) relativoper f se esiste una sfera S(x, r), r > 0, tale che

f (y) ≥ f (x) ( f (y) ≤ f (x) ) ∀y ∈ S(x, r) ∩ A

Teorema 6.12 Se x è un punto di minimo (massimo) relativo per f internoal suo dominio, allora

• se f è differenziabile in x si ha ∇ f (x) = 0;

• se f ammette derivate seconde continue in x, H f (x) è semidefinita positiva(negativa).

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analisi matematica 2 73

Dimostrazione. Basta osservare che ϕ(t) = f (x + th) ammette unpunto di minimo relativo in 0 e che ∀h ∈ S(0, r)

0 = φ′(0) = 〈∇ f (x), h〉

ed anche

0 ≤ φ”(0) = 〈h, H f (x)h〉

La prima condizione assicura che ∇ f (x) = 0, mentre la seconda è,per definizione, la semidefinitezza di H f (x). 2

Se ∇ f (x) = 0 e H f (x) è una forma quadratica non definita, allora xnon è né punto di massimo relativo, né punto di minimo relativo perf ; un punto siffatto viene solitamente indicato con il nome di ’puntosella’.

Teorema 6.13 Se f ∈ C2(A),

• ∇ f (x) = 0

• H f (x) è definita positiva (negativa)

allora x è punto di minimo (massimo) relativo per f .

Dimostrazione. Si ha

f (x + h)− f (x) = 〈h, H f (x)h〉/2 + ‖h‖2ω(h)

con limh→0 ω(h) = 0 = ω(0).Se ne deduce che

f (x + h)− f (x)‖h‖2 =

12

⟨h‖h‖ , H f (x)

h‖h‖

⟩+ ω(h) ≥

≥ min

12〈u, H f (x)u〉 : ‖u‖ = 1

+ ω(h) =

M2

+ ω(h)

dove

M = min〈u, H f (x)u〉 : ‖u‖ = 1 = 〈u0, H f (x)u0〉 > 0

in quanto ‖u0‖ = 1(Il minimo esiste per il teorema di Weierstraßed M > 0 perché Hf(x)

è definita positiva e u0 6= 0.)Pertanto, per il teorema della permanenza del segno, si può sceglie-

re ρ > 0 in modo che, se h ∈ S(0, ρ), si abbia

f (x + h)− f (x)‖h‖2 > 0

e la tesi. 2

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74 o.caligaris - p.oliva

6.6 Convessità

Definizione 6.12 Sia f : A −→ R, A ⊂ Rn convesso; diciamo che f èconvessa se

f (λx + (1− λ)y) ≤ λ f (x) + (1− λ) f (y) ∀x, y ∈ A, ∀λ ∈ (0, 1)

Inoltre f si dice strettamente convessa se vale la disuguaglianza stretta.

possiamo dimostrare che

• Se f è convessa su un aperto A, f ′(x, y) esiste ∀x ∈ A, ∀y ∈ Rn.

• se f ∈ C2(A), allora sono fatti equivalenti:

– f è convessa

f (y) ≥ f (x) + 〈∇ f (x), y− x〉 ∀x, y ∈ A

– H f (x) è semidefinita positiva.

• le seguenti condizioni sono ciascuna sufficiente per lasuccessiva:

– H f (x) è definita positiva ∀x ∈ A;

– f (y) > f (x) + 〈∇ f (x), y− x〉 ∀x, y ∈ A, y 6= x ;

– f è strettamente convessa.

6.7 Convessità

Osservazione. Si può provare, come per le funzioni di una variabile,che f è convessa in A se e solo se

f (k

∑i=1

λixi) ≤k

∑i=1

λi f (xi)

∀xi ∈ A, λi ∈ (0, 1), ∑ki=1 λi = 1 2

Teorema 6.14 Sia f : A −→ R, A ⊂ Rn convesso, allora L−α è un insiemeconvesso per ogni α ∈ R.

Dimostrazione. Se f (x) ≤ α e f (y) ≤ α, allora

f (λx + (1− λ)y) ≤ λ f (x) + (1− λ) f (y) ≤ α.

2

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analisi matematica 2 75

Osserviamo che la convessità di L−α non è sufficiente per la conves-sità di f , come f (x) = lnx dimostra.

Osserviamo anche che, posto

v1, v2, .., v2n = e1, .., en,−e1, ..,−ensi ha

B(x, r) = y ∈ Rn : ‖y− x‖1 ≤ r =

= y ∈ Rn : y =2n

∑i=1

λi(x + rvi),2n

∑i=1

λi = 1, λi ≥ 0

Sia infatti ‖y− x‖1 ≤ r, allora

y− x =n

∑i=1

(y− x)iei

e

y = x +n

∑i=1|(y− x)i|sgn[(y− x)i]ei =

2n

∑i=1

λi(x + rvi)

Qualora a = ∑2ni=1 λi < 1 è sufficiente sommare be1 + b(−e1) essen-

do b = (1− a)/2.Viceversa ‖∑2n

i=1 λirvi‖ ≤ ∑2ni=1 rλi = r.

Teorema 6.15 Sia f : A −→ R, A ⊂ Rn convesso e aperto, e sia fconvessa; allora

f è continua in Af ′(x, y) esiste ∀x ∈ A, ∀y ∈ Rn.

Dimostrazione. Sia x ∈ A e proviamo che f è continua in x.Dal momento che A è aperto, A ⊃ B(x, r) con r > 0, e se y ∈

B(x, r), y = x + th, ‖h‖1 = r, t ∈ (0, 1]

f (y) = f (2n

∑i=1

λi(x + rvi)) ≤2n

∑i=1

λi f (x + rvi) = m

Per il lemma 13.3 si ha

f (x)−m ≤ f (x)− f (x− h) ≤ f (x + th)− f (x)t

≤ f (x+ h)− f (x) ≤ m− f (x)

e| f (x + th)− f (x)| ≤ t|m− f (x)|

Pertanto

| f (y)− f (x)| ≤ ‖y− x‖1

r|m− f (x)|

Ne segue la continuità di f in x.

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76 o.caligaris - p.oliva

Per quanto riguarda il secondo punto è sufficiente osservare che, set ∈ (−1, 1), si può definire ∀y ∈ Rn

φ(t) = f (x + ty)

e si può applicare il teorema 13.4 a φ. 2

Teorema 6.16 Sia f : A −→ R, A ⊂ Rn convesso, aperto; supponiamoinoltre f ∈ C2(A), allora f è convessa se e solo se

f (y) ≥ f (x) + 〈∇ f (x), y− x〉 ∀x, y ∈ A

se e solo se H f (x) è semidefinita positiva.

Dimostrazione. f è convessa se e solo se φvz : [0, 1] −→ R definita da

φvz(t) = f (v + t(z− v))

è convessa ∀z, v ∈ A, e questo, per il teorema 13.10, è vero se e solo se

φvz(t) ≥ φvz(s) + φ′vz(s)(t− s) ∀t, s ∈ [0, 1], ∀z, v ∈ A

cioè se e solo se

f (v + t(z− v)) ≥ f (v + s(z− v)) + 〈∇ f (v + s(z− v)), z− v〉(t− s)

∀t, s ∈ [0, 1], ∀z, v ∈ A

se e solo se

f (y) ≥ f (x) + 〈∇ f (x), y− x〉 ∀x, y ∈ A

Inoltre φvz è convessa se e solo se φ”vz(t) ≥ 0 ∀t ∈ (0, 1), corollario13.9, e pertanto se e solo se

〈h, H f (x)h〉 ≥ 0 ∀h ∈ Rn, ∀x ∈ A.

2

Teorema 6.17 Sia f : A −→ R, A ⊂ Rn aperto e convesso, f ∈ C2(A);allora le seguenti condizioni sono ciascuna sufficiente per la successiva:

• H f (x) è definita positiva ∀x ∈ A;

• f (y) > f (x) + 〈∇ f (x), y− x〉 ∀x, y ∈ A, y 6= x ;

• f è strettamente convessa.

Dimostrazione. 1)⇒ 2). Si ha

f (y)− f (x)−〈∇ f (x), y− x〉 = 〈y− x, H f (ξ)(y− x)〉 > 0, ξ ∈ A, x 6= y

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analisi matematica 2 77

2)⇒ 3). Si ha

f (y) > f (λx + (1− λ)y) + 〈∇ f (λx + (1− λ)y), λ(y− x)〉

f (x) > f (λx + (1− λ)y) + 〈∇ f (λx + (1− λ)y),−(1− λ)(y− x)〉

moltiplicando la prima per (1− λ), la seconda per λ e sommando, siha

λ f (x) + (1− λ) f (y) > f (λx + (1− λ)y).

2

Teorema 6.18 Sia f : Rn −→ R, strettamente convessa e supponiamo chef (x)→ +∞ se x→ ∞ ; allora esiste uno ed un solo punto x ∈ Rn tale che

f (x) = min f (y) : y ∈ Rn.

Dimostrazione. L’esistenza di x discende dai teoremi 25.39 e 25.13;se esistesse z con le stesse caratteristiche di x, si avrebbe

f (x) = λ f (x) + (1− λ) f (z) > f (λx + (1− λ)z) ∀λ ∈ (0, 1)

e ciò è assurdo. 2

Corollario 6.3 Sia f : Rn −→ R, f ∈ C2(Rn), e supponiamo che

〈h, H f (x)h〉 ≥ m‖h‖2 ∀h ∈ Rn, m > 0

Allora f è strettamente convessa e limx→∞ f (x) = +∞.

Dimostrazione. H f è evidentemente definita positiva ed inoltre

f (x) = f (0) + 〈∇ f (0), x〉+ 〈x, H f (ξ)x〉/2 ≥

≥ f (0)− ‖∇ f (0)‖‖x‖+ m‖x‖2/2.

2

Teorema 6.19 Sia f : Rn −→ R, f ∈ C2(Rn) e supponiamo che esistanom, M > 0 tali che

m‖h‖2 ≤ 〈h, H f (x)h〉 ≤ M‖h‖2 ∀h, x ∈ Rn

Allora f ammette un unico punto x di minimo assoluto e, definita la succes-sione xk mediante le

x0 ∈ Rn, xk+1 = xk − α∇ f (xk), 0 < α <2M

,

si ha‖xk − x‖ ≤ ck‖x0 − x‖

ovec = max|1− αm|, |1− αM| < 1.

Ne segue che xk → x.

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78 o.caligaris - p.oliva

Dimostrazione. L’esistenza e l’unicità di x seguono dal corollario25.43, e si ha ∇ f (x) = 0; pertanto

‖xk+1 − x‖2 = 〈xk+1 − x, xk+1 − x〉 == 〈xk − x− α(∇ f (xk)−∇ f (x)), xk+1 − x〉 =

= 〈(I − αH f (ξ))(xk − x), xk+1 − x〉

con ξ opportuno, non appena si applichi il teorema di Lagrange allafunzione

g(s) = 〈s− α∇ f (s), xk+1 − x〉e si ricordi che

∇g(s)(xk − x) = 〈(I − αH f (s))(xk − x), xk+1 − x〉

Quindi

‖xk+1 − x‖2 ≤ ‖(I − αH f (ξ))(xk − x)‖‖xk+1 − x‖

e

‖xk+1 − x‖ ≤ ‖(I − αH f (ξ))(xk − x)‖ ≤ ‖I − αH f (ξ)‖0‖xk − x‖

Dalle condizioni imposte su H f si ottiene allora che

(1− αM) ≤ 〈(I − αH f (ξ))h‖h‖ ,

h‖h‖ 〉 ≤ (1− αm)

Ne viene‖I − αH f (ξ)‖0 ≤ c

e‖xk+1 − x‖ ≤ c‖xk − x‖

da cui si può concludere. 2

Osserviamo che il precedente teorema assicura che xk → x e nevaluta la velocità di convergenza che è maggiore quanto più è piccoloc.

A tale proposito si può vedere che

min0<α<2/M max|1− αm|, |1− αM| = M−mM + m

e si ottiene per α = 2/(M + m).

Teorema 6.20 Sia f : R2 −→ R, f ∈ C1(R2), strettamente convessa, esupponiamo che

lim(x,y)→∞

f (x, y) = +∞

allora, se definiamo una successione (xk , yk) mediante le

(x0, y0) ∈ R2

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analisi matematica 2 79

xk+1 tale che f (xk+1, yk) = min f (x, yk) : x ∈ R yk+1 tale che f (xk+1, yk+1) = min f (xk+1, y) : y ∈ R ,

si ha che (xk , yk) converge all’unico punto (x,y) di minimo assoluto per f .

Dimostrazione. L’esistenza di (xk+1, yk+1) segue dalla continuità dif e dal fatto che f (x, y) −→ +∞ per (x, y)→ ∞.

Si ha inoltre

(25.1) f (xk+1, yk+1) ≤ f (xk+1, yk) ≤ f (xk , yk)

efx(xk+1, yk) = fy(xk , yk) = 0

Si ha pertanto che f (xk , yk) è una successione decrescente e nesegue:

f (xk , yk) ≤ f (x0, y0)

f (xk , yk)→ λ

f (xk+1, yk)→ λ

Dal momento che f → +∞ si deduce che (xk , yk) è limitata e sipuò pertanto affermare che ogni sua estratta ha una estratta (xk′ , yk′)

soddisfacente le seguenti condizioni

xk′ → x, xk′+1 → ξ , yk′ → y.

Per la (25.1) e per la continuità di f e delle sue derivate parziali siha

f (ξ , y) = lim f (xk′+1, yk′) = lim f (xk′ , yk′) = f (x, y)

fx(ξ, y) = 0 = fy(x, y)

Pertanto, per la stretta convessità di f, ξ è l’unico punto di minimodi f (,y) e ne segue ξ = x.

Quindi ∇ f (x, y) = 0; dal momento che f è strettamente convessa,(x, y) è l’unico punto di minimo di f , e per il teorema 6.10 l’interasuccessione (xk , yk) converge ad (x, y). 2

Vogliamo ora tentare di dare una stima della velocità di convergenzadei metodi di minimizzazione numerica che abbiamo presentato.

Definizione 6.13 Sia f : A → R e sia a ⊂ Rn un aperto, sia M f ⊂ A uninsieme, definito mediante la funzione f , che si vuole raggiungere.

Diciamo che F : A→ P(A) (l’insieme delle parti di A) è una funzionedi discesa verso M f se

(1) x /∈ M f , y ∈ F(x)⇒ f (y) < f (x)

Diciamo inoltre che F è una funzione di discesa chiusa se

(2) (xk , yk)→ (ξ , η) , yk ∈ F(xk), ξ 6∈ M f ⇒ η ∈ F(ξ),

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80 o.caligaris - p.oliva

Teorema 6.21 Sia f : A → R e sia a ⊂ Rn f : A → R un aperto e siaf continua in A. sia F una funzione di discesa verso M f e consideriamo lasuccessione xk definita da

(3) x0 ∈ A xk+1 ∈ F(xk)

Supponiamo inoltre che xk ∈ K ⊂ A, ove K è un sottoinsieme compatto;allora una delle seguenti condizioni è verificata:

1. xk ∈ M f per qualche k ∈ N

2. per ogni sottosuccessione xkhof xk, xkh

→ ξ, si ha ξ ∈ M f .

Dimostrazione. Dimostriamo che se 1) è falsa allora 2) è verificata.Poichè xk ∈ K, che è compatto, possiamo supporre che

(xkh, xkh+1)→ (ξ , η)

inoltre, poichè xk 6∈ M f , f (xk) è strettamente decrescente e si ha

λ = inf f (xk) = lim f (xk)

ne deduciamo che, per la continuità di f ,

λ = lim f (xkh) = lim f (xkh+1) = f (ξ) = f (η)

Ciò dimostra che ξ ∈ M f . Infatti se non fosse così dovremmo avere,poichè xkh+1 ∈ F(xkh

) ed F è una funzione di discesa chiusa,

η ∈ F(ξ) e f (η) < f (ξ)

il che non è possibile. 2

Corollario 6.4 Sia f : A → R e sia a ⊂ Rn un aperto, sia f una funzionecontinua e supponiamo che esista L ∈ R tale che

x ∈ A : f (x) ≤ L = SL

sia un insieme limitato.Allora SL è compatto e se xk è una successione definita come in (3) da

x0 ∈ SL, si ha xk ∈ SL .Quando A = Rn e

limx→∞

f (x) = +∞

allora esiste almeno un L ∈ R tale che x ∈ A : f (x) ≤ L = SL is uninsieme limitato.

Teorema 6.22 sia f : A → R e sia a ⊂ Rn un aperto , sia f ∈ C1(A) esupponiamo che esista L ∈ R tale che x ∈ A : f (x) ≤ L = SL sia uninsieme limitato. Definiamo

M f = x ∈ A : ∇ f (x) = 0

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analisi matematica 2 81

e una funzione di discesa verso M− f F mediante la

F(x) = x + α0∇ f (x)‖∇ f (x)‖

essendo α0 scelto in modo che

f(

x + α0∇ f (x)‖∇ f (x)‖

)= min

f(

x + α∇ f (x)‖∇ f (x)‖

): α ∈ R

.

allora F è una funzione di discesa chiusa.

Dimostrazione. Osserviamo innanzi tutto che se y ∈ F(x) si ha

f (y) = f (F(x)) ≤ f (x)

Inoltre se fosse f (y) = f (x), t = 0 sarebbe argomento di minimo perf (x + t∇ f (x)/‖∇ f (x)‖) e avremmo

0 =d

dαf(

x + α∇ f (x)‖∇ f (x)‖

) ∣∣∣α=0

=

=

⟨∇ f

(x + α

∇ f (x)‖∇ f (x)‖

),∇ f (x)‖∇ f (x)‖

⟩ ∣∣∣α=0

perciò ∇ f (x) = 0 e x ∈ M f .Inoltre se (xk , yk) → (ξ , η), yk ∈ F(xk) e ξ /∈ M f si ha ∇ f (xk) →

∇ f (ξ), ∇ f (ξ) 6= 0

yk = xk + αk∇ f (xk)

‖∇ f (xk)‖e

M ≥ ‖yk − xk‖ = |αk|

perciò possiamo supporre che αn → α a meno di considerare unasottosuccessione che chiameremo ancora αn.

Per la continuità

η = ξ + α∇ f (ξ)‖∇ f (ξ)‖

inoltre, poichè

f(

xk + αk∇ f (xk)

‖∇ f (xk)‖

)≤ f

(xk + α

∇ f (xk)

‖∇ f (xk)‖

)∀α ∈ R

si ha

f(

ξ + α∇ f (ξ)‖∇ f (ξ)‖

)≤ f

(ξ + α

∇ f (ξ)‖∇ f (ξ)‖

)∀α ∈ R

e η ∈ F(ξ). 2

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82 o.caligaris - p.oliva

Teorema 6.23 Sia f : A → R e sia a ⊂ Rn un aperto , supponiamo che fammetta derivate parziali prime in A e supponiamo che esista L ∈ R tale chex ∈ A : f (x) ≤ L = SL sia un insieme limitato.

Definiamo

M f = x ∈ A : fxi (x) = 0 ∀i = 1 . . . n

e una funzione di discesa verso M f mediante la

F(x) = x +n

∑i=1

αiei

ove αi sono scelti in modo che

f (x + α1e1) ≤ f (x + αe1) ∀α ∈ R

f (x + α1e1 + α2e2) ≤ f (x + α1e1 + αe2) ∀α ∈ R

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

f

(x +

n−1

∑i=1

αiei + αnen

)≤ f

(x +

n−1

∑i=1

αiei + αen

)∀α ∈ R

allora F è una funzione di discesa chiusa.

Dimostrazione. Osserviamo innanzi tutto che se y ∈ F(x) si ha

f (y) ≤ f (F(x)) ≤ f (x)

e che per f (y) = f (x) deve essere

fxi (x) = 0 ∀i = 1 . . . n e ∀x ∈ M f

Inoltre se scegliamo

(xk , yk)→ (ξ, η) yk ∈ F(xk) , ξ /∈ M f ;

allora

yk = xk +n

∑i=1

αki ei

e, poichè

f

(xk +

j

∑i=1

αki ei

)≤ L,

possiamo supporre che αki → αi, a meno di passare ad una estratta.

Ora, se ricordiamo che

f

(xk +

j

∑i=1

αki ei

)≤

≤ f

(xk +

j−1

∑i=1

αki ei + αej

)∀α ∈ R ∀j

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analisi matematica 2 83

e passiamo al limite, la continuità assicura che

f

(ξ +

j

∑i=1

αiei

)≤

≤ f

(ξ +

j−1

∑i=1

αiei + αej

)∀α ∈ R ∀j

e η ∈ F(ξ). 2

Cerchiamo ora di valutare la velocità di convergenza del metodo delgradiente e del metodo di discesa componente per componente.

Lemma 6.1 sia f : A → R e sia a ⊂ Rn un aperto, sia inoltre f ∈ C2(A).Supponiamo che

0 < m‖h‖2 ≤ 〈H f (x)h, h〉 ≤ M‖h‖2.

Allora si ha

m ≤ fxixi (x) ≤ M e | fxixj(x)| ≤ M−m2

.

Inoltre, se ∇ f (a) = 0 si ha

m‖h‖2 ≤ 〈∇ f (a + h), h〉 ≤ M‖h‖2

em2‖h‖2 ≤ f (a + h)− f (a) ≤ M

2‖h‖2.

Dimostrazione. Se scegliamo h = ei ed usiamo le ipotesi, possiamoottenere

m ≤ fxixi (x) ≤ M,

inoltre poichè H f (x) è simmetrica si ha

〈H f (x)h, k〉 = 14(〈H f (x)(h + k), (h + k)〉 − 〈H f (x)(h− k), (h− k)〉) ≤

≤ 14

(M‖h + k‖2 −m‖h− k‖2

)

e se poniamo h = ei, k = ej

f xixj(x) ≤ 1

4(2M− 2m) = M−m2.

In maniera del tutto simile si ottiene

fxixj(x) ≥ m−M2

.

Quando ∇ f (a) = 0, se consideriamo

ϕ(t) = 〈∇ f (a + th), h〉 t ∈ [0, 1]

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84 o.caligaris - p.oliva

si ha

ϕ(1)− ϕ(0) = ϕ′(τ) τ ∈ [0, 1]

〈∇ f (a + h), h〉 = 〈H f (a + τk)h, h〉 τ ∈ [0, 1]

e

m‖h‖2 ≤ 〈∇ f (a + h), h〉 ≤ M‖h‖2

mentre se consideriamo

ϕ(t) = f (a + th) t ∈ [0, 1]

si ha

ϕ(1)− ϕ(0)− ϕ′(0) =ϕ′′(σ)

2σ ∈ [0, 1]

f (a + h)− f (a) =〈H f (a + σh)h, h〉

2σ ∈ [0, 1]

em2‖h‖2 ≤ f (a + h)− f (a) ≤ M

2‖h‖2

2

Lemma 6.2 Sia f : A → R, sia a ⊂ Rn un aperto e sia f ∈ C2(A). Siainoltre a ∈ A e h ∈ Rn.

Definiamo ϕ(t) = f (a + th) e sia T ∈ R tale che

ϕ(T) =m

2M2 inϕ(t) : t ∈ R a + th ∈ A

allora possiamo trovare τ, σ ∈ [−T, T] tale che

T = − ϕ′(0)ϕ′′(τ)

= − 〈∇ f (a), h〉〈H f (a + τh)h, h〉 ,

e

ϕ(0)− ϕ(T) = f (a)− f (a + Th) =ϕ′′(σ)

2T2 =

=12〈H f (a + σh)h, h〉〈H f (a + τh)h, h〉2 (〈∇ f (a), h〉)2

Dimostrazione. Si ha

ϕ′(0) = ϕ′(0)− ϕ′(T) = −ϕ′′(τ)T τ ∈ [−T, T]

e

T = − ϕ′(0)ϕ′′(τ)

τ ∈ [−T, T]

Inoltre

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analisi matematica 2 85

f (a)− f (a + Th) =

ϕ(0)− ϕ(T) + ϕ′(T)T =ϕ′′(σ)

2T2 =

ϕ′′(σ)2

(ϕ′(0)ϕ′′(τ)

)2

Pertanto possiamo concludere se ricordiamo che

ϕ′(t) = 〈∇ f (a + th), h〉

ϕ′′(t) = 〈H f (a + th)h, h〉2

Teorema 6.24 Sia f : A → R e sia a ⊂ Rn un aperto, sia f ∈ C2(A) esupponiamo che

m‖h‖2 ≤ 〈H f (x)h, h〉 ≤ M‖h‖2.

con 0 < m ≤ M.Sia xk la successione definita per mezzo del metodo del gradiente (teorema

4). Chiamiamo a l’unico punto di minimo per f su A; si ha

‖xk − a‖ ≤(

1− m3

M3

) k2(

2M

[ f (x0))− f (a)]) 1

2.

Dimostrazione. Per le ipotesi di crescita ammesse f ha i livelli limita-ti, inoltre poichè f è continua, i suoi livelli sono chiusi e quindi anchecompatti.

Se ricordiamo che f (xk) ≤ L per un opportuno L possiamo dedurreche xk è contenuta in un compatto.

Inoltre continuità e compattezza garantiscono l’esistenza del mini-mo a mentre la stretta convessità assicura la sua unicità.

Ora sia ϕk(t) = f (xk + tdk) dove

dk =∇ f (xk)

‖∇ f (xk)‖si ha xk+1 = xk + αk

0dk , e per il lemmi 6 e 7,

ϕk(0)− ϕk(αk0) ≥

≥ 12

mM2 (〈∇ f (xk), dk〉)2 =

=12

mM2 ‖∇ f (xk)‖2 ≥

≥ 12

m3

M2 ‖xk − a‖2 ≥

≥ 12

m3

M22M

[ f (xk)− f (a)].

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86 o.caligaris - p.oliva

Pertanto possiamo dedurre che

f (xk)− f (xk+1) ≥m3

M3 ( f (xk)− f (a))

e

f (xk+1)− f (a) ≤(

1− m3

M3

)( f (xk)− f (a))

da cui

m2‖xk − a‖2 ≤ f (xk)− f (a) ≤

(1− m3

M3

)k

[ f (x0)− f (a)]

e

‖xk − a‖ ≤(

1− m3

M3

) k2(

2m( f (x0)− f (a))

) 12

.

2

Passiamo infine a studiare la velocità di convergenza del metodo didiscesa componente per componente descritto nel teorema 5.

Lemma 6.3 Sia f : A→ R e sia a ⊂ Rn un aperto, sia f ∈ C2(A) tale che

m‖h‖2 ≤ 〈H f (x)h, h〉 ≤ M‖h‖2

with 0 < m ≤ M.Sia inoltre xk la successione definita nel teorema 5.Denotiamo con ξ i = ξ i

k i valori che consentono di calcolare xk+1 a partireda xk; i.e. siano

ξ i = ξ ik = xk +

i

∑h=1

αkheh i = 1 . . . n

ovviamente si ha ξnk = xk+1; poniamo anche

f j,i = fxj(ξi);

allora esistono aj,i ∈ R, 1 ≤ i ≤ j ≤ n tali che

f j,j−1 =j

∑i=1

aj,i fi,0.

Inoltre se definiamo

ϑ =M−m

2m

si ha

aj,j = 1 e |aj,i| ≤ θ(1 + θ)j−i−1 se i < j

.

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analisi matematica 2 87

Dimostrazione. Se applichiamo il teorema di Lagrange a fxj in [ξ i , ξ i−1]

(e ricordiamo che ξ i = ξ i−1 + αki ei) otteniamo

fxj(ξi) = fxj(ξ

i−1) + fxj ,xi (ηi)αki

ηi = ξ i−1 + τ(ξ i − ξ i−1), τ ∈ [0, 1].

Per i lemmi 6 e 7 si ha

αki = −

fxi (ξi−1)

fxi ,xi (ζi)

oveζi = ξ i + σ(ξ i − ξ i−1), σ ∈ [0, 1]

e se poniamo

ϑj,i = −fxj ,xi (ηi)

fxi ,xj(ζi)

si ha|ϑj,i| ≤

M−m2m

= ϑ

ef j,i = f j,i−1 + ϑj,i fi,i−1.

Sommando su i = 1 . . . j− 1 si ottiene

f j,j−1 = f j,j−2 + ϑj,j−1 f j−1,j−2

f j,j−2 = f j,j−3 + ϑj,j−2 f j−2,j−3

· · · · · · · · · · · · · · ·f j,1 = f j,0 + ϑj,1 f1,0

e

f j,j−1 = f j,0 +j−1

∑i=1

ϑj,i fi,i−1.

Ora cerchiamo aj,i ∈ R tale che

f j,j−1 =j

∑i=1

aj,i fi,0 = aj,j f j,0 +j−1

∑i=1

aj,i fi,0

Deve risultare

f j,j−1 = f j,0 +j−1

∑i=1

ϑj,i

i

∑h=1

ai,h fh,0 =

= f j,0 +j−1

∑i=1

i

∑h=1

ϑj,iai,h fh,0 =

= f j,0 +j−1

∑h=1

j−1

∑i=h

ϑj,iai,h fh,0

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88 o.caligaris - p.oliva

così che deve essere

aj,j = 1 e aj,h =j−1

∑i=h

ϑj,iai,h.

Infine dimostriamo che

(Pj) ∀h < j |aj,h| ≤ ϑ(1 + ϑ)j−h−1

risulta verificata per j ∈ N j ≥ 2.Ovviamente si ha

(P2) |ϑ2,1| = |a2,1| ≤ ϑ(1 + ϑ)2−1−1 = ϑ

D’altro canto, se supponiamo (Pj) true e consideriamo

(Pj+1) ∀h < j + 1 |aj+1,h| ≤ ϑ(1 + ϑ)j−h

si ha

|aj+1,h| =∣∣∣∣∣

j

∑i=h

ϑj+i,iai,h

∣∣∣∣∣ ≤

≤∣∣∣∣∣

j

∑i=h+1

ϑj+i,iai,h

∣∣∣∣∣+ |ϑj+1,hah,h| ≤

≤ ϑ +j

∑i=h+1

ϑ|ai,h| ≤ ϑ +j

∑i=h+1

ϑ(ϑ(1 + ϑ)i−(h+1)) =

= ϑ

(1 + ϑ

j−(h+1)

∑i=0

(1 + ϑ)i

)=

= ϑ

(1 + ϑ(

1− (1 + ϑ)j−h

1− (1 + ϑ))

)=

= ϑ

(1 + ϑ(

1− (1 + ϑ)j−h

−ϑ)

)=

= ϑ(

1− 1 + (1 + ϑ)j−h)= ϑ(1 + ϑ)j−h.

2

Teorema 6.25 Sia f : A → R e sia a ⊂ Rn un aperto, sia f ∈ C2(A) esupponiamo che

m‖h‖2 ≤ 〈H f (x)h, h〉 ≤ M‖h‖2.

with 0 < m ≤ M.Sia xk la successione generata mediante il metodo di discesa componente

per componente come è definito nel teorema 5.Allora, se a è l’unico punto di minimo per f su A, esiste K ∈ R, H ∈ R,

0 < H < 1 tale che‖xk − a‖ ≤ KHk

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analisi matematica 2 89

Dimostrazione. Possiamo provare, esattamente come nel teorema 8,esistenza e unicità del minimo e compattezza degli insiemi di livello.Pertanto xk è contenuta in un compatto di Rn.

Con le notazioni del precedente lemma 9possiamo asserire, usandoil lemma 7, che

f (ξ0)− f (ξ1) ≥ m2M2 f 2

x1(ξ0) =

m2M2 f 2

1,0

f (ξ1)− f (ξ2) ≥ m2M2 f 2

x2(ξ1) =

m2M2 f 2

2,1

· · · · · · · · · · · · · · ·f (ξn−1)− f (ξn) ≥ m

2M2 f 2xn(ξn−1) =

m2M2 f 2

n,n−1

e se sommiamo entrambi i membri delle disuguaglianze otteniamo

f (ξ0)− f (ξn) = f (xk)− f (xk+1) ≥

≥ m2M2

n

∑j=1

f 2j,j−1.

Ma per il lemma 9 possiamo concludere che

F =n

∑j=1

f 2j,j−1 =

n

∑j=1

(f j,0 +

j−1

∑i=1

aj,i fi,0

)2

=

= ‖Mϕ‖2

non appena si definisca la matrice M e il vettore ϕ per mezzo della

M = (aji) e ϕ = ( f j,0) = ∇ f (xk)

ove aji = 0 when i > j.Dal momento che M è triangolare e aj,j = 1, si ha detM = 1 e

Mϕ = 0⇔ ϕ = 0⇔ ∇ f (xk) = 0;

so Mϕ 6= 0.allora possiamo dedurre che

‖Mϕ‖2

‖ϕ‖2 =‖M∇ f (xk)‖2

‖∇ f (xk)‖2 6= 0

e, poichè |ai,j| ≤ L possiamo asserire che ‖M−1‖ è uniformementelimitata rispetto a k e

‖M−1x‖ ≤ 1m

2M2 u‖x‖

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90 o.caligaris - p.oliva

Pertanto‖Mx‖ ≥ m

2M2 u‖x‖e

m2M2 in

‖M∇ f (xk)‖2

‖∇ f (xk)‖2 =m

2M2 u > 0

Possiamo infine concludere che

f (xk)− f (xk + 1) ≥ m2M2 ‖∇ f (xk)‖2 m

2M2 u

e la stima si ottiene come nel teorema 8. 2

6.8 Funzioni Implicite

Sef : A −→ R A ⊂ R2

è una funzione reale di due variabili reali possiamo considerare l’in-sieme definito in R2 da

G = (x, y) ∈ A : f (x, y) = 0

È naturale, per studiare tale insieme, cercare una funzione φ il cuigrafico coincida localmente con G.

Ciò è equivalente a risolvere rispetto ad y l’equazione f (x, y) = 0,ed è il procedimento che si segue quando, per studiare il luogo deipunti del piano in cui

x2 + y2 = 1

si ricava, ad esempio,

y =√

1− x2 oppure y = −√

1− x2

Nel caso in cui non sia facile esplicitare una delle due variabili infunzione della seconda, siamo interessati a sapere se è possibile defi-nire una delle due variabili in funzione dell’altra e a studiare qualcheproprietà della funzione che evidentemente non è possibile scrivereesplicitamente in termini di funzioni elementari.

Teorema 6.26 - Dini - Sia A = (x0 − a, x0 + a) × (y0 − b, y0 + b), f :A −→ R e supponiamo che le seguenti condizioni siano verificate:

f ∈ C1(A)

f (x0, y0) = 0

fy(x0, y0) 6= 0

Allora esiste δ > 0 ed esiste φ : (x0 − δ, x0 + δ) −→ (y0 − b, y0 + b) taleche

φ(x0) = y0

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analisi matematica 2 91

f (x, y) = 0 ⇔ y = φ(x), ∀x ∈ (x0 − δ, x0 + δ)

φ è derivabile in (x0 − δ, x0 + δ) e

φ′(x) = − fx(x, φ(x))fy(x, φ(x))

.

Figura 6.2: Il teorema delle funzioniimplicite

Dimostrazione. Sia fy(x0, y0) > 0 e siano α, β scelti in modo che0 < α < a, 0 < β < b e fy(x, y) > M > 0 se |x − x0| ≤ α e |y −y0| ≤ β (ciò è possibile per la continuità di fy e per il teorema dellapermanenza del segno).

Ora, evidentemente, f (x0, ·) è una funzione strettamente crescentein [y0 − β, y0 + β] e pertanto

f (x0, y0 − β) < f (x0, y0) = 0 < f (x0, y0 + β)

Ancora per il teorema della permanenza del segno, applicato adf (·, y0 − β) e ad f (·, y0 + β), si può scegliere 0 < δ ≤ α, in modo chese

|x− x0| < δ

si abbiaf (x, y0 − β) < 0, f (x, y0 + β) > 0

Pertanto se |x− x0| < δ, |y− y0| < β, si ha

fy(x, y) > 0, f (x, y0 − β) < 0, f (x, y0 + β) > 0

e per ogni x ∈ (x0 − δ, x0 + δ) si può affermare che esiste uno ed unsolo valore y ∈ (y0 − β, y0 + β) tale che f (x, y) = 0 (teorema degli zerie stretta crescenza di f (x, ·)).

Possiamo pertanto definire φ : (x0 − δ, x0 + δ) −→ (y0 − β, y0 + β)

mediante la φ(x) = y.Vediamo ora di provare che φ è continua e derivabile in (x0− δ, x0 +

δ).Siano x, x + h ∈ (x0 − δ, x0 + δ), allora

f (x + h, φ(x + h))− f (x, φ(x)) = 0

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92 o.caligaris - p.oliva

e pertanto, se definiamo k(h) = φ(x + h)− φ(x), avremo

f (x + h, φ(x) + k(h))− f (x, φ(x)) = 0

Per il teorema di Lagrange si ha

fx(x + τh, φ(x) + τk(h))h + fy(x + τh, φ(x) + τk(h))k(h) = 0

con 0 < τ < 1, x + τh ∈ (x0 − δ, x0 + δ) e φ(x) + τk(h) ∈ (y0 − β, y0 +

β), per cui

φ(x + h)− φ(x) = −hfx(x + τh, φ(x) + τk(h))fy(x + τh, φ(x) + τk(h))

e dal momento che fx ed fy sono continue e

fy ≥ M > 0 se (x, y) ∈ [x0 − α, x0 + α]× [y0 − β, y0 + β]

si halimh→0

φ(x + h)− φ(x) = limh→0

k(h) = 0

Inoltreφ(x + h)− φ(x)

h= − fx(x + τh, φ(x) + τk(h))

fy(x + τh, φ(x) + τk(h))

e tenuto conto che (h, k(h)) → 0 per h → 0 si può concludere che φ èderivabile in x e

φ′(x) = − fx(x, φ(x))fy(x, φ(x))

.

2

La dimostrazione fatta è evidentemente valida solo nel caso in cuiA ⊂ R2 ed f assuma valori reali, ma l’enunciato, con le dovute modi-fiche, sussiste anche se A ⊂ Rn ×Rm ed f assume valori in Rm.

Teorema 6.27 - funzioni implicite Sia f : A× B −→ Rm,

A = x ∈ Rn : ‖x− x0‖ < a , B = y ∈ Rm : ‖y− y0‖ < b

e supponiamo che:

• f ∈ C1(A× B)

• f (x0, y0) = 0

• ∇y f (x0, y0) sia invertibile.

Allora esistono ρ, δ > 0 ed esiste una funzione

φ : D −→ E

ove

D = x ∈ Rn : ‖x− x0‖ < ρ edE = y ∈ Rm : ‖y− y0‖ < δ

tali che

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analisi matematica 2 93

• φ(x0) = y0

• f (x, y) = 0 ⇔ y = φ(x), ∀x ∈ D

• φ è differenziabile in D e si ha

∇φ(x) = −[∇y f (x, φ(x))]−1∇x f (x, φ(x)) ∀x ∈ D.

6.9 Funzioni Implicite

Teorema 6.28 Sia A ⊂ Rn, B ⊂ Rm e sia f : A× B −→ B; supponiamoche A sia aperto e B sia chiuso, supponiamo inoltre che

‖ f (x, y1)− f (x, y2)‖ ≤ α‖y1 − y2‖ ∀y1, y2 ∈ B, ∀x ∈ A, 0 ≤ α < 1

e che f (,y) sia continua in A ∀y ∈ B.Allora, per ogni x ∈ A esiste uno ed un solo φ(x) ∈ B tale che

f (x, φ(x)) = φ(x)

e la funzione φ : A −→ B è continua.Se inoltre f ∈ C1(A× B), allora φ è differenziabile in A e

∇φ(x) = [I −∇y f (x, φ(x))]−1∇x f (x, φ(x))

Dimostrazione. Sia x ∈ A, fissato; usando la dimostrazione delteorema 14.8 si prova che esiste uno ed un solo φ(x) ∈ Rm tale che

f (x, φ(x)) = φ(x)

Vediamo che φ è continua in A. Sia h ∈ Rn tale che x + h ∈ A; si ha

‖φ(x + h)− φ(x)‖ = ‖ f (x + h, φ(x + h))− f (x, φ(x))‖ ≤≤ ‖ f (x + h, φ(x + h))− f (x + h, φ(x))‖+

+ ‖ f (x + h, φ(x))− f (x, φ(x))‖ ≤≤ α‖φ(x + h)− φ(x)‖+ ‖ f (x + h, φ(x))− f (x, φ(x))‖

da cui

(25.2) ‖φ(x + h)− φ(x)‖ ≤ 11− α

‖ f (x + h, φ(x))− f (x, φ(x))‖

e φ è continua.Se inoltre f è differenziabile, si ha

φ(x + h)− φ(x) = f (x + h, φ(x + h))− f (x, φ(x)) =

= ∇x f (x, φ(x))h +∇y f (x, φ(x))k(h) + ‖(h, k(h))‖ω(h, k(h))

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94 o.caligaris - p.oliva

ove k(h) = φ(x + h)− φ(x) e ω(h, k)→ 0 per (h, k)→ 0.Pertanto

(I −∇y f (x, φ(x)))k(h) = ∇x f (x, φ(x))h + ‖(h, k(h))‖ω(h, k(h))

Dal momento che

‖[I −∇y f (x, y)]k‖ = ‖k− [ f (x, y + k)− f (x, y)] + ‖k‖ω(k)‖ ≥≥ ‖k + ‖k‖ω(k)‖ − ‖ f (x, y + k)− f (x, y)‖ ≥

≥ ‖k‖ − ‖k‖‖ω(k)‖ − α‖k‖ ≥≥ ‖k‖(1− ‖ω(k)‖ − α) ≥

≥ β‖k‖

con β > 0, per ogni k di norma sufficientemente piccola, si ha

‖[I −∇y f (x, y)]k‖ ≥ β‖k‖ ∀k

e[I −∇y f (x, y)]k = 0 ⇔ k = 0

ne seguedet[I −∇y f (x, y)] 6= 0

e [I −∇y f (x, y)] è invertibile. Quindi

φ(x + h)− φ(x) = k(h) = (I −∇y f (x, φ(x)))−1∇x f (x, φ(x))h+

+‖(h, k(h))‖(I −∇y f (x, φ(x)))−1ω(h, k(h))

Per la continuità di φ si ha k(h) → 0 quando h → 0 e quindi la tesinon appena si sia tenuto conto che

‖(h, k(h))‖‖h‖ ≤ ‖h‖+ ‖k(h)‖‖h‖ ≤ M

in quanto, per la (25.2),

‖φ(x+ h)− φ(x)‖ ≤ 11− α

sup‖∇x f (x+ ξh0, φ(x)) : 0 < ξ < 1‖h‖.

2

Proviamo ora la generalizzazione del teorema di Dini al caso di piùvariabili:

Teorema 6.29 - funzioni implicite - Sia f : A × B −→ Rm, A = x ∈Rn : ‖x− x0‖ < a, B = y ∈ Rm : ‖y− y0‖ < b e supponiamo che:

• f ∈ C1(A× B)

• f (x0, y0) = 0

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analisi matematica 2 95

• ∇y f (x0, y0) sia invertibile.

Allora esistono ρ, δ > 0 ed esiste una funzione φ : D −→ E ove D =

x ∈ Rn : ‖x− x0‖ < ρ ed E = y ∈ Rm : ‖y− y0‖ < δ tali che

• φ(x0) = y0

• f (x, y) = 0 ⇔ y = φ(x), ∀x ∈ D

• φ è differenziabile in D e si ha

∇φ(x) = −[∇y f (x, φ(x))]−1∇x f (x, φ(x)) ∀x ∈ D.

Dimostrazione. Osserviamo innanzi tutto che ∇y f (x0, y0) è inver-tibile se e solo se det(∇y f (x0, y0)) 6= 0 e pertanto è possibile tro-vare α, β > 0 in modo che, se ‖x − x0‖ < α e ‖y − y0‖ < β, si hadet(∇y f (x, y)) 6= 0 e quindi ∇y f (x, y) è invertibile.

Poniamo Q0 = ∇y f (x0, y0) e definiamo F : A× B −→ Rm mediantela

F(x, y) = y−Q−10 f (x, y)

Si ha

F(x0, y0) = y0 ed anche ∇yF(x0, y0) = I −Q−10 Q0 = 0,

pertanto, se ‖x− x0‖ ≤ γ e ‖y− y0‖ ≤ δ, si ha

‖∇yF(x, y)‖ ≤ 1/2

Ne segue che, se ‖x− x0‖ ≤ γ e ‖y− y0‖ ≤ δ, si ha (25.3)

‖F(x, y1)− F(x, y2)‖ ≤ (1/2)‖y1 − y2‖

ed inoltre, fissato ε < δ/2, è possibile trovare ρ > 0 in modo che se‖x− x0‖ < ρ si abbia

‖F(x, y0)− F(x0, y0)‖ < ε

Definiamo allora

D = x ∈ Rn : ‖x− x0‖ < ρ E = y ∈ Rm : ‖y− y0‖ < δ;

avremo cheF : D× E −→ E in quanto

‖F(x, y)− y0‖ = ‖F(x, y)− F(x0, y0)‖ ≤

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96 o.caligaris - p.oliva

≤ ‖F(x, y)− F(x, y0)‖+ ‖F(x, y0)− F(x0, y0)‖ ≤≤ (1/2)‖y− y0‖+ ε ≤ δ/2 + δ/2 = δ.

Dal momento che è già stato provato che F(x, ) è una contrazione su E,si veda la (25.3), possiamo applicare il teorema 25.47 ed affermare cheesiste una ed una sola funzione φ : D −→ E continua e differenziabiletale che

F(x, y) = y ⇔ y = φ(x), ∀x ∈ D;

per tale funzione si avrà allora

(25.4) f (x, y) = 0 ⇔ y = φ(x), ∀x ∈ D

e per completare la dimostrazione basta trovare l’espressione di∇φ(x).A tale scopo osserviamo che, differenziando la (25.4), si ottiene

∇x f (x, φ(x)) +∇y f (x, φ(x))∇φ(x) = 0

da cui, usando il fatto che ∇y f (x, y) è invertibile in D

[∇y f (x, φ(x))]−1∇x f (x, φ(x)) +∇φ(x) = 0

e la tesi. 2

Teorema 6.30 - invertibilità locale - Sia f : A −→ Rn, A = x ∈ Rn :‖x − x0‖ < α e supponiamo che f ∈ C1(A× B); supponiamo inoltre che∇ f (x0) sia invertibile e poniamo y0 = f (x0).

Allora esistono ρ, δ > 0 tali che, posto D = x ∈ Rn : ‖x− x0‖ < ρed E = y ∈ Rn : ‖y− y0‖ < δ, esiste una funzione g : E −→ D inversadi f : D −→ E, g ∈ C1(E),

∇g(y) = [∇ f (g(y))]−1 ∀y ∈ E.

Dimostrazione. Consideriamo F : A×Rn −→ Rn definita da

F(x, y) = f (x)− y

Ad F è possibile applicare il teorema 25.48 ed è possibile affermare cheesistono

D′ = x ∈ Rn : ‖x− x0‖ < ρ′ E′ = y ∈ Rn : ‖y− y0‖ < δ′

ed esiste una funzione g : E′ −→ D′ tale che

f (g(y)) = y ∀y ∈ E′

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analisi matematica 2 97

g risulta inoltre differenziabile in E’ e si ha

∇g(y) = [∇ f (g(y))]−1 ∀y ∈ E′

E’ pertanto possibile applicare il teorema 25.48 anche alla funzioneG : D′ × E′ −→ D′ definita mediante la

G(x, y) = g(y)− x

e si può affermare che esistono

D” = x ∈ Rn : ‖x− x0‖ < ρ” E” = y ∈ Rn : ‖y− y0‖ < δ”

ed esiste una funzione h : D” −→ E” tale che

g(h(x)) = x ∀x ∈ D”

Siano allora D = D′ ∩ D” ed E = E′ ∩ E”, si ha

f , h : D −→ E e g : E −→ D

ed inoltref (g(y)) = y ∀y ∈ E

g(h(x)) = x ∀x ∈ D

per cuih(x) = f (g(h(x))) = f (x) ∀x ∈ D

e risulta che g : E −→ D è l’inversa di f : D −→ E. Vediamo

ora come si può applicare il teorema di invertibilità locale che abbiamoappena dimostrato allo studio dei massimi e dei minimi vincolati. 2

6.10 Massimi e Minimi Vincolati - Moltiplicatori di Lagrange

Definizione 6.14 Sia f : A −→ R e sia g : A −→ Rm, A ⊂ Rn; diciamoche x0 ∈ A è un punto di massimo (o di minimo) relativo per f vincolato a gse g(x0) = 0 e se esiste δ > 0 tale che

f (x) ≤ f (x0) ( f (x) ≥ f (x0) ) ∀x ∈ x ∈ A : g(x) = 0 ∩ S(x0, δ).

A tale proposito possiamo provare il seguente risultato.

Teorema 6.31 - dei moltiplicatori di Lagrange - Siano f : A −→ R eg : A −→ Rm, A ⊂ Rn, m < n, A aperto, f , g ∈ C1(A); supponiamoinoltre che f abbia in x0 ∈ A un punto di minimo (o di massimo) relativovincolato a g.

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98 o.caligaris - p.oliva

Allora esistono λ ∈ Rm e µ ∈ R non contemporaneamente nulli e tali che

µ∇ f (x0) +m

∑i=1

λi∇gi(x0) = 0.

Inoltre, se ∇g(x0) ha caratteristica massima (= m), allora µ 6= 0 e si puòsupporre µ = 1.

Teorema 6.32 Siano f : A −→ R e g : A −→ Rm, A ⊂ Rn aperto,m < n, f , g ∈ C1(A), x0 ∈ A; supponiamo che esista δ > 0 tale che

f (x0) ≤ f (x), ∀x ∈ x ∈ A : gi(x) ≤ 0, i = 1, .., m ∩ S(x0, δ)

Allora, esistono µ ∈ R, λ ∈ Rm tali che

µ∇ f (x0) +m

∑i=1

λi∇gi(x0) = 0

essendo λi = 0 se gi(x0) < 0.Se inoltre ∇g(x0) ha caratteristica massima, si può supporre µ = 1 e si

haλi ≥ 0 se gi(x0) = 0.

Teorema 6.33 - Kuhn-Tucker - Sia A ⊂ Rn aperto, convesso e sianof , gi : A −→ R, i = 1, 2, ..., m funzioni convesse; supponiamo che f , gi ∈C1(A) e che x0 ∈ A sia scelto in modo che

gi(x0) = 0 per i = 1, 2, ..., k < m

gi(x0) < 0 per i = k + 1, ..., m

Supponiamo inoltre che x0 sia estremale per la funzione

F(x) = f (x) +k

∑i=1

λigi(x)

essendo λi ≥ 0 per i = 1, 2, ..., k ; allora

f (x0) ≤ f (x) ∀x ∈ A tali che gi(x) ≤ 0.

Teorema 6.34 Sia f : A −→ R, A ⊂ Rn convesso, chiuso e limitato, fconvessa e continua; allora il massimo di f in A è assunto anche in punti chesono sulla frontiera di A.

Dimostrazione. Sia

f (x) = max f (y) : y ∈ A

allora, se x è interno ad A, detti y, z ∈ A gli estremi del segmentoottenuto intersecando A con una qualunque retta passante per x, si ha

x = λy + (1− λ)z

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analisi matematica 2 99

ef (x) ≤ λ f (y) + (1− λ) f (z) ≤ max f (y), f (z)

2

Osservazione.Nel caso in cui A sia poliedrale, cioè se

A = x ∈ Rn : gi(x) ≤ 0, gi lineare, i = 1, .., m

il massimo si può cercare solo tra i vertici della frontiera.

6.11 Teorema dei Moltiplicatori di Lagrange

Teorema 6.35 - moltiplicatori di Lagrange - Siano f : A −→ R e g : A −→Rm, A ⊂ Rn, m < n, A aperto, f , g ∈ C1(A); supponiamo inoltre che fabbia in x0 ∈ A un punto di minimo (o di massimo) relativo vincolato a g.

Allora esistono λ ∈ Rm e µ ∈ R non contemporaneamente nulli e tali che

µ∇ f (x0) +m

∑i=1

λi∇gi(x0) = 0.

Inoltre, se ∇g(x0) ha caratteristica massima (= m), allora µ 6= 0 e si puòsupporre µ = 1.

Dimostrazione. Poiché A è un insieme aperto, possiamo supporreche A sia un rettangolo.

Definiamo F : A −→ Rm+1 mediante la

F(x) = ( f (x)− f (x0), g(x))

∇F(x0) è una matrice (m + 1) × n; supponiamo che la sua caratteri-stica sia (m + 1). Allora esiste un suo minore di ordine (m + 1) condeterminante non nullo; supponiamo che esso sia formato dalle prime(m + 1) colonne, che corrispondono alle prime (m + 1) componenti diun elemento di Rn e poniamo, per x ∈ Rn, x = (x′, x”) ove x′ ∈ Rm+1

e x” ∈ Rn−m−1. Indichiamo di conseguenza x0 con (x′0, x”0) e conA′ = x′ ∈ Rm+1 : x ∈ A.

Definiamo G : A′ −→ Rm+1 mediante la

G(x′) = F(x′, x”0)

Avremo G(x′0) = 0 e, per il teorema di invertibilità locale, esisterannoρ, δ > 0 tali che, detti

D = x ∈ Rm+1 : ‖x− x′0‖ < ρ, E = (t, y) ∈ R×Rm : ‖(t, y)‖ < δ

G : D −→ E è invertibile.

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100 o.caligaris - p.oliva

Sia G−1 : E −→ D la sua inversa; dal momento che (t, 0) ∈ E se|t| < δ, si ha x′t = G−1(t, 0) ∈ D e

(t, 0) = G(G−1(t, 0)) = G(x′t) = F(x′t, x”0) = F(xt)

non appena si convenga di definire xt = (x′t, x”0).Ma allora, per ogni t con |t| < δ

f (xt) = f (x0) + t

g(xt) = 0

e pertanto, poiché G−1 è continua, xt → x0 per t→ 0 e x0 non è né unminimo, né un massimo relativo per f vincolato a g.

Ne viene che la caratteristica di ∇F(x0) non può essere massima e,tenuto conto che,

∇F(x0) =

(∇ f (x0)

∇g(x0)

)

si ha la tesi.Inoltre se∇g(x0) ha caratteristica m non può essere µ = 0 in quanto,

se ciò fosse, si avrebbe

m

∑i=1

λi∇gi(x0) = 0

con λi non tutti nulli, e ciò non è possibile. 2

I vincoli del tipo g(x) = 0, ovvero gi(x) = 0 per ogni i = 1, .., m,sono spesso indicati con il nome di vincoli bilaterali, e trovano unanaturale generalizzazione nel caso dei cosiddetti vincoli unilaterali,che sono espressi da condizioni del tipo gi(x) ≤ 0 per ogni i = 1, .., m.

A questo tipo di vincoli può essere facilmente generalizzato il pre-cedente teorema, che nel caso del minimo (il caso del massimo puòessere trattato in modo analogo) viene ad assumere la seguente forma:

Teorema 6.36 - Siano f : A −→ R e g : A −→ Rm, A ⊂ Rn aperto,m < n, f , g ∈ C1(A), x0 ∈ A; supponiamo che esista δ > 0 tale che

f (x0) ≤ f (x), ∀x ∈ x ∈ A : gi(x) ≤ 0, i = 1, .., m ∩ S(x0, δ)

Allora, esistono µ ∈ R, λ ∈ Rm tali che

µ∇ f (x0) +m

∑i=1

λi∇gi(x0) = 0

essendo λi = 0 se gi(x0) < 0.Se inoltre ∇g(x0) ha caratteristica massima, si puo’ supporre µ = 1 e si

haλi ≥ 0 se gi(x0) = 0.

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analisi matematica 2 101

Dimostrazione. Dal momento che le gi sono funzioni continue, pos-siamo affermare che, se gi(x0) < 0, allora gi(x) < 0 per tutti glix ∈ S(x0, δi).

Sia I = i : gi(x0) < 0 , si ha allora che

f (x0) ≤ f (x) ∀x ∈ x ∈ A : gi(x) = 0, i 6∈ I ∩ S(x0, δ0)

essendo δ0 = minδi : i ∈ I, e ci si può ricondurre al teoremaprecedente.

Per quanto riguarda l’ultima affermazione, se fosse µ = 0, si avreb-be

m

∑i=1

λi∇gi(x0) = 0

con λi non tutti nulli, e ciò non è possibile.Per concludere sia a ∈ Rn e sia

ψi(t) = gi(x0 + ta) i = 1, .., m

Si haψi(0) = 0 ∀i

e, se α ∈ Rm αi > 0 ∀i, è possibile determinare a in modo che

ψ′i(0) = 〈∇gi(x0), a〉 = αi ∀i

Pertanto esiste δ > 0 tale che

ψi(t) = gi(x0 + ta) ≤ 0 ∀t ∈ (−δ, 0), ∀i

Sia oraφ(t) = f (x0 + ta)

alloraφ(0) = f (x0)

e

φ′(0) = 〈∇ f (x0), a〉 = −m

∑i=1

λi〈∇gi(x0), a〉 = −m

∑i=1

λiαi

Quindi, se esistesse j tale che λj < 0, scelto α ∈ Rm con

αj > −1λj

∑i 6=j

λiαi

si avrebbeφ′(0) > 0

da cui, in un opportuno intorno sinistro di 0,

φ(t) = f (x0 + ta) < f (x0) = φ(0)

e x0 non sarebbe punto di minimo relativo per f vincolato a g. 2

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102 o.caligaris - p.oliva

Teorema 6.37 - Kuhn-Tucker - Sia A ⊂ Rn aperto, convesso e sianof , gi : A −→ R, i = 1, 2, ..., m funzioni convesse; supponiamo chef , gi ∈ C1(A) e che x0 ∈ A sia scelto in modo che

gi(x0) = 0 per i = 1, 2, ..., k < m

gi(x0) < 0 per i = k + 1, ..., m

Supponiamo inoltre che x0 sia estremale per la funzione

F(x) = f (x) +k

∑i=1

λigi(x)

essendo λi ≥ 0 per i = 1, 2, ..., k ; allora

f (x0) ≤ f (x) ∀x ∈ A tali che gi(x) ≤ 0.

Dimostrazione. Dal momento che F è convessa in A il punto x0 è diminimo assoluto per F su A e pertanto si ha

f (x0) = F(x0) ≤ F(x) ≤ f (x)

per ogni x ∈ A tale che gi(x) < 0 con i = 1, 2, ..., k. 2

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7. Penalizzazione e moltiplicatori diLagrange.

Diamo in questo capitolo una semplice dimostrazione del teorema deimoltiplicatori di Lagrange (si vedano i teoremi 25.51, 25.52) che è fon-data su un metodo che è solitamente indicato come ’metodo di pena-lizzazione’ e che consente di ridurre un problema di minimo vincolatoad un problema di minimo libero.

Teorema 7.1 Siano f , gi : A −→ R, A ⊂ Rn , f , gi ∈ C1(A) , i =

1, .., p, p + 1, .., q. Sia x0 ∈ A e sia δ > 0 , definiamo

Ω(x0, δ) = x ∈ A : gi(x) ≤ 0 , i = 1, .., p ∩ . . .

· · · ∩ x ∈ A : gi(x) = 0 , i = p + 1, .., q ∩ clS(x0, δ)

Supponiamo inoltre che gli indici i siano ordinati in modo che

gi(x0) = 0 i = s + 1, .., p

gi(x0) < 0 i ≤ s

e definiamo φ = (gs+1, .., gp, gp+1, .., gq).Supponiamo che x0 ∈ intA sia un punto di minimo relativo per f sotto i

vincoli gi, supponiamo cioè che esista δ > 0 tale che

x0 ∈ Ω(x0, δ) , f (x0) ≤ f (x) ∀x ∈ Ω(x0, d).

Allora esistono µ, λi ∈ R , non tutti nulli tali che

µ∇ f (x0) + ∑qi=1 λi∇gi(x0) = 0

µ ≥ 0

λi = 0 i ≤ s

λi ≥ 0 i = s + 1, .., p.

Se di più ∇φ(x0) ha caratteristica massima, si ha µ 6= 0 e si può supporreµ = 1.

Dimostrazione. Definiamo

g+i (x) = maxgi(x), 0),

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104 o.caligaris - p.oliva

Φ(x) =p

∑i=1

(g+i (x))2 +q

∑i=p+1

(gi(x))2

eFn(x) = f (x) + ‖x− x0‖2 + nΦ(x).

Sia δ > 0 tale che

x0 ∈ Ω(x0, δ) , f (x0) ≤ f (x) ∀x ∈ Ω(x0, δ).

Fn ammette minimo assoluto su cl S(x0, δ); supporremo tale minimoassunto nel punto xn ∈ cl S(x0, δ).

E’ intanto ovvio che, a meno di considerare una estratta, xn → x;proviamo di più che x = x0.

Postom = min f (x) : x ∈ cl S(x0, δ)

si ha

m + nΦ(xn) ≤ f (xn) + nΦ(xn) ≤ Fn(xn) ≤ Fn(x0) = f (x0)

e

0 ≤ Φ(xn) ≤f (x0)−m

n.

Pertanto0 = lim Φ(xn) = Φ(x) e x∈Ω(x0, δ).

Perciò si ha

f (xn) + ‖xn − x0‖2 ≤ Fn(xn) ≤ Fn(x0) = f (x0)

ef (x) + ‖x− x0‖2 ≤ f (x0).

Ricordando che x ∈ Ω(x0, δ) si ha

f (x0) + ‖x− x0‖2 ≤ f (x) + ‖x− x0‖2 ≤ f (x0)

e‖x− x0‖2 ≤ 0

da cuix = x0.

Usando il teorema 25.34 e tenendo conto che, se n è sufficientementegrande, xn ∈ S(x0, δ) si ha che

∇ f (xn)+ 2(xn− x0)+p

∑i=1

2ng+i (xn)∇gi(xn)+q

∑i=p+1

2ngi(xn)∇gi(xn) = 0.

Pertanto, posto

Ln = (1, 2ng+1 (xn), .., 2ng+p (xn), 2ngp+1(xn), .., 2ngq(xn))

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analisi matematica 2 105

eMn = Ln/‖Ln‖,

si ha‖Mn‖ = 1.

Indichiamo

Mn = (µn, λ1,n, .., λs,n, λs+1,n, .., λp,n, λp+1,n, .., λq,n)

essendo µn e λi,n non tutti nulli; inoltre, dal momento che xn → x0 egi(x0) < 0 per i ≤ s, si ha

λi,n = 2ng+i (xn) = 0

per n sufficientemente grande e i ≤ s.Si può allora affermare che

µn(∇ f (xn) + 2(xn − x0)) +q

∑i=1

λi,n∇gi(xn) = 0

conµn, λi,n ≥ 0 per i = s + 1, .., p , λi,n = 0 per i ≤ s.

Poiché ‖Mn‖ = 1 si può supporre, a meno di una estratta,

µn → µ , λi,n → λi , ‖(µ, λ1, .., λq)‖ = 1

onde µ e λi non sono tutti nulli, e λi = 0 per i ≤ s .Passando al limite si ottiene

µ∇ f (x0) +q

∑i=1

λi∇gi(x0) = 0.

Infine, poiché λi = 0 per i ≤ s, se fosse µ = 0 si avrebbe che ilsistema

q

∑i=s+1

λi∇gi(x0) = 0

ammette la soluzione non banale (λs+1, .., λq) e perciò la caratteristicadi ∇φ(x0) = (∇gs+1(x0), ..,∇gq(x0)) non potrebbe essere massima. 2

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8. Integrazione Delle Funzioni DiPiu’ Variabili.

La teoria dell’integrazione per le funzioni reali di più varia-bili deve tenere conto che si può integrare su sottoinsiemi didimensione non necessariamente uguale al numero delle variabili.

Ad esempio se f dipende da 3 variabili reali avremo bisogno di defi-nire cosa si intende per integrale di f su un sottoinsieme di R3, chepossiamo intuitivamente definire come un solido (dimensione=3), unasuperficie (dimensione=2) o una linea (dimensione=1).

Ricordiamo esplicitamente che il concetto di dimensione non è sem-plice nè univocamente individuato: possiamo parlare di dimensio-ne vettoriale, di dimensione topologica, di dimensione frattale; quiabbiamo fatto semplicemente ricorso ad un concetto intuitivo che sipotrebbe precisare, ed in parte si preciserà, parlando di dimensionetopologica.

Per semplificare le notazioni e per facilitare la comprensione descri-veremo il caso delle funzioni di 3 variabili, essendo facile estendere iconcetti al caso delle funzioni con più variabili, a prezzo di una certacomplicazione delle notazioni.

8.1 Integrali Multipli

Cominciamo con il dare la definizione di integrale di una funzionelimitata su una classe particolare di sottoinsiemi di R3 gli intervalli;successivamente estenderemo la definizione ad una più generale classedi insiemi.

8.1.1 Definizione di Integrale

Definizione 8.1 Siano I1, I2, I3 intervalli chiusi e limitati, Ii = [ai , bi], dellaretta reale.

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108 o.caligaris - p.oliva

Diciamo cheR = I1 × I2 × I3

è un intervallo chiuso e limitato in R3.

Nel seguito intenderemo riferirci sempre ad un intervallo chiusoe limitato, anche se queste due proprietà non saranno esplicitamentemenzionate.

L’interno di R risulta essere

int R = (a1, b1)× (a2, b2)× (a3, b3)

Definizione 8.2 Sia R un intervallo in R3; chiamiamo partizione di R ilprodotto cartesiano P = P1× P2× P3 dove Pi è una partizione dell’intervalloIi

Denoteremo con P(R) l’insieme di tutte le partizioni dell’intervallo R.Se P ∈ P(R), i punti di P dividono R in un numero N di intervalli chiusi

la cui unione è R. Tali intervalli saranno indicati con

Rk : k = 1, 2, ..., N

Definizione 8.3 Sia R un intervallo in R3 e siano P, Q ∈ P(R); diciamoche P è una partizione più fine di Q e scriviamo P < Q se P ⊃ Q.

In altre parole P è più fine di Q se e solo se ognuno degli intervalli in cuiP suddivide R è contenuto in uno degli intervalli in cui Q suddivide R.

Definizione 8.4 Sia R un intervallo in R3, definiamo misura di R il numero

mis R = (b1 − a1)(b2 − a2)(b3 − a3)

Definizione 8.5 Sia R un intervallo e sia P ∈ P(R); siano Rk, k =

1, 2, .., N, gli intervalli in cui la partizione P suddivide R.Sia f : R −→ R una funzione limitata e supponiamo che

m ≤ f (x) ≤ M ∀x ∈ R

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analisi matematica 2 109

Definiamo

mk = inf f (x) : x ∈ Rk

Mk = sup f (x) : x ∈ Rk

definiamo inoltre

L( f , P) =N

∑k=1

mk mis Rk

U( f , P) =N

∑k=1

Mk mis Rk

R( f , P, Ξ) =N

∑k=1

f (ξk) mis Rk , ξk ∈ Rk

essendo Ξ una funzione di scelta che assegna ad ogni intervallo Rk un puntoξk.

L( f , P) ed U( f , P) si dicono rispettivamente somme inferiori e sommesuperiori di f rispetto alla partizione P. R( f , P, Ξ) si dice somma di Riemanndi f rispetto alla partizione P e dipende, come è espressamente indicato, anchedalla scelta dei punti ξk in Rk.

Esattamente come nel caso di una funzione reale di una variabilereale si può provare che

Teorema 8.1 Siano R un intervallo di R3, f : R −→ R limitata, allora, seP, Q ∈ P(R) e se P < Q

m mis R ≤ L( f , Q) ≤ L( f , P) ≤ R( f , P, Ξ) ≤ U( f , P) ≤ U( f , Q) ≤ M mis R

e per ogni P, Q ∈ P(R)

m mis R ≤ L( f , Q) ≤ U( f , P) ≤ M mis R

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110 o.caligaris - p.oliva

Definizione 8.6 Sia R un intervallo in R3 e sia f : R −→ R una funzionelimitata, definiamo

–∫

Rf (x)dx = infU( f , P) : P ∈ P(R)

Rf (x)dx = supL( f , P) : P ∈ P(R)

essi si dicono rispettivamente, integrale superiore ed integrale inferiore dellafunzione f sull’ intervallo R.

E’ immediato provare che

m mis R ≤–

Rf (x)dx ≤

–∫

Rf (x)dx ≤ M mis R

Si è definito l’integrale superiore e l’integrale inferiore usando par-tizioni del rettangolo di base R in rettangoli chiusi. Vediamo che sigiunge allo stesso valore se si considerano questi ultimi rettangoliaperti.

Definizione 8.7 Sia R ⊂ Rn un rettangolo, sia P ∈ P(R), sia f : R −→ R

una funzione limitata e siano Rk , k = 1, .., N, i rettangoli in cui P divide R.Definiamo

m′k = inf f (x) : x ∈ int Rk

M′k = sup f (x) : x ∈ int Rk

L′( f , P) =N

∑k=1

m′kmisRk , U′( f , P) =N

∑k=1

M′k mis Rk

∫ ′

−Rf (x)dx = supL′( f , P) : P ∈ P(R)

∫ −′

Rf (x)dx = infU′( f , P) : P ∈ P(R) .

Osserviamo che m′k ≥ mk, M′k ≤ Mk e che pertanto si ha

L( f , P) ≤ L′( f , P) ≤ U′( f , P) ≤ U( f , P)

da cui∫

−Rf (x)dx ≤

∫ ′

−Rf (x)dx ≤

∫ −′

Rf (x)dx ≤

∫ −

Rf (x)dx

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analisi matematica 2 111

Si può però provare che

Lemma 8.1 Sia R ⊂ Rn un rettangolo e sia f : R −→ Rn una funzionelimitata; si ha

∫ ′

−Rf (x)dx =

−Rf (x)dx ,

∫ −′

Rf (x)dx =

∫ −

Rf (x)dx

Dimostrazione. Ci limitiamo a provare la prima delle due uguaglian-ze. Sia

P ∈ P(R) , P = ×ni=1 Pi , Pi = xi

j : j = 0, 1, ..., Ni

e consideriamo la partizione Pε = P ∪ xij ± ε.

Siano Rk, k = 1, .., N i rettangoli in cui P divide R e siano Sk, k =

1, .., N′, N′ > N, i rettangoli in cui Pε divide R; conveniamo inoltre diindicare con Sk, k = 1, .., N, i rettangoli ottenuti restringendo i lati deirettangoli Rk, che indicheremo con k

i , della quantità 2ε.Ovviamente, se k = 1, .., N, si ha Sk ⊂ int Rk,

mεk = inf f (x) : x ∈ Sk ≥ inf f (x) : x ∈ int Rk = m′k

mis Sk = mis Rk −ωk1(ε)

non appena si definisca

ωk1(ε) =

k

∏i−∏(k

i−2ε)

Si ha ovviamentelimε→0

ωk1(ε) = 0

Ora

L( f , Pε) =N′

∑k=1

mεk mis Sk =

=N

∑k=1

mεk misSk +

N′

∑k=N+1

mεk mis Sk ≥

≥N

∑k=1

m′k(mis Rk −ωk1(ε)) + m ω2(ε)

se definiamo ancora

ω2(ε) =N

∑k=1

(k

∏i−∏(k

i−2ε)) =N

∑k=1

ωk1(ε)

per cui si halimε→0

ω2(ε) = 0

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112 o.caligaris - p.oliva

Ma alloraL( f , Pε) ≥ L′( f , P)−ω(ε), lim

ε→0ω(ε) = 0

e ne viene ∫

−Rf (x)dx ≥

∫ ′

−Rf (x)dx

l’uguaglianza segue tenendo conto delle precedenti considerazioni. 2

8.1.2 Condizioni di Integrabilità - Proprietà degli Integrali

Definizione 8.8 Sia R un intervallo in R3 e sia f : R −→ R una funzionelimitata; diciamo che:

• f è integrabile se

Rf (x)dx =

–∫

Rf (x)dx

ed il valore comune ai due integrali superiore ed inferiore si chiama sem-plicemente integrale di f su R e si denota

Rf (x)dx

• f soddisfa la condizione di integrabilità se ∀ε > 0 ∃Pε ∈ P(R) tale che0 ≤ U( f , Pε)− L( f , Pε) < ε;

• f è integrabile secondo Cauchy-Riemann se ∃I ∈ R tale che ∀ε > 0 ∃Pε ∈P(R) tale che se P ∈ P(R), P < Pε si ha |R( f , P, Ξ)− I| < ε ∀Ξ ; ilvalore I si chiama anche questa volta integrale di f su R.

Osserviamo che se la condizione di integrabilità è soddisfattase e solo se

comunque si scelga P ∈ P(R), P < Pε si ha

0 ≤ U( f , P)− L( f , P) ≤ U( f , Pε)− L( f , Pε) < ε.

Come per una sola variabile, si enuncia e si prova che

Teorema 8.2 Sia R un intervallo in R3 e sia f : R −→ R una funzionelimitata; sono fatti equivalenti:

• f è integrabile

• f soddisfa la condizione di integrabilità

• f è integrabile secondo Cauchy-Riemann.

Teorema 8.3 Sia R un intervallo in R3 e siano f , g : R −→ R funzionilimitate ed integrabili su R; allora

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analisi matematica 2 113

• ∀α, β > 0, α f + βg è integrabile su R e∫

R[α f (x) + βg(x)]dx = α

Rf (x)dx + β

Rg(x)dx

• f g è integrabile su R;

• se S e T sono intervalli in R3 tali che R = S ∪ T e mis(S ∩ T) = 0,∫

Rf (x)dx =

Sf (x)dx +

Tf (x)dx

• se f ≥ 0 ∫

Rf (x)dx ≥ 0

• se f ≥ g ∫

Rf (x)dx ≥

Rg(x)dx

• se f è continua, f ≥ 0,∫

Rf (x)dx = 0 ⇒ f ≡ 0

• | f | è integrabile su R e∣∣∣∣∫

Rf (x)dx

∣∣∣∣ ≤∫

R| f (x)|dx

se S e T sono intervalli, S ⊂ T ⊂ R e se f ≥ 0,∫

Sf (x)dx ≤

Tf (x)dx

Teorema 8.4 Se f : R −→ R, R ⊂ R3 intervallo, è continua, allora fè integrabile.

8.1.3 Formule di Riduzione

L’integrale che abbiamo definito non può tuttavia essere calcolato, co-me per il caso delle funzioni di una variabile reale, facendo uso delconcetto di primitiva in R3; il concetto di primitiva ed il teoremafondamentale del calcolo integrale trovano la loro naturale estensio-ne nell’ambito delle forme differenziali e del teorema di Stokes, di cuiparleremo più avanti.

Il calcolo di integrali multipli si può però ricondurre al calcolo dipiù integrali semplici mediante quelle che si chiamano formule diriduzione.

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114 o.caligaris - p.oliva

Se A ⊂ R3, la funzione

χA : R3 −→ R

definita da

χA(x) =

1 x ∈ A

0 x 6∈ A

si chiama funzione caratteristica di A.

Teorema 8.5 Sia R un intervallo in R3 e sia f : R −→ R integrabile.Allora si ha

Rf (x)dx =

∫ b1

a1

∫ b2

a2

∫ b3

a3

f (x1, x2, x3)dx3dx2dx1

ogniqualvolta esiste il secondo membro.

Dimostrazione. Se P ∈ P(R), Rk = ×[aki , bki], allora si ha

mkχRk (x) ≤ f (x) ≤ MkχRk (x) ∀x ∈ Rk

integrando n volte su [aki , bki] e sommando su k si ottiene

∑ mk mis Rk ≤∫ b1

a1

...∫ bn

anf (x1, .., xn)dxn..dx1 ≤ ∑ Mk mis Rk

Poiché f è integrabile, soddisfa il criterio di integrabilità, e si ha la tesi.2

E’ necessario estendere la nozione di integrabilità su insiemi chesiano più generali di un intervallo in R3.

A questo scopo occorre precisare la classe dei sottoinsiemi di R3 suiquali è possibile integrare una funzione.

8.1.4 Misura di sottoinsiemi di R3

Figura 8.1:

Definizione 8.9 Sia A ⊂ R3 un insieme limitato e sia R un intervallo checontiene A. Definiamo

mis−(A) =

RχA(x)dx , mis+(A) =

–∫

RχA(x)dx

mis−(A) e mis+(A) si dicono, rispettivamente misura interna e misuraesterna di A.

Diciamo che A è un sottoinsieme misurabile di R3 se mis−(A) = mis+(A);in tal caso definiamo mis(A), misura di A, il loro comune valore.

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analisi matematica 2 115

E’ immediato verificare che la precedente definizione non di-pende dalla scelta dell’ intervallo R tra tutti quelli che contengonoA.

Si può inoltre verificare che

mis−(A) = supP∈P(R)

L(χA, P) mis+(A) = infP∈P(R)

U(χA, P)

In altre parole

• mis−(A) è l’estremo superiore delle somme delle misure degliintervalli chiusi che sono contenute in A

• mis+(A) è l’estremo inferiore delle somme delle misure degliintervalli chiusi che contengono punti di A

Infine si può vedere con qualche attenzione che l’estremo su-periore e l’estremo inferiore non cambiano se si consideranointervalli aperti in luogo degli intervalli chiusi.

È intuitivamente evidente, si veda la figura ??, anche se non imme-diato da dimostrare che

Teorema 8.6 Sia A ⊂ R3 un sottoinsieme limitato, allora

mis+(∂A) = mis+(A)−mis−(A).

Dimostrazione. Sia R un rettangolo, A ⊂ R e sia P ∈ P(R). Si ha

U′(χ∂A, P) = U′(χA, P)− L′(χA, P)

Infatti se Rk è un rettangolo che contiene al suo interno un punto x ∈∂A, allora Rk contiene anche punti di A e di Ac, perché contiene S(x, δ)

con δ opportuno. Se viceversa esistono x, y ∈ intRk , x ∈ A, y ∈ Ac,allora µx + (1− µ)y ∈ ∂A se µ = supλ ∈ [0, 1] : λx + (1− λ)y ∈ A.

Pertanto si ha

mis+(∂A) ≥ mis+(A)−mis−(A)

Sia ora ε > 0 e sia Pε ∈ P(R) scelta in modo che

U′(χA, Pε) ≤ mis+(A) + ε

L′(χA, Pε) ≥ mis−(A)− ε

Allora

mis+(A)−mis−(A) + 2ε ≥ U′(χA, Pε)− L′(χA, Pε) =

= U′(χ∂A, Pε) ≥ mis+(∂A)

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116 o.caligaris - p.oliva

e

mis+(A)−mis−(A) ≥ mis+(∂A).

Osservato che si ha

0 ≤ mis−(∂A) ≤ mis+(∂A) = mis+(A)−mis−(A)

2

si può facilmente vedere che

Teorema 8.7 Sia A ⊂ Rn, limitato, allora A è misurabile se e solo se ∂A èmisurabile ed ha misura nulla.

Osserviamo anche che

mis A = 0 ⇔ ∀ε > 0 ∃Pε ∈ P(R) : U′(χA, Pε) < ε

Inoltre, tenuto conto che, se mis A = mis B = 0 allora mis A ∪ B =

0, dal precedente teorema e dal fatto che

∂(A∪B) ⊂ ∂A∪ ∂B ∂(A∩B) ⊂ ∂A∪ ∂B ∂(A \ B) ⊂ ∂A∪ ∂B

si ottiene che, se A e B sono misurabili, allora A ∪ B, A ∩ B,A \ B sono misurabili.

Infine, tenendo conto che

χA∪B = χA + χB − χA∩B

si ottiene

mis A ∪ B = mis A + mis B−mis A ∩ B

Abbiamo con ciò che, se A, B ⊂ R3 sono misurabili e disgiunti,e se x ∈ R3, si ha

• mis A ≥ 0

• mis A ∪ B = mis A + mis B

• mis(x + A) = mis A

• mis(×ni=1 [0, 1]) = 1

Si potrebbe anche vedere che tali proprietà sono, da sole, ingrado di caratterizzare la misura sui sottoinsiemi di R3

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analisi matematica 2 117

Teorema 8.8 Sia R ⊂ Rn un rettangolo e sia f : R −→ R limitata; sup-poniamo inoltre f continua in R \ D, misD = 0, allora f è integrabile inR.

Dimostrazione. Sia | f (x)| ≤ M ∀x ∈ R e sia Pε ∈ P(R) tale che

U′(χD , Pε) < ε/(4M)

Se S =⋃

RDk essendo l’unione estesa a tutti i rettangoli aperti che

contengono punti di D si ha che R \ S è chiuso, f è continua su R \ Se, per il teorema di Heine-Cantor, è possibile, a meno di raffinare lapartizione, far sì che

M′k −m′k < ε/(2 mis R)

Ma allora

U′( f , Pε)− L′( f , Pε) < ∑(M′k −m′k)mis Rk + 2M mis S ≤≤ ε

2 mis Rmis R +

ε

4M2M = ε

2

Teorema 8.9 Sia f : A −→ Rm continua, A ⊂ Rn chiuso e limitato, allora

mis(gph f ) = 0.

Dimostrazione. Dal momento che f è continua su A, che è chiusoe limitato, f è limitata essa stessa e si ha che gph f ⊂ R ove R è unopportuno rettangolo di Rn+m.

Dal momento che f è uniformemente continua su A, si ha che ∀ε >

0 ∃δ(ε) > 0 tale che se |xi − yi| < δ(ε) si ha

| f j(x)− f j(y)| < ε , ∀i = 1, .., n , ∀j = 1, .., m

SianoPε = ×n

i=1 Pi , Qε = ×mj=1 Qj

dove Pi = xik è una partizione scelta in modo che ∆(Pi) < δ(ε) eQj = mk

ij, Mkij, ove

mkij = min f j(x) : x ∈ [xik , xi,k+1]

Mkij = max f j(x) : x ∈ [xik , xi,k+1]

Alloramis+(gph f ) ≤ ε mis R

emis+(gph f ) = 0.

2

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118 o.caligaris - p.oliva

Corollario 8.1 - Siano g,f: A −→ R, A ⊂ Rn chiuso e limitato; allora, sef e g sono continue

(x, y) ∈ Rn+1 : g(x) ≤ y ≤ f (x)è misurabile.

Teorema 8.10 Sia f : A −→ R, A ⊂ Rn chiuso, limitato e misurabile; fcontinua in A \ D, mis D = 0. Allora f è integrabile su A.

Dimostrazione. Sia R un rettangolo tale che A ⊂ R; allora χA() f () ècontinua su R \ (D ∪ ∂A) e mis D = mis ∂A = 0. 2

Teorema 8.11 Sia A un dominio normale in Rn+1 e sia f : A −→ R unafunzione continua in A \ D con mis D = 0. Allora f è integrabile su A e siha

Af (x)dx =

RχA(x) f (x)dx =

=∫ b1

a1

∫ b2

a2

...∫ bn+1

an+1

χA(x1, x2, ..., xn, y) f (x1, x2, ..., xn, y)dydxn...dx1 =

=∫

D

∫ h(x)

g(x)f (x1, x2, ..., xn, y)dydxn ... dx1

8.1.5 Integrazione su Domini Normali

Definiamo ora l’integrale di una funzione limitata su un insieme mi-surabile.

Definizione 8.10 Sia f : R −→ R, A ⊂ R ⊂ R3, A limitato e misurabile,R intervallo in R3; si definisce

Af (x)dx =

RχA(x) f (x)dx.

E’ banale verificare che la definizione non dipende dalla scelta dell’intervalloR che contiene A.

Possiamo dare il seguente criterio di integrabilità.

Teorema 8.12 Sia f : A −→ R, A ⊂ R3 chiuso, limitato e misurabile; fcontinua in A \ D, mis D = 0. Allora f è integrabile su A.

Definizione 8.11 Diciamo che A ⊂ Rn+1 è un dominio normale in Rn+1

se esistono un insieme D ⊂ Rn chiuso e limitato, e due funzioni continueg, h : D −→ R tali che

A = (x, y) ∈ Rn ×R : x ∈ D , g(x) ≤ y ≤ h(x)oppure se

A = (x, y) ∈ Rn ×R : a ≤ y ≤ b , x ∈ Dydove Dy è un insieme misurabile in Rn.

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analisi matematica 2 119

e si può verificare che

Ogni dominio normale in Rn+1 è un insieme misurabile.

Pertanto è lecito integrare funzioni continue, a meno di insiemi dimisura nulla, su domini normali e si ha il seguente

Teorema 8.13 Sia A un dominio normale in R3 e sia f : A −→ R unafunzione continua in A \ D con mis D = 0.

Allora f è integrabile su A e si ha

Af (x)dx =

RχA(x) f (x)dx =

=∫ b1

a1

∫ b2

a2

∫ b3

a3

χA(x1, x2, x3, y) f (x1, x2, x3, y)dydx3dx2dx1 =

=∫

D

∫ h(x1 ,x2 ,x3)

g(x1 ,x2 ,x3)f (x1, x2, ..., xn, y)dydx3dx2dx1 (8.1)

oppure

Af (x)dx =

RχA(x) f (x)dx =

=∫ b1

a1

∫ b2

a2

∫ b3

a3

χA(x1, x2, x3, y) f (x1, x2, x3, y)dydx3dx2dx1 =

=∫ b

a

Dyf (x1, x2, ..., xn, y)dx3dx2dx1dy (8.2)

8.1.6 Trasformazione di coordinate in R3

È spesso utile, per tenere conto delle caratteristiche di un insieme,considerare un cambiamento di variabili in R3.

Per cambiamento di variabili intendiamo una applicazione

V : R3 → R3

definita da

R3 3 (t, s, r) 7→ V(t, s, r) = (x(t, s, r), y(t, s, r), z(t, s, r)) ∈ R3

che risulti di classe C1 sia invertibile e sia tale che

∂(x, y, z)∂(t, s, r)

= det

xt yt zt

xs ys zs

xr yr zr

6= 0

Sono esempi di trasformazioni di coordinate

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120 o.caligaris - p.oliva

• Il cambiamento di variabili lineari

x = a1u + b1v + c1w

y = a2u + b2v + c2w

z = a3u + b3v + c3w

, u, v, w ∈ R , z ∈ R

cioè

xyz

=

a1 b1 c1

a2 b2 c2

a3 b3 c3

uvw

• Le coordinate cilindriche definite da

x = ρ cos θ

y = ρ sin θ

z = z

, ρ ∈ [0,+∞) , θ ∈ [0, 2π] , z ∈ R

• Le coordinate sferiche definite da

x = ρ cos θ cos φ

y = ρ sin θ cos φ

z = ρ sin φ

, ρ ∈ [0,+∞) , θ ∈ [0, 2π] , φ ∈ [−π/2, π/2]

Si verifica in tali casi che

• Per il cambiamento lineare

∂(x, y, z)∂(u, v, w)

= det

a1 b1 c1

a2 b2 c2

a3 b3 c3

• Per le coordinate cilindriche

∂(x, y, z)∂(ρ, θ, z)

= ρ

• Per le coordinate sferiche

∂(x, y, z)∂(ρ, θ, φ)

= ρ cos φ

Teorema 8.14 - Cambiamento di variabili per integrali multipli - Sia

φ : B −→ R3

dove B ⊂ R3 aperto e φ ∈ C1(B).

AnTot.TEX— [ Content/Analisi-9.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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analisi matematica 2 121

Supponiamo che A sia un insieme misurabile con cl A ⊂ B, tale che φ èuna funzione invertibile e ∇φ è una matrice invertibile su int A;

allora se f è limitata su φ(A) e continua su intφ(A), si ha∫

φ(A)f (x)dx =

Af (φ(x))|det(∇φ(x))|dx.

Teorema 8.15 cambiamento di variabile per integrali multipli - Sia φ : B −→Rn, B ⊂ Rn aperto, φ ∈ C1(B) e supponiamo che A sia un insieme misura-bile, clA ⊂ B, tale che φ è invertibile e ∇φ è una matrice invertibile su intA;allora se f è limitata su φ(A) e continua su intφ(A), si ha

φ(A)f (x)dx =

Af (φ(x))|det(∇φ(x))|dx.

Diamo una dimostrazione del teorema di cambiamento di variabilenegli integrali multipli nel caso di due variabili ed osserviamo che sipotrebbe estendere al caso generale con poche modifiche.

Lemma 8.2 Sia φ : B→ R2, B ⊂ R2 aperto, φ ∈ C1(B), e sia A limitato emisurabile, con cl A ⊂ B, e det∇φ 6= 0 su int A. Allora

• φ(A) è misurabile e

∀ε > 0 ∃Pε : mis (∪i∈I Qi) , mis φ (∪i∈I Qi) < ε

ove con Qi, i ∈ I, si sono indicati i quadrati che ricoprono la frontiera diA;

inoltre indicato con Jφ(x) = |det ∇φ(x)|,

• ∀ε > 0 ∃δε > 0 tale che se Q ⊂ A è un quadrato di lato l < δε/√

2,

|mis φ(Q)− Jφ(u) mis Q| < ε mis Q ∀u ∈ Q.

Dimostrazione. Osserviamo innanzi tutto che le ipotesi poste su φ

assicurano che essa è localmente invertibile e pertanto trasforma puntiinterni di A in punti interni di φ(A). Si ha

∂φ(A) ⊂ φ(∂A) ;

infatti

∂φ(A) ⊂ cl φ(A) ⊂ cl φ(cl A) = φ((int A) ∪ ∂A) .

Ora, se y ∈ ∂φ(A) si ha y ∈ φ((int A) ∪ ∂A), ovvero y = φ(x) conx ∈ (int A) ∪ ∂A ; ma non può essere x ∈ int A perché si avrebbey ∈ int φ(A), da cui x ∈ ∂A .

Sia ora δ = dist(cl A, Bc) > 0, allora, se A ⊂ R rettangolo e P è unapartizione di R tale che l

√2 < δ (l lato dei quadrati della partizione),

si ha, per ogni quadrato Q della partizione

Q ∩ A 6= ∅ ⇒ Q ⊂ B.

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122 o.caligaris - p.oliva

Poiché A è misurabile è possibile supporre che

mis (∪i∈I Qi) < ε

(si ricordi che con Qi, i ∈ I, si sono indicati i quadrati che ricopronola frontiera di A) e, se M = max‖∇φ(x)‖ : x ∈ ∪Q tali che Q ∩ A 6=∅ , si ha

x, y ∈ Q ⇒ |x− y| < l√

2 ⇒ |φ(x)− φ(y)| < Ml√

2 .

Ne seguemis+ φ(Q) ≤ 2πl2M2 = 2πM2 mis Q

e

mis+ φ (∪i∈I Qi) ≤∑i∈I

mis+ φ(Qi) ≤∑i∈I

2πM2 mis Qi < 2πM2ε .

In particolare, mis+ ∂φ(A) ≤ mis+ φ(∂A) ≤ 2πM2ε , da cui risultamis+ ∂φ(A) = 0 e φ(A) è misurabile.

Passiamo ora a provare la seconda affermazione. Si ha

∀ε > 0 ∃δε > 0 : |u− v| < δε ⇒ |∇φ(u)−∇φ(v)| < ε e

|Jφ(u)− Jφ(v)| < ε.

Sia ora Q tale che l√

2 < δ (si ometterà nel seguito l’indice ε), sia u0

il centro di Q e sia φ0(u) = φ(u0) + 〈∇φ(u0), (u− u0)〉 .Per ogni u ∈ Q si ha

|φ(u)− φ0(u)| = |[φ(u)− 〈∇φ(u0), u〉]− [φ(u0)− 〈∇φ(u0), u0〉]| ≤≤ sup ‖∇φ(c)−∇φ(u0)‖ ‖u− u0‖ ≤ εl

√2

Ne segue che

(1) φ(Q) ⊂ φ0(Q) + S(0, εl√

2) = φ0(Q) ∪ E0

Inoltre, da

(2) ∂φ(Q) ⊂ φ(∂Q) ⊂ φ0(∂Q) + S(0, εl√

2)

segue

(3) φ0(Q) \ E1 ⊂ φ(Q)

infatti, se φ0(Q) \ E1 = ∅ è ovvio; in caso contrario si ha φ0(u0) =

φ(u0) ⊂ φ0(Q) \ E1, e se per assurdo esistesse x ∈ φ0(Q) \ E1, x /∈φ(Q), il segmento di estremi φ(u0) e x, tutto contenuto in φ0(Q) \ E1

dovrebbe contenere punti di ∂φ(Q), il che contraddice la (2).Allora, da (1) e (3)

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analisi matematica 2 123

mis φ0(Q)−mis E0 ≤ mis φ0(Q)−mis E1 ≤ mis φ(Q)

≤ mis φ0(Q) + mis E0

e

|mis φ(Q)−mis φ0(Q)| ≤ mis E0 .

Ma poiché i lati del parallelogramma φ0(Q) hanno lunghezza mi-nore di Ml, si ha

mis E0 ≤ Mlεl√

2 + 2πε2l2 ≤ cost. εl2 = cost. ε mis Q.

Sia ora u ∈ Q, essendo mis φ0(Q) = Jφ(u0) mis Q, si ha

|mis φ(Q)− Jφ(u)mis Q| ≤ |mis φ(Q)−mis φ0(Q)|++ |Jφ(u0)mis Q− Jφ(u)mis Q| ≤

≤ cost.ε mis Q + ε mis Q.

2

Teorema 8.16 Sia φ : B→ R2, B ⊂ R2 aperto, φ ∈ C1(B), e sia A limitatoe misurabile, con cl A ⊂ B, e det∇φ 6= 0 su int A, e sia φ invertibile suint A ed f : φ(A)→ R è continua e limitata, allora

φ(A)f (x) dx =

Af (φ(u)) |det ∇φ(u)| du.

Dimostrazione. Per il lemma 1

∀ε > 0 ∃Pε : mis (∪i∈I Qi) , mis φ (∪i∈I Qi) < ε.

Supponiamo inoltre vera la tesi del lemma 2; posto poi

F(u) = f (φ(u))|det∇φ(u)|

poiché F è integrabile su A, si può supporre

∣∣∣∣R(F, Pε, Ξ)−∫

AF(u)du

∣∣∣∣ < ε .

Si ha quindi, avendo indicato con Qi, i ∈ I′, i quadrati contenuti inA

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124 o.caligaris - p.oliva

∣∣∣∣∫

φ(A)f (x)dx −

AF(u)du

∣∣∣∣ =

=

∣∣∣∣∫

φ(∪I′Qi)f (x)dx +

φ(∪I Qi)f (x)dx−

−R(F, Pε, Ξ) + R(F, Pε, Ξ)−∫

AF(u)du

∣∣∣∣ ≤

≤∣∣∣∣∫

φ(∪I′Qi)f (x)dx− R(F, Pε, Ξ)

∣∣∣∣+∫

φ(∪I Qi)| f (x)|dx+

+

∣∣∣∣R(F, Pε, Ξ)−∫

AF(u)du

∣∣∣∣ ≤

≤∣∣∣∣∣∑i∈I′

φ(Qi)f (x)dx− R(F, Pε, Ξ)

∣∣∣∣∣+ ε sup | f (x)|+ ε ≤

≤∣∣∣∣∣∑i∈I′

f (xi)mis φ(Qi)− ∑i∈I′

F(ui)mis Qi

∣∣∣∣∣+

+

∣∣∣∣∣∑i∈IF(ui)mis Qi

∣∣∣∣∣+ ε cost. ≤

(dove xi = φ(ui) )

≤ ∑i∈I′| f (xi)| |mis φ(Qi)− Jφ(ui)mis Qi|+

+ sup |F(u)| mis(∪I Qi) + ε cost. ≤≤ sup | f (x)| ∑

i∈I′ε mis Qi + ε cost. + ε cost. ≤

≤ cost. ε mis A + ε cost. ≤ ε cost.

2

8.1.7 Integrali Impropri in R3

Illustriamo ora per sommi capi il problema di definire l’integrale diuna funzione non limitata su un insieme limitato o non limitato.

Definizione 8.12 Sia f : A −→ R+, A ⊂ R3, f limitata ed integrabile inogni compatto misurabile K ⊂ A. Definiamo∫

Af (x)dx = sup

Kf (x)dx : K ⊂ A , K compatto e misurabile

La definizione si può facilmente estendere a funzioni di segno qualunque,non appena si ricordi che f = f+ + f−.

Per il calcolo di∫

A f (x)dx è opportuno dare la seguente definizione.

Definizione 8.13 Sia A ⊂ R3 diciamo che Ki è una successione di dominiinvadenti A se

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analisi matematica 2 125

• Ki sono insiemi compatti, misurabili, Ki ⊂ A

• Ki+1 ⊃ Ki

• ∀K ⊂ A, K compatto, misurabile, ∃i tale che Ki ⊃ K.

Teorema 8.17 Sia A ⊂ R3 misurabile e sia f : A −→ R+ una funzioneintegrabile in ogni insieme K ⊂ A, compatto e misurabile.

Allora se Ki è una successione di domini invadenti A, si ha∫

Af (x)dx = lim

i

Ki

f (x)dx

Dimostrazione. Si ha∫

Ki

f (x)dx ≤∫

Af (x)dx

e∫

Kif (x)dx è una successione crescente per cui

limi

Ki

f (x)dx = sup∫

Ki

f (x)dx≤∫

Af (x)dx

D’altra parte, dal momento che, ∀K ⊂ A esiste Ki ⊃ K, si ha

sup∫

Ki

f (x)dx≥ sup

Kf (x)dx : K ⊂ A

=∫

Af (x)dx

2

Teorema 8.18 Sia f : A −→ R, A ⊂ R2 misurabile, chiuso e limitato; siax0 ∈ A, sia f continua in A \ x0 e

limx→x0

f (x) = +∞

Allora sef (x) ≤ H

‖x− x0‖α, H ≥ 0 , α < 2

f è integrabile in senso improprio su A.Se invece

f (x) ≥ H‖x− x0‖α

, H > 0 , α ≥ 2

e se A contiene un cono di vertice x0 e ampiezza positiva, allora∫

Af (x)dx = +∞.

Dimostrazione. Sia Ak = cl(A \ S(x0, 1/k)), Ak è una successione didomini invadenti A; sia h ∈ N, si ha, se k > h

Ak

f (x)dx =∫

Ah

f (x)dx−∫

Ah\Ak

f (x)dx

inoltre ∫

Ah\Ak

f (x)dx ≤∫ 2π

0dθ∫ 1/h

1/k

Hρα

ρdρ

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126 o.caligaris - p.oliva

non appena si sia convenuto di indicare con ρ e θ le coordinate polarinel piano, centrate in x0.

Per quel che riguarda il secondo enunciato, detti θ0 e θ1 gli angoliche le semirette delimitanti il settore formano con l’asse x, si ha

Ah\Ak

f (x)dx ≥∫ θ1

θ0

dθ∫ 1/h

1/k

Hρα

ρdρ

2

In maniera analoga si può provare il seguente

Teorema 8.19 Sia f : A −→ R, A ⊂ R3 non limitato; sia f continua.Se

| f (x)| ≤ H‖x‖α

, H ≥ 0 , α > 2

allora f è integrabile in senso improprio su A.Se invece

f (x) ≥ H‖x‖α

, H > 0 , α ≤ 2

e se A contiene un cono di ampiezza positiva, allora∫

Af (x)dx = +∞.

8.2 Integrali dipendenti da un parametro.

Passiamo infine a illustrare brevemente il comportamento di un inte-grale rispetto a parametri contenuti nella funzione da integrare.

Questo tipo di problematiche si incontra, ad esempio, quando si stu-diano le trasformazioni integrali (Fourier, Laplace) o nella definizionedi funzioni notevoli (come,ad esempio, la funzione Γ).

Teorema 8.20 Sia f : A× I −→ R, A ⊂ Rn chiuso e limitato, I = [a, b].Supponiamo f ∈ C0(A× I), allora F : A× I × I −→ R definita da

F(x, y, z) =∫ z

yf (x, t)dt

è continua in A× I× I; inoltre Fy ed Fz esistono e sono continue in A× I× I.Se ∇x f ∈ C0(A× I × I), allora F è differenziabile rispetto ad x,

∇xF(x, y, z) =∫ z

y∇x f (x, t)dt

e quindi risulta ∇xF è continuo in A× I × I e F ∈ C1(A× I × I) .

Dimostrazione. Per quel che riguarda la prima parte dell’enunciatoè sufficiente ricordare che f è uniformemente continua e limitata su

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analisi matematica 2 127

A× I; si ha pertanto

|F(x′, y′, z′)− F(x, y, z)| =∣∣∣∣∫ z′

y′f (x′, t)dt−

∫ z

yf (x, t)dt

∣∣∣∣ =

=

∣∣∣∣∫ z

y[ f (x′, t)− f (x, t)]dt +

∫ y

y′f (x′, t)dt +

∫ z′

zf (x′, t)dt

∣∣∣∣ ≤

≤ ε|b− a|+ M(|y− y′|+ |z− z′|)

Il resto del primo punto è conseguenza del teorema fondamentaledel calcolo integrale.

Per quanto riguarda il secondo enunciato si ha

1‖h‖

∣∣∣∣F(x + h, y, z)− F(x, y, z)− 〈∫ z

y∇x f (x, t)dt, h〉

∣∣∣∣ ≤

≤∣∣∣∣∫ z

y

| f (x + h, t)− f (x, t)− 〈∇x f (x, t), h〉|‖h‖ dt

∣∣∣∣

=

∣∣∣∣∫ z

y

|〈∇x f (ξ , t)−∇x f (x, t), h〉|‖h‖ dt

∣∣∣∣ ≤

≤∣∣∣∣∫ z

y‖∇x f (ξ , t)−∇x f (x, t)‖dt

∣∣∣∣

con ‖ξ − x‖ < ‖h‖. Come per il punto precedente si può conclude-re, ricordando che∇x f è continuo, e quindi è uniformemente continuoin A× I. 2

Il teorema 26.33 può essere esteso anche nel caso in cui l’integralesia inteso in senso improprio. Tratteremo qui soltanto il caso in cuil’intervallo di integrazione è illimitato, in quanto esso è facilmenteestendibile all’altro caso.

Teorema 8.21 Sia f : A × I −→ R, A ⊂ Rn chiuso e limitato, I =

[a,+∞), una funzione continua. Consideriamo

F(x) =∫ +∞

af (x, t)dt

Se esiste φ : I −→ R tale che

| f (x, t)| ≤ φ(t) ∀x ∈ A ;∫ +∞

aφ(t)dt < +∞

allora F è definita e continua in A.Se inoltre ∇x f esiste, è continuo in A× I, e se esiste ψ : I −→ R tale che

‖∇x f (x, t)‖ ≤ ψ(t) ∀x ∈ A ;∫ +∞

aψ(t)dt < +∞

allora F ∈ C1(A) e

∇F(x) =∫ +∞

a∇x f (x, t)dt .

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128 o.caligaris - p.oliva

Dimostrazione. Sia δ > a scelto in modo che∫ +∞

δφ(t)dt < ε/4

(Ciò è possibile in quanto φ ammette integrale improprio convergentesu [a,+∞)).

Si ha

|F(x′)− F(x)| ≤∣∣∣∣∫ δ

a( f (x′, t)− f (x, t))dt

∣∣∣∣+

+ 2∫ +∞

δφ(t)dt

ed applicando il teorema precedente, se |x− x′| < δ(ε), si ottiene

|F(x′)− F(x)| ≤ ε/2 + 2ε/4

Per quel che riguarda la seconda parte si ha in analogia a quanto fattosopra e a quanto fatto nel teorema precedente

1‖h‖

∣∣∣∣F(x + h)− F(x)− 〈∫ +∞

a∇x f (x, t)dt, h〉

∣∣∣∣ ≤

≤∫ δ

a‖∇x f (ξ, t)−∇x f (x, t)‖dt + 2

∫ +∞

δψ(t)dt

essendo ‖ξ − x‖ ≤ ‖h‖ e si può concludere con gli stessi argomenti.2

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O . C A L I G A R I S - P. O L I VA

P R O B A B I L I TÀ

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9. Elementi di Probabilità e Statisti-ca.

La nascita del calcolo delle probabilità si fa risalire alla seconda me-tà del ’600 e più precisamente al carteggio intervenuto tra Blaise Pa-scal e Pierre de Fermat a proposito delle questioni poste da AntoineGombaud Chevalier de Mere.

Il Cavaliere de Mere giocava d’azzardo seguendo la moda del-l’epoca e si dice avesse subito gravi perdite scommettendo sul-l’uscita di almeno una coppia di 6 in 24 lanci di due dadi dopoaver avuto notevoli successi scommettendo sull’uscita di almenoun 6 su 4 lanci di un solo dado. Con le notazioni di oggi posssia-mo infatti calcolare che la probabilità di ottenere una coppia di 6nel lancio di due dadi è 1/36 e quindi la probabilità di ottenerealmeno una coppia di 6 in 24 lanci è

1−(

3536

)24≈ 0.4823

essendo( 35

36)24

la probabilità di non ottenere una coppia di 6 innessuno dei 24 lanci

D’altro canto la probabilità di ottenere un 6 nel lancio di unsolo dado è 1/6 e quindi la probabilità di ottenere almeno un 6 in4 lanci è

1−(

56

)4≈ 0.5177

La questione posta dal cavaliere de Mere era sul tappeto già inprecedenza e riguardava la seguente situazione:

Due giocatori A e B scommettono sul successo in almeno 3 tra 5 proveripetute. Dopo la terza prova A ha ottenuto 2 successi e B ne ha ottenuto 1.A questo punto si interrompe il gioco. Il problema consiste nel determinareuna suddivisione equa della posta

La soluzione di Fermat si basa sul fatto che nel prosieguo del gioco

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132 o.caligaris - p.oliva

uno solo dei quattro possibili eventi, quello in cui B vinca entrambe le2 rimanenti partite, è favorevole a B mentre gli altri 3 casi sono tuttifavorevoli ad A. Pertanto la posta deve essere divisa nella proporzionedi 3/4 ad A ed 1/4 a B.

Pascal invece osserva che se il gioco fosse proseguito, poichè nellaquarta partita sia A che B hanno eguale possibilità di vittoria, A hadiritto alla metà della posta ed inoltre poichè, se vincesse B, nell’ultimapartita le possibilità sarebbero ancora uguali A ha diritto anche allametà della metà rimanente e quindi in tutto 3/4 della posta vanno adA.

Pascal fu anche in grado di ottenere una generalizzazione della suasoluzione estendendo il suo ragionamento per induzione e provando,ad esempio che, nel caso in cui ad A manchino 2 successi e a B nemanchino 3, la posta deve essere divisa in parti proporzionali ai nu-meri che si ottengono sommando i primi 3 e gli ultimi 2 termini checompaiono nella riga del triangolo aritmetico di Pascal (o Tartaglia)che contiene 5 termini. Il problema era stato affrontato già molte vol-te nei secoli precedenti ma la soluzione che ora consideriamo correttafu trovata per la prima volta da Pascal e Fermat e fu formalizzata daChristian Huygens nel suo libro De ratiociniis in ludo aleae nel 1657

Nel secolo seguente molti autori pubblicarono libri sull’argomentodando inizio al calcolo delle probabilità. Ricordiamo Ars conjectandidi Giacomo Bernoulli del 1713, Essay d’analyse sur les jeux de hasard diPierre Rémond de Montmort pubblicato nel 1708 e nel 1711, Doctrineof chances di Abraham De Moivre pubblicato nel 1718, nel 1738 e nel1756, Doctrine of annuity and reversions di Thomas Simpson del 1742,Annuities on lives di Abraham De Moivre pubblicato nel 1725, nel 1743,nel 1750 e nel 1752.

Prima ancora possiamo ricordare i contributi precursori della teoriadelle probabilità dovuti a Cardano contenuti nel Liber de ludo aleae,probabilmente scritti nel 1560 ma, pubblicati postumi dopo l’uscitadel lavoro di Huygens.

9.0.1 La divisione della posta

Consideriamo il problema della divisione della posta che abbiamoprima introdotto, quando ai due giocatori, che chiameremo A e Bmancano rispettivamente 1 e 2 partite.

Abbiamo già visto che la posta deve essere divisa, in questo caso,in parti proporzionali a 3 e 1; in altre parole al primo giocatore spetta

33+1 = 3

4 , mentre al secondo spetta 13+1 = 1

4 della posta. Possiamoricavare lo stesso risultato usando un semplice grafo ad albero cheelenca tutte i possibili esiti di 2 partite, tante quante ne servono perconcludere il gioco.

s

@@@@@

12

12

sAHHHHH

12

12

sBHHHHH

12

12

sAAA

sBAB

sABA

sBBB

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 133

I casi favorevoli ad A sono quindi quelli in cui A compare almenouna volta e sono 3, mentre l’unico caso favorevole a B è quello in cui Bcompare due volte. È evidente l’analogia con i monomi che compaiononello sviluppo di

(A + B)2 = A2 + 2AB + B2

e possiamo anche notare che la somma di tutti i coefficienti (1 + 2 + 1)è 4, che la somma dei primi due è 3 mentre il terzo è 1 e congetturareche ci sia una relazione con la suddivisione equa della posta.

Per capire qualcosa in più consideriamo allora il caso in cui ad Amanchino 2 partite e a B ne manchino 3. In tal caso la situazione puòessere descritta enumerando i casi possibili ed indicando la probabilitàdi accadimento pi o qi di ognuno, come segue.

r

AAAAAAAA

12

12

rA

@@@@

12

12

rB

@@@@

12

12

rBHHHH

12

12

rAHHHH

12

12

rBHHHH

12

12

rBXXXX

12

12

rBXXXX

12

12

rAXXXX

12

12

rA AA p1 = 14 = 4

16

rA ABA p2 = 18 = 2

16

rA BAA p3 = 18 = 2

16

rB BBB q1 = 18 = 2

16

rA ABBA p4 = 116rB ABBB q2 = 1

16

rA BABA p5 = 116rB BABB q3 = 1

16rA BBAA p6 = 116rB BBAB q4 = 1

16

Pertanto la probabilità di vittoria di A è

p = ∑ pi =1

16(4 + 2 + 1 + 2 + 1 + 1) =

1116

mentre B vince con probabilità

q = ∑ qi =1

16(1 + 1 + 2 + 1) =

516

Ovviamente p + q = 1 e la posta va divisa in parti proporzionali a11 e 5

Completiamo il grafo ad albero elencando tutti i casi possibili, ognu-no di essi ha uguale probabilità pi =

116 ; identifichiamo poi le possibili

uscite con monomi in A e B e contiamone il numero.

r

AAAAAAAA

12

12

rA

@@@@

12

12

rB

@@@@

12

12

rAHHHH

12

12

rBHHHH

12

12

rAHHHH

12

12

rBHHHH

12

12

rAXXXX

12

12

rBXXXX

12

12

rAXXXX

12

12

rBXXXX

12

12

rAXXXX

12

12

rBXXXX

12

12

rAXXXX

12

12

rBXXXX

12

12

rA AAAA (A4)rB AAAB (A3B)rA AABA (A3B)rB AABB (A2B2)rA ABAA (A3B)rB ABAB (A2B2)rA ABBA (A2B2)rB ABBB (AB3)rA BAAA (A3B)rB BAAB (A2B2)rA BABA (A2B2)rB BABB (AB3)rA BBAA (A2B2)rB BBAB (AB3)rA BBBA (AB3)rB BBBB (B4)

Osserviamo che A4 compare 1 volta, A3B 4 volte, A2B2 6 volte, AB3

4 volte e B4 1 volta ed è immediato notare l’analogia con lo sviluppodella quarta potenza del binomio

(a + b)4 = a4 + 4a3b + 6a2b2 + 4ab3 + b4

I casi favorevoli ad A sono quelli in cui a compare almeno alla po-tenza 2 e possiamo contarli sommando i relativi coefficienti 1 + 4 + 6;in maniera analoga otteniamo che i casi favorevoli a B son quelli in cuib compare almeno alla terza potenza e anche qui possiamo ottenerneil numero sommando i relativi coefficienti 4 + 1.

Otteniamo quindi lo stesso risultato già visto ed inoltre risulta chia-ro come estendere la regola della suddivisione al caso in cui ad Amanchino k vittorie e a B ne manchino h. La suddivisione dovrà es-sere proporzionale alla somma dei primi k e degli ultimi h coefficientidello sviluppo di (a + b)k+h−1.

9.1 Qualche richiamo di calcolo combinatorio.

Per studiare un po’ di probabilità discreta è utile conoscere qualcheelemento di calcolo combinatorio.

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134 o.caligaris - p.oliva

Il calcolo combinatorio si occupa di stabilire il numero delle possibi-li uscite di semplici esperimenti; si fonda essenzialmente sul principioseguente:

Se un esperimento ha n1 possibili esiti, un secondo esperimentoha n2 possibili esiti, un terzo esperimento ha n3 possibili esiti, al-lora il numero dei possibili esiti della sequenza dei tre esperimentiè

n1n2n3

Le più comuni conseguenze di questo principio portano a un certonumero di definizioni che descriviamo brevemente.

9.1.1 Disposizioni di n elementi a k a k.

Parliamo di disposizioni (o anche, se k = n, di permutazioni) din elementi a k a k quando consideriamo i gruppi che si ottengonoscegliendo k elementi tra gli n dati.

Riteniamo due gruppi distinti se differiscono per un elemento o perl’ordine con cui gli elementi sono scelti.

Indichiamo con

nDk

il numero delle disposizioni di n elementi a k a k.

Poichè per il primo elemento di ciascun gruppo abbiamo n scelte,per il secondo ne abbiamo (n − 1) per il terzo ne abbiamo (n − 2) ecosì via, possiamo calcolare che

nDk = n(n− 1)(n− 2)(n− 3)....(n− (k− 1)) =n!

(n− k)!

Inoltre

Il numero delle disposizioni di n elementi ad n ad n, cioè dellepermutazioni, risulta

Pn =n Dn = n!

Parliamo di permutazioni con elementi ripetuti quando conside-riamo le permutazioni di n elementi che si presentano in k sottogrup-

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 135

pi di elementi indistinguibili, ciascuno composto da n1, n2, n3,...,nk

elementi con n1 + n2 + n3 + · · ·+ nk = n

Le permutazioni con elementi ripetuti risultano in numero di

n!n1!n2!n3! · · · nk!

Nella formula precedente il denominatore è giustificato dal fattoche, per l’i−esimo gruppo, ci sono ni! modi di scegliere in sequenzacli ni elementi.

Qualora si possa scegliere da n elementi per coprire k posti sen-za il vincolo di non considerare un elemento giá scelto parliamo didisposizioni con ripetizione.

Si calcola facilmente che le disposizioni con ripetizione sono innumero di

nk

9.1.2 Combinazioni di n elementi a k a k.

Individuare una combinazione di n elementi a k a k significa assegnarek elementi ad n ≥ k posizioni senza tener conto dell’ordine con cui glielementi figurano.

Indichiamo con

nCk

il numero delle combinazioni di n elementi a k a k.

Possiamo visualizzare mediante k segni Z gli elementi cui bisognaassegnare una posizione e con n circoletti © le posizioni disponibiliAd esempio nella figura sono riportate 22 posizioni e 9 elementi.© Z© © © © Z© © Z© Z© © © Z© Z© © © Z© Z© © © © © Z©

Naturalmente non è importante in quale delle 9 posizioni occupateda Z si colloca il primo elemento, in quale si colloca il secondo, inquale il terzo e così via; quindi ci sono molti modi per disporre sulle 9posizioni occupate i 9 elementi che indichiamo con

¶ · ¸ ¹ º » ¼ ½ ¾La seguente figura descrive una possibile scelta© ¶© ©©© ·© © © ¹© ©© º© »© ©© ¼© ½© ©© ©© ¾©

in cui il primo elemento è collocato sulla prima posizione scelta ilsecondo sulla seconda e così fino al nono.

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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136 o.caligaris - p.oliva

Altre possibili disposizioni sono© © © © © ·© © ¶© ¾© © © º© ½© © © ¼© »© © © © © ¹©oppure© ¾© © © © ·© © ½© ¹© © © º© »© © © ¶© © © © © © º©

Quindi per stimare il numero di possibilità di disporre k segni Zin n posizioni© occorre

• contare in quanti modi si possono scegliere k posizioni su n dispo-nibili; sia Nk il loro numero.

• contare in quanti modi si possono disporre i k segni Z (elementi)sulle k posizioni scelte; sia Kk il loro numero.

• Calcolare NkKk

in quanto ogni possibilità di disporre k segni Z in nposizioni è ottenuta Kk volte, se non si tiene conto dell’ordinamento.

Avremo, in tutto,

Nk = n(n− 1)(n− 2)(n− 3) · ·(n− (k− 1)) =n!

(n− k)!

modi possibilie

Kk = k(k− 1)(k− 2)(k− 3) · ·1 = k!

Concludendo, il numero di modi in cui si possono disporre k ele-menti su n lanci è

n(n− 1)(n− 2)(n− 3) · ·(n− (k− 1))k!

=n!

(n− k)!k!=

(nk

)

Poniamo

nCk =

(nk

)=

n!k!(n− k)!

Il numero nCk si chiama coefficiente binomiale.Ricordiamo che i coefficienti binomiali possono essere ricavati dal

triangolo di Tartaglia e che trovano una importante applicazione nellaformula del binomio di Newton che illustriamo brevemente di seguito.

Lemma 9.1 (Triangolo di Tartaglia)(

nk

)+

(n

k− 1

)=

(n + 1

k

)

Dimostrazione.(

nk

)+

(n

k− 1

)=

n!k!(n− k)!

+n!

(k− 1)!(n− (k− 1))!=

=n![(n + 1− k) + k]

k!(n + 1− k)!=

(n + 1)!k!(n + 1− k)!

=

(n + 1

k

)

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 137

2

Possiamo allora costruire una tabella con le righe indicizzate da n ele colonne indicizzate da k ponendo 1 nei posti corrispondenti a k = 0 ek = n e calcoliamo ogni elemento sommando i due elementi della rigaprecedente, che occupano la stessa colonna e quella immediatamentea sinistra della posizione occupata dall’elemento considerato.

HHHHn

k0 1 2 3 4 5 6

1 1 1

2 1 2 1

3 1 3 3 1

4 1 4 6 4 1

5 1 5 10 10 5 1

6 1 6 15 20 15 6 1

Tabella 9.1: Il triangolo di Tartaglia pern ≤ 6

In virtù dell’uguaglianza precedente la tabella contiene nella k−esimacolonna della n−esima riga il coefficiente binomiale (n

k) e prende il no-me di triangolo di Tartaglia, o di Pascal; per il modo semplice e iterati-vo con cui è costruita, risulta molto comoda per calcolare i coefficientibinomiali.

Valgono inoltre, per i coefficienti binomiali, le seguenti proprietàche risultano molto utili in alcuni calcoli che riguardano le distribu-zioni di probabilità discrete.

(10) (1

1)

(20) (2

1) (22)

(30) (3

1) (32) (3

3). . . . . . . . . . . . . . .(n

0) . . . ( nk−1) (n

k) . . . (nn)

. . . . . . . . . (n+1k ) . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . .Lemma 9.2 Si ha

k(

nk

)= n

(n− 1k− 1

)

Dimostrazione. Basta eseguire il calcolo algebrico. 2

Lemma 9.3 - Identità di Vandermonde - Si ha

(m + n

k

)=

k

∑h=0

(mh

)(n

k− h

)

Dimostrazione. Osserviamo che

• (m+nk ) è il numero dei modi con cui si possono scegliere k elementi

tra m + n

• (mh ) è il numero dei modi con cui si possono scegliere h elementi tra

m

• ( nk−h) è il numero dei modi con cui si possono scegliere k − h ele-

menti tra n

Poichè si possono scegliere k elementi tra m+ n prendendone h tra iprimi m e k− h tra gli altri n, possiamo contare in quanti modi questosi può fare semplicemente tenendo conto che, per h fissato ci sono(m

h )(n

k−h) possibili scelte.Sommando su h si trovano tutte e si ottiene la formula. 2

Teorema 9.1 (Binomio di Newton)

(a + b)n =n

∑k=0

(nk

)an−kbk

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138 o.caligaris - p.oliva

Dimostrazione. E’ immediato verificare che la formula vale per n =

1.Proviamo ora che, se la formula è valida per n, allora è valida anche

per n + 1. Si ha

(a + b)n+1 = (a + b)n(a + b) =

=

(n

∑k=0

(nk

)an−kbk

)(a + b) = a

n

∑k=0

(nk

)an−kbk + b

n

∑k=0

(nk

)an−kbk =

=n

∑k=0

(nk

)an+1−kbk +

n

∑k=0

(nk

)an−kbk+1 =

= an+1 +n

∑k=1

(nk

)an+1−kbk +

n−1

∑k=0

(nk

)an−kbk+1 + bn+1 = (9.1)

= an+1 +n

∑k=1

(nk

)an+1−kbk +

n

∑k=1

(n

k− 1

)an+1−kbk + bn+1 =

= an+1 +n

∑k=1

((nk

)+

(n

k− 1

))an+1−kbk + bn+1 =

= an+1 +n

∑k=1

(n + 1

k

)an+1−kbk + bn+1 =

n+1

∑k=0

(n + 1

k

)an+1−kbk

2

9.1.3 Campioni ordinati

Il calcolo combinatorio è utile per stimare il numero di possibili cam-pioni estratti da una popolazione.

Per aiutarci assimiliamo la popolazione ad un un’urna piena dipalline e l’estrazione degli elementi del campione all’estrazione dellepalline dall’urna.

Possiamo operare un campionamento con ripetizione estraendo unapallina, osservandola e rimettendola nell’urna dopo aver annotato l’in-formazione relativa.

In tal caso, se operiamo k estrazioni, avremo

k volte︷ ︸︸ ︷nnn...n = nk

possibili uscite in quanto per ogni elemento estratto avremo sempre npossibili scelte.

Nel caso in cui si operi invece un campionamento senza ripetizione,estraendo, osservando e non rimettendo la pallina nell’urna, per laprima estrazione avremo n possibilità, per la seconda n − 1, per laterza n− 3 e così via.

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probabilità 139

Pertanto avremo

nDk =n!

(n− k)!possibili uscite.

9.2 Spazi di probabilità

9.2.1 Il Lancio di una moneta

Per introdurre i formalismi necessari per parlare di probabilità comin-ciamo ad illustrare qualche semplice esempio di quello che chiamere-mo spazio di probabilità discreto Consideriamo il più semplice tra igiochi d’azzardo, e cioè il lancio di una moneta. Possiamo schema-tizzare il gioco introducendo gli eventi possibili per un singolo lancio,che sono:

• L’uscita di Testa T

• L’uscita di Croce C

È naturale definire la loro probabilità di accadimento ponendo

P(T) = 12

, P(C) = 12

e possiamo motivare la nostra scelta con il fatto che le uscite possibilisono due una sola delle quali è considerata per l’evento T o l’evento C

Naturalmente la definizione presuppone che T e C si presentino conugual frequenza, cioè che la moneta sia non truccata; inoltre va dettoche consideriamo una astrazione del gioco in quanto non possiamoescludere che una moneta reale, dopo essere stata lanciata si fermi inuna posizione che non corrisponda a nessuna delle due cui attribuiamoil significato di T o C ed inoltre, nella realtà, non è possibile essere certiche la moneta non presenti una faccia più frequentemente di un’altraper causa della sua conformazione.

Accanto agli eventi elementari possiamo introdurre anche l’evento

U = T, C

che rappresenta l’evento certo e l’evento ∅ che assume invece il ruolodi evento impossibile. Chiaramente

P(U ) = P(T) + P(C) = 1 ,P(∅) = 0

Osserviamo che abbiamo quindi definito

• Un insieme U che contiene tutte le possibili uscite del gioco

• una famiglia di insiemi F costituita da tutti gli eventi che possiamoconsiderare

F = U , T , C , ∅

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140 o.caligaris - p.oliva

• una funzione P che associa ad ogni evento un numero positivo conla condizione che P(U ) = 1

9.2.2 Il lancio di un dado

Un caso del tutto simile è quello in cui si considera un dado con lefacce numerate da 1 a 6; identifichiamo con xk l’evento è stato ottenutoil punteggio k (cioè la faccia superiore del dado mostra k) per k = 1..6.

Evidentemente possiamo attribuire ad ogni evento xk una probabi-lità tenendo conto che ciascun evento è individuato da uno dei 6 casipossibili. Astraendo anche qui possiamo scrivere che:

Evento x1 x2 x3 x4 x5 x5

Probabilità 1/6 1/6 1/6 1/6 1/6 1/6

In altre parole

P(xk) =16= pk

Chiaramente possiamo anche qui individuare un insieme che con-tenga tutti gli eventi

U = x1 , x2 . x2 . x2 . x2 . x2 . x6

per il quale si ha

P(U ) =6

∑k=1P(xk) =

6

∑k=1

16= 1

e che rappresenta l’evento certo e un insieme ∅ che rappresenta l’e-vento impossibile per il quale ovviamente si ha

P(∅) = 0

In questo caso possiamo anche considerare molti altri eventi come,ad esempio l’evento Ep che è individuato dall’uscita di un pari:

Ep = x2 , x4 , x6

per cui si ha

P(Ep) =3

∑k=1P(x2k) =

3

∑k=1

16=

12

oppureE1 = x2 , x5

per cui

P(E1) = P(x2) + P(x5) =16+

16=

13

In generale possiamo considerare tanti eventi quanti sono i sottoin-siemi che si possono formare utilizzando gli elementi di U .

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 141

Nella famiglia F di tali sottoininsiemi, quella che di solito si chia-ma famiglia delle parti di U , possiamo definire una funzione P cheassegna ad ogni E ∈ F un numero P(E) che si ottiene semplicementesommando 1

6 per tante volte quanti sono gli elementi di E.Anche in questo caso quindi avremo ottenuto una terna

(U ,F ,P)

che individua quello che possiamo chiamare uno spazio di probabilità.

9.2.3 Il lancio di due dadi

Consideriamo ora il caso del lancio di due dadi.Se le facce sono numerate, come al solito, da 1 a 6 possiamo identi-

ficare l’esito del lancio con la coppia di numeri (i, j) (punteggio) che sileggono sulla faccia superiore del primo e del secondo dado.

In tal modo possiamo identificare ciascuna delle 36 possibili uscite(eventi) con il punto del piano cartesiano di coordinate (i, j); indiche-remo tale evento con il simbolo Ai,j, (si veda la figura 9.1).

Figura 9.1: Lo spazio U degli eventi nelcaso del lancio di due dadi

Poichè nel caso di dadi non truccati ogni evento è equiprobabilepossiamo affermare che la probabilità di Ai,j è data da

P(Ai,j) =1

36

Ovviamente possiamo combinare gli eventi elementari per costruirealtri eventi; ad esempio possiamo considerare un nuovo evento

B = A1,4 ∪ A5,6 = A1,4, A5,6

e, dal momento che B contiene 2 eventi elementari sui 36 possibili,possiamo ragionevolmente definire

P(B) =236

=1

36+

136

Anche in questo caso abbiamo quindi costruito una terna

(U ,F ,P)

che costituisce lo spazio di probabilità che rappresenta il lancio di duedadi.

9.2.4 Lancio di una moneta reiterato fino al successo

Gli esempi finora considerati riguardano casi in cui il numero di eventipossibili è finito. Possiamo anche costruire esempi in cu si considerinouna quantità numerabile di eventi possibili.

Supponiamo do lanciare una moneta per cui

P(T) = p , P(C) = 1− p = q

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142 o.caligaris - p.oliva

e consideriamo gli eventi En individuati dalla condizione che "è uscitatesta esattamente all’ n−esimo lancio.

Avremo che

P(Ek) = (1− p)k−1 p

in quanto è sempre uscita C per k− 1 lanci ed è uscito T esattamenteal k-esimo lancio

Possiamo usare il grafo ad albero in Figura 9.2 per illustrare lasituazione.

r

@@@@

p

q rHHHH

p

q

rHHHH

p

q rXXXX

p

q rXXXX

p

q

Figura 9.2:

Dal momento che

+∞

∑1

p(1− p)k−1 = p+∞

∑0(1− p)k = p

11− (1− p)

= 1

lo spazio costituito da tutti i possibili eventi Ek costituisce uno spaziodi probabilità discreto, non finito, numerabile.

9.3 Insiemi e probabilità

Per identificare uno spazio di probabilità discreto possiamoconsiderare un insieme U , finito o numerabile, che chiameremospazio dei campioni, i cui elementi a, b, c ∈ S sono identificabilicon gli eventi elementari e i cui sottoinsiemi A, B, C ⊂ S sono glieventi.

L’insieme U sarà quindi identificabile con l’evento certo mentreil vuoto ∅ sarà l’evento impossibile Possiamo considerare in U lafamiglia F di tutti i sottoinsiemi di U ed inoltre gli eventi sarannoidentificati mediante l’insieme A ∈ F sarà identificabile con ilfatto che A accade, e il suo complementare Ac con il fatto che Anon ha luogo.

A∪ B indicherà che almeno uno tra A e B accade, mentre A∩ Bche entrambi A e B accadono.

A ⊂ B starà ad indicare che se A accade allora necessariamenteaccade anche B.

A ∩ B = ∅ significherà che A e B non possono accadere si-multaneamente e diremo in tal caso che A e B sono mutuamenteesclusivi.

Su F possiamo definire una misura di probabilità semplice-mente assegnando una funzione che ad ogni sottoinsieme A di Uassegni un valore P(A) con le seguenti proprietà:

• Per ogni A ⊂ UP(A) ≥ 0

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probabilità 143

•P(U ) = 1

• Per ogni famiglia di sottoinsiemi mutuamente esclusivi Ak, k =

1..n

P(

n⋃

k=0

Ak

)=

n

∑k=0P(Ak)

Seguono subito da questi postulati alcuni fatti che possono esseremolto utili:

• P(∅) = 0 infatti

P(A) = P(A ∪∅) = P(A) + P(∅)

• P(Ac) = 1−P(A) per ogni A ⊂ S

• Se A ⊂ B alloraP(A) ≤ P(B)

infattiP(B) = P(A) + P(B ∩ Ac) ≥ P(A)

Ne segue che 0 ≤ P(A) ≤ P(S) = 1 per ogni A ∈ F

• Se A ⊂ B allora

P(B \ A) = P(B)−P(A)

infattiP(B) = P(A) + P(B ∩ Ac) = P(B \ A)

• P(A) = P(A ∩ B) + P(A ∩ Bc)

• P (A ∪ B) = P(A) + P(B)−P(A ∩ B) infatti

A ∪ B = A ∪ (B \ (B ∩ A))

con B e B \ (B ∩ A) disgiunti, quindi

P (A ∪ B) = P(A)+P(B \ (B∩A)) = P(A)+P(B)−P(B∩A)

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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144 o.caligaris - p.oliva

L’ultima uguaglianza si può generalizzare come

P(A ∪ B ∪ C) = P(A) + P(B ∪ C)−P(A ∩ (B ∪ C)) =

= P(A) + P(B) + P(C)−P(B ∩ C)−P((A ∩ B) ∪ (A ∩ C)) =

= P(A)+P(B)+P(C)−P(B∩C)− (P(A∩B)+P(A∩C)−P(A∩B∩C)) =

= P(A)+P(B)+P(C)−P(B∩C)−P(A∩B)−P(A∩C)+P(A∩B∩C)

ed anche al caso di più di tre insiemi.

Si ha inoltre che se Bi , i = 1..n con Bi ∩ Bj = ∅ , e A ⊂ ⋃Bi,

allora

P(A) = P(A ∩ B1) + P(A ∩ B2) + .... + P(A ∩ Bn) (9.2)

In particolare possiamo affermare che

A = (A ∩ B) ∪ (A ∩ Bc)

e quindiP(A) = P(A ∩ B) + P(A ∩ Bc)

9.3.1 Probabilità condizionata

Definizione 9.1 Se A, B ∈ F definiamo probabilità di A condizionata a Be la denotiamo con P(A|B) il valore

P(A|B) = P(A ∩ B)P(B)

P(A|B) è la probabilità che A accada nel caso in cui sia accaduto B

Naturalmente si ha

P(A ∩ B) = P(A|B)P(B)

Nel caso in cuiP(A|B) = P(A)

diciamo che A e B sono eventi indipendenti, (la probabilità di accadi-mento di A non è cambiata dal fatto che B è accaduto).

In tal caso si haP(A ∩ B) = P(A)P(B)

Vale il seguente

Teorema 9.2 Sia Bi per i = 1..n una famiglia di eventi in S tali che Bi ∩Bj = ∅ , e S =

⋃Bi, cioè supponiamo che gli insiemi Bi siano mutuamente

esclusivi ed esaustivi, allora

P(A) = P(A|B1)P(B1) + P(A|B2)P(B2)) + ....P(A|Bn)P(Bn) (9.3)

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probabilità 145

La verifica del teorema segue immediatamente dalla definizione diprobabilità condizionata e dalla 9.2.

Si può dimostrare che

Teorema 9.3 Se Ai ∩ Aj = ∅ , ed A ⊂ ∪i Ai, allora

P(A) = P(A1)P(A|A1) + P(A2)P(A|A2) + ....P(AN)P(A|AN)

infatti

P(A) = P(A ∩ A1) + P(A ∩ A2) + .... + P(A ∩ AN) =

= P(A1)P(A|A1) + P(A2)P(A|A2) + .... + P(AN)P(A|AN)

Da questa semplice considerazione segue facilmente il teorema diBayes

Teorema 9.4 - di Bayes - Se A1, A2, ..., AN ∈ F sono eventi tali che Ai ∩Aj = ∅ e A ⊂ ⋃N

i=1 Ai allora

P(Ak|B) =P(Ak)P(A|Ak)

∑Ni=1 P(Ai)P(A|Ai)

La dimostrazione del teorema è molto semplice ed è sufficientevederla nel caso in cui N = 2 per comprenderne il meccanismo.

Consideriamo

• A1 ∪ A2 ⊃ A

• A1 ∩ A2 = ∅

si ha

P(A1,2|A) =P(A1,2 ∩ A)

P(A)e P(A|A1,2) =

P(A ∩ A1,2)

P(A1,2)

ed inoltre

P(A) = P(A ∩ (A1 ∪ A2)) = P(A ∩ A1) + P(A ∩ A2)

da cui

P(A1|A)P(A) = P(A ∩ A1) = P(A|A1)P(A1)

Ne segue che

P(A1,2|A) =P(A|A1,2)

P(A)=

P(A|A1,2)P(A1,2)

P(A|A1)P(A1) + P(A|A2)P(A2)

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146 o.caligaris - p.oliva

9.3.2 Ancora sul lancio di due dadi

Giocando a dadi è d’uso sommare i punti usciti sull’uno e sull’altro deidue dadi; se chiamiamo ξ il punteggio così ottenuto possiamo allorascrivere che

ξ(Di,j) = i + j

In questo modo definiamo una funzione ξ su ogni insieme elementaree quindi risulta che

ξ : U → R

poichè l’uscita di Di,j è casuale, anche ξ(Di,j) lo sarà. Se teniamo contoche il punteggio di 3 si può ottenere soltanto in corrispondenza di unodei due eventi

D1,2 e D2,1

scopriamo che la probabilità che ξ assuma il valore 3 è 2/36 in quantoil valore 3 compare esattamente 2 volte sui 36 casi possibili, in altreparole

P(ξ = 3) =2

36È facile immaginare come calcolare la probabilità che ξ assuma uno

dei valori (interi da 2 a 12).Nella figura seguente sono riportate le possibili uscite del lancio di

due dadi, cioè è rappresentato lo spazio U ; Le linee diagonali aiutano acontare quante volte compare ognuno dei valori assunti dalla variabileξ(i, j) = i+ j ed è immediato costruire una tabella in cui siano riassuntii valori che ξ può assumere ed il numero di volte, cioè la frequenza,con cui compaiono.

i + j 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

freq. 1 2 3 4 5 6 5 4 3 2 1

In base alla tabella è immediato ottenere, tenendo anche conto cheognuna delle coppie (i, j) è equiprobabile, che si ha

P(ξ = 2) = P(ξ = 12) =136

P(ξ = 3) = P(ξ = 11) =236

P(ξ = 4) = P(ξ = 10) =336

P(ξ = 5) = P(ξ = 9) =4

36

P(ξ = 6) = P(ξ = 8) =5

36

P(ξ = 7) =636

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probabilità 147

e ovviamente12

∑k=2P(ξ = k) = 1.

I risultati possono essere riportati su un istogramma, su un graficocioè in cui in corrispondenza di ciascun intero k tra 2 e 12 è riportatoun rettangolo la cui base [k− 0.5, k+ 0.5] ha lunghezza 1 e la cui altezzaè pari a P(ξ = k).

Questo accorgimento consente di valutare la probabilità che ξ = ksemplicemente considerando l’area del rettangolo corrispondente; lasomma delle aree di tutti i rettangoli sarà ovviamente 1.

Aiutandoci con l’istogramma possiamo facilmente calcolare ad esem-pio che

P(ξ = 7) =6

36=

16

P(ξ 6= 7) = 1− P(ξ = 7) = 1− 16=

56

P(4 ≤ ξ ≤ 8) = P(ξ = 4)+ P(ξ = 5)+ P(ξ = 6)+ P(ξ = 7)+ P(ξ = 8) =3 + 4 + 5 + 6 + 5

36=

2336

Abbiamo così introdotto un esempio di variabile aleatoria cioè difunzione definita su U e usando l’istogramma che abbiamo costruitopossiamo anche definire il concetto di funzione densità di probabilità(la indicheremo PDF) di una variabile aleatoria. Sarà infatti sufficienteconsiderare la funzione costante a tratti definita uguale a P(ξ = k) su[k− 0.5, k + 0.5].

Per capire meglio come si ottiene la funzione densità di probabi-lità di ξ consideriamo il suo grafico che rappresentiamo assumendoξ(i, j) = i + j costante sul quadrato [i− 0.5, i + 0.5]× [j− 0.5, j + 0.5]

Ad esempio si vede che P(ξ = 7) è la probabilità calcolata in Udella controimmagine di 7 secondo ξ cioè (ξ−1(7) o, dal momento cheξ assume valori discreti (ξ−1((6.5, 7.5)).

9.3.3 Spazi di probabilità e variabili aleatorie discrete

Per assegnare uno spazio di probabilità discreto, finito o numerabi-le, basta quindi assegnare una famiglia di eventi elementari distinti edisgiunti

A = Ai : i ∈ Idove I è un insieme finito o numerabile di indici ed una funzione

P : F → R

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148 o.caligaris - p.oliva

dove F è la collezione di tutti i sottoinsiemi (le parti) di A, che associaad ogni A ∈ F un valore reale P(A), che chiamiamo probabilità chel’evento accada, soddisfacente le seguenti proprietà:

• P(A) ≥ 0

• se U =⋃

i∈I Ai, si ha P(U ) = 1

Se A ∈ F alloraA =

i∈JAi

eP(A) = ∑

i∈JP(Ai)

la somma essendo finita o numerabile.Poniamo, per semplicità

P(Ai) = pi

ed osserviamo che è sufficiente assegnare P(Ai) per definire P su F .Ci riferiremo quindi allo spazio di probabilità discreto costituito da

(U ,F ,P)

dove U è un insieme discreto F è la famiglia delle parti di U e P è unamisura di probabilità su F .

Diciamo che è assegnata una variabile aleatoria ξ su U , se è datauna funzione

ξ : U → R

ed indichiamo per brevità

ξi = ξ(Ai)

Definizione 9.2 Definiamo

• la media µ di ξ comeµ = E(ξ) = ∑

iξi pi

• la varianza σ2 di ξ come

σ2 = Var(ξ) = E((ξ − µ)2) = ∑i(ξi − µ)2 pi

• lo scarto quadratico medio o deviazione standard di ξ

σ =√

σ2

• il momento k-esimo µk di ξ come

µk = ∑i(ξi − µ)k pi

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probabilità 149

• il momento k-esimo rispetto all’origine µ′k di ξ come

µ′k = ∑i

ξki pi

• la funzione di distribuzione ϕ di ξ come

ϕ(ξi) = pi

per cui la funzione di distribuzione cumulativa Φ è definita da:

Φ(x) = P(ξ ≤ x) = ∑ξi≤xP(ξ(Ai)) = ∑

ξi≤xpi = ∑

iϕ(ξi)

Si può dimostrare che, se ξ e η sono variabili aleatorie discrete suuno spazio di probabilità (U ,F ,P) e se α, β ∈ R, allora

• E(αξ + βη) = αE(ξ) + βE(η)

• se ξ e η sono variabili aleatorie indipendenti

E(ξη) = E(ξ)E(η)

• Var(αξ) = α2 Var(ξ)

• se ξ e η sono variabili aleatorie indipendenti

Var(ξ ± η) = Var(ξ) + Var(η)

e che la varianza si può calcolare come

σ2 = Var(ξ) = E((ξ − µ)2) = E(ξ2 − 2µξ + µ2) =

= E(ξ2)− 2µE(ξ) + µ2 = E(ξ2)− 2µ2 + µ2 =

= E(ξ2)− µ2 = E(ξ2)− (E(ξ))2

Inoltre se ξ è una variabile aleatoria discreta la cui densità di pro-babilità è ϕ, e se f : R→ R è una funzione tale che, posto

ηi = f (ξi)

si definisca una corrispondenza biunivoca; η risulta essere una varia-bile aleatoria la cui densità di probabilità è

ψ(k) = P(η = k) = P( f (ξ) = k) = P(ξ = f−1(k)) = ϕ( f−1(k))

Quindi

E( f (ξ)) = E(η) = ∑k

kψ(k) = ∑i

f (ξi)ϕ( f−1( f (ξi)))) = ∑i

f (ξi)ϕ(ξi)

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150 o.caligaris - p.oliva

Definiamo funzione generatrice dei momenti di ξ la

Mξ(t) = E(etξ) = ∑i

eξit ϕ(ξi)

Si può verificare che la funzione Mξ è sviluppabile in serie di McLau-rin ed il suo sviluppo è dato da

Mξ(t) =+∞

∑k=0

µ′ktk

k!

per cui

µ′k =dk

dtk Mξ(t)

9.4 Variabili aleatorie continue

Talvolta non è possibile considerare uno spazio di probabilità discreto,finito o numerabile.

Ciò accade, ad esempio, quando si considera il problema di sceglie-re un numero a caso compreso tra 0 ed 1.

Infatti la probabilità di estrarre, ad esempio, il valore 0.3 non si puòcalcolare considerando il rapporto tra casi favorevoli, uno solo, e casipossibili, infiniti non numerabili.

Anche la definizione di media e varianza presentano qualche pro-blema in quanto occorre definire come si intende procedere per calco-lare la somma di un numero infinito, non numerabile, di addendi.

Per chiarire la questione possiamo osservare che, se è difficile defi-nire la probabilità che la variabile aleatoria ξ il cui valore è il numeroscelto a caso in [0, 1] assuma il valore x, è invece naturale definire laprobabilità che ξ ∈ [x, x + h].

In tal caso infatti possiamo identificare i casi favorevoli con un seg-mento di lunghezza h e la totalità dei casi con l’intero intervallo [0, 1]che risulta ovviamente di lunghezza 1.

PertantoP(x ≤ ξ ≤ x + h) =

h1

Ricordando il significato di somma dell’integrale, possiamo definirela funzione distribuzione di probabilità della variabile aleatoria ξ comela funzione continua ϕ tale che

P(x ≤ ξ ≤ x + h) = h =∫ ξ+h

ξϕ(t)dt

per ogni x ∈ [0, 1] e per ogni h abbastanza piccolo.Ne deduciamo che

1h

∫ x+h

xϕ(t)dt = 1

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probabilità 151

e, passando al limite per h→ 0, poichè abbiamo supposto ϕ continua,

ϕ(x) = 1

Da quanto abbiamo detto appare ragionevole che, nel caso di unavariabile aleatoria continua ξ, non è significativo definire

P(ξ = x)

mentre è naturale definire

P(x0 ≤ ξ ≤ x1) =∫ x1

x0

ϕ(t)dt

dove ϕ è la funzione di distribuzione di probabilità di ξ.Pertanto supporremo nota una variabile aleatoria continua ξ se è

nota la sua funzione di distribuzione di probabilità ϕ.Una funzione ϕ : R → R, continua, è la funzione di distribuzione

di probabilità di una variabile aleatoria se

•ϕ(t) ≥ 0 per ognit ∈ R

• ∫ +∞

−∞ϕ(t)dt = 1

In tal caso si ha

P(ξ ≤ x) =∫ x

−∞ϕ(t)dt , P(x0 ≤ ξ ≤ x1) =

∫ x1

x0

ϕ(t)dt

La funzione

F(x) = P(ξ ≤ x) =∫ x

−∞ϕ(t)dt

si chiama distribuzione cumulativa di probabilità della variabile alea-toria ξ di densità di probabilità ϕ.

Osserviamo che ad ogni variabile aleatoria discreta (finita) si puòassociare una variabile aleatoria continua la cui densità è una funzionecostante a tratti, nulla al di fuori di un insieme limitato nel caso in cuila variabile sia discreta e finita.

Come nel caso delle variabili aleatorie discrete possiamo porre laseguente

Definizione 9.3 Se ξ è una variabile aleatoria continua che ha densità diprobabilità ϕ,

• la media µ di ξ è definita da

µ = E(ξ) =∫ +∞

−∞xϕ(x)dx

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152 o.caligaris - p.oliva

• la varianza σ2 di ξ è definita da

σ2 = Var(ξ) = E((ξ − µ)2) =∫ +∞

−∞(x− µ)2 ϕ(x)dx

• lo scarto quadratico medio di ξ è definito da

σ =√

σ2

• la moda M di ξ è definita da

M = supx∈R

ϕ(x)

• la mediana m di ξ è definita da

P(ξ ≤ m) =∫ m

−∞ϕ(x)dx =

∫ +∞

mϕ(x)dx = P(ξ ≥ m)

• il momento di ordine k µk di ξ è definito da

µk = E((ξ − µ)k) =∫ +∞

−∞(x− µ)k ϕ(x)dx

• il momento di ordine k, rispetto all’origine µ′k di ξ è definito da

µk = E(ξk) =∫ +∞

−∞xk ϕ(x)dx

Se ξ è una variabile aleatoria continua e se f : R→ R è una funzio-ne derivabile ed invertibile possiamo considerare la variabile aleatoriaf (ξ) e possiamo calcolare che

P(x0 ≤ f (ξ) ≤ x1) = P( f−1(x0) ≤ ξ ≤ ( f−1(x1)) =∫ f−1(x1)

f−1(x0)ϕ(t)dt =

∫ x1

x0

ϕ( f−1(s))f ′( f−1(s))

ds

per cui la sua funzione distribuzione di probabilità risulta definita da

ψ(t) =ϕ( f−1(s))f ′( f−1(s))

In tal modo si ha

E( f (ξ)) =∫ +∞

−∞s

ϕ( f−1(s))f ′( f−1(s))

ds =

=∫ +∞

−∞f (t)

ϕ(t)f ′(t)

f ′(t)dt =∫ +∞

−∞f (t)ϕ(t)dt = µ

ed inoltre

σ2( f (ξ)) =∫ +∞

−∞(s− µ)2 ϕ( f−1(s))

f ′( f−1(s))ds =

=∫ +∞

−∞( f (t)− µ)2 ϕ(t)

f ′(t)f ′(t)dt =

∫ +∞

−∞( f (t)− µ)2 ϕ(t)dt

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probabilità 153

Definizione 9.4 Se ξ è una variabile aleatoria continua la cui densità diprobabilità è ϕ, definiamo funzione generatrice dei momenti di ξ la

Mξ(t) = E(etξ) =∫ +∞

−∞etx ϕ(x)dx

Possiamo anche in questo caso provare che

• E(αξ + βη) = αE(ξ) + βE(η)

• se ξ e η sono variabili aleatorie indipendenti

E(ξη) = E(ξ)E(η)

• Var(αξ) = α2 Var(ξ)

• se ξ e η sono variabili aleatorie indipendenti

Var(ξ ± η) = Var(ξ) + Var(η)

Ed è utile ricordare ancora che

σ2 = E((ξ − µ)2) = E(ξ2 − 2µξ + µ2) =

= E(ξ2)− 2µE(ξ) + µ2 =

= E(ξ2)− 2µ2 + µ2 = E(ξ2)− µ2 = E(ξ2)− (E(ξ))2

Si ha inoltre:

(t− µ)k =k

∑i=0

(ki

)tiµk−i

moltiplicando per ϕ(t) ed integrando,otteniamo

µk =k

∑i=0

(ki

)µ′ iµ

k−i (9.4)

e se ne ricava che per trovare i momenti rispetto al valor medio µk èsufficiente conoscere i momenti rispetto all’origine µ′k.

Casi particolari della 9.4 sono

µ2 = σ2 = µ′2 − µ2

µ3 = µ′3 − 3µ′2µ + 2µ3

(ricordiamo che µ0 = µ′0 = 1 e µ1 = µ′1 = µ).La funzione generatrice dei momenti si rivela molto comoda per il

calcolo dei momenti di una variabile aleatoria.

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154 o.caligaris - p.oliva

Infatti si può verificare che Mξ è sviluppabile in serie di McLaurined il suo sviluppo è dato da

Mξ(t) =∫ +∞

−∞

+∞

∑i=0

(st)k

k!ϕ(s)ds =

+∞

∑i=0

∫ +∞

−∞sk ϕ(s)ds

tk

k!

per cui

Mξ(t) =+∞

∑i=0

µ′ktk

k!

e quindi

µ′k =dk

dtk Mξ(t)

9.5 La disuguaglianza di Tchebichev e la legge dei grandi nu-meri

In questa sezione ci occupiamo di due risultati fondamentali: la disu-guaglianza di Tchebichev e la legge dei grandi numeri, cominciando aparlare della prima.

Sia ξ una variabile aleatoria con media µ e varianza σ2, allora si avràche

σ2 =∫ +∞

−∞(t− µ)2 ϕ(t)dt =

=∫

t : |t−µ|≥ε(t− µ)2 ϕ(t)dt +

t : |t−µ|<ε(t− µ)2 ϕ(t)dt ≥

≥∫

t : |t−µ|≥ε(t− µ)2 ϕ(t)dt ≥

t : |t−µ|≥εε2 ϕ(t)dt =

= ε2P(|ξ − µ| ≥ ε)

se ne ricava pertanto che

P(|ξ − µ| ≥ ε) ≤ σ2

ε2 (9.5)

La 9.5 è nota come disuguaglianza di Tchebichev e ne possiamotrarre una interessante conseguenza: per ε = kσ otteniamo che

P(|ξ − µ| ≥ kσ) ≤ 1k2 (9.6)

Pertanto

P(|ξ − µ| < kσ) = 1−P(|ξ − µ| ≥ kσ) ≥ 1− 1k2 (9.7)

Se ora consideriamo la seguente tabella

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probabilità 155

k 1 2 3 4 5 6

1− 1k2 0 .75 .88 .93 .95 .97

Tabella 9.2: Valori approssimati di 1− 1k2

Si vede pertanto che se ξ è una variabile aleatoria di media µ e divarianza σ2, allora la probabilità che il valore assunto da ξ sia vicinoalla media µ per meno di 2 volte la varianza è del 75% e sale all’88%se ci accontentiamo di un errore inferiore a 3 volte la varianza.

Va osservato che, nonostante fornisca risultati soddisfacenti, la di-suguaglianza di Tchebichev non è molto precisa.

9.5.1 La legge dei grandi numeri

Una delle conseguenze della disuguaglianza di Tchebichev prende ilnome di ”Legge dei Grandi Numeri” e si ricava come segue.

Se ξ1, ξ2, . . . , ξn sono variabili aleatorie tutte con media µ e varianzaσ2, la variabile aleatoria

Sn =ξ1 + ξ2 + · · ·+ ξn

nha media

E(Sn) =1n(E(ξ1) + E(ξ2) + · · ·+ E(ξn)) = µ

e varianza

Var(Sn) =1n2 (Var(ξ1) + Var(ξ2) + · · ·+ Var(ξn)) =

σ2

ninoltre vale il seguente teorema

Teorema 9.5 Siano ξ1, ξ2, . . . , ξn variabili aleatorie tutte con media µ evarianza σ2, e consideriamo la variabile aleatoria

Sn =ξ1 + ξ2 + · · ·+ ξn

nAllora

P(|Sn − µ| ≥ ε) ≤ σ2

nε2 → 0 (9.8)

per n→ +∞

La 9.9 è nota con il nome di ”Legge Debole dei Grandi Numeri”ed esprime un concetto in base al quale la media di n uscite di unavariabile aleatoria differisce dalla media della variabile aleatoria peruna quantità infinitesima con n.

Va sottolineato che la legge dei grandi numeri fornisce informazionidi carattere qualitativo e quindi non può essere usata per stime di tipoquantitativo.

È possibile anche dimostrare, ma la dimostrazione è più complessa,la ”Legge Forte dei Grandi Numeri” che asserisce che

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156 o.caligaris - p.oliva

Teorema 9.6 Siano ξ1, ξ2, . . . , ξn variabili aleatorie tutte con media µ evarianza σ2, e consideriamo la variabile aleatoria

Sn =ξ1 + ξ2 + · · ·+ ξn

n

Allora

P(limn

Sn = µ) = 1 (9.9)

In entrambi i casi il concetto espresso è che la media di Sn convergealla media µ la differenza risiede nel modo in cui tale convergenzaavviene e nelle proprietà che tale convergenza consente di trasferiresul limite. Piú precisamente la legge debole dei grandi numeri affermache la successione di variabili aleatorie Sn converge a µ in probabilitá,mentre la legge forte dei grandi numeri garantisce che Sn converge aµ quasi certamente.

Usando la terminologia derivante dalla teoria della misura, cui lateoria della probabilità astratta sostanzialmente si sovrappone, la for-mulazione debole parla di convergenza in misura, mentre la formula-zione forte parla di convergenza puntuale quasi ovunque.

È noto che, essendo lo spazio di probabilità di misura finita (ugualead 1), una successione quasi ovunque convergente è anche convergen-te in misura, e che da una successione convergente in misura si puòestrarre una sottosuccessione quasi ovunque convergente.

9.6 Somma di variabili aleatorie.

Consideriamo due variabili aleatorie discrete indipendenti ξ, η aventiPDF rispettivamente f e g, e la variabile aleatoria ζ che restituisce lasomma delle due

ζ = ξ + η

Possiamo trovare la densità di probabilità della variabile ζ osservan-do che

h(γ) = P(ζ = γ) =

= ∑α

P(ξ + η = γ|ξ = α)P(ξ = α) = ∑α

P(η = γ− α)P(ξ = α) =

∑α

f (γ− α)g(α)

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probabilità 157

Nel caso in cui ξ e η siano variabili aleatorie continue indipendentiavremo, come si vede dalla figura 9.3,

P(ζ ≤ z) =∫ +∞

−∞

(∫ z−x

−∞g(y)dy

)f (x)dx =

=∫ +∞

−∞

∫ z

−∞g(s− x) f (x)dsdx =

∫ z

−∞

(∫ +∞

−∞g(s− x) f (x)dx

)ds

y

x

y ≤ z − x

Figura 9.3:

Per modo che la funzione

h(z) =∫ +∞

−∞g(z− x) f (x)dx

risulta essere la densità di probabilità della variabile aleatoria ξ + η.Possiamo allora calcolare che

E(ζ) = E(ξ + η) =∫ +∞

−∞s(∫ +∞

−∞g(s− x) f (x)dx

)ds =

=∫ +∞

−∞

(∫ +∞

−∞sg(s− x) f (x)ds

)dx =

=∫ +∞

−∞

(∫ +∞

−∞(x + t)g(t) f (x)dx

)dt =

=∫ +∞

−∞g(t)

(∫ +∞

−∞x f (x)dx

)dt +

∫ +∞

−∞f (x)

(∫ +∞

−∞tg(t)dt

)dx =

= E(ξ)∫ +∞

−∞g(t)dt + E(η)

∫ +∞

−∞f (x)dx = E(ξ) + E(η)

9.7 Prodotto di variabili aleatorie

Siano ξ e η due variabili aleatorie indipendenti le cui PDF sono f e g,rispettivamente, e sia

ζ = ξη

Avremo cheP (ξη ≤ α) =

Af (x)g(y)dxdy

doveA = (x, y) ∈ R2 : xy ≤ α

è l’insieme tratteggiato nella figura 9.4;

x

y

α > 0

A

A

x

y

A

A

α < 0

Figura 9.4:Pertanto

P (ξη ≤ α) =∫

Af (x)g(y)dxdy =

=∫ 0

−∞

∫ +∞

αx

f (x)g(y)dydx +∫ +∞

0

∫ αx

−∞f (x)g(y)dydx =

posto y = sx da cui dy = ds

x

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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158 o.caligaris - p.oliva

=∫ 0

−∞

∫ −∞

αf (x)g

( sx

) dsx

dx +∫ +∞

0

∫ α

−∞f (x)g

( sx

) dsx

dx =

=∫ 0

−∞

(−∫ α

−∞f (x)g

( sx

) dsx

)dx +

∫ +∞

0

(∫ α

−∞f (x)g

( sx

) dsx

)dx =

∫ α

−∞

(∫ +∞

−∞f (x)g

( sx

) dx|x|

)ds

dal che si deduce che la PDF di ζ è data da

ϕ(s) =∫ +∞

−∞f (x)g

( sx

) dx|x|

Possiamo inoltre calcolare media e varianza di ζ come segue.

µζ =∫ +∞

−∞s(∫ +∞

−∞f (x)g

( sx

) dx|x|

)ds =

=∫ +∞

−∞

(∫ +∞

−∞f (x)g

( sx

) s|x|ds

)dx =

=∫ +∞

0

(∫ +∞

−∞f (x)g

( sx

) sx

ds)

dx−∫ 0

−∞

(∫ +∞

−∞f (x)g

( sx

) sx

ds)

dx =

posto t = sx da cui dt = ds

x

=∫ +∞

0

(∫ +∞

−∞f (x)g (t) txdt

)dx +

∫ 0

−∞

(∫ +∞

−∞f (x)g (t) txdt

)dx =

=∫ +∞

−∞

(∫ +∞

−∞f (x)g (t) txdt

)dx = µξµη

Per quanto concerne la varianza avremo che

σ2ζ =

∫ +∞

−∞s2(∫ +∞

−∞f (x)g

( sx

) dx|x|

)ds− µ2

ζ

e

∫ +∞

−∞s2(∫ +∞

−∞f (x)g

( sx

) dx|x|

)ds =

∫ +∞

−∞

(∫ +∞

−∞f (x)g

( sx

) s2

|x|ds)

dx =

=∫ +∞

0

(∫ +∞

−∞f (x)g

( sx

) s2

xds)

dx−∫ 0

−∞

(∫ +∞

−∞f (x)g

( sx

) s2

xds)

dx =

posto t = sx da cui dt = ds

x

=∫ +∞

0

(∫ +∞

−∞f (x)g (t)

x2t2

xxdt)

dx+∫ 0

−∞

(∫ +∞

−∞f (x)g (t)

x2t2

xxdt)

dx =

=∫ +∞

−∞

(∫ +∞

−∞f (x)g (t) x2t2dt

)dx =

= (σ2ξ + µ2

ξ)(σ2η + µ2

η)

Possiamo allora concludere che

σ2ζ + µ2

ζ = (σ2ξ + µ2

ξ)(σ2η + µ2

η)

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 159

9.7.1 Un caso particolare

Se ξ è una variabile aleatoria e α ∈ R+ allora

P(αξ ≤ x) = P(

ξ ≤ xα

)=∫ x

α

−∞f (t)dt =

∫ x

−∞

f( s

α

)ds

D’altro canto se α ∈ R−

P(αξ ≤ x) = P(

ξ ≥ xα

)=∫ +∞

f (t)dt = −∫ x

−∞

f( s

α

)ds

per cui la PDF di αξ è data da

g(s) =1|α| f

( sα

)

9.8 Quoziente di variabili aleatorie

Siano η e ξ due variabili aleatorie positive e indipendenti le cui PDFsono g ed f , rispettivamente, e sia

ζ =η

ξ

Avremo che

P(

η

ξ≤ α

)= P(η ≤ αξ) =

Af (x)g(y)dxdy

doveA = (x, y) ∈ R2 : y ≤ αx

x

y

y ≤ αx

Pertanto

P(

η

ξ≤ α

)=∫

Af (x)g(y)dxdy =

∫ +∞

0

∫ αx

0f (x)g(y)dydx =

posto y = tx da cui dy = xdt

=∫ +∞

0

∫ α

0f (x)g(tx)xdtdx =

∫ α

0

(∫ +∞

0x f (x)g(tx)dx

)dt

dal che si deduce che la PDF di ζ è data da

ϕ(t) =∫ +∞

0x f (x)g(tx)dx

9.8.1 Un caso particolare

Se ξ è una variabile aleatoria e n ∈ R+ allora

P( ξ

n≤ α) = P(ξ ≤ αn) =

∫ αn

−∞f (x)dx =

∫ α

−∞n f (nt)dt

per cui la PDF di ξn è data da

g(t) = n f (nt)

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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160 o.caligaris - p.oliva

9.9 Distribuzioni di probabilità doppie

Siano (U1,F1,P1) e (U2,F2,P2) due spazi di probabilità consideriamola variabile aleatoria che indichiamo con (ξ , η) definita sullo spazioU1 ×U2 mediante la

F(x, y) = P(ξ ≤ x, η ≤ y) =∫ x

−∞

(∫ y

−∞f (t, s)ds

)dt

F è la distribuzione cumulativa di probabilità della variabile (ξ , η)

ed f è la sua funzione distribuzione di probabilitàSe f è continua possiamo affermare che

∂2F∂x∂y

= f (x, y)

Naturalmente devono essere verificate le seguenti condizioni:

•f (x, y) ≥ 0

• ∫ +∞

−∞

(∫ +∞

−∞f (t, s)ds

)dt = 1

Inoltre se

F1(x) = P(ξ ≤ x) =∫ x

−∞

(∫ +∞

−∞f (t, s)ds

)dt

F2(y) = P(η ≤ y) =∫ +∞

−∞

(∫ y

−∞f (t, s)ds

)dt =

∫ y

−∞

(∫ +∞

−∞f (t, s)dt

)ds

F1 ed F2 sono le distribuzioni cumulative delle variabili aleatorie ξ e η,rispettivamente le cui funzioni di distribuzione sono date da

ϕ(t) =∫ +∞

−∞f (t, s)ds

ψ(s) =∫ +∞

−∞f (t, s)dt

Nel caso in cui le variabili aleatorie ξ e η siano indipendenti, allora(ξ , η) ha una distribuzione di probabilità

f (t, s) = ϕ(t)ψ(s)

dove ϕ e ψ sono le funzioni di distribuzione di ξ e η, rispettivamente.È utile ricordare che la probabilità della variabile aleatoria ξ condi-

zionata alla variabile aleatoria η si può definire mediante la

P(ξ ≤ x|η ≤ y) =∫ x

−∞

(∫ y

−∞

f (t, s)ψ(s)

ds)

dt

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 161

per cui f (t,s)ψ(s) è la sua funzione di distribuzione di probabilità.

Possiamo giustificare la definizione osservando che:

P(ξ ≤ x, y ≤ η ≤ y + k) =

∫ x−∞

∫ y+ky f (t, s)dsdt

∫ +∞−∞

∫ y+ky f (t, s)dsdt

=

=

∫ x−∞

∫ y+ky f (t, s)dsdt

∫ y+ky

∫ +∞−∞ f (t, s)dtds

=

∫ x−∞

∫ y+ky f (t, s)dsdt∫ y+k

y ψ(s)ds=

≈∫ x−∞ f (t, y)kdt

ψ(y)k=∫ x

−∞

f (t, y)kψ(y)k

dt =∫ x

−∞

f (t, y)ψ(y)

dt

9.10 Normalizzazione di una variabile aleatoria.

Sia ξ una variabile aleatoria di media µ e di varianza σ2 con distribu-zione di probabilità ϕ.

e consideriamo la variabile aleatoria

ξ∗ =ξ − µ

σ

Per le proprietà di media e varianza possiamo affermare che ξ∗ èuna variabile normalizzata (o standardizzata), intendendo con ciò cheξ∗ ha media 0 e varianza 1.

Allo scopo di determinare la funzione di distribuzione di ξ∗

osserviamo che

P (a ≤ ξ∗ ≤ b) =

= P(

a ≤ ξ − µ

σ≤ b

)= P(µ + σa ≤ ξ ≤ µ + σb) =

∫ µ+σb

µ+σaϕ(s)ds =

=∫ b

aσϕ (µ + σt)) dt

Pertanto la variabile aleatoria

ξ∗ =ξ − µ

σ

ha una PDF definita da

ψ(t) = σϕ (µ + σt))

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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162 o.caligaris - p.oliva

e possiamo allora verificare che

∫ +∞

−∞ψ(t)dt =

∫ +∞

−∞σϕ (µ + σt) dt =

∫ +∞

−∞ϕ(s)ds = 1

∫ +∞

−∞tψ(t)dt =

∫ +∞

−∞tσϕ (µ + σt) dt =

∫ +∞

−∞

(s− µ

σ

)ϕ(s)ds =

=1σ

(∫ +∞

−∞sϕ(s)ds− µ

∫ +∞

−∞ϕ(s)ds

)= 0

∫ +∞

−∞t2ψ(t)dt =

∫ +∞

−∞t2σϕ (µ + σt) dt =

∫ +∞

−∞

(s− µ

σ

)2ϕ(s)ds =

=1σ2

∫ +∞

−∞(s− µ)2 ϕ(s)ds = 1

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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10. Qualche Distribuzione di Proba-bilità

Le funzioni di distribuzione di probabilità sono fondamentali per de-scrivere il comportamento delle variabili aleatorie che ci interessano.

Ogni variabile aleatoria ha una sua distribuzione e per definirne laproprietà è utile fare riferimento ad alcune distribuzioni note che sonoin grado di descrivere la maggior parte delle variabili aleatorie con cuinormalmente si lavora.

10.1 La distribuzione uniforme

La più semplice funzione di distribuzione di probabilità è quella diuna variabile aleatoria che restituisce un valore scelto in un intervallo[a, b] con il criterio di equiprobabilità.

Abbiamo già visto che in tal caso

P(x ≤ ξ ≤ x + h) =h

b− a

e che la sua distribuzione di densità è

ϕ(t) =

1b−a t ∈ [a, b]

0 altrove

Distribuzione Uniforme in [2, 4]

1 2 3 4 50

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Figura 10.1: PDF e CDF di una variabilealeatoria Uniforme

La funzione generatrice dei momenti si calcola mediante la

Mξ(t) =1

b− a

∫ b

aetxdx =

etb − eta

t(b− a)

Se ne ricava subito che

µ =b + a

2

σ2 =(b− a)2

12

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164 o.caligaris - p.oliva

10.2 La distribuzione triangolare

La distribuzione triangolare è utile per definire una variabile aleatoriache assuma valori compresi tra a e b ed abbia una moda c. La funzionedistribuzione di probabilità triangolare si definisce mediante la

Distribuzione Triangolare in [2, 5] con moda 3

0 1 2 3 4 5 60

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Figura 10.2: PDF e CDF di una variabilealeatoria Triangolare φ(t) =

0 t < a2(t−a)

(b−a)(c−a) a ≤ t < c2(b−t)

(b−a)(b−c) c < t ≤ b

0 t > b

Si calcola facilmente che il valor medio è

µ =a + b + c

3mentre la varianza è data da

σ2 =a2 + b2 + c2 − bc− ab− ac

18

e la funzione generatrice dei momenti è

Mξ(t) =eta(b− c)− etc(b− a) + etb(c− a)

t2(b− a)(c− a)(b− c)

10.3 Alcune importanti distribuzioni discrete

10.3.1 La distribuzione binomiale di Bernoulli

Definizione 10.1 Chiamiamo prova bernoulliana un esperimento che ha duesoli possibili esiti:

• Successo, cui associamo il valore 1 con probabilità p

• Insuccesso, cui associamo il valore 0 con probabilità q

essendo ovviamente p + q = 1.

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 100

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1Distribuzione Binomiale di Bernoulli per n = 10 e p = 0.2

Figura 10.3: PDF e CDF di una variabilealeatoria Binomiale (di Bernoulli).

Chiamiamo variabile aleatoria bernoulliana la variabile aleatoria ξ che re-stituisce il numero di successi che si sono verificati su n prove ripetute (lanci)dell’esperimento.

Possiamo calcolare la probabilità che la variabile aleatoria ξ assumail valore k mediante la

P(ξ = k) =(

nk

)pkqn−k =

(nk

)pk(1− p)n−k

Per giustificare la formula precedente descriviamo la successione din prove ripetute con una stringa di elementi che assumono il valore

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probabilità 165

1 oppure 0 a seconda che la corrispondente prova abbia avuto o nosuccesso.

0 1 1 0 0 1 0 0 1

oppure0 0 1 0 1 0 0 0 1 0 1

affinchè ci siano k successi la stringa dovrà contenere esattamentek volte il valore 1 (ed n− k volte il valore 0) e quindi, poichè in ognielemento 1 si presenta con probabilità p mentre il valore 0 comparecon probabilità q, una stringa con k successi avrà una probabilità dicomparire uguale a

pkqn−k

d’altro canto, poichè siamo unicamente interessati a contare il numerodi successi, e non l’ordine con cui si verificano, dovremo tener contoche si possono ottenere, ad esempio, k successi su n prove in tanti modidiversi

0 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

il cui numero è dato dalle combinazioni di n oggetti a k a k e cioè(

nk

)

(Ciascuna combinazione è individuata dalla sequenza dei k numeri,compresi tra 1 ed n, che indicano la posizione dei successi.)

Possiamo calcolare la media della variabile bernoulliana ξ osservan-do che la media in ciascuna prova è

1 · p + 0 · q = p

e su n esperimenti, essendo la media lineare, avremo

µ = E(ξ) = np

La varianza della variabile bernoulliana ξ in ciascuna prova è

(1− p)2 · p + (0− p)2q = q2 p + p2q = pq(p + q) = pq

e su n esperimenti per le proprietà della varianza avremo

σ2 = E((ξ − µ)2) = npq

eσ =√

npq

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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166 o.caligaris - p.oliva

Alternativamente possiamo calcolare la media e la varianza di unavariabile aleatoria Bernoulliana ξ usando direttamente la definizione:

µ = E(ξ) =n

∑k=0

k(

nk

)pkqn−k =

n

∑k=1

k(

nk

)pkqn−k =

=n

∑k=1

kn(n− 1) · · · (n− (k− 1))

k!pkqn−k =

= npn

∑k=1

(n− 1)(n− 2) · · · (n− (k− 1))(k− 1)!

pk−1qn−1−(k−1) =

= npn−1

∑k=0

(n− 1)(n− 2) · · · (n− 1− (k− 1))k!

pkqn−1−k =

= np(p + q)n−1 = np

σ2 = E((ξ − µ)2) =n

∑k=0

(k− np)2(

nk

)pkqn−k =

=n

∑k=0

k2(

nk

)pkqn−k − (np)2 =

n

∑k=1

k2(

nk

)pkqn−k − (np)2 =

= npn

∑k=1

k(n− 1)(n− 2) · · · (n− (k− 1))

(k− 1)!pk−1qn−1−(k−1) − (np)2 =

= npn−1

∑k=0

(k+ 1)(n− 1)(n− 2) · · · (n− 1− (k− 1))

k!pkqn−1−k− (np)2 =

= np

(n−1

∑k=0

k(

n− 1k

)pkqn−1−k +

n−1

∑k=0

(n− 1

k

)pkqn−1−k

)− (np)2 =

= np((n− 1)p + 1)− (np)2 = np(np + q)− (np)2 = npq

Per calcolare la funzione generatrice dei momenti possiamo proce-dere come segue

Mξ(t) = E(etξ) =n

∑k=0

etk(

nk

)pkqn−k =

=n

∑k=0

(nk

) (pet)k qn−k = (pet + q)n

la funzione densità di probabilità (Probability Density Function , PDF)di una variabile aleatoria di Bernoulli ξ è definita da

P(ξ = k) =(

nk

)pkqn−k

mentre la funzione di distribuzione cumulativa (Cumulative Distribu-tion Function, CDF) è

F(ν) =ν

∑k=0

P(ξ = k) =ν

∑k=0

(nk

)pkqn−k

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 167

Ad esempio si ha

F(0) =0

∑k=0

P(ξ = k) = P(ξ = 0) = qn

ed anche

F(n) =n

∑k=0

P(ξ = k) =n

∑k=0

(nk

)pkqn−k = (p + q)n = 1

10.3.2 La distribuzione binomiale negativa di Pascal

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1011121314151617181920212223242526272829300

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1Distribuzione Binomiale Negativa di Pascal per r = 2 e p = 0.2

Figura 10.4: PDF e CDF di una variabilealeatoria Binomiale Negativa (di Pascal).

Consideriamo un esperimento bernoulliano, consideriamo cioè una se-rie di prove ripetute con due soli possibili esiti: successo con probabi-lità p ed insuccesso con probabilità q.

Consideriamo la variabile aleatoria che restituisce il minimo numeroξ di tentativi necessari per ottenere r successi.

Possiamo allora vedere che la probabilità P(ξ = k) che si ottenganor successi al tentativo k si può calcolare considerando che

• al tentativo k si è verificato un successo (che ha probabilità p)

• nelle precedenti k− 1 prove si sono verificati r− 1 successi e k− 1−(r− 1) insuccessi ( con probabilità (k−1

r−1)pr−1qk−r)

Pertanto

P(ξ = k) = p(

k− 1r− 1

)pr−1qk−r =

(k− 1r− 1

)prqk−r

definisce la funzione densità di probabilità della distribuzione di Pa-scal.

Talvolta si considera, in luogo di ξ, la variabile η che restituisce ilnumero di fallimenti che precedono il successo r-esimo. In tal caso siha h = k− r e

P(η = y) =(

h + r− 1r− 1

)prqh

Possiamo calcolare che

µξ =rp

, σ2ξ =

rqp2 , Mξ(t) =

pet

(1− qet)r

e

µη =r(1− p)

p, σ2

η =r(1− p)

p2

A titolo di esempio vediamo come è possibile calcolare la media µξ

e la varianza σξ ;

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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168 o.caligaris - p.oliva

µξ =+∞

∑k=r

kp(

k− 1r− 1

)pr−1qk−r =

+∞

∑k=r

pr k(k− 1) . . . (k− r + 1)(r− 1)!

qk−r =

=pr

(r− 1)!

+∞

∑k=r

k(k− 1) . . . (k− r + 1)qk−r =

=pr

(r− 1)!

+∞

∑k=r

dr

dqr qk =pr

(r− 1)!dr

dqr

+∞

∑k=r

qk =

=pr

(r− 1)!dr

dqr

+∞

∑k=0

qk =pr

(r− 1)!dr

dqr1

1− q=

pr

(r− 1)!r!

1(1− q)r+1 =

=pr

(r− 1)!r!

pr+1 =rp

mentre

+∞

∑k=r

k2 p(

k− 1r− 1

)pr−1qk−r =

+∞

∑k=r

kpr k(k− 1) . . . (k− r + 1)(r− 1)!

qk−r =

=pr

(r− 1)!

+∞

∑k=r

kk(k− 1) . . . (k− r + 1)qk−r =pr

(r− 1)!

+∞

∑k=r

kdr

dqr qk =

=pr

(r− 1)!dr

dqr

+∞

∑k=r

kqk =pr

(r− 1)!dr

dqr

+∞

∑k=0

kqk =

=pr

(r− 1)!dr

dqrq

(1− q)2 =pr

(r− 1)!

(1

(1− q)2 −1

(1− q)

)=

=pr

(r− 1)!

((r + 1)!

pr+2 − r!pr+1

)=

=pr

(r− 1)!r!(r + q)

pr+2 =r(r + q)

p2

da cui

σξ =+∞

∑k=r

k2 p(

k− 1r− 1

)pr−1qk−r − µ2

ξ =r(r + q)

p2 − r2

p2 =rqp2

10.3.3 La distribuzione geometrica

Consideriamo una prova con probabilità di successo p ; ripetiamolaindefinitamente sotto l’ipotesi che

• p rimane costante:

• l’esito della prova non dipende dalle prove precedentemente effet-tuate.

Ad esempio possiamo considerare un tiratore che ha la capacità dicolpire il bersaglio con probabilità p ad ogni tiro o una lampada chepuò guastarsi con probabilità p ad ogni accensione.

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 169

Sia ξ la variabile aleatoria che restituisce il numero del primo tenta-tivo in cui la prova ha successo. Avremo che

P(ξ = k) = (1− p)k−1 p

in quanto la prova ha avuto esito negativo (la probabilità di insuccessoè 1− p) per k− 1 volte ed ha avuto successo la k-esima volta.

r

@@@@

p

q rHHHH

p

q

rHHHH

p

q rXXXX

p

q rXXXX

p

q

Pertanto la distribuzione di probabilità della variabile aleatoria ξ èdefinita da

ϕ(k) = P(ξ = k) = (1− p)k−1 p

e si verifica subito che

+∞

∑1

p(1− p)k−1 = p+∞

∑0(1− p)k = p

11− (1− p)

= 1

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 200

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1Distribuzione Geometrica per p = .2

Figura 10.5: PDF e CDF di una variabilealeatoria Geometrica

Inoltre

µ =+∞

∑1

kp(1− p)k−1 = p+∞

∑1

k(1− p)k−1 =

= p+∞

∑1− d

dp(1− p)k = −p

ddp

+∞

∑1(1− p)k = −p

(− 1

p2

)=

1p

mentre

+∞

∑1

k2 p(1− p)k−1 =+∞

∑1(k2 + k)p(1− p)k−1 −

+∞

∑1

kp(1− p)k−1 =

= p+∞

∑1

d2

dp2 (1− p)k+1 − µ = pd2

dp2

+∞

∑1(1− p)k+1 − µ =

= pd2

dp2

(1p− 2− p

)− µ =

2p2 − µ

per cui

σ2 =+∞

∑1

k2 p(1− p)k−1 − µ2 =2p2 − µ− µ2 =

1− pp2

Per quanto riguarda la funzione generatrice dei momenti

Mξ(t) = E(etξ) =+∞

∑k=1

etk p(1− p)k−1 =p

1− p

+∞

∑k=1

(et(1− p))k =

=p

1− p

(et(1− p)

1− et(1− p)

)=

pet

1− et(1− p)

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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170 o.caligaris - p.oliva

10.3.4 La distribuzione di Poisson

Consideriamo un centralino telefonico che in media riceve λ chiamateall’ora e supponiamo di voler determinare la probabilità che riceva kchiamate in un’ora.

Suddividiamo l’ora in n parti uguali ciascuna della durata di 1n ;

durante ciascuno degli n periodi di durata 1n la probabilità che si riceva

una chiamata è λ/n, pertanto la probabilità che si ricevano k chiamatesi può ottenere considerando la probabilità che una variabile aleatoriabinomiale relativa ad n prove ripetute con probabilità di successo λ

nassuma valore k Sia quindi ξ la variabile aleatoria che restituisce ilnumero di successi ottenuti.

Avremo che

ϕ(k) = P(ξ = k) =(

nk

)(λ

n

)k (1− λ

n

)n−k=

= λk(

nk

)(1n

)k (1− λ

n

)n (1− λ

n

)−k=

Se ora consideriamo di far tendere n a +∞ avremo

(1− λ

n

)n→ e−λ

(1− λ

n

)−k→ 1

(nk

)(1n

)k=

n!k!(n− k)!

1nk =

1k!

n!(n− k)!nk =

1k!

nne−n√

2πn(n− k)n−ke−(n−k)

√2π(n− k)

=

=1k!

1ek

√n

n− knn

(n− k)n =1k!

1ek

nn

(n− k)n

√n

n− k=

1k!

1ek

(1− k

n

)−n√ nn− k

→ 1k!

non appena si tenga conto che(

1− kn

)−n→ ek e

√n

n− k→ 1

Pertanto la funzione distribuzione di probabilità della variabile alea-toria considerata è data da

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 100

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1Distribuzione di Poisson per λ = 2

Figura 10.6: PDF e CDF di una variabilealeatoria di Poisson.

ϕ(k) =1k!

λke−λ

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 171

In generale chiamiamo variabile aleatoria di Poisson la variabile cherestituisce il numero di eventi accaduti nell’unità di tempo, noto il fattoche il numero medio di eventi che accadono nell’unità di tempo è λ.

Per calcolare media, varianza ed i momenti della distribuzione diPoisson è utile calcolare la funzione generatrice dei momenti.

Mξ(t) =+∞

∑k=0

etk λk

k!e−λ =

+∞

∑k=0

(λet)k

k!e−λ = e−λeλ(et−1)

e le sue derivateddt

Mξ(t) = eλ(et−1)λet

d2

dt2 Mξ(t) = eλ(et−1)λ2et + eλ(et−1)λet

Calcolando in t = 0 si ottieneddt

Mξ(0) = λ = µ′1 = µ

d2

dt2 Mξ(0) = λ2 + λ = µ′2

da cui

µ = µ′1 = λ

σ2 = µ′2 − µ2 = λ2 + λ− λ2 = λ

10.3.5 Somma di variabili poissoniane

Sui può verificare che la somma di due variabili aleatorie di Poisson dimedia λ e µ è ancora una variabile di Poisson di media λ + µ, infattise

ϕ(k) =1k!

λke−λ e ψ(k) =1k!

µke−µ

possiamo calcolare la densità di probabilità della variabile somma me-diante la

θ(k) =n

∑h=0

ϕ(h)ψ(k− h) =n

∑h=0

1h!

λhe−λ 1(k− h)!

µk−he−µ =

= e−(λ+µ) 1k!

n

∑h=0

k!h!(k− h)!

λhµk−h =

= e−(λ+µ) 1k!

n

∑h=0

(kh

)λhµk−h = e−(λ+µ) 1

k!(λ + µ)k

10.3.6 La distribuzione multinomiale

Consideriamo un esperimento che possa avere k possibili esiti, cheindichiamo con

A1, A2, ......, Ak

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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172 o.caligaris - p.oliva

con probabilità

p1, p2, ......, pk , p1 + p2 + ...... + pk = 1

e supponiamo di replicarlo per n volte; consideriamo la variabile alea-toria ξ che restituisce la n−pla di valori

n1, n2, ......, nk , n1 + n2 + ...... + nk = n

dove ni è il numero di volte in cui si è verificato l’evento Ai.La funzione distribuzione di probabilità di ξ è data da

ϕ(n1, n2, ......, nk) = P(ξ1 = n1, ξ2 = n2, ......, ξk = nk) =

=n!

n1!n2!......nk!pn1

1 pn22 ......pnk

k

Infatti su n tentativi si sono verificati n1 successi con probabilità p1,sui restanti n− n1 tentativi si sono verificati n2 successi con probabiliàp2 e così via fino at ottenere nk successi su (n − ni − n2 − · · · nk−1

tentativi per cui

ϕ(n1, n2, ......, nk) = P(ξ1 = n1, ξ2 = n2, ......, ξk = nk) =

=n!

n1!(n− n1)!pn1

1(n− n1)!

n2!(n− n1 − n2)!pn2

2 · · ·

· · · (n− n1 − n2 − nk−1)!(nk)!(n− n1 − n2 − · · · nk)!

pnkk =

(dal momento che n− n1 − n2 − · · · nk = 0)

=n!

n1!n2!......nk!pn1

1 pn22 ......pnk

k

10.3.7

Sia ξ = (ξ1, ξ2, . . . ξk) una variabile aleatoria distribuita multinomial-mente relativa al caso in cui gli eventi A1, A2, . . . , Ak hanno probabilitàdi accadimento p1, p2, . . . pk e sia η = η1 + η2+, · · · , ηk una variabilealeatoria le cui componenti ηj sono variabili indipendenti con densitàdi Poisson di media λk = npk Allora

P(ξ1 = n1, ξ2 = n2, . . . , ξk = nk) =

= P(η1 = n1, η2 = n2, . . . , ηn = nk|η1 + η2 + · · ·+ ηk = n)

Infatti, dal momento che le ηj son indipendenti si ha che e che

p1 + p2 + · · · pk = 1

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 173

P(η1 = n1, η2 = n2, . . . , ηk = nk) =((np1)

n1 e−np1

n1!

)((np2)

n2 e−np2

n2!

)· · ·((npk)

nk e−npk

nk!

)=

=

((n)n1+n2+···nk pn1

1 pn22 · · · p

nkk

n1! n2! · · · nk!

)e−n(p1+p2+pk) =

=

((n)n1+n2+···nk pn1

1 pn22 · · · p

nkk

n1! n2! · · · nk!

)e−n =

D’altra parte

P(η1 = n1, η2 = n2, . . . , ηk = nk|η1 + η2 + · · ·+ ηk = n) =

=

((n)n p

n11 pn2

2 ···pnkk

n1! n2! ··· nk !

)e−n

nne−n

n!

=

=n!

n1! n2! · · · nk!pn1

1 pn22 · · · p

nkk =

= P(ξ1 = n1, ξ2 = n2, . . . , ξk = nk)

10.3.8 La distribuzione ipergeometrica

Consideriamo un’urna contenente b palline nere e w palline bianchee supponiamo di estrarre per n volte una pallina rimettendola. dopoogni estrazione, nell’urna.

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 100

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1Distribuzione Ipergeometrica per N = 100, n = 10 e p = 0.2

Figura 10.7: PDF e CDF di una variabilealeatoria Ipergeometrica.

Consideriamo la variabile aleatoria ξ che restituisce il numero divolte in cui si è estratta una pallina nera; allora la densità di probabilitàdi ξ si può calcolare mediante la

ϕ(k) = P(ξ = k) =

(nk

)(b

b + w

)k ( wb + w

)n−k=

(nk

)bkwn−k

b + w

non appena si ricordi la distribuzione binomiale e si tenga presenteche

p =b

b + w, q =

wb + w

Qualora l’esperimento si ripeta senza rimettere la pallina estrattanell’urna, (campionamento senza ripetizione), si può vedere che ladensità di probabilità della nuova variabile aleatoria ξ che conta ilnumero delle palline nere estratte è

ϕ(k) = P(ξ = k) =(b

k)(w

n−k)

(b+wn )

Infatti il denominatore conta quante n − ple di palline si possonoformare avendo a disposizione b + w palline, mentre a numeratore c’è

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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174 o.caligaris - p.oliva

il numero delle n−ple che contengono esattamente k palline nere chesi possono ottenere conbinando una k− pla di palline nere, in numerodi (b

k), con una (n− k)− pla di palline bianche, in numero di ( wn−k).

Si calcola anche che

µ =nb

b + w, σ2 =

nbw(b + w− n)(b + w)2(b + w− 1)

InfattiRicordiamo l’identità di Vandermon-

de:(

m + nk

)=

k

∑h=0

(mh

)(n

k− h

)

infatti:

• (m+nk ) numero dei modi con cui si

possono scegliere k elementi tra m +n

• (mh ) numero dei modi con cui si

possono scegliere h elementi tra m

• ( nk−h) numero dei modi con cui si

possono scegliere k − h elementi tran

k elementi tra m+ n si scelgono prenden-done h tra i primi m e k− h tra gli altri n.quindi per h fissato ci sono (m

h )(n

k−h) pos-sibili scelte. Sommando su h si trovanotutte e si ottiene la formula.

µ =n

∑k=0

kP(ξ = k) =n

∑k=0

k(b

k)(w

n−k)

(b+wn )

=

=1

(b+wn )

n

∑k=1

b(

b− 1k− 1

)(w

n− k

)=

1

(b+wn )

n−1

∑k=0

b(

b− 1k

)(w

n− k− 1

)=

= b1

(b+wn )

(b + w− 1

n− 1

)= b

n!(b + w− n)!(b + w)!

(b + w− 1)!(n− 1)!(b + w− n)!

=

=bn

b + w

Inoltre

n

∑k=0

k2P(ξ = k) =n

∑k=0

k2 (bk)(

wn−k)

(b+wn )

=

=1

(b+wn )

n

∑k=1

kb(

b− 1k− 1

)(w

n− k

)=

=1

(b+wn )

n−1

∑k=0

(k + 1)b(

b− 1k

)(w

n− k− 1

)=

=b

(b+wn )

(n−1

∑k=1

k(

b− 1k

)(w

n− k− 1

)+

n−1

∑k=0

(b− 1

k

)(w

n− k− 1

))=

=b

(b+wn )

(n−1

∑k=1

(b− 1)(

b− 2k− 1

)(w

n− k− 1

)+

(b + w− 1

n− 1

))=

=b

(b+wn )

(n−2

∑k=0

(b− 1)(

b− 2k

)(w

n− k− 2

)+

(b + w− 1

n− 1

))=

=b

(b+wn )

((b− 1)

(b + w− 2

n− 2

)+

(b + w− 1

n− 1

))=

=b

(b+wn )

((b− 1)

(b + w− 2)!(n− 2)!(b + w− n)!

+(b + w− 1)!

(n− 1)!(b + w− n)!

)=

=bn!(b + w− n)!

(b + w)!

((b− 1)(n− 1)(b + w− 2)! + (b + w− 1)!

(n− 1)!(b + w− n)!

)=

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 175

e

n

∑k=0

k2P(ξ = k) =bn ((b− 1)(n− 1) + (b + w− 1))

(b + w)! ((b + w− 2)!)=

=bn (nb− n− b + 1 + b + w− 1)

(b + w)(b + w− 1)=

bn (nb− n + w)

(b + w)(b + w− 1)

da cui

σ2 =bn (nb− n + w)

(b + w)(b + w− 1)− b2n2

(b + w)2 =

=nb(nb− n + w)(b + w)− b2n2(b + w− 1)

(b + w)2(b + w− 1)=

=nb(nb2 − nb + bw + nbw− nw + w2 − nb2 − nbw + nb)

(b + w)2(b + w− 1)=

=nbw(b + w− n)

(b + w)2(b + w− 1)

Possiamo anche osservare che si ha

(bk)(

wn−k)

(b+wn )

=b!

k!(b− k)!w!

(n− k)!(w− (n− k))!n!(b + w− n)!

(b + w)!=

=

(nk

)b!

(b− k)!w!

(w + k− n)!(b + w− n)!(b + w)!

=

=

(nk

)b(b− 1) · · · (b− k + 1))w(w− 1) · · · (w + k− n + 1)

(b + w)(b + w− 1) · · · (b + w− n + 1)=

=

(nk

)b

b + wb− 1

b + w− 1· · · (b− k + 1)

b + w− k + 1·

wb + w− k

w− 1b + w− k− 1

· · · w− n + k + 1b + w− n + 1

Ora se b + w = N, bb+w = p e w

b+w = q si ha, dividendo numeratorie denominatori per (b + w),

(bk)(

wn−k)

(b+wn )

=

(nk

)p1

p− 1N

1− 1N· · · p− k−1

N

1− k−1N

q1− k

N

q− 1N

1− k+1N· · · q− n−k−1

N

1− n−1N

e

limN→+∞

(bk)(

wn−k)

(b+wn )

=

(nk

)pkqn−k

Osserviamo anche che, con queste notazioni, la media e la varianzasi esprimono come

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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176 o.caligaris - p.oliva

µ = np

σ2 = npqN − nN − 1

Pertanto la media della distribuzione ipergeometrica è uguale allamedia della distribuzione binomiale; per quanto concerne la varianza,possiamo vedere che il rapporto tra la varianza della ipergeometrica ela varianza della binomiale è dato da

N − nN − 1

→ 1 per N → +∞

È pertanto evidente che per N grande la distribuzione ipergeome-trica si riduce a quella binomiale.

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1011121314151617181920212223240

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1Distribuzione Ipergeometrica per N = 50, n = 24, p = 0.7

Figura 10.8: Confronto tra distribuzioneIpergeometrica e Binomiale.

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1011121314151617181920212223240

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1Distribuzione Ipergeometrica e Binomiale per N = 1000, n = 24, p = 0.7

Figura 10.9: Confronto tra distribuzioneIpergeometrica e Binomiale.

In figura è riportata la PDF di una variabile aleatoria Binomiale e diuna variabile aleatoria Ipergeometrica nel caso in cui p = 0.7, q = 0.3N = 7200, n = 24.

10.4 La distribuzione esponenziale

Distribuzione Esponenziale per λ = 1

0 1 2 3 4 50

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Figura 10.10: PDF e CDF di una variabilealeatoria Esponenziale.

Consideriamo ancora un centralino telefonico che in media riceve λ

chiamate all’ora; abbiamo già visto che la variabile aleatoria che resti-tuisce il numero il numero di chiamate in un’ora ha una distribuzionedi Poisson di media e varianza λ.

Consideriamo ora la variabile aleatoria che restituisce il tempo cheintercorre tra una chiamata e l’altra. A questo scopo conveniamo che

Pn(h) è la probabilità che si ricevano n chiamate in un intervallodi tempo di h ore.

dal momento che λh è la media di chiamate in un intervallo di hore, usando la distribuzione di Poisson possiamo affermare che

P0(h) = e−λh

Consideriamo ora la variabile aleatoria T che restituisce il tempo incui avviene la prima chiamata a partire da 0.

Avremo che la probabilità che T > t, si calcola imponendo che in[0, t] non si siano ricevute chiamate e quindi

P(T > t) = P0(t) = e−λt

Ne viene che

P(T > t) = e−λt =∫ +∞

tϕ(t)dt

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 177

e possiamo trovare la PDF ϕ della distribuzione esponenziale sempli-cemente derivando rispetto a t

ϕ(t) = λe−λt

Si verifica subito che media e varianza sono date da:

µ =∫ +∞

0λte−λtdt = −te−λt

∣∣∣+∞

0+∫ +∞

0e−λtdt = − e−λt

λ

∣∣∣+∞

0=

mentre

∫ +∞

0λt2e−λtdt = −t2e−λt

∣∣∣+∞

0+∫ +∞

02te−λtdt =

= 2(− te−λt

λ

∣∣∣+∞

0−∫ +∞

0

e−λt

λdt)= 2

(− e−λt

λ2

∣∣∣+∞

0

)=

2λ2

per cui

σ =2

λ2 − µ2 =2

λ2 −1

λ2 =1

λ2

10.5 La distribuzione γ.

La distribuzione γ è definita, per α, β > 0 da

ϕ(t) =

tα−1e−t/β

βαΓ(α) t > 0

0 altrimenti

La presenza dei due parametri α e β consente di adattare la distribu-zione ai dati che si desidera rappresentare. In particolare il parametroα descrive la forma della distribuzione mentre β è semplicemente unfattore di scala.

Media, varianza e generatrice dei momenti sono date da

µ = αβ

σ2 = αβ2

Mγ(t) = (1− βt)−αper t <1β

Infatti

µ =1

βαΓ(α)

∫ +∞

0tαe−t/βdt =

1βαΓ(α)

∫ +∞

0(sβ)αe−sβds =

=βα+1Γ(α + 1)

βαΓ(α)= αβ

mentre

Distribuzione γ per α = 4 e beta = 2

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 200

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Figura 10.11: PDF e CDF di una variabilealeatoria γ.

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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178 o.caligaris - p.oliva

1βαΓ(α)

∫ +∞

0tα+1e−t/βdt =

1βαΓ(α)

∫ +∞

0(sβ)α+1e−sβds =

=βα+2Γ(α + 2)

βαΓ(α)= αβ2(α + 1)

eσ2 = β2α2 + αβ2 − β2α2 = αβ2

Inoltre

Mγ(t) =1

βαΓ(α)

∫ +∞

0etxxα−1e−x/βdt =

=1

βαΓ(α)

∫ +∞

0

1(

1β − t

)

α−1

e−s 11β − t

ds =

=βαΓ(α)

βαΓ(α)(

1β − t

)α =1(

1β − t

Ovviamente il precedente integrale converge solo per t < 1β .

La moda infine è (α − 1)β per α > 1, come si deduce immediata-mente calcolando il punto di massimo della funzione tα−1e−t/β la cuiderivata

(α− 1)tα−2e−t/β − 1β

tα−1e−t/β = tα−2e−t/β

((α− 1)− 1

β

)= 0

pert = (α− 1)β

nel caso in cui α > 1Nel caso in cui α = k ∈ N e β = 1 la distribuzione γ definisce una

variabile aleatoria che è somma di k variabili aleatorie esponenzialidi media λ = 1

β . Infatti se consideriamo due variabili aleatorie condensità esponenziale di media λ la loro somma avrà una densità diprobabilità definita dalla convoluzione

ψ(t) =∫ +∞

−∞λe−λsλe−λ(t−s)ds =

∫ t

0λe−λsλe−λ(t−s)ds =

λ2e−λt∫ t

0ds = tλ2e−λt

Inoltre se sommiamo due variabili aleatorie con densità nulla primadi 0 e uguale a

tk−1λke−λt

(k− 1)!e λe−λt

altrove, otterremo una nuova variabile aleatoria la cui PDF si ottieneper convoluzione nella forma

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 179

∫ +∞

−∞

1(k− 1)!

sk−1λke−λsλe−λ(t−s)ds =

=1

(k− 1)!λk+1e−λt

∫ t

0sk−1ds =

1k!

λk+1tke−λt

10.6 La distribuzione β.

La distribuzione β è definita da

Distribuzione β α = 2 e beta = 3

0 10

0.10.20.30.40.50.60.70.80.91

Figura 10.12: PDF e CDF di una variabilealeatoria β.ϕ(t) =

tα−1(1−t)β−1

B(α,β) 0 < t < 1

0 altrimenti= (10.1)

=

Γ(α+β)Γ(α)Γ(β)

tα−1(1− t)β−1 0 < t < 1

0 altrimenti(10.2)

Anche in questo caso si tratta di una distribuzione che, in virtù deidue parametri da cui dipende, ben si presta a descrivere una variabilealeatoria di cui si conoscano le caratteristiche.

I momenti della distribuzione β rispetto all’origine si calcolano fa-cilmente non appena si ricordi che

B(α, β) =Γ(α)Γ(β)

Γ(α + β)

Si ha infatti

µk =Γ(α + β)

Γ(α)Γ(β)

∫ +∞

0tα−1+k(1− t)β−1dt =

=Γ(α + β)

Γ(α)Γ(β)

Γ(α + k)Γ(β)

Γ(α + β + k)=

k−1

∏n=0

α + nα + β + n

µ1 = µ fornisce la media e µ2 − µ21 = σ2 fornisce la varianza che sono

quindi date da:

µ =α

α + β

σ2 =αβ

(α + β)(α + β + 1)

La funzione generatrice dei momenti si può poi ricavare ricordandoche i momenti sono i coefficienti del suo sviluppo di McLaurin.

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180 o.caligaris - p.oliva

Mβ(t) = 1 ++∞

∑k=1

(k−1

∏n=0

α + nα + β + n

)tk

k!

Cercando il punto di massimo di tα−1(1 − t)β−1 si vede poi che lamoda è

α− 1α + β− 2

.La distribuzione β, per α = n + 1, β = m + 1 ∈N diventa

ϕ(t) =

(n+m+)!n! m! tn(1− t)m 0 < t < 1

0 altrimenti

e rappresenta la probabilità di aver ottenuto in una serie di n + mprove bernoulliane ripetute, n successi ed m insuccessi, posto che sia tla probabilità di successo della prova bernoulliana stessa.

Possiamo dedurre da questa osservazione che il valore di t per cuiquesta probabilità è massima è t = n

n+m ; infatti

(tn(1− t)m)′ = ntn−1(1− t)m + mtn(1− t)m−1 =

= (mt + (1− t)n)(

tn−1(1− t)m−1)= 0 ⇐⇒ t =

nn + m

Possiamo quindi dire che in presenza di una sequenza di esiti ber-noulliani con n successi ed m insuccessi è ragionevole supporre ugualea n

n+m la probabilità di successo del singolo evento.

10.7 La distribuzione Normale di Gauss

La legge di distribuzione di probabilità normale è nota come distri-buzione Gaussiana anche se Gauss si riferisce ad essa in una suapubblicazione solo nel 1809.

In precedenza, nel 1733, De Moivre aveva pubblicato una derivazio-ne della legge normale come limite di una distribuzione binomiale edanche Laplace la conosceva già almeno dal 1774.

Gauss invece arrivò a considerare la distribuzione normale studian-do il problema di stimare un parametro noto un certo numero disue osservazioni. Per questo scopo applicò quello che si chiama oggiprincipio di massima verosimiglianza.

Distribuzione Normale di Gauss

4 3 2 1 0 1 2 3 40

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Figura 10.13: PDF e CDF di una variabilealeatoria Normale (di Gauss).

Una derivazione della legge normale molto interessante è dovutaad Herschel , 1850, che la dedusse studiando la distribuzione a due di-mensioni degli errori di misurazione della posizione di una stella. Inseguito, nel 1860 James Clerk Maxwell estese le argomentazioni di Her-schel al caso tridimensionale, studiando la distribuzione di probabilitàdella velocità delle molecole in un gas.

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 181

Infine nel 1941 un ingegnere elettrico, Vernon D.Landon, studiandoil rumore associato al voltaggio in circuito elettrico osservò che eradistribuito con densita’ invarianti rispetto all’intensità del disturbo eprovò che questa caratteristica identifica la distribuzione normale.

La varietà e la diversità dei problemi che conducono alla distri-buzione normale giustificano quindi pienamente il ruolo centrale chequesta distribuzione occupa.

10.7.1 La derivazione della distribuzione Normale di De Moivre

Sia ξn la variabile aleatoria binomiale definita dalla somma di n varia-bili Bernoulliane ξ relative ad una prova con probabilità di successo pe probabilità di insuccesso q = 1− p.

ξn = ξ + ξ + ξ + .... + ξ = nξ

La media di ξ è µ = p, la sua varianza è σ =√

pq per cui la media diξn è np la sua varianza è

√npq mentre la sua densità di probabilità è

definita da

Bn(k) = P(ξn) =

(nk

)pkqn−k

Utilizzando la Formula di Stirling possiamo approssimare il valoredella distribuzione binomiale mediante la

Bn(h) =(

nh

)phqn−h =

n!h!(n− h)!

phqn−h =

≈ nne−n√

2πnhhe−h

√2πh(n− h)(n−h)e−(n−h)

√2π(n− h)

phq(n−h) =

=1√2π

√n

h(n− h)nn

hh(n− h)n−h phq(n−h) (10.3)

Se normalizziamo la variabile aleatoria ξn mediante la

ζn =ξn − np√

npq

la funzione Gn(k) densità di probabilità di ζn è data da

Gn(k) =√

npqBn(np + k√

npq)

InfattiBn(k) = 1 · Bn(k) = P(ξn = k)

per cui, detta Gn(k) la PDF di ζn, avremo che

1√npq

Gn(k) = P(k ≤ ζn ≤ k +1√npq

) =

= P(k√npq ≤ ξn − np ≤ k√

npq + 1) =

= Bn(np + k√

npq)

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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182 o.caligaris - p.oliva

Possiamo allora mostrare che

Gn(k)→1√2π

e−k22

Definiamo

h = np + k√

npq = np + δ√

n, con δ = k√

pq

avremo

n− h = n− np− k√

npq = nq− δ√

n

per cui sia h che n− h sono grandi per n grande e possiamo usare la10.3 per approssimare Bn(h) e calcolare

√npqBn(np + δ

√n) ≈

= αnβn =

(√npq

1√2π

√n

(np + δ√

n)(nq− δ√

n)

)

(nn

(np + δ√

n)(np+δ√

n)(nq− δ√

n)(nq−δ√

n))p(np+δ

√n)q(nq−δ

√n)

)

Osserviamo subito che

αn =√

npq1√2π

√n

(np + δ√

n)(nq− δ√

n)→ 1√

e che

βn =nn

(np + δ√

n)(np+δ√

n)(nq− δ√

n)(nq−δ√

n)p(np+δ

√n)q(nq−δ

√n) =

=nnp+δ

√n+nq−δ

√n

(np + δ√

n)(np+δ√

n)(nq− δ√

n)(nq−δ√

n)p(np+δ

√n)q(nq−δ

√n) =

npnp+δ√

n

(np + δ√

n)(np+δ√

n)

nqnq−δ√

n

(nq− δ√

n)(nq−δ√

n)

Si ha

βn =

(1 +

δ

p√

n

)−np−δ√

n (1− δ

q√

n

)−nq+δ√

n=

= e(−np−δ

√n) ln

(1+ δ

p√

n

)+(−nq+δ

√n) ln

(1− δ

q√

n

)

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 183

Ma

(−np− δ√

n) ln(

1 +δ

p√

n

)+ (−nq + δ

√n) ln

(1− δ

q√

n

)≈

≈ (−np− δ√

n)(

δ

p√

n− δ2

2p2n

)+(−nq+ δ

√n)(− δ

q√

n− δ2

2q2n

)≈

− npδ

p√

n+

npδ2

2p2n− δ2

p+

δ3

2p2√

n+

nqδ

q√

n+

nqδ2

2q2n− δ2

q− δ3

2q2√

n→

→ δ2

2p+

δ2

2q− δ2

p− δ2

q= −

(δ2

2p+

δ2

2q

)=

= − k2 pq2p− k2 pq

2q= − k2

2

Pertanto

βn → e−k2

2

ed infine √npqBn(np + δ

√n)→ 1

2√

πe−

k22

Quindi possiamo affermare che ζn → ζ essendo ζ la variabile alea-toria la cui PDF è

ϕ(x) =1√2π

e−x2/2

Ne segue che

ϕ

(x− µ

σ

)=

1σ√

2πe−

(x−µ)2

2σ2

è la funzione distribuzione di probabilità della variabile aleatoria cuitende ξn per n grande.

10.7.2 La derivazione della distribuzione normale di Herschel-Maxwell

Una stella si individua mediante la sua longitudine, misurata con unerrore ξ, e la sua declinazione, misurata con un errore η; Herschel(1850) postulò che ξ e η sono variabili aleatorie indipendenti ed hannola stessa PDF f . Allora la distribuzione di probabilità della variabilealeatoria (ξ, η) è della forma

φ(x, y) = f (x) f (y)

Inoltre postulò che φ, espressa usando le coordinate polari (ρ, θ),fosse indipendente da θ, per cui

φ(x, y) = f (x) f (y) = g(x2 + y2)

Ne dedusse infine che φ doveva allora essere quella che ora chia-miamo densità di probabilità gaussiana.

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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184 o.caligaris - p.oliva

Maxwell (1860) usò argomentazioni sostanzialmente identiche nel-lo studio della cinetica dei gas estendendo l’idea di Herschel al casotridimensionale.

Infatti, ponendo x = 0 e f (0) = α si ricava f (x)α = g(x2) da cui

g(x2)

α

g(y2)

α= g(x2 + y2)

dividendo per α2

g(x2)

α2g(y2)

α2 =g(x2 + y2)

α2

e

ln(

g(x2)

α2

)+ ln

(g(y2)

α2

)= ln

(g(x2 + y2)

α2

)

Pertanto la funzione z 7→ ln(

g(z)α2

)è lineare e quindi

ln(

g(z)α2

)= kz e ln

(g(x2)

α2

)= kx2

È opportuno ricordare che una funzionef additiva e continua è lineare, infatti intal caso si ha

f (nx) = n f (x)

e di conseguenza

f( x

m

)=

1m

f (x)

per ogni n intero, e per ogni m naturale.Se ne deduce che

f( n

mx)=

nm

f (x)

da cuif (qx) = q f (x)

per ogni q razionale. La continuitàgarantisce poi che

f (αx) = α f (x)

per ogni x reale e l’omogeneità di f cheessendo già additiva risulta lineare.

Ne deduciamo cheg(x2) = h2ekx2

e le costanti h e k possono essere determinate in modo da aversi unadistribuzione di probabilità. Innanzi tutto si vede che deve essere h > 0e k < 0, imponendo poi che la distribuzione abbia media µ e varianzaσ otteniamo

g(x) =1

σ√

2πe−

(x−µ)2

2σ2

10.7.3 La derivazione della distribuzione normale di Gauss

Gauss considerò il problema di stimare un parametro θ note n + 1 sueosservazioni x0, x1, . . . , xn ed usò allo scopo il principio di massimaverosimiglianza.

Se indichiamo con f (xi , θ) la probabilità di ottenere la misura xi

condizionata al fatto che il parametro cercato è θ, la probabilità di avereottenuto le osservazioni xi, che supponiamo indipendenti, è data da

P(θ) = ∏ f (xi , θ)

Cerchiamo di determinare f in modo che P(θ) sia massima in corri-spondenza del valor medio θ delle osservazioni. L’argomento di mas-simo non cambia se consideriamo ln(P(θ)) in luogo di P(θ) e quindi θ

deve soddisfare la condizionen

∑0

∂θln( f (xi , θ)) = 0

Se poniamoln( f (xi , θ)) = g(θ − xi) = g(u)

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probabilità 185

se supponiamo cioe’ che f (xi , θ) dipenda solo dall’errore commessonel considerare θ invece di xi, dovrà risultare

n

∑0

g′(θ − xi) = 0 (10.4)

Se vogliamo che il massimo sia assunto per

θ = θ =1

n + 1

n

∑0

xi (10.5)

dovrà aversin

∑0

g′(θ − xi) = 0 (10.6)

Le equazioni 10.6, 10.5 sono, in generale, incompatibili, anzi pos-siamo subito osservare che qualora la distribuzione degli errori di mi-surazione sia uniforme si avrebbe f (xi , θ) costante per cui tale risul-terebbe anche P(θ) e la 10.6 perderebbe di significato attribuendo aqualunque valore di θ la stessa affidabilità.

Ora, se consideriamo il caso in cui una sola delle osservazioni dif-ferisce dalla media, cioè se poniamo

x0 = (n + 1)u, x1 = x2 = · · · = xn = 0

per modo che

θ = u, θ − x0 = −nu, θ − xi = u− 0, i = 1, · · · n

sostituendo in 10.6 otteniamo

g′(−nu) + ng′(u) = 0 (10.7)

Per n = 1 la 10.7 fornisce

g′(−u) = −g′(u)

e ne viene che g′ deve essere antisimmetrica inoltre la 10.7, garantisceche la g′, supposta continua, è lineare.

La linearità permette di concludere che

g′(u) = au, g(u) =12

au2 + b

Infine usando la definizione di g e tenendo conto che la distribu-zione di probabilità deve essere normalizzata, otteniamo che a < 0 edanche

f (x, θ) =

√α

2πe−

12 α(x−θ)2

(10.8)

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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186 o.caligaris - p.oliva

Nel caso in cui la 10.8 valga la funzione che definisce la verosimi-glianza diventa

ln(P(θ)) =n

∑0

ln(√

α

2πe−

12 α(xi−θ)2

)=

= (n + 1) ln(√

α

)+

n

∑0−1

2α(xi − θ)2

Ne segue che

(ln(P(θ)))′ =n

∑0

α(xi − θ) =n

∑0

αxi − (n + 1)θ

Che evidentemente assume massimo proprio per θ = θ ed inoltre ilpunto di massimo è unico (si tratta di un paraboloide concavo). Restalibero il parametro α che definisce diverse forme della distribuzione.

10.7.4 La derivazione della distribuzione Normale di Landon

Landon studiò la distribuzione di probabilità della variabile aleatoriaξ che rappresenta il rumore da cui è affetto il voltaggio osservato inun circuito elettrico. Egli osservò che tale distribuzione sembrava noncambiare forma al variare della deviazione standard σ del rumore.

Sia quindi p(x, σ) la probabilità che il rumore valga x nel caso in cuila sua deviazione standard sia σ.

Supponiamo che alla variabile aleatoria ξ si sommi una quantitàaleatoria ∆ξ indipendente da ξ la cui distribuzione si chiami q. Avremoche

f (x) =∫ +∞

−∞p(x− ε, σ2)q(ε)dε

è la distribuzione di probabilità della variabile aleatoria ξ + ∆ξ

Usando lo sviluppo di Taylor di ordine 2 di p(x, σ) otteniamo

f (x) =

=∫ +∞

−∞q(ε)

(p(x, σ2)− ε

∂p(x, σ2)

∂x+ ε2 ∂2 p(x, σ)

2∂x2 + R)

e

f (x) = p(x, σ2) − µ(q)∂p(x, σ2)

∂x+ Var(q)

12

∂p(x, σ2)

∂x2 + R

Pertanto supponendo che la media µ(q) sia nulla e trascurando imomenti di ordine superiore al secondo, si ha

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 187

f (x) = p(x, σ2) + Var(q)12

∂2 p(x, σ2)

∂x2 + R

D’altro canto, poichè si suppone che la forma della distribuzione diprobabilità del rumore non cambi con la varianza e dal momento cheVar(ξ + ∆ξ) = σ2 + Var(∆ξ), deve essere

f (x) = p(x, σ2 + Var(q)) = p(x, σ2) + Var(q)∂p(x, σ2)

∂σ+ R

Ove si sia usato lo sviluppo di Taylor di p(x, ·).Possiamo quindi dedurre confrontando i due sviluppi che

∂p(x, σ2)

∂σ=

12

∂2 p(x, σ2)

∂x2

che è una equazione di diffusione che , con condizioni iniziali p(x, 0) =δ(x) fornisce come soluzione

p(x, σ2) = N(x, 0, σ)

10.8 Combinazione lineare di variabili gaussiane

Siano ξ1 e ξ2 variabili aleatorie gaussiane di media 0 e varianza 1 econsideriamo ξ = αξ1 + βξ2 con α2 + β2 = 1, allora ξ è una variabilealeatoria normale standard.

Avremo che la PDF di ξ1 e di ξ2 è data da

1√2π

e−u22

e si può affermare che αξ1 e βξ2 hanno rispettivamente, le seguentiPDF:

1√2π|α|

e−u2

2α2 ,1√

2π|β|e− u2

2β2

Ne viene che la PDF φ della somma ξ sarà data da

φ(v) =1√

2π|α|1√

2π|β|

∫ +∞

−∞e−

u2

2α2 e− (v−u)2

2β2 du

e si calcola

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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188 o.caligaris - p.oliva

φ(v) =1

2π|αβ|∫ +∞

−∞e− u2

2α2− v2

2β2− u2

2β2 +uvβ2 du =

=1

2π|αβ| e− v2

2β2∫ +∞

−∞e− u2

2α2− u2

2β2 +uvβ2 du =

=1

2π|αβ| e− v2

2β2∫ +∞

−∞e− u2

2α2β2 +uvβ2 du =

=1

2π|αβ| e− v2

2β2∫ +∞

−∞e−(

u√2|αβ|−

v√2β2 |αβ|

)2+ v2

2β4 α2β2

du =

=1

2π|αβ| e− v2

2β2 +v2

2β4 α2β2 ∫ +∞

−∞e−(

u√2|αβ|−

v√2β2 |αβ|

)2

du

Ora, tenendo conto che

− 12β2 +

12β4 α2β2 = −1

2

e calcolato l’integrale ponendo

t =u√

2|αβ|− v√

2β2|αβ|

si conclude

φ(v) =1

2π|αβ| e− v2

2√

2π|αβ| = 1√2π

e−v22

e ξ è a sua volta normale e standard.Chiaramente qualora α2 + β2 6= 1 possiamo considerare che

αξ1 + βξ2 =√

α2 + β2

(α√

α2 + β2ξ1 +

β√α2 + β2

ξ2

)

inoltre, se η1 e η2 sono gaussiane di media µi e varianza σ2i possiamo

scrivere che

αη1 + βη2 = αµ1 + ασ1ξ1 + βµ2 + βσ2ξ2 =

= αµ1 + βµ2 + (ασ1ξ1 + βσ2ξ2) =

αµ1 + βµ2 +√

α2σ21 + β2σ2

2

ασ1√

α2σ21 + β2σ2

2

ξ1 +βσ2√

α2σ21 + β2σ2

2

ξ2

=

αµ1 + βµ2 +√

α2σ21 + β2σ2

2 ξ

essendo ξ una gaussiana normale standard.Ne segue che αη1 + βη2 ha una distribuzione gaussiana di media

αµ1 + βµ2 e varianza α2σ21 + β2σ2

2in quanto

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 189

ασ1√

α2σ21 + β2σ2

2

ξ1 +βσ2√

α2σ21 + β2σ2

2

ξ2

è una gaussiana standard.

10.9 Le distribuzioni legate ai test statistici.

10.9.1 La distribuzione χ2

Si tratta della distribuzione di probabilità di una variabile aleatoriaχ2 che restituisce la somma dei quadrati di ν variabili aleatorie ξi in-dipendenti, aventi distribuzione gaussiano con media 0 e varianza 1(distribuzioni normali standardizzate).

χ2 = ξ21 + ξ2

2 + ... + ξ2ν

Per ricavare la PDF della distribuzione χ2 a ν gradi di libertà èopportuno procedere come segue.

10.9.2 χ2 ad 1 grado di libertà

Se ξ è una variabile aleatoria gaussiana standard e se η = ξ2, la PDFϕ di η è data da

ϕ(t) =

1√2π

e−s2√s s ≥ 0

0 s < 0

Infatti si ha

P(η ≤ α) = P(ξ2 ≤ α) = P(−√

α ≤ ξ ≤√

α) =

=1√2π

∫ √α

−√αe−

t22 dt =

2√2π

∫ √α

0e−

t22 dt =

posto s = t2, per cui ds = 2tdt

=2√2π

∫ α

0

e−s2

2√

sds =

1√2π

∫ α

0

e−s2√s

ds

10.9.3 χ2 a 2 gradi di libertà

Se η1, η2 sono variabili aleatorie ηi = ξ2i con ξi gaussiana standard e

se η = η1 + η2, la PDF ϕ di η è data da

ϕ(t) =

12 e−

s2 s ≥ 0

0 s < 0

Infatti, se chiamiamo ϕi la PDF di ηi, si ha

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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190 o.caligaris - p.oliva

ϕ(s) =∫ +∞

−∞ϕ1(t)ϕ2(s− t)dt =

=∫ s

0ϕ1(t)ϕ2(s− t)dt =

12π

∫ s

0

e−t2 e−

s−t2√

t√

s− tdt =

=1

2πe−

s2

∫ s

0

1√t√

s− tdt

Posto√

t(s− t) = ut si ha

t(s− t) = u2t2 , s− t = u2t , s = (1−u2)t , t =s

1 + u2 , dt = − 2us(1 + u2)2 du

per cui

∫ 1√t(s− t)

dt =∫− 2us

ut(1 + u2)2 du =

=∫− 2us

u s1+u2 (1 + u2)2 du = −2

∫ 11 + u2 du =

= −2 arctan(u) = −2 arctan

√s− t

t

Per cui

∫ s

0

1√t√

s− tdt = −2 arctan

√s− t

t

∣∣∣s

0= 2

π

2= π

e

ϕ(s) =1

2πe−

s2 π =

12

e−s2

10.9.4 χ2 a ν gradi di libertà

Possiamo ora provare che la variabile aleatoria

η = η1 + η2 + ·+ ην = ξ21 + ξ2

2 + ·+ ξ2ν

dove ξi sono variabili aleatorie gaussiane normalizzate, ha una PDFdefinita da

ϕν(u) =1

2ν2 Γ(

ν2)u

ν2−1e−

u2

Le verifiche fatte precedentemente consentono di affermare che laprecedente affermazione è vera per ν = 1 e per ν = 2. Pertantoper verificare la medesima è sempre vera sarà sufficiente provare che,supposta vera per ν è vera anche per ν + 2.

Si ha

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 191

ϕν+2(u) = ϕν(u) ∗ ϕ2(u) =∫ u

0

1

2ν2 Γ( ν

2 )(u− t)

ν2−1e−

u−t2

12

e−t2 dt =

=1

2ν2 +1Γ

(ν2) e−

u2

∫ u

0(u− t)

ν2−1du =

1

2ν2 +1Γ

(ν2) e−

u2

∫ u

0(u− t)

ν2−1du =

=1

2ν2 +1Γ

(ν2) e−

u2

[− (u− t)

ν2

ν2

]u

0

=1

2ν2 +1Γ

(ν2) e−

u2(u)

ν2

ν2

=

=1

2ν2 +1Γ

(ν2 + 1

)uν2 e−

u2

Media, varianza e generatrice dei momenti della variabile aleatoriaχ2 sono date da

µ = ν

σ2 = 2ν

M2χ(t) = (1− 2t)−ν/2

10.9.5 La distribuzione T di Student.

È la distribuzione di una variabile aleatoria T che restituisce il rapporto

T =ξ√

ην

dove ξ è una variabile aleatoria con densità di probabilità gaussia-na normale (media 0 e varianza 1) ed η è una variabile aleatoria condistribuzione χ2 a ν gradi di libertà

Per ricavare la PDF di student cominciamo con l’osservare che:

10.9.6

Se ξ è una variabile aleatoria con densità χ2 a ν gradi di libertà, la suaPDF sarà data da

ϕν(u) =1

2ν2 Γ(

ν2)u

ν2−1e−

u2

Sia η la variabile aleatoria definita da

η =

√ξ

ν

Avremo che

P(η ≤ α) = P(√

ξ

ν≤ α

)= P(ξ ≤ να2) =

1

2ν2 Γ(

ν2)∫ να2

0u

ν2−1e−

u2 du =

Posto t =√

uν da cui u = νt2 e du = 2νtdt

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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192 o.caligaris - p.oliva

=1

2ν2 Γ(

ν2)∫ α

0tν−2ν

ν2−1e−

νt22 2νtdt =

=1

2ν2−1Γ

(ν2)∫ α

0tν−1ν

ν2 e−

νt22 dt

e possiamo concludere che la PDF di η è data da

ϕ(t) =

12

ν2−1Γ( ν

2 )tν−1ν

ν2 e−

νt22 t ≥ 0

0 t < 0

10.9.7

Sia ora η1 una variabile aleatoria gaussiana standard, la cui PDF èovviamente data da

g(u) =1√2π

e−u22

e sia η2 =√

ξν dove ξ è una variabile aleatoria con densità χ2 a ν gradi

di libertà; per quanto detto in precedenza la PDF di η2 è nulla primadi 0 ed è data da

g(t) =1

2ν2−1Γ

(ν2) tν−1ν

ν2 e−

νt22

per t ≥ 0.La variabile aleatoria T di student è definita mediante la

T =η1

η2

e possiamo ricavarne la PDF ϕ ricordando che si tratta del quozientedi due variabili aleatorie di cui conosciamo la densità di probabilità.Avremo:

ϕ(t) =∫ +∞

0x

1

2ν2−1Γ

(ν2) xν−1ν

ν2 e−

νx22

1√2π

e−t2x2

2 dx =

ν2√

2π2ν2−1Γ

(ν2)∫ +∞

0xνe−

x22 (ν+t2)dx =

posto x2

2 (ν + t2) = s si ha x =√

2sν+t2 e dx =

√2√

ν+t22√

s

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 193

ν2√

2π2ν2−1Γ

(ν2)∫ +∞

0

2ν2 s

ν2

(ν + t2)ν2

e−s√

2√ν + t2

12√

sds =

ν2 2

ν2− 1

2√2π2

ν2−1Γ

(ν2) 1

(ν + t2)ν+1

2

∫ +∞

0s

ν2− 1

2 e−sds =

ν2√

πΓ(

ν2) 1

(ν)ν+1

2 (1 + t2

ν )ν+1

2

∫ +∞

0s

ν+12 −1e−sds =

=Γ(

ν+12

)

√νπΓ

(ν2)(1 + t2

ν )ν+1

2

Pertanto la funzione di distribuzione della variabile aleatoria T a ν

gradi di libertà è data da

ϕ(t) =Γ(

ν+12

)

√νπΓ(ν/2)

(1 +

t2

ν

)− ν+12

La media e la varianza di T risultano essere

µ = 0

σ2 =ν

ν− 2

10.9.8 La distribuzione F di Fisher.

È la distribuzione di una variabile aleatoria F che restituisce il rapporto

F =η/µ

ξ/ν

dove η ed ξ sono variabili aleatorie con distribuzione χ2 a µ e ν gradidi libertà, rispettivamente.

Per ricavare la PDF di F ricordiamo che la PDF g di η/µ è data da

g(u) =µ

2µ2 Γ( µ

2) (µu)

µ2−1e−

µu2

mentre la PDF f di ξ/ν è data da

f (u) =ν

2ν2 Γ(

ν2) (νu)

ν2−1e−

νu2

Possiamo quindi ricavare la PDF ϕ di F = η/µξ/ν usando quanto

conosciamo sul rapporto di due variabili aleatorie. Avremo

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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194 o.caligaris - p.oliva

ϕ(t) =∫ +∞

0x

ν

2ν2 Γ(

ν2)ν

ν2−1x

ν2−1e−

νx2

µ

2µ2 Γ( µ

2)µ

µ2−1(tx)

µ2−1e−

µtx2 dx =

ν2 µ

µ2

2ν2 Γ(

ν2)

2µ2 Γ( µ

2)∫ +∞

0x

ν2 e−

νx2 t

µ2−1x

µ2−1e−

µtx2 dx =

= tµ2−1Cν,µ

∫ +∞

0x

ν+µ2 −1e−

x2 (ν+tµ)dx =

posto x2 (ν + tµ) = s si ha dx = 2

ν+tµ ds

= tµ2−1Cν,µ

∫ +∞

0

(2s

ν + tµ

) ν+µ2 −1

e−s 2ν + tµ

ds =

=t

µ2−1Cν,µ2

ν+µ2

(ν + tµ)ν+µ

2

∫ +∞

0s

ν+µ2 −1e−sds =

ν2 µ

µ2 Γ(

ν+µ2

)2

ν+µ2

2ν2 2

µ2 Γ(

ν2)

Γ( µ

2)

tµ2−1

(ν + tµ)ν+µ

2

=

ν2 µ

µ2 Γ(

ν+µ2

)

Γ(

ν2)

Γ( µ

2) t

µ2−1(ν + tµ)−

ν+µ2

Pertanto la funzione di distribuzione della variabile aleatoria F èdata da

ϕ(t) =

Γ(

ν1+ν22

)

Γ(ν1/2)Γ(ν2/2)νν1/21 νν2/2

2 tν2/2−1(ν2 + ν1t)−(ν1+ν2)/2 t > 0

0 altrimenti

la media e varianza risultano essere

µ =ν2

ν2 − 2

σ2 =2ν2

2(ν1 + ν2 − 2)ν1(ν2 − 4)(ν2 − 2)2

10.10 Variabili casuali con distribuzione assegnata.

Qualora sia necessario utilizzare dati generati casualmente con fun-zione distribuzione di probabilità fissata, possiamo procedere comesegue.

Sia φ la distribuzione che si vuole considerare e sia

F(x) =∫ x

−∞φ(t)dt

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 195

la funzione di distribuzione cumulativa; allora si ha

P(a ≤ ξ ≤ b) =∫ b

aφ(t)dt = F(b)− F(a)

e quindiP(F−1(a) ≤ ξ ≤ F−1(b)) = b− a

eP(a ≤ F(ξ) ≤ b) = b− a

Pertanto F(ξ) ha una distribuzione uniforme e quindi poichè

ξ = F−1(F(ξ))

possiamo generare valori distribuiti con densità di probabilità φ, con-siderando valori generati con densità uniforme ed applicando a talivalori F−1.

Tale procedimento non è tuttavia applicabile, ad esempio, per de-terminare valori distribuiti con densità gaussiana in quanto non èpossibile determinare esplicitamente F−1 nel caso in cui

F(x) =1√2π

∫ x

−∞e−t2/2dt

In tal caso, che peraltro è di rilevante importanza possiamo osser-vare che se ξ e η sono variabili aleatorie indipendenti con distribu-zione gaussiana normale, allora (ξ, η) è una variabile aleatoria la cuifunzione distribuzione di probabilità è

12π

e−(t2+s2)/2

Pertanto

P((ξ, η) ∈ A) =1

∫∫

A

e−(t2+s2)/2dtds =

12π

∫∫

B

ρe−(ρ2)/2dρdθ

dove B ed A sono l’uno il trasformato dell’altro rispetto al cambio divariabili in coordinate polari.

Ne viene che possiamo identificare due nuove variabili (R, Θ) la cuidensità di probabilità è data da

12π

ρe−(ρ2)/2 = (

12π

)(ρe−(ρ2)/2) = f (θ)g(ρ)

dove

f (θ) =1

g(ρ) = ρe−(ρ2)/2

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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196 o.caligaris - p.oliva

Quindi per quanto visto in precedenza, per generare valori casualidi Θ e di R possiamo utilizzare valori uniformemente distribuiti θ edr e applicare a tali valori le funzioni F−1 e G−1, rispettivamente, dove

F(t) =∫ t

0f (s)ds =

t2π

, G(t) =∫ t

0g(s)ds = 1− e−t2/2

Si ha allora

F−1(s) = 2πs , G−1(s) =√−2 ln(1− s)

e le variabili

ξ =√−2 ln(1− t) cos (2πs) , η =

√−2 ln(1− t) sin (2πs)

dove s e t sono distribuite uniformemente, risultano distribuite condensità gaussiana di media 0 e di varianza 1.

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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11. IL TEOREMA DEL LIMITE CEN-TRALE

Il teorema del limite centrale è un risultato di grande importanza inquanto sancisce il fatto che la sovrapposizione di un gran numero divariabili aleatorie aventi media e varianza comune conduce ad unavariabile con distribuzione normale (gaussiana).

Più precisamente possiamo dire cheSiano

ξ1, ξ2, ....., ξn

variabili aleatorie indipendenti aventi la stessa distribuzione di proba-bilità con media µ e varianza σ2.

Sianoη1, η2, ....., ηn

le corrispondenti variabili normalizzate

ηk =ξk − µ

σ

e consideriamo la variabile aleatoria ζ definita da

ζn =η1 + η2 + ... + ηn√

n

(Poichè E(ηi) = 0 avremo che E(ζn) = nE(η1 + η2 + ... + ηn) = 0 einoltre, poichè Var(ηi) = 1 avremo che Var(η1 + η2 + ... + ηn) = n equindi Var(ζn) = 1)

Si haζn =

ξ1 + ξ2 + ... + ξn − nµ√nσ

e si può dimostrare che

limn→+∞

P(α ≤ ζn ≤ β) =1√2π

∫ β

αe−x2/2dx

o equivalentemente che

limn→+∞

P(a ≤ ξ1 + ξ2 + ... + ξn ≤ b) =1√2π

∫ b−nµ√nσ

a−nµ√nσ

e−x2/2dx

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198 o.caligaris - p.oliva

11.1 Un caso particolare del Teorema del Limite Centrale: ilteorema di DeMoivre-Laplace

Sia ξn la variabile aleatoria binomiale definita dalla somma di n varia-bili Bernoulliane ξ relative ad una prova con probabilità di successo pe probabilità di insuccesso q = 1− p.

ξn = ξ + ξ + ξ + .... + ξ = nξ

La media di ξ è µ = p, la sua varianza è σ =√

pq per cui la media diξn è np la sua varianza è

√npq mentre la sua densità di probabilità è

definita da

Bn(k) = P(ξn) =

(nk

)pkqn−k

Possiamo normalizzare la variabile aleatoria ξn mediante la

ξn − np√npq

e quanto detto alla fine del capitolo precedente mostra che la funzionedensità di probabilità di ξn è data da

√npqBn(np + k

√npq)

Possiamo ora mostrare che

√npqBn(np + k

√npq)→ 1√

2πe−

k22

Utilizzando la Formula di Stirling possiamo approssimare il valoredella distribuzione binomiale mediante la

Bn(h) =(

nh

)phqn−h =

n!h!(n− h)!

phqn−h =

≈ nne−n√

2πnhhe−h

√2πh(n− h)(n−h)e−(n−h)

√2π(n− h)

phq(n−h) =

=1√2π

√n

h(n− h)nn

hh(n− h)n−h phq(n−h)

Se definiamo

h = np + k√

npq = np + δ√

n, con δ = k√

pq

avremo

n− h = n− np− k√

npq = nq + δ√

n

per cui

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 199

√npqBn(np + δ

√n) ≈

= αnβn =

(√npq

1√2π

√n

(np + δ√

n)(nq− δ√

n)

)

(nn

(np + δ√

n)(np+δ√

n)(nq− δ√

n)(nq−δ√

n))p−(np+δ

√n)q(nq−δ

√n)

)

Osserviamo subito che

αn =√

npq1√2π

√n

(np + δ√

n)(nq− δ√

n)→ 1√

e che

βn =nn

(np + δ√

n)(np+δ√

n)(nq− δ√

n)(nq−δ√

n)p−(np+δ

√n)q(nq−δ

√n) =

=nnp+δ

√n+nq−δ

√n

(np + δ√

n)(np+δ√

n)(nq− δ√

n)(nq−δ√

n)p−(np+δ

√n)q(nq−δ

√n) =

npnp+δ√

n

(np + δ√

n)(np+δ√

n)

nqnq+δ√

n

(nq + δ√

n)(nq+δ√

n)

Si ha

βn =

(1 +

δ

p√

n

)−np−δ√

n (1 +

δ

q√

n

)−nq+δ√

n=

= e(−np−δ

√n) ln

(1+ δ

p√

n

)+(−nq+δ

√n) ln

(1− δ

q√

n

)

Ma

(−np− δ√

n) ln(

1 +δ

p√

n

)+ (−nq + δ

√n) ln

(1− δ

q√

n

)≈

≈ (−np− δ√

n)(

δ

p√

n− δ2

2p2n

)+(−nq+ δ

√n)(− δ

q√

n− δ2

2q2n

)≈

− npδ

p√

n+

npδ2

2p2n− δ2

p+

δ3

2p2√

n+

nqδ

q√

n+

nqδ2

2q2n− δ2

q+

δ3

2q2√

n→

→ δ2

2p+

δ2

2q− δ2

q− δ2

q= −

(δ2

2p+

δ2

2q

)=

= −h2 pq2p− h2 pq

2q= −h2

2

Pertanto

βn → e−k2

2

ed infine

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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200 o.caligaris - p.oliva

√npqBn(np + k

√npq) =

√npqBn(np + δ

√n)→ 1

2√

πe−

k22

Quindi possiamo affermare che

P(a ≤ ξn ≤ b) = P(a ≤ ξ + ξ + ξ + .... + ξ ≤ b) ≈

≈ 1√2π

∫ b−np√npq

a−np√npq

e−x2/2dx = G(b− np√

npq)− G(

a− np√npq

)

dove

G(x) =1√2π

∫ x

−∞e−x2/2dx

è la funzione di distribuzione cumulativa Gaussiana standardizzatai cui valori si trovano tabulati.

11.2 Un altro caso particolare del Teorema del Limite Centrale

Sia ξn la variabile aleatoria definita dalla somma di n variabili Poisso-niane ξ di media λ.

ξn = ξ + ξ + ξ + .... + ξ = nξ

La media di ξ è µ = λ, la sua varianza è σ =√

λ per cui la media diξn è nλ la sua varianza è

√nλ mentre la sua densità di probabilità è

definita da

Hn(k) = P(ξn = k) =(nλ)k

k!e−nλ

Possiamo normalizzare la variabile aleatoria ξn mediante la

ξn − nλ√nλ

la cui funzione densità di probabilità è data da

√nλHn(nλ + k

√nλ)

Possiamo mostrare che

√nλHn(nλ + k

√nλ)→ 1√

2πe−

k22

Avremo infatti che

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 201

√nλHn(nλ + k

√nλ) =

=√

nλ(nλ)nλ+k

√nλe−nλ

(nλ + k√

nλ)nλ+k√

nλe−nλ−k√

√2π(nλ + k

√nλ)

=

=1√2π

√√√√ 11 + k√

1(

1 + k√nλ

)nλ+k√

1

e−k√

nλ=

Si verifica subito che

1√2π

√√√√ 11 + k√

→ 1√2π

mentre1

(1 + k√

)nλ+k√

1

e−k√

nλ= e−εn

dove

εn = (nλ + k√

nλ) ln(

1 +k√nλ

)− k√

Usando lo sviluppo di Taylor del logaritmo avremo allora

εn ≈ (nλ + k√

nλ)

(k√nλ− k2

2nλ

)− k√

nλ =

= k√

nλ− k2

2+ k2 − k2

2− k3

2√

nλ− k√

nλ→ k2

2

Se ne deduce cheεn → e−

x22

e si può concludere.

11.2.1 Approssimazione della Distribuzione Binomiale mediante laDistribuzione Normale

Il teorema di De Moivre-Laplace, qualora il numero di prove n siagrande, permette di approssimare una distribuzione binomiale me-diante la distribuzione normale standardizzata.

Nella pratica l’approssimazione si usa se np, nq ≥ 5 essendo p laprobabilità di successo e q = 1− p.

Ad esempio si può calcolare la probabilità che su 10 lanci di unamoneta non truccata si abbiano un numero di teste ξ compreso tra 3 e6, tenendo conto che

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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202 o.caligaris - p.oliva

P (3 ≤ ξ ≤ 6) = P

(3− 1

2 − 5√2.5

≤ zn ≤6 + 1

2 − 5√2.5

)=

= P (−1.58 ≤ zn ≤ 0.95)

Se G è la CDF Gaussiana standardizzata avremo:

P (−1.58 ≤ zn ≤ 0.95) = G(0.95)−G(1.58) = 0.8289− 0.0571 = 0.7718

Possiamo confrontare il risultato con quello ottenuto direttamentemediante i valori della distribuzione cumulativa binomiale B10 relativaa 10 lanci; in questo modo si ottiene

B10(6)− B10(2) = 0.8281− 0.0547 = 0.7734

ed osservare che l’errore di approssimazione commesso è dell’ordinedi 0.0016

Seguono le istruzioni Matlab per calcolare

G(0.95)− G(1.58)) = normcdf(0.95,0,1)-normcdf(-1.58,0,1)

e

B10(6)− B10(2) = cdf(’bino’,6,10,1/2)-cdf(’bino’,3,10,1/2)

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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12. I Test Statistici

12.1 Le distribuzioni legate ai test statistici.

12.1.1 La distribuzione χ2

La variabile aleatoria χ2 a ν gradi di libertà restituisce la somma deiquadrati di ν variabili aleatorie ξi indipendenti, aventi distribuzionegaussiano con media 0 e varianza 1 (distribuzioni normali standardiz-zate).

χ2 = ξ21 + ξ2

2 + ... + ξ2ν

Distribuzione χ2 ad 1 grado di libertà.

0 1 2 30

0.2

0.4

0.6

0.8

1

Figura 12.1: .

Per ricavare la PDF della distribuzione χ2 a ν gradi di libertà èopportuno procedere come segue.

12.1.2 χ2 ad 1 grado di libertà

Se ξ è una variabile aleatoria gaussiana standard e se η = ξ2, la PDFϕ di η è data da

ϕ(t) =

1√2π

e−s2√s s ≥ 0

0 s < 0

Infatti si ha

P(η ≤ α) = P(ξ2 ≤ α) = P(−√

α ≤ ξ ≤√

α) =

=1√2π

∫ √α

−√αe−

t22 dt =

2√2π

∫ √α

0e−

t22 dt =

posto s = t2, per cui ds = 2tdt

=2√2π

∫ α

0

e−s2

2√

sds =

1√2π

∫ α

0

e−s2√s

ds

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204 o.caligaris - p.oliva

12.1.3 χ2 a 2 gradi di libertà

Se η1, η2 sono variabili aleatorie ηi = ξ2i con ξi gaussiana standard e

se η = η1 + η2, la PDF ϕ di η è data da

ϕ(t) =

12 e−

s2 s ≥ 0

0 s < 0

Infatti, se chiamiamo ϕi la PDF di ηi, si ha

ϕ(s) =∫ +∞

−∞ϕ1(t)ϕ2(s− t)dt =

=∫ s

0ϕ1(t)ϕ2(s− t)dt =

12π

∫ s

0

e−t2 e−

s−t2√

t√

s− tdt =

=1

2πe−

s2

∫ s

0

1√t√

s− tdt

Distribuzione χ2 a 2 gradi di libertà

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 200

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Figura 12.2: .

Posto√

t(s− t) = ut si ha

t(s− t) = u2t2 , s− t = u2t , s = (1 + u2)t

t =s

1 + u2 , dt = − 2us(1 + u2)2 du

per cui

∫ 1√t(s− t)

dt =∫− 2us

ut(1 + u2)2 du =

=∫− 2us

u s1+u2 (1 + u2)2 du = −2

∫ 11 + u2 du =

= −2 arctan(u) = −2 arctan

√s− t

t

Ne viene∫ s

0

1√t√

s− tdt = −2 arctan

√s− t

t

∣∣∣s

0= 2

π

2= π

e si può dedurre che

ϕ(s) =1

2πe−

s2 π =

12

e−s2

è la distribuzione di η.

12.1.4 χ2 a ν gradi di libertà

Possiamo ora provare che la variabile aleatoria

η = η1 + η2 + ·+ ην = ξ21 + ξ2

2 + ·+ ξ2ν

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probabilità 205

dove ξi sono variabili aleatorie gaussiane normalizzate, ha una PDFdefinita da

ϕν(u) =1

2ν2 Γ(

ν2)u

ν2−1e−

u2

Distribuzione χ2 a 6 gradi di libertà

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 200

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Figura 12.3: .

Le verifiche fatte precedentemente consentono di affermare che laprecedente affermazione è vera per ν = 1 e per ν = 2. Pertantoper verificare la medesima è sempre vera sarà sufficiente provare che,supposta vera per ν è vera anche per ν + 2.

Si ha

ϕν+2(u) = ϕν(u) ∗ ϕ2(u) =∫ u

0

1

2ν2 Γ(

ν2) (u− t)

ν2−1e−

u−t2

12

e−t2 dt =

=1

2ν2 +1Γ

(ν2) e−

u2

∫ u

0(u− t)

ν2−1du =

1

2ν2 +1Γ

(ν2) e−

u2

[− (u− t)

ν2

ν2

]u

0

=

=1

2ν2 +1Γ

(ν2) e−

u2(u)

ν2

ν2

=1

2ν2 +1Γ

(ν2 + 1

)uν2 e−

u2

Media, varianza della variabile aleatoria χ2 sono date da

µ = ν

σ2 = 2ν

Infatti

µ =∫ +∞

0

1

2ν2 Γ(

ν2)uu

ν2−1e−

u2 du =

1

2ν2 Γ(

ν2)∫ +∞

0u

ν2 e−

u2 du =

1

2ν2 Γ(

ν2)∫ +∞

0(2t)

ν2 e−t2dt

2ν2 +1Γ

(ν2 + 1

)

2ν2 Γ(

ν2) =

2ν2 +1 ν

2 Γ(

ν2)

2ν2 Γ(

ν2) = ν

mentre

∫ +∞

0

1

2ν2 Γ(

ν2)u2u

ν2−1e−

u2 du =

1

2ν2 Γ(

ν2)∫ +∞

0u

ν2 +1e−

u2 du =

1

2ν2 Γ(

ν2)∫ +∞

0(2t)

ν2 +1e−t2dt

2ν2 +2Γ

(ν2 + 2

)

2ν2 Γ(

ν2) =

2ν2 +2( ν

2 + 1) ν2 Γ(

ν2)

2ν2 Γ(

ν2) = 4(

ν

2+ 1)

ν

2

eσ2 = 4(

ν

2+ 1)

ν

2− ν2 = 2ν

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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206 o.caligaris - p.oliva

Inoltre la generatrice dei momenti della variabile aleatoria χ2 è

Mχ2(t) = (1− 2t)−ν/2

12.1.5 La distribuzione T di Student.

È la distribuzione di una variabile aleatoria T che restituisce il rapporto

T =ξ√

ην

dove ξ è una variabile aleatoria con densità di probabilità gaussia-na normale (media 0 e varianza 1) ed η è una variabile aleatoria condistribuzione χ2 a ν gradi di libertà

Per ricavare la PDF di student cominciamo con l’osservare che:

12.1.6

Se ξ è una variabile aleatoria con densità χ2 a ν gradi di libertà, la suaPDF sarà data da

ϕν(u) =1

2ν2 Γ(

ν2)u

ν2−1e−

u2

Sia η la variabile aleatoria definita da

η =

√ξ

ν

Avremo che

P(η ≤ α) = P(√

ξ

ν≤ α

)= P(ξ ≤ να2) =

=1

2ν2 Γ(

ν2)∫ να2

0u

ν2−1e−

u2 du =

posto t =√

uν da cui u = νt2 e du = 2νtdt

=1

2ν2 Γ(

ν2)∫ α

0tν−2ν

ν2−1e−

νt22 2νtdt =

1

2ν2−1Γ

(ν2)∫ α

0tν−1ν

ν2 e−

νt22 dt

e possiamo concludere che la PDF di η è data da

ϕ(t) =

12

ν2−1Γ( ν

2 )tν−1ν

ν2 e−

νt22 t ≥ 0

0 t < 0

12.1.7

Sia ora η1 una variabile aleatoria gaussiana standard, la cui PDF èovviamente data da

g1(u) =1√2π

e−u22

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 207

e sia η2 =√

ξν dove ξ è una variabile aleatoria con densità χ2 a ν gradi

di libertà; per quanto detto in precedenza la PDF di η2 è nulla primadi 0 ed è data da

g2(t) =1

2ν2−1Γ

(ν2) tν−1ν

ν2 e−

νt22

per t ≥ 0.La variabile aleatoria T di student è definita mediante la

T =η1

η2

e possiamo ricavarne la PDF ϕ ricordando che si tratta del quozientedi due variabili aleatorie di cui conosciamo la densità di probabilità.

Avremo:

ϕ(t) =∫ +∞

0x

1

2ν2−1Γ

(ν2) xν−1ν

ν2 e−

νx22

1√2π

e−t2x2

2 dx =

ν2√

2π2ν2−1Γ

(ν2)∫ +∞

0xνe−

x22 (ν+t2)dx =

posto x2

2 (ν + t2) = s si ha x =√

2sν+t2 e dx =

√2ds√

ν+t22√

s

ν2√

2π2ν2−1Γ

(ν2)∫ +∞

0

2ν2 s

ν2

(ν + t2)ν2

e−s√

2√ν + t2

12√

sds =

ν2 2

ν2− 1

2√2π2

ν2−1Γ

(ν2) 1

(ν + t2)ν+1

2

∫ +∞

0s

ν2− 1

2 e−sds =

ν2√

πΓ(

ν2) 1

(ν)ν+1

2 (1 + t2

ν )ν+1

2

∫ +∞

0s

ν+12 −1e−sds =

=Γ(

ν+12

)

√νπΓ

(ν2)(1 + t2

ν )ν+1

2

Distribuzione di Student a 5 gradi di libertà

4 3 2 1 0 1 2 3 40

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Figura 12.4: .

Pertanto la funzione di distribuzione della variabile aleatoria T a ν

gradi di libertà è data da:

ϕ(t) =Γ(

ν+12

)

√νπΓ

(ν2)(

1 +t2

ν

)− ν+12

La media e la varianza di T risultano essere

µ = 0

σ2 =ν

ν− 2

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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208 o.caligaris - p.oliva

Infatti

µ =∫ +∞

−∞

Γ(

ν+12

)

√νπΓ

(ν2) t(

1 +t2

ν

)− ν+12

dt = 0

per la simmetria dell’integranda;Inoltre

σ2 =∫ +∞

−∞

Γ(

ν+12

)

√νπΓ

(ν2) t2(

1 +t2

ν

)− ν+12

dt =

=Γ(

ν+12

)

√νπΓ

(ν2)∫ +∞

−∞

νt2

(− 2

ν− 1

)ddt

(1 +

t2

ν

)− ν−12

dt =

integrando per parti

=Γ(

ν+12

)

√νπΓ

(ν2)

(νt

ν− 1

)(1 +

t2

ν

)− ν−12

∣∣∣∣∣∣

+∞

−∞

ν− 1

∫ +∞

−∞

(1 +

t2

ν

)− ν−12

dt

=

=Γ(

ν+12

)

√νπΓ

(ν2) ν

ν− 1

∫ +∞

−∞

(1 +

t2

ν− 2ν− 2

ν

)− ν−12

dt =

posto s = t√

ν−2ν

=Γ(

ν+12

)

√νπΓ

(ν2) ν

ν− 1

∫ +∞

−∞

(1 +

s2

ν− 2

)− ν−12√

ν

ν− 2ds =

=Γ(

ν+12

)

√νπΓ

(ν2) ν

ν− 1

√ν

ν− 2

√(ν− 2)πΓ

(ν−2

2)

Γ(

ν−12

) =

=Γ(

ν+12

)

Γ(

ν2) ν

ν− 1Γ(

ν−22)

Γ(

ν−12

) =ν2 − 1

2ν2 − 1

ν− 2

12.1.8 La distribuzione F di Fisher.

È la distribuzione di una variabile aleatoria F che restituisce il rapporto

F =η/µ

ξ/ν

dove η ed ξ sono variabili aleatorie con distribuzione χ2 a µ e ν gradidi libertà, rispettivamente.

Per ricavare la PDF di F ricordiamo che la PDF g di η/µ è data da

g(u) =µ

2µ2 Γ( µ

2) (µu)

µ2−1e−

µu2

mentre la PDF f di ξ/ν è data da

f (u) =ν

2ν2 Γ(

ν2) (νu)

ν2−1e−

νu2

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 209

Possiamo quindi ricavare la PDF ϕ di F = η/µξ/ν usando quanto

conosciamo sul rapporto di due variabili aleatorie.Avremo

ϕ(t) =∫ +∞

0x

ν

2ν2 Γ(

ν2)ν

ν2−1x

ν2−1e−

νx2

µ

2µ2 Γ( µ

2)µ

µ2−1(tx)

µ2−1e−

µtx2 dx =

ν2 µ

µ2

2ν2 Γ(

ν2)

2µ2 Γ( µ

2)∫ +∞

0x

ν2 e−

νx2 t

µ2−1x

µ2−1e−

µtx2 dx =

= tµ2−1Cν,µ

∫ +∞

0x

ν+µ2 −1e−

x2 (ν+tµ)dx =

posto x2 (ν + tµ) = s si ha dx = 2

ν+tµ ds

= tµ2−1Cν,µ

∫ +∞

0

(2s

ν + tµ

) ν+µ2 −1

e−s 2ν + tµ

ds =

=t

µ2−1Cν,µ2

ν+µ2

(ν + tµ)ν+µ

2

∫ +∞

0s

ν+µ2 −1e−sds =

ν2 µ

µ2 Γ(

ν+µ2

)2

ν+µ2

2ν2 2

µ2 Γ(

ν2)

Γ( µ

2)

tµ2−1

(ν + tµ)ν+µ

2

=

ν2 µ

µ2 Γ(

ν+µ2

)

Γ(

ν2)

Γ( µ

2) t

µ2−1(ν + tµ)−

ν+µ2

Distribuzione di Fisher a 10 e 5 gradi di libertà

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 200

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Figura 12.5: .

Pertanto la funzione di distribuzione della variabile aleatoria F èdata da

ϕ(t) =

νν2 µ

µ2 Γ( ν+µ

2 )Γ( ν

2 )Γ( µ2 )

tµ2−1(ν + tµ)−

ν+µ2 t > 0

0 altrimenti

la media e varianza risultano essere

µ =ν2

ν2 − 2

σ2 =2ν2

2(ν1 + ν2 − 2)ν1(ν2 − 4)(ν2 − 2)2

Infatti posto

C(µ, ν) =ν

ν2 µ

µ2 Γ(

ν+µ2

)

Γ(

ν2)

Γ( µ

2)

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210 o.caligaris - p.oliva

∫ +∞

0tk+1 ϕ(t)dt = C(µ, ν)

∫ +∞

0t

µ2 +k(ν+ tµ)−

ν+µ2 dt = C(µ, ν)

∫ +∞

0t

µ2 +k

(ν(

1 + tµ

ν

))− ν+µ2 dt =

= C(µ, ν)ν−ν+µ

2

∫ +∞

0t

µ2 +k

(1 + t

µ + 2k + 2ν− 2k− 2

ν− 2k− 2µ + 2k + 2

µ

ν

)− ν+µ2

dt =

posto s = ν−2k−2µ+2k+2

µν t

= C(µ, ν)ν−ν+µ

2

∫ +∞

0s

µ2 +k

µ

µ + 2k + 2ν− 2k− 2

) µ2 +k+1 (

1 + sµ + 2k + 2ν− 2k− 2

)− ν+µ2

dt =

= C(µ, ν)ν−ν+µ

2

µ

µ + 2k + 2ν− 2k− 2

) µ2 +k+1 ∫ +∞

0s

µ2 +k

(1 + s

µ + 2k + 2ν− 2k− 2

)− ν+µ2

dt =

= ν−ν+µ

2

µ

µ + 2k + 2ν− 2k− 2

) µ2 +k+1 C(µ, ν)

C(µ + 2k + 2, ν− 2k− 2)=

ν2 µ

µ2 ν−

ν+µ2 ν

µ2 +k+1(µ + 2k + 2)

µ2 +k+1

µµ2 +k+1(ν− 2k− 2)

µ2 +k+1(ν− 2k− 2)

ν2−k−1(µ + 2k + 2)

µ2 +k+1

Γ(

ν+µ2

)Γ(

ν2 − k− 1

)Γ( µ

2 + k + 1)

Γ(

ν2)

Γ( µ

2)

Γ(

ν+µ2

) =νk+1

µk+1

Γ(

ν2 − k− 1

)Γ( µ

2 + k + 1)

Γ(

ν2)

Γ( µ

2)

Siamo così in grado di calcolare i momenti rispetto all’origine diogni ordine

Per k = 0 otteniamo il momento di ordine 1, Cioè la media,

∫ +∞

0tϕ(t)dt =

ν

µ

Γ(

ν2 − 1

) µ2 Γ( µ

2)

(ν2 − 1

)Γ(

ν2 − 1

)Γ( µ

2) =

ν

ν− 2

mentre per k = 1 possiamo calcolare la varianza come segue

∫ +∞

0t2 ϕ(t)dt =

ν2

µ2Γ(

ν2 − 2

) µ2( µ

2 + 1)

Γ( µ

2)

(ν2 − 1

) (ν2 − 2

)Γ(

ν2 − 2

)Γ( µ

2) =

=ν2

µ2µ(µ + 2)

(ν− 2)(ν− 4)

σ2 =ν2

µ2µ(µ + 2)

(ν− 2)(ν− 4)−(

ν

ν− 2

)2=

2ν2(µ + ν− 2)µ(ν− 2)(ν− 4)

12.1.9 La Distribuzione T2

Il quadrato T2 di una variabile aleatoria di Student a ν gradi di libertàè una variabile aleatoria di Fisher con (1, ν) gradi di libertà, infatti T èuna variabile aleatoria che restituisce il rapporto

T =ξ√

ην

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 211

dove ξ è una gaussiana normale ed η ha distribuzione χ2 a ν gradi dilibertà, per cui

P(T2 ≤ α) = P(

ξ2

ην

≤ α

)

Osservando che ξ2, in quanto quadrato di una gaussiana normale,ha una distribuzione χ2 a un grado di libertà, possiamo concludereche T2 è una distribuzione di Fisher a (1, ν) gradi di libertà.

12.1.10 Test Statistici.

DefiniamoH0 l’affermazione che vogliamo sottoporre a testeHa o H1 una affermazione alternativa.Va subito detto che Ha non è necessariamente la negazione di H0

ed anzi, in corrispondenza di una stessa ipotesi H0 si possono pro-grammare diversi test semplicemente scegliendo differenti ipotesi al-ternative Ha ciascuna delle quali in grado di mettere in luce differentiaspetti significativi.

Un esempio classico in grado di illustrare la situazione è il mecca-nismo di giudizio in un sistema giuridico nel quale:

Un individuo è considerato non colpevole fino a che non è provatala sua colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio.

Implicitamente una tale affermazione ritiene molto più grave giudi-care colpevole un non colpevole piuttosto che giudicare non colpevoleun colpevole.

Nei termini prima espressi avremoH0 non colpevoleeHa colpevole oltre ogni ragionevole dubbio.Rigettare H0, nel caso in cui H0 sia vera, significa giudicare colpe-

vole un non colpevole ed è considerato più grave di di accettare Ha nelcaso in cui Ha sia falsa, cioè nel caso in cui si giudichi non colpevoleoltre ogni ragionevole dubbio un colpevole.

Diciamo che si commette un errore di I specie se si rigetta H0 nelcaso in cui H0 è vera. (Si condanna un innocente).

Diciamo che si commette un errore di I I specie se si rigetta Ha nelcaso in cui Ha è vera. (Si assolve un colpevole, ma non oltre ogniragionevole dubbio).

Definiamo inoltreP( errore di I specie) = α livello di significatività del test.P( errore di I I specie) = β potenza del test.

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212 o.caligaris - p.oliva

12.1.11

Riprendendiamo il semplice ma significativo esempio che abbiamo giàin precedenza considerato:

progettare un test per stabilire se una moneta è truccata;con lo scopo di sottolineare la corrispondenza tra definizioni teori-

che e scelte pratiche.Cominciamo con lo stabilire un chiaro quadro di riferimento.Indichiamo con p la probabilità che esca Testa e con q la probabilità

che esca Croce. e lanciamo la moneta n = 100 volte; chiamiamo T il nu-mero di teste uscito e stabiliamo di adottare un livello di significativitàα = 0.05.

Se la moneta non è truccata T è una variabile aleatoria che ha unadistribuzione binomiale (bernoulliana) di media µ e scarto quadraticoσ dati da

µ = np = 50 , σ =√

npq = 5

e può essere approssimata con una variabile aleatoria normale stan-dardizzata z definita dalla

z =nt − µ

σ

12.1.12

Consideriamo l’ipotesi da testareH0 la moneta non è truccata cioè p = q = 1

2 .a fronte della’ipotesi alternativaHa la moneta è truccata cioè p 6= 1

2 , q 6= 12 .

In questo caso giudicheremo la moneta truccata se T è troppo gran-de p > 0.5 oppure se T è troppo piccolo p < 0.5 ed avremo un livellodi significatività α = 0.05 se

P(z < −za oppure z > za) = 0.05

Dovrà quindi essere

0.05 = P(z > za)+ P(z < −za) = 2P(z > za) = 2(1− P(z < za)) = 2(1− F(za))

da cui

F(za) = 1− 0.025 = 0.975 , za = F−1(0.975) = 1.96

Rigetteremo cioè H0 se z < −za = −1.96 oppure se z > za = 1.96cioè se

T − µ

σ< −1.96 oppure

T − µ

σ> 1.96

T < µ− 1.96σ ≈ 40 oppure T > µ + 1.96σ ≈ 60Figura 12.6: .

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 213

Riassumendo possiamo affermare che decidendo di accettare l’ipo-tesi H0 che la moneta non sia truccata a fronte dell’ipotesi alternativaHa che p 6= 0.5 nel caso che il numero di teste uscite sia compreso tra40 e 60, la probabilità di commettere un errore di prima specie e cioèdi rigettare l’ipotesi la moneta non è truccata, quando realmente nonè truccata, è 0.05

12.1.13

Consideriamo l’ipotesi da testareH0 - la moneta non è truccata cioè p = q = 1

2 .a fronte della’ipotesi alternativaHa - la moneta è truccata cioè p > 1

2 .In questo caso giudicheremo la moneta truccata se T è troppo gran-

de ed se stabiliamo un livello di significatività di α = 0.05 possiamocalcolare

P(z > za) = 0.05 = 1− F(za)

da cui

za = F−1(0.95) = 2.571

Rigetteremo cioè H0 se se z > za = 2.571 da cui

T − µ

σ> 2.571

T > µ + 2.571σ ≈ 63

Figura 12.7: .

Riassumendo possiamo affermare che decidendo di accettare l’ipo-tesi H0 che la moneta non sia truccata a fronte dell’ipotesi alternativaHa che p > 0.5 nel caso che il numero di teste uscite sia maggiore di63, la probabilità di commettere un errore di prima specie e cioè dirigettare l’ipotesi la moneta non è truccata, quando realmente non ètruccata, è 0.05

12.1.14

Con riferimento ai due esempi precedenti osserviamo che se ottenia-mo un numero di teste T = 62, a parità di livello di significatività, nelprimo caso rigettiamo l’ipotesi che la moneta sia truccata mentre nelsecondo caso la accettiamo; ciò in conseguenza alla diversa formula-zione dell’ipotesi Ha che deve essere scelta in modo da esprimere leesigenze del problema.

Se ad esempio il test è condotto allo scopo si stabilire se è equogiocare a Testa o Croce con quella moneta e si ha intenzione di puntaresu Testa è chiaro che il secondo test meglio si adatta alla situazione.

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214 o.caligaris - p.oliva

12.2 Il Test χ2

12.2.1 Il Test χ2 CASO 2 eventi

Si consideri un esperimento in cui sono possibili 2 uscite

A1 , A2

di cui si ipotizzano le probabilità

p1 , p2

Si supponga di eseguire n volte l’esperimento e di ottenere dellefrequenze di accadimento

x1 , x2

relative alla variabile aleatoria ξ = (ξ1, ξ2 he ha una distribuzionebinomiale

Uno stimatore delle differenza tra frequenze osservate e frequenzeipotizzate si può definire come

χ2 =(x1 − np1)

2

np1+

(x2 − np2)2

np2(12.1)

Chiaramente x1 ed x2 non sono indipendenti e si ha

χ2 =(x1 − np1)

2

np2+

(x2 − np2)2

np2=

(x1 − np1)2

np1p2 +

(x2 − np2)2

np2p1 =

=(x1 − np1)

2 p2 + ((n− x1)− n(1− p1))2 p1

np1 p2=

=(x1 − np1)

2 p2 + (−x1 + p1))2 p1

np1 p2=

(x1 − np1)2(p2 + p1)

np1 p2=

=

(x1 − np1√

np1 p2

)2

Dal momento chex1−np1√

np1 p2tende ad una distribuzione normnale standard per il teorema

del limite centrale, si ha che(

x1−np1√np1 p2

)2si può approssimare mediante

una ditribuzione con densità χ2 ad un grado di libertà.

12.2.2 Il Test χ2 in generale

Si consideri un esperimento in cui sono possibili k uscite

Aj j = 1..k

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probabilità 215

di cui si ipotizzano le probabilità

pj j = 1..k

Si supponga di eseguire n volte l’esperimento e di ottenere dellefrequenze di accadimento

xj j = 1..k

relative alla variabile aleatoria ξ = (ξ1, ξ2, . . . , ξk) che ha una distri-buzione multinomiale

Uno stimatore delle differenza tra frequenze osservate e frequenzeipotizzate si può definire come

χ2 =k

∑j=1

(xj − npj)2

npj(12.2)

tenendo conto che nj = npj è il valor medio di ξ j

Consideriamo ora la variabile aleatoria η che ha k componenti indi-pendenti con distribuzione di Poisson di media λj = npj condizionateda

η1 + η2 + · · ·+ ηk = n

Abbiamo visto in precedenza che η ha la stessa distribuzione di ξ equindi possiamo utilizzare il luogo della 12.2 la

χ2 =k

∑j=1

(yj − λj)2

λj=

k

∑j=1

yj − λj√

λj

2

(12.3)

Se ora facciamo n→ +∞, per il teorema del limite centrale, possia-mo affermare che

yj − λj√λj

→ ζ j

dove ζ j ha distribuzione normale standard, pertanto avremo che

χ2 =k

∑j=1

ζ2j = ζ2

1 + ζ22 + · · ·+ ζ2

k

è la somma di k variabili aleatorie normali standard condizionate da

0 = η1 + η2 + · · ·+ ηk − n =

√n(√

p1η1 − np1√

np1+√

p2η2 − np2√

np2+ · · ·+√pk

ηk − npk√npk

)=

√n(√

p1η1 − λ1√

λ1+√

p2η2 − λ2√

λ2+ · · ·+√pk

ηk − λk√λk

)

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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216 o.caligaris - p.oliva

da cui

0 =

(√p1

η1 − λ1√λ1

+√

p2η2 − λ2√

λ2+ · · ·+√pk

ηk − λk√λk

)

ed, al limite,0 =√

p1ζ1 +√

p2ζ2 + · · ·+√

pkζk

Sia ϕ la PDF della variabile aleatoria ottenuta; avremo che

ϕ(x) = P(ζ21 + ζ2

2 + · · ·+ ζ2k ≤ x|√p1ζ1 +

√p2ζ2 + · · ·+

√pkζk = 0) =

limε→0P(ζ2

1 + ζ22 + · · ·+ ζ2

k ≤ x||√p1ζ1 +√

p2ζ2 + · · ·+√

pkζk| < ε) =

Dal momento che ζ j è una variabile normale standard, la sua PDF è

gj(u) =1√2π

e−u22

per cui

P(ζ21 + ζ2

2 + · · ·+ ζ2k ≤ x||√p1ζ1 +

√p2ζ2 + · · ·+

√pkζk| < ε) =

1√2π

k

∫V e−

u21+u2

2+···+u2k

2 du1 du2 . . . , duk

P(|√p1ζ1 +√

p2ζ2 + · · ·+√pkζk| < ε)

essendo V la parte della sfera n-dimensionale compresa tra i piani

√p1ζ1 +

√p2ζ2 + · · ·+

√pkζk = ±ε

Poichè l’integranda dipende solo dalla distanza dall’origine e |√p1ζ1 +√p2ζ2 + · · ·+√pkζk| < ε rappresenta la parte di spazio delimitata da

due piani paralleli ed equidistanti da un piano per l’origine, il calcolonon dipende da come è inclinato il piano e possiamo quindi sostituirela condizione data con la

|√pkζk| < ε

Ne segue che

1√

2πk

Ve−

u21+u2

2+···+u2k

2 du1 du2 . . . , duk ≈

≈ 1√

2πk 2ε

Vk−1

e−u2

1+u22+···+u2

k−12 du1 du2 . . . , duk−1 =

1√2π

2εχ2k−1(x)

essendo Vk−1 la sfera (n− 1)-dimensionale di raggio x e, conseguen-temente, χ2

k−1 la CDF di una variabile aleatoria di tipo χ2 a k− 1 gradidi libertà

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probabilità 217

D’altro canto√

p1ζ1 +√

p2ζ2 + · · ·+√pkζk è una variabile aleatorianormale standard in quanto combinazione lineare di variabili aleatorienormali standard per cui la sua PDF è

g(u) =1√2π

e−u22

e quindi

P(|√p1ζ1 +√

p2ζ2 + · · ·+√

pkζk| < ε) =1√2π

∫ +ε

−εe−

u22 = approx

1√2π

Ne segue che

P(ζ21 + ζ2

2 + · · ·+ ζ2k ≤ x||√p1ζ1 +

√p2ζ2 + · · ·+

√pkζk| < ε) =

1√2π

2εχ2k−1(x)

1√2π

2ε= χ2

k−1(x)

(supponendo che le frequenze teoriche possano essere stimate senzadover stimare statisticamente i parametri della popolazione).

Poichè i dati sono discreti e la variabile χ2 è continua può essereopportuno apportare una correzione allo stimatore usando

χ2 =k

∑j=1

(|xj − npj| − .5)2

npj

χ2 si chiama correzione di Yates.Gli stimatori introdotti possono essere usati in test che tendano a

stabilire se le frequenze teoriche pj siano in accordo con i risultatiottenuti xj.

12.2.3 Test sulle Medie

12.2.4

Siano ξ1, ξ2, .., ξn variabili aleatorie costituenti un campione di gran-dezza n. ( Con ciò si intende che ξk è una variabile aleatoria che siottiene estraendo un elemento dalla popolazione).

Definiamo una nuova variabile aleatoria ξ, che chiamiamo mediacampionaria, mediante la

ξ =ξ1 + ξ2 + .. + ξn

n

La distribuzione di probabilità di ξ è detta distribuzione campiona-ria della media.

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218 o.caligaris - p.oliva

Si può verificare che, se la popolazione ha media µ e varianza σ2

allora la media e la varianza di ξ sono date da

µξ = µ , σ2ξ=

σ2

n,

(σξ =

σ2√

n

)

Si può inoltre dimostrare che la variabile aleatoria

ξ − µ

σ/√

n

ha, per n grande, una distribuzione normale standard.ξ−µ

σ/√

n si usa come stimatore della media.

12.2.5 Test sulle Varianze

12.2.6

Siano ξ1, ξ2, .., ξn variabili aleatorie costituenti un campione di gran-dezza n. ( Con ciò si intende che ξk è una variabile aleatoria che siottiene estraendo un elemento dalla popolazione).

Definiamo una nuova variabile aleatoria s2, che chiamiamo varianzacampionaria, mediante la

s2 =(ξ1 − ξ)2 + (ξ2 − ξ)2 + .. + (ξn − ξ)2

n

La distribuzione di probabilità di s2 è detta distribuzione campio-naria della varianza.

Si può verificare che, se la popolazione ha media µ e varianza σ2

allora la media di s2 è data da

µs2 =n− 1

nσ2

Inoltre se la popolazione è distribuita normalmente, la variabilealeatoria definita da

ns2

σ2

ha una distribuzione di tipo χ2 con n− 1 gradi di libertà.ns2

σ2 si usa come stimatore della varianza.

12.3 Stima di parametri

12.3.1 Popolazioni

Diciamo che è assegnata una popolazione se è assegnato un insieme Ued una variabile aleatoria ξ definita su U .

Se ad esempio siamo interessati a stimare il diametro di sfere diacciaio per cuscinetti, possiamo considerare la popolazione i cui ele-menti sono le sfere prodotte e la variabile aleatoria ξ che associa ad

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probabilità 219

ogni sfera sk il suo diametro ξ(k) = dk . La variabile ξ che restituisce ildiametro di ciascuna sfera descrive la popolazione che stiamo esami-nando. ξ potrebbe ad esempio avere una funzione di distribuzione, adesempio gaussiana di media µ e varianza σ2.

12.3.2 Campioni

Data una popolazione definita dalla variabile aleatoria ξ sullo spazioU diciamo che è assegnato un campione di taglia n se sono assegnate nvariabili aleatorie x1, x2, ...., xn sullo spazio U Indichiamo con x la n-pladelle variabili aleatorie x1, x2, ...., xn che costituiscono il campione.

Ad esempio possiamo considerare xk come la variabile aleatoria cherestituisce il diametro di una k-esima sferetta scelta in U .

12.3.3 Stimatore

Diciamo che è assegnato uno stimatore, o riassunto campionario, se èassegnata una funzione φ = φ(x1, x2, ...., xn) .

Possiamo ad esempio considerare uno stimatore del diametro del-le sferette considerando la media dei diametri delle n sferette cheabbiamo estratto per costruire il campione.

In tal caso

φ(x1, x2, ...., xn) =1n(x1 + x2 + .... + xn)

Uno stimatore è a sua volta una variabile aleatoria.

12.4 Risultati sulle distribuzioni campionarie

Si consideri una popolazione individuata da una variabile aleatoriaξ su un insieme U di media µ e varianza σ ed un campione x =

(x1, x2, ...., xn) di taglia n.Sia

µ = E(ξ)

la media della popolazione e

xn =1n(x1 + x2 + .... + xn)

la media campionaria

12.4.1 La media campionaria

Sia µxn la media della variabile aleatoria xn, cioè il valor medio dellamedia campionaria; si ha

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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220 o.caligaris - p.oliva

•µxn = E(xn) = µ

infatti

E(xn) =1n(E(x1) + E(x2) + · · · E(xn)) =

n= µ

σ2xn = E((xn − µxn)

2) = E((xn − µ)2) =σ2

n

infatti, tenendo conto che le variabili xi sono indipendenti,

E((xn − µxn)2) = E((xn − µ)2) =

=E((x1 − µ)2) + E((x2 − µ)2) + · · · E((xn − µ)2)

n2 =nσ2

n2 =σ2

n

12.4.2 Distribuzione della media campionaria

xn è distribuito normalmente con media µ e varianza σ2/n. Infatti,poichè ξ è distribuita normalmente con media µ e varianza σ2 alloraanche ciascuna delle xi segue la stessa distribuzione e, dal momentoche la somma di distribuzioni gaussiane è ancora gaussiana, anche xn

ha una PDF Gaussiana la cui media e varianza sono, in accordo con ilpunto precedente, µ e σ2

n , rispettivamente.Inoltre, per il teorema del limite centrale, si ottiene che

xn − µσ√n

è asintoticamente (n ≥ 30) distribuito normalmente con media 1 evarianza 0.

12.4.3 La varianza campionaria

Chiamiamo varianza campionaria la variabile aleatoria definita da

S2n =

(x1 − xn)2 + (x2 − xn)2 + ..... + (xn − xn)2

nSi ha che

E(S2n) =

n− 1n

σ2

infatti possiamo facilmente calcolare che

(xi − xn)2 = (xi − µ + µ− xn)

2 =

= (xi − µ)2 − 2(xi − µ)(xn − µ) + (xn − µ)2

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 221

perciò

n

∑i=1

(xi − xn)2 =

n

∑i=1

(xi − µ)2 − 2(xn − µ)n

∑i=1

(xi − µ) + n(xn − µ)2 =

=n

∑i=1

(xi−µ)2− 2n(xn−µ)2 +n(xn−µ)2 =n

∑i=1

(xi−µ)2−n(xn−µ)2

(12.4)

e ne segue

E(S2n) =

=1n

E

(n

∑i=1

(xi − xn)2

)=

1n

(E

(n

∑i=1

(xi − µ)2

)− nE(xn − µ)2)

)=

=1n

(nσ2 − n

σ2

n

)=

n− 1n

σ2

Definiamo inoltre

S2n =

(x1 − xn)2 + (x2 − xn)2 + ..... + (xn − xn)2

n− 1S2

n è una definizione alternativa di varianza campionaria per laquale si ha

nS2n = (n− 1)S2

n =n

∑i=1

(xi − xn)2

12.4.4 Indipendenza di media e varianza campionaria

Possiamo dimostrare che, nel caso in cui le variabili aleatorie xi sianoGaussiane di media µ e varianza σ2, la media campionaria xn e lavarianza campionaria S2

n sono tra loro indipendenti.Infatti, supponiamo, senza perdere di generalità , che µ = 0 e σ = 1,

avremo che

S2n =

1n− 1

((x1 − xn)

2 +n

∑i=2

(xi − xn)2

)=

essendo ∑ni=1(xi − xn) = 0

1n− 1

(

n

∑i=2

(xi − xn)

)2

+n

∑i=2

(xi − xn)2

=

Ora sia ϕ(t) = ϕ(t1, t2, . . . , tn) la PDF congiunta delle variabili alea-torie indipendenti gaussiane (x1, x2, . . . , xn)

ϕ(t) =1

(2π)n2

e−12 ∑n

i=1 t2i

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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222 o.caligaris - p.oliva

e, posto t = 1n ∑ ti, consideriamo la trasformazione di coordinate defi-

nita da:

s1 = t

s2 = t2 − t

· · ·sn = tn − t

La trasformazione è lineare ed il suo Jacobiano è 1n inoltre si ha

ti = si + s1 per i = 2, . . . , n e

t1 =n

∑i=1

ti −n

∑i=2

ti = nt−n

∑i=2

ti = t−n

∑i=2

ti + (n− 1)t =

= t−n

∑i=2

(ti − t) = t−n

∑i=2

si = s1 −n

∑i=2

si

per cui possiamo esprimere ϕ in funzione di s mediante la

ϕ(s) =n

(2π)n2

e−12 ((s1−∑n

i=2 si)2+∑n

i=2(si+s1)2)

e dal momento che

(s1 −

n

∑i=2

si

)2

+n

∑i=2

(si + s1)2 =

= s21 +

(n

∑i=2

si

)2

− 2s1

n

∑i=2

si +n

∑i=2

s2i +

n

∑i=2

s21 + 2s1

n

∑i=2

si =

= ns21 +

(n

∑i=2

si

)2

+n

∑i=2

s2i

si ha

ϕ(s) =n

(2π)n2

e−12 ns2

1 e−12

((∑n

i=2 si)2+∑n

i=2 s2i

)

Quindi, se (y1, y2, . . . , yn) è la variabile aleatoria ottenuta da (x1, x2, . . . , xn)

mediante la trasformazione lineare indicata, si ha che y1 è indipenden-te da y2, . . . , yn e x è indipendente da S2

È un risultato notevole che la variabile aleatoria definita da S2n ha

una distribuzione di tipo χ2n−1, cioè ha una distribuzione di tipo χ2 ad

(n− 1) gradi di libertà. Infatti, dal momento che

xn+1 =xn+1 + nxn

n + 1= xn +

1n + 1

(xn+1 − xn)

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 223

si ha

nS2n+1 =

n+1

∑i=1

(xi − xn+1)2 =

n+1

∑i=1

((xi − xn)−

1n + 1

(xn+1 − xn)

)2=

=n+1

∑i=1

((xi − xn)

2 − 2(xn+1 − xn)(xi − xn)

n + 1+

(xn+1 − xn)2

(n + 1)2

)=

=n

∑i=1

(xi− xn)2 +(xn+1− xn)

2− 21

n + 1(xn+1− xn)

2 +n + 1

(n + 1)2 (xn+1− xn)2 =

= (n− 1)S2n +

nn + 1

(xn+1 − xn)2

OraS2

2 =12(x1 − x2)

2

ha una distribuzione χ21 in quanto quadrato di una gaussiana;

inoltre la formula precedente consente di verificare che S2n+1 ha

una distribuzione χ2n se S2

n ha una distribuzione χ2n−1 ricordando che

nn+1 (xn+1 − xn)2 è gaussiana.

Pertanto per il principio di induzione S2n ha una distribuzione di

tipo χ2n−1 per ogni n ∈N

Possiamo quindi affermare che la variabile aleatoria

ξ2 =n

∑i=1

(xi − x

σ

)2

ha una distribuzione di tipo χ2 ad n− 1 gradi di libertà.

12.4.5 T-Test

Abbiamo quindi verificato che

x− µσ√n

è una variabile aleatoria gaussiana standard (media 0 e varianza 1).

n

∑i=1

(xi − x

σ

)2=

nσ2 S2 =

n− 1σ2 S2

è una variabile aleatoria con distribuzione di tipo χ2 ad n− 1 gradi dilibertà.

Quindi

√√√√∑ni=1

(xi−x

σ

)2

n− 1=

√nS2

σ(n− 1)=

√S2

σ

è la radice di una variabile aleatoria di tipo χ2 ad n− 1 gradi di libertàdivisa per i suoi gradi di libertà

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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224 o.caligaris - p.oliva

e pertanto

x−µσ√n√S2

σ2

=√

nx− µ

S=√

n− 1x− µ

S

ha una distribuzione di Student ad n− 1 gradi di libertà.

12.4.6 F-Test

12.4.7

Se ξ1, ξ2 sono due popolazioni normalmente distribuite con varianzaσ2

1 , σ22 e se X1, X2 sono due campioni di taglia n1 ed n2 rispettivamente

estratti dalle due popolazioni, le variabili aleatorie

ni

σ2i

S2i =

ni − 1σ2

iS2

i

hanno distribuzioni di tipo χ2 ad ni − 1 gradi di libertà. Poichè

n1(n1−1)σ2

1S2

1n2

(n2−1)σ22

S22=

1σ2

1S2

1

1σ2

2S2

2

possiamo affermare che1σ2

2σ2

11S2

1S2

2

ha una distribuzione di probabilità di Fisher con n1− 1, n2− 1 gradidi libertà.

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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13. REGRESSIONE LINEARE: LARETTA DEI MINIMI QUADRATI

Siano assegnate n coppie di dati (punti di R2)

(x1, y1), (x2, y2), . . . , (xn, yn)

e si consideri il problema di determinare l’equazione di una retta

y = ax + b

in corrispondenza della quale risulti minima la quantità

ε(a, b) =n

∑i=1

(yi − axi − b)2

ε(a, b) è una funzione convessa della variabili (a, b) che tende a +∞per (a, b) → ∞ e pertanto ammette uno ed un solo punto di minimoassoluto che si può trovare annullando ∇ε.

Per risolvere il problema dovremo pertanto risolvere il sistema de-finito dalle equazioni

∂ε∂a = ∑n

i=1−2(yi − axi − b)xi = 0∂ε∂b = ∑n

i=1−2(yi − axi − b) = 0

Ne viene che

∑ni=1 xiyi − a ∑n

i=1 x2i − b ∑n

i=1 xi = 0

∑ni=1 yi − a ∑n

i=1 xi − b ∑ni=1 1 = 0

ovvero

∑ni=1 xiyi = a ∑n

i=1 x2i + b ∑n

i=1 xi

∑ni=1 yi = a ∑n

i=1 xi + nb(13.1)

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226 o.caligaris - p.oliva

Dalla seconda delle 13.1 si può vedere che

nb =n

∑i=1

yi − an

∑i=1

xi

ed anche

b =∑n

i=1 yi

n− a ∑n

i=1 xi

n= y− ax

dove

x =∑n

i=1 xi

n, y =

∑ni=1 yi

nindicano la media dei valori xi ed yi, rispettivamente.

Dalla prima delle 13.1 si può invece ottenere che

n

∑i=1

xiyi = an

∑i=1

x2i + b

n

∑i=1

xi =

= an

∑i=1

x2i +

n

∑i=1

xi

(∑n

i=1 yi

n− a ∑n

i=1 xi

n

)

e

n

∑i=1

xiyi −∑n

i=1 xi ∑ni=1 yi

n= a

(n

∑i=1

x2i −

(∑ni=1 xi)

2

n

)

nn

∑i=1

xiyi −n

∑i=1

xi

n

∑i=1

yi = a

n

n

∑i=1

x2i −

(n

∑i=1

xi

)2

ed infine

a =n ∑n

i=1 xiyi −∑ni=1 xi ∑n

i=1 yi

n ∑ni=1 x2

i − (∑ni=1 xi)

2

Inoltre

nb =n

∑i=1

yi −n

∑i=1

xi

(n ∑n

i=1 xiyi −∑ni=1 xi ∑n

i=1 yi

n ∑ni=1 x2

i − (∑ni=1 xi)

2

)=

=1

n (∑ni=1 xi)

2 − (∑ni=1 xi)

2

n

n

∑i=1

x2i

n

∑i=1

yi −(

n

∑i=1

xi

)2 n

∑i=1

yi

−nn

∑i=1

xi

n

∑i=1

xiyi +

(n

∑i=1

xi

)2 n

∑i=1

yi

e se ne conclude che

b =n ∑n

i=1 x2i ∑n

i=1 yi − n ∑ni=1 xi ∑n

i=1 xiyi

n ∑ni=1 x2

i − (∑ni=1 xi)

2

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 227

Ora, tenendo conto che

n

∑i=1

(xi − x)(yi − y) =n

∑i=1

xiyi −n

∑i=1

xyi −n

∑i=1

xi y +n

∑i=1

xy =

=n

∑i=1

xiyi − nxy− nxy + nxy =

=n

∑i=1

xiyi − nxy =n

∑i=1

xiyi −∑n

i=1 xi ∑ni=1 yi

n

e che

n

∑i=1

(xi − x)2 =n

∑i=1

x2i − 2

n

∑i=1

xxi +n

∑i=1

x2 =

=n

∑i=1

x2i − 2nx2 + nx2 =

n

∑i=1

x2i − nx2

si ricava che

∑ni=1(xi − x)(yi − y)

∑ni=1(xi − x)2 =

=1n

n ∑ni=1 xiyi −∑n

i=1 xi ∑ni=1 yi

∑ni=1 x2

i − nx2=

=n ∑n

i=1 xiyi −∑ni=1 xi ∑n

i=1 yi

n ∑ni=1 x2

i − n2(

∑ni=1 xi

n

)2 = a

Pertanto possiamo esprimere a e b mediante le seguenti formule

a =

n

∑i=1

(xi − x)(yi − y)

n

∑i=1

(xi − x)2

y = ax + b

(13.2)

La prima delle due uguaglianze premette di concludere che a è inva-riante rispetto alla traslazione degli assi: cioè usando x− x0 ed y− y0

in luogo di x ed y il valore di a non cambia.La stessa trasformazione cambia invece il valore di b, come si vede

dalla seconda uguaglianza. Dalla medesima si vede anche che la rettadi regressione passa per il punto di coordinate (x, y) che è il baricentrodei dati.

Possiamo anche osservare che, a meno di operare una traslazio-ne dei dati riportando l’origine degli assi nel baricentro (x, y),si può

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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228 o.caligaris - p.oliva

supporre che

a =

n

∑i=1

xiyi

n

∑i=1

x2i

b = 0

(13.3)

Ora, siano

• s2x la varianza dei dati xi

s2x =

∑ni=1(xi − x)2

n

• s2y la varianza dei dati yi

s2y =

∑ni=1(yi − y)2

n

• sxy la covarianza dei dati (xi , yi)

sxy =∑n

i=1(xi − x)(yi − y)n

Possiamo scrivere la retta di regressione nella forma

y− y =sxy

s2x(x− x)

e se invertiamo il ruolo di x e di y l’equazione diventa

x− x =sxy

s2y(y− y)

Possiamo misurare la correlazione tra i dati utilizzando il coefficien-te definito da

r =sxy

sxsy(13.4)

mediante il quale le equazioni delle due rette prima introdotte diven-tano

y− ysy

= rx− x

sx

er

y− ysy

=x− x

sx

Chiaramente le due rette coincidono soltanto nel caso in cui

r2 = 1 cioè r = ±1

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 229

e il fatto che questo accada è indice della correlazione dei dati cioè delfatto che i dati si trovano su una retta.

È ragionevole quindi stimare la maggiore o minore correlazione trai dati confrontando r2 con 1: più r2 è vicino ad 1 e più i dati sono daconsiderarsi linearmente correlati.

Possiamo inoltre misurare la dispersione dei dati attorno alla rettadi regressione mediante la

Sy,x =

√∑n

i=1(yi − ysi )

2

n

doveys

i = axi + b

Pertanto

S2y,x =

∑ni=1(yi − axi − b)2

ne

∑ni=1(yi − axi − b)2

n=

n

∑i=1

(y2i + a2x2

i + b2 − 2axiyi − 2byi + 2abxi) =

=n

∑i=1

y2i + a2

n

∑i=1

x2i + nb2 − 2a

n

∑i=1

xiyi − 2bn

∑i=1

yi + 2abn

∑i=1

xi) =

e per le 13.1

=n

∑i=1

y2i +a2

[1a

(n

∑i=1

xiyi − bn

∑i=1

xi

)]+ nb2−

− 2an

∑i=1

xiyi − 2bn

∑i=1

yi + 2ab

[1a

(n

∑i=1

yi − nb

)]=

=n

∑i=1

y2i + a

n

∑i=1

xiyi − abn

∑i=1

xi + nb2−

− 2an

∑i=1

xiyi − 2bn

∑i=1

yi + 2bn

∑i=1

yi − 2nb2 =

=n

∑i=1

y2i − a

n

∑i=1

xiyi − abn

∑i=1

xi − nb2 =

=n

∑i=1

y2i − a

n

∑i=1

xiyi − b

(a

n

∑i=1

xi + nb

)=

e ancora per le 13.1

=n

∑i=1

y2i − a

n

∑i=1

xiyi − bn

∑i=1

yi

Quindi

S2y,x =

∑ni=1 y2

i − a ∑ni=1 xiyi − b ∑n

i=1 yi

n

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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230 o.caligaris - p.oliva

Si può d’altro canto verificare che

n

∑i=1

y2i − a

n

∑i=1

xiyi − bn

∑i=1

yi =n

∑i=1

(yi − y)2 − an

∑i=1

(xi − x)(yi − y)

infattin

∑i=1

(yi − y)2 − an

∑i=1

(xi − x)(yi − y) =

=n

∑i=1

y2i − 2y

n

∑i=1

yi + ny2 − an

∑i=1

xiyi + an

∑i=1

xi y+

+ an

∑i=1

xyi − an

∑i=1

xy =

=n

∑i=1

y2i − 2ny2 + ny2 − a

n

∑i=1

xiyi + anxy + anxy− anxy =

=n

∑i=1

y2i − ny2 − a

n

∑i=1

xiyi + anxy =

=n

∑i=1

y2i − a

n

∑i=1

xiyi + ny(y− ax) =

=n

∑i=1

y2i − a

n

∑i=1

xiyi + nyb =

=n

∑i=1

y2i − a

n

∑i=1

xiyi + bn

∑i=1

yi

Le precedenti considerazioni permettono quindi di affermare che

S2y,x =

∑ni=1 y2

i − a ∑ni=1 xiyi − b ∑n

i=1 yi

n=

=∑n

i=1(yi − y)2 − a ∑ni=1(xi − x)(yi − y)

n= s2

y − asxy

e dal momento che a =sxy

s2x

= s2y

(1− a

sxy

s2y

)= s2

y

(1−

s2xy

s2xs2

y

)=

s2y

(1− r2

)

Ne viene quindi che

S2y,x

s2y

= (1− r2)

e

r2 = 1− ∑ni=1(yi − ys

i )2

∑ni=1(yi − y)2

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 231

D’altro canto

n

∑i=1

(yi − y)2 =n

∑i=1

(yi − ysi + ys

i − y)2 =

=n

∑i=1

(yi − ysi )

2 +n

∑i=1

(ysi − y)2 + 2

n

∑i=1

(yi − ysi )(y

si − y)

Poichè valgono le equazioni normali 13.1 che definiscono a e b

n

∑i=1

(yi − ysi )(y

si − y) =

n

∑i=1

(yi − axi − b)(axi + b− y) =

= (b− y)n

∑i=1

(yi − axi − b) + an

∑i=1

xi(yi − axi − b)

= (b− y)

(n

∑i=1

yi − an

∑i=1

xi − nb

)+ a

[n

∑i=1

xiyi − an

∑i=1

x2i − b

n

∑i=1

xi

]= 0

avremo

r2 = 1− ∑ni=1(yi − ys

i )2

∑ni=1(yi − y)2 =

∑ni=1(yi − y)2 −∑n

i=1(yi − ysi )

2

∑ni=1(yi − y)2 =

=∑n

i=1(ysi − y)2

∑ni=1(yi − y)2 =

Variazione spiegataVariazione totale

Possiamo anche calcolare, dalla 13.4, che

r =n ∑n

i=1 xiyi −∑ni=1 xi ∑n

i=1 yi√(n ∑n

i=1 x2i − (∑n

i=1 xi)2) (

n ∑ni=1 y2

i − (∑ni=1 yi)

2) =

=xy− xy√(

x2 − x2)(y2 − y2) =

=∑n

i=1 xiyi√(∑n

i=1 xi2)(∑n

i=1 yi2)

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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14. ANALISI DEI COMPONENTIPRINCIPALI.

14.1 Forme quadratiche ed autovalori.

Sia A una matrice n× n e consideriamo la funzione

f (u) = 〈Au, u〉 , u ∈ Rn

f si chiama forma quadratica su Rn e si può vedere che è semprepossibile supporre che la matrice A che la individua sia simmetrica.

Infatti, ad esempio per n = 2, se

A1 =

(a d1

d2 c

)

ed u =

(xy

)avremo che

f (u) = 〈A1u, u〉 = ax2 + d1xy + d2yx + cy2 = ax2 + (d1 + d2)xy + cy2 =

= ax2 + 2bxy + cy2 = 〈Au, u〉

per b = (d1 + d2)/2, da cui

A =

(a bb c

)

D’altro canto, se A è una matrice simmetrica possiamo verificareche

〈Au, v〉 = 〈u, Av〉

ed inoltre

f (u + h) = 〈A(u + h), (u + h)〉 = 〈Au, u〉+ 2〈Au, h〉 − 〈Ah, h〉

per cui

f (u + h)− f (u) = 2〈Au, h〉+ 〈Ah, h〉 = 2〈Au, u〉+ ‖h‖ω(h)

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234 o.caligaris - p.oliva

con ω funzione infinitesima per h → 0 (si ricordi che |〈Ah, h〉| ≤‖Ah‖‖h‖ ed Ah→ 0 se h→ 0).

Dalla definizione di differenziale si ottiene allora che f è differen-ziabile e che

∇ f (u) = 2Au

Come caso particolare, se A = I (la matrice identica) si ha

g(u) = 〈u, u〉 = ‖u‖2 , ∇g(u) = 2u

Consideriamo ora il problema di trovare

maxg(u)−1=0

f (u) = max‖u‖2=1

〈Au, u〉

Per il teorema di Weierstraß, dal momento che f è continua e che‖u‖2 = 1 definisce la superficie della sfera di centro l’origine e raggio1, che è chiusa e limitata, possiamo affermare che il massimo esiste.Sia u1 il punto in cui tale massimo è assunto

〈Au1, u1〉 = max‖u‖2=−1

〈Au, u〉

‖u1‖2 = 1

D’altro canto, il teorema dei moltiplicatori di Lagrange consente diaffermare che esiste λ1 tale che

∇ f (u1) = λ1∇g(u1)

per cui deve essereAu1 = λ1u1

Dal momento che la precedente equazione è soddisfatta

• λ1 è un autovalore di A

• u1 è un autovettore di A corrispondente all’autovalore λ1

Possiamo inoltre osservare che

max‖u‖2=1

〈Au, u〉 = 〈Au1, u1〉 = 〈λ1u1, u1〉 = λ1‖u1‖2 = λ1

per cui λ1 è il valore massimo assunto da 〈Au, u〉 sulla sfera ‖u‖2 =

1Consideriamo ora lo spazio vettoriale V1 generato da u1

V1 = λu1 : λ ∈ R

e lo spazio V⊥1 ortogonale a V1

V⊥1 = v ∈ Rn : 〈v, u1〉 = 0 = v ∈ Rn : h(v) = 0

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probabilità 235

con h(v) = 〈v, u1〉.Consideriamo ora il problema di trovare

maxg(u)−1=0

h(u)=0

f (u) = max‖u‖2=1〈u,u1〉=0

〈Au, u〉

possiamo anche qui applicare il metodo dei moltiplicatori di Lagrangeed affermare che che esistono u2 ∈ V⊥1 e λ2, µ2 tali che

∇ f (u2) = λ2∇g(u2) + µ2∇h(u2)

ma ∇h(u) = u1 in quanto h è lineare, e otteniamo

2Au2 = 2λ2u2 + µ2u1

da cui

2(A− λ2)u2 = µ2u1

Moltiplicando per ut1 otteniamo

0 = 2(A− λ2)u2ut1 = µ2‖u1‖ = µ1

da cui µ1 = 0 e

(A− λ2)u2 = 0

Ne deduciamo che λ2 è autovalore di A e u2 è l’autovettore corrispon-dente e che λ1 ≥ λ2 in quanto v : g(u) − 1 = 0, h(u) = 0 ⊂ v :g(u)− 1 = 0.

Possiamo iterare i procedimentoConsideriamo ora lo spazio V2 generato da u1, u2

V2 = λu1 + µ2 : λ, µ ∈ R

e lo spazio V⊥1 ortogonale a V1

V⊥2 = v ∈ Rn : l(v) = 0

con h(v) = Lv, L =

(u1

u2

).

Consideriamo il problema di trovare

maxg(u)−1=0

A(u)=0

f (u) = max‖u‖2=1Au=0

〈Au, u〉

possiamo ancora applicare il metodo dei moltiplicatori di Lagrange edaffermare che che esistono u3 ∈ V⊥2 e λ3, (µ3, η3) tali che

∇ f (u3) = λ3∇g(u3) + (µ3, η3)∇l(u3)

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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236 o.caligaris - p.oliva

ma ∇l(u) =

(u1

u2

)in quanto l è lineare, e otteniamo

2Au3 = 2λ3u3 + (µ3, η3)

(u1

u2

)

da cui2(A− λ3)u3 = µ3u1 + η3u2

Moltiplicando per (µ3u1 + η3u2)t otteniamo

0 = 2(A− λ3)u3(µ3u1 + η3u2)t = ‖µ3u1 + η3u2‖2

da cui µ3u1 + η3u2 = 0 e

(A− λ3)u3 = 0

Ne deduciamo che λ3 è autovalore di A e u3 è l’autovettore corrispon-dente e che λ1 ≥ λ2 ≥ λ3 in quanto

v : g(u)− 1 = 0, l(u) = 0 ⊂ v : g(u)− 1 = 0, h(u) = 0 ⊂ v : g(u)− 1 = 0

Chiaramente si può ripetere quanto fatto fino a trovare:

• n autovalori λ1, λ2, ...., λn decrescenti in valore

• n autovettori u1, u2, ...., un, uno per ogni autovalore, che risultanoortogonali tra loro e di norma unitaria.

Gli autovettori u1, u2, ...., un formano quindi una base ortonormalecon la caratteristica che lungo il primo asse si trova il punto di massi-mo della forma quadratica 〈Au, u〉 sulla sfera unitaria in R2, lungo ilsecondo asse si trova il massimo della forma quadratica 〈Au, u〉 sullasfera unitaria in V⊥1 e così via fino all’n−esimo asse.

Infatti, sia

R =

u11 u1

2 . . . u1n

u21 u2

2 . . . u2n

. . . . . .. . . . . .

un1 un

2 . . . u3n

=(

u1 u2 . . . un

)

la matrice che ha per colonne i vettori ui; R è una matrice ortonormalee rappresenta una rotazione in Rn .

14.2 Analisi delle componenti principali. PCA.

Vediamo ora di formalizzare quanto abbiamo potuto vedere nell’esem-pio svolto.

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probabilità 237

Sia A una matrice n × p che raccoglie n osservazioni relative a pvariabili. Per facilitare la comprensione supporremo p = 3, osservandoesplicitamente che la presenza di più di tre variabili comporta soltantoun aggravio delle notazioni.

A =

x11 x1

2 x1p

x21 x2

2 x2p

x31 x3

2 x3p

. . . . . . . . .xn

1 xn2 xn

p

e consideriamo la matrice di covarianza dei dati che è definita da

C = At A

e risulta definita da

C =

σ211 σ2

12 σ213

σ221 σ2

22 σ223

σ231 σ2

32 σ233

doveσ2

ij = ∑k(xk

i − xi)(xkj − xj)

essendo chiaramente xi la media di xi, σi,i la varianza di xi e σi,j lacovarianza di xi ed xj.

La matrice C risulta una matrice simmetrica ed è noto che esiste unamatrice diagonale

D =

λ1 0 00 λ1 00 0 λ3

ed una matrice ortonormale

R =

u11 u1

2 u13

u21 u2

2 u23

u31 u3

2 u33

=

(u1 u2 u3

)

tale cheRtCR = D

La matrice D presenta sulla diagonale principale gli autovalori λi rea-li e non negativi di C, mentre le colonne di R sono costituite dagliautovettori ui = (u1

i , u2i , u3

i ) corrispondenti.Più esplicitamente si ha

u11 u2

1 u31

u12 u2

2 u32

u13 u2

3 u33

σ211 σ2

12 σ213

σ221 σ2

22 σ223

σ231 σ2

32 σ233

u11 u1

2 u13

u21 u2

2 u23

u31 u3

2 u33

=

λ1 0 00 λ2 00 0 λ3

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-1.tex]

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238 o.caligaris - p.oliva

e quindi svolgendo i calcoli, per l’ortogonalità delle colonne di R (edelle righe di Rt), si ha

(AR)t AR =

= RtCR =

< Cu1, u1 > 0 0

0 < Cu2, u2 > 00 0 < Cu3, u3 >

=

=

λ1 0 00 λ2 00 0 λ3

Pertanto la forma quadratica associata alla matrice di covarianza (AR)t ARrelativa ai dati contenuti in A ruotati mediante R è data da

ϕ(a, b, c) = λ1a2 + λ2b2 + λ3c2

e si vede che , posto

Λ = maxλ1, λ2, λ3 e λ = minλ1, λ2, λ3

si ha

λ ≤ λ1a2 + λ2b2 + λ3c2 ≤ Λ , ∀(a, b, c) ∈ R3 , a2 + b2 + c2 = 1

Ciò assicura che la forma quadratica associata alla matrice di cova-rianza relativa ai dati ruotati risulta massima in corrispondenza delladirezione individuata dall’autovettore associato al massimo autovalo-re.

L’uguaglianza

(AR)t AR = Rt AT AR = RtCR = D

permette anche di concludere che, se consideriamo una generica rigadella matrice A a =

(x y z

)otteniamo

AR =(

x y z) (

u1 u2 u3

)=(< a, u1 > < a, u2 > < a, u3 >

)

per cui

(AR)t AR =

< a, u1 >

2 0 00 < a, u2 >

2 00 0 < a, u2 >

2

=

λ1 0 00 λ2 00 0 λ3

Ne segue che, se λi è trascurabile

< a, ui >= 0

Ciò permette di determinare una relazione lineare tra le variabiliche sono riportate nelle colonne di A

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probabilità 239

14.3 L’applicazione all’analisi delle componenti principali.

Torniamo ora ai nostri dati Pk = (u1k , u2

k , ...., unk ) ∈ Rn e cerchiamo di

individuare una combinazione lineare delle componenti

Qk = α1u1k + α2u2

k + ..... + αnunk

in modo che la varianza di Qk sia massima ( massima significativitàdella variabile).

Definiamo

vi = Var(uik)

cij = Cov(uik , uj

k)

la varianza delle singole componenti e la covarianza delle componentia due a due e sia R la matrice di covarianza dei dati definita mediantela

R =

v1 c12 c13 · · · c1n

c21 v2 c23 · · · c2n

· · · · · · · · · . . . · · ·cn1 cn2 cn3 · · · vn

Possiamo allora verificare che

Var(Qk) = 〈Ra, a〉

dovea = (α1, α2, ....., αn)

Var(Qk) è quindi una forma quadratica cui possiamo applicare ilmetodo visto nella precedente sezione e mediante tale metodo possia-mo individuare in ordine decrescente di significatività le componentidei dati.

14.3.1 Un esempio

Per illustrare gli effetti del metodo consideriamo i punti del graficodi sin(t) nell’intervallo [0, 2π]; suddividiamo l’intervallo in 199 partiuguali, in modo da individuare 200 punti in [0, 2π] e calcoliamo i valoriassunti da sin(t) in tali punti.

Le seguenti istruzioni di Matlab producono come risultato un vet-tore t che contiene i 200 punti in [0, 2π], ed i vettori x ed y che conten-gono i valori assunti da sin(6t) nei punti pari e dispari rispettivamente

clear all;

step=2*pi/199;

t=0:step:2*pi;

xx=0:2*step: 2*pi;

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240 o.caligaris - p.oliva

yy=step:2*step: 2*pi;

x=sin(6*xx);

y=sin(6*yy);

Possiamo esaminare nel piano la distribuzione dei punti di coordi-nate (x(k), y(k)) con k = 1, .., 100 mediante le seguenti istruzioni

figure(1)

plot(x,y,’+’);

axis([-2 2 -2 2]);

che producono la seguente figura 14.1

Figura 14.1: .

Le istruzioniR=cov(x,y);

[V,D]=eig(R)

calcolano la matrice di covarianza R e le matrici V e D , dove V èla matrice le cui colonne sono gli autovettori di R e D è una matricediagonale con gli autovalori sulla diagonale principale; in altre paroleV è la matrice tale che

VR = RD cioè tale che V−1RV = D

La matrice V pertanto è la matrice di passaggio dal sistema di coordi-nate originale a quello individuato dagli autovalori di R.

Poichè ci interessa tener conto della componente relativa al massimoautovalore, di assicuriamo anche che l’autovalore più grande sia inposizione (1, 1) mediante le istruzioni

if D(1,1)>D(2,2)

vv=V(:,1);

V(:,1)=V(:,2);

V(:,2)=vv;

end

La matrice V, quindi, può essere usata per effettuare un cambio dibase che metta in evidenza le componenti principali.

Le seguenti istruzionitr=[x(:),y(:)]*V;

tr1=tr(:,1);

tr2=tr(:,2);

figure(2)

plot(tr1,tr2,’r+’)

axis([-2 2 -2 2]);

Figura 14.2: .

Calcolano i trasformati tr1, tr2 dei punti (x, y) e li mostrano rispettoad una coppia di assi ortogonali coincidenti con gli autovettori di R (siveda la figura 14.2).

Le successive istruzioni:rtr=[tr1(:),tr2(:)]*inv(V);

rtr1=rtr(:,1);

rtr2=rtr(:,2);

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probabilità 241

figure(3)

plot(rtr1,rtr2,’g+’)

axis([-2 2 -2 2]);

mostrano come applicando la trasformazione inversa i dati possanoessere recuperati (si veda la figura 14.3).

Figura 14.3: .

Ora, possiamo osservare che la variazione della seconda componen-te dei dati trasformati è trascurabile rispetto alla prima, per cui, se latrascuriamo e applichiamo la trasformazione inversa ai dati privati ditale componente, otteniamo nuovi punti che differiscono di poco daquelli originali; possiamo operare usando le seguenti istruzioni:

nu=zeros(size(tr2));

ntr=[nu(:),tr2(:)]*inv(V);

ntr1=ntr(:,1);

ntr2=ntr(:,2);

figure(4)

plot(ntr1,ntr2,’rx’,rtr1,rtr2,’g+’)

axis([-2 2 -2 2]);

che forniscono anche una immagine dei nuovi punti come indicatoin figura 14.3 ed un confronto con i punti originali 14.4.

Figura 14.4: .

È interessante ora osservare come dai punti originali e da quel-li privati della componente meno significativa si possa ricostruire lafunzione sin(6t)

Le seguenti istruzioniz=zeros(1,200);

zt=zeros(1,200);

for k=0:99

zt(2*k+1)=x(k+1);

end

for k=1:100

zt(2*k)=y(k);

end

for k=0:99

z(2*k+1)=ntr2(k+1);

end

for k=1:100

z(2*k)=ntr1(k);

end

figure(5)

plot(t,z)

figure(6)

plot(t,zt)

producono i due grafici riportati in figura ??, il primo dei qua-li riporta la funzione sin(t) ricostruita congiungendo con segmentidi retta i 200 punti originali, mentre la seconda riporta il grafico di

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242 o.caligaris - p.oliva

sin(6t) ricostruito a partire dai punti ottenuti applicando la trasforma-zione inversa ai punti prima trasformati e poi privati della secondacomponente.

Figura 14.5: .

Figura 14.6: .

Come si vede è evidente che la componente trascurata non ha peg-giorato di molto il grafico, mentre la quantità di dati necessari a ri-costruire l’immagine si è dimezzata. Questo indica come può esseresviluppato un procedimento che consenta di immagazzinare dati (ipunti del grafico della funzione) utilizzando al meglio le informazioniche contengono.

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15. QUALCHE ARGOMENTO DIPROBABILITÀ E STATISTICA.

15.1 Il Lancio di un Dado

Consideriamo un dado a forma di esaedro (cubo) con le facce nume-rate da 1 a 6; identifichiamo con xk l’evento

è stato ottenuto il punteggio k(la faccia superiore del dado mostra k) , k = 1..6.Evidentemente possiamo costruire una tabella in cui ad ogni evento

si fa corrispondere la sua probabilità.

Evento Probabilitàx1 1/6x2 1/6x3 1/6x4 1/6x5 1/6x6 1/6

In altre parole

P(xk) =16= pk

Calcoliamo il valor medio µ e la varianza σ2 della variabile aleatoriache restituisce il valore del punto ottenuto.

Avremo

µ =6

∑k=1

16

k =16

(7 ∗ 6

2

)=

16(1 + 2 + 3 + 4 + 5 + 6) =

72= 3.5

σ2 =6

∑k=1

16

(k− 7

2

)2=

16

(6

∑k=1

k2 − 272

6

∑k=1

k +6

∑k=1

494

)=

=916− 2

494

+494

=364− 294

24=

3512

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244 o.caligaris - p.oliva

In generale possiamo osservare che

µ =6

∑k=1

xk pk

e

σ2 =6

∑k=1

(xk − µ)2 pk =6

∑k=1

(x2k − 2µxk + µ2)pk =

=6

∑k=1

x2k pk − 2µ

6

∑k=1

xk pk + µ26

∑k=1

pk =6

∑k=1

x2k pk − 2µ2 + µ2 =

=6

∑k=1

x2k pk − µ2

Per cui

σ2 =6

∑k=1

k2 16−(

72

)2=

6 ∗ 7 ∗ 136

− 494

=916− 49

4=

3512

15.2 Lancio di due Dadi

Supponiamo di lanciare due dadi le cui facce sono numerate come d’u-so da 1 a 6 e cominciamo con l’individuare lo spazio di tutti i possibilieventi.

Possiamo allo scopo usare la seguente tabella.

(1,1) (1,2) (1,3) (1,4) (1,5) (1,6)

(2,1) (2,2) (2,3) (2,4) (2,5) (2,6)

(3,1) (3,2) (3,3) (3,4) (3,5) (3,6)

(4,1) (4,2) (4,3) (4,4) (4,5) (4,6)

(5,1) (5,2) (5,3) (5,4) (5,5) (5,6)

(6,1) (6,2) (6,3) (6,4) (6,5) (6,6)

Gli eventi possibili sono 36 ciascuno dei quali ha la stessa probabi-lità di uscita, per cui, se indichiamo con

Di,j = (i, j)

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probabilità 245

l’evento che si verifica quando sul primo dado esce i e sul secondodado j, avremo

P(Di,j) =1

36

L’insieme Ω di tutti gli eventi possibili definisce lo spazio di proba-bilità in cui operiamo.

Gli elementi di Ω sono gli eventi elementari Di,j e tutti gli eventi chesi ottengono come unione di eventi elementari; ad esempio

E1 = D2,5, D6,6

(l’evento che accade se sul primo dado esce 2 e sul secondo dado esce5 oppure se sul primo dado esce 6 e sul secondo esce ancora 6)

E2 = D1,2, D2,1, D3,6

E3 = D1,1, D2,2, D3,4

Possiamo anche definire sullo spazio Ω la variabile aleatoria ξ chead ogni elemento di Di,j ∈ Ω assegna la somma dei punti ottenuti.

ξ(Di,j) = i + j

Come è evidente dalla figura seguente ξ assume i seguenti valori:

Figura 15.1:

2 1 volta3 2 volta4 3 volta5 4 volta6 5 volta7 6 volta8 5 volta9 4 volta10 3 volta11 2 volta12 1 volta

e quindi possiamo costruire la funzione densità di probabilità di ξ

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246 o.caligaris - p.oliva

P(ξ = 2) = P(ξ = 12) =1

36

P(ξ = 3) = P(ξ = 11) =2

36

P(ξ = 4) = P(ξ = 10) =3

36

P(ξ = 5) = P(ξ = 9) =436

P(ξ = 6) = P(ξ = 8) =5

36

P(ξ = 7) =636

e riportate i risultati su un istogramma.

Figura 15.2:

Ad esempio possiamo calcolare

P(ξ = 7) =636

=16

P(ξ 6= 7) = 1− P(ξ = 7) = 1− 16=

56

P(4 ≤ ξ ≤ 8) = P(ξ = 4)+ P(ξ = 5)+ P(ξ = 6)+ P(ξ = 7)+ P(ξ = 8) =3 + 4 + 5 + 6 + 5

36=

2336

Figura 15.3:

La media µ della variabile aleatoria ξ si può calcolare sommandola media del punteggio del primo dado con quella del punteggio delsecondo dado:

µ = media del primo dado + media del secondo dado =72+

72= 7

oppure direttamente

µ =2 + 12 + 2(3 + 11) + 3(4 + 10) + 4(5 + 9) + 5(6 + 8) + 6 ∗ 7

36=

= 141 + 2 + 3 + 4 + 5 + 3

36= 14

1836

= 7

La moda è 7 e la mediana è ancora 7.La varianza è

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probabilità 247

σ2 =

=1

36(2− 7)2 +

136

(3− 7)2 +1

36(4− 7)2 +

136

(5− 7)2 +136

(6− 7)2 +1

36(7− 7)2+

+136

(8− 7)2 +136

(9− 7)2 +1

36(10− 7)2 +

136

(11− 7)2 +1

36(12− 7)2 =

=1

36(25+ 2∗ 16+ 3∗ 9+ 4∗ 4+ 5+ 5+ 4∗ 4+ 3∗ 9+ 2∗ 16+ 25) =

21036

=356

Alternativamente

σ2 =12

∑i=2

ξ2i pi − µ2 =

=1

36(4+ 2∗ 9+ 3∗ 16+ 4∗ 25+ 5∗ 36+ 6∗ 49+ 5∗ 64+ 4∗ 81+ 3+ 100+ 2∗ 121+ 144)− 49 =

197436− 49 =

356

Figura 15.4:

(in rosso è riportato il confronto con una gaussiana di media 7 evarianza 35

6 )

15.3 Lancio ripetuto di due dadi

Supponiamo di lanciare 2 dadi per 3 volte ed indichiamo con ξ lavariabile aleatoria che restituisce il numero di volte in cui si è ottenutoil punteggio di 7 (nei tre lanci).

Come abbiamo visto prima

P(uscita di 7) =16= p , P(non uscita di 7) = 1− 1

6=

56= q

s

@@@@@

p

q

sHHH

HH

p

q

sHHHHH

p

q

sXXXXX

p

q

sXXXXX

p

q

sXXXXX

p

q

sXXXXX

p

q

s 3 uscite di 7s 2 uscite di 7s 2 uscite di 7s 1 uscite di 7s 2 uscite di 7s 1 uscite di 7s 1 uscite di 7s 0 uscite di 7

Pertanto

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex]

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248 o.caligaris - p.oliva

P(ξ = 0) = P(nessun7) =56

56

56=

125216≈ 0.579

P(ξ = 1) = P(un 7) =16

56

56+

56

16

56+

56

56

16= 3

25216≈ 0.347

P(ξ = 2) = P(due 7) =16

16

56+

56

16

16+

16

56

16= 3

5216≈ 0.069

P(ξ = 3) = P(tre7) =16

16

16=

1216≈ 0.005

L’istogramma che segue è relativo alla variabile aleatoria ξ e rap-presenta la sua PDF.

Figura 15.5:

Il problema consiste nel valutare il numero di successi ottenuti in 3lanci considerando

successo: l’evento " Il punteggio ottenuto è 7"

che ha probabilità p = 16 ,

insuccesso: l’evento " Il punteggio ottenuto non è 7"

che ha probabilità p = 56 .

Può essere trattato usando la Distribuzione Binomiale di Bernoulli.Con riferimento al caso precedentemente trattato dei 3 lanci di due

dadi, definendoSuccesso= "esce 7, p = 1

6 "Insuccesso= "non esce 7, q = 1− 1

6 = 56 "

P(ξ = 0) =(

30

)(16

)0 (56

)3= 1

125216

= 0.579

P(ξ = 1) =(

31

)(16

)1 (56

)2= 3

25216

= 0.347

P(ξ = 2) =(

32

)(16

)2 (56

)1= 3

5216

= 0.069

P(ξ = 3) =(

33

)(16

)3 (56

)0= 1

1216

= 0.005

Di seguito sono riportate la PDF della variabile aleatoria ξ e la suaCDF

Figura 15.6:

15.4 Applicazioni della distribuzione Binomiale e di Poisson

15.4.1

Il 20% dei pezzi prodotti da una macchina in un giorno è difettoso.Scegliamo a caso 4 pezzi della produzione giornaliera e consideria-

mo la variabile aleatoria ξ che restituisce il numero di pezzi difettositra i 4 scelti.

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 249

ξ = numero dei pezzi non difettosi su 4 pezzi scelti nellaproduzione giornaliera

Evidentemente possiamo ritenere

• Successo : che il pezzo non sia difettoso e si ha che la probabilità disuccesso è

p =80

100=

45= 0.8

• Insuccesso : che il pezzo sia difettoso e si ha che la probabilità diinsuccesso è

p =20

100=

15= 0.2

ξ ha una distribuzione binomiale (bernoulliana) con n = 4 e k = 5.Pertanto

P(ξ = 0) =(

40

)(2

10

)0 ( 810

)4= 1

4096104 = 0.4096

P(ξ = 1) =(

41

)(2

10

)1 ( 810

)3= 4

1024104 = 0.4096

P(ξ = 2) =(

42

)(210

)2 ( 810

)2= 6

256104 = 0.1536

P(ξ = 3) =(

43

)(2

10

)3 ( 810

)1= 4

64104 = 0.0256

P(ξ = 4) =(

44

)(2

10

)4 ( 810

)0= 1

24

104 = 0.0016

Osserviamo che ovviamente si ha

0.4096 + 0.4096 + 0.1536 + 0.0256 + 0.0016 = 1

Di seguito sono riportate la PDF della variabile aleatoria ξ e la suaCDF

Figura 15.7:

Figura 15.8:

15.4.2

Supponiamo di lanciare una moneta non truccata per n = 10 volte; de-finiamo successo l’uscita di Testa, che indichiamo con T ed insuccessol’uscita di Croce che indichiamo con C.

Evidentemente

• P(T) = 12 = p è la probabilità di successo.

• P(C) = 12 = q = 1− p è la probabilità di insuccesso.

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex]

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250 o.caligaris - p.oliva

Sia ξ il numero k di successi ottenuti in n = 10 lanci.Evidentemente

P(ξ = 3) =(

103

)(12

)3 (12

)7=

15128≈ 0.1172

P(ξ = 4) =(

104

)(12

)4 (12

)6=

105512≈ 0.2051

P(ξ = 5) =(

105

)(12

)5 (12

)5=

63256≈ 0.2461

P(ξ = 6) =(

106

)(12

)6 (12

)4=

105512≈ 0.2051

e possiamo calcolare che si ottengano un numero di successi compresotra 3 e 6 con probabilità

P(3 ≤ ξ ≤ 6) =60 + 105 + 126 + 105

512=

99128≈ 0.7734

Se F è la CDF della distribuzione di probabilità binomiale relativaad n = 10 (possiamo ricavarne i valori dalla tabella in appendice),avremo che

P(3 ≤ ξ ≤ 6) = F(6)− F(2) ≈ 0.82812− 0.05469 ≈ 0.77343

15.4.3

Consideriamo due centri di servizio indipendenti che ricevono, nell’u-nità di tempo, un numero di richieste di servizio R1 ed R2, rispetti-vamente, che possono essere rappresentate da una variabile aleatoriaavente densità di Poisson di media λ1 e λ2, rispettivamente.

Vogliamo calcolare la probabilità che i due centri di servizio riceva-no, nell’unità di tempo, un numero di richieste uguale a 3.

Allo scopo occorrerà calcolare

P(R1 + R2 = 3) =

= P(R1 = 0)P(R2 = 3) + P(R1 = 1)P(R2 = 2)+

+ P(R1 = 2)P(R2 = 1) + P(R1 = 0)P(R2 = 3)

Poichè la densità di Ri è di Poisson con media λi, avremo

P(Ri = n) =1n!

λni e−λi

per cui

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 251

P(R1 + R2 = 3) =10!

λ01e−λ1

13!

λ32e−λ2 +

11!

λ11e−λ1

12!

λ22e−λ2 +

12!

λ21e−λ1

11!

λ22e−λ2 +

13!

λ31e−λ1

10!

λ22e−λ2 =

13!

e−(λ1+λ2)[λ32 + 3λ2

2λ1 + 3λ2λ21 + λ3

1] =13!

e−(λ1+λ2)(λ1 + λ2)3

più in generale possiamo ricavare la distribuzione di probabilità dellavariabile aleatoria R1 + R2 osservando che

P(R1 + R2 = n) =

= P(R1 = 0)P(R2 = n) + P(R1 = 1)P(R2 = n− 1) + · · ·++ · · ·+ P(R1 = n)P(R2 = 0) =

=n

∑0P(R1 = k)P(R2 = n− k) =

n

∑0

1k!

λk1e−λ1

1(n− k)!

λn−k2 e−λ2 =

=1n!

e−(λ1+λ2)n

∑0

n!k!(n− k)!

λk1λn−k

2 =

=1n!

e−(λ1+λ2)n

∑0

(nk

)λk

1λn−k2 =

=1n!

e−(λ1+λ2)(λ1 + λ2)n

Possiamo quindi calcolare facilmente anche la probabilità che ilnumero di richieste di servizio sia, in totale, inferiore a 3 mediantela

P(R1 + R2 ≤ 3) = P(R1 + R2 = 0) + P(R1 + R2 = 1)+

+ P(R1 + R2 = 2) + P(R1 + R2 = 3) =

Consideriamo ora il caso in cui si sappia che il numero di richiestetotale nell’unità di tempo è 8 e calcoliamo la probabilità che il primocentro abbia ricevuto k richieste.

Avremo

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex]

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252 o.caligaris - p.oliva

P(R1 = k|R1 + R2 = 8) =P(R1 + R2 = 8, R1 = k)P(R1 + R2 = 8)

=

=P(R1 = k)P(R2 = 8− k)P(R1 + R2 = 8)

=

1k! λ

k1e−λ1 1

(8−k)! λ8−k2 e−λ2

∑80

1n! λ

n1 e−λ1 1

(8−n)! λ8−n2 e−λ2

=

=

18!

8!k!(8−k)! λ

k1λ8−k

2 e−(λ1+λ2)

18! ∑8

08!

n!(8−n)! λn1 λ8−n

2 e−(λ1+λ2)=

(8k)λ

k1λ8−k

2

∑80 (

8n)λ

n1 λ8−n

2

=

=

(8k

)λk

1λ8−k2

(λ1λ2)8 =

(8k

)(λ1

λ1 + λ2

)k(

λ2

λ+1 λ2

)8−k

In maniera del tutto simile si calcola

P(R1 = k|R1 + R2 = n) =P(R1 + R2 = n, R1 = k)P(R1 + R2 = n)

=

=P(R1 = k)P(R2 = n− k)P(R1 + R2 = n)

=(n

k)λk1λn−k

2

∑n0 (

nh)λ

h1λn−h

2

=

=

(nk

)λk

1λn−k2

(λ1λ2)n =

(nk

)(λ1

λ1 + λ2

)k(

λ2

λ+1 λ2

)n−k

15.5 Probabilità condizionata. Teorema di Bayes

15.5.1

Consideriamo un’urna contenente 4 palline: una di colore Rosso, unadi colore Bianco, una di colore Verde ed una di colore Nero.

Indichiamo con R, B, V, N, rispettivamente, l’evento’ ’ è estratta una pallina Rossa, Bianca, Verde, Nera ’ ’

Consideriamo gli eventi

E1 = B ∪ R

E2 = B ∪V

E1 = B ∪ N

e verifichiamo che gli eventi Ei sono a due a due indipendenti, ma noncollettivamente indipendenti.

Si ha

P(E1) =14+

14=

12

P(E2) =14+

14=

12

P(E3) =14+

14=

12

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 253

ed inoltre

P(E1)P(E2) =14

P(E1∩ E2) = P(B) =14

P(E2)P(E3) =14

P(E2∩ E3) = P(B) =14

P(E1)P(E3) =14

P(E1∩ E3) = P(B) =14

Possiamo anche verificare che E1, E2, E3 non sono collettivamenteindipendenti.

Infatti

P(E1∩ E2 ∩ E3) = P(B) =14

mentreP(E1)P(E2)P(E3) =

18

Se nell’urna viene aggiunta una quinta pallina Gialla, accade che

P(E1) =15+

15=

25

P(E2) =15+

15=

25

P(E3) =15+

15=

25

mentre

P(E1)P(E2) =425

P(E1∩ E2) = P(B) =15

P(E2)P(E3) =425

P(E2∩ E3) = P(B) =15

P(E1)P(E3) =425

P(E1∩ E3) = P(B) =15

e gli eventi E1, E2, ed E3 non sono più mutuamente indipendenti.

15.5.2 Indipendenza di variabili aleatorie

Consideriamo un’urna che contiene due monete, α e β, una delle qualie’ truccata.

Lanciamo la moneta ed indichiamo con T e con C rispettivamente,gli eventi " è uscito Testa" oppure "è uscito Croce".

La moneta α non è truccata e pertanto

P(T|α) = P(C|α) = 12

mentre la moneta β è truccata in modo che

P(T|β) = 23

P(C|β) = 13

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex]

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254 o.caligaris - p.oliva

Si sceglie casualmente una moneta essendo la scelta equiprobabile,avendosi cioè:

P(α) = P(β) =12

e la si lancia due volte indicando con ξ il risultato del primo lancio econ η il risultato del secondo lancio.

Vogliamo innanzi tutto determinare la distribuzione di probabilitàdi ξ e di η che, per ovvie ragioni di simmetria dei dati, saranno uguali.si ha:

P(ξ = T) = P(ξ = T|α)P(α) + P(ξ = T|β)P(β) =12

12+

12

23=

712

P(ξ = c) = P(ξ = C|α)P(α) + P(ξ = C|β)P(β) =12

12+

12

13=

512

per cui la distribuzione di probabilità sia di ξ che di η è rappresentabilecome nella figura seguente.

Figura 15.9:

Consideriamo ora la variabile aleatoria υ = (ξ , η) definita dal ri-sultato dei due lanci, considerati nell’ordine; la sua distribuzione diprobabilità può essere determinata calcolando la probabilità di uscitadei quattro possibili risultati. Si ha

P(υ = (T, T)) = P(υ = (T, T)|α)P(α) + P(υ = (T, T)|β)P(β) =

=12

14+

12

49=

2572

P(υ = (T, C)) = P(υ = (T, C)|α)P(α) + P(υ = (T, C)|β)P(β) =

=12

14+

12

29=

1772

P(υ = (C, T)) = P(υ = (C, T)|α)P(α) + P(υ = (C, T)|β)P(β) =

=12

29+

12

14=

1772

P(υ = (C, C)) = P(υ = (C, C)|α)P(α) + P(υ = (C, C)|β)P(β) =

=12

14+

12

19=

1372

e pertanto la tabella seguente descrive la distribuzione di probabilitàdi υ. Sommando per righe si ottiene la distribuzione di probabilità diξ mentre, sommando per colonne otteniamo la distribuzione di proba-bilità di η, mentre la figura mostra le funzioni densità di probabilitàdella variabile aleatoria congiuntaυ = (ξ, η) e delle variabili aleatoriemarginali ξ e η.

Figura 15.10:

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 255

ξ T C

η

T 25/72 17/72

C 17/72 13/72

ξ T C

η

T 25/72 17/72 7/12

C 17/72 13/72 5/12

7/12 5/12 1

e si verifica che

P(υ = (ξ , η) = (T, T)) =25726= 49

144= P(ξ = T)P(η = T)

dal che segue che ξ ed η sono variabili aleatorie dipendenti.

15.5.3 Il Teorema di Bayes

Ricordiamo cheSiano A1, A2 ⊃ B, A1∩ A2 = ∅ allora si ha

P(Ai|B) =P(Ai ∩ B)

P(B), P(B|Ai) =

P(B ∩ Ai)

P(Ai)

e quindi

P(Ai ∩ B) = P(B)P(Ai|B) , P(B ∩ Ai) = P(Ai)P(B|Ai)

ne segue che

P(Ai|B) =P(Ai)P(B|Ai)

P(B)

e, dal momento che B = (B ∩ A1) ∪ (B ∩ A2)

P(B) = P(B ∩ A1) + P(B ∩ A2) = P(A1)P(B|A1) + P(A2)P(B|A2)

si può concludere che

P(Ai|B) =P(Ai)P(B|Ai)

P(A1)P(B|A1) + P(A2)P(B|A2)

15.5.4

Si considerino due urne che indichiamo con I ed I I e supponiamo chenell’urna I siano contenute 2 palline bianche (B) e 3 palline nere (N),mentre nell’urna I I siano contenute 8 palline bianche 2 palline nere.

Figura 15.11:

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex]

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256 o.caligaris - p.oliva

Si sceglie una delle due urne lanciando una moneta non truccata,per cui la probabilità di scegliere la prima urna (P(I)) e la probabilitàdi scegliere la seconda urna (P(I I)) sono uguali a .5

P(I) = P(I I) =12

Viene lanciata la moneta e viene estratta una pallina; conoscendoil colore della pallina estratta, calcolare la probabilità che sia stataestratta dalla prima o dalla seconda urna.

si ha

P(B|I) = 25

P(N|I) = 35

P(B|I I) =8

10P(N|I I) =

210

quindi

P(I|B) = P(I)P(B|I)P(I)P(B|I) + P(I I)P(B|I I)

=2/5 · 1/2

2/5 · 1/2 + 8/10 · 1/2=

13

P(I|N) =P(I)P(N|I)

P(I)P(N|I) + P(I I)P(N|I I)=

3/5 · 1/23/5 · 1/2 + 2/10 · 1/2

=34

P(I I|B) = P(I I)P(B|I I)P(I)P(B|I) + P(I I)P(B|I I)

=8/10 · 1/2

2/5 · 1/2 + 8/10 · 1/2=

23

P(I I|N) =P(I I)P(N|I I)

P(I)P(N|I) + P(I I)P(N|I I)=

2/10 · 1/23/5 · 1/2 + 2/10 · 1/2

=14

15.5.5

Durante una esercitazione scritta uno studente (S) si trova seduto nellaprima fila dell’aula avendo a fianco ed immediatamente dietro tre altristudenti (A, B, C) con i quali riesce a consultarsi e dei quali valutal’affidabilità secondo le seguenti stime.

A B C60% 30% 10%

Figura 15.12:

Una delle domande della prova è la seguente.

∫ +∞

−∞e−x2/2dx =

À -√

Á - 2π

 -√

π

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 257

(Ricordiamo che la risposta corretta è la 1 in quanto

∫ +∞

−∞e−x2/2−y2/2dxdy =

(∫ +∞

−∞e−x2/2dx

)2=

=∫ +∞

0

∫ 2π

0e−ρ2/2ρdρdθ = 2πe−ρ2/2

∣∣∣+∞

0= 2π

per cui∫ +∞−∞ e−x2/2dx =

√2π.)

Ciascuna tra A,B,C fornisce la sua opinione in merito alla rispostacorretta, come è riportato nella seguente tabella, dove su ogni riga èindicata con quale probabilità A, B o C ritengono corretta ciascunadelle risposte.

À Á ÂA 60% 30% 10%B 50% 30% 20%C 30% 30% 40%

Vediamo ora come, tenendo conto del fatto che la risposta correttaè la À possiamo aggiornare la tabella della affidabilità di A,B,C.

Avremo che:

P( À |A) = 60/100

P( À |B) = 50/100

P( À |C) = 30/100

da cui, indicando genericamente con X di volta in volta A,B,C , si ha:

P(X| À ) =P( À |X)P(X)

P( À )

e

P( À ) = P( À |A)P(A) + P( À |B)P(B) + P( À |C)P(C) =

=60

10060

100+

50100

30100

+30

10010

100=

54100

Infine

P(A| À ) =36/10054/100

=3654≈ 67%

P(B| À ) =15/10054/100

=1554≈ 28%

P(C| À ) =3/10054/100

=3

54≈ 5%

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex]

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258 o.caligaris - p.oliva

15.5.6

Negli anni ’90 negli Sati Uniti fu proposto uno screening di massa perrilevare il numero di individui affetti da AIDS.

Una possibilità per rivelare la malattia consiste nel misurare la pren-za di anticorpi che vengono prodotti dall’organismo in reazione al-l’AIDS. Il test, pur potendo essere molto accurato, può fornire risultatiscorretti

• non rilevando la malattia in un individuo malato

• rilevando la malattia in un individuo sano

Chiamiamo

• Sensitivià (p) del test la sua capacità di rilevare la malattia in unindividuo malato; è ad esempio ragionevole supporre che

p =95

100

cioè che il test riveli la malattia nel 95%dei malati.

Ne consegue che il primo degli errori citati ha una probabilità del5%.

• Specificità (q) del test la sua capacità di non rivelare la malattia inun individuo sano; è ad esempio ragionevole supporre che

q =99

100

cioè che il test riveli la malattia in un individuo sano nel 1% degliindividui sani.

Supponiamo infine che nella popolazione in esame sia malato 1 in-dividuo su 1000; supponiamo cioè che l’incidenza (a) della malattiasia

a =1

1000

Con questi dati vogliamo stimare l’efficacia di uno screening dimassa.

Indichiamo con

A l’evento: "l’individuo è malato di AIDS"

A′ l’evento: "l’individuo non è malato di AIDS"

Tp l’evento: "l’individuo è risultato positivo al test"

Tn l’evento: "l’individuo è risultato negativo al test"

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 259

Avremo:

P(A) = a =1

1000P(A′) = 1− a =

9991000

P(Tp|A) = p =95100

P(Tp|A′) = q =1

100

P(Tn|A) = 1− p =5

100P(Tn|A′) = 1− q =

99100

Inoltre

P(Tp) = P(Tp|A)P(A) + P(Tp|A′)P(A′) = pa + q(1− a)

per cui

P(A|Tp) =P(Tp|A)P(A)

P(Tp)=

papa + q(1− a)

=

95/100 · 1/100095/100 · 1/1000 + 1/100 · 999/1000

=95

95 + 999=

951094

≈ 0.0847

In altre parole la probabilità che un individuo sia malato nel caso incui il test abbia rivelato l’AIDS è inferiore al 9%.

Per comprendere come questo risultato sia influenzato dai dati cheabbiamo usato calcoliamo la stessa probabilità usando set di parametridiversi.

p q a P(A|Tp)

95100

1100

11000 ≈ 0.0847

100100

110

11000 ≈ 0.091

100100

2100

11000 ≈ 0.05

95100

1300

11000 ≈ 0.21

90100

1100

1100 ≈ 0.55

95100

1100

110 ≈ 0.9

15.5.7

Consideriamo una fornitura di 1000 pezzi della quale è noto che i pezzidifettosi possono essere 0, 1, 2, 3, 4, 5, avendo ognuna delle eventualitàprobabilità 1/6. si estrae un campione di 100 pezzi e si verifica chenessuna tra i pezzi scelti risulta difettoso.

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex]

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260 o.caligaris - p.oliva

Ci interessa stabilire la probabilità che nessuno dei pezzi dell’interafornitura sia difettoso.

A questo scopo indichiamo con

P(n/N D) = probabilità che n pezzi su N siano difettosi

avremo allora che

P(0/1000 D) = P(1/1000 D) = P(2/1000 D) = P(3/1000 D) =

= P(4/1000 D) = P(5/1000 D) =16

inoltre

P(0/100 D|k/1000 D) =

(100

0

)(k

1000

)0 (1− k

1000

)100=

(1− k

1000

)100

e si calcola (si ricordi che 00 = 1) che

6

∑0P(0/100 D|k/1000 D) ≈ 4.74

e possiamo quindi anche calcolare che

P(0/1000 D|0/100 D) =P(0/100 D|0/1000 D)P(0/1000 D)

∑60 P(0/100 D|k/1000 D)P(k/1000 D)

=

=1/6

1/6(4.74)≈ 0.21

15.5.8

In una classe è svolta una prova scritta che consiste in 10 domande arisposta multipla ciascuna con 4 alternative.

Uno studente è sicuramente in grado di rispondere correttamentealla domanda nel caso conosca la materia, ma ha 1 probabilità su 4 dirispondere correttamente scegliendo una risposta a caso.

Se è noto , o è ragionevole supporre, che 2/3 degli studenti cono-scano la materia, con quale probabilità uno studente che ha rispostoad una certa domanda conosce la relativa materia?

Indichiamo con C l’evento "lo studente conosce la materia" e con C′

in suo complementare (" lo studente non conosce la materia");indichiamo inoltre con B l’evento "lo studente ha risposto corretta-

mente" e con B′ il suo complementare ("lo studente non ha rispostocorrettamente").

Avremo

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 261

P(C) =23

P(C′) =13

P(B|C) = 1 P(B|C′) = 14

Risulta

P(C|B) = P(B|C)P(C)P(B|C)P(C) + P(B|C′)P(C′)

=

=1 · 2/3

1 · 2/3 + 1/4 · 1/3=

89

Pertanto la probabilità che uno studente conosca la materia, avendorisposto correttamente alla domanda è 8

9 ≈ 0.89D’altro canto

P(C′|B) = P(B|C′)P(C′)P(B|C)P(C) + P(B|C′)P(C′)

=

=1/4 · 1/3

1 · 2/3 + 1/4 · 1/3=

19

Cioè la probabilità che uno studente non conosca la materia, avendorisposto correttamente alla domanda è 1

9 ≈ 0.11Evidentemente quindi la probabilità che uno studente che abbia

risposto a k domande su 10 conosca veramente la materia è data da

Pk =

(nk

)89

k 19

n−k

Mentre la probabilità che, se ha risposto ad almeno 6 domande,abbia studiato è

P6 + P7 + P8 + P9 + P10 ≈ 0.739

Se uno studente decide di scegliere a caso le risposte la probabilità dirispondere a k domande è

Ck =

(nk

)14

k 34

n−k

e quindi la probabilità che risponda correttamente ad almeno 6 do-mande su 10è

C6 + C7 + C8 + P9 + C10 ≈ 0.024

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex]

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262 o.caligaris - p.oliva

15.6 Distribuzioni di Probabilità

15.6.1

Sia ξ una variabile aleatoria la cui distribuzione di probabilità è datada

φ(t) =

12 , 0 < x < 114 , 2 < x < 4

0 altrove

(Ad esempio ξ può rappresentare il tempo di attesa per un autobus)Calcolare la media µ e la varianza di ξ

µ = E(ξ) =∫ +∞

−∞xφ(x)dx =

=∫ 1

0x

12

dx +∫ 4

2x

14=

=x2

4

∣∣∣1

0+

x2

8

∣∣∣4

2=

=2 + 16− 4

8=

74= 2− 1

4= 2− 0.25 = 1.75

σ2 = E((ξ − µ)2) =∫ +∞

−∞

(x− 7

4

)2φ(x)dx =

=∫ 1

0

(x− 7

4

)2 12

dx +∫ 4

2

(x− 7

4

)2 14=

=

(x− 7

4)3

6

∣∣∣1

0+

(x− 7

4)3

12

∣∣∣4

2=

=

(1− 7

4)3

6+

(4− 7

4)3

12−−

(2− 7

4)3

12=

=16

(4− 7

4

)3+

112

(16− 7

4

)3−− 1

12

(8− 7

4

)3=

=143

112

(−54 + 729− 1) =674768

15.6.2

Stabilire per quali valori di k ∈ R la funzione

f (x) =

k se |x| ≤ 1k

x2 se |x| > 1

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 263

è una PDF per qualche variabile aleatoria ξ.Affinchè f sia la PDF di una variabile aleatoria occorre che f (x) ≥ 0

per ogni x ∈ R ed inoltre deve aversi che∫ +∞

−∞f (x)dx = 1

Pertanto deve essere

1 =∫ +∞

−∞f (x)dx ==

∫ −1

−∞

kx2 dx +

∫ 1

−1kdx +

∫ +∞

1

kx2 dx =

= − kx

∣∣∣−1

−∞+ kx

∣∣∣−1

−∞− k

x

∣∣∣+∞

1=

= k + 2k + k = 4k

ek =

14

Si noti tuttavia che, poichè x f (x) e, a maggior ragione, (x− µ)2 f (x)non sono integrabili su R della variabile aleatoria individuata da ξ nonè possibile calcolare nè media , nè la varianza.

Vogliamo ora, per k = 14 , determinare il valore di h ∈ R tale che

P(|ξ| ≤ h) = 0.9

Figura 15.13:

Osserviamo che, dal momento che

P(|ξ| ≤ 1) =∫ 1

−1kdx =

12< 0.9

dovrà risultare h > 1. ma∫ h

1f (x)dx = − 1

4x

∣∣∣h

1=

kx

∣∣∣+∞

1

Per cui dovrà essere

1− 910− 1

4=

kx

∣∣∣+∞

1

e si ricava h = 204

15.7 Uso delle tavole per i valori della CDF Normale Standard

Sia ξ una variabile aleatoria Gaussiana di media µ e di varianza σ2;allora se definiamo

z =ξ − µ

σ(da cui ξ = µ + σz)

z risulta una variabile aleatoria Gaussiana di media µ = 0 e di va-rianza σ2 = 1; una siffatta variabile aleatoria si dice normale standard.

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex]

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264 o.caligaris - p.oliva

La variabile aleatoria z ha una PDF ed una CDF che sono, rispetti-vamente date da

f (t) =1√2π

e−t2/2 F(z) =1√2π

∫ z

−∞e−t2/2dt

f(t) =1√2π

e−t2/2

z

F (z) =1√2π

∫ z

−∞e−t2/2dt =

= P (ξ ≤ z)

1

Figura 15.14: PDF e CDF di una variabilealeatoria γ.

si ha

F(z) = P(x ≤ z) =1√2π

∫ z

−∞e−t2/2dt =

=1√2π

(∫ 0

−∞e−t2/2dt +

∫ z

0e−t2/2dt

)=

=12+

1√2π

∫ z

0e−t2/2dt =

=12+

√2√

∫ z/√

2

0e−s2

ds =

=12

[1 +

2√π

∫ z/√

2

0e−s2

ds

]=

=12

[1 + erf

(z√2

)]

Poichè

P (α ≤ ξ ≤ β) = P(

α− µ

σ≤ z ≤ β− µ

σ

)= F

(β− µ

σ

)− F

(α− µ

σ

)

è evidentemente necessario disporre dei valori della funzione CDFdella variabile normale standardizzata.

Tali valori possono essere facilmente calcolati mediante programmidi calcolo.

Ad esempio, usando EXCEL si calcola

F(z) = Normdist.tex(z,0,1,TRUE)

F(z) = (1+ERF(0,z/sqrt(2)))/2;

mentre usando MAPLE

F(z) = statevalf[cdf,normald](z);

oppureF(z) = (1+evalf(erf(z/sqrt(2))))/2;

ed usando MATLAB

F(z) = normcdf(z,0,1)

F(z) = (1+erf(z/sqrt(2)))/2;

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 265

I valori della funzione CDF della variabile normale standardizza-ta possono essere anche trovati facendo uso di tabelle simili a quellariportata in appendice; in essa sono indicati i valori di

φ = Φ(

x +y

100

)

doveΦ(z) =

1√2π

∫ z

0e−t2/2dt

e x, y, φ sono si trovano come segue

* * * * * y * * * *+ - - - - - - - - - -+ - - - - - - - - - -+ - - - - - - - - - -x - - - - - φ - - - -+ - - - - - - - - - -+ - - - - - - - - - -+ - - - - - - - - - -

Per cui, ad esempio

φ = Φ(0.95) =1√2π

∫ 0.95

0e−t2/2dt =

1√2π

∫ 0.9+ 5100

0e−t2/2dt = 0.3289

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

0.9 - - - - - 0.3289 - - - -E, similmente,

φ = Φ(1.58) =1√2π

=∫ 1.58

0e−t2/2dt =

1√2π

∫ 1.5+ 8100

0e−t2/2dt = 0.4429

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

1.5 - - - - - - - - 0.4429 -La tabella contiene valori di Φ(z) solo per valori di z compresi tra0 e 3; per valori di z > 3 è ragionevole approssimare Φ(z) con 0.5,mentre per valori di z negativi si usa il fatto che la funzione densità diprobabilità gaussiana f è una funzione pari e quindi Φ risulta dispariper cui

Φ(z) = −Φ(−z)

Va inoltre ricordato che talvolta nelle tabelle è riportato il valoredi F per cui si leggono valori che differiscono da quelli di Φ per 0.5;precisamente si ha

F(z) = Φ(z) +12

15.7.1

Sia Z una variabile aleatoria normale standard (µ = 0 , σ = 1).Calcoliamo

P(−1 ≤ z ≤ 1)

P(−1 ≤ z ≤ 1) =1√2π

∫ 1

−1e−t2/2dt =

= F(1)− F(−1) = Φ(1)−Φ(−1) = 2Φ(1)

Usando le tabelle si ha

Φ(1) = −Φ(−1) = 0.3413

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex]

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266 o.caligaris - p.oliva

e

P(−1 ≤ z ≤ 1) = 0.6826

Figura 15.15:

Calcoliamo

P(−2 ≤ z ≤ 2)

P(−2 ≤ z ≤ 2) =1√2π

∫ 2

−2e−t2/2dt =

= F(2)− F(−2) = Φ(2)−Φ(−2) = 2Φ(2)

Usando le tabelle si ha

Φ(2) = −Φ(−2) = 0.4472

e

P(−2 ≤ z ≤ 2) = 0.8944

Calcoliamo

P(−3 ≤ z ≤ 3)

P(−3 ≤ z ≤ 3) =1√2π

∫ 3

−3e−t2/2dt =

= F(3)− F(−3) = Φ(3)−Φ(−3) = 2Φ(3)

Usando le tabelle si ha

Φ(3) = −Φ(−3) = 0.4981

e

P(−3 ≤ z ≤ 3) = 0.9962

Se poi ξ è una variabile aleatoria gaussiana di media µ e varianzaσ2 allora

z =ξ = µ

σ

P(µ− σ ≤ ξ ≤ µ + σ) = P(−1 ≤ z ≤ 1) = 0.6826

P(µ− 2σ ≤ ξ ≤ µ + 2σ) = P(−2 ≤ z ≤ 2) = 0.8944

P(µ− 3σ ≤ ξ ≤ µ + 3σ) = P(−3 ≤ z ≤ 3) = 0.9962

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 267

15.7.2

Sia z una variabile aleatoria gaussiana standard, calcolare

P(0 ≤ z ≤ 1.2) = Φ(1.2) = .3849

P(−0.68 ≤ z ≤ 0) = −Φ(−0.68) = Φ(0.68) = .2517

15.7.3

Sia z una variabile aleatoria gaussiana standard, calcolareFigura 15.16:

Figura 15.17:

Figura 15.18:

P(−0.46 ≤ z ≤ 2.21) = F(2.21)− F(−0.46) =

= Φ(2.21)−Φ(−0.46) = Φ(2.21)+Φ(0.46) = 0.4864+ 0.1772 = 0.6636

15.7.4

Sia z una variabile aleatoria gaussiana standard, calcolare

Figura 15.19:

P(0.81 ≤ z ≤ 1.94) = F(1.94)− F(0.81) =

= Φ(1.94)−Φ(0.81) = 0.4864 + 0.1772 = 0.6636

15.7.5

Sia z una variabile aleatoria gaussiana standard, calcolare

Figura 15.20:

P(z ≥ −1.28) = 1− F(−1.28) = 1− 1/2−Φ(−1.28) =

= 1/2 + Φ(1.28) = 0.5 + 0.3997 = 0.8997

15.8 Calcolo dei valori della CDF Gaussiana Inversa

Sia ξ una variabile aleatoria Gaussiana di media µ e di varianza σ2; e

z =ξ − µ

σ(da cui ξ = µ + σz)

la corrispondente variabile aleatoria normale standard.Sia F la CDF di z, allora

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex]

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268 o.caligaris - p.oliva

F(za = P(z ≤ za) = A

se e solo seza = F−1(A)

Il valore za può essere ancora calcolato mediante programmi dicalcolo.

Ad esempio, usando EXCEL si calcola

za = NormInv.tex(A,0,1)

mentre usando MAPLE

za = statevalf[icdf,normald](A);

ed usando MATLAB

za = NormInv.tex(A,0,1)

za = sqrt(2)erfinv(2A-1)

I valori della funzione CDF della variabile normale standardizza-ta possono essere anche trovati facendo uso di tabelle simili a quellariportata in appendice; in essa sono indicati i valori di

φ = Φ(

x +y

100

)=

1√2π

∫ x+ y100

0e−t2/2dt

15.8.1

Sia z una variabile aleatoria e sia za tale che

P(0 ≤ z ≤ za) = 0.3770

Determinare za

Figura 15.21:

Dalle tavole della CDF Gaussiana Inversa si ricava che

za = Φ−1(0.3770) = 1.16

15.8.2

Sia z una variabile aleatoria e sia za tale che

P(z ≤ za) = 0.8621

Determinare za

Figura 15.22:AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 269

Dalle tavole della CDF Gaussiana Inversa si ricava che

za = F−1(0.8621) = Φ−1(0.8621− 0.5) = 1.09

15.8.3

Sia z una variabile aleatoria e sia za tale che

P(z ≤ za) = 0.4332

Determinare za

Poichè 0.4332 < 0.5 za è negativo.Si ha 0.5− 0.4332 = 0.0668 e

Figura 15.23:

Dalle tavole della CDF Gaussiana Inversa si ricava che

za = F−1(0.0668) = Φ−1(0.0668− 0.5) = −Φ−1(0.4332) = −1.68

15.9 Approssimazione della Distribuzione Binomiale mediantela Distribuzione Normale

Qualora il numero di prove n sia grande e nè p nè q siano troppopiccoli (in pratica si adotta la condizione np, nq ≥ 5), la distribuzionebinomiale può essere approssimata mediante la distribuzione normalestandardizzata.

Se ξn è (la variabile aleatoria che restituisce) il numero di successisu n prove bernoulliane con probabilità di successo p, definiamo (unanuova variabile aleatoria) zn mediante la

zn =ξn − np√

npq(da cui ξn = np +

√npqzn)

zn è una variabile aleatoria con media µ = 0 e varianza σ2 = 1che per n → +∞ può essere approssimata mediante una variabilegaussiana standard.

Più precisamente

limn

P (a ≤ zn ≤ b) =1√2π

∫ b

ae−t2/2dt

Pertanto

P (α ≤ ξn ≤ β) = P(

α− 12≤ np +

√npqzn ≤ β +

12

)=

= P

(α− 1

2 − np√npq

≤ zn ≤β + 1

2 − np√npq

)

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex]

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270 o.caligaris - p.oliva

Alla luce di tutto ciò, la probabilità che su 10 lanci di una monetanon truccata si abbiano un numero di teste ξ compreso tra 3 e 6, si puòcalcolare tenendo conto che

α = 3 , β = 6 , n = 10 , p = q =12

P (3 ≤ ξ ≤ 6) = P

(3− 1

2 − 5√2.5

≤ zn ≤6 + 1

2 − 5√2.5

)=

= P (−1.58 ≤ zn ≤ 0.95)

Usando le tavole della CDF Gaussiana standardizzata riportate inappendice;

P (−1.58 ≤ zn ≤ 0.95) = F(0.95)− F(1.58) = 0.4429 + 0.3288 = 0.7718

Possiamo confrontare il risultato con quello ottenuto direttamentemediante i valori della distribuzione cumulativa binomiale B10 relativaa 10 lanci; in questo modo si ottiene

B10(6)− B10(2) = 0.7734

ed osservare che l’errore di approssimazione commesso è dell’ordnedi 0.0016

15.10 Stima di Probabilità

15.10.1

Una macchina produce n = 10000 pezzi al giorno. La probabilità cheun pezzo sia difettoso è del 20%

Vogliamo poter affermare che nella produzione giornaliera ci sonoalmeno n pezzi buoni.

Determinare come dobbiamo scegliere n affinchè la probabilità chel’affermazione sia corretta risulti superiore al 97.5%.

Sia ξ la variabile aleatoria che restituisce il numero di pezzi nondifettosi prodotti in un giorno.

La probabilità che un pezzo sia difettoso è q = P(D) = 0.2 mentrela probabilità che sia buono è p = P(B) = 0.8; ξ ha una distribuzionebinomiale di media µ = np = 10000 ∗ 0.8 = 8000 e di varianza σ2 =

npq = 10000 ∗ 0.16 = 1600, (σ = 40).Affinche l’affermazione sia corretta occorre che

P(ξ > x) > 0.975

Figura 15.24:AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 271

Per calcolare il valore di x è conveniente osservare che deve essere

P(ξ > n) = P(

ξ − µ

σ>

n− µ

σ

)> 0.975

ξ − µ

σsi può approssimare con una distribuzione normale standard z

e sex− µ

σ= α deve essere

1− F(α) = P(z > α) > 0.975

da cuiF(α) < 0.025

edα < F−1(0.025) = −1.96

Ne viene quindi chen− µ

σ= α = −1.96

ex ≤ 8000− 40 ∗ 1.96 = 7921.6

Concludendo, l’affermazione:"La produzione giornaliera contiene almeno 7921 pezzi buoni"è corretta al 97.5%

15.10.2

Una moneta viene lanciata 1000 volte; La probabilità p = P(T) diottenere Testa è uguale alla probabilità q = P(C) di ottenere Croce edentrambe valgono 0.5

Vogliamo determinare m in modo che la probabilità di ottenere piùdi m volte Testa sia inferiore al 2.5%.

Sia ξ la variabile aleatoria che restituisce il numero di Teste (succes-si) ottenuti in n = 1000 lanci.

ξ ha una distribuzione binomiale di media µ = np = 500 e divarianza σ2 = npq = 250, (σ = 5

√10 = 15.81).

Figura 15.25:

Per calcolare m osserviamo che

0.025 > P(ξ > m) = P(

ξ − µ

σ>

m− µ

σ

)> 0

ξ − µ

σsi può approssimare con una distribuzione normale standard z

e se α =m− µ

σ1− F(z) = P(z > α) < 0.025

perα > F−1(0.025) = 1.96

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex]

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272 o.caligaris - p.oliva

Ne viene quindi che

m− µ

σ> α , m ≤ µ + σα

x ≤ 500 + 15.81 ∗ 1.96 = 500 + 30.98 = 530.98

15.10.3

Una macchina produce sfere di acciaio di diametro medio uguale a4cm.

Su un campione di 100 sfere se ne trovano

• 5 di diametro inferiore a 3.995cm.

• 12 di diametro superiore a 4.005cm.

Valutando la probabilità con le frequenze ottenute e supponendo ildiametro delle sfere prodotte distribuito normalmente con media µ evarianza σ2, calcolare µ e σ.

Sia ξ la variabile aleatoria che restituisce il diametro delle sfereprodotte.

Avremo, valutando la probabilità con le frequenze, che

P(ξ > 4.005) =12

100

P(ξ < 3.995) =5

100

e

P(

ξ − µ

σ>

4.005− µ

σ

)= 0.12 , P

(ξ − µ

σ<

3.995− µ

σ

)= 0.05

Poichè la variabile aleatoria z = ξ−µσ è distribuita normalmente con

µ = 0 e σ = 1, posto

α =3.995− µ

σ, β =

4.005− µ

σ

Figura 15.26:

affinchè

F(z) = P(z < α) = 0.05, 1− F(z) = P(z > β) = 0.12

deve risultare

α = F−1(0.12) = −1.645 , β = F−1(0.88) = 1.175

Pertanto dovrà essere

3.995− µ

σ= α = −1.645, e

4.005− µ

σ= β = 1.175

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 273

Se ne deduce che

3.995− µ = −σ1.645

4.005− µ = σ1.175

e0.010 = σ(1.175 + 1.645) = σ2.820

Se ne conclude che

σ =1

1001

2.82= 0.0035

eµ = 3.995 +

1100

12.82

1.645 = 3.995 + 0.0058 = 4.0009

(µ = 3.995− 1100

12.82

1.175 = 4.005− 0.0042 = 4.0009)

Assumiamo ora che µ = 4.0009 e cerchiamo di determinare σ inmodo che

P(ξ > 4.005) <2

100

Figura 15.27:

Maz =

ξ − µ

σ

è una variabile aleatoria normalmente distribuita con media 0 e va-rianza 1 e quindi

1− F(4.005− µ

σ) = P

(z >

4.005− µ

σ

)< 0.02

Ne viene che

F(

4.005− µ

σ

)> 1− 0.02 = 0.98

e4.005− µ

σ> F−1(0.98) = 2, 053

4.005− 4.0009 > σ2.053

σ <4.005− 4.0009

2.053= 0.0019

15.10.4

Un parco è servito da due bagni. Si supponga che giornalmente 400persone facciano uso dei bagni scegliendo a caso uno dei due conprobabilità 1

2All’interno di ognuno dei bagni è collocato un dispenser che forni-

sce ogni utente di uno ed un solo asciugamani di carta.Con quanti asciugamani devono essere riforniti i dispenser affinchè

la probabilità che restino vuoti sia inferiore al 2.5%?

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex]

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274 o.caligaris - p.oliva

Siano u1 e u2 gli utenti del primo e del secondo bagno, rispettiva-mente.

Sia N il numero di asciugamani caricati in ciascun dispenser edindichiamo semplicemente con u il numero di utenti di uno dei bagni.

Ci interessa assicurare che

P(u > N) < 0.025

La distribuzione di probabilità di u è binomiale con

n = 400 , p = q =12

, µ = np = 200 , σ =√

npq =√

100 = 10

per cui possiamo normalizzare la variabile aleatoria u ed approssimar-la mediante una distribuzione gaussiana standard.

Avremo che, posto

z =u− µ

σ

P(u > N) < 0.025 è equivalente a

P(

z >N − µ

σ

)< 0.025

Figura 15.28:

quindi

1− F(

N − µ

σ

)= P

(z >

N − µ

σ

)< 0.025

e dovrà quindi essere

N − µ

σ> F−1(1− 0.025) = 1.96

da cuiN > µ + σ1.96 = 200 + 10 · 1.96 = 219.6

Dovranno essere quindi caricati in ogni dispenser almeno 220 asciu-gamani affinchè la probabilità che non si vuotino sia inferiore a 0.025.

15.10.5

Un addetto deve rifornire due macchine distributrici di lattine di unamedesima bibita che sono collocate in punti differenti di uno stessoedificio.

Si stima che 100 clienti al giorno acquistino da una delle due mac-chine, scelta a caso con probabilità 1

2 , una lattina.Quante lattine devono essere contenute in ciascuna macchina per

essere certi al 97.5% che ogni cliente possa acquistare la propria lattina?Sia uk, con k = 1, 2, il numero degli utenti della prima e della se-

conda macchina. Affinchè ciascuno di essi possa acquistare la propria

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 275

lattina occorre che, detto nk, con k = 1, 2, il numero di lattine contenutenella prima e nella seconda macchina rispettivamente.

uk è una variabile aleatoria binomiale di media µ e varianza σ2 con

µ = 50, σ2 = 25, σ = 5

che può essere normalizzata ed approssimata da una variabile aleato-ria gaussiana z normalizzata.

Dovrà risultare

P(uk > nk) < 0.025

P(uk − µ

σ>

nk − µ

σ) < 0.025

e posto zk =nk−µ

σ

1− F(zk) = P(z > zk) < 0.025

da cuiF(zk) > 0.975

uk − µ

σ= zk > F−1(0.975) = 1.96

nk > 50 + 5 ∗ 1.96 = 59.8

15.10.6

Consideriamo ora lo stesso problema, relativo però a due macchineche sono usate l’una con probabilità 1

4 e 34 .

u1 ed u2 sono ancora due variabili aleatorie binomiali che hanno lastessa varianza

σ2 = 1003

16, σ = 10

√3

4≈ 4.26

ed hanno media, rispettivamente,

µ1 = 10014= 25, µ2 = 100

34= 75

procedendo come sopra si ottiene quindi che deve essere

nk > µk + σ ∗ 1.96 = 59.8

e quindi chen1 > 25 + 4.26 ∗ 1.96 ≈ 33.35

n2 > 75 + 4.26 ∗ 1.96 =≈ 83.35

Osserviamo che, mentre nel primo caso per rifornire entrambe lemacchine erano necessarie 120 lattine, in questo ne servono soltanto118.

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276 o.caligaris - p.oliva

15.11 Test Statistici

15.11.1

Determinare la probabilità di ottenere in (n =)100 lanci di una monetanon truccata (p = q = 1

2 ) un numero di Teste (T) compreso tra 40 e 60.Si tratta di un processo bernoulliano con media µ e varianza σ2 dati

daµ = np = 100

12

, σ2 = npq = 10012

12= 25

Poichè np, nq > 5 possiamo approssimare la distribuzione binomia-le di Bernoulli utilizzando una distribuzione normale standard con lastessa media e varianza.

Avremo che

P(40 ≤ T ≤ 60) = P(

39.5− µ

σ≤ T − µ

σ≤ 60.5− µ

σ

)=

P(−2.10 ≤ T − µ

σ≤ 2.10

)= 2 · 0.4821 = 0.9642

Figura 15.29:

15.11.2

Vogliamo ora testare l’ipotesi che una moneta non sia truccata.Allo scopo possiamo procedere come segue:

• lanciamo la moneta 100 volte

• se otteniamo un numero di teste compreso tra 40 e 60 accettiamol’ipotesi che la moneta non sia truccata

• se invece otteniamo più di 60 o meno di 40 teste respingiamo l’ipo-tesi che la moneta non sia truccata

Così facendo siamo guidati dalla convinzione che se si ottengonoun numero troppo alto o troppo basso di teste, se si è verificato cioèun evento abbastanza raro, la moneta è truccata.

Tuttavia una moneta non truccata può fornire su 100 lanci più di 60o meno di 40 teste per cui, se ciò fosse accaduto proprio in occasio-ne della nostra serie di lanci sbaglieremmo a rigettare l’ipotesi che lamoneta non sia truccata.

È allora importante stabilire quale è la probabilità di commettere unsimile errore.

Se la moneta non è truccata otterremo un numero di teste compresotra 40 e 60 con probabilità 0.9642, quindi la probabilità che le teste nonsiano comprese tra 40 e 60 è

P(T < 40 oppure T > 60) = 1− 0.9642 = 0.0358

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probabilità 277

Qualora ciò accada quindi noi rigetteremmo l’ipotesi che la monetanon sia truccata, erroneamente.

Ne segue che la probabilià di rigettare l’ipotesi nel caso in cui l’ipo-tesi sia corretta è 0.0358.

Figura 15.30:15.11.3

Vogliamo programmare un test ver verificare l’ipotesi che una monetanon sia truccata disponendo dei risultati di 64 lanci e con un livel-lo di significatività (probabilità di rigettare l’ipotesi "la moneta non ètruccata" nel caso non sia effettivamente truccata) inferiore o uguale a0, 01

Rigetteremo l’ipotesi che la moneta non sia truccata nel caso in cuiescano troppe o troppo poche teste; cioè se T > m oppure T < n

Commetteremo un errore (di I specie) nel caso in cui l’ipotesi siarigettata, essendo tuttavia vera; cioè nel caso in cui la moneta nontruccata fornisce un numero di teste superiore ad m od inferiore ad n.

La probabilità di tale errore è quindi uguale alla probabilità che escaun numero di teste superiore ad m od inferiore ad n cioè alla

P(T < n oppure T > m)

e deve essere inferiore o uguale a 0.01, per cui occorre trovare m ed nin modo che

P(T < n oppure T > m) = 0.01

Per calcolare tale probabilità possiamo approssimare la distribuzio-ne di Bernoulli con una distribuzione normale standard e poichè

µ = np = 32 , σ =

√64

14= 4

Possiamo normalizzare la variabile T che restituisce il numero diteste ponendo

τ =T − µ

σ=

T − 324

Avremo quindi che

T ≤ n ⇐⇒ τ ≤ n− 324

T ≥ m ⇐⇒ τ ≥ m− 324

e deve essere

0.01 = P(T < n oppure T > m) = P(τ <n− 32

4oppure τ >

m− 324

)

È ragionevole considerare

n− 324

= −m− 324

= −za

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-2.tex]

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278 o.caligaris - p.oliva

per cui essendo τ una variabile aleatoria normale standardizzata, perla simmetria della PDF Gaussiana, si ricava che deve essere

0.01 = F(−za) + 1− F(za) = 2F(za)

eza = F−1(0.05) = 2.575

Alloran− 32

4= 2.575

e32 + 2.575 · 4 ≈ 42 , 32− 2.575 · 4 ≈ 22

Figura 15.31:

Se ne conclude che, per operare con un livello di significatività di0.01, si accetterà l’ipotesi che la moneta non sia truccata nel caso in cuisi verifichi l’uscita di un numero di teste

22 ≤ T ≤ 42

15.11.4 Test statistico di ipotesi

È frequente la necessità di sottoporre a test statistico la validità di unaipotesi, tuttavia è essenziale ben definire cosa si intende con questo;infatti il linguaggio usato può essere frainteso se interpretato alla lucedel senso comune.

DefiniamoH0 l’affermazione che vogliamo sottoporre a testeHa o H1 una affermazione alternativa.Va subito detto che Ha non è necessariamente la negazione di H0

ed anzi, in corrispondenza di una stessa ipotesi H0 si possono pro-grammare diversi test semplicemente scegliendo differenti ipotesi al-ternative Ha ciascuna delle quali in grado di mettre in luce differentiaspetti significativi.

Un esempio classico in grado di illustrare la situazione è il mecca-nismo di giudizio in un sistema giuridico nel quale:

Un individuo è considerato non colpevole fino a che non è provatala sua colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio.

Implicitamente una tale affermazione ritiene molto più grave giudi-care colpevole un non colpevole piuttosto che giudicare non colpevoleun colpevole.

Nei termini prima espressi avremoH0 non colpevoleeHa colpevole oltre ogni ragionevole dubbio.Rigettare H0, nel caso in cui H0 sia vera, significa giudicare colpe-

vole un non colpevole ed è considerato più grave di di accettare Ha nel

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probabilità 279

caso in cui Ha sia falsa, cioè nel caso in cui si giudichi non colpevoleoltre ragionevole dubbio un colpevole.

Diciamo che si commette un errore di I specie se si rigetta H0 nelcaso in cui H0 è vera. (Si condanna un innocente).

Diciamo che si commette un errore di I I specie se si rigetta Ha nelcaso in cui Ha è vera. (Si assolve un colpevole, ma non oltre ogniragionevole dubbio).

Definiamo inoltreP( errore di I specie) = α livello di significatività del test.P( errore di I I specie) = β potenza del test.

15.11.5 Uso dei Test statistici.

Illustriamo il concetto di test statistico riprendendo il semplice masignificativo esempio che abbiamo già in precedenza considerato:

progettare un test per stabilire se una moneta è truccata; possiamoprocedere in diverse maniere che esaminiamo qui di seguito.

Indichiamo con p la probabilità che esca Testa e con q la probabilitàche esca Croce. e lanciamo la moneta 100 volte; chiamiamo T il numerodi teste uscito e stabiliamo di adottare un livello di significatività α =

0.05.Se la moneta non è truccata T è una variabile aleatoria che ha una

distribuzione binomiale (bernoulliana) di media µ e scarto quadraticoσ dati da

µ = np = 50 , σ =√

npq = 5

e può essere approssimata con una variabile aleatoria normale stan-dardizzata z definita dalla

z =nt − µ

σ

15.11.6

Consideriamo l’ipotesi da testareH0 la moneta non è truccata cioè p = q = 1

2 .a fronte della’ipotesi alternativaHa la moneta è truccata cioè p 6= 1

2 , q 6= 12 .

In questo caso giudicheremo la moneta truccata se T è troppo gran-de p > 0.5 oppure se T è troppo piccolo p < 0.5 ed avremo un livellodi significatività α = 0.05 se

P(z < −za oppure z > za) = 0.05

Dovrà quindi essere

0.05 = P(z > za)+ P(z < −za) = 2P(z > za) = 2(1− P(z < za)) = 2(1− F(za))

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280 o.caligaris - p.oliva

da cui

F(za) = 1− 0.025 = 0.975 , za = F−1(0.975) = 1.96

Rigetteremo cioè H0 se z < −za = −1.96 oppure se z > za = 1.96cioè se

T − µ

σ< −1.96 oppure

T − µ

σ> 1.96

T < µ− 1.96σ ≈ 40 oppure T > µ + 1.96σ ≈ 60

Figura 15.32:

Riassumendo possiamo affermare che decidendo di accettare l’ipo-tesi H0 che la moneta non sia truccata a fronte dell’ipotesi alternativaHa che p 6= 0.5 nel caso che il numero di teste uscite sia compreso tra40 e 60, la probabilità di commettere un errore di prima specie e cioèdi rigettare l’ipotesi la moneta non è truccata, quando realmente nonè truccata, è 0.05

15.11.7

Consideriamo l’ipotesi da testareH0 - la moneta non è truccata cioè p = q = 1

2 .a fronte della’ipotesi alternativaHa - la moneta è truccata cioè p > 1

2 .In questo caso giudicheremo la moneta truccata se T è troppo gran-

de ed se stabiliamo un livello di significatività di α = 0.05 possiamocalcolare

P(z > za) = 0.05 = 1− F(za)

da cuiza = F−1(0.95) = 2.571

Rigetteremo cioè H0 se se z > za = 2.571 da cui

T − µ

σ> 2.571

T > µ + 2.571σ ≈ 63

Figura 15.33:

Riassumendo possiamo affermare che decidendo di accettare l’ipo-tesi H0 che la moneta non sia truccata a fronte dell’ipotesi alternativaHa che p > 0.5 nel caso che il numero di teste uscite sia maggiore di63, la probabilità di commettere un errore di prima specie e cioè dirigettare l’ipotesi la moneta non è truccata, quando realmente non ètruccata, è 0.05

15.11.8

Con riferimento ai due esempi precedenti osserviamo che se ottenia-mo un numero di teste T = 62, a parità di livello di significatività, nelprimo caso rigettiamo l’ipotesi che la moneta sia truccata mentre nel

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probabilità 281

secondo caso la accettiamo; ciò in conseguenza alla diversa formula-zione dell’ipotesi Ha che deve essere scelta in modo da esprimere leesigenze del problema.

Se ad esempio il test è condotto allo scopo si stabilire se è equogiocare a Testa o Croce con quella moneta e si ha intenzione di puntaresu Testa è chiaro che il secondo test meglio si adatta alla situazione.

15.11.9 Il Test χ2

Si consideri un esperimento in cui sono possibili k uscite

Aj j = 1..k

di cui si ipotizzano le probabilità

pj j = 1..k

Si supponga di eseguire n volte l’esperimento e di ottenere dellefrequenze di accadimento relative

xj j = 1..k

Uno stimatore delle differenza tra frequenze osservate e frequenzeipotizzate si può definire come

χ2 =k

∑j=1

(xj − npj)2

npj

e si può dimostrare che se npj ≥ 5 z2 si può approssimare me-diante una distribuzione χ2 con k − 1 gradi di libertà (supponendoche le frequenze teoriche possano essere stimate senza dover stimarestatisticamente i parametri della popolazione).

Poichè i dati sono discreti e la variabile χ2 è continua può essereopportuno apportare una correzione allo stimatore usando

χ2 =k

∑j=1

(|xj − npj| − .5)2

npj

χ2 si chiama correzione di Yates.Gli stimatori introdotti possono essere usati in test che tendano a

stabilire se le frequenze teoriche pj siano in accordo con i risultatiottenuti xj.

15.11.10

Un’azienda introduce nuove tecniche di produzione per i suoi amplifi-catori di segnale che sono caratterizzati da un fattore di amplificazioneη.

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282 o.caligaris - p.oliva

In seguito ai cambiamenti introdotti ritiene possibile che la distribu-zione di η sia gaussiana e a questo scopo misura, in condizioni control-late, il fattore η su 1000 pezzi scelti casualmente ed ottiene i risultatiche sono riassunti nella seguente tabella.

h < 75 2775 ≤ h < 80 11680 ≤ h < 83 14883 ≤ h < 85 14085 ≤ h < 87 15187 ≤ h < 90 18890 ≤ h < 95 17095 ≤ h 60

Inoltre la somma delle singole misurazioni di η ammonta a 86100mentre la somma dei loro qudrati è 7453554.

L’azienda desidera sottoporre a test con livello di significatività del95% l’ipotesi che la distribuzione dei valori di η sia effettivamentegaussiana.

Sia n = 1000 il numero di misurazioni effettuate, siano ηi, i =

1..1000 i valori di tali misurazioni e siano a(i), i = 1..8 i valori chedefiniscono le classi

Possiamo innanzi tutto calcolate la media µ e la varianza σ di η sulcampione esaminato. Avremo

µ =n

∑0

ηin

=861001000

= 86.1 σ =

√n

∑0

η2i

n− µ2 = 7453553/1000− 86.12 =≈ 6.35

inoltre il vettore delle frequenze ottenute si calcola mediante laf (i) = (a(i)/n) per cui

f = (0.0270, 0.1160, 0.1480, 0.1400, 0.1510, 0.1880, 0.1700, 0.0600)Possiamo ora calcolare il vettore delle frequenze attese nel caso la

distribuzione di η segua una distribuzione gaussiana di media µ evarianza σ mediante la

fa(1) = F−1(

a(1)− µ

σ

)

fa(i) = F−1(

a(i)− µ

σ

)− F−1

(a(i− 1)− µ

σ

), i = 2..7

fa(1) = 1− F−1(

a(8)− µ

σ

)

dove con F si indica come al solito la CDF di una variabile aleatoriagaussiana standardizzata.

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probabilità 283

otteniamo

fa = (0.0403, 0.9597, 0.8316, 0.6872, 0.5687, 0.4437, 0.2696, 0.2696)

Possiamo a questo punto calcolare

χ2 =8

∑0

f (i)− fa(i))2

fa(i)≈ 2.3977

Sia ora za il valore per cui la distribuzione cumulativa di χ2 con 7(8− 1, essendo 8 il numero delle classi) è uguale a 0.95. si calcola che

za ≈ 14.0671

Poichè χ2 ≈ 2.4 < 14.1 ≈ za possiamo concludere che il valoretrovato "non è più raro del 95% dei casi e quindi l’ipotesi che la di-stribuzione di η sia gaussiana di media 861 e varianza 6.35 può essereaccettata.

Osserviamo anche che il valore zb per cui la distribuzione cumula-tiva di χ2 con 7 (8− 1, essendo 8 il numero delle classi) è uguale a 0.05è

zb ≈ 2.1673

per cui il valore di χ2 ottenuto non raggiunge nemmeno verso sinistrala zona in cui la probabilià di cadere è del 5%.

Di seguito è riportato il listato dei comandi di Matlab che consento-no di eseguire rapidamente i calcoli necessari.

a=[27,116,148,140,151,188,170,60];

m=86100/sum(a);

sigma=sqrt(7453554/1000-mˆ2);

h=[75,80,83,85,87,90,90];

f=a./1000;

fa(1)=normcdf(h(1),m,sigma);

fa(2)=normcdf(h(2),sigma)-normcdf(h(1),m,sigma);

fa(3)=normcdf(h(3),sigma)-normcdf(h(2),m,sigma);

fa(4)=normcdf(h(4),sigma)-normcdf(h(3),m,sigma);

fa(5)=normcdf(h(5),sigma)-normcdf(h(4),m,sigma);

fa(6)=normcdf(h(6),sigma)-normcdf(h(5),m,sigma);

fa(7)=normcdf(h(7),sigma)-normcdf(h(6),m,sigma);

fa(8)=1-normcdf(h(7),m,sigma);

chi2=sum((f-fa).ˆ2./fa);

za=chi2inv(0.95,7);

zb=chi2inv(0.05,7);

m = 86.1000

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284 o.caligaris - p.oliva

sigma = 6.3517

fa =(0.0403 0.9597 0.8316 0.6872 0.5687 0.4437 0.2696 0.2696)

f =(0.0270 0.1160 0.1480 0.1400 0.1510 0.1880 0.1700 0.0600)

chi2 = 2.3977

za = 14.0671

zb = 2.1673

15.11.11

Si supponga di lanciare una moneta 200 volte e di ottenere 115 Testee 85 Croci. e si supponga di voler sottoporre a test l’ipotesi H0 che lamoneta sia truccata.

Possiamo definire Ha in parecchi modi ed ottenere altrettanti risul-tati.

15.11.12

Siano A1 l’evento Testa ed A2 l’evento Croce; con le notazioni prece-denti avremo

p1 = p2 = 0.5 x1 = 115 x2 = 85 n = 200

e possiamo calcolare

z2 =(x1 − np1)

2

np1+

(x2 − np2)2

np2=

(115− 100)2

100+

(85− 100)2

100≈ 4.50

z2 ha una distribuzione del tipo χ2 con 1 grado di libertà.Nel caso in cui le frequenze teoriche siano corrette z2 assumerà

valori molto piccoli e possiamo quindi decidere di sottoporre a testl’ipotesi

H0 la moneta non è truccata, z2 ≤ za

a fronte dell’ipotesi alternativaHa la moneta è truccata, z2 > za

Il valore χ2a deve essere determinato dal valore di significatività α;

dovremo cioè scegliere χ2a in modo che

P(χ2 > χ2a) = α

Se α = 0.05, si ricava che a = 3.84 e quindi, poichè z2 = 4.50 siconclude che la moneta è truccata.

15.11.13

Usando la correzione di Yates otteniamo un valore

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probabilità 285

χ2 =(|x1 − np1| − 0.5)2

np1+

(|x2 − np2| − 0.5)2

np2=

=(|115− 100| − 0.5)2

100+

(|85− 100| − 0.5)2

100≈ 4.205 > 3.84

anche in questo caso si conclude che la moneta è truccata.

15.11.14

Possiamo anche procedere usando il fatto che il lancio di una monetanon truccata per 200 volte segue una distribuzione binomiale di mediaµ = 100 e scarto quadratico σ =

√50 ≈ 7.07 ed usando un test a due

code.Detta z la variabile aleatoria normale standardizzata che approssima

x1−µσ (ricordiamo che x1 è il numero di teste), e scelto un livello di

significatività α = 0.05, possiamo sottoporre a test l’ipotesiH0 la moneta non è truccata,a fronte diHa la moneta è truccata, z < −za oppure z > za

Il valore za deve essere in modo che

P(z > za) = α/2

Se α = 0.05, si ricava che za = 1.196 e quindi, poichè

z =115− 100

7.07≈ 2.12 > 1.196

si conclude che la moneta è truccata.

15.11.15

Possiamo infine procedere usando il fatto che il lancio di una monetanon truccata per 200 volte segue una distribuzione binomiale di mediaµ = 100 e scarto quadratico σ =

√50 ≈ 7.07 ed usando un test a una

sola coda.Come prima, detta z la variabile aleatoria normale standardizzata

che approssima x1−µσ e scelto un livello di significatività α = 0.05,

possiamo sottoporre a test l’ipotesiH0 la moneta non è truccata,a fronte diHa la moneta è truccata, z > za

Il valore za deve essere calcolato in modo che

P(z > za) = α

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286 o.caligaris - p.oliva

Se α = 0.05, si ricava che za = 1.645 e quindi, poichè

z =115− 100

7.07≈ 2.12 > 1.645

si conclude che la moneta è truccata.

15.12 Test sulle Medie

15.12.1

Siano ξ1, ξ2, .., ξn variabili aleatorie costituenti un campione di gran-dezza n. ( Con ciò si intende che ξk è una variabile aleatoria che siottiene estraendo un elemento dalla popolazione).

Definiamo una nuova variabile aleatoria ξ, che chiamiamo mediacampionaria, mediante la

ξ =ξ1 + ξ2 + .. + ξn

n

La distribuzione di probabilità di ξ è detta distribuzione campiona-ria della media.

Si può verificare che, se la popolazione ha media µ e varianza σ2

allora la media e la varianza di ξ sono date da

µξ = µ , σ2ξ=

σ2

n,

(σξ =

σ2√

n

)

Si può inoltre dimostrare che la variabile aleatoria

ξ − µ

σ/√

n

ha, per n grande, una distribuzione normale standard.ξ−µ

σ/√

n si usa come stimatore della media.

15.12.2

Un produttore afferma che che la vita media delle lampade di suaproduzione è µ = 1600 ore Vogliamo sottoporre a test l’affermazionecon un livello di significatività α = 0.04 e α = 0.01.

Consideriamo un campione di 100 lampade e verifichiamone la vitamedia.

Supponiamo di ottenere vita media ξ = 1570 ore e scarto quadraticoσξ = 120 ore

Consideriamo l’ipotesiH0 - µ = 1600a fronte dell’ipotesi alternativaHa - µ < 1600

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probabilità 287

Usando σξ come stima di σ avremo che

ξ − µ

σ/√

n=

1570− 1600120/

√100

≈ −2.50

Poichè ξ−µ

σ/√

n è una variabile asintoticamente normale si ha che

P(

ξ − µ

σ/√

n< za

)= 0.04 se za = −1.751

mentre

P(

ξ − µ

σ/√

n< za

)= 0.01 se za = −2.326

Figura 15.34:

Poichè−2.50 < −2.326 < −1.752

Il valore che abbiamo ottenuto ha probabilità di uscire, nel caso incui H0 sia vera, inferiore a 0.01. Ne segue che H0 va rigettata sia allivello di significatività 0.04 sia al livello 0.01.

15.12.3

Il carico medio di rottura di un cavo è µ = 1800 kg con una varianzaσ2 = 100 kg.

Il produttore afferma di aver migliorato la tecnica di produzione edi aver aumentato il carico medio di rottura.

Si provano 50 cavi e si riscontra una carico medio di rottura ξ =

1850 kg.È corretto sostenere l’affermazione con un livello di significatività

α = 0.01?Possiamo sottoporre a test l’ipotesiH0 - µ = 1800 kg.a fronte dell’ipotesi alternativaHa - µ > 1800 kg.Calcoliamo

ξ − µ

σ/√

n=

1850− 1800100/

√50≈ 3.55

Poichè ξ−µ

σ/√

n è una variabile asintoticamente normale si ha che

P(

ξ − µ

σ/√

n> za

)= 0.01 se za = 2.326

Figura 15.35:

Poichè2.326 < 3.55

il valore che abbiamo ottenuto ha probabilità di uscire, nel caso in cuiH0 sia vera, inferiore a 0.01. Ne segue che H0 va rigettata al livello disignificatività 0.01 e quindi l’affermazione del produttore può essereaccettata con lo stesso livello di significatività.

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288 o.caligaris - p.oliva

15.13 Test sulle Varianze

15.13.1

Siano ξ1, ξ2, .., ξn variabili aleatorie costituenti un campione di gran-dezza n. ( Con ciò si intende che ξk è una variabile aleatoria che siottiene estraendo un elemento dalla popolazione).

Definiamo una nuova variabile aleatoria s2, che chiamiamo varianzacampionaria, mediante la

s2 =(ξ1 − ξ)2 + (ξ2 − ξ)2 + .. + (ξn − ξ)2

n

La distribuzione di probabilità di s2 è detta distribuzione campio-naria della varianza.

Si può verificare che, se la popolazione ha media µ e varianza σ2

allora la media di s2 è data da

µs2 =n− 1

nσ2

Inoltre se la popolazione è distribuita normalmente, la variabilealeatoria definita da

ns2

σ2

ha una distribuzione di tipo χ2 con n− 1 gradi di libertà.ns2

σ2 si usa come stimatore della varianza.

15.13.2

Nel passato la deviazione standard del peso di certe confezioni da 40.g. è stata σ = 0.25 g.

L’esame di un campione casuale di 20 confezioni ha accertato unadeviazione standard di 0.32 g.

Stabilire se l’apparente aumento è significativo a livello α = 0.05 eα = 0.01.

Possiamo sottoporre a test l’ipotesiH0 - σ = 0.25 g.a fronte dell’ipotesi alternativaHa - σ > 0.25 g.Calcoliamo

ns2

σ2 =20 · 0.32

0.25≈ 32.8

Poichè ns2

σ2 ha una distribuzione di tipo χ2 con 19 gradi di libertà

P(

ns2

σ2 > za

)= 0.05 se za = 30.1

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probabilità 289

mentre

P(

ns2

σ2 > za

)= 0.01 se za = 36.2

Poichè30.1 < 32.8 < 36.1

il valore che abbiamo ottenuto ha probabilità di uscire, nel caso in cuiH0 sia vera, inferiore a 0.05 ma superiore a 0.01.

Ne segue che H0 va rigettata al livello di significatività 0.05 ma nonpuò essere rifiutata al livello 0.01

Figura 15.36:15.14 Il Problema del compleanno

Se in una stanza sono presenti N persone , qual’è la probabilitàche almeno due tra loro abbiano lo stesso compleanno?

Esistono 366 compleanni diversi (tra i possibili compleanni c’è ancheil 29 febbraio degli anni bisestili).

La probabilità che 2 persone abbiano compleanni diversi è :

P2 =366366

365366

La probabilità che 3 persone abbiano tutte compleanni diversi è :

P3 =366366

365366

364366

La probabilità che 4 persone abbiano tutte compleanni diversi è :

P4 =366366

365366

364366

363366

=366!

362!3664

La probabilità che n persone abbiano compleanni diversi è :

Pn =366!

(366− n)!366n

Si calcola che

P50 =366!

(316)!36650 ≈ 0.03

P60 =366!

(306)!36660 ≈ 0.006

Possiamo allora chiederci:

Quante persone ci devono essere in una stanza affinchè almenodue tra esse abbiano lo stesso compleanno?

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290 o.caligaris - p.oliva

Se sono presenti n persone, la probabilità che tutte abbiano com-pleanni diversi è

Pn =366!

(366− n)!366n

Affinchè almeno due tra esse abbiano lo stesso compleanno ciò nondeve accadere e quindi occorre calcolare la probabilità Qn dell’eventocomplementare a

Tutte e n le persone hanno compleanni diversi.

la cui probabilità è Pn

Pertanto

Qn = 1− Pn = 1− 366!(366− n)!366n

Q50 = 1− 0.03 = 0.97

Q60 = 1− 0.006 = 0.994

15.15 Il Paradosso di Bertrand

Data una circonferenza di raggio 1, calcolare la probabilità ditracciare una corda di lunghezza inferiore a

√3 (il lato di un

triangolo equilatero in essa inscritto).

Possiamo procedere in diversi modi.

15.15.1

• Consideriamo un punto sulla circonferenza e un valore

θ ∈[−π

2,

π

2

]

• disegniamo una corda che passa per il punto fissato e forma unangolo θ con il diametro per il punto fissato.

Figura 15.37:

Avremo una corda inferiore a√

3 se

|θ| ≥ π

6

e quindi la probabilità di ottenere una corda inferiore a√

3 è

π − π3

π=

23

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probabilità 291

15.15.2

Potremmo anche procedere come segue:

• consideriamo un punto su un raggio della circonferenza cioè unvalore

t ∈ [0, 1]

• disegniamo una corda che passa per il punto fissato perpendicolareal raggio.

Figura 15.38:

Avremo una corda inferiore a√

3 se

t ∈ [12

, 1]

e quindi la probabilità di ottenere una corda inferiore a√

3 è

12

15.15.3

Potremmo infine procedere così

• consideriamo un cerchio di raggio 12 e scegliamo un punto a caso

nel cerchio

• disegniamo una corda che passa per il punto fissato perpendicolareal raggio che passa per il punto scelto.

Figura 15.39:

Avremo una corda inferiore a√

3 se il punto è stato scelto nellacorona circolare che ha area

π − π

4

e quindi la probabilità di ottenere una corda inferiore a√

3 è

34 π

π=

34

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex]

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16. Qualche esempio..

16.1

16.1.1

Sia ξ una variabile aleatoria avente densità f , di media 0 e varianza 1.Determinare media e varianza della variabile aleatoria η = 3ξ + 7.

1 ...

Si haP(ξ ≤ x) =

∫ x

−∞f (t)dt

e

P(3ξ + 7 ≤ x) = P(ξ ≤ x− 73

) =∫ x−7

3

−∞f (t)dt =

∫ x

−∞

13

f (s− 7

3)ds

Quindi

φ(s) =13

f (s− 7

3)

è la PDF della variabile aleatoria η = 3ξ + 7.Ne segue che la sua media µ e la sua varianza σ possono essere calcolate

mediante le

µ =∫ x

−∞sφ(s)ds =

∫ +∞

−∞

s3

f (s− 7

3)ds =

=∫ +∞

−∞(3t + 7) f (t)dt = 3

∫ +∞

−∞s f (s)ds + 7

∫ +∞

−∞f (s)ds = 7

mentre

σ2 =∫ +∞

−∞(s− 7)2φ(s)ds =

∫ +∞

−∞

(s− 7)2

3f (

s− 73

)ds =

=∫ +∞

−∞9s2 f (s)ds = 9

eσ = 3

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294 o.caligaris - p.oliva

2 6

16.1.2

Si considerino nel piano i punti

(0, 4) (1, 4) (2, 3) (3, 2) (4, 2)

Determinare la retta di regressione ed il coefficiente di correlazione trale variabili x ed y

1 ...

Chiamiamo x = (0 , 1 , 2 , 3 , 4) ed y = (4 , 4 , 3 , 2 , 2) i vettori delleascisse e delle ordinate dei punti assegnati.

Siay = ax + b

la retta di regressione ad essi relativa.Si ha che deve essere

y = ax + b

dove x = 15 ∑5

i=1 xi e y = 15 ∑5

i=1 yi sono le medie, rispettivamente dei valoriassunti da x e da y e che

a =∑5

i=1(xi − x)(yi − y)

∑5i=1(xi − x)2

mentre il coefficiente di correlazione r è dato da

r =∑5

i=1(xi − x)(yi − y)√∑5

i=1(xi − x)2√

∑5i=1(xi − x)2

Eseguendo i calcoli si trova che

x = 2

y = 3

a = −0.6

b = 4.2

r = −0.9487

A titolo di esempio riportiamo le istruzioni mediante le quali possiamoeseguire i calcoli usando Matlab

x=[0 1 2 3 4]

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probabilità 295

y=[4 4 3 2 2]

polyfit(x,y,1)

xm=mean(x)

ym=mean(y)

a=(sum((x-xm).*(y-ym)))/(sum((x-xm).ˆ 2))

b=ym-a*xm

r=(sum((x-xm).*(y-ym)))/...

( sqrt(sum((x-xm).ˆ 2))* sqrt(sum((y-ym).ˆ 2)))

u=a*x+b

Possiamo anche trovare la retta di regressione nella forma

x = cy + d

In tal caso useremo formule simili alle precedenti dove il ruolo di x e di y èscambiato. I calcoli ci forniscono

c = −1.5

d = 6.5

e possono essere eseguiti con Matlab come seguec=(sum((x-xm).*(y-ym)))/(sum((y-ym).ˆ 2))

d=xm-c*ym

v=(x-d)/c

I vettori u e v che sono stati calcolati, forniscono le ordinate delle rette diregressione che abbiamo trovato. Usando l’istruzione

plot(x,y,x,u,x,v)

possiamo disegnare i grafici delle due rette ed osservare come esse appros-simino i valori dati.

Figura 16.1:

Osserviamo inoltre che il valore del coefficiente di correlazione è vicino ad1 e quindi i dati sono ben correlati, cioè le due rette che abbiamo trovato, chepassano necessariamente per il punti (x, y), formano un angolo piccolo il cuicoseno è proprio il coefficiente di correlazione r.

2 6

16.1.3

Determinare la probabilità di ottenere, in 100 lanci di una moneta (nontruccata), un numero di ‘teste‘ compreso tra 45 e 60.

1 ...

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex]

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296 o.caligaris - p.oliva

La variabile aleatoria b che restituisce il numero di successi (teste) ottenutiin n = 100 ripetizioni di una prova bernoulliana (lancio della moneta) in cuila probabilità di successo è p = 0.5, è binomiale di media

µ = np = 50

e varianza

σ2 = npq = np(1− p) = 25 , σ = 5

È noto che, per n grande (np > 5) b−µσ si può approssimare con una

variabile aleatoria gaussiana standardizzata ξ per cui:

P(45 ≤ b ≤ 60) = P(45− µ

σ≤ b− µ

σ≤ 60− µ

σ) =

= P(45− µ

σ≤ ξ ≤ 60− µ

σ) = F(

60− µ

σ)− F(

45− µ

σ)

dove F rappresenta come al solito la CDF della variabile Gaussiana standar-dizzata.

Possiamo calcolare che

F(60− µ

σ)− F(

45− µ

σ) ≈ 0.8186

usando Matlab, mediante l’istruzionenormcdf((60-50)/5,0,1)-normcdf((45-50)/5,0,1)

ovviamente lo stesso risultato si ottiene mediante lanormcdf(60,50,5)-normcdf(45,50,5)

possiamo anche apportare una correzione per tenere conto del fatto che b èdiscreta mentre ξ è continua e calcolare:

F(60.5− µ

σ)− F(

44.5− µ

σ) ≈ 0.8465

mediante la normcdf((60.5-50)/5,0,1)-normcdf((44.5-50)/5,0,1)

Infine possiamo anche usare direttamente la distribuzione binomiale calco-lando

P(45 ≤ b ≤ 60) = G(b)− G(a) ≈ 0.8468

dove G rappresenta la CDF della variabile binomiale di media 50 e varianza5, mediante la

data=[45:1:60]

pdata=binopdf(data,100,0.5)

dd=sum(pdata)

2 6

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 297

16.2

16.2.1

Si considerino nel piano i punti

(0, 0) (1, 0) (1, 1) (2, 1)

Determinare la retta di regressione tra le variabili x ed y

1 ...

Chiamiamo x = (0, 1, 1, 2) ed y = (0, 0, 1, 1) i vettori delle ascisse e delleordinate dei punti assegnati.

Siay = ax + b

la retta di regressione ad essi relativa.Si ha che deve essere

y = ax + b

dove x = 14 ∑4

i=1 xi e y = 14 ∑4

i=1 yi sono le medie, rispettivamente dei valoriassunti da x e da y e che

a =∑4

i=1(xi − x)(yi − y)

∑4i=1(xi − x)2

mentre il coefficiente di correlazione r è dato da

r = ∑4i=1(xi − x)(yi − y)√

∑4i=1(xi − x)2

√∑4

i=1(xi − x)2

Eseguendo i calcoli si trova che

x = 1

y =12

a =12

b = 0

r = 0.7071

A titolo di esempio riportiamo le istruzioni mediante le quali possiamoeseguire i calcoli usando Matlab

x=[0 1 1 2]

y=[0 0 1 1]

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex]

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298 o.caligaris - p.oliva

polyfit(x,y,1)

xm=mean(x)

ym=mean(y)

a=(sum((x-xm).*(y-ym)))/(sum((x-xm).ˆ 2))

b=ym-a*xm

r=(sum((x-xm).*(y-ym)))/...

( sqrt(sum((x-xm).ˆ 2))* sqrt(sum((y-ym).ˆ 2)))

u=a*x+b

Possiamo anche trovare la retta di regressione nella forma

x = cy + d

Useremo formule simili alle precedenti dove il ruolo di x e di y, è scambiato. Icalcoli ci forniscono

c = 1

d =12

e possono essere eseguiti con Matlab come seguec=(sum((x-xm).*(y-ym)))/(sum((y-ym).ˆ 2))

d=xm-c*ym

v=(x-d)/c

Figura 16.2:

I vettori u e v che sono stati calcolati, forniscono le ordinate delle rette di re-gressione che abbiamo trovato. Usando l’istruzione plot(x,y,x,u,x,v) pos-siamo disegnare i grafici delle due rette ed osservare come esse approssimino ivalori dati.

Il valore del coefficiente di correlazione è abbastanza vicino ad 1 e quindii dati sono abbastanza ben correlati: le due rette che abbiamo trovato, chepassano necessariamente per il punti (x, y), formano un angolo abbastanzapiccolo il cui coseno è il coefficiente di correlazione r.

2 6

16.2.2

Sia f , la funzione rappresentata nel seguente grafico

Figura 16.3:

Determinarne a in modo che f rappresenti la densità di una varia-bile aleatoria X e successivamente calcolarne media e varianza.

1 ...

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 299

Affinchè f rappresenti la densità di probabilità di una variabile aleatoriaoccorre che sia positiva e quindi dovrà intanto essere a > 0.

Inoltre deve aversi

1 =∫ +∞

−∞f (x)dx =

∫ 1

0axdx +

∫ 2

1adx =

= ax2

2

∣∣∣1

0+ ax

∣∣∣2

1=

a2+ 2a− a =

32

a

Pertanto a = 23 e per calcolare media e varianza possiamo procedere come

segue.

µ =∫ +∞

−∞x f (x)dx =

∫ 1

0ax2dx +

∫ 2

1axdx = a

x3

3

∣∣∣1

0+ a

x2

2

∣∣∣2

1=

=13

a +42

a− 12

a =116

a

σ2 =∫ +∞

−∞x2 f (x)dx−

(116

a)2

=∫ 1

0ax3dx+

∫ 2

1ax2dx−

(116

a)2

=

= ax4

4

∣∣∣1

0+ a

x3

3

∣∣∣2

1−(

116

a)2

=14

a +83

a− 13

a−(

116

a)2

=

=3112

a−(

116

a)2

=74

324

2 6

16.2.3

Si consideri un dado sulle cui 6 facce sono segnati i punteggi 1, 1, 2, 2, 3, 3(tutti con eguale probabilità); determinare la probabilità che la sommadei punteggi ottenuti in 150 lanci sia compresa tra 280 e 310.

1 ...

La variabile aleatoria b che restituisce la somma dei punteggi si può otte-nere come somma di n = 150 variabili aleatorie xi la cui media e varianzasono date da

µi =13(1+ 2+ 3) = 2 , σ2

i =13((1− 2)2 +(2− 2)2 +(3− 2)2) =

23

Pertanto la media e la varianza di di b sono date da

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex]

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300 o.caligaris - p.oliva

µ = nµi = 300 , σ2 = nσ2i , σ =

√nσi =

√150

23= 10

Per il teorema limite centrale la variabile aleatoria b−µσ si può approssimare

con una variabile aleatoria gaussiana standardizzata ξ per cui:

P(280 ≤ b ≤ 310) = P(280− µ

σ≤ b− µ

σ≤ 310− µ

σ) =

= P(280− µ

σ≤ ξ ≤ 310− µ

σ) = F(

280− µ

σ)− F(

310− µ

σ)

dove F rappresenta la CDF della variabile Gaussiana standardizzata.Possiamo calcolare che

F(310− µ

σ)− F(

280− µ

σ) ≈ 0.8186

Possiamo anche apportare una correzione per tenere conto del fatto che b èdiscreta mentre ξ è continua e calcolare:

F(310.5− µ

σ)− F(

279..5− µ

σ) ≈ 0.8460

I risultati riportati si possono ottenere dalle seguenti istruzioni Matlabdado=[1,1,2,2,3,3]

dadom=mean(dado)

dadov=var(dado,1)

mu=150*dadom

sigma=sqrt(150*dadov)

normcdf(310,mu,sigma)-normcdf(280,mu,sigma)

normcdf((310-mu)/sigma,0,1)-normcdf((280-mu)/sigma,0,1)

normcdf((310.5-mu)/sigma,0,1)-normcdf((275.5-mu)/sigma,0,1)

Vale la pena osservare chenormcdf(310,mu,sigma)-normcdf(280,mu,sigma)

normcdf((310-mu)/sigma,0,1)-normcdf((280-mu)/sigma,0,1)

eseguono lo stesso calcolo e che si è calcolato la varianza del vettore dado

mediante l’istruzione var(dado,1).Matlab infatti, dato un vettore x = (xi) di dati equiprobabili calcola

var(x) =1

n− 1

n

∑1

xi = var(x, 0) e var(x, 1) =1n

n

∑1

xi

2 6

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 301

16.3

16.3.1

Si considerino nel piano i punti

(1, 1/2) (2, 5/2) (3, 7/2) (4, 7/2)

Determinare la retta di regressione tra le variabili x ed y ed il coeffi-ciente di correlazione.

1 ...

Chiamiamo x = (1 , 2 , 3 , 4) ed y = (1/2 , 5/2 , 7/2 , 7/2) i vettori delleascisse e delle ordinate dei punti assegnati.

Siay = ax + b

la retta di regressione ad essi relativa.Deve essere

y = ax + b

dove x = 14 ∑4

i=1 xi e y = 14 ∑4

i=1 yi sono le medie, rispettivamente dei valoridi x e da y e che

a =∑4

i=1(xi − x)(yi − y)

∑4i=1(xi − x)2

mentre il coefficiente di correlazione r è dato da

r = ∑4i=1(xi − x)(yi − y)√

∑4i=1(xi − x)2

√∑4

i=1(xi − x)2

Eseguendo i calcoli si trova che

x = 2.5

y = 2.5

a = 1

b = 0

r = 0.9129

A titolo di esempio riportiamo le istruzioni mediante le quali possiamoeseguire i calcoli usando Matlab

x=[1 2 3 4]

y=[1/2 5/2 7/2 7/2]

polyfit(x,y,1)

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex]

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302 o.caligaris - p.oliva

xm=mean(x)

ym=mean(y)

a=(sum((x-xm).*(y-ym)))/(sum((x-xm).ˆ 2))

b=ym-a*xm

r=(sum((x-xm).*(y-ym)))/...

( sqrt(sum((x-xm).ˆ 2))* sqrt(sum((y-ym).ˆ 2)))

u=a*x+b

Possiamo anche trovare la retta di regressione nella forma

x = cy + d

Useremo formule simili alle precedenti dove il ruolo di x e di y è scambiato. Icalcoli ci forniscono

c =56

d =5

12

e possono essere eseguiti con Matlab come seguec=(sum((x-xm).*(y-ym)))/(sum((y-ym).ˆ 2))

d=xm-c*ym

v=(x-d)/c

I vettori u e v che sono stati calcolati, forniscono le ordinate delle rette diregressione che abbiamo trovato. Usando l’istruzione

plot(x,y,x,u,x,v)

possiamo disegnare i grafici delle due rette ed osservare come esse appros-simino i valori dati.

Figura 16.4:

Il valore del coefficiente di correlazione è abbastanza vicino ad 1 e quindii dati sono abbastanza ben correlati: le due rette che abbiamo trovato, chepassano necessariamente per il punti (x, y), formano un angolo abbastanzapiccolo il cui coseno è il coefficiente di correlazione r.

2 6

16.3.2

Sia ξ, la variabile aleatoria la cui funzione densità è definita da

ϕ(x) =

2x x ∈ [0, 1]0 altrove

Calcolare media e varianza di ξ.

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 303

1 ...

La media è data da

µ =∫ +∞

−∞xϕ(x)dx =

∫ 1

02x2dx = 2

x3

3

∣∣∣1

0=

23

mentre la varianza è

σ2 =∫ +∞

−∞x2 ϕ(x)dx−

(23

)2=∫ 1

02x3dx− 4

9= 2

x4

4

∣∣∣1

0− 4

9=

=24− 4

9=

118

2 6

16.4

16.4.1

Si considerino nel piano i punti

(0, 0) (1, 1) (1, 3) (2, 4)

Determinare la retta di regressione tra le variabili x ed y ed il coeffi-ciente di correlazione.

1 ...

Chiamiamo x = (0 , 1 , 1 , 2) ed y = (0 , 1 , 3 , 4) i vettori delle ascisse edelle ordinate dei punti assegnati.

Siay = ax + b

la retta di regressione ad essi relativa.Deve essere

y = ax + b

dove x = 14 ∑4

i=1 xi e y = 14 ∑4

i=1 yi sono le medie, rispettivamente dei valoridi x e da y e che

a =∑4

i=1(xi − x)(yi − y)

∑4i=1(xi − x)2

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex]

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304 o.caligaris - p.oliva

mentre il coefficiente di correlazione r è dato da

r = ∑4i=1(xi − x)(yi − y)√

∑4i=1(xi − x)2

√∑4

i=1(xi − x)2

Eseguendo i calcoli si trova che

x = 1

y = 2

a = 2

b = 0

r = 0.8944

A titolo di esempio riportiamo le istruzioni mediante le quali possiamoeseguire i calcoli usando Matlab

x=[0 1 1 2]

y=[0 1 3 4]

polyfit(x,y,1)

xm=mean(x)

ym=mean(y)

a=(sum((x-xm).*(y-ym)))/(sum((x-xm).ˆ 2))

b=ym-a*xm

r=(sum((x-xm).*(y-ym)))/...

( sqrt(sum((x-xm).ˆ 2))* sqrt(sum((y-ym).ˆ 2)))

u=a*x+b

Possiamo anche trovare la retta di regressione nella forma

x = cy + d

Useremo formule simili alle precedenti dove il ruolo di x e di y è scambiato. Icalcoli ci forniscono

c =25

d =15

e possono essere eseguiti con Matlab come seguec=(sum((x-xm).*(y-ym)))/(sum((y-ym).ˆ 2))

d=xm-c*ym

v=(x-d)/c

I vettori u e v che sono stati calcolati, forniscono le ordinate delle rette diregressione che abbiamo trovato. Usando l’istruzione

plot(x,y,x,u,x,v)

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 305

possiamo disegnare i grafici delle due rette ed osservare come esse appros-simino i valori dati.

Figura 16.5:

Il valore del coefficiente di correlazione è abbastanza vicino ad 1 e quindi idati sono abbastanza ben correlati: le due rette che abbiamo trovato, che passa-no necessariamente per il punti (x, y), formano un angolo abbastanza piccoloil cui coseno è il coefficiente di correlazione r. 2 6

16.4.2

B NI 7 3II 5 5III 3 7

Si considerino tre urne I, I I e I I I checontengono Gettoni Bianchi e Neri co-me riportato nella tabella a fianco Si sce-glie un’urna casualmente e si estrae ungettone dall’urna prescelta.

La probabilità di uscita di ciascuna urna è 13 . Calcolare la probabilità

che l’estrazione sia avvenuta dall’urna I, dall’urna I I o dall’urna I I Isapendo che è stato estratto un gettone Nero

1 ...

Indichiamo con

P(C|U)

la probabilità di estrarre un Gettone di colore C dall’urna U. (Probabilità diestrarre un gettone di colore C condizionata al fatto che l’estrazione avvengadall’urna U)

Avremo che

P(N|I) = 310

P(B|I) = 710

P(N|I I) =12

P(B|I I) =12

P(N|I I I) =7

10P(B|I I I) =

310

Inoltre, poichè ognuna delle tre urne può essere scelta con egual probabilitàavremo

P(I) = P(I I) = P(I I I)

e, per il teorema di Bayes

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex]

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306 o.caligaris - p.oliva

P(I|N) =P(N|I)P(I)

P(N|I)P(I) + P(N|I I)P(I I) + P(N|I I I)P(I I I)=

=3

1013

310

13 + 1

213 + 7

1013=

315

P(I I|N) =P(N|I I)P(I)

P(N|I)P(I) + P(N|I I)P(I I) + P(N|I I I)P(I I I)=

510

13

310

13 + 1

213 + 7

1013=

515

P(I I I|N) =P(N|I I I I)P(I I I)

P(N|I)P(I) + P(N|I I)P(I I) + P(N|I I I)P(I I I)=

710

13

310

13 + 1

213 + 7

1013=

715

2 6

Si consideri una moneta truccata in modo che Testa esca con proba-bilità 1

5 e Croce esca con probabilità 45 . Determinare la probabilità che

si abbia un numero di teste compreso tra 1980 e 2040. avendo lanciatola moneta 10000 volte.

1 ...

Sia b la variabile aleatoria che restituisce il numero di successi (teste) ot-tenuti in n = 10000 ripetizioni della prova bernoulliana effetuata lanciandouna moneta con probabilità di ottenere Testa p = 0.2 e probabilità di ottenerecroce q = 0.8.

b è binomiale di mediaµ = np = 2000

e varianzaσ2 = npq = 1600 , σ = 40

È noto che, per n grande (np > 5) b−µσ si può approssimare con una

variabile aleatoria gaussiana standardizzata ξ per cui:

P(1980 ≤ b ≤ 2040) = P(1980− µ

σ≤ b− µ

σ≤ 2040− µ

σ) =

= P(1980− µ

σ≤ ξ ≤ 2040− µ

σ) = F(

2040− µ

σ)− F(

1980− µ

σ)

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 307

dove F è la CDF della variabile Gaussiana standardizzata.Possiamo calcolare che

F(2040− µ

σ)− F(

1980− µ

σ) ≈ 0.532807

usando Matlab, mediante l’istruzionenormcdf((2040-2000)/40,0,1)-normcdf((1980-2000)/40,0,1)

ovviamente lo stesso risultato si ottiene mediante lanormcdf(2040,2000,40)-normcdf(1980,2000,40)

possiamo anche apportare una correzione per tenere conto del fattoche b èdiscreta mentre ξ è continua e calcolare:

F(60.5− µ

σ)− F(

44.5− µ

σ) ≈ 0.5402

mediante lanormcdf((2040.5-2000)/40,0,1)-normcdf((1979.5-2000)/40,0,1)

Infine possiamo anche usare direttamente la distribuzione binomiale calco-lando

P(1980 ≤ b ≤ 2040) = G(b)− G(a) ≈ 0.539541

dove G rappresenta la CDF della variabile binomiale di media 50 e varianza5, mediante la

data=[1980:1:2040]

pdata=binopdf(data,10000,0.2)

dd.tex=sum(pdata)

2 6

16.5

Si consideri una variabile aleatoria x la cui distribuzione di probabilità(PDF) è del tipo

f (t) =

2t− t2 t ∈ [0, 1]

at4 t > 1

0 t < 0

Determinare a in modo che f sia una distribuzione di probabilità

1 ...

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex]

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308 o.caligaris - p.oliva

Affinchè f sia una distribuzione di probabilità occorre innanzi tutto chea ≥ 0. Inoltre dovrà essere

∫ +∞

−∞f (t)dt = 1

Quindi

1 =∫ +∞

−∞f (t)dt =

∫ 1

02t− t2dt +

∫ +∞

1

at4 dt =

= t2 − 13

t3∣∣∣1

0− a

t−3

3

∣∣∣+∞

1= 1− 1

3+ a

13= 1− (1− a)

13

e si dovrà scegliere a = 1. 2 6

Calcolare la media µ e la varianza σ2 di x

1 ...

µ =∫ +∞

−∞t f (t)dt =

∫ 1

02t2 − t3dt +

∫ +∞

1

1t3 dt =

=23

t3 − 14

t4∣∣∣1

0− t−2

2

∣∣∣+∞

1=

23− 1

4+

12=

1112

inoltre

σ2 =∫ +∞

−∞(t− µ)2 f (t)dt = (

∫ +∞

−∞t2 f (t)dt)2 − µ2

e

∫ +∞

−∞t2 f (t)dt =

∫ 1

−02t3 − t4dt +

∫ +∞

1

1t2 dt =

=24

t4 − 15

t5∣∣∣1

0− 1

t

∣∣∣+∞

1=

24− 1

5+ 1 =

1310

Da cui

σ2 =∫ +∞

−∞(t− µ)2 f (t)dt =

1310−(

1112

)2≈ 1.2236

σ ≈

2 6

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 309

Calcolare la probabilità che la variabile aleatoria x assuma valoricompresi tra 0 e 4

1 ...

P(0 ≤ x ≤ 4) =∫ 4

0t2 f (t)dt =

∫ 1

02t− t2dt +

∫ 4

1

1t4 dt =

= t2 − 13

t3∣∣∣1

0− t−3

3

∣∣∣4

1= 1− 1

3+

13− 1

192=

191192≈ 0.9948

2 6

Stimare usando la disuguaglianza di Tchebichev

P(|x− µ| > 1)

1 ...

P(|x− µ| > 1) ≤ σ2 ≈ 1.2236

Evidentemente in questo caso la disuguaglianza di Tchebichev non producerisultati significativi.

2 6

16.5.1

Per andare dal punto A al punto B posso seguire la strada I o la stradaI I.

Nel 80% dei casi scelgo la strada I I.La probabilità di avere ritardo seguendo la strada I è del 10%La probabilità di avere ritardo seguendo la strada I I è del 15%Poichè sono arrivato in ritardo qual è la la probabilità che io abbia

seguito la strada I

1 ...

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex]

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310 o.caligaris - p.oliva

Indichiamo con P(I), (P(I I)), la probabilità di scegliere la strada I,(I I),con P(R) la probabilità di avere ritardo e con P(R′) la probabilità di nonavere ritardo.

P(I) = 0.2 , P(I I) = 0.8

P(R|I) = 0.1 , P(R|I I) = 0.15

Quindi per la regola di Bayes,

P(I|R) = P(R|I)P(I)P(R|I)P(I) + P(R|I I)P(I I)

=0.1 ∗ 0.2

0.1 ∗ 0.2 + 0.15 ∗ 0.8=

17

2 6

Se non sono arrivato in ritardo qual è la la probabilità che io abbiaseguito la strada I

1 ...

P(R′|I) = 0.9 , P(R′|I I) = 0.85

Quindi per la regola di Bayes,

P(I|R′) = P(R′|I)P(I)P(R′|I)P(I) + P(R′|I I)P(I I)

=0.9 ∗ 0.2

0.9 ∗ 0.2 + 0.85 ∗ 0.8=

943

2 6

16.6

Si consideri una variabile aleatoria ξ la cui distribuzione di probabilità(PDF) è del tipo

f (t) =

eat t ≤ 0

ebt t > 0

Determinare a, b in modo che f sia una distribuzione di probabilitàe che ξ abbia media 0.5.

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 311

1 ...

Poichè f è una funzione positiva, affinchè sia una PDF, sarà sufficienteverificare che ∫ +∞

−∞f (t)dt = 1

Dovrà pertanto aversi che a > 0 e b < 0 perchè sia garantita la convergenzadell’integrale che definisce µ ed inoltre poichè

∫ +∞

−∞f (t)dt =

∫ 0

−∞f (t)dt +

∫ +∞

0f (t)dt =

=∫ 0

−∞eatdt +

∫ +∞

0ebtdt =

1a

eat∣∣∣0

−∞+

1b

ebt∣∣∣+∞

0=

=1a− 1

b=

b− aab

dovrà risultareb− a

ab= 1

eab = b− a

La media della variabile aleatoria definita da f è data da

µ =∫ +∞

−∞t f (t)dt

e

∫ +∞

−∞t f (t)dt =

∫ 0

−∞teatdt +

∫ +∞

0tebtdt =

=eat

at∣∣∣0

−∞−∫ 0

−∞

eat

adt +

ebt

bt∣∣∣+∞

0−∫ +∞

0

ebt

bdt =

= − 1a2 +

1b2

Per cui dovrà aversi1b2 −

1a2 =

12

Pertanto per soddisfare le richieste occorre che

1 = b−aab

12 = a2−b2

a2b2 = a−bab

a+bab = − a+b

ab

eb− a = ab = −2(a + b)

Se ne deduce che

a = −3b

4b = −3b2

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex]

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312 o.caligaris - p.oliva

da cuia = 4 b = −4

3

2 6

Stabilire se è più probabile che ξ assuma valori maggiori o minoridella media.

1 ...

Si ha

P(ξ ≥ µ) =∫ +∞

12

e−43 tdt = −3

4e−

43 t∣∣∣+∞

12

=34

e−43

12 =

34

e−23 ≈ 0.3851

OvviamenteP(ξ ≤ µ) = 1−P(ξ ≥ µ)

come possiamo anche calcolare direttamente

P(ξ ≤ µ) =∫ 0

−∞e4tdt +

∫ 12

0e−

43 tdt =

14

e4t∣∣∣0

−∞− 3

4e−

43 t∣∣∣

12

0=

14+

34− 3

4e−

23 = 1− 3

4e−

23 ≈

QuindiP(ξ ≤ µ) > P(ξ ≥ µ)

2 6

Calcolare la probabilità che la variabile aleatoria x assuma valoricompresi tra −1 e 1

1 ...

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 313

P(−1 ≤ ξ ≤ 1) =∫ 0

−1e4tdt +

∫ 1

0e−

43 tdt =

∫ 0

−1e4tdt +

∫ 1

0e−

43 tdt =

14

e4t∣∣∣0

−1− 3

4e−

43 t∣∣∣1

0=

14(1− e−4) +

34(1− e−

43 ) ≈

2 6

Calcolare la probabilità che la variabile aleatoria ξ assuma valoricompresi tra −5 e 1 condizionata al fatto che ξ assuma valori positivi.

P(−5 ≤ ξ ≤ 1|ξ ≥ 0) =P(0 ≤ ξ ≤ 1)P(ξ > 0)

=

=

∫ 10 e−

43 tdt

∫ +∞0 e−

43 tdt

=− 3

4 e−43 t∣∣∣1

0

− 34 e−

43 t∣∣∣+∞

0

=34 (1− e−

43 )

34

= 1− e−43 ≈

Sia ξ lo scarto in grammi dal valore nominale del peso di una confezionedi merce.

Esaminando una particolare confezione si rileva che pesa 1.5 grammi piùdel peso nominale; se si rigetta l’ipotesi che ξ abbia come PDF la funzione fdeterminata in precedenza, calcolare la probabilità di commettere un errore diI specie (rigettare l’ipotesi nel caso l’ipotesi sia vera)

1 ...

Nel caso in cui ξ rappresenti lo scarto in grammi dal valore nominale, laprobabilità di avere una confezione con peso superiore a quello nominale di1.5 grammi è

P(ξ > 1.5) =∫ +∞

32

e−43 tdt = −3

4e−

43 t∣∣∣+∞

32

=34

e−43

32 =

34

e−2 ≈ 0.1015

Quindi se, avendo osservato un peso superiore a quello nominale di 1.5grammi, rigettiamo l’ipotesi che ξ rappresenti lo scarto, commetteremo unerrore con probabilità del 10%.

Ciò significa che, con un livello di confidenza α = 90%, avendo osservatoun peso superiore a quello nominale di 1.5 grammi, rigetteremo l’ipotesi cheξ rappresenti lo scarto.

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex]

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314 o.caligaris - p.oliva

2 6

16.7

Un’azienda dispone di due linee di produzione per tubi di diametro (medio)d = 100mm. La prima linea (Linea1) produce tubi il cui diametro è distribuitonormalmente con scarto quadratico σ1 = 1mm mentre la seconda (Linea2)produce tubi il cui diametro è distribuito normalmente con scarto quadraticoσ2 = 0.5mm.

La produzione media giornaliera è di 300 pezzi di cui 180 prodotti dallaprima linea e 120 prodotti dalla seconda.

Calcolare la probabilità che un pezzo prodotto dalla Linea1 abbia diametrocompreso tra 99.5mm e 100.5mm.

1 ...

Sia δi la variabile aleatoria che rappresenta il diametro dei tubi prodottidalla Linea i; δi è una variabile gaussiana di media d e varianza σi.

Sia

ξi =δi − d

σi

ξ1 è una variabile aleatoria gaussiana standardizzata e si ha

P(99.5 ≤ δ1 ≤ 100.5) = P(99.5− dσ1

≤ δ1 − dσ1

≤ 100.5− dσ1

) =

= P(−0.5 ≤ ξ1 ≤ 0.5) = F(0.5)− F(−0.5) ≈ 0.691− 0.309 ≈ 0.382

dove F indica come al solito la densità di probabilità cumulativa dellavariabile normale standardizzata. Calcolando con Excel

=Normdist.tex(0.5,0,1,TRUE)-Normdist.tex(-0.5,0,1,TRUE)≈ 0.3829.

2 6

Calcolare la probabilità che un pezzo prodotto dalla Linea1 abbia diametrominore di 99.5mm e maggiore di 100.5mm.

1 ...

Similmente

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 315

P(δ1 ≤ 99.5) = P( δ1 − dσ1

≤ 99.5− dσ1

) =

= P(ξ1 ≤ −0.5) = F(−0.5) ≈ 0.309

e

P(δ1 ≥ 100.5) = P( δ1−dσ1≥ 100.5−d

σ1) =

= P(ξ1 ≥ 0.5) = 1− F(0.5) ≈ 0.309

Calcolando con ExcelNormdist.tex(-0.5,0,1,TRUE) e 1-Normdist.tex(0.5,0,1,TRUE).

Calcolare la probabilità che un pezzo prodotto dalla Linea2 abbia diametrocompreso tra 99.5mm e 100.5mm.

P(99.5 ≤ δ2 ≤ 100.5) = P(99.5− dσ2

≤ δ2 − dσ2

≤ 100.5− dσ2

) =

= P(−1 ≤ ξ1 ≤ 1) = F(1)− F(−1) ≈ 0.841− 0.159 ≈ 0.683

dove F indica come al solito la densità di probabilità cumulativa della variabilenormale standardizzata.

2 6

Calcolare la probabilità che un pezzo prodotto dalla Linea2 abbia diametrominore di 99.5mm e maggiore di 100.5mm.

1 ...

P(δ2 ≤ 99.5) = P( δ2 − dσ2

≤ 99.5− dσ2

) = P(ξ2 ≤ −1) = F(−0.5) ≈ 0.159

e

P(δ2 ≥ 100.5) = P( δ2 − dσ2

≥ 100.5− dσ2

) = P(ξ2 ≥ 1) = 1− F(1) ≈ 0.159

2 6

Calcolare la probabilità che un pezzo prodotto abbia diametro minore di99.5mm e maggiore di 100.5mm.

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex]

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316 o.caligaris - p.oliva

1 ...

La probabilità che un tubo sia prodotto dalla linea i si può calcolare me-diante le

P(L1) =180300

=35= 0.6 P(L2) =

120300

=25= 0.4

per cui, se δ è la variabile aleatoria che rappresenta il diametro dei tubiprodotti

P(δ ≤ 99.5.5) = P(δ ≤ 99.5|L1)P(L1) + P(δ ≤ 99.5|L2)P(L2) =

= P(δ1 ≤ 99.5)P(L1) + P(δ2 ≤ 99.5)P(L2) ≈≈ 0.309 ∗ 0.6 + 0.159 ∗ 0.4 ≈ 0.249

P(δ ≥ 100.5.5) = P(δ ≥ 100.5|L1)P(L1) + P(δ ≥ 100.5|L2)P(L2) =

= P(δ2 ≥ 100.5)P(L1) + P(δ2 ≥ 100.5)P(L2) ≈≈ 0.309 ∗ 0.6 + 0.159 ∗ 0.4 ≈ 0.249

2 6

Calcolare la probabilità che un pezzo prodotto abbia diametro compreso tra99.5mm e 100.5mm.

1 ...

Similmente

P(99.5 ≤ δ ≤ 100.5) = P(99.5 ≤ δ ≤ 100.5|L1)P(L1)+P(99.5 ≤ δ ≤ 100.5|L2)P(L2) =

= P(99.5 ≤ δ1 ≤ 100.5)P(L1)+P(99.5 ≤ δ2 ≤ 100.5)P(L3) ≈ 0.383∗ 0.6+ 0.683∗ 0.4 ≈ 0.502

2 6

Vengono considerati difettosi i tubi il cui diametro differisce dalla mediaper più del 0.5%.

Calcolare la probabilità che un pezzo difettoso della produzione giornalieraprovenga dalla Linea1

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 317

1 ...

Indichiamo con D l’evento il tubo è difettoso.

P(D) = P(δ ≥ 100.5.5) + P(δ ≤ 99.5.5) = 0.498

P(D|L1) = P(δ1 ≥ 100.5.5) + P(δ1 ≤ 99.5.5) = 0.318

P(D|L2) = P(δ2 ≥ 100.5.5) + P(δ2 ≤ 99.5.5) = 0.618

Usando la Regola di Bayes otteniamo

P(Li|D) =P(D|Li)P(Li)

P(D|L2)P(L2) + P(D|L2)P(L2)

per cui

P(L1|D) =0.618 ∗ 0.6

0.618 ∗ 0.6 + 0.318 ∗ 0.4≈ 0.744

P(L2|D) =0.318 ∗ 0.4

0.618 ∗ 0.6 + 0.318 ∗ 0.4≈ 0.256

2 6

16.8

In un impianto le sferette prodotte vengono raccolte in due contenitori ai qualigiungono dopo aver percorso un tubo che ad un certo punto si sdoppia in duerami che portano ciascuno ad uno dei due contenitori.

Le sferette hanno probabilità 0.5 di percorrere uno dei due rami e quindi diessere smistate nel corrispondente contenitore.

Si calcoli quante sferette deve poter contenere ogni contenitore affinchènessuno dei due contenitori debba essere svuotato durante il giorno con unlivello di significatività del 2.5%, tenendo conto che la produzione giornalieraè di 10000 sferette.

1 ...

Una sferetta finisce nel contenitore C1 casualmente con probabilità p = 0.5e nel contenitore C2 probabilità q = 0.5 e la prova è ripetuta per ognuna dellesferette prodotte.

Quindi il numero delle sferette che finiscono nel contenitore Ciè descrittoda una variabile aleatoria binomiale bi relativa ai parametri

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex]

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318 o.caligaris - p.oliva

• Numero delle prove n = 10000

• Probabilità di successo p = 0.5 (o equivalentemente q = 0.5)

per cui si ha che media e varianza sono date da

µ = np = 5000 σ2 = npq = 2500 σ = 50

Se N è il numero di sferette che possono essere contenute in Ci, esso dovràessere svuotato non appena si abbia che bi > N; se vogliamo che il contenitorenon debba essere svuotato con un livello di significatività del 2.5% dovremoassicurarci che

P(bi > N) < 0.025

bi, essendo np > 5, può essere normalizzata ed approssimata mediante unavariabile aleatoria gaussiana standard ξi e si ha che

P(bi > N) = P( bi − µ

σ>

N − µ

σ) = P(ξi >

N − µ

σ)

Dovremo quindi determinare N in modo che

0.025 > P(ξi >N − µ

σ) = 1−P(ξi <

N − µ

σ)1− F(

N − µ

σ)

dove F indica come al solito la densità di probabilità cumulativa della variabilenormale standardizzata.

Ne viene cheF(

N − µ

σ) > 1− 0.025 = 0.975

eN − µ

σ> F−1(0.975) ≈ 1.96

come si vede ad esempio usando la seguente istruzione di ExcelNormInv(0.975,0,1)

Se ne conclude che deve essere

N > µ + σ 1.96 = 5000 + 50 ∗ 1.96 = 5097.99 ≈ 5098

2 6

Un dado viene lanciato 100 volte con l’intento di stabilire se è stato truccatoin modo da alterare la probabilità di uscita dei numeri pari rispetto a quelladei numeri dispari.

Determinare i limiti entro i quali devono mantenersi i numeri di uscite diun pari affinchè si possa sostenere che il dado non è truccato con un livello disignificatività del 5%.

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 319

1 ...

L’uscita di un pari o di un dispari nel lancio di un dado è il risultato diuna prova bernoulliana in cui probabilità di successo e di insuccesso valgonop = q = 1/2. Il numero di pari o di dispari può quindi essere rappresentatoda una variabile aleatoria δ binomiale con n = 100 di media e varianza dateda

µ = np = 100 ∗ 0.5 = 50 σ2 = npq = 100 ∗ 0.25 = 25 σ = 5

Possiamo ritenere che il dado non sia truccato se il numero di pari o didispari non è troppo lontano dal valore medio µ Cioè se

µ− k ≤ δ ≤ µ + k

Naturalmente nulla impedisce che un dado non truccato restituisca su 100lanci 100 numeri pari, tuttavia la probabilità che ciò accada è piccola e quindidiremo che siamo certi che il dado non è truccato con un livello di significati-vità del 5% se

P((δ < µ− k)⋃(δ > µ + k)) < 0.05

ovvero seP((δ− µ < −k)

⋃(δ−mu > k)) < 0.05

Dal momento che np = 50 possiamo usare una variabile aleatoria gaus-siana standardizzata ξ per approssimare ognuna delle δ− µ, π − µ dopo chesiano state standardizzate ed avremo che

0.05 = P((δ− µ < −k)⋃(δ−mu > k)) =

= P(( δ− µ

σ< − k

σ)⋃(

δ−muσ

>kσ)) =

= P((ξ < − kσ)⋃(ξ >

kσ) = 2 ∗ (1− F(

kσ)))

dove F indica la densità di probabilità cumulativa della variabile normalestandardizzata.

Ne segue che

2 ∗ (1− F(kσ)) = 0.05

ekσ> F−1(0.975) ≈ 1.96

Se ne conclude che deve essere

k > σ 1.96 = 5 ∗ 1.96 = 9.8 = 9

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex]

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320 o.caligaris - p.oliva

per cui riterremo no truccato il dado se il numero di pari, o equivalentementedi dispari, uscito è compreso tra 41 e 59.

2 6

Determinare i limiti entro i quali devono mantenersi i numeri di uscitedi un pari affinchè si possa sostenere che il dado non è truccato in modo dafavorire l’uscita di un pari con un livello di significatività del 5%.

1 ...

Nel caso in cui ci interessi stabilire che il dado non favorisce l’uscita di paridovremo determinare k in modo che

P(δ > µ + k) = 0.05

Avremo, con le stesse notazioni precedenti,

P(δ−mu > k) = P( δ− µ

σ>

kσ) = 1− F(

kσ) = p(ξ) >

kσ) = 0.05

ekσ= F−1(0.95) = 1.645

(con Excel NormInv(0.95,0,1)) da cui

k = σ 1.645 = 5 ∗ 1.645 = 8.2 ≈ 8

per cui riterremo no truccato il dado se il numero di dispari, uscito inferiore a58.

2 6

16.9

Un’azienda produce stagionalmente 300 cassette ciascuna contenente 24 mele.La produzione è suddivisa in due classi di qualità A e B in proporzione del30% e del 70%, rispettivamente, per la stagione in esame.

Supponendo di non effettuare nessun controllo prima di suddividere laproduzione in cassette, calcolare la probabilità che una cassetta contenga 0, 1o al più una mela di categoria B.

1 ...

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 321

La produzione stagionale ammonta a

300× 24 = 7200 mele

Indichiamo con m ∈ A e m ∈ B il fatto che una mela m sia di classe A o B,rispettivamente, avremo che

P(m ∈ A) =3

10= 0.3 = p , P(m ∈ B) =

710

= 0.7 = q

Poichè la produzione è stagionale e le cassette sono confezionate durantel’arco di tutta la stagione supponiamo che la probabilità P(m ∈ A)e P(m ∈B) rimanga costante.

Lo riempimento di una cassetta è un processo bernoulliano e se intendiamocontare le mele di classe B che essa contiene definiamo ’successo’ il fatto discegliere una mela di classe B. Sia ξ la variabile aleatoria che restituisce ilnumero di mele di classe B contenute nella cassetta.

P(ξ = 0) =(

024

)q0 p24 =

(3

10

)24≈ 0.28× 10−12

P(ξ = 1) =(

124

)q1 p23 = 24

(7

10

)(3

10

)23≈ 0.16× 10−10

mentre

P(ξ ≤ 1) = P(ξ = 0) + P(ξ = 1) ≈ 0.16× 10−10

2 6

Si supponga poi di introdurre un controllo di qualità in grado di ricono-scere che una mela è di classe A con certezza e di attribuire ad una mela diclasse B la qualifica di classe A nel 5% dei casi.

Calcolare la probabilità che una cassetta di classe A contenga 0, 1 o al piùuna mela di categoria B nell’ipotesi che venga effettuato tale controllo.

1 ...

Dopo aver introdotto il controllo di qualità le mele sono divise in due cate-gorie CA e CB e vengono confezionate le cassette considerando di classe A lemele in CA.

CA conterrà le mele effettivamente di classe A più quelle di classe B clas-sificate di classe A dal controllo di qualità. quindi in tutto

(300 × 24)(

310

+7

10× 5

100

)= (300 × 24)

(1340

)= 2340

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex]

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322 o.caligaris - p.oliva

mele che serviranno per riempire

(300)(

1340

)≈ 97

cassette che saranno definite di classe A nel confezionare le quali si procederàestraendo dalla classe A in cui però sarà possibile trovare mele di classe B conprobabilità

pC = P(B|CA) =P(CA|B)P(B)

P(CA|B)P(B) + P(CA|A)P(A)=

=5

100710

5100

710 + 1 3

10=

767≈ 0.1

La probabilità che una cassetta selezionata di classe A contenga 0, 1 o al piùuna mela di classe B è data da una variabile bernoulliana ξC relativa ad unaprobabilià di successo pC e si ha

P(ξC = 0) =(

024

)q0

C p24C =

(7

67

)24≈ 10−24

P(ξC = 1) =(

124

)q1

C p23C = 24

(6067

)(7

67

)23≈ 10−23

mentreP(ξC ≤ 1) = P(ξC = 0) + P(ξC = 1) ≈ 10−23

2 6

In questa seconda ipotesi quante cassette di classe A vengono confezionate?1 ...

Vengono confezionate 97 cassette 2 6

Supponendo che una cassetta non selezionata possa essere venduta ad unprezzo p, che una cassetta di presunta classe A possa subire un incremento diprezzo del 30% e una cassetta di classe B una diminuzione del 20%, calcolarequanto è conveniente investire nel controllo di qualità.

1 ...

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probabilità 323

nel caso non si introduca il controllo di qualità si potranno vendere 300cassette a prezzo p ricavando

R = 300p

, mentre se si introduce il controllo si potranno vendere 97 cassette a prezzop + p 3

10 e 203 cassette a prezzo p− p 210 con un ricavo

RC = 97(

p + p3

10

)+ 203

(p− p

210

)= p ∗ 577

2

Il confronto tra R ed RC mostra che non è conveniente introdurre il control-lo. 2 6

Osserviamo che l’uso della distribuzione binomiale non è corretto in quantoil processo di scelta delle mele per lo riempimento delle cassette è un processodi estrazione senza reintroduzione.

Per tenere conto di questo fatto occorrerebbe usare la distribuzione ipergeo-metrica in luogo della distribuzione binomiale. tuttavia poichè il numero dimele è grande possiamo approssimare la distribuzione ipergeometrica con ladistribuzione binomiale senza perdere seignificatività.

Se infatti supponiamo che ξ sia ipergeometrica di parametri 5040 (casifavorevoli), 2160 ( casi contrari) e 24 ( numero delle estrazioni), possiamocalcolare che

P(ξ = 0) =≈ 0.26× 10−12

P(ξ = 1) =≈ 0.15× 10−10

mentre

P(ξ ≤ 1) = P(ξ = 0) + P(ξ = 1) ≈ 0.15× 10−10

Come è evidente i risultati sono praticamente identici.Riportiamo le istruzioni per calcolare con MAPLE le probabilità cercate:Ad esempio> statevalf[pf,binomiald[24,.7]](1);

per calcolare il valore della distribuzione di probabilità binomiale relativaa 24 estrazioni con probabilià di successo .7 in 1. (probabilità di ottenere 1successo in 24 tentativi con probabilità di successo 0.7).

> statevalf[pf,hypergeometric[5040, 2160, 24]](1);

per calcolare il valore della distribuzione di probabilità ipergeometrica diparametri 5040 (casi favorevoli), 2160 ( casi contrari) e 24 ( numero delle

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324 o.caligaris - p.oliva

estrazioni) in 1. (probabilità di ottenere 1 successo estraendo per 24 volte dauna popolazione in cui ci sono 5040 casi favorevoli e 2160 casi contrari).

Concludiamo poi riportando i grafici e le istruzioni per ottenerli con MA-PLE delle due distribuzioni di probabilità usate.

> with(plots);

> with(stats):

> with(plottools);

> bino:=statevalf[pf,binomiald[24,.7]](t):

> bi :=unapply(bino,t):> biGph:=plot([seq([[k-1,bi(k)],[k,bi(k)],[k,bi(k+1)]]> ,k=1..23)],color=yellow, thickness=6):

> hype:=statevalf[pf,hypergeometric[5040, 2160, 24]](t):

> hy :=unapply(hype,t):> hyGph:=plot([seq([[k-1,hy(k)],[k,hy(k)],[k,hy(k+1)]],> k=1..23)],color=blue, thickness=1):

> display(hyGph,biGph);

Figura 16.6:

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 325

16.10

Si consideri una prova bernoulliana in cui la probabilità di successo p è in-cognita. Si consideri poi la variabile aleatoria ξ che restituisce il numerodi successi ottenuti su n prove effettuate. Esprimere la media µ = µ(n, p)e lo scarto quadratico medio σ = σ(n, p) di ξ in funzione del numero diripetizioni n e della probabilità di successo p.

Si osservano i valori assunti da ξ in m casi e si rileva che ξ assume valorimaggiori di k in a casi si chiede, alternativamente, di stimare p in funzione din, m, k, a oppure per n = 100, m = 10000, k = 75, a = 8732.

1 ...

La variabile aleatoria ξ ha una distribuzione binomiale la cui media evarianza sono

µ(n, p) = np , σ2(n, p) = np(1− p)

Per np > 5 possiamo standardizzare ξ ed approssimarla mediante unagaussiana di media 0 e varianza 1.

Se consideriamo un campione costituito da m valori di cui a hanno valoresuperiore a k avremo che, detta F la CDF Gaussiana standard,

1− F(

k− µ

σ

)=

(ξ − µ

σ>

k− µ

σ

)=

am

da cui

F(

k− µ

σ

)= 1− a

m

Ne segue che deve risultare

k− µ

σ= F−1

(1− a

m

)= α

e(k− np) = α

√(np(1− p))

da cui(k− np)2 = α2(np(1− p))

Svolgendo i calcoli si ottiene un’equazione di secondo grado

p2(n2 + α2n)− p(2kn + α2n) + k2 = 0

che ha per soluzioni

2nk + α2n±√

4n2k2α2 + α4n2 − 4k2α2n2n(n + α2)

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex]

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326 o.caligaris - p.oliva

Delle due soluzioni va scelta quella in corrispondenza della quale k− nped α hanno lo stesso segno in quanto elevando al quadrato abbiamo perso taleinformazione.

Di seguito è riportato il codice Maple per eseguire i calcoli nell’esempionumerico proposto.

> with(stats);

> n:=100:

> m:=10000:

> m := 100000:

> k:=75:

> a:=8732:

> alpha:=statevalf[icdf,normald](1-a/m);

α := 1.357444553> eq:=p^2*(n^2+alpha^2*n)-p*(2*k*n+alpha^2*n) +k^2;

eq := 10184.26557 p2 − 15184.26557 p + 5625> sol:=solve(eq,p);

sol := 0.8038969807, 0.6870564382> k-n*sol[1];

−5.38969807> k-n*sol[2];

6.29435618

Dal momento che α > 0 avremo quindi che p = 0.68705 in quanto incorrispondenza di tale soluzione si ha k = np > 0.

2 6

16.11

L’azienda A produce componenti elettronici che l’azienda B utilizza per laproduzione delle sue apparecchiature. B quindi acquista da A componenti inpartite di N pezzi ciascuna.

Ciascuna partita di componenti contiene pezzi difettosi con probabilità p0,tuttavia, introducendo un controllo di qualità più efficiente, la probabilità ditrovare pezzi difettosi si riduce a p1.

A afferma di aver introdotto tale controllo (cq) e B, per verificare la veri-dicità dell’affermazione, effettua un campionamento estraendo, con reintrodu-zione, n pezzi e verificando se sono difettosi. B trova che degli n pezzi estrattiq sono difettosi; indichiamo questo evento con Dq.

È vero che, nel caso in cui il controllo sia stato effettuato qn = p1? Giusti-

ficare brevemente.Calcolare la probabilità di Dq supponendo che P(Cq) = 0 cioè che il

controllo di qualità non sia stato effettuato.

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probabilità 327

Calcolare la probabilità di Dq supponendo che P(Cq) = 1 cioè che ilcontrollo di qualità sia stato effettuato.

Calcolare la probabilità di Dq supponendo assegnata la probabilità P(Cq) =t che il controllo di qualità sia stato effettuato.

Se assumiamo che P(Cq) = t come possiamo aggiornare la stima diP(Cq) sapendo che Dq è accaduto?

1 ...

Intanto non è chiaramente sempre vero che qn = p1; infatti se ad esempio

consideriamo una partita di N = 10000 pezzi per i quali p1 = 0.01 e se cicapita di estrarre gli n = 100 pezzi difettosi che tale partita contiene avremoq = 100 e 1 = q

n 6= p1 = 0.01Se P(Cq) = 0 avremo che la probabilità di estrarre un pezzo difettoso è p0

per cui

P(Dq) =

(nq

)pq

0(1− p0)n−q

trattandosi di un esperimento bernoulliano in cui la probabilità di successo(estrarre un pezzo difettoso) è p0.

Analogamente Se P(Cq) = 1 avremo che la probabilità di estrarre unpezzo difettoso è p1 per cui

P(Dq) =

(nq

)pq

1(1− p1)n−q

trattandosi di un esperimento bernoulliano in cui la probabilità di successo(estrarre un pezzo difettoso) è p1.

Nel caso in cui sia noto che P(Cq) = t , possiamo calcolare

P(Dq) = P(Dq|Cq)P(Cq) + P(Dq|Cqc)P(Cqc) =

= P(Dq|Cq)P(Cq) + P(Dq|Cqc)(1−P(Cq))

e

P(Dq) = t((

nq

)pq

1(1− p1)n−q)+ (1− t)

((nq

)pq

0(1− p0)n−q)

Possiamo aggiornare la stima di P(Cq) sapendo che Dq è accaduto, calco-lando

P(Cq|Dq) =P(Dq|Cq)P(Cq)

P(Dq|Cq)P(Cq) + P(Dq|Cqc)P(Cqc)=

=t(n

q)pq1(1− p1)

n−q

t((n

q)pq1(1− p1)n−q

)+ (1− t)

((n

q)pq0(1− p0)n−q

)

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328 o.caligaris - p.oliva

Fin qui abbiamo supposto che il Controllo di qualità sia stato applicatoall’intero lotto; nel caso in cui invece tale controllo sia stato applicato conprobabilità t ad ogni singolo pezzo, la probabilià P(D1) di estrarre un pezzodifettoso si può calcolare mediante la

P(D1) = P(D1|Cq)P(Cq) + P(D1|Cqc)P(Cqc) = p1t + p0(1− t)

e

P(D′q) =(

nq

)(p1t + p0(1− t))q(1− p1t− p0(1− t))n−q 6= P(D′q)

Ne deduciamo che gli eventi "estrazione di un pezzo " non sono, in tal caso,indipendenti.

Si ha che P(Dq) = P(D′q) nel caso in cui si sappia che il controllo diqualità è effettuato con probabilità t su ogni singolo pezzo. In tal caso invece,gli eventi "estrazione di un pezzo " sono indipendenti.

2 6

16.12

Il numero di automobili in transito al casello di un località turistica duranteil weekend dipende dalle condizioni meteorologiche e può essere descritto dallavariabile aleatoria x nel caso il tempo sia soleggiato y nel caso il tempo sianuvoloso e z in caso di cattivo tempo.

Le densità di probabilità di x, y, e z sono rispettivamente date da:

x < 300 300 < x < 800 x > 800

10% 30% 60%

y < 300 300 < y < 800 y > 800

20% 50% 30%

z < 300 300 < z < 800 z > 800

50% 40% 10%

Rappresentare graficamente laPDF di x, y, z.

Supponendo che,durante l’esta-te, la probabilità di una giorna-ta soleggiata sia del 65%, che siabbia un cielo nuvoloso nel 25%dei casi e che si abbia cattivo tem-po nel restante 10%, determinarela PDF della variabile aleatoriache descrive il numero di auto intransito.

Considerato un week end in cui si sia registrato un numero di auto com-preso tra 300 e 800 , calcolare la probabilità che il tempo sia stato soleggiato.

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probabilità 329

Si consideri poi la seguente tabella che riporta i dati di 1000 osservazionidel numero di auto in transito durante l’inverno relativamente alle condizionimetereologiche

x < 300 300 < x < 800 x > 800

Buone 100 300 150

Cattive 150 250 50

Determinare la distribuzione di probabilità delle variabili aleatorie ξ , η cherappresentano il numero di auto in transito rispettivamente quando ci sonobuone o cattive condizioni meteorologiche.

Determinare la distribuzione di probabilità delle variabili aleatorie σ1, σ2, σ3

che rappresentano lo stato delle condizioni meteorologiche nel caso in cui il nu-mero si transiti sia, rispettivamente, inferiore a 300 compreso tra 300 e 800 osuperiore a 800.

Stabilire se il numero di transiti è indipendente dalle condizioni meteoro-logiche.

1 ...

Indichiamo con T1 l’evento il numero di transiti è inferiore a 300 T2

l’evento il numero di transiti è compreso tra 300 ed 800 T3 l’evento ilnumero di transiti è superiore a 800

La PDF delle variabili aleatorie x, y, z puo’ essere rappresentata comesegue:

x < 300 300 < x < 800 x > 800 y < 300 300 < y < 800 y > 800

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330 o.caligaris - p.oliva

z < 300 300 < z < 800 z > 800

inoltre , se indichiamo con S l’evento il tempo è soleggiato con N l’eventoil tempo è nuvoloso e con C l’evento il tempo è cattivo avremo

P(S) = 0.65 , P(N) = 0.25 , P(C) = 0.10

e

P(Tk) = P(Tk|S)P(S) + P(Tk|N)P(N)P(Tk|C)P(C)

Si ottiene che

P(T1) =10

10065

100+

20100

25100

+50

10010

100=

650 + 500 + 50010000

=1650

10000

P(T2) =30100

65100

+50100

25100

+40100

10100

=1950 + 1250 + 400

10000=

360010000

P(T3) =10

10065

100+

20100

25100

+50

10010

100=

3900 + 750 + 10010000

=4750

10000

ed il grafico della PDF della variabile aleatoria t che rappresenta il numerodei transiti può essere rappresentata come segue.

t < 300 300 < t < 800 t > 800

Possiamo calcolare la probabilità di S ammesso che sia accaduto T2 come

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-3.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 331

P(S|T2) =P(T2|S)P(S)

P(T2|S)P(S) + P(T2|N)P(N) + P(T2|C)P(C)=

=30 · 65

30 · 65 + 50 · 25 + 40 · 10=

19501950 + 1250 + 500

=195360≈ 0.3319

Manteniamo ora le notazioni per T1, T2 e T3 ed indichiamo con B l’;eventoil tempo è buono e con C l’;evento il tempo è cattivo

Per quanto riguarda ξ e η si ha

P(ξ < 300) =1055

, P(300 < ξ < 800) =3055

, P(ξ > 800) =1555

P(η < 300) =1545

, P(300 < η < 800) =2545

, P(η > 800) =5

45

mentre per identificare σ1, σ2, σ3 è sufficiente osservare che

P(σ1 = B) =1025

, P(σ1 = C) =1525

P(σ2 = B) =3055

, P(σ2 = C) =2555

P(σ3 = B) =1530

, P(σ3 = C) =5

30Per stabilire se il numeri di transiti e le condizioni del tempo sono indipen-

denti possiamo osservare che la PDF delle due variabili aleatorie congiunte èla seguente.

x < 300 300 < x < 800 x > 800

Buone 0.1 0.3 0.15 0.55

Cattive 0.15 0.25 0.05 0.45

0.25 0.55 0.20 1

Poichè, ad esempio, la probabilità che il tempo sia buono e che i transitisiano minori di 300 è 0.10 mentre la probabilità che il tempo sia buono è 0.1

0.25mentre la probabilità che i transiti siano minori di 300 è 0.1

0.55 e quindi

P(B ∩ t < 300) = 0.1 6= 0.10.25

0.10.55

= P(B)P(t < 300)

2 6

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-App.tex]

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17. Appendice

Tabelledi alcune

distribuzioni cumulative binomiali

n=N + + + + + p + + + +

k - - - - - φ - - - -

φ

φ

k

N = numero delle provek = numero dei successip = probabilita di successo

1

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334 o.caligaris - p.oliva

Tabella della distribuzione cumulativa binomiale per n = 3, 4, 5, 6

n=3 p 0.01 0.05 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 0.95 0.99k0 0.970 0.857 0.729 0.512 0.343 0.216 0.125 0.064 0.027 0.008 0.001 0.000 0.0001 1.000 0.993 0.972 0.896 0.784 0.648 0.500 0.352 0.216 0.104 0.028 0.007 0.0002 1.000 1.000 0.999 0.992 0.973 0.936 0.875 0.784 0.657 0.488 0.271 0.143 0.0303 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000

n=4 p 0.01 0.05 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 0.95 0.99k0 0.961 0.815 0.656 0.410 0.240 0.130 0.063 0.026 0.008 0.002 0.000 0.000 0.0001 0.999 0.986 0.948 0.819 0.652 0.475 0.313 0.179 0.084 0.027 0.004 0.000 0.0002 1.000 1.000 0.996 0.973 0.916 0.821 0.688 0.525 0.348 0.181 0.052 0.014 0.0013 1.000 1.000 1.000 0.998 0.992 0.974 0.938 0.870 0.760 0.590 0.344 0.185 0.0394 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000

n=5 p 0.01 0.05 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 0.95 0.99k0 0.951 0.774 0.590 0.328 0.168 0.078 0.031 0.010 0.002 0.000 0.000 0.000 0.0001 0.999 0.977 0.919 0.737 0.528 0.337 0.188 0.087 0.031 0.007 0.000 0.000 0.0002 1.000 0.999 0.991 0.942 0.837 0.683 0.500 0.317 0.163 0.058 0.009 0.001 0.0003 1.000 1.000 1.000 0.993 0.969 0.913 0.813 0.663 0.472 0.263 0.081 0.023 0.0014 1.000 1.000 1.000 1.000 0.998 0.990 0.969 0.922 0.832 0.672 0.410 0.226 0.0495 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000

n=6 p 0.01 0.05 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 0.95 0.99k0 0.941 0.735 0.531 0.262 0.118 0.047 0.016 0.004 0.001 0.000 0.000 0.000 0.0001 0.999 0.967 0.886 0.655 0.420 0.233 0.109 0.041 0.011 0.002 0.000 0.000 0.0002 1.000 0.998 0.984 0.901 0.744 0.544 0.344 0.179 0.070 0.017 0.001 0.000 0.0003 1.000 1.000 0.999 0.983 0.930 0.821 0.656 0.456 0.256 0.099 0.016 0.002 0.0004 1.000 1.000 1.000 0.998 0.989 0.959 0.891 0.767 0.580 0.345 0.114 0.033 0.0015 1.000 1.000 1.000 1.000 0.999 0.996 0.984 0.953 0.882 0.738 0.469 0.265 0.0596 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-App.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 335

Tabella della distribuzione cumulativa binomiale per n = 7, 8, 9

n=7 p 0.01 0.05 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 0.95 0.99k0 0.932 0.698 0.478 0.210 0.082 0.028 0.008 0.002 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0001 0.998 0.956 0.850 0.577 0.329 0.159 0.063 0.019 0.004 0.000 0.000 0.000 0.0002 1.000 0.996 0.974 0.852 0.647 0.420 0.227 0.096 0.029 0.005 0.000 0.000 0.0003 1.000 1.000 0.997 0.967 0.874 0.710 0.500 0.290 0.126 0.033 0.003 0.000 0.0004 1.000 1.000 1.000 0.995 0.971 0.904 0.773 0.580 0.353 0.148 0.026 0.004 0.0005 1.000 1.000 1.000 1.000 0.996 0.981 0.938 0.841 0.671 0.423 0.150 0.044 0.0026 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.998 0.992 0.972 0.918 0.790 0.522 0.302 0.0687 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000

n=8 p 0.01 0.05 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 0.95 0.99k0 0.923 0.663 0.430 0.168 0.058 0.017 0.004 0.001 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0001 0.997 0.943 0.813 0.503 0.255 0.106 0.035 0.009 0.001 0.000 0.000 0.000 0.0002 1.000 0.994 0.962 0.797 0.552 0.315 0.145 0.050 0.011 0.001 0.000 0.000 0.0003 1.000 1.000 0.995 0.944 0.806 0.594 0.363 0.174 0.058 0.010 0.000 0.000 0.0004 1.000 1.000 1.000 0.990 0.942 0.826 0.637 0.406 0.194 0.056 0.005 0.000 0.0005 1.000 1.000 1.000 0.999 0.989 0.950 0.855 0.685 0.448 0.203 0.038 0.006 0.0006 1.000 1.000 1.000 1.000 0.999 0.991 0.965 0.894 0.745 0.497 0.187 0.057 0.0037 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.999 0.996 0.983 0.942 0.832 0.570 0.337 0.0778 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000

n=9 p 0.01 0.05 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 0.95 0.99k0 0.914 0.630 0.387 0.134 0.040 0.010 0.002 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0001 0.997 0.929 0.775 0.436 0.196 0.071 0.020 0.004 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0002 1.000 0.992 0.947 0.738 0.463 0.232 0.090 0.025 0.004 0.000 0.000 0.000 0.0003 1.000 0.999 0.992 0.914 0.730 0.483 0.254 0.099 0.025 0.003 0.000 0.000 0.0004 1.000 1.000 0.999 0.980 0.901 0.733 0.500 0.267 0.099 0.020 0.001 0.000 0.0005 1.000 1.000 1.000 0.997 0.975 0.901 0.746 0.517 0.270 0.086 0.008 0.001 0.0006 1.000 1.000 1.000 1.000 0.996 0.975 0.910 0.768 0.537 0.262 0.053 0.008 0.0007 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.996 0.980 0.929 0.804 0.564 0.225 0.071 0.0038 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.998 0.990 0.960 0.866 0.613 0.370 0.0869 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-App.tex]

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336 o.caligaris - p.oliva

Tabella della distribuzione cumulativa binomiale per n = 10

n=10 p 0.01 0.05 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 0.95 0.99k0 0.904 0.599 0.349 0.107 0.028 0.006 0.001 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0001 0.996 0.914 0.736 0.376 0.149 0.046 0.011 0.002 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0002 1.000 0.988 0.930 0.678 0.383 0.167 0.055 0.012 0.002 0.000 0.000 0.000 0.0003 1.000 0.999 0.987 0.879 0.650 0.382 0.172 0.055 0.011 0.001 0.000 0.000 0.0004 1.000 1.000 0.998 0.967 0.850 0.633 0.377 0.166 0.047 0.006 0.000 0.000 0.0005 1.000 1.000 1.000 0.994 0.953 0.834 0.623 0.367 0.150 0.033 0.002 0.000 0.0006 1.000 1.000 1.000 0.999 0.989 0.945 0.828 0.618 0.350 0.121 0.013 0.001 0.0007 1.000 1.000 1.000 1.000 0.998 0.988 0.945 0.833 0.617 0.322 0.070 0.012 0.0008 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.998 0.989 0.954 0.851 0.624 0.264 0.086 0.0049 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.999 0.994 0.972 0.893 0.651 0.401 0.096

10 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000

Tabella della distribuzione cumulativa binomiale per n = 20

n=20 p 0.01 0.05 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 0.95 0.99k0 0.818 0.358 0.122 0.012 0.001 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0001 0.983 0.736 0.392 0.069 0.008 0.001 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0002 0.999 0.925 0.677 0.206 0.035 0.004 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0003 1.000 0.984 0.867 0.411 0.107 0.016 0.001 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0004 1.000 0.997 0.957 0.630 0.238 0.051 0.006 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0005 1.000 1.000 0.989 0.804 0.416 0.126 0.021 0.002 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0006 1.000 1.000 0.998 0.913 0.608 0.250 0.058 0.006 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0007 1.000 1.000 1.000 0.968 0.772 0.416 0.132 0.021 0.001 0.000 0.000 0.000 0.0008 1.000 1.000 1.000 0.990 0.887 0.596 0.252 0.057 0.005 0.000 0.000 0.000 0.0009 1.000 1.000 1.000 0.997 0.952 0.755 0.412 0.128 0.017 0.001 0.000 0.000 0.000

10 1.000 1.000 1.000 0.999 0.983 0.872 0.588 0.245 0.048 0.003 0.000 0.000 0.00011 1.000 1.000 1.000 1.000 0.995 0.943 0.748 0.404 0.113 0.010 0.000 0.000 0.00012 1.000 1.000 1.000 1.000 0.999 0.979 0.868 0.584 0.228 0.032 0.000 0.000 0.00013 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.994 0.942 0.750 0.392 0.087 0.002 0.000 0.00014 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.998 0.979 0.874 0.584 0.196 0.011 0.000 0.00015 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.994 0.949 0.762 0.370 0.043 0.003 0.00016 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.999 0.984 0.893 0.589 0.133 0.016 0.00017 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.996 0.965 0.794 0.323 0.075 0.00118 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.999 0.992 0.931 0.608 0.264 0.01719 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.999 0.988 0.878 0.642 0.18220 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-App.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 337

Tabella della distribuzione cumulativa binomiale per n = 30

n=30 p 0.01 0.05 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 0.95 0.99k0 0.740 0.215 0.042 0.001 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0001 0.964 0.554 0.184 0.011 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0002 0.997 0.812 0.411 0.044 0.002 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0003 1.000 0.939 0.647 0.123 0.009 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0004 1.000 0.984 0.825 0.255 0.030 0.002 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0005 1.000 0.997 0.927 0.428 0.077 0.006 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0006 1.000 0.999 0.974 0.607 0.160 0.017 0.001 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0007 1.000 1.000 0.992 0.761 0.281 0.044 0.003 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0008 1.000 1.000 0.998 0.871 0.432 0.094 0.008 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.0009 1.000 1.000 1.000 0.939 0.589 0.176 0.021 0.001 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000

10 1.000 1.000 1.000 0.974 0.730 0.291 0.049 0.003 0.000 0.000 0.000 0.000 0.00011 1.000 1.000 1.000 0.991 0.841 0.431 0.100 0.008 0.000 0.000 0.000 0.000 0.00012 1.000 1.000 1.000 0.997 0.916 0.578 0.181 0.021 0.001 0.000 0.000 0.000 0.00013 1.000 1.000 1.000 0.999 0.960 0.715 0.292 0.048 0.002 0.000 0.000 0.000 0.00014 1.000 1.000 1.000 1.000 0.983 0.825 0.428 0.097 0.006 0.000 0.000 0.000 0.00015 1.000 1.000 1.000 1.000 0.994 0.903 0.572 0.175 0.017 0.000 0.000 0.000 0.00016 1.000 1.000 1.000 1.000 0.998 0.952 0.708 0.285 0.040 0.001 0.000 0.000 0.00017 1.000 1.000 1.000 1.000 0.999 0.979 0.819 0.422 0.084 0.003 0.000 0.000 0.00018 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.992 0.900 0.569 0.159 0.009 0.000 0.000 0.00019 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.997 0.951 0.709 0.270 0.026 0.000 0.000 0.00020 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.999 0.979 0.824 0.411 0.061 0.000 0.000 0.00021 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.992 0.906 0.568 0.129 0.002 0.000 0.00022 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.997 0.956 0.719 0.239 0.008 0.000 0.00023 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.999 0.983 0.840 0.393 0.026 0.001 0.00024 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.994 0.923 0.572 0.073 0.003 0.00025 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.998 0.970 0.745 0.175 0.016 0.00026 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.991 0.877 0.353 0.061 0.00027 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.998 0.956 0.589 0.188 0.00328 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.989 0.816 0.446 0.03629 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 0.999 0.958 0.785 0.26030 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-App.tex]

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338 o.caligaris - p.oliva

Tabelladella

distribuzione di probabilità cumulativa normale

* * * * * y * * * *+ - - - - - - - - - -+ - - - - - - - - - -+ - - - - - - - - - -x - - - - - φ - - - -+ - - - - - - - - - -+ - - - - - - - - - -+ - - - - - - - - - -

φ

φ

x+y

1000

1

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-App.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 339

Tabella della distribuzione cumulativa normale

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-App.tex]

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340 o.caligaris - p.oliva

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

0 0.0000 0.0040 0.0080 0.0120 0.0160 0.0199 0.0239 0.0279 0.0319 0.03590.1 0.0398 0.0438 0.0478 0.0517 0.0557 0.0596 0.0636 0.0675 0.0714 0.07530.2 0.0793 0.0832 0.0871 0.0910 0.0948 0.0987 0.1026 0.1064 0.1103 0.11410.3 0.1179 0.1217 0.1255 0.1293 0.1331 0.1368 0.1406 0.1443 0.1480 0.15170.4 0.1554 0.1591 0.1628 0.1664 0.1700 0.1736 0.1772 0.1808 0.1844 0.18790.5 0.1915 0.1950 0.1985 0.2019 0.2054 0.2088 0.2123 0.2157 0.2190 0.22240.6 0.2257 0.2291 0.2324 0.2357 0.2389 0.2422 0.2454 0.2486 0.2517 0.25490.7 0.2580 0.2611 0.2642 0.2673 0.2704 0.2734 0.2764 0.2794 0.2823 0.28520.8 0.2881 0.2910 0.2939 0.2967 0.2995 0.3023 0.3051 0.3078 0.3106 0.31330.9 0.3159 0.3186 0.3212 0.3238 0.3264 0.3289 0.3315 0.3340 0.3365 0.3389

1 0.3413 0.3438 0.3461 0.3485 0.3508 0.3531 0.3554 0.3577 0.3599 0.36211.1 0.3643 0.3665 0.3686 0.3708 0.3729 0.3749 0.3770 0.3790 0.3810 0.38301.2 0.3849 0.3869 0.3888 0.3907 0.3925 0.3944 0.3962 0.3980 0.3997 0.40151.3 0.4032 0.4049 0.4066 0.4082 0.4099 0.4115 0.4131 0.4147 0.4162 0.41771.4 0.4192 0.4207 0.4222 0.4236 0.4251 0.4265 0.4279 0.4292 0.4306 0.43191.5 0.4332 0.4345 0.4357 0.4370 0.4382 0.4394 0.4406 0.4418 0.4429 0.44411.6 0.4452 0.4463 0.4474 0.4484 0.4495 0.4505 0.4515 0.4525 0.4535 0.45451.7 0.4554 0.4564 0.4573 0.4582 0.4591 0.4599 0.4608 0.4616 0.4625 0.46331.8 0.4641 0.4649 0.4656 0.4664 0.4671 0.4678 0.4686 0.4693 0.4699 0.47061.9 0.4713 0.4719 0.4726 0.4732 0.4738 0.4744 0.4750 0.4756 0.4761 0.4767

2 0.4772 0.4778 0.4783 0.4788 0.4793 0.4798 0.4803 0.4808 0.4812 0.48172.1 0.4821 0.4826 0.4830 0.4834 0.4838 0.4842 0.4846 0.4850 0.4854 0.48572.2 0.4861 0.4864 0.4868 0.4871 0.4875 0.4878 0.4881 0.4884 0.4887 0.48902.3 0.4893 0.4896 0.4898 0.4901 0.4904 0.4906 0.4909 0.4911 0.4913 0.49162.4 0.4918 0.4920 0.4922 0.4925 0.4927 0.4929 0.4931 0.4932 0.4934 0.49362.5 0.4938 0.4940 0.4941 0.4943 0.4945 0.4946 0.4948 0.4949 0.4951 0.49522.6 0.4953 0.4955 0.4956 0.4957 0.4959 0.4960 0.4961 0.4962 0.4963 0.49642.7 0.4965 0.4966 0.4967 0.4968 0.4969 0.4970 0.4971 0.4972 0.4973 0.49742.8 0.4974 0.4975 0.4976 0.4977 0.4977 0.4978 0.4979 0.4979 0.4980 0.49812.9 0.4981 0.4982 0.4982 0.4983 0.4984 0.4984 0.4985 0.4985 0.4986 0.4986

3 0.4987 0.4987 0.4987 0.4988 0.4988 0.4989 0.4989 0.4989 0.4990 0.49903.1 0.4990 0.4991 0.4991 0.4991 0.4992 0.4992 0.4992 0.4992 0.4993 0.49933.2 0.4993 0.4993 0.4994 0.4994 0.4994 0.4994 0.4994 0.4995 0.4995 0.49953.3 0.4995 0.4995 0.4995 0.4996 0.4996 0.4996 0.4996 0.4996 0.4996 0.49973.4 0.4997 0.4997 0.4997 0.4997 0.4997 0.4997 0.4997 0.4997 0.4997 0.49983.5 0.4998 0.4998 0.4998 0.4998 0.4998 0.4998 0.4998 0.4998 0.4998 0.49983.6 0.4998 0.4998 0.4999 0.4999 0.4999 0.4999 0.4999 0.4999 0.4999 0.49993.7 0.4999 0.4999 0.4999 0.4999 0.4999 0.4999 0.4999 0.4999 0.4999 0.49993.8 0.4999 0.4999 0.4999 0.4999 0.4999 0.4999 0.4999 0.4999 0.4999 0.49993.9 0.5000 0.5000 0.5000 0.5000 0.5000 0.5000 0.5000 0.5000 0.5000 0.5000

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-App.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 341

Tabelladella inversa della

distribuzione cumulativa normaleValori da 0 a .499

+ + + + + y + + + ++ - - - - - - - - - -+ - - - - - - - - - -+ - - - - - - - - - -x - - - - - φ - - - -+ - - - - - - - - - -+ - - - - - - - - - -+ - - - - - - - - - -

x+y

100

x+y

100φ

1

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-App.tex]

Page 342: Analisi Matematica 2 - web.inge.unige.itweb.inge.unige.it/DidRes/Analisi/AN_2.pdf · analisi matematica 2 5 superficie assume quota costante uguale a c e, se le quote c sono scel-te

342 o.caligaris - p.oliva

Tabella della inversa distribuzione cumulativa normale

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

0 0.0000 0.0025 0.0050 0.0075 0.0100 0.0125 0.0150 0.0175 0.0201 0.02260.01 0.0251 0.0276 0.0301 0.0326 0.0351 0.0376 0.0401 0.0426 0.0451 0.04760.02 0.0502 0.0527 0.0552 0.0577 0.0602 0.0627 0.0652 0.0677 0.0702 0.07280.03 0.0753 0.0778 0.0803 0.0828 0.0853 0.0878 0.0904 0.0929 0.0954 0.09790.04 0.1004 0.1030 0.1055 0.1080 0.1105 0.1130 0.1156 0.1181 0.1206 0.12310.05 0.1257 0.1282 0.1307 0.1332 0.1358 0.1383 0.1408 0.1434 0.1459 0.14840.06 0.1510 0.1535 0.1560 0.1586 0.1611 0.1637 0.1662 0.1687 0.1713 0.17380.07 0.1764 0.1789 0.1815 0.1840 0.1866 0.1891 0.1917 0.1942 0.1968 0.19930.08 0.2019 0.2045 0.2070 0.2096 0.2121 0.2147 0.2173 0.2198 0.2224 0.22500.09 0.2275 0.2301 0.2327 0.2353 0.2378 0.2404 0.2430 0.2456 0.2482 0.2508

0.1 0.2533 0.2559 0.2585 0.2611 0.2637 0.2663 0.2689 0.2715 0.2741 0.27670.11 0.2793 0.2819 0.2845 0.2871 0.2898 0.2924 0.2950 0.2976 0.3002 0.30290.12 0.3055 0.3081 0.3107 0.3134 0.3160 0.3186 0.3213 0.3239 0.3266 0.32920.13 0.3319 0.3345 0.3372 0.3398 0.3425 0.3451 0.3478 0.3505 0.3531 0.35580.14 0.3585 0.3611 0.3638 0.3665 0.3692 0.3719 0.3745 0.3772 0.3799 0.38260.15 0.3853 0.3880 0.3907 0.3934 0.3961 0.3989 0.4016 0.4043 0.4070 0.40970.16 0.4125 0.4152 0.4179 0.4207 0.4234 0.4261 0.4289 0.4316 0.4344 0.43720.17 0.4399 0.4427 0.4454 0.4482 0.4510 0.4538 0.4565 0.4593 0.4621 0.46490.18 0.4677 0.4705 0.4733 0.4761 0.4789 0.4817 0.4845 0.4874 0.4902 0.49300.19 0.4958 0.4987 0.5015 0.5044 0.5072 0.5101 0.5129 0.5158 0.5187 0.5215

0.2 0.5244 0.5273 0.5302 0.5330 0.5359 0.5388 0.5417 0.5446 0.5476 0.55050.21 0.5534 0.5563 0.5592 0.5622 0.5651 0.5681 0.5710 0.5740 0.5769 0.57990.22 0.5828 0.5858 0.5888 0.5918 0.5948 0.5978 0.6008 0.6038 0.6068 0.60980.23 0.6128 0.6158 0.6189 0.6219 0.6250 0.6280 0.6311 0.6341 0.6372 0.64030.24 0.6433 0.6464 0.6495 0.6526 0.6557 0.6588 0.6620 0.6651 0.6682 0.67130.25 0.6745 0.6776 0.6808 0.6840 0.6871 0.6903 0.6935 0.6967 0.6999 0.70310.26 0.7063 0.7095 0.7128 0.7160 0.7192 0.7225 0.7257 0.7290 0.7323 0.73560.27 0.7388 0.7421 0.7454 0.7488 0.7521 0.7554 0.7588 0.7621 0.7655 0.76880.28 0.7722 0.7756 0.7790 0.7824 0.7858 0.7892 0.7926 0.7961 0.7995 0.80300.29 0.8064 0.8099 0.8134 0.8169 0.8204 0.8239 0.8274 0.8310 0.8345 0.8381

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-App.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 343

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

0.3 0.8416 0.8452 0.8488 0.8524 0.8560 0.8596 0.8632 0.8669 0.8706 0.87420.31 0.8779 0.8816 0.8853 0.8890 0.8927 0.8965 0.9002 0.9040 0.9078 0.91160.32 0.9154 0.9192 0.9230 0.9269 0.9307 0.9346 0.9385 0.9424 0.9463 0.95020.33 0.9542 0.9581 0.9621 0.9661 0.9701 0.9741 0.9782 0.9822 0.9863 0.99040.34 0.9945 0.9986 1.0027 1.0069 1.0110 1.0152 1.0194 1.0237 1.0279 1.03220.35 1.0364 1.0407 1.0451 1.0494 1.0537 1.0581 1.0625 1.0669 1.0714 1.07580.36 1.0803 1.0848 1.0893 1.0939 1.0985 1.1031 1.1077 1.1123 1.1170 1.12170.37 1.1264 1.1311 1.1359 1.1407 1.1455 1.1503 1.1552 1.1601 1.1650 1.17000.38 1.1750 1.1800 1.1850 1.1901 1.1952 1.2004 1.2055 1.2107 1.2160 1.22120.39 1.2265 1.2319 1.2372 1.2426 1.2481 1.2536 1.2591 1.2646 1.2702 1.27590.4 1.2816 1.2873 1.2930 1.2988 1.3047 1.3106 1.3165 1.3225 1.3285 1.3346

0.41 1.3408 1.3469 1.3532 1.3595 1.3658 1.3722 1.3787 1.3852 1.3917 1.39840.42 1.4051 1.4118 1.4187 1.4255 1.4325 1.4395 1.4466 1.4538 1.4611 1.46840.43 1.4758 1.4833 1.4909 1.4985 1.5063 1.5141 1.5220 1.5301 1.5382 1.54640.44 1.5548 1.5632 1.5718 1.5805 1.5893 1.5982 1.6072 1.6164 1.6258 1.63520.45 1.6449 1.6546 1.6646 1.6747 1.6849 1.6954 1.7060 1.7169 1.7279 1.73920.46 1.7507 1.7624 1.7744 1.7866 1.7991 1.8119 1.8250 1.8384 1.8522 1.86630.47 1.8808 1.8957 1.9110 1.9268 1.9431 1.9600 1.9774 1.9954 2.0141 2.03350.48 2.0537 2.0748 2.0969 2.1201 2.1444 2.1701 2.1973 2.2262 2.2571 2.29040.49 2.3263 2.3656 2.4089 2.4573 2.5121 2.5758 2.6521 2.7478 2.8782 3.0902

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-App.tex]

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344 o.caligaris - p.oliva

Tabelladella inversa

distribuzione normaleValori da .4000 a .4999

+ + + + + y + + + ++ - - - - - - - - - -+ - - - - - - - - - -+ - - - - - - - - - -x - - - - - φ - - - -+ - - - - - - - - - -+ - - - - - - - - - -+ - - - - - - - - - -

x+y

10000

x+y

10000φ

1

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-App.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 345

Tabella della distribuzione normale cumulativa inversa (code)

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

0.4 1.2816 1.2821 1.2827 1.2833 1.2838 1.2844 1.2850 1.2856 1.2861 1.28670.401 1.2873 1.2878 1.2884 1.2890 1.2896 1.2901 1.2907 1.2913 1.2919 1.29250.402 1.2930 1.2936 1.2942 1.2948 1.2953 1.2959 1.2965 1.2971 1.2977 1.29830.403 1.2988 1.2994 1.3000 1.3006 1.3012 1.3018 1.3023 1.3029 1.3035 1.30410.404 1.3047 1.3053 1.3059 1.3064 1.3070 1.3076 1.3082 1.3088 1.3094 1.31000.405 1.3106 1.3112 1.3118 1.3124 1.3130 1.3135 1.3141 1.3147 1.3153 1.31590.406 1.3165 1.3171 1.3177 1.3183 1.3189 1.3195 1.3201 1.3207 1.3213 1.32190.407 1.3225 1.3231 1.3237 1.3243 1.3249 1.3255 1.3261 1.3267 1.3273 1.32790.408 1.3285 1.3291 1.3298 1.3304 1.3310 1.3316 1.3322 1.3328 1.3334 1.33400.409 1.3346 1.3352 1.3358 1.3365 1.3371 1.3377 1.3383 1.3389 1.3395 1.3401

0.41 1.3408 1.3414 1.3420 1.3426 1.3432 1.3438 1.3445 1.3451 1.3457 1.34630.411 1.3469 1.3476 1.3482 1.3488 1.3494 1.3500 1.3507 1.3513 1.3519 1.35250.412 1.3532 1.3538 1.3544 1.3551 1.3557 1.3563 1.3569 1.3576 1.3582 1.35880.413 1.3595 1.3601 1.3607 1.3614 1.3620 1.3626 1.3633 1.3639 1.3645 1.36520.414 1.3658 1.3664 1.3671 1.3677 1.3684 1.3690 1.3696 1.3703 1.3709 1.37160.415 1.3722 1.3728 1.3735 1.3741 1.3748 1.3754 1.3761 1.3767 1.3774 1.37800.416 1.3787 1.3793 1.3800 1.3806 1.3813 1.3819 1.3826 1.3832 1.3839 1.38450.417 1.3852 1.3858 1.3865 1.3871 1.3878 1.3885 1.3891 1.3898 1.3904 1.39110.418 1.3917 1.3924 1.3931 1.3937 1.3944 1.3951 1.3957 1.3964 1.3970 1.39770.419 1.3984 1.3990 1.3997 1.4004 1.4010 1.4017 1.4024 1.4031 1.4037 1.4044

0.42 1.4051 1.4057 1.4064 1.4071 1.4078 1.4084 1.4091 1.4098 1.4105 1.41120.421 1.4118 1.4125 1.4132 1.4139 1.4146 1.4152 1.4159 1.4166 1.4173 1.41800.422 1.4187 1.4193 1.4200 1.4207 1.4214 1.4221 1.4228 1.4235 1.4242 1.42490.423 1.4255 1.4262 1.4269 1.4276 1.4283 1.4290 1.4297 1.4304 1.4311 1.43180.424 1.4325 1.4332 1.4339 1.4346 1.4353 1.4360 1.4367 1.4374 1.4381 1.43880.425 1.4395 1.4402 1.4409 1.4417 1.4424 1.4431 1.4438 1.4445 1.4452 1.44590.426 1.4466 1.4473 1.4481 1.4488 1.4495 1.4502 1.4509 1.4516 1.4524 1.45310.427 1.4538 1.4545 1.4553 1.4560 1.4567 1.4574 1.4581 1.4589 1.4596 1.46030.428 1.4611 1.4618 1.4625 1.4632 1.4640 1.4647 1.4654 1.4662 1.4669 1.46760.429 1.4684 1.4691 1.4699 1.4706 1.4713 1.4721 1.4728 1.4736 1.4743 1.4750

0.43 1.4758 1.4765 1.4773 1.4780 1.4788 1.4795 1.4803 1.4810 1.4818 1.48250.431 1.4833 1.4840 1.4848 1.4855 1.4863 1.4871 1.4878 1.4886 1.4893 1.49010.432 1.4909 1.4916 1.4924 1.4931 1.4939 1.4947 1.4954 1.4962 1.4970 1.49770.433 1.4985 1.4993 1.5001 1.5008 1.5016 1.5024 1.5032 1.5039 1.5047 1.5055

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-App.tex]

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346 o.caligaris - p.oliva

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

0.434 1.5063 1.5070 1.5078 1.5086 1.5094 1.5102 1.5110 1.5117 1.5125 1.51330.435 1.5141 1.5149 1.5157 1.5165 1.5173 1.5181 1.5189 1.5196 1.5204 1.52120.436 1.5220 1.5228 1.5236 1.5244 1.5252 1.5260 1.5268 1.5276 1.5285 1.52930.437 1.5301 1.5309 1.5317 1.5325 1.5333 1.5341 1.5349 1.5358 1.5366 1.53740.438 1.5382 1.5390 1.5398 1.5407 1.5415 1.5423 1.5431 1.5440 1.5448 1.54560.439 1.5464 1.5473 1.5481 1.5489 1.5498 1.5506 1.5514 1.5523 1.5531 1.55390.44 1.5548 1.5556 1.5565 1.5573 1.5581 1.5590 1.5598 1.5607 1.5615 1.5624

0.441 1.5632 1.5641 1.5649 1.5658 1.5666 1.5675 1.5683 1.5692 1.5701 1.57090.442 1.5718 1.5726 1.5735 1.5744 1.5752 1.5761 1.5770 1.5779 1.5787 1.57960.443 1.5805 1.5813 1.5822 1.5831 1.5840 1.5849 1.5857 1.5866 1.5875 1.58840.444 1.5893 1.5902 1.5910 1.5919 1.5928 1.5937 1.5946 1.5955 1.5964 1.59730.445 1.5982 1.5991 1.6000 1.6009 1.6018 1.6027 1.6036 1.6045 1.6054 1.60630.446 1.6072 1.6082 1.6091 1.6100 1.6109 1.6118 1.6127 1.6137 1.6146 1.61550.447 1.6164 1.6174 1.6183 1.6192 1.6202 1.6211 1.6220 1.6229 1.6239 1.62480.448 1.6258 1.6267 1.6276 1.6286 1.6295 1.6305 1.6314 1.6324 1.6333 1.63430.449 1.6352 1.6362 1.6371 1.6381 1.6391 1.6400 1.6410 1.6420 1.6429 1.64390.45 1.6449 1.6458 1.6468 1.6478 1.6487 1.6497 1.6507 1.6517 1.6527 1.6536

0.451 1.6546 1.6556 1.6566 1.6576 1.6586 1.6596 1.6606 1.6616 1.6626 1.66360.452 1.6646 1.6656 1.6666 1.6676 1.6686 1.6696 1.6706 1.6716 1.6726 1.67360.453 1.6747 1.6757 1.6767 1.6777 1.6788 1.6798 1.6808 1.6818 1.6829 1.68390.454 1.6849 1.6860 1.6870 1.6881 1.6891 1.6901 1.6912 1.6922 1.6933 1.69430.455 1.6954 1.6965 1.6975 1.6986 1.6996 1.7007 1.7018 1.7028 1.7039 1.70500.456 1.7060 1.7071 1.7082 1.7093 1.7104 1.7114 1.7125 1.7136 1.7147 1.71580.457 1.7169 1.7180 1.7191 1.7202 1.7213 1.7224 1.7235 1.7246 1.7257 1.72680.458 1.7279 1.7290 1.7302 1.7313 1.7324 1.7335 1.7347 1.7358 1.7369 1.73810.459 1.7392 1.7403 1.7415 1.7426 1.7438 1.7449 1.7461 1.7472 1.7484 1.74950.46 1.7507 1.7519 1.7530 1.7542 1.7553 1.7565 1.7577 1.7589 1.7600 1.7612

0.461 1.7624 1.7636 1.7648 1.7660 1.7672 1.7684 1.7696 1.7708 1.7720 1.77320.462 1.7744 1.7756 1.7768 1.7780 1.7792 1.7805 1.7817 1.7829 1.7841 1.78540.463 1.7866 1.7878 1.7891 1.7903 1.7916 1.7928 1.7941 1.7953 1.7966 1.79790.464 1.7991 1.8004 1.8017 1.8029 1.8042 1.8055 1.8068 1.8080 1.8093 1.81060.465 1.8119 1.8132 1.8145 1.8158 1.8171 1.8184 1.8197 1.8210 1.8224 1.8237

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-App.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 347

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

0.466 1.8250 1.8263 1.8277 1.8290 1.8303 1.8317 1.8330 1.8344 1.8357 1.83710.467 1.8384 1.8398 1.8411 1.8425 1.8439 1.8453 1.8466 1.8480 1.8494 1.85080.468 1.8522 1.8536 1.8550 1.8564 1.8578 1.8592 1.8606 1.8620 1.8634 1.86490.469 1.8663 1.8677 1.8692 1.8706 1.8720 1.8735 1.8749 1.8764 1.8779 1.8793

0.47 1.8808 1.8823 1.8837 1.8852 1.8867 1.8882 1.8897 1.8912 1.8927 1.89420.471 1.8957 1.8972 1.8987 1.9003 1.9018 1.9033 1.9048 1.9064 1.9079 1.90950.472 1.9110 1.9126 1.9142 1.9157 1.9173 1.9189 1.9205 1.9220 1.9236 1.92520.473 1.9268 1.9284 1.9301 1.9317 1.9333 1.9349 1.9366 1.9382 1.9398 1.94150.474 1.9431 1.9448 1.9465 1.9481 1.9498 1.9515 1.9532 1.9549 1.9566 1.95830.475 1.9600 1.9617 1.9634 1.9651 1.9669 1.9686 1.9703 1.9721 1.9738 1.97560.476 1.9774 1.9791 1.9809 1.9827 1.9845 1.9863 1.9881 1.9899 1.9917 1.99360.477 1.9954 1.9972 1.9991 2.0009 2.0028 2.0047 2.0065 2.0084 2.0103 2.01220.478 2.0141 2.0160 2.0179 2.0198 2.0218 2.0237 2.0257 2.0276 2.0296 2.03150.479 2.0335 2.0355 2.0375 2.0395 2.0415 2.0435 2.0456 2.0476 2.0496 2.0517

0.48 2.0537 2.0558 2.0579 2.0600 2.0621 2.0642 2.0663 2.0684 2.0706 2.07270.481 2.0748 2.0770 2.0792 2.0814 2.0836 2.0858 2.0880 2.0902 2.0924 2.09470.482 2.0969 2.0992 2.1015 2.1038 2.1060 2.1084 2.1107 2.1130 2.1153 2.11770.483 2.1201 2.1225 2.1248 2.1272 2.1297 2.1321 2.1345 2.1370 2.1394 2.14190.484 2.1444 2.1469 2.1494 2.1520 2.1545 2.1571 2.1596 2.1622 2.1648 2.16750.485 2.1701 2.1727 2.1754 2.1781 2.1808 2.1835 2.1862 2.1890 2.1917 2.19450.486 2.1973 2.2001 2.2029 2.2058 2.2086 2.2115 2.2144 2.2173 2.2203 2.22320.487 2.2262 2.2292 2.2322 2.2353 2.2383 2.2414 2.2445 2.2476 2.2508 2.25390.488 2.2571 2.2603 2.2636 2.2668 2.2701 2.2734 2.2768 2.2801 2.2835 2.28690.489 2.2904 2.2938 2.2973 2.3009 2.3044 2.3080 2.3116 2.3152 2.3189 2.3226

0.49 2.3263 2.3301 2.3339 2.3377 2.3416 2.3455 2.3495 2.3534 2.3575 2.36150.491 2.3656 2.3697 2.3739 2.3781 2.3824 2.3867 2.3911 2.3954 2.3999 2.40440.492 2.4089 2.4135 2.4181 2.4228 2.4276 2.4324 2.4372 2.4421 2.4471 2.45220.493 2.4573 2.4624 2.4677 2.4730 2.4783 2.4838 2.4893 2.4949 2.5006 2.50630.494 2.5121 2.5181 2.5241 2.5302 2.5364 2.5427 2.5491 2.5556 2.5622 2.56900.495 2.5758 2.5828 2.5899 2.5972 2.6045 2.6121 2.6197 2.6276 2.6356 2.64370.496 2.6521 2.6606 2.6693 2.6783 2.6874 2.6968 2.7065 2.7164 2.7266 2.73700.497 2.7478 2.7589 2.7703 2.7822 2.7944 2.8071 2.8202 2.8338 2.8480 2.86270.498 2.8782 2.8943 2.9113 2.9290 2.9479 2.9677 2.9889 3.0115 3.0357 3.06190.499 3.0902 3.1214 3.1560 3.1947 3.2390 3.2905 3.3528 3.4319 3.5402 3.7195

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-App.tex]

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348 o.caligaris - p.oliva

Tabelladella

distribuzione cumulativa χ2 inversa

+ + + + + φ + + + +

d - - - - - x - - - -

φ

φ

x

d = gradi di liberta

1

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-App.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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probabilità 349

Tabella della distribuzione χ2 inversa

0.005 0.01 0.025 0.05 0.1 0.25 0.5 0.75 0.9 0.95 0.975 0.99 0.995 0.999

1 0.00 0.00 0.00 0.00 0.02 0.10 0.45 1.32 2.71 3.84 5.02 6.63 7.88 10.832 0.01 0.02 0.05 0.10 0.21 0.58 1.39 2.77 4.61 5.99 7.38 9.21 10.60 13.823 0.07 0.11 0.22 0.35 0.58 1.21 2.37 4.11 6.25 7.81 9.35 11.34 12.84 16.274 0.21 0.30 0.48 0.71 1.06 1.92 3.36 5.39 7.78 9.49 11.14 13.28 14.86 18.475 0.41 0.55 0.83 1.15 1.61 2.67 4.35 6.63 9.24 11.07 12.83 15.09 16.75 20.516 0.68 0.87 1.24 1.64 2.20 3.45 5.35 7.84 10.64 12.59 14.45 16.81 18.55 22.467 0.99 1.24 1.69 2.17 2.83 4.25 6.35 9.04 12.02 14.07 16.01 18.48 20.28 24.328 1.34 1.65 2.18 2.73 3.49 5.07 7.34 10.22 13.36 15.51 17.53 20.09 21.95 26.129 1.73 2.09 2.70 3.33 4.17 5.90 8.34 11.39 14.68 16.92 19.02 21.67 23.59 27.88

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36 17.89 19.23 21.34 23.27 25.64 29.97 35.34 41.30 47.21 51.00 54.44 58.62 61.58 67.9837 18.59 19.96 22.11 24.07 26.49 30.89 36.34 42.38 48.36 52.19 55.67 59.89 62.88 69.3538 19.29 20.69 22.88 24.88 27.34 31.81 37.34 43.46 49.51 53.38 56.90 61.16 64.18 70.7039 20.00 21.43 23.65 25.70 28.20 32.74 38.34 44.54 50.66 54.57 58.12 62.43 65.48 72.0640 20.71 22.16 24.43 26.51 29.05 33.66 39.34 45.62 51.81 55.76 59.34 63.69 66.77 73.4041 21.42 22.91 25.21 27.33 29.91 34.58 40.34 46.69 52.95 56.94 60.56 64.95 68.05 74.7442 22.14 23.65 26.00 28.14 30.77 35.51 41.34 47.77 54.09 58.12 61.78 66.21 69.34 76.0843 22.86 24.40 26.79 28.96 31.63 36.44 42.34 48.84 55.23 59.30 62.99 67.46 70.62 77.4244 23.58 25.15 27.57 29.79 32.49 37.36 43.34 49.91 56.37 60.48 64.20 68.71 71.89 78.7545 24.31 25.90 28.37 30.61 33.35 38.29 44.34 50.98 57.51 61.66 65.41 69.96 73.17 80.0846 25.04 26.66 29.16 31.44 34.22 39.22 45.34 52.06 58.64 62.83 66.62 71.20 74.44 81.4047 25.77 27.42 29.96 32.27 35.08 40.15 46.34 53.13 59.77 64.00 67.82 72.44 75.70 82.7248 26.51 28.18 30.75 33.10 35.95 41.08 47.34 54.20 60.91 65.17 69.02 73.68 76.97 84.0449 27.25 28.94 31.55 33.93 36.82 42.01 48.33 55.27 62.04 66.34 70.22 74.92 78.23 85.3550 27.99 29.71 32.36 34.76 37.69 42.94 49.33 56.33 63.17 67.50 71.42 76.15 79.49 86.6651 28.73 30.48 33.16 35.60 38.56 43.87 50.33 57.40 64.30 68.67 72.62 77.39 80.75 87.9752 29.48 31.25 33.97 36.44 39.43 44.81 51.33 58.47 65.42 69.83 73.81 78.62 82.00 89.2753 30.23 32.02 34.78 37.28 40.31 45.74 52.33 59.53 66.55 70.99 75.00 79.84 83.25 90.5754 30.98 32.79 35.59 38.12 41.18 46.68 53.33 60.60 67.67 72.15 76.19 81.07 84.50 91.8755 31.73 33.57 36.40 38.96 42.06 47.61 54.33 61.67 68.80 73.31 77.38 82.29 85.75 93.1756 32.49 34.35 37.21 39.80 42.94 48.55 55.33 62.73 69.92 74.47 78.57 83.51 86.99 94.4657 33.25 35.13 38.03 40.65 43.82 49.48 56.33 63.79 71.04 75.62 79.75 84.73 88.24 95.7558 34.01 35.91 38.84 41.49 44.70 50.42 57.33 64.86 72.16 76.78 80.94 85.95 89.48 97.0459 34.77 36.70 39.66 42.34 45.58 51.36 58.33 65.92 73.28 77.93 82.12 87.17 90.72 98.3260 35.53 37.48 40.48 43.19 46.46 52.29 59.33 66.98 74.40 79.08 83.30 88.38 91.95 99.6161 36.30 38.27 41.30 44.04 47.34 53.23 60.33 68.04 75.51 80.23 84.48 89.59 93.19 100.8962 37.07 39.06 42.13 44.89 48.23 54.17 61.33 69.10 76.63 81.38 85.65 90.80 94.42 102.1763 37.84 39.86 42.95 45.74 49.11 55.11 62.33 70.16 77.75 82.53 86.83 92.01 95.65 103.4464 38.61 40.65 43.78 46.59 50.00 56.05 63.33 71.23 78.86 83.68 88.00 93.22 96.88 104.7265 39.38 41.44 44.60 47.45 50.88 56.99 64.33 72.28 79.97 84.82 89.18 94.42 98.10 105.9966 40.16 42.24 45.43 48.31 51.77 57.93 65.33 73.34 81.09 85.96 90.35 95.63 99.33 107.2667 40.93 43.04 46.26 49.16 52.66 58.87 66.33 74.40 82.20 87.11 91.52 96.83 100.55 108.5368 41.71 43.84 47.09 50.02 53.55 59.81 67.33 75.46 83.31 88.25 92.69 98.03 101.78 109.7969 42.49 44.64 47.92 50.88 54.44 60.76 68.33 76.52 84.42 89.39 93.86 99.23 103.00 111.0670 43.28 45.44 48.76 51.74 55.33 61.70 69.33 77.58 85.53 90.53 95.02 100.43 104.21 112.32

11 novembre 2016—15:22:38 AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-App.tex]

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350 o.caligaris - p.oliva

0.005 0.01 0.025 0.05 0.1 0.25 0.5 0.75 0.9 0.95 0.975 0.99 0.995 0.999

71 44.06 46.25 49.59 52.60 56.22 62.64 70.33 78.63 86.64 91.67 96.19 101.62 105.43 113.5872 44.84 47.05 50.43 53.46 57.11 63.58 71.33 79.69 87.74 92.81 97.35 102.82 106.65 114.8373 45.63 47.86 51.26 54.33 58.01 64.53 72.33 80.75 88.85 93.95 98.52 104.01 107.86 116.0974 46.42 48.67 52.10 55.19 58.90 65.47 73.33 81.80 89.96 95.08 99.68 105.20 109.07 117.3575 47.21 49.48 52.94 56.05 59.79 66.42 74.33 82.86 91.06 96.22 100.84 106.39 110.29 118.6076 48.00 50.29 53.78 56.92 60.69 67.36 75.33 83.91 92.17 97.35 102.00 107.58 111.50 119.8577 48.79 51.10 54.62 57.79 61.59 68.31 76.33 84.97 93.27 98.48 103.16 108.77 112.70 121.1078 49.58 51.91 55.47 58.65 62.48 69.25 77.33 86.02 94.37 99.62 104.32 109.96 113.91 122.3579 50.38 52.72 56.31 59.52 63.38 70.20 78.33 87.08 95.48 100.75 105.47 111.14 115.12 123.5980 51.17 53.54 57.15 60.39 64.28 71.14 79.33 88.13 96.58 101.88 106.63 112.33 116.32 124.8481 51.97 54.36 58.00 61.26 65.18 72.09 80.33 89.18 97.68 103.01 107.78 113.51 117.52 126.0882 52.77 55.17 58.84 62.13 66.08 73.04 81.33 90.24 98.78 104.14 108.94 114.69 118.73 127.3283 53.57 55.99 59.69 63.00 66.98 73.99 82.33 91.29 99.88 105.27 110.09 115.88 119.93 128.5684 54.37 56.81 60.54 63.88 67.88 74.93 83.33 92.34 100.98 106.39 111.24 117.06 121.13 129.8085 55.17 57.63 61.39 64.75 68.78 75.88 84.33 93.39 102.08 107.52 112.39 118.24 122.32 131.0486 55.97 58.46 62.24 65.62 69.68 76.83 85.33 94.45 103.18 108.65 113.54 119.41 123.52 132.2887 56.78 59.28 63.09 66.50 70.58 77.78 86.33 95.50 104.28 109.77 114.69 120.59 124.72 133.5188 57.58 60.10 63.94 67.37 71.48 78.73 87.33 96.55 105.37 110.90 115.84 121.77 125.91 134.7589 58.39 60.93 64.79 68.25 72.39 79.68 88.33 97.60 106.47 112.02 116.99 122.94 127.11 135.9890 59.20 61.75 65.65 69.13 73.29 80.62 89.33 98.65 107.57 113.15 118.14 124.12 128.30 137.2191 60.00 62.58 66.50 70.00 74.20 81.57 90.33 99.70 108.66 114.27 119.28 125.29 129.49 138.4492 60.81 63.41 67.36 70.88 75.10 82.52 91.33 100.75 109.76 115.39 120.43 126.46 130.68 139.6793 61.63 64.24 68.21 71.76 76.01 83.47 92.33 101.80 110.85 116.51 121.57 127.63 131.87 140.8994 62.44 65.07 69.07 72.64 76.91 84.42 93.33 102.85 111.94 117.63 122.72 128.80 133.06 142.1295 63.25 65.90 69.92 73.52 77.82 85.38 94.33 103.90 113.04 118.75 123.86 129.97 134.25 143.3496 64.06 66.73 70.78 74.40 78.73 86.33 95.33 104.95 114.13 119.87 125.00 131.14 135.43 144.5797 64.88 67.56 71.64 75.28 79.63 87.28 96.33 106.00 115.22 120.99 126.14 132.31 136.62 145.7998 65.69 68.40 72.50 76.16 80.54 88.23 97.33 107.05 116.32 122.11 127.28 133.48 137.80 147.0199 66.51 69.23 73.36 77.05 81.45 89.18 98.33 108.09 117.41 123.23 128.42 134.64 138.99 148.23

100 67.33 70.06 74.22 77.93 82.36 90.13 99.33 109.14 118.50 124.34 129.56 135.81 140.17 149.45

AnTot.TEX— [ Content/Prob/Prob-App.tex] 11 novembre 2016—15:22:38

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Indice

1 Funzioni Di Due Variabili 3

2 Integrazione Per Le Funzioni Di Due Variabili. 23

3 Integrazione Di Funzioni Di Tre Variabili. 31

4 Integrali Multipli Impropri 35

5 Spazi Euclidei N-Dimensionali. 39

6 Le Funzioni Di PiÙ Variabili. 55

7 Penalizzazione e moltiplicatori di Lagrange. 103

8 Integrazione Delle Funzioni Di Piu’ Variabili. 107

9 Elementi di Probabilità e Statistica. 131

10 Qualche Distribuzione di Probabilità 163

11 IL TEOREMA DEL LIMITE CENTRALE 197

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352 o.caligaris - p.oliva

12 I Test Statistici 203

13 REGRESSIONE LINEARE: LA RETTA DEI MINIMI QUADRATI 225

14 ANALISI DEI COMPONENTI PRINCIPALI. 233

15 QUALCHE ARGOMENTO DI PROBABILITÀ E STATISTICA. 243

16 Qualche esempio.. 293

17 Appendice 333

18 Indice analitico 353

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18. Indice analitico

Binomio di Newton, 9 Triangolo di Tartaglia, 8