ANALISI DI FOURIER IN SPAZI EUCLIDEI prof. Fulvio Ricci A.A....

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ANALISI DI FOURIER IN SPAZI EUCLIDEI prof. Fulvio Ricci A.A. 1995-1996 - Politecnico di Torino 1

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ANALISI DI FOURIER IN SPAZI EUCLIDEI

prof. Fulvio Ricci

A.A. 1995-1996 - Politecnico di Torino

1

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Indice

1. La classe di Schwartz e la trasformata di Fourier2. Distribuzioni temperate3. Limiti di distribuzioni e identita approssimate4. Distribuzioni in spazi prodotto e il Teorema del nucleo5. Caratterizzazione degli operatori di convoluzione6. Misure7. Operatori invarianti per traslazioni tra spazi Lp

8. Spazi Lp-deboli e il Teorema di Marcinkiewicz9. Distribuzioni omogenee10. Integrazione e derivazione frazionaria in R11. Potenziali di Riesz in Rn12. Integrali oscillanti13. Trasformate di Fourier di misure lisce su varieta14. Misure singolari e operatori di convoluzione15. La funzione massimale di Hardy-Littlewood16. Estensione a spazi di natura omogenea17. Distribuzioni omogenee di grado −n18. Nuclei di Calderon-Zygmund19. Condizione di Calderon-Zygmund e limitatezza in L2

20. Moltiplicatori di Fourier e condizione di Mihlin-Hormander21. Funzioni quadratiche e teoria di Littlewood-Paley22. Dilatazioni non isotropiche in Rn23. Integrali singolari e operatori massimali lungo curve24. Operatori in spazi prodotto25. Trasferimento di convolutori e il metodo di rotazione di Calderon26. Integrali di Poisson sul disco27. Integrali di Poisson sul semipiano28. Spazi di Hardy29. Analisi armonica su gruppi30. Il gruppo di Heisenberg31. Integrali singolari sul gruppo di Heisenberg

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1. La classe di Schwartz e la trasformata di Fourier

La classe di Schwartz S(Rn) (o piu brevemente S se non c’e ambiguita) consistedelle funzioni f infinitamente derivabili su Rn tali che

∂αf(x) = o(|x|−k) per x→∞

per ogni multi-indice α e ogni k ∈ N.Dato k ∈ N si consideri la norma

‖f‖(k) =∑|α|≤k

supx∈Rn

(1 + |x|)k|∂αf(x)|

su S(Rn). La famiglia di norme ‖ ‖(k)k∈N definisce su S(Rn) una struttura dispazio di Frechet.

Si osservi che, essendo ‖f‖(k) ≤ ‖f‖(k+1), una qualunque sottosuccessione dinorme ‖ ‖(kj) definisce la stessa topologia. Non e difficile verificare che anche lafamiglia di norme

pα,β(f) = supx∈Rn

|xα∂βf(x)|

con α, β ∈ Nn definisce su S la stessa topologia.

Proposizione 1.1. Lo spazio C∞c (Rn) delle funzioni di classe C∞ a supporto com-patto e denso in S(Rn).

Dimostrazione. Sia η una funzione C∞ a supporto compatto tale che η(x) = 1 per|x| ≤ 1. Per R > 0 si ponga η(R)(x) = η(x/R). Se f ∈ S(Rn), la funzione fη(R) hasupporto compatto e coincide con f per |x| ≤ R. Dato un intero k, si ha quindi

‖f − fη(R)‖(k) =∑|α|≤k

sup|x|>R

(1 + |x|)k∣∣∂α(f(1− η(R))

)(x)∣∣

≤ Ck∑

|α|,|β|≤k

sup|x|>R

(1 + |x|)k|∂αf(x)||∂β(1− η(R))(x)|

≤ Ck‖f‖(k+1) sup|x|>R

(1 + |x|)−1

= Ck‖f‖(k+1)(1 +R)−1 ,

in quanto |∂αf(x)| ≤ ‖f‖(k+1)(1 + |x|)−k−1 e le derivate ∂β(1− η(R))(x) si maggio-rano con una costante dipendente da k.

Dunque limR→∞ ‖f − fη(R)‖(k) = 0 per ogni k.

Questa struttura e tale da rendere continue le seguenti operazioni:(1) la moltiplicazione (f, g) 7→ fg da S × S in S;(2) piu in generale, sia g una funzione di classe C∞ tale che per ogni sua derivata

∂αg vi sia un intero mα tale che |∂αg(x)| ≤ Cα(1 + |x|)mα . Allora lamoltiplicazione f 7→ fg e continua da S in S;

(3) le traslazioni τh : S → S, ove si ponga, per h ∈ Rn, τhf(x) = f(x− h);(4) la convoluzione (f, g) 7→ f ∗ g da S × S in S;(5) le derivazioni f 7→ ∂αf da S a S;(6) la trasformata di Fourier da S a S;(7) le inclusioni di S(Rn) nei seguenti spazi di Banach: Lp(Rn) (1 ≤ p ≤ ∞),

spazi di Sobolev W k(Rn) (k ∈ N), spazi Λα di funzioni Holderiane, e moltialtri;

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Diamo alcune dimostrazioni solo in relazione alla trasformata di Fourier, il checi consentira di stabilire alcune utili identita.

Ricordiamo che la trasformata di Fourier di una funzione f integrabile e la fun-zione

(1.1) f(ξ) =∫

Rnf(x)e−iξ·xdx ,

definita per ξ ∈ Rn.

Lemma 1.2. Se f ∈ S, anche f ∈ S e per ogni coppia di multi-indici α, β esisteun intero k tale che

pα,β(f) ≤ Cαβ‖f‖(k) .

Dimostrazione. Dimostriamo innanzitutto che se f ∈ S, allora f e derivabile. Siha

f(ξ + hej)− f(ξ)h

=∫f(x)e−iξ·x

e−ihxj − 1h

dx .

Essendo∣∣(e−ihxj − 1)/h

∣∣ ≤ |x|, per la convergenza dominata si ha

∂f

∂ξj(ξ) = −i

∫f(x)xje−iξ·xdx = −ixjf(ξ) .

Ma xjf ∈ S, per cui f puo essere ulteriormente derivata. Si conclude perinduzione che f e C∞ e che

(1.2) ∂αf(ξ) = ((−ix)αf ) (ξ) .

Integrando per parti, si ha

∂αf(ξ) =∫∂αf(x)e−iξ·xdx

= (−1)|α|∫f(x)

∂αe−iξ·x

∂xαdx

=∫f(x)(iξ)αe−iξ·xdx .

Dunque

(1.3) ∂αf(ξ) = (iξ)αf(ξ) .

Dati due multi-indici α, β, si ha dunque, combinando la (1.2) con la (1.3),

|ξα∂β f(ξ)| =∣∣∣ ∂α(xβf)(ξ)

∣∣∣≤∫ ∣∣∂α(xβf)(x)

∣∣ dx .Applicando la formula di Leibniz, ∂α(xβf) si scompone in una somma di termini

della forma cα′β′xβ′∂α′f , con α′ ≤ α e β′ ≤ β.

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Ciascun termine e a decrescenza rapida, e precisamente, se k e un intero maggioreo uguale sia di |α| che di |β|+ n+ 1, si ha

|xβ′∂α′f(x)| ≤ C(1 + |x|)−n−1‖f‖(k) .

In conclusione

pα,β(f) = supξ∈Rn

|ξα∂β f(ξ)|

≤ Cαβ‖f‖(k)

∫(1 + |x|)−n−1dx

≤ Cαβ‖f‖(k) ,

come da dimostrarsi.

Il Lemma 1.2 prova che la trasformata di Fourier F : S → S e continua. Dimos-triamo ora che F e in realta un isomorfismo suriettivo.

Lemma 1.3. Se ϕα(x) = e−α|x|2, con α > 0, risulta

ϕα(ξ) =(πα

)n/2e−|ξ|24α .

Dimostrazione. E sufficiente considerare il caso n = 1 perche la trasformata n-dimensionale

ϕα(ξ) =∫e−α|x|

2e−iξ·xdx

=n∏j=1

∫e−αx

2j e−iξjxjdxj

non e altro che il prodotto di n trasformate unidimensionali.Si consideri la funzione

F (z) = e−z2/4

∫ ∞−∞

e−t2e−ztdt .

Derivando sotto integrale, si verifica che essa e olomorfa su tutto C. Se z ∈ R,

F (z) =∫ ∞−∞

e−(t+z/2)2dt =

∫ ∞−∞

e−t2dt =

√π .

Quindi F e costante; posto z = iλ, si ottiene∫ ∞−∞

e−t2e−iλtdt =

√πe−λ

2/4 .

Infine si ponga t =√αx e λ = ξ/

√α.

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Teorema 1.4 (Formula di inversione). Se f ∈ S,

f(x) =1

(2π)n

∫f(ξ)eix·ξ dξ .

Dimostrazione. Iniziamo con il caso x = 0. Si ha∫f(ξ) dξ = lim

ε→0

∫f(ξ)e−ε|ξ|

2dξ

= limε→0

∫∫f(y)e−iξ·ye−ε|ξ|

2dy dξ

=(πε

)n/2limε→0

∫f(y)e−

|y|24ε dy

= 2nπn/2 limε→0

∫f(2√εx)e−|x|

2dx

= (2π)nf(0) ,

applicando due volte la convergenza dominata.Basta ora applicare questa identita alla funzione τhf , la cui trasformata di

Fourier e

(1.4) τhf(ξ) = e−ih·ξ f(ξ) ,

per ottenere la conclusione.

Corollario 1.5. La trasformata di Fourier e un isomorfismo suriettivo di S in se.

Dimostrazione. Data ϕ(ξ) ∈ S, si ponga

f(x) =1

(2π)n

∫ϕ(ξ)eix·ξ dξ =

1(2π)n

Fϕ(−x) .

Allora f ∈ S e, applicando la formula di inversione, f(ξ) = ϕ(ξ). Quindi F esuriettiva; inoltre

F−1ϕ(x) =1

(2π)nFϕ(−x) ,

per cui anche F−1 : S → S e continua.

Come vedremo, la trasformata di Fourier si estende a oggetti molto piu generalidelle funzioni di S. Per ora consideriamo la trasformata di Fourier in L1 e in L2.

Se f ∈ L1, la funzione f(ξ), definita dalla (1.1) e chiaramente limitata. Infatti

|f(ξ)| ≤∫|f(x)| dx = ‖f‖1 .

Piu precisamente si ha:

Teorema 1.6. La trasformata F e continua da L1(Rn) a C0(Rn) e ha immaginedensa.

Dimostrazione. F applica S ⊂ L1 su S ⊂ C0 con continuita. Poiche S e denso siain L1 che in C0, si ha la tesi.

Passiamo ora a L2.

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Teorema 1.7 (Formula di Plancherel). Se f, g ∈ S, vale l’identita∫f(x)g(x) dx =

1(2π)n

∫f(ξ)g(ξ) dξ .

Dimostrazione. Applicando la formula di inversione a f ∗ g∗, dove g∗(x) = g(−x),e osservando che

g∗(ξ) = g(ξ) ,(1.5)

f ∗ g∗ = f g∗ = f g ,(1.6)

si ottiene ∫f(x)g(x) dx = (f ∗ g∗)(0)

=1

(2π)n

∫f ∗ g∗(ξ) dξ

=1

(2π)n

∫f(ξ)g(ξ) dξ .

Corollario 1.8. L’operatore (2π)−n/2F si estende in modo unico a un operatoreunitario su L2(Rn).

Dimostrazione. La formula di Plancherel implica che (2π)−n/2F e un’isometriasuriettiva di S ⊂ L2 in se. Poiche S e denso in L2, si ha la tesi.

La trasformata di Fourier di una generica f ∈ L2 non puo tuttavia essere definitatramite la (1.1), in quanto l’integrale e divergente in generale. Occorre percioapprossimare f con funzioni in L2 ∩ L1, mediante espressioni come

f(ξ) = l.i.m.ε→0

∫f(x)e−ε|x|

2e−iξ·xdx

f(ξ) = l.i.m.R→∞

∫|x|<R

f(x)e−iξ·xdx ,

o altre simili.

Concludiamo questo paragrafo ricapitolando le (1.2)-(1.6) e altre proprieta ana-loghe della trasformata di Fourier facilmente dimostrabili.

f(x) f(ξ)

τhf(x) e−iξ·hf(ξ)eix·hf(x) τhf(ξ)

(−ix)αf(x) ∂αf(ξ)∂αf(x) (iξ)αf(ξ)f ∗ g(x) f(ξ)g(ξ)f(x)g(x) 1

(2π)n f ∗ g(ξ)

f(x) f(−ξ)f(−x) f(−ξ)f(δx) δ−nf(δ−1ξ)f(Ax) |detA|−1f( tA−1ξ)

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Nell’ultima formula A e una matrice n× n invertibile; le due formule precedentine sono casi particolari.

2. Distribuzioni temperate

Si chiama distribuzione temperata un funzionale lineare continuo Φ : S → C.Ricordiamo che un funzionale lineare Φ su S e continuo se e solo se esiste un

intorno U di 0 tale che Φ(U) ⊂ z : |z| < 1. Per la definizione della topologia diS, cio equivale a dire che esistono un intero N e una costante C tali che

(2.1) |Φ(f)| ≤ C‖f‖(N) .

In modo equivalente, Φ e continuo se e solo se esistono un numero finito diseminorme pαj ,βj , 1 ≤ j ≤ m, e una costante C tali che

|Φ(f)| ≤ Cm∑1

pαj ,βj (f) .

E evidente che una distribuzione temperata ha ordine finito, ossia esiste un interom tale che per ogni compatto K ⊂ Rn, Φ si estenda allo spazio Cm(K) delle funzionidi classe Cm a supporto contenuto in K.

Primi esempi.(1) Sia u(x) una funzione localmente integrabile e tale che esista un intero k percui

∫|u(x)|(1 + |x|)−k dx <∞. Ponendo, per f ∈ S,

Λu(f) =∫f(x)u(x) dx ,

si ottiene una distribuzione temperata, in quanto

|Λu(f)| ≤(∫|u(x)|(1 + |x|)−k dx

)supx∈Rn

(1 + |x|)k|f(x)| ≤ C‖f‖(k) .

(2) Sia n = 1. dato s > −2, si ponga

Φs(f) =∫ 1

0

(f(x)− f(0)

)xs dx .

Se s > −1, la funzione u(x) = xsχ[0,1](x) e integrabile, per cui si puo scrivere

Φs(x) =∫f(x)u(x) dx− f(0)

∫ 1

0

xs dx = Λu(f)− 1s+ 1

δ0(f) ,

dove Λu e come nell’Esempio 1 e δ0 e la delta di Dirac nell’origine. In questo casoe ovvio che Φs sia una distribuzione temperata di ordine 0.

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Supponiamo ora −2 < s ≤ −1. Poiche u non e piu integrabile, non si puosuddividere l’integrale in due. Tuttavia, notando che |f(x)− f(0)| ≤ x‖f ′‖∞, si ha

|Φs(f)‖ ≤ ‖f ′‖∞∫ 1

0

xs+1 dx ≤ 1s+ 2

‖f‖(1) .

Cio dimostra che Φs e una distribuzione temperata e che ha ordine ≤ 1. Per ver-ificare che non ha ordine 0, si prenda una funzione f continua a supporto compattoche si annulli nell’origine in modo che f(x) ∼ 1/ log x. Allora

∫(f(x)− f(0))xs dx

diverge. Approssimando f uniformemente con una successione fn in S, si verificache Φs(fn)→∞.

Lo spazio delle distribuzioni temperate si indica con S ′(Rn) (scriveremo sem-plicemente S ′ se non c’e ambiguita).

Nel seguito identificheremo una funzione u localmente integrabile con la dis-tribuzione Λu dell’Esempio 1. Diremo anche che una distribuzione Φ e una funzionese e della forma Λu per qualche u.

Per comodita, scriveremo 〈Φ, f〉 in luogo di Φ(f).Si dice che Φ ∈ S ′ si annulla sull’aperto Ω se per ogni f ∈ S con supp f ⊂ Ω si

ha 〈Φ, f〉 = 0. Per la Proposizione 1.1, e sufficiente verificare questa condizione perf a supporto compatto.

Se Φ si annulla su due aperti Ω1 e Ω2, allora essa si annulla sulla loro unione.Infatti una qualunque f con supporto compatto contenuto in Ω1∪Ω2 si decompone,mediante opportune partizioni dell’unita, nella somma di due funzioni f1, f2 consupporto in Ω1,Ω2 rispettivamente.

Il supporto di Φ e definito come il complementare del piu grande aperto Ω su cuiΦ si annulla.

Di conseguenza, se supp Φ ∩ supp f = ∅, e sicuramente 〈Φ, f〉 = 0. Inoltre, sef = g su un intorno di supp Φ, allora 〈Φ, f〉 = 〈Φ, g〉.

Proposizione 2.1. Sia Φ ∈ S ′; un punto x0 non appartiene a supp Φ se e solo seesiste un suo intorno U tale che per ogni f ∈ S con supp f ⊂ U si abbia 〈Φ, f〉 = 0.

Dimostrazione. Se x0 6∈ supp Φ, si prenda U intorno di x0 che sia disgiunto dasupp Φ. Allora Φ si annulla su U

In generale non si puo dire pero che se f si annulla su supp Φ allora 〈Φ, f〉 = 0(si costruisca un esempio in R definendo Φ come 〈Φ, f〉 = f ′(0)).

Operazioni con distribuzioni temperate.Le operazioni sulle distribuzioni vengono definite secondo il seguente criterio:

se una distribuzione ha la forma Λu descritta nell’Esempio 1, l’operazione devecoincidere con la corrispondente operazione sulla funzione u.

(1) Moltiplicazione per funzioni C∞.Sia g una funzione di classe C∞ tale che per ogni sua derivata ∂αg vi sia un

intero mα tale che |∂αg(x)| ≤ Cα(1 + |x|)mα .Data Φ ∈ S ′, si definisca gΦ ponendo

〈gΦ, f〉 = 〈Φ, fg〉 .

Poiche l’applicazione f 7→ fg e continua da S in se, gΦ ∈ S ′.

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(2) Derivazione.Dati Φ ∈ S ′ e un multi-indice α, si definisce ∂αΦ ponendo

〈∂αΦ, f〉 = (−1)|α|〈Φ, ∂αf〉 .

(3) Convoluzione per funzioni in S.Date Φ ∈ S ′ e g ∈ S, si definisce Φ ∗ g ∈ S ′ ponendo

〈Φ ∗ g, f〉 = 〈Φ, f ∗ g〉 ,

dove g(x) = g(−x). La definizione e giustificata dal fatto che∫(u ∗ g)(x)f(x) dx =

∫∫u(y)g(x− y) dy f(x) dx

=∫∫

g(y − x)f(x) dxu(y) dy

=∫u(y)(f ∗ g)(y) dy .

Proposizione 2.2. La distribuzione Φ ∗ g coincide con la funzione

Φ ∗ g(x) = 〈Φ, τxg〉 ;

inoltre esiste un intero N tale che per ogni multi-indice α |∂α(Φ ∗ g)(x)| ≤ Cα(1 +|x|)N .

Dimostrazione. Si ponga u(x) = 〈Φ, τxg〉. Poiche le traslazioni sono continue in S,u e continua.

Sia N tale che valga la (2.1). Allora |u(x)| ≤ C‖τxg‖(N). Ma, poiche

|∂αg(t)| ≤ ‖g‖(N)(1 + |t|)−N ,

se |α| ≤ N , si ha

‖τxg‖(N) =∑|α|≤N

supy∈Rn

(1 + |y|)N |∂αg(x− y)|

=∑|α|≤N

supt∈Rn

(1 + |x− t|)N |∂αg(t)|

≤(

supt∈Rn

(1 + |x− t|)N

(1 + |t|)N

)‖g‖(N) .

Essendo (1 + |x− t|)/(1 + |t|) ≤ 1 + |x|, si ricava che

|u(x)| ≤ C(1 + |x|)N .

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Mostriamo ora che Λu = Φ ∗ g. Data f ∈ S, si ha

〈Λu, f〉 =∫u(x)f(x) dx

= limh→0

hn∑j∈Zn

u(hj)f(hj)

= limh→0

hn∑j∈Zn

f(hj)〈Φ, τhj g〉

= limh→0

⟨Φ, hn

∑j∈Zn

f(hj)τhj g

⟩= 〈Φ, g ∗ f〉= 〈Φ ∗ g, f〉 .

I passaggi sono giustificati dai seguenti fatti, di verifica non difficile:(a) la serie

∑j∈Zn f(hj)τhj g converge in S;

(b) limh→0 hn∑j∈Zn f(hj)τhj g = g ∗ f in S.

Per completare la dimostrazione, osserviamo che se f ∈ S,

∂f

∂xj= limh→0

τ−hejf − fh

in S. Percio

∂u

∂xj(x) = lim

h→0

〈Φ, τx+hej g〉 − 〈Φ, τxg〉h

= limh→0

⟨Φ,τhejτxg − τxg

h

⟩= 〈Φ, ∂xjτxg〉=⟨Φ, τx

(∂xjg

)⟩.

Ripetendo le considerazioni precedenti, si ottiene che |∂xju(x)| ≤ C ′(1 + |x|)N ,e che

Λ∂xju = Φ ∗ ∂xjg .

Per induzione si ha la tesi.

La dimostrazione ha evidenziato che ∂xj (Φ ∗ g) = Φ ∗ ∂xjg, e dunque che perogni multi-indice α

(2.2) ∂α(Φ ∗ g) = Φ ∗ ∂αg .

D’altra parte, se f, g ∈ S,

∂xj (f ∗ g)(x) =∫f(y)

∂g

∂xj(x− y) dy

= −∫f(y)

∂yjg(x− y) dy

=∫

∂f

∂yj(y)g(x− y) dy

=(∂xjf

)∗ g(x) .

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Quindi

〈∂α(Φ ∗ g), f〉 = (−1)|α|〈Φ ∗ g, ∂αf〉

= (−1)|α|〈Φ, (∂αf) ∗ g〉

= (−1)|α|〈Φ, ∂α(f ∗ g)〉= 〈∂αΦ, f ∗ g〉= 〈(∂αΦ) ∗ g, f〉 ;

quindi, oltre alla (2.2), vale anche la

(2.3) ∂α(Φ ∗ g) = (∂αΦ) ∗ g .

(4) Trasformata di FourierLa trasformata di Fourier Φ di Φ ∈ S e definita da

〈Φ, f〉 = 〈Φ, f〉 .

Per il Lemma 1.2, Φ ∈ S ′. Si verifica facilmente che se g ∈ S,

(Φ ∗ g) = Φg .

(5) Composizione con trasformazioni lineariSe A e una matrice n× n invertibile e Φ ∈ S ′, la composizione Φ A e definita

da〈Φ A, f〉 = (detA)−1〈Φ, f A−1〉 .

Le proprieta della trasformata di Fourier elencate in fondo al paragrafo prece-dente si estendono facilmente alle distribuzioni temperate.

In generale non e possibile definire ne il prodotto ne la convoluzione di duedistribuzioni generiche, salvo casi particolari. Vediamo uno di questi casi, in cuiuno dei due fattori ha supporto compatto.

Lemma 2.3. Se Ψ ∈ S ′ ha supporto compatto e f ∈ S, allora Ψ ∗ f ∈ S el’applicazione f 7→ Ψ ∗ f di S in se e continua.

Dimostrazione. Per la Proposizione 2.2, Ψ ∗ f e una funzione. Sia η una funzioneC∞ a supporto compatto, tale che η(x) = 1 su un intorno di supp Ψ. Allora

Ψ ∗ f(x) = 〈Ψ, τxf〉 = 〈Ψ, ητxf〉 ,

in quanto la differenza ητxf − τxf e identicamente nulla in un intorno di supp Ψ.Quindi, per un N opportuno, e posto K = supp η,

|Ψ ∗ f(x)| ≤ C‖ητxf‖(N)

= C∑|α|≤N

supy∈Rn

(1 + |y|)N∣∣∂α(η(y)f(x− y)

)∣∣≤ C ′

∑|α|≤N

supy∈K

(1 + |y|)N |∂αf(x− y)|

≤ C ′′∑|α|≤N

supy∈K|∂αf(x− y)| .

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Analogamente, usando la (2.2),

|∂β(Ψ ∗ f)(x)| ≤ C∑

|α|≤N+|β|

supy∈K|∂αf(x− y)| .

Allora, dato k ∈ N,

‖Ψ ∗ f‖(k) ≤ Ck∑

|α|≤N+k

supx∈Rn

(1 + |x|)k supy∈K|∂αf(x− y)|

≤ Ck∑

|α|≤N+k

supx∈Rn,y∈K

(1 + |x− y|)k|∂αf(x− y)|

= Ck‖f‖(N+k) .

Lemma 2.4. Se Ψ ∈ S ′ ha supporto compatto, contenuto nella palla aperta BR,allora Ψ e una una funzione; precisamente e la restrizione a Rn di una funzioneintera u(z) su Cn che soddisfa la seguente proprieta: esiste un intero N tale cheper ogni multi-indice α

|∂αΨ(z)| ≤ Cα(1 + |z|)NeR|=mz| .

Dimostrazione. Sia η una funzione C∞ con supp η = BR compatto tale che η(x) = 1su un intorno di supp Ψ. si definisca, per z ∈ Cn

u(z) = 〈Ψ, η(x)e−i∑

jzjxj 〉 .

Si verifica facilmente che u e continua e soddisfa le condizioni di Cauchy-Riemann∂zju = 0. Inoltre

|∂αu(z)| ≤ C∑|β|≤N

supx∈Rn

(1 + |x|)N∣∣∣∣∂βx (η(x)∂αz e

−i∑

jzjxj)∣∣∣∣

≤ C ′∑|β|≤N

sup|x|≤R

(1 + |x|)N+|α||z||β|∣∣e−i∑j

zjxj∣∣

≤ Cα(1 + |z|)NeR|=mz| .

Inoltre, se f ∈ S,∫u(ξ)f(ξ) dξ =

∫〈Ψ, η(x)e−iξ·x〉f(ξ) dξ

=⟨

Ψ, η(x)∫f(ξ)e−iξ·x dξ

⟩= 〈Ψ, ηf〉

= 〈Ψ, f〉

= 〈Ψ, f〉 ,

per cui Ψ = Λu.

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Teorema 2.5. Siano Φ,Ψ ∈ S ′, con Ψ a supporto compatto. Allora la convoluzioneΦ ∗Ψ e il prodotto ΦΨ sono ben definiti in S ′ rispettivamente da

〈Φ ∗Ψ, f〉 = 〈Φ, Ψ ∗ f〉

〈ΦΨ, f〉 = 〈Φ, Ψf〉 ;

inoltre Φ ∗Ψ = ΦΨ.

Dimostrazione. I Lemmi 2.3 e 2.4 assicurano rispettivamente che Φ ∗Ψ e ΦΨ sonoben definite. Si osservi in particolare che il Lemma 2.4 implica che |∂αΨ(x)| ≤Cα(1 + |x|)N per ogni α.

Ora,〈Φ ∗Ψ, f〉 = 〈Φ ∗Ψ, f〉 = 〈Φ, Ψ ∗ f〉 ,

per cui la dimostrazione si conclude se dimostriamo che Ψ ∗ f = Ψf . Ma se g ∈ S,

〈 Ψf, g〉 = 〈Ψ, f g〉

= 〈Ψ, f g〉

=1

2π〈Ψ, f ∗ ˆg〉

= 〈Ψ, f ∗ g〉

= 〈Ψ, (f ) ∗ g〉

= 〈Ψ ∗ f , g〉 .

3. Limiti di distribuzioni e identita approssimate

Come duale di uno spazio di Frechet, S′ e dotato di una topologia forte e diuna topologia debole. Noi useremo solo la topologia debole, ossia la topologia piudebole che, per ogni f ∈ S, renda continuo il funzionale Φ 7→ 〈Φ, f〉.

Di conseguenza, una successione generalizzata Φα in S′ converge debolementea Φ se e solo se

limα〈Φα, f〉 = 〈Φ, f〉 ,

per ogni f ∈ S. La convergenza debole viene anche detta nel senso delle dis-tribuzioni.

Nel seguito sara utile avere a disposizione il seguente risultato.

Lemma 3.1. . Sia Φα una successione generalizzata tale che per ogni f ∈ S illimite `(f) = limα〈Φα, f〉 esista finito. Allora f 7→ `(f) definisce una distribuzionetemperata.

Dimostrazione. Per ogni f ∈ S, l’insieme 〈Φα, f〉 e limitato. Per il Teorema diBanach-Steinhaus (valido anche in spazi di Frechet), esistono un intero N e unacostante C tali che |〈Φα, f〉| ≤ C‖f‖(N) per ogni α e f . Allora |`(f)| ≤ C‖f‖(N)

per ogni f .

Data η ∈ S, si ponga, per ε > 0, ηε(x) = ε−nη(x/ε).

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15

Lemma 3.2. Sia η ∈ S tale che∫η(x) dx = 1. Data f ∈ S, si ha limε→0 f ∗ηε = f

in S.

Dimostrazione. Si osservi che anche∫ηε(x) dx = 1 qualunque sia ε > 0. Pertanto

f ∗ ηε(x)− f(x) =∫ηε(y)f(x− y) dy − f(x) =

∫ηε(y)

(f(x− y)− f(x)

)dy .

Dato k ∈ N, vogliamo dimostrare che ‖f ∗ ηε − f‖(k) tende a zero con ε.Sia α un multi-indice con |α| ≤ k; si ha

(3.1)

(1 + |x|k)∣∣∂α(f ∗ ηε(x)− f(x)

)∣∣ ≤ (1 + |x|k)∫|ηε(y)|

∣∣∂αf(x− y)− ∂αf(x)∣∣ dy

= (1 + |x|k)∫|η(t)|

∣∣∂αf(x− εt)− ∂αf(x)∣∣ dt .

Consideriamo prima |x| ≤ 1. Per il Teorema del valor medio,∣∣∂αf(x− εt)− ∂αf(x)∣∣ ≤ ε|t|‖∇∂αf‖∞ ≤ ε|t|‖f‖(k+1) .

Quindi∑|α|≤k

sup|x|≤1

(1 + |x|k)∣∣∂α(f ∗ ηε − f)

∣∣ ≤ Ckε‖f‖(k+1)

∫|η(t)||t| dt .

Se ora |x| > 1, spezziamo l’integrale nella (3.1) secondo che |εt| sia maggiore ominore di |x|/2.

Se |εt| < |x|/2, sempre per il Teorema del valor medio,∣∣∂αf(x− εt)− ∂αf(x)∣∣ ≤ ε|t| sup

|u|<|x|/2

∣∣∇∂αf(x− u)∣∣ ≤ Cε|t||x|−k−1‖f‖(k+1) ,

in quanto, se |u| < |x|/2, risulta |x|/2 < |x− u| < 3|x|/2.Quindi ∫

|t|<|x|/2ε|η(t)|

∣∣∂αf(x− εt)− ∂αf(x)∣∣ dt

≤ Ckε|x|−k−1‖f‖(k+1)

∫|t|<|x|/2ε

|t||η(t)| dt

≤ Ckε|x|−k−1‖f‖(k+1)

∫Rn|t||η(t)| dt

≤ Ckε|x|−k−1‖f‖(k+1) .

D’altra parte,∫|t|>|x|/2ε

|η(t)|∣∣∂αf(x− εt)− ∂αf(x)

∣∣ dt ≤ 2‖f‖(k)

∫|t|>|x|/2ε

|η(t)| dt

≤ Ck‖f‖(k)

∫|t|>|x|/2ε

|t|−k−n dt

≤ Ck‖f‖(k)εk|x|−k ,

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di modo che ∫Rn|η(t)|

∣∣∂αf(x− εt)− ∂αf(x)∣∣ dt ≤ Ckε|x|−k‖f‖(k+1) .

In conclusione ‖f ∗ ηε − f‖(k) ≤ Ckε‖f‖(k+1).

Se∫η(x) dx = 1, la famiglia ηε si chiama una identita approssimata. Si noti

chelimε→0

ηε(ξ) = limε→0

η(εξ) = η(0) = 1

per ogni ξ.

Teorema 3.3. Se ηε e un’identita approssimata, data Φ ∈ S ′, si ha limε→0 Φ ∗ηε = Φ nel senso delle distribuzioni.

Dimostrazione. Data f ∈ S,

limε→0〈Φ ∗ ηε, f〉 = lim

ε→0〈Φ, f ∗ ηε〉 = 〈Φ, f〉 ,

in quanto anche ηε e un’identita approssimata.

In particolare, ηε → δ0 nel senso delle distribuzioni.

4. Distribuzioni in spazi prodotto e il Teorema del nucleo

Siano f ∈ S(Rn), g ∈ S(Rm). Allora il prodotto tensoriale

(f ⊗ g)(x, y) = f(x)g(y)

e in S(Rn+m).Vogliamo ora definire il prodotto tensoriale di due distribuzioni temperate. In-

iziamo con un lemma sugli “integrali” dipendenti da parametro. Si noti innanzituttoche se f ∈ S(Rn+m), per ogni y ∈ Rm la funzione f(·, y) e in S(Rn).

Lemma 4.1. Date f ∈ S(Rn+m) e Φ ∈ S ′(Rn), e posto

g(y) =⟨Φ, f(·, y)

⟩,

risulta g ∈ S(Rm).Analogamente, date Φ ∈ S ′(Rn+m) e f ∈ S(Rn), e posto

〈Ψ, g〉 = 〈Φ, f ⊗ g〉 ,risulta Ψ ∈ S ′(Rm).

Dimostrazione. Siano k e C tali che |〈Φ, h〉| ≤ C‖h‖(k). Allora per ogni N ,

|∂αg(y)| ≤ C‖∂αy f(·, y)‖(k)

= C∑|β|≤k

supx∈Rn

(1 + |x|)k∣∣∂βx∂αy f(x, y)

∣∣≤ CN‖f‖(k+|α|+N)

∑|β|≤k

supx∈Rn

(1 + |x|)k(1 + |x|+ |y|)−k−N

≤ CN (1 + |y|)−N‖f‖(k+|α|+N) .

Quindi‖g‖(N) ≤ CN‖f‖(k+2N) .

La seconda parte dell’enunciato si dimostra in modo analogo.

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Lemma 4.2. Se Φ ∈ S ′(Rn+m) e tale che 〈Φ, f ⊗ g〉 = 0 per ogni f ∈ S(Rn) eg ∈ S(Rm), allora Φ = 0.

Dimostrazione. Siano ϕε(x) e ψε(y) identita approssimate in Rn e Rm rispet-tivamente. Allora ηε = ϕε⊗ψε e un’identita approssimata in Rn+m. Per ipotesi,

Φ ∗ ηε(x, y) = 〈Φ, τ(x,y)ηε〉 = 〈Φ, (τxϕε)⊗ (τyψε)〉 = 0 .

Per il Teorema 3.3, Φ = 0.

Teorema 4.3. Siano Φ ∈ S ′(Rn), Ψ ∈ S ′(Rm). Esiste un’unica distribuzioneΦ⊗Ψ ∈ S ′(Rn+m) tale che

(4.1) 〈Φ⊗Ψ, f ⊗ g〉 = 〈Φ, f〉〈Ψ, g〉

per ogni f ∈ S(Rn) e g ∈ S(Rm).Inoltre, se h ∈ S(Rn+m), si ha

(4.2) 〈Φ⊗Ψ, h〉 =⟨Φ, 〈Ψ, h(x, ·)〉

⟩=⟨Ψ, 〈Φ, h(·, y)〉

⟩.

Dimostrazione. Per il Lemma 4.2, le due ultime espressioni definiscono due dis-tribuzioni temperate, che soddisfano entrambe la (4.1). L’unicita segue dal Lemma4.2.

Proposizione 4.4. Siano Φ ∈ S ′(Rn), Ψ ∈ S ′(Rm). Allora

supp (Φ⊗Ψ) = (supp Φ)× (supp Ψ) .

Dimostrazione. Siano S1, S2 i supporti di Φ,Ψ rispettivamente. Sia (x0, y0) 6∈ S1×S2, e supponiamo che x0 6∈ S1. Sia U×V un intorno di (x0, y0) tale che S1∩U = ∅.Allora, se supph ⊂ U × V , si ha 〈Φ, h(·, y)〉 = 0 per ogni y, da cui 〈Φ⊗Ψ, h〉 = 0.Dunque supp (Φ⊗Ψ) ⊆ S1 × S2.

Viceversa, sia (x0, y0) ∈ S1×S2. Per ogni intorno U di x0 e ogni intorno V di y0

esistono funzioni fU e gV con supporto in U e V rispettivamente, tali che 〈Φ, fU 〉 6= 0e 〈Ψ, gV 〉 6= 0. Allora 〈Φ⊗Ψ, fU ⊗ gV 〉 6= 0, e dunque (x0, y0) ∈ supp (Φ⊗Ψ).

Si consideri ora una distribuzione K ∈ S ′(Rn+m), e si costruisca l’operatore“integrale” T con nucleo K, definito su S(Rn) a valori in S ′(Rm)

(4.3) 〈Tf, g〉 = 〈K, f ⊗ g〉 .

La seconda parte del Lemma 4.1 afferma che T e ben definito. E facile verificareche T e continuo, cioe che, data una successione generalizzata fα convergentea f in S(Rn), la successione generalizzata Tfα converge a Tf nel senso delledistribuzioni.

Vediamo ora l’enunciato inverso, premettendo un paio di lemmi.

Lemma 4.5 (Bourbaki). Siano E,F spazi di Frechet, e sia B : E × F → C unaforma bilineare, separatamente continua nelle due variabili. Allora B e continua.

Per la dimostrazione, v. p.es. Kothe, Topological Vector Spaces I, p.172.

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Lemma 4.6. Sia h(ε) una funzione definita su (0, 1] tale che per un intero N siabbia |h(N+1)(ε)| ≤ Cε−N . Allora limε→0 h(ε) esiste finito.

Dimostrazione. Segue dalla formula di Taylor:

h(ε) = h(1)+h′(1)(ε−1)+· · ·+h(N)(1)N !

(ε−1)N+1N !

∫ ε

1

(ε−s)Nh(N+1)(s) ds .

Teorema 4.7 (Teorema del nucleo di Schwartz). Sia T : S(Rn) 7−→ S ′(Rm)un operatore lineare continuo. Esiste allora un’unica K ∈ S ′(Rn+m) tale che valgala (4.3) per ogni f ∈ S(Rn) e g ∈ S(Rm).

Dimostrazione. L’unicita segue dal Lemma 4.2.Siano ϕε e ψε identita approssimate in Rn e Rm rispettivamente, e si

definisca la funzioneKε(x, y) =

⟨T (τxϕε), τyψε

⟩.

Vogliamo dimostrare che le Kε definiscono distribuzioni temperate, e che questeconvergono nel senso delle distribuzioni quando ε tende a 0..

La forma bilineare B(f, g) = 〈Tf, g〉 e separatamente continua su S(Rn)×S(Rm).Dunque essa e continua e pertanto esistono una costante C e un intero k tali che∣∣〈Tf, g〉∣∣ ≤ C‖f‖(k)‖g‖(k) .

Osserviamo che

‖τxϕε‖(k) =∑|α|≤k

supt∈Rn

(1 + |t|)k∣∣∂α(ε−nϕ(ε−1(t− x))

)∣∣= ε−n

∑|α|≤k

supt∈Rn

(1 + |t|)kε−|α|∣∣∂αϕ(ε−1(t− x))

∣∣≤ Ckε−n sup

t∈Rn(1 + |t|)kε−k

(1 + ε−1|t− x|

)−k= Ckε

−n supt∈Rn

(1 + |t|)k(ε+ |t− x|

)−k= Ckε

−n supt∈Rn

(1 + |t+ x|ε+ |t|

)k≤ Ckε−n sup

t∈Rn

(1 + |t|ε+ |t|

+|x|

ε+ |t|

)k≤ Ckε−n(ε−1 + ε−1|x|)k

≤ Ckε−n−k(1 + |x|)k ,

e similmente per ‖τyψε‖(k). Di conseguenza,

(4.4)

|Kε(x, y)| ≤ C‖τxϕε‖(k)‖τyψε‖(k)

≤ Cε−n−m−2k(1 + |x|)k(1 + |y|)k

≤ Cε−n−m−2k(1 + |x|+ |y|)2k .

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19

Inoltre

∂Kε

∂ε(x, y) =

⟨T

(τx∂ϕε∂ε

), τyψε

⟩+⟨T (τxϕε), τy

∂ψε∂ε

⟩,

dove

∂ϕε∂ε

(t) =∂

∂ε

(ε−nϕ(ε−1t)

)= −nε−n−1ϕ(ε−1t)− ε−n−2

∑j

tj∂ϕ

∂tj(ε−1t)

= −∑j

∂(tjϕ)ε∂tj

(t) .

Quindi

τx∂ϕε∂ε

(t) = −∑j

∂(tjϕ)ε∂tj

(t− x) =∑j

∂xj((tjϕ)ε(t− x)) =

∑j

∂xjτx (tjϕ)ε (t) ,

per cui

∂Kε

∂ε(x, y) =

∑j

⟨T

(∂

∂xjτx (tjϕ)ε

), τyψε

⟩+∑k

⟨T (τxϕε),

∂ykτy (tkψ)ε

⟩=∑j

∂xj

⟨T(τx (tjϕ)ε

), τyψε

⟩+∑k

∂yk〈T (τxϕε), τy (tkψ)ε〉

=∑j

∂xjFj,ε(x, y) +

∑k

∂ykGk,ε(x, y) ,

dove le funzioni Fj,ε e Gk,ε soddisfano condizioni analoghe alla (4.4) con lo stessoesponente per ε.

Lo stesso vale per le derivate successive di Kε(x, y) rispetto a ε.Data u ∈ S(Rn+m), poniamo

h(ε) =∫Kε(x, y)u(x, y) dx dy .

Allora, posto N = n+m+ 2k,

hN+1(ε) =∫∂NKε(x, y)

εNu(x, y) dx dy

=∑

|α|=N+1

(−1)|α|∫Fα,ε(x, y)∂αu(x, y) dx dy .

Quindi

|hN+1(ε)| ≤ Cε−N∫

(1 + |x|+ |y|)2k|∂αu(x, y)| dx dy ≤ Cε−N .

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Per il Lemma 4.5, limε→0〈Kε, u〉 esiste finito. Per il Lemma 3.1, le Kε tendonoa una K ∈ S ′(Rn+m).

Siano ora f ∈ S(Rn) e g ∈ S(Rm). Si ha

〈K, f ⊗ g〉 = limε→0

∫Kε(x, y)f(x)g(y) dx dy

= limε→0

∫ ⟨T (τxϕε), τyψε

⟩f(x)g(y) dx dy

= limε→0

⟨T

(∫f(x)τxϕε dx

),

∫g(y)τyψε dy

⟩= limε→0〈T (f ∗ ϕε), g ∗ ψε〉

= 〈Tf, g〉 ,

per la continuita della forma bilineare B.

5. Caratterizzazione degli operatori di convoluzione

Un operatore lineare T : S(Rn) −→ S ′(Rn) si dice invariante per traslazioni seT τh = τh T per ogni h ∈ Rn.

Sono invarianti per traslazioni gli operatori di convoluzione f 7→ Φ ∗ f , conΦ ∈ S ′(Rn). Infatti

τh(Φ ∗ f)(x) = Φ ∗ f(x− h) = 〈Φ, τx−hf〉 = 〈Φ, τx(τhf ) 〉 = Φ ∗ (τhf)(x) .

Vediamo ora l’enunciato inverso, premettendo un lemma.

Lemma 5.1. Sia Φ ∈ S ′(Rn+m) tale che 〈Φ, τ(0,h)u〉 = 〈Φ, u〉 per ogni u ∈ S(Rn+m

e ogni h ∈ Rm. Allora esiste un’unica Φ0 ∈ S ′(Rn) tale che Φ = Φ0 ⊗ 1.

Dimostrazione. L’ipotesi implica che 〈Φ, ∂yku〉 = 0 per ogni u ∈ S(Rn+m) e perk = 1, . . . ,m.

Sia η ∈ S(Rm) tale che in un intorno di ξ = 0 si abbia η(ξ) = 1, e si definisca Φ0

ponendo, per f ∈ S(Rn),〈Φ0, f〉 = 〈Φ, f ⊗ η .

Data g ∈ S(Rm), si decomponga g come segue:

g(ξ) = g(0)η(ξ) + η(ξ)m∑k=1

ξk

∫ 1

0

∂g

∂ξk(tξ) dt+ r(ξ) .

Isolando r(ξ), si vede che essa e in S(Rm) e che si annulla in un intorno di 0.Quindi s(ξ) = r(ξ)/|ξ|2 e pure in S(Rm).

Sia gk ∈ S(Rm) la funzione tale che

gk(ξ) = −iη(ξ)∫ 1

0

∂g

∂ξk(tξ) dt− iξks(ξ) .

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21

Allora

g(ξ) = g(0)η(ξ) +m∑k=1

iξkgk(ξ) ,

ossia

g(y) = g(0)η(y) +m∑k=1

∂gk∂yk

(y) .

Quindi〈Φ, f ⊗ g〉 = g(0)〈Φ, f ⊗ η〉 = 〈Φ0, f〉〈1, g〉 .

Cio dimostra che Φ = Φ0 ⊗ 1.

Teorema 5.2. Sia T : S(Rn) −→ S ′(Rn) un operatore lineare, continuo e invari-ante per traslazioni. Esiste allora un’unica Φ ∈ S ′(Rn) tale che Tf = Φ ∗ f .

Dimostrazione. Per l’unicita, si supponga che Φ1 ∗ f = Φ2 ∗ f per ogni f ∈ S.Prendendo f = ηε, identita approssimata, si conclude che Φ1 = Φ2.

Mostriamo ora l’esistenza. Per il Teorema del nucleo di Schwartz, esiste un’unicaK ∈ S ′(R2n) tale che 〈Tf, g〉 = 〈K, f ⊗ g〉.

L’invarianza per traslazioni equivale a dire che per ogni h ∈ Rn

〈K, f ⊗ g〉 = 〈τ−h T τhf, g〉 = 〈T (τhf), τhg〉 = 〈K, τ(h,h)(f ⊗ g)〉 .

Segue dal Lemma 4.2 che K = τ(−h,−h)K per ogni h ∈ Rn, cioe

〈K, τ(h,h)u〉 = 〈K,u〉

per ogni u ∈ S(R2n).Sia ora A la matrice 2n× 2n

A =12

(In In−In In

)e si ponga K = K A, di modo che

〈K, u〉 = 2n〈K,u A−1〉 .

Ma u A−1(x, y) = u(x− y, x+ y), per cui

τ(h,h)(u A−1)(x, y) = (u A−1)(x− h, y − h)

= u(x− y, x+ y − 2h)

= (τ(0,2h)u) A−1)(x, y) .

Quindi〈K, τ(0,2h)u〉 = 〈K, u〉

per ogni h ∈ Rn. Segue dal Lemma 5.1 che K e un prodotto tensoriale Φ0 ⊗ 1. Maallora

〈K, f ⊗ g〉 = 2−n〈K, (f ⊗ g) A〉 = 2−n〈Φ0 ⊗ 1, (f ⊗ g) A〉 .

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22

Essendo ((f ⊗ g) A

)(x, y) = f

(x+ y

2

)g

(y − x

2

),

si ha

〈Tf, g〉 = 〈K, f ⊗ g〉

= 2−n⟨

Φ0,

∫f

(x+ y

2

)g

(y − x

2

)dy

⟩=⟨

Φ0,

∫f(t)g(t− x) dt

⟩= 〈Φ0, f ∗ g〉= 〈Φ0, f ∗ g〉= 〈Φ0 ∗ f, g〉 .

Si ottiene il risultato ponendo Φ = Φ0.

6. Misure

Si richiamano alcune nozioni sulle misure di Borel complesse. Per gli enunciatinon dimostrati, si veda Rudin, Real and Complex Analysis, cap.6.

Si chiama misura di Borel complessa su Rn una funzione µ che a ogni Boreliano Blimitato associa un numero complesso µ(B) in modo che sia soddisfatta la seguenteproprieta: se Bj e una famiglia numerabile di Boreliani a due a due disgiunti,tali che B =

⋃j Bj sia limitato, allora

(6.1) µ(B) =∑j

µ(Bj) .

Poiche la somma della serie e indipendente da possibili riordinamenti dei Bj ,segue che la serie (6.1) e assolutamente convergente.

Dato un boreliano B limitato, si chiama variazione totale di µ su B il numero

|µ|(B) = sup

∑j

|µ(Bj)| : Bj partizione numerabile di B in Boreliani

.

Si dimostra che |µ|(B) e finita e che |µ| e una misura di Borel positiva su Rn.Si dice che µ e regolare se |µ| e regolare, ossia se per ogni Boreliano B si ha

|µ|(B) = sup|µ|(K) : K ⊂ B, compatto

= inf

|µ|(A) : A ⊃ B, aperto

.

Poiche |µ(B)| ≤ |µ|(B) per ogni Boreliano B, µ e assolutamente continua rispettoa |µ|. Il Teorema di Radon-Nikodim afferma, piu precisamente, che esiste unafunzione h(x) misurabile rispetto a |µ| e di modulo |h(x)| = 1 q.o. tale che dµ(x) =h(x)d|µ|(x).

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23

Una funzione f e, per definizione, integrabile rispetto a µ se e solo se e integrabilerispetto a |µ| e si definisce∫

f(x) dµ(x) =∫f(x)h(x) d|µ|(x) .

Ogni misura di Borel regolare µ si decompone in modo unico come la somma ditre misure, µ = µa + µd + µs, dove

(a) µa e assolutamente continua rispetto alla misura di Lebesgue, cioe dµa(x) =ϕ(x) dx, con ϕ localmente integrabile rispetto alla misura di Lebesgue;

(b) µd e discreta, ossia µd =∑j cjδxj e una combinazione localmente sommabile

di delte di Dirac (cioe per ogni r,∑|xj |<r |cj | <∞);

(c) µs e singolare e continua; cio significa che µs e concentrata su un insiemedi misura di Lebesgue nulla E (cioe µs(Rn \ E) = 0) e non ha atomi (ognipunto ha misura µs nulla).

Una misura regolare µ si dice finita se∫

Rn d|µ|(x) <∞. In tal caso si pone

(6.2) ‖µ‖1 =∫

Rnd|µ|(x) .

Si indica con M(Rn) lo spazio delle misure regolari di Borel finite, dotato dellanorma (6.2).

Dato un compatto K ⊂ Rn, sia CK(Rn) lo spazio delle funzioni continue suRn con supporto in K, dotato della norma uniforme. Ovviamente Cc(Rn) =⋃K CK(Rn) e lo spazio delle funzioni continue a supporto compatto.Indichiamo con C0(Rn) lo spazio delle funzioni continue che si annullano all’infi-

nito, dotato della norma uniforme.

Teorema 6.1 (Teorema di rappresentazione di Riesz).(a) Sia Φ : C0(Rn) −→ C un funzionale lineare continuo. Allora esiste una e

una sola µ ∈ M(Rn) tale che Φ(f) =∫f dµ per ogni f ∈ C0(Rn). Inoltre

‖Φ‖ = ‖µ‖1. Viceversa, data µ ∈ M(Rn), il funzionale Φ(f) =∫f dµ e

continuo su f ∈ C0(Rn).(b) Sia Φ : Cc(Rn) −→ C un funzionale lineare tale che, per ogni K compatto,

la sua restrizione a CK(Rn) sia continua. Allora esiste una e una solamisura di Borel regolare µ tale che Φ(f) =

∫f dµ per ogni f ∈ Cc(Rn).

Viceversa, data una misura di Borel regolare µ, il funzionale Φ(f) =∫f dµ

e continuo su CK(Rn) per ogni compatto K.

Corollario 6.2. Se µ ∈ M , ogni funzione f continua e limitata e integrabilerispetto a µ. Inoltre

(6.3)∣∣∣∣∫ f(x) dµ(x)

∣∣∣∣ ≤ ‖f‖∞‖µ‖1 .Dimostrazione. Sia h tale che dµ(x) = h(x)d|µ|(x). Sia inoltre η una funzionecontinua a supporto compatto tale che 0 ≤ η ≤ 1 e η(x) = 1 se |x| ≤ 1; per npositivo si ponga η(n)(x) = η(x/n). Per ogni n si ha∣∣∣∣∫ f(x)η(n)(x) dµ(x)

∣∣∣∣ ≤ ‖f‖∞‖µ‖1 .

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Applicando il Teorema della convergenza dominata alla successione

f(x)η(n)(x)h(x)

rispetto alla misura positiva |µ|, si ottiene la tesi passando al limite.

La parte (a) del Teorema di rappresentazione di Riesz assicura in particolare cheM(Rn) e uno spazio di Banach.

Si osservi che il sottospazio di M(Rn) costituito dalle misure assolutamente con-tinue rispetto alla misura di Lebesgue e isometricamente isomorfo a L1(Rn), epertanto e chiuso in M(Rn).

Su M(Rn) e possibile definire la convoluzione nel modo seguente. Date µ, ν ∈M(Rn), si consideri µ⊗ ν ∈M(R2n) e si definisca µ ∗ ν ponendo

(6.4)∫f(x) d(µ ∗ ν)(x) =

∫∫f(x+ y) dµ(x) dν(y) .

Il fatto che µ ∗ ν ∈ M(Rn) segue immediatamente dal Teorema di rappresen-tazione di Riesz.

Teorema 6.3. Con la convoluzione (6.4), M(Rn) e un’algebra di Banach commu-tativa con identita δ0.

Dimostrazione. Svolgiamo solo un paio delle verifiche necessarie. Per l’associativita,si osservi che∫

f(x) d(µ ∗ (ν ∗ λ)

)(x) =

∫∫f(x+ y) dµ(x) d(ν ∗ λ)(y)

=∫∫∫

f(x+ y + z) dµ(x) dν(y) dλ(z) ,

e si ottiene lo stesso per (µ ∗ ν) ∗ λ.Dalla (6.4), poi, segue che∣∣∣∣∫ f(x) d(µ ∗ ν)(x)

∣∣∣∣ ≤ ‖f‖∞‖µ‖1‖ν‖1 ,per cui ‖µ ∗ ν‖1 ≤ ‖µ‖1‖ν‖1.

Il resto e di facile verifica.

Teorema 6.4. Le misure assolutamente continue rispetto alla misura di Lebesgueformano un ideale in M(Rn), cioe se f ∈ L1(Rn) e µ ∈ M(Rn), allora f ∗ µ ∈L1(Rn).

Dimostrazione. Sia fn una successione in S convergente a f nella norma L1. Perla Proposizione 2.2, fn ∗ µ coincide con una funzione C∞; in particolare fn ∗ µ eassolutamente continua rispetto alla misura di Lebesgue.

Ma ‖f∗µ−fn∗µ‖1 ≤ ‖f−fn‖1‖µ‖1. Poiche L1 e chiuso inM , si ha µ∗f ∈ L1.

Segue immediatamente dalla (6.4) che ogni misura finita definisce una distribu-zione temperata, e dunque ha una trasformata di Fourier.

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Teorema 6.5. La trasformata di Fourier di una misura µ ∈M(Rn) e la funzionecontinua

(6.5) µ(ξ) =∫e−iξ·xdµ(x) .

Inoltre ‖µ‖∞ ≤ ‖µ‖1.

Dimostrazione. La funzione in (6.5) e sicuramente ben definita. Inoltre

|µ(ξ)| ≤∫d|µ|(x) = ‖µ‖1 .

Se f(ξ) ∈ S, ∫f(ξ)µ(ξ) dξ =

∫∫f(ξ)e−iξ·xdµ(x)

=∫f(x)dµ(x) ,

per cui la funzione (6.5) e la trasformata di Fourier di µ come distribuzione tem-perata.

Per dimostrare che µ e continua, sia ξ0 ∈ Rn e, dato ε > 0, si prenda R > 0 taleche

∫|x|>R d|µ|(x) < ε. Si prenda quindi δ > 0 tale che |ξ − ξ0| < δ implichi che

|e−iξ·x − e−iξ0·x| < ε/R per ogni x con |x| ≤ R.Il solito “3ε-argument” da la conclusione.

Diremo che una misura di Borel regolare e temperata se esiste un intero k taleche ∫

(1 + |x|)−k d|µ|(x) <∞ .

Una misura temperata µ definisce la distribuzione temperata f ∈ S 7−→∫f dµ,

che indicheremo pure con il simbolo µ.Se µ ≥ 0, la distribuzione corrispondente e ovviamente positivo, nel senso che

f ≥ 0⇒∫f dµ ≥ 0.

Teorema 6.6. Una distribuzione Φ ∈ S ′ positiva e una misura temperata.

Dimostrazione. Sia η ≥ 0 una funzione C∞ a supporto compatto tale che η(x) = 1se |x| ≤ 1. Se r > 1, si ponga η(r)(x) = η(x/r). Allora ‖η(r)‖(k) ≤ Crk per ogni k.

Sia f = f1 + if2 una funzione C∞ con supporto compatto. Se r e abbastanzagrande, η(r) vale 1 sul supporto di f . Allora −‖fj‖∞η(r) ≤ fj ≤ ‖fj‖∞η(r), per cui

|〈Φ, fj〉| ≤ 〈Φ, η(r)〉‖fj‖∞ ≤ Crk‖fj‖∞ .

Dunque |〈Φ, f〉| ≤ Crk‖f‖∞ e Φ si estende per continuita a un funzionale con-tinuo su CK(Rn).

Per il Teorema di Riesz esiste una misura di Borel regolare µ tale che 〈Φ, f〉 =∫f dµ. Ovviamente µ e positiva.Inoltre, se j ≥ 0, la misura dell’insieme Ej = B2j \B2j−1 non supera

∫η(2j)dµ =

〈Φ, η(2j)〉 ≤ C2jk. Da qui segue che∫

(1 + |x|)−k−1dµ(x) <∞.

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7. Operatori invarianti per traslazioni tra spazi Lp

In questo paragrafo e nei prossimi studiamo operatori lineari da Lp(Rn) a Lq(Rn).Conveniamo tuttavia che, quando il dominio e L∞(Rn), questo va sostituito neglienunciati con C0(Rn), lo spazio delle funzioni continue che si annullano all’infinito.

Dati due esponenti p, q, con 1 ≤ p, q ≤ ∞, sia T : Lp(Rn) −→ Lq(Rn) unoperatore lineare continuo che commuti con le traslazioni, cioe T τh = τh T perogni h ∈ Rn.

Teorema 7.1. Se T : Lp(Rn) −→ Lq(Rn) e lineare, continuo e commuta con letraslazioni, e inoltre q < p, allora T = 0.

La dimostrazione e basata sul seguente lemma.

Lemma 7.2. Se f ∈ Lp, 1 ≤ p <∞, allora

limh→∞

‖τhf − f‖p = 21/p‖f‖p .

Se f ∈ C0, alloralimh→∞

‖τhf − f‖∞ = ‖f‖∞ .

Dimostrazione. Sia g ∈ Lp con supporto contenuto in BR. Allora, se |h| > 2R,K ∩ (K + h) = ∅. Quindi

‖‖τhg − g‖pp =∫|g(x− h)− g(x)|p dx

=∫BR+h

|g(x− h)|p dx+∫BR

|g(x)|p dx = 2‖g‖pp .

Dati f ∈ Lp e ε > 0, sia g a supporto compatto tale che ‖f − g‖p < ε. Sesupp g ⊂ BR e |h| > 2R, si ha∣∣∣‖τhf − f‖p − 21/p‖f‖p

∣∣∣ ≤ |‖τhf − f‖p − ‖τhg − g‖p|+ 21/p |‖g‖p − ‖f‖p|

≤ ‖τhf − τhg − f + g‖p + 21/p‖g − f‖p≤ (2 + 21/p)ε .

La dimostrazione e analoga per C0.

Dimostriamo ora il Teorema 7.1.Dati f ∈ Lp e h ∈ Rn, abbiamo

‖τhTf − Tf‖q = ‖T (τhf − f)‖q ≤ ‖T‖‖τhf − f‖p .

Quindi, passando al limite per h→∞,

21/q‖Tf‖q ≤ ‖T‖21/p‖f‖p ,

cioe‖Tf‖q ≤ ‖T‖21/p−1/q‖f‖p ,

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per cui 21/p−1/q‖T‖ ≥ ‖T‖. Essendo 1/p − 1/q < 0, questo implica che ‖T‖ = 0.

Poiche le inclusioni S → Lp e Lq → S ′ sono continue, si puo applicare il Teorema5.2 per concludere che esiste una e una sola distribuzione K ∈ S ′ tale che Tf = K∗fper ogni f ∈ S.

Per la densita di S in Lp (ricordiamo che L∞ e sostituito da C0), la distribuzioneK determina T univocamente.

Viceversa, sia K ∈ S ′ tale che per una opportuna costante C > 0 e per ognif ∈ S si abbia ‖K ∗ f‖q ≤ C‖f‖p. Allora l’operatore Tf = K ∗ f si estende inmodo unico a un operatore continuo da Lp a Lq che, sempre per il Teorema 5.2,commuta con le traslazioni. Con abuso di linguaggio scriveremo, anche per unagenerica f ∈ Lp, K ∗ f per indicarne l’immagine secondo l’operatore cosı esteso.

La norma dell’operatore verra indicata con ‖T‖pq o anche con ‖K‖pq.Diremo in tal caso che K e un (p, q)-convolutore e indicheremo con Cpq lo spazio

di Banach dei (p, q)-convolutori, con la norma ‖K‖pq.

In questo quadro si pongono due problemi:

(1) dati due esponenti p e q, individuare condizioni sufficienti e condizioni nec-essarie perche una data distribuzione sia un (p, q)-convolutore;

(2) data K ∈ S ′, determinare le coppie (p, q) per cui K e un (p, q)-convolutore.

Daremo ora una risposta completa (condizioni necessarie e sufficienti) al prob-lema (1) nei seguenti casi: (a) p = 1, (b) q =∞, (c) p = q = 2.

Lemma 7.3. Se f ∈ Lp, h ∈ Rn e ϕε e un’identita approssimata, allora

limh→0‖τhf − f‖p = 0(7.1)

limε→0‖f ∗ ϕε − f‖p = 0 .(7.2)

Dimostrazione. Dato ε > 0, g ∈ Cc tale che ‖f −g‖p < ε. Scegliamo r > 0 in modoche supp g ⊂ [−r, r]. Per la continuita uniforme di g, esiste δ tale che 0 < δ < r e,se |h| < δ, ‖τhg − g‖∞ < εr−n/p. Allora

‖τhf − f‖p < 2ε+ ‖τhg − g‖p < (2 + C)ε .

Questo dimostra la (7.1). Per la (7.2), si ha

f ∗ ϕε(x)− f(x) =∫ (

f(x− y)− f(x))ϕε(y) dy =

∫ (τyf(x)− f(x)

)ϕε(y) dy .

Per la disuguaglianza di Minkowski,

‖f ∗ ϕε − f‖p ≤∫‖τyf − f‖p|ϕε(y)| dy =

∫‖τεyf − f‖p|ϕ(y)| dy = 0 ,

per la (7.1) e la convergenza dominata.

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Lemma 7.4. Date f ∈ L1 e g ∈ Lq, 1 ≤ q < ∞, l’integrale di convoluzionef ∗ g(x) =

∫f(x− y)g(y) dy converge per quasi ogni x e definisce una funzione in

Lqtale che ‖f ∗ g‖q ≤ ‖f‖1‖g‖q.Se q =∞, l’integrale converge per ogni x e definisce una funzione continua tale

che ‖f ∗ g‖∞ ≤ ‖f‖1‖g‖∞.

Dimostrazione. Sia q = 1. L’integrale doppio∫∫|f(x−y)||g(y)| dx dy e convergente.

Per il Teorema di Fubini, l’integrale di convoluzione converge assolutamente perquasi ogni x. La disuguaglianza tra le norme e poi ovvia.

Sia ora q =∞. L’integrale di convoluzione converge per ogni x e si ha banalmente|f ∗ g(x)| ≤ ‖f‖1‖g‖∞. Per la continuita di f ∗ g, si approssimi f nella norma L1

con una successione fn in S. Allora fn ∗g e continua e inoltre ‖fn ∗g−f ∗g‖∞ ≤‖fn − f‖1‖g‖∞. Quindi fn ∗ g converge uniformemente a f ∗ g, che risulta cosıcontinua.

Se 1 < q <∞, data g ∈ Lq, si ponga

g1(x) =g(x) se |g(x)| < 10 altrimenti ;

g2(x) =g(x) se |g(x)| ≥ 10 altrimenti .

Allora g1 ∈ L∞ e g2 ∈ L1, in quanto∫|g2(x)| dx ≤

∫|g2(x)|q dx < ∞. Quindi

f ∗ g(x) = f ∗ g1(x) + f ∗ g2(x) converge quasi ovunque.Inoltre, per la (7.1), la funzione y 7→ τyg e continua da R a Lq. Di conseguenza

l’integrale∫f(y)τyg dy = f ∗ g converge in Lq, e

‖f ∗ g‖q =∥∥∥∥∫ f(y)τyg dy

∥∥∥∥q

≤∫|f(y)|‖τyg‖q dy = ‖f‖1‖g‖q ,

come da dimostrarsi

Teorema 7.5. C11 = M e, se q > 1, C1q = Lq in modo isometrico.

Dimostrazione. Il Teorema 6.4 e il Lemma 7.4 danno rispettivamente le inclusioniM ⊆ C11 e, per q > 1, Lq ⊆ C1q, con le stime ‖µ‖1,1 ≤ ‖µ‖1, ‖g‖1,q ≤ ‖g‖q.

Dimostriamo quindi le inclusioni opposte.Sia ϕε un’identita approssimata in S, ϕ ≥ 0. Dato K ∈ C1q, q > 1, si ponga

gε = K ∗ ϕε. Poiche ‖ϕε‖1 = ‖ϕ‖1 = 1, si ha ‖gε‖q ≤ ‖K‖1q.Per il Teorema di Banach-Alaoglu, essendo Lq il duale di Lq

′, ove q′ = q/(q−1),

esiste una successione εn tendente a 0 tale che gn = gεn converga a g ∈ Lq nellatopologia debole-*. Inoltre ‖g‖q ≤ ‖K‖1q.

Di conseguenza, si ha limn gn = g in S ′. D’altra parte gn = K ∗ ϕεn tendono aK, per cui K = g e, come abbiamo visto, ‖g‖q ≤ ‖g‖1q.

Se q = 1, la successione gn converge a µ ∈ M nella topologia debole-*. Il restosegue come prima.

Passiamo ora a identificare Cp∞.

Lemma 7.6. Cpq = Cq′p′ in modo isometrico.

Dimostrazione. Si consideri la forma bilineare Bp : Lp × Lp′ −→ C:

Bp(f, g) =∫f(x)g(−x) dx ,

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e si noti che‖f‖p = sup

‖g‖p′≤1

|Bp(f, g)| .

Dato un operatore lineare T continuo da Lp a Lq, si definisca T ′ : Lq′ −→ Lp

ponendoBp(f, T ′g) = Bq(Tf, g) .

Si dimostra in modo standard che T ′ e continuo e che ‖T ′‖q′p′ = ‖T‖pq.Se Tf = K ∗ f , prese f, g ∈ S, si ha

Bp(f, T ′g) = Bq(Tf, g) = 〈K ∗ f, g〉 = 〈f, K ∗ g〉 = 〈f, (K ∗ g) 〉 = Bp(f, Tg) .

Dunque T ′ = T .

Corollario 7.7. Si ha Cp∞ = C1p′ = Lp′

se p <∞, mentre C∞∞ = C11 = M , inmodo isometrico.

Ricordiamo che C∞∞ indica lo spazio dei convolutori da C0 a L∞.

Corollario 7.8. Se K ∈ Cp∞, l’immagine di Lp secondo l’operatore Tf = f ∗K econtenuta nel sottospazio C ∩ L∞.

Dimostrazione. Se f ∈ S, sicuramente f ∗ K e continua. Il retso segue per den-sita.

Teorema 7.9. Una distribuzione K ∈ S ′ e in C22 se e solo se K ∈ L∞; inoltre‖K‖22 = ‖K‖∞.

Dimostrazione. Se K ∈ L∞, la formula di Plancherel da, per f ∈ S,

‖K ∗ f‖2 =1

(2π)n/2‖Kf‖2 ≤

1(2π)n/2

‖K‖∞‖f‖2 = ‖K‖∞‖f‖2 .

Viceversa, sia K ∈ C22. Si prenda ϕr ∈ S tale che ϕr(ξ) valga 1 per |ξ| ≤ r.Allora K ∗ ϕr = Kϕr ∈ L2. Quindi K coincide con una funzione L2 sulla palla Br,e dunque con una funzione localmente integrabile su Rn.

A questo punto abbiamo, per la formula di Plancherel,

‖K‖2∞ = supϕ∈S,‖ϕ‖2≤1

∫|K(ξ)|2|ϕ(ξ)|2 dξ

=1

(2π)nsup

f∈S,‖f‖2≤1

∫|K(ξ)|2|f(ξ)|2 dξ

= supf∈S,‖f‖2≤1

‖K ∗ f‖22

= ‖K‖222 ,

da cui ‖K‖∞ = ‖K‖22.

Quelli indicati sono gli unici casi in cui Cpq sia identificabile con spazi “classici”.Negli altri casi bisogna accontentarsi di ottenere condizioni o solo necessarie o solosufficienti.

Uno strumento importante in questa analisi e fornito dai teoremi di interpo-lazione. Il primo di questi e il Teorema di convessita di Riesz-Thorin (per la di-mostrazione, v. Stein-Weiss, Introduction to Fourier Analysis in Euclidean Spaces,cap.5).

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Teorema 7.10 (Riesz-Thorin). Sia 1 ≤ p0, p1, q0, q1 ≤ ∞, e sia T un operatorelineare definito su un sottospazio X denso in Lp0 e in Lp1 , a valori nelle funzionimisurabili, e continuo da Lp0 a Lq0 e da Lp1 a Lq1 .

Allora, dato t ∈ [0, 1] e posto

1pt

=1− tp0

+t

p1

1qt

=1− tq0

+t

q1,

T e continuo da Lpt a Lqt e

‖T‖ptqt ≤ ‖T‖1−tp0q0‖T‖tp1q1 .

Vediamo alcune applicazioni del Teorema di Riesz-Thorin.

Corollario 7.11. Se 1 < p < q < 2, si ha C11 ⊆ Cpp ⊆ Cqq ⊆ C22 e ‖K‖22 ≤‖K‖qq ≤ ‖K‖pp ≤ ‖K‖11.

Dimostrazione. Se K ∈ C11, per il Teorema 7.5, K ∈ M e ‖K‖11 = ‖K‖1. Peril Teorema 6.5, K ∈ C22 e ‖K‖22 = ‖K‖∞ ≤ ‖K‖1. Applicando il Teorema diRiesz-Thorin, si ottiene che K ∈ Cpp e ‖K‖pp ≤ ‖K‖11.

Se K ∈ Cpp, allora K ∈ Cp′p′ con la stessa norma, per il Lemma 7.6. AlloraK ∈ C22 e ‖K‖22 ≤ ‖K‖pp.

Infine interpolando tra Cpp e C22, si completa la dimostrazione.

Corollario 7.12 (Disuguaglianza di Young). Siano p, q, r ∈ [1,∞] tali che

(7.3)1p

+1q

= 1 +1r.

se f ∈ Lp e g ∈ Lq, allora f ∗ g ∈ Lr e

(7.4) ‖f ∗ g‖r ≤ ‖f‖p‖g‖q .

Dimostrazione. Osserviamo innanzitutto che l’integrale di convoluzione∫f(x −

y)g(y) dy converge per quasi ogni x ∈ Rn. Si decomponga g nella somma g0 + g1,dove

g0(x) =g(x) se |g(x)| ≤ 10 altrimenti,

g1(x) =g(x) se |g(x)| > 10 altrimenti.

Allora g0 ∈ Lp′, in quanto la condizione (7.3) implica che

1q

= 1− 1p

+1r≥ 1p′

;

essendo |g0(x)| ≤ 1, si ha allora∫|g0(x)|p

′dx =

∫|g0(x)|q|g0(x)|p

′−q dx ≤ |g(x)|q dx .

Inoltre g1 ∈ L1, in quanto, essendo |g1(x)| o uguale a 0 o maggiore di 1, si ha|g1(x)| ≤ |g1(x)|q ≤ |g(x)|q per ogni x.

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Scrivendo quindi f ∗ g(x) = f ∗ g0(x) + f ∗ g1(x), si ha un integrale convergenteper ogni x e l’altro convergente quasi per ogni x.

Si consideri ora l’operatore Tfg = f ∗ g. Esso e limitato da L1 a Lp e da Lp′

aL∞. Essendo 1 ≤ q ≤ p′, come gia osservato, si puo applicare il Teorema di Riesz-Thorin per concludere che Tf e limitato da Lq a quell’Lr che soddisfa la condizionedi proporzionalita

1− 1q

1− 1p′

=1p −

1r

1p

,

che equivale alla (7.3).

Corollario 7.13 (Disuguaglianza di Hausdorff-Young). Se f ∈ Lp, con 1 ≤p ≤ 2, allora f ∈ Lp′ e

‖f‖p′ ≤ (2π)n/p′‖f‖p .

Dimostrazione. La disuguaglianza vale per p = 1 e per p = 2. Il resto segue perinterpolazione.

Concludiamo con un’osservazione sul secondo problema posto in questo para-grafo.

Data K ∈ S ′, chiamiamo insieme caratteristico (type-set) di K l’insieme EKdelle coppie (1/p, 1/q) nel quadrato [0, 1]× [0, 1] per cui K e un (p, q)-convolutore.

Corollario 7.12. L’insieme caratteristico di una distribuzione temperata K e con-vesso, simmetrico rispetto alla diagonale congiungente (0, 1) e (1, 0) ed e contenutonel triangolo 1/p ≥ 1/q.

Dimostrazione. La prima affermazione segue dal Teorema di Riesz-Thorin, la sec-onda dal Lemma 7.6, e l’ultima dal Teorema 7.1.

8. Spazi Lp-deboli e il Teorema di Marcinkiewicz

Sia f una funzione misurabile su Rn. Si chiama funzione di distribuzione di f lafunzione λf (α) = mx : |f(x)| > α, definita in R+ a valori in [0,+∞]. La funzioneλf e chiaramente non crescente, e dunque misurabile.

Teorema 8.1. Sia 1 ≤ p <∞. Si ha f ∈ Lp se e solo se∫∞

0αp−1λf (α) dα <∞.

In tal caso

(8.1) ‖f‖pp = p

∫ ∞0

αp−1λf (α) dα .

Inoltre, se f ∈ Lp, vale la disuguaglianza di Chebichev

(8.2) mx : |f(x)| > α ≤‖f‖ppαp

.

Dimostrazione. Poiche f e |f | hanno la stessa norma Lp e la stessa funzione didistribuzione, possiamo supporre f ≥ 0.

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Se f =∑kj=1 cjχEj e una funzione semplice non negativa, si ha

λf (α) =∑j:cj>α

m(Ej) .

Supponiamo, senza perdere in generalita, che 0 < c1 < c2 < · · · < ck. Allora

p

∫ ∞0

αp−1λf (α) dα = p

∫ c1

0

αp−1(m(E1) + · · ·+m(Ek)

)dα

+ p

∫ c2

c1

αp−1(m(E2) + · · ·+m(Ek)

)dα

+ · · ·+ p

∫ ck

ck−1

αp−1m(Ek) dα

= cp1(m(E1) + · · ·+m(Ek)

)+ (cp2 − c

p1)(m(E2) + · · ·+m(Ek)

)+ · · ·+ (cpk − c

pk−1)m(Ek)

= cp1m(E1) + · · ·+ cpkm(Ek)

= ‖f‖pp .

Si dimostra la (8.1) per una generica f ∈ Lp approssimando f con una successionecrescente di funzioni semplici e applicando il Teorema della convergenza monotona.

Posto Eα = x : |f(x)| > α, si ha αχEα ≤ |f |; quindi

αpm(Eα) ≤∫|f(x)|p dx ,

da cui si ottiene la (8.2).

Se 1 ≤ p < ∞. si indica con Lp,∞(Rn) lo spazio delle funzioni misurabili f suRn tali che λf (α) ≤ Cα−p. Tale spazio si chiama anche Lp-debole.

Per la disuguaglianza di Chebishev, Lp ⊆ Lp∞. D’altra parte la funzione |x|−n/pappartiene a Lp∞, ma non a Lp.

Un operatore lineare T si dice di tipo debole (p, q) se esiste una costante C taleche per ogni f ∈ Lp si abbia

λTf (α) ≤ C(‖f‖pα

)p.

Ovviamente un operatore limitato da Lp a Lq, detto anche di tipo forte (p, q),e di tipo debole (p, q). Nella formulazione del seguente enunciato, per operatore ditipo debole (p,∞) bisogna intendere limitato da Lp a L∞.

Teorema 8.2 (Teorema di interpolazione di Marcinkiewicz). Sia T un oper-atore lineare che sia di tipo debole (p0, q0) e di tipo debole (p1, q1), con 1 ≤ p0 ≤ q0,1 ≤ p1 ≤ q1, p0 6= p1, q0 6= q1.

Allora, dato t ∈ [0, 1] e posto

1pt

=1− tp0

+t

p1

1qt

=1− tq0

+t

q1,

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T e di tipo forte (pt, qt).

Non diamo la dimostrazione completa del Teorema di Marcinkiewicz, per la quale(e per una formulazione piu ampia) rinviamo a Stein-Weiss, Introduction to FourierAnalysis in Euclidean Spaces, cap.5. Ci limitiamo a dimostrare il Teorema nel caso“diagonale”, cioe p0 = q0, p1 = q1.

Dimostrazione. Trattiamo prima il caso p0 < p1 = ∞ e prendiamo p > p0 finito.Possiamo supporre che ‖T‖∞∞ ≤ 1.

Dato α > 0, decomponiamo f ∈ Lp come f = fα + fα, dove

fα(x) =f(x) se |f(x)| > α/20 altrimenti.

Osserviamo che fα ∈ Lp0 , in quanto

∫|fα(x)|p0 dx ≤ (α/2)p0−p

∫|f(x)|p dx .

Essendo |Tfα(x)| ≤ ‖fα‖∞ ≤ α/2, risulta |Tf(x)| ≤ |Tfα(x)|+ α/2, per cui

x : |Tf(x) > α ⊆ x : |Tfα(x)| > α/2 ;

di conseguenza λTf (α) ≤ λTfα(α)(α/2). Quindi

‖Tf‖pp = p

∫ ∞0

αp−1λTf (α) dα

≤ p∫ ∞

0

αp−1λTfα(α/2) dα

≤ C∫ ∞

0

αp−1−p0‖fα‖p0p0dα

= C

∫ ∞0

αp−1−p0

∫|f(x)|>α/2

|f(x)|p0 dx dα

= C

∫Rn|f(x)|p0

∫ 2|f(x)|

0

αp−1−p0 dα dx

= C‖f‖pp .

Sia ora p0 < p < p1 <∞. Decomponendo f ∈ Lp come sopra, abbiamo che

x : |Tf(x) > α ⊆ x : |Tfα(x)| > α/2 ∪ x : |Tfα(x)| > α/2 ,

per cui λTf (α) ≤ λTfα(α/2) + λTfα(α/2). Osservando che fα ∈ Lp0 e fα ∈ Lp1 , si

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ha

‖Tf‖pp = p

∫ ∞0

αp−1λTf (α) dα

≤ p∫ ∞

0

αp−1λTfα(α/2) dα+ p

∫ ∞0

αp−1λTfα(α/2) dα

≤ C∫ ∞

0

αp−1−p0‖fα‖p0p0dα+ C

∫ ∞0

αp−1−p1‖fα‖p1p1dα

= C

∫ ∞0

αp−1−p0

∫|f(x)|>α/2

|f(x)|p0 dx dα

+ C

∫ ∞0

αp−1−p1

∫|f(x)|≤α/2

|f(x)|p1 dx dα

= C

∫Rn|f(x)|p0

∫ 2|f(x)|

0

αp−1−p0 dα dx

+ C

∫Rn|f(x)|p1

∫ ∞2|f(x)|

αp−1−p1 dα dx

= C‖f‖pp ,

come da dimostrarsi.

9. Distribuzioni omogenee

Se f ∈ S, indichiamo, come al solito, con fr la funzione fr(x) = r−nf(r−1x).Diciamo che una distribuzione Φ ∈ S ′ e omogenea di grado s ∈ C se

(9.1) 〈Φ, fr〉 = rs〈Φ, f〉 .

Se <es > −n, la funzione Φ(x) = |x|s fornisce una distribuzione omogenea digrado s. La delta di Dirac δ0 e omogenea di grado −n.

Proposizione 9.1. Se Φ ∈ S ′ e omogenea di grado s, la sua trasformata di FourierΦ e omogenea di grado −n− s.

Dimostrazione. Poiche fr(ξ) = f(rξ) = r−n(f)r−1(ξ), si ha

〈Φ, fr〉 = 〈Φ, fr〉 = r−n〈Φ, (f)r−1〉 = r−n−s〈Φ, f〉 = r−n−s〈Φ, f〉 ,

come da dimostrarsi.

Combinando la Proposizione 9.1 con l’osservazione che la precede, si vede cheesistono distribuzioni omogenee di ogni grado.

Lemma 9.2. Un operatore di convoluzione Tf = K ∗ f soddisfa la proprietaT (fr) = rα(Tf)r per ogni f ∈ S se e solo se K e omogenea di grado s = −n+ α.

Dimostrazione. Si richiede che

T (fr)(rx) = 〈T, τrx(fr ) 〉 = rα−nTf(x) = rα−n〈T, τxf〉 .

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Ma

τrx(fr ) (y) = (fr ) (y − rx) = fr(−y + rx) = r−nf(−r−1y + x) = (τxf)r(y) ,

per cui la condizione richiesta e che sia

〈T, (τxf)r〉 = rα−n〈T, τxf〉 ,

per ogni f e ogni x. Ma cio equivale a dire che K e omogenea di grado α− n.

Teorema 9.3. Se K ∈ Cpq e omogenea di grado −n+α e diversa da 0, allora valela relazione

(9.2)1p− 1q

=<eαn

.

Dimostrazione. Gli spazi Lp hanno una loro “omogeneita”, nel senso che

‖fr‖p =(∫

r−np|f(r−1x)|p dx)1/p

=(∫

rn−np|f(y)|p dy)1/p

= r−n/p′‖f‖p .

Sia Tf = K ∗ f limitato da Lp a Lq e tale che T (fr) = rα(Tf)r per ogni f .Allora si deve avere per ogni f

‖T (fr)‖q = r<eα−n/q′‖Tf‖q ≤ ‖T‖pq‖fr‖p = r−n/p′‖f‖p ,

da cui‖T‖pq ≤ r−<eα+n/q′−n/p′‖T‖pq .

Se T 6= 0, deve essere r−<eα+n/q′−n/p′ ≥ 1 per ogni r > 0, il che costringel’esponente a essere nullo.

Si osservi che, poiche si hanno convolutori non nulli solo per 1 ≤ p ≤ q ≤ ∞,si possono avere convolutori omogenei non nulli solo di grado s = −n + α con0 ≤ <eα ≤ n.

10. Integrazione e derivazione frazionaria in R

Sia f ∈ S(R). La sua primitiva f1, normalizzata ponendo f1(−∞) = 0, e

f1(x) =∫ x

−∞f(t) dt = f ∗H(x) ,

dove H, o funzione di Heaviside, e la funzione caratteristica della semiretta positiva.Se definiamo induttivamente fn come la primitiva di fn−1 tale che fn(−∞) = 0,

otteniamo

fn(x) =∫ x

−∞

(x− t)n−1

(n− 1)!f(t) dt = f ∗

xn−1+

(n− 1)!,

dove xk+ = xkχR+(x).

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Generalizzando questa formula, consideriamo l’operatore di convoluzione

(10.1) Is+f(x) = f ∗xs−1

+

Γ(s),

dove prendiamo s ∈ C con parte reale positiva, in modo da garantire la localeintegrabilita del nucleo.

Accanto all’operatore (10.1) consideriamo

(10.2) Is−f(x) = f ∗xs−1−

Γ(s),

dove xk− = |x|kχR−(x).Gli operatori Is+, Is−, o anche loro combinazioni lineari, si chiamano operatori di

integrazione frazionaria di ordine s. Chiameremo nuclei di integrazione frazionariale distribuzioni

Is±(x) =xs−1±

Γ(s),

o loro combinazioni lineari.I nuclei Is± formano due famiglie analitiche di distribuzioni, nel senso che, data

f ∈ S, le funzionis 7−→ 〈Is±, f〉

sono olomorfe.Mostriamo ora come sia possibile prolungare analiticamente queste famiglie ana-

litiche a tutto il piano complesso.

Lemma 10.1. Se <es > 1,

(10.3)∂

∂xIs± = ±Is−1

± .

Dimostrazione. Se f ∈ S, si ha, per <es > 1,

〈Is+, f ′〉 =1

Γ(s)

∫ +∞

0

xs−1f ′(x) dx

=1

Γ(s)xs−1f(x)

∣∣∣∣+∞0

− s− 1Γ(s)

∫ +∞

0

xs−2f(x) dx

= −〈Is−1+ , f〉 ,

per l’uguaglianza Γ(s) = (s− 1)Γ(s− 1). Analogamente per Is−.

Per <es > −1, si consideri la derivata distribuzionale di Is+1+ . Si ottiene una

nuova famiglia analitica che coincide con Is+ per <es > 0. Essa ne costituiscedunque il prolungamento analitico.

Induttivamente, si definisca Is+ per <es > −n come la derivata n-esima di Is+n+ .Questo procedimento consente di estendere la definizione a tutto C.

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Un modo equivalente, e piu concreto, e il seguente: Supponendo per il momento<es > 0, si scriva, per un a > 0 fissato e per f ∈ S,

(10.4)

1Γ(s)

∫ +∞

0

xs−1f(x) dx =1

Γ(s)

∫ a

0

xs−1

[f(x)−

n−1∑k=0

f (k)(0)k!

xk

]dx

+1

Γ(s)

∫ +∞

a

xs−1f(x) dx

+n−1∑k=0

f (k)(0)as+k

Γ(s)k!(s+ k).

Si noti ora che questa espressione e ben definita per <es > −n, in quanto en-trambi gli integrali convergono e perche la funzione Γ e olomorfa e non nulla sututto il piano, tranne che negli interi negativi, dove ha poli semplici. Inoltre la(10.4) dipende in modo analitico da s. Per l’unicita del prolungamento analitico,essa fornisce dunque l’azione di Is+ su f ∈ S. Il valore a puo essere scelto a piacere.

In modo analogo si procede per estendere Is−.E interessante osservare cosa succede quando s e un intero negativo.

Teorema 10.2. Se s = −k, k ∈ N, si ha

(10.5)I−k+ = δ

(k)0

I−k+ = (−1)kδ(k)0 .

Dimostrazione. Si prenda n > k e si applichi la (10.4). Poiche la funzione 1/Γsi annulla sugli interi negativi, scompaiono i due integrali e i tutti i termini dellasommatoria, escluso quello di indice k. Essendo

Γ(s)(s+ k) =Γ(s+ 1)(s+ k)

s= · · · = Γ(s+ k + 1)

s(s+ 1) · · · (s+ k − 1),

si ha

lims→−k

Γ(s)(s+ k) =(−1)k

k!.

Quindi〈I−k+ , f〉 = (−1)kf (k)(0) = (−1)k〈δ0, f (k)〉 = 〈δ(k)

0 , f〉 .

Per I−k− si procede in modo analogo, o si sfrutta il cambiamento di variabilex→ −x.

Per definizione, l’espressione “derivazione frazionaria di ordine s” equivale a“integrazione frazionaria di ordine −s”.

Ci interessa descrivere le trasformate di Fourier dei nuclei di integrazione frazio-naria. Premettiamo alcune considerazioni e notazioni su potenze complesse di nu-meri complessi.

Se z = x+iy e un punto del semipiano destro <ez > 0, fissiamo la determinazioneprincipale di log z che e reale per z reale positivo. Poniamo di conseguenza, pers ∈ C,

zs = es log z = es(log |z|+i arctan y/x) = |z|seis arctan y/x .

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Introduciamo la notazione

(0 + iy)s = limx→0+

(x+ iy)s = |y|seisπ2 sgn (y) = ys+eisπ2 + ys−e

−isπ2 .

Questa espressione, inizialmente definita per <es > −1, si estende a tutto Cponendo

(10.6) (0 + iy)s = Γ(s+ 1)eisπ2 Is+1

+ + Γ(s+ 1)e−isπ2 Is+1− .

Non e immediato che la (10.6) sia ben definita anche in corrispondenza dei polidella funzione Γ. Da quanto segue si dedurra che le singolarita dei due addendi sieliminano.

Teorema 10.3. Se s ∈ C,

(10.7) Is±(ξ) = (0± iξ)−s .

Dimostrazione. Basta dimostrare la (10.7) quando 0 < <es < 1, il resto deducen-dosi per l’unicita del prolungamento analitico.

PoniamoIs+,ε(x) =

1Γ(s)

xs−1+ e−εx .

Le funzioni Is+,ε sono integrabili e, al tendere di ε a 0, tendono a Is+ nel sensodelle distribuzioni. Di conseguenza, la trasformata di Fourier di Is+ e il limite, nelsenso delle distribuzioni, delle trasformate di Fourier delle Is+,ε.

Dato s con 0 < <es < 1, consideriamo la funzione

G(z) =∫ +∞

0

xs−1e−zxdx .

Essa e olomorfa nel semipiano destro <ez > 0. Se z ∈ R+, cambiando variabiledi integrazione, si ottiene

G(z) =∫ +∞

0

(t

z

)s−1

e−tdt

z= z−sΓ(s) .

Per l’unicita del prolungamento analitico, questa identita si conserva su tutto ilsemipiano destro. Ponendo z = ε+ iξ, si ottiene

Is+,ε(ξ) = (ε+ iξ)−s ,

e la conclusione segue dalla convergenza dominata.

Abbiamo visto nella (10.6) intervenire combinazioni lineari di Is+ e Is−. Altrecombinazioni che intervengono spesso sono quelle che forniscono distribuzioni parie dispari.

Consideriamo la distribuzione

|x|s−1 = Γ(s)Is+ + Γ(s)Is− ,

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inizialmente definita per <es > 0. In base alla (10.4) e al fatto che 〈Is−, f〉 = 〈Is+, f〉,si ha ∫

R|x|s−1f(x) dx =

∫ 1

0

xs−1

f(x) + f(−x)− 2[n−1

2 ]∑k=0

f (2k)(0)(2k)!

x2k

dx+∫ +∞

1

xs−1(f(x) + f(−x)

)dx

+ 2[n−1

2 ]∑k=0

f (2k)(0)(2k)!(s+ 2k)

,

in quanto i termini di grado dispari si annullano per simmetria. Questa definizionesi estende a <es > −n, tuttavia con poli semplici per s = 0,−2,−4, . . . .

Risulta dunque naturale eliminare questi poli dividendo |x|s−1 per Γ(s/2). Defi-niamo allora

(10.8) Isp =|x|s−1

Γ(s/2)=

Γ(s)Γ(s/2)

(Is+ + Is−) .

Passando alle combinazioni dispari, si ha∫R|x|s−1sgnxf(x) dx =

∫ 1

0

xs−1

f(x)− f(−x)− 2[n−2

2 ]∑k=0

f (2k+1)(0)(2k + 1)!

x2k+1

dx+∫ +∞

1

xs−1(f(x)− f(−x)

)dx

+ 2[n−2

2 ]∑k=0

f (2k+1)(0)(2k + 1)!(s+ 2k + 1)

.

In questo caso il prolungamento analitico ha dei poli semplici per s = −1,−3, . . . .Poniamo allora

(10.9) Isd =|x|s−1sgnx

Γ(s+1

2

) =Γ(s)

Γ(s+1

2

) (Is+ − Is−) .

Le distribuzioni Isp e Isd sono combinazioni lineari di quelle viste precedentemente,tranne che per I−2k−1

p e I−2kd , che non si riscontrano nelle formule precedenti.

Per esempio,

〈I0d , f〉 =

1√π

∫ +∞

0

f(x)− f(−x)x

dx = limε→0

1√π

∫|x|>ε

f(x)x

dx ,

e, a meno del coefficiente 1/√π, il nucleo di Hilbert, indicato con il simbolo p.v.1/x.

Analogamente

〈I−1p , f〉 = − 1

2√π

∫ 1

0

f(x) + f(−x)− 2f(0)x2

dx

− 12√π

∫ +∞

1

f(x) + f(−x)x2

dx+1√πf(0) .

Si puo verificare che queste distribuzioni, come le altre I−2k−1p e I−2k

d , sono, ameno di coefficienti moltiplicativi, derivate distribuzionali di log |x|.

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40

Teorema 10.4. Valgono le seguenti formule:

(10.10)Isp(ξ) = π1/22sI1−s

p (ξ)

Isd(ξ) = iπ1/22sI1−sd (ξ) .

Dimostrazione. Dal Teorema 10.3 segue che

F(|x|s−1) = 2Γ(s)(

cos sπ

2

)|ξ|−s

F(|x|s−1sgnx) = 2iΓ(s)(

sin sπ

2

)|ξ|−ssgn ξ .

Applicando la formula di duplicazione della funzione Gamma:

Γ(2z) = π−1/222z−1Γ(z)Γ(z + 1/2) ,

e l’identitaΓ(s)Γ(1− s) =

π

sinπs,

si ottiene

2Γ(s) cos sπ

2= π−1/22sΓ

(s2

)Γ(

1 + s

2

)cos s

π

2

= π−1/22sΓ(s2

)Γ(

1−s2

) π

sinπ 1+s2

cos sπ

2

= π1/22sΓ(s2

)Γ(

1−s2

) ,e in modo analogo,

2iΓ(s) sin sπ

2= iπ1/22s

Γ(s+1

2

)Γ(1− s

2

) .Con le dovute sostituzioni si giunge alle (10.10).

Corollario 10.5. La trasformata di Fourier del nucleo di Hilbert p.v.1/x e la fun-zione iπsgn ξ.

11. Potenziali di Riesz in Rn

Quanto visto nel paragrafo precedente ammette un’estensione a Rn, di cui cilimitiamo a enunciare i risultati.

Si consideri, per <es > 0, la funzione localmente integrabile |x|s−n.

Teorema 11.1. Come famiglia analitica di distribuzioni, |x|s−n ammette un’esten-sione al piano complesso privato dei punti s = 0,−2,−4, . . . , dove ha dei poli

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semplici. Posto Is(x) = |x|s−n/Γ(s/2), Is e definita per ogni s ∈ C e si hanno leseguenti identita:

I−2k =πn/2

(−4)kΓ(n2 + k

)∆kδ0 ;(11.1)

∆Is = 2(s− n)Is−2 ;(11.2)

Is = πn/22sIn−s .(11.3)

Le distribuzioni Is si chiamano anche nuclei di Riesz e i corrispondenti operatoridi convoluzione Isf = Is ∗ f potenziali di Riesz.

L’importanza dei potenziali di Riesz nella teoria delle equazioni alle derivateparziali e evidenziata dal risultato seguente.

Teorema 11.2. Se n > 2, la distribuzione Φ = −Γ(n2−1)2πn/2 |x|2−n e una soluzione

fondamentale del Laplaciano, nel senso che ∆Φ = δ0. Quindi per ogni f ∈ S lafunzione u = Φ ∗ f risolve l’equazione ∆u = f .

Se n = 2, il coefficiente Γ nella definizione di Φ diventa infinito. Una soluzionefondamentale del Laplaciano e data da log |x| moltiplicato per una opportunacostante.

Passiamo ora a studiare le proprieta di limitatezza tra spazi Lp dei potenziali diRiesz. Osserviamo innanzitutto che la distribuzione Is e omogenea di grado s− n,quindi per il Teorema 9.3 dobbiamo restringerci al caso 0 ≤ <es ≤ n.

Naturalmente se <es = n, il nucleo Is e limitato, per cui Is ∈ C1,∞.Il caso <es = 0 e piu complicato. Per la (11.3) risulta Is ∈ L∞, per cui Is ∈ C2,2.

Sicuramente Is 6∈ C1,1, perche il nucleo non e una misura finita. In realta Is ∈ Cp,pper ogni p con 1 < p < ∞, ma la dimostrazione richede metodi che vedremo piuavanti.

Nei casi intermedi 0 < <es < n si puo avere limitatezza da Lp a Lq solo se(1/p) − (1/q) = <es/n, per il Teorema 9.3. Sicuramente non si ha limitatezza daL1 all’opportuno Lq, in quanto i nuclei non sono in Lq, ne da Lp a L∞ per lo stessomotivo. I casi rimanenti sono trattati nel seguente teorema.

Teorema 11.3 (di Hardy-Littlewood-Sobolev). Se 0 < <es < n, e 1 < p <q <∞, con (1/p)− (1/q) = <es/n, allora Is e limitato da Lp a Lq.

Dimostrazione. Siano s, p, q come nell’enunciato. Dimostriamo per cominciare cheIs e di tipo debole (p, q).

Dato α > 0, si decomponga il nucleo (localmente integrabile) Is nella sommaKα +Kα, dove

Kα(x) =Is(x) se |x| > r

0 altrimenti,Kα(x) =

Is(x) se |x| < r

0 altrimenti,

con r > 0 da determinarsi in funzione di α.Allora Kα ∈ Lp

′e Kα ∈ L1, e, posto σ = <es,

‖Kα‖p′ ≤ Crσ−np , ‖Kα‖1 ≤ Crσ .

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Se ‖f‖p = 1, si ha percio ‖f ∗Kα‖∞ ≤ Crσ−np , mentre ‖f ∗Kα‖p ≤ Crσ.

Si fissi ora r in modo che Crσ−np = α/2. Si ha dunque

mx : |Isf(x)| > α ≤ mx : |Kα ∗ f(x)| > α/2+mx : |Kα ∗ f(x)| > α/2= mx : |Kα ∗ f(x)| > α/2

≤ C(‖f ∗Kα‖p

α

)p≤ C

(rσ

α

)p= Crn

= Cα−q ,

in quanto α = 2Crn( σn− 1p ) = 2Cr−

nq . Si conclude allora che Is e di tipo debole

(p, q).Nel quadrato [0, 1] × [0, 1] si consideri ora il segmento di equazione (1/p) −

(1/q) = σ/n privato degli estremi. Preso un punto (1/p, 1/q) su di esso, questo ecombinazione convessa di altri due punti (1/p0, 1/q0), (1/p1, 1/q1) appartenenti alsegmento stesso. La conclusione segue dal Teorema di Marcinkiewicz.

Corollario 11.4. se K(x) e una funzione misurabile tale che |K(x)| ≤ C|x|−n+β

con 0 < β < n, allora K ∈ Cpq per ogni p, q tali che 1 < p < q <∞ e (1/p)−(1/q) =β/n.

Dimostrazione. Segue facilmente dal fatto che |K ∗ f | ≤ C|x|−n+β ∗ |f |.

12. Integrali oscillanti

Si consideri un integrale della forma

(12.1)∫

Ω

f(x)eiϕ(x) dx ,

dove Ω e un sottoinsieme limitato di Rn e la funzione ϕ, detta fase, e reale. Si puosupporre che anche f sia reale.

Volendo valutare la grandezza di questo integrale, la maggiorazione ovvia

(12.2)∣∣∣∣∫

Ω

f(x)eiϕ(x) dx

∣∣∣∣ ≤ ∫Ω

|f(x)| dx

si rivela in molti casi troppo grossolana. Si consideri ad esempio l’integrale

I(ξ) =∫ r

−re−iξx dx .

Applicando la (12.2), si ottiene |I(ξ)| ≤ 2r indipendentemente da ξ. Tuttavia

I(ξ) =2 sin rξξ

,

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per cui

(12.3) |I(ξ)| ≤ 2|ξ|

,

in particolare tende a 0 quando ξ tende all’infinito. Addirittura, se nella definizionedi I(ξ) inseriamo una funzione f(x) di classe C∞ a supporto in [−r, r], l’integraletende a 0 piu rapidamente di ogni potenza di 1/|ξ| quando ξ tende all’infinito. Sinoti anche che la maggiorazione (12.3) e uniforme in r.

La spiegazione di questo comportamento sta nel fatto che il termine oscillanteeiϕ(x) puo produrre cancellazioni tra i contributi di parti distinte del dominio diintegrazione, cancellazioni di cui la stima (12.2) non riesce a tener conto.

Vediamo dunque come si puo utilizzare la fase ϕ per migliorare la (12.2). Laregolarita richiesta alle funzioni f e ϕ varia da un enunciato all’altro.

Lemma 12.1. Sia ϕ una funzione di classe C1 sull’intervallo [a, b], tale che ϕ′ siamonotona e |ϕ′(x)| ≥ λ > 0 su [a, b]. Allora∣∣∣∣∣

∫ b

a

eiϕ(x) dx

∣∣∣∣∣ ≤ 3λ.

Dimostrazione. Possiamo supporre, cambiando se necessario ϕ in −ϕ, che ϕ′ siapositiva.

Supponiamo inizialmente che ϕ sia C2 a tratti. Allora∫ b

a

eiϕ(x) dx =∫ b

a

1ϕ′(x)

d

dxeiϕ(x) dx

=1

ϕ′(x)eiϕ(x)

∣∣∣∣ba

−∫ b

a

eiϕ(x) d

dx

1ϕ′(x)

dx .

Allora ∣∣∣∣∣∫ b

a

eiϕ(x) dx

∣∣∣∣∣ ≤∣∣∣∣eiϕ(b)

ϕ′(b)− eiϕ(a)

ϕ′(a)

∣∣∣∣+∫ b

a

d

dx

1ϕ′(x)

dx

≤ 2λ

+(

1ϕ′(b)

− 1ϕ′(a)

)≤ 3λ.

Data ora una generica ϕ soddisfacente le ipotesi, si approssimi uniformemente ϕ′

(che e continua e monotona) con funzioni ψn di classe C1 a tratti e pure crescenti(per esempio utilizzando poligonali congiungenti punti del grafico). Si ponga quindiϕn(x) = ϕ(a) +

∫ xaψn(t) dt. Le ϕn sono C2 a tratti e le loro derivate sono crescenti

e maggiori o uguali a λ. Inoltre esse tendono a ϕ puntualmente. Dunque∣∣∣∣∣∫ b

a

eiϕn(x) dx

∣∣∣∣∣ ≤ 3λ,

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uniformemente in n. Passando al limite e applicando la convergenza dominata, siha la conclusione.

Si noti che la maggiorazione non dipende dalla lunghezza dell’intervallo [a, b].Il senso del Lemma 12.1 e che quanto piu rapidamente varia la fase, tanto piu

si producono cancellazioni nell’integrale, con l’effetto di ridurne il valore. Si ponequindi il problema di valutare l’integrale quando la derivata ϕ′ si annulla in [a, b],ossia quando la fase ha dei punti stazionari. Il teorema che segue riguarda il casoin cui la fase ha, anche in presenza di punti stazionari, una derivata successiva mainulla.

Teorema 12.2 (di van der Corput). Sia ϕ una funzione di classe Cn su [a, b],con n ≥ 2, e sia |ϕ(n)(x)| ≥ λ > 0 su [a, b]. Allora esiste una costante cn dipendentesolo da n tale che ∣∣∣∣∣

∫ b

a

eiϕ(x) dx

∣∣∣∣∣ ≤ cnλ1/n

.

Dimostrazione. Procedendo per induzione, supponiamo n = 2. Fissato un numeroδ > 0 consideriamo i punti x ∈ [a, b] in cui |ϕ′(x)| ≤ δ. Essendo ϕ′′ ≥ λ > 0,ϕ′ e crescente e questo insieme e un intervallo Iδ di ampiezza m(Iδ) ≤ 2δ/λ. Ilcomplementare [a, b] \ Iδ e l’unione di due intervalli I ′, I ′′, eventualmente vuoti. Suciascuno di essi ϕ′ e monotona e in valore assoluto maggiore di δ.

Per il Lemma 12.1 si ha∣∣∣∣∣∫ b

a

eiϕ(x) dx

∣∣∣∣∣ ≤∣∣∣∣∫Iδ

eiϕ(x) dx

∣∣∣∣+∣∣∣∣∫I′eiϕ(x) dx

∣∣∣∣+∣∣∣∣∫I′′eiϕ(x) dx

∣∣∣∣≤ m(Iδ) +

≤ 2δλ

+6δ.

Scegliamo allora δ = λ1/2, in modo che i due addendi abbiano lo stesso ordinedi grandezza. Si ottiene cosı che∣∣∣∣∣

∫ b

a

eiϕ(x) dx

∣∣∣∣∣ ≤ 8λ1/2

.

Supponiamo ora che la tesi sia vera per n e dimostriamola per n + 1. Comeprima, essendo ϕ(n+1) ≥ λ > 0, ϕ(n) e crescente. Fissato δ > 0, l’insieme Iδ dove|ϕ(n)| ≤ δ e un intervallo di ampiezza non superiore a 2δ/λ. Applicando l’ipotesiinduttiva, si ottiene, esattamente come prima,∣∣∣∣∣

∫ b

a

eiϕ(x) dx

∣∣∣∣∣ ≤ 2δλ

+2cnδ1/n

.

Scegliendo δ = λnn+1 , si ha la conclusione.

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Corollario 12.3. Sia ϕ di classe Cn in [a, b], tale che |ϕ(n)(x)| ≥ λ > 0 su [a, b].Se n = 1, si supponga inoltre che ϕ′ sia monotona. Se f e di classe C1 su [a, b], siha ∣∣∣∣∣

∫ b

a

f(x)eiϕ(x) dx

∣∣∣∣∣ ≤ cnλ1/n

(‖f‖∞ + ‖f ′‖1

),

dove cn e la costante che appare nel Teorema 12.2.

Dimostrazione. Si ponga g(x) =∫ xaeiϕ(t) dt. Per il Lemma 12.1 e il Teorema 12.2,

|g(x)| ≤ cnλ−1/n. Integrando per parti,∫ b

a

f(x)eiϕ(x) dx = f(b)g(b)−∫ b

a

f ′(x)g(x) dx ,

per cui ∣∣∣∣∣∫ b

a

f(x)eiϕ(x) dx

∣∣∣∣∣ ≤ |f(b)| cnλ1/n

+cnλ1/n

∫ b

a

|f ′(x)| dx ,

da cui segue la tesi.

Nelle applicazioni si deve spesso valutare il comportamento dell’integrale

(12.4) I(λ) =∫ b

a

f(x)eiλϕ(x) dx

quando il parametro λ tende all’infinito.

Corollario 12.4. Siano f di classe C1 su [a, b], ϕ di classe Cn in [a, b], con ϕ(n)

diversa da zero in ogni punto (e monotona se n = 1). Allora

I(λ) = O(|λ|−1/n) .

La dimostrazione segue facilmente dal Corollario 12.3.Nei casi considerati l’ordine di infinitesimo di I(λ) sembra non superare mai 1.

Cio e in parte inevitabile, in quanto le stime dipendono, tra l’altro, dai termini albordo nelle integrazioni per parti. Se pero si suppone che f si annulli agli estremi,si possono migliorare le stime. Vediamo un risultato “estremo” in questa direzione.

Teorema 12.5. Sia f di classe C∞ su R con supporto contenuto in [a, b]. Siainoltre ϕ di classe C∞ su [a, b], con ϕ′(x) 6= 0 su [a, b]. Allora

I(λ) = O(|λ|−n)

per ogni n.

Dimostrazione. Essendo f(a) = f(b) = 0, un’integrazione per parti da

I(λ) =∫ b

a

f(x)λϕ′(x)

d

dxeiλϕ(x) dx

= − 1λ

∫ b

a

(d

dx

f(x)ϕ′(x)

)eiλϕ(x) dx

=1λ

∫ b

a

f1(x)eiλϕ(x) dx ,

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dove f1(x) = −(f(x)ϕ′(x)

)′ e una funzione C∞ con supporto in [a, b]. Procedendoinduttivamente,

I(λ) =1λn

∫ b

a

fn(x)eiλϕ(x) dx ,

da cui segue facilmente la tesi.

Non sarebbe difficile aggiungere alla dimostrazione che I(λ) ∈ S(R).Rimane il dubbio che la stima I(λ) = O(|λ|−1/n) sia comunque migliorabile.

Vediamo ora che cio non e possibile in un caso particolare.

Teorema 12.6. Siano f di classe C1 e ϕ di classe C3 su [a, b]. Si supponga che ϕabbia derivata seconda non nulla su [a, b] e un punto stazionario x0 ∈ (a, b) in cuiϕ′′(x0) 6= 0. Si supponga anche che f(x0) 6= 0. Allora

(12.5) I(λ) =√

2πf(x0)√|ϕ′′(x0)|

eiπ4 sgn (λϕ′′(x0))|λ|−1/2 +O(|λ|−1)

Dimostrazione. Possiamo supporre che ϕ(x0) = 0. Esiste allora un intorno [x0 −δ, x0 + δ] su cui

ϕ(x) =ϕ′′(x0)

2(x− x0)2

(1 + ε(x)

),

con |ε(x)| < 1/2 e, per il Teorema di Whitney, di classe C1. DecomponiamoI(λ) come la somma dei tre integrali, utilizzando una funzione η di classe C∞ consupporto in [x0 − δ, x0 + δ] e uguale a 1 su [x0 − δ/2, x0 + δ/2].

I due integrali∫ x0−δ/2

a

f(x)(1− η(x)

)eiλϕ(x) dx ,

∫ b

x0+δ/2

f(x)(1− η(x)

)eiλϕ(x) dx

sono entrambi O(|λ|−1) perche su di essi ϕ′ e diversa da 0 e monotona. Essirientrano dunque nel resto della (12.5) e rimane da analizzare l’integrale∫ x0+δ

x0−δf(x)η(x)eiλϕ(x) dx .

Al fine di effettuare la sostituzione t = ψ(x) = (x− x0)√

1 + ε(x), si osservi che

ψ′(x) =√

1 + ε(x) +(x− x0)ε′(x)√

1 + ε(x),

per cui, riducendo il valore di δ se necessario, si ha ψ′(x) ≥ c > 0. Allora∫ x0+δ

x0−δf(x)η(x)eiϕ(x) dx =

∫ β

−αg(t)ei

λϕ′′(x0)2 t2 dt ,

dove α, β > 0 e g = (f ψ−1)(η ψ−1)(ψ−1)′ e di classe C1 su R e ha supporto in[−α, β].

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47

Ponendo, per semplicita di notazioni, µ = λϕ′′(x0)/2, cerchiamo dunque la parteprincipale, per µ tendente all’infinito, di

J(µ) =∫ β

−αg(t)eiµt

2dt ,

confrontando J(µ) con

K(µ) =∫ +∞

−∞g(0)e−t

2eiµt

2dt .

Dimostriamo allora che(1) K(µ) =

√πg(0)ei

π4 sgn µ|µ|−1/2 +O(|µ|−3/2),

(2) J(µ)−K(µ) = O(|µ|−1).Per dimostrare la (1), si osservi che se γ > 0,

∫ +∞

−∞e−γt

2dt =

γ

)1/2

.

Per l’unicita del prolungamento analitico, questa identita continua a valere perγ ∈ C con parte reale positiva. Ponendo γ = 1− iµ, si ha(12.6)

K(µ) = g(0)(

π

|1− iµ|

)1/2

eiarctanµ

2 =√πg(0)ei

π4 sgn µ|µ|−1/2 +O(|µ|−3/2) .

Quanto alla (2), si ha

J(µ)−K(µ) =∫ +∞

−∞

(g(t)− g(0)e−t

2)eiµt

2dt

=∫ +∞

−∞

g(t)− g(0)e−t2

2iµtd

dteiµt

2dt

= − 12iµ

∫ +∞

−∞

d

dt

(g(t)− g(0)e−t

2

t

)eiµt

2dt

= O(|µ|−1) .

La parte principale e dunque fornita dalla (12.6), in cui si puo sostituire g(0) =f(x0).

Passiamo ora a piu dimensioni. Ci limiteremo a ottenere maggiorazioni nelparametro λ per integrali

(12.7) I(λ) =∫

Ω

f(x)eiλϕ(x) dx ,

con f, ϕ sufficientemente regolari e f con supporto compatto contenuto in Ω ⊂ Rn.Il primo risultato e un’estensione del Teorema 12.5.

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Teorema 12.7. Siano f, ϕ di classe C∞ su Ω, con f a supporto compatto in Ω.Se ∇ϕ 6= 0 su Ω, allora I(λ) = O(|λ|−N ) per ogni N .

Dimostrazione. Per il Teorema del Dini, fissato x0 ∈ Ω, esiste un sistema di co-ordinate locali (t1, . . . , tn) tali che, posto x = Ψ(t), si abbia Ψ(0) = x0, Ψ sia undiffeomorfismo da un intorno V di 0 a un intorno U(x0) di x0, e inoltre ϕΨ(t) = t1.

Per la compattezza del supporto di f , l’integrale (12.7) si decompone, utilizzandouna partizione dell’unita di classe C∞, in una somma finita di integrali dello stessotipo estesi a intorni coordinati.

Effettuando il cambiamento di coordinate su U(x0), si ha∫U(x0)

f(x)eiλϕ(x) dx =∫V

(f Ψ)(t)|det Ψ′(t)|eiλt1 dt .

Integrando per parti nella variabile t1 come nella dimostrazione del Teorema(12.5) si ottiene la conclusione.

Supponiamo ora che la fase ϕ abbia un punto stazionario x0 nel supporto dif . Vedremo che il decadimento all’infinito di I(λ) dipende dal rango della matriceHessiana Hx0ϕ.

Premettiamo un paio di lemmi.

Lemma 12.8. Sia f ∈ S(Rn) tale che ∂αf(0) = 0 per ogni α con |α| ≤ m.Esistono allora funzioni hα ∈ S(Rn) tali che f(x) =

∑|α|=m+1 x

αhα(x).

Dimostrazione. La dimostrazione procede per induzione su m.Per m = 0 abbiamo dall’ipotesi che f(0) = 0. Come nella dimostrazione del

Lemma 5.1, scriviamo

f(x) =∫ 1

0

d

dtf(tx) dt =

n∑j=1

xj

∫ 1

0

∂f

∂xj(tx) dt .

Sia η una funzione C∞ a supporto compatto tale che η(x) = 1 per |x| ≤ 1. Allora

f(x) =n∑j=1

xjη(x)∫ 1

0

∂f

∂xj(tx) dt+ r(x) .

Le funzioni η(x)∫ 1

0∂f∂xj

(tx) dt sono C∞ a supporto compatto. Di conseguenzar ∈ S, e inoltre r(x) = 0 per |x| ≤ 1. Quindi anche s(x) = r(x)/|x|2 ∈ S, e allora

r(x) = |x|2s(x) =n∑j=1

xjsj(x) ,

dove sj(x) = xjs(x) ∈ S. Posto allora

hj(x) = η(x)∫ 1

0

∂f

∂xj(tx) dt+ sj(x) ,

si ha hj ∈ S e f(x) =∑nj=1 xjhj(x).

Supponiamo la tesi vera per m− 1 e si supponga che ∂αf(0) = 0 per |α| ≤ m.

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49

Per l’ipotesi induttiva,f(x) =

∑|β|=m

xβhβ(x)

con hβ ∈ S. Ma hβ(0) = ∂βf(0)β! = 0. Quindi

hβ(x) =n∑j=1

xjkβ,j(x)

e infine

f(x) =∑|β|=m

n∑j=1

xβxjkβ,j(x)

da cui la tesi.

Lemma 12.9. Per ogni intero k si ha∫Rxke−x

2eiλx

2dx = O(|λ|−

k+12 ) .

(Si osservi che per k dispari l’integrale e nullo, per cui la formula e di interessesolo per k pari.)

Dimostrazione. Il caso k = 0 e stato gia considerato nel corso della dimostrazionedel Teorema 12.6. Per induzione, abbiamo∫

Rxke−x

2eiλx

2dx =

12iλ

∫Rxk−1e−x

2 d

dxeiλx

2dx

= − 12iλ

∫R

d

dx

(xk−1e−x

2)eiλx

2dx

= −k − 12iλ

∫Rxk−2e−x

2eiλx

2dx+

1iλ

∫Rxke−x

2eiλx

2dx ,

per cui ∫Rxke−x

2eiλx

2dx = − k − 1

2(iλ− 1)

∫Rxk−2e−x

2eiλx

2dx .

La conclusione e ora ovvia.

Teorema 12.10. Si supponga che f sia di classe C∞ con supporto compatto con-tenuto in Ω, che ϕ sia di classe C∞ in Ω. Se nei punti critici x di ϕ il rango dellamatrice Hessiana Hx0ϕ e almeno k ≤ n, allora I(λ) = O(|λ|−k/2).

Dimostrazione. Per ogni punto x0 ∈ Ω fissiamo un intorno U(x0) come segue.Se x0 un punto critico, effettuiamo un cambiamento di coordinate lineare che

diagonalizzi la matrice Hessiana H0ϕ, in modo da poter scrivere

(12.8) ϕ(x0 + h) =m∑j=1

µjh2j + |h|2ε(h) ,

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con m ≥ k, µj 6= 0 e ε(h) di classe C∞ e uguale a 0 nell’origine. Si fissi un intornoU di 0 su cui |ε(h)| < |µj |/2 per ogni j e si ponga U(x0) = x0 + U .

Se x0 non e critico, si scelga U(x0) in modo che su di esso |∇ϕ| ≥ c > 0.Si puo allora estrarre un numero finito di U(xi) che ricoprano il supporto di f .

Si prenda una partizione dell’unita ηi di classe C∞ adattata a tale ricoprimento.Corrispondentemente l’integrale I(λ) si decompone nella somma di integrali Ii(λ),

Ii(λ) =∫f(x)ηi(x)eiλϕ(x) dx .

Se U(xi) e un intorno del secondo tipo, per il Teorema 12.7, Ii(λ) = O(|λ|−N )per ogni N .

Consideriamo dunque un intorno del primo tipo. Possiamo supporre che xi = 0e ϕ(0) = 0. Scriviamo allora la (12.8) nella forma

ϕ(x) =m∑j=1

(µj + ε(x)

)x2j +

n∑j=m+1

ε(x)x2j .

Cambiamo variabili di integrazione ponendo:

tj = |µj + ε(x)|1/2xj se j ≤ mxj se j > m .

Poiche per j ≤ m tj = |µj |1/2xj+O(|x|2), la matrice Jacobiana ∂t/∂x nell’originee la matrice diagonale diag(|µ1|1/2, . . . , |µm|1/2, 1, . . . , 1). Restringendo U se neces-sario, otteniamo un diffeomorfismo Ψ di U su un intorno V di 0 per cui

Ii(λ) =∫V

g(t)eiλ∑m

j=1±t2j dt ,

dove g(t) e di classe C∞ con supporto in V .Integrando nelle variabili tm+1, . . . , tn, si giunge ad avere

Ii(λ) =∫V ′g(t1, . . . , tm)eiλ

∑m

j=1±t2j dt1 · · · dtm ,

dove V ′ e la proiezione di V sul sottospazio coordinato con variabili t1, . . . , tm.Vogliamo confrontare Ii(λ) con l’integrale

K(λ) =∫

RmPm(t)e−|t|

2eiλ∑m

j=1±t2j dt ,

dove Pm(t) e il polinomio di Taylor di g(t)e|t|2

centrato in 0 e di ordine m.Si osservi che g(t)e|t|

2 − Pm(t) = O(|t|m+1) per t → 0, e lo stesso vale peru(t) = g(t) − Pm(t)e−|t|

2. Quindi le derivate di u nell’origine sono tutte nulle fino

all’ordine m compreso.Per il Lemma 12.8 si ha

Ii(λ)−K(λ) =∫

Rmu(t)eiλ

∑m

j=1±t2j dt

=∑

|α|=m+1

∫Rm

tαuα(t)eiλ∑m

j=1±t2j dt .

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51

Supponendo che il monomio tα contenga il fattore ti, si indichi con α′ il multi-indice tale che tα = tit

α′ e, nel caso che tα contenga anche il fattore t2i , con α′′

quello tale che tα = t2i tα′′ . Si ha allora, integrando per parti,∫

Rmtαuα(t)eiλ

∑m

j=1±t2j dt =

1±2iλ

∫Rm

tα′uα(t)∂tie

iλ∑m

j=1±t2j dt

=c1λ

∫Rm

tα′′uα(t)eiλ

∑m

j=1±t2j dt+

c2λ

∫Rm

tα′∂tiuα(t)eiλ

∑m

j=1±t2j dt .

dove c1 e nullo se tα non contiene t2i .Ne segue che, se |α| = 1 oppure |α| = 2, l’integrale e O(|λ|−1). Induttivamente,

si verifica che se |α| = m+ 1, esso e O(|λ|−m+12 ).

Dunque Ii(λ)−K(λ) = O(|λ|−m+12 ).

Quanto a K(λ), esso e la combinazione di un numero finito di termini della forma∫Rm

tαe−|t|2eiλ∑m

j=1±t2j dt =

m∏j=1

∫Rtαjj e−t2j e±iλt

2j dtj = O(|λ|−

m+|α|2 ) ,

per il Lemma 12.9.In conclusione tutti i termini sono O(|λ|−k/2).

13. Trasformate di Fourier di misure lisce su varieta

Premettiamo alcune considerazioni generali sulle trasformate di Fourier di misurefinite. Se una misura µ e assolutamente continua rispetto alla misura di Lebesgue,allora µ tende a zero all’infinito per il Teorema di Riemann-Lebesgue.

Sia ora µd =∑j cjδxj la parte discreta di una misura finita µ. Vale l’identita di

Wiener:

(13.1) limR→∞

1m(BR)

∫BR

|µ(ξ)|2 dξ =∑j

|cj |2 ,

la cui dimostrazione e rinviata alla fine del paragrafo.Segue dalla (13.1) che se µd 6= 0, µ non puo tendere a zero all’infinito.Se µ e una misura continua, il secondo membro della (13.1) vale zero, ma cio non

e sufficiente a garantire che µ tende a zero all’infinito. Mostriamo con due esempiche si possono presentare entrambe le situazioni.

Esempio 1. Si prenda in R2 la misura σ data dalla lunghezza d’arco sul segmento[−1, 1]× a: ∫

f(x, y) dσ(x, y) =∫ 1

−1

f(t, a) dt .

Allora

σ(ξ, η) =∫ 1

−1

e−i(tξ+aη) dt = e−iaη2 sin ξξ

,

che non tende a zero andando all’infinito nella direzione verticale.

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52

Esempio 2. Sempre in R2 si consideri la misura µ con supporto sull’arco diparabola y = x2, −1 ≤ x ≤ 1∫

f(x, y) dµ(x, y) =∫ 1

−1

f(t, t2) dt .

Si ha

µ(ξ, η) =∫ 1

−1

e−i(ξt+ηt2) dt .

La fase ϕ(t) = ξt + ηt2 (trascurando il segno) ha derivata nulla in t0 = − ξ2η .

Dividiamo il piano ξ, η in tre regioni: (1) il disco unitario, (2) l’insieme, al di fuoridel disco unitario, dove |ξ| > 4|η|, (3) l’insieme, al di fuori del disco unitario, dove|ξ| ≤ 4|η|.

Nella regione (1) abbiamo semplicemente |µ| ≤ 2.Se (ξ, η) e nella regione (2), si ha, per |t| ≤ 1,

|ϕ′(t)| = |ξ|∣∣∣∣1 +

2ηξt

∣∣∣∣ ≥ |ξ|(1− 2|η||ξ|

)≥ |ξ|

2.

Per il Lemma 12.1, |µ(ξ, η)| ≤ 6/|ξ|. D’altra parte, |(ξ, η)| =√ξ2 + η2 ≤ c|ξ|,

per cui |µ(ξ, η)| ≤ 6/|(ξ, η)|.Nella regione (3) applichiamo il lemma di van der Corput con la derivata seconda.

Essendo ϕ′′(t) = 2η, si ha |µ(ξ, η)| ≤ c/|η|1/2 ≤ 6/|(ξ, η)|1/2.In conclusione µ tende a zero all’infinito.

Sia ora S una varieta di classe C∞ e di dimensione k immersa in Rn. La misurasuperficiale σ su S si costruisce come segue.

Dato un punto x0 ∈ S, si considerino coordinate locali x = Φ(t1, . . . , tk) in unintorno U di x0, con Φ = (ϕ1, . . . , ϕn) funzione di classe C∞ avente per dominioun aperto V ⊂ Rk, per immagine U ∩ S e rango k in ogni punto di V .

Data una funzione continua f con supporto compatto contenuto in S ∩ U , sipone ∫

S

f(x) dσ(x) =∫V

f Φ(t)J(t) dt ,

dove

J(t) =

√√√√ ∑j1<j2<···<jk

(det

∂(ϕj1 , ϕj2 , . . . , ϕjk)∂(t1, t2, . . . , tk)

)2

(per esempio, se k = 1, J(t) =√∑n

j=1 ϕ′j(t)2 fornisce l’elemento di lunghezza

d’arco).Si noti che J e una funzione di t positiva e di classe C∞.Data ora una generica funzione f continua a supporto compatto in S, e possibile

ricoprire il supporto di f con un numero finito di aperti coordinati. Utilizzandouna partizione dell’unita adattata a questo ricoprimento, si decomponga f nellasomma f1 + · · ·+fm di funzioni continue, ognuna con supporto su uno di tali aperticoordinati. Si ponga quindi∫

S

f(x) dσ(x) =m∑i=1

∫S

fi(x) dσ(x) =m∑i=1

∫Vi

fi Φi(t)Ji(t) dt .

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53

Non e difficile verificare che questa definizione e indipendente dal sistema dicoordinate e dalla partizione dell’unita scelti.

Piu in generale, considereremo misure dµ(x) = g(x)dσ(x) dove g e una funzioneC∞ su S. Diremo che una tale µ e una misura liscia su S.

Ci interessa sapere sotto quali condizioni si puo affermare che la trasformatadi Fourier di una misura liscia si annulli all’infinito. L’Esempio 1 suggerisce laseguente condizione necessaria.

Proposizione 13.1. Affinche la trasformata di Fourier di una misura liscia µsu una varieta connessa S tenda a zero all’infinito, e necessario che S non siacontenuta in nessuna varieta affine propria.

Dimostrazione. Con un cambiamento lineare di variabili, si puo supporre che Ssia contenuta nel sottospazio coordinato x1 = a1, . . . , xm = am. Posto x′ =(x1, . . . , xm), x′′ = (xm+1, . . . , xn) (e similmente per ξ′, ξ′′ e a′), si ha

µ(ξ′, ξ′′) = e−iξ′·a′∫e−iξ

′′·x′′ dµ ,

per cui non puo tendere a zero quando ξ tende all’infinito nelle direzioni ξ′.

Consideriamo ora la misura superficiale σ sulla sfera Sr di centro l’origine eraggio r > 0 in R3. Per semplificare il calcolo di σ, osserviamo che σ e ovviamenteinvariante per rotazioni, il che vuol dire quanto segue: data una rotazione in R3

con centro in 0, rappresentata da una matrice ortogonale A, e data una funzionecontinua f su Sr, si ha ∫

Sr

f(Ax) dσ(x) =∫Sr

f(x) dσ(x) .

Dato ξ ∈ R3 con |ξ| = s, esiste una rotazione A che trasporta ξ nel vettore s =(0, 0, s). Poiche le matrici ortogonali sono caratterizzate dalla proprieta A−1 = tA,si ha

σ(ξ) =∫Sr

e−iξ·x dσ(x)

=∫Sr

e−iA−1s·x dσ(x)

=∫Sr

e−is·Ax dσ(x)

=∫Sr

e−is·x dσ(x)

= σ(s) .

In altri termini, σ e una funzione radiale.Utilizziamo ora le coordinate polari θ, ϕ su Sr:

x = r sin θ cosϕy = r sin θ sinϕz = r cos θ

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con 0 ≤ θ ≤ π e 0 ≤ ϕ ≤ 2π. Allora J(θ) = r2 sin θ e

σ(ξ) = 2πr2

∫ π

0

e−isr cos θ sin θ dθ =2πr2

isre−isr cos θ

∣∣π0

= 4πr2 sin(r|ξ|)r|ξ|

.

Quindi σ(ξ) tende a 0 per ξ tendente all’infinito.Utilizzando le coordinate polari in Rn si dimostra che la trasformata di Fourier

della misura superficiale σ sulla sfera (n− 1)-dimensionale Sr di raggio r centratain 0 e data dalla formula (dove s = |ξ|)

σ(ξ) = cnrn−1

∫ π

0

e−isr cos θ sinn−2 θ dθ .

Questa espressione si riconduce alla definizione di funzione di Bessel. Dato unnumero reale α > −1/2, si pone, per s > 0,

Jα(s) =sα

√π2αΓ(α+ 1

2 )

∫ 1

−1

eist(1− t2)α−12 dt .

Sostituendo t = cos θ con θ ∈ [0, π], si ha

Jα(s) =sα

√π2αΓ(α+ 1

2 )

∫ π

0

eis cos θ sin2α θ dθ .

Quindi

σ(ξ) = cnrn−1(rs)−(n−2)/2Jn−2

2(rs) = cnr

n/2s−(n−2)/2Jn−22

(rs) .

Essendo Jα(s) = O(s−1/2), si ottiene che

σ(ξ) = O(|ξ|−(n−1)/2) .

Questo risultato si puo anche ritrovare come caso particolare di una situazionepiu generale, che ora esponiamo.

La curvatura di una ipersuperficie orientata S in un suo punto x0 puo esseredefinita come segue. Si introduca un sistema di riferimento ortogonale (t1, . . . , tn)con origine in x0, in modo che localmente S sia il grafico tn = ϕ(t1, . . . , tn−1) diuna funzione ϕ di classe C∞ tale che ϕ(0) = 0 e ∇ϕ(0) = 0. Si supponga inoltreche l’orientamento sia tale che il versore normale in 0 sia il versore coordinato en.

Le n− 1 curvature principali di S in x0 sono, per definizione, gli autovalori dellamatrice Hessiana Hx0ϕ. La curvatura Gaussiana di S in x0 e il prodotto delle suecurvature principali, ossia il determinante della matrice Hessiana.

Cambiando l’orientamento della superficie, le curvature principali cambiano disegno; la curvatura Gaussiana cambia di segno o rimane invariata secondo la paritadella dimensione. In ogni caso la proprieta di avere curvatura Gaussiana nonnulla (o un numero fissato k di curvature principali non nulle) e indipendentedall’orientamento. Poiche ogni superficie e localmente orientabile, si puo parlare disuperficie con curvatura Gaussiana diversa da zero (risp. con k curvature principalinon nulle) anche quando essa non e orientabile.

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Teorema 13.2. Sia S una ipersuperficie avente almeno k curvature principali nonnulle in ogni punto. Se µ e una misura liscia su S a supporto compatto, alloraµ(ξ) = O(|ξ|−k/2). Se in particolare S ha curvatura Gaussiana non nulla in ognipunto, e µ(ξ) = O(|ξ|−(n−1)/2).

Dimostrazione. Ogni punto di S ha un intorno in Rn la cui intersezione con S e illuogo degli zeri di una funzione di classe C∞ con gradiente non nullo. Si consideriun ricoprimento finito del supporto di f mediante tali intorni.

Utilizzando una partizione dell’unita C∞, possiamo allora ridurci alla situazionein cui S e descritta dall’equazione Ψ(x) = 0, dove ∇Ψ e non nullo su S.

Fissato ξ ∈ Rn, ξ 6= 0, si ponga λ = |ξ|, ξ = λω, con ω sulla sfera unitaria Σ.Allora

(13.2) µ(ξ) =∫S

e−iλω·x dµ(x) .

Consideriamo l’insieme Eω dei punti x ∈ S in cui ∇Ψ e un multiplo scalare diω. Come vedremo questi saranno i punti di fase stazionaria dell’integrale (13.2).Per ognuno di tali punti fissiamo un intorno U tale che S ∩ U sia il grafico diuna funzione C∞ in n − 1 variabili e scegliamo tra essi un ricoprimento finito diEω ∩ supp f . Completiamo quindi un ricoprimento finito di supp f con aperti in Sche siano pure grafici e la cui chiusura non intersechi Eω.

Indichiamo con U ′ un elemento del ricoprimento del primo tipo e con U ′′ unelemento del secondo tipo.

Una nuova partizione dell’unita ci porta cosı a decomporre µ come somma finitadi misure di due tipi, che indichiamo con µ′ o µ′′ secondo che abbiano supporto suun aperto U ′ o U ′′ rispettivamente.

Consideriamo dapprima una misura del tipo µ′. Effettuiamo un cambiamentoaffine di coordinate, in modo che l’origine del nuovo sistema di riferimento sia unpunto di Eω e che il supporto di µ′ si rappresenti nella forma xn = ϕ(x′), dovex′ = (x1, . . . , xn−1), ϕ(0) = 0, ∇ϕ(0) = 0.

Se dµ′ = g dσ, si ha∫f(x) dµ′(x) =

∫f(t, ϕ(t))g(t, ϕ(t))J(t) dt =

∫f(t, ϕ(t))h(t) dt ,

dove h(t) = g(t, ϕ(t))J(t) e C∞ a supporto compatto.Nel nuovo sistema di riferimento ω = (0, 0, . . . ,±1), in quanto esso e ortogonale

a S, essendo 0 ∈ Eω. Quindi

µ′(ξ) =∫e±iλϕ(t)h(t) dt .

Poiche S ha almeno k curvature principali non nulle in ogni punto, si puo appli-care il Teorema 12.10 e concludere che |µ′(λω)| ≤ Cω|λ|−k/2.

Si consideri ora una misura del tipo µ′′ e si scelga un sistema di riferimento checonsenta di rappresentare il supporto di µ′′ come grafico xn = ϕ(x′). Mostriamoche la fase ϕω(t) = ω′ · t+ ωnϕ(t) non ha punti stazionari.

Essendo

∂tjϕ(t) = −∂xjΨ

(t, ϕ(t)

)∂xnΨ

(t, ϕ(t)

) ,

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si ha

∂tjϕω(t) = ωj − ωn∂xjΨ

(t, ϕ(t)

)∂xnΨ

(t, ϕ(t)

) .In un punto stazionario si dovrebbe dunque avere

ωj∂xnΨ(t, ϕ(t)

)= ωn∂xjΨ

(t, ϕ(t)

),

cioe ∇Ψ e ω allineati, il che e contro le ipotesi. Per il Teorema (12.7), |µ′′(λω)| ≤Cω|λ|−k/2. In conclusione

|µ(λω)| ≤ Cω|λ|−k/2 .

Rimane da dimostrare che le costanti Cω possono essere maggiorate da una stessacostante.

Si osservi che ogni ω0 ∈ Σ individua, come descritto, una suddivisione di µ inmisure del tipo µ′ o µ′′. La stessa suddivisione e compatibile con gli ω in un intornosufficientemente piccolo di ω0. Inoltre le costanti Cω dipendono dalla grandezzadelle derivate delle funzioni ϕ, h ecc., per cui possono essere limitate uniformementein un intorno di ω0. Per la compattezza di Σ si ottiene la conclusione.

Diamo ora la dimostrazione dell’identita di Wiener.

Lemma 13.3. Siano µ una misura finita e f ∈ C0 tale che f(0) = 1. Allora

limε→0

∫f(ε−1x) dµ(x) = µ(0) .

Dimostrazione. Si decomponga µ come

µ = cδ0 + ν ,

dove c = µ(0) e ν(0) = 0. Poiche anche |ν|(0) = 0, cio implica che se Bδ ela palla di centro l’origine e raggio δ,

limδ→0|ν|(Bδ) = 0 .

Fissato λ > 0, si scelga δ in modo che |ν|(Bδ) < λ, e quindi ε in modo che|f(ε−1x)| < λ quando |x| > δ. Allora∣∣∣∣∫ f(ε−1x) dν(x)

∣∣∣∣ ≤ ∫Bδ

|f(ε−1x)| d|ν|(x) +∫

Rn\Bδ|f(ε−1x)| d|ν|(x)

≤ ‖f‖∞|ν|(Bδ) + λ‖ν‖1 ,

per cui

limε→0

∫f(ε−1x) dν(x) = 0 .

Ma alloralimε→0

∫f(ε−1x) dµ(x) = c lim

ε→0

∫f(ε−1x) dδ0(x) ,

dove l’ultimo integrale non dipende da ε e vale 1.

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Lemma 13.4. Sia µ una misura finita. Allora

limR→∞

1m(BR)

∫BR

µ(ξ) dξ = µ(0) .

Dimostrazione. Sia f(x) la trasformata di Fourier di 1m(B1)χB1 . Allora f e continua,

si annulla all’infinito e f(0) = 1. Poiche

1m(BR)

χBR(ξ) = R−n1

m(B1)χB1(R−1ξ) ,

la trasformata di Fourier di 1m(BR)χBR e f(Rx). Quindi

limR→∞

1m(BR)

∫χBR(ξ)µ(ξ) dξ = lim

R→∞

∫f(Rx) dµ(x) = µ(0)

per il Lemma 13.3.

Lemma 13.5. La convoluzione di due misure finite, di cui una almeno e continua,e continua.

Dimostrazione. Siano µ, ν due misure finite, con ν continua. Basta dimostrare cheµ ∗ ν(0) = 0. Se Bδ e la palla di raggio δ centrata in 0, si ha

µ ∗ ν(Bδ) =∫∫

χBδ(x+ y) dµ(x) dν(y)

=∫fδ(x) dµ(x) ,

dovefδ(x) =

∫χBδ(x+ y) dν(y) = ν(Bx,δ) .

Per la continuita di ν, si ha limδ→0 fδ(x) = 0 per ogni x. Inoltre |fδ(x)| ≤ ‖ν‖1per ogni x e δ. Per la convergenza dominata,

µ ∗ ν(0) = limδ→0

µ ∗ ν(Bδ) = 0 ,

come da dimostrarsi.

Teorema 13.6. Sia µ ∈M(Rn),

µ = ν +∞∑j=0

cjδxj

con ν continua. Allora

limR→∞

1m(BR)

∫BR

|µ(ξ)|2 dξ =∑j

|cj |2 .

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Dimostrazione. Sia µ∗ la misura tale che µ∗(E) = µ(−E) per ogni Boreliano E. Inmodo equivalente, µ∗ e tale che∫

f(x) dµ∗(x) =∫f(−x) dµ(x) .

In particolare µ∗(ξ) = µ(ξ) e dunque µ ∗ µ∗(ξ) = |µ(ξ)|2.D’altra parte,

µ ∗ µ∗ =

ν +∞∑j=0

cjδxj

∗ν∗ +

∞∑j=0

cjδ−xj

.

Per il Lemma 13.5, la parte discreta di µ ∗ µ∗ proviene dalla convoluzione delledue parti discrete, ed e dunque uguale a

∞∑i,j=0

cicjδxi ∗ δ−xj =∞∑

i,j=0

cicjδxi−xj .

Quindi

µ ∗ µ∗(0) =∞∑j=0

|cj |2

e la conclusione segue allora dal Lemma 13.4.

14. Misure singolari e operatori di convoluzione

In questo paragrafo discutiamo le proprieta dell’insieme caratteristico di unamisura liscia su una varieta e positiva.

Lemma 14.1. Sia µ ∈ M(Rn) una misura positiva liscia su una varieta S didimensione k. Condizione necessaria affinche µ ∈ Cpq e che il punto (1/p, 1/q) siacontenuto nel triangolo chiuso di vertici

A = (0, 0), B = (1, 1), C =(

n

2n− k,n− k2n− k

).

Dimostrazione. Sia fε la funzione caratteristica della palla Bε di centro 0 e raggioε. Allora

µ ∗ fε(x) =∫fε(x− y) dµ(y) =

∫x+Bε

dµ(y) = µ(x+Bε) .

Se σ e la misura superficiale su S e dµ = g dσ, sia S0 un aperto relativamentecompatto in S su cui g ≥ c > 0. Chiamando σ0 la restrizione di σ a S0, si ha alloraµ ≥ cσ0. Per semplicita di notazioni, possiamo supporre c = 1. Supponiamo ancheche ε sia sufficientemente piccolo in modo che le intersezioni di S0 con le palle diraggio ε siano dei grafici.

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59

Sia Eε = x : d(x, S0) ≤ ε/2. Se x ∈ Eε, l’insieme S0 ∩ (x + Bε) e sufficiente-mente grande perche σ0(x+Bε) ≥ cεk. Di conseguenza

µ ∗ fε(x) ≥ cεk ∀x ∈ Eε .

Si noti anche che m(Eε) ≥ cεn−k. Quindi

‖µ ∗ fε‖q ≥ c(∫

εkq dx

)1/q

≥ cεn−kq +k .

Essendo ‖fε‖p = cεnp , se µ ∈ Cpq deve essere

εn−kq +k ≤ Cε

np

quando ε e sufficientemente piccolo. Cio implica che

(14.1)n− kq

+ k ≥ n

p.

Poiche Cpq = Cq′p′ , si deve anche avere

(n− k)(

1− 1p

)+ k ≥ n

(1− 1

q

),

ossia

(14.2)n− kp≤ n

q.

Mettendo insieme la (14.1) e la (14.2) si ha la conclusione.

Vediamo ora una situazione in cui l’insieme caratteristico e tutto il triangoloABC. La dimostrazione richiede il Teorema di interpolazione complessa, che oraenunciamo.

Teorema 14.2 (di interpolazione complessa). Sia Ts una famiglia di oper-atori lineari dipendenti da un parametro s ∈ C con a ≤ <es ≤ b e soddisfacenti leseguenti proprieta:

(1) per ogni f semplice, Tsf e misurabile;(2) per ogni f, g semplici, la funzione s 7−→

∫Tsf(x)g(x) dx e continua per

a ≤ <es ≤ b e olomorfa per a < <es < b;(3) esiste una costante c < π/(b− a) tale che per ogni f, g semplici la funzione

s = x+ iy 7−→ e−c|y| log∣∣∣∣∫ Tsf(x)g(x) dx

∣∣∣∣sia limitata;

(4) ‖Ta+iy‖p0,q0 ≤M0(y), ‖Tb+iy‖p1,q1 ≤M1(y), e e−c|y| logMj(y) limitate perqualche c < π/(b− a).

Allora, dati t ∈ (0, 1) e s con <es = (1 − t)a + tb, Ts e limitato da Lpt a Lqt ,dove

1pt

=1− tp0

+t

p1

1qt

=1− tq0

+t

q1.

La norma di Ts dipende solo da t e dalle funzioni Mj(y).

Per la dimostrazione, v. Stein-Weiss, Introduction to Fourier Analysis in Eu-clidean Spaces, cap.5. Per funzione semplice si intende una combinazione linearefinita di funzioni caratteristiche di insiemi limitati.

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60

Teorema 14.3. Sia S una ipersuperficie con curvatura Gaussiana mai nulla, esia µ una misura positiva liscia su S e a supporto compatto. Allora l’insiemecaratteristico di µ e l’intero triangolo ABC.

Dimostrazione. E sufficiente dimostrare che il vertice C e nell’insieme caratteristico.Nel seguito intenderemo dunque p = (n+ 1)/n e q = n+ 1.

Utilizzando una partizione dell’unita di classe C∞, possiamo decomporre µ inuna somma finita di misure con supporto su porzioni di S che siano grafici. Sup-poniamo quindi che µ stessa abbia un supporto sufficientemente piccolo da essere ilgrafico xn = ϕ(x′), con ϕ(0) = 0, ∇ϕ(0) = 0, e matrice Hessiana H0ϕ non degenere.

Sia ψε una identita approssimata C∞ a supporto compatto, e si ponga µε =µ ∗ ψε. Se noi dimostriamo che ‖µε‖pq ≤ C, dove C e indipendente da ε quando εe sufficientemente piccolo, possiamo concludere che µ ∈ Cpq. Infatti, se f, g ∈ S,

|〈µ ∗ f, g〉| = limε→0|〈µε ∗ f, g〉|

≤ supε<ε0

‖µε ∗ f‖q‖g‖q′

≤ C‖f‖p‖g‖q′ .

Potremmo allora concludere che

‖µ ∗ f‖q = supg∈S,‖g‖q′≤1

|〈µ ∗ f, g〉| ≤ C‖f‖p .

Per s ∈ C, definiamo la distribuzione Φs = δ0 ⊗ Isp , dove δ0 si intende nellavariabile x′ ∈ Rn−1 e il nucleo di integrazione frazionaria Isp e inteso nella variabilexn ∈ R. Fissato ε > 0, poniamo

(14.3) Tsf = f ∗ µε ∗ Φs .

Vogliamo applicare il Teorema 14.2 sulla striscia −n−12 ≤ <es ≤ 1, controllando

che le Mj(y) in (4) non dipendano da ε.Osservando che µε e una funzione C∞ a supporto compatto, si ha che µε ∗Φs e

una funzione C∞. Pertanto la sua convoluzione con una funzione semplice f , cheha supporto compatto, e ben definita. Quindi la (1) e soddisfatta.

Siano ora f, g semplici. Allora

〈Tsf, g〉 = 〈Φs, f ∗ µε ∗ g〉 .

La funzione f ∗ µε ∗ g e C∞ a supporto compatto. Quindi 〈Tsf, g〉 dipendeanaliticamente da s e la condizione (2) del Teorema 14.2 e verificata.

Per verificare la (3), osserviamo che se m e un intero pari,

〈Tsf, g〉 = 〈Φs+m, ∂mxn(f ∗ µε ∗ g

)〉 .

Scegliamo m in modo che −n−12 +m > 0. Se il supporto di f ∗ µε ∗g e contenuto

in BR, si ha

|〈Tsf, g〉| =

∣∣∣∣∣ 1Γ((s+m)/2)

∫|xn|≤R

f ∗ µε ∗ g(0, xn)|xn|s+m−1 dxn

∣∣∣∣∣≤ C

|Γ((s+m)/2)|R<es+m

≤ CR|Γ((s+m)/2)|

,

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61

se s e nella striscia che ci interessa.Per la formula di Stirling (valida per es. quando z tende a∞ dentro una striscia

verticale)Γ(z) ∼

√2πzz−

12 e−z ,

si ha

log(

1Γ((s+m)/2)

)∼ c−

(s+m− 1

2

)log

s+m

2+s+m

2,

quando s tende all’infinito nella striscia −n−12 ≤ <es ≤ 1.

Quindi

log |〈Tsf, g〉| ≤ logCR

|Γ((s+m)/2)|

≤∣∣∣∣log

CRΓ((s+m)/2)

∣∣∣∣≤ c+

∣∣∣∣s+m− 12

logs+m

2

∣∣∣∣+∣∣∣∣s+m

2

∣∣∣∣ .Appare quindi evidente che questa espressione cresce in modo al piu polinomiale

nella striscia, per cui la (3) e senz’altro verificata, prendendo c > 0 arbitrariamentepiccolo.

Passiamo ora alla (4), ponendo p0 = q0 = 2 (in corrispondenza di <es = −(n−1)/2) e p1 = 1, q1 =∞ (in corrispondenza di <es = 1).

Per il Teorema 7.9, se s = −n−12 + iγ, la norma di Ts come operatore da L2 in

se e data dalla norma L∞ della tarsformata di Fouirer del nucleo. Ora

µε ∗ Φs(ξ) = µ(ξ)ψε(ξ)Φs(ξ) = µ(ξ)ψ(εξ)√π2−

n−12 +iγ

Γ(n+1

2 − iγ) |ξn|n−1

2 −iγ .

Per il Teorema 13.2, |µ(ξ)| ≤ C|ξn|−n−1

2 , e dunque compensa l’ultimo fattore.Inoltre ψ(εξ) e limitata uniformemente in ε. Di conseguenza possiamo prendere

M0(y) =c∣∣Γ (n+1

2 − iγ)∣∣ .

Applicando nuovamente la formula di Stirling, si verifica che M0 soddisfa lacondizione richiesta.

Se ora <es = 1, scriviamo Tsf = ψε ∗ (f ∗ µ ∗ Φs), dove

f ∗ µ ∗ Φs(x) =1

Γ(s/2)

∫f ∗ µ(x′, xn − yn)|yn|s−1 dyn

=1

Γ(s/2)

∫∫f(x′ − t′, xn − ϕ(t′)− yn

)g(t′)|yn|s−1 dt′ dyn

=1

Γ(s/2)

∫∫f(x′ − t′, xn − tn

)g(t′)|tn − ϕ(t′)|s−1 dt′ dtn

=1

Γ(s/2)

∫∫f(x− t)g(t′)|tn − ϕ(t′)|s−1 dt′ dtn .

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62

Il nucleo di convoluzione

Ks(t) =1

Γ(s/2)|tn − ϕ(t′)|s−1

e limitato se <es = 1 e tale e la sua convoluzione con ψε. Precisamente si ha:

‖Ts‖1∞ = ‖ψε ∗Ks‖∞≤ ‖ψε‖1‖Ks‖∞

≤ C

|Γ(s/2)|.

Applicando una terza volta la formula di Stirling, si verifica che anche M1(y)soddisfa la (4).

Segue allora dal Teorema 14.3 che T0 e limitato tra due opportuni spazi Lp eLq. Per verificare che si tratta dei valori cercati, osserviamo che per avere 0 =−n−1

2 (1− t) + t si deve prendere t = n−1n+1 . Allora

1pt

=1− n−1

n+1

2+

n−1n+1

1=

n

n+ 1,

mentre qt e sicuramente il suo coniugato.

15. La funzione massimale di Hardy-Littlewood

Se f e localmente integrabile su Rn, la sua media su una palla B = B(x, r) dicentro x e raggio r > 0 e data da

1|B|

∫B

f(y) dy ,

dove |B| indica la misura di Lebesgue di B. La funzione

(15.1) Mf(x) = supr>0

1|B(x, r)|

∫B(x,r)

|f(y)| dy

si chiama funzione massimale di Hardy-Littlewood di f e l’operatore M : f 7−→Mfoperatore massimale di Hardy-Littlewood. Chiaramente M non e lineare (si osserviche Mf(x) ≥ 0), ma solo sub-lineare, nel senso che

(15.2) M(f + g) ≤Mf +Mg , M(λf) = |λ|Mf .

Lemma 15.1. La funzione Mf e misurabile.

Dimostrazione. Verifichiamo che la funzione

F (x, r) =1

|B(x, r)|

∫B(x,r)

|f(y)| dy ,

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definita su Rn × (0,∞), e continua. Poiche |B(x, r)| = cnrn, basta discutere la

continuita del numeratore. Sia K un compatto di Rn e si prendano due palleB(x, r) e B(x′, r′) contenute in K. Essendo |f | ∈ L1(K), vale la condizione diassoluta continuita: per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che

∫E|f(y)| dy < ε per ogni

E ⊂ K con |E| < δ. Basta allora prendere (x, r) e (x′, r′) abbastanza vicini inmodo che |B(x, r)4B(x′, r′)| < δ.

In particolare, per ogni r ∈ Q la funzione

gr(x) =1

|B(x, r)|

∫B(x,r)

|f(y)| dy

e continua, essendo la convoluzione di |f |, localmente integrabile, con la fun-zione limitata e a supporto compatto (1/|B(0, r)|)χB(0,r). Ne segue che G(x) =supr∈Q gr(x) e misurabile.

Ma per la continuita di F (x, r) in r, si ha G(x) = Mf(x).

Ci interessa ora discutere se M e limitato su Lp(Rn), ossia se

‖Mf‖p ≤ C‖f‖p

per qualche costante C, o anche se M e di tipo debole (p, p), nel senso che per ogniα > 0

(15.3) |x : Mf(x) > α| ≤ C(‖f‖pα

)p.

Si noti che per le (15.2), essendo in particolare |Mf − Mg| ≤ M(f − g), lalimitatezza su Lp equivale alla continuita, come per gli operatori lineari.

Accanto alla funzione massimale M , e utile considerare alcune sue varianti, peresempio

M1f(x) = supx∈B

1|B|

∫B

|f(y)| dy ,(15.4)

M2f(x) = supj∈Z

1|B(x, 2j)|

∫B(x,2j)

|f(y)| dy ,(15.5)

o anche, sostituendo alle palle B i cubi Q,

(15.6) M3f(x) = supx∈Q

1|Q|

∫Q

|f(y)| dy ,

ecc. Si vede facilmente che le funzioni Mf,M1f,M2f,M3f si dominano a vicendacon costanti assolute, per cui sono di fatto intercambiabili per i nostri fini. Peresempio,

Mf(x) ≤M1f(x) ≤ 2nMf(x) .

Il primo risultato, ovvio, e il seguente:

Lemma 15.2. M e limitato su L∞(Rn).

Prendiamo ora l’altro valore estremo, p = 1. Il risultato e decisamente negativo.

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64

Proposizione 15.3. Se Mf ∈ L1(Rn), allora f ≡ 0.

Dimostrazione. Se f non e identicamente nulla, esiste una palla B di centro 0 eraggio r tale che

∫B|f(y) dy > 0. Dato x, si prenda la palla Bx di centro x e raggio

|x|+ r. Poiche Bx contiene B, si ha

Mf(x) ≥ 1|Bx|

∫Bx

|f(y)| dy ≥ 1|Bx|

∫B

|f(y)| dy ≥ c

(|x|+ r)n.

Ma ∫Rn

1(|x|+ r)n

dx =∞ ,

per cui Mf 6∈ L1.

Tuttavia M risulta di tipo debole (1,1). Per dimostrare cio occorre utilizzare laseguente versione del lemma di ricoprimento di Vitali.

Lemma 15.4. Sia Bjj∈J un ricoprimento finito di un insieme misurabile Emediante palle. Esiste allora un sottoricoprimento Bjj∈J′ tale che Bj ∩ Bk = ∅per j, k ∈ J ′, j 6= k, e inoltre ∣∣∣∣∣∣

⋃j∈J′

Bj

∣∣∣∣∣∣ ≥ 2−n|E| .

Dimostrazione. Sia Bj1 una palla che abbia misura massima. Induttivamente siprenda Bjk+1 in modo che abbia misura massima tra le palle disgiunte da Bj1 ∪· · · ∪ Bjk . Ovviamente il procedimento si arresta dopo un numero finito di passi,precisamente quando non ci sono piu palle disgiunte da Bj1 ∪ · · · ∪ Bjk . PoniamoJ ′ = j1, . . . , jk.

Se B e una palla, indichiamo con B∗ la palla con lo stesso centro e raggio doppio.Sia B′ una delle palle avanzate. Necessariamente essa interseca almeno una di

quelle selezionate. Sia ¯ il primo intero ` tale che B′ ∩ Bj` 6= ∅. Allora il raggio diBj¯ e maggiore o uguale al raggio di B′, si ha

B′ ⊆ B∗j¯ .

Di conseguenza

E ⊆⋃j∈J

Bj ⊆⋃j∈J′

B∗j ,

per cui

|E| ≤∑j∈J′|B∗j | = 2n

∑j∈J′|Bj | = 2n

∣∣∣∣∣∣⋃j∈J′

Bj

∣∣∣∣∣∣ .

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65

Teorema 15.5. L’operatore M e di tipo debole (1, 1).

Dimostrazione. Data f ∈ L1(Rn) e dato α > 0, sia Eα = x : Mf(x) > α. Peril Lemma 15.1, Eα e misurabile, per cui la sua misura e l’estremo superiore dellemisure dei suoi sottoinsiemi compatti. Sia E un sottoinsieme compatto di Eα.

Preso x ∈ E, essendo Mf(x) > α, esiste una palla Bx con centro in x tale che

1|Bx|

∫Bx

|f(y)| dy > α ,

ossia|Bx| ≤

∫Bx

|f(y)| dy .

Per la compattezza di E, si estragga da Bx un sottoricoprimento finito, equindi, applicando il Lemma 15.4, un sottoinsieme finito Bxj di palle disgiuntetali che

∑j |Bxj | ≥ 2−n|E|. Si ha allora

|E| ≤ 2n∑j

|Bxj | ≤2n

α

∑j

∫Bxj

|f(y)| dy ≤ 2n‖f‖1α

.

Di conseguenza |Eα| ≤ 2n‖f‖1/α.

Possiamo ora applicare il Teorema di interpolazione di Marcinkiewicz per ot-tenere quanto segue.

Corollario 15.6. Se 1 < p ≤ ∞, M e limitato su Lp(Rn).

Vediamo ora un’applicazione del Teorema 15.5.

Teorema 15.7. Se f e localmente integrabile, il limite

(15.7) limr→0

1|B(x, r)|

∫B(x,r)

f(y) dy

esiste finito per quasi ogni x.

Premettiamo un lemma.

Lemma 15.8. Sia f ∈ L1(Rn). Posto fr(x) = 1|B(x,r)|

∫B(x,r)

f(y) dy, si ha

limr→0‖fr − f‖1 = 0 .

Dimostrazione. Sia ϕ(x) =(1/|B(0, 1)|

)χB(0,1)(x) e si ponga ϕr(x) = r−nϕ(x/r).

Si verifica facilmente che fr = f ∗ ϕr. Poiche∫ϕ(x) dx = 1, le ϕr formano

un’identita approssimata, in particolare valgono le conclusioni del Lemma 7.3. Sinoti che l’ipotesi ϕ ∈ S non e necessaria nella dimostrazione del Lemma 7.3.

Dimostrazione del Teorema 15.7. Poiche il problema e di carattere locale, possiamosupporre che f abbia supporto compatto, e dunque che f ∈ L1. Inoltre possiamosupporre f reale.

Per il Lemma 15.8, esiste una successione rk → 0 tale che limk→∞ frk(x) esistefinito quasi ovunque.

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66

Sia oraΩf (x) = lim sup

r→0fr(x)− lim inf

r→0fr(x) .

Dimostreremo che |x : Ωf (x) > α| = 0 per ogni α > 0. Cio implica che perquasi ogni x

lim supr→0

fr(x) = lim infr→0

fr(x) = limk→∞

frk(x)

esiste finito, il che conclude la dimostrazione.Dato ε > 0, sia g una funzione continua a supporto compatto tale che ‖f−g‖1 <

ε. Per le proprieta di limsup e liminf,

Ωf (x) ≤ Ωf−g(x) + Ωg(x) .

Inoltre Ωg(x) = 0 per ogni x. Osserviamo ora che Ωf−g(x) ≤ 2M(f − g)(x), percui

|x : Ωf (x) > α| = |x : Ωf−g(x) > α|≤ |x : M(f − g)(x) > α/2|

≤ c‖f − g‖1α

< cε

α.

Per l’arbitrarieta di ε si ha la tesi.

Sia Ef l’insieme dei punti x per cui il limite (15.7) esiste finito. Per x ∈ Efdefiniamo f(x) uguale a tale limite.

Un punto di Ef si chiama punto di Lebesgue per f se

(15.8) limr→0

1|B(x, r)|

∫B(x,r)

|f(y)− f(x)| dy = 0 .

Teorema 15.9. Se f e localmente integrabile, quasi ogni punto di Rn e un puntodi Lebesgue per f .

Dimostrazione. Ancora una volta possiamo supporre che f sia integrabile e reale.Dato q ∈ Q, consideriamo l’insieme E|f−q|, costituito dai punti x per cui

(15.9) limr→0

1|B(x, r)|

∫B(x,r)

|f(y)− q| dy

esiste finito. La funzione definita da questo limite (come elemento di L1) e |f − q|,pertanto per quasi ogni x ∈ E|f−q| ∩ Ef il limite (15.9) e uguale a |f(x)− q|, dovef(x) e il valore del limite (15.7). Indichiamo con E′q l’insieme di tali x.

Sia E0 l’intersezione dei vari E′q al variare di q in Q. Trattandosi di una famiglianumerabile, |Rn \ E0| = 0.

Se x ∈ E0,

(15.10) limr→0

1|B(x, r)|

∫B(x,r)

|f(y)− q| dy = |f(x)− q|

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67

per ogni q ∈ Q. Il limite a primo membro e funzione uniformemente continua di q,in quanto ∣∣∣∣∣ 1

|B(x, r)|

∫B(x,r)

|f(y)− q| dy − 1|B(x, r)|

∫B(x,r)

|f(y)− q′| dy

∣∣∣∣∣≤ 1|B(x, r)|

∫B(x,r)

|q − q′| dy

= |q − q′| .

Quindi l’uguaglianza (15.10) si estende a ogni q ∈ R, in particolare a q =f(x).

Esempio. Se f(x) = sgnx, 0 ∈ Ef e f(0) = 0. Ma 0 non e un punto di Lebesgue.

Consideriamo una funzione ϕ ≥ 0 integrabile. Poniamo ϕε(x) = ε−nϕ(x/ε). Se∫ϕ(x) dx = 1, per il Lemma 7.3,

(15.11) limε→0

f ∗ ϕε = f

in norma Lp se f ∈ Lp con p <∞. Ci interessa vedere se il limite (15.11) e ancheun limite puntuale (quasi ovunque). La dimostrazione si puo effettuare imitandoquella del Teorema 15.7, purche si dimostri che la funzione massimale

(15.12) Mϕf(x) = supε>0

∣∣f ∗ ϕε(x)∣∣

e di tipo debole (1,1). Per dare una risposta affermativa e necessario imporre unacondizione aggiuntiva su ϕ.

Indichiamo con ϕ∗ la funzione

ϕ∗(x) = ess sup|y|≥|x|

ϕ(y) .

Essa e la minima funzione radiale e radialmente decrescente che maggiori ϕ.

Teorema 15.10. Se ϕ∗ ∈ L1, vale la maggiorazione puntuale

Mϕf(x) ≤ CMf(x) .

Dimostrazione. Possiamo supporre f ≥ 0, in quanto

Mϕf(x) ≤Mϕ|f |(x) , e M |f |(x) = Mf(x) .

Se f ≥ 0, si ha Mϕf(x) ≤Mϕ∗(x), per cui possiamo direttamente supporre cheϕ sia radiale e radialmente decrescente.

Consideriamo inizialmente il caso in cui ϕ sia una funzione semplice a supportocompatto,

ϕ(x) =N∑j=0

cjχj(x) ,

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dove cj > 0 e χj e la funzione caratteristica della palla di centro 0 e raggio rj .Quindi

f ∗ ϕε(x) =N∑j=0

cjf ∗ (χj)ε(x)

=N∑j=0

cjεn

∫B(x,εrj)

f(y) dy

≤N∑j=0

cj |Brj |Mf(x)

= ‖ϕ‖1Mf(x) .

Per una ϕ generica, si considerano tutte le ψ ≤ ϕ semplici, con supporto com-patto, radiali e radialmente decrescenti. Allora

f ∗ ϕε(x) = supψf ∗ ψε(x) ≤ ‖ϕ‖1Mf(x) .

Quindi Mϕf(x) ≤ ‖ϕ‖1Mf(x).

Si osservi che la condizione ϕ∗ ∈ L1 e sicuramente verificata se |ϕ(x)| ≤ C(1 +|x|)−n−δ per qualche δ > 0, o addirittura se f ∈ S.

16. Estensione a spazi di natura omogenea

I risultati del paragrafo 15 si possono rivedere in un ambito molto piu generale.Sia X un insieme. Una quasi-distanza su X e una funzione d da X×X in R tale

che(1) d(x, y) ≥ 0 per ogni x, y ∈ X;(2) d(x, y) = 0 se e solo se x = y;(3) d(x, y) = d(y, x) per ogni x, y ∈ X;(4) esiste una costante c ≥ 1 tale che

(16.1) d(x, z) ≤ c(d(x, y) + d(y, z)

)per ogni x, y, z ∈ X.

Una quasi-distanza induce in modo naturale una topologia su X, una cui basee costituita dalle palle B(x, r) = y : d(x, y) < r. Sia ora m una misura di Borelpositiva su X. Si dice che m e doubling se esiste una costante c′ tale che

(16.2) m(B(x, 2r)

)≤ c′m

(B(x, r)

)per ogni x ∈ X e r > 0.

Una terna (X, d,m), dove d e una una quasi-distanza su X e m e una misuradoubling, si dice uno spazio di natura omogenea.

Esempi.

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(1) Ovviamente Rn, con la distanza Euclidea e la misura di Lebesgue, e dinatura omogenea.

(2) Anche Z, con la distanza d(n,m) = |n − m| e la misura del conteggiom(E) = cardE, e di natura omogenea.

(3) Sia α > −n. Allora R, con la distanza Euclidea e la misura dm(x) = |x|αdx,e di natura omogenea.

(4) Si prenda X = Rn, e siano λ1, . . . , λn > 0. Si ponga

d(x, y) = max|x1|1/λ1 , . . . , |xn|1/λn

.

Allora d e una quasi-distanza e, con la misura di Lebesgue, Rn e unospazio di natura omogenea.

(5) La sfera unitaria Sn−1, dotata della distanza indotta da Rn e della misurasuperficiale σ, e uno spazio di natura omogenea.

Vedremo piu avanti altri esempi.

Occorre una certa cautela nel definire la funzione massimale nel contesto gen-erale per assicurarsi che essa sia misurabile. Infatti nulla garantisce in generalela continuita della funzione (x, r) 7→ m

(B(x, r)

). Per questo motivo e preferibile

considerare la funzione massimale

(16.3) M1f(x) = supx∈B

1m(B)

∫B

|f(y)| dy ,

dove f e localmente integrabile rispetto alla misura m, e l’estremo superiore ecalcolato rispetto a tutte le palle B, relative alla distanza d, contenenti x. Si haallora la seguente proprieta.

Lemma 16.1. La funzione M1f e semicontinua inferiormente, e dunque misura-bile.

Dimostrazione. Sia M1(x0) > α. Esiste allora una palla B contenente x tale che

1m(B)

∫B

|f(y)| dy > α .

Ma allora per ogni x ∈ B M1f(x) > α.

Per dimostrare che M1 e di tipo debole (1,1), e sufficiente provare un lemma diricoprimento analogo al Lemma 15.4.

Lemma 16.2. Sia Bjj∈J un ricoprimento finito di un insieme misurabile Emediante palle. Esiste allora un sottoricoprimento Bjj∈J′ tale che Bj ∩ Bk = ∅per j, k ∈ J ′, j 6= k, e inoltre ∣∣∣∣∣∣

⋃j∈J′

Bj

∣∣∣∣∣∣ ≥ κ|E| ,dove κ e una costante assoluta.

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Dimostrazione. Si costruisca il sottoricoprimento Bjj∈J′ come nel Lemma 15.4.Data una palla B di raggio r, sia B∗ la palla con lo stesso centro e raggio 2cr, dovec e la costante che appare nella (16.1). Allora

E ⊆⋃j∈J′

B∗j .

Se 2k ≥ 2c, posto B = B(x, r) si ha allora

m(B∗j ) ≤ m(B(x, 2kr)

)≤ c′km(B) .

Il resto della dimostrazione e identico.

Teorema 16.3. L’operatore M e di tipo debole (1, 1) e limitato su Lp(X,m) perogni p con 1 < p ≤ ∞.

L’ultima parte del paragrafo 15 si estende senza modifiche al caso generale.

Presentiamo due risultati di cui avremo bisogno piu avanti. Il primo e un lemmadi ricoprimento, detto di Whitney.

Lemma 16.4. Sia F un chiuso non vuoto di X, e sia A il suo complementare.Esistono costanti k e k′, indipendenti da F , e una famiglia numerabile di palleBj = B(xj , rj) ⊂ A tali che

(1) le palle Bj sono a due a due disgiunte;(2) l’unione delle palle B∗j = B(xj , krj) e uguale a A;(3) ogni palla B∗∗j = B(xj , k′rj) ha intersezione non vuota con F .

Dimostrazione. Sia c la costante nella (16.1). Per ogni x ∈ A, sia dx = d(x, F )e si prenda Bx = B(x, δdx), con δ da determinarsi. Si scelga quindi una famigliaBj = Bxjj∈J di tali palle che sia massimale rispetto alla proprieta che esse sianoa due a due disgiunte.

La famiglia Bj e numerabile. Cio segue dal fatto che, fissati x0 ∈ X e unintero n, le palle Bj che hanno misura maggiore di 1/n e sono contenute in B(x0, n)possono essere solo in numero finito. Si noti anche che se una palla avesse misuranulla, tutto X avrebbe misura nulla per la (16.2).

La (1) e dunque verificata. Per la (3), basta prendere B∗∗j = B(xj , 2dxj ). Passi-amo quindi alla (2).

Si considerino le palle B∗j = B(xj , dxj/2). Esse sono chiaramente contenute inA. Sia ora x ∈ A. Per la massimalita della famiglia Bj, la palla Bx interseca unadelle Bj . Vogliamo mostrare che x ∈ B∗j , se δ e stato scelto opportunamente. Siay un punto in Bx ∩Bj e sia z ∈ F tale che d(xj , z) < 2dxj . Allora

dx ≤ d(x, z)

≤ c(d(x, y) + d(y, z)

)≤ c2

(d(x, y) + d(y, xj) + d(xj , z)

)< c2

(δdx + δdxj + 2dxj

).

Quindi, se δc2 < 1,

dx <(δ + 2)c2

1− δc2dxj = σdxj .

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Ora

d(x, xj) ≤ c(d(x, y) + d(y, xj)

)< cδ(dx + dxj )

< cδ(1 + σ)dxj .

Si tratta ora di prendere δ tale cheδ < 1

c2

δ(

1 + (δ+2)c2

1−δc2

)< 1

2 ,

cioe δ < 1/(2 + 5c2).

Il secondo risultato prende il nome di decomposizione di Calderon-Zygmund. Persemplicita supponiamo che m(X) =∞.

Teorema 16.5. Sia f ∈ L1(X,m) e sia α > 0. E possibile decomporre f come

f(x) = g(x) +∞∑j=0

bj(x)

in modo che

(1) |g(x)| ≤ α;(2) le funzioni bj hanno supporto in palle B′j e sono tali che

1m(B′j)

∫|bj(x)| dm(x) ≤ α∫

bj(x) dx = 0 ;

(3)∑jm(B′j) ≤ C

α ‖f‖1.

Dimostrazione. Sia A = x : M1f(x) > κα, con κ da determinarsi, e si costruis-cano le palle Bj come nel Lemma 16.4. Si ponga quindi

Q0 = B∗0 \

⋃`≥1

B`

Q1 = B∗1 \

Q0 ∪⋃`≥2

B`

. . .

Qj = B∗j \

⋃`<j

Q` ∪⋃`>j

B`

.

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72

I Qj danno una partizione di A e Bj ⊂ Qj ⊂ B∗j . Quindi

1m(Qj)

∫Qj

|f(x)| dm(x) ≤ 1m(Bj)

∫B∗j

|f(x)| dm(x)

≤ c′

m(B∗j )

∫B∗j

|f(x)| dm(x)

≤ c′M1f(xj)

≤ c′κα ,

se c′ e la costante nella (16.2) e xj ∈ B∗j ⊂ A.In particolare, se

βj =1

m(Qj)

∫Qj

f(x) dm(x) ,

risulta|βj | ≤ c′κα .

Si ponga allora

g = fχX\A +

∑j

βjχQj .

Poiche |f(x)| ≤M1f(x) quasi ovunque, risulta

|g(x)| ≤ c′κα

quasi ovunque.Si ponga ora

bj = (f − βj)χQj .

Allora bj ha supporto nella palla B∗j , ha integrale nullo e

1m(B∗j )

∫|bj(x)| dm(x) ≤ 1

m(B∗j )

∫Qj

|f(x)| dm(x) +m(Qj)m(B∗j )

|βj |

≤ (1 + c′)κα .

Quindi se κ = 1/(1 + c′) e B′j = B∗j , le condizioni (1) e (2) sono verificate.Quanto alla (3), abbiamo

∑j

m(B∗j ) ≤ c′∑j

m(Bj) ≤ c′m(A) ≤ C ‖f‖1α

perche M1 e di tipo debole (1,1).

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73

17. Distribuzioni omogenee di grado −n

Riprendiamo in considerazione gli operatori di convoluzione in Rn

Tf = K ∗ f

con nucleo K omogeneo. Nei paragrafi precedenti abbiamo visto quanto segue:(1) se K e omogenea di grado −n+ α e T e limitato da Lp a Lq, allora

(17.1)1p− 1q

=<eαn

;

(2) se K e localmente integrabile e |K(x)| ≤ c|x|−n+α, con 0 < α ≤ n, allora Te limitato per p, q soddisfacenti la (17.1) e inoltre 1 < p < q <∞.

Per gli operatori con nucleo omogeneo di grado −n + iγ, con γ reale, si pone,per la (1), un problema di limitatezza da Lp in se. La seguente osservazione mostrache in generale si ha a che fare con distribuzioni di ordine positivo.

Lemma 17.1. A parte i multipli scalari della δ0 (che e omogenea di grado −n),nessuna misura non nulla e omogenea di grado −n+ iγ.

Dimostrazione. Sia µ una misura di Borel regolare omogenea di grado −n+ iγ, e siconsiderino le corone sferiche Dj = x : 2−j ≤ |x| < 2−j+1. Dato un sottoinsiemeE ⊂ Dj , sia E′ = 2jE ⊂ D0.

Poiche χE(x) = χE′(2jx),

µ(E) = 〈µ, χE〉 = 2−ijγ〈µ, χE′〉 = 2−ijγµ(E′) .

Quindi

|µ|(Dj) = sup⊔αEα=Dj

∑α

|µ(Eα)| = sup⊔αE′α=D0

∑α

|µ(E′α)| = |µ|(D0) .

Se B e la palla unitaria,

|µ|(B) =∑j≥1

|µ|(Dj) .

Affinche questo sia un valore finito, occorre che |µ|(D0) = 0, da cui µ(Rn \0 =0.

Gli operatori “integrali” corrispondenti a distribuzioni omogenee di grado−n+iγrichiederanno quindi un trattamento particolare a cominciare dalla loro definizione.

Consideriamo inizialmente una funzione K0(x) omogenea di grado −n su Rn\0e ivi localmente integrabile. Se Ω(x′) e la restrizione di K0 alla sfera unitaria Sn−1,si ha allora

K0(x) =Ω(x′)|x|n

, x′ =x

|x|.

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Lemma 17.2. Se

(17.2)∫Sn−1

Ω(x′) dx′ = 0 ,

si puo definire una distribuzione K su Rn, omogenea di grado −n e coincidente conK0 su Rn \ 0, attraverso la formula

(17.3) 〈K, f〉 = p.v.

∫RnK0(x)f(x) dx

def= lim

ε→0

∫|x|>ε

K0(x)f(x) dx .

Ogni altra distribuzione, omogenea di grado −n e coincidente con K0 su Rn\0,differisce da K per un multiplo scalare di δ0.

Ricordiamo che K coincide con K0 su Rn \ 0 se, data f ∈ S con 0 6∈ supp f ,〈K, f〉 =

∫K0(x)f(x) dx.

Dimostrazione. Mostriamo che se f ∈ S, gli integrali nell’espressione

U(f) =∫|x|<1

K0(x)(f(x)− f(0)

)dx+

∫|x|>1

K0(x)f(x) dx

convergono e che il limite in (17.3) e uguale a U(f). Per il teorema del valor medio,|f(x)− f(0)| ≤ C|x|. Quindi∫

|x|<1

|K0(x)|∣∣f(x)− f(0)

∣∣ dx ≤ C ∫Sn−1

∫ 1

0

r−n|Ω(x′)|rn dr dx′ <∞ ;

il secondo integrale e finito in modo banale. Sia ora ε < 1. Poiche∫ε<|x|<1

K0(x) dx = 0 ,

si ha

U(f)−∫|x|>ε

K0(x)f(x) dx =

=∫|x|<1

K0(x)(f(x)− f(0)

)dx−

∫ε<|x|<1

K0(x)f(x) dx

=∫|x|<1

K0(x)(f(x)− f(0)

)dx−

∫ε<|x|<1

K0(x)(f(x)− f(0)

)dx

=∫|x|<ε

K0(x)(f(x)− f(0)

)dx .

Decomponendo, come sopra, x = rx′, si vede allora che∣∣∣∣∣U(f)−∫|x|>ε

K0(x)f(x) dx

∣∣∣∣∣ ≤ Cε .

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75

Inoltre

|U(f)| ≤ ‖∇f‖∞∫|x|<1

|K0(x)||x| dx+ ‖f‖(1)

∫|x|>1

|K0(x)||x|−1 dx ≤ C‖f‖(1) .

Quindi la (17.2) definisce una distribuzione temperata K. Fuori dall’origine coin-cide con K0 perche , se f ∈ S si annulla in un intorno di 0, U(f) =

∫K0(x)f(x) dx.

Se ora fr(x) = r−nf(r−1x), si ha

〈K, fr〉 = p.v.

∫RnK0(x)fr(x) dx

= limε→0

∫|x|>ε

K0(x)r−nf(r−1x) dx

limε→0

∫|y|>r−1ε

K0(ry)f(y) dy

= r−n p.v.

∫RnK0(x)f(x) dx

= r−n〈K, f〉 ,

per cui K e omogenea di grado −n.Sia infine K un’altra distribuzione omogenea di grado −n coincidente con K0

fuori dall’origine. Allora la differenza K − K e pure omogenea di grado −n e hasupporto in 0. Essa e dunque un multiplo scalare di δ0.

La condizione (17.2) e necessaria per avere una distribuzione omogenea. Infattivale il seguente risultato.

Proposizione 17.3. Se Ω non soddisfa la (17.2), non esiste nessuna distribuzioneomogenea che coincida con K0 fuori dall’origine.

Dimostrazione. Se cn =∫Sn−1 dx

′, poniamo

bΩ =1cn

∫Sn−1

Ω(x′) dx′ ,

uguale alla media di Ω su Sn−1. Allora

Ω(x′) =(Ω(x′)− bΩ

)+ bΩ = Ω1(x′) + bΩ ,

dove Ω1 soddisfa la (17.2). E dunque sufficiente considerare il caso in cui Ω(x′) ecostante.

Supponiamo dunque per assurdo che esista K ∈ S ′, omogenea di grado −n euguale a |x|−n fuori dall’origine.

Sia ψ una funzione C∞ a supporto compatto su R, pari, non negativa, decrescenteper r > 0, e tale che ψ(r) = 1 su un intorno di 0. Se f1(x) = ψ(|x|) e f2(x) =ψ(2|x|), si avrebbe allora 〈K, f1〉 = 〈K, f2〉, per l’omogeneita di K.

Ma allora, essendo 0 6∈ supp (f1 − f2), sarebbe

〈K, f1 − f2〉 =∫f1(x)− f2(x)

|x|ndx = 0 ,

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il che e assurdo in quanto f1 − f2 > 0.

Vi sono distribuzioni omogenee di grado −n di tipo piu generale dei nuclei finoraconsiderati. Si puo infatti prendere come Ω una generica distribuzione sulla sferatale che 〈Ω, 1〉 = 0. Data f ∈ S(Rn), l’espressione

(17.4) 〈K, f〉 = limε→0

∫ ∞ε

〈Ω, f(r·)〉1rdr

definisce una distribuzione omogenea di grado −n su Rn. Si puo anzi dimostrareche ogni distribuzione omogenea di grado −n e la somma di una della forma (17.4)piu un multiplo della δ0.

18. Nuclei di Calderon-Zygmund

In base al Lemma 17.1, un nucleo omogeneo di grado −n+ iγ non e mai in C11,ne quindi in C∞∞. Rimane da discutere la limitatezza su Lp per 1 < p < ∞. Perfare cio e conveniente considerare una classe piu ampia di nuclei.

Una funzione K(x) localmente integrabile su Rn \ 0 soddisfa la condizione diCalderon-Zygmund se esiste una costante C tale che per ogni h 6= 0

(18.1)∫|x|>4|h|

∣∣K(x+ h)−K(x)∣∣ dx ≤ C .

La (18.1) va interpretata come una ipotesi molto debole di Lipschitzianita. Ve-diamo alcuni esempi rilevanti.

Esempio 1.Sia K(x) una funzione di classe C1 fuori dall’origine che soddisfi la condizione

(18.2) |∇K(x)| ≤ C

|x|n+1.

Si noti per inciso che la (18.2) implica che

|K(x)| ≤ C

|x|n.

Una tale K soddisfa la (18.1). Infatti, se |h| < |x|/4,∣∣K(x+ h)−K(x)∣∣ ≤ |h| max

0<t<1|∇K(x+ th)| ≤ C |h|

|x|n+1,

in quanto |x+ th| ≥ 34 |x|. Quindi∫

|x|>4|h|

∣∣K(x+ h)−K(x)∣∣ dx ≤ C|h|∫

|x|>4|h||x|−n−1 dx = C ′ .

Soddisfano la (18.2) le funzioni

K(x) =Ω(x′)|x|n+iγ

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quando Ω e di classe C1 sulla sfera.

Esempio 2.La condizione (18.2) puo essere rilassata come segue. Si supponga che esista

α > 0 tale che, se |h| < |x|/4,

(18.3) |K(x+ h)−K(x)| ≤ C |h|α

|x|n+α.

Rientrano in questo caso i nuclei della forma K(x) = Ω(x′)|x|−n, dove Ω soddisfauna condizione di Holder di ordine α > 0 sulla sfera:

|Ω(x′)− Ω(y′)| ≤ c|x′ − y′|α .

Infatti, presi x, h con 0 < |h| < |x|/4, si ha

|K(x+ h)−K(x)| ≤∣∣Ω((x+ h)′

)− Ω(x′)

∣∣|x+ h|n

+ |Ω(x′)|∣∣∣∣ 1|x+ h|n

− 1|x|n

∣∣∣∣≤ C

(∣∣(x+ h)′ − x′∣∣α

|x+ h|n+∣∣∣∣ 1|x+ h|n

− 1|x|n

∣∣∣∣).

Per il teorema del valor medio∣∣∣∣ 1|x+ h|n

− 1|x|n

∣∣∣∣ ≤ c |h||x|n+1.

Vale inoltre la disuguaglianza∣∣(x+ h)′ − x′∣∣ ≤ c |h|

|x|,

come si puo verificare riducendosi prima, per omogeneita, al caso |x| = 1 e poi conconsiderazioni elementari di geometria piana. In definitiva

|K(x+ h)−K(x)| ≤ C(|h|α

|x|n+α+|h||x|n+1

)≤ C |h|α

|x|n+α.

Vedremo altri esempi piu avanti.

Una distribuzione K ∈ S ′(Rn) si dice un nucleo di Calderon-Zygmund se(i) fuori dall’origine K coincide con una funzione K(x) che soddisfi la (18.1);(ii) K ∈ C22, ossia K ∈ L∞.Nella parte rimanente di questo paragrafo dimostreremo il seguente teorema.

Teorema 18.1. Sia K un nucleo di Calderon-Zygmund. Allora l’operatore Tf =f ∗K e di tipo debole (1, 1) e limitato su Lp per 1 < p <∞.

Dimostrazione. Dimostriamo che T e di tipo debole (1,1). Sia f ∈ L1. Dato α > 0,si consideri la decomposizione di Calderon-Zygmund

f(x) = g(x) +∞∑j=0

bj(x) ,

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78

come dal Teorema 16.5, corrispondente al valore di α fissato. Se b(x) =∑j bj(x),

si ha ∣∣x : |Tf(x)| > 2α∣∣ ≤ ∣∣x : |Tg(x)| > α

∣∣+∣∣x : |Tb(x)| > α

∣∣ .Osserviamo ora che g ∈ L2; piu precisamente, con le notazioni della dimostra-

zione del Teorema 16.5,

‖g‖22 =∫

Rn\A|f(x)|2 dx+

∑j

∫Qj

|βj |2 dx

≤ α∫

Rn\A|f(x)| dx+

∑j

α2|Qj |

≤ Cα‖f‖1 .

Poiche T e limitato su L2 e per la disuguaglianza di Chebishev,

∣∣x : |Tg(x)| > α∣∣ ≤ ‖Tg‖22

α2

≤ C ‖g‖22

α2

≤ C ‖f‖1α

.

Passiamo ora a Tb. Sia B′j = B(xj , rj). Poniamo B′′

j = B(xj , 4rj). Se x 6∈ B′j ,si ha

Tbj(x) =∫B′j

K(x− y)bj(y) dy =∫B′j

(K(x− y)−K(x− xj)

)bj(y) dy ,

in quanto bj ha integrale nullo. Si osservi che x − y non e mai nullo per y nelsupporto di bj .

Allora∫Rn\B′′

j

|Tbj(x)| dx ≤∫

Rn\B′′j

∫B′j

∣∣K(x− y)−K(x− xj)∣∣|bj(y)| dy dx

=∫B′j

|bj(y)|∫

Rn\B′′j

∣∣K(x− y)−K(x− xj)∣∣ dx dy .

Ponendo t = x− xj , si ha∫Rn\B′′

j

∣∣K(x− y)−K(x− xj)∣∣ dx =

∫|t|>4rj

∣∣K(t+ xj − y)−K(t)∣∣ dt

≤∫|t|>4|xj−y|

∣∣K(t+ xj − y)−K(t)∣∣ dt

≤ C .

In conclusione ∫Rn\B′′

j

|Tbj(x)| dx ≤ Cα|B′j | .

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Di conseguenza∫Rn\⋃jB′′j

|Tb(x)| dx ≤ Cα∑j

|B′j | ≤ C‖f‖1 .

Per la disuguaglianza di Chebishev,

∣∣x 6∈⋃j

B′′

j : |Tb(x)| > α∣∣ ≤ C ‖f‖1

α.

Rimane da considerare la misura dell’insieme x ∈⋃j B

′′

j : |Tb(x)| > α. Maquesta e sicuramente minore o uguale a∣∣∣⋃

j

B′′

j

∣∣∣ ≤∑j

|B′′

j | ≤ C∑j

|B′j | ≤ C‖f‖1α

.

Abbiamo cosı dimostrato che T e di tipo debole (1,1). Essendo limitato su L2,esso e limitato su Lp, 1 < p ≤ 2, per il Teorema di interpolazione di Marcinkiewicz.La limitatezza per 2 < p <∞ segue per dualita.

Corollario 18.2. I seguenti operatori sono di tipo debole (1, 1) e limitati su Lp per1 < p <∞:

(1) la trasformata di Hilbert in R:

(18.4) Hf(x) = p.v.

∫f(x− y)

1ydy ;

(2) le trasformate di Riesz in Rn, n ≥ 2:

(18.5) Rjf(x) = p.v.

∫f(x− y)

yj|y|n+1

dy ;

(3) i potenziali di Riesz (o operatori di integrazione frazionaria) Iiγ di ordineimmaginario, con γ 6= 0 (v. par. 10 e 11).

Dimostrazione. Fuori dall’origine i nuclei sono del tipo considerato nell’Esempio 1,e dunque soddisfano la (18.1). Quanto alle trasformate di Fourier, i casi (1) e (3)sono gia stati considerati nei paragrafi 10 e 11. Per le trasformate di Riesz, vale larelazione

p.v.xj|x|n+1

= c∂

∂xj

1|x|n−1

.

Poiche la trasformata di Fourier di |x|−n+1 e una costante per |ξ|−1, si ha

F(p.v.

xj|x|n+1

)= c

ξj|ξ|

,

e dunque e limitata.

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19. Condizione di Calderon-Zygmund e limitatezza in L2

Il Teorema 18.1 richiede che si sappia a priori che l’operatore Tf = f ∗ K sialimitato1 su L2. In alcuni casi particolari, come quelli indicati nel Corollario 18.2,cio e desumibile direttamente dalla formula esplicita della trasformata di Fourierdel nucleo.

Vediamo in questo paragrafo alcune situazioni di carattere generale cui si applicail Teorema 18.1. Le ipotesi aggiuntive sul nucleo sono di due tipi

(a) ipotesi di media nulla;(b) ipotesi di regolarita leggermente piu forti della (18.1).

E utile cercare condizioni di regolarita quanto piu deboli possibile. In generalela sola condizione di Calderon-Zygmund (18.1) non e sufficiente, mentre quelleconsiderate negli esempi del paragrafo 18 risultano essere piu forti del necessario.

Si dice che una funzione f ∈ L1(Rn) soddisfa una condizione L1-Lipschitz diordine α > 0, o che f ∈ Bα1∞, se esiste una costante c tale che2

(19.1)∫|f(x+ h)− f(x)| dx ≤ c|h|α

per ogni h ∈ Rn. Si pone in tal caso

(19.2) ‖f‖Bα1∞ = ‖f‖1 + suph6=0|h|−α

∫|f(x+ h)− f(x)| dx .

Si osservi che la norma (19.2) e equivalente a ciascuna delle norme

‖f‖′Bα1∞ = ‖f‖1 + sup0<|h|<a

|h|−α∫|f(x+ h)− f(x)| dx .

Infatti basta maggiorare, per |h| ≥ a,

|h|−α∫|f(x+ h)− f(x)| dx ≤ 2a−α‖f‖1 .

Le condizioni di Lipschitz integrali sono localmente piu deboli delle ordinariecondizioni di Lipschitz (o di Holder).

Esempio.Per 0 < α < 1, sia f(x) = |x|−n+αϕ(x), dove ϕ e una funzione C∞ a supporto

1Le ipotesi possono essere modificate supponendo che T sia limitato su Lq per qualche q,

1 < q < ∞; si veda Stein, ”Harmonic Analysis” p.19. Tuttavia per operatori di convoluzione la

condizione piu naturale e la limitatezza in L2.2Si dimostra che se f ∈ Bα1∞ e α > 1, allora f = 0.

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compatto uguale a 1 in un intorno di 0. Se |h| < 1/10,∫ ∣∣|x+ h|−n+αϕ(x+ h)− |x|−n+αϕ(x)∣∣ dx

≤∫|x|>2|h|

∣∣|x+ h|−n+αϕ(x+ h)− |x|−n+αϕ(x)∣∣ dx

+ 2∫|x|<3|h|

|x|−n+α|ϕ(x)| dx

≤ C|h|∫|x|>2|h|

|x|−n+α−1 dx+ C

∫|x|<3|h|

|x|−n+α dx

= C|h|∫ ∞

2|h|r−2+α dr + C

∫ 3|h|

0

r−1+α dr

= C|h|α .

Dunque f ∈ Bα1∞.

Piu in generale, lo spazio di Besov Bαpq e definito, per 0 < α < 1 e 1 ≤ p, q ≤ ∞,come lo spazio delle funzioni f ∈ Lp tali che

‖f‖Bαpq =

‖f‖p +(∫

(|h|−α‖τhf − f‖p)q dh|h|n

)1/q

se q <∞

‖f‖p + suph 6=0 |h|−α‖τhf − f‖p se q =∞ .

Lemma 19.1. Se f ∈ Bα1∞, allora

|f(ξ)| ≤ C‖f‖Bα1∞(1 + |ξ|)−α .

Dimostrazione. Si osservi che

f(ξ) =∫f(x)e−ix·ξ dx = −

∫f

(x+ π

ξ

|ξ|2

)e−ix·ξ dx .

Quindi

|f(ξ)| = 12

∣∣∣∣∫ f

(x+ π

ξ

|ξ|2

)e−ix·ξ dx−

∫f(x)e−ix·ξ dx

∣∣∣∣≤ 1

2

∫ ∣∣∣∣f (x+ πξ

|ξ|2

)− f(x)

∣∣∣∣ dx≤ C|ξ|−α‖f‖Bα1∞ .

D’altra parte,|f(ξ)| ≤ ‖f‖1 ≤ ‖f‖Bα1∞ .

Utilizzando la prima maggiorazione per |ξ| grande e la seconda per |ξ| piccolo,si ha la tesi.

Rinviamo alla fine del paragrafo la dimostrazione del seguente teorema.

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Teorema 19.2. Se f ∈ Bα1∞, allora f ∈ Lp per ogni p < nn−α .

Dati una funzione f e j ∈ Z, poniamo f (j)(x) = 2−njf(2−jx).

Teorema 19.3. Si consideri una famiglia ϕjj∈Z di funzioni con le seguenti pro-prieta:

(a) suppϕj ⊂ x : 12 ≤ |x| ≤ 4;

(b)∫ϕj(x) dx = 0;

(c) ‖ϕj‖Bα1∞ ≤ C per ogni j.

Allora la serie∑j∈Z ϕ

(j)j converge in S ′ a un nucleo di Calderon-Zygmund.

Dimostrazione. Procedendo come nella dimostrazione del Lemma 17.2, si verificache l’espressione

(19.3) 〈K, f〉 =∑j<0

∫ϕ

(j)j (x)

(f(x)− f(0)

)dx+

∑j≥0

∫ϕ

(j)j (x)f(x) dx

definisce una distribuzione temperata. E inoltre evidente che fuori dall’origine Kcoincide con la funzione

K(x) =∑j∈Z

ϕ(j)j (x) .

La convergenza della serie e garantita dal fatto che per quasi ogni x 6= 0 solo tretermini sono diversi da zero.

Dimostriamo che K ∈ L∞. Per il Lemma 19.1, |ϕj(ξ)| ≤ C(1 + |ξ|)−α. Inoltredalla (b) di ricava che

|ϕj(ξ)| =∣∣∣∣∫ ϕj(x)

(e−ix·ξ − 1

)dx

∣∣∣∣≤∫|ϕj(x)|

∣∣e−ix·ξ − 1∣∣ dx

≤ |ξ|∫|ϕj(x)||x| dx

≤ C|ξ| .

Per ξ 6= 0, consideriamo la serie∑j∈Z

∣∣ϕ(j)j (ξ)

∣∣ =∑j∈Z

∣∣ϕj(2jξ)∣∣≤ C

∑2j |ξ|≤1

2j |ξ|+ C∑

2j |ξ|>1

(2j |ξ|)−α

= C|ξ|∑

2j≤|ξ|−1

2j + C|ξ|−α∑

2j>|ξ|−1

2−jα

≤ C .

Quindi la serie∑j∈Z ϕ

(j)j (ξ) converge quasi ovunque e nel senso delle distribu-

zioni a una funzione limitata.

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Dimostriamo infine che K(x) soddisfa la condizione (18.1). Supponiamo che1/2 ≤ |h| < 1 e consideriamo∫

|x|>4|h|

∣∣K(x+ h)−K(x)∣∣ dx ≤∑

j∈Z

∫|x|>4|h|

∣∣ϕ(j)j (x+ h)− ϕ(j)

j (x)∣∣ dx .

Per l’ipotesi (a), solo i valori di j ≥ −2 intervengono nella somma. Quindi∫|x|>4|h|

∣∣K(x+ h)−K(x)∣∣ dx ≤ ∞∑

j=−2

∫ ∣∣ϕ(j)j (x+ h)− ϕ(j)

j (x)∣∣ dx

=∞∑

j=−2

∫2−nj

∣∣ϕj(2−j(x+ h))− ϕj(2−jx)

∣∣ dx=

∞∑j=−2

∫ ∣∣ϕj(y + 2−jh))− ϕj(y)∣∣ dy

≤ c∞∑

j=−2

2−αj = c′ .

Dato poi un generico h 6= 0, si prenda m ∈ Z in modo che 2−m−1 ≤ |h| < 2−m.Posto h′ = 2mh e y = 2mx, si ha∫

|x|>4|h|

∣∣K(x+ h)−K(x)∣∣ dx =

∫|y|>4|h′|

∣∣K(m)(y + h′)−K(m)(y)∣∣ dy .

Ma si osservi che K(m) =∑j∈Z ϕ

(j+m)j ha la stessa forma di K. Si puo quindi

applicare la prima parte della dimostrazione.

Corollario 19.4. Sia Ω una funzione sulla sfera tale che

|Ω(x′)− Ω(y′)| ≤ c|x′ − y′|α ;(19.4) ∫Sn−1

Ω(x′) dx′ = 0 .(19.5)

ove 0 < α ≤ 1. Sia K la distribuzione p.v.Ω(x′)|x|−n. Allora Tf = f ∗K e di tipodebole (1, 1) e limitato su Lp per 1 < p <∞.

Dimostrazione. Per quanto visto nell’Esempio 2 del paragrafo 18, se |h| < |x|/4,

|K(x+ h)−K(x)| ≤ C |h|α

|x|n+α.

Sia D = x : 1 < |x| < 2 e si ponga ϕ(x) = K(x)χD(x).Si verifica facilmente che la serie

∑j∈Z ϕ

(j) converge a K nel senso delle dis-tribuzioni. Evidentemente ϕ soddisfa le ipotesi (a) e (b) del Teorema 19.3. Quantoalla (c) si ha, per |h| < 1/4,∫|ϕ(x+ h)− ϕ(x)| dx =

∫D∩(D−h)

|K(x+ h)−K(x)| dx

+∫D\(D−h)

|K(x)| dx+∫

(D−h)\D|K(x+ h)| dx

≤ C∫|x|>1

|h|α

|x|n+αdx+ C|D \ (D − h)|+ C|(D − h) \D| .

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Ma queste due ultime misure sono maggiorabili con una costante per |h|. Per-tanto ∫

|ϕ(x+ h)− ϕ(x)| dx ≤ C|h|α + C|h| ≤ C ′|h|α .

Se invece |h| ≥ 1/4,∫|ϕ(x+ h)− ϕ(x)| dx ≤ 2

∫|ϕ(x)| dx ≤ C ≤ C ′|h|α .

Dunque ϕ ∈ Bα1∞, da cui la tesi per il Teorema 19.3.

Teorema 19.5. Sia ϕjj∈Z ⊂ L1(Rn) una famiglia di funzioni per cui esistanocostanti ε, α, C > 0 per cui valgano le seguenti proprieta:

(a)∫|ϕj(x)|(1 + |x|)ε dx ≤ C;

(b)∫ϕj(x) dx = 0;

(c) ‖ϕj‖Bα1∞ ≤ C.

Allora la serie∑j∈Z ϕ

(j)j converge in S ′ a un nucleo di Calderon-Zygmund.

Dimostrazione. Come per il Teorema 19.3, mostriamo che la serie converge nelsenso delle distribuzioni a

〈K, f〉 =∑j<0

∫ϕ

(j)j (x)

(f(x)− f(0)

)dx+

∑j≥0

∫ϕ

(j)j (x)f(x) dx .

Nella prima sommatoria maggioriamo

|f(x)− f(0)| ≤

2‖f‖∞‖∇f‖∞|x|

da cui, potendo noi supporre che ε ≤ 1,

|f(x)− f(0)| ≤ C‖f‖(N)|x|ε .

Di conseguenza,∫|ϕ(j)j (x)|

∣∣f(x)− f(0)∣∣ dx ≤ C‖f‖(N)

∫2−nj |ϕj(2−jx)||x|ε dx

= C‖f‖(N)2εj∫|ϕj(x)||x|ε dx

≤ C‖f‖(N)2εj .

Quindi la prima sommatoria converge. Per la seconda applichiamo il Teorema19.2. Sia p < n

n−α . Allora∫|ϕ(j)j (x)||f(x)| dx ≤ ‖ϕ(j)

j ‖p‖f‖p′

= 2−nj/p′‖ϕj‖p‖f‖p′

≤ C‖f‖(N)‖ϕj‖Bα1∞2−nj/p′

≤ C‖f‖(N)2−nj/p′.

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Dunque anche la seconda serie converge.Mostriamo ora che fuori dall’origine K e una funzione. Sia A un aperto relati-

vamente compatto in Rn \ 0. Allora, sempre con p < nn−α ,∑

j∈Z

∫A

|ϕ(j)j (x)| dx =

∑j∈Z

∫2−jA

|ϕj(x)| dx

≤ C∑j<0

2jε∫

2−jA

|ϕj(x)||x|ε dx+∑j≥0

|2−jA|1/p′‖ϕj‖p

≤ C∑j<0

2jε + C∑j≥0

2−nj/p′,

ed entrambe le serie convergono.Verifichiamo ora la condizione di Calderon-Zygmund. Se 1/2 ≤ |h| ≤ 1,∫|x|>4|h|

∣∣K(x+ h)−K(x)∣∣ dx ≤∑

j∈Z

∫|x|>2

∣∣ϕ(j)j (x+ h)− ϕ(j)

j (x)∣∣ dx

=∑j∈Z

∫|y|>2−j+1

∣∣ϕj(y + 2−jh)− ϕj(y)∣∣ dy

≤ 2∑j<0

∫|y|>2−j

|ϕj(y)| dy +∑j≥0

∫ ∣∣ϕj(y + 2−jh)− ϕj(y)∣∣ dy

≤ 2∑j<0

2jε∫|y|>2−j

|ϕj(y)||y|ε dy + C∑j≥0

2−jα

≤ C∑j<0

2jε + C∑j≥0

2−jα .

Per h 6= 0 generico si procede come nel Teorema 19.3.Infine consideriamo la trasformata di Fourier di K. Per il Lemma (19.2),

|ϕj(ξ)| ≤ C(1 + |ξ|)−ε .

Inoltre, dalle due stime |e−iξ·x − 1| ≤ |ξ||x| e |e−iξ·x − 1| ≤ 2 si ricava che

|e−iξ·x − 1| ≤ C|ξ|ε|x|ε .

Quindi

|ϕj(ξ)| =∣∣∣∣∫ ϕj(x)

(e−ix·ξ − 1

)dx

∣∣∣∣≤∫|ϕj(x)|

∣∣e−ix·ξ − 1∣∣ dx

≤ C|ξ|ε∫|ϕj(x)||x|ε dx

≤ C|ξ|ε .

La dimostrazione che K ∈ L∞ si conclude come per il Teorema 19.3.

Vedremo nel prossimo paragrafo una importante applicazione del Teorema 19.5.Concludiamo invece qui dimostrando il Teorema 19.2.

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Lemma 19.6. Una funzione f ∈ L1 e in Bα1∞ se solo se

(19.6) f =∞∑j=0

fj ,

con fj ∈ C∞ e

(19.7) ‖fj‖1 ≤ C2−αj , ‖∇fj‖1 ≤ C2(1−α)j .

Inoltre ‖f‖Bα1∞ e equivalente all’estremo inferiore delle costanti C al variare ditutte le decomposizioni (19.6) per cui valgano le (19.7).

Dimostrazione. Sia f ∈ Bα1∞ e si prenda una identita approssimata ϕε(x) =ε−nϕ(x/ε), dove ϕ e C∞ a supporto nella palla unitaria. Si ponga

ψj(x) = ϕ2−j (x)− ϕ2−j+1(x) ,

e quindif0 = f ∗ ϕ0 , fj = f ∗ ψj per j ≥ 1 .

Si osservi che

ψj(x) = 2njψ0(2jx) ,∫ψj(x) dx = 0 ,

∫|ψj(x)| dx ≤ C .

Allora, per j ≥ 1,

(19.8)

‖fj‖1 =∫ ∣∣∣∣∫ f(x− y)ψj(y) dy

∣∣∣∣ dx=∫ ∣∣∣∣∫ (f(x− y)− f(x)

)ψj(y) dy

∣∣∣∣ dx≤∫|ψj(y)|

∫ ∣∣f(x− y)− f(x)∣∣ dx dy

≤ ‖f‖Bα1∞

∫|y|≤2−j+1

|ψj(y)||y|α dy

≤ C‖f‖Bα1∞2−αj .

Si osservi anche che

∂ψj∂xk

(x) = 2(n+1)j ∂ψ0

∂xk(2jx) ,

per cui ∫ ∣∣∣∣∂ψj∂xk(x)∣∣∣∣ dx ≤ C2j .

Inoltre si ha banalmente che ∫∂ψj∂xk

(x) dx = 0 .

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Sostituendo nella (19.8) ψj con ∂ψj/∂xk, si ottiene quindi∥∥∥∥ ∂fj∂xk(x)∥∥∥∥ ≤ C‖f‖Bα1∞2(1−α)j .

Quanto a f0, essa e ovviamente in L1 insieme alle sue derivate parziali.Inoltre

N∑j=0

fj = f ∗ ϕ0 +N∑j=1

f ∗(ϕ2−j − ϕ2−j+1

)= f ∗ ϕ2−N ,

per cui la serie delle fj converge a f in L1.Viceversa, si supponga di avere una successione fj che soddisfi le (19.7) con una

data costante C. Allora ∥∥∥∥∥∥∞∑j=0

fj

∥∥∥∥∥∥1

≤ C∞∑j=0

2−αj ≤ cC .

Inoltre,se |h| < 1,∫|f(x+ h)− f(x)| dx ≤

∞∑j=0

∫|fj(x+ h)− fj(x)| dx

≤∑

2j<|h|−1

∫ ∫ 1

0

∣∣h · ∇fj(x+ th)∣∣ dt dx

+ 2∑

2j≥|h|−1

∫|fj(x)| dx

≤ |h|∑

2j<|h|−1

∫ 1

0

∫ ∣∣∇fj(x+ th)∣∣ dx dt+ 2

∑2j≥|h|−1

‖fj‖1

≤ |h|∑

2j<|h|−1

∫ 1

0

‖∇fj‖1 dt+ C∑

2j≥|h|−1

2−αj

≤ C|h|∑

2j<|h|−1

2(1−α)j + C∑

2j≥|h|−1

2−αj

≤ cC|h||h|α−1 + cC|h|α

≤ cC|h|α .

Lemma 19.7. Sia f ∈ L1 e si supponga che anche le derivate parziali ∂jf sianoin L1. Allora f ∈ Lp per p < n

n−1 e per tali p

‖f‖p ≤ Cp (‖f‖1 + ‖∇f‖1) .

Dimostrazione. Se n = 1 la tesi vale anche per p = ∞ e la dimostrazione e moltosemplice. Infatti

|f(x)| =∣∣∣∣∫ x

−∞f ′(t) dt

∣∣∣∣ ≤ ‖f ′‖1 .

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Applicando la disuguaglianza di Holder, si ha per p finito e θ opportuno

‖f‖p ≤ ‖f‖θ1‖∇f‖1−θ1 ≤ ‖f‖1 + ‖∇f‖1 .

Supponiamo dunque n ≥ 2.Essendo ∂jf(ξ) = iξj (ξ), si ha

f(ξ) = −n∑j=1

iξj|ξ|2

∂jf(ξ) .

Sia Hj la distribuzione tale che Hj(ξ) = iξj/|ξ|2. Allora

f = −n∑j=1

Hj ∗ ∂jf .

Se n ≥ 3, sapendo dal Teorema 11.1 che F(|x|−n+2

)= cn|ξ|−2, si ricava che

(19.9) Hj(x) = ∂jc′n|x|n−2

= c”nxj|x|n

.

In particolare, Hj e localmente integrabile e

(19.10) |Hj(x)| ≤ C

|x|n−1.

Le (19.9) e (19.10) valgono anche per n = 2, ma la dimostrazione richiede mag-giore cautela. Occorre partire dall’identita

F(|x|−ε

)= c

Γ(1− ε/2)Γ(ε/2)

|ξ|−2+ε ,

per 0 < ε < 1 (v. Teorema 11.1). Derivando |x|−ε si ottiene una funzione omogeneadi grado −1− ε, e dunque ancora localmente integrabile:

∂j |x|−ε = −εxj |x|−2−ε .

Quindi

F(xj |x|−2−ε) = c

Γ(1− ε/2)εΓ(ε/2)

iξj |ξ|−2+ε .

Poiche εΓ(ε/2) = 2Γ(1 + ε/2), si puo passare al limite per ε tendente a 0 ededurre la (19.9).

Decomponiamo Hj nella somma H0j + H∞j , dove H0

j si annulla per |x| > 1 eH∞j per |x| < 1. Per la (19.10), H0

j ∈ Lp per p < n/(n − 1) e H∞j ∈ Lq perq > n/(n− 1).

Dunque

f(x) =n∑j=1

Hj ∗ ∂jf(x) =n∑j=1

H0j ∗ ∂jf(x) +

n∑j=1

H∞j ∗ ∂jf(x) = f0 + f∞ .

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Inoltre, se p < n/(n− 1) e q > n/(n− 1)

‖f0‖p ≤n∑j=1

‖H0j ‖p‖∂jf(x)‖1 ≤ Cp‖∇f‖1

‖f∞‖q ≤n∑j=1

‖H∞j ‖q‖∂jf(x)‖1 ≤ Cq‖∇f‖1 .

In particolare f0 ∈ L1, da cui si deduce che f∞ = f − f0 ∈ L1, con

‖f∞‖1 ≤ C (‖f‖1 + ‖∇f‖1) .

Allora, se p < n/(n− 1) < q,

‖f∞‖p ≤ ‖f∞‖θ1‖f∞‖1−θq ≤ Cp‖f∞‖θ1‖∇f‖1−θ1 ≤ Cp (‖f‖1 + ‖∇f‖1) .

Dimostrazione del Teorema 19.2. Decomponiamo f =∑∞j=0 fj come nella (19.6),

con‖fj‖1 ≤ C2−αj , ‖∇fj‖1 ≤ C2(1−α)j .

Applicando il Lemma 19.7, se q < n/(n− 1),

‖fj‖q ≤ Cq(2−αj + 2(1−α)j

)≤ Cq2(1−α)j

per ogni j.Prendiamo ora p < n/(n − α). Introduciamo un q, che verra detrminato piu

avanti, con 1 < p < q < n/(n− 1) e sia θ tale che

(19.11)1p

= 1− θ +θ

q.

Per la disuguaglianza di Holder si ha

‖fj‖p ≤ ‖fj‖1−θ1 ‖fj‖θq ≤ Cq2j(−α(1−θ)+(1−α)θ

)= Cq2j(θ−α) .

Si tratta allora di verificare che si puo scegliere q < n/(n−1) in modo che risultiθ < α; in tal caso la serie

∑j ‖fj‖p converge e si ottiene che f ∈ Lp.

Riscriviamo allora la (19.11) nella forma

1p′

= θ1q′,

dove 1p′ <

αn e dato e si vuole 1

q′ <1n . Basta allora prendere θ tale che n

p′ < θ < α

per avere 1q′ = 1

θp′ <1n .

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20. Moltiplicatori di Fourier e condizione di Mihlin-Hormander

Un operatore T : S 7−→ S ′ che commuta con le traslazioni puo essere definito inmodo equivalente

(a) dal suo nucleo di convoluzione K ∈ S ′: Tf = f ∗K;(b) dal suo moltiplicatore di Fourier m ∈ S ′: Tf = F−1(mf).

La relazione tra nucleo e moltiplicatore e m = K.E interessante cercare condizioni sul moltiplicatore m che assicurino che T si

estende a un operatore limitato su Lp per qualche p. Poiche Cpp ⊂ C22, bisognaper prima cosa richiedere che T sia limitato su L2, ossia, in base al Teorema 7.9,che m ∈ L∞.

La condizione di Mihlin-Hormander, che ora vedremo, e piu restrittiva ed assicurala limitatezza su Lp per ogni p ∈ (1,∞). Essa e tale da garantire che il nucleoK = F−1m e un nucleo di Calderon-Zygmund.

Prendiamo ad esempio le trasformate di Riesz e gli operatori di integrazionefrazionaria Iiγ del Corollario 18.2. I corrispondenti moltiplicatori di Fourier sono, ameno di costanti moltiplicative, mj(ξ) = ξj/|ξ| e |ξ|iγ rispettivamente. Trattandosidi funzioni C∞ fuori dall’origine e omogenee di grado 0 o puramente immaginario,esse soddisfano la seguente disuguaglianza:

(20.1) |∂αm(ξ)| ≤ Cα|ξ|−|α|

per ogni multiindice α. In particolare, per ogni R > 0,

(20.2)1Rn

∫R<|ξ|<2R

|∂αm(ξ)|2 dξ ≤ CαR−2|α| .

Diremo che una funzione m e un moltiplicatore di Mihlin-Hormander se soddisfala (20.2) per ogni α con

|α| ≤[n

2

]+ 1 .

La rilevanza di questo ordine critico di derivazione puo essere compresa dalseguente lemma.

Lemma 20.1. Se ϕ ∈ S ′ ed esiste N ≥ [n/2] + 1 tale che ∂αϕ ∈ L2 per ogni|α| ≤ N , allora ϕ ∈ L1. Inoltre per ogni ε < 2N − n∫

|ϕ(x)|(1 + |x|)ε dx ≤ C∑|α|≤N

‖∂αϕ‖2 .

Dimostrazione. Per la formula di Plancherel,∫|ϕ(x)|2|xα|2 dx = c‖∂αϕ‖22 ,

da cui, scomponendo (1 + |x|2)N = (1 + x21 + · · ·+ x2

n)N in somma di monomi conesponenti pari, ∫

|ϕ(x)|2(1 + |x|2)N dx ≤ C∑|α|≤N

‖∂αϕ‖22 .

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Ma allora, per la disuguaglianza di Holder,∫|ϕ(x)|(1 + |x|)ε dx ≤ C

∫|ϕ(x)|(1 + |x|2)ε/2 dx

≤ C(∫

1(1 + |x|2)N−ε/2

dx

)1/2(∫|ϕ(x)|2(1 + |x|2)N dξ

)1/2

≤ C∑|α|≤N

‖∂αϕ‖2 .

La conclusione e resa possibile dal fatto che l’ipotesi fatta su N ed ε assicura che∫(1 + |x|2)−N+ε/2 dx converge.

Costruiamo una partizione dell’unita su Rn \ 0 adattata alle corone sferichediadiche ξ : 2j ≤ |ξ| ≤ 2j+1 come segue. Sia ψ ≥ 0 una funzione C∞ uguale a 1per 1 ≤ |ξ| ≤ 2 e nulla fuori ξ : 1

2 ≤ |ξ| ≤ 4. Allora

Ψ(ξ) =∑j∈Z

ψ(2jξ)

e strettamente positiva per ξ 6= 0. Si ponga

η(ξ) =ψ(ξ)Ψ(ξ)

, ηj(ξ) = η(2jξ) .

Allora∑j∈Z ηj(ξ) = 1 per ogni ξ 6= 0.

Teorema 20.2. Sia m un moltiplicatore di Mihlin-Hormander. Allora K = F−1m

e un nucleo di Calderon-Zygmund. In particolare l’operatore Tf = F−1(mf) e ditipo debole (1, 1) e limitato su Lp per 1 < p <∞.

Dimostrazione. Si ponga mj(ξ) = m(ξ)ηj(ξ). Allora suppmj ⊆ ξ : 2−j−1 ≤ |ξ| ≤2−j+2 e m =

∑j∈Z mj quasi ovunque e nel senso delle distribuzioni.

Poniamomj(ξ) = mj(2−jξ) = m(2−jξ)η(ξ) ,

di modo che supp mj ⊆ ξ : 1/2 ≤ |ξ| ≤ 4.Applicando la (20.2), si ha

(20.3)

‖∂αmj‖22 =∫

1/2<|ξ|<4

∣∣∂α(m(2−jξ)η(ξ))∣∣2 dξ

≤ C∑β≤α

2−2|β|j∫

1/2<|ξ|<4

|∂βm(2−jξ)|2|∂α−βη(ξ)|2 dξ

≤ C∑β≤α

2−2|β|j∫

1/2<|ξ|<4

|∂βm(2−jξ)|2 dξ

= C∑β≤α

2(n−2|β|)j∫

2−j−1<|ξ|<2−j+2|∂βm(ξ)|2 dξ

≤ C .

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Sia poi ϕj(x) = F−1mj(x). Allora F−1mj(x) = 2−njϕ(2−jx) = ϕ(j)j (x), nelle

notazioni del paragrafo 19. Il nucleo di convoluzione dell’operatore T e dunque

K =∑j∈Z

ϕ(j)j (x) .

Verifichiamo che le ϕj soddisfano le ipotesi del Teorema 19.5.Per la (20.3), l’ipotesi (a) segue dal Lemma 20.1, posto N = ν = [n/2] + 1, e

ε = 1/2. Quanto alla (b),∫ϕj(x) dx = ϕj(0) = mj(0) = 0 .

Per la verifica dell’ipotesi (c), si osservi che ∂kϕj = F−1(iξkmj). Procedendocome nella (20.3), si verifica che per |α| ≤ ν,

‖∂α(ξkmj)‖2 ≤ C .

Per il Lemma 20.1, ‖∂kϕj‖1 ≤ C. Quindi∫|ϕj(x+ h)− ϕj(x)| dx =

∫ ∣∣∣∣∫ 1

0

h · ∇ϕj(x+ th) dt∣∣∣∣ dx

≤ |h|∫ 1

0

∫|∇ϕj(x+ th)| dx dt

≤ |h|‖∇ϕj‖1≤ C|h| .

Poiche anche le norme in L1 delle ϕj sono uniformemente limitate, esse sonouniformemente in B1

1∞.

Intervengono spesso moltiplicatori ottenuti con la seguente costruzione. Si pren-de una funzione m0(ξ) di classe C [n/2]+1 con supporto nella corona sferica 1− δ ≤|ξ| ≤ 2 + δ, con δ < 1, e si pone

(20.4) m(ξ) =∑j∈Z

m0(2jξ) .

Si noti che per ogni ξ 6= 0 solo un numero finito di termini della serie e diversoda 0.

Proposizione 20.3. La (20.4) definisce un moltiplicatore di Mihlin-Hormander.

Dimostrazione. Valendo l’uguaglianza m(2kξ) = m(ξ) per ogni k ∈ Z, basta di-mostrare che m e di classe C [n/2]+1 sulla corona chiusa 1 ≤ |ξ| ≤ 2. Fatto cio, perun ξ 6= 0 fissato, si scelga k in modo che 1 ≤ 2−k|ξ| ≤ 2. Allora, se |α| ≤ [n/2] + 1,

|∂αm(ξ)| = |∂α(m(2−kξ)

)| = 2−k|α||∂αm(2−kξ)| ≤ C2−k|α| ≤ C|ξ|−|α| ,

e sappiamo che questa disuguaglianza implica la (20.2).

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Ma in un intorno della corona 1 ≤ |ξ| ≤ 2 solo un numero finito di termini dellaserie (20.4) intervengono, e dunque la loro somma e di classe C [n/2]+1.

Vediamo un paio di applicazioni del Teorema 20.2. Un’operatore differenzialedel secondo ordine, omogeneo e a coefficienti costanti ha la forma

(20.5) Lf =∑jk

ajk∂j∂k ,

dove la matrice A = (ajk) e simmetrica. Si dice che L e ellittico se la matrice A edefinita, ossia se la forma quadratica

Q(ξ) =∑jk

ajkξjξk

si annulla solo per ξ = 0.

Corollario 20.4. Sia L un operatore ellittico della forma (20.5). Se F ∈ S ′ eLF ∈ Lp per qualche p ∈ (1,∞), allora tutte le derivate seconde ∂j∂kF sono in Lp.

Dimostrazione. Essendo

LF = −Q(ξ)F , ∂j∂kF = −ξjξkF ,

risulta

∂j∂kF = F−1

(ξjξkQ(ξ)

LF

).

Verifichiamo che il moltiplicatore

m(ξ) =ξjξkQ(ξ)

soddisfa la condizione di Mihlin-Hormander. Poiche fuori dall’origine il denomi-natore non si annulla, m e C∞ fuori dall’origine, e omogeneo di grado zero. Essosoddisfa pertanto la (20.1), e di conseguenza la (20.2) per ogni α.

L’operatore T corrispondente al moltiplicatore m(ξ) = ξjξkQ(ξ)−1 si indica sig-nificativamente con il simbolo ∂j∂kL

−1. Si osservi che se L = ∆ e l’operatore diLaplace, si ha

∂j∂k∆−1 = RjRk ,

dove Rj , Rk sono le trasformate di Riesz.

Si indica con W pk lo spazio delle funzioni f ∈ Lp le cui derivate distribuzionali

∂αf con |α| ≤ k sono pure in Lp. Si pone

‖f‖Wpk

=∑|α|≤k

‖∂αf‖p .

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Corollario 20.5. Siano k = 2` pari e p ∈ (1,∞). Se f,∆`f ∈ Lp, allora f ∈W pk .

Dimostrazione. Se |α| ≤ k, si ha

∂αf(ξ) = (iξ)αf(ξ)

=(iξ)α

1 + |ξ|k(f(ξ) + (−1)`∆`f(ξ)

).

Sia

m(ξ) =(iξ)α

1 + |ξ|k

e sia T il corrispondente operatore. Allora

∂αf = Tf + (−1)`T (∆`f) .

Si verifica facilmente che m soddisfa la (20.1).

21. Funzioni quadratiche e teoria di Littlewood-Paley

Sia I = [0, 1]. La funzione di Rademacher rn ∈ L2(I) e definita, per n ≥ 0, da

rn(t) = (−1)[2nt] .

In altri termini, decomponendo I nell’unione degli intervalli

[j2−n, (j + 1)2−n] , j = 0, . . . , 2n − 1 ,

rn assume il valore costante (−1)j su ciascun intervallo.

Lemma 21.1. (a) Se 0 < n1 < n2 < · · · < nj, allora

∫ 1

0

rn1(t)rn2(t) · · · rnj (t) dt = 0 .

(b) Le funzioni di Rademacher formano un sistema ortonormale, non completo,in L2(I).

Dimostrazione. Se j = 1, l’asserto (a) e ovvio. Supponiamo dunque j ≥ 2. Suognuno degli intervalli [j2−nj−1 , (j+ 1)2−nj−1 ] il prodotto rn1(t)rn2(t) · · · rnj−1(t) ecostante, mentre rnj (t) assume i valori ±1 su sottoinsiemi di uguale misura. Quindil’integrale dell’intero prodotto e nullo su ciascuno di tali intervalli.

L’ortonormalita e dunque ovvia. Si osservi infine che la funzione r1r2 e ortogonalea tutte le rn per concludere che il sistema non e completo.

La rilevanza delle funzioni di Rademacher e dovuta al seguente risultato, notocome teorema di Khintchin.

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95

Teorema 21.2. Sia f(t) =∑∞n=0 anrn(t) ∈ L2(I). Allora per ogni p < ∞, la

norma di f in Lp e equivalente alla norma di f in L2, ossia

cp

( ∞∑n=0

|an|2)1/2

≤ ‖f‖p ≤ Cp

( ∞∑n=0

|an|2)1/2

.

Dimostrazione. Supponiamo inizialmente p > 2. Per la disuguaglianza di Holder,‖f‖2 ≤ ‖f‖p. E sufficiente dunque dimostrare la disuguaglianza opposta per p = 2ked f reale. Si ha

(21.1)

‖f‖2k2k =∫ 1

0

( ∞∑n=0

anrn(t)

)2k

dt

=∑

(n1,...,n2k)∈N2k

∫ 1

0

an1an2 · · · an2krn1(t)rn2(t) · · · rn2k(t) dt .

Per il Lemma 21.1(a), gli addendi non nulli nella (21.1) possono essere solo quelliin cui uno stesso indice compare un numero pari di volte. In tal caso l’integrandoe una costante. Pertanto

‖f‖2k2k ≤ Ck∑

n1≤···≤nk

a2n1a2n2· · · a2

nk,

dove Ck e un maggiorante del numero di elementi di N2k in cui compaiono ripetutidue volte gli indici n1 ≤ · · · ≤ nk.

Ma allora

‖f‖2k2k ≤ Ck∑

(n1,...,nk)∈Nka2n1a2n2· · · a2

nk

= Ck

( ∞∑n=0

a2n

)k,

che fornisce la tesi per p > 2.Se 1 < p < 2, dalla disuguaglianza di Holder segue che ‖f‖p ≤ ‖f‖2. Sempre

per la disuguaglianza di Holder, e per la parte precedente della dimostrazione,

‖f‖22 ≤ ‖f‖p‖f‖p′ ≤ Cp′‖f‖p‖f‖2 .

Quindi ‖f‖2 ≤ Cp′‖f‖p.Rimane da considerare il caso p = 1. Procedendo come sopra,

‖f‖24/3 ≤ ‖f‖1‖f‖2 ≤ C‖f‖1‖f‖4/3 ,

da cui ‖f‖4/3 ≤ C‖f‖1. Essendo anche ‖f‖1 ≤ ‖f‖4/3 per la disuguaglianza diHolder, la dimostrazione e completata.

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Corollario 21.3. Sia Tn una successioni di operatori limitati su Lp(X), dove Xe uno spazio di misura e p < ∞. Se esiste una costante A tale che per ogni sceltapossibile dei segni εn = ±1, risulta

(21.2) ‖∞∑n=0

εnTn‖pp ≤ A ,

allora vale la maggiorazione∥∥∥∥∥∥( ∞∑n=0

|Tnf |2)1/2

∥∥∥∥∥∥p

≤ CpA‖f‖p .

Dimostrazione. Preso t ∈ [0, 1], si consideri l’operatore

Tt =∞∑n=0

rn(t)Tn ,

dove rn e l’n-esima funzione di Rademacher. Per ipotesi,

‖Ttf‖pp =≤ A‖f‖pp .

Allora anche ∫ 1

0

∫X

|Ttf(x)|p dx dt =∫ 1

0

‖Ttf‖pp dt ≤ A‖f‖pp .

Cambiando ordine di integrazione, si ha internamente∫ 1

0

|Ttf(x)|p dt =∫ 1

0

∣∣∣∣∣∞∑n=0

rn(t)Tnf(x)

∣∣∣∣∣p

dt

≥ cp

( ∞∑n=0

|Tnf(x)|2)p/2

per il Teorema 21.2. Quindi∫X

( ∞∑n=0

|Tnf(x)|2)p/2

dx ≤ c−1p

∫X

∫ 1

0

|Ttf(x)|p dt dx

≤ c−1p A‖f‖pp ,

come da dimostrarsi.

Il Corollario 21.3 puo essere visto nel modo seguente. Si consideri lo spazioLp(`2) costituito dalle successioni F = fn di funzioni misurabili su X tali cheF (x) = fn(x) ∈ `2 per quasi ogni x ∈ X e inoltre

‖F‖Lp(`2) =(∫

X

‖F (x)‖p`2 dx)1/p

<∞ .

Il Corollario 21.3 afferma che, sotto l’ipotesi (21.2), l’operatore

Tf = Tnf

e limitato da Lp a Lp(`2). Per dualita si ha allora il seguente corollario.

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Corollario 21.4. Sia Tn una successione di operatori che soddisfino la (21.2), esia 1 < p <∞. Allora, data F = fn ∈ Lp(`2, risulta∥∥∥∥∥

∞∑n=0

Tnfn

∥∥∥∥∥p

≤ CpA‖F‖Lp(`2) .

Dimostrazione. La (21.2) implica la stessa maggiorazione per gli operatori T ∗n e conp′ al posto di p. Essendo p > 1, p′ e finito. Dunque l’operatore Uf = T ∗nf elimitato da Lp

′a Lp

′(`2). Di conseguenza, U∗ e limitato dal duale di Lp

′(`2) a Lp.

Data G ∈ Lp(`2), si ponga

〈F,G〉 =∫X

∞∑n=0

fn(x)gn(x) dx .

Si verifica facilmente che le applicazioni lineari F 7→ 〈F,G〉 sono tutti e solii funzionali continui su Lp

′(`2), ossia lo spazio duale di Lp

′(`2) si identifica con

Lp(`2). Inoltre

〈U∗F, g〉 = 〈F,Ug〉

=∞∑n=0

∫X

fn(x)T ∗ng(x) dx

=∞∑n=0

∫X

Tnfn(x)g(x) dx

=∫X

( ∞∑n=0

Tnfn

)g(x) dx .

Quindi U∗F =∑∞n=0 Tnfn, da cui la segue la tesi.

Passiamo ora a illustrare alcuni punti salienti della teoria di Littlewood-Paley.Fissata ϕ ∈ S tale che

∫ϕ(x) dx = 1, sia ϕε(x) = ε−nϕ(x/ε) la corrispondente

identita approssimata. Si ponga

(21.3) ψj = ϕ2j − ϕ2j+1 .

Proposizione 21.5. Se f ∈ Lp, 1 < p <∞, allora la serie∑j∈Z f ∗ ψj converge

a f in Lp.

Dimostrazione. Si ha

N∑j=−M

f ∗ ψj =N∑

j=−Mf ∗ (ϕ2j − ϕ2j+1)

= f ∗ ϕ2−M − ϕ2N+1 .

Ma, per il Lemma 7.3,

limM→+∞

f ∗ ϕ2−M = limε→0

f ∗ ϕε = f

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in Lp. Dimostriamo ora che

limε→∞

‖f ∗ ϕε‖p = 0 .

Se g e continua a supporto compatto, si ha

‖g ∗ ϕε‖p ≤ ‖g‖1‖ϕε‖p ≤ Cε−n/p′,

e dunque tende a 0 per ε→∞. Dato δ > 0, si fissi g continua a supporto compattoin modo che ‖f − g‖p < δ. Se ε e sufficientemente grande, ‖g ∗ ϕε‖p < δ, e dunque

‖f ∗ ϕε‖p ≤ ‖(f − g) ∗ ϕε‖p + ‖g ∗ ϕε‖p≤ ‖f − g‖p‖ϕε‖1 + ‖g ∗ ϕε‖p< 2δ .

Di conseguenza

limN→+∞

f ∗ ϕ2N+1 = limε→∞

f ∗ ϕε = 0 .

Scegliamo ora ϕ in modo tale che 0 ≤ ϕ(ξ) ≤ 1, ϕ(ξ) = 1 per |ξ| ≤ 1 − δ eϕ(ξ) = 0 per |ξ| ≥ 1 + δ dove 0 < δ < 1.

Teorema 21.6. Sia ϕ come sopra e siano le ψj definite dalla (21.3). Allora per1 < p <∞ le norme

‖f‖p , ‖f ∗ ψj‖Lp(`2)

sono equivalenti.

Dimostrazione. Applichiamo il Teorema 21.3 agli operatori Tjf = f ∗ψj . In base alTeorema 19.5, per ogni scelta dei segni εj , la somma

∑j∈Z εjψj converge a un nucleo

di Calderon-Zygmund. Poiche le costanti che intervengono nelle maggiorazioni nondipendono dalla scelta dei segni, la norma dell’operatore

∑j∈Z εjTj si maggiora con

una costante assoluta.Per il Teorema 21.3,

(21.4) ‖f ∗ ψj‖Lp(`2) ≤ C‖f‖p .

Si ponga ψ∗j (x) = ψj(−x), di modo che ψ∗j(ξ) = ψj(ξ). Ovviamente la (21.4)vale anche con ψ∗j al posto di ψj . Per il Corollario 21.4,∥∥∥∥∥∥

∑j∈Z

f ∗ ψj ∗ ψ∗j

∥∥∥∥∥∥p

≤ C‖f ∗ ψj‖Lp(`2) .

Se dimostriamo che

(21.5) ‖f‖p ≤ C

∥∥∥∥∥∥∑j∈Z

f ∗ ψj ∗ ψ∗j

∥∥∥∥∥∥p

,

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si ottiene la tesi. Osserviamo che

F(f ∗ ψj ∗ ψ∗j )(ξ) = |ψj(ξ)|2f(ξ) .

Posto

(21.6) m(ξ) =∑j∈Z|ψj(ξ)|2 ,

verifichiamo che 1/m(ξ) e un moltiplicatore di Mihlin-Hormander. Si noti cheψj(ξ) = ψ0(2jξ). Inoltre ψ0(ξ) = ϕ(ξ)− ϕ(2ξ) e diverso da 0 solo per (1− δ)/2 <|ξ| < 1 + δ. Pertanto esiste un intero N tale che per ogni ξ 6= 0, solo N terminidella serie (21.6) sono diversi da 0. Quindi

1 =∑j∈Z

ψj(ξ) ≤√N

∑j∈Z|ψj(ξ)|2

1/2

,

da cui m(ξ) ≥ 1/N .Per la Proposizione (20.3), m soddisfa le condizioni

(21.7) |∂αm(ξ)| ≤ C|ξ|−|α|

per |α| ≤ [n/2] + 1 (in realta per ogni α, con costanti Cα dipendenti da α). Usandoil fatto che m e limitata dal basso, e allora semplice verificare per induzione che1/m soddisfa le stesse condizoni (21.7).

Essendo

f = F−1

mF∑j∈Z

f ∗ ψj ∗ ψ∗j

,

la (21.5) segue dal Teorema 20.2.

22. Dilatazioni non isotropiche in Rn

Siano dati n numeri reali positivi λ1, . . . , λn. La trasformazione lineare

δ · (x1, . . . , xn) = (δλ1x1, . . . , δλnxn)

si chiama dilatazione non isotropica di parametro δ > 0. Il termine “non isotrop-ico” sembra essere antitetico al termine “isotropico”, che si intende riferito alledilatazioni ordinarie; in realta queste costituiscono un caso particolare “non isotrop-ico”, corrispondente a λ1 = · · · = λn = 1.

Buona parte delle nozioni relative alle dilatazioni ordinarie possono essere estesealle dilatazioni non isotropiche. Per esempio, diremo che una funzione f e omogeneadi grado α se

f(δ · x) = δαf(x) .

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100

Si osservi che

(22.1)∫f(δ · x) dx = δ−Q

∫f(x) dx ,

con

Q =n∑j=1

λj .

Questo numero si chiama la dimensione omogenea di Rn rispetto alle dilatazionidate.

Di conseguenza, una distribuzione K si dira omogenea di grado α se, postofδ(x) = δ−Qf(δ−1 · x), si ha

〈K, fδ〉 = δα〈K, f〉 .

Per esempio, δ0 e omogenea di grado −Q. In analogia a quanto visto per ledilatazioni isotropiche, se una distribuzione K e omogenea di grado α e K ∈ Cpq,allora

(22.2)1p− 1q

=<eαQ

.

Si noti che due n-uple di esponenti, λ1, . . . , λn e λ′1, . . . , λ′n, individuano le stesse

distribuzioni omogenee se e solo se c’e una costante a > 0 tale che λ′j = aλj perogni j. In questo caso i gradi di omogeneita riferiti alle due famiglie di dilatazionidifferiscono per un fattore a, cosı come la dimensione omogenea. Cio fa sı che larelazione (22.2) tra p e q rimanga inalterata.

Una funzione ρ : Rn −→ [0,+∞) si chiama una norma omogenea se valgono leseguenti proprieta:

(1) e continua;(2) ρ(x) = 0 se e solo se x = 0;(3) ρ(−x) = ρ(x);(4) ρ(δ · x) = δρ(x) per ogni x ∈ Rn e δ > 0.

Proposizione 22.1. (a) Se ρ(x) e una norma omogenea, esiste una costante c ≥ 1tale che

ρ(x+ y) ≤ c(ρ(x) + ρ(y)

)per ogni x, y ∈ Rn.

(b) Esiste una norma omogenea che e C∞ fuori dall’origine.

Dimostrazione. La funzione ρ assume minimo m > 0 sulla sfera |x| = 1. Da ciosegue che

Bm = x : ρ(x) ≤ m ⊆ x : |x| ≤ 1 .

Si supponga infatti per assurdo che vi sia un punto x tale che ρ(x) ≤ m e|x| > 1. Si consideri la funzione r 7→ r · x. Per r = 1 l’immagine e fuori dalla sferaunitaria, mentre per r → 0 tende a 0. Esiste allora r < 1 tale che |r · x| = 1. Maρ(r · x) = rρ(x) < m, il che e assurdo.

Di conseguenza Bm e compatto. Poiche x 7→ m · x e un omeomorfismo, ancheB1 e compatto. Ma allora B1 + B1 e compatto; sia c il massimo assunto da ρ suB1 +B1.

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101

Dati x, y ∈ Rn, si ponga s = ρ(x) + ρ(y). Allora s−1 · x e s−1 · y sono in B1, percui

ρ(s−1 · x+ s−1 · y) ≤ c ,

ossiaρ(x+ y) ≤ cs = c

(ρ(x) + ρ(y)

).

Per dimostrare la (b), si osservi che, dato x 6= 0, la funzione

δ 7−→ |δ · x|2 = δ2λ1x21 + · · ·+ δ2λnx2

n

e continua e strettamente crescente in [0,+∞), vale 0 per δ = 0 e tende all’infinitoper δ →∞. Quindi esiste uno e un solo δ > 0 tale che |δ · x| = 1. Si ponga allora

ρ(x) =

0 se x = 01δ se x 6= 0 .

Le proprieta (2),(3),(4) sono ovvie. Se mostriamo che ρ e C∞ fuori dall’origine,la continuita in 0 segue per il fatto che ρ e omogenea di grado 1. La funzioneδ(x) = 1/ρ(x) e implicitamente definita dall’equazione

Φ(δ, x) = δ2λ1x21 + · · ·+ δ2λnx2

n = 1 .

Ma∂Φ∂δ

= 2λ1δ2λ1−1x2

1 + · · ·+ 2λnδ2λn−1x2n ,

che e diverso da 0 per x 6= 0. Per il teorema delle funzioni implicite, δ(x), e dunqueρ(x), e C∞.

Altre norme omogenee sono date da

ρp(x) =

n∑j=1

|xj |p/λj1/p

, ρ∞(x) = max1≤j≤n

|xj |1/λj ,

con 0 < p < ∞. Esse non sono in generale C∞, ma hanno il vantaggio di essereesplicite.

Se ρ e ρ′ sono due norme omogenee riferite alla stessa famiglia di dilatazioni,esistono costanti c1, c2 > 0 tali che

ρ(x) ≤ c1ρ′(x) ≤ c2ρ(x)

per ogni x ∈ Rn. Inoltre si verificano facilmente le seguenti relazioni con la normaeuclidea: se λ = minλj e Λ = maxλj ,

(22.3)ρ(x) ≤

C|x|1/Λ se |x| ≤ 1

C|x|1/λ se |x| ≥ 1

ρ(x) ≥C|x|1/λ se |x| ≤ 1

C|x|1/Λ se |x| ≥ 1 .

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102

Fissate una famiglia di dilatazioni con esponenti λ1, . . . , λn e una corrispondentnorma omogenea ρ, si ottiene una quasi-distanza su Rn ponendo

d(x, y) = ρ(x− y) .

Essa e una quasi-distanza nel senso del paragrafo 16 che, per quanto visto soprainduce su Rn la topologia euclidea. Segue dalla (22.1) che se Br = x : ρ(x) < r,allora

|Br| = rQ|B1| .

In particolare la misura di Lebesgue e doubling, per cui Rn acquista la strutturadi spazio di natura omogenea. Utilizzando i risultati del paragrafo 16, cio consentedi estendere buona parte della teoria di Calderon-Zygmund sugli integrali singolarial contesto non isotropico. La condizione di Calderon-Zygmund (18.1) va riscrittanella forma

(22.4)∫ρ(x)>Aρ(h)

|K(x+ h)−K(x)| dx ≤ C ,

con A sufficientemente grande rispetto alla costante c che figura nella disuguaglianzatriangolare (A = 4c e sufficiente).

Il Teorema 18.1 si estende senza variazioni al caso non isotropico, cosı come iTeoremi 19.3 e 19.5, pur di definire f (j)(x) = 2−Qjf(2−j · x). In base alla (22.3),nell’ipotesi (a) del Teorema 19.5 e indifferente mettere il modulo |x| o una normaomogenea ρ(x). Quanto alle norme di Besov, si possono definire spazi di Besov nonisotropici, sostituendo la (19.2) con

‖f‖Bα1∞ = ‖f‖1 + suph6=0

ρ(h)−α∫|f(x+ h)− f(x)| dx .

Per la (22.3) si ha

Bα1∞ ⊂ Bλα1∞ , Bα1∞ ⊂ Bα/Λ1∞ .

Quindi anche l’ipotesi (c) nei Toeoremi 19.3 e 19.5 puo essere formulata indiffer-entemente in termini di spazi isotropici e non isotropici.

Passando alla condizione di Mihlin-Hormander, si noti che se una funzione f eomogenea di grado s (rispetto a una famiglia di dilatazioni non isotropiche), allora∂jf e omogenea di grado s − λj . Di conseguenza, se m e C∞ fuori dall’origine eomogenea di grado 0, vale il seguente analogo della (20.1):

|∂αm(ξ)| ≤ Cαρ(ξ)−d(α) ,

dove

d(α) =n∑j=1

λjαj

(si noti che questi ordini non isotropici di derivazione non sono necessariamenteinteri).

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103

La condizione di Mihlin-Hormander non isotropica che sostituisce la (20.2) di-venta cosı:

(22.5)1RQ

∫R<ρ(ξ)<2R

|∂αm(ξ)| dξ ≤ CαR−2d(α) .

Si puo verificare (ma tralasciamo i dettagli) che e sufficiente verificare la (22.5)per un numero finito di derivate (la condizione d(α) ≤ Q/2 + Λ basta) per ottenerel’analogo del Teorema 20.2.

Vediamo un’applicazione di una struttura non isotropica. Si consideri l’operatoredel calore

L =∂

∂t−

n∑j=1

∂2

∂x2j

in Rn+1. Esso non e ellittico; tuttavia la formula

Lf(τ, ξ) = (iτ + |ξ|2)f(τ, ξ)

mostra che il simbolo σ(τ, ξ) = iτ + |ξ|2 di L si annulla solo per (τ, ξ) = (0, 0). Sidice allora che L e ipoellittico. Il seguente enunciato va confrontato con il Corollario20.4.

Corollario 22.2. Sia F ∈ S ′ tale che LF ∈ Lp per qualche p ∈ (1,∞). Allora lederivate seconde ∂xj∂xkF e la derivata prima ∂tF sono in Lp.

Dimostrazione. Si considerino i moltiplicatori

mjk(τ, ξ) = − ξjξkiτ + |ξ|2

, m0(τ, ξ) =iτ

iτ + |ξ|2.

Essi sono C∞ fuori dall’origine e omogenei di grado 0 rispetto alle dilatazioniδ · (τ, ξ) = (δ2τ, δξ). La condizione di Mihlin-Hormander e dunque soddisfatta. Ilresto procede come nella dimostrazione del Corollario 20.4.

23. Integrali singolari e operatori massimali lungo curve

In questo paragrafo utilizziamo tutti gli strumenti accumulati finora per studiareun tipo di operatore a integrali singolari che non e coperto dalla teoria di Calderon-Zygmund.

In R2 consideriamo la parabola y = x2 e definiamo la distribuzione

(23.1) 〈K, f〉 = p.v.

∫ +∞

−∞f(t, t2)

dt

t.

Chiameremo il corrispondente operatore di convoluzione Hf = f ∗K trasformatadi Hilbert lungo la parabola.

E naturale introdurre in R2 le dilatazioni δ · (x, y) = (δx, δ2y), in quanto esselasciano invariata la parabola. Si noti che Q = 3 e che K e omogenea del gradocritico -3 rispetto a queste dilatazioni.

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104

Ne consegue che H commuta con le dilatazioni e per esso si pone il problemadella limitatezza da Lp in se. Poiche K non e una misura finita, la limitatezza perp = 1 e esclusa. Pur non essendo noto se H e di tipo debole (1,1), dimostreremoche tale operatore e limitato su Lp per 1 < p < ∞. Dimostreremo inoltre chel’operatore massimale

(23.2) Mf(x, y) = supr>0

12r

∫ r

−r|f(x− t, y − t2)| dt

e limitato su Lp per 1 < p ≤ ∞.

Il primo passo consiste in una decomposizione diadica di K. Si prenda unafunzione ψ(t) su R che sia C∞, con supporto in [1/2, 4] ∪ [−4,−1/2], e tale che

(23.3)∑j∈Z

ψ(2−jt) = 1

per ogni t 6= 0. Si consideri quindi la misura µj ∈M(R2) data da

(23.4)∫f(x, y) dµj(x, y) =

∫f(t, t2)ψ(2−jt)

dt

t.

Ognuna delle µj e ottenuta dalla µ0 componendo con una dilatazione non isotrop-ica di rapporto 2j . Infatti, cambiando variabile nella (23.4), si ha∫

f(x, y) dµj(x, y) =∫f(2jt, 22jt2)ψ(t)

dt

t=∫f(2jx, 22jy) dµ0(x, y) .

In analogia con la notazione introdotta nel paragrafo 19, possiamo scrivere cheµj = µ

(j)0 , e quindi che

K =∑j∈Z

µ(j)0 .

Osserviamo che, modificando leggermente l’Esempio 2 del paragrafo 13 e utiliz-zando la (22.3), si ottiene che per |(ξ, η)| > 1

(23.5) µ0(ξ, η) ≤ C|(ξ, η)|−1/2 ≤ Cρ(ξ, η)−1/2 .

Qui ρ indica una qualunque norma omogenea riferita alle dilatazioni considerate.Inoltre µ0(0, 0) = 0 e, per il teorema del valor medio, se |(ξ, η)| < 1,

(23.6) µ0(ξ, η) ≤ C|(ξ, η)| ≤ Cρ(ξ, η) .

Si noti che le (23.5) e (23.6) sono gia sufficienti ad assicurare che la serie∑j∈Z|µj(ξ, η)| =

∑j∈Z|µ0(2jξ, 22jη)|

converge a una funzione limitata, e quindi che H e limitato su L2.

Il secondo passo consiste nell’immergere H in una famiglia analitica di operatorimodulandone la regolarita.

Si ponga Φs = δ0 ⊗ (ωIsp), dove Isp e il nucleo pari di integrazione frazionaria diordine s e ω e una funzione C∞ a supporto compatto che valga 1 in un intorno di0. La presenza di ω non modifica il fatto che Φ0 = δ0.

Definiamo µs = µ0 ∗ Φs e quindi

(23.7) Hs =∑j∈Z

µ(j)s .

Ci interessa considerare gli s con parte reale vicina a 0, diciamo |<es| < 1/2.

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105

Lemma 23.1. Se |<es| < 1/2, Hs e limitato su L2.

Dimostrazione. Poiche µs ha supporto compatto, la sua trasformata di Fourier eanalitica. Essendo µs(0, 0) = 0, vale la (23.6) con µs al posto di µ0.

Inoltre µs(ξ, η) = µ0(ξ, η)Φs(η), dove

Φs(η) = csI1−sp ∗ ω(η) .

Dunque µs e C∞. Per quanto riguarda il comportamento all’infinito, ooserviamoche, essendo <e(1− s) > 0, I1−s

p e localmente integrabile ed uguale, a meno di unacostante moltiplicativa, a |η|−s. Posto σ = <es, si ha

|I1−sp ∗ ω(η)| ≤

∫|τ |−σ|ω(η − τ)| dτ

≤ C∫|τ |−σ(1 + |η − τ |)−N dτ

≤ C∫|η−τ |<|η|/2

|η|−σ(1 + |η − τ |)−N dτ + C

∫|η−τ |>|η|/2

|τ |−σ|η − τ |−N dτ

≤ C|η|−σ∫

(1 + |η − τ |)−N dτ + C|η|−σ−N+1

∫|1−u|>1/2

|u|−σ|1− u|−N du

≤ C|η|−σ .

In definitiva,|Φs(η)| ≤ C(1 + |η|)−σ .

Quindi, se |(ξ, η)| > 1,

|µs(ξ, η)| ≤ cs|(ξ, η)|−1/2(1 + |η|)−σ ≤cs|(ξ, η)|−1/2 se σ ≥ 0

cs|(ξ, η)|−1/2−σ se σ < 0 .

Secondo quanto gia visto, cio implica che la serie∑j∈Z|µs(2jξ, 22jη)|

converge a una funzione limitata, e dunque che Hs e limitato su L2.

Lemma 23.2. Se <es > 0, Hs e limitato su Lp per 1 < p <∞.

Dimostrazione. E sufficiente dimostrare, in base al Teorema 19.3, che µs ∈ Bα1∞per qualche α > 0 (le ipotesi (a) e (b) sono ovviamente verificate). Si ha

〈µs, f〉 = 〈µ0 ∗ Φs, f〉

= cs

∫f(t, t2 + y)|y|−1+sω(y)

ψ(t)t

dt dy

= cs

∫f(x, y)|y − x2|−1+sω(y − x2)

ψ(x)x

dx dy .

Dunque µs e effettivamente una funzione integrabile, precisamente

µs(x, y) = cs|y − x2|−1+sω(y − x2)ψ(x)x

= |y − x2|−1+sλ(x, y) ,

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106

dove λ e C∞ a supporto compatto. Per stimare l’integrale∫|µs(x+ h, y + k)− µs(x, y)| dx dy ,

si procede come nell’Esempio del paragrafo 19, decomponendo il dominio di inte-grazione in due parti, secondo che la distanza del punto (x, y) dalla parabola siamaggiore o minore di 2|(h, k)|. In questo modo si verifica che µs ∈ Bσ1∞.

Teorema 23.3. H e limitato su Lp per 1 < p <∞.

Dimostrazione. Fissato p ∈ (1,∞), si scelgano q compreso tra 1 e p, e una strisciaa ≤ <es ≤ b con −1/2 < a < 0 < b < 1/2 in modo tale che, se

1p

2+

1− θq

,

sia0 = θa+ (1− θ)b .

La tesi segue allora dal Teorema di interpolazione per famiglie analitiche dioperatori.

Passiamo ora all’operatore massimale M definito dalla (23.2). Poiche stiamointegrando su insiemi di misura di Lebesgue nulla, occorre verificare cheMf e bendefinita quando f e solo localmente integrabile.

La funzione di tre variabili g(x, y, t) = f(x + t, y + t2) e pure localmente inte-grabile. Restringendoci al cubo |x| ≤ N, |y| ≤ N, |t| ≤ N , si ottiene una funzioneintegrabile. Dunque g e integrabile in t per quasi ogni (x, y). Facendo tendere Nha infinito, si vede allora che per quasi ogni (x, y) gli integrali che compaiono inMf sono ben definiti.

Si prenda una funzione ψ come nella (23.3), con l’ulteriore condizione ψ ≥ 0.

Lemma 23.4. Posto

M′f(x, y) = supj∈Z

2−j∫|f(x− t, y − t2)|ψ(2−jt) dt ,

si ha M′f(x, y) ≤ c1Mf(x, y) ≤ c2M′f(x, y) per ogni f e ogni (x, y).Analogamente, se

M ′f(x, y) = supj∈Z

2−2j

∫|f(x− u1, y − u2)|ψ(2−j |u|) du ,

si ha M ′f(x, y) ≤ C1Mf(x, y) ≤ C2M′f(x, y) per ogni f e ogni (x, y).

Dimostrazione. Poiche il supporto di ψ(2−jt) e contenuto in Ij = [−2j+2, 2j+2], siha

2−j∫|f(x− t, y − t2)|ψ(2−jt) dt ≤ 8

|Ij |

∫Ij

|f(x− t, y − t2)| dt ,

per cui M ′f(x, y) ≤ 8Mf(x, y).

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107

Se ora 2j ≤ r < 2j+1, si ha anche

12r

∫ r

−r|f(x− t, y − t2)| dt ≤ 1

2j+1

∫ 2j+1

−2j+1|f(x− t, y − t2)| dt

≤ 12j+1

j+2∑−∞

k

∫|f(x− t, y − t2)|ψ(2−kt) dt

=1

2j+1

j+2∑−∞

k2kM′f(x, y)

= 4M′f(x, y) .

Per M ′ si procede in modo analogo.

Indichiamo con ν la misura∫f(x, y) dν(x, y) =

∫f(t, t2)ψ(t) dt ,

poniamo Ψ(x, y) = ψ(|(x, y)|), e scegliamo la costante k in modo che∫dν(x, y) = k

∫Ψ(x, y) dx dy .

Cosı facendo, ν −Ψ ha integrale nullo. Si osservi allora che

(23.8)

M′f(x, y) = supj∈Z|f | ∗ ν(j)(x, y)

≤ supj∈Z|f | ∗Ψ(j)(x, y) + sup

j∈Z

∣∣|f | ∗ (ν −Ψ)(j)(x, y)∣∣

≤M ′f(x, y) +

∑j∈Z

∣∣|f | ∗ (ν −Ψ)(j)(x, y)∣∣21/2

.

Teorema 23.5. L’operatore massimale M e limitato su Lp per 1 < p ≤ ∞.

Dimostrazione. L’enunciato e ovvioPer la (23.8) e il Lemma 23.4, e sufficiente dimostrare che l’operatore

f 7−→

∑j∈Z

∣∣f ∗ (ν −Ψ)(j)(x, y)∣∣21/2

e limitato su Lp per 1 < p < ∞. In base al Corollario 21.3, consideriamo glioperatori lineari

Tεf =∑j∈Z

εjf ∗ (ν −Ψ)(j .)

La limitatezza su Lp si dimostra con lo stesso procedimento di interpolazionecomplessa utilizzato per la trasformata di Hilbert lungo la parabola.

Corollario 23.6. Sia f ∈ Lp, 1 < p ≤ ∞. Per quasi ogni (x, y) ∈ R2

limr→0

12r

∫ r

−rf(x+ t, y + t2) dt = f(x, y) .

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108

24. Operatori in spazi prodotto

In questo paragrafo vediamo alcuni problemi che si riferiscono alla struttura diRn come prodotto cartesiano di spazi di dimensione inferiore.

Lemma 24.1. Siano K1 ∈ S ′(Rn1), K2 ∈ S ′(Rn2). Se Kj ∈ Cpq(Rnj ), j = 1, 2,allora K = K1 ⊗K2 ∈ Cpq(Rn1+n2) e ‖K‖pq = ‖K1‖pq‖K2‖pq.Dimostrazione. Possiamo supporre p ≤ q. Supponiamo anche, inizialmente, cheK1,K2 siano funzioni. Presa f(x, y) ∈ S(Rn1+n2), si ha

‖K ∗ f‖qq =∫ ∣∣∣∣∫ K1(x− x′)K2(y − y′)f(x′, y′) dx′ dy′

∣∣∣∣q dx dy=∫ ∣∣∣∣∫ K1(x− x′)(K2 ∗ fx′)(y) dx′

∣∣∣∣q dx dy .Per y fissato, si ponga gy(x) = K2 ∗ fx(y). Allora, per la disuguaglianza di

Minkowski,

‖K ∗ f‖qq =∫|K1 ∗ gy(x)|q dx dy

=∫‖K1 ∗ gy‖qq dy

≤ ‖K1‖qpq∫‖gy‖qp dy

= ‖K1‖qpq∫ (∫

|K2 ∗ fx(y)|p dx)q/p

dy

≤ ‖K1‖qpq

(∫ (∫|K2 ∗ fx(y)|q dy

)p/qdx

)q/p

= ‖K1‖qpq(∫‖K2 ∗ fx‖pq dx

)q/p≤ ‖K1‖qpq‖K2‖qpq

(∫‖fx‖pp dx

)q/p= ‖K1‖qpq‖K2‖qpq‖f‖qp .

Per K1,K2 generiche, si arriva alla stessa conclusione utilizzando identita ap-prossimate nelle due variabili separatamente.

Cio dimostra che ‖K‖pq ≤ ‖K1‖pq‖K2‖pq. Scegliendo f(x, y) = f1(x)f2(y) inmodo opportuno, si ottiene la disuguaglianza opposta.

In modo sostanzialmente analogo si dimostra quanto segue.

Lemma 24.2. Sia M un operatore massimale su Rn,

Mf(x) = supj∈J|f ∗ µj(x)| ,

dove le µj sono misure di probabilita. Si definisca M ′ su Rn+m come

M ′f(x, y) = supj∈J|f ∗ (µj ⊗ δ0)(x, y)| .

Se M e limitato su Lp(Rn), allora M ′ e limitato su Lp(Rn+m) con la stessanorma.

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109

Corollario 24.3. In R2 i seguenti operatori sono limitati:(a) la trasformata di Hilbert doppia:

(24.1) Hf(x, y) = limε,δ→0

∫|t|>ε,|u|>δ

f(x− t, y − u)1tudt du ,

per 1 < p <∞;(b) la funzione massimale forte:

(24.2) Mf(x, y) = supr,s>0

1rs

∫ r

−r

∫ s

−s|f(x− t, y − u)| dt du .

per 1 < p <∞.

Dimostrazione. La (a) segue dal Lemma 24.1 in quanto H e il prodotto tensorialedelle trasformate di Hilbert Hx, Hy in R.

La (b) segue dal fatto che, indicando con Mx,My le funzioni massimali di Hardy-Littlewood (unidimensionali) nelle due variabili, si ha

Mf ≤My(Mxf) .

La tesi segue allora dal Lemma 24.2.

Si puo notare che ne la trasformata di Hilbert doppia, ne la funzione massimaleforte, sono di tipo debole (1,1). Per esempio, se f e la funzione caratteristica delquadrato [−1, 1]× [−1, 1], si ha

Mf(x, y) ≥ c

(1 + |x|)(1 + |y|).

Si verifica facilmente che |(x, y) : Mf(x, y) > 1/2| =∞.

Ovviamente gli operatori (24.1) e (24.2) hanno analoghi in n dimensioni.

I risultati precedenti danno luogo a una decomposizone di Littlewood-Paley a piuparametri. Per semplicita di notazioni, limitiamoci a lavorare in R2, introducendole dilatazioni a due parametri (x, y) 7→ (δx, εy), con δ, ε > 0.

Si consideri una partizione diadica dell’unita in R \ 0

1 =∑j∈Z

ψ(2jξ) ,

dove ψ e C∞ a supporto in [−4,−1/2] ∪ [1/2, 4]. Allora∑j,k∈Z

ψ(2jξ)ψ(2kη)

e una partizione dell’unita C∞ in R2 privato degli assi coordinati, in cui ogni termine

Ψjk(ξ, η) = ψ(2jξ)ψ(2kη)

ha supporto nell’unione di quattro rettangoli, precisamente dove |ξ| ∼ 2−j e |η| ∼2−k.

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110

Teorema 24.4. Sia ∆jkf = F−1(Ψjkf). Le norme

‖f‖p , ‖∆jkf‖Lp(`2)

sono equivalenti per 1 < p <∞.

Dimostrazione. Premettiamo una osservazione sulle serie di Rademacher in duevariabili. Sia

g(t, s) =∞∑

j,k=0

ajkrj(t)rk(s) .

Allora, se 0 < p < ∞, le norme ‖g‖p e ‖g‖2 sono equivalenti. Come nelladimostrazione del Teorema 21.2, basta considerare p > 2 e dimostrare che ‖g‖p ≤C‖g‖2. Per la disuguaglianza di Minkowski, si ha

‖g‖pp =∫∫ ∣∣∣∣∣∣

∞∑j,k=0

ajkrj(t)rk(s)

∣∣∣∣∣∣p

dt ds

≤ C∫ ∑

j

∣∣∣∣∣∑k

ajkrk(s)

∣∣∣∣∣2p/2

ds

≤ C

∑j

(∫ ∣∣∣∣∣∑k

ajkrk(s)

∣∣∣∣∣p

ds

)2/pp/2

≤ C

∑jk

|ajk|2p/2

.

Per poter ripetere le considerazioni svolte nel paragrafo 21, basta allora verificareche i moltiplicatori

mts(ξ, η) =∑j,k

rj(t)rk(s)Ψjk(ξ, η)

forniscono operatori limitati su Lp(R2) uniformemente rispetto a t, s. Ma bastaosservare che mts e il prodotto di due moltiplicatori di Mihlin-Hormander nelle duevariabili separatamente e applicare il Lemma 24.1.

25. Trasferimento di convolutori eil metodo di rotazione di Calderon

Segue dal Teorema 24.1 che se K0 ∈ Cpp(Rk) e n > k, la distribuzione K =K0⊗δ0 (dove la delta di Dirac va ovviamente intesa in Rn−k) e in Cpp(Rn). Questoe un primo esempio di trasferimento di convolutore, in questo caso da Rk a Rn.

In particolare la trasformata di Hilbert lungo una retta

(25.1) Hvf(x) = p.v.

∫ +∞

−∞f(x− tv)

1tdt

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111

e limitata su Lp(Rn) per 1 < p < ∞, qualunque sia il vettore v 6= 0. Si noti cheHv dipende solo dalla direzione e dal verso di v, e non dal suo modulo. InoltreH−v = −Hv e la norma di Hv non dipende da v.

Da questa osservazione segue il seguente teorema sugli integrali singolari connucleo omogeneo e dispari.

Teorema 25.1. Sia Ω ∈ L1(Sn−1) e dispari. Allora K(x) = p.v.Ω(x′)|x|−n e unconvolutore di Lp per 1 < p <∞.

Dimostrazione. Sia f ∈ S(Rn). Allora

∫|y|>ε

f(x− y)K(y) dy =∫Sn−1

Ω(y′)∫ +∞

ε

f(x− ty′)1tdt dy′

=12

∫Sn−1

Ω(y′)(∫ +∞

ε

f(x− ty′)1tdt+

∫ −ε−∞

f(x− ty′)1tdt

)dy′

=12

∫Sn−1

Ω(y′)∫|t|>ε

f(x− ty′)1tdt dy′ .

Quindi

K ∗ f(x) =12

∫Sn−1

Ω(y′)Hy′f(x) dy′ .

Per la disuguaglianza di Minkowski,

‖K ∗ f‖p ≤12

∫Sn−1

|Ω(y′)|‖Hy′f‖p dy′

≤ C‖Ω‖1‖f‖p .

L’ipotesi che Ω sia dispari implica automaticamente che∫Sn−1 Ω(y′) dy′ = 0. Se

da un lato non si richiede nessuna forma di regolarita su Ω, dall’altro non si ottieneil tipo debole (1,1).

Vediamo ora un’altra procedura di trasferimento, in questo caso da una dimen-sione maggiore a una minore. Decomponendo Rn = Rk × Rn−k, indichiamo con(x, y) = (x1, . . . xk, y1, . . . yn−k) le variabili.

Inizialmente consideriamo un nucleo K ∈ L1(Rn) e poniamo

K0(x) =∫

Rn−kK(x, y) dy .

Lemma 25.2. ‖K0‖Cpp(Rk) ≤ C‖K‖Cpp(Rn).

Dimostrazione. Siano f ∈ L1(Rk), e R > 0. Si ponga gR(x, y) = f(x)χBR(y) egR(x, y) = f(x)

(1− χBR(y)

).

Vogliamo dimostrare che

(25.2) K0 ∗ f(x) = limR→∞

1|BR/2|

∫BR/2

K ∗ gR(x, y) dy

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112

nella norma di Lp(Rk). Avremo allora, per le disuguaglianze di Minkowski e diHolder,

‖K0 ∗ f‖p = limR→∞

1|BR/2|

∥∥∥∥∥∫BR/2

K ∗ gR(·, y) dy

∥∥∥∥∥p

≤ supR

1|BR/2|

∫BR/2

‖K ∗ gR(·, y)‖p dy

≤ supR

(1

|BR/2|

∫BR/2

‖K ∗ gR(·, y)‖pp dy

)1/p

≤ CR−(n−k)/p‖K ∗ gR‖p≤ CR−(n−k)/p‖K‖pp‖f‖p‖χBR‖p≤ C‖K‖pp‖f‖p .

Passiamo dunque a dimostrare la (25.2). Essendo

K0 ∗ f(x)−K ∗ gR(x, y) = K ∗ gR(x, y) ,

abbiamo

K0 ∗ f(x)− 1|BR/2|

∫BR/2

K ∗ gR(x, y) dy

=1

|BR/2|

∫BR/2

(K0 ∗ f(x)−K ∗ gR(x, y)

)dy

=1

|BR/2|

∫BR/2

K ∗ gR(x, y) dy .

Si noti che se |y| < R/2, posto KR/2(x, y) = K(x, y)(1− χBR/2(y)

), si ha

K ∗ gR(x, y) =∫|u|>R

K(x− t, y − u)f(t) dt du

=∫|u|>R

KR/2(x− t, y − u)f(t) dt du

= KR/2 ∗ gR(x, y) .

Allora∥∥∥K0 ∗ f−1

|BR/2|

∫BR/2

K ∗ gR(·, y) dy∥∥∥p

=

∥∥∥∥∥ 1|BR/2|

∫BR/2

K ∗ gR(·, y) dy

∥∥∥∥∥p

=

∥∥∥∥∥ 1|BR/2|

∫BR/2

KR/2 ∗ gR(·, y) dy

∥∥∥∥∥p

≤ 1|BR/2|

∫BR/2

‖KR/2 ∗ gR(·, y)‖p dy

(1

|BR/2|

∫BR/2

‖KR/2 ∗ gR(·, y)‖pp dy

)1/p

≤ CR−(n−k)/p‖KR/2 ∗ gR‖p≤ C‖KR/2‖1‖f‖p .

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113

Basta ora osservare che limR→∞ ‖KR/2‖1 = 0.

Supponiamo ora che K ∈ S ′(Rn) e abbia supporto nella palla BR di centrol’origine e raggio R. In tal caso si puo definire K0 ∈ S ′(Rk) fissando una ψ ∈S(Rn−k) tale che ψ(y) = 1 per |y| ≤ R+ δ e ponendo

〈K0, f〉 = 〈K, f ⊗ ψ〉

per f ∈ S(Rk).

Lemma 25.3. Se K ∈ Cpp(Rn), allora K0 ∈ Cpp(Rk) e

‖K0‖Cpp(Rk) ≤ C‖K‖Cpp(Rn) ,

dove la costante non dipende da R.

Dimostrazione. Siano ηε, ϕε identita approssimate C∞ con supporto compatto inRk e Rn−k rispettivamente. Allora ωε = ηε ⊗ ϕε e un’identita approssimata in Rncon supporto compatto.

Si ponga Kε = K ∗ ωε. Allora Kε e C∞ a supporto compatto, e dunque inte-grabile. Inoltre

‖Kε ∗ f‖p = ‖K ∗ ωε ∗ f‖p ≤ ‖K‖Cpp(Rn)‖ωε ∗ f‖p ≤ ‖K‖Cpp(Rn)‖ωε‖1‖f‖p .

Essendo ‖ωε‖1 costante, si ha ‖Kε‖Cpp(Rn) ≤ C‖K‖Cpp(Rn). Inoltre

Kε0(x) =

∫Kε(x, y) dy

=∫〈K, (τxηε)⊗ (τyϕε)〉 dy

=∫〈K, (τxηε)⊗ ψ(τyϕε)〉 dy

= 〈K, (τxηε)⊗ ψ〉 ,

poiche ∫τyϕε(u) dy =

∫ϕε(y − u) dy =

∫ϕε(y) dy = 1

per ogni u. Dunque

Kε0(x) = 〈K0, τxηε〉 = K0 ∗ ηε(x) .

Per il Lemma 25.2,

‖K0 ∗ ηε‖Cpp(Rk) ≤ C‖Kε‖Cpp(Rn) ≤ C‖K‖Cpp(Rn) .

Allora, data f ∈ Lp(Rk), si ha

‖K0 ∗ f‖p = limε→0‖K0 ∗ ηε ∗ f‖p ≤ C‖K‖Cpp(Rn) lim

ε→0‖ηε ∗ f‖p = C‖K‖Cpp(Rn)‖f‖p .

Dunque ‖K0‖Cpp(Rk) ≤ C‖K‖Cpp(Rn).

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114

Con un po’ piu di lavoro si possono dimostrare analoghi del Lemma 25.2 In casipiu generali, per esempio quando suppK e tale che per ogni compatto M ⊂ Rkl’intersezione M ∩ suppK risulti compatta.

Vediamo ora come risultati come i Lemmi 25.2 e 25.3 abbiano dei corrispondenticon ipotesi sui moltiplicatori. Per capire la natura dei risultati, occorre rifletteresulla corrispondenza tra le seguenti due operazioni:

(1) integrazione di una funzione f lungo le direzioni individuate da un sot-tospazio;

(2) restrizione di f al sottospazio ortogonale.Come sopra, consideriamo Rn = Rk × Rn−k e, data f(x, y) ∈ L1(Rn), poniamo

f0(x) =∫

Rn−kf(x, y) dy .

Calcoliamo allora la trasformata di Fourier di f0 in Rk. Se ξ ∈ Rk, abbiamo

f0(ξ) =∫

Rkf0(x)e−ix·ξ dx =

∫Rnf(x, y)e−ix·ξ dx dy = f(ξ, 0) .

La stessa relazione esiste tra K e K0, quando K e una distribuzione a supportocompatto.

Appare dunque naturale che, sotto opportune ipotesi, la restrizione di un molti-plicatore di Fourier di Lp(Rn) al sottospazio Rk sia un moltiplicatore di Fourier diLp(Rk).

Premettiamo un altro lemma.

Lemma 25.4. Siano K ∈ Cpp(Rn) e µ ∈ M(Rn). Allora il prodotto Kµ e bendefinito in S ′(Rn) e

‖Kµ‖Cpp(Rn) ≤ ‖µ‖1‖K‖Cpp(Rn) .

Dimostrazione. Prendiamo per cominciare µ = δξ0 . Allora δξ0(x) = e−iξ0·x. Inquesto caso µ e C∞ e limitata, per cui Kµ e ben definita. Inoltre

(Kδξ0) ∗ f(x) = 〈K, δξ0(τxf)〉 .Se poniamo fξ0(x) = eiξ0·xf(x),

δξ0(t)τxf(t) = e−iξ0·tf(x− t) = e−iξ0·xτxfξ0 ,

per cui(Kδξ0) ∗ f(x) = e−iξ0·xK ∗ fξ0(x) .

Quindi

‖(Kδξ0) ∗ f‖p = ‖K ∗ fξ0‖p ≤ ‖K‖Cpp(Rn)‖fξ0‖p = ‖K‖Cpp(Rn)‖f‖p .In generale

µ(x) =∫e−iξ·x dµ(ξ) =

∫δξ(x) dµ(ξ) .

Definiamo alloraKµ =

∫δξK dµ(ξ) ,

dove l’integrale converge nella norma di Cpp(Rn). Inoltre

‖Kµ‖Cpp(Rn) ≤∫‖Kδξ‖Cpp(Rn) d|µ|(ξ) ≤ ‖µ‖1‖K‖Cpp(Rn) ,

come da dimostrarsi.

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115

Teorema 25.5. Sia m(ξ, ζ) un moltiplicatore di Fourier di Lp(Rn) e si suppongache m sia continuo sul sottospazio k-dimensionale di equazione ζ = 0. Alloram0(ξ) = m(ξ, 0) e un moltiplicatore di Fourier di Lp(Rk).

Dimostrazione. Sia K = F−1m. Si fissino una funzione ϕ C∞ a supporto compattosu Rn, tale che ϕ(x, y) = 1 per |x|, |y| ≤ 1. Si ponga ϕε(x, y) = ϕ(εx, εy).

Infine sia Kε = Kϕε. Per il Lemma 25.4,

‖Kε‖Cpp(Rn) ≤ ‖K‖Cpp(Rn)‖F−1ϕε‖L1(Rn) ≤ C‖K‖Cpp(Rn) .

Avendo Kε supporto compatto, per il Lemma 25.3,

‖Kε0‖Cpp(Rk) ≤ C‖Kε‖Cpp(Rn) ≤ C‖K‖Cpp(Rn) .

Esiste allora una successione εj → 0 tale che limj→∞Kεj0 = K ∈ Cpp(Rk) nella

topologia debole degli operatori, e dunque nel senso delle distribuzioni. Calcoliamoallora la trasformata di Fourier di Kεj

0 si ottiene da quella di Kεj restringendosi alsottospazio ζ = 0. Allora

Kεj0 (ξ) = Kεj (ξ, 0) = m ∗ (ϕεj )(ξ, 0) .

Passando al limite per j →∞, data la continuita di m per ζ = 0, si ha F(K)(ξ) =m(ξ, 0).

La differenza tra le due operazioni di trasferimento sopra esposte pu essere sin-tetizzata come segue: nella (25.1) Rk viene visto come un sottogruppo di Rn e ilconvolutore viene trasferito dal sottogruppo al gruppo utilizzando l’immersione.

Nei risultati dal Lemma 25.2 in poi, invece, si identifica di fatto Rk come ilquoziente Rn/Rn−k e il trasferimento dal gruppo al gruppo quoziente utilizza laproiezione canonica.

E allora utile osservare che la stessa tecnica di trasferimento a un gruppo quo-ziente puo essere utilizzata anche in altri contesti. Si consideri infatti il sottogruppo2πZ di R e il gruppo quoziente T = R/2πZ. Esso viene detto toro unidimensionaleed e isomorfo e omeomorfo al gruppo moltiplicativo z ∈ C : |z| = 1 attraversol’applicazione x+ 2πZ 7−→ eix. Le funzioni su T si sollevano a R componendole conla proiezione canonica, e danno luogo alle funzioni periodiche di periodo 2π.

E noto che l’analisi di Fourier di funzioni su T (o di funzioni periodiche su R,che e lo stesso) si effettua attraverso i coefficienti di Fourier

f(n) =1

∫ 2π

0

f(x)e−inx dx ,

con n ∈ Z. Come per Rn si ha equivalenza tra i seguenti oggetti:(1) operatori lineari continui(*) da D(T) a D′(T) che commutino con le trasla-

zioni;

(*)essendo T compatto, non ha senso parlare di funzioni a decrescenza rapida. Pertanto in lu-

ogo della classe di Schwartz S facciamo riferimento alla classe D delle funzioni C∞. Analogamente,essendo Z discreto, S′(Z) consiste semplicemente delle successioni a crescita polinomiale.

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116

(2) operatori di convoluzione Tf = f ∗K, con K ∈ D′(T), dove la convoluzionesu T e definita da

f ∗ g(x) =1

∫ 2π

0

f(x− y)g(y) dy ;

(3) operatori definiti da moltiplicatori di Fourier m(n) ∈ S ′(Z), attraverso laformula

Tf(x) = F−1(mf)(x) =∑n∈Z

m(n)f(n)einx .

Adattando le dimostrazioni dei risultati precedenti, si puo dimostrare quantosegue.

Teorema 25.6. (a) Data K ∈ L1(R), si consideri la funzione

K0(x) =∑k∈Z

K(x+ 2kπ) ∈ L1(T) .

Allora ‖K0‖Cpp(T) ≤ C‖K‖Cpp(R).(b) Sia m(ξ) un moltiplicatore di Fourier per Lp(R) che sia continuo per ogni

ξ = n ∈ Z. Allora m(n) e un moltiplicatore di Fourier per Lp(T), la cui norma sicontrolla con una costante per la norma del corrispondente operatore su R.

Questo teorema ha varie conseguenze interessanti.

Teorema 25.7. (a) L’operatore

Tf(x) =∑n 6=0

sgn (n)f(n)einx =i

2πp.v.

∫Tf(x− y)cotg y dy

e limitato su Lp(T) per 1 < p <∞.(b) Data f ∈ Lp(T), sia SNf la ridotta N -esima della sua serie di Fourier,

SNf(x) =∑|n|≤N

f(n)einx .

Se 1 < p < ∞, esiste una costante Cp, dipendente da p ma non da N , tale che‖SNf‖p ≤ Cp‖f‖p. Inoltre, per 1 < p <∞, si ha

(25.3) limN→∞

‖f − SNf‖p = 0 .

Dimostrazione. (a) Cerchiamo di descrivere il moltiplicatore m(n) = sgn (n) comela restrizione a Z di un moltiplicatore su R continuo su Z. Per eliminare la discon-tinuita di sgn (ξ) in 0, utilizziamo una funzione η(ξ) di classe C∞, con supportoin (−1, 1), e uguale a 1 per |ξ| ≤ 1/2. Allora m(ξ) = sgn (ξ)

(1 − η(ξ)

)soddisfa la

condizione di Mihlin-Hormander su R, e continuo su Z e m(n) = sgn (n).

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117

Si tratta ora di calcolare il nucleo di convoluzione K = F−1m su T. Si pongamε(n) = sgn (n)e−ε|n| ∈ `1(Z). Allora

Kε(x) =∑n 6=0

sgn (n)e−ε|n|einx

= 2i=m

( ∞∑n=1

e−n(ε−ix)

)

= 2i=m(

e−ε+ix

1− e−ε+ix

)= 2i=m

(eix

eε − eix

)= 2i=m

(eix(eε − e−ix)|eε − eix|2

)=

2ieε sinx(eε − 1)2 + 2eε(1− cosx)

.

Per x 6= 0( mod 2π), il limite per ε→ 0 e uguale a

i sinx1− cosx

= icotgx

2.

Calcolando il limite nel senso delle distribuzioni, si verifica che la distribuzionelimite e K(x) = ip.v.cotgx/2.

(b) Si prenda una funzione η(ξ) ∈ C∞(R) tale che η(ξ) = 0 per ξ ≤ 0 e η(ξ) = 1per ξ ≥ 1. Allora η(ξ) e η(−ξ) soddisfano la condizione di Mihlin-Hormander. Peril Teorema 25.6,

(25.4)m+(n) =

1 se n ≥ 00 se n < 0

m−(n) =

1 se n ≤ 00 se n > 0

sono moltiplicatori di Fourier per Lp(T) per 1 < p <∞.E un fatto generale che, se m(n) e un moltiplicatore di Fourier per Lp(T), anche

m(n) = m(n − n0) lo e, e l’operatore corrispondente ha norma che non dipendeda n0. Infatti F−1m(x) = ein0xF−1m(x) e basta ripetere la parte iniziale delladimostrazione del Lemma 25.4.

Partendo allora dai moltiplicatori nella (25.4), si vede che

m−(n−N)m+(n+N) =

1 se |n| ≤ N0 altrimenti

e il moltiplicatore di Fourier di SN . Da cio segue la prima parte della tesi (b).Per dimostare la (25.3), osserviamo innanzitutto che lo spazio dei polinomi

trigonometrici (ossia le combinazioni lineari finite dei caratteri einx) e uniforme-mente denso in C(T) per il Teorema di Stone-Weierstrass. Da cio segue che esso edenso in Lp per p <∞.

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Fissati p ∈ (1,∞), f ∈ Lp(T), e ε > 0, sia P un polinomio trigonometrico taleche ‖f − P‖p < ε. Allora

‖SNf − SNP‖p < Cpε

per ogni N . Se N e maggiore del grado di P , si ha SNP = P , per cui

‖f − SNf‖p ≤ ‖f − P‖p + ‖SNP − SNf‖p ≤ (1 + Cp)ε ,

da cui segue la (25.3).

Come ultima applicazione, vediamo una proprieta delle serie di Fourier lacunari.Si chiama lacunare una serie di Fourier

∞∑k=0

akeinkx

dovefracak+1ak ≥ λ > 1

per ogni n. Le serie lacurani hanno molte proprieta in comune con le serie diRademacher. Ci limiteremo a considerare il caso nk = 2k.

Teorema 25.8. Sia f ∈ L1(T) con f(n) = 0 tranne che per n = 2k. Alloraf ∈ Lp(T) per ogni p <∞ ed esiste una costante Cp tale che

C−1p ‖f‖p ≤

( ∞∑k=0

|f(2k)|2)1/2

≤ Cp‖f‖p .

Dimostrazione. Consideriamo p > 2, e sia f una generica funzione in Lp(T). Perla disuguaglianza di Holder e l’identita di Parseval si ha( ∞∑

k=0

|f(2k)|2)1/2

= ‖f‖2 ≤ ‖f‖p

Si prenda ora una funzione ψ(ξ) su R di classe C∞, con supporto nell’intervallo[3/4, 3/2] e tale che ψ(1) = 1. Dati εk = ±1, si ponga

mε(ξ) =∞∑k=0

εkψ(2−kξ) .

Allora mε soddisfa la condizione di Mihlin-Hormander con costanti indipendentida ε. Ne risulta che gli operatori Tεf = F−1(mεf) sono uniformemente limitati suLp(R). Per il Teorema 25.6(b), gli operatori

Tεf(x) =∑n∈Z

f(n)mε(n)einx

sono pure uniformemente limitati su Lp(T). Si ponga

Ukf(x) =∑n∈Z

f(n)ψ(2−kn)einx ,

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di modo che

Tε =∞∑k=0

εkUk .

Per il Teorema 21.3,

(25.5)

∥∥∥∥∥∥( ∑k=0∞

|Ukf |2)1/2

∥∥∥∥∥∥p

≤ Cp‖f‖p ,

per f ∈ Lp(T). Se ora f ha solo i coefficienti di Fourier f(2k) diversi da 0, si haUkf(x) = f(2k)ei2

kx. L’espressione a primo membro della (25.5) diventa allora lanorma in `2 della successione dei coefficienti di Fourier. Cio dimostra la tesi perp > 2.

Per p < 2 si procede come nella dimostrazione del Teorema 21.2.

26. Integrali di Poisson sul disco

Vediamo ora alcune questioni relative a funzioni armoniche in R2 e collegate arisultati visti finora. Molti dei risultati che seguono possono essere estesi a dimen-sioni arbitrarie, ma preferiamo limitarci a R2 per semplicita di notazioni e ancheper agganci a questioni relative a funzioni olomorfe in C. Per le estensioni a piu di-mensioni, si puo consultare E.M. Stein e G. Weiss, Introduction to Fourier Analysison Euclidean Spaces.

Quando sara conveniente, anche solo per comodita di notazioni, useremo la no-tazione complessa z = x+ iy.

Ricordiamo che una funzione armonica su un aperto A di R2 e, per definizione,una soluzione di classe C2 dell’equazione

(26.1) ∆u =∂2u

∂x2+∂2u

∂y2= 0 .

Una funzione armonica e automaticamente C∞.Le funzioni armoniche soddisfano la proprieta della media: se la palla chiusa

B(z0, r) ⊂ A, allora

(26.2)1

∫ 2π

0

u(z0 + reiθ) dθ = f(z0) .

Viceversa, una funzione continua u che soddisfi la (26.2) ogni volta che B(z0, r) ⊂A, allora u e C∞ e armonica.

E utile osservare che la (26.2) implica la proprieta della media “solida”:

(26.3)1πr2

∫B(z0,r)

u(w) dw = u(z0) .

Dalla proprieta della media segue il principio del massimo forte:

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Lemma 26.1. Sia D un aperto connesso e limitato di R2, e sia u una funzionearmonica in D e continua su D. Se u assume modulo massimo in un punto internoa D, allora u e costante.

Dimostrazione. Sia z0 ∈ D un punto di modulo massimo. Se u(z0) = 0, non c’eniente da dimostrare. Altrimenti, moltiplicando u per una costante di modulo 1,possiamo supporre che u(z0) > 0. Se B(z0, r) ⊂ A, dalla (26.3) segue che

u(z0) =1πr2

∫B(z0,r)

<eu(w) dw ,

ossia1πr2

∫B(z0,r)

(<eu(w)− u(z0)

)dw = 0 .

Essendo <eu(w)− u(z0) ≤ |u(w)| − u(z0) ≤ 0 per ogni w, e per la continuita diu, si deve avere <eu(w) = u(z0) in ogni punto di B(z0, r). Ma allora =mu(w) = 0,da cui u(w) = u(z0).

Ne segue che l’insieme z ∈ D : u(z) = u(z0) e sia chiuso che aperto in D, dacui la tesi.

Il Lemma 26.1 implica l’unicita della soluzione del problema di Dirichlet su unaperto connesso e limitato D: trovare una funzione armonica u in D che si estendaper continuita al bordo ∂D e assuma ivi valori assegnati:

(26.4)

∆u = 0 in D

u∣∣∂D = f .

Siano infatti u1, u2 due soluzioni del problema (26.4). Allora la differenza u1−u2

e armonica in D, continua su D e nulla sul bordo. Per il Lemma 26.1, essa eidenticamente nulla.

Discutiamo ora l’esistenza della soluzione del problema (26.4) quando D = z :|z| < 1 e il disco unitario. Osserviamo che ∂D = T, per cui aiuta prendere inconsiderazione sviluppi in serie di Fourier.

Supponiamo per cominciare che il dato al bordo sia fn(eiθ) = einθ, con n ∈ Z.Utilizzando il fatto che le funzioni olomorfe e quelle anti-olomorfe sone armoniche,si vede immediatamente che la soluzione un e data da

un(z) =zn se n ≥ 0z|n| se n < 0 .

Piu in generale, se f e un polinomio trigonometrico,

f(eiθ) =∑|n|≤N

aneinθ ,

la soluzione e

(26.5) u(z) =N∑n=0

anzn +

−1∑n=−N

anz|n| .

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121

Conviene ora utilizzare le coordinate polari z = reiθ e considerare u come unafamiglia di funzioni in θ dipendenti dal parametro r:

ur(θ) = u(reiθ) ,

definite su T. La (26.5) diventa allora

ur(θ) =∑|n|≤N

anr|n|einθ .

In altri termini, alla funzione al bordo f e stato applicato il moltiplicatore diFourier mr(n) = r|n|.

Cio suggerisce che, per una generica funzione f ∈ C(T), la soluzione u delproblema (26.4) sia data da

(26.6) u(reiθ) =∑n∈Z

f(n)r|n|einθ .

Per dimostrare cio, occorre scrivere la (26.6) in forma di convoluzione.

Lemma 26.2. Per r < 1 vale l’uguaglianza∑n∈Z

r|n|einθ =1− r2

1 + r2 − 2r cos θ.

Dimostrazione. Si ha∑n∈Z

r|n|einθ = 1 + 2∞∑n=1

rn cosnθ

= 1 + 2<e

( ∞∑n=1

rneinθ

)

= 1 + 2<e(

reiθ

1− reiθ

)= 1 + 2

<e(reiθ(1− re−iθ)

)|1− reiθ|2

= 1 + 2r cos θ − r2

1 + r2 − 2r cos θ

=1− r2

1 + r2 − 2r cos θ.

La famiglia di funzioni

Pr(θ) =1− r2

1 + r2 − 2r cos θ

prende il nome di nucleo di Poisson. La (26.6) puo allora essere riscritta nella forma

(26.7) u(reiθ) = f ∗ Pr(θ) =1

∫ 2π

0

f(θ′)Pr(θ − θ′) dθ′ .

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122

Occorre dimostare che la (26.7) effettivamente risolve il problema di Dirichlet(26.4). Per quanto riguarda i valori al bordo, si tratta di verificare che il nucleo diPoisson ha le proprieta di un’identita approssimata su T per r → 1. Non avendo adisposizione una struttura di dilatazioni su T, introduciamo una nozione di identitaapprossimata piu ampia di quella data su Rn.

Diciamo che una famiglia di funzioni ϕεε>0 e un’identita approssimata su Tper ε→ 0 se valgono le seguenti proprieta:

(1) ‖ϕε‖1 ≤ C per ogni ε > 0;(2) (1/2π)

∫ϕε(x) dx = 1 per ogni ε > 0;

(3) per ogni a, 0 < a < π, limε→0

∫a<|x|<π |ϕε(x)| dx = 0.

Lemma 26.3. Sia ϕεε>0 un’identita approssimata per ε → 0. Se 1 ≤ p < ∞ ef ∈ Lp(T), allora

limε→0‖f − f ∗ ϕε‖p = 0 .

Se f ∈ C(T),limε→0‖f − f ∗ ϕε‖∞ = 0 .

La dimostrazione si ottiene adattando quella del Lemma 7.3.

Lemma 26.4. Il nucleo di Poisson e un’identita approssimata per r → 1.

Dimostrazione. Poiche Pr(x) =∑n∈Z r

|n|einx e la serie converge uniformemente,si ha

12π

∫ 2π

0

Pr(x) dx =1

∑n∈Z

r|n|∫ 2π

0

einx dx = 1 .

Inoltre P (x) ≥ 0, per cui la (1) e verificata con C = 1. Infine, dato a > 0, a < π,si ha ∫

a<|x|<π

1− r2

1 + r2 − 2r cosxdx ≤ 2π

1− r2

1 + r2 − 2r cos a,

che tende a 0 per r che tende a 1.

Teorema 26.5. La funzione u(reiθ) = f ∗ Pr(θ) e l’unica soluzione del problema(26.4) con dato f ∈ C(T).

Dimostrazione. Per il Lemma 26.4, le funzioni ur(θ) = u(reiθ) tendono uniforme-mente a f per r → 1. Si tratta quindi di verificare che u e armonica nell’internodel disco.

Usiamo per questo scopo l’espressione (26.6) di u. Osserviamo che vale la mag-giorazione

|f(n)| ≤ ‖f‖∞

per ogni n, per cui la serie (26.6) converge uniformemente in r e in θ su ogni discoB(z0, ρ) relativamente compatto nel disco unitario. Questo ci permette di verificarela proprieta della media integrando la serie termine a termine. Ma ogni terminedella serie e una costante per una potenza intera di z o di z, per cui soddisfaevidentemente la proprieta della media.

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123

27. Integrali di Poisson sul semipiano

Studiamo ora le proprieta delle funzioni armoniche sul semipiano superiore

D′ = (x, y) ∈ R2 : y > 0 .

Rispetto al disco, una complicazione e costituita dal fatto che D′ non e limitato.Per esempio, il problema di Dirichlet

(27.1)

∆u = 0 in D′

u(x, 0) = f(x)

non avra in generale soluzione unica. Infatti per f(x) = 0 si hanno almeno le duesoluzioni u1(x, y) = 0 e u2(x, y) = y.

In generale la soluzione del problema (27.1) potra diventare unica solo aggiun-gendo qualche condizione sul comportamento all’infinito della soluzione.

D’altra parte, la forma del dominio permette considerazioni di invarianza piusemplici che non sul disco.

A questo proposito osserviamo che, date una funzione u armonica e una funzioneF olomorfa, allora u F e armonica, come si verifica facilmente utilizzando leequazioni di Laplace e di Cauchy-Riemann.

In particolare, terremo conto dell’esistenza delle seguenti trasformazioni conformidi D′ in se:

(1) le traslazioni orizzontali z 7→ z + b, con b ∈ R;(2) le dilatazioni z 7→ az, con a > 0.

Inoltre utilizzeremo la trasformata di Cayley

C(z) = i1− z1 + z

.

Essa e una trasformazione conforme del disco unitario D sul semipiano D′. Lasua inversa e

C−1(z) =z − iz + i

.

Inoltre C sia estende con continuita a D \ 1 e

(27.2) C(eiθ) = −cotgθ

2.

Infine C e un omeomorfismo di D sulla compattificazione di Alexandroff D′ ∪∞.

L’enunciato che segue mostra come i risultati ottenuti sul disco possono esseretrasferiti al semipiano.

Proposizione 27.1. Sia f ∈ C0(R). Allora il problema di Dirichlet (27.1) ha unae una sola soluzione che si annulla all’infinito. Essa e data dalla formula

(27.3) u(x+ iy) =1π

∫Rf(x− t) y

t2 + y2dt .

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Dimostrazione. Sia f(eiθ) = f C(eiθ). Poiche f si annulla all’infinito, f di estendea una funzione continua su T ponendo f(1) = 0.

Inoltre u e armonica in D′ se e solo se u = uC e armonica in D. Di conseguenzadire che u e soluzione del problema (27.1) e si annulla all’infinito equivale a direche u e soluzione del problema (26.4) con dato al bordo f .

Per ricavare l’espressione esplicita di u, calcoliamo innanzitutto u(i). Si ha

u(i) = u(0)

=1

∫ 2π

0

f(eiθ) dθ

=1

∫ 2π

0

f

(−cotg

θ

2

)dθ

=1π

∫Rf(t)

1t2 + 1

dt ,

grazie alla sostituzione θ = −2arccotg t indotta dalla (27.2).Preso ora un punto generico x0+iy0 ∈ D′, si consideri la trasformazione conforme

ϕ(z) = x0+y0z di D′ su se stesso. Essa si estende per continuita a un omeomorfismodi D′ su se stesso. Ne consegue che, se u e soluzione del problema (27.1) con datoal bordo f , allora u ϕ e soluzione del problema (27.1) con dato al bordo f ϕ.Inoltre u si annulla all’infinito se e solo se u ϕ si annulla all’infinito.

Premesso cio, si ottiene

u(x0 + iy0) = u ϕ(i)

=1π

∫Rf ϕ(t)

1t2 + 1

dt

=1π

∫Rf(x0 + y0t)

1t2 + 1

dt .

Il cambiamento di variabile t′ = x0 + y0t da la (27.3).

L’integrale nella (27.3) e un integrale di convoluzione. Definito il nucleo di Pois-son

Py(x) =1π

y

x2 + y2,

si ha infattiu(x, y) = f ∗ Py(x) .

Si osservi anche che

(27.4) Py(x) = y−1P1(y−1x) .

Poiche P1 ∈ L1(R) e∫P1(x) dx = 1, il nucleo di Poisson e un’identita approssi-

mata su R.

Lemma 27.2. Il nucleo di Poisson ha la proprieta di semigruppo, ossia

Py1 ∗ Py2 = Py1+y2 .

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125

Dimostrazione. Anziche svolgere il calcolo diretto, calcoliamo la trasformata diFourier di Py. Per la (27.4),

Py(ξ) = P1(yξ) .

Inoltre dall’equazione (∂2x + ∂2

y)Py(x) = 0, valida per y > 0, ricaviamo che

(−ξ2 + ∂2y)P1(yξ) = 0 .

Calcolando la derivata per ξ = 1,

P1

′′(y)− P1(y) = 0 .

Quindi P1(y) = c1ey + c2e

−y per y > 0. Poiche P1 e pari e tende a 0 all’infinito,si ricava che

P1(ξ) = e−|ξ| ,

da cuiPy(ξ) = e−y|ξ| .

Quindi Py1+y2(ξ) = Py1(ξ)Py2(ξ).La proprieta di semigruppo segue immediatamente.

Queste osservazioni consentono di considerare il problema (27.1) con dati albordo di tipo piu generale.

Proposizione 27.3. Sia f una funzione continua e limitata su R. Allora la (27.3)fornisce l’unica soluzione limitata del problema (27.1).

La dimostrazione si basa su un paio di lemmi. Il primo e la variante per funzioniarmoniche del Teorema di Liouville.

Lemma 27.4. Sia u una funzione armonica su tutto R2 e limitata. Allora u ecostante.

Dimostrazione. Siano z1, z2 due punti di R2. Per la (26.3), dato r > 0,

|u(z1)− u(z2)| =

∣∣∣∣∣ 1πr2

∫B(z1,r)

f(w) dw − 1πr2

∫B(z2,r)

f(w) dw

∣∣∣∣∣≤ 1πr2

∫B(z1,r)4B(z2,r)

|f(w)| dw

≤ C

πr2

∣∣B(z1, r)4B(z2, r)∣∣

≤ C

r.

Facendo tendere r a ∞, si conclude che u(z1) = u(z2).

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Lemma 27.5. Sia u una funzione armonica e limitata in D′ e si supponga che usi prolunghi per continuita a D′ in modo che u(x, 0) = 0. Allora u e identicamentenulla.

Dimostrazione. Per y < 0 si ponga u(x, y) = −u(x,−y). La funzione u cosı estesa econtinua limitata su tutto R2. Se dimostriamo che e armonica, possiamo concludereche e costante, e dunque nulla.

Si consideri il disco DR di centro l’origine e raggio R. Allora u e armonica inDR se e solo se uR(z) = u(Rz) e armonica nel disco unitario D.

Se Pr (con r < 1) indica il nucleo di Poisson per il disco D, si consideri lafunzione

v(reiθ) =1

∫ π

−πuR(eiθ

′)Pr(θ − θ′) dθ′ .

Essa e armonica in D, continua su D e coincide con uR sul bordo. Per calcolarei valori di v sull’asse reale, bisogna porre θ uguale a 0 o a π. Per θ = 0 ha

v(r) =1

∫ π

−πuR(eiθ

′)Pr(−θ′) dθ′ .

Poiche Pr e pari in θ′ e uR(eiθ′) dispari, l’integrale e nullo. Lo stesso vale per

θ = π.Sia ora A la meta superiore del disco D, A = D ∩ D′. La funzione uR − v e

armonica in A, continua su A e nulla sul bordo. Per il principio del massimo, essae nulla anche nell’interno. Analogamente si verifica che uR − v e nulla nella metainferiore del disco.

Dunque uR = v, per cui uR e armonica in D. Quindi u e armonica in DR. Perl’arbitrarieta di R, u e armonica su tutto R2.

Passando a dati al bordo di tipo ancora piu generale, supponiamo f ∈ Lp(R) eponiamo

u(x+ iy) = f ∗ Py(x) .

Vogliamo sapere se u e armonica e in che senso tende a f quando y tende a 0.

Proposizione 27.6. Se f ∈ Lp(R), 1 ≤ p < ∞, allora u(x + iy) = f ∗ Py(x) earmonica in D′. Al tendere di y a 0, le funzioni uy(x) = u(x + iy) tendono a fquasi ovunque e in norma Lp.

Dimostrazione. Con un semplice calcolo si verifica che per ogni t(∂2

∂x2+

∂2

∂y2

)y

(x− t)2 + y2= 0 .

Essendou(x+ iy) =

∫Rf(t)

y

(x− t)2 + y2dt ,

si verifica allora la proprieta della media cambiando l’ordine di integrazione. Quindiu e armonica.

La convergenza delle uy a f segue dal fatto che le Py formano un’identita ap-prossimata e dal Teorema 15.4.

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Proposizione 27.7. (a) Se f ∈ L∞(R), la funzione u(x + iy) = f ∗ Py(x) earmonica in D′ e le uy convergono a f nella topologia debole-* di L∞(R) e quasiovunque.

(b) se µ ∈ M(R), la funzione u(x + iy) = µ ∗ Py(x) e armonica in D′ e le uyconvergono a µ nella topologia debole-* di M(R).

La dimostrazione e analoga.

Osserviamo che se f ∈ Lp(R), 1 ≤ p ≤ ∞, la funzione u(x + iy) = f ∗ Py(x) =uy(x) soddisfa la condizione

(27.5) supy>0‖uy‖p ≤ sup

y>0‖f‖p‖Py‖1 ≤ ‖f‖p .

Analogamente, se µ ∈M(R) e u(x+ iy) = µ ∗ Py(x) = uy(x), allora

(27.6) supy>0‖uy‖1 ≤ ‖µ‖1 .

Per 1 ≤ p ≤ ∞, indichiamo con Hp(D′) lo spazio delle funzioni u armoniche inD′ e tali che, posto uy(x) = u(x+ iy), si abbia

‖u‖Hp = supy>0‖uy‖p <∞ .

Le (27.5) e (27.6) mostrano che se f ∈ Lp(R) o µ ∈M(R), allora f ∗Py ∈ Hp(D′),o rispettivamente µ ∗ Py ∈ H1(D′). Ci interessa ora dimostrare il viceversa, ossiache data u ∈ Hp(D′), questa e l’integrale di Poisson di una funzione o di una misurasulla retta.

Lemma 27.8. Se u ∈ Hp(D′), per y > 0 si ha

|u(x+ iy)| ≤ C‖u‖Hpy−1/p .

Dimostrazione. Sia p <∞. Se B e il disco di centro x0 + iy0 e raggio y0/2, per laproprieta della media si ha

|u(x0 + iy0)| ≤ 4πy2

0

∫B

|u(x+ iy)| dx dy

≤(

4πy2

0

∫B

|u(x+ iy)|p dx dy)1/p

(4πy2

0

∫ 3y0/2

y0/2

∫R|u(x+ iy)|p dx dy

)1/p

(4πy2

0

∫ 3y0/2

y0/2

‖u‖pHp dy

)1/p

=(

)1/p

‖u‖Hpy−1/p0 .

Se p =∞ la tesi e ovvia.

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Proposizione 27.9. (a) La convergenza nella norma di Hp(D′) implica la con-vergenza uniforme sui compatti di D′.

(b) Hp(D′) e uno spazio di Banach.

Dimostrazione. Sia K un compatto di D′ e sia d > 0 la sua distanza dall’asse reale.Per il Lemma 27.8,

maxz∈K|u(z)| ≤ Cd−1/p‖u‖Hp .

Questo dimostra (a).Sia ora un una successione di Cauchy in Hp. Allora le un convergono uni-

formemente sui compatti a una funzione u. Nel passaggio al limite la proprietadella media si conserva, e dunque u e armonica in D′.

D’altra parte, per ogni y > 0 la successione un,y(x) = un(x + iy) e di Cauchyin Lp(R), perche ‖un,y − um,y‖p ≤ ‖un − um‖Hp . Fissato y > 0, esiste allora unasottosuccessione unk,y che converge in media di ordine p e quasi ovunque a unafunzione vy ∈ Lp. Ma tale vy non puo essere altro che uy. Dunque uy ∈ Lp perogni y > 0. Poiche ‖uy‖p ≤ supn ‖un,y‖p ≤ supn ‖un‖Hp , si ha u ∈ Hp(D′).

Infine, dato ε > 0, sia n tale che ‖un − um‖Hp < ε per ogni n,m ≥ n. Se n ≥ ne y > 0,

‖uy − un,y‖p = limm→∞

‖um,y − un,y‖p ≤ ε .

Quindi per n ≥ n, ‖u− un‖Hp ≤ ε.

Teorema 27.10. Sia 1 < p ≤ ∞]. Allora u ∈ Hp(D′) se e solo se esiste f ∈ Lp(R)tale che u(x+ iy) = f ∗Py(x). Per p = 1, u ∈ H1(D′) se e solo se esiste µ ∈M(R)tale che u(x + iy) = µ ∗ Py(x). Inoltre tale f (risp. µ) e unica e ‖f‖p = ‖u‖Hp(risp. ‖µ‖1 = ‖u‖H1).

Dimostrazione. Abbiamo gia osservato che se f ∈ Lp o µ ∈M , allora u = f ∗ Py ∈Hp e u = µ ∗ Py ∈ H1. Per le (27.5) e (27.6), si ha

‖u‖Hp ≤ ‖f‖p

se p > 1, e‖u‖H1 ≤ ‖µ‖1 .

Inoltre, per il Lemma 27.2, se y > y′,

‖f ∗ Py‖p = ‖f ∗ Py′ ∗ Py−y′‖p ≤ ‖f ∗ Py′‖p ,

ossia la norma di f ∗ Py e decrescente in y. Segue che

(27.7) ‖u‖Hp = limy→0‖f ∗ Py‖p .

Se 1 < p <∞, le f ∗ Py convergono a f in norma Lp, per cui ‖u‖Hp = ‖f‖p.Se f ∈ L∞, siano ε > 0 e g ∈ L1 tale che ‖g‖1 = 1 e∣∣∣∣∫ f(x)g(x) dx

∣∣∣∣ > ‖f‖∞ − ε .

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Allora

‖f‖∞ − ε < limy→0

∣∣∣∣∫ f(x)(g ∗ Py)(x) dx∣∣∣∣

= limy→0

∣∣∣∣∫ (f ∗ Py)(x)g(x) dx∣∣∣∣

≤ supy>0‖f ∗ Py‖∞

= ‖u‖H∞ .

Per l’arbitrarieta di ε, si ha ‖f‖∞ ≤ ‖u‖H∞ , e quindi l’uguaglianza.Rimane da dimostrare, data u ∈ Hp, l’esistenza di f o µ. Per comodita di

notazioni, supponiamo p > 1.Sia uy(x) = u(x+ iy). Per il Teorema di Banch-Alaoglu, esiste una successione

yk → 0 tale che uyk ha un limite f ∈ Lp nella topologia debole-*. Si tratta didimostrare che uy = f ∗ Py per y > 0.

Si ponga vk(z) = u(z+ iyk). Per il Lemma 27.8, vk e limitata su D′. Inoltre essae continua su D′, armonica in D′ e vk(x) = uyk(x). Per la Proposizione 27.3, si ha

vk(x+ iy) = uyk ∗ Py(x) ,

da cuiu(x+ i(y + yk)) = uyk ∗ Py(x) = 〈uyk , τxPy〉 .

Ma τxPy ∈ Lp′

qualunque sia p, per cui, facendo tendere k a infinito, e quindiyk a 0, si ha

u(x+ iy) = 〈f, τxPy〉 = f ∗ Py(x) .

Per p = 1 l’unica differenza consiste nel considerare l’inclusione di L1 in M perutilizzare la topologia debole-* di M .

28. Spazi di Hardy

Se 1 ≤ p ≤ ∞, si chiama spazio di Hardy complesso il sottospazio Hp(D′) ⊂Hp(D′) costituito dalle funzioni olomorfe in D′.

Proposizione 28.1. (a) Hp(D′) e un sottospazio chiuso di Hp(D′), e dunque euno spazio di Banach.

(b) Sia u(x+ iy) = f ∗Py(x) ∈ Hp(D′) se p > 1, u(x+ iy) = µ∗Py(x) ∈ H1(D′)se p = 1. Allora u ∈ Hp(D′) se e solo se il supporto di f , o di µ, e contenuto nellasemiretta [0,+∞).

Dimostrazione. Sia un una successione di funzioni in Hp convergente a u ∈ Hp.Per la Proposizione 27.9, le un convergono a u uniformemente sui compatti. Dunqueanche u e olomorfa.

Per la (b), supponiamo p > 1 per comodita di notazioni, e osserviamo che u eolomorfa se soddisfa l’equazione di Cauchy-Riemann

(28.1)∂u

∂y= i

∂u

∂x

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130

per y > 0. Passando alla trasformata di Fourier in x e ricordando che

uy(ξ) = f(ξ)e−y|ξ| .

La (28.1) diventa allora

−|ξ|f(ξ)e−y|ξ| = i(iξ)f(ξ)e−y|ξ| .

Vale l’identita se e solo se supp f ⊆ [0,+∞).

Per p = 2, H2(D′) e uno spazio di Hilbert, in quanto l’applicazione Φ : L2(R) −→H2(D′) data da (Φf)(x + iy) = f ∗ Py(x) e un’isometria suriettiva. Per polariz-zazione della (27.7) si ottiene il prodotto scalare in H2(D′)

(u|v)H2 = limy→0

∫Ru(x+ iy)v(x+ iy) dx .

Esso coincide ovviamente con il prodotto scalare in L2(R) delle due funzioni dicui u e v sono gli integrali di Poisson.

Poiche H2(D′) e un sottospazio chiuso di H2(D′), ha senso considerare il proi-ettore ortogonale di H2(D′) su H2(D′). Per descriverlo, facciamo riferimento alseguente diagramma:

H2(D′) Φ←−−−− L2(R) F−−−−→ L2(R)

P

y P ′

y P ′′

yH2(D′) Φ←−−−− L2

+(R) F−−−−→ L2(R+)

dove abbiamo indicato con L2(R+) il sottospazio di L2(R) costituito dalle fun-zioni con supporto in [0,+∞), e con L2

+(R) il sottospazio di L2(R) costituito dallefunzioni la cui trasformata di Fourier ha supporto in [0,+∞).

Le frecce orizzontali sono tutte delle isometrie, mentre le frecce verticali indicanoi proiettori ortogonali sui corrispondenti sottospazi.

Il proiettore sulla destra e ovviamente dato da

P ′′f(ξ) = f(ξ)m(ξ) ,

dove m e la funzione caratteristica di [0,+∞). Di conseguenza

P ′f(x) = (F−1 P ′′ F)f(x) = F−1(fm)(x) .

Poichem(ξ) =

12

(1 + sgn ξ) ,

si ha

(28.2) P ′f(x) =12f(x) +

12iπ

Hf(x) ,

dove Hf = f ∗ (p.v.1/x) e la trasformata di Hilbert.

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131

Analogamente, P = Φ P ′ Φ−1 si ottiene come segue: se u = f ∗ Py = Φf ,allora

Pu(x+ iy) = F−1(fm) ∗ Py(x)

= F−1(fme−y·) .

La trasformata di Fourier inversa di m(ξ)e−yξ e data da

12π

∫ +∞

0

e−yξeixξ dξ =1

∫ +∞

0

ei(x+iy)ξ dξ = − 12πi(x+ iy)

.

Quindi

Pu(x+ iy) = f ∗(− 1

2πi(x+ iy)

)= − 1

2πi

∫Rf(t)

1x− t+ iy

dt .

Ponendo z = x+iy, il proiettore P2 prende la nota forma dell’integrale di Cauchy:

(28.3) Pu(z) =1

2πi

∫Rf(t)

1t− z

dt .

Esso prende il nome di proiettore di Cauchy.

Teorema 28.2. Il proiettore di Cauchy e limitato da Hp(D′) a Hp(D′) se e solose 1 < p <∞.

Dimostrazione. In base al diagramma, P e limitato da Hp(D′) a Hp(D′) se e solo seP ′ e limitato su Lp(R), se p > 1, o su M(R) se p = 1. Per la (28.2), la limitatezzadi P ′ equivale a quella della trasformata di Hilbert, e questa si ha se e solo se1 < p <∞.

Concludiamo con qualche accenno agli spazi di Hardy reali. Si definisce Hp(R)come lo spazio delle funzioni f ∈ Lp(R) tali che la trasformata di Hilbert Hf =f ∗ (p.v.1/x) e pure in Lp(R). Hp(R) e uno spazio di Banach rispetto alla norma

‖f‖Hp(R) = ‖f‖p + ‖Hf‖p .

Ovviamente se 1 < p < ∞, Hp(R) = Lp(R) e le norme ‖f‖p e ‖f‖Hp sonoequivalenti. E invece di grande interesse lo spazio H1(R). Esso e un sottospazioproprio di L1(R), e non e neanche denso. Si osservi infatti che la condizione Hf ∈L1 implica che la funzione f(ξ)sgn (ξ) sia continua in zero, per cui

H1(R) ⊂ L10(R) =

f ∈ L1 :

∫Rf(x) dx = 0

.

Tuttavia l’inclusione di H1 in L10 e ancora propria. Vale il seguente teorema.

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Teorema 28.3. Sia f ∈ L1(R). Le seguenti affermazioni sono equivalenti:(a) f ∈ H1(R);(b) la funzione massimale

MP f(x) = supy>0|f ∗ Py(x)|

e in L1(R);(c) f ammette una ”decomposizione atomica”

f(x) =∞∑j=0

λjaj(x) ,

dove∑j |λj | <∞ e le aj sono ”atomi”, ossia

(i) ogni aj ha supporto in un intervallo Ij limitato;(ii) |aj(x)| ≤ 1/|Ij | per ogni x e ogni j;

(iii)∫aj(x) dx = 0.

29. Analisi armonica su gruppi

L’analisi armonica in Rn o sul toro T e governata dalla struttura digruppo soggiacente a tali spazi. Essa interviene

(1) nella definizione di convoluzione,(2) nella nozione di operatore invariante per traslazione,(3) nella individuazione dei caratteri eiξx o einx, i quali determinano a loro volta

la nozione di trasformata di Fourier.L’ambito piu generale cui si possono estendere le linee principali dell’ana-

lisi armonica e quello dei gruppi topologici localmente compatti. Per defini-zione, un gruppo topologico e un gruppo G dotato di una topologia diHausdorff che renda continue le applicazioni

G×G 3 (x, y) 7−→ xy ∈ G , G 3 x 7−→ x−1 ∈ G

(o, equivalentemente, la sola applicazione (x, y) 7−→ xy−1).Enunciamo alcuni risultati generali riguardanti i gruppi localmente com-

patti. Come riferimento, si prenda Rudin, Fourier Analysis on Groups peril caso commutativo e Hewitt-Ross Abstract Harmonic Analysis, vol. 1 peril caso generale.

(a) Misura di Haar.

Una misura di Borel regolare e positiva m su un gruppo localmente com-patto si dice una misura di Haar sinistra se e invariante per traslazionisinistre, ossia se per ogni x ∈ G e ogni Boreliano E ⊂ G vale l’uguaglianza

m(xE) = m(E) .

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Cio equivale a dire che per ogni x ∈ G e ogni funzione f continua asupporto compatto su G si ha∫

G

f(xy) dm(y) =∫G

f(y) dm(y) .

Analogamente si definisce una misura di Haar destra. Si noti che se m euna misura di Haar sinistra, allora m(E) = m(E−1) e una misura di Haardestra.

Teorema 29.1. Sia G un gruppo localmente compatto. Esiste allora unamisura di Haar sinistra su G. Inoltre essa e unica a meno di costantimoltiplicative. Analogamente, esiste una misura di Haar destra su G, unicaa meno di costanti moltiplicative.

In generale le misure di Haar sinistra e destra sono diverse. Se essecoincidono, si dice che il gruppo e unimodulare.

Esempi. (a) La misura di Lebesgue e una misura di Haar su Rn. Ovviamentesu un gruppo abeliano traslazioni destre e sinistre coincidono.

(b) Analogamente, la misura dm(θ) = 12πdθ e una misura di Haar su T,

normalizzata in modo che m(T) = 1.(c) Sul gruppo R+ moltiplicativo, una misura di Haar e data da dm(x) =

dx/x.(d) Su ogni gruppo discreto la misura m(E) = cardE e una misura di

Haar destra e sinistra.(e) Il gruppo lineare GL(2,R), costituito dalle matrici quadrate 2 × 2

invertibili,

GL(2,R) =(

x yz w

): xw − yz 6= 0

.

Come spazio topologico, esso si identifica quindi con un aperto di R4.Per determinare una sua misura di Haar sinistra, supponiamo che essa siaassolutamente continua rispetto alla misura di Lebesgue,

dm(x, y, z, w) = ϕ

((x yz w

))dx dy dz dw .

Imponiamo quindi che per ogni elemento(a bc d

)∈ GL(2,R) e ogni f

continua a supporto compatto valga l’uguaglianza∫f

((a bc d

)(x yz w

))ϕ

((x yz w

))dx dy dz dw =

=∫f

((x yz w

))ϕ

((x yz w

))dx dy dz dw .

A primo membro cambiamo variabili ponendo(a bc d

)(x yz w

)=(x′ y′

z′ w′

).

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Alloradx′ dy′ dz′ dw′ = (ad− bc)2 dx dy dz dw ,

per cui si dovra avere

(ad− bc)−2

∫f

((x′ y′

z′ w′

))ϕ

((a bc d

)−1(x′ y′

z′ w′

))dx′ dy′ dz′ dw′ =

=∫f

((x yz w

))ϕ

((x yz w

))dx dy dz dw .

La funzione ϕ deve dunque soddisfare la condizione

ϕ

((a bc d

)−1(x yz w

))= (ad− bc)2ϕ

((x yz w

)).

Scegliendo(x yz w

)= I e chiamando

(a bc d

)−1

= X, si ricava che

ϕ(X) = c(detX)−2 .

Si verifica che questa misura e anche invariante a destra, per cui GL(2,R)e unimodulare.

(f) Un esempio di gruppo non unimodulare e il seguente: si considerino le

matrici reali della forma(x y0 1

)con x > 0. Procedendo come nell’esempio

(d), si trova che dml(x, y) = dx dy/x2 e una misura di Haar sinistra, mentredmr(x, y) = dx dy/x e una misura di Haar destra.

Proposizione 29.2. Se G e unimodulare, vale l’uguaglianza

(29.1)∫f(x−1) dx =

∫f(x) dx

per ogni f ∈ L1(G).

Dimostrazione. Sia m la misura di Haar fissata. Allora m(E) = m(E−1) epure invariante per traslazioni destre e sinistre. Dunque esiste una costantec > 0 tale che m(E−1) = cm(E) per ogni Boreliano E. Mettendo E ∪ E−1

al posto di E, si trova c = 1.La (29.1) segue allora facilmente se f e una funzione semplice. Per densita

si ha il resto.

Quando G e unimodulare, i cambiamenti di variabile negli integrali dellaforma x′ = ax, x′ = xa, x′ = x−1 sono tali che dx′ = dx.

(b) Convoluzione.

Supponiamo per semplicita che G sia unimodulare. Fissata una misuradi Haar, indicata negli integrali come dx, gli spazi Lp(G) si intendono riferitia questa misura di Haar.

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135

La convoluzione di due funzioni f, g ∈ L1(G) e data da

(29.2) f ∗ g(x) =∫f(xy−1)g(y) dy =

∫f(y)g(y−1x) dy .

Come per Rn, si verifica che l’integrale converge per quasi ogni x e inoltre

‖f ∗ g‖1 ≤ ‖f‖1‖g‖1 .

Inoltre supp (f ∗ g) ⊆ (supp f)(supp g). La convoluzione si estende afunzioni di tipo piu generale; in particolare vale la disuguaglianza di Young.

Proposizione 29.3. La convoluzione e commutativa su L1(G) se e solo seG e abeliano.

Dimostrazione. Se G e abeliano, per la (29.2) si ha

f ∗ g(x) =∫f(xy−1)g(y) dy =

∫f(y−1x)g(y) dy = g ∗ f(x) .

Viceversa, se G non e abeliano, esistono a, b ∈ G tali che ab 6= ba. SianoU1 e U2 intorni disgiunti di ab e ba rispettivamente. Per la continuita delprodotto, esistono intorni V1 e V2 di a e b rispettivamente (che possiamosupporre compatti) tali che V1V2 ⊂ U1, V2V1 ⊂ U2.

Si ponga f = χV1 , g = χV2 . Essendo funzioni positive su insiemi dimisura positiva, le convoluzioni f ∗ g e g ∗ f non sono nulle. Inoltre

supp (f ∗ g) ⊆ V1V2 ⊂ U1 , supp (g ∗ f) ⊆ V2V1 ⊂ U2 .

Quindi f ∗ g 6= g ∗ f .

(c) Trasformata di Fourier.

Sia G un gruppo localmente compatto e abeliano. Si chiama caratteredi G una funzione χ : G −→ T = z ∈ C : |z| = 1 che sia continua e unomomorfismo di gruppi, cioe(*):

χ(x+ y) = χ(x)χ(y)

per ogni x, y ∈ G.

Per esempio, i caratteri di Rn sono le funzioni χξ(x) = eiξ·x al variare diξ ∈ Rn; invece i caratteri di T sono le funzioni χn(eiθ) = einθ al variare din ∈ Z.

I caratteri di G formano a loro volta un gruppo abeliano rispetto allamoltiplicazione puntuale. Questo gruppo si indica con G e si chiama ilgruppo duale di G. Esso diventa un gruppo localmente compatto se si in-troduce la topologia della convergenza uniforme sui compatti di G.

(*)Quando G e abeliano si usa la notazione additiva x+ y in luogo di quella moltiplicativa

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136

Teorema 29.4 (Teorema di dualita di Pontryagin). Il gruppo dualedi G si identifica con G stesso. Piu precisamente, i caratteri di G sono datidalle funzioni χ 7−→ χ(x) al variare di x ∈ G.

Se f ∈ L1(G) la sua trasformata di Fourier e la funzione f definita su Gda

f(χ) =∫G

f(x)χ(x) dx .

Si verifica facilmente che

f ∗ g(χ) = f(χ)g(χ) .

Per le altre proprieta della trasformata di Fourier, e in particolare leformule di inversione e di Plancherel, si veda il libro di W. Rudin Fourieranalysis on groups.

La definizione di trasformata di Fourier su un gruppo G localmente com-patto ma non abeliano richiede l’introduzione di nozioni di teoria delle rap-presentazioni che esulano dall’ambito di questo corso.

Accenniamo solo a un problema connesso con il fatto che la convoluzionenon e commutativa. Se la trasformata di Fourier deve essere iniettiva erispettare la regola per cui

f ∗ g = f g ,

appare evidente che le funzioni f e g non possono essere piu a valori scalari.Infatti la definizione di trasformata di Fourier in ambito non commutativoviene data in modo che i valori assunti siano matrici, o, piu in generale,operatori lineari su spazi di Hilbert.

30. Il gruppo di Heisenberg

Vediamo ora in dettaglio il gruppo di Heisenberg, che, pur non essendoabeliano, ha vari aspetti in comune con Rn. Svilupperemo quella parte dellateoria degli integrali singolari che non utilizza la trasformata di Fourier, equindi richiede solo alcune variazioni rispetto a quanto gia visto per Rn.

Si considerino le matrici reali di dimensione (n+ 2)× (n+ 2) della forma

A =

1 a1 a2 · · · an c0 1 0 · · · 0 b10 0 1 · · · 0 b2...

... 0. . .

......

0 0 0 · · · 1 bn0 0 0 · · · 0 1

.

Brevemente scriviamo

(30.1) A =

1 a c0 Id tb0 0 1

,

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137

intendendo a, b ∈ Rn e c ∈ R.Se A,A′ sono della forma (30.1), si ha

(30.2) AA′ =

1 a c0 Id tb0 0 1

1 a′ c′

0 Id tb′

0 0 1

=

1 a+ a′ c+ c′ + a · b′0 Id tb+ tb′

0 0 1

;

inoltre

(30.3) A−1 =

1 −a −c+ a · b0 Id − tb0 0 1

.

Dunque queste matrici formano un gruppo, detto il gruppo di HeisenbergHn.

Risulta piu pratico cambiare le coordinate a, b, c come segue. Ogni ma-trice della forma (30.1) si puo ottenere esponenziando una generica matrice

X =

0 x t0 0 ty0 0 0

.

Osserviamo infatti che

X2 =

0 0 x · y0 0 00 0 0

e che X3 = 0. Quindi

(30.4) expX = I +X +12X2 =

1 x t+ 12x · y

0 Id ty0 0 1

.

Dato quindi (x, y, t) ∈ Rn × Rn × R, poniamo A(x, y, t) = expX. Dalle(30.2) e (30.4) si ricava che

A(x, y, t)A(x′, y′, t′) = A

(x+ x′, y + y′, t+ t′ +

12

(x · y′ − y · x′)).

Possiamo quindi mettere da parte le matrici e ridefinire (in modo equiv-alente) Hn come R2n+1 dotato del prodotto

(30.5) (x, y, t)(x′, y′, t′) =(x+ x′, y + y′, t+ t′ +

12

(x · y′ − y · x′)).

Allora l’identita di Hn e l’origine (0, 0, 0) e dalla (30.3)

(30.6) (x, y, t)−1 = (−x,−y,−t) .

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138

Si verifica facilmente che la misura di Lebesgue su R2n+1 e una misuradi Haar, sia destra che sinistra su Hn. Infatti∫f

(x+ a, y + b, t+ c+

12

(x · b− y · a))dx dy dt =

∫f(x, y, t) dx dy dt

e∫f

(x+ a, y + b, t+ c+

12

(a · y − b · x))dx dy dt =

∫f(x, y, t) dx dy dt .

Vogliamo ora definire su Hn una struttura di spazio di natura omogeneacompatibile con la struttura di gruppo. Per far cio introduciamo delle op-portune dilatazioni. A questo proposito e bene premettere una osservazionesulla relazione tra convoluzione e composizione con trasformazioni lineari inRn che finora e rimasta in ombra.

Sia A una trasformazione lineare invertibile in Rn. Data una funzionef(x), si ponga fA(x) = f(Ax). Allora

fA ∗ gA(x) =∫f(A(x− y)

)g(Ay) dy

=∫f(Ax−Ay)g(Ay) dy

= (detA)−1

∫f(Ax− y)g(y) dy

= (detA)−1f ∗ g(Ax)

= (detA)−1(f ∗ g)A(x) .

Questa proprieta e stata usata, in modo piu o meno implicito, in varipunti, soprattutto quando A e una dilatazione. E cruciale l’identita A(x−y) = Ax − Ay, conseguenza ovvia del fatto che, essendo A lineare, e inparticolare un automorfismo di Rn come gruppo additivo.

Sia dunque G un gruppo unimodulare, e sia ϕ : G −→ G un automor-fismo. Se m e una misura di Haar fissata su G, si ponga m(E) = m

(ϕ(E)

).

Allora anche m e una misura di Haar, perche

m(xE) = m(ϕ(x)ϕ(E)

)= m

(ϕ(E)

)= m(E) .

Allora m(E) = cϕm(E), ossia la sostituzione x′ = ϕ(x) in un integraleporta a dx′ = cϕdx. Se si pone fϕ(x) = f

(ϕ(x)

), si ha, in analogia con il

calcolo fatto sopra,

(30.7)

fϕ ∗ gϕ(x) =∫f(ϕ(xy−1)

)g(ϕ(y)

)dy

=∫f(ϕ(x)ϕ(y)−1

)g(ϕ(y)

)dy

= c−1ϕ

∫f(ϕ(x)y−1

)g(y) dy

= c−1ϕ (f ∗ g)ϕ(x) .

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Volendo quindi introdurre delle dilatazioni su Hn e bene fare in modoche siano automorfismi di gruppo. Il caso piu rilevante(*) e dato da

(30.8) δ · (x, y, t) = (δx, δy, δ2t) .

La costante cϕ che appare nella (30.7) e uguale a δ2n+2. L’esponenteQ = 2n+2 e dunque la dimensione omogenea di Hn rispetto alle dilatazioni(30.8).

Sia ρ(x, y, t) una norma omogenea, secondo la definizione data nel para-grafo 22. Adattando la dimostrazione della Proposizione 22.1, si dimostrache vale una disuguaglianza triangolare riferita al prodotto su Hn.

Lemma 30.1. Esiste una costante c ≥ 1 tale che per ogni u, v ∈ Hn

ρ(uv) ≤ c(ρ(u) + ρ(v)

).

Si ponga ora d(u, v) = ρ(u−1v). Allora d e una quasi-distanza. Infatti(1) d(u, v) = 0 se e solo se u−1v = 0, cioe u = v;(2) d(v, u) = ρ(v−1u) = ρ

((u−1v)−1

)= ρ(u−1v) = d(u, v), per la (30.6) e per il

fatto che ρ(−x,−y,−t) = ρ(x, y, t);(3) d(u,w) = ρ(w−1u) = ρ(w−1vv−1u) ≤ c

(ρ(w−1v) + ρ(v−1u)

)= c(d(u, v) +

d(v, w)).

Inoltre d e invariante a sinistra, ossia d(wu,wv) = d(u, v) per ogni u, v, w.Cio implica che, se B e la palla di centro 0 e raggio r, allora la palla di centrou e raggio r coincide con uB.

Proposizione 30.2. Hn, dotato della misura di Haar e della quasi-di-stanza d, e uno spazio di natura omogenea.

Dimostrazione. Bisogna verificare la proprieta doubling. Poiche sia la dis-tanza che la misura sono invarianti a sinistra, e sufficiente considerare pallecentrate in 0. Ma, essendo B(0, r) = u : ρ(u) < r, si ha banalmente chem(B(0, 2r)

)= 2Qm

(B(0, r)

).

Si ponga ora d′(u, v) = ρ(uv−1). Come prima si verifica che anche d′ euna quasi-distanza, ma questa volta e invariante a destra.

Proposizione 30.3. Le quasi-distanze d e d′ non sono equivalenti.

Dimostrazione. Supponendo per semplicita n = 1, si prendano i punti uk =(k, 0, 0) e vk = (k, 1, k/2). Allora

u−1k vk = (−k, 0, 0)(k, 1, k/2) = (0, 1, 0) ,

mentre

ukv−1k = (k, 0, 0)(−k,−1,−k/2) = (0,−1,−k) .

Dunque d(uk, vk) e indipendente da k, mentre d′(uk, vk) diventa arbi-trariamente grande all’aumentare di k.

(*)Anche altre dilatazioni sono automorfismi, per es. δ · (x, y, t) = (δx, δ2y, δ3t)

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31. Integrali singolari sul gruppo di Heisenberg

Sarebbe un esercizio interessante, ma noioso, riprendere questo corsodall’inizio e ripetere buona parte degli argomenti (tranne quelli che richie-dono la trasformata di Fourier!) sostituendo alla convoluzione di Rn quelladi Hn. L’operazione richiede un po’ di cura perche non tutto si trasportain modo ovvio.

Un fatto che si adatta senza modifiche e il seguente: la convoluzione didue funzioni in S e ancora in S. Di conseguenza la convoluzione di unafunzione in S con una distribuzione temperata e ben definita.

Un fatto invece che richiede qualche modifica e la caratterizzazione deglioperatori che commutano con le traslazioni. Osserviamo a questo propositoche dato un nucleo K ∈ L1(Hn), ad esso si associano due operatori diconvoluzione: T1f = K ∗ f e T2f = f ∗K. Essi non solo sono diversi, mahanno diverse proprieta di invarianza.

Indichiamo con Lvf la traslata sinistra di una funzione f per un elementov ∈ Hn,

Lvf(u) = f(v−1u) .

L’inverso e stato introdotto per avere l’identita Lvwf = LvLwf . Analo-gamente, indichiamo con Rvf la traslata destra di una funzione f per unelemento v ∈ Hn,

Rvf(u) = f(uv) .

Valgono le relazioni

Lvf = δv ∗ f , Rvf = f ∗ δv−1 .

Si vede allora che

Rv(T1f) = (K ∗ f) ∗ δv−1 = K ∗ (f ∗ δv−1) = T1(Rvf) ,

e analogamenteLv(T2f) = T2(Lvf) .

Quindi quando il nucleo agisce da sinistra, l’operatore commuta con letraslazioni destre, e viceversa. Il risultato allora e il seguente.

Teorema 31.1. Sia T : S(Hn) −→ S ′(Hn) un operatore lineare e continuoche commuti con le traslazioni sinistre (risp. destre). Esiste allora un’unicaK ∈ S ′(Hn) tale che Tf = f ∗K (risp. Tf = K ∗ f).

E bene fare alcune osservazioni sulla relazione tra operatori di convolu-zione destra e sinistra su un gruppo non commutativo.

Se su un gruppo G abeliano si pone la dualita

〈f, g〉 =∫G

f(x)g(−x) dx ,

vale (come abbiamo visto su Rn) l’identita

〈K ∗ f, g〉 = 〈f,K ∗ g〉 .

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141

Cio implica che l’aggiunto T ∗ di un operatore di convoluzione T coincidecon T stesso. Di conseguenza Cpq = Cq′p′ .

Questo non vale piu, in generale, su un gruppo non commutativo. Es-istono infatti operatori di convoluzione “asimmetrici”, nel senso che sonolimitati da Lp a Lq ma non da Lq

′a Lp

′.

Se su un gruppo unimodulare si introduce la dualita

〈f, g〉 =∫G

f(x)g(x−1) dx = f ∗ g(e) ,

si ha allora

〈f ∗K, g〉 = (f ∗K) ∗ g(e) = f ∗ (K ∗ g)(e) = 〈f,K ∗ g〉 .

Si ha allora il seguente enunciato.

Proposizione 31.2. Sia T1f = f ∗ K limitato(*) da Lp a Lq. AlloraT2f = K ∗ f e limitato da Lq

′a Lp

′.

Si ponga ora (sempre su un gruppo unimodulare) f(x) = f(x−1). Siverifica facilmente la relazione

(f ∗ g) = g ∗ f .

Proposizione 31.3. Sia T1f = f ∗K limitato da Lp a Lq. Allora T ′f =K ∗ f e limitato da Lq

′a Lp

′.

Dimostrazione. Si ha T ′f = (f ∗K ) = (T2f ) . Poiche l’applicazione f 7−→ fe un’isometria su ogni Lp, segue la tesi.

Con riferimento alle dilatazioni δ · (x, y, t) = (δx, δy, δ2t) introdotte nelparagrafo precedente, il grado di omogeneita di una distribuzione e definitocome su Rn. Tenendo conto del fatto che la dimensione omogenea e Q =2n+ 2, si ha il seguente enunciato.

Proposizione 31.2. Sia K una distribuzione omogenea di grado −2n−2+α, con 0 ≤ <eα ≤ 2n+ 2. Se l’operatore Tf = f ∗K (o anche Tf = K ∗ f)e limitato da Lp a Lq, allora vale la relazione

(31.1)1p− 1q

=<eα

2n+ 2.

Il Teorema di Hardy-Littlewood-Sobolev ha il seguente analogo.

Teorema 31.3. Sia ρ una norma omogenea su Hn e si ponga K(u) =ρ(u)−2n−2+α, con 0 < <eα < 2n + 2. Allora gli operatori T1f = f ∗ Ke T2f = K ∗ f sono limitati da Lp a Lq per 1 < p < q < ∞ legati dallarelazione (31.1).

Molte attenzioni in piu richiede lo studio degli operatori di convoluzione ilcui nucleo e omogeneo di grado −2n−2, o, piu in generale, una distribuzionecon valore principale. La parte della teoria sviluppata nel paragrafo 18 perRn si estende ad Hn con alcune modifiche.

(*)Ricordiamo che se p =∞ in luogo di L∞ si considera C0.

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Teorema 31.4. Sia K una distribuzione tale che(1) l’operatore T1f = f ∗K sia limitato su L2;(2) fuori dall’origine K coincide con una funzione localmente integrabile K(u)

tale che

(31.1)∫|u|>C|h|

∣∣K(hu)−K(u)∣∣ du ≤ C .

Allora T1 e limitato su Lp per 1 < p < 2 e di tipo debole (1, 1).Analogamente, sia K una distribuzione tale che

(1) l’operatore T2f = K ∗ f sia limitato(*) su L2;(2) fuori dall’origine K coincide con una funzione localmente integrabile K(u)

tale che

(31.2)∫|u|>C|h|

∣∣K(uh)−K(u)∣∣ du ≤ C .

Allora T2 e limitato su Lp per 1 < p < 2 e di tipo debole (1, 1).

Corollario 31.5. Sia K una distribuzione tale che gli operatori T1f = f∗Ke T2f = K∗f siano limitati su L2 e inoltre valgano le (31.1) e (31.2). AlloraT1 e T2 sono limitati su Lp per 1 < p <∞ e di tipo debole (1, 1).

Consideriamo un caso molto rilevante di distribuzione con valore princi-pale, analogo a quello gia considerato nel Teorema 19.3.

Sia ϕj una famiglia di funzioni di classe C1 tali che(1) suppϕj ⊂ u : ρ(u) ≤ A;(2)

∫ϕj(u) du = 0 per ogni j;

(3) ‖ϕj‖C1 ≤ C.

Posto ϕ(j)j (u) = 2−Qjϕj(2−j · u), la serie

(31.3) K =∑j

ϕ(j)j

converge nel senso delle distribuzioni.

Lemma 31.6. La distribuzione K nella (31.3) soddisfa le condizioni (31.1)e (31.2).

Dimostrazione. Mostriamo innanzitutto che le ϕj soddisfano delle condi-zioni di Lipschitz

|ϕj(hu)− ϕj(u)| ≤ Cρ(h) , |ϕj(uh)− ϕj(u)| ≤ Cρ(h) ,

uniformemente in j.Se ρ(h) > 1 basta considerare che

|ϕj(hu)− ϕj(u)| ≤ 2‖ϕj‖∞ ≤ 2Cρ(h) .

(*)Di fatto la limitatezza di T2 su L2 e equivalente e quella di T1.

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Se ρ(h) < 1, si ponga u = (x, y, t) e h = (h1, h2, h3). Allora

|ϕj(hu)− ϕj(u)| =∣∣ϕj((h1, h2, h3)(x, y, t)

)− ϕj(x, y, t)

∣∣=∣∣ϕj(x+ h1, y + h2, t+ h3 +

12

(y · h1 − x · h2))− ϕj(x, y, t)

∣∣≤ C

(|h1|+ |h2|+

∣∣h3 +12

(y · h1 − x · h2)∣∣) .

Se ρ(u) e grande, sia ϕj(u) che ϕj(hu) sono nulli. Supponiamo dunqueρ(u) limitato superiormente da una costante, il che implica che anche |x| e|y| sono limitati superiormente. Quindi

|ϕj(hu)− ϕj(u)| ≤ C(|h1|+ |h2|+ |h3|) ≤ C ′ρ(h) .

Ricavare da questa disuguaglianza la (31.1) e ormai routine. In modoanalogo si ottiene la (31.2).

Per poter applicare il Corollario 3.5 rimane da dimostrare che T1f = f∗Ke limitato su L2. Per far cio, se fossimo in Rn, cercheremmo di dimostrareche K ∈ L∞. Anche su Hn sarebbe teoricamente possibile dimostrare qual-cosa di analogo, ma non abbiamo introdotto la giusta nozione di trasformatadi Fourier, e peraltro sarebbe una verifica troppo complicata.

Un metodo alternativo, che evita l’uso della trasformata di Fourier, con-siste nell’applicazione del principio di quasi ortogonalita di Cotlar-Knapp-Stein.

Teorema 31.7. Sia Tjj∈Z una famiglia di operatori limitati su uno spa-zio di Hilbert H, e sia a(n) una successione tale che

‖TjT ∗k ‖ ≤ a(j − k) , ‖T ∗j Tk‖ ≤ a(j − k) .

Allora, posto A =∑n∈Z a(n)1/2, vale per ogni N > 0 la disuguaglianza∥∥∥∥∥∥

∑|j|≤N

Tj

∥∥∥∥∥∥ ≤ A .

Dimostrazione. Innanzitutto si ha ‖Tj‖ = ‖T ∗j Tj‖1/2 ≤ a(0)1/2 ≤ A.Posto T =

∑|j|≤N Tj , si ha ‖T‖2 = ‖T ∗T‖, per cui basta valutare la

norma di U = T ∗T . Poiche U = U∗, si ha

‖U2‖ = sup‖x‖≤1,‖y‖≤1

〈U2x, y〉

= sup‖x‖≤1,‖y‖≤1

〈Ux,Uy〉

≥ sup‖x‖≤1

〈Ux,Ux〉

= ‖U‖2 .

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144

Essendo anche ‖U2‖ ≤ ‖U‖2, si ha l’uguaglianza ‖U2‖ = ‖U‖2. Indutti-vamente, ‖U2k‖ = ‖U‖2k , ossia

‖T ∗T‖ =∥∥(T ∗T )2k

∥∥1/2k

.

Posto n = 2k, si ha

(T ∗T )n =∑

−N≤i1,i2,...,i2n≤N

T ∗i1Ti2 · · ·Ti2n .

Su ogni addendo si possono fare due maggiorazioni:

‖T ∗i1Ti2 · · ·Ti2n‖ ≤ ‖T∗i1Ti2‖ · · · ‖T

∗i2n−1

Ti2n‖ ≤ a(i1 − i2)a(i3 − i4) · · · a(i2n−1 − i2n)

‖T ∗i1Ti2 · · ·Ti2n‖ ≤ ‖T∗i1‖‖Ti2T

∗i3‖ · · · ‖Ti2n‖ ≤ A

2a(i2 − i3) · · · a(i2n−2 − i2n−1) .

Moltiplicando membro a membro ed estraendo la radice quadrata, siottiene

‖T ∗i1Ti2 · · ·Ti2n‖ ≤ Aa(i1 − i2)1/2a(i2 − i3)1/2 · · · a(i2n−1 − i2n)1/2 .

Quindi

‖(T ∗T )n‖ =∑

−N≤i1,i2,...,i2n≤N

‖T ∗i1Ti2 · · ·Ti2n‖

≤ A∑

−N≤i1,i2,...,i2n≤N

a(i1 − i2)1/2a(i2 − i3)1/2 · · · a(i2n−1 − i2n)1/2

≤ A2∑

−N≤i2,...,i2n≤N

a(i2 − i3)1/2 · · · a(i2n−1 − i2n)1/2

· · · · · ·

≤ A2n−1∑

−N≤i2n−1,i2n≤N

a(i2n−1 − i2n)1/2

≤ NA2n .

Quindi‖T ∗T‖ ≤ N1/2kA2 .

Passando al limite per k che tende a infinito, si ha la tesi.

Teorema 31.8. Sia K definita dalla (31.3). Allora gli operatori di con-voluzione con nucleo K sono limitati su L2.

Dimostrazione. Limitiamoci a considerare l’operatore f 7−→ f ∗K.Basta dimostrare che per ogni N l’operatore con nucleo

KN =∑|j|≤N

ϕ(j)j

e limitato su L2 con norma indipendente da N .

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145

Si ponga Tjf = f ∗ ϕ(j)j . Risulta

〈T ∗j f, g〉 = 〈f, Tjg〉

=∫f(u)

∫g(v)ϕ(j)

j (v−1u) dv du

=∫∫

f(u)ϕ(j)j (v−1u) du g(v) dv

= 〈f ∗ ϕj(j), g〉 .

Se chiamiamo ϕ∗j (u) = ϕj(u−1), abbiamo allora che T ∗j f = f ∗ ϕ∗j(j).

AlloraTjT

∗k f = f ∗ ϕ(j)

j ∗ ϕ∗k

(k) .

Poiche ‖TjT ∗k f‖2 ≤ ‖ϕ(j)j ∗ ϕ∗k

(k)‖1‖f‖2, calcoliamo queste norme L1.Supponiamo j ≤ k. Con un cambiamento di scala, si ha

‖ϕ(j)j ∗ ϕ

∗k

(k)‖1 = ‖ϕ(j−k)j ∗ ϕ∗k‖1 .

Per la condizione di media nulla,

ϕ(j−k)j ∗ ϕ∗0(u) =

∫ϕ

(j−k)j (v)ϕ∗0(v−1u) dv

=∫ϕ

(j−k)j (v)

(ϕ∗0(v−1u)− ϕ∗0(u)

)dv .

Poiche ϕ(j−k)j ha supporto dove ρ(v) ≤ A2j−k, si ha∣∣ϕ(j−k)

j ∗ ϕ∗0(u)∣∣ ≤ C2j−k

∫|ϕ(j−k)j (v)| dv

≤ C2j−k∫|ϕj(v)| dv

≤ C2j−k .

Il supporto di ϕ(j−k)j ∗ ϕ∗0 e contenuto nel prodotto della palla di raggio

A con quella di raggio A2j−k. Per la disuguaglianza triangolare, essendoj − k ≤ 0, esso e contenuto in una palla di raggio indipendente da j e k.Quindi

‖ϕ(j−k)j ∗ ϕ∗k‖1 ≤ C2j−k .

Se j > k si cambia scala si un fattore 2j , in modo da avere

‖ϕ(j)j ∗ ϕ

∗k

(k)‖1 = ‖ϕj ∗ ϕ∗k(k−j)‖1 .

Procedendo come sopra, si ottiene

‖ϕ(j−k)j ∗ ϕ∗k‖1 ≤ C2k−j .

In definitiva,‖TjT ∗k ‖ ≤ C2−|k−j| .

Poiche la serie∑n∈Z 2−|n|/2 e convergente, si ha la tesi.